A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
L ETTERE
E
F ILOSOFIA
___________________________
CORSO
DI
LAUREA
IN
S C I E N ZE
DELLE
PROFESSIONI EDUCATIVE
DI
BASE
DELINQUENZA MINORILE A SASSARI I REATI COMMESSI DAI MINORI A SASSARI NEGLI ANNI 2006-2007
Relatore: PROF. GIANFRANCO NUVOLI
Tesi di Laurea di: FRANCESCA COSSU
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
INDICE
INTRODUZIONE .............................................................................................. pag. 1 CAPITOLO 1 - L'ADOLESCENZA 1.1 Che cosa è l'adolescenza? .................................................................................... pag. 2 1.1.2 Lo sviluppo fisico ..................................................................................... pag. 6 1.1.3 L'effetto dei cambiamenti corporei ........................................................... pag. 7 1.1.4 Lo sviluppo sessuale ................................................................................. pag. 9 1.1.5 Lo sviluppo cognitivo ............................................................................. pag. 11 1.1.6 Lo sviluppo sociale ................................................................................. pag. 13 2.1 La famiglia, il gruppo dei pari e la scuola in adolescenza................................. pag. 13 1.2.1 Il ruolo dei docenti e degli allievi ........................................................... pag. 21
CAPITOLO 2 - L'ADOLESCENZA NELLA SOCIETA DEL RISCHIO 2.1 La società del rischio ......................................................................................... pag. 23 2.2 Il concetto di rischio .......................................................................................... pag. 25 2.2.1 Il rischio: un compito evolutivo? ............................................................ pag. 27 2.2.2 Il fascino del rischio in adolescenza ....................................................... pag. 29 2.3 Alcuni comportamenti a rischio ........................................................................ pag. 31 2.4 Comportamenti a rischio fase-specifici ............................................................. pag. 34
CAPITOLO 3 – ADOLESCENTI TRASGRESSIVI 3.1 Adolescenza e trasgressività .............................................................................. pag. 37 3.1.1 Trasgressività e sviluppo .................................................................... pag. 38 3.2 Atteggiamento degli adolescenti verso le trasgressioni ..................................... pag. 40 3.3 Significati affettivi degli atteggiamenti trasgressivi .......................................... pag. 42 3.3.1 Mentire ................................................................................................ pag. 42 3.3.2 Rubare ................................................................................................. pag. 44
3.3.3 Distruggere ......................................................................................... pag. 48 3.3.4 Aggredire ............................................................................................ pag. 55 3.3.5 Spacciare ............................................................................................. pag. 58 3.3.6 Violentare ........................................................................................... pag. 61 3.3.7 I reati di gruppo .................................................................................. pag. 63
CAPITOLO QUARTO – GLI STUDI CRIMINOLOGICI SULLA DEVIANZA E SULLA DELINQUENZA MINORILE. IL MODELLO PSICOANALITICO E IL MODELLO SOCIOLOGICO 4.1 Devianza e criminalità ....................................................................................... pag. 66 IL MODELLO PSICOANALITICO 4.2 Sigmund Freud e i criminali per senso di colpa ................................................ pag. 69 4.2.1 Franz Alexander e Hermann Staub: criminalità cronica e accidentale ................................................................................................... pag. 72 4.2.2 Pierre Mailloux e la "psicologia della pecora nera" ........................... pag. 73 IL MODELLO SOCIOLOGICO 4.3 L'importanza dell'ambiente in relazione alla criminalità minorile .................... pag. 74 4.3.1 Il funzionalismo nelle concezioni di E. Durkheim e R. K. Merton .... pag. 74 4.3.2 La teoria ecologica della scuola di Chicago ....................................... pag. 75 4.3.3 La teoria dei Sutherland sulle associazioni differenziali .................... pag. 76 4.3.4 Le teorie sottoculturali (e Albert Cohen) ........................................... pag. 77 4.3.5 La teoria multifattoriale dei coniugi Glueck ....................................... pag. 78 4.3.6 Un'altra teoria sociologica: l'interazionismo di E. Lemert e H. S. Becker ................................................................................................. pag. 79 4.3.7 Il naturalismo nell'accezione di David Matza ..................................... pag. 80 4.3.8 La criminologia critica, prodotto dell'ideologia marxista ................... pag. 81
CAPITOLO QUINTO – DELINQUENZA GIOVANILE A SASSARI 5.1 La metodologia di indagine e le fonti dei dati ................................................... pag. 83 5.2 Analisi dei dati ................................................................................................... pag. 85 5.2.1 Chi è il minore che compie il reato a Sassari...................................... pag. 85 5.2.2 Tipologie di reato ................................................................................ pag. 88
5.3 Il processo penale minorile ................................................................................ pag. 91 5.3.1 Le origini del Tribunale per i minorenni .......................................... pag. 101 5.3.2 Provvedimenti penali a Sassari negli anni 2006-2007 ...................... pag. 104
CONCLUSIONI .............................................................................................. pag. 107 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................ pag. 109 SITOGRAFIA.................................................................................................. pag. 112
INTRODUZIONE Ogni giorno giornali e televisione evidenziano un disagio del mondo giovanile che assume dimensioni sempre più preoccupanti. L'uso di sostanze e di alcool, l'esercizio irresponsabile della sessualità, la violenza verso le cose e le persone, la ricerca ostinata del rischio, sono segnali che richiamano prepotentemente l'attenzione e l'impegno di tutti gli adulti, genitori, docenti, psicologi, operatori sociali. Si fa sempre più netta la mancanza di un codice comunicativo che permetta di capire le ragioni dell'altro, ma prima ancora, di cogliere i bisogni profondi di cui si è, in prima persona, portatori. Il malessere dei giovani và letto come la spia di un disagio più generale: le loro crisi, oggi, avvengono in una società essa stessa in crisi. L'adulto non è più percepito in posizione asimmetrica rispetto al giovane e quindi in grado di orientare e tutelare lo sviluppo. La caduta del principio di autorità crea solitudine che si rischia di riempire con varie forme di autoritarismo, e in questo mondo vuoto di punti di riferimento, il successo e il guadagno restano gli unici obiettivi da raggiungere in modo facile e immediato. Nella mia tesi tratterò, in chiave psico-pedagogica: –
dell'adolescenza come età caratterizzata da esigenze specifiche;
–
delle trasgressioni adolescenziali e del loro significato affettivo;
–
degli studi criminologici sulla devianza minorile;
–
dei reati commessi dai minori a Sassari negli anni 2006-2007.
Per trattare il quarto punto ho effettuato una ricerca presso il Tribunale dei Minori di Sassari attraverso i registri G.U.P. (Giudice dell'Udienza Preliminare), G.I.P. (Giudice delle Indagini Preliminari) e DIB (Dibattimento) degli anni 2007-2008, e ho raccolto dati riguardanti: sesso, età e nazionalità del minore, tipologia del reato, provvedimento del giudice. Questi dati sono stati poi confrontati con le statistiche ISTAT nazionali. Lo scopo della ricerca è stato quello di avere una visione della delinquenza minorile a Sassari negli anni oggetto di studio e di capire quali sono le risposte da parte del sistema penale minorile.
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CAPITOLO PRIMO
L'adolescenza
1.1 - Che cosa è l'adolescenza?
L'adolescenza è l'età del cambiamento, come la stessa etimologia della parola implica: "adolescere"1 significa in latino crescere. Tra l'infanzia e l'età adulta, l'adolescenza è un passaggio. Corrisponde a un arco di anni piuttosto ampio, variabile da individuo a individuo, sia per quanto riguarda l'entità e le caratteristiche dei cambiamenti che l'attraversano, sia per quanto riguarda i limiti temporali che ne scandiscono l'inizio e la conclusione. In psicologia l'adolescenza è definita come la "fase cronologica"2 compresa tra la pubertà (fenomeno universale che segna il passaggio dalla condizione fisiologica del bambino alla condizione fisiologica dell'adulto) e la maturità. In termini strettamente cronologici l'inizio dell'adolescenza può essere collocato tra i dieci e i dodici anni nelle femmine e tra gli undici e i tredici anni nei maschi, mentre la conclusione è fatta coincidere, per entrambi, con i diciotto anni, quando l'individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per assumere le responsabilità di adulto. Ironicamente si potrebbe dire dell'adolescenza che si sa quando inizia ma non quando finisce, perché sono in aumento i giovani che, per motivi economici o di studio, prolungano la permanenza in casa dei genitori e la dipendenza da loro, ritardando sempre più l'ingresso nel mondo degli adulti. Spesso, sono gli stessi genitori a
1
A. BRACONNIER, D. MARCELLI, Adolescence et psychopathologie, Masson, Paris, 1983; tr. It. a
cura di M. AMMANITI, A. NOVELLETTO, Adolescenza e psicopatologia, Masson, Milano, 1999 – quinta edizione, p. 3. 2
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, Psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 219.
2
ostacolare la crescita e l'allontanamento dei figli, che tendono sempre a essere considerati i loro "bambini"3. Renè Girard4 individua tre fasi fondamentali nella crescita dell'individuo: la preadolescenza, l'adolescenza e la post-adolescenza5. Non più bambini e non ancora adolescenti: ecco la condizione dei ragazzi da 10 ai 14 anni. In Italia sono almeno tre milioni e mezzo e su di loro è concentrata una mole di interventi che è senza pari in qualsiasi altra fase dell'intero arco evolutivo. La "preadolescenza" sembra indicare una fascia d'anni piuttosto fugace, un'età dai confini incerti e con "crescite" più nascoste che appariscenti. Oggi diviene particolarmente difficile non solo definirla ma anche collocarla, ad esempio in rapporto al momento adolescenziale6. In questa fase vengono affrontati problemi nuovi e del tutto diversi da quelli tipici dell'infanzia: problemi legati alla crescita fisica, all'identità corporea e alla definizione sessuale (che spesso si impone in modo improvviso prima che un ragazzo o una ragazza siano in possesso degli strumenti psicologici necessari per poterli affrontare e per elaborarli consapevolmente). Nella fase adolescenziale l'investimento affettivo passa dal proprio corpo a quello altrui; la maturazione delle capacità di analisi e di «introspezione»7 e la definizione della
3
A. BANCHE, Adolescenza, SCHEDA DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.psicopedagogika.it/view.asp?id=156 (ULTIMO ACCESSO 25 MAGGIO 2011). 4
R. GIRARD (Avignone, 1923) dal 1943 al 1947 studia presso l'École nationale des chartes a Parigi,
che forma archivisti-storici, specializza sul Medioevo. Critico letterario e antropologo, il suo lavoro appartiene al campo dell'antropologia filosofica e ha esercitato il suo influsso sulla critica letteraria, psicologica, storica, sociologica e teologica. È stato professore di Letteratura comparata presso l'Università di Stanford (California); nei suoi libri ha sviluppato la tesi che ogni cultura umana è basata sul sacrificio come via d'uscita. Nel 2001 gli viene conferita la laurea honoris causa in Lettere all'Università degli studi di Padova. Il 17 marzo 2005 è eletto membro dell'Académie française; in Renè
Girard,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.filosofico.net/renegirard.htm (ULTIMO ACCESO 19 OTTOBRE 2011). 5
Grande dizionario enciclopedico utet, 4a edizione, Unione Tipografico - Editrice Torinese, Torino,
1992, p. 207. 6
S. DE PIERI, Preadolescenza, un problema recente, in S. DE PIERI, G. TONOLO (a cura di),
Preadolescenza. Le crescite nascoste, Armando Editore, Roma, 1990, p. 15. 7
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 220.
3
propria identità, dei valori e delle scelte, consentono una progressiva riorganizzazione nell'ambito di situazioni spesso intricate e confuse. Nell'ultima fase, la post-adolescenza, la sintesi dell'io incomincia a consentire le complesse operazioni di orientamento verso l'attività futura. Nelle società pre-industriali occidentali non esisteva l'adolescenza come la intendiamo oggi, con i suoi valori e la sua cultura spesso in antitesi a quelli del mondo adulto. La figura dell'adolescente, come persona impegnata in una prolungata fase di transizione problematica, non veniva considerata dalla maggior parte delle società tradizionali. In esse il passaggio dallo status sociale del bambino a quello dell'adulto veniva gestito da appositi "riti di passaggio", che rappresentano in chiave simbolica l'allontanamento dallo stato precedente, l'attraversamento di una soglia liminale e la reintegrazione nella società con un diverso status. Le rappresentazioni artistiche e letterarie ci mostrano i "piccoli adulti", ovvero uomini e donne di dieci e dodici anni, vestiti come i genitori e intenti nelle stesse attività; questo sia negli strati sociali più poveri, in cui l'inizio del lavoro poteva essere anche a sei-sette anni, sia tra le élite, dove si poteva essere re o professori universitari anche a dodici, tredici anni. L'adolescenza in realtà nasce con la rivoluzione industriale8 e dalle trasformazioni che essa ha comportato nella società, e di riflesso, nelle famiglie. Verso la fine del XIX secolo nelle società europee, in particolare in Germania, Inghilterra e Francia, i profondi mutamenti sociali ed economici fecero sì che un grande numero di ragazzi giungessero a trovarsi in una condizione di vita fino allora sociologicamente sconosciuta. In particolare nel mondo borghese l'aumentata importanza dell'istruzione fino ad avanzata età, la proliferazione di college e scuole superiori, i lunghi periodi di apprendistato non produttivi ma necessari alla formazione nelle scienze più avanzate, crearono l'adolescenza come un'etichetta sociale che sino ad allora non era stata necessaria. Parallelamente, la diffusione di istituzioni e associazioni giovanili, quali lo scoutismo,
8
F. CATTARI, O. CUCCU, L'adolescente e la sua famiglia, in G. NUVOLI, G. MANCA (a cura di),
L'Osservatorio Sociale per la Città di Sassari. Condizioni, bisogni e servizi nel ciclo di vita della popolazione nella città di Sassari, Carlo Delfino Editore, Sassari, 2002, p. 101.
4
le società segrete giovanili e il movimento giovanile tedesco «Wandervögel»9, così come il fiorire della letteratura sull'adolescenza, risposero alla necessità di creazione d'identità in questa nuova fase della vita. La formazione dell'identità personale è uno dei compiti fondamentali nell'adolescenza. Due principali aspetti compongono questo costrutto: l'idea che un individuo ha di se stesso (ciò che pensa di essere) e le caratteristiche che lo rendono "unico" e "riconoscibile" (ciò che l'individuo è). Non sempre i due aspetti coincidono: anzi può accadere che quello che l'individuo pensa di essere sia diverso (in meglio o in peggio) da quello che effettivamente è, vale a dire diverso da ciò che conosce, da ciò che sa fare e da ciò che lo guida in termini da atteggiamenti o di valori. In questo processo di formazione del senso di identità appaiono peculiari della preadolescenza e dell'adolescenza due modi diversi di conoscenza che si esprimono, il primo, nell'idea di "sé cercata" e il secondo nell'idea di "sé riflessa". Se l'infanzia è caratterizzata dalla progressiva consapevolezza di possedere caratteristiche distintive dagli altri, in questa nuova fase i ragazzi si impegnano attivamente nella ricerca di esperienze e situazioni nelle quali mettersi alla prova; si sviluppa così un'idea di "sé cercata"10, testimoniata dallo spiccato interesse per la vita di relazione, per le amicizie, per le prime emozioni sentimentali, mentre recedono sullo sfondo le attività note e la sicurezza degli affetti familiari. Nella fase dell'idea di "sé riflessa", l'impegno attivo si coniuga con la ricerca di una coerenza nella quale confluiscano e si intreccino le qualità personali e le diverse esperienze, arricchite dallo sforzo di riflessione e di consapevolezza. Sebbene la formazione del senso d'identità prosegua per tutto l'arco della vita in connessione col mutare delle circostanze, delle scelte e dei ruoli sociali, è soprattutto nella preadolescenza e nell'adolescenza che questo processo si manifesta in modo più tipico ed evidente. Le opportunità e le occasioni presenti in questa fase, nella quale "il mondo del possibile" si apre alle scelte personali, culturali, relazionali e valoriali, non esistevano prima e vanno pian piano restringendosi successivamente. Per questi motivi 9
WIKIPEDIA, Adolescenza, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://it.wikipedia.org/wiki/Adolescenza (ULTIMO ACCESSO 25 MAGGIO 2011). 10
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., pp. 227-228.
5
Erik Erikson11 ha affermato che il periodo veramente cruciale per lo sviluppo della persona non è la prima infanzia ma, appunto, l'adolescenza. Questa fase del nostro ciclo di vita è caratterizzata da una molteplicità di cambiamenti su svariati fronti, che schematicamente possono individuarsi nello sviluppo fisico, sessuale, cognitivo e sociale.
1.1.2 - Lo sviluppo fisico Dal punto di vista biologico12 dello sviluppo fisico l'adolescenza presenta notevoli variazioni per età di esordio e di conclusione, correlati con una marcata differenziazione per genere, che nelle ragazze induce un anticipo di due-tre anni sui ragazzi. Nella fase pre-puberale, un anno o due prima della pubertà, iniziano a manifestarsi alcune lievi «modificazioni corporee»13 caratterizzate da un arrotondamento delle forme e da un leggero aumento di peso. Nelle femmine le modificazioni fisiche visibili si manifestano nello sviluppo del seno, nella comparsa dei primi peli pubici, nell'arrotondamento dei fianchi, nella comparsa del primo ciclo mestruale; nei maschi implicano la comparsa dei primi peli pubici, la prima eiaculazione, la modificazione nella voce e successivamente la crescita della barba. Nelle fasi successive, quella post-puberale e della tarda adolescenza, i mutamenti sono meno evidenti e proseguono portando a compimento la diffusione della peluria, lo sviluppo dei tessuti sottocutanei e lo stabilizzarsi della forza muscolare. Esiste un'ampia variabilità individuale nello sviluppo puberale, dovuta essenzialmente a fattori genetici e ambientali. Tra questi ultimi il più rilevante appare un'alimentazione 11
E. ERIKSON (Francoforte, 1902 - Harwich, 1994), psicologo e psicoanalista tedesco naturalizzato
statunitense, ha assunto particolare rilievo per aver inserito i problemi della psicoanalisi infantile in un contesto di ricerche antropologiche e sociologiche. Si formò a Vienna sotto la guida di Anna Freud ed August Aichhorn. Emigrato negli Stati Uniti nel 1933, ha svolto la sua attività di insegnamento e di ricerca in alcune delle più illustri università americane come Harvard, Yale, Berkeley ed il Massachusetts Institute of Technology. 12
G. NUVOLI, Problematiche adolescenziali, in A. UCCULA (a cura di), Rischi e risorse nelle
scelte. Adolescenti e processi formativi nella scuola. Quaderni Psilabs n. 3, Editrice Democratica Sarda, Sassari, 2008, p. 24. 13
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 223.
6
insufficiente o inadeguata che incide sulla crescita, rallentandola e determinando un conseguente ritardo nell'inizio della pubertà.
1.1.3 - L'effetto dei cambiamenti corporei
Nella maggior parte dei casi il corpo del bambino è silenzioso: il bambino è in buona salute e secondo il detto attribuito a Renè Leriche14: «la salute è il silenzio degli organi»15. In adolescenza, all'improvviso, il corpo fa «rumore». Sono questi rumori che l'adolescente ci fa sentire sotto forma di lamentele somatiche di vario genere (mal di stomaco, mal di schiena, ecc…), oppure sotto forma di molteplici inquietudini a carattere ipocondriaco, rumori della crescita per i quali vengono consultati i medici internisti. Il corpo gioca in adolescenza un ruolo centrale, si trasforma ad un ritmo variabile ma in maniera globale: la «silhouette»16 cambia tanto per l'adolescente stesso quanto per chi lo guarda. L'immagine del corpo cambia in diversi contesti: •
Il corpo come punto di riferimento spaziale. L'adolescente è un po’ come un cieco che si muove in un ambiente le cui dimensioni sono cambiate; deve confrontarsi con la trasformazione di questo strumento di misura e di riferimento rispetto all'ambiente circostante che è la percezione del proprio corpo.
14
R. LERICHE (Roanne, 1879 – Cassis, 1955), chirurgo francese, direttore dal 1924 della clinica
chirurgica dell'Università di Strasburgo e successivamente dell'Istituto di chirurgia sperimentale di Lione. I suoi studî più importanti vertono sulla funzione vasomotoria, sulle arteriopatie periferiche, sull'anatomia e fisiopatologia del simpatico e in particolare del ganglio stellato, sull'osteogenesi, sulla patogenesi dell'ulcera gastroduodenale, sulla fisiologia delle coronarie. È considerato uno dei maggiori esponenti della chirurgia fisiologica perché i suoi metodi originali sono orientati sul concetto del ripristino della funzione dell'organo malato; in WIKIPEDIA, Renè Leriche, ARTICOLO DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://en.wikipedia.org/wiki/Ren%C3%A9_Leriche
(ULTIMO ACCESSO 19 OTTOBRE 2011). 15
Tr. It. a cura di M. AMMANITI, A. NOVELLETTO, op. cit., p. 131.
16
Ivi, pp. 17-18.
7
•
Il corpo come rappresentante simbolico. Per il modo in cui utilizzato, valorizzato o disconosciuto, amato o detestato, vestito o talvolta travestito, fonte di rivalità o di sentimento di inferiorità, il corpo rappresenta per l'adolescente un mezzo di espressione simbolica dei propri conflitti e delle proprie modalità relazionali.
•
Il corpo ed il narcisismo. Quale adolescente non ha trascorso lunghi momenti davanti al suo specchio? Quale adolescente non ha manifestato prima o poi un interesse esagerato per il proprio aspetto fisico o per una parte del proprio corpo? L' interesse che in determinati momenti l'adolescente nutre per il proprio corpo, e che fa parte di un contesto più generale di iperinvestimento di sé, rivela la presenza preponderante della dimensione narcisistica nel funzionamento mentale di questa età.
•
Il corpo ed il sentimento di identità. La sensazione di stranezza o di estraneità che molti individui sperimentano a questa età relativamente al corpo, è della stessa natura di un'altra sensazione, quella di non avere una percezione sicura della propria identità.
Le trasformazioni fisiche rischiano di mettere alla prova le capacità di adattamento dell'adolescente in quanto introducono il problema del confronto con i coetanei, proprio in un'età in cui le qualità fisiche e le abilità motorie rappresentano una buona fonte per la valutazione della personalità propria e altrui. Capita spesso all'adolescente di sentirsi insoddisfatto per aspetti del suo corpo che vorrebbe diversi, migliori e che fatica ad accettare. Localizza questa sua insoddisfazione su particolari che osserva con insistenza (il naso, le orecchie ecc…), fino ad ingigantire il distacco tra quello che è e quello che vorrebbe essere. La ragazza teme di avere qualcosa in più (peso, massa corporea), mentre il ragazzo qualcosa in meno (statura, muscolatura, forza). In generale l'adolescente interpreta l'essere "diverso" (da come era prima, dagli altri) con l'essere "inferiore", e questo provoca in lui reazioni difensive, poiché ha bisogno di prendere coscienza del suo valore, e si oppone ad ogni sensazione di inadeguatezza e di inferiorità17.
17
M. L. TAPPARO, G. TERUGGI, Corporeità ed esplosione spazio-motoria, in S. DE PIERI, G.
TONOLO (a cura di), op. cit., p. 61.
8
Al di là delle differenze individuali emerge, comunque, un bisogno generalizzato tipico dell'adolescente di comprendere e assimilare le modificazioni fisiche, osservabile sia attraverso il continuo ricorso allo specchio, sia attraverso il confronto con gli altri, in una continua valutazione del proprio corpo. La "mentalizzazione del corpo"18, intesa come riflessione sul corpo, a cui viene assegnato un significato relazionale, sociale, sentimentale, erotico, generativo ed etico e a cui viene riconosciuto un senso di continuità nel tempo che prevede il suo sviluppo ma anche il suo decadimento, comincia ad affacciarsi in adolescenza. La presenza di lievi difetti fisici, o di caratteristiche personali vissute come difetti, può diventare fonte di forte e ingiustificata preoccupazione, dando luogo a quella paura chiamata "dismorfofobia", che consiste nella convinzione di avere qualcosa di anomalo nel proprio aspetto a cui si associa il pensiero doloroso di apparire brutti agli occhi altrui. La difficoltà di padroneggiare psicologicamente il processo di crescita corporea può anche generare il timore ipocondriaco di essere portatori di malattie fisiche o psicologiche: paure piuttosto comuni in adolescenza che scompaiono col progredire e lo stabilizzarsi della crescita, e che si accompagnano al processo di transizione e di definizione dell'identità corporea.
1.1.4 - Lo sviluppo sessuale
Allo sviluppo fisico si affianca quello sessuale. L'adolescente sperimenta l'abbandono del corpo infantile per acquisirne uno adulto, compaiono i caratteri sessuali secondari e si raggiunge la maturità riproduttiva. Per alcuni ragazzi questo può essere sconvolgente perché si sentono impreparati di fronte all'esplosione del proprio corpo. Tutto ciò determina effetti notevoli sul piano psicologico, in quanto l'adolescente deve intraprendere dei processi di adattamento alla sua nuova condizione sessuale. Alcuni possono reagire cercando di nascondere la nascente sessualità per prolungare il più possibile l'infanzia, mentre altri possono esasperarla assumendo precocemente comportamenti e abbigliamento "da grandi", per sentirsi più adulti.
18
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 225.
9
Il corpo sessuato spaventa ma incuriosisce. Si vuole conoscerlo, esplorarlo; il legame preferenziale con il “migliore amico” è un modo per dare sfogo, nella prima adolescenza, in un modo consentito dalla nostra società, ad una latente omosessualità che inconsciamente è molto forte in questa fase della vita. In seguito assume una maggiore rilevanza la figura del "fidanzato/a"19 con cui si possono avere le prime esperienze, che inizialmente sono dettate più dal desiderio di provare qualcosa a se stessi, di essere "capaci", che da un vero sentimento. Per questo motivo i primi rapporti possono essere sconvolgenti o deludenti: essere pronti fisicamente non vuol dire necessariamente esserlo anche mentalmente. Le prime teorie formulate circa l'acquisizione dei ruoli sessuali sono quelle della identificazione; derivano dal filone psicoanalitico e ritengono centrale l'identificazione con il
genitore dello stesso sesso per la predisposizione per la graduale maturazione sessuale. L'avvento della pubertà, con il potenziamento della libido nel maschio e la repressione della stessa nella femmina, mette ciascun sesso nella condizione di assumere ruoli sessuali differenziati.20 Lo sviluppo del ruolo sessuale inizia da uno stadio indifferenziato in cui il concetto ed il comportamento femminile e maschile non hanno importanza; segue una progressiva differenziazione dei comportamenti legata alla scoperta e alla distinzione di genere dicotomica; all'identità di genere si associa l'identificazione al ruolo sesso-tipico con una rigida conformità ai ruoli stereotipi, sia per sé che per gli altri. L'individuo, superato lo stadio convenzionale e anche il conformismo di segno contrario (la mascolinizzazione psico-sociale per le ragazze), sviluppa ed esprime caratteristiche sia femminili che maschili in funzione dei bisogni interiori e del temperamento, con comportamenti adeguati alle situazioni, senza considerare le aspettative di ruolo. Le indagini sul rapporto tra atteggiamento di ruolo e identità sono le più numerose. Esse cercano di vedere se un eventuale ridefinizione in senso androgino dei comportamenti maschili e femminili sia correlata positivamente con la strutturazione dell'identità di genere e personale. Per quanto riguarda i soggetti femminili, una delle prime ricerche evidenzia come l'attuale situazione socio-culturale favorisca il superamento dei ruoli tradizionali e orienti le giovani generazioni di donne verso l'assunzione di ruoli tradizionalmente maschili. Il semplice 19
A. BANCHE, Adolescenza, SCHEDA DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.psicopedagogika.it/view.asp?id=156 (ULTIMO ACCESSO 25 MAGGIO 2011). 20
A. COLOMBO, M. ROSSI, Identità e ruolo psico-sessuale, in S. DE PIERI, G. TONOLO (a cura
di), op. cit., p. 129.
10
riferimento al gruppo di appartenenza biologico non contribuisce più a stabilire un senso d'identità positiva, ma l'imitazione dei ruoli maschili non equivale a una nuova identità. L'adesione a modelli di comportamento maschili non si associa all'acquisizione di un adeguato senso di identità personale e non scalfisce a livello operativo la tradizionale idea di qualità professionali femminili: socievolezza, conformismo, fluidità, non associate a competitività e intraprendenza. Per quanto riguarda i soggetti maschi, la situazione è diversa, le poche ricerche in questo campo rilevano l'adesione dei giovani a modelli stereotipi e la mancanza di segni di cambiamento nell'acquisizione dei ruoli sessuali21.
L' "identità sessuale" (o caratterizzazione sessuale) descrive la dimensione soggettiva del proprio essere sessuati, risponde ad un esigenza di classificazione e stabilità anche se contiene elementi di incertezza e di imprevedibilità essendo l'esito di un processo costruttivo influenzato dalla complessa interazione tra aspetti biologici, psicologici, educativi e socioculturali22. Il raggiungimento "dell'identità sessuale"23 della persona adulta rappresenta un obiettivo che travalica gli aspetti di natura fisiologica per coinvolgere tutta la personalità dell'adolescente. Infatti notevoli ripercussioni sull'autostima sono determinate dalle differenze nell'età di esordio e nei ritmi della maturazione sessuale, dalla precocità o dal ritardo della loro comparsa, dalla valutazione della propria adeguatezza nei rapporti con l'altro sesso.
1.1.5 - Lo sviluppo cognitivo
Non sono i soli cambiamenti fisici e psicologici connessi alla pubertà o le problematiche legate alla ricerca dell'identità a rappresentare compiutamente il periodo adolescenziale: bisogna tener conto dei profondi cambiamenti nello sviluppo delle "funzioni cognitive"24, legati alla comparsa del pensiero operatorio formale. Un tipo di pensiero 21
Ivi. pp. 132-133.
22
CPSICO, L'identità sessuale, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.cpsico.com/identit%C3%A0_sessuale.htm (ULTIMO ACCESSO 15 SETTEMBRE 2011). 23
G. NUVOLI, Problematiche adolescenziali, in A. UCCULA (a cura di), op. cit., p. 24.
24
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 232.
11
che, secondo Bärbel Inhelder25 e Jean Piaget26, implica un deciso ampliamento dell'intelligenza, che ora può spaziare nell'elaborazione di teorie, ideare e verificare situazioni possibili, esercitarsi nella critica, appassionarsi nella dimostrazione e nel controllo delle ipotesi. In quest'area il raggiungimento del pensiero astratto e formale o ipotetico-deduttivo, ultimo stadio dello sviluppo intellettivo che è proprio dell'adulto, induce nel giovane nuovi schemi di analisi della realtà, una capacità logica-cognitiva che gli consente nuovi interessi e, soprattutto, un allargamento delle funzioni intellettuali rivolte alla conoscenza sia del mondo fisico e sociale che di quello interiore. Il raggiungimento del pensiero ipotetico consente all'adolescente l'indipendenza di questo livello di pensiero dal dato sensoriale reale, che è tipico delle fasi precedenti, e la possibilità di procedere sul ragionamento basato su ipotesi. L'affermazione di una propria autonomia intellettiva porta il giovane a mettere in discussione le opinioni che rileva nella famiglia e nella scuola e alla ricerca di progetti individuali di vita che talvolta riflettono la condizione di "egocentrismo" e "onnipotenza"27 tipicamente adolescenziali: infatti la capacità di elaborazione dei pensieri astratti porta anche al rifiuto della posizione subordinata di assimilazione passiva del pensiero degli adulti ed in particolare al conflitto con gli insegnanti, per privilegiare l'elaborazione personale di teorie o ideologie condotte a livello individuale. Inoltre, divenendo più capaci di concepire contenuti astratti e situazioni ipotetiche, gli adolescenti riflettono maggiormente sul modo in cui gli altri li percepiscono, esercitando così la capacità di adottare la prospettiva altrui.
25
B. INHELDER (San Gallo, Svizzera, 1913), psicologa dell'età evolutiva , è la più famosa
collaboratrice di J. Piaget. Si trasferisce a Ginevra nel 1932 dove studia presso l'Institut Jean-Jacques Rousseau. Nel 1943 conseguì il dottorato in psicologia e, fino al suo pensionamento, continuò a lavorare all'Università di Ginevra, collaborando con J. Piaget nel suo lavoro sperimentale sullo sviluppo del bambino. 26
J. PIAGET (Neuchâtel, 1896), psicologo e pedagogista svizzero, è considerato il fondatore
dell'epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo. 27
G. NUVOLI, Problematiche adolescenziali, in A. UCCULA (a cura di), op cit., pp. 24-25.
12
1.1.6 - Lo sviluppo sociale
La socializzazione è uno degli argomenti sociologicamente più rilevante per il rapporto preadolescenti-società. La socializzazione28 è l'insieme dei processi mediante i quali un individuo impara a diventare membro di una società. Non è un fenomeno poco rilevante: è la garanzia della sopravvivenza della società stessa, della possibilità che questa trasmetta il patrimonio culturale accumulato nel tempo; ma è anche la garanzia dell'esperienza sociale dell'individuo stesso, anzi, è fondamentalmente alla base della formazione della sua identità, personale e sociale. Nella preadolescenza il processo di socializzazione rappresenta un'area decisiva di crescita, caratterizzandosi come fase di transizione dalla socializzazione primaria a quella secondaria. La socializzazione primaria avviene nei primi anni di vita e porta alla interiorizzazione del "mondo base", la socializzazione secondaria invece permette l'interiorizzazione di sottomondi legati a un'istituzione, nell'assunzione di ruoli connessi con situazioni sociali specifiche (come il mondo della scuola, del lavoro, i nuovi rapporti sociali ecc…). L'adolescente allarga le sue prospettive relazionali con l'uscita dalla famiglia, sia come emancipazione da essa, sia nella fase di "separazione-individuazione", intesa come risposta al suo bisogno di autonomia: il gruppo dei pari è fondamentale per riempire il vuoto determinato dal distacco familiare con il sostegno dell'identificazione offerto dai coetanei e con l'adesione ad uno stile di vita (abbigliamento, taglio di capelli, gergo, ecc.) differente da quello degli adulti, ma in contrasto solo apparente con la precedente dipendenza genitoriale.
1.2 - La famiglia, il gruppo dei pari e la scuola in adolescenza
In passato, per definire le caratteristiche dello sviluppo sociale nell'adolescenza, si è spesso parlato del passaggio da un «orientamento verso i genitori» ad un «orientamento 28
G. DE NICOLO’, Il preadolescente in una società complessa, in S. DE PIERI, G. TONOLO (a
cura di), op. cit., p. 27.
13
verso i pari»29, mettendo un' enfasi forse eccessiva sull'importanza attribuita al gruppo dei coetanei, che certamente svolge un ruolo importante ma non tale da sostituire quello esercitato dalle relazioni familiari. Se si analizza che cosa accade quando i giovani devono prendere delle decisioni importanti si scopre che i genitori rivestono un ruolo fondamentale su questioni riguardanti le scelte scolastiche e professionali e sugli orientamenti di vita futura; inoltre essi svolgono un'insostituibile funzione protettiva in condizioni di stress e di disagio, mentre il gruppo dei pari influisce maggiormente sulle scelte
sociali
quotidiane
(l'impiego
del
tempo
libero,
le
opzioni
relative
all'abbigliamento, ecc.). L'adolescenza rappresenta una fase critica e delicata per l'intero sistema familiare che, oggi ancor più che nelle fasi precedenti, deve affrontare il delicato compito di integrare la legittima esigenza di indipendenza e di autonomia dei figli, con la coesione degli affetti e con la negoziazione di nuove regole di rapporto. Due importanti processi, di cui il primo, "l'individuazione", proprio dell'adolescente e che si esprime nella sua propensione ad autonomizzarsi dai legami familiari, e il secondo, "la differenziazione", proprio dell'organizzazione familiare e dal quale dipende il maggiore o minore grado di flessibilità nel consentire l'indipendenza dei suoi membri, s'intrecciano tra loro dando luogo a varie configurazioni relazionali. Il preadolescente appare in una dimensione reale e concreta di ragazzino che cerca di liberarsi da una struttura infantile, senza però troppo distaccarsene per paura di perdere ciò che ha già realizzato nel corso degli anni precedenti30. Nella prima adolescenza, in concomitanza con la dinamica esplorativa e con l'allargamento degli spazi di autonomia che l'adolescente stesso impone, può verificarsi un contro-movimento della famiglia che accentua il controllo con l'intento di proteggere o preservare il figlio da esperienze negative, determinando reazioni di distacco e di ribellione che rischiano di innestare una spirale di incomprensioni reciproche in cui controllo e opposizione rappresentano la dinamica saliente.
29
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit, p. 240.
30
U. FONTANA, Il preadolescente e la famiglia, in S. DE PIERI, G. TONOLO (a cura di), op. cit., p.
187.
14
Nel complesso intreccio delle relazioni familiari lo stile personale con cui i genitori entrano in relazione con i figli adolescenti gioca un ruolo importante nel favorire la competenza sociale e il processo di sviluppo dell'identità. I lavori sviluppati da Diana Blumberg Baumrind31 hanno rilevato, nel comportamento dei genitori, quattro diverse linee di tendenza che definiscono altrettanti stili educativi a cui corrispondono specifiche caratteristiche sia dei bambini, sia degli adolescenti. Genitori che adottano uno stile autorevole fondato sulla compresenza di richieste e di sostegno, diversamente dagli "autoritari", "permissivi" o "rifiutanti"32 sono anche quelli i cui figli, nell'adolescenza, appaiono più competenti, capaci di monitorare le proprie emozioni e meno soggetti alla devianza. Lo stile genitoriale esercita un'importante influenza anche sullo sviluppo dell'identità personale. Dalla ricerca COSPES33, condotta su un ampio campione rappresentativo di adolescenti italiani di età compresa tra i quattordici e i diciannove anni, sono emerse dalle descrizioni rilasciate dagli stessi ragazzi, tre stili genitoriali: 1. genitore relazionato; 2. genitore autocentrato; 3. genitore evasivo; correlati con lo sviluppo dell'identità nelle sue dimensioni del concetto di sé, sfera affettivo-sessuale, sistema di valori e autonomia. La prima tipologia, quella del genitore "relazionato", identifica i genitori capaci di capire i punti di vista e le richieste dell'adolescente, di prendere in considerazione le sue proposte, apprezzarne i contributi, fornire consigli, senza imporre le proprie ragioni; il suo obiettivo è la crescita autonoma delle motivazioni del figlio. Il genitore 31
D. B. BAUMRIND (New York City 1927), laureata in Psicologia e Filosofia presso l'Hunter
College nel 1948, ha lavorato come psicologa personale al Cowell Memorial Hospital di Berkeley; è stata anche direttrice di due US Public Health Service e consulente per un progetto di stato in California. Clinica e psicologa dell'età evolutiva presso l'Istituto di Sviluppo Umano, University of California, Berkeley, è nota per la ricerca sugli stili genitoriali e la sua critica sulla ricerca psicologica dell'inganno. 32
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 241.
33
Centri di Orientamento Scolastico Professionale e Sociale, in L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op.
cit., p. 241.
15
"autocentrato" tende invece a restare fermo sulle proprie posizioni, nella convinzione di possedere strumenti migliori per comprendere quale sia il bene dei figli e per stabilire le regole alle quali essi devono obbedienza e rispetto; infine il genitore "evasivo" appare spesso arrabbiato o deluso e psicologicamente assente. I dati della ricerca indicano come lo sviluppo dell'identità adolescenziale nelle sue articolazioni di concetto di sé, di maturazione affettivo-sessuale, di costruzione di valori e di una prospettiva futura venga favorito dalle modalità attuate dal genitore "relazionato" che, diversamente da quelle proprie dei genitori "autocentrati" ed "evasivi", consentono l'elaborazione cognitiva e la maturazione consapevole delle esperienze. L'importanza del ruolo dei genitori, rispetto a quello svolto dai coetanei o da altre persone significative, viene ribadito anche nelle ricerche che hanno preso in esame alcune circostanze difficili o particolari nelle quali possono trovarsi i figli preadolescenti, come ad esempio una malattia fisica o problemi psicologici. In questi casi il sostegno nelle sue dimensioni di attenzione, affetto e incoraggiamento da parte dei genitori svolge un insostituibile ruolo protettivo, riducendo l'effetto negativo di eventi di vita delicati o difficili e si configura come un fattore decisivo nello sviluppo delle capacità dell'adolescente di far fronte ad eventi stressanti. Questa funzione protettiva si può esprime attraverso tre specifiche funzioni: 1. potenziamento dell'autostima; 2. appoggio diretto e vicinanza in situazioni stressanti; 3. stabilità del rapporto affettivo al variare delle circostanze. I principali temi su cui vertono le divergenze tra genitori e figli preadolescenti e adolescenti non sono cambiati rispetto al passato: essi continuano a riguardare le questioni quotidiane come gli orari, il contributo all'organizzazione familiare, l'impegno nello studio, le relazioni con gli amici, tutte questioni che richiamano problemi connessi essenzialmente al livello di responsabilità e agli spazi di autonomia. Su temi importanti come i valori dell'istruzione, quelli morali e sociali, e in parte quelli politici o relativi alla gestione del denaro e delle scelte sentimentali, il livello di incongruenza tra genitori e figli è sufficientemente elevato. Nell'elaborato processo di formazione dell'identità il gruppo dei pari diventa luogo insostituibile di confronto e di scambio.
16
John C. Coleman34 e Leo Hendry fanno notare che il termine "gruppo dei coetanei"35 – peer group – viene utilizzato con differenti significati nella letteratura sull'adolescenza per definire gli amici del cuore, i conoscenti abituali e a volte persino gli sconosciuti. Le caratteristiche che accomunano i componenti di questi gruppi sono la somiglianza in termini di età e il fatto di non comprendere membri della rete familiare. L'appartenenza al un gruppo che nasce da un iniziale "bisogno di affiliazione", rispondendo all'esigenza di trovare supporto, condivisione e approvazione, si trasforma successivamente in un "bisogno di appartenenza" che implica la scelta selettiva di attività e di riferimenti valoriali che meglio si conciliano con valori e scelte congrue con l'immagine di sé che l'adolescente costruisce. Si distinguono diverse forme di aggregazione giovanile, classicamente differenziate in: –
gruppi formali nei quali esiste un'integrazione stretta con le istituzioni (gruppi sportivi, politici, religiosi, ecc.) e una sostanziale adesione ai valori che li ispirano;
–
gruppi informali slegati dalle istituzioni e dal luogo di espressione di tendenze più personali36.
I processi e le dinamiche specifiche del gruppo possono favorire o ridurre il livello di autonomia e indipendenza individuali, che sarà maggiore nei gruppi informali o in quelli in cui viene privilegiata la discussione e l'espressione dello spirito critico, e minore in quelli che privilegiano un forte senso di appartenenza religioso o valoriale. I giovani che appartengono ai gruppi formali appaiono più legati alla famiglia, tendono a contare sull'aiuto degli adulti, perseguono valori fondati sull'autodisciplina, sulla cultura, sullo studio e sulla formazione personale. I giovani appartenenti ai gruppi informali si confrontano con i coetanei e cercano sostegno da loro più che dagli adulti, perseguono maggiormente l'autonomia personale e l'indipendenza dalla famiglia, sono propensi ad abbracciare valori nuovi e si orientano verso posizioni originali, piuttosto che su quelle tradizionali.
34
J. C. COLEMAN è direttore del Trust per lo studio dell'adolescenza ed editore del "Journal of
Adolescence". 35
L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, op. cit., p. 244.
36
Ibidem.
17
Dal punto di vista strutturale, un ulteriore distinzione è quella tra "gruppo spontaneo" e "gruppo associato per attività"37. Il primo si presenta con modalità omogenee e con alcune differenziazioni dovute: •
al sesso (i maschi si frequentano con maggiore assiduità);
•
all'età (con l'età si passa da modalità prevalentemente unisessuali a eterosessuali);
•
al ceto sociale (difficoltà ad inserirsi nei gruppi misti, povertà delle scelte di attività e degli argomenti di discussione, soprattutto di tipo evasivo, penalizzando i ragazzi a basso livello socio-culturale).
Principalmente orientato ad essere un contesto di «attività comuni», di volontà di «fare insieme», piuttosto che «stare insieme», il gruppo spontaneo diventa caratterizzante di fasi di età più avanzate e di modalità nuove (adolescenziali) di relazioni e di crescita del sé. Quanto ai "gruppi associati per attività", l'esperienza di gruppo e le attività svolte assumono un carattere di «auto-centramento», nel senso che gruppo e attività sono vissute come supporto alla auto-espansione, luogo di espressione e rafforzamento di sé, di riconoscimento reciproco e di valorizzazione38. Il gruppo dei pari soddisfa principalmente tre esigenze: fornisce un modo e dei luoghi di apprendimento del sociale; dà conferma o legittima il rifiuto di modelli di comportamento e di conoscenza altrimenti acquisite; dà fiducia al ragazzo che vive pratiche di socializzazione poco definite e rassicuranti. Il gruppo svolge anche un importante ruolo nello sviluppo delle relazione eterosessuali. Nell'infanzia e nella preadolescenza maschi e femmine prediligono una separazione in base al sesso con fenomeni di inclusione-esclusione finalizzati sia alla realizzazione di attività comuni e specifiche che all'acquisizione di un'identità di genere. Il compito evolutivo dell'adolescente consiste nell'apprendere come instaurare relazioni con l'altro sesso. I gruppi aperti all'integrazione tra maschi e femmine garantiscono inizialmente un contatto rassicurante con l'altro sesso, mediato dalla presenza dei coetanei e su questa
37
G. DE NICOLO’, Il preadolescente in una società complessa, in S. DE PIERI, G. TONOLO (a
cura di), op. cit., p. 31. 38
Ibidem.
18
base consentono di sviluppare l'orientamento preferenziale verso le prime relazioni intime e sentimentali. All'interno delle relazioni con i pari la capacità di instaurare relazioni di amicizia è generalmente ritenuta un indice di benessere psicologico dell'adolescente, della sua capacità di cooperare e di negoziare, nonché un fattore protettivo dal rischio di disagio psicosociale. Nella strutturazione dell'io in divenire, l'amico per la pelle, l'amica del cuore, rappresentano per il preadolescente un prolungamento della propria personalità, un essere nel quale rispecchiarsi; nell'amico egli valuta l'esattezza dei propri giudizi, la qualità, il significato e la portata delle proprie azioni; nell'amico incontra un modello concreto di confronto. Possiamo notare come il concetto di "amicizia" si modifichi dalla preadolescenza all'adolescenza. L'amicizia preadolescenziale è la ricerca di un «tu»39 per costruire un'immagine significativa di se stessi con qualità e caratteristiche personali socialmente apprezzabili, e un'esperienza transitoria nella quale si investe un elevato potenziale di energie in direzione accrescitiva per la personalità. I preadolescenti concettualizzano l'amicizia a partire dal significato positivo che riveste lo stare piacevolmente insieme, il condividere tempo e attività, stabilire rapporti di collaborazione e reciprocità. Successivamente prevale il riconoscimento delle caratteristiche personali ed il principio di uguaglianza tra le parti, da cui deriva il mutuo rispetto e l'accettazione dell'altro. La peculiarità del legame di amicizia in adolescenza e nella tarda adolescenza sta invece nel fatto che essa viene concepita come una relazione dalla quale esigere maggiore vicinanza e intimità. Se adottiamo una visione processuale per comprendere quali elementi compongono la configurazione di un'amicizia intima notiamo che essa si caratterizza per la presenza di elementi salienti come franchezza, empatia, aiuto reciproco, attività comuni e fiducia. Alcune di queste caratteristiche sono presenti anche nelle fasi precedenti, ma si sviluppano in termini qualitativamente diversi nell'adolescenza, quando l'amico diviene il partner privilegiato per lo scambio delle confidenze, delle proprie esperienze 39
L. FERRAROLI, M. LANZONI, Socializzazione, vita di gruppo e amicizia, in S. DE PIERI, G.
TONOLO (a cura di), op. cit., p. 77.
19
personali, dei segreti e delle fantasie. L'autodisvelamento di aspetti strettamente riservati di sé, di pensieri, emozioni e desideri, reso possibile dalle capacità introspettive, si fonda sulla fiducia che l'altro non tradirà il patto amicale, permettendo così una ricerca comune per la risoluzione dei problemi quotidiani. Durante l'adolescenza un ruolo molto importante è rivestito anche dalla scuola. La scuola è l'agenzia educativo-formativa più significativa per la formazione dei giovani, il luogo in cui apprendere nozioni e concetti, schemi e contenuti formativi utili per la loro vita professionale futura. Per l'adolescente che prosegue gli studi la scuola secondaria rappresenta l'istituzione che si occupa della sua formazione professionale, ma anche la sede di una delle esperienze più difficili, quella in cui maggiormente emergono la dipendenza e la marginalità giovanile. Chi prosegue gli studi nella scuola secondaria investe in essa un'elevata quantità di tempo e di energie psicofisiche dedicate ai compiti e allo studio, nella prospettiva di conseguire titoli che possano garantire una più ampia scelta lavorativa, livelli professionali migliori sul piano economico o comunque più corrispondenti agli interessi personali. Ma il ruolo della scuola è anche quello di costituire la sede della socializzazione secondaria in cui il giovane sperimenta se stesso e si mette alla prova per definire le proprie capacità e l'adeguatezza personale rispetto alle prestazioni relazionali, mnemoniche e cognitive richieste dal sistema di valutazione scolastico. Le difficoltà incontrate nello studio e le valutazioni negative che ne conseguono possono assumere un gran rilievo nella vita dell'adolescente ed investire l'immagine di sé, soprattutto quando questi eventi non sono soltanto episodi circoscritti e delimitati nel tempo o in una specifica area disciplinare ma segnali iniziali della dispersione scolastico-formativa. Infatti, se il fallimento e l'insuccesso sono la costante (anche nella previsione) del suo rendimento scolastico, essi diventano elemento di identità personale e del senso della propria vita; questo fallimento, percepito dal giovane, coinvolge anche la scuola come "luogo da evitare", individuato come causa delle conferme della propria inadeguatezza e dell'incapacità di proseguire la carriera degli studi. Tra le cause e i fattori che combinano i loro effetti nella dispersione scolastica, l'auto-emarginazione si delinea nelle difficoltà di relazione e in forme di contrasto con i docenti, o meglio ancora con il docente di una disciplina specifica, quando egli si propone con modalità relazionali rigide e con richieste autoritarie
20
eccessive che entrano in collisione con le difficoltà adolescenziali nella relazione con gli adulti e con la già delineata esigenza di ricercare una propria autonomia40.
1.2.1 - Il ruolo dei docenti e degli allievi
Di fronte ai problemi adolescenziali degli allievi, la gestione dell'attività scolastica e relazionale in classe da parte dell'insegnante e la modalità dei suoi interventi sono assestati spesso sulla scia dell'esperienza personale e del buon senso, perché quasi mai la scuola ha affrontato a livello di studio o di formazione le strategie e lo soluzioni più adeguate per offrire un supporto all'insegnante in questa difficile "specializzazione" del suo lavoro: conoscenza delle problematiche adolescenziali e delle dinamiche di relazione, esperienze di dinamica di gruppo, motivazione all'apprendimento, competenze di metodologia, psicologia e didattica nel proprio ambito disciplinare e in quello delle problematiche giovanili più attuali (educazione alla salute, sessuale, ecc.)41. Il calo dell'interesse verso la scuola e gli altri segnali di disagio vengono avvertiti dagli insegnanti già nella scuola secondaria di primo grado e costituiscono un sintomo dei profondi sconvolgimenti adolescenziali, ma sono anche espressione dello scontro con il mondo della scuola e nello specifico con il ruolo del docente, principale figura di riferimento educativo con cui si entra in contatto, che diventa poi ideale controparte nel mondo extrafamiliare. Infatti, come già nei confronti della figura dei genitori, anche con quella dell'insegnante la ricerca di una propria indipendenza cognitiva tramite lo strumento del pensiero ipotetico-deduttivo porta l'adolescente a proporsi come un individuo autonomo perché come tale pensa e agisce. Nel corso della trasformazione adolescenziale anche la relazione docente-allievo diviene problematica, in quanto si confronta con le esigenze dello sviluppo giovanile una figura docente che, salvo per corsi di aggiornamento specialistici, in genere non ha avuto nel curriculum di studi una formazione d'area psicologica e pedagogica, e quindi non è in grado di usufruire di supporti metodologici e didattici, di esercitare strategie
40
G. NUVOLI, Problematiche adolescenziali, in A. UCCULA (a cura di), op. cit., pp. 28-29.
41
Ivi, p. 35.
21
relazionali con gli allievi né di disporre di alcuno strumento per stimolarne l'intelligenza emotiva. La scuola non si limita all'insegnamento e alla sua ovvia conseguenza: l'acquisizione delle conoscenze; ma si caratterizza come luogo di vita per due principali ragioni42:
per i molteplici incontri con adulti che sono sia modelli di identificazione che di controidentificazione;
per la possibilità che offre di perseguire scopi personali e sociali.
Uno dei fondamentali compiti educativi della scuola è appunto quello di contribuire alla formazione dell'adolescente ponendosi come sostegno nell'organizzazione di una personalità e nella costruzione di un progetto di vita in cui il giovane acquisisca capacità e le verifichi progressivamente in un ambiente protetto come quello scolastico, in grado di fornire stimoli alternativi rispetto a quella che può essere la moda del momento, ed insieme adeguate coordinate rispetto a valori, atteggiamenti e concezioni di vita. Sulla base della struttura del pensiero formale dell'adolescente quest'azione formativa si propone non come trasferimento di dati e nozioni, ma piuttosto come incentivazione e stimolo delle capacità critiche individuali, tesa a sollecitare l'elaborazione personale per arrivare alla scoperta di valori, a scelte più consapevoli, a processi di analisi e di verifica dei problemi, che riguardino sia i contenuti scolastici sia le grandi problematiche esistenziali che il giovane si pone43.
42
Tr. It. a cura di M. AMMANITI, A. NOVELLETTO, op. cit., p. 397.
43
G. NUVOLI, Problematiche adolescenziali, in A. UCCULA (a cura di), op. cit., pp. 36-37.
22
CAPITOLO SECONDO
L'adolescenza nella società del rischio
2.1 - La società del rischio
Ogni giorno giornali e televisione ci mettono sotto gli occhi la rappresentazione di un disagio del mondo giovanile che assume dimensioni sempre più preoccupanti. L'uso di sostanze stupefacenti e di alcool, l'esercizio irresponsabile della sessualità, la violenza verso le cose e le persone, la ricerca ostinata del rischio sono segnali che richiamano prepotentemente l'attenzione e l'impegno di tutti gli adulti, genitori, docenti, psicologi, operatori sociali. Si fa sempre più netta la consapevolezza della mancanza di un codice comunicativo che permetta di capire le ragioni dell'altro, ma prima ancora di cogliere i bisogni profondi di cui si è, in prima persona, portatori. Sembrano dominare un'opacità nel pensare e una difficoltà nel trovare parole, per cui la violenza contro se stessi, contro gli altri e le cose resta l'unico linguaggio, una forma di comunicazione muta e oscura, attraverso cui i giovani tentano di esprimere un profondo male di vivere e un'inconscia e spesso disperata richiesta di aiuto. Il malessere dei giovani va letto come spia di un disagio più generale: le loro crisi, oggi, avvengono in una società essa stessa in crisi. L'adulto non è più percepito in posizione asimmetrica rispetto al giovane e quindi in grado di orientarne e tutelarne lo sviluppo. La caduta del principio di autorità crea una solitudine che si rischia di riempire con varie forme di autoritarismo; e in questo mondo
23
vuoto di punti di riferimento il «successo» e il «guadagno»44 restano gli unici obiettivi da raggiungere, possibilmente in modo facile e immediato. Viviamo nella società del rischio, inserita in un mondo che sta cambiando per sgretolamento dall'interno, lasciando apparentemente intatti gli involucri tradizionali. Di solito nella ristrutturazione conservativa degli immobili storici le facciate vengono preservate mentre l'interno subisce abbattimenti e rifacimenti: invece la nostra società subisce lo smantellamento delle strutture portanti senza che contemporaneamente se ne progettino di nuove. Le istituzioni che un tempo erano considerate collettive sono oggi contenitori di individualità, la sopravvivenza del singolo è oramai un fine e, nella folla solitaria, ognuno prosegue il suo cammino solo con se stesso. Viviamo in una cancellazione dell'orizzonte collettivo, come se il futuro sia una faccenda privata che ciascuno deve sbrigarsi da sé. Un diffuso senso di disorientamento è la conseguenza di una società sempre più autonoma, in cui è difficile sentirsi "qualcuno per qualcuno"45. In questa situazione lo "sballo" rappresenta per l'adolescente un'alternativa possibile e desiderabile: facile, democratica, a disposizione di tutti. Nelle discoteche i ragazzi trovano già predisposti i modi con cui "farsi": musica assordante, sesso promiscuo, alcol e sostanze stupefacenti. Invano gli educatori denunciano i rischi della "movida" e i pericoli della notte: i giovani li conoscono bene, ma non se ne curano, il godimento sopravanza la paura. A questo clima di crescente allarmismo non corrisponde un'adeguata educazione al rischio, anzi i bambini vengono allevati in ambienti iperprotetti, senza mai poter mettere alla prova le proprie capacità fisiche ed emotive. Salvo alcuni casi di degrado, gli adulti li controllano a vista, organizzando momento per momento il tempo e lo spazio delle loro giornate.
44
F. FELIZIANI, P. TURCHELLI, Stimolare la passione per il pensare nell'epoca delle passioni
tristi, in M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI (a cura di), Adolescenti: cultura del rischi ed etica dei limiti, Franco Angeli, Milano, 2009, pp. 7-8. 45
S. VEGETI FINZI, Viviamo nella società del rischio, in M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI (a
cura di), op. cit., p. 33.
24
Il timore dell'immigrato, del traffico, dello smog sono motivi per sequestrarli in casa, accompagnarli quando escono, controllare tutte le loro attività. Sottoposti a continue ingiunzioni: "non correre se no cadi, non arrampicarti che ti fai male, non sporgerti che precipiti, non uscire che è pericoloso ecc." sedimentano nel Super-io, detentore delle norme morali, una gabbia che imprigiona energie vitali come la curiosità, l'esplorazione, la sfida, il desiderio di mettersi alla prova, di sperimentare, di vincere. Al riparo da ogni rischio non si diventa grandi. Senza mai scalare una roccia, saltare un fosso, salire su un albero, guardare un torrente, cimentarsi in una situazione pericolosa non si conoscono le proprie potenzialità fisiche né le proprie risorse emotive. Naturalmente si tratta di esporre i bambini a rischi proporzionali all'età e alla forza, di valutare possibilità e situazioni in modo competente e ragionevole. Soprattutto per i maschi attività come esplorare contesti naturali, passeggiare nei boschi, piantare una tenda, affrontare uno scontro fisico rappresentano prove di abilità che rafforzano e maturano. Invece, piuttosto che addestrarsi ai rischi reali, essi divengono sempre più competenti, attraverso i video-giochi, in rischi virtuali, in pericoli immaginari. Con l'adolescenza, poi, nel momento in cui è inevitabile affrontare il mondo esterno, la mancanza di esperienza diviene insicurezza, ansia, paura delle situazioni nuove. In un mondo ovattato non maturano processi psichici né permettono di affrontare i pericoli, spiegare gli insuccessi, ammettere gli errori e tollerare le delusioni così: le frustrazioni, invece di essere tradotte in pensieri riflessivi e in strategie di riparazione, vengono scaricate nell'azione immediata e violenta. Molti atti vandalici nelle scuole sono provocati da insuccessi che, invece di produrre una qualche motivazione attraverso un senso, cercano una via d'uscita dall'umiliazione, sfogando la rabbia nella distruzione46.
2.2 - Il concetto di rischio
Il concetto di "rischio" si è evoluto in corrispondenza dei mutamenti sociali. Infatti ad esempio, cinquanta anni fa gli adolescenti imparavano a nuotare nel fiume Arno considerandolo come un gesto di sfida molto rischioso mentre oggi fare il bagno nel
46
Ivi, pp. 36-37.
25
fiume Arno è proibito dalle autorità competenti che lo considerano pericoloso. Le risposte da parte della società sui comportamenti a rischio, nascono per frenare queste situazioni in cui molti giovani mettono a repentaglio la propria vita. Ovviamente la comunità non riesce a dare risposte immediate e via via che idealizza una strategia per limitare i danni, ecco che gli adolescenti hanno già trovato un altro modo per sperimentare i propri limiti47. Da un punto di vista antropologico il rischio è un fenomeno prettamente umano. Nei dizionari i significati del termine si riferiscono a conseguenze dannose in rapporto a circostanze imprevedibili o all'azzardo; il rischio allude a un "danno probabile ma non sicuro"; utilizzato in modo transitivo, il verbo "rischiare" evoca la possibilità di "mettere a rischio" qualcosa o qualcuno, compreso lo stesso sé, che può essere sia soggetto che oggetto del "mettere a rischio". Con Gonzalo Miranda48 ha studiato una particolare categoria del rischio: il rischio ricercato. "Il rischio ricercato"49 è tipicamente umano. Non si pone in funzione di un valore ma si costituisce esso stesso come valore per il soggetto: il valore è il rischiare, il mettersi in una situazione nella quale vincere se stessi, vedere come va, provare, testare, saggiare. In quanto attraente di per sé, il rischio non può essere messo in rapporto a una gestione razionale adulta, dal momento che la gestione razionale adolescenziale ne capovolge il significato. Miranda, non a caso, rapporta il concetto di rischio alla virtù della prudenza, che significa guardar lontano, non fermarsi all'immediato. Si tratta di un habitus: per questo è una virtù, una virtù adulta, però, dal momento che proprio per essere sicuro di
47
A. CASAMASSIMA, La percezione del rischio degli adolescenti, ARTICOLO DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://rolandociofi.wordpress.com/2011/07/08/la-percezione-del-rischio-
degli-adolescenti-di- antoniettacasamassima/ (ULTIMO ACCESSO 22 SETTEMBRE 2011). G. MIRANDA (Gerona, Spagna, 1954) è professore ordinario di Bioetica e di Teologia Morale nelle facoltà di bioetica e di teologia dell’Ateneo pontificio "Regina Apostolorum", direttore della rivista "Studia Bioethica" e membro del Comitato Direttivo delle riviste "Medicina e Morale" (Roma), "Medicina y Ética" (Mexico), "Vida y Ética" (Argentina); in G. MIRANDA, Curriculum Vitae, ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.uprait.org/index.php?option=com_content&view=article&id=64%3Ap-g-miranda-lccurriculum-vitae-&catid=39%3Agm&Itemid=82&lang=it (ULTIMO ACESSO 12 OTTOBRE 2011). 49
M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI, Il concetto di rischio, in M. FRANCESCONI, M. A.
ZANETTI (a cura di), op. cit., p. 11.
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andar lontano, di crescere, l'adolescente deve sconfiggere i suoi fantasmi; deve mettersi a rischio per verificare di poter sopravvivere; deve dimostrare di non aver paura: come dunque essere prudenti? La prudenza potrà essere conquistata solo quando, avendo corso dei rischi, si sarà potuto scoprire il valore della vita.
2.2.1 - Il rischio: un compito evolutivo? Marvin Zuckerman50 e Jeffrey Jensen Arnett51, considerano l' adolescenza come l'età a rischio per eccellenza in quanto caratterizzata da inesperienza ed impulsività e quindi i soggetti in questa fase sono portati a rischiare di più senza pensare alle conseguenze delle loro azioni52. Zuckerman sostiene che l'assunzione del rischio sia una caratteristica intrinseca in adolescenza. L'impulsività e la ricerca di sensazioni nuove sono considerate normali e formative, piuttosto che devianti e pericolose, in quanto contribuiscono alla formazione di un sano ed equilibrato sviluppo adolescenziale. La ricerca di nuove attività e la pratica nel prendere iniziative sono considerate caratteristiche intrinseche in questa fase di maturazione. La valutazione è soggettiva e la scelta di assumere rischi minori è in relazione all'influenza di molteplici variabili. La necessità di padronanza è frequentemente soddisfatta dalla sperimentazione, che spesso implica la valutazione dei limiti e l'assunzione di rischi. Quindi l'assunzione dei rischi è un comportamento transitorio, normale durante l'adolescenza. Arnett definisce l'assunzione dei rischi come quelli che caratterizzano un calcolo economico, nel quale si stabiliscono i costi e i benefici in seguito all'assunzione di
50
M. ZUCKERMAN è professore di psicologia presso l'Università del Delaware; in Esperti,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://bigthink.com/marvinzuckerman
(ULTIMO ACESSO 12 OTTOBRE 2011). 51
J. J. ARNETT è professore nel dipartimento di psicologia presso la Clark University di Worcester;
in J. J. ARNETT, Attenzione genitori, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.jeffreyarnett.com/ (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). A. CASAMASSIMA, La percezione del rischio degli adolescenti, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://rolandociofi.wordpress.com/2011/07/08/la-percezione-del-rischio-
degli-adolescenti-di- antoniettacasamassima/ (ULTIMO ACCESSO 22 SETTEMBRE 2011).
27
determinati comportamenti. Secondo tale autore gli adolescenti sono coscienti dei rischi che corrono assumendo comportamenti rischiosi, ma tali comportamenti vengono minimizzati dagli stessi adolescenti, probabilmente allo scopo di raggiungere sicurezze o certezze personali. La sperimentazione e l'assunzione del rischio in adolescenza possono essere considerati comportamenti normali in quanto aiutano gli adolescenti a raggiungere indipendenza, identità e maturità. In base a questa prospettiva evolutiva, il rischio può essere considerato come "funzionale alla crescita" e pertanto fisiologico: per sua natura l'adolescente sente la necessità di mettersi alla prova, di rendersi visibile e di sperimentarsi53. Si può quindi affermare che il rischio non solo non è esclusivamente negativo, ma può persino favorire lo sviluppo di aspetti legati alla maturazione, potenziando la necessità di diventare autonomi e indipendenti, e il bisogno di esplorare le nuove capacità acquisite. È in funzione di queste osservazioni che possiamo considerare tipica in adolescenza l'esigenza di unicità e visibilità che conduce i ragazzi a metter in atto comportamenti di provocazione o comunque eccentrici, che hanno in qualche modo lo scopo di anticipare lo "status dell'adultità", nel quale è il soggetto a decidere per sé. Questi comportamenti, anche i più inadeguati, garantiscono al soggetto che c'è, che sta facendo qualcosa, che esiste; rischia per sapere quanto vale, quanto piace. Il rischio si trasforma in esame. In termini comportamentali il rischio viene continuamente ricercato perché affascinante, attrae ed è in grado di far superare sentimenti (in adolescenza particolarmente stressanti) di paura, insicurezza, vergogna; in alcuni casi se ne può addirittura parlare come di un piacere, ed è per questo che la necessità di assumerlo si manifesta spesso con particolare intensità. Da un punto di vista psicologico la capacità di correre rischi può essere vista come un correlato delle capacità di assumersi delle responsabilità. Se in alcuni casi le azioni rischiose (per esempio praticare sport estremi) assumono valenza costruttiva, in altri, al
53
M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI, Il concetto di rischio, in M. FRANCESCONI, M. A.
ZANETTI (a cura di), op. cit., p. 13.
28
contrario, possono avere significati involutivi e distruttivi (come con l'uso/abuso di sostanze ecc.). Studi recenti54 hanno accertato che il saper trasgredire e la capacità di affrontare il rischio rappresentano scelte rinforzate dall'attuale realtà sociale ed economica, che sembra configurarsi come priva di norme, limitazioni e punti di riferimento, di cui il giovane ha bisogno per opporvisi, mettersi alla prova ed emanciparsi da un rispetto delle regole puramente adesivo e formale.
2.2.2 - Il fascino del rischio in adolescenza
Possiamo fare due ipotesi fondamentali su ciò che costituisce il fascino del rischio in adolescenza. La prima ha a che fare con "l'enantiodromia"55 (dal greco antico ἐναντιοδροµία, composto di enantios, opposto e dromos, corsa) che letteralmente significa la corsa nell'opposto. Con questo concetto (indicato nella filosofia di Eraclito come gioco degli opposti nel divenire, cioè la concezione secondo la quale tutto ciò che esiste passa nel suo opposto) Carl Gustav Jung56 indica ciò che accade quando una caratteristica è troppo sbilanciata, il manifestarsi, specialmente in successione temporale, del principio 54
A. O. FERRARIS psicologa e psicoterapeuta, dirige la rivista "Psicologia Contemporanea". È
autrice di saggi, articoli scientifici e testi scolastici in cui affronta i temi dello sviluppo normale e patologico, dell'educazione, della famiglia, della scuola, della formazione, della comunicazione in contesti diversi, del rapporto con tv e nuovi media e delle dinamiche identitarie nella società contemporanea. Ha organizzato e partecipato in qualità di docente a corsi di formazione sui problemi della crescita, i nuovi media, il disadattamento, il bullismo, i fattori protettivi e il recupero, l'adolescenza, la devianza minorile, la pedofilia, l'adozione, la comunicazione in classe e in famiglia, rivolti a insegnanti, pediatri, psicologi, psicoterapeuti e associazioni di genitori; in Anna Oliverio Ferraris
–
biografia,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.annaoliverioferraris.it/info (ULTIMO ACESSO 12 OTTOBRE 2011). 55
E. TORRE, Il fascino del rischio negli adolescenti, in M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI (a cura
di), op. cit., p. 47. 56
C. G. JUNG (Kesswil, 1875 – Küsnacht, 1961), psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero, ha
elaborato una teoria e una tecnica di derivazione psicoanalitica, chiamata "psicologia analitica"; in WIKIPEDIA, Carl Gustav Jung, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Gustav_Jung (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011).
29
opposto inconscio: « l'enantiodromia si verifica quasi universalmente là dove una direttiva completamente unilaterale domina la vita cosciente, così che col tempo si forma una contrapposizione inconscia altrettanto forte, che dapprima si manifesta con un'inibizione delle prestazioni della coscienza e in seguito con un'interruzione dell'indirizzo cosciente»57. Gli adulti attuali sono diventati troppo protettivi, deresponsabilizzanti nei riguardi dei giovani che, in sintonia con l'attuale spirito del tempo, non si riconoscono più come portatori di doveri ma solo di diritti. Se ci si sente troppo protetti, si sente il fascino delle situazioni in cui non si è protetti. È una legge umana. Per fortuna, alcuni giovani riescono a sottrarsi e ad assumere maggiori responsabilità individuali, altri ne sono meno capaci, e allora è in agguato il rischio dell'enantidromia. La seconda riguarda il "tradimento": tutti nella vita, prima o poi, ci siamo sentiti traditi. L'adolescente si sente tradito quando passa dall'infanzia all'adolescenza. Il tradimento è un fattore di crescita fondamentale. Di fronte a un tradimento, le soluzioni possono essere diverse: –
la negazione;
–
il cinismo (niente vale a questo mondo);
–
il tradimento di sé (non valgo niente);
–
l'atteggiamento paranoico.
James Hillman58 afferma che il tradimento esiste affinché l'uomo possa fare una delle esperienze più importanti che sono concesse nel corso della vita, l'esperienza del perdono. Il significato del tradimento sta nella possibilità che ci è in tal modo offerta di poter perdonare il traditore.
57
WIKIPEDIA, Enantiodromia, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://it.wikipedia.org/wiki/Enantiodromia (ULTIMO ACCESSO 23 LUGLIO 2011). 58
J. HILLMAN ( Atlantic City, 1926) è uno psicologo analista junghiano; in WIKIPEDIA, James
Hillman, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/James_Hillman (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011).
30
2.3 - Alcuni comportamenti a rischio
L'attrazione dei giovani per le emozioni forti (sensation seeker), le condotte pericolose (risk-taking), le sfide (sono l'unico a farcela), l'impulsività (tutto e subito), il sentimento di onnipotenza e invulnerabilità (posso fare tutto, a me non succederà mai niente), se da una parte sono funzionali alla differenziazione e alla costruzione dell'identità personale, dall'altra rappresentano un evidente elevato fattore di rischio. Un posto importante in questa scuola di possibilità è occupato dal sentimento di invulnerabilità, che si esprime in ciò che viene definito "ottimismo irrealistico"59. Si tratta della tendenza a sottovalutare la probabilità che eventi negativi possano accadere alla propria persona rispetto alla valutazione della probabilità che accadono a un coetaneo. L'ottimismo irrealistico, a livelli limitati, può essere considerato funzionale alla crescita dell'individuo, in quanto impedisce di rimanere paralizzati, in rapporto alla preoccupazione causata dai rischi insiti in ogni azione. Esso però, se è presente (come spesso accade in adolescenza) in grado elevato, può portare a conseguenze dannose, perché non permette una valutazione obiettiva delle possibili conseguenze negative legate alle proprie azioni e all'attuazione di adeguati comportamenti di prevenzione. La percezione del rischio in adolescenza è influenzata dal fatto che questi soggetti si ritengono immuni dal subire le conseguenze di situazioni di rischio, poiché hanno la tendenza a pensare di essere relativamente invulnerabili e suppongono che solo gli altri siano esposti alle conseguenze indesiderate dell'esperienza negativa. Così ogni adolescente è convinto di essere meno a rischio di un coetaneo coinvolto nella stessa situazione. Cause di questo fenomeno possono essere: 1. controllo percepito: l'ottimismo tende ad amplificarsi per quei rischi che vengono ritenuti sotto il controllo personale del soggetto; 2. bias egocentrico: le persone tendono generalmente a focalizzare l'attenzione sulle proprie pratiche volte a ridurre i rischi, dimenticando le azioni personali o le circostanze che aumentano i rischi; 59
M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI, Il concetto di rischio, in M. FRANCESCONI, M. A.
ZANETTI (a cura di), op. cit., p. 18.
31
3. esperienza personale pregressa: l'assenza di esperienza personale aumenta l'ottimismo irrealistico; 4. mantenimento dell'autostima: le persone tendono a ritenere che le proprie azioni, lo stile di vita e la personalità siano migliori rispetto a quelli dei loro pari; 5. strategie di coping: in certe condizioni di stress elevato la negazione è la risposta più usata per proteggersi contro l'ansia. Alcuni dei principali comportamenti a rischio messi in atto dall'adolescente, riguardano: –
la sessualità;
–
il gioco d'azzardo;
–
la guida pericolosa;
–
l'uso di sostanze psicoattive;
–
i problemi alimentari.
A. La sessualità. La sessualità60 può costituire un'area potenzialmente esposta al rischio. Imparare a relazionarsi affettivamente con un partner e a gestire la propria sessualità costituisce uno dei compiti di sviluppo giudicati fondamentali in adolescenza. Partendo dalla considerazione che il comportamento sessuale non è di per sé un comportamento a rischio, è possibile che rapporti sessuali non protetti e l'assunzione precoce di comportamenti sessuali adultiformi lo rendano tale. I primi sono spesso associati, in egual misura nei maschi e nelle femmine, all'uso di droga, alcol e fumo, ed espongono il/la ragazzo/a al rischio di contagi virali, gravidanze precoci, paternità/maternità adolescenziali.
B. Il gioco d'azzardo. Il gioco d'azzardo61 rappresenta un'attività fortemente eccitante; l'ebbrezza di una vittoria e la suspense prima dell'esito possono valere il rischio dell'esposizione a innumerevoli perdite. Tale pratica pone l'adolescente di fronte alla realtà di ingenti
60
Ivi, p. 19.
61
Ivi, p. 20.
32
perdite economiche e alla necessità di doversi procurare nuovo denaro a qualunque costo e con qualsiasi mezzo.
C. La guida pericolosa. La guida pericolosa62 costituisce per molti giovani un'esperienza trasgressiva e "adultizzante", che però mette a repentaglio la vita e l'incolumità propria e altrui. Il fenomeno è spesso associato allo stato di ebbrezza, e poiché questa condotta costituisce un reato espone il ragazzo a sanzioni giudiziarie che a loro volta possono comportare lo sviluppo di devianza.
D. L'uso di sostanze psicoattive. L'uso di sostanze psicoattive63 (tabacco, alcol, marijuana ecc.) tra gli adolescenti è un fenomeno allarmante, soprattutto in vista dell'attuale precocità del primo contatto. La diffusione di queste sostanze è favorita dalle caratteristiche della società odierna, caratterizzata dalla facilità di reperimento delle droghe, oggi particolarmente diffuse e facilmente prodotte, così come dalla continua pubblicizzazione di sostanze psicoattive, come per esempio gli alcolici, diventati parte integrante della cultura giovanile. In Italia, soprattutto tra i giovani consumatori di sostanze sintetiche, è in aumento la tendenza dell'assunzione multipla di sostanze. Il fenomeno è preoccupante perché le sostanze psicoattive rivestono sempre più la funzione di sostanze performative, utilizzate per sentirsi all'altezza delle richieste di successo e di iperattività che vengono dalla società. Negli ultimi anni si è rilevato un aumento nell'uso del tabacco unitamente a una forte tendenza al consumo di alcol e droghe, spesso assunti perché considerati il mezzo più facile per raggiungere obiettivi ritenuti socialmente importanti: –
conseguire la stima dei pari;
–
facilitare la socializzazione superando eventuali esibizioni;
–
sondare parti ancora sconosciute di sé.
Per alcuni studiosi, la sperimentazione occasionale di sostanze psicoattive, lecite o illecite, costituisce un comportamento "normale"64 fra i giovani che hanno meno di 62
Ibidem.
63
Ibidem.
33
venti anni e che, a differenza dell'uso regolare, essa non implica rischi elevati perché fa parte delle attività e dei comportamenti di sperimentazione che l'adolescente intraprende per ricercare la propria autonomia e la propria specificità, in rapporto ai genitori ma anche ai coetanei.
E. I problemi alimentari. I problemi alimentari65 possono insorgere in seguito a difficoltà di mentalizzazione dei cambiamenti, soprattutto corporei, causati dallo sviluppo sessuale. Accettare il proprio corpo non è sempre facile, dal momento che possono generarsi sentimenti di inadeguatezza e ansie relative al sé corporeo. Inoltre, è possibile che nel gruppo amicale si sviluppino nuovi criteri di valutazione relativi alle condizioni di accettabilità dei soggetti come adeguati e si sperimentano nuovi ruoli e
comportamenti, spesso proprio quelli legati a condotte alimentari non
salutari, che possono facilitare l'insorgenza di patologie come l'anoressia e la bulimia.
2.4 - Comportamenti a rischio fase-specifici
I comportamenti "fase-specifici", come fumare, bere, avere rapporti sessuali, permettono l'identificazione e l'accettazione nel gruppo dei pari, consentendo al soggetto di sentirsi "normale" in quanto uguale agli altri. L'adolescente copia dai coetanei, segue la moda (che in questa fase della vita ha una funzione relazionale, perché seguirla significa far parte di un gruppo), vuole essere uguale agli altri e lo fa per trovare una propria identità. Quanto più l'esigenza di definire la propria identità o di sperimentare ruoli e modelli diversificati assume centralità psicologica nell'esperienza di vita di un adolescente, tanto maggiore sarà la possibilità che egli possa identificare il
64
M. RAVENNA, Fattori cognitivi, motivazionali e di personalità nell'iniziazione alla droga, in N.
COLECCHIA (a cura di), Adolescenti e prevenzione, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1995, p. 116. 65
M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI, Il concetto di rischio, in M. FRANCESCONI, M. A.
ZANETTI (a cura di), op. cit., p. 21.
34
fumare, l'assumere degli alcolici o delle droghe illecite come un modo per migliorare l'immagine che egli ha di sé66. Per comprendere le motivazioni sottese alle condotte a rischio, interessanti risultano gli studi di M. Zuckerman sul concetto di "sensation seeking"67: un numero sempre più ampio di soggetti presenta in età adolescenziale una serie di comportamenti caratterizzati dalla ricerca estrema di sensazioni forti. Per tali soggetti esperienze poco intense e legate alla vita quotidiana risultano noiose, incapaci di evocare livelli sufficienti di gratificazione, attenzione e interesse. La noia, il senso di vuoto, l'incapacità di provare piacere nelle attività quotidiane può portare questi soggetti alla ricerca di stimoli nuovi, intensi, trasgressivi e ad elevato impatto emozionale. Zuckerman ha affermato che la ricerca di sensazioni forti può essere considerata un vero e proprio bisogno ed è quindi strettamente legata alla struttura di personalità dell'individuo. Esistono in letteratura esempi di tentativi volti a definire il profilo del sensation seeker, il quale manifesta alcuni atteggiamenti e comportamenti tipici, tra cui: –
elevato interesse per attività fisiche a rischio (lanci con il paracadute, guida spericolata, arrampicate pericolose in montagna, ecc.);
–
ricerca di esperienze sensoriali forti (particolari forme di musica e di arte);
–
manifestazioni di disinibizione ed edonismo (alcol, sesso, gioco d'azzardo ecc.);
–
suscettibilità alla noia (avversione per attività routinarie e persone "noiose").
Generalmente il sensation seeker (SS) è caratterizzato da buon livello intellettivo, inclinazione all'estroversione, alti livelli di impulsività e aggressività, bassi livelli di ansia e interesse verso la novità. In relazione al rischio esistono fattori di protezione e fattori di propensione. Il contesto di appartenenza è importante in quanto si presenta come un fattore di rischio e al tempo stesso come un fattore di protezione nei confronti delle situazioni di incertezza e di M. RAVENNA, Fattori cognitivi, motivazionali e di personalità nell'iniziazione alla droga, op. cit., p. 122. 67
M. FRANCESCONI, M. A. ZANETTI, Il concetto di rischio, in M. FRANCESCONI, M. A.
ZANETTI (a cura di), op. cit., p. 15. .
35
sperimentazione che caratterizzano l'adolescenza. La famiglia è un fattore protettivo importante, a patto che sia in grado di attuare un atteggiamento educativo, affettivo e al contempo autorevole, favorendo l'accettazione delle regole e del controllo e fornendo sostegno psicologico al ragazzo. In adolescenza, però, l'elemento di protezione va cercato soprattutto nel gruppo dei pari. L'esperienza del gruppo amicale non va considerata in contrapposizione a quella familiare, bensì come una risorsa aggiuntiva per facilitare il superamento dei compiti evolutivi di questa età. Un altro fattore fondamentale è l'autoefficacia regolatoria, sociale, filiale, emotiva e di tutti quegli ambiti che l'adolescente ritiene rilevanti nella sua vita. Questo aspetto, studiato in particolare da A. Bandura, viene interiorizzato tramite esperienze di padronanza, modellamento e persuasione sociale, permettendo di concepire se stessi come capaci e abili in determinati ambiti della propria vita. Infine, un altro fattore di protezione per l'adolescente è il coping, ossia la capacità di attivare strategie di fronteggiamento e risoluzione di un problema; esso permette di gestire azioni di tipo rischioso, anche in confronto al tipo di locus of control68 che caratterizza il soggetto. quest'ultimo si riferisce alla modalità di rappresentazione degli eventi che accadono all'individuo e alla conseguente percezione di poter esercitare un controllo su di essi.
68
Esistono due tipi di locus of control: –
locus interno: credenza di poter esercitare un controllo sugli eventi della propria vita, sentendo che i propri sforzi, impegno e capacità, possono determinare quanto accade;
–
locus esterno: percezione di non aver nessun controllo sulla propria vita; il soggetto crede che gli eventi siano determinati da forze esterne, come la fortuna, la sorte e l'influenza di altre persone.
69
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, Adolescenti trasgressivi, Franco Angeli, Milano, 2003, pp. 15-16.
36
CAPITOLO TERZO
Adolescenti trasgressivi
3.1 - Adolescenza e trasgressività
Adolescenza e trasgressione sono strettamente legate. Un ragazzo per crescere deve mettere in discussione le regole che gli adulti gli hanno insegnato e che egli ha interiorizzato durante l'infanzia, per poterle far proprie, per modificarle o per rifiutarle. La revisione del rapporto con le norme di comportamento e con i sistemi di valori è parte costitutiva del processo di crescita, e comporta una profonda modificazione del rapporto con gli adulti, che ne sono i naturali rappresentanti. Le regole assumono forme diverse nella relazione educativa69: –
la prima apparizione delle norme nell'educazione dei bambini coincide con il modo in cui i genitori rispondono ai loro bisogni e ne regolano i ritmi del sonno, dell'alimentazione, della pulizia: sono le abitudini.
–
Nella seconda fase la regolazione del comportamento viene espressa verbalmente dagli adulti e si richiede al bambino di aderirvi soggettivamente: diviene una norma esplicita.
–
In ogni sistema di regole sono impliciti dei valori, che la norma è chiamata a tutelare. L'etica rappresenta bene questa dimensione "matura" del sistema di regolazione, in cui si passa dall'adesione ad una normativa imposta alla
69
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, Adolescenti trasgressivi, Franco Angeli, Milano, 2003, pp. 15-16.
37
costruzione di un proprio sistema di valori, gli ideali etici, guide e riferimento per ogni comportamento. Oggi queste dimensioni di sono profondamente modificate, tanto che la valorizzazione delle differenze individuali prevale sull'adesione alla norma collettiva.
3.1.1 - Trasgressività e sviluppo
Il cambiamento nel rapporto con le regole coinvolge diversi aspetti dello sviluppo adolescenziale. Sul piano intrapsichico l'aumento d'impulsività connesso allo sviluppo puberale fa sì che tenda ad imporsi nel comportamento dell'adolescente la legge del piacere. Il ragazzo o la ragazza possono sentirsi travolti dall'intensità di questi impulsi e temere di perdere il controllo di sé. Ciò induce alcuni di loro a ricorrere a meccanismi di difesa tanto rigidi quanto è intensa la spinta impulsiva cui si devono contrapporre. Sul piano relazionale all'adolescenza si accompagna una maggior autonomia dai genitori e quindi l'avvio di nuove esperienze che implicano il superamento dei limiti prestabiliti. Sotto la spinta della voglia di esplorare gli adolescenti si avventurano in mondi relazionali nuovi e per trovare la forza di varcare la soglia protettiva della famiglia tendono a "maleficarla", collocando tutto il buono e il desiderabile nella relazione con il mondo esterno e tutto il male nella relazione con i genitori70. Sul piano identificatorio l'adolescente avvia la costruzione della nuova identità adulta, in cui è centrale l'identificazione del ruolo sessuale, attraverso una rielaborazione del proprio ideale: ciò comporta una ridefinizione dei valori che ispirano il comportamento e una corrispondente deidealizzazione dei genitori. Ogni genitore di adolescente ha sperimentato il dolore della perdita dell'ammirazione e della fiducia incondizionata del figlio, il drastico ridimensionamento della propria immagine nel suo sguardo, nonché l'impari confronto con i nuovi miti dell'adolescenza. La deidealizzazione dei genitori, originatasi dalla dinamica interna di separazioneindividuazione, viene rinforzata dalle nuove competenze cognitive e sociali dell'adolescente, che gli consentono di confrontare con maggiore realismo le immagini "grandiose" dei genitori dell'infanzia con le caratteristiche personali e sociali dei
70
Ivi, p. 19.
38
genitori attuali. Ciò ha come conseguenza il venir meno della fiducia assoluta che il figlio riponeva in loro, e dunque l'impossibilità di continuare a guardare il mondo attraverso i loro occhi. A questa perdita, già di per sé dolorosa, si aggiunge quella ancor più lacerante dell'immagine del Sé infantile onnipotente, da loro rispecchiata e con loro "narcisisticamente" condivisa71. Il tentativo di distacco e di superamento della dipendenza dagli adulti si accompagna all'instaurarsi di nuovi legami nell'ambito del gruppo dei pari e di nuove regole condivise con i coetanei. Il sistema normativo dei coetanei è spesso assai più rigido di quello imposto dagli adulti, perché deve sostenere i fragili orientamenti etici dell'adolescente nell'arduo passaggio da una moralità infantile eteronoma ad un'etica adulta; in questo processo si costituiscono i codici di comportamento e i sistemi di valori che differenziano le generazioni. Oggi questi cambiamenti si diluiscono nei tempi indefiniti dell' "adolescenza lunga", che prevede la risoluzione dei compiti evolutivi fase-specifici nell'arco di quasi un decennio. Nelle culture primitive è la società nel suo insieme a celebrare attraverso i riti iniziatici la nascita sociale degli adolescenti. Separato dal mondo dell'infanzia, dalla famiglia e dalla madre ed isolato con i coetanei in un luogo lontano, l'adolescente deve superare delle prove dimostrando coraggio ed abilità; infine un adulto saggio e carismatico è delegato a trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio di informazioni e il sistema di valori necessari ad assumere un ruolo adulto nella società cui il ragazzo appartiene. L'adolescente contemporaneo compie un processo di trasformazione e di crescita in cui è possibile ritrovare pressoché immutati i significati simbolici celebrati dai riti iniziatici puberali delle popolazioni primitive: i ragazzi cercano di ritrovare nei miti collettivi proposti dai mass media le figure dell'eroe e del mentore; se si analizzano gli "eroi" degli adolescenti è facile trovare figure che esprimono i diversi aspetti dell'ideale, dal corpo sportivo ed efficiente alla seduzione sessualizzata, alla capacità di esibirsi; ciò che
71
M. RECALCATI, Introduzione alla psicoanalisi contemporanea, Bruno Mondadori, Milano, 2003,
p. 16.
39
sembra essere venuto meno è invece l'adulto carismatico deputato alla trasmissione di conoscenze e valori.
3.2 - Atteggiamenti degli adolescenti verso le trasgressioni
Numerose sono le ricerche effettuate sugli
atteggiamenti e i comportamenti degli
adolescenti da cui emerge il loro rapporto con le regole. Culturalmente sembra prevalere una valutazione positiva della trasgressione: saper trasgredire e rischiare appare oggi una condizione essenziale per il successo in una società sempre più competitiva. I ragazzi d'oggi non disapprovano in particolare le trasgressioni commesse in nome della libertà individuale, purché non siano lesive della libertà altrui72. La trasgressione è una caratteristica così diffusa nei comportamenti adolescenziali da essere condivisa dalla maggior parte delle popolazioni. In genere nel contesto della società occidentale si stima che sette-otto ragazzi su dieci commettono atti potenzialmente perseguibili a livello penale; naturalmente non tutti i ragazzi che compiono atti trasgressivi sono delinquenti73, fattori individuali che possono contribuire a spiegare il passaggio da una fisiologica trasgressività adolescenziale ad una situazione delinquenziale riguardano sia le capacità individuali sia alcune caratteristiche di personalità. Albert Bandura74 elenca diversi meccanismi di giustificazione e di deresponsabilizzazione personale alla base del disimpegno morale, attraverso i quali l'uso della violenza e le lesioni dei diritti degli altri vengono giustificati con forme distorte di ragionamento. La frattura tra pensiero e comportamento morale è consentita da una modificata rappresentazione della condotta, delle sue conseguenze o della vittima: 72
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 22.
73
Ivi, pp. 24-25.
74
A. BANDURA (Mundare, 1925) è uno psicologo canadese, conosciuto per il suo lavoro sulla teoria
dell'apprendimento sociale. Ha trascorso la maggior parte della sua carriera alla Stanford University ed è stato eletto presidente della American Psychological Association. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi durante la sua carriera, incluso il William James Award dall'Association for Psychological Science e il Distinguished Scientific Contributions Award dall'American Psychological Association; in WIKIPEDIA, Albert Bandura, ARTICOLO DISPINIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Bandura (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011).
40
–
con la "giustificazione morale" si giustificano i danni arrecati ad altre persone facendo appello a scopi altamente morali (è giusto battersi quando è in gioco l'onore del proprio gruppo);
–
con "l'etichettamento eufemistico" il ricorso ad eufemismi consente di ingentilire le offese, conferendo loro uno status di rispettabilità (picchiare dei compagni fastidiosi è soltanto dare loro una lezione);
–
con il "confronto vantaggioso" il paragone fra azioni riprovevoli e azioni ancor più riprovevoli legittima il comportamento deviante (rubare un po’ di denaro non è affatto grave rispetto a quanti rubano grandi quantità di denaro).
Altri meccanismi assolvono la stessa funzione tramite lo spostamento o la diffusione della responsabilità individuale: a) con la "dislocazione della responsabilità" il rinvio della responsabilità delle proprie azioni ad altri offusca il coinvolgimento personale (i ragazzi non possono essere rimproverati se si comportano male quando i loro compagni li hanno indotti a comportarsi così); b) con la "diffusione della responsabilità" l'estensione della responsabilità a un collettivo attenua quella individuale (se un gruppo di ragazzi decide di fare qualcosa di dannoso è sbagliato dare la colpa a ciascun ragazzo preso individualmente); c) con la "distorsione delle conseguenze" si banalizzano e minimizzano le conseguenze del proprio comportamento (il prendere in giro non fa veramente male a nessuno). Altri meccanismi agiscono attraverso una distorsione del rapporto con la vittima75: –
con la "deumanizzazione" della vittima i destinatari delle offese vengono considerati o ridotti al rango di cose o esseri sub-umani, il che riduce o addirittura elimina empatia e solidarietà (certe persone meritano di essere trattate come animali);
–
con "l'attribuzione di colpe alla vittima" si rovescia su quest’ultima la responsabilità dell'offesa (i bambini che vengono maltrattati di solito se lo meritano).
75
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 33.
41
In tutti questi casi il soggetto sa di compiere un atto delinquenziale, ma cerca di giustificarlo.
3.3 - Significati affettivi dei comportamenti trasgressivi
La trasgressione è un comportamento tipico dell'adolescente, che in ogni epoca ne ha sempre caratterizzato lo sviluppo. Il desiderio di mettere in questione le regole ricevute, di rinegoziare le relazioni di potere con gli adulti e di esplorare nuove situazioni si accompagna ad importanti trasformazioni nel mondo interno, emotive e cognitive. Questa tendenza fisiologica comporta tuttavia inevitabilmente un rischio di devianza. Perché certi adolescenti mentono, rubano, distruggono, aggrediscono, spacciano o violentano? Perché alcuni di loro continuano, con atti sempre più gravi, mentre altri smettono di trasgredire? Capire il significato affettivo delle azioni trasgressive degli adolescenti può essere utile agli adulti per trovare risposte efficaci e impedire che la "trasgressività adolescenziale" si trasformi in "devianza."
3.3.1 - Mentire
Mentire è un comportamento diffuso, tipicamente umano, tanto da poter essere considerato prerogativa dell'essere simbolico. Questa disposizione viene sperimentata dal bambino per la prima volta intorno ai due/tre anni: età in cui la famiglia comincia a porre richieste sociali specifiche a cui il bambino sperimenta di potersi sottrarre attraverso la menzogna. Questo comportamento è valutato principalmente dal punto di vista morale più che psicopatologico. Le motivazioni alla base del mentire possono essere diverse: alcune bugie servono a nascondere, altre ad esibire, vi sono bugie pubbliche e bugie private con caratteristiche specifiche per ogni età. L'esagerazione è un motivo tipico che si colloca alla base della bugia: attraverso di esso si può esprimere un senso grandioso di sé, spesso come reazione ad un opposto vissuto di impotenza.
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Un altro motivo psicologico tipico della bugia adolescenziale è il bisogno di nascondere parti di sé, opposto a quello di esibire; la bugia viene utilizzata in questo caso per proteggere un segreto, spesso un sé ancora troppo insicuro per mostrarsi in pubblico. La parte di sé che si sceglie di nascondere può essere di volta in volta diversa: la propria pochezza e la dipendenza infantile o, all'opposto, la nuova identità, il corpo e la mente che crescono. L'uso della bugia in adolescenza può dunque indicare una difficoltà di integrazione dei diversi aspetti di sé in una fase evolutiva in cui i mondi relazionali non sono ancora integrati tra loro. In questo senso mentire è un'esigenza fisiologica di carattere difensivo, finalizzata a proteggere aspetti di sé ancora molto fragili; l'uso della bugia contribuisce infatti alla costruzione di uno spazio privato del sé. Saper mentire è da questo punto di vista un'espressione iniziale della capacità di tenere le cose per sé, di avere uno spazio privato, segreto, non condiviso con altri76. La possibilità di mentire non è scontata, in quanto richiede uno sforzo coscienziale che rappresenta una tappa evolutiva fondamentale: infrangere l'ordine; questo è un gesto trasgressivo consapevole che implica la capacità di reggere in prima persona il peso della colpa. La dinamica avviene in solitudine, nello spazio intimo di un dialogo interiore che contribuisce a generare spazio mentale non tanto finalizzato al mentire in sé, quanto a favorire attraverso la simulazione di mondi possibili, la dimensione simbolica77. Un adolescente che non è in grado di sottrarsi allo sguardo dei genitori e chiede di essere approvato in ogni suo comportamento, anche trasgressivo, segnala, con il bisogno di condividere ogni esperienza emotiva e comportamentale, la difficoltà a rendersi autonomo. In questo senso la confidenza che alcuni genitori, in genere le madri, pretendono dai figli e soprattutto dalle figlie sulla loro vita sentimentale e sessuale, e che qualche volta vantano di ottenere, rappresenta un’invasione intrusiva nel nuovo sé che va costruendosi e che si definisce alzando pareti divisorie fra la propria vita emotiva e quella dei genitori.
76 77
Ivi, pp. 51-52. L. OTTONELLO, Silenzi bugie e trasgressioni, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO
WEB: http://www.geagea.com/45indi/45_12.htm (ULTIMO ACCESSO 1 OTTOBRE 2011).
43
L'uso della menzogna è sistematico anche nel disturbo della condotta, in cui esprime piuttosto una difficoltà di adattamento alle regole sociali. Mentre nel "falso sé"78 l'adattamento è garantito a prezzo dell'autenticità, nel disturbo della condotta l'incapacità di adattamento viene mascherata dall'uso frequente delle bugie. I sentimenti che accompagnano la bugia sono di solito vergogna ed imbarazzo più che colpa; per questo lo smascheramento di una bugia è intollerabile come l'esposizione di una nudità.
3.3.2 - Rubare Come la menzogna, anche il furto non è un comportamento che ha inizio in adolescenza: le mamme si stupiscono e qualche volta si allarmano di trovare nelle tasche dei loro bambini di ritorno da scuola o da un pomeriggio a casa dell'amico pupazzi e macchinine, inconfutabili prove di reato che il piccolo ladro finge di non sapere come siano finite proprio lì. Il furto tra bambini nasce da dinamiche di invidia e di gelosia: all’altro viene sottratto l'oggetto reso prezioso dall’essere segnale della benevolenza dei genitori. L'oggetto desiderato che il bambino sottrae all'altro rappresenta ciò che egli desidererebbe ricevere dagli adulti o possedere in proprio, qualcosa che gli altri possano ammirare ed invidiare. Soprattutto da adolescenti si ha la sensazione di fare una bravata, di provare a se stessi e agli altri di essere furbi, in gamba, di non avere paura di venire scoperti. Il furto rappresenta la condotta delinquenziale più frequente in adolescenza, sia fra i maschi che fra le femmine, ed è particolarmente importante ascoltare come i ragazzi e le ragazze motivino soggettivamente queste azioni. I ragazzi di solito negano che il furto sia suggerito dal bisogno; anche quando è presente una motivazione legata all’avere si tratta semmai di "avere qualcosa in più"79: più soldi da spendere per divertirsi, oppure più capi d'abbigliamento, simboli di status o di appartenenza. Ci si appropria quindi di oggetti connessi al desiderio di essere piuttosto che al bisogno di avere, legati al piacere e al narcisismo più che alla mancanza. Spesso le emozioni che precedono il furto non sono la rabbia e l'aggressività, ma la noia e la tristezza; si tratta di sentimenti di mancanza e di vuoto che si ritiene possano essere colmati dall'oggetto visto e 78
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 54.
79
Ivi, p. 57.
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desiderato. Il furto è seguito da un senso di euforia che placa l'ansia e la tensione accumulata durante "l'atto": dopo aver rubato l'adolescente si sente appagato, soprattutto se è riuscito ad attirare l'attenzione di chi lo circonda80. Gli adolescenti che rubano ripetutamente in casa soldi o oggetti di scarso valore sono ragazzi e ragazze che vivono in modo conflittuale il processo di separazione e di individuazione adolescenziale, che si sentono troppo dipendenti dai genitori e vorrebbero dimostrare a se stessi e agli altri di non esserlo. Dover chiedere viene vissuto da loro come umiliante conferma della dipendenza infantile, che il furto magicamente nega ed annulla. Nella prima adolescenza il piccolo furto in casa è un comportamento espressivo e comunicativo piuttosto diffuso: da un lato indica la difficoltà ad abbandonare modalità infantili di appropriazione onnipotente, dilazionare la soddisfazione dei bisogni e tollerare la frustrazione dell'attesa, dall'altro segnala un mancato riconoscimento da parte degli adulti delle esigenze di sviluppo e di autonomia. I furti di auto e di motorini esprimono insieme l'incapacità di separarsi e il rifiuto di una dipendenza esterna matura, il desiderio di acquisire un'identità autonoma e virile e il tentativo di raggiungerla attraverso un'appropriazione onnipotente piuttosto che affrontare la fatica di crescere. Per gli autori adolescenti di questi reati è più difficile aspettare un autobus e acquistarne il biglietto che non rubare un motorino e sfrecciare in due per la città81. L'equivalente di ciò che per i maschi è il furto del motorino, è per le femmine il furto di capi d’abbigliamento o di cosmetici nei negozi e nei supermercati. Si tratta di gesti espressivi e comunicativi attraverso i quali l'adolescente si impadronisce dei simboli dell'identità sessuale che è in procinto di acquisire e che vorrebbe rapidamente far propria attraverso l’appropriazione dei suoi significati. È evidente infatti la connessione fra il significato simbolico degli oggetti rubati e l'acquisizione dell'identità di genere. Dal punto di vista dell’aggressione, la vittima dell’adolescente è spesso un "prototipo"
80
Redazione Girl Power, L'impulso che ti spinge a rubare, ARTICOLO DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.girlpower.it/sos/dipendenze/cleptomania.php
ACCESSO 1 OTTOBRE 2011). 81
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 59.
45
(ULTIMO
piuttosto che un particolare individuo nei confronti del quale il soggetto nutra rancore. Può essere il rappresentante di tutti " i figli di papà" del mondo, oppure di tutti gli adulti potenti e ingiusti, o di quelli svalutanti ed affettivamente deprivanti.
Il furto di veicoli motorizzati Il furto di veicoli motorizzati (vetture, motorini) rappresenta un quarto (25%) di tutti i reati. È possibile osservare una precisa correlazione fra questo tipo di furto e l'età del ladro: sono pochi i furti commessi prima dei tredici anni e quasi due terzi fra i sedici e i diciotto anni; il fenomeno in seguito diminuisce progressivamente, soprattutto dopo i ventuno anni, periodo in cui questa condotta cambia di significato. Si tratta quasi sempre di ragazzi (3,5 % ragazze) e nel 60% dei casi il furto non è commesso da un solo individuo: •
31% dei casi il furto è commesso da due individui;
•
14% (o più) dei casi il furto è commesso da tre individui82.
Il furto è spesso vissuto come un "prestito". Dopo aver fatto un giro, il ladro abbandona il veicolo rubato in prossimità del luogo del "prestito". Di solito questo tipo di furto è commesso in occasione delle vacanze e soprattutto nei fine settimana, spesso contrassegnato da un incidente (10% dei casi), dimostrando l'ambivalenza di questa condotta in cui non è esclusa la componente autopunitiva. Sul piano sociologico gli adolescenti che rubano dei veicoli a motore provengono da ambienti socio-economici disagiati: carenze familiari, insuccessi scolastici, scarso inserimento professionale, ambiente sub-urbano disagiato ecc; mentre sul piano psicologico, il furto di un veicolo motorizzato avviene in un contesto impulsivo, in risposta a un bisogno immediato e al presentarsi di un'occasione. La "reazione giudiziaria" davanti a questa prima condotta delinquenziale è di fondamentale importanza, perché da questa dipenderà l'evoluzione dell'adolescente: sia verso una risoluzione, sia, al contrario, verso un impegno confermato nell'asocialità83.
82
Tr. It. a cura di M. AMMANITI, A. NOVELLETTO, op. cit., p. 120.
83
Ibidem.
46
Il furto nei grandi magazzini Il furto nei grandi magazzini occupa la seconda posizione fra i reati contro i beni (15%), ma in realtà la sua frequenza è sottovalutata per diverse ragioni. Prima di tutto perché un furto sia riconosciuto è necessario che l'adolescente sia colto sul fatto, e sia inoltre nell'impossibilità di rimborsare il prezzo dell'oggetto e di pagare l'ammenda "amichevole"; infine è necessario che venga inoltrato un procedimento penale. Molte indagini condotte su adolescenti, con questionari che raccoglievano «confessioni personali»84, hanno dimostrato che il 70-90% degli adolescenti dichiaravano di aver commesso un furto. La differenza tra la popolazione di adolescenti che aveva avuto conseguenze legali e quella di coloro che non ne avevano avute è dovuta a fattori di ordine sociale: sono essenzialmente gli adolescenti che provengono da famiglie disagiate ad essere oggetto di un procedimento penale. La frequenza di questi furti è direttamente proporzionale all'aumento del numero dei grandi magazzini. Per lo più si tratta di una condotta individuale. Le ragazze vi sono largamente rappresentate, fatto rilevante, contrariamente a quanto avviene per gli altri tipi di furto in cui dominano i ragazzi85.
I furti in luoghi abitati I furti in luoghi abitati rappresentano il 14% di tutti i reati. Vengono commessi sia in gruppo che singolarmente, ma sempre dai ragazzi. Nella maggioranza dei casi il "luogo abitato" non è altro che una cantina di un grande stabile: i giovani portano via alcune bottiglie di bibite e scatole di conserve. Tuttavia in questo gruppo figurano anche i gravi furti con scasso: furti notturni in gruppo, con scale, rapina, talvolta a mano armata, ed aggressione alle persone. Si tratta di una condotta fortemente antisociale, caratteristica degli adolescenti più grandi (più di sedici, diciassette anni) spesso recidivi nelle loro azioni86.
84
Ivi, p.121.
85
Ibidem.
86
Ibidem.
47
3.3.3 - Distruggere
Il danneggiamento e la distruzione degli oggetti propri e altrui è un comportamento tipico della prima parte dell'adolescenza. Le cronache abbondano di figure di adolescenti annoiati che vagano per la città lanciando palloni contro le finestre, tirando sassi ai lampioni, distruggendo cabine telefoniche e rigando carrozzerie delle auto. Che cosa intendono comunicare gli adolescenti con questi atti? Che cosa in realtà vorrebbero distruggere? Il desiderio di "lasciare il segno"87 del proprio passaggio con comportamenti tanto più aggressivi quanto più forte è il dubbio che la propria presenza abbia poco significato e poco valore per i destinatari della comunicazione sembra sottendere buona parte dei comportamenti distruttivi o vandalici degli adolescenti. A precedere l'atto vandalico è spesso una stessa situazione emotiva di gruppo, un'atmosfera pervasa da un diffuso sentimento di noia: ragazzi che vagano per la città senza saper cosa fare, dove andare, come divertirsi; un sentimento di inutilità, di vuoto esistenziale profondo e apparentemente immotivato, si dilata e si comunica anche senza parole, cresce una rabbia diffusa, forse genericamente rivolta a chi sembra non sentirsi mai svuotato e travolto, a chi è capace di dominare e possedere le situazioni, a chi sa come trascorrere piacevolmente il tempo libero, a chi ha la consapevolezza della propria identità e del proprio ruolo nel mondo (e per questo viene apprezzato dagli altri). L'azione distruttiva non è di solito dettata da alcun pensiero consapevole dei danni che conseguiranno al gesto; la molla che li ispira è il desiderio di farsi notare, di imporre e rendere visibile la propria esistenza, non tanto a un interlocutore specifico quanto a una realtà extra-familiare ricca di occasioni, seduttiva e stimolante quanto anonima e del tutto indifferente nei confronti del singolo. L'autore del gesto vandalico è soprattutto un adolescente che teme di passare inosservato, insignificante e quasi trasparente al mondo. Attraverso il comportamento distruttivo gli adolescenti intendono anzitutto segnalare di esistere. I gruppi di studenti in visita guidata ai musei e nei luoghi turistici spesso non rinunciano a lasciare segni della propria presenza nel luogo "importante", dotato di valore storico o artistico: incidono ovunque "ricordi" del proprio passaggio, nomi, date, 87
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 75.
48
numeri di telefono. Ciò che differenzia questi comportamenti in termini di gravità non è la motivazione ma il livello di aggressività veicolato dal gesto e dunque la quota di distruttività che esprime. Diversi sono i danneggiamenti scolastici più diffusi nelle scuole88: –
sporcare per trascuratezza: buttare qua e là le carte, attaccare le cingomme ai banchi. A volte i danni derivano da comportamenti competitivi ed aggressivi tra gli studenti: le "gare" a chi stampa l'impronta più alta sul muro dell'aula, a lanciarsi gessi, nascono dall'indifferenza all'ambiente scolastico, da un senso di non appartenenza;
–
rompere per protesta: è l'attacco diretto e sistematico alle attrezzature (banchi, lavagne, bagni), su cui si sfogano le tensioni aggressive derivanti dalle frustrazioni nello studio;
–
scrivere per esprimere e comunicare: le scritte sui muri esprimono soprattutto la passione (passione d’amore, politica, calcistica). Da parte degli studenti sono considerate come un diritto di espressione nient'affatto deturpanti o imbrattanti;
–
l'eccitamento: a volte i danni sono frutto di situazioni impulsive ed eccitanti che si svolgono in un clima di gruppo in cui manca il controllo degli impulsi.
In alcuni casi la distruttività è un indice di ribellione nei confronti di una dipendenza che non può ancora essere messa in questione e rifiutata, ma che contemporaneamente non viene più accettata; con una certa frequenza i genitori di adolescenti parlano allo psicologo di porte sfondate in accessi di rabbia da un figlio che non tollera dei no ma non è ancora capace di disobbedire. Qualche volta invece i "no" in famiglia non sono mai stai detti ed è l'ambito extra-familiare a generare una frustrazione intollerabile; in questi casi è nel sociale che viene espressa l'aggressività reattiva alla frustrazione, attraverso comportamenti devianti di diversa gravità.
88
Ivi, p. 77.
49
I writers Il graffitismo, in inglese writing, è una manifestazione sociale, culturale e artistica diffusa in tutto il pianeta, basata sull'espressione della propria creatività tramite interventi pittorici sul tessuto urbano. Il fenomeno ricorda la pittura murale (murales, disegni su muro) e viene spesso associato ad atti di vandalismo, poiché numerosi adepti utilizzano come supporti espressivi mezzi pubblici o edifici di interesse storico e artistico. Il graffitismo nasce sui treni a Philadelphia nei tardi anni sessanta e si sviluppa in seguito a New York fino a raggiungere una prima maturità stilistica a metà degli anni ottanta. In questo periodo, grazie alla realizzazione di Style Wars (documentario sui graffiti della metropolitana newyorchese) e del film Wild Style, il fenomeno dei graffiti si diffuse su scala mondiale, trovando in Europa un terreno fertile. Dagli anni ottanta ad oggi il fenomeno si è sviluppato grazie alla diffusione di riviste specializzate, dei video convention e ai frequenti viaggi di molti writers (scrittori) per le città europee e americane. Ogni writer, qualsiasi sia la sua inclinazione e provenienza, ricerca e studia un'evoluzione personale per arrivare ad uno stile proprio, in modo da distinguersi dagli altri ed essere notato maggiormente. Nel 1972-75 appaiono i primi "pezzi", rappresentanti una semplice evoluzione delle tag89, divenute più grandi, più spesse e con i primi esempi di riempimento e di contorno (outline). Ogni "pezzo" ha un senso espressivo che dovrebbe essere evidente a chiunque, dietro alle forme delle lettere c'è un lungo studio, fatto di bozze preparatorie ed ispirazioni provenienti dall'ambiente che circonda il writer in questione.
89
La tag è lo pseudonimo di ogni graffitista, il suo alter-ego; viene scelta dal writer stesso partendo da
giochi di parole sulla propria identità, o semplicemente scegliendo la parola che più lo aggrada, in base al suono o alle lettere che lo compongono. La tag corrisponde quindi alla firma. Evoluzione della tag è il throw-up (vomitare), disegno stilizzato della propria firma (o delle prime lettere della tag) di rapida esecuzione ma di dimensioni più estese, eseguito con pochi colori, spesso spruzzati rozzamente, o privo di riempimento. Come una tag ingigantita il throw-up rappresenta un marchio, eseguito sempre nella stessa maniera per ricondurre immediatamente al suo autore, e come una tag la si può trovare replicato più volte sulla stessa superficie.
50
Ogni persona vive in un determinato ambiente e viene influenzato direttamente e profondamente nel proprio modo di fare e di agire. Lo stesso avviene per colui che opera nella città (come fanno i writers e gli street artist, artisti di strada) e che ha al contempo una missione personale e universale: esprimersi e farsi conoscere. Ben presto iniziarono le prime repressioni e le campagne contro il graffitismo: –
le carrozze della metro vengono pulite;
–
si mettono taglie sui writers;
–
si recintano i depositi della metro (luoghi preferiti per l'azione) e si piazzano pattuglie cinofile lungo le recinzioni.
Nonostante ciò tra i graffitisti c'era una continua sfida, che portò alla diffusione, allo sviluppo e al miglioramento qualitativo del fenomeno. Alcuni writers inventarono nuovi stili (come il loop, anello), altri perfezionarono quelli già esistenti aggiungendo sfondi, personaggi di cartoni animati (puppets, burattini) e forme prese dalla segnaletica stradale o dalla logotipia (grafica pubblicitaria). I pezzi si ingrandirono top-to-bottom (dall'alto verso il basso), diventando sempre più elaborati e colorati. Oggi, i writers più vicini ad un lavoro di ricerca artistica tendono a esprimersi in campi più protetti, come nelle "halls of frame" (sale della tela). Queste sono sale a loro disposizione in cui possono dipingere legalmente, siano questi muri esplicitamente dedicati dalle amministrazioni comunali all'espressione della "spray-can art" (l'arte può), siano luoghi siti in periferie degradate, di poco interesse o difficilmente raggiungibili in cui, per un tacito accordo con gli organi deputati al controllo dell'ordine pubblico, si lascia ai writers "carta bianca" e una relativa tranquillità per dipingere. I writers che si esprimono in contesti del genere, attraverso la scelta consapevole e responsabile del supporto per la pittura, si distinguono da quelli che intervengono su edifici di interesse storico e artistico90. La differenza tra gli atti di vandalismo e il "writing" non esiste, diversi writers si definiscono "vandali". In Italia, gli atti vandalici sono penalmente punibili. Il codice penale all' Art. 639 Deturpamento e imbrattamento di cose altrui recita:
90
WIKIPEDIA, Il graffitismo, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://it.wikipedia.org/wiki/Graffitti_writing (ULTIMO ACCESSO 4 OTTOBRE 2011).
51
«Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103. Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro. Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro. Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio».91
Nel Giugno 2006, nasce a Sassari la prima associazione artistica italiana di writers: la Carrera Colors. Questa è stata istituita per volontà di un gruppo di writers cittadini e di importanti esponenti della società civile locale. Scopo della Carrera Colors è quello di creare i presupposti per una libera e legale espressione dell'aerosol-art92, recuperando tutte quelle aree abbandonate all'inciviltà e all'incuria della Amministrazioni Pubbliche e dei privati. Attraverso la rivalutazione di questi spazi, l'associazione propone la propria idea di riqualificazione del decoro urbano, coniugando la libera espressione artistica con l'educazione civica ed il rispetto della "res publica"93. L'associazione vuole essere un punto di riferimento per tutti coloro che hanno voglia di avvicinarsi ai graffiti e all'aerosol-art nel pieno rispetto della legge; non legata a nessun partito o movimento politico, ordine religioso, organizzazione sindacale, ecc…, si propone di collaborare con chiunque, singole persone o associazioni, enti pubblici o privati, in maniera aperta purché sempre rispettosa degli ideali della medesima associazione.
91
M. DRAGO, Codice penale, Alpha Test, Milano, 2011, p. 291.
92
L'Aerosol-Art è stata una delle prime espressioni artistiche accostate al graffitismo, nasce a New
York circa 30 anni fa, ad opera di giovani di tutte le etnie, principalmente afro-americani e ispanici. Essa si basa sull'utilizzo di bombolette spray a mano libera, su una qualsiasi superficie, con applicazioni pittoriche aero-grafiche. 93
FACEBOOK, Carrera Colors, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://it-it.facebook.com/pages/Carrera-Colors/71228124958 (ULTIMO ACCESSO 4 OTTOBRE 2011).
52
Convinti che un'unilaterale politica di repressione nei confronti del writing e della street art94 in genere, non basti da sola ad arginare fenomeni malavitosi, se non accompagnata dall'istituzione di pubblici spazi dedicati a queste forme di espressione artistica, l'associazione si impegna ad ottenere e a mettere a disposizione luoghi e strumenti per tutti coloro che abbiano voglia di manifestare la propria creatività senza infrangere la legge, poiché una migliore fruizione dello spazio pubblico porta anche una diminuzione della delinquenza giovanile. «Quando la città si spegne, piccole creature del sottobosco urbano escono dal letargo; si trasformano in ombre col cappuccio, due o tre bombolette infilate nei tasconi della felpa o al sicuro dentro uno zaino. Randa, Pelo, Mill, Stile, Kato, Ekate, Xanax, Kiza, Blaze vanno a caccia della loro tela perfetta. Ci vuole coraggio, ottime gambe e una buona dose si incoscienza»95.
A Sassari i writers sono in tutto un centinaio, quindici particolarmente attivi, due o tre autentici pazzi che si arrampicano su muri e cornicioni per imprimere la loro unghiata più in alto. L'autografo sulla sommità della facciata dell'Accademia delle belle arti resiste da anni. Ci sono tre modi per fare un pezzo bello: 1) quando c'è tecnica e stile; 2) quando è molto pericoloso; 3) quando è molto visibile. Tre condizioni quasi inconciliabili, ma quando si fondono in un unico graffito, allora l'autore si é guadagnato il rispetto della piazza. Durante un'intervista un giovane writer sassarese racconta: «eravamo a una festa di compleanno - eravamo belli accesi - in quattro passeggiavamo vicino all'Astra. Ho detto: c'è lo facciamo questo muro? Via Regina Margherita di Savoia di venerdì a mezzanotte è adrenalina pura: un via vai di volanti della polizia, macchine, traffico. Autonomia ridottissima La street art (arte di strada o arte urbana) è la definizione comunemente utilizzata per inquadrare tutte le manifestazioni artistiche compiute illegalmente in spazi pubblici, con le tecniche più disparate: spray, sticker-art (forma d'arte in cui il messaggio o l'immagine sono veicolati da un adesivo), stencil (maschera normografica che permette di riprodurre le stesse forme), sculture ecc. A differenza del writing l'artista non vuole imporre il suo nome, ma intende creare un'opera d'arte che si contestualizzi nello spazio che la circonda, interagendo con un pubblico diversificato, che non ha scelto di visionare l'opera. 95
L. SORIGA, Arte o vandalismo?, in "la Nuova Sardegna", 12 novembre 2006, p.28.
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per dipingere, anche uno scarabocchio è rischioso - due colori nero per i bordi e argento per riempire - dieci minuti in tutto. E' il pezzo del quale vado più fiero».
Fughe precipitose e qualche denuncia alle spalle, sono queste le tappe obbligatorie degli imbrattamuri. «Quando noi abbiamo davanti un muro sappiamo cosa fare, il problema è arrivare al muro. Il comune ha sempre mal tollerato questa forma d'arte in bilico tra l'arte e lo scarabocchio". Gli spazi vengono concessi con parsimonia più su pannelli che sulle pareti. Pochissimo dialogo fino ad ora, con le istituzioni. La gente ci odia, come vede uno spray chiama la polizia quasi avessimo una pistola. La colpa è per lo più delle tag. Sono le impronte fulminee, i ghirigori mordi e fuggi che fanno incavolare chi si è appena dipinto la facciata del palazzo. Quelle le fanno i ragazzini, quelli che sono all'inizio e vogliono far sapere che ci sono. Ci siamo passati tutti».
Uno dei punti saldi della Carrera Colors è proprio un codice deontologico di bombardamento: "niente monumenti, chiese, né muri privati, rispetto per la città e tag tenute a freno". «Avere spazi autorizzati e l'appoggio del comune porta vantaggi per tutti – spiega il giovane writer – noi possiamo dedicarci con calma sui pezzi, senza dover fuggire da un momento all'altro, fare bei lavori, affinare le tecniche sui muri e non solo su foglio di carta e poi è un bel risparmio: le bombolette costano dai tre ai sette euro, per un graffito c'è ne vogliono anche settanta. Tutti noi studiamo se il comune ci compra il materiale per noi è il massimo. In cambio Sassari potrebbe avere un pò meno grigiore per le strade».
I pezzi migliori per ora se ne stanno nascosti in disparte. In un sentiero a Piandanna vivono in esilio i graffiti della "FDN" (fuori dalla norma) di Drago e di Rewa (nomi d'arte dei due writers autori dei principali graffiti a Piandanna); mentre in una scuola abbandonata a Baldinca (località di Li Punti a Sassari) c'è una vera e propria cattedrale dei writers, una sorta di cappella sistina affrescata a bomboletta. «Quest'anno ho fatto un corso alle elementari - dice un altro writer - già i bambini escono di testa per il disegno, figuriamoci quando gli ho insegnato a usare la bomboletta. Ci piacerebbe poter collaborare con le scuole, formare una generazione di writers. Qualcuno certo potrebbe rabbrividire all'idea di
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armare di spray un esercito di piccoli Jean-Michel Basquiat96 o Keith Haring97. Ma Sassari non e' New York e la contro-cultrua è più un intriso di moda, musica rap, hip-hop, skateboard, piuttosto che rabbia e protesta».
Il senso di questa forma espressiva è raccolto in poche parole: «E' bellissimo vedere scritto il proprio nome, ed è ancora più emozionante quando ti sfila davanti nel momento in cui meno te lo aspetti». Ecco perché i treni sono cosi ambiti e tra writers e ferrovie va avanti una sfida secolare. I depositi sono pieni di insidie; i vagoni lì riposano stanchi come pachidermi arrugginiti. I writers gli accarezzano il dorso, scrostano la polvere, li lavorano con lo spray e ne fanno il loro capolavoro ambulante. C'è dietro un gioco di libertà, oltrepassare la soglia dell'illecito. Usare la bomboletta è come un megafono per dire "Me ne frego delle vostre regole, ci sono anche io, esisto!" Perciò anche se l'associazione Carrera Colors avrà successo e riporterà molti "B-boy"98 sulla retta via, ci saranno ancora molti ragazzi a indossare felpa e zaino e scomparire nell'oscurità99.
3.3.4 - Aggredire
L'adolescenza è di solito accompagnata da un aumento diffuso dei comportamenti impulsivi e da una minore capacità di autocontrollo. Anche l'aggressività è rinforzata in 96
J. M. BASQUIAT (Brooklyn, 1960 - New York, 1988) è stato uno dei più importanti esponenti del
graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Kate Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte. K. HARING (Reading, 1958 - New York, 1990) pittore e writer statunitense, emerge dalla scena artistica newyorkese durante il boom del mercato dell'arte negli anni ottanta. I suoi lavori hanno rappresentato la cultura di strada della New York di quel decennio. 98
Il termine "B-boy" fu coniato a New York nel 1969 da DJ Kool Herc che durante le sue
performance era solito urlare: "B-boys go down!" (ragazzi scendiamo in pista!), incitazione con cui invitava i ballerini di breakdance ad iniziare. "B-boy" era il termine originario che indicava i ballerini di strada, sebbene "breakdancer" o "breaker" è oggi più comune, anche per essere stato frequentemente usato dai media. Il B-boy praticando una disciplina come la breakdance a metà strada fra ballo e danza, non è da considerarsi propriamente un "semplice ballerino". Un B-boy anche quando non balla, segue lo stile di vita del movimento hip-hop. Inoltre quando è di fronte a una sfida egli diventa un "guerriero" e la componente aggressiva vale tanto quanto quella artistico-espressiva. 99
L. SORIGA, Arte o vandalismo?, in "la Nuova Sardegna", 12 novembre 2006, p.28.
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questa fase dall'aumento di pulsionalità connesso allo sviluppo puberale e dall'attenuarsi dell'argine super-egoico. Si tratta di caratteristiche che riguardano soprattutto i giovani maschi. In una prospettiva evolutiva infatti l'aumento dell'aggressività si associa allo sviluppo fisico e al rapporto con la muscolarità che cresce; la sua esibizione in contesti nient'affatto patologici ha a che fare con il piacere virile della scoperta della forza fisica e della capacità di "combattere"100. Le diverse modalità di espressione dell'aggressività di maschi e femmine risultano evidenti nei gruppi monosessuali della prima adolescenza. I maschi lottano o simulano di lottare fra loro. Fra le femmine, invece, l'aggressività viene espressa verbalmente, spesso con insulti che riguardano l'area della sessualità: divise in piccoli gruppi caratterizzati da diverse modalità di assunzione dell'identità femminile, le ragazze si insultano reciprocamente, esprimendo disapprovazione e disprezzo per le modalità di relazione con il proprio corpo (il trucco, l'abbigliamento) e con i coetanei maschi del gruppo rivale. Da un punto di vista psicologico l'aggressività può essere considerata in vario modo: una risposta alle frustrazioni; una reazione alla paura; il risultato dell'identificazione con un ideale in cui è considerata indice di valore e di forza virile; oppure il segnale di una mancata individuazione e l'espressione del bisogno di differenziarsi nell'ambito di una relazione simbiotica. Nell'esperienza soggettiva delle spinte che scatenano l'aggressività queste motivazioni sono spesso intrecciate. Spesso gli adolescenti giustificano l'aggressione come difesa, innanzitutto nei confronti delle umiliazioni che possono derivare da una posizione di dipendenza sottomessa. Essi esprimono così un desiderio di affermazione personale che sembrano poter sostenere soltanto attraverso l'affermazione fisica della propria superiorità. La difficoltà a separarsi emergendo da una relazione simbiotica sta spesso alla base dei comportamenti aggressivi agiti in famiglia, specie nel rapporto con i genitori. Si tratta di dinamiche familiari che coinvolgono adolescenti maschi e femmine; spesso sono ragazzi miti fuori dalle pareti domestiche, che scatenano la loro aggressività esclusivamente nel rapporto con i genitori, quasi a voler lacerare violentemente un cordone ombelicale che altrimenti non riesce ad essere reciso. Si tratta di ragazzi e ragazze spesso descritti dai genitori come ex-bambini ideali, figli vezzeggiati e protetti 100
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., p. 64.
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che hanno goduto di un rapporto privilegiato con almeno uno dei genitori; essi mostrano da sempre segnali di sofferenza nelle situazioni di separazione: bambini che i genitori ricordano in lacrime dietro il portone della scuola e il finestrino del pullman in partenza per la gita scolastica, e che durante l'adolescenza improvvisamente si trasformano in ragazzi tanto scontrosi ed infelici in famiglia quanto gioiosamente proiettati all'esterno, tanto esigenti ed egoisti nei confronti dei genitori quanto generosi e fiduciosi con gli amici; adolescenti in cui il compito evolutivo di separarsi e individuarsi confligge inconsciamente con la profondità del legame infantile. Il diniego delle angosce di separazione li induce a porsi spesso in situazioni di rischio e ad allarmare i genitori con le loro imprudenze. Si tratta di veri e propri maestri di provocazione, impegnati con tutte le proprie energie a distruggere ogni traccia del bambino dipendente che sono stati e a sfuggire ostinatamente qualunque forma di protezione che possa loro ricordare la deprecata dipendenza infantile. Sono adolescenti che spesso fuggono di casa e negano ogni legame con le proprie origini, esibendo magari disprezzo nei confronti dei genitori, specie quello dello stesso sesso, cui rifiutano ostentatamente di somigliare; ciò nonostante continuano a pretendere da quegli stessi genitori aggrediti e disconosciuti forme di "servizio" uguali a quelle loro riservate da piccoli (essere accompagnati qua e là, ottenere tutto ciò che desiderano, averli in sostanza, sempre a propria disposizione), nel tentativo di dimostrare a se stessi di volersene andare, senza correre però alcun rischio di essere abbandonati. La volontà del figlio di essere "libero ed autonomo" viene infatti sbandierata con tale violenza da indurre nei genitori una vertiginosa escalation di protezione e controllo, in una dinamica familiare che corrisponde all'ambivalenza conflittuale del desiderio dell'adolescente, lacerato fra volontà di separarsi e angoscia di essere abbandonato. Perciò le aggressioni ai genitori rimandano spesso a tematiche di separazione, mentre manifestazioni di aggressività a scuola possono sottendere un mancato riconoscimento; le risse con i coetanei esprimono di solito il bisogno di affermare la nascente identità virile, mentre le aggressioni ai "diversi"101 (barboni, tossicodipendenti, omosessuali o extracomunitari) nascono spesso da tematiche persecutorie. Il bisogno di proiettare fuori di sé aspetti disprezzati o temuti, che suscitano angosce di "contaminazione", di solito è condiviso dai genitori, che da sempre considerano pericolosa per il figlio la 101
Ivi, p. 72.
57
socializzazione extrafamiliare, nei cui confronti non si stancano di metterlo in guardia.
3.3.5 - Spacciare
Molte delle trasgressioni commesse da minorenni in Italia hanno a che fare con il consumo e lo spaccio di sostanze stupefacenti. La diffusione e il consumo di sostanze stupefacenti nella popolazione giovanile è un fenomeno complesso, profondamente radicato nella cultura affettiva adolescenziale. Esso rappresenta un'importante via d'accesso alla devianza minorile. Le droghe più utilizzate nell'adolescenza sono il tabacco, l'alcool e le droghe leggere: l'uso di eroina e di droghe pesanti è contenuto, inizia in genere al termine di questa fase e si diffonde nel periodo giovanile. Gli anni della prima adolescenza (quelli fra i dieciundici ed i quindici anni) sono cruciali per l'iniziazione all'uso di droghe lecite come l'alcool e il tabacco, queste sostanze svolgono un ruolo di rilievo nel facilitare l'uso delle droghe leggere. Ciò significa che chi inizia ad assumere hashish o marijuana ha in genere già provato a fumare o a bere alcolici. Tra gli adolescenti che hanno provato delle droghe leggere solo una limitata percentuale prova in seguito altre droghe (come ad esempio l'eroina e la cocaina) ed una percentuale ancora più ridotta instaura un rapporto di dipendenza. L'uso di una particolare droga rende più probabile il passaggio alla fase successiva, ma non esclude che ci si possa fermare in un qualsiasi punto della sequenza senza progredire102. Tra età e uso di droghe illecite c'è una relazione curvilineare: esso appare in genere contenuto fino ai quattordici anni, aumenta poi con il progredire dell'età fino a raggiungere il culmine nella prima fase dell'età adulta e diminuisce drasticamente in seguito, in coincidenza con l'acquisizione dei ruoli sociali adulti. L'uso della droga è un processo che si snoda attraverso tre fasi103: 1.
l'avvicinamento: è la fase in cui l'adolescente, nel contesto di rapporti con altri significativi (amici, fratelli, genitori), elabora la disponibilità o l'indisponibilità a provare una droga;
102
M. RAVENNA, Fattori cognitivi, motivazionali e di personalità nell'iniziazione alla droga, in N.
COLECCHIA (a cura di), op. cit., Il pensiero scientifico, Roma, 1995, p. 118. 103
Ivi, p. 119.
58
2.
l'iniziazione: è la fase in cui si presenta all'adolescente un occasione concreta ed egli decide di provare;
3.
la terza fase è quella in cui l'adolescente, dopo aver valutato la sua esperienza personale, può decidere di non assumere più la droga o di continuare.
I fattori che possono favorire la prima esperienza di un adolescente con la droga sono innumerevoli. La letteratura che esiste sull'argomento li colloca in tre aree: 1. quella relativa ai rapporti interpersonali: ad esempio le influenze degli atteggiamenti e dei comportamenti di consumo dei famigliari e degli amici, la qualità e le caratteristiche della relazione con i genitori, lo stile educativo da essi adottato; 2. quella che riguarda alcune caratteristiche personali: stati emozionali negativi, orientamento prevalente verso i pari, suscettibilità alle pressioni sociali, atteggiamenti e motivazioni positive nei confronti della droga, repertorio limitato o inefficace di abilità sociali, comportamenti problematici precoci, maturazione biologica precoce per le ragazze o ritardata per i ragazzi); 3. quella relativa a particolari eventi e situazioni esterne: elevata disponibilità e accessibilità della droga, situazioni di disagio e di stress, pressioni culturali verso l'uso. Tra le tante teorie che hanno cercato di spiegare le connessioni causali fra questi fattori, quella dell'apprendimento sociale attribuisce un ruolo cruciale all'area delle influenze interpersonali e spiega l'iniziazione soprattutto in base a processi di imitazione e di rinforzo. Le teorie interazioniste la spiegano invece in base al tipo di relazione che si crea tra i diversi fattori di rischio e interpretano il ruolo dell'assuntore non tanto come quello di un recettore passivo di influenze che provengono dall'ambiente sociale, ma di un soggetto che utilizza la droga come una strategia che gli consente di adattarsi alla realtà104. I motivi soggettivi più spesso addottati dagli adolescenti a giustificazione dell'uso di sostanze sono105: –
bisogno di appartenenza, la difficoltà cioè a differenziarsi dal gruppo degli amici e dalle sue modalità di divertirsi e trascorrere il tempo libero;
104
Ivi, pp. 119-120.
105
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., pp. 101-102.
59
–
il tentativo di far fronte a difficoltà d'ordine emotivo (utilizzazione come antidepressivo), fisiologicamente connesse a tappe di sviluppo psichico nei cui confronti gli adolescenti attuali sono particolarmente fragili;
–
la ricerca del piacere, la cosiddetta «cultura dello sballo», l'uso cioè di sostanze stupefacenti allo scopo di eccitarsi e di "stare bene";
–
l'espressione della creatività, legata all'utilizzo di sostanze allucinogene per scrivere, dipingere e suonare meglio, per ampliare e deformare l'ambito percettivo e sensoriale;
–
i conflitti in famiglia con i genitori, nei confronti dei quali l'utilizzo di droghe conserva un significato trasgressivo, volto ad allarmare, a generare angoscia, a dirottare su di sé l'attenzione.
Le motivazioni variano con l'età e il sesso e rimandano ad atteggiamenti specifici delle fasi di costruzione dell'identità in adolescenza. Il piccolo spaccio è spesso un'estensione del consumo e viene inteso dagli adolescenti come un modo di condivisione tra amici: chi ha più iniziativa si procura la sostanza, acquisendo leadership nel gruppo. Il più delle volte i ragazzi non si rendono pienamente conto dell'illegalità del proprio comportamento: si tratta di una competenza che rappresenta in qualche modo il piacere e coraggio di rischiare. L'acquisto occasionale di sostanze da dividere con gli amici
diventa col tempo
sistematico, in genere attraverso la trasformazione in un metodo per «fare soldi»106 o quantomeno per ottenere il «fumo» per sé senza doverlo pagare. Questo passaggio non è motivato solo da un bisogno economico, ma anche da una posizione affettiva che compare alla base di altri comportamenti trasgressivi: il desiderio di non chiedere, di evitare la dipendenza attraverso la decisione di non chiedere nulla ai genitori. In alcuni casi, invece, sembra che ad indurre l'adolescente alla ricerca di percorsi di crescita "alternativi" siano le aspettative elevate che i genitori hanno su di loro. Fra i ragazzi imputati di spaccio spesso non vi è consapevolezza del significato antisociale della loro azione che è pure cognitivamente riconosciuta come reato. Dal loro punto di vista la vendita è legittimata dalla libertà dell'acquirente di comprare o no la droga; per questo qualcuno considera "più corretto" vendere senza consumare e tiene
106
Ivi, p. 104.
60
a ribadire allo psicologo la propria estraneità al consumo o a relegare il consumo ad una fase precedente, «infantile», delle proprie scelte di vita. Se dunque da un punto di vista legale lo spaccio è un reato mentre il consumo non è perseguibile, dal punto di vista della rappresentazione affettiva dell'adolescente l'uso personale rappresenta una posizione infantile e dipendente, superata attraverso lo status «lavorativo», ben retribuito, dello spacciatore107.
3.3.6 - Violentare
La fase adolescenziale è caratterizzata dallo sviluppo sessuale, dalla perdita della sicurezza relativa alla propria identità e la conseguente necessità di ottenere una nuova conferma di sé, dalla tendenza a superare la propria dipendenza dalla famiglia di origine. In questo processo gli adolescenti vivono le proprie esperienze sessuali anche come strumento per avere conferma di sé e della propria identità. Se il distacco dalla famiglia avviene troppo presto, l'adolescente può vivere esperienze sessuali molto precoci, basate non tanto su un desiderio fisico quanto su quello di ricevere amore, attenzione, affetto e di ottenere l'appagamento del bisogno di intimità che a volte non ha ricevuto in famiglia, giungendo così ad un uso "non sessuale" del sesso. In altri casi, invece, la sessualità può essere vissuta come modalità per segnalare il raggiungimento di un'autosufficienza affettiva dalla famiglia oppure come strumento di conquista di un'autonomia che risulta difficile, rappresentando quindi per l'adolescente un tentativo estremo per dimostrare ai genitori di "essere diventato grande". D'altro canto, la definizione di "violenza sessuale" nel rapporto tra adolescenti è a volte difficile, in quanto la differenza di età tra i protagonisti dell'evento è ridotta e la scarsa consapevolezza che spesso rende difficile stabilire se, dal punto di vista penale, ricorrano gli estremi di un vero e proprio reato. Questa tematica solleva lo spinoso problema dell'accertamento e della valutazione del grado di maturità e di capacità critica necessarie affinché il minorenne possa estrinsecare realmente un "libero consenso": se da un lato non si possono ignorare la spiccata accelerazione dello sviluppo fisico e la precocità della pubertà verificatesi negli ultimi decenni, dall'altro il carattere
107
Ivi, p. 106.
61
particolarmente instabile e vulnerabile della personalità evolutiva dell'adolescente richiede una particolare attenzione. I casi riportati dalla cronaca mettono in evidenza come gli abusi sessuali tra adolescenti avvengano, il più delle volte, a danno della compagna di classe, della vicina di casa, della figlia di amici di famiglia. Insomma, alla base, generalmente, esiste una conoscenza più o meno intima tra vittima e abusante, una conoscenza in grado di influenzare, eccitare la fantasia del minore e di facilitare il superamento della soglia consentita. Nella ricerca dell'identità, a volte il gruppo può assumere caratteristiche trasgressive ed il giovane può trovare una propria dimensione personale ed una propria affermazione nella disapprovazione da parte della società. In molti casi, d'altra parte, le violenze sessuali del "branco" potrebbero essere spiegate in riferimento alla crisi adolescenziale ed allo sviluppo psico-sessuale più che sulla base di interpretazioni relative alla formazione di bande delinquenziali. Infatti, il gruppo di minorenni autori di violenza sessuale deriva spesso da un'aggregazione casuale e difficilmente assume la fisionomia di una vera e propria "banda" stabile con obiettivi precisi. Meritevoli di attenzione in questo senso sono gli studi relativi all’influenza del gruppo sulle decisioni comportamentali che i componenti assumono sia singolarmente che assieme. Esiste un comportamento di adeguamento, da parte dei componenti del gruppo, alle "attese di ruolo" nel contesto in cui si è inseriti. Di particolare rilievo sono le ricerche che hanno dimostrato come determinati comportamenti abusanti provengono solo da alcuni attori del gruppo, con spesso una sola formale accettazione, ma non partecipazione, degli altri componenti del gruppo stesso. Spesso c'è un leader che organizza e guida l’azione, ma si trattiene dal realizzarla, mostrando con ciò di non avere nulla da provare e di aver maggior controllo della propria impulsività che i membri gregari. Nei reati sessuali il leader qualche volta si astiene dallo stesso rapporto sessuale: nell'affermare la propria capacità di autogestione, esprime, nei confronti dei propri compagni, forza e padronanza della situazione. Spesso la gravità e l’antigiuridicità dell'atto commesso vengono ignorate dai ragazzi o, comunque, non sono attentamente tenute in conto. Con il costrutto del disimpegno morale, Bandura, ad esempio, riconosce nei meccanismi di dislocazione e di diffusione della responsabilità la possibilità per l'individuo di non riconoscersi responsabile dell'azione commessa, mettendo a tacere il contrasto tra comportamento agito e standard morali a cui il soggetto comunque aderisce. È abbastanza frequente che i ragazzi che
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hanno compiuto violenze sessuali o anche, talvolta, i loro genitori o i giornalisti dicano che si è trattato di una "ragazzata": "Non credevamo di farle del male", "stavamo solo scherzando". L'etichettamento eufemistico, che consiste nel dare un significato positivo o migliorativo ad un’azione considerata reato dal codice penale, è una delle varie modalità con cui si esprime il disimpegno morale. Molti episodi di cronaca vedono i protagonisti dell’abuso sessuale lasciare il luogo del reato con assoluta tranquillità e, subito dopo, incontrarsi negli abituali luoghi di ritrovo, facendo finta che nulla sia successo o addirittura scherzando su quanto è accaduto. Un altro fenomeno ben noto agli psicologi è quello del tentativo di scaricare sugli altri le proprie responsabilità, attribuendole magari al capo, al leader108. In psicologia sono stati condotti numerosi esperimenti che dimostrano la tendenza all'ubbidienza da parte dell'essere umano e come l'ubbidienza, talvolta, possa far commettere azioni terribili senza un’adeguata percezione della responsabilità individuale relativa al reato commesso. Ne deriva, spesso, negli stessi protagonisti dell’abuso, una sorta di confusione nell’attribuzione delle responsabilità, per cui i membri più deboli, per dimostrare fedeltà al gruppo o per una sorta di rito di iniziazione commettono il reato, si sentono vittime degli eventi o, in qualche modo, "meno colpevoli" di chi li ha esortati o obbligati a commettere il crimine. Generalmente, nel caso dell’adolescente, le condotte antisociali rappresentano un fenomeno transitorio e isolato senza specifici significati psicopatologici, non risultando ancora stabilmente inserite nell’organizzazione della personalità ed essendo spesso legate alla difficoltà di assimilare i cambiamenti in atto. Soltanto l’acquisizione di identificazioni più solide e armoniche può facilitare un'evoluzione in senso favorevole per il giovane deviante e costituire una valida forma di tutela per la società.
3.3.7 - I reati di gruppo
L'adolescenza viene vissuta in gruppo e il gruppo rappresenta per l'adolescente una zona intermedia, che facilita il passaggio dal mondo dell'infanzia al mondo adulto, dalla 108
A. CUSANO, L'organizzazione criminale nei giovani, TESI DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO
WEB: www.cepic-psicologia.it/contributi/tesi_a%5b1%5d._cusano.doc (ULTIMO ACCESSO 5 GIUGNO 2011).
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famiglia alla società. È nel gruppo che l'adolescente fa esperienza del vivere sociale, dei ruoli e delle relazioni: nel gruppo mette in gioco i diversi aspetti di sé e osserva come gli altri vi reagiscono, sperimenta come è visto dall'altro e cosa gli altri si aspettano o non si aspettano da lui. L'adolescente è spinto dalla voglia di crescere ad abbandonare il rassicurante legame di dipendenza affettiva dai genitori e costruirsi opinioni e valori autonomi; sono gli amici a sostenerlo in questo processo, a non farlo sentire troppo solo e insicuro quando inizia a sperimentarsi nel mondo109. È importante stabilire quando il gruppo adolescenziale si trasformi in gruppo deviante e come avvenga il passaggio dalle trasgressioni utili alla crescita ai comportamenti devianti. Spesso gli adolescenti commettono trasgressioni in gruppo, ma raramente come ho già accennato - questi gruppi hanno le caratteristiche della banda dedita abitualmente ad atti delinquenziali da cui ricavare profitto. Si tratta invece di solito di gruppi formati da un nucleo di tre o quattro amici, cui si aggiungono compagni più o meno occasionali, frequentatori della stessa piazza o dello stesso bar, ragazzi che trascorrono in questo luogo di ritrovo gran parte del proprio tempo libero, in attesa di scoprire cosa fare e dove andare, soprattutto come divertirsi; improvvisamente e quasi inaspettatamente si ritrovano coinvolti nell'iter di un procedimento penale per aver commesso un'azione di cui per lo più ignoravano gravità e conseguenze. Se le differenze fra il gruppo deviante sopra descritto e il gruppo banda militarmente organizzato sono evidenti, lo sono meno quelle fra questo tipo di gruppo e i "normali"110 gruppi amicali dell'adolescenza, caratterizzati da livelli di trasgressività più o meno elevati. A far la differenza sembra che sia la somma di alcune caratteristiche di per sé diffuse nei gruppi adolescenziali; i gruppi devianti presentano scarso livello organizzativo, assenza di ideologizzazione, comportamenti impulsivi non progettuali, un clima emotivo caratterizzato dall'eccitamento e dalla ricerca compulsiva del divertimento, finalizzato a compensare sentimenti di noia e di vuoto emotivo profondi. Il carattere fase-specifico della trasgressività adolescenziale, che la collega al bisogno di prendere le distanze dal mondo degli adulti e dalle sue regole per superare la dipendenza infantile, ne fa un fenomeno universalmente diffuso nei gruppi adolescenziali; non è 109
A. MAGGIOLINI, E. RIVA, op. cit., pp. 110-111.
110
C. BERALDI, V. IERVESE, Come nasce la prevaricazione: una ricerca nella scuola dell'obbligo,
Donzelli Editore, Roma, 2003.
64
dunque la qualitĂ dell'impulso a far la differenza, bensĂŹ la maggior distruttivitĂ e la carenza di freni inibitori che caratterizza i ragazzi coinvolti in comportamenti penalmente perseguibili.
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CAPITOLO QUARTO
Gli studi criminologici sulla devianza e sulla delinquenza minorile. Il modello psicoanalitico e il modello sociologico
4.1 - Devianza e criminalità
Tutti i gruppi sociali creano delle norme e tentano, in determinati momenti e circostanze, di farle rispettare. Le norme sociali indicano i tipi di comportamento "giusti" e quelli "sbagliati". Generalmente le persone che vivono all'interno di una determinata società tendono ad interiorizzarne le norme comuni ed i modelli sociali di riferimento. Questo si traduce nell'accettazione, anche a livello privato, dell'opinione del gruppo. In caso di incertezza, come ad esempio quello di una persona che si viene a trovare in situazioni ambigue, confuse, incerte, il soggetto tende ad assumere il comportamento degli altri come fonte di informazione e ad adeguarsi a questo comportamento per uscire dalla difficoltà. Come si vede l'influenza sociale porta al conformismo, cioè alla tendenza ad approvare le opinioni ed i comportamenti delle persone o dei gruppi di persone cui si attribuisce il ruolo di "esperti", il cui consiglio sarà considerato prezioso e accettato acriticamente. Se una persona mette in atto un comportamento che si allontana da quelli che sono i modelli sociali dominanti, le norme vigenti, legali o consuetudinarie, esplicite o implicite, si dice che è "deviante". Anzitutto occorre stabilire una distinzione importante fra "devianza" e "anomia": mentre in quest'ultima le persone mettono in atto dei comportamenti assolutamente privi di regole o ostili alle norme sociali, nella devianza non si esce completamente fuori dalle
66
regole e l'ostilità sociale non è mai totale. Chi si suicida, ad esempio, mette in atto un comportamento anomico, perché non c'è modo più evidente per esprimere il proprio distacco da qualsiasi forma di convivenza; chi ruba, invece, sebbene scelga un comportamento stigmatizzato dalla società, segue comunque delle regole, come fa la criminalità organizzata, che è estranea ai modelli di comportamento sociali dominanti, ma non per questo è priva di regole111. Il termine devianza112 si riferisce quindi ad un insieme eterogeneo di comportamenti: dall'aggressione al furto, dal danneggiamento al vandalismo, tutti accomunati dalla loro valenza trasgressiva. Devianza non vuol dire, d'altra parte, illegalità. Solo in parte queste condotte vengono a coincidere con i comportamenti delinquenziali che assumono i caratteri estremi dell'illegalità e coinvolgono le autorità giudiziarie e di polizia113. Esiste ad esempio una pornografia legale, ma questo non esime dal considerare chi ne fa uso un deviante, così come esistono delle cose assolutamente illegali (es. evasione del fisco, abusivismo edilizio) che però vengono ampiamente tollerate: chi mette in atto questi comportamenti non viene assolutamente considerato un deviante. Semmai un furbo. Per questo la devianza non può essere classificata secondo un rigido modello di spiegazione, ma va studiata rispetto alle situazioni, ai comportamenti, alle attività ed anche alle aspettative degli altri.
111
DR. G. PROIETTI, Devianza e criminalità, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.psicolinea.it/g_t/devianza_e_criminalita.htm (ULTIMO ACCESSO 5 GIUGNO 2011). 112
Osservando l'uso della nozione "devianza giovanile" nella letteratura, sia italiana che straniera, si
nota una tendenza a considerare in modo unitario fenomeni in realtà diversi tra loro; per "devianza giovanile" si intendono sia azioni che violano la legge, sia comportamenti come, ad esempio, l'assenteismo scolastico, la fuga da casa e la precocità sessuale, che pur non essendo perseguiti dalla legge sono visti come indici di disadattamento. 113
L'Altro Diritto (centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità), Devianza minorile,
ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/cimmino/cap1.htm (ULTIMO ACCESSO 5 GIUGNO 2011).
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Recenti studi criminologici hanno messo in luce che ad una sempre maggiore complessità
della fenomenologia sociale corrisponde un'analoga complessità delle
problematiche giovanili e della delinquenza minorile. La gamma dei comportamenti devianti è andata in questi anni sempre più allargandosi. Un tempo i comportamenti contro la proprietà rappresentavano la quasi totalità delle tradizionali devianze giovanili. Oggi si registrano comportamenti devianti di entità e di cultura molto diversificati, dalle devianze dovute a:
fame,
povertà,
analfabetismo,
condizioni di disagio familiare;
violenza politica e sessuale,
bande giovanili,
tossicodipendenza,
partecipazione dei giovani alla delinquenza organizzata.
sino a:
Alla diversità di riferimenti di tipo culturale e ideologico che sono alla base di queste condotte si contrappone un elemento unificante: si tratta sempre di trasgressioni rispetto alle concezioni e alle aspettative del mondo degli adulti, che viene rifiutato e considerato poco rispondente alle esigenze proprie dei giovani114. A livello criminologico sono due le fondamentali correnti scientifiche che manifestano diverse modalità nello studio dei fenomeni legati alla criminalità minorile: il modello psicoanalitico e il modello sociologico.
114
DR. G. PROIETTI, Devianza e criminalità, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.psicolinea.it/g_t/devianza_e_criminalita.htm (ULTIMO ACCESSO 5 GIUGNO 2011).
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IL MODELLO PSICOANALITICO
4.2 - Sigmund Freud e i criminali per senso di colpa La prima teoria criminologica in ambito psicodinamico di una certa importanza riguarda S. Freud115, che esaminò i cosiddetti "criminali per senso di colpa"116. Secondo quest'autore, in ogni individuo operano essenzialmente due tipi di pulsioni: – pulsione di vita (Eros), comprendente libido e pulsione di autoconservazione; –
pulsione di morte (Thanatos), che si manifesta in ambivalenza, angoscia e senso di colpa117.
È proprio nel 1916 che Freud scrive un paragrafo, Criminali per senso di colpa, che fa parte di un più ampio capitolo intitolato Tipi di carattere incontrati nel lavoro psicoanalitico. Egli affronta l'argomento dei criminali per senso di colpa, quasi per caso, allorché nel corso del trattamento psicoanalitico alcune persone, in gran parte divenute rispettabili, gli confessarono di aver commesso, nel periodo precedente la pubertà, azioni criminali come furti, truffe e persino incendi dolosi. Secondo Freud alcuni individui ricercano inconsciamente, attraverso il delitto, una punizione, come sollievo ad un intenso sentimento di colpa che provano nel profondo e che deriva da un irrisolto conflitto edipico. Freud parla di "delitto originale" e sostiene che il male sta all'origine ed è inserito nell'inconscio118. In Totem e tabù troviamo infatti la descrizione del delitto originario: «A suo tempo, i figli -rivoluzionando - uccisero il genitore d'orda, consumarono la sua carne durante un 115
S. FREUD (Freiberg, 1856 – Londra, 1939) medico austriaco, padre fondatore della psicoanalisi.
116
La sua radice si ritrova nel "complesso edipico", che riproduce il mito di Edipo re, durante il quale
il bambino vede la madre come l'oggetto principale del proprio amore, mentre il padre rappresenta il rivale da eliminare. Schema che risulta invertito per quanto concerne la bambina: essa identifica il padre come l'oggetto principale del proprio amore ed entra in competizione affettiva con la madre "complesso di Elettra". 117
F. CREMONINI, Strumenti e tecniche per l'indagine criminologia, Franco Angeli, Milano, 2002,
p. 28. 118
S. FREUD, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, M. BERTAGGIA (a cura di), Editore
Riuniti, Roma, 1982, p. 34.
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pasto cannibalesco e desiderarono il rapporto sessuale con la madre»119. L'incesto e il parricidio sono i primi delitti originari dell'uomo. Il risveglio della coscienza dalla consapevolezza della propria colpa e dal pentimento portarono la cultura all'umanità. Contro il delitto originario, il tabù costituisce il più antico codice morale. Il complesso di Edipo è l'analogia e la ricapitolazione del delitto originale. Al primordiale Es maligno si oppone, dopo il declino del complesso edipico, il Super-Io. Freud afferma che in questo modo la coscienza stessa è la progettazione di una reazione in risposta al male, che è sentito nell’Es. Quindi abbiamo in noi, non soltanto il delinquente ma anche il giudice120. Anche "l'inconscio bisogno di penalizzazione" o i "sensi di colpa preesistenti" possono portare ad azioni criminali. Il delitto reale e la seguente penalizzazione liberano l'Io dal senso di colpa troppo potente. Paragonato al delitto originale, il reato reale sembra addirittura un sollievo. La motivazione metapsicologica va ricercata nella teoria delle pulsioni. Nell'opera Al di là del principio di piacere, Freud sostiene la natura conservativa delle pulsioni, che si esprime con la spinta, presente nella materia organica animata, a ricostituire uno stato preesistente. La meta di ogni vita è la morte, in quanto l'inanimato era prima del vivente. La concezione di un male antropolitico fondamentale nell'uomo trasferita al contesto penale significa esculpazione: se ogni uomo è maligno per natura e se è fallito soltanto il processo di acculturazione, e se in conseguenza di ciò, quest'uomo, a livelli (per lui) elevatissimi di stress, risponde con un "fatto" criminale, allora quest'uomo non è responsabile penalmente. Freud, però, ritiene che ogni uomo sia responsabile del suo inconscio e responsabile anche del male insito nell'Es. «E chi, se non il sognatore stesso, è responsabile dei suoi sogni?»121. In alcuni casi alla base di azioni criminose vi è un deficit narcisistico in chi le compie. In una concreta situazione conflittuale è possibile che emergano dall'inconscio i desideri provenienti dall'Es, e l'Io non è quindi più in grado di distinguere gli aspetti reali da
119
S. FREUD, Totem e tabù, Editore Boringhieri, Torino, 1976, p. 39.
120
Ibidem.
121
M. R. DE ROSA, Criminologia psicoanalitica, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO
WEB: http://www.studipsico.it/Approfondimenti/criminologia.htm (ULTIMO ACCESSO 2 GIUGNO 2011).
70
quelli fantasmatici. Il soggetto, che nella primissima infanzia non ha introiettato un modello relazionale corretto, corre un altissimo rischio di non essere poi in grado di mettere in atto meccanismi di difesa secondari, evoluti, facendo al contrario un uso massiccio di quelli primari, quali scissione e proiezione. Questa utilizzazione di meccanismi di difesa arcaici è comune anche ad altre personalità potenzialmente delinquenziali: ad esempio il borderline, che si distingue dalla personalità antisociale per la presenza di una forte componente di angoscia, un marcato senso di vuoto e una serie di sintomi nevrotici; diversamente dall’antisociale, nel borderline si avverte la presenza di un Io, sia pure estremamente debole. Il reato in questi casi ricopre il deficit narcisistico: tramite l'azione il soggetto viene salvato da paure di solitudine e di distruzione. Nella criminologia classica l'autore rimane in ogni caso responsabile del suo reato. La responsabilità nella criminologia di orientamento psicoanalitico viene analizzata diversamente e trattata terapeuticamente mettendo al centro della cura lo sviluppo dell'Io. Le varie forme terapeutiche permettono il recupero del principio di realtà attraverso il rinvio del soddisfacimento delle pulsioni provenienti dall'Es, che trovando così la sua giusta collocazione permette la formazione del pensiero reale e non più magico. Questo processo apre la strada al complesso edipico avviando il soggetto verso il superamento del narcisismo primario e la conseguente formazione del Super-Io. Quindi viene tentata una riconciliazione fra i due aspetti scissi della personalità, reo e vittima: spesso infatti i colpevoli, durante l'infanzia, sono stati le vittime di altri e sono diventati criminali a causa delle loro strutture psichiche che non hanno potuto seguire le normali fasi evolutive dello sviluppo psico-biologico122.
122
G. TROMBI, La criminalità e la devianza giovanile nelle teorie bio-antropologiche e psico-
dinamiche, in A. BALLONI, G. PELLICCIARI, L. SACCHETTI, Devianza e giustizia minorile, Franco Angeli, Milano, 1979, pp. 36-37.
71
4.2.1 - Franz Alexander e Hermann Staub: criminalità cronica e accidentale Agli inizi del ventesimo secolo è sorta una vasta scienza criminologica di carattere psicoanalitico, per comprendere le dinamiche psicologiche del singolo criminale. Si iniziò ad esaminare non soltanto il "fatto", ma il fatto come risultato, o quanto meno come espressione della personalità del criminale. Gli psicoanalisti iniziarono a collaborare con i giuristi e pubblicarono sulle riviste specialistiche i risultati dei loro lavori. Negli anni 1930-1931 il giurista H. Staub123 e lo psicoanalista F. Alexander124 fondarono un circolo ispirato a questa nuova scienza. La teoria criminale psicoanalitica riusciva così ad introdursi sia nel momento di verifica penale dell'udienza sia nell'ambito terapeutico durante l'esecuzione della pena. La conclusione di psicanalisti come W. Stekel125, H. Staub e F. Alexander è che l'uomo è "universalmente criminale", un "maligno congenito". L'educazione, nel senso del "principio di realtà", è un adattamento sociale, ma l'uomo rimane comunque un "delinquente potenziale", in quanto ha in comune con il "delinquente vero" l'indole a tendenze – aggressive criminali – d'impulsività. Il male viene rimosso nell'"inconscio", ma esso avanza continuamente verso le porte del "conscio", presentandosi sotto forma di desideri criminali consci ed inconsci, di fantasie diurne o di creazioni poetiche. In situazioni particolari (disinibizioni psichiatriche, panico) questa dinamica negativa fa saltare la resistenza e si manifesta in azioni reali 123
H. STAUB (Nikolai, Alta Slesia, 1886 – New York City, 1942) si avvicina alla psicoanalisi negli
anni del dopoguerra concentrando i suoi studi sulla "dinamica della personalità"; in F. ALEXANDER, Hugo Staub – 1886 – 1942, in "Rivista di psicoanalisi", RIVISTA DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.pep-web.org/document.php?id=paq.012.0100a
(ULTIMO
ACCESSO
17
OTTOBRE 2011). 124
F. ALEXANDER (Budapest, 1891 – Los Angeles, 1964) è insegnante universitario di psicoanalisi
e psichiatra; in Franz Alexander: un anarchico conservatore, SCHEDA DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.centrostudipsicologiaeletteratura.org/alexande.html (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 125
W. STEKEL, (Polonia, 1868 – Londra, 1940) è medico e psicologo; in WIKIPEDIA, Wilhelm
Stekel,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
http://en.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Stekel (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011).
72
WEB:
concretizzandosi nell'atto delinquenziale: l'autore è paragonabile allo "psicopatico insensibile"126.
4.2.2 - Pierre Mailloux e la "psicologia della pecora nera" L'importanza attribuita da P. Mailloux127 al sé nell’ambito della cosiddetta "psicologia della pecora nera" si basa sull'origine delle condotte delinquenziali di un ragazzo legate all'immagine negativa che i genitori hanno di lui. Fin dalla più tenera età, il giovane è considerato un poco di buono, e ciò fa sì che lui si identifichi con quell'immagine, la quale ha un peso determinante nell'evoluzione da "pecora nera" a "criminale professionale". Anche la società può talvolta condurre ad un’immagine di sé svalorizzata, identità negativa128. Altra ipotesi è quella di Adelaide M. Johnson e S. A. Szurek, i quali avanzano l'ipotesi che i genitori approvino l'antisocialità del figlio perché soddisfa i loro analoghi desideri inconsci contro la morale tradizionale. A. M. Johnson in Juvenile Delinquency si occupa delle lacune del super-io e fa notare come in certi casi la devianza giovanile sia da attribuire ad una sorta di tentativo di soddisfazione vicariante da parte dei genitori: i genitori incoraggiano una particolare condotta antisociale e in questo modo ne ottengono indirettamente soddisfazione. Questo processo si realizza in tre momenti129: − il genitore sceglie un figlio in particolare; − il genitore sceglie il tipo di condotta da incentivare;
126
G. TROMBI, La criminalità e la devianza giovanile nelle teorie bio-antropologiche e psico-
dinamiche, in A. BALLONI, G. PELLICCIARI, L. SACCHETTI, op. cit., pp. 47-48. 127
P. MAILLOUX (Saguenay-Lac-Saint-Jean, 1949) è uno psichiatra specializzato nel trattamento di
schizofrenia grave, esperto di medicina legale e commentatore dei media (radio, televisione) in Quebec; in WIKIPEDIA, Pierre Mailloux, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://fr.wikipedia.org/wiki/Pierre_Mailloux (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 128
R. LANCIA, Il concetto del delinquente per senso di colpa. L'apporto della psicoanalisi, in
"Rivista di psicodinamica criminale", anno II – n° 1, marzo 2009, pp. 14-15. 129
Ivi p. 15.
73
− il genitore sceglie le tecniche attraverso cui quella condotta può essere enfatizzata.
IL MODELLO SOCIOLOGICO
4.3 - L'importanza dell'ambiente in relazione alla criminalità minorile
Nella delinquenza minorile l'azione ambientale è in genere più determinante che nella criminalità adulta, a causa dell'estrema sensibilità e suggestionabilità del minore. Anche ammettendo l'esistenza di predisposizioni costituzionali o ereditarie, è chiaro che se il soggetto predisposto compie il suo sviluppo in un ambiente dotato di qualità negative, la spinta definitiva al suo comportamento criminoso finisce con l'essere appunto di natura ambientale130. Secondo I. Baviera, ambiente e società vengono praticamente a coincidere: «nell'accezione più vasta, società è ogni raggruppamento di persone. Simile raggruppamento, che si qualifica ambiente, ha entità la più varia, perché ogni riunione più elementare si associa con le altre, dando luogo a raggruppamenti più vasti sino a comprendere intere partizioni del genere umano… pertanto costituiscono ambiente sociale la famiglia, i compagni di scuola, di lavoro, di divertimento; si qualifica ambiente sociale ogni mezzo di diffusione del pensiero (stampa, radio, cinema) quale manifestazione dei rispettivi autori.»131
4.3.1 - Il funzionalismo nelle concezioni di E. Durkheim e R. K. Merton La teoria dell'anomia, elaborata da Emile Durkheim132 e Robert King Merton133 e sviluppata in seguito dallo stesso Merton, si oppone alle concezioni che considerano il
130
A. FRANCHINI, F. INTRONA, Delinquenza minorile, cedam, Padova, 1972, p. 37.
131
I. BAVIERA, Diritto minorile, vol. I-II, Giuffrè, Milano, 1976, p. 133.
132
E. DURKHEIM (Epinal, 1858 – Parigi,1917) è sociologo, antropologo e storico delle religioni
francese, in WIKIPEDIA, Emile Durkheim, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://en.wikipedia.org/wiki/%C3%89mile_Durkheim (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011).
74
reato come una realtà patologica e abnorme e rifiuta le spiegazioni della delinquenza come fatto individuale. E. Durkheim ha introdotto la teoria del reato come "fatto sociale", intendendo con ciò che la delinquenza non è fenomeno patologico o abnorme, ma è connaturata ad un particolare tipo di società in un determinato momento storico, ed è tale da poter essere in qualche modo considerata funzionale al miglioramento e allo sviluppo di questa società. Per spiegare l'incidenza e la diffusione della devianza E. Durkheim si rifà al concetto di anomia, per il quale in presenza di determinate condizioni sociali le norme vengono a decadere o ad essere scarsamente considerate dagli individui. La povertà o la rapida prosperità porterebbe ad una situazione di squilibrio tra le aspirazioni e le possibilità di trovare per esse una realizzazione. Da ciò appunto la tensione e la svalutazione delle norme sociali che regolano il comportamento umano, e il suicidio come espressione di anomia134. Anche Merton attribuisce un'importanza fondamentale all'elemento del successo economico della società americana, alla quale si riferisce la sua analisi. La cultura americana afferma che tutti possono riuscire a realizzarsi con la propria forza, ma in realtà la struttura sociale favorisce le sperequazioni e solo pochi possono raggiungere il successo. L'anomia per Merton non è dunque relativa solo a periodi di depressione o di improvviso benessere economico, ma è una caratteristica stabile e costante del sistema americano.
4.3.2 - La teoria ecologica della scuola di Chicago
Nel periodo tra le due guerre mondiali si è sviluppata soprattutto negli Stati Uniti d'America la "teoria ecologica" della delinquenza, che, seguendo un approccio tipicamente deterministico, ha attribuito notevole importanza causale ad alcune
133
R. K. MERTON (Philadelphia, 1905 – New York, 2003) è un sociologo della corrente
funzionalista, in WIKIPEDIA, Robert K. Merton, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_K._Merton (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 134
T. BANDINI, U. GATTI, Delinquenza giovanile. Analisi di un processo di stigmatizzazione e di
esclusione, Giuffrè, Milano, 1987, p. 106.
75
caratteristiche dell'ambiente umano. Tali caratteristiche sono rappresentate soprattutto dall’elemento etnico-razziale e dalle aree in cui la popolazione vive135. Dapprima Clifford Shaw136 e successivamente la scuola di Chicago hanno appunto elaborato la teoria delle "aree criminali"137. Le aree criminali consistono per lo più in quartieri ove si concentra un'alta percentuale di persone bisognose di sovvenzioni assistenziali, dove la popolazione vive in abitazioni inadeguate, le condizioni igieniche sono scadenti, vi è insufficienza di servizi e risiedono le minoranze etniche, razziali, o regionali più povere e, in genere, i gruppi più squalificati. Le condizioni socio-economiche particolarmente disagiate sono una regola degli abitanti di questi quartieri, che appartengono al sottoproletariato più depresso, e che accettano, a causa della loro situazione economica, le condizioni più squalificate offerte dal centro urbano. Il rischio di divenire criminale è qui particolarmente elevato. Le aree criminali favorirebbero
l'apprendimento
della
condotta
delinquenziale
col
meccanismo
dell'imitazione: è anche per questo motivo che, nonostante il continuo ricambio degli abitanti, il tasso di criminalità in queste aree rimane sempre elevato138.
4.3.3 - La teoria dei Sutherland sulle associazioni differenziali «La teoria delle associazioni differenziali elaborata dai coniugi Sutherland139 sostiene che la delinquenza è il risultato di un apprendimento differenziale analogo all'apprendimento del comportamento accettato»140. Tuttavia il comportamento 135
Ivi, p. n. 57.
136
C. SHAW, psicologo.
137
E. USELI, Istituti, principi, caratteri di diritto penale minorile, Istituto Giuridico – Università di
Sassari, Sassari, 1991, p. 16. 138
Ibidem.
139
E. H. SUTHERLAND (Gibbon, 1813 – Bloomington, 1950) è stato un sociologo della scuola di
pensiero dell'interazionismo simbolico. Oggi è considerato uno dei criminologi più influenti del XX secolo, in WIKIPEDIA, Edwin Sutherland, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://en.wikipedia.org/wiki/Edwin_Sutherland (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 140
T. BANDINI, U. GATTI, op cit., p. 57.
76
delinquenziale viene appreso non per semplice imitazione, ma bensì mediante associazioni interpersonali con altri individui che sono già criminali. L'apprendiamo della condotta criminosa è in relazione, pertanto, con il tipo di persone con le quali si viene in contatto e con il genere della loro cultura, mediante un processo di comunicazione analogo - ma di segno opposto - a quello tramite il quale si apprende il rispetto delle leggi.
4.3.4 - Le teorie sottoculturali (e Albert Cohen)
Nella prospettiva sottoculturale si collocano alcune teorie sociologiche che tendono a spiegare la delinquenza come effetto dell'inserimento in gruppi sociali in cui esistono sistemi di valori separati e diversi rispetto a quelli della cultura "comune". Le teorie sottoculturali considerano la delinquenza non più come un problema individuale, ma come l'espressione collettiva dei problemi di una determinata società. Nell'ambito di questo approccio deve esser ricordata la teoria di Albert Cohen141, il quale, analizzando la realtà americana, parte dalla constatazione che la delinquenza giovanile è diffusa soprattutto nella classe sociale inferiore e che molti atti delinquenziali sono caratterizzati da negativismo, spirito di opposizione, distruttività142. La sottocultura delinquenziale sorge per il conflitto con la cultura della classe media (che rappresenta i valori dominanti), perché a molti individui della classe "inferiore", per le loro sfavorevoli condizioni economiche e sociali, non è concesso conseguire le mete o i valori simbolici che vengono proposti come fondamentali obiettivi culturali: il mito del successo, la larga disponibilità di beni di consumo, la scalata sociale. L'analisi di Cohen si basa altresì sull'osservazione che il grado di socializzazione dei giovani del ceto medio è molto elevato perché più efficace è nella loro classe il metodo di educazione ed i modelli che vengono proposti per ottenere il successo ad essere accettati dalla società sono raggiungibili in quanto maggiore, per loro, è il grado di integrazione con la società stessa.
141
A. COHEN (Corfù, 1895 – Ginevra, 1981) è uno scrittore svizzero, funzionario dell'organizzazione
delle Nazioni Unite. 142
T. BANDINI, U. GATTI, op cit., p. 117.
77
I giovani nelle aree sottoculturali ricorrono al meccanismo della "formazione reattiva"143, per cui non solo rifiutano il sistema dominante dei valori, ma cercano di rovesciarlo.
4.3.5 - La teoria multifattoriale dei coniugi Glueck
Le teorie multifattoriali hanno rappresentato una vera e propria risposta sociologica ai limiti dell'analisi circoscritta all'ambiente familiare e all'influenza delle figure parentali sul giovane delinquente In realtà sono molteplici i fattori interni ed esterni all'individuo che lo possono condurre al comportamento delinquenziale144. La teoria multifattoriale si propone di identificare i fattori familiari situazionali e quelli individuali, che sono più frequenti nei giovani criminali; questi fattori sono stati rilevati confrontando gruppi di minorenni, criminali e non criminali, analoghi per caratteristiche economiche, sociali e di residenza ed esposti pertanto ad eguali sollecitazioni da parte dell'ambiente sociale. Fondamentale è l'inadeguatezza dell'ambiente familiare, che costituirebbe pertanto, anche senza tener conto delle caratteristiche personali, condizione di tale rilevanza da comportare di per sé sola un elevato rischio di futura criminalizzazione. Dall'analisi svolta alla fine degli anni Sessanta dai coniugi Glueck su un gruppo di cinquecento delinquenti minorenni confrontato con cinquecento minori non delinquenti è risultato che: a) dal punto di vista fisico i delinquenti sono prevalentemente mesomorfi; b) dal punto di vista del carattere sono aggressivi, attivi, estroversi, eccitabili; c) dal punto di vista dell'atteggiamento sono ostili, diffidenti, testardi, anticonformisti; d) dal punto di vista intellettuale sono concreti e pratici; e) dal punto di vista socio-culturale provengono da ambienti familiari 143
P. FACCIOLI, La devianza giovanile nelle teorie sociologiche, in A. BALLONI, G.
PELLICCIARI, L. SACCHETTI, op. cit., p. 75. 144
T. BANDINI, U. GATTI, op cit., 101.
78
difficili, instabili, problematici.
4.3.6 - Un'altra teoria sociologica: l'interazionismo di E. Lemert e H. S. Becker L'interazionismo sposta l'interesse dagli individui che commettono i reati al corpo sociale e alle istituzioni che definiscono e sanciscono la delinquenza. Più che il comportamento deviante in sé è importante l'interazione tra l'individuo che mette in atto questo comportamento e i membri della società che vengono a conoscenza di questo comportamento, ed in particolar modo gli organi del controllo sociale. Secondo l'approccio interazionista il comportamento che viola le norme è estremamente diffuso in tutti i gruppi sociali, ma soltanto una piccola quota di questi comportamenti viene definita, etichettata e punita nell'ambito di un processo di interazioni sociali. L'interesse principale dell'interazionismo è lo studio del processo di attribuzione di definizioni negative, e cioè l'azione di etichettamento o "labelling", e dei meccanismi di rifiuto sociale che conseguono all'etichettamento, i processi di stigmatizzazione e di esclusione.145 Ciò che è determinante è dunque la reazione sociale. L'interazionismo ha quindi avuto il merito di demistificare una serie di convinzioni, fortemente radicate anche negli ambienti scientifici, e di dimostrare la natura complessa e relativa del fenomeno delinquenziale. Ha inoltre costituito un notevole progresso nella comprensione della criminalità giovanile, in quanto ha avuto il merito di mettere in luce l’azione di rinforzo e di amplificazione della delinquenza da parte delle istituzioni preposte alla prevenzione, al trattamento e al controllo della devianza, opponendosi alla tradizionale concezione che considerava queste istituzioni capaci di limitare e di frenare la delinquenza146.
145
P. FACCIOLI, la devianza giovanile nelle teorie sociologiche, in A. BALLONI, G.
PELLICCIARI, L. SACCHETTI, op. cit., p. 81. 146
G. CANEPA, M. I. MARUGO, Criminologia e politica sociale: prospettive nel campo della
delinquenza colposa e della devianza minorile, cedam, Padova, 1987, p. 101.
79
La concezione di Edwin Lemert147 e Howard Saul Becker148 pecca però per un eccesso di determinismo: l'individuo sarebbe prigioniero di una serie di reazioni e di controreazioni che condizionano il suo comportamento in modo meccanico e che non gli permettono di esprimere alcuna intenzionalità.
4.3.7 - Il naturalismo nell'accezione di David Matza
Una risposta all'eccessivo determinismo caratterizzante l'approccio interazionista è data dal "naturalismo", una corrente di pensiero che è partita dall'esame delle istituzioni preposte al controllo dei giovani devianti149. La prospettiva naturalistica ricerca una compenetrazione con il fenomeno studiato, esige una conoscenza precisa, dettagliata, veritiera di tutte le condizioni. Nell'accezione di David Matza150 essa aspira a mantenersi fedele alla natura del fenomeno che viene studiato e analizzato151. Il naturalismo rifiuta le rigide teorizzazioni e considera il delinquente non più come oggetto passivo ma come soggetto consapevole che mira a precisi obiettivi ed è in grado di interpretare la realtà e di modificarla. Questa corrente criminologica si oppone ad una prospettiva correzionale, destinata ad influire negativamente sulla comprensione del fenomeno. Il naturalismo rifiuta la concezione che considera la devianza come una forma di patologia: la realtà è fatta di
147
E. LEMERT (Ohio, 1912 – 1996) è sociologo, pioniere nella teoria «dell'etichettatura della
devianza sociale», in Edwin Lemert biografia, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.scienzepostmoderne.org/DiversiAutori/Lemert/BioLemert.html (ULTIMO ACESSO 17 OTTOBRE 2011). 148
H. S. BECKER (Chicago 1928, - Pessin, 2005)
ARTICOLO
DISPONIBILE
sociologo, in WIKIPEDIA, H. S. Becker, ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://en.wikipedia.org/wiki/Howard_S._Becker (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 149
A. FRANCHINI, F. INTRONA, op cit., p. 102.
150
D. MATZA (New York, 1930) è sociologo, criminologo, attualmente professore all'Università
della California, in WIKIPEDIA, David Matza, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/David_Matza (ULTIMO ACCESSO 17 OTTOBRE 2011). 151
T. BANDINI, U. GATTI, op cit., p.156.
80
differenziazioni che spesso si intrecciano tra loro sino a rendere difficile la distinzione tra devianza e conformità152. Utilizzando la prospettiva naturalistica, Matza affronta il problema del divenire devianti, evidenziando i tre momenti principali del processo: l'affinità, l'affiliazione e la significazione153. Per affinità, egli intende la forza di attrazione che un dato comportamento può avere su di un soggetto, e sulla quale influiscono sia le circostanze, sia la volontà del soggetto stesso, la sua capacità di valutare, modificare e trascendere le circostanze. Nel caso in cui il soggetto scelga di sperimentare il comportamento deviante, gli si aprono le porte per l'affiliazione: egli può decidere se persistere nel comportamento, convertendosi ad esso, o recedere. Anche in questo secondo momento hanno rilevanza sia le circostanze, sia la volontà soggettiva. Il soggetto affiliato o convertito alla devianza si trova ora a sperimentare gli effetti dalla significazione, cioè il suo etichettamento pubblico come deviante da parte delle agenzie di controllo sociale. La significazione della devianza sta diventando una funzione specializzata e protetta dello stato moderno; questa funzione dello stato consiste principalmente nel decretare secondo le leggi quali siano le attività e le persone da definire devianti, rendendole degne di sorveglianza e di controllo154.
4.3.8 La criminologia critica, prodotto dell'ideologia marxista La criminologia critica si è sviluppata nell'ambito dell'ideologia marxista intorno alla fine degli anni Sessanta. A questa corrente devono ricondursi la criminologia inglese, la criminologia radicale americana e la sociologia critica della devianza e del controllo sociale che si diffuse negli Stati dell'Europa centrale e in Italia155. Tutte queste teorie sono in varia misura accomunate dalla concezione della devianza come reazione alla società capitalista e al suo sistema prodotta dalla generale sfiducia nei confronti del controllo sociale e della rieducazione tramite il carcere, strumento di 152 153
G. CANEPA, M. I. MARUGO, op cit., p. 195. P. FACCIOLI, la devianza giovanile nelle teorie sociologiche, in A. BALLONI, G.
PELLICCIARI, L. SACCHETTI, op. cit., pp. 87-88. 154
D. MATZA, Come si diventa devianti, Il Mulino, Bologna, 1976, p. 229.
155
G. CANEPA, M. I. MARUGO, op cit., p. 103.
81
repressione e di emarginazione delle classi piĂš deboli, in cui la criminalitĂ nasce come risposta alla ghettizzazione, alla povertĂ e al disagio sociale.
82
CAPITOLO QUINTO
Delinquenza giovanile a Sassari
5.1 - La metodologia di indagine e le fonti dei dati
Questo capitolo vuole fornire un quadro generale sull'andamento della delinquenza minorile nella città di Sassari, attraverso uno studio dei reati commessi dai minori nel 2006-2007, nel tentativo di evidenziare le caratteristiche principali del fenomeno oggetto di analisi, le tendenze emergenti e i processi rieducativi che vengono adottati. Per condurre la mia indagine sono stata al Tribunale dei Minori di Sassari, sito in località Piandanna – St. provinciale Sassari/Ittiri dove, per mezzo di un mandato rilasciatomi dal mio relatore, Prof. Gianfranco Nuvoli, ho potuto accedere ai registri: G.U.P.156, G.I.P.157 e DIB158. grazie all'autorizzazione concessa dal dr. Gavino Casu, presidente del Tribunale dei minori di Sassari. La ricerca è stata condotta attraverso una fase preliminare di individuazione delle fonti dei dati attraverso: •
lo studio dei diversi atteggiamenti adolescenziali;
•
la normativa vigente nei casi di delinquenza minorile;
•
la ricerca diretta presso le istituzioni.
Individuate le fonti, l'articolazione del lavoro ha previsto: –
la raccolta dei dati presso il Tribunale dei Minori a Sassari;
–
la lettura e la rielaborazione dei dati raccolti.
156
Giudice dell'Udienza Preliminare.
157
Giudice delle Indagini Preliminari.
158
Dibattimento.
83
Sono stati presi in esame i casi relativi agli anni 2006-2007, iscritti nel registro G.U.P. 2007-2008; non è stato possibile esaminare i dati dell'ultimo quadriennio in quanto molti di essi risultano ancora in fase di definizione. Per quanto riguarda i reati minorili le fonti di rilevazione (G.U.P., G.I.P., DIB.) sono registri generali – affari penali – annuali della procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Sassari. Essi riportano i reati minorili denunciati in diverse province sarde, ed ovviamente, ai fini dell'indagine, ho rilevato unicamente quelli commessi a Sassari. Per la mia ricerca ho utilizzato prevalentemente il registro G.U.P., ho dovuto consultare il registro G.I.P. per un unico caso e il registro DIB. per 25 casi. I registri G.U.P. (registri generali del Giudice per le Indagini Preliminari) contengono: •
la data di iscrizione del reato;
•
le generalità della persona sottoposta all'indagine;
•
l'imputazione;
•
la data e il contenuto del provvedimento del giudice.
Attraverso l'accesso a questi registri, attenendomi alla legge sulla privacy, ho potuto rilevare sette variabili dei casi: 1. il sesso; 2. l'età; 3. la nazionalità; 4. la residenza; 5. il reato commesso; 6. la data di inizio e fine processo; 7. la pena. Per studiare l'entità del fenomeno nella città di Sassari i dati verranno confrontati con quelli delle statistiche nazionali sulla criminalità minorile in Italia, elaborate dall'ISTAT159 – sistema informativo territoriale sulla giustizia - Dipartimento Giustizia Minorile (elaborazione del 26 Giugno 2010). In particolare in questo capitolo cercherò di capire:
159
–
chi è il minore che compie il reato a Sassari;
–
che tipo di reato commette;
Istituto Nazionale di Statistica.
84
–
il provvedimento del giudice.
È chiaro che il tipo di rilevazione effettuata può rendere un'immagine solo apparente della criminalità minorile a Sassari nel 2006-2007, essendo individuabile solo quella delinquenza che viene segnalata dalle agenzie proposte al controllo sociale (polizia, carabinieri, etc.). Ciò che rimane sconosciuto è il numero oscuro dei reati minorili, quelli per cui non è mai stata sporta una denuncia formale e che probabilmente rappresentano una quota elevata, anche in considerazione del fatto che nei confronti del minore che commette reati di lieve entità prevalgono, rispetto all'adulto, sentimenti di maggior compassione. I risultati della ricerca possono risentire dunque delle limitazioni proprie dell'attività delle agenzie di controllo (controllo non uniforme, possibile propensione a "chiudere un occhio", dimenticanze, errori, etc.), ma sono tuttavia indicativi nel delineare la figura del minore che compie il reato, la tipologia del reato e i provvedimenti del giudice nei confronti del minore imputato.
5.2 - Analisi dei dati
5.2.1 - Chi è il minore che compie il reato a Sassari Come risulta dalla Tab. 1, nel 2006 sono stati rilevati 51 iscrizioni pubblicate nei registri G.U.P. 2007-2008 e riguardanti nel 84,3% dei casi di maschi e per il restante 15,7 % da femmine, discostandosi solo leggermente dal livello nazionale (84% maschi, 16% femmine); nel 2007 (dati del registro G.U.P. 2007-2008) assistiamo ad un aumento dei minori che commettono reato – 61 contro i 51 dell'anno precedente – con un leggero aumento dei reati commessi dalle femmine.
85
Tab. 1 - Minorenni denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni in Italia e a Sassari negli anni (2006-2007), secondo il sesso
ITALIA Anni 2006 2007
Maschi 33.308 31.918
% 84 84
Femmine 6.318 6.281
% 16 16
Totale 39.626 38.193
Maschi 43 51
% 84 84
Femmine 8 10
% 16 16
Totale 51 61
SASSARI Anni 2006 2007
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
Dai dati rilevati del registro G.U.P. la fascia di età coinvolta nei casi di delinquenza minorile và dai 13 ai 17 anni; mentre nelle statistiche nazionali i reati compiuti dai minori di 14 anni riguardano il 16-17% dei casi, vediamo che a Sassari, negli anni oggetto di studio, non sono segnalati casi di minori di 14 anni; dallo studio dei dati raccolti, come illustrato nella Tab. 3, è possibile affermare che sono soprattutto i minori della fascia di età 16-17 anni a compiere reato: infatti sono registrati solo 4 casi nel 2006 (su 51) e 6 nel 2007 (su 61) di minori tra i 14-15 anni. Tab. 2 - Minorenni denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni in Italia e a Sassari, negli anni (2006-2007), secondo l'età
ITALIA Anni 2006 2007 SASSARI Anni 2006 2007
<14 anni 6.436 6.495
% 16 17
14-17 anni 33.190 31.698
% 84 83
Totale 39.626 38.193
<14 anni 0 0
% 0 0
14-17 anni 48 61
% 100 100
Totale 51 61
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minore di Sassari
86
Tab. 3 - Minorenni denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari negli anni 2006-2007, divisi per classi di età
Anno\età 2006 2007
<14 0 0
% 0 0
14-15 4 6
% 7,84 9,83
% 92,16 90,17
16-17 47 55
Totale 51 61
Fonte: elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
Per quanto riguarda la nazionalità del minore che compie reato emerge che, a livello nazionale, gli stranieri sono il 29% nel 2006 e il 27% nel 2007. A Sassari questo valore percentuale risulta nettamente inferiore rispetto alla media nazionale. Nel 2006 su 51 minori denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Sassari, solo 1 non è di nazionalità Italiana, mentre nel 2007 si registrano 3 casi di stranieri su un totale di 61 minori, ovvero il 5% dei casi. Mi sembra importante sottolineare questo dato che va contro a quanto esprime l'opinione pubblica che ritiene colpevoli gli immigrati della maggior parte dei reati che vengono commessi. Tab. 4 - Minorenni denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari negli anni 2006-2007, secondo la nazionalità
ITALIA Anni 2006 2007
Italiani 28213 27803
% 71 73
Stranieri 11413 10390
% 29 27
Totale 39626 38193
50 58
98 95
1 3
2 5
51 61
SASSARI 2006 2007
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
87
5.2.2 - Tipologie di reato
Nei capitoli precedenti sono stati esaminati i significati affettivi dei comportamenti devianti più comuni in adolescenza, e alcune tipologie di reato che scaturiscono da tali atteggiamenti. Possiamo suddividere i reati commessi dai minori in sei categorie: 1. contro la persona; 2. contro la famiglia, la moralità pubblica e il buon costume; 3. contro il patrimonio; 4. contro l'incolumità, l'economia e la fede pubblica; 5. contro lo Stato, le altre istituzioni sociali e l'ordine pubblico; 6. altri delitti (comprendono i delitti non asseribili a nessuna di queste categorie). Le tab. 5 e 5.1 confrontano il numero dei minori, divisi secondo la tipologia di reato nell'anno 2007 denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunale per i Minori di tutta Italia, con quelli denunciati presso il Tribunale dei Minori a Sassari. Le tabelle suddividono i minori per tipologia di reato e sesso. Da un primo sguardo è possibile osservare come a Sassari, nel 2007, non risultano, a carico del minore, delitti come: omicidi, infanticidi, violenze sessuali, sfruttamento, pornografia, prostituzione minorile e reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, il sentimento religioso. La Tab. 6 si rileva che in Italia il maggiore numero di reati riguarda quelli contro il patrimonio (53,49%) mentre a Sassari questo reato vede coinvolti il 30,92% dei minori, distaccandosi notevolmente dalla media nazionale e differenziandosi nella tipologia di reato commesso; infatti come deducibile i reati più comuni nel sassarese sono quelli commessi contro la persona, il 57,73%. Per quanto riguarda le altre categorie di reato a Sassari le più diffuse sono: contro il patrimonio (30,92%), contro l'incolumità, l'economia e la fede pubblica (7,21%), contro lo Stato, le altre istituzioni sociali e l'ordine pubblico (2,06%). Si può notare come il numero di femmine che compie reato (12,37% Sassari, 16,44% Italia) è di molto inferiore rispetto a quello dei maschi e a differenza di questi ultimi, i reati commessi si concentrano principalmente in due categorie: contro la persona e contro il patrimonio: nel primo caso (contro la persona) le ragazze seguono i ragazzi
88
(67% vs 56%) e mostrano una frequenza percentuale che è tripla di quella a livello nazionale. Tab. 5 - Minorenni denunciati alle Procure della repubblica presso i Tribunali per i minorenni, in Italia e a Sassari, secondo la tipologia di reato. Anno 2007
ITALIA DELITTI Contro la persona Omicidio volontario consumato Omicidio volontario tentato Infanticidio Omicidio preterintenzionale Omicidio colposo Percosse Lesione personale Rissa Violenza privata, minaccia Violenze sessuali Atti sessuali con minorenne Corruzione di minorenne Sfruttamento pornografia e prostituzione minorile Ingiurie e diffamazioni Totale Contro la famiglia, la moralità pubblica e il buon costume Contro il patrimonio Furto Rapina Estorsione Danni a cose, animali e terreni Ricettazione Altri contro il patrimonio Totale
SASSARI
Maschi
Femmine
Totale 2007
Maschi
Femmine
Totale 2007
31
2
33
0
0
0
63 2
4 0
67 2
0 0
0 0
0 0
1 58 365 4.159 629 1.075 674
0 8 74 745 51 187 8
1 66 439 4.904 680 1.262 682
0 0 10 24 0 13 0
0 0 1 6 0 1 0
0 0 11 30 0 14 0
91 3
3 0
94 3
0 0
0 0
0 0
143 1.205 8.499
16 399 1.497
159 1.604 9.996
0 1 48
0 0 8
0 1 56
146
38
184
0
0
0
8.804 1.641 363
3.035 187 26
11.839 1.828 389
13 0 0
3 0 0
16 0 0
2.761 2.632 270 16.47 1
364 278 71
3.125 2.910 341
8 3 2
1 0 0
9 3 2
3.961
20.432
26
4
30
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
89
Tab. 5.1 - Minorenni denunciati alle Procure della repubblica presso i Tribunali per i minorenni, in Italia e a Sassari, secondo la tipologia di reato. Anno 2007
ITALIA
SASSARI
Maschi
Femmine
Totale 2007
Contro l'economia pubblica
0
1
1
1
0
1
Violazione legge stupefacenti Altri contro l'incolumità pubblica
3.469
197
3.666
5
0
5
308
21
329
0
0
0
Falsità in monete
54
14
68
0
0
0
Falsità in sigilli
31
3
34
0
0
0
Falsità in atti e persone
634
171
805
1
0
1
4.496
407
4.903
7
0
7
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
DELITTI
Totale
Contro lo Stato, le altre istituzioni sociali e l'ordine pubblico Contro la personalità dello 25 2 27 Stato Contro la pubblica 1.050 120 1.170 amministrazione Contro l'amministrazione 326 197 523 della giustizia Contro il sentimento 26 1 27 religioso Contro l'ordine pubblico Totale Altri delitti Totale
Maschi
Femmine
Totale 2007
79
4
83
2
0
0
1.506
324
1.830
2
0
2
794
54
848
2
0
2
31.912
6.281
38.193
85
12
97
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
90
Tab. 6 - Percentuali minorenni denunciati alle Procure della repubblica presso i Tribunali per i minorenni, in Italia e a Sassari, secondo la tipologia di reato. Anno 2007
ITALIA DELITTI
maschi %
SASSARI
femmine % totale % maschi %
femmine %
totale %
contro la persona Contro la famiglia, la moralità pubblica e il buon costume
26,63
23,83
26,17
56,47
66,66
57,73
0,45
0
0
0
0
0
Contro il patrimonio Contro l'incolumità, l'economia e la fede pubblica Contro lo Stato, le altre istituzioni sociali e l'ordine pubblico
51,61
63,06
53,49
30,58
33,33
30,92
14,08
6,48
12,83
8,23
0
7,21
4,71
5,15
4,79
2,35
0
2,06
Altri delitti
2,48
0,85
2,21
2,35
0
2,06
Totale
83,56
16,44
87,64
12,37
Fonte: elaborazione su dati ISTAT – sistema informativo territoriale sulla giustizia – www.istat.it e elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB,. 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
5.3 - Il processo penale minorile Il processo penale minorile è quello che si tiene innanzi al Tribunale per i minorenni, quando l'imputato di un reato ha meno di diciotto anni e più di quattordici (prima del 1930 il limite era di dieci anni); al di sotto dei quattordici anni non si è imputabili: quindi non si risponde di eventuali reati commessi e non si viene sottoposti a processo160. Il processo penale minorile è stato concepito per assolvere non tanto la funzione di consentire la punibilità del ragazzo che delinque: perché un sistema processuale penale che abbia per obiettivo unico quello di pervenire alla punibilità del ragazzo che delinque, è un sistema fallimentare; quanto per assolvere una funzione promozionale. Si vuole arrivare a capire perché il ragazzo viene attratto dal delitto ed in che modo 160
Il
processo
minorile,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://genitoricrescono.com/processo-minorile/com (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011).
91
intervenire anche durante la fase del processo, sulla sua devianza161. L'irrogazione della pena estrema (carcerazione) è lo scopo ultimo di ogni processo, alla quale si cerca in ogni modo di non arrivare. Sono previste diverse vie d'uscita dal circuito penale che consentono al ragazzo di allontanarsi sia dal processo, che dai comportamenti criminosi che lì lo hanno portato. Il processo minorile, più che un processo «contro il minore», è un processo «per il minore». Nel nostro ordinamento, per principio generale, la pena deve avere una finalità "rieducativa". In questo caso il processo stesso diventa strumento di recupero e di rieducazione del soggetto che lo subisce, prima ancora di arrivare alla pena e, nel tentativo di non arrivarci affatto162. Alla base di questo principio c'è una concezione per la quale un reato commesso da un ragazzo con meno di diciotto anni, per quanto grave possa essere, annovera tra le vittime anche colui che l'ha commesso. L'esperienza processuale è considerata già di per se traumatica da volerne sottrarre il ragazzo prima possibile, ma, nel contempo, educativa per gli strumenti che si possono attivare. Per questo si afferma che il processo minorile è basato sul principio della "minima offensività"163.
161
F. RETTURA, Il processo minorile come strumento di rieducazione, in E. LO GIUDICE (a cura
di), La delinquenza giovanile e il nuovo processo penale per i minori, Giuffrè, Milano, 1990, p.126. 162
Il
processo
minorile,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://genitoricrescono.com/processo-minorile/com (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). 163
Il principio della "minima offensività" è uno dei principi fondanti del processo penale minorile, in
quanto permette al legislatore di raggiungere lo scopo principale nel disciplinare tale processo: il recupero del minore che ha commesso un reato. Tale finalità del processo si realizza attraverso l'educazione del minore, intesa sia come capacità educativa del processo stesso, sia come capacità di non interferire con le esigenze educative del soggetto e di non interrompere i processi educativi in atto. Implicitamente si ammette, quindi, che il processo penale può risultare "offensivo" per il minore e si individua questa sua potenziale "offensività" nell'attitudine a interrompere o turbare l'evoluzione armonica della personalità del ragazzo, ancora in formazione. Occorre, pertanto, ridurre al minimo indispensabile il rischio di compromettere una corretta crescita psicologica del minore, sia limitando i suoi contatti con il sistema penale, sia rendendo meno offensivi i contatti che risultino inevitabili; in L'ALTRO DIRITTO, La giustizia minorile e il principio della minima offensività, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap1.htm#h7 OTTOBRE 2011).
92
(ULTIMO
ACCESSO
12
Nel processo ai minorenni è sempre prevista l'udienza preliminare per qualsiasi reato, anche il più lieve. Questa è una garanzia, perché significa che il Pubblico Ministero, cioè il magistrato che compie le indagini, non può inviare l'imputato direttamente al processo, ma deve passare per il giudizio di un apposito giudice (G.U.P.), che valuta il fascicolo di indagine e la consistenza degli elementi raccolti. In questo caso il G.U.P. valuta anche l'opportunità del processo. Questo giudice, che nel processo ordinario è monocratico, cioè è una persona singola, nel processo minorile è collegiale: è composto da un magistrato e da due esperti (psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, psicoterapeuti, educatori) che hanno un vero e proprio ruolo di giudizio. Il minorenne, quindi, è valutato non solo per ciò che ha commesso, ma anche per ciò che è e che potrà essere in futuro. In questa udienza, e quindi prima ancora che l'indagato diventi imputato, si può risolvere tutto il processo, sospendendolo o interrompendo in via definitiva164. Esaminiamo i principali provvedimenti che definiscono anticipatamente il giudizio e quelli che conducono alla celebrazione del dibattimento: irrilevanza del fatto, perdono giudiziale, messa alla prova.
A. Irrilevanza del fatto. Nel progetto preliminare delle disposizioni sul processo minorile era prevista una particolare richiesta di archiviazione: «quando per la tenuità del fatto e le occasionalità del comportamento, l'ulteriore corso del procedimento non risponde alle esigenze educative del minore ed a quelle di tutela della collettività». Spetta al Pubblico Ministero il potere di richiedere l'archiviazione «per infondatezza della notizia di reato»165. L'avviso della richiesta di archiviazione doveva essere notificato: all'imputato, al genitore, al tutore. Il giudice decideva in camera di consiglio e poteva archiviare con decreto motivato oppure restituire gli atti al Pubblico Ministero per l'ulteriore corso. Nel testo definitivo (approvato col D.P.R 448) questa richiesta di archiviazione si è trasformata in «richiesta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto».
164
Il
processo
minorile,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://genitoricrescono.com/processo-minorile/com (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). 165
S. GUSTAVO, L'udienza preliminare nel processo minorile, in E. LO GIUDICE (a cura di), op.
cit., p. 69.
93
È la modalità che si riferisce a quei casi in cui la «ragazzata» è andata un po’ oltre l'intenzione o la comprensione del ragazzino, il quale ha commesso un reato lieve ed occasionale166. Questo istituto, nuovo per il nostro ordinamento giuridico, appare dettato da una duplice finalità: 1. decongestionare il sistema processuale penale minorile per garantire la concentrazione delle risorse sui casi più meritevoli di attenzione; 2. realizzare il principio di minima offensività del processo, che va condotto e concluso, anche a costo del carico di sofferenza che comporta, solo quando vi sia interesse a farlo. Queste finalità sono legate a due condizioni: a. una oggettiva: che il fatto sia tenue e il comportamento occasionale; b. l'altra soggettiva: che l'ulteriore corso del procedimento pregiudichi le esigenze educative del minore. La presenza di questi elementi comporta una sentenza di non luogo a procedere, che pone fine ad ogni ulteriore attività processuale perché lo Stato non ha interesse a perseguire il colpevole, né il processo può produrre una finalità educativa. Il processo finisce lì: si ritiene che, essere stati denunciati e poi portati davanti ad un giudice, sia una lezione sufficiente per non aver voglia di ripetere un comportamento delittuoso167.
B. Perdono giudiziale. Si tratta, secondo la Corte Costituzionale, di un istituto fondato sulla minor fiducia del legislatore nel carcere, basato sulla presunzione di efficacia della funzione ammonitrice in esso compresa168. La differenza tra il perdono giudiziale e l'irrilevanza sta nel fatto che il primo può anche essere concesso per reati non lievi, se ci sono elementi che esprimono una prognosi positiva sul comportamento futuro del ragazzo. Il perdono giudiziale viene concesso 166
Il
processo
minorile,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://genitoricrescono.com/processo-minorile/com (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). 167
F. PALOMBA, Il sistema del nuovo processo penale minorile, Giuffrè, Milano, 1989, pp. 370-371.
168
Ivi, p. 370.
94
quando il reato, anche grave (ma non gravissimo: pena non superiore a due anni), è presunto come esperienza conclusa. Infatti può essere concesso una sola volta. Viene comunque dichiarata la colpevolezza del ragazzo, ma anche la volontà di non esporlo ad una pena perché gli elementi in possesso dei giudici lasciano pensare che non accadrà di nuovo169. Anche in questo caso il processo è considerato un sufficiente elemento educativo e si cancellano tutti gli effetti della condanna penale.
C. Messa alla prova. L'articolo 28 del D.P.R. 448 del 1988 introduce un istituto del tutto nuovo per l'ordinamento giuridico italiano, la sospensione del processo con messa alla prova del minore. In base ad esso il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo per un periodo massimo di tre anni, durante il quale il minore, affidato ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali, sarà sottoposto ad una prova, consistente in un progetto di intervento di carattere educativo. Se al termine del periodo di sospensione del processo il giudice, tenendo conto del comportamento del minore e dell'evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato esito positivo, dichiara con sentenza l'estinzione del reato; altrimenti il processo riprenderà il suo normale svolgimento170. Storicamente, questo istituto detto «probation», risale al 1841, quando John Augustus, calzolaio del Massachusetts, assistendo per caso ad una udienza penale, ebbe modo di raccogliere le confidenze di un povero "disgraziato" che stava per essere giudicato per ubriachezza (situazione punita allora, con pene abbastanza severe). J. Augustus convinto che quell'uomo avrebbe potuto cambiare la propria vita se solo avesse trovato qualcuno disposto ad aiutarlo e consigliarlo, riuscì a convincere e commuovere il 169
L'ALTRO DIRITTO, La giustizia minorile e il principio della minima offensività, ARTICOLO
DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap1.htm#h7
(ULTIMO
ACCESSO
12
OTTOBRE 2011). 170
L'ALTRO DIRITTO, Modalità di definizione del processo penale minorile ispirate al principio
della
minima
offensività,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap2.htm (ULTIMO ACCESSO 14 OTTOBRE 2011).
95
giudice, tanto che questi non pronunciò la condanna e gli affidò la cura del "disgraziato", creando così un precedente, e quindi giurisprudenza per quel sistema giuridico171. Da allora, in molte legislazioni si è affermato l'orientamento di ricerche alternative alla dura legge del carcere, nella consapevolezza che la detenzione non aiuti il reo a recuperarsi socialmente (ma anzi possa essa stessa costituire motivo di conferma nella delinquenza) e rappresenti una sofferenza inflitta inutilmente172. Il probation ha una duplice finalità: I. evitare la sanzione detentiva; II. affidamento ad una persona, ufficio, istituzione che sia in grado di esercitare un'azione contemporaneamente di sostegno e vigilanza. Difatti le tre funzioni che si assegnano solitamente all'istituto del probation sono173: 1) assistere; 2) consigliare; 3) essere amico del soggetto interessato. Il probation si fonda su un'idea nuova di difesa sociale, diversa da quella tradizionale, in quanto rifiuta ogni tipo di segregazione detentiva e ogni pena intesa come sofferenza emendatrice, essendogli estraneo il principio della retribuzione morale174. In esso prevale la dimensione "pragmatica" più che quella giuridico-formale, in quanto viene attribuito un ruolo dominante alle interazioni personali che intercorrono fra l'operatore di probation e il soggetto sottoposto alla misura, fra questi e il giudice e fra l'operatore e il giudice stesso. L'operatore di probation assume il ruolo di guida del soggetto in prova, il giudice invece deve, da una parte, portare a conoscenza del soggetto il contenuto della prova, sottoponendolo al suo consenso e dall'altra, deve verificare l'esito della stessa. 171
F. PALOMBA, Nuovi strumenti processuali: sospensione del giudizio e mediazione, in E. LO
GIUDICE (a cura di), op. cit., p. 134. 172
F. PALOMBA, op. cit., p. 396.
173
F. PALOMBA, Nuovi strumenti processuali: sospensione del giudizio e mediazione, in E. LO
GIUDICE (a cura di), op. cit., p. 134. 174
G. DI GENNARO, Aspetti teorici e pratici del probation, in Ministero di grazia e giustizia,
Quaderni di criminologia clinica, Direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, Centro studi penitenziari, vol. XX, Roma, 1978, p. 3.
96
La sospensione del processo con messa alla prova si colloca sicuramente nell'area del probation in quanto è teso ad evitare una condanna attraverso la valutazione di una condotta e si fonda sull'affidamento al servizio sociale ai fini della prova. Essa rappresenta un'innovazione nel processo penale minorile italiano, in quanto tutte le ipotesi del probation, applicate anche in altri paesi, suppongono la pronuncia di una sentenza di condanna, mentre le disposizioni degli articoli 28 e 29 d.p.m.175 del D.P.R. 448 del 1988 anticipano addirittura la messa alla prova rispetto alla pronuncia sul caso176. L'art. 28 D.P.R. 448/88 può essere applicato in sede sia di udienza preliminare177 che di dibattimento178. L'applicabilità della misura non è compromessa né dall'eventuale esistenza di precedenti giudiziari e penali, né da precedenti applicazioni, né dalla tipologia di reato; la decisione del giudice si fonda sugli elementi acquisiti attraverso l'indagine di personalità prevista dall'art. 9 del D.P.R. 448/88. Molto importanti sono infatti le caratteristiche di personalità del ragazzo che inducono a 175
Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.
176
F. PALOMBA, op. cit., p. 407.
177
L'udienza preliminare diventa dal 1988 la "sede peculiare" dello svolgimento del processo
minorile, nonché la sede in cui viene definito il processo nel merito. Infatti il G.U.P. (giudice dell'udienza preliminare) può pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'articolo 425 del codice di procedura penale, o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto. Inoltre il G.U.P. può pronunciare sentenza di non luogo a procedere per non imputabilità del soggetto, sospendere il processo e mettere alla prova l'imputato, con successiva declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della prova e disporre l'applicazione di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria. Questi possibili esiti dell'udienza preliminare sono giustificati dall'esigenza di evitare il giudizio dibattimentale, per le speciali esigenze di protezione della personalità dei minori coinvolti; in L'ALTRO DIRITTO, Modalità di definizione del processo penale minorile ispirate al principio della minima
offensività,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap2.htm (ULTIMO ACCESSO 14 OTTOBRE 2011). 178
Il dibattimento riveste nel processo penale minorile, un ruolo marginale e residuale, essendo
riservato alle sole ipotesi in cui risulti necessaria una condanna a pena detentiva; in L'ALTRO DIRITTO, Modalità di definizione del processo penale minorile ispirate al principio della minima offensività,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap2.htm (ULTIMO ACCESSO 14 OTTOBRE 2011).
97
ritenere possibile il suo recupero, attraverso la mobilitazione delle sue risorse personali e di idonee risorse ambientali179. Quando si intravedono presupposti di recupero del ragazzo, a prescindere dalla gravità del reato, si interrompe il processo e gli si concede il beneficio di essere messo alla prova per un determinato periodo di tempo, spesso lungo. In questa prospettiva, il beneficio è rimesso al potere discrezionale del giudice ed è consentito solo nei casi in cui sia formulabile un giudizio prognostico positivo sulla rieducazione del minore e sulla evoluzione della sua personalità verso modelli socialmente adeguati, apparendo la condotta deviante come manifestazione di un disagio solo temporaneo del minore, superabile attraverso l'impegno di un progetto di vita socialmente integrato. La relativa valutazione và fondata: –
sul tipo di reato commesso;
–
sulle sue modalità di attuazione;
–
sui motivi a delinquere;
–
sui precedenti penali del reo;
–
sulla sua personalità;
–
su il suo carattere e ogni altro elemento utile per la formulazione dell'indicato giudizio180.
Si struttura un programma complesso di attività ed incontri con gli operatori del servizio sociale da svolgersi in quel periodo di sospensione del processo: per esempio si potrà prevedere una frequenza scolastica costante, la frequentazione di attività di volontariato, di corsi, di gruppi, di attività sportive. Oltre all'osservazione costante dell'assistente sociale che dovrà stilare delle relazioni. Alla fine del periodo, riprende il processo per decretare se la prova ha avuto successo: sulla base delle relazioni degli assistenti sociali, se il ragazzo avrà dimostrato di aver compreso la gravità dei suoi comportamenti precedenti e di aver avviato un percorso di vita costruttivo, il processo si chiuderà con una sentenza che "dichiara estinto il reato"
179
Messa
alla
prova
minorenni,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.ristretti.it/areestudio/minorile/inchieste/ricerca/prova.htmm (ULTIMO ACCESSO 14 OTTOBRE 2011). 180
G. DOSI, Messa alla prova, in "Avvocati di famiglia", massimario di diritto di famiglia, Eurolit,
Roma, 2003-2009, p. 67.
98
ed il minore imputato viene prosciolto dai fatti addebitatigli. L'esito negativo comporta invece la prosecuzione del procedimento181. Ovviamente chi è stato già messo alla prova e delinque di nuovo non potrà beneficiarne ancora, anche se, a discrezione del giudice, è possibile concedere la messa alla prova anche a chi già l'ha avuta. L'ordinanza di sospensione può anche contenere prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione con la persona offesa dal reato. La possibilità di prescrizioni relative alla riparazioneconciliazione induce il minore a prendere coscienza del significato del reato e promuove l'avvio del processo di responsabilizzazione182. Una considerazione importante da fare è che la messa alla prova è una misura penale, anche se accompagnata da elementi di sostegno educativo. Essa, in quanto sostitutiva e impeditiva di una pronuncia di merito per il caso di esito positivo, potrebbe assumere una valenza in qualche modo sanzionatoria ed afflittiva. Ne discende logicamente l'idea di un collegamento tra responsabilità sul fatto e prova positiva sostitutiva di una possibile pronuncia di condanna: in caso contrario, la prova rientrerebbe nell'ambito delle misure amministrative che possono essere applicate indipendentemente dalle garanzie del processo penale, prime fra tutte l'accertamento sul fatto e la tipicità delle conseguenze (tra le quali la durata della prova)183. L'istituto tende ad accertare se il reato sia espressione non di una scelta deviante del ragazzo, ma di un disagio temporaneo ricollegabile alla variabilità adolescenziale: e ciò attraverso la dimostrazione della sua capacità di impegnarsi positivamente su un progetto di vita. Occorre, perciò, verificare accuratamente le caratteristiche di personalità del ragazzo al momento della decisione di metterlo alla prova e al termine della stessa; e da ciò può scaturire l'opportunità di procedere per successivi gradi e rinforzi. Le caratteristiche del progetto di intervento sembrano essere le seguenti: a. consensualità. Il progetto di intervento deve essere accettato dal ragazzo;
181
Messa
alla
prova
minorenni,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.ristretti.it/areestudio/minorile/inchieste/ricerca/prova.htmm (ULTIMO ACCESSO 14 OTTOBRE 2011). 182
Il
processo
minorile,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://genitoricrescono.com/processo-minorile/com (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). 183
F. PALOMBA, op. cit., pp. 414-415.
99
b. adeguatezza. Il contenuto del progetto deve essere adatto alla personalità del minore, al tipo di reato commesso, alla entità della lesione del patto sociale, alle risorse che possono essere mobilitate e soprattutto alla capacità dell'adolescente di adeguarsi; c. praticabilità. Il progetto deve contenere l'indicazione delle risorse da utilizzare e dei processi da attivare con particolare riguardo a:
coinvolgimento della famiglia;
coinvolgimento dell'ambiente di vita;
modalità di partecipazione degli operatori sociali al progetto;
modalità riparative del danno e conciliative;
flessibilità in corso di prova.
Quest'ultima caratteristica discende da quella precedente: se taluno degli elementi diventa non più praticabile, il progetto stesso deve poter esser modificato o abbreviato in rapporto alle condizioni oggettive184. I progetti approvati per la messa alla prova del minore spesso sono realizzabili grazie all'apporto ed al contributo di associazioni private che mettono a disposizione le loro strutture, permettendo la realizzazione del progetto. Ma non solo le associazioni erogano il loro contributo, sono da annoverare anche i Comuni e le A.S.L. che contribuiscono alla realizzazione del progetto educativo e terapeutico. Questa collaborazione permette di unire la specializzazione nel settore della devianza minorile con la conoscenza delle risorse del territorio185. Volendo trarre delle conclusioni, la messa alla prova risulta essere uno strumento legislativo straordinario, che si promette di creare condizioni tali da agire sul comportamento del ragazzo "deviante", cercando di riportarlo all'interno delle regole sociali da cui si è discostato, permettendogli di costruirsi una vita normale, lasciando nel dimenticatoio la trasgressione effettuata.
184 185
Ivi, p. 415. S. VITALE, Riflessioni sulla sospensione del processo e la messa alla prova, ARTICOLO
DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://xoomer.virgilio.it/vitalesalvo25/Messa%20alla%20Prova.pdf OTTOBRE 2011).
100
(ULTIMO
ACCESSO
14
5.4.1 - Le origini del Tribunale per i minorenni
Una tutela particolare del minore sotto il profilo penale venne a delinearsi verso la metà del XIX secolo mediante la percezione, nella coscienza sociale borghese dell'epoca, delle esigenze di protezione dei minori; in questo stesso periodo vengono introdotte, soprattutto nel mondo anglosassone, numerose riforme volte ad attenuare gli effetti penali nei confronti dei minori186. Oltre all'influenza della dottrina cristiana, la maggiore attenzione al mondo dei minori venne sospinta anche dall'evoluzione delle scienze pedagogiche e sociali, in gran parte dovute al contributo di K. Marx187 e S. Freud. Il primo Tribunale per i minorenni ha una precisa collocazione geografica e storica: fu istituito a Chicago, nell'Illinois nel 1899. Accanto all'evoluzione delle norme in tema d'imputabilità del minore, si era sempre più chiaramente affermata l'esigenza di creare un organo giudiziario specializzato, che si occupasse non tanto dell'irrogazione di pena effettivamente adeguata alla responsabilità di un soggetto non ancora pienamente maturo, quanto piuttosto di iniziare un'efficace opera di recupero e nello stesso tempo di prevenzione di fenomeni delittuosi188. Si affermava così il principio che il ragazzo che avesse delinquito, spesso per la spinta di circostanze sociali e individuali sfavorevoli, non avesse la necessità di essere trattato come un criminale, bensì come un pupillo, posto sotto la protezione dello Stato, il quale doveva prodigargli quelle cure e quella educazione che gli era stata negata dai suoi genitori189. 186
Il processo penale minorile, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://www.giappichelli.it/stralcio/7524195.pdf (ULTIMO ACCESSO 10 OTTOBRE 2011). 187
K. H. MARX (Treviri, 1818 - Londra, 1883) è stato un filosofo, economista e rivoluzionario
tedesco. Il suo pensiero è incentrato, in chiave materialista, sulla critica dell'economia, della politica, della società e della cultura contemporanea. Teorico del socialismo scientifico e della concezione materialistica della storia, è considerato tra i filosofi maggiormente influenti sul piano politico e filosofico nella storia del Novecento; in WIKIPEDIA, Karl Marx, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB: http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Marx (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011). 188
E. USELI, op cit., p. 101.
189
I. BAVIERA, op. cit., p. 169.
101
Dopo l'istituzione della "Juvanil Court" di Chicago, ben presto analoghi organi giudiziari venivano istituiti a Boston, Denver, New York. Anche in Europa si seguì l'esempio americano. Nel 1904, a Birmingham, veniva creato il primo organo giudiziario minorile, e nel 1908 il "Children Act"190 rendeva obbligatoria l'esistenza di corti giovanili in Inghilterra, Scozia, Irlanda. In Francia il primo Tribunale per i minorenni veniva istituito nel 1912, in Olanda nel 1921, in Germania nel 1922. In Italia la nascita del Tribunale per i minorenni, veniva preceduto da una larga serie di dibattiti e proposte. Alla fine del secolo scorso, si era manifestata una crescente preoccupazione di fronte all'aumento di minori abbandonati e devianti, associato al fenomeno dell'emigrazione e dell'urbanesimo conseguente allo sviluppo industriale. Il contesto socio-culturale italiano era profondamente diverso da quello degli Stati Uniti, o dell'Inghilterra: non c'era un movimento di tutela dei minori attraverso il quale gli esponenti della classe media cercavano di imporre la loro moralità sulle classi inferiori. Ma vi era la preoccupazione per la socializzazione e l'educazione dei giovani in funzione del mantenimento dei valori e dell'organizzazione della famiglia conformemente allo spirito cattolico191. Solo nel 1934 viene decisa l'istituzione del Tribunale per i minorenni in Italia insieme al centro di rieducazione dei minori, organo amministrativo preposto al trattamento del minore da educare. Nell'ordinamento italiano il Tribunale per i minorenni è un giudice192 collegiale composto da due giudici togati e due onorari, generalmente esperti in psicologia o pedagogia, nominati con D.P.R.193 su proposta del Ministro della Giustizia. Il Tribunale Minorile è un organo specializzato194, nel quale si ravvisa la finalità pratica e scientifica consistente nell'adottare, anche nei procedimenti penali, come nella 190
Il Children Act, conosciuto come "carta dei bambini", è una legge approvata dal governo liberale
britannico. Grazie a questa legge è stato istituito in Inghilterra il primo tribunale per i minorenni; in Wikipedia,
Children
Act
1908,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://en.wikipedia.org/wiki/Children_Act_1908 (ULTIMO ACCESSO 10 OTTOBRE 2011). 191
192
E. USELI, op. cit., p.101. In diritto il termine "giudice" (dal latino iudex, derivato da ius, "diritto", e dicere, "dire",
"pronunziare") ha una doppia accezione, indicando sia l'organo che esercita la giurisdizione, sia la persona fisica titolare di quest'organo (ossia il funzionario). 193
Decreto del presidente della Repubblica.
102
risoluzione delle questioni amministrative e civili, criteri, esperimenti più adeguati alla particolare condizione dei ragazzi in età evolutiva. –
In campo amministrativo il Tribunale dei Minori assume misure rieducative verso
quei soggetti minorenni che manifestano situazioni di "irregolarità di condotta", cioè comportamenti di forte scontro familiare e sociale. I provvedimenti deliberati non sono di carattere sanzionatorio, ma cercano di proporre migliori relazioni e condizioni all'interno della famiglia, avvalendosi anche della collaborazione di servizi socio-assistenziali, che talvolta si rivelano fondamentali per districare i conflitti più recidivi. Il Tribunale può anche disporre provvedimenti tutelativi in situazioni particolarmente delicate, come nei casi in cui i minori siano stati coinvolti in attività di prostituzione o abbiano subito violenza sessuale195. –
In campo civile il Tribunale dei Minori ha la competenza dell'affidamento dei figli
minorenni, contesi, nati da un rapporto di convivenza (coppie non sposate). Ha inoltre la funzione di accertare e quindi di proteggere il minore in situazioni di abbandono o potenziale pregiudizio. In caso di accertamenti positivi può disporre limitazioni dell'esercizio della patria potestà di uno
o entrambi genitori, affidandolo ad altre
famiglie, istituti o altri soggetti (parenti). Ha infine competenza sulla decisione di adozioni nazionali ed internazionali, stabilendo l'idoneità delle coppie che ne fanno richiesta e provvedendo a rendere efficaci i provvedimenti di adozione esteri in Italia. Il Tribunale si pronuncia irrevocabilmente dopo un periodo di affidamento concordato in precedenza196. –
In campo penale il Tribunale i minorenni ha competenza esclusiva: giudica, infatti,
194
"Connotati caratteristici degli organi di questa natura sono infatti la cognizione di materie
determinate, funzionalmente affidate, e la partecipazione al collegio di cittadini estranei alla magistratura ordinaria, forniti di particolare competenza in ordine alle materie trattate"; in A. C. MORO, Tribunale dei minorenni, in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, p. 699. 195
Tribunale
dei
minori,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZZO
http://www.tribunaledeiminori.it/ (ULTIMO ACCESSO 15 OTTOBRE 2011). 196
Ibidem.
103
WEB:
tutti i reati commessi da un soggetto durante la minore età, anche se commessi in concorso con persone adulte197.
5.4.2 - Provvedimenti penali a Sassari negli anni 2006-2007 I casi da me esaminati nei registri G.U.P., G.I.P. e DIB. per il 2006 sono stati definiti per il 69% nell'Udienza Preliminare (rito abbreviato), il restante 31% sono stati rinviati a Dibattimento, mentre per il 2007 le percentuali sono in aumento per quanto riguarda i casi risolti al G.U.P. (77%). Da questa percentuale possiamo dedurre che nei confronti della stragrande maggioranza dei minori non si dà adito a procedimento o perché si ravvisano le condizioni di sospensione del giudizio e elaborazione di un progetto per la messa alla prova (25% nel 2006, 27,08% nel 2007), o per concessione del perdono giudiziale (25% nel 2006, 8,33% nel 2007), o per irrilevanza del fatto (22,22% nel 2006, 25% nel 2007). Tab. 7 – Provvedimenti del giudice, nella fase dell'Udienza Preliminare, nei confronti dei minori denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari. Anni 2006-2007
SASSARI Provvedimenti del giudice al G.U.P. Messa alla prova Irrilevanza del fatto Perdono giudiziale Assoluzione Remissione di querela Oblazione Multa Stralcio Reclusione Totale
2006 9 8 9 1 3 2 2 1 1 36
% 25 22,22 25 2,77 8,33 5,55 5,55 2,77 2,77
2007 13 12 4 2 11 0 4 1 1 48
% 27,08 25 8,33 4,16 22,91 0 8,33 2,08 2,08
Fonte: elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
Troviamo una minore applicazione di provvedimenti quali:
197
Tribunale minorenni, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO WEB:
http://ilcerchioweb.aslmi1.mi.it/cerchioweb/adozioni/argomenti/b-tribunali.htm (ULTIMO ACCESSO 12 OTTOBRE 2011).
104
•
remissione di querela, che registra il 23% circa dei provvedimenti nel 2007, mentre solo l'8,3% nel 2006; questo dato può essere associato al maggior numero di reati per lesioni personali registrati nel 2007 (30 nel 2007 conto i 7 del 2006) in quanto in questi reati occorre, perché l'azione penale proceda, una querela di parte (ovvero solo qualora vi sia l’espressa volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato);
•
multa, che registra il 5,55% dei provvedimenti nel 2006 e l'8,33% nel 2007;
•
l'oblazione, concessa 2 volte nel 2006, non presente nel 2007, è una causa di estinzione del reato limitata alle contravvenzioni. Originariamente l'oblazione poteva essere concessa solamente per le contravvenzioni punite con la pena dell'ammenda; si è poi prevista un ulteriore ipotesi di oblazione facoltativa (ovvero che non spetta di diritto come nel caso precedente ma è a discrezione del Giudice), riguardante le contravvenzioni punite con la pena alternativa dell'arresto e dell'ammenda. L'oblazione consiste nel pagamento di una somma di denaro pari a un terzo del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge come pena per le contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda. Il pagamento di tale somma estingue per ogni effetto di diritto il reato e non consegue alcuna iscrizione nel certificato del casellario giudiziale dell'indagato/imputato198;
•
assoluzione, stralcio e reclusione registrano appena il 3% dei casi.
Sono invece ridotte le richieste di decreto di citazione a giudizio in cui si dà vita al dibattimento penale (16 casi nel 2006 e 14 nel 2007). Esse riguardano per lo più minori che hanno avuto precedenti denunce, e ultimamente i minori nomadi verso cui il dibattimento celebrato con il rito direttissimo199 appare giustificato dalla insicurezza dei dati anagrafici e dalla loro irreperibilità qualora vengano rimessi in libertà. Confrontando le Tab. 7 e 8 possiamo vedere che in entrambi i casi (sia al G.U.P. che al 198
WIKIPEDIA,
Diritto
penale,
ARTICOLO
DISPONIBILE
ALL'INDIRIZO
WEB:
http://it.wikipedia.org/wiki/Oblazione_(diritto_penale) (ULTIMO ACESSO 18 OTTOBRE 2011). 199
Il giudizio direttissimo è condizionato dalla possibilità di compiere gli accertamenti sulla
personalità del minore, oltre quella di assicurare l’assistenza affettiva e psicologica prevista dall’art. 12, D.P.R. n. 448 del 1988, in I riti alternativi del processo minorile, ARTICOLO DISPONIBILE ALL'INDIRIZZO
WEB:
http://www.101professionisti.it/101/public/Approfondimento/248/I-riti-
alternativi-nel-processo-penale-minorile-.aspx (ULTIMO ACCESSO 18 OTTOBRE 2011).
105
DIB.) i provvedimenti di maggior rilievo sono: la messa alla prova, il perdono giudiziale e l'irrilevanza del fatto. Tab.
8 - Provvedimenti del giudice, nella fase Dibattimentale, nei confronti dei minori denunciati
alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari. Anni 2006-2007
SASSARI provvedimenti del giudice al DIB. Messa alla prova Irrilevanza del fatto Perdono giudiziale Assoluzione Remissione di querela Oblazione Multa Stralcio Reclusione Non definiti Totale
2006 4 2 3 1 2 0 2 0 1 1 16
% 25 12,5 18,75 6,25 12,5 0 12,5 0 6,25 6,25
2007 2 2 2 1 0 0 1 1 1 4 14
% 14,28 14,28 14,28 7,14 0 0 7,14 7,14 7,14 28,57
Fonte: elaborazione su dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P., DIB., 2007-2008 del Tribunale dei Minori di Sassari
106
Conclusioni Dall'analisi dei dati esposti, vediamo che la città di Sassari nel 2006 e nel 2007 non ha visto compiere da parte dei minori reati di rilevante gravità rispetto a quanto abbiamo letto nelle statistiche nazionali. Dopo aver analizzato ed elaborato i dati raccolti dai registri G.U.P., G.I.P. e DIB. 20072008 del Tribunale dei Minori, possiamo notare come, tra le diverse categorie di reati, a Sassari c'e un alto livello di violenza contro la persona, espresso soprattutto dal tasso relativo alle lesioni personali che aumentato dal 15,68% del 2006 al 49,18% nel 2007 e dalla violenza privata (minacce, molestie), che passa dal 27,45% nel 2006 al 46,66% nel 2007. Un alta percentuale è data anche dai furti e dal danneggiamento (delitti contro il patrimonio), reati compiuti quasi in egual misura sia dai ragazzi che dalle ragazze, nonostante queste ultime rappresentino una piccola fetta rispetto ai maschi, della delinquenza minorile. Dai dati raccolti si evince che, a compiere reati sono soprattutto minori tra i 16-17 anni e diversamente dalla media nazionale non si riscontrano casi di minori di 14 anni. La maggior parte dei reati vengono commessi in gruppo, ma raramente questi gruppi hanno le caratteristiche della banda criminale: si tratta solitamente di gruppi formati da pochi amici, cui si aggiungono compagni occasionali. I reati commessi in gruppo si diversificano per tipo, gravità e frequenza, ma ciò che li accomuna è il fatto di nascere in modo improvviso nella mente del gruppo, senza progettazione e senza riflessione sulle conseguenze, non solo penali, dell'azione. I reati di gruppo più frequenti sono quelli contro la persona (le lesioni personali, minacce, molestie) e contro il patrimonio (furto, danneggiamento). Come abbiamo già visto i provvedimenti del giudice ai comportamenti criminali dei minori possono essere molteplici, ma è importante soffermarci sulla "sospensione del processo e messa alla prova" che ha dato più possibilità, insieme alla sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e al ventaglio delle misure cautelari non detentive, al lavoro psicologico-sociale ed educativo sul minore all'esterno delle strutture chiuse (come il carcere), facendo entrare in questo settore nuovi servizi sociali pubblici e privati, con la possibilità di intervenire assieme alla famiglia stessa dei ragazzi (attraverso la misura della permanenza in casa) o presso piccole comunità
107
alloggio comunque aperte, centri diurni per attività scolastiche, formative e lavorative, o con prescrizioni giudiziarie contenenti obblighi a svolgere attività socialmente utili, o attività di mediazione e riconciliazione con la vittima del reato. È importante che il mondo degli adulti si ponga il problema di prevenire i comportamenti delinquenziali, rivolgendo un'attenzione particolare al passaggio dalla trasgressività adolescenziale alla criminalità minorile.
108
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Ringraziamenti Al termine di questo mio percorso vorrei ringraziare tutti coloro che hanno collaborato con me alla sua stesura della tesi. Ringrazio innanzitutto il mio relatore, il Prof. Gianfranco Nuvoli, docente di psicologia dello sviluppo presso l'Università di Sassari, che ha tracciato le linee guida e seguito il mio lavoro; il dr. Gavino Casu, Presidente del Tribunale per i minorenni a Sassari, che mi ha dato l'autorizzazione per poter accedere alle informazioni indispensabili al fine della ricerca; il personale delle Cancellerie GIP – GUP e DIB della sezione penale del Tribunale dei minori di Sassari e in modo particolare la dott.ssa Monica Ezzi, responsabile degli uffici GIP e GUP, per la gentilezza con cui mi hanno accolto in un ambiente per me nuovo e sconosciuto, per avermi dedicato il loro tempo e per la disponibilità mostrata nel spiegarmi come leggere e raccogliere i dati dai registri .Un ringraziamento particolare è diretto al Prof. Manlio Brigaglia e all'Avvocato Elvira Useli che hanno incoraggiato e seguito la ricerca nei diversi momenti fornendo utili consigli. Non da ultimo esprimo la mia più sincera gratitudine alla mia famiglia per il supporto economico e morale ricevuto nel mio percorso di studi.
Francesca Cossu
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