Christiane F. Wir kinder vom bahnhof zoo: analisi dei procedimenti traduttivi

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

L INGUE

E

L ETTERATURE S TRANIERE

___________________________

CORSO DI LAUREA IN MEDIAZIONE LINGUISTICA

CHRISTIANE F. WIR KINDER VOM BAHNHOF ZOO: ANALISI DEI PROCEDIMENTI TRADUTTIVI CON PARTICOLARE RIGUARDO AL LINGUAGGIO GIOVANILE

Relatrice: DOTT.SSA TANIA BAUMANN

Correlatore: PROF. LUIGI MATT

Tesi di Laurea di: ELISA RIU

ANNO ACCADEMICO 2010/2011



Ai miei genitori, Antonio e Margherita, che mi hanno sempre spronato allo studio Alla mia cara amica e compagna di studi Annarita Grazie di cuore



INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………...….............2 1. CHRISTIANE F. - WIR KINDER VOM BAHNHOF ZOO: ALCUNI ASPETTI STRUTTURALI…………...………………...…………....4 2. IL LINGUAGGIO GIOVANILE: UN CONFRONTO ITALIA – GERMANIA…….…………….....…..................5 3. GLI STUDI SULLA TRADUZIONE .................................................................22 CONCLUSIONI……………………………………………………..................26 BIBLIOGRAFIA …...................………………………………..………...........28 SITOGRAFIA.....................................................................................................30

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INTRODUZIONE La presente tesi è incentrata sull'analisi dei procedimenti traduttivi adottati nel romanzo Wir Kinder vom Bahnhof Zoo di Christiane F. Il libro nasce da una serie di interviste che i giornalisti del settimanale Stern, Kai Hermann e Horst Rieck, sostennero nel corso del 1978, per due mesi, con Christiane Vera Felscherinow, imputata e testimone in un processo conclusosi nel giugno del 1978 con la condanna per detenzione di droga e ricettazione. Nel 1979 esce in Germania il libro che renderà Christiane famosa in tutto il mondo e susciterà l'attenzione di un ampio pubblico sul problema della droga e della prostituzione nell'ambito del mondo giovanile. In Italia il libro verrà pubblicato da Rizzoli nel 1981 col titolo Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, con la traduzione della giornalista Roberta Tatafiore. Nello stesso anno uscì il film tedesco omonimo basato sul libro, con la regia di Uli Edel e la colonna sonora di David Bowie, uno dei maggiori successi cinematografici di quell'anno, consacrando la Felscherinow alla notorietà globale. 1 La trama del film è molto semplificata rispetto al libro e non rende giustizia alla profondità del testo. Infatti la maggior parte delle riflessioni di Christiane sulla società, le sue osservazioni sul benessere occidentale di quegli anni, sui giovani, sulla droga, ecc. - in breve, la sua visione del mondo - non vedono assolutamente la luce nelle scene del film (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Christiane_F._-_Noi,_i_ragazzi_dello_zoo_di_Berlino). Berlino Ovest, nei primi anni Ottanta, è stata certamente il centro d’Europa. Il punto di partenza della cultura giovanile, e non solo, del periodo. Ancora all’epoca la città era nettamente divisa in due parti e la parte Ovest si trovava in realtà in pieno territorio della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca. Il quartiere simbolo della Berlino di allora, tutt’oggi distretto molto vivace e caratteristico, è stato Kreuzberg. Situato a ridosso del centro e costruito alla fine del diciannovesimo secolo, fu quasi completamente distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Prima della caduta del Muro, quindi per tutto il periodo che va dai primi anni Sessanta fino al 1989, è stato considerato il meno nobile tra tutti i quartieri di Berlino Ovest. Si trovava al confine con Berlino Est ed era abitato in maggioranza da persone povere che 1

Nello stesso anno, il film uscì in Italia, USA, Svizzera, Francia, Paesi bassi, Finlandia e Danimarca; cfr. http://www.imdb.it/title/tt0082176/releaseinfo (12-02-2012)

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trovavano riparo negli alloggi popolari, ma anche da immigrati turchi in cerca di un’occupazione e da ragazzi dallo stile di vita alternativo, che spesso ne occupavano le palazzine disabitate. Questa convivenza di religioni, usi e costumi così differenti diede vita al cosiddetto “Kreuzberg Mischung”, ovvero il miscuglio di Kreuzberg. Un processo che si espresse soprattutto in campo artistico, e maggiormente in musica e pittura, e che fece nascere un particolarissimo stile che si trasformò in una filosofia di vita affascinante e ribelle che ebbe molta presa sui giovani di tutta Europa (cfr. http://www.casa80.it/Varie/berlino.htm). Ciò che, in particolare, si vuole evidenziare in questo lavoro è la difficoltà nel tradurre dal tedesco all'italiano, soprattutto il linguaggio gergale di cui il testo è ricco e che si compone di elementi del linguaggio scolastico e dei linguaggi relativi a droga e prostituzione. Inoltre, si vuole riflettere sulle scelte traduttive adottate da Roberta Tatafiore, analizzando se per il ricevente italiano mantengono intatti gli effetti prodotti sul ricevente tedesco.

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1. CHRISTIANE F. - WIR KINDER VOM BAHNHOF ZOO: ALCUNI ASPETTI STRUTTURALI Il testo non è articolato in capitoli ma si presenta come narrazione continua degli eventi che segnano la vita della protagonista: si tratta di un racconto in prima persona dalla giovane, intervallato da interventi di individui che ebbero contatti con lei e offrono una propria visione di una determinata vicenda: vi sono le frequenti testimonianze della madre, ma anche degli operatori sociali e della polizia, che tentano di spiegare i comportamenti di Christiane, contestualizzandoli in quel delicato periodo storico della Berlino anni Ottanta. L’evoluzione e i cambiamenti psicofisici e sociali della nostra protagonista negli anni si evidenziano anche a livello del linguaggio: all’inizio ella racconta della sua infanzia, del trasferimento dalla campagna alla città, della visione idilliaca di Berlino alla quale ha ampiamente contribuito la madre con le promesse e le speranze di vita borghese che intendeva realizzare per la propria famiglia. Tutto ciò è raccontato prevalentemente in un linguaggio standard intersecato sporadicamente da elementi di linguaggio volgare nei passi in cui si narrano episodi di violenza familiare. Man mano che la situazione degenera – dapprima il trasferimento in un quartiere popolare di Berlino, il divorzio dei genitori e infine l’approdo di Christiane alla droga – il linguaggio si fa sempre più aspro con l'infittirsi degli elementi di linguaggio volgare e gergale. Durante la permanenza al paese della nonna, nella campagna di Amburgo, durante le vacanza estive, si ha un ritorno verso un linguaggio standard e il progressivo abbandono dei volgarismi, ma la presenza del gergo non abbandona mai la parlata della giovane. Puntualmente il ritorno alla città di Berlino e la ricaduta nella droga sono sottolineati infatti dal linguaggio volgare e dalla perdita della vena descrittiva a tratti fantasiosa tipica della sua età. Questo a testimonianza del fatto che la droga, utilizzata come mezzo d’evasione da una vita insoddisfacente, inibisce la capacità mentale e fisica della giovane il cui unico scopo di esistere è procurarsi il denaro per la dose perché la droga è diventata l'unica ragione di vita a scapito di tutte quelle prospettive di miglioramento e benessere futuro che Christiane possiede durante i periodi d’astinenza. Il libro tedesco è corredato di fotografie dei protagonisti della vicenda che rendono molto chiara la loro miserabile situazione: si tratta di immagini che mostrano i luoghi dello spaccio e della prostituzione, i bagni pubblici dove si consuma la droga, i

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sudici appartamenti in cui vivono i drogati, privi di mobili perché l'unica loro preoccupazione è quella di racimolare il denaro necessario all’acquisto della dose giornaliera. Inoltre, viene riportata una lettera toccante di Babsi, la migliore amica di Christiane, che sembra denotare una presa di coscienza da parte della ragazzina della situazione spregevole in cui è coinvolta nonché la consapevolezza della sua imminente morte: morirà infatti due mesi più tardi per un'overdose divenendo la più giovane vittima della droga a Berlino. La lettera contiene anche disegni molto infantili che evidenziano la giovane età di Babsi e rendono bene l'antinomia tra i suoi quattordici anni e la vita inappropriata che conduce. Nonostante la volontà di uscire dal mondo della droga, i dubbi sul proprio operato e l’incertezza del futuro, Babsi avverte tuttavia l’incapacità di cambiare stile di vita. Questi sentimenti contrastanti affliggono anche la nostra protagonista e vengono recepiti dalla pretura di Neumüster chiamata a pronunciare la sentenza nella causa penale contro Christiane. Nella sentenza l’accusata è descritta come una giovane dotata di un’intelligenza superiore alla media, consapevole della sua condizione essendosi adoperata per portare a termine una disintossicazione e perciò esclusa da un’eventuale condanna. L'edizione italiana si apre con la prefazione dei due giornalisti, Hermann e Rieck, in cui descrivono il loro intento, ossia offrire una visione della vicenda da differenti punti di vista e un’analisi più completa del problema della tossicodipendenza grazie anche alla presenza degli interventi suddetti. Questa parte è del tutto assente nella versione tedesca così come la testimonianza del direttore e di uno psicologo del consultorio di psicologia sociale della Charitas di Berlino.

2. IL LINGUAGGIO GIOVANILE: UN CONFRONTO ITALIAGERMANIA La mancata prospettiva diacronica, in questo settore di ricerca, deriva dal fatto che in passato gli studiosi non si sono preoccupati di registrare l'evoluzione del linguaggio giovanile e, di conseguenza, sono venuti meno i necessari riferimenti. Tale mancanza di interesse scientifico, da parte dei linguisti, va inquadrata però in una questione più ampia, di natura socio-culturale: ovvero la non centralità dei problemi dei

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giovani, come gruppo sociale, almeno fino a tutto il secolo scorso. Solo a partire dal Novecento, infatti, i giovani per la prima volta acquistano il ruolo di gruppo relativamente autonomo e omogeneo; in passato, la centralità della famiglia, con i suoi riti omogeneizzanti, aveva impedito ai giovani di avere uno spazio proprio. Tuttora, invece, essi tendono a costruirsi un proprio spazio sociale anche sul piano linguistico, delimitandolo mediante l'uso di particolari registri linguistici. I linguisti hanno dedicato la loro attenzione al linguaggio giovanile soprattutto alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, ma un uso linguistico proprio delle generazioni più giovani si può individuare già nei primi anni Sessanta e poi soprattutto dopo il Sessantotto, anche in conseguenza del progressivo abbandono del dialetto (cfr. Radtke 1992: 7-8). Il linguaggio dei giovani è stato per lo più classificato come una varietà diafasica dell’italiano parlato, un registro utilizzato dai ragazzi in situazioni comunicative informali e prevalentemente orali, non di rado con una funzione ludica. Ogni generazione tende a differenziarsi da quella precedente e quindi molte innovazioni cadono ben presto in disuso. Il parlato giovanile è stato studiato prevalentemente dal punto di visto della formazione delle parole. Per quanto riguarda il tedesco, il linguaggio giovanile viene definito come una varietà tra le molteplici varietà. Queste ultime si caratterizzano dalle differenze grammaticali che ogni individuo interpreta e che sono volutamente delimitate da altre forme di varietà. Il rapporto sociolinguistico tra esse viene rappresentato da tre categorie (dalla più usata alla meno prestigiosa): •

Standardvarietät

Umgangssprache

Basisdialekte

Tra queste la Umgangssprache risulta quella meno analizzata e si può definire “Kolloquiales Deutsch” al cui interno si possono trovare due ulteriori distinzioni: •

Kolloquialer Standard

Kolloquialer non Standard

Quest'ultimo guadagna caratteristiche fonologiche specifiche e grammaticali, ma non gode di grande prestigio tra la comunità del “parlato”. L' Umgangssprache può essere definita come Substandard; questo termine, nelle nuove ricerche, conosce due interpretazioni in concorrenza tra loro:

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si basa sul concetto della dimensione regionale della variabilità e si occupa del continuo sorgere di varietà tra dialetto e standard. I nuovi substandard hanno una validità limitata nei confini regionali e si sviluppano sulla base di elementi dialettali;

si appoggia alla tradizione angloamericana secondo la quale lo substandard viene visto come una descrizione generale degli aspetti di una singola lingua di un' area specifica. In altre parole il termine substandard viene usato per definire una lunga serie di varietà al di sotto del livello dello standard, escludendo in parte la forma colloquiale. Da una varietà del parlato standard infatti, deriverebbe lo Slang: lessico ed espressioni idiomatiche che non presentano quasi nessuna proprietà sintattica, che mostrano comunque delle specifiche preferenze morfologiche. Si possono individuare otto campi di produttività semantica dello Slang: denaro, ragazze, sessualità, musica, polizia (forze dell'ordine), paura, droga, morte (cfr. Androutsopoulos 1998: 10-17).

La componente principale del linguaggio giovanile è stata individuata nell’italiano colloquiale e informale, che ne costituisce la base. Su questa si innestano, secondo Paolo D'Achille (2006: 198-200): a) uno strato dialettale, che si nutre di elementi tratti sia dal dialetto parlato in famiglia, sia da altri, come ad esempio il milanese e, non a caso, il romanesco (la nostra traduttrice ha origini romane). Esempi riguardanti il nostro caso: drosch auf mir rum (s.14) = me le dava matti (p.16); Bis auf das Arschvoll von meinem Vater (s.23) = il culo pieno di botte, da mio padre (p.25); war es echt beschißen (s.23) = le cose andavano proprio di merda (p.25); Solche Argumente laufen bei uns nicht (s.52) = questi argomenti da noi non attaccano (p.54); ich gerade einen Bock auf Bier hätte (s.43) = mi tirava di più la birra (p.46 1993);

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der Freund meiner Mutter hat ein paar ganz geile Scheiben (s.45) = l’amico di mia madre ha un paio di dischi paraculissimi (s.47); La traduzione di geil con paraculissimi mantiene lo stesso connotato sessuale a cui allude la parola tedesca, infatti si riferisce a qualcosa o qualcuno bello esteriormente, fisicamente (cfr. Radtke 1984: 69). Ich war total fixiert auf mein Aussehen (s.52) = ero fissata totalmente sul mio aspetto (p.54); Ich habe mir etwas vorgemacht (s.57) = me la diedi a bere (p.58); Die hatte unheimlich viel drauf (s.73) = Una che ci azzeccava (p.74); Dann kannst du abhauen (s.83) = puoi anche smammare (p.84); Es sei eine Riesenscheiße (s.87) = Era una merda al cubo (p.88); “Hau ab, Mensch. Mach, dass du wegkommst” (s.90)

= “Smamma, cara,

provvedi d’andartene” (p.91); “Du hast wahnsinnige Scheiße gebaut. Du bist total verrückt geworden” (s.97) = “Hai già combinato un gran bel casino. Sei diventata pazza completa” (p.97); Sie standen echt auf mich (s.118) = mi filavano proprio (p.117); da rastete ich fast aus (s.119) = diedi fuori di matto (p.119); “He, Alter, das finde ich aber unheimlich abgespitzt” (s.123) = “Un momento, amico, questa la trovo proprio una paraculata” (p.123). Nell'ultimo es. si sarebbe potuto optare anche per vecchio, vecio, al posto di amico come diffuso nel settentrione, visto che Alter letteralmente significa vecchio. Wir stritten uns gleich total (s.150) = ci litigammo totale (p.149); Und ich fand’s völlig normal für Christiane in ihrem Alter, dass es jetzt bei ihr das erste Mal richtig funkte (s.204) = E trovai assolutamente normale che Christiane alla sua età per la prima volta avesse un vero filarino (p.172); wie locker die sich miteinander vergnügten (s.212) = il modo come quella gente si divertiva liscia (p.181); Ich glaube, sie hielt das nur noch mit Valium durch (s.218) = Credo che gliela facesse a reggere solo grazie al valium (p.187); Mich kotzte diese Technik an (s.219) = A me queste cose meccaniche facevano vomitare (p.187); Mich nervte das alte Plumpsklo (s.225) = Mi dava ai nervi il cesso a caduta (p.194);

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Ich ging auf den Fresstrip (s.227) = Mi venne il trip del mangiare (p.196); Man durfte seine Fixerkluft anbehalten (s.249) = Si potevano continuare a portare i propri ciaffi da bucomane (p.217); in die Dachschräge gebaut ist (s.251) = si incastra nello sbiego del tetto (p.219); ohne Po und ohne Busen (s.254) = senza popò e senza tette (p.222); “Okay, eure Therapien sind ja ganz schön abgefahren” (s.261) = “Okay, le vostre terapie sono anche fighissime” (p.229); Als ich das aussprach, fülte ich einen Stich (s.344) = Quando lo dissi sentii una stilettata (p.323); “Nicht jammern und picheln” (s.348) = “Niente lamentele, né sbevazzi” (p.327); b) uno strato gergale, che attinge termini ai gerghi tradizionali (da quello studentesco a quello della malavita e della prostituzione) o ne conia di nuovi per usarli, come forma di riconoscimento, all’interno del gruppo (particolarmente produttivo quello della droga). Esempi riguardanti il nostro caso: wenn mir in der Schule einer blöd kam (s.18) = quando a scuola mi si presentava qualche rompipalle (p.19); damit wir den Quatsch nicht kaputt schmeißen konnten (s.20) = in modo che noi non potessimo distruggere le stronzate che c’erano scritte (p.22); den alten Müllberg (s.31) = il vecchio montarozzo dei rifiuti (p.33); Meine Mutter hatte mir zum 11. Geburstag einen Plattenspieler, so eine kleine Funzel (s.36) = mia madre mi comprò un giradischi, una baracchetta (p.38); die anderen an der Wasserpfeife nuckelten (s.44) = gli altri stavano sbracati intorno al narghilè (p.46); er müsste jetzt höllisch aufpassen vor den Bullen wegen des Dopes (s.45) = bisognava fare un’attenzione d’inferno alla madama per via del fumo (p.48); ich wusste, am Sound war die Szene (s.67) = sapevo che al Sound c’era il giro della droga (p.68); ich hatte natürlich keine Ahnung, dass die auf den Autostrich gingen (s.68) = non avevo la minima idea che stessero battendo la strada (p.69); immer sehr gutes Zeug hatte (s.77) = aveva sempre buona roba (p.78);

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“Das miese kleine Stück landet beim H” (s.98) = “Questo piccolo pezzo di merda approda all’eroina” (p.98); Die wollten in eine Clique (s.99) = Volevano entrare nel giro (p.99); Babsi wollte nichts mehr von ihrem wahnsinnigen Zimmer wissen und war deshalb auf Trebe. (s.100) = Babsi non ne voleva più sapere della sua stupenda camera e per questo stava in giro e non aveva una casa (p.100). L'espressione Auf Trebe sein è tipico del linguaggio scolastico berlinese (Radtke 1984: 67-68); sie gelegentlich anschafften (s.111) = rimediavano i soldi facendo marchette (p.111); Sonst riskierte man, sofort einen in die Fresse zu bekommen” (s.125) = c’era il rischio di prenderlo nel culo (p.124); “Also Bumsen oder so etwas ist bei mir überhaupt nicht drin” (s.131) = “Scopare o cose del genere con me non se ne parla” (p.131); “Das ist gut. Na, dann blas mir einen” (s.132) = “Va bene. Allora mi fai un pompino” (p.131); “Okay, dann holst du mir einen runter” (s.132) = “Okay, allora mi fai una sega” (p.131); einen Druck gemacht (s.159) = mi ero fatta una pera (p.159); in der alles tierisch Kohle gekostet haben musste (s.212) = che doveva essere costata un mucchio di grana (p.180); Die Profinutter waren beinah ebenso gefährlich wie die Zuhälter (s.254) = Le puttane professioniste erano pericolose quasi quanto i magnaccia (p.222); Es kamen tatsächlich zwei Peterwagen (s.268) = Arrivarono davvero due pantere (p.236); einlochten (s.292) = stava al gabbio (p.260); Ich fand schon diese ganze Knutschregeln echt pervers (s.335) = Io trovavo tutte queste regole di pomicio proprio perverse (p.334); “Sag mal, ist die Alte eigentlich zu besteigen, oder was ist mit der” (s.357) = “Dì, quella uno se la può pompare, o che tipo è?” (p.336); die beiden gerade beim Mausen waren (s.357) = i due stavano giusto a segare (p.336). Il termine mausen appartiene esclusivamente all’ambito scolastico e non è diffuso a livello di linguaggio colloquiale (cfr. Radtke 1984: 70). La traduzione

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italiana segare assume in questo contesto il significato di “possedere una donna” ma, a quanto descritto nel Dizionario storico dei gerghi italiani di Ferrero (1991), può valere anche per “scappare, darsela a gambe”; fare la sega = fuggire nel gergo furbesco del 700 (Biondelli), tagliare la corda, diffuso più che altro a Torino, “marinare la scuola, fare seghino” nel gergo giovanile d’oggi. c.) Altri esempi soprattutto riferiti a gergo della droga: Sie injizierte sich ungefähr ein Szeneviertel. (s.7) = Ella si inietta una dose corrispondente al “quartino” in uso negli ambienti della droga. (p.7); Dope, Shit (s.45) = fumo (hascisc p.48); Platte (s.46) = tocco di fumo (p.48); Schillum (s.46) = chilom (sorta di pipa per fumare hascisc o marjuana p.48); Glut (s.46) = caccola di fumo (pezzetti di hascisc p.48); Trip (s.49) = trip (visioni causate dall’assunzione di LSD p.51); Pille (s.52) = trip, acido (LSD p.55); kiffen (s.52) = spinellare (fumare hascisc p54); “ich war ständig im totalen Tran” (s.52) = “ero sempre sballata totale” (p.54); “flippte ich fast aus” (s.53) = “sono andata quasi totalmente fuori di cervello” (p.56); “Nun kam ich echt gut drauf” (s54) = “adesso sballavo proprio bene” (p.56); “Mensch, Mädchen, ich will ja nichts gesagt haben. Du hast ja Pupillen wie Saugnäpfe” (s.55) = “Cristo, bella, vorrei non averlo detto: hai le pupille come due ventose”(p.57); “ich war froh, dass ich nicht auf Horror gekommen war” (s.64) = “Ero felice che non mi ero intrippata sull’orrore” (quando l’effetto dell’LSD da allucinazioni negative p.65); “Trips gaben nicht mehr den richtigen Kick” (s.64) = “gli acidi non davano più lo stravolgimento giusto”(p.66); “denn ich hatte bewusst noch nie einen Fixer erlebt” (s.67) = “perché non avevo mai vissuto l’esperienza di conoscere un bucomane” (p.69); “Aber dann probierte doch einer nach dem anderen den ersten Druck und die meisten blieben dabei” (s.82) = “Ma poi uno dopo l’altro provavano il primo buco e i più ci rimanevano incastrati” (p.83);

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“Es machte mir nicht so viel aus, dass unsere Clique am H kaputt-ging” (s.82) = “Non mi importava molto che il nostro gruppo si sfasciasse sull’ero” (p.83); “Sie hatten gar nicht erst gesnieft. Sie hatten gleich gedrückt” (s.83) = “Non avevano neanche sniffato, si erano bucati subito” (p.84); “Wenn ich breit war von Dope…” (s.84) = “Quando ero strafumata…” (p.85); “falls ich beim Konzert irgendwie ausflippe” (s.87) = “in caso che durante il concerto flippo” (p.88); “Ich sog das Pulver sofort durch die Nase ein” (s.90) = “Tirai immediatamente la polvere su per il naso” (p.91); “Der Flash war irre” (s.158) = “Il flash era pazzesco” (p.158). Flash = flash (effetto immediato subito dopo l’iniezione di eroina o altre droghe pesanti); d.) uno strato proveniente dalla lingua della pubblicità e dei mass media, ricco anche di parole straniere: “Mann, ist das eine verdammte Garage hier” (s.55) = “Cristo, questo è un garage fottuto” (p.57); “Er kam auf Turkey” (s.87) = “Stava quasi a rota” (p.88). Il termine stare a rota è tipico del linguaggio gergale romanesco, stando a quanto si afferma nel Dizionario storico dei linguaggi giovanili di Ambrogio e Casalegno (2004); si potrebbe dire che l’ espressione non è così diffusa a livello nazionale, in quanto non appare nei vocabolari genarali (p.e. Zingarelli) come avviene invece per il termine corrispondente tedesco (p.e. Duden-online).2 machten mich irgendwelche Kanaken an (s.112) = mi abbordarono certi zulù (p.112). Kanake è un appellativo offensivo usato in tedesco per indicare un disprezzo verso immigrati del sud Europa, tutt'oggi riferito a immigrati d'origine turca, africani

o

comunque

persone

di

colore

(cfr.http://www.duden.de/suchen/dudenonline/Kanake). In italiano il termine è 2

Anche il dizionario Ambrogio-Casalegno indica come fonte proprio il libro di Christiane F. Pare che in Italia vi siano diversi termini regionali: dalle mie parti, in Sardegna, si utilizza più che altro avere la scimmia e penso si riferisca al fatto che i tossicodipendenti si grattano spesso, infatti lo dice anche la nostra protagonista (s. 91; p. 92).

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utilizzato in senso figurato e spregiativo per descrivere un individuo ignorante e rozzo (cfr. http://www.treccani.it/vocabolario/zulu/); musste sich immer zusammennehemen und scheißfreudlich tun (s.115) = doveva controllarsi e fare salamelecchi di merda (p.114); Ich bekam nur noch ein gutes Feeling, wenn ich träumte…am liebsten träumte ich eben, dass ich ein fröhlicher Teenager war, so fröhlich wie auf einer CocaCola Reklame (s.157) = Ancora mi veniva un buon feeling quando sognavo…più di tutto mi piaceva sognare che ero un’allegra teen-ager, allegra come quelle della pubblicità della coca-cola (p.157); e.) termini propri di linguaggi settoriali, a volte “accorciati”, spesso usati con valori traslati e metaforici. Esempi riguardanti il nostro caso: “Die sind auf H” (H proviene dall’inglese parlato äitsch s.53) = “sono in sballo da ero” (p.55); machten wir einen richtigen Streifzug durch die pharmazeutische Industrie (s.65) = facemmo un vero e proprio raid nell’industria farmaceutica (p.66); Der war ein Mädchenaufreißer (s.73) = Era uno che le ragazze le rimorchiava (p.75); Seine Arme total zerstochen waren (s.87) = le sue braccia fossero crivellate di buchi (p.88); Ich machte ihn richtig fertig (s.124) = Lo mandai veramente in paranoia (p.123). Rispetto a questi esempi possiamo notare che nella traduzione italiana vengono utilizzati termini tecnici o metaforici per tradurre colloquialismi tedeschi o viceversa. La traduttrice si serve quindi del procedimento traduttivo della compensazione per ovviare alla perdita di un tratto stilistico ricreandolo nel testo di arrivo con mezzi tipici della lingua di arrivo e resi possibili dal contesto: l’eventuale effetto fonico, la perdita di significato, l'eliminazione di una metafora in una parte di un segmento testuale può essere recuperata in un’altra parte (cfr. http://host.uniroma3.it/docenti/faini/TPTTerminologia%20di%20base.htm.)

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I fenomeni più caratteristici sono gli accorciamenti ( H= ero, eroina) e le retroformazioni, l’uso di sigle e acronimi, l’iperbole (paraculissimi, era una merda al cubo, un freddo bestiale, pazzescamente pop, mi piaceva da impazzire) anche antifrastica, il gioco di parole. Per quanto riguarda la fraseologia possiamo segnalare l’uso di espressioni come: immer einen grosse Schnauze haben (s.18) = sempre a muso duro (19); Das Heroin kam rein wie eine Bombe (s.81) = L’eroina entrò come una bomba (p.83); ich klaute wie eine Rabe (s.106) = Rubavo come un falco (p.106); weil man sie ausnehmen konnte wie Weihnachtsgänse (s.119) = li si poteva spellare come polli (p.118); Mir war tierisch kalt (s.125) = Avevo un freddo bestiale (p.125); Und ich dachte, dass der unheimlich was in der Birne hat (s.211) = ed io pensai che doveva essere uno con cervello così (p.180); war ich permanent in einem Wechselbad (s.270) = ero permanentemente in una doccia scozzese (p.238). Se molti elementi lessicali propri del linguaggio giovanile hanno una vita effimera, altri hanno una durata più lunga e possono perfino passare alla lingua comune: Ich sah Detlef immer wenig, den er war ständing mit irgendeinem schwulen unterwegs (s.119) = Vedevo Detlef sempre di meno perchè lui

Schwein

era perennemente in

giro con qualche frocio maiale (p.119). La parola frocio si colloca tra il romanesco e l’italiano popolare e negli ultimi quindici anni si è consolidata nel lessico sessuale (cfr. Radtke 1984:77). Nel testo sono presenti parole non tradotte perché denotano oggetti, concetti e fenomeni tipici esclusivamente di una determinata cultura. Esse vengono dette realia, ossia parole che non hanno corrispondenze precise in altre lingue. Si tratta in particolare di termini che designano oggetti della cultura materiale, specialmente se si tratta di una cultura locale (cfr. http://it.bttranslations.com/realia.html). Queste parole non hanno un traducente preciso in un’altra cultura e richiedono al traduttore atteggiamenti diversi a seconda del contesto e della situazione in cui sono inseriti.

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Alcuni esempi: •

Babsi holte ihr Quarkfein, Erdbeergeschmack, aus der Plastiktüte (s.150) = Babsi prese il suo siero per quark, al gusto fragola, dalla sua busta di plastica (p.150). Il Quark detto in Germania anche Weißkäse, in Baviera e Austria Topfen, è un

tipo di formaggio. In Germania l'aspetto è simile a quello della ricotta e viene venduto in vasetti di plastica, come lo yogurt. Il lemma Quark è documentato a partire dal tardo Medio Evo nella parte est della Germania occupata dagli slavi. Nel tardo medio alto tedesco troviamo twarc, preso in prestito da una lingua slava occidentale, si veda ad esempio il polacco twarog o il sorbo twaroh, e il ceco tvaron quark. Le ulteriori provenienze slave non sono certamente chiarite (cfr. Duden – Herkunftwörterbuch 2004). •

es sei wahnsinning kitschig, vor der Clique zu heulen (s.76) = è una cosa terribilmente kitsch piangere davanti al gruppo (p.77). Il termine kitsch /'kiʧ/ ha coinciso con robaccia, di cattivo gusto, solo dalla

seconda metà del 19° secolo e probabilmente apparteneva al solo linguaggio orale. Si noti la formazione concettuale svedese smörja “kitsch, robaccia”, zu smörja “scarabocchiare, imbrattare” e skräp “kitsch, robaccia” zu skräpa “stropicciare (cfr. Duden – Herkunftwörterbuch 2004); •

Bei ihnen konnte ich die Pfennige in Groschen eintauschen, die ich meiner Mutter aus der Pfennig-Flasche geklaut hatte (s.27) = Da loro potevo cambiare in monete da un marco i pfennig che avevo rubato a mia madre dalla bottiglia salvadanaio (p.29). L'origine della denominazione tedesco occidentale della moneta (medio alto

tedesco Pfenni[ n] c, vecchio alto tedesco Pfenning, Pfentig, olandese Penning, inglese Penny) non è sicura. Il nome potrebbe derivare dal latino pannus "pezzo di stoffa", perché al tempo del baratto era utilizzato come mezzo di pagamento. La moneta, che è entrata in circolazione in Europa nel primo Medio Evo, era all’inizio d’argento (di vario valore). Nel 15°secolo, il Pfenning era la moneta frazionaria della Germania e dal 18°secolo è forgiata in rame.

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Per quanto concerne gli studi europei sui linguaggi giovanili, Radtke afferma: Se è quasi impossibile [...] tracciare una storia delle varietà giovanili dell'italiano, va osservato però che anche altre lingue europee soffrono di una quasi totale carenza di elementi che consentano di tracciare una storia linguistica delle varietà giovanili (Radtke 1992: 7).

Il tedesco rivendica una tradizione storica del linguaggio giovanile come vero e proprio gergo dal Settecento in poi. Anche la ricca raccolta di Henne e Objartel (1984), che risale fino ai primi lessici del Settecento, si riferisce esclusivamente alla dimensione gergale. Durante il periodo nazionalsocialista queste prime ricerche non trovano seguito, cosicché la situazione della ricerca dopo il 1945 non risulta favorevole. Così non è sorprendente che soltanto nel corso degli anni ’50 ci si occupi di nuovo della tematica gioventù ed il loro linguaggio, non a caso nel periodo durante il quale l’onda rock trabocca in Europa. Lo stile di vita delle rockstar è stato determinante nella definizione dei più recenti ideali di vita giovanili. Questi si rifanno in particolare al tema dell’eccesso, sia erotico sia genericamente vitalistico, perfino nella spavalderia necessaria ad autodistruggersi con l’eroina. La droga è stata determinante nell’origine di questo contro-codice giovanile almeno quanto lo è stata la stessa musica rock, in quanto l’uso di sostanze stupefacenti ha un effetto atto a creare una dimensione comunitaria in ribellione all’etica corrente (cfr. Giacomelli 1988: 175). La gioventù contemporanea è più o meno tesa alla ricerca di evasione da una realtà che evidentemente non la soddisfa e delega quindi non di rado ad agenti chimici la soluzione delle proprie difficoltà di rapporto interpersonale (Giacomelli: 1988 175).

Nei primi tempi le ricerche non procedono sistematicamente e inoltre manca quasi sempre una concezione linguistica, cosicché i contributi degli anni ’50 e dell’inizio degli anni ’60 danno un’ impressione poco professionale. Negli anni ’60 vengono pubblicate alcune raccolte di lessico, dizionari e glossari della lingua degli adolescenti (“Teenager-Sprache”), e del linguaggio dei giovani adulti dai 20 ai 29 anni (“Twen-Sprache”). Le prime raccolte di questo genere sono i volumetti Steiler Zahn und Zickendraht (1960) e il dizionario Welter (1962). In questo lavoro la lingua dei giovani viene tradotta in lingua standard e viceversa, però senza l’indicazione delle fonti o altre spiegazioni. Nel 1970 esce la raccolta di Küpper: Jugend-deutsch von A-Z, seguita nel

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1972 da Küpper/Küpper: Schülerdeutsch. In queste pubblicazioni non sono più fatte valutazioni, ma viene riportata soltanto una raccolta ed elencazione del lessico (Marlies Nowottnick.1989: 164–165). “Negli anni ’80 finalmente rivive la glottologia giovanile. Il lavoro nel settore della lingua dei giovani viene posto su basi linguistiche e cresce anche l’interesse non esclusivamente linguistico-scientifico” (Marlies Nowottnick. 1989: 165). Anche negli anni ’80 si eseguono raccolte di lessico, però più che altro in modo scientificodivulgativo e con una nuova funzione: la maggior parte delle raccolte di parole o detti giova in prima linea al fine del divertimento di un vasto pubblico. L’esempio forse più noto è il Lexikon der Jugendsprache di Müller-Thurau (1985). Fino a poco tempo fa si avevano in Germania due linee di linguistica descrittiva in merito alle varietà di linguaggio giovanile presenti nelle due nazioni tedesche: nella Germania occidentale il linguaggio giovanile veniva considerato come continuazione della tradizione linguistica dei vari movimenti giovanili, quali Wandervogel o la Bündische Jugend (Henne, 1981 e 1986). Nella ex RDT, invece, per ragioni chiaramente ideologiche, si partiva dalla tesi che in un sistema socialista, caratterizzato da un sistema di educazione fortemente omogeneo e istituzionalizzato, la lingua standard doveva necessariamente essere alla portata di tutti i giovani e, di conseguenza, l'esistenza di varietà giovanili, veniva riconosciuta con una certa riluttanza. Tuttavia, gli studiosi tedesco-occidentali hanno osservato che le prime attestazioni di linguaggio giovanile tedesco-orientale si trovano nella produzione letteraria della Germania socialista: più in particolare, in alcuni settori della letteratura tedesco-orientale ove il linguaggio giovanile veniva introdotto come segnale di opposizione contro la società socialista di tipo autoritario; la letteratura fungeva quindi spesso da veicolo per la diffusione di linguaggio giovanile (Radtke 1992:15-16). Diversa la situazione nella Germania occidentale, dove la diffusione della varietà giovanile avveniva prevalentemente tramite i mass-media. In generale si può ritenere che

la

varietà

giovanile

tedesco-orientale

faceva

ricorso,

frequentemente,

all'importazione di voci della RFT, mentre coniazioni locali rimanevano sconosciute nella Germania occidentale. Oggi, unificata la Germania, si hanno due sistemi parziali della lingua tedesca, storicamente ben delimitati ma in via tendenziale di avvicinamento. Se la conservazione di una varietà giovanile dipende dal grado di prestigio, ci si può aspettare un consolidamento della tendenza che vede nella varietà

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occidentale una varietà più prossima allo stile di vita americano, perciò più prestigiosa (Radtke 1992:16). A differenza della realtà tedesca, la situazione italiana appare particolarmente povera di raccolte di espressioni gergali di ambiente studentesco: Baccetti Poli (1953) elenca tre riferimenti al gergo studentesco, uno dei quali si riferisce addirittura al tedesco e gli altri a poche forme di gergo degli studenti. Sia pure in mancanza di dati che, in diacronia, possano confermare la tendenziale convergenza dei linguaggi giovanili in Europa, è però vero che i movimenti giovanili, quale che sia l'area culturale d'appartenenza, non possono essere intesi come realtà singole o tanto meno isolate. Al contrario, essi vanno intesi come internazionali, proprio perché lo status sociale in mutamento dei giovani, sotto qualsiasi cielo, in qualsiasi nazione, ha favorito la diffusione di un nuovo substandard linguistico che ha avuto, come prima conseguenza, in tutta Europa, la progressiva erosione dei dialetti. Ciò è avvenuto, nell'Ottocento, in tutte le nazioni europee. Gli adolescenti sentono il bisogno di trovare contatti con l'ambiente internazionale, poiché l'Italia, ma il discorso vale per qualsiasi altra nazione, viene sentita come una realtà troppo piccola, ristretta, poco consona alle esigenze sovranazionali dei giovani. Al di là di questa motivazione psicologica domina, nel formarsi delle varietà giovanili, il peso della cultura angloamericana, come è noto intensamente ricercata dai giovani stessi. L'americanizzazione delle mode musicali, comportamentali, culturali dei giovani europei è un fenomeno macroscopico che spiega, ovviamente il peso eccezionale degli anglo-americanismi nei linguaggi giovanili d'Europa. L'anglomania è un aspetto, importante certamente, dell'esperienza linguisticoculturale dei giovani europei: ma, si badi bene, essa non è tutto. Molti studiosi attribuiscono al linguaggio giovanile prevalentemente prestiti di lusso, veri e propri modismi. L'uso ricercato di prestiti fa sorgere nei giovani la convinzione di essere più avanzati rispetto ad altri strati sociali e questa convinzione rafforza il senso di solidarietà e il sentimento di identificazione. I prestiti funzionano da elementi-chiave di una sottocultura che si pone, come primo obbiettivo, il superamento della dimensione provinciale. I prestiti veicolano, infatti, tratti urbani, cosmopoliti e connotano la varietà linguistica giovanile, la distinguono dalla “banalità” o dalla “mediocrità” della lingua standard. I linguaggi giovanili prediligono la dimensione internazionale, ma sembrano conservare discretamente tratti dialettali. Di fatto, si ha una sorta di bipolarità linguistica che prevede, da un lato, la dimensione internazionale, dall'altro, l'attaccamento ai registri provinciali. Si tratta di poli estremi entro i quali si colloca la lingua comune: la

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quale, mezzo di comunicazione con i genitori e con un’ampia parte della comunità linguistica, non può essere sentita dai giovani come strumento di autoidentificazione. La dimensione internazionale determina, in buona parte, la formazione di nuove varietà substandard: la lingua dei giovani e quella dei mass-media. Ma nella lingua dei giovani in Italia emergono tratti provinciali: il dialetto sembra essere frequentemente utilizzato nelle varietà giovanili come elemento atto a segnare “lo scarto” rispetto alla lingua comune. Il substandard, una volta decisamente segnato dall'apporto dei dialetti, trova materiale nuovo nella dimensione internazionale. La varietà giovanile si inserisce pienamente in questo quadro. Il fenomeno non è solo della realtà italiana: evidenti sono i parallelismi con la situazione tedesca e probabilmente questa tendenza potrebbe rivelarsi comune almeno a tutte le varietà dei substandard giovanili diffusi nell'Europa occidentale (Radtke 1992: 26-32). Mentre fin dai primi decenni dopo l'unità d’Italia, i ceti più colti accolgono, in un lento processo di rinnovamento degli usi linguistici, soprattutto elementi lessicali, i ceti inferiori mostrano tendenze analoghe solo più tardi: ovvero con l'affermarsi dei mass-media; in altre parole, non prima degli anni Cinquanta e, più in particolare, dopo l'avvento della televisione (Radtke 1992: 8). La Tatafiore si serve del linguaggio giovanile del nord Italia e romanesco per la trasposizione dei gerghi tedeschi utilizzati da Christiane e dagli altri protagonisti del libro. La varietà di italiano regionale lombardo è stata una delle tante varietà diatopiche presenti in Italia che ha suscitato maggior interesse tra i linguisti, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Alcuni studiosi attribuiscono questa importanza alla quasi contemporanea diffusione di quella sottocultura giovanile nata appunto negli anni Ottanta a Milano conosciuta con il nome di Paninaro. La caratterizzavano, tra l'altro, l'ossessione per la griffe nell'abbigliamento e in ogni aspetto della vita quotidiana, il rifiuto della politica e l'adesione a uno stile di vita fondato sul consumo, il divertimento ad ogni costo e la spensieratezza. Per i primi anni fu totalmente apolitica, vero

punto

di

rottura

con

http://www.treccani.it/vocabolario/paninaro/).

gli La

anni

sottocultura

settanta paninara

(cfr. conobbe

un’enorme fortuna mediatica grazie alla trasmissione televisiva “Drive in” o a riviste quali “Paninaro”, “Cucador”, “Wild boys”, che ne diffusero il gergo, in buona parte peraltro dalle stesse artificiosamente creato. Il ruolo di Milano e della Lombardia nella possibile diffusione nazionale di alcuni fatti espressivi rappresenta una tendenza in atto, vuoi per il processo ideologico che la vede portatrice, nell’immaginario collettivo, di una Italia di fine secolo che guarda ossessivamente e con stupore a tutto ciò che viene

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dall’America, vuoi per il ruolo economico e la presenza di tutte le emittenti televisive private nazionali, portatrici di una più sciolta e moderna vena espressiva che non quella di Stato (cfr. Giacomelli 1989:188). Secondo i sociologi, i caratteri delle varietà giovanili si spiegano col fatto che i giovani, proprio per marcare la propria identità tendono a distinguersi, anche linguisticamente, dagli altri gruppi: l'elemento di coesione è rappresentato piuttosto dalla volontà di rafforzare e di confermare l'identità di un gruppo rispetto all'esterno (cfr. Coveri 1983: 136). Ciò rende possibile la nozione di "dimensione ludica" sia nel comportamento sociale che linguistico. Sociologia e psicologia sono indispensabili per interpretare il fenomeno del linguaggio giovanile, nel senso che le peculiarità linguistiche devono essere concepite come esito di fenomeni agenti dall'esterno. Pur attenti al dibattito internazionale, i lavori dei sociologi italiani si distinguono per notevole originalità, a riprova della quale non va trascurato il fatto che alcuni lavori sono stati tradotti e pubblicati su riviste specializzate. In questi lavori di interesse sociologico, un dato va comunque segnalato: e cioè il fatto che in essi non si presta la minima attenzione agli aspetti del linguaggio giovanile, alle manifestazioni verbali dei giovani. A questo proposito, c'è però un eccezione che vale la pena segnalare: materiali di notevole interesse linguistico sono stati raccolti da psichiatri e da esperti di tossicologia clinica. I motivi sono essenzialmente pratici: infatti, nell'ambito delle analisi di ordine tossicologico-sociale, i vari comportamenti dei tossicodipendenti possono essere correttamente descritti solo a patto che si conosca il gergo della droga. Da qui la necessità di raccogliere voci relative ad un gergo settoriale, quello della droga appunto, che non si identifica ovviamente con tutto il linguaggio giovanile ma che, comunque, contribuisce ad arricchirne il lessico (vedi PP. 9-11). La ricerca italiana sulla condizione giovanile, a differenza di quanto avviene in altri paesi occidentali, in particolare in Germania, non ha coinvolto i pedagogisti, la cui ricerca sembra limitarsi ai problemi dell'educazione dei giovani nella famiglia e nella scuola (cfr. Radtke 1992: 11-13). Il modo di parlare è, in primo luogo, condizionato dal contesto psicosociale. I giovani sono il prodotto di alcuni fenomeni: il prodotto dell'essere cresciuti, dell'essere stati educati entro un certo gruppo familiare, in una certa classe sociale, in certo contesto geografico e dell'aver avuto una educazione che definisce le motivazioni del loro agire sociale. I giovani diventano gruppo sociale per il fatto di aderire ad alcuni stili di vita, cioè per alcuni modi di intendere la propria partecipazione nel sociale. Ciò si traduce in un modo concreto di orientare i propri comportamenti, i tipi di consumi, i

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modi di passare il tempo libero, i momenti di svago, gli acquisti. Stili di vita e appartenenza ad un gruppo sono, pertanto, strettamente interrelati nel determinare il tipo di relazioni sociali, il tipo di rappresentazione sociale che segna tutti i comportamenti sociali (Radtke 1992: 9). Nel caso di Christiane F. appartenere al gruppo non significava solo parlare come loro, ma anche vestire come loro, ascoltare la loro musica, frequentare determinati luoghi e comportarsi come il gruppo, vale a dire, soprattutto assumere droghe, alcool e marinare la scuola. Per Christiane era fondamentale inserirsi nel gruppo perciò, anche se al principio non condivideva alcuni pensieri e atteggiamenti, ben presto li fece suoi perché pensava di non avere alternative. Fondamentalmente causa di tutto ciò era la solitudine: figlia di genitori separati e reduce da un’infanzia difficile e violenta, la mamma assente per lavoro e a scuola nessuno si accorgeva della sua presenza perché nel ginnasio unificato i professori avevano troppe classi e quindi troppi alunni da seguire. La giovane era abbandonata a se stessa senza una famiglia, un punto di riferimento l’unica via d’uscita era il gruppo e tutto ciò comprendeva.

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3. GLI STUDI SULLA TRADUZIONE La disciplina che si occupa del problema della traduzione è relativamente giovane. Una delle cause di questa lacuna teorica sta nel fatto che la traduzione ha sempre sofferto, e soffre tutt’oggi, di un ruolo marginale e subordinato rispetto ad altri tipi di scrittura/riscrittura, e fa fatica a essere accettata come un’attività culturale di pari livello. Le sono state attribuite differenti denominazioni nel tempo: scienza della

traduzione, ossia una traduzione a livello della parola o al massimo della frase, e cioè di una trasposizione quasi solo terminologica. Il compito principale della disciplina veniva quindi individuato nella costruzione di una teoria in grado di stabilire dei criteri stabili e fissi su come fare una traduzione equivalente all’originale; teoria della traduzione, descrive i fattori che fanno d’una traduzione una traduzione. Tale teoria, da Berman chiamata traduttologia, è una sorta di riflessione che la traduzione fa su se stessa, a partire dal fatto che essa è un’esperienza. Ultima denominazione è Translation Studies in quanto non è una “scienza” nell'accezione delle scienze naturali, ma certamente un campo di studi. Fu Mary Snell-Hornby, nel 1988, ad augurarsi che l’unità di analisi si spostasse dal testo alla cultura, e cioè che avvenisse un cultural turn. Con questa nuova impostazione si definisce il tradurre come un atto di comunicazione che avviene tra culture (cfr. Nergaard (a cura di)1995: 1-15). Generalizzando possiamo affermare che un autore solitamente produce un testo per destinatari appartenenti alla sua stessa comunità linguistica e culturale. Il testo originale “funziona” appunto nel contesto comunicativo della comunità linguistica e culturale nella quale è incastonato (Baumann 2009: 64).

Ovviamente le norme che vincolano le aspettative non sono identiche per ogni ricevente di una comunità linguistica e culturale, ma dipendono, fra l’altro, dall’appartenenza sociale, dal livello culturale, dalle conoscenze linguistiche e dal sapere enciclopedico personale del ricevente, dalla situazione di ricezione sia individuale che storico-sociale. Nella comunicazione bilingue, come avviene nella traduzione, le condizioni comunicative sono più complesse: il traduttore è insieme ricevente ed emittente del testo, in quanto riceve il testo originale, che diventa testo di partenza, ne traspone il codice e diviene in tal modo l’emittente del testo nella lingua d’arrivo. A questo proposito citiamo Leo Weisgerber, principale rappresentante della

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Sprachinhaltsforschung, ossia di quell’indirizzo linguistico che studia la lingua dalla prospettiva del contenuto. Weisgerber parte dal presupposto romantico condiviso da Humboldt e Schleiermacher, che ogni comunità di lingua ha una relativa propria percezione del mondo perciò esistono parole o frasi che sono specifiche ad ogni comunità linguistica; alcuni concetti possono essere condivisi tra due o più comunità linguistiche ciascuno però con una connotazione differente; ogni comunità concepisce la realtà secondo i relativi propri codici di lingua. In sintesi, le lingue implicano una visione del mondo che produce continue differenze culturali. Sulla stessa linea Humboldt afferma che le lingue riflettono diverse visioni del mondo e sono lo strumento mediante il quale si struttura il pensiero. Ogni popolo ha un linguaggio e quindi una propria visione del mondo. L’apprendimento di una nuova lingua, pertanto consisterebbe nell’acquisizione di un nuovo punto di vista sul mondo. Questa acquisizione, tuttavia, risulta alterata dal punto di vista acquisito precedentemente (cfr. Stolze 2008: 25-30). La traduzione di un testo, per quanto il traduttore sia penetrato nell’animo e nella mentalità dell’autore, non può essere mai una pura riattualizzazione del processo spirituale originario della produzione, ma una riproduzione del testo guidata dalla comprensione di ciò che in esso vien detto. L’imperativo della fedeltà, che vale per ogni traduzione non può sopprimere le fondamentali differenze che sussistono tra le diverse lingue. Anche quando ci proponiamo di essere scrupolosamente fedeli ci troviamo a dover operare difficili scelte. Il concetto di fedeltà ha a che fare con la persuasione che la traduzione sia una delle forme dell’interpretazione e che l’interpretazione debba sempre mirare, sia pure partendo dalla sensibilità e dalla cultura del lettore, a ritrovare non l’intenzione dell’autore, ma l’intenzione del testo, quello che il testo dice o suggerisce in rapporto alla lingua in cui è espresso e al contesto culturale in cui è nato. Naturalmente tradurre significa rendere il testo comprensibile a un lettore di lingua diversa, ed è in questa tensione che si articola il problema della fedeltà. (Umberto Eco. 1995: 124). Su questa tensione si basa l’idea che se occorre portare il lettore a capire l’universo semiotico dell’originale, source-oriented, occorre parimenti trasformare l’originale adattandolo all’universo semiotico del lettore, target-oriented. I termini riprendono un concetto di Schleiermacher (1813) (cfr. Stolze 2008: 26-28). Una traduzione orientata al testo di partenza mira all’equivalenza formale, cioè alla riproduzione naturalmente più vicina della forma (stile, sintassi, morfologia, lessico, etc.) e del contenuto, significato, del testo di partenza, mentre l’obiettivo di una

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traduzione orientata al pubblico d’arrivo è l’equivalenza dinamica, basata sul principio dell’effetto equivalente del testo di arrivo sul fruitore: ciò che conta è la relazione tra messaggio e ricevente e, in particolare la risposta del ricevente al messaggio, che deve uguagliare quella originariamente suscitata dal messaggio nel ricevente originale. Per raggiungere tale scopo è necessario conferire al testo di arrivo totale naturalezza di espressione, prescindendo in alcuni casi completamente dalla forma linguistica impiegata. La traduzione source-oriented dà più importanza alla lingua e alla cultura di partenza, mentre la traduzione target-oriented mette al primo posto il destinatario del testo di arrivo, e quindi la sua lingua e la sua cultura. Visti in questa prospettiva, i concetti di source-orientedness e di target-orientedness non si discostano troppo dalle nozioni di straniamento ed omologazione, o addomesticamento, di cui parla Lawrence Venuti. Vediamo subito perché: Mirando a risvegliare nel destinatario il senso di lontananza, specificità ed estraneità del testo tradotto e della cultura che esso rappresenta, lo straniamento privilegia la cultura e la lingua di partenza, enfatizzando la natura esotica del testo di partenza (TP). L’addomesticamento, essendo finalizzato a neutralizzare l’estraneità culturale del TP straniero allo scopo di renderlo il più possibile familiare al destinatario, predilige la lingua e la cultura di arrivo. Lo straniamento è un metodo traduttivo che “porta il lettore all’estero” cioè lo immerge in una realtà diversa dalla sua, evitando che si affermi il dominio ideologico della cultura di arrivo. L’omologazione, al contrario, avvicina il testo di partenza alla cultura di arrivo, con un effetto normalizzante e neutralizzante, privando i produttori del testo di partenza della loro voce e riformulando i valori culturali stranieri in funzione di ciò che è familiare per la cultura dominante. Lawrence Venuti esprime un chiaro giudizio di valore su entrambi gli approcci (cfr. Terzano, A.A. 2005/06). In questa sede ci limitiamo a esporre i tratti essenziali dei due metodi, senza schierarci a favore dell’uno o dell’altro, dal momento che il nostro intento è puramente descrittivo. Dal punto di visto pragmatico l’attività del tradurre è un processo decisionale: una serie di un certo numero di situazioni consecutive, situazioni che impongono la necessità di scegliere tra un certo numero di alternative. Il traduttore decide per questo una delle soluzioni possibili che promette il massimo dell’effetto con il minimo sforzo. Egli, nel suo sistema di decisioni, può fare un passo in più o in meno rispetto a quanto l’autore abbia fatto nell’originale (cfr. Levý 1995: 79). La traduzione, come ogni interpretazione, è una chiarificazione enfatizzante. Chi traduce deve assumersi la responsabilità di tale enfatizzazione. In quanto però non

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sempre è in condizione di esprimere veramente tutte le dimensioni del testo, il suo lavoro implica anche una continua rinuncia. Ogni traduzione che prenda sul serio il proprio compito risulta più chiara e più superficiale dell’originale. A questo punto ci domandiamo: nella traduzione del titolo del libro di cui ci stiamo occupando, la Tatafiore tralascia un particolare importante? I ragazzi si incontrano allo zoo o alla stazione del giardino zoologico? Certo chi non è stato a Berlino questa domanda non se la pone, ma dal momento in cui ci occupiamo di traduzione e leggiamo il titolo in tedesco Wir Kinder vom Bahnohof Zoo e il titolo italiano Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino qualcuno si chiederà: ma dove è andata a finire la Bahnhof? Ci sorge il dubbio perché poco distante dalla stazione c’è realmente lo zoo perciò si poteva risolvere magari modificando il titolo in “Noi, i ragazzi della stazione giardino zoologico di Berlino”. D’altro canto, però, pone un riuscitissimo accostamento tra la locazione, la stazione nei pressi del giardino zoologico appunto, e la metafora del serraglio, luogo di concentrazione delle decine e decine di sventurati privi di una via di uscita.

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CONCLUSIONI Siamo partiti dall’analisi di un semplice romanzo per ragazzi per descrivere i procedimenti traduttivi dal tedesco all’italiano, soffermandoci particolarmente sul linguaggio giovanile. Argomento questo presente nella vita d’ogni giorno: ciascuno di noi è sottoposto quotidianamente al linguaggio giovanile che può risultare interessante e divertente ai giovani stessi, che ne sono gli artefici, ma anche ai più grandi per capire meglio il mondo dei più piccoli. Abbiamo riportato, tra l’altro, i lavori di alcuni studiosi (Androutsopoulos, Radtke, ecc.) grazie ai quali è stato possibile spiegare le scelte adoperate dalla Tatafiore per la traduzione del testo e curiosi esempi che ci aiutano a comprendere e ci avvicinano alla cultura tedesca, alla quale mi sono appassionata e con la quale ho avuto il primo approccio durante il periodo universitario. Il compito che il traduttore deve svolgere non può consistere unicamente in un trasferimento del significato dal tedesco all’italiano, nel senso di garantire il maggior grado di equivalenza possibile a livello del contenuto, ma deve includere anche l'intento di mantenere, dov'è possibile l'espressività dell'originale. Il trasferimento di volgarismi dal tedesco all’italiano, non sembra creare grandi difficoltà al traduttore. Le traduzioni riescono dunque a riprodurre adeguatamente il tono aggressivo e provocatorio del linguaggio dei protagonisti. Personalmente ho trovato molto interessante vedere come i termini corrispondenti tedeschi risultano smussati nella loro asprezza: blöd = balordo, deficiente viene reso con rompipalle; miese kleine Stück = miserabile piccolo pezzo, reso con piccolo pezzo di merda; in die Fresse zu bekommen diventa di prenderlo nel culo, letteralmente sarebbe stato sul muso. A prescindere da qualche inesattezza dovuta al fatto che certi termini riguardanti la sfera sessuale hanno subito un processo di desemantizzazione riducendosi a semplici rafforzativi, il trasferimento di volgarismi e termini gergali dall'italiano al tedesco è stato effettuato in modo adeguato, cioè senza perdita di marcatezza. In altri casi ci troviamo difronte a modi di dire che nelle due lingue utilizzano parole diverse: in der alles tierisch Kohle gekostet haben musste (s.212) = che doveva essere costata un mucchio di grana (p.180); weil man sie ausnehmen konnte wie Weihnachtsgänse (s.119) = li si poteva spellare come polli (p.118); Il termine Weihnachtsgänse, le oche di Natale, fa riferimento al tradizionale arrosto di Natale: il volatile viene sventrato, disossato e poi farcito prima di essere cucinato3; o parole che richiamano la storia tedesca ma la traduzione italiana è gergale: 3

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Es kamen tatsächlich zwei Peterwagen (s.268) = Arrivarono davvero due pantere (p. 236). Il termine colloquiale “Peterwagen” si riferiva in origine alla prima macchina con collegamento radio impiegata dalla Polizia in Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale e viene utilizzato ancora oggi per riferirsi appunto alle auto della Polizia impegnate in pattugliamento. Questi esempi evidenziano le strategie traduttive adottate dalla Tatafiore come l’espediente della compensazione, illustrato a p.13, altre volte ci siamo trovati di fronte a parole non tradotte, i cosiddetti realia di cui abbiamo parlato a p.14 e che mettono in evidenza l’importanza di quei concetti di traduzione source-oriented e target-oriented che si innestano sul più ampio discorso di traduzione come atto di comunicazione e quindi conoscenza tra culture.

L’origine del modo di dire pare risalga a un racconto tradizionale viennese ambientato nel secondo dopo guerra, cfr. il sito http://derhonigmannsagt.wordpress.com/2011/12/24/dieweihnachtsgans-die-ein-braten-werden-sollte-weihnachtsgeschichte/

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