A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
L ETTERE
E
F ILOSOFIA
___________________________
C O R S O D I L A U R E A I N S C I E N Z E D E L L ’E D U C A Z I O N E E D E L L A F O R M A ZI O N E
FIBRE NERVOSE E FLUIDO VITALE ALLA FINE DEL ‘700: TRA SCIENZA E MESMERISMO
Relatore: PROF. FILIPPO SANI
Tesi di Laurea di: GIOVANNA P ANI
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Indice FIBRE NERVOSE E FLUIDO VITALE ALLA FINE DEL 700: TRA SCIENZA E MESMERISMO. 1) L’EVOLUZIONE DELLA MENTE: STORIA DELLA MALINCONIA. -
La teoria degli umori.
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L’instabilità del 600: pneuma, circolazione e anti-umori.
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I nervi e le malattie della mente nel fine 700.
2)
VINCENZO
DELL’ANIMA
CHIARUGI:
MELANCONIE
E
PERSUASIONE
( LE MALATTIE DELL’IMMAGINAZIONE).
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Della Pazzia in genere ,e in specie.
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Malinconie vere, spurie e furenti.
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Cause e effetti della malinconia.
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La cura della malinconia.
3) MESMER E LA MACCHINA NERVOSA. -
La fenomenologia del fluido.
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Magnetismo animale e mesmerismo.
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Il sonno artificiale.
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L’EVOLUZIONE DELLA MENTE: STORIA DELLA MALINCONIA. La teoria degli umori. Nel corso del V secolo a.C., diversi studiosi (in particolare medici) cercarono di trovare delle risposte ai vari interrogativi sulla natura umana. Un’eredità che non poteva essere trascurata era sicuramente quella di colui che era considerato il padre della medicina: Ippocrate. Quest’ultimo, nato intorno al 460 a.C., concentrava la sua attenzione sugli umori, considerati la causa dei mali. I suoi studi sulle malattie si basavano sull’osservazione e l’analisi della natura, in opposizione a coloro che si concentravano, al contrario, sulle divinità e sui fatti superstiziosi. La teoria degli umori (esposta in maniera chiara nel trattato del discepolo di Ippocrate Polibo) sosteneva che l’uomo fosse il prodotto di quattro elementi e umori: l’aria corrispondeva al sangue; l’acqua si identificava con il flegma; il fuoco corrispondeva invece all’irritabilità e, dunque, alla bile gialla; infine, la terra corrispondeva alla malinconia definita anche bile nera. Ora, a ciascuno di questi umori, corrispondevano inoltre delle qualità: al sangue il caldo e umido; al flegma il freddo e umido; alla bile gialla il caldo e secco; e in conclusione, alla bile nera corrispondeva il freddo e secco. In questa prospettiva, una malattia sarebbe stata causata da uno squilibrio di questi umori invisibili. Dunque, per poter portare l’individuo verso la
guarigione occorreva
ripristinare il corretto equilibrio naturale (isonomia). Poiché gli umori non erano presenti sempre nelle stesse proporzioni negli esseri umani, la minore o maggiore presenza di uno o dell’altro umore determinava il carattere e l’aspetto fisico di ciascun individuo. L’umore sangue (prodotto nel fegato) era maggiormente legato all’infanzia e alla primavera e, in termini di personalità, veniva associato alla serenità, alla sensualità e ad un certo equilibrio mentale; il flegma (presente soprattutto nel cervello e nei polmoni) al contrario veniva associato all’inverno, alla vecchiaia e alla pigrizia e, si riteneva perfino che fosse la causa di alcuni virus influenzali; la bile gialla (frutto della cistifellea) si identificava con l’estate e con l’adolescenza poiché portava ad avere degli atteggiamenti più impulsivi e collerici; infine, la malinconia ( prodotta dalla bile gialla o dal sangue ed immagazzinata
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nella milza) veniva attribuita alla restante stagione autunnale e legata ad una personalità in qualche modo introspettiva, possibile fonte di genialità oppure, nei casi peggiori, di pazzia.1 Nell’opera “ Natura dell’uomo”, Polibo affermava che il flegma aumentava d’inverno e diminuiva d’estate al contrario del sangue; la bile gialla e quella nera invece aumentavano d’autunno.2 I medici seguaci di Ippocrate consideravano il paziente nella sua interezza: tra l’altro essi ritenevano che i trattamenti basati sulla superstizione fossero inadeguati. Essi raccomandavano una serie di semplici precauzioni ancora oggi esistenti: per esempio esercizio fisico e pasti ristretti per chi avesse intenzione di dimagrire. La teoria degli umori era molto affascinante ed apparentemente chiara ma, in realtà, le diagnosi, le prognosi e le cure raramente erano efficaci.3 Quando i medici non apparivano essere in grado di aiutare, alcuni pazienti chiedevano l’aiuto ai sacerdoti che invocavano le divinità: era in particolare ad Asclepio che i malati (ma anche i medici ippocratici) si rivolgevano. Si pensava che questo dio agisse durante il sonno.4 La tradizione di Ippocrate fu trasmessa soprattutto grazie al filosofo- medico Galeno nato nel 131 d.C. in Asia Minore. Nella Grecia antica venivano vietate le dissezioni in quanto nel corpo era custodita l’anima. Tuttavia ad Alessandria, sulla costa egiziana, diversi studiosi misero in atto delle lunghe dissezioni. In questa città ebbe grande successo la biblioteca fondata da Tolomeo, la quale faceva parte dell’accademia di studi “Museion”. Qui venivano riposti i libri e le opere perquisite nelle navi che arrivavano al porto: tra questi diversi libri ippocratici successivamente usati per l’insegnamento nella scuola di medicina.5 Galeno riteneva che il cervello controllasse i movimenti e la parola e pensava che i nervi fossero collegati ai legamenti e ai tendini. Egli affermava, inoltre, che i nervi fossero cavi e trasportassero pneuma.6 E ancora, quest’ultimo coincideva con l’aria e veniva trasportato per mezzo delle arterie attraverso il cuore. Esso costituiva la base delle sensazioni e delle percezioni e veniva considerato dalla maggior parte dei medici come inseparabile dal sangue, finché Aristotele non iniziò a ritenerlo una quintessenza.
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Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 25. Ivi p. 35. 3 Ivi p. 39. 4 Ivi p. 41. 5 Ivi p. 49. 6 Ivi p. 52. 2
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Galeno invece pensava che il pneuma (inizialmente definito naturale) venisse elaborato nel fegato; successivamente veniva trasportato dalle vene nel cuore dove, entrando nelle arterie, diventava “pneuma vitale” grazie all’inalazione e alla vaporizzazione degli umori; infine, in seguito ad un ulteriore perfezionamento sarebbe diventato “pneuma psichico”, strumento dell’anima razionale attraverso i nervi. Secondo Galeno gli umori spiegavano i diversi funzionamenti organici e psicologici. Nel caso in cui il calore innato non dovesse essere nella corretta proporzione, anziché il sangue saranno altri umori
ad essere prodotti. Inoltre, nell’opera “Le facoltà dell’anima” riteneva che
l’ambiente incidesse nella formazione dei diversi temperamenti: questi ultimi dipendevano dai costituenti del corpo e la temperatura era causa della predominanza nell’individuo di una specifica emozione.7 Galeno quindi ricollegava ogni capacità umana, sia cognitiva che emotiva, ad una base fisica. Vi erano allora diverse correnti alessandrine sull’argomento e possiamo citarne alcune: gli empirici erano convinti che il corpo fosse incomprensibile e che la medicina fosse l’accumulo di esperienze individuali; i razionalisti poggiavano sull’osservazione delle parti visibili del corpo; e ancora i metodici vedevano il mondo come formato da una serie di particelle. Galeno non aderì a nessuna di queste ideologie. Ippocrate faceva parte di quella fetta di medici razionalisti che impiegarono la ragione per comprendere quegli eventi che sfuggivano al controllo.8 A partire dal medioevo, e nel corso del Rinascimento si iniziò a parlare di malattia d’amore e malinconia amorosa. Tutto ciò in quanto le passioni andavano contro la ragione. Lo stesso Galeno mentre distingueva le passioni, che avevano origine dall’irrazionalità, dagli sbagli, affermava allo stesso tempo che la prima strategia da adottare per liberarsi di questi ultimi fosse allontanare le proprie passioni. Per poter fare questo occorreva naturalmente sfruttare la ragione.9 Nonostante Aristotele e Platone ispirassero Galeno per le varie teorie vi erano tuttavia delle differenze. Aristotele affermava l’esistenza di tre anime: una vegetativa (presente in tutti gli esseri viventi) legata alle essenziali funzioni vitali; l’anima sensitiva alla base invece di sensazioni, immaginazione, memoria e percezione, presente solamente negli essere umani e animali, ed infine l’anima razionale la quale situata nel cuore e presente 7
Ivi p. 59. Ivi p. 68. 9 Ivi p. 71. 8
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in tutti gli esseri garantiva comunque solo agli uomini le doti più elevate, come per esempio il pensiero astratto. Platone aveva individuato solo due tipi di anima: una razionale e immortale e l’altra terrena e sensibile. Quest’ultima era a sua volta suddivisa in: anima vitale, presente nel cuore; e anima vegetativa presente nel fegato e associata alla natura corporale. Platone e Galeno erano entrambi convinti del fatto che l’anima razionale fosse posizionata nel cervello ma, mentre l’uno considerava quest’ultima immortale e incorporea, l’altro riteneva tutte e tre le anime mortali e corporee.10 Tra l’altro era diffusa l’idea che le anime si influenzassero a vicenda. Galeno non fondò mai una scuola ma nel III e nel IV secolo d.C. nacque una scuola ippocratico- galenica: nel V e nel VI secolo anche nel mondo bizantino si diffondeva questa tradizione. Tuttavia non nacquero nuove e significative iniziative.11 Anche gli arabi avevano aderito ad un’ideologia simile a quella della Grecia, in ambito medico. Essi pensavano che la malattia in molti casi fosse conseguenza della collera divina e non di cause naturali. I monoteisti affermavano invece che nella natura non vi erano più riposti dei segreti ma tuttavia vi era ancora qualcosa di misterioso e, per questo motivo, la superstizione non fu del tutto messa da parte, così come le teorie di Galeno. La sua visione infatti indicava la presenza di un ente divino che garantiva l’ordine dell’universo.12 L’essere umano era dunque perfetto e l’anima era spirituale e divisa dal corpo. L’approccio di Ippocrate e Galeno univa la salute del fisico a quella della morale e nel mondo arabo vi era la tendenza ad associare la filosofia con l’etica. Un importante autore, Al Isra’ili riteneva che un eccesso nella contemplazione divina portasse in alcuni casi alla malinconia e dunque ad uno stile di vita non salutare. La malinconia poteva essere conseguenza di azioni eseguite dagli organi interni oppure da elementi esterni come le pene d’amore. Venivano dunque elencati una serie di trattamenti curativi della malinconia, tra i quali: esercizio fisico, musica, poesia, calma e così via.13 Galeno privilegia l’aspetto psicosomatico della malinconia: egli aveva interpretato la nascita della malinconia come il risalire della bile nera al cervello che distruggeva i soffi vitali e, attraversando il cuore, portava una serie di sentimenti negativi come la tristezza.
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Ivi p. 74. Ivi p. 85. 12 Ivi p. 97. 13 Ivi p. 104. 11
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Ippocrate affermava che la malinconia era la condizione più vicina alla malattia. Secondo il grande medico, all’origine dell’eccesso di bile nera che causava questo temperamento vi era una disposizione naturale localizzabile nel cervello, oppure un grave trauma. La conseguenza sarebbe stata un forte pessimismo.14 In particolare Galeno si era ispirato ad un’opera del II secolo: “Della malinconia” di Rufo d’Efeso. Quest’ultimo autore distinse due tipi di malinconia: una proveniente da un miscuglio di umori innati, e l’altra da una serie di umori causati da uno sbagliato stile di vita. Egli vedeva nell’afflizione e nella riflessione le cause della malinconia e affermava che i più esposti a questo rischio erano quegli individui dotati di menti più “fini”. A differenza di Galeno però questo autore riteneva che all’origine di questo particolare umore vi fosse il sangue indurito e non la bile nera.15 Quando Galeno esercitò la professione medica a Roma nel corso del II secolo mise in evidenza l’accentuata percentuale di ragazzi depressi e malinconici presenti. Si pensava anche che la mancata attività sessuale potesse causare questa patologia, poiché il fluido sessuale deteriorato contaminava in qualche modo il cervello. Entrambi gli autori identificarono alcuni segni essenziali del malinconico: magrezza, peluria abbondante, carnagione scura e viso contratto. Anche il fondatore della scuola di medicina a Salerno Costantino l’Africano parlò della malinconia: questo studioso affermava che la malinconia poteva essere contraddistinta da sintomi opposti tra di loro. Ancora una volta veniva messa in evidenza l’associazione tra mal di vivere e facoltà intellettuali: infatti l’eccessivo approfondimento delle conoscenze poteva essere causa della malinconia.16 Nell’Alto Medioevo, le riflessioni sul destino erano legate alla contemplazione religiosa.17 Tra l’altro, in quel periodo erano molto diffuse epidemie e malnutrizione. Il cristianesimo vedeva il mal di vivere come un peccato morale, il cui responsabile era il diavolo. I monasteri erano considerati dei veri e propri focolari di accidia: un’ossessione per l’aldilà e la negazione al proprio corpo del soddisfacimento dei bisogni portavano i monaci a cadere facilmente in questa immensa tristezza. San Giovanni Crisostomo affermava che la tristezza malinconica fosse uno stato di cui approfittava il diavolo per condurci verso di lui. Fino al XII secolo la Chiesa mantenne un atteggiamento ostile nei
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Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni de ka martiniére, 2003, p.13. Ivi, p. 15. 16 Ivi, p. 48. 17 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi bompiani, p. 126. 15
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confronti dei medici laici e questi ultimi non venivano accettati all’interno del mondo monastico. Nonostante questo, dal XII secolo in poi diverse persone iniziarono ad occuparsi di medicina senza necessariamente appartenere alla collettività religiosa e, via via, iniziarono ad essere tradotti testi galenici e diverse opere di Aristotele. Chiunque poteva trovare un campo di applicazione nella medicina. La teoria degli umori veniva usata all’epoca anche per giustificare l’inferiorità della donna nei confronti dell’uomo: si affermava che la donna avesse un umore più freddo e umido rispetto all’individuo di sesso maschile e, poiché il freddo tende a restringere, gli organi restavano chiusi senza riuscire a sbocciare.18 Per quanto riguarda la procreazione, Galeno e Ippocrate credevano che la fecondazione avvenisse grazie ad un incontro tra sangue mestruale, seme femminile e seme maschile: il seme della donna era in virtù inferiore a quello dell’uomo.19 Se i due autori pensavano che all’interno dell’utero la fecondazione avvenisse come una lotta tra i due semi (nel caso in cui a prevalere fosse stato il seme femminile allora sarebbe nata una donna, in caso contrario un uomo); diversi autori criticavano questo pensiero perché accettarlo significava credere che in alcuni casi il temperamento della donna potesse essere più calorico di quello dell’uomo.20 Nell’opera “De spermate”, che fu attribuita in maniera sbagliata a Galeno, si affermava che lo sperma era costituito da sangue mescolato con degli altri umori: questo scendeva dalla testa nei testicoli, attraverso una vena e un’arteria per lato dove gli umori governano.21 Ippocrate riteneva che il sangue mestruale poteva addirittura spingere le donne verso il suicidio: infatti, accumulandosi poteva esercitare delle forti pressioni sugli organi vitali e portare alla diffusione per tutto il corpo di un umore cupo. Egli consigliava a queste donne di sposarsi il prima possibile.22 Lo scopo perseguito dai medici era aiutare i pazienti a preservare la salute: il primo passo consisteva nella diagnosi (naturalmente impostata sugli umori), seguiva poi la prescrizione di un trattamento e infine l’ultima tappa era la cura. La teoria degli umori non era solo una questione di parole, ma questi ultimi venivano fatti coincidere con diverse secrezioni quali: sudore, sangue, seme, muco, e così via. Al di la dell’intuizione
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Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991. 19 Ivi, p. 368. 20 Ivi, p.372. 21 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p.139. 22 Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni de ka martiniére, 2003, p. 30.
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del medico, il trattamento corretto della malattia era possibile solo nel caso in cui si ordinavano le diverse fasi dell’intasamento e si osservava il loro evolversi. La causa dei disturbi dell’organismo doveva essere necessariamente umorale in quanto esso era costituito nella sua completezza dagli umori.23 Spesso, in realtà, i medici non avevano idea di quale fosse la diagnosi giusta, e il termine ostruzione veniva usato in ogni caso per rassicurare il paziente e apparire capaci. Non solo la teoria degli umori era accettata da tutti, ma essa era comprensibile anche da chi aveva un bagaglio di conoscenze molto ristretto.24 D’altra parte c’era anche la credenza nella volontà divina e nella sua capacità di plasmare l’individuo. I medici ritenevano che la donna fosse particolarmente fragile, in particolare quella in attesa di un figlio. Si affermava che quest’ultima venisse influenzata dal suo grembo e che in mancanza di procreazione essa potesse diventare isterica.25 Infatti la donna era succube del suo sesso e l’isteria (chiamata anche furia uterina o soffocamento della matrice) veniva considerata una malattia che aveva origine nell’utero e poteva portare ad allucinazione e ad altre forme di malattie della mente. In particolare questa patologia veniva considerata la malattia delle donne che non avevano rapporti con gli uomini ma, vi era anche chi pensava che i vapori isterici colpissero quelle donne che non accettavano il ruolo (ovviamente marginale) che la natura le aveva assegnato.26 La piètà che i medici provavano per il genere femminile era ambivalente: se da una parte consentiva alle donne di essere salvate da una serie di maledizioni, d’altra parte rafforzava l’idea della loro estrema fragilità.27 I medici per curare le malattie proponevano tutta una serie di diete e preparati di erbe, a volte accompagnati dalla formulazione di parole magiche. Ma, in alcuni casi, venivano usati dei metodi alquanto impressionanti per aiutare l’eliminazione degli umori nocivi nel paziente, per esempio sanguisughe e flebotomie varie. Un principio che stava alla base di molte prescrizioni era “gli opposti si attraggono”: infatti, per esempio, le malattie causate dal freddo dovevano essere curate con sostanze calde.28
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Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p.144. Ivi, p. 146. 25 Ibidem, p. 149. 26 Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 367. 27 Ivi, p. 389. 28 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 154. 24
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Al centro dell’attenzione dei medici vi era l’innata fisiologia del corpo e anche quei fattori che potevano in qualche modo influenzarla. Dunque Galeno distingueva i naturali, cioè i quattro elementi, gli umori, i temperamenti, le qualità morali ecc; e i non-naturali: cibi e bibite, aria, insonnia, gli umori in stato alterato e tutti gli altri elementi esterni al corpo umano che in ogni caso vi entravano in contatto.29 Ippocrate riteneva (nel Regimen) che fosse corretto, per mantenere l’equilibrio degli umori, ingerire una volta ogni due settimane delle medicine d’inverno (poiché in questo periodo flemmatico le malattie colpiscono in particolare la testa e il torace); invece occorreva utilizzare dei clisteri durante l’estate in modo da far raffreddare il corpo ed eliminare febbri e coliche allo stomaco.30 Ancora oggi si è mantenuta l’usanza di chiedere dei consigli sull’alimentazione ed uno stile di vita corretto ai medici: ma la motivazione di base che ci spinge a farlo non è più la fede in una tradizione, ma la fiducia nel costante aggiornamento della scienza. Tra l’altro allora concetti come quelli di igiene e nutrizione non erano compresi appieno.31 Infatti concetti come quelli di salute e igiene non sono assoluti, ma relativi alle condizioni storiche, come lo dimostra il fatto che a partire dal XVI e XVII secolo iniziò ad essere scoraggiato l’uso dell’acqua perché si riteneva che questo potesse causare dei danni, per esempio al viso rendendolo pallido d’inverno e troppo scuro nella stagione estiva. Un’altra motivazione poi che spinse, in quel periodo, alla chiusura dei bagni pubblici fu la paura del contagio delle epidemie (in particolare la sifilide).32 Lo stesso Galeno aveva osservato che un contatto con persone affette da febbri o altre patologie avrebbe potuto favorire la trasmissione dall’individuo malato a quello sano.33 L’epidemia che nel corso del 1300 colpì quasi tutto il pianeta portò via via ad una minore autorità dei preti e dei medici che non erano riusciti, in quella circostanza così devastante, ad aiutare e a salvare la popolazione.34 Diversi medici ritenevano che l’eccesso di bile nera portasse, in quegli individui dal temperamento malinconico, a vari disordini mentali. In particolare si affermava che quando la bile cuoceva troppo poteva condurre ad una grave patologia: l’accidia. 29
Ivi, p. 166. Ivi, p. 167. 31 Ivi, p. 173. 32 Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 54. 33 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 174. 34 Ivi, p. 181. 30
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A differenza degli altri umori, la bile nera non portava necessariamente ad una malattia, dunque non tutti i malinconici erano considerati malati.35 E neppure infelici. Secondo la tradizione astrologica, la malinconia era associata a Saturno, il più freddo e cupo tra i pianeti. In particolare si diceva che le donne malinconiche, sotto l’influsso di Saturno, fossero particolarmente esposte a vizi e inganni, e perciò era compito degli uomini vigilare.36 Nell’opera “ Problemata XXX”, attribuita all’allievo di Aristotele Teofrasto, si afferma che gli effetti della malinconia sono simili a quelli del vino. In quest’opera vengono descritti due tipi di malinconici: quelli patologici e quelli per natura. Nei primi un’alterazione occasionale dell’umore malinconico porta ad un eccesso di caldo o di freddo, causando depressione, epilessia, fobia; nei secondi invece l’eccesso di bile nera è innata e perciò non porta necessariamente a depressione o disturbi nervosi. Dunque l’uomo “normale” è colui che (dotato di bassi livelli di bile nera) vive senza porsi degli interrogativi sull’esistenza.37 Se Durer ( nell’opera “Malinconia I”) metteva in primo piano la dimensione poetica della malinconia, sottolineandone l’aspetto contemplativo, Galeno affermava che gli umori malinconici si producevano nel fegato, per poi giungere, mediante un canale bilioso, fino alla milza. Quest’ultima se ne nutriva e infine gli umori venivano scaricati nello stomaco, per mezzo di un canale venoso, provocando così acidità.38 Klibansky, Panofsky e Saxl affermavano, nel libro “Saturno e la melanconia”, che Durer in quest’opera metteva in luce lo sconforto dell’artista per la scoperta dell’impossibilità di accesso a forme di pensiero superiori. Durer rappresentava i quattro temperamenti in due modi diversi: o come delle figure statiche e isolate, caratterizzate dal fisico, l’espressione, l’età e così via; oppure come delle scene tipiche di quel particolare temperamento.39 Per un certo periodo di tempo comunque la malinconia non venne associata all’infelicità; era vista come un lusso degli intellettuali ed estranea invece a coloro che erano costretti a lavorare duramente per vivere.40
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Ibidem, p. 192. Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 305. 37 Georges Minois, Storia del mal di vivere, p. 16. 38 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 198. 39 Klibansky Raymond Panofsky Erwin Saxl Fritz, Saturno e la melanconia, Einaudi, Torino, 1997, p. 275. 40 Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni de ka martiniére, 2003, p. 19. 36
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Nel medioevo e nel Rinascimento, ci si attendeva che i medici fossero esperti tanto di medicina, quanto di astrologia. Marsilio Ficino diede vita all’idea del “genio melanconico” e la diffuse nel resto d’Europa. Ficino (nel suo “De Vita”) in particolare aveva individuato un equilibrio costituito da una serie di vibrazioni positive, tra le nostre sfere inferiori e le sfere celesti. Ancora una volta, nell’incontro tra gli uomini e i pianeti, un ruolo centrale era ricoperto dagli umori che erano, secondo Ficino, un altro aspetto dell’armonia universale. La salute era dunque un bene spirituale e indice di un individuo moralmente apposto. Poiché a dominare la notte erano la malinconia e il flegma, poteva essere dannoso rimanere svegli fino a tarda ora. Nonostante Ficino ritenesse che la nascita sotto un determinato segno zodiacale determinasse il nostro carattere e che i pianeti dominassero ogni stadio della nostra esistenza, affermava anche che spettasse poi a ciascun individuo usufruire degli influssi astrali nella maniera corretta.41 Ficino dava ai suoi lettori una serie di consigli, soprattutto basati sui cibi: tra quelli da lui sconsigliati vi erano i fritti, i cibi scuri e asciutti e tutto ciò che porti al caldo o al freddo e secchezza. Molta importanza aveva anche la musica, capace di curare. Secondo l’autore infatti il conforto dell’anima era una questione corporea e i cinque pianeti (Giove, Marte, Venere, Mercurio e Saturno) immettevano dei suoni tramite il sole, e proprio da quest’ultimo aveva origine la musica. Saturno era il pianeta che governava la mente, favoriva la meditazione e permetteva di capire i segreti più inaccessibili. Quest’ultimo veniva visto da Ficino come il pianeta più nobile e come la stella più potente. Da una parte Saturno generava la malinconia; dall’altra poteva però curarla in quanto in grado di proteggere un’esistenza superiore. Egli affermava che l’esercizio delle facoltà creative generava un influsso positivo con gli astri e ciò poteva dare origine ad un utile effetto curativo.42 In Ficino la medicina era dunque una forma di magia in perfetta armonia con il cristianesimo. La sua opera termina con una celebrazione di Saturno ed è soprattutto grazie a questo autore che, la malinconia viene rivendicata come un grande segno di profondità.43 Ma la teoria degli umori non ammaliò tutti i medici.
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Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 206. Klibansky Raymond Panofsky Erwin Saxl Fritz, Saturno e la melanconia, Einaudi, Torino, 1997, p. 256. 43 Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni de ka martiniére, 2003, p.73. 42
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L’instabilità del 600: pneuma, circolazione e anti-umori. Allo smantellamento della teoria degli umori contribuì in gran parte Vesalio. Quest’ultimo svolse diverse dissezioni sui cadaveri di criminali con lo scopo di dimostrare l’erroneità delle affermazioni di Galeno.44 Via via il corpo umano iniziò ad essere raffigurato in maniera diversa: diversi artisti partecipavano alle dissezioni in modo da poter studiare il corpo e rappresentarlo in maniera più dettagliata. La curiosità degli studenti nel sezionare i corpi e la diffusione di diversi trattati di anatomia mostrano la vitalità della ricerca ostetrica e ginecologica. E, ancora una volta, la parola dei medici veniva chiamata in causa per giustificare l’inferiorità della donna. Se un seguace di Galeno, Philippe de Flasses non si curò dell’anatomia femminile perché vedeva la differenza sessuale come accidentale, Estienne nella sua opera “De dissection des parties du corp humain” del 1545 descrisse in maniera dettagliata l’apparato genitale femminile distinguendolo da quello maschile: alla fine però il rigore dell’osservazione doveva scontrarsi con il rispetto per l’autorità di Galeno.45 Man mano che si andava avanti le immagini divennero sempre più ricche di informazioni e venivano via via corretti gli errori compiuti dallo stesso Galeno. In questo processo ebbe sicuramente un ruolo fondamentale l’opera “Fabrica”. Vesalio voleva che i medici facessero coincidere la teoria con la pratica e sottolineava l’importanza fondamentale della dissezione per l’approfondimento della conoscenza sull’anatomia umana.46 Dunque si misero in luce diversi aspetti importanti: per esempio in realtà la concezione di Galeno della vena cava che era collegata al fegato, così come quella che affermava che la membrana tra i due lati del cuore era molto porosa, erano sbagliate. Anche il francese Ambroise Paré dava più importanza all’osservazione che ai testi e rinnovò il metodo di trattamento delle ferite. Questo autore diede anche un grande contributo per l’attribuzione di un ruolo più attivo alle donne nella procreazione: egli affermò che la fecondazione avveniva solo in quei casi in cui vi fosse reciprocità di attrazione tra i due partner.47 44
Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 228. Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 354. 46 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 241. 47 Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 378. 45
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Ma, nonostante non fosse possibile rappresentare gli umori, molti credevano ancora molto nella loro esistenza. Questo soprattutto grazie alla mancanza di informazioni complete sull’anatomia e al rispetto di molti medici per le formulazioni degli antichi. Ferrand nella sua opera “De la maladie d’amour ou mélancholie érotique” distingueva tre tipi di malinconia: una nasceva dalla bile nera prodotta nel cervello; un’altra nasceva nel momento in cui l’umore raggiungeva l’intero corpo umano, per mezzo delle vene; e infine quel tipo di malinconia situata nella regione dell’ippocondria ( per esempio la malinconia erotica).
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Egli riteneva che l’amore portasse ad un forte moto dell’anima
che le donne non erano in grado di sopportare a causa della loro fragilità e che il brutale desiderio che esse provavano fosse una compensazione voluta dalla natura per il dolore provato dalla donna durante il parto.49 Nel “Trattato della malinconia” Bright riteneva che chi beneficiava di un temperamento equilibrato e un cuore sano, anche se dotato di un umore dominante, poteva avere le giuste emozioni di fronte a oggetti o soggetti esterni, altri individui potevano diventare vittime di un oggetto concepito con la fantasia e del desiderio di possederlo. Vi erano diverse cure per la malinconia d’amore, tra le quali: clisteri con sostanze rinfrescanti e inumidanti, raccomandazioni dietetiche e soprattutto preghiera, lettura di buoni libri e serie attività. Nel corso del XV e XVI secolo il tempo e Saturno saranno considerate le principali cause della malinconia. Agrippa invece all’inizio del XVI secolo riteneva che l’umore malinconico influenzasse tre qualità dell’anima: lo spirito che è a conoscenza dei segreti divini, la ragione e l’immaginazione che guida le attività artistiche e meccaniche. Egli inoltre credeva che il furore saturnino stimolasse lo spirito dei grandi teologi e profeti, la ragione dei dotti e dei filosofi, ed infine l’immaginazione dei grandi artisti. Agrippa si ispirava a Platone ed a Aristotele per dimostrare che ogni uomo geniale doveva essere necessariamente malinconico.50 Burton invece non identificava la malinconia con una malattia, ma con uno stato d’animo e affermava che questo era in realtà l’effetto transitorio che provava ciascuno in tutte le occasioni di dispiacere e turbamento.51 Qualcuno tra i medici era convinto del fatto che l’umore malinconico fosse particolarmente attivo tra le tre del pomeriggio e le nove di sera 48
Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 265. Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 377. 50 Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni ka martiniére, 2003, p.76. 51 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 272. 49
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perché il fegato in quei momenti si purgava e causava abbattimento e tristezza nello spirito.52 Durante il XVII secolo, e con la Rivoluzione scientifica, ci fu una continua sovrapposizione tra idee tradizionali e nuove. Al centro di questa rivoluzione vi erano una serie di interrogativi sulla fede, sul ruolo della Chiesa e soprattutto su quello dell’uomo nell’universo.53 Burton rese omaggio a Galileo Galilei concordando con lui sul fatto che la terra girasse intorno al sole insieme ad altri pianeti abitati. Un grande saggio che sancì (in realtà non definitivamente) l’addio agli umori fu “Esercitazione anatomica sul movimento del cuore e del sangue negli animali” di William Harvey, pubblicato a Francoforte nel 1628 e basato sulle lezioni tenute nel 1616 a Londra al Collegio dei Medici. Uno dei suoi più grandi meriti fu la spiegazione efficace della circolazione del sangue. Sintetizzando, possiamo dire che Galeno avesse affermato che il cervello e il midollo spinale erano la fonte di tutti i nervi, il cuore delle arterie e il fegato delle vene. Riteneva inoltre che l’utilità dei nervi fosse limitata al convogliare la sensazione e il movimento nelle varie parti; le arterie dovevano alimentare il pneuma psichico; e le vene infine mettere a disposizione in tutte le parti il sangue. Sia nelle vene (originate dal fegato) che nelle arterie (al contrario originate nel cuore) fluiva il pneuma e gli spiriti animali, vitali o naturali sgorgavano dentro il rispettivo pneuma per garantire la connessione percezione-cognizione. Inoltre era la respirazione ad essere utile al mantenimento in buono stato del cuore e non viceversa. Nonostante che prima di Harvey altri autori contraddicessero Galeno, questo studioso basandosi fortemente sull’osservazione, iniziò a descrivere il cuore come un muscolo pompante. Egli affermò che affinché il sangue venoso si potesse trasformare in sangue arterioso era necessario che questo circolasse per tutto il corpo ed uscisse dal cuore che lo espelleva alle diastole. Harvey vedeva nel cuore il principio di tutte le varie parti del corpo.54 Ancora però neanche quest’ultimo autore contraddiceva l’idea che gli spiriti facessero la differenza tra la vita e la morte, cioè tra il sangue vivo e quello coagulato. Il sangue sostituì gli umori individuali ma non si aveva ancora certezza sulla posizione degli spiriti del sangue.55
52
Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni ka martiniére, p. 82. Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 287. 54 Ivi, p. 299. 55 Ivi, p. 304. 53
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Molta importante fu anche la figura di un grande filosofo: Renato Cartesio. Egli distinse l’universo del pensiero da quello fisico e parlò sin dall’inizio del suo discorso del “cogito”. Al di là del mondo sensoriale, per Cartesio era nella ragione che erano situate le idee vere. Ed era proprio dall’intelletto che aveva origine la conoscenza. In Cartesio dunque troviamo un dualismo tra mente e corpo: essi erano legati, ma lo spirito non aveva necessariamente bisogno del corpo. Questo però equivaleva in qualche modo a dire che gli animali si limitavo a funzioni vitali senza provare nessuna emozione. Cartesio pensava che gli spiriti animali passassero attraverso i ventricoli e penetrassero la ghiandola pineale. Successivamente attraverso i nervi questi innescavano il movimento corporeo e influendo sul cervello determinavano le percezioni. Il 600 fu un periodo di confusione e destabilizzazione generale: a tutto ciò contribuivano le guerra di religione in Europa, le difficoltà in ambito scolastico, la forte censura sessuale accompagnata dalla diffusione di una morale molto rigida. In ambito medico sicuramente Galeno e Aristotele non rappresentavano più dei punti di riferimento. In particolare lo studioso e medico fiammingo Van Helmont (inventore del termine “gas”) diede vita a varie teorie anti-umorali: egli non credeva nell’esistenza degli umori ma affermava che l’utilità della bile era associata alla sua funzione positiva connessa allo stomaco. Helmont credeva in una gerarchia di forze vitali connesse l’una all’altra mediante principi di simpatia o di revulsione. Le prime illustrazioni scientifiche esatte iniziarono intorno al 1624 dopo l’invenzione delle lenti di ingrandimento attuata da Galileo. Le strutture fino ad allora invisibili iniziarono via via ad avvicinarsi alla percezione umana. Tra i filosofi naturali nella seconda metà del 600 si diffuse un rinnovato interesse per una nuova disciplina: la iatrochimica. A partire dal seicento e nel corso del settecento, iniziarono ad essere denominati con l’appellativo “ciarlatani” tutti coloro che eccedevano nell’esaltare la medicina umorale, soprattutto se non si era a disposizione di un certificato e se la finalità era il guadagno. Vi erano ancora diversi dubbi su quale fosse la sostanza che nel sangue conferiva la vita all’organismo. I primi esperimenti chimici iniziarono man mano a sciogliere sempre più dubbi (nonostante l’ossigeno non fosse ancora stato scoperto) e un contributo fondamentale alla diffusione del sapere arrivò sicuramente dalla Royal Society. Per esempio il bolognese Marcello Malpighi scoprì per la prima volta i capillari e dunque
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riuscì a capire come anche attraverso questi ultimi il sangue arterioso passasse nelle vene.56
I nervi e le malattie della mente alla fine del 700. Nel corso del 600 e del 700 si diffusero vari trattati sulle passioni che aiutavano ad usare la ragione nel modo più equilibrato possibile. Verso la fine XVI secolo, Willis usò il termine neurologia per indicare la dottrina dei nervi. Sezionando diversi cervelli, riuscì a distinguere al loro interno la sostanza grigia da quella bianca e individuò i nervi craniali. Willis rifiutava categoricamente gli umori affermando che la stessa malinconia era dovuta ad un difetto del cervello o ad una disfunzione cognitiva. Nella sua ideologia i comportamenti e le emozioni erano conseguenza degli influssi degli spiriti lungo i nervi. Questo importante medico riuscì anche a capire che i movimenti involontari avevano origine nel cervelletto e che anche l’immaginazione e il linguaggio erano legate alla funzione del cervello. Egli voleva separare l’anima corporea da quella razionale ed, in realtà, i suoi metodi di cura rimanevano umorali. Il materialismo si diffuse sempre di più: poiché la mente ed il corpo si influenzavano a vicenda l’anima era considerata materiale. Tuttavia, se nel corso del 600 ancora la teoria degli umori, da molti denigrata, faceva da cornice generale, è nell’illuminismo che si sviluppa un’ideologia più meccanicistica del corpo umano. Accanto a questa si diffuse però un altro filone, che prese il nome di “vitalismo”. Un rappresentante del meccanicismo biologico, Giovanni Alfonso affermava, per spiegare i movimenti volontari, che gli spiriti animali derivanti dal cervello causavano l’eccitamento dei muscoli quando si mescolavano con il sangue e la linfa. Egli riuscì perfino a dimostrare che il cuore non era dotato di calore innato, misurandone la temperatura con un termometro. I vitalisti al contrario volevano spiegare il funzionamento dell’organismo nel suo insieme. Un altro punto che li differenzia è il credere nell’innatismo che i primi scartavano. Galeno riteneva che i nervi non fossero cavi e che l’anima non avesse nessuna localizzazione specifica ma fosse espansa per tutto il corpo. Inoltre il vitalista Stahl riteneva che l’elemento costitutivo dell’aria causante la combustione fosse il flogisto.57 Non si trattava più di chiamare in causa gli
56 57
Ivi, p. 335. Ivi, p. 369.
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umori ma era il sangue ad avere l’incarico di purificare le tossine ed alimentare gli organi. In realtà su questo punto non vi erano delle grandi divergenze con la dottrina degli umori. Un grande meccanicista fu anche lo svizzero von Haller. Egli aderì al concetto di irritabilità dei muscoli: dunque non vi era nessuna necessità dell’anima per garantire il movimento corporeo. Ma spettò allo scozzese Whytt portare avanti una teoria più innovativa, a metà tra vitalismo e meccanicismo. Egli iniziò a parlare di “malattia dei nervi” attribuendo ogni sensazione agli stimoli nervosi. Le prescrizioni di guarigione dettate da Whytt erano analoghe a quelle umorali, e questo medico identificò il sistema nervoso simpatico a cui lo stesso Galeno (con termini diversi) aveva accennato. Quindi si può dire che all’inizio del 700 ancora il corpo umano era inteso in termini di fluidi. Ma con il passare del tempo ci si rese conto che l’anima immateriale non aveva reale importanza in ambito medico. La stessa pazzia passò da essere considerata una patologia corporea, ad una malattia dei nervi. Anche l’italianissimo Giovanni Battista Morgagni collaborava all’espansione della scienza dei nervi inventando il concetto di patologia organica e distinguendo le disfunzioni umorali e generali da quelle localizzate.58 Un altro italiano, Vincenzo Chiarugi affermava nella sua Toscana che la malinconia stava diventando, al pari della pazzia, una patologia dei nervi. Henri de Gand aveva riflettuto a lungo sulla malinconia e aveva distinto due tipi di uomini: quelli portati per la speculazione metafisica perché la loro mente non è influenzata dall’immaginazione, e coloro che non riescono a portare avanti un ragionamento senza avere
ben
chiara
nella
mente
l’immagine
dell’oggetto
della
riflessione.59
Alla fine del XVIII secolo un grande dottore austriaco, Franz Anton Mesmer iniziò a diffondere concetti innovativi come quello di magnetismo animale. Egli non utilizzò più metodi curativi come le purghe e i salassi, ma riponeva tutte le sue fiducie nei fluidi. Non solo, Mesmer ipotizzava che il corpo fosse connesso all’universo mediante il flusso magnetico. Questa idea fu la colonna portante del grande movimento di cui egli fu capo: il mesmerismo. I problemi centrali nelle ricerche erano sorti grazie ai lavori di Haller, Willis e altri; la malinconia era diventata una patologia dalle mille sfaccettature. Ma non si può non citare un grande rivoluzionario: Philippe Pinel. Questo grande autore era d’accordo con 58 59
Ivi, p. 388. Georges Minois, Storia del mal di vivere, edizioni ka martiniére, p. 75.
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Mesmer sul fatto che le malattie avessero origine nelle viscere, e quindi nell’area chiamata ipocondria. Pinel concordava anche con i seguaci della teoria degli umori su quale fosse la sede della mania (legata all’ipocondria e alla malinconia), dunque le budella. Il grande merito di questo medico è quello di aver via via inteso la pazzia in termini morali e non solo strettamente fisiologici. Nel “Traité médico-philosophique sur l’aliénation mentale ou la manie” del 1800 introdusse il termine “insanità morale”, in cui affermava che i medici dopo aver registrato i sintomi del paziente doveva giungere a delle corrette diagnosi e prognosi. Il primo a offrire una classificazione delle malattie in base a sintomi e cause fu William Cullen Nella categoria nevrosi includeva diverse malattie, dall’isteria al diabete. Egli identifica nel concetto da lui coniato nevrosi tutte le affezioni dei sensi e del moto. Dunque anche l’infermità mentale è una specie di delirio, un’affezione della mente. Cullen affermò inoltre che la buona condizione delle facoltà intellettive era legata al “potere dei nervi”, pur non avendo certezze sulla composizione e le qualità di quest’ultimo. Gli interrogativi e i dubbi irrisolti del XVII e del XVIII secolo iniziarono a trovare delle risposte a partire dal XIX secolo. La sessualità iniziò ad essere associata alla mancanza di ragione e all’eccessiva fluidità e vittime di questa concezione furono senz’altro in primo luogo le donne accusate di essere delle insidiose tentatrici il cui compito era quello di sedurre uomini fiduciosi e condurli verso satana. La scienza rafforzava questa ideologia poiché i vari studiosi affermavano
che
l’appagamento
erotico
fosse
per
la
donna
necessario.60
I già citati Willis e Morgagni avevano cercato di comprendere la mente umana dividendola in varie funzioni, e questa tendenza era sempre più in forte crescita. Per esempio Gall divise il cranio in ventisei parti e parlò di frenologia (in realtà egli preferì il termine organologia) intesa come quella disciplina secondo la quale ogni funzione mentale aveva una specifica locazione e bastava osservare il cranio di un individuo per comprenderne la personalità ed il temperamento.61 Grazie alla vitalità delle indagini mediche e scientifiche il disegno del cervello stava diventando sempre più completo. Mentre la mente e il corpo si sovrapponevano sempre di più, quest’ultimo e l’anima
60
Georges Duby Michelle Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, Editori Laterza, 1991, p. 74. 61 Noga Arikha, Storia degli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani, p. 408.
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acquistavano sempre maggiore distanza. Galeno e gli altri seguaci della teoria degli umori pensavano che la psiche fosse diffusa per tutto il corpo dell’individuo. Un metodo di comprensione della mente, che si diffuse grazie a Mesmer fu l’ipnosi. Tra il 700 e l’800 l’idea base della neuropsicologia nacque dalle diverse osservazioni di pazienti con problemi di funzione cerebrale. E concetti come quelli di malinconia, mania e isteria venivano fortemente analizzati e esposti a diversi punti di vista. Bright la vedeva come un insieme di vapori che disturbano il cuore per poi salire al cervello e causare terribili invenzioni e fantasie. Via via neurotrasmettitori, enzimi, ormoni e così via hanno preso il posto degli umori. Oggi la malinconia viene spiegata chimicamente, per esempio un suo tipico sintomo, la fissazione viene descritta come un aumento dei livelli di dopamina nel cervello. Ma, ancora oggi vi è, così come vi era all’epoca dei famigerati umori, molta distanza tra le conoscenze teoriche dei medici e le funzioni pratiche della nostra mente e del nostro corpo.62
62
Ivi, p. 481.
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VINCENZO CHIARUGI: MELANCONIE E PERSUASIONE DELL’ANIMA (LE MALATTIE DELL’IMMAGINAZIONE). Della pazzia in genere e in specie. Tra i vari studiosi che discostandosi dalla teoria degli umori iniziarono a comprendere l’importanza delle patologie dei nervi, possiamo citare un grande medico toscano: Vincenzo Chiarugi. Quest’ultimo nato ad Empoli il 17 febbraio 1759, studiò nella sua città natale, fino a quando si trasferì a Pisa per frequentare l’università di filosofia e medicina. È stato uno dei più importanti medici italiani dell’età moderna, in particolare nell’ambito della realizzazione di ospedali finalizzati alla cura delle malattie mentali. Nel 1788 il granduca di Toscana Pietro Leopoldo inaugurò l’ “Ospedale della carità per Dementi” e, Chiarugi, incaricato direttore dell’ospedale, riuscì a pianificare un vero e proprio programma clinico per i malati di mente. Alla base del regolamento vi era il rispetto per il paziente e l’esclusione delle punizioni corporali. La sua opera fondamentale è “ Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medicoanalitico”, pubblicata in tre volumi nel 1793- 94. Con questo trattato Chiarugi espone un’osservazione clinico- osservativa della malattia mentale, distinguendola da altre patologie note. Non fu l’unico ad occuparsi dell’argomento, fece lo stesso Garzoni con il suo “ Hospidale dé Pazzi incurabili” del 1586: quest’opera mira allo smascheramento della follia mondana ed esprime l’idea che si può giungere ad un’“accettazione” di questa patologia solo attraverso la chiusura delle persone che ne sono affette negli ospedali.63 Nel corso del 700, diversi testi attribuiscono la causa di allucinazioni ed errate fantasticherie alla predominanza sugli altri umori della bile nera. Ma, d’altra parte, il discorso medico inizia ad allontanare l’idea che la malinconia possa dare origine a poteri straordinari.64 Si ha una svolta nell’ambito della scienza medica: il corpo non è più un organismo in costante comunicazione con l’universo, bensì una macchina racchiusa in se e costituita
63 64
Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editore, Palermo, 1992, p.28. Ivi, p. 33.
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da una serie di vasi e di canali finalizzati al trasporto di umori e fluidi vari: quando la circolazione di questi ultimi è alterata nascono i disturbi definiti “ipocondriaci”.65 Tissot afferma che l’ipocondria è la malattia di chi vive nel lusso e nel superfluo (aristocrazia) e dunque, la moda è una forma di contagio molto pericolosa. Inoltre i pazienti di Tissot non sono malati immaginari ma la malattia è dovuta ad immaginazione e sensibilità eccessive.66 Chiarugi riconosce nel sistema nervoso, la macchina che consente di esercitare le facoltà umane, di cui il cervello è il centro: queste ultime risiedono tutte nella sostanza midollare, e non in quella corticale. Egli crede fortemente nell’esistenza dei fluidi nervosi sostenendo che, per il corretto funzionamento del sistema nervoso, è necessario che i nervi siano ripieni di questo fluido, il quale deve essere messo in movimento tanto dall’anima, quanto da oggetti esterni. Se questo accadrà, l’individuo, potrà avvertire una sensazione. Affinché nelle mente dell’individuo sorga un’idea, è necessario che il fluido nervoso giunga fino al cervello e che l’anima riconosca questo movimento. Da ciò hanno dunque origine, secondo Chiarugi, l’attenzione e la percezione. Inoltre, le sensazioni rimangono impresse nella mente anche successivamente e perciò gli essere umani sono dotati di un’altra facoltà: la fantasia.67 Detto ciò, Chiarugi sostiene che gli errori di giudizio e di raziocinio, provengono da una malattia fisica del cervello e hanno la loro sede laddove lo spirito si unifica con il corpo: dunque, nella sostanza midollare. A detta di Chiarugi, i pazzi sono coloro che agiscono in maniera contraria a ciò che richiedono le sensazioni e, la pazzia è stata identificata in modo improprio con le malattie della mente. Se il delirio è causato da alterazioni del sistema nervoso, o da un forte flusso di sangue che incide sul sensorio, la pazzia è invece provocata da una lesione cronica e immutabile di quest’ultimo.68 Secondo Chiarugi, un requisito fondamentale per la sanità mentale, è la congruenza tra intelletto e corpo. I fluidi nervosi solo raramente costituiscono una causa diretta della pazzia: fondamentale è un buono o viceversa cattivo stato del cervello. Chiarugi afferma che, a volte, si instaurano nel cervello dei corpi estranei che alterano la fantasia. Lo studioso distingue chiaramente le vene nervose (da lui chiamate “ estremità 65
Ivi, p. 40. Ivi, p. 86. 67 Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere , e in specie. Trattato medico- analitico./ T.1.,Luigi Carlieri, 1793, p. 13-19. 68 Ivi, p. 49. 66
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nervose senzienti”) dalle arterie nervose: alle une appartiene la sensibilità, alle altre l’irritabilità. La vita consiste nell’esercizio delle forze nervose e, quest’ultime diminuiscono man mano che i nervi, con il progredire dell’età, diventano più solidi: a seconda dello stato del sistema nervoso, si è più o meno predisposti alla pazzia.69 Inoltre, l’attività del sistema nervoso sarà aumentata, o viceversa diminuita, a seconda della scopertura delle vene nervose, e dunque del loro grado di esposizione alle forze che le scuotono (rese non troppo eccessive dalla presenza di barriere quali muco, grasso ecc). Ma, la forza di questo sistema è associata al corpo di un individuo: nelle donne e nei giovani dotati di un corpo più gracile, la mobilità del sistema nervoso sarà maggiore; al contrario, per esempio, negli anziani e negli obesi il sistema nervoso sarà più lento. I difetti del sistema nervoso, che formano le cause predisponenti della malattia, possono essere tramandati di generazione in generazione. A delle perdite di sangue può seguire una forte stanchezza e, questo, secondo Chiarugi è dovuto al fatto che la tensione dei filamenti nervosi di tutto il corpo diminuisce: per questo motivo Dio ha fatto si che le parti più sensibili del corpo siano rivestite di un maggior numero di vasi capaci di accrescere la forza dei nervi. In questo senso, anche le emorroidi e le mestruazioni trattenute possono dare originare la pazzia. Pujati, grande sostenitore del meccanicismo, afferma che è il principio della fluidità a garantire un equilibrio tra gli umori. Questo autore afferma, paragonando il corpo umano ad uno strumento musicale, che la consistenza della sostanza nervosa è associata a quella dei nostri pensieri, rappresentati come delle ondulazioni dell’anima. Possiamo affermare che il movimento è il punto centrale nella teoria di Pujati: in particolare è fondamentale camminare.70 Un lungo capitolo della sua opera del 1762 “Della preservazione della salute dè letterati e e della gente applicata e sedentaria” è dedicato all’aria: questa ha delle ripercussioni sul sensorio e sul sistema nervoso.71 L’aria è in grado di penetrare invisibilmente in ogni parte del corpo (compreso il sangue), perciò sono fondamentali la traspirazione e gli esercizi di respirazione. Lo stesso Chiarugi nel primo tomo del suo trattato parla dei rischi che possono nascere dall’aria che respiriamo (quest’ultima non è praticamente mai pura): essa agisce sul sangue delle vie respiratorie. L’atmosfera può indurre dei danni direttamente all’attività del cervello. Se il calore 69
Ivi, p. 69. Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editore, Palermo, 1992, p. 56. 71 Ivi, p. 59. 70
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eccessivo comporta una dilatazione dei vasi e un loro maggiore riempimento, portando dunque ad un aumento dell’attività del sistema nervoso; al contrario, il freddo tende a restringere il volume e, rendendo solidi i fluidi, toglie loro il calore necessario: dunque, un esempio della diminuzione dell’attività del sistema nervoso possono essere le dita delle mani che diventando fredde perdono la sensibilità nel tatto. Naturalmente, vengono presi in considerazione il caldo e il freddo eccessivi. La primavera è la stagione in cui si verificano maggiormente le pazzie poiché, il sistema nervoso rilassato dal freddo dell’inverno subisce nuove ventate di calore.72 L’aria esercita pressione in ogni parte del corpo aiutando la circolazione del sangue ed il sistema nervoso è molto sensibile ai suoi cambiamenti: quando l’aria è priva di sostanze che ne diminuiscono l’elasticità, quest’ultimo, si trova nella corretta tensione. Per quanto riguarda l’atmosfera umida, i vapori acquei, poiché come tutti i fluidi hanno la capacità di diminuire la consistenza dei solidi, portano debolezza negli individui: tutto ciò, ancora una volta, a causa della riduzione dell’attività del sistema nervoso. Possiamo riconoscere altre cause della pazzia nell’ alterazione dell’aria provocate dalla combustione e dalla respirazione degli animali e, ancora, nella presenza di sostanze quali gas azotico o acido carbonico. Tornando sul tema della temperatura, Chiarugi sostiene che nel caso di un colpo di calore, gli effetti sull’ individuo potrebbero essere molto gravi, poiché si avrà un estremo riempimento dei vasi sanguigni del cervello e un conseguente forte aumento del sistema nervoso. In questo caso, l’urto degli umori contenuti nel cervello potrà portare a problemi nel ragionamento ed inoltre questo tipo di clima favorirà l’evaporazione di diverse sostanze dalla terra e la diffusione di gas nocivi.
D’altra parte, Chiarugi ha
maggiori dubbi sul fatto che anche la luna, abbia delle influenze sul sistema nervoso, in relazione alle diverse fasi e alla distanza dalla terra. Per quanto riguarda l’azione dei venti, gli effetti di quest’ultima dipendono dalle sostanze che costituiscono la porzione d’aria trasportata da una parte ad un’altra: i venti di terra, freddi e secchi, giovano al corpo donando forza ed agilità durante l’inverno, mentre potrebbero avere degli effetti sgradevoli durante l’estate; i venti di mare invece, caldi e umidi, potrebbero addirittura interrompere la respirazione di un individuo se eccessivamente freddi, oppure, alterare la potenza dei nervi se esageratamente caldi. 72
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.1., Luigi Carlieri, 1793, p. 92.
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Per quanto concerne invece le sostanze che possono causare le malattie dei nervi, Chiarugi sottolinea la posizione centrale di quelle vegetali, come per esempio l’oppio (che tuttavia nelle dosi corrette potrebbe essere un buon calmante delle pazzie): questa sostanza narcotica agisce direttamente sulla potenza nervosa e, aumentando la circolazione, porta ad un accumulo di sangue nella cavità superiore. Inoltre il suo effetto nocivo si estende alla sostanza midollare del cervello ed ai nervi.73 Dall’uso di queste sostanze, così come dall’assunzione ripetuta di bevande alcoliche quali, per dare un’idea la birra e il vino, nascono vere e proprie pazzie. Chiarugi afferma con certezza di aver osservato nel cervello dei cadaveri di alcuni pazzi un’estrema durezza dovuta appunto a queste sostanze, ma anche ad altre: tra queste il medico toscano cita il mercurio. Nel 1764 Robert Whytt individua tre tipi di mali nervosi: il primo male (che Whytt considera propriamente nervoso) lo ritroviamo in coloro che soffrono di delicatezza del sistema nervoso e perciò spesso hanno a che fare con svenimenti, violenti tremori, dolori o altre passioni; il secondo male, definito isterico, porta chi ne è affetto ad avere sensazioni improvvise di freddo, capogiri, indigestione e così via; e infine nella terza classe dei mali nervosi, chiamati anche ipocondriaci, troviamo delle persone affette dai sintomi del secondo tipo di male con aggiunta di sonno disturbato e continui cattivi pensieri.74 E, ancora Cullen farà rientrare tutte queste patologie nel concetto di “neurosi”. Nonostante non vi sia uno schema preciso da poter adattare a tutti i casi di pazzia, nei diversi pazienti Chiarugi individua una costante: disordine delle forze dei nervi e dell’attività del sensorio. Le stesse modalità di cura delle malattie nervose si diversificano a seconda del caso. Possiamo tuttavia identificare alcune di queste pratiche nelle immersione in acqua fredda combinate con la docciatura fredda alla testa (nel caso in cui siano stati somministrati in precedenza dei narcotici, occorrerà attendere che termini il loro effetto ed, inoltre, sarà utile non consigliarli a chi soffre di eccessiva sensibilità); o ancora, nei bagni tiepidi (maggiormente sicuri rispetto ai precedenti); e in alcuni casi, nelle già citate, piccole e frequenti, emissioni di sangue.75 In generale 73
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.1., Luigi Carlieri, 1793. 74 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 45. 75 Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.1., Luigi Carlieri, 1793, p. 206.
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possiamo affermare che si possono considerare rimedi delle pazzie, tutte quelle sostanze che hanno un’azione sedativa nei confronti dell’eccesiva agitazione, tipica di queste patologie. Allo stesso modo, questi rimedi possono essere sostituiti, in casi particolari, dall’uso di aromatici, valeriana, tonici, etc, i quali hanno un effetto sia stimolante che sedativo. Tissot afferma che l’usura dei nervi riconduce al delirio malinconico: fantasie della mente a ruota libera si trasformano via via in forti incubi e allucinazioni.76 Quest’ultimo collega i mali nervosi al lato oscuro dell’alfabetizzazione e dell’educazione e parla di mali occulti: malattie portate dall’incivilimento nell’intera società.
Malinconie vere, malinconie spurie e malinconie furenti. La letteratura italiana ci offre, durante il XVII secolo, un’ampia rappresentazione del malinconico come una figura solitaria. In particolare, ad occuparsene fu Daniello Bartoli nell’ambito del suo simbolismo. Ma, egli indica Petrarca come il padre della malinconia italica, il quale considera la malinconia come un peccato capitale ed una malattia morale. Non solo, Petrarca identifica la malinconia come una caratteristica fondamentale
nella
psicologia
dell’uomo
della
letteratura
moderna.77
Nell’ambito dell’umanesimo, nel corso del 400, diede un grande contribuito al dibattito sull’argomento Marsilio Ficino: egli attribuisce un ruolo importante ad un elemento mediatore tra l’anima e il corpo. In questa prospettiva, lo spirito umano appare, grazie ad una posizione centrale nel cosmo, in grado di ricevere influenze astrali: Saturno è il più propenso a favorire lo sviluppo, nell’individuo, della malinconia.78 Chiarugi fa parte di quegli studiosi che usano, così come Muratori, il concetto di malinconia per disapprovare e non esaltare questa patologia.79 Nella sua opera fondamentale offre un’ampia trattazione del concetto di malinconia, intesa come una malattia proveniente da un umore eterogeneo al nostro corpo, di cui il fegato e la milza sono i principali depositari. La malinconia è una pazzia parziale, limitata ad uno o più oggetti.80 L’essenza della malinconia per Chiarugi consiste nella persuasione 76
Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 51. Ivi, p. 24. 78 Ivi, p. 25. 79 Ivi, p. 72. 80 Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.1. ,Luigi Carlieri, 1793, p. 36. 77
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dell’anima: il malinconico è colui, il quale, per lungo tempo, si mantiene fisso in un falso giudizio, in base al quale orienta le proprie azioni. Diderot parla della malinconia come di un sentimento dolce e meditativo che porta l’individuo ad essere vittima delle passioni amorose e dell’animo.81 Chiarugi distingue tre tipi di malinconie: vere, spurie e furenti. Le prime sono caratterizzate da tristezza e timore; le seconde da uno stato d’animo allegro e tranquillo; e infine ciò che contraddistingue le malinconie furenti è il furore e l’audacia.82 Nel XVII secolo Du Laurens distingue invece la malinconia primaria (con sede nel cervello), dalla malinconia ipocondriaca caratterizzata da sintomi quali: brontolio al ventre, difficoltà nel respirare, battito cardiaco accellerato ecc.83 Successivamente i disturbi ipocondriaci, essenzialmente maschili, saranno messi in opposizione ai disturbi isterici al contrario femminili, che hanno origine nell’utero. Per quanto riguarda la malinconia vera Chiarugi sostiene che chi ne è affetto si trova spesso a piangere senza un vero motivo e, a volte, a passare dall’abituale tristezza ad una risata stravagante. Cresce nel malinconico l’orrore per la società, che lo porta a correre nei luoghi più sconosciuti per trovare quella pace che non troverà, poiché porta con sé, l’immagine del suo dolore.84 Secondo Chiarugi, conseguenze della malinconia, già in questo primo stadio, sono: una respirazione affannata, una pelle pallida e lurida, scarso appetito, secrezioni alterate, ecc. Si ha dunque una riduzione della sensibilità e dell’irritabilità. La diminuzione delle forze del sistema nervoso può inoltre produrre movimenti del corpo involontari. L’anima è presente ma, o le impressioni non arrivano a colpirla completamente, o si è impossibilitati ad esternare la propria reazione con segni sensibili a causa di un difetto delle facoltà nervose.85 Anche Ferrari (pur senza negare l’ambivalenza della malinconia) nella sua “ Democrito et Eraclito. Dialoghi del riso, delle lacrime e della malinconia” descrive il malinconico come un individuo malato, abbruttito sia spiritualmente che fisicamente: egli lo paragona ad un animale selvaggio che tenta costantemente di nascondere il suo dolore con espressioni forzate.86 81
Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 89. Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico-analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794. 83 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 41. 84 Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2, Luigi Carlieri, 1794, p. 9. 85 Ivi, p. 12. 86 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Palermo, Sellerio editori, 1992, p. 32. 82
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Al contrario, chi è colpito dalla malinconia spuria è in un continuo stato di tranquillità. Ma, paradossalmente, la caratteristica principale di questo stadio della malinconia è l’eccesso. Infatti, chi appartiene a questa categoria orienta completamente la propria felicità verso un oggetto amato, rinunciando ad ogni interesse per seguirlo e arrivando persino a venerarlo. Chiarugi prosegue sostenendo che, in questo caso, le funzioni del corpo non vengono alterate, ma ci può essere, al contrario , un miglioramento dell’aspetto esteriore. Poiché l’individuo si convince di essere il più felice del mondo, se le passioni non degenerano, la vita di questi malinconici può essere lunga e prosperosa. Tuttavia, il negato possesso dell’oggetto desiderato, può essere fonte di furore.87 Giungiamo ora, all’ultima specie di malinconia: quella furente. In questo caso, i malinconici sono deliranti e concepiscono un odio intenso verso la propria esistenza o verso un qualche oggetto esterno. Si tratta, secondo Chiarugi, di persone taciturne, agitate ed irrequite, che si allontano costantemente dalla società con la convinzione di sfuggire in questo modo ai loro mali, e tentano più volte di suicidarsi. A differenza di quanto accade nella mania, nella malinconia questo tipo di furore e disperazione è abituale. Nel corso del XVIII secolo, la malinconia viene descritta in due diversi modi: malattia dei letterati diffusa nell’illuminismo e malinconia dell’incivilimento.
Cause e effetti della malinconia. Nel discorso medico del 700, la malinconia veniva considerata una malattia che colpiva in particolare i letterati (che dal canto loro vedevano la malinconia come un simbolo di eccezionalità), ai quali veniva consigliato uno stile di vita salutare. Il discorso sulla malinconia assume in primo luogo una dimensione simbolica e sociale: il malinconico indossa
diverse
maschere
che
lo
proteggono
dalle
altre
persone.88
Chiarugi ripete insistentemente, nel corso del trattato, che alla base della malinconia vi è la fissazione per un “immagine”, che porta il malinconico a delirare. Nel pensiero del medico toscano, il malinconico è talmente convinto della ragionevolezza dei suoi giudizi, che non riesce a comprendere l’inganno: l’anima associa a quell’idea ogni altra idea, e, tutto, viene conformato ad essa. La malinconia può anche essere definita dunque 87
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794, p. 14. 88 Ivi, p. 27.
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“abitudine nella fantasia”: se non vi è una successione di idee la fantasia può dar luogo alla malinconia.89 I malinconici sono oggetto di giudizio durante il 700 proprio perché la loro sindrome viene considerata una malattia dell’immaginazione. Kant afferma che, se nell’entusiasmo l’immaginazione è senza freni, nel fantasticare questa va talmente fuori dalle regole da provocare una malattia che sconvolge l’intelligenza.90 Chiarugi sostiene che le cause della malinconia sono da ricercare nella costituzione fisica e morale dell’uomo, ma troviamo delle predisposizioni a questa malattia anche nell’educazione. Gli uomini colti, illuminati, le persone dal carattere instabile e mobile, così come i bambini, sono meno esposti a questo tipo di malattia; al contrario di chi invece ha un carattere serio ed eccessivamente riflessivo ed è stato educato in mezzo ai pregiudizi. Nel corso dell’illuminismo sono tra l’altro diversi gli autori che accusano le donne
di
stregoneria,
descrivendole
come
malinconiche
dotate
di
intensa
immaginazione e spiriti animali. Non solo, ma un’idea condivisa era quella che identificava l’isteria come una malattia che aveva origine nell’utero: Muratori la attribuisce alle mistiche e alle streghe.91 Chiarugi afferma che i mali nervosi, ed in particolare la malinconia, colpiscono le donne soprattutto in quanto si lasciano andare a pregiudizi, sono analfabete e diseducate (questo soprattutto riguarda le donne del ceto popolare); al contrario di Tissot che sostiene che sono l’avvicinamento all’istruzione e le lettere ad avere causato la diffusione del male nel genere femminile.92 Altrettanto a rischio sono coloro che hanno subito un forte trauma o hanno sofferto a lungo per un qualsiasi altro motivo. Chiarugi chiama “temperamento malinconico” la costituzione naturale del corpo che considera essere la principale predisponente della malinconia. In particolar modo, le cause privilegiate nel caso della malinconia vera saranno quelle che conciliano tristezza e timore, per esempio un carattere serio e fragile. Ancora una volta Chiarugi evidenzia il peso dell’educazione come fattore predisponente: infatti, se ad un individuo, già dai primi anni della sua infanzia, verranno impressi oggetti di terrore nella mente; o se verrà educato ad essere incivile; o ancora verrà educato in maniera troppo rigida, allora, sarà molto facile che si risveglino in lui idee tristi e 89
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794, p. 24. 90 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 73. 91 Ivi, p. 75. 92 Ivi, p. 81.
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addirittura violente. Il pericolo di spaventare i bambini può provenire dalle favole stesse.93 Altri fattori, sottolineati da Chiarugi come determinanti, sono: l’ereditarietà, la solitudine, il consumo di alcuni cibi, l’abuso dei piaceri ma anche effetti collaterali quali la diarrea, il diabete e così via. Nella categoria di queste cause Chiarugi include perfino il clima, ed in particolare l’aria umida, e tutte quelle passioni come la rabbia, che se eccessive possono essere pericolose. Tutte le cause delle malinconie vere, sono le stesse che predispongono alle malinconie furenti. Una passione che occupa vivamente la mente di un soggetto costituisce la causa occasionale delle malinconie. Sorgente di questa particolare malattia dei nervi possono essere alcuni sogni, talmente vivaci da lasciare l’anima di chi li vive turbata. Chiarugi assicura che, almeno in Toscana, gli oggetti di religione, sono la principale causa della malinconia. Occorre tra l’altro precisare che, affinché sorga la malattia vera e propria, è necessario che queste cause occasionali si incontrino con i corretti fattori predisponenti. Perciò saranno a rischio coloro che, anzi che confidare in Dio, riporranno la loro fiducia nel fanatismo e nella superstizione. Dopo gli oggetti di religione, Chiarugi ritiene particolarmente pericolosi gli oggetti di privata economia e politica, e soprattutto la triste passione che deriva dal mancato raggiungimento dell’oggetto d’amore desiderato. Ma, all’amore sono legate altre cause della malinconia: la poca corrispondenza, la gelosia e la nostalgia. Chiarugi a questo punto conclude individuando nella religione, nell’interesse, nella gloria e nell’amore, a cui fanno subito seguito lo spavento e la vergogna, le principali cause della malinconia. Chiarugi, a differenza di altri autori, esclude l’idea che gli umori possano essere causa occasionale della malinconia. Pujati afferma, nell’opera già citata, che esistono due categorie di passioni: nella prima troviamo l’ira, l’allegria e la speranza che portano ad un maggior movimento nel sangue; nella seconda afflizione e timore, le quali al contrario hanno l’effetto opposto.94 Si potrebbe dire che le conseguenze di questa particolare malattia dei nervi, sono identificabili in alcune delle stesse cause: per esempio la prima conseguenza (ma anche causa) della malinconia è la tristezza. 93
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794, p. 30. 94 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 63.
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Innanzitutto, poiché la malinconia può portare l’individuo ad avere scarso appetito, possono esserci dei problemi fisici e alterazioni nel proprio metabolismo. Non solo, Chiarugi nota nei corpi dei malinconici macchie e ulceri e sostiene che la mancanza di forze porta a disturbi della circolazione: nei casi meno gravi gonfiore o rottura dei vasi sanguigni. Fenomeni di reazione ben più gravi, potrebbero essere disturbi quali l’epilessia, le convulsioni e la mania. Questi effetti accomunano ancora una volta malattie vere e malattie furenti. Le reazioni invece si diversificano nel caso delle malattie spurie: quest’ultime, solo in rari casi portano a gravi lesioni del sensorio comune.95
La cura della malinconia. Bartoli afferma che bisogna concentrarsi sul narcisismo del malinconico per poter attirare la sua attenzione e curarlo: utilizzando la metafora di Narciso, egli sostiene che occorre uno specchio deformante per sciogliere l’incantesimo di cui il malinconico è vittima.96 Nel corso della tradizione napoleonica sono soprattutto gli aspetti legati alla dimensione demoniaca della malinconia corporea che, i vari studiosi (in particolare Ficino e Giordano Bruno) vogliono eliminare.97 Chiarugi parte dal presupposto che la guarigione sarà proporzionale al periodo trascorso dalla comparsa dei sintomi della malattia. Tuttavia, le malinconie di più facile guarigione sono quelle che hanno nello spavento la loro causa principale: basterà risanare progressivamente le funzioni del sistema nervoso che sono state turbate. Al contrario, le malinconie dovute a motivi religiosi saranno le più difficili da curare (soprattutto nelle donne). Se le malinconie vere richiedono poco tempo per arrivare alla fine delle sofferenze, non si può dire altrettanto delle malattie spurie: chi è affetto da quest’ultima tipologia di malinconia può incorrere nel pericolo, nel caso in cui non guarisca in una certa fascia di tempo, di degenerare nell’amenza. Infatti, il carattere di questi individui colpiti da un’eccessiva tranquillità non consente loro di riconoscere il disagio. Chiarugi poi, considera addirittura insuperabili le malinconie furenti 95
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794, p. 38. 96 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 21. 97 Ivi, p. 26.
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contraddistinte dal pericolo della recidiva. Indizio di una possibile guarigione è l’estasi: chi si risveglia da questo stato non ricorda i momenti passati e ciò che gli è accaduto e, tutto ciò, gli garantisce una maggiore forza e vitalità. Inizialmente, per poter condurre il malinconico verso la guarigione occorrerà scacciare via il pensiero che ossessiona la sua mente. In che modo? Chiarugi sostiene che affinché farmaci e diete siano efficaci, è necessario che questi siano accompagnati innanzitutto dall’aiuto morale: il medico deve cercare di creare con il suo paziente una relazione di fiducia, aiutandolo ad aprire il suo cuore. Occorre consolare il malinconico con estrema delicatezza, concedendogli qualche normale errore. Chiarugi considera una valida strategia convincere il paziente a concordare con lui, per poi svelargli successivamente di conoscere il rimedio sicuro per il suo male. Altrettanto utile è per il malinconico, la possibilità di viaggiare verso luoghi lontani e sempre nuovi. Il viaggio infatti fa si che, anche contro voglia, si presentino alla mente dei soggetti, sempre nuovi oggetti.98 Nel caso specifico delle malinconie vere, sarà fondamentale alimentare la speranza. Non bisogna tuttavia, sottovalutare l’effetto positivo che possono avere lo spavento e l’amore: queste passioni possono aiutare la mente a cancellare l’oggetto del delirio (a condizione che vengano risvegliate con tutta la naturalezza possibile). Nell’ambito religioso, potrebbe essere utile incutere timore delle leggi divine e, allo stesso tempo, condurre l’individuo ad essere confortato dalla fiducia in Dio. Chiarugi specifica più volte quella che è la caratteristica fondamentale della malinconia furente: l’odio contro una creatura, specialmente umana.99 Per questo motivo, potrebbe essere di aiuto al malinconico, la conoscenza degli aspetti positivi dell’oggetto dell’odio, in modo da condurlo a percepire l’ingiustizia della propria rabbia. Secondo Chiarugi, i rimedi più efficaci nel caso delle malinconia vere sono quelli stimolanti e “tonici”(per esempio massaggi alla nuca o alle gambe) oppure l’uso di aromatici, in particolare vegetali, quali per esempio assenzio e valeriana. E ancora, benefica è la somministrazione (in dosi corrette) del vino, che porta allegria nello spirito; dei bagni caldi; dei purganti e dei metodi di emissione di sangue (solo in casi rari) e dell’oppio, naturalmente usato con
98
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico./ T.2., Luigi Carlieri, 1794, p. 69. 99 Ivi, p. 73.
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accortezza. Nel caso delle malattie furenti, sarà utile, ovviamente, tutto ciò che porta a sedare la collera, dunque: calmanti, emissioni di sangue e catartici. I rimedi farmaceutici, saranno al contrario inutili nel caso delle malattie spurie. Chiarugi, prevede per i malinconici, una dieta a base di cibo facilmente digeribile, con un discreto uso di latticini, carni ed erbe amare. È invece preferibile non mangiare legumi e pesci gelatinosi.100 A tutto ciò si può aggiungere, l’inalazione di aria pulita, e una buona attività fisica. Questo autore non da molta importanza, al contrario di Ficino, all’esperienza musicale: quest’ultimo ritiene che l’immaginazione essendo nel bel mezzo tra l’anima e il corpo riporta l’equilibrio tra le diverse sfere celesti. Ficino include nel concetto di “immagini armoniche” varie pratiche che vanno dalla musica alle danze, dai vapori ai profumi.101 Tesauro e Bartoli affermano invece che la scienza e l’apprendimento sono i principali metodi per sconfiggere la malinconia e, allo stesso tempo, ne costituiscono la principale fonte. 102 Ramazzini individua nella società la vera cura della malinconia.
100
Vincenzo Chiarugi, Della pazzia in genere, e in specie. Trattato medico- analitico/T.1, Luigi Carlieri, 1794. 101 Massimo Riva, Saturno e le grazie, Sellerio editori, Palermo, 1992, p. 25. 102 Ivi, p. 31.
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MESMER E LA MACCHINA NERVOSA
La fenomenologia del fluido. A fine 600 le indagini sull’anatomia (in particolare gli studi di Thomas Willis) portarono ad un cambiamento sulle opinioni riguardo al sistema nervoso, rispetto a quanto avevano stabilito le teorie umorali. Infatti da questo periodo in poi si passò dalla visione dei nervi come indicatori della forza fisica ad una visione che li mette invece in luce come quei filamenti viventi che consentono al corpo di trasmettere e ricevere le informazioni. In particolare viene data, fino alla fine del 700, molta importanza alle sensazioni: si riteneva che la sensibilità venisse prodotta nel sistema nervoso.103 Nel 700 nasceva l’idea della macchina nervosa ed il confine tra salute e malattia si assottigliava sempre di più. Georges Canguilhem (filosofo e storico della scienza) individuava la differenza tra medicina antica e medicina moderna nel fatto che la prima si basava sull’unione tra ordine cosmico ed equilibrio degli organismi viventi, mentre la seconda sulle nuove esperienze della fisica. Franz Anton Mesmer (1734-1815) fu uno degli studiosi che favorirono il sorgere della fisiologia ottocentesca nella seconda metà del 700, grazie alla sua fusione tra la necessità di applicare alla medicina le scoperte della fisica e quella di seguire il naturale svolgimento degli eventi patologici. Il mesmerismo si diffuse in Europa nel corso del 700 e portò ad una separazione tra sensibilità e sensazione. Il funzionamento del corpo viene per la prima volta interpretato come un meccanismo automatico. La malattia nervosa viene intesa in questa prospettiva come una condizione di squilibrio del fluido magnetico.104 Mesmer fu uno dei primi a tentare un collegamento tra teoria e pratica terapeutica. Egli pubblicò la sua prima opera “De planetarum influxu in corpus humanum” il 27 maggio del 1766 in occasione del conseguimento della laurea in medicina. In questo scritto egli annunciava il duplice obiettivo di trattare il problema dell’influenza reciproca dei pianeti e voler dimostrare come questa influenza riguardasse in qualche modo anche l’uomo. Il punto di partenza della tesi di Mesmer consiste in una sintesi in tre punti della legge della gravitazione 103
Alessandra Violi, Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, Bruno mondadori, Milano, 2004, p. 2. 104 Ivi, p. 21.
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universale. Egli infatti sottolineava che: tutti i corpi si attirano reciprocamente; questa azione è proporzionale alla quantità della materia; ed infine essa muta in rapporto al quadrato della distanza. Nell’ampio pensiero di Mesmer era inclusa una revisione del concetto di armonia tra gli astri e il mondo umano che egli paragonava ad uno strumento musicale dotato di varie corde. Il medico austriaco usava il termine “consensus” per indicare questa stretta correlazione tra le sfere celesti e i corpi terrestri. Quest’ultimo si serviva della “gravità animale” per condizionare l’elasticità, l’irritabilità, il magnetismo e l’elettricità di tutti gli esseri viventi. Mesmer affermava che ogni piccola (questo aggettivo veniva usato per classificare gli organi della percezione) variazione nell’ambiente causava delle modifiche nella parte del sistema nervoso corrispondente dell’animale. Dunque ad uno specifico stimolo seguiva una reazione del corpo. Mesmer criticava ai medici il fatto di avere poca sensibilità nei confronti della natura e dell’armonia universale e di conseguenza il fatto che essi si basassero eccessivamente sul rapporto causa-effetto nell’ambito della diagnosi e della cura delle malattie. Il medico riteneva utile evitare vaghe speculazioni, e invece affermava che bisognava dare maggiore importanza all’esperienza e all’osservazione: nel suo pensiero i metodi migliori per raggiungere la conoscenza. L’idea dell’esistenza di una forza magnetica in grado di agire sull’uomo risaliva in realtà ad un altro scienzato: William Gilbert. Quest’ultimo aveva individuato diversi tipi di magneti e aveva tra l’altro cercato di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso il comportamento del magnete. Le sue teorie ebbero però poco successo. 105 Mesmer aveva individuato nel fluido un medium della forza di gravità e, questo era uno dei tanti presupposti di cui egli intendeva servirsi per perfezionare la “teoria imitativa”. Il fluido magnetico inoltre avrebbe dovuto aiutare i medici a fare degli enormi passi avanti nell’ambito della prevenzione, piuttosto che in quello curativo.
105
Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p. 36.
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Magnetismo animale e mesmerismo. Nel passato Agrippa, Paracelso ( che introdusse in Occidente l’uso terapeutico della calamita), Della Porta e altri avevano parlato di magnetismo vegetale osservando che le piante erano attratte dai corpi celesti. Nel XVII secolo fu il gesuita Kircher a parlare per la prima volta di magnetismo animale e ad ipnotizzare una gallina. Il termine venne successivamente ripreso da Mesmer che lo utilizzò però per indicare il principio vitale.106 Nel corso del XVIII secolo, il medico austriaco scrisse la sua tesi di dottorato sull’astrologia medica. Inoltre, egli elaborò e diffuse l’idea che il nostro corpo fosse dotato di un “magnetismo animale” che guidava un fluido invisibile in grado di collegarci al pianeta e a noi stessi l’uno con l’altro. Questo importante medico definiva il magnetismo animale come una proprietà del corpo animale in grado di avvertire l’azione degli enti celesti e della terra. Attraverso questo processo diventava dunque possibile spiegare gli sconvolgimenti periodici che si riscontravano nelle donne. Nel 1773 il trattamento di una particolare paziente (Franziska Oesterling) rappresentò la prima svolta per il magnetismo animale. I sintomi di quest’ultima (febbre isterica, vomiti, infiammazione di diversi organi,ecc.) venivano associati ad un eccessivo afflusso di sangue nella parte alta del corpo. Mesmer decise allora di curare la paziente attraverso l’applicazione di tre calamite: una nello stomaco e due nelle gambe: queste portarono nel giro di sei ore alla cessazione dei sintomi. Il medico era convinto del fatto che le calamite avessero proprietà terapeutica grazie all’azione di corpi intermediari. Egli riteneva che le sostanze magnetiche portassero nei pazienti gli stessi effetti della calamita, però a condizione che venissero toccate da lui stesso. Mesmer passò dal magnetismo in generale al magnetismo che sentiva come suo (tanto da arrivare ad affermare che questo costituiva il suo sesto senso artificiale). La sua teoria affermava che la materia magnetica agiva per la sua sottigliezza estrema e per la sua similitudine al fluido nervoso.107 Intorno al 1775 diventò un personaggio illustre, nonché membro dell’Accademia Bavarese delle Scienze. Mesmer non usava le pratiche del salasso e delle purghe e non aprì mai un corpo poiché riponeva tutta la sua fiducia nel fluido e nei suoi presunti effetti sullo spirito molto sottile circolante nel nostro corpo. La prima applicazione 106
Maria Teresa La Vecchia, Antropologia paranormale, E.P.U.G., Roma, 2002, p. 73. Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p.21. 107
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terapeutica messa a punto da Mesmer consisteva in una serie di passaggi localizzati sulla zona del corpo affetta da patologia che mirava a provocare nel paziente delle violente scosse salutari, tutto ciò senza che ci fosse alcun contatto diretto. La calamita aveva semplicemente la funzione di agente conduttore del magnetismo animale; dunque, Mesmer cercò uno strumento che accumulasse il fluido magnetico e lo conservasse per renderlo disponibile nel momento opportuno: egli identificò questo strumento nella vasca. Quest’ultima chiamata anche tinozza, dalla forma circolare e dotata di un coperchio rimovibile, veniva progettata in modo da poter permettere ai pazienti di riunirsi intorno ad essa e trasmettersi il fluido per mezzo di una corda.108 Il paziente non veniva messo più faccia a faccia con il medico ma veniva introdotto in una stanza dalla luce bassa e la visibilità veniva ulteriormente diminuita da pesanti tende che ricoprivano le finestre. Il soffitto era affrescato da simboli astrologici e il fluido magnetico veniva rafforzato dagli specchi. Mentre la tinozza concentrava l’energia, gli altri mezzi dovevano trasmetterla. Una volta iniziata la seduta i pazienti dovevano rimanere fermi e in silenzio e ad un certo punto veniva loro fatta ascoltare una musica e altri particolari rumori che scatenavano negli individui in questione delle reazioni.109 Questa terapia magnetica usata da Mesmer e lo strumento di cui si avvaleva (il baquet), era analogo alla “bottiglia di Leida” realizzata nel 1746 dal fisico Van Musschenbroeck: un condensatore di elettricità che produceva per la prima volta uno shock elettrico artificiale. Con Mesmer il corpo diventa una macchina autonoma guidata dal cervello.110 La sua carriera a Vienna si concluse successivamente ad un grave evento: una pianista ceca che era stata da lui curata aveva perso in seguito alla sue cure anche la capacità di suonare. Giunto a Parigi nel 1778 ottenne l’ammirazione di Luigi XVI ma i componenti dell’Académie des Sciences lo respinsero. A Parigi egli mise in scena una vera e propria teatralizzazione del corpo. In particolare i pazienti isterici perdevano temporaneamente la percezione, in successione alla terapia e questa fase veniva considerata il momento della crisi in cui la macchina nervosa subiva una scossa e diventava oggetto delle sensazioni. 111
108
Ivi, p.28. Ruggero Eugeni, La relazione d’incanto: studi su cinema e ipnosi, Vita e Pensiero, Milano, 2002, p. 73. 110 Alessandra Violi, Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, Bruno mondadori, Milano, 2004, p. 22. 111 Ivi, p. 24. 109
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In un saggio del 1781 “Précis historique” Mesmer faceva risalire la scoperta del magnetismo animale al 1766, ma in questo preciso periodo ciò che lui intendeva per magnetismo animale era un’operazione universale della natura finalizzata alla guarigione degli uomini. Nell’estate di quello stesso anno Mesmer arrivò in un noto centro termale situato nel Belgio, Spa, frequentato da ricchi turisti ansiosi di provare i trattamenti magnetici. Mesmer diede vita ad una corrente definita “mesmerismo”, che oggi viene anche chiamata “ipnotismo”. Egli ipotizzava che il corpo fosse connesso all’universo attraverso il suo fluido magnetico, il quale poteva essere incanalato da magneti esterni e da metalli allo stesso modo in cui il mare sentiva la forza di gravità. Inoltre, secondo il medico la gravità agiva all’interno di questo flusso. Il meccanismo da lui sostenuto veniva considerato come vero senza che si sentisse la necessità di indagare ulteriormente. Alla “Societè de l’Harmonie Universelle” fondata dal suo seguace Nicolas Bergasse nel 1783 aderirono centinaia di studenti. Il regolamento di questa società si basava soprattutto sul valore universale dell’armonia, sul carattere evangelico della natura e sulla squilibrata distribuzione del fluido in caso di malattia: attraverso questo documento tutti i soci si impegnavano nella diffusione del mesmerismo e soprattutto nella salvaguardia di Mesmer. In un saggio pubblicato nel 1784, Bergasse accusava coloro che non credevano nell’esistenza del fluido universale e affermava che l’uomo assoggettato alla corrente gravitazionale e a quella magnetica viveva in simbiosi con la natura, dalla quale riceveva costantemente sonno, materia e movimento. Le sedute di Mesmer avevano come cornice una predisposta ambientazione: buio, suoni particolari, specchi, acqua che scorre e così via. Processi ambigui e misteriosi, probabilmente frutto di ipnosi. Al cuore dell’ipotesi di Mesmer vi era dunque l’idea che ogni essere umano fosse portatore di una data quantità di magnetismo animale: questo era presente in quantità maggiore in alcune persone che di conseguenza svolgevano la funzione di guaritori; d’altra parte vi erano altri individui, vittime di alcune patologie, in cui era presente in dose minore. Egli ebbe un enorme successo tra i parigini, tanto che alcune terapie iniziarono ad essere condotte all’aperto intorno ad un “albero
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magnetico”: questo soprattutto per andare incontro ai meno agiati.112 Mesmer alla fine dovette lasciare anche la Francia poiché la commissione creata per indagare su suoi metodi, con il “Rapport des commissaires chargés par le roy de l’examen du magnétisme animal” apparso nel 1784 ostacolò le sue pratiche curative. La presidenza della commissione era stata affidata a Lavoisier che concluse la relazione. Bally (un altro membro della commissione) aveva annotato che le reazioni dei pazienti erano precedute da uno stato di stupore e, nonostante che apparentemente il magnetizzatore non sembrasse essere presente, tutto accadeva proprio grazie a lui. Lo scopo della commissione era soprattutto quello di dimostrare che la guarigione che risultava dalle pratiche magnetiche fosse legata piuttosto all’immaginazione. L’immaginazione veniva definita da Bally non come la capacità di vedere ciò che in realtà non esisteva ma come la disponibilità ad assumere quel ruolo che il dispositivo richiedeva.113 I membri infatti ritenevano che fosse quest’ultima la vera origine del magnetismo e che le crisi che le tecniche magnetiche causavano erano in realtà dovute alla tendenza che i pazienti avevano di imitare gli altri individui con cui entravano in contatto. Ciò nonostante, diversi erano gli ammiratori di Mesmer; uno tra questi fu il fondatore della psichiatria Philippe Pinel che concordava con quest’ultimo sul fatto che le malattie avessero origine nella regione detta “ipocondria” (dunque nei visceri). La mania era associata alla malinconia e all’ipocondria e la sua sede veniva individuata nelle budella.114 Dopo il 1786 proliferarono diversi saggi sul mesmerismo, tra questi possiamo ricordare una brochure dal titolo “Lettre d’un provincial au R.P.N.*** che sponsorizzava il trionfo del magnetismo sui pregiudizi. Tra i maggiori interpreti del fluido magnetico possiamo citare Servan che affermava che a formare la corrispondenza universale degli esseri era proprio il fluido.115 Mesmer e i suoi discepoli decisero di riassumere in un testo la dottrina del fluido, pubblicando l’opera “Aphorismes de M.Mesmer” nel 1785. In questo volume il corpo veniva descritto come un agglomerato di unità di materia e veniva definito “organico” nel caso in cui questo insieme desse vita a delle nuove proprietà rispetto a quelle precedenti; in caso contrario veniva invece 112
Damiano Palano, Il potere della moltitudine: l’invenzione dell’inconscio collettivo nella teoria politica e nelle scienze sociali italiane tra Otto e Novecento, Vita e Pensiero, Milano, 2002. 113 Ruggero Eugeni, La relazione d’incanto: studi su cinema e ipnosi, Vita e Pensiero, Milano, 2002, p. 78. 114 Noga Arikha, Gli umori sangue, flemma, bile, Saggi Bompiani. 115 Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p. 64.
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definito inorganico. Lo spazio veniva inteso come una quantità di punti immaginari nei quali era situata la materia: quest’ultima conservava la quantità di movimento raccolta in principio. Se il fluido si muoveva in una sola direzione, allora nasceva una corrente che insinuandosi in ogni corpo
ne provocava il movimento. Mesmer dunque
concludeva che l’universo era colmo di fluidi e materia e che i corpi presenti nell’universo mostravano un’influenza recicproca (che dipendeva dalla massa e dalla distanza) gli uni verso gli altri. È proprio quest’ultima a formare il magnetismo. Il fisico francese Coulomb, utilizzando uno strumento chiamato “Bilancia di torsione”, riuscì a dimostrare il parallelismo tra elettricità e magnetismo. Il procedimento vedeva due sferette (una sospesa ed un’altra fissa) che si respingevano nel momento in cui veniva trasmessa una carica elettrica. Mesmer riteneva che anche l’uomo, mediante le diverse proporzioni tra materia e movimento poteva essere indotto in uno stato di sonno o al contrario di veglia, o ancora poteva nascere in lui una malattia o meno. L’uomo (in possesso del movimento universale) iniziava la sua esistenza in uno stato di sonno e la quantità di movimento ricevuta in questa fase garantiva l’adeguato sviluppo degli organi. D’altra parte il concetto di salute coincideva con quello di armonia: di conseguenza la guarigione era intesa anche come principio di conservazione.116 Nella tesi mesmerista l’uomo veniva paragonato ad un conduttore elettrico in grado di ricevere e trasmettere corrente sia a distanza che per contatto. Questa forza poteva essere aumentata o diminuita da altri tre processi: i movimenti comuni, la trasmissione ai corpi rigidi e la quantità dei corpi alla quale veniva inviata. Il percorso conoscitivo umano iniziava grazie ai nervi e in questo percorso avevano un ruolo principale gli organi di senso, dei quali i nervi costituivano appunto la porzione più grande. All’istinto veniva invece attribuita la capacità di mostrare l’autentica realtà che i sensi da soli non erano in grado di mostrare. La malattia non era altro che l’allontanamento dall’armonia e la manifestazione della patologia veniva chiamata “ sintomo sintomatico”. Il compito del medico consisteva nel favorire l’eliminazione di quest’ultimo, e nel cercare invece di favorire il sintomo critico, cioè le applicazioni della natura contro le malattie stesse. Lo scopo delle terapia medica doveva essere quello di aumentare nel corpo del paziente maggiore irritabilità, elasticità, fluidità e 116
Ivi, p. 70.
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movimento. Nel corso del 1785, mentre Mesmer si dedicava alla stesura di una nuova “Mémoire”, comparve ad opera di studiosi quali Piles, Saint-Méard ed altri, un volume incentrato sulla descrizione di un nuovo metodo curativo che si basava sull’utilizzo di una vasca mesmerica ottagonale di sei piedi di diametro collegata da un tubo ad un’altra vasca di diametro minore. Questi autori, mettendo in discussione l’idea mesmeriana dell’unità della malattia affermavano, che ogni vasca era in grado di curare una patologia differente. Il metodo definito “baquet moral” mirava alla cura delle patologie non fisiche bensì morali dell’individuo in questione: il paziente era invitato a collocarsi nella parte sinistra della vasca in modo da poter garantire l’individuazione del vizio che lo rendeva infelice e in modo da poter inoltre provocare una crisi; successivamente egli doveva spostarsi nella parte destra della stessa vasca e questa seconda parte del processo curativo serviva per rafforzare nel paziente la virtù opposta a quel vizio. Mettendo in pratica questa nuova metodologia si andava però contro a ciò che aveva affermato Mesmer in quanto venivano attribuite ad un macchinario artefatto quelle doti che egli riteneva avessero solo pochi eletti. Nel 1799 la comparsa del “Mémoire” all’interno della quale Mesmer tentò un inquadramento del sonnambulismo artificiale fu sicuramente uno dei momenti che segnarono la fine della dottrina mesmeriana.117 In questo testo il medico ribadiva che gli esseri umani acquisivano le idee sulle cose attraverso i sensi e che l’essenza del fluido era la fluidità e questo poteva essere descritto solo patologicamente. Egli vedeva come ormai dimostrati, a differenza di quanto aveva sostenuto originariamente, l’esistenza del fluido e i suoi effetti derivanti dalla relazione tra movimento e organizzazione dei corpi. Il fluido assumeva la forma del movimento e della sensazione assoggettando l’individuo alla propria azione. Mesmer si opponeva dunque alle tesi umoralistiche che attribuivano all’errata distribuzione dei fluidi l’origine delle malattie e, sosteneva d’altra parte i solidisti affermando che il movimento dei solidi, sui quali il fluido universale aveva effetto, determinavano il funzionamento normale o meno dei fluidi umorali. Secondo il medico austriaco, lo strumento di cui il fluido si serviva per agire sui movimenti era la fibra muscolare, caratterizzata dalla capacità di contrarsi o di rilassarsi (dunque dotato di irritabilità). Egli intendeva rafforzare l’idea della contrazione e dilatazione delle fibre 117
Ivi, p. 82.
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muscolari come principio di vita. La causa della malattia era da ricercarsi o in una perdita di irritabilità da parte di un vaso sanguigno che gli rendeva impossibile la contrazione, oppure nella situazione in cui l’irritazione di un vaso sanguigno aveva difficoltà nella dilatazione. Secondo Mesmer i medici non riuscivano a comprendere quelle patologie, come l’epilessia o la mania e così via, che Pinel nel 1798 aveva identificato nella categoria “nevrosi” perché tendevano a confondere la crisi, che andava provocata nel paziente per consentire la guarigione delle malattie croniche, con la malattia stessa. La crisi invece non era altro che l’impegno del corpo umano, causato dalla legge del movimento per favorire il superamento dell’ostacolo. Egli non vedeva la malattia come un insieme di sintomi e ne individua la causa nella cosiddetta “legge del pieno” che affermava che nello spazio pieno di materia niente poteva spostarsi se non vi era qualcos’altro che ne prendeva il posto. A regolare la relazione tra i corpi era secondo Mesmer una legge meccanica: la principale funzione del fluido era quella di rinforzare l’azione della fibra muscolare attraverso un movimento tonico accelerato, quindi attraverso quel movimento oscillatorio, di vibrazione e rotazione che le particelle di un fluido attuano durante la loro interazione. Nell’ambito di questa visione, la morte rappresentava il passaggio dal movimento alla stabilità.118
Il sonnambulismo artificiale. Ciò che noi oggi chiamiamo ipnosi e il suo ambito di applicazione: la psicoterapia, sono proprio ciò che prima veniva chiamato mesmerismo e hanno origine dunque da quell’insieme di pratiche che vanno dall’uso delle calamite alle acque magnetizzate che ad esso facevano riferimento. Nei primi tempi, l’intero fenomeno dell’ipnotismo era considerato anormale. Le allucinazioni e gli stati di catalessi venivano considerati causa dello strano fluido magnetico e ai mesmerismi erano attribuiti dei poteri misteriosi. Uno dei primi rapporti attendibili sui processi di attivazione dei poteri psichici durante l’ipnosi fu quello di un discepolo di Mesmer: “ Du magnetism Animal” del marchese di Puységur. Questo studioso notò che durante questo stato in alcuni emergeva una sorte di 118
Ivi, p. 98.
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nuova personalità e delle facoltà superiori.119 Egli affermava infatti che alcuni soggetti formulavano terapie e diagnosi, altri erano stati capaci di leggere nel pensiero del magnetizzatore oppure di predire il futuro. Fenomeni come insensibilità, rafforzamento della memoria, amnesia al momento del risveglio e così via venivano considerati propri del sonnambulismo artificiale.120 Il marchese sfiorava il paziente e con dei movimenti della mano, l’uso di bacchette di vetro e l’ausilio di un albero magnetizzato produceva il sonnambulismo. Armand-Marie-Jacques Chastenet (appunto il marchese di Puységur) nelle Mémoires del 1784 raccontò diverse esperienze di guarigione attuate da Mesmer e (al contrario di quest’ultimo che voleva in qualche modo mantenere la segretezza sui suoi metodi) descrisse nei dettagli il contesto nel quale queste venivano attuate: nella base della vasca vi erano una serie di bottiglie contenenti acqua; dalla vasca fuoriuscivano invece delle bacchette di ferro a bagnasciuga nell’acqua la cui punta veniva accostata ai pazienti. Puységur ripeteva più volte nel corso del saggio che affinché avvenisse la diffusione del fluido universale era necessario il tocco di Mesmer, quasi per esaltare il suo maestro. Egli chiamava il proprio procedimento “trattamento magnetico-vegetale” e prendeva ispirazione dall’abate Bertholon che affermava che era lo strofinio reciproco dei fluidi e dei solidi a provocare nel corpo umano il movimento delle parti elettriche e che esisteva una relazione tra l’elettricità atmosferica e quella naturale degli uomini. Puységur individuava il fluido universale mesmerico nell’aria pura che la traspirazione dei vegetali produceva durante l’esposizione delle foglie al sole. Egli costruiva la sua teoria su due punti fondamentali: la crisi magnetica, cioè lo stato di sonnambulismo perfetto che corrispondeva alla caduta di alcuni soggetti in una condizione di sonno durante il trattamento e le capacità terapeutiche delle funzioni fisiologiche vegetali. Affinché la “cura” potesse avere effetto, era necessario che il paziente fosse in relazione esclusivamente con il magnetizzatore. In questo caso al momento del risveglio (provocato o spontaneo) ci sarebbero stati degli evidenti miglioramenti salutari. Nel seguito del Mémoires (pubblicato nel 1785) comparve una rottura rispetto alla tradizionale dottrina del magnetismo: Puységur infatti individuò due tipi di malattia: accidentale e cronica. Nel caso della malattia accidentale le azioni del paziente e del guaritore dovevano andare incontro e favorire il naturale rafforzamento del sintomo critico; nel secondo caso invece il medico doveva prudentemente decidere 119 120
Simon Edmunds, I poteri dell’ipnosi, Hermes edizioni, Roma, 1986. Maria Teresa La Vecchia, Antropologia paranormale, E.P.U.G., Roma, 2002, p. 76.
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se intervenire con la magnetizzazione o meno.121 Egli affermava che le uniche cause delle malattie potevano essere dei difetti nell’elettricità del sistema nervoso animale. Puységur affermava inoltre che l’uomo (ed in particolare l’intellettuale illuminista) era una perfetta macchina elettrica in possesso del principio vitale e della capacità di trasmettere l’elettricità benefica ai suoi simili. Tra il 1786 e il 1789 l’esistenza del mesmerismo continuò a persistere ma diminuì la tendenza dei mesmeristi ad occuparsi di manipolazioni magiche e della comunicazione con gli spiriti. Mesmer nel 1799 pubblicò le nuove Mémoires in modo da ripristinare l’ordine su quanto veniva detto sul suo sistema e spiegare a suo modo il metodo del sonnambulismo artificiale, che a sua detta non doveva essere confuso con il magnetismo. Egli riprendeva la distinzione tra senso interno (che collegava l’uomo all’universo consentendogli di percepire i fenomeni) e senso esterno (dunque gli organi di senso). Riteneva che gli organi di senso si attivavano alla presenza di qualsiasi fluido, ma nonostante questo erano in grado di rispondere in maniera selettiva e precisa a ciascun tipo di segnale. Vedeva inoltre i sensi come il prolungamento del senso interno (l’intero sistema nervoso), cioè dell’organo in cui si riunivano tutti i nervi. Era questo luogo la sede delle sensazioni, le cui componenti ( cervello, midollo spinale e circoli nervosi) erano nel suo pensiero simili ad un’orchestra: l’armonia del suono si aveva solo in caso di accordo perfetto. Questa metafora che affermava che le sensazioni si divulgavano come delle onde musicali aveva dei legami con la logica delle vibrazioni che si pensava desse la possibilità ai flussi luminosi di filtrare nel nostro corpo e far vibrare i filamenti nervosi. 122 Nel sonno naturale i sensi dell’essere umano venivano sospesi e il senso interno diventava il solo “organo delle sensazioni”. Nel caso del sonnambulismo provocato, secondo Mesmer si attivava il sonno critico, una condizione a metà tra la veglia e il sonno naturale.123 Il corpo nervoso durante questa fase era in grado di imitare i gesti del magnetizzatore arrivando alla cosiddetta “comunità di sensazioni”. La macchina
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Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p.88. 122 Alessandra Violi, Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, Bruno mondadori, Milano, 2004, p. 4. 123 Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p. 101.
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corporea iniziava un rapporto con l’esterno che procedeva tra attività e passività. Il medico diventava in grado di gestire il fluido e la materia. Grazie al sonnambulismo artificiale si iniziava a diffondere il pensiero che vi era un mondo interno dell’uomo inesplorato e popolato di fantasmi e suggestioni. D’altra parte ci si rendeva conto che questo poteva essere influenzato dall’esterno ed erano proprio i nervi a creare questo collegamento. I fisiologi si stupivano del fatto che poteva esistere un punto in comune tra tutte le sensazioni da cui poi nascevano le volontà. Secondo Coleridge è dall’ipersensibilità nervosa causata dal magnetismo animale che nasceva la falsa immaginazione. Il mesmerizzatore era colui che guidava e muoveva i fili nervosi del cervello. Il sonnambulo riproduceva e metteva in scena il corpo isterico e quello nervoso.124 Come afferma Luigi Traetta nella sua opera del 2007, il messaggio che si può trarre dal mesmerismo è che la salute può essere in realtà alla portata di tutti: bastava vivere in armonia con l’universo e lasciarsi aiutare.125 Nel corso del 1815 diversi studiosi si riavvicinarono al mesmerismo rendendosi conto che all’uomo erano sconosciuti alcuni pensieri e ragionamenti della mente: la corrente infatti si diffuse in Francia, in Germania, negli Stati Uniti e in Inghilterra dove Braind fu il primo ad ipnotizzare alcuni pazienti utilizzando il metodo dell’osservazione di un oggetto luminoso. Qui le sedute ipnotiche venivano anche associate alla fotografia. Si affermava che la traccia fotografica riusciva a riprodurre le onde nervose della mente sviluppando una sorta di lastra del cervello.126 Nel 1845 la scrittrice Harriet Martineau pubblicò le “Letters on Mesmerism” smentendo l’idea del mesmerismo come potere esclusivamente maschile che invece si era diffusa. Attraverso il sonnambulismo il sistema nervoso diventa trasparente e ancora una volta è possibile vedere tutti i processi interni al cervello. Nel 1838 il professore di medicina dell’University of London (John Elliotson) iniziava una lezione sulle terapie mesmeriche. Durante le sedute le malattie tendevano a confondersi con i fenomeni del magnetismo e Elliotson affermava che ciò che stimolava
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Alessandra Violi, Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, Bruno mondadori, Milano, 2004, p. 41. 125 Luigi Traetta, La forza che guarisce. Franz Anton Mesmer e la storia del magnetismo animale, Edipuglia, Bari, 2007, p. 106. 126 Alessandra Violi, Il teatro dei nervi. Fantasmi del moderno da Mesmer a Charcot, Bruno mondadori, Milano, 2004, p. 90.
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il mesmerismo erano il cervello e la spina dorsale: dunque non si portava in gioco l’immaginazione. Nei
pazienti (ma erano soprattutto le donne a sottoporsi ai
trattamenti) avveniva un mescolamento dei sensi. Il mesmerismo si poneva a metĂ tra la meraviglia e la scienza. Nonostante questo tra il 1860 e il 1880 magnetismo ed ipnosi giunsero alla fine del loro percorso.
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