L'anima femminile attraverso l'obiettivo: Ana Mendieta, Francesca Woodman, Fabiola Ledda

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A CCADEMIA DI B ELLE A RTI S ASSARI ___________________________

CORSO

DI

D E C O R A ZI ON E

L’ANIMA FEMMINILE ATTRAVERSO L’OBIETTIVO: Ana mendieta, Francesca Woodman, Fabiola Ledda

Relatrice: PROF.SSA SONIA BORSATO

Tesi di Laurea di: SILVIA SANNA

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


Ai miei genitori e a mio fratello Gian Mario...

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INDICE.

1. Breve viaggio nel Novecento.

I“ La fotografia.

2. Donne.

I“ Donne e fotografia, due solitudini che si incontrano.

II“ Vite fotografiche, storie di donne attraverso l'autoritratto.

3. Anni Settanta e Ottanta.

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4. Il ritratto fotografico: la fotografia come testimonianza, introspezione e affermazione di esistenza.

I“ Ana Mendieta.

II“ Francesca Woodman

III“ Fabiola Ledda

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

Ringraziamenti

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1. Breve viaggio nel Novecento.

Il Novecento, l'ultimo secolo del millennio, i cento anni che avrebbero dovuto chiudere la storia dell'umanità, porta con se importanti cambiamenti che vanno dal campo sociale a quello artigianale: l'invenzione dei mezzi informatici e comunicativi che sono entrati nelle case di tutti e diventati quasi indispensabili; la produzione che passa dall'artigianato all'industria; la nuova posizione assunta dalle donne; la nascita del settore terziario; la costruzione di armi sempre più potenti. Mutamenti apparentemente piccoli ma di incredibile portata per la società e che si sono spalmati lungo l'unico secolo segnato da ben due conflitti bellici mondiali. La Prima Guerra Mondiale (1914-1918“ segnò l'inizio del decadimento delle ideologie: il conflitto che può essere contemporaneamente considerato come la guerra romantica (perchè sostenuta dall'entusiasmo e dall'idealizzazione della maggior parte della popolazione“ e il primo vero conflitto moderno, lasciò il mondo destabilizzato, impoverito ma con esigenza di vita e nuove partenze. Dopo solo ventanni il mondo dovette affrontare una seconda guerra mondiale: iniziata nel '39 terminò sei anni più tardi, nel 1945, lasciano un mondo

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incredibilmente devastato (basta a pensare all'uso della bomba atomica“ ma per questo ancora più bisognoso di riscatto e di riflessione autonoma sul concetto identitario. Il Novecento è stato un secolo costellato da importanti, carismatiche, letali personalità: Mussolini, Stalin, Hitler, Roosevelt, i Kennedy, Mao Tse-Tung, Che Guevara, Fidel Castro. Uomini che ancora affollano i pensieri e le bandiere di uomini che ormai vivono in un nuovo millenio. L'arte non poteva non risentire e anzi precedere queste piccole grandi rivoluzioni. Il primo grande stravolgimento rispetto al passato è una sorta di rifiuto verso la tradizione artistica precente, un allontanamento da un accademismo avvertito come soffocante. Dagli impressionisti in poi la pittura di storia viene messa da parte per vivere il qui e l'adesso, un eterno presente in cui intervenire e sentirsi uomini del proprio tempo. Nel Novecento tutto si muove veloce, i movimenti artistici si susseguono e si sovrappongono: i Fauve (1905“. l'Espressionismo (1907“, il Cubismo (1907“, il Futurismo (1909“, il Dadaismo (1913“, l'Astrattismo (1910“, la Metafisica (1917“, il Surrealismo (1924“ sono solo i principali moti artistici che hanno sparso i nuovi semi dell'arte nei primi cinquant'anni del secolo. L'arte fu il mezzo con il quale manifestare la crisi della razionalità moderna, in 6


cui il caos e l'insensatezza che sembravano governare il mondo vengono rappresentati dall' informe e da un'arte vissuta come esperienza.1 L'opera

nasce

dall'improvvisazione,

dall'esperienza,

dall'azione

fisica

dell'artista, dal caso e dal passare del tempo durante la realizzazione. Si sentiva la necessità di un nuovo realismo in cui la realtà non sarebbe più stata rappresentata , ma scelta, modificata e presentata .2

I. La fotografia.

Parlando di realtà viene naturale inserire nel discorso la fotografia che con il concetto stesso di realtà ha intrattenuto un rapporto privilegiato e che nel Novecento ha rivestito un ruolo da protagonista. Rispetto alle novità che offriva l'arte contemporanea all'inizio del Novecento, la fotografia, inventata solo da sessant'anni, dava l'impressione di essere già vecchia. Le innovazioni portate da Cèzanne, dal Cubismo (1907“ o dall'Espressionismo (1905-07“ avevano fatto traballare l'idea prospettica rinascimentale, mostrandola in crisi rispetto a quella che era la cultura in quel momento in Europa. Cèzanne per dare solidità alla forma aveva pensato alla scompozione in blocchi compatti. Con il cubismo si è cercato di andare oltre alla bidimensione della pittura, dando la possibilità di vedere le cose

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rappresentate da ogni punto di vista. L'espressionismo porta l'espressione sentimentale e individuale dell'artista invece che la normale rappresentazione della realtà, che viene volutamente deformata. Questa corrente si sofferma quindi sull'individualismo. Cinquant'anni prima la fotografia portava avanti quel pensiero rinascimentale al punto da essere presentata non come un'assoluta novità ma come miglioramento tecnologico di un bene già esistente: il quadro 3. Il miglioramento era inteso come semplificazione, perchè la fotografia era capace di dare dell'immagine, in modo semplice e veloce, quello che altrimenti verrebbe affidato a una mano perfetta e meticolosa, un lavoro non all'altezza di tutti. Quindi ad appena sessant'anni dalla sua invenzione ufficiale (1839“, la fotografia, si trovava appesa a una cultura oramai in declino. Ma una delle qualità della fotografia è che invece di arenarsi dimostrò che poteva dare tanto alla contemporaneità muovendosi attraverso le sue due identità, quella materiale, nella quale la fotografia in se viene considerata come un oggetto, una qualsiasi rappresentazione della vita o comunque del mondo, viene quindi vista come un seguito del quadro, e quella concettuale, in cui la fotografia non viene più considerata un semplice oggetto ma viene vista come una spinta, un movimento per la mente. Si rafforzò la consapevolezza che la fotografia era 8


oramai diventata autonoma, e questo portò anche a una collaborazione tra le arti: pittori e fotografi scoprirono le vaste possibilità che la fotografia era in grado di avere nel campo dell'arte, facendo spazio al concettuale. (In questo frangente si inserisce il forte legame che la fotografia intrattiene con il ready made che è l'oggetto già fatto, l'opposto del quadro, o per meglio precisare tutta l'arte contemporanea ha trovato un sostituto al quadro.“ La familiarità che la fotografia dimostra con gli aspetti tecnico sociali del secolo non devono trarre in inganno su quello che è stato il suo travagliato percorso di inserimento e accettazione da parte delle altre arti. Fu nel 1913 che da parte dei futuristi ci fu la protesta anti-fotografica, fu Boccioni che parlando di un suo quadro del 1911 intitolato La strada entra nella casa disse: La sensazione dominante è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone 4.

Boccioni quindi mette in

evidenza un limite del mezzo fotografico, uno dei tanti che venivano sottolineati dai pittori, pur di dimostrare quanto la fotografia fosse inferiore e quanto fosse impossibile che potesse essere considerata arte. Occorsero anni perchè la fotograifa potesse esprimere pienamente le sue potenzialità. Solo 9


con il tempo la fotografia riuscì a conquistare un proprio pubblico, anche se fu molto dificile. Prima della Seconda Guerra Mondiale infatti la fotografia ancora non veniva riconosciuta come arte alta . Il cambiamento ci fu tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta. Artisti del calibro di Andy Warhol e Robert Rauschenberg si interessarono alle realtà urbane, ai media e alla pubblicità e la fotografia divenne parte integrante delle loro creazioni, una naturale estensione della loro arte.5 Gli anni Settanta sono gli anni più pericolosi e più duri, si parla di sequestri, di mafia, di stragi, di droga e di tutto quello che comportava un grande disagio della società: sono gli anni Settanta gli anni d'oro della fotografia che con questi temi si rapporta in modo diretto e privo di filtri. Si assiste al clamoroso ribaltamento della vecchia formula fotografia come arte in quella di arte come fotografia

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perchè non è più l'ideazione di Daguerre a cercare di entrare

a far parte dell'arte nei panni della pittoricità ma è l'arte stessa ad aprirsi alla fotografia per evitare la mono-identità pittorica.7 Spostando i confini del suo fare, la fotografia affianca la Body Art, la Narrative Art e la Conceptual Art. Esaltando il suo valore concettuale prima che formale8: l'utilizzo della fotografia da parte degli artisti di questo periodo va infatti rapportato all'identità concettuale della fotografia stessa. La fotografia è stata attiva in tutta la ricerca della corporeità della Body Art, non come 10


documento ma come elemento fondamentale nel ricreare l'identità, del ritrovare in primis la presenza, la certezza dell'esserci, andando così contro a tutte le censure che sino a quegli anni avevano quasi reso invisibile, tendolo nascosto, il corpo. Gli anni Ottanta, o anni del Postmodernismo, vengono considerati gli anni della grande libertà, libertà di utilizzare la tecnologia più raffinata quanto la rude mano che dipinge o plasma la matteria, libertà di fare riferimento al priprio corpo fisico quanto all'universo mitico del sogno; libertà di formulare un concetto quanto di perdersi nell'arbitrio dell'afasia e del non detto.9 Se fino a questo momento era stata salda una distinzione tra il fotografofotografo e il fotografo-artista una differenza era quella della tecnica che per il fotografo-puro era una questione di qualità mentre per il fotografo-artista era una particolarità alla quale si poteva non dare troppo pensiero negli anni Ottanta queste due individualità si uniscono in maniera libera. La fotografia postmoderna diventa costruita , rimessa in gioco tra verità e manipolazione, tra originale e copia, quando non artificio esaltato, strumento di trasgressione, di ibridazione di generi e forme, svelamento dello stereotipo e del ruolo, o ancora appropriazione, citazione, virtualità ecc.10 Le ragioni di questo mescolamento di carte va fatto risalire alla più generale perdita d'identità denunciata dall'artista di questi anni, l'unica identità possibile è quella che si 11


attinge di volta in volta abbandonandosi al libero flusso degli eventi. L'unica forma di identità possibile è, in altre parole, il riconoscimento della sua perdita irreversibile.11 L'idea dell'io, dell'indivualità, della coscienza cambia, adesso si parla di metamorfosi, della possiblità di essere un'altro, di avere un nuovo io, una nuova apparenza. Quindi la fotografia non è più una testimonianza della realtà, ma si può modificare e trattare, si può rielaborare. Si vede quindi finalmente l'identità dell'artista non più costretta a stare dentro a un'unico modo di fare, le barriere ideologiche sono abbattute. La fotografia bassa (quella prodotta dall'industria culturale“ e la fotografia alta (quella nata all'interno del sistema artistico“12 diventano quindi un tutt'uno. Un'altro fondamentale punto esalta le potenzialità del mezzo, un evento tragico che diventa stimolo per una rigenerazione concettuale: si propaga una nuova malattia, una malattia che uccide, davanti alla quale la società non sa come reagire, non sa come contrastarla: l'AIDS. Questa malattia assieme al cancro diventano le maggiori paure del postmoderno. La malattia annulla l'individuo e sono molti i fotografi che lavorano per testimoniare la lotta di molte persone contro la malattia, la morte rimane quindi uno dei temi sempre affrontati nella fotografia. Ma spesso nel postmoderno viene più rappresentata la morte violenta, per suicidio o assassinio. Un segno, un foro di proiettile, la cicatrice di una ferita, i 12


tratti gonfiati dall'annegamento segnano una differenza che rimanda prepotentemente alla causa, al momento prima della morte, comunque a un tempo e a un'azione: versione postmoderna del valore performativo del segno recuperato dalla seconda generazione dell'arte concettuale.13 Con il tema della morte avanza l'ipotesi di un corpo post-umano, modificato da protesi meccaniche, clonato, un corpo che diventa l'immagine dell'immagine. Con il tema della morte torna anche il tema della guerra, date le molte guerre scoppiate in diverse parti del mondo, guerre tra etnie che per un'idea di pulizia etnica , non portano altro che crudeltà, coinvolgimento di civili, povertà e miseria. Per postmodernismo non si intende una tendenza, ma si considera la postmodernità come un orizzonte culturale ed epocale al cui interno stanno azioni e reazioni diverse che lo costituiscono, ma resta aperta la questione di ciò che dentro l'orizzonte sta con imbarazzo, con disagio, con tempi e ritmi diversi, o con avversione, ciò che, anche senza pretendersi fuori , vede e mostra altro.14 La fotografia è quindi sempre un'immagine che conserva, che fa esistere le cose nel tempo,

Ogni frammento di conoscenza e di esperienza può

scomporsi in un mosaico infinito di immagini. Questo mosaico di elementi discreti è ciò che il mondo è diventato per noi .15 I cambiamenti degli anni Ottanta furono il punto di partenza per il 13


cambiamento avvenuto negli anni Novanta. In questi anni infatti ad acquisire importanza non è più l'oggetto che fa l'opera d'arte, ma è il soggetto dell'opera ad essere importante. L'artista non la guarda e non ne parla standone al di fuori, ma ci sta dentro, ne fa parte, e per questo che negli anni Novanta ci fu la massiccia, per non dire straripante, presenza di fotografia nell'arte.16 Gli artisti di questi anni utilizzano così tanto la fotografia perchè è l'unico mezzo che gli permette

di

soddisfare

il

bisogno

di

fare

arte

essendo

coinvolti

direttamente,essendo protagonisti. La presenza diretta dell'artista nella fotografia significa la presenza fisica, ma non solo, indica anche la presenza mentale. L' importante posizione della fotografia nell'arte contemporanea, quindi, riguarda il rapporto diretto con la realtà.

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Note: 1“ Gillo Dolfles, Angela Vettesr, Storia dell'arte Vol.IV, Novecento e oltre, Bergamo, Atlas, 2008, p.304 2“ Ivi, p.355 3“ Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento, Una storia senza combattimento , Milano, Bruno Mondadori p. 12 4“ Ivi, p. 20 5“ Fotografia del XX secolo, Museum Ludwig Colonia, Milano,Taschen, 2007, p. 6 6“ Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento, Una storia senza combattimento , Milano, Bruno Mondadori p. 168 7“ Ibidem, p. 168 8“ Ivi, p. 174 9“ Ivi, p. 200 10“ Elio Grazioli, Corpo e figura umana nella fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 1998, p. 298 11“ Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento, Una storia senza combattimento , Milano, Bruno Mondadori p. 201 12“ Ivi, p. 202 13“ Elio Grazioli, Corpo e figura umana nella fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 1998, p. 331 14“ Ivi, p. 334 15“ Ivi, p. 341 16“ Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento, Una storia senza combattimento , Milano, Bruno Mondadori p. 229

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2. Donne.

Come abbiamo detto tra Ottocento e Novento molte situazioni a livello sociale e culturale stavano cambiando. Protagoniste di una vera rivoluzione sono state le donne che hanno scalato il secolo per conquistare una posizione di autonomia e indipendenza. Un primo spiraglio di consapevolezza di genere si era insinuato alla fine del IXX secolo, quando la rivoluzione industriale aveva posto uomini e donne in concorrenza tra loro in un mondo come quello della fabrica dove la presunta forza fisica del maschio perdeva valore. Durante la rivoluzione francesce quindi le donne entrano nelle fabriche al posto degli uomini che sono al fronte. Sono sottopagate, perchè donne e quindi inferiori agli auomini nonostante facciano lo stesso identico lavoro, vengono completamente tagliate fuori dalla vita politica, non possono nÊ votare, nÊ essere votate e non possono nemmeno partecipare alle assemblee. Ma loro vogliono essere pari agli uomini, proponendosi pure come soldati volontari per l'esercito francese, per andare in difesa della patria. Venendo respinte dal governo, le donne non si arrendono e molte di loro partono ugualmente per il fronte. In epoca vittoriana, in Inghilterra, regna l'idea della donna come angelo del

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focolare, il sesso femminile non aveva alcun diritto, non poteva votare, non poteva chiamare in causa nessuno e non poteva avere possedimenti. L'unica posizione e possibilità era quella di fare figli e preoccuparsi delle facende domestiche. Durante la prima guerra mondiale furono le suffragette ( venivano così sopranominate le donne che si battevano per il diritto di voto, in riferimento a suffragio, voto“ a battersi per i diritti delle donne, riuscendo a conquistare il diritto al voto che fu il primo importante passo per una scalata verso le pari opportunità. Ottennero in questo stesso momento la possibilità di qualche impiego al di fuori della famiglia e a un maggior riconoscimento a livello sociale. Da qui pian piano, con l'andare avanti del tempo si riuscì a conquistare (almeno, nel mondo occidentale“ maggiori diritti e quindi a rimpicciolire in parte la distanza di posizione tra uomo e donna. Si raggiunsero dei diritti anche per quanto riguarda il divorzio e la violenza sessuale, (nonostante ancora oggi siano molte le donne a subire violenze e non si sia raggiunta la parità dei sessi“. In Italia la condizione femminina migliora dalla metà del XX secolo quando nel 1945, con l'ultimo re d'Italia, Umberto di Savoia, le donne ottengono il diritto al voto. Vengono rivendicati gli stessi diritti dell'uomo anche all'interno della famiglia, nel campo lavorativo e in quello sociale. 17


I. Donna e fotografia due solitudini che si incontrano.

La fotografia nell'Ottocento combatte per entrare a far parte delle arti e per essere considerata tale. Così le donne sino ai primi del Novecento potevano entrare nelle accademie solo come modelle e oggetti agli occhi degli uomini ma non assolutamente come studentesse. Quindi l'unione tra donne e fotografia è stata praticamente naturale. Quell'isolamento dalla cultura al quale erano sino ad allora sottostate le donne ha fatto si che raggiungessero una libertà espressiva di azione che le ha portate anche a capire quanto potente poteva essere il mezzo fotografico per quanto riguarda anche il concettuale. Era come se i complessi di inferiorità dei quali soffriva la fotografia nei confronti della pittura fossero svaniti e che avessero lasciato grandi spazi alle azioni che più le competevano come il fare e l'esserci. La fotografia divenne già a fine Ottocento il territorio di conquista per l'emancipazione sociale ed economica di molte donne soprattutto americane.1 Per ognuna di queste artiste la fotografia è stata un mezzo di esibizione, di ricerca della propria sessualità, di espressione politica ecc. la fotografia era quindi la possibilità di raccontarsi, di parlare del proprio corpo e delle proprie azioni. Dopo diversi studi sui rapporti donna-corpo si è consolidata l'idea che il

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corpo sia per la donna il veicolo principale dell'esperienza e soprattutto della formazione e della definizione di identità.2 La fotografia è come se fosse una forma per recuperare e riscrivere il corpo. L'uso del corpo nella performance si configura quindi come un modo per poter scrivere quello stesso corpo.3 La scelta della fotografia è stata istintiva come la ricerca e la scoperta del sé, diventa quindi un modo di ricerca esistenziale. Sino agli anni Settanta c'era il bisogno di mostrarsi non più come oggetto ma come soggetto e di acquisire autostima, non solo fisica ma anche concettuale, anche per rompere con questa idea voyeristica che ha sempre sottoposto il corpo femminile allo sguardo dell'uomo e per smetterla con l'esagerata morale che ha fatto apparire il corpo come una vergogna. Così le artiste rivendicano il loro corpo e lo fanno dimostrando che lo possono usare come strumento per le loro performance, per la loro arte. Nelle fotografie scattate da queste donne viene eliminata la separazione corpo-nudo, si inizia a lavorare con corpi vestiti e travestiti, e questo é uno dei mondi della fotografia concettuale, quello del gioco sull'identità, la si può scambiare oppure occultare, si può fare quello che la fantasia e l'arte può fare, cioè tutto. Il corpo e la nudità hanno portato il massimo dell'attenzione sulla Body Art, questo è stato il primo movimento dove ci fu una grandissima partecipazione di donne. Fotografare un corpo 19


diventa fotografare, dunque certificare un'identità. Ma è anche al contempo un modo privilegiato per sfogare un'inarrestabile vocazione mondana carnale.4 La liberazione culturale femminile ha inizio proprio nello stesso momento in cui la tecnologia ci regala la fotografia e le artiste ne colgono tutti i vantaggi. Al contrario di quell'immagine della donna che la società e la tradizione lascia loro, le donne cercano nelle strategie di autofigurazione il loro nuovo volto, la loro nuova realtà.5 Quindi se prima si vedeva la donna come incapace per tutto apparte che per le facende domestiche, adesso invece si rivaluta tutto e si guarda con occhio diverso al mondo femminile. La fotografia è una sorta di ricostruzione dell'individuo, ma è anche uno sguardo dall'esterno. Le donne utilizzarono la fotografia perchè si trovarono meglio nel rappresentare vite estreme, anticonformiste e ben distanti da quelli che erano gli insegnamenti del tempo. Già alcune delle prime femministe avevano vissuto delle esperienze che andavano contro le prospettive femminili del momento, alcune di loro facevano parte del movimento femminista e altre simpatizzavano per questo, altre fecero delle esperienze come il carcere o la clandestinità. Così è nelle loro stesse esperienze di vita, che si colloca soprattutto la dimensione più affascinante del loro essere state ostinatamente artiste.6 Straordinarie disse Lea Vergine delle donne artiste da lei incontrate, nel 20


descrivere la malattia mortale per eccellenza: la vita .7

II. Vite fotografiche, storie di donne attaverso l'autoritratto.

E le vite di queste atististe piene di stravaganze erano sicuramente cariche di narcisismo e di bisogno di affermazione. La fotografia permise loro di riaffermare la propria identità e di tornare padrone del proprio corpo. La fotografia dava la possibilità di liberarsi dagli stereotipi, cosa che la società non permetteva. Nella fotografia quindi si trovò il mezzo perfetto per raccontare ed esprimere diversità, esibizionismo e protesta. Le donne lottarono per allontanarsi dal mostrare il loro corpo come oggetto del desiderio e si ribellano al comando degli uomini raggiungendo così una propria autonomia, questo le porterà ad essere considerate per niente femminili o lesbiche. Furono tanti i temi toccati nei lavori di queste artiste come per esempio il certificato di ambiguità dove importanti furono Alice Austen e Claude Cahun. Alice Austen ci parla di problematiche d'identità. Il suo primo approccio alla fotografia avviene a dieci anni, quando uno zio le regala una macchina fotografica, così con tanta pratica si impadronisce della tecnica. Nella

crescita

Alice si

dimostra

sempre

più

carica

di coraggio

e 21


anticonformista. Le prime fotografie che la Austen scatta risalgono a quando lei aveva diciotto anni, si era già quindi pienamente esercitata per essere adesso sicura e pronta per fare tutto quello che la tecnica fotografica richiedeva. Questi primi scatti rappresentano familiari, amici, paesaggi, praticamente il mondo che la circonda, a volte anche lei è tra i fotografati a volte no. Già da questi primi scatti si capisce l'uso che alla Austen piace fare della fotografia, e cioè dei racconti esistenziali. Del suo lavoro è nota anche la parte del reportage sociale, fotografò sia le masse degli immigranti che le realtà dei quartieri più poveri di Manhattan. Nelle sue immagini non vuole compatire, nè polemizzare o protestare, i suoi personaggi per quanto poveri hanno sempre il sorriso e un'aria dignitosa, posano per lei contenti di farlo. Alice viaggiò molto sia negli Stati Uniti che in Europa e in tutti i suoi viaggi era accompagnata dall'inseparabile amica (la loro amicizia iniziò in giovanissima età“ Gertrude, smisero di viaggiare solo perchè le loro condizioni economiche peggiorarono. Le immagini più interessanti di Alice Austen sono però quelle che raccontano lei e la sua vita. In Alice Austen è infatti il nesso arte-vita che, tramite la fotografia, si fa davvero fortissimo, tanto da diventare il vero elemeno chiave della sua pratica artistica.8 Intanto l'amicizia che c'era tra Alice e Gertrude era diventata nel tempo qualcosa di più di un affetto amichevole. La loro era ormai una vita di coppia, nonostante tutti i tentativi da parte della 22


famiglia di Alice di distoglierle, quando ancora erano in giovanissima età, da questo amore sbagliato . Per Alice la macchina fotografia è parte di sè, la fotografia è essenziale per documentare e raccontare la sua vita e le sue esperienze momento per momento. A quei tempi le storie tra lesbiche non erano vietate dalla legge per il semplice fatto che si tendeva a negarne l'esistenza, l'idea comune era che si trattava di vizi passeggeri e del ritardo dello sviluppo. Tra Ottocento e Novecento

l'arte

fece

da

mezzo di comunicazione per la

libertà

sessuale

e

soprattutto omosessuale. Se infatti

alcune

sembrano invece

fotografie

ingenue,

altre

sembrano

rappresentare tutt'altro che semplici giochi tra donne. Queste fotografie sono testimonianze con le quali si vogliono oltrepassare le regole di costume imposte, e andar contro allo steriotipo di donna di quei tempi. Fotografia come dichiarazione di scelte, sessuali e di vita in genere, e manifesto della personalità non convenzionale, indipendente e, ogni tanto, autocratica di chi istintivamente la adottava per 23


tracciare la propria storia.9 Le fotografie considerate più affascinanti sono la serie di ritratti che Alice si scatta con le amiche, con le quali condivide scelte anche molto difficili come l'omosessualità dichiarata e intensamente vissuta.10 Quelle che vengono considerate le più interessanti sono: un'immagine (qui affianco“ in cui lei e le amiche sono tutte vestite da uomo e una di loro seduta mostra in mezzo alle gambe il manico di un ombrello come a fare riferimento alla forma fallica. Oppure un'altra dove lei e Gertrude posano in intimo con i capelli sciolti e la sigaretta in bocca, avvolte da una strana atmosfera di cose notturne private. In quel periodo le donne che si permettevano di fumare in pubblico

erano

soggette

all'arresto, quindi il fatto di farsi vedere così dimostrava un chiaro anticonformismo. Alice Austen scrive in una 24


sua biografia che le sue fotografie non sono particolarmente femminili 11. Forse perchè mostrano una personalità che si fa padrona di modi e diritti allora solo maschili come l'indipendenza e il viaggiare autonomamente, è il mostrare chiaramente una donna che vuole essere ben distante dall'idea della donna come angelo del focolare. La differenza tra lei e gli altri fotografi del suo tempo è che

gli

altri

tendevano sempre a

fare

immagini

impegnative, eleganti e tendenti al pittorico, lei invece utilizza la fotografia per affermare l'esistenza, per parlare della sua vita, per lei la fotografia fu la libertà di esprimere esplicitamente ciò che voleva, le sue idee. Questa è Alice Austen in pillole: una donna dell'Ottocento che si appassiona alla fotografia e al suo amaliante potere di fare coming out nel suo significato più ampio possibile, senza ansie di etichette e senza il bisogno di inseguire il mito dell'arte, ma solo e semplicemente per raccontare se stessa.12 25


Claude Cahun, francese, è molto probabilmente il primo esempio di utilizzo della fotografia per certificare l'ambiguità dell'identità. Durate la sua vita realizza più di quattrocento lavori fotografici, buona parte sono autoritratti. I suoi studi si svolgono prima a casa, sotto l'insegnamento della governante inglese, poi ad Oxford e infine a Parigi alla Sorbona. Il suo nome vero è Lucy Schwob, sceglie Claude Cahun come nome d'arte. Decide di farsi chiamare Cahun che era il cognome di un suo prozio, Claude invece nella lingua francese risulta, come nome, molto ambiguo perchè non sta a specificare nè

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un nome maschile nè un nome femminile. Firmandosi così è come se l'artista volesse rachiudere all'interno del suo nome le radici familiari e non volesse classificarsi in un determinato sesso, ma è come se lei si presentasse come un terzo sesso, non precisando di essere nè donna nè uomo. Esordisce con la letteratura è già da qua dimostra il bisogno del travestimento e del cambiamento dell'identità, troverà poi nella fotografia un ottimo mezzo per portare avanti questa sua idea. Marcel Moore sarà molto importante per tutta la sua carriera artistica, fu infatti la sua compagna e la sua musa ispiratrice oltre a essere la sua aiutante in tutti i lavori. Il vero nome di Marcel Moore era Suzanne Malherbe, ed era la sorellastra di Claude. Le due donne condivideranno tutta la vita e i lavori artistici, vivendo una passione estremamente gelosa e possessiva.13 Claude e Marcel si stabiliscono a Parigi nel quartiere di Montparnasse, e la loro casa divenne un punto di ritrovo di intellettuali e artisti. La Cahun si occupò oltre di fotografia anche di letteratura, di teatro. Nonostante lei trovasse nella letteratura il miglior metodo per approfondire la sua anima d'artista, fu la sua originalissima attività fotografica quella che appare oggi veramente innovatrice.14 L'autoritratto fotografico è per Claude quotidianità, fece però anche ritratti e fotomontaggi. I ritratti sono soprattutto il racconto del rapporto che lei ha con 27


Marcel oppure con i suoi amici più stretti, invece i fotomontaggi sono creati lavorando su elementi fotografici di tipo autobiografico. Il suo lavoro è

comunque incentrato sulla certificazione di ambiguità. Nel 1937 Claude e Marcel per allontanarsi dal regime fascista si trasferiscono nell'isola di Jersey. In questi anni il fotomontaggio diventerà una denuncia sociale e politica, e venivano

distribuiti

di

nascosto

nel

paese,

quando

questo

diventò

evidentemente insopportabile, le due donne vennero arrestate e condannate a morte e molte delle loro fotografie vennero distrutte. Dopo la Liberazione, il giorno stesso della scarcerazione Claude non perde tempo, si fa fotografare all'entrata di casa con l'aquila nazista tra i denti.

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Claude Cahun morì a Jersey l'8 dicembre 1954, Marcel Moore si toglierà invece la vita con i barbiturici il 19 febbraio 1972.15 Quasi tutto il suo lavoro è composto da autoritratti, come una continuità della sua identità artistica, sessuale, sociale e psicologica, tutti i suoi scatti sono in bianco e nero e sono scattati con una Kodak Pocket Camera. Negli autoritratti il suo sguardo è sempre diretto e deciso, sempre verso Marcel che molto probabilmente ha scattato alcuni di quelli che vengono comunque considerati autoritratti. Per la Cahun a differenza della letteratura, la fotografia, apparte qualche scatto, non è destinata al pubblico, tutte le centinaia di scatti sono solo per lei e Marcel. Nel 1911, a diciasette anni si fa il primo autoritratto e da li mette la fotografia al servizio di un'attitudine

esistenziale,

profondamente

introversa;

egoista, la

costringe

dentro al labitinto di un autentico teatro mentale. 16 E fino agli ultimi giorni di vita, non rinuncia a fotografarsi, perchè la fotografia le da la possibilità del travestimento e al tempo stesso la garanzia di esistere, di esserci. Già dai vent'anni il suo corpo è soggetto a mascheramenti, si rade i capelli, le ciglia e 29


le sopraciglia poi nel tempo colora i capelli di colori tipo argento, rosa o ora, si veste in modo maschile o stravagante, va in giro con la faccia truccata come un clown ecc. Tramite la fotografia riesce a non essere un'unica persona, i suoi travestimenti, i cambi d'identità non ci permettono di classificarla, non ci permettono di dire chi è veramente. Il lesbismo e quella che lei stessa chiama la sua androginia diventano il motivo conduttore della

sua

continua

riflessione

nell'obiettivo

fotografico.17 Il neutro è il solo genere che mi si adatta .18 Gli autoritratti, i travestimenti e le ricerche d'identità sono quindi diventati i temi più affrontati nella fotografia, che fu il mezzo che le donne scelsero perchè così si riuscì a cambiare la loro posizione nella società. Altre importanti artiste che lavorarono con la fotografia toccando diversi temi sono per esempio: Julia Margaret Cameron e Madame Yevonde che affrontano il tema della messa in scena dell'immaginario, oppure Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione e Anne Brigman si occupano di narcisismo, del corpo e politica Tina Modotti e Leni Riefenstahl, di Voyerismo Lady Clementina Hawarden e Hannah Cullwick, dei 30


corpi in frantumi Gertrud Arndt e Hannah Hoch. Allora se le donne artiste non appartengono certo ad un universo parallelo, allo stesso tempo non si può dimenticare che c'è stato un tempo in cui qualcuno ha cercato di farglielo credere.19

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Note: 1“ Federica Muzzarelli, Il corpo e l'azione, donne e fotografia tra otto e Novecento p. 7 2“ Ibidem, p. 7 3“ Ibidem, p. 7 4“ Ivi, p. 9 5“ Ivi, p. 11 6“ Ivi,. 12 7“ Ibidem, p. 12 8“ Ivi, p. 165 9“ Ivi, p. 167 10“ Ivi, p. 168 11“ Ibidem, p. 168 ù 12“ Ivi, p. 169 13“ Ivi, p. 180 14“ Ivi,p. 184 15“ Ivi, p. 187 16“ Ivi, p. 189 17“ Ivi, p. 192 18“ Ivi, p. 195 19“ Ivi p. 16

32


3. Gli anni Settanta e Ottanta.

Nel Sessantotto si sviluppano più o meno contemporaneamente, in diversi paesi del mondo movimenti di protesta e di ribellione. A portare avanti questi moti sono i giovani di tutto il mondo, sono soprattutto studenti, uniti indipendentemente dal paese al quale appartengono o dal colore della pelle,sono tutti uniti dalla stessa ideologia. E' la prima volta nella storia che i giovani portano avanti una cosa del genere, le intenzioni sono, oltre al cambiamento delle scuole, quelle di cambiare la società. Vengono contestate le istituzioni politiche, quelle scolastiche, l'autoritarismo dei professori nelle scuole, come quello paterno all'interno delle famiglie, viene rivendicata la libertà sessuale al quale poi seguirà il movimento di protesta femminista. Sul piano politico ci si divide, i paesi dell'Europa occidentale e gli Stati Uniti lottano contro le imposizioni politiche di destra, nei paesi orientali dell'Europa si lotta contro la sinistra. Nelle democrazie occidentali a partire dalla metà degli anni Settanta in politica prevalgono gli orientamenti conservatori, questo è un effetto della crisi, e per questo si affermano politiche neoliberiste che mettono in discussione lo stato sociale e spingono sulla riduzione della spesa pubblica.

33


Il massimo esponente in questo senso è negli Stati Uniti, Ronald Reagan. Il presidente Raegan punta ai tagli della spesa pubblica, al risanameto economico, e all'abolizione di vincoli sull'attività economica. In Europa invece è, in Gran Bretagna, Margaret Thatcher a portare avanti queste idee. Entrambi ottengono dei buoni risultati, a discapito però delle classi più povere, perchè la riduzione della spesa pubblica penalizza proprio le loro condizioni di vita. Negli ultimi trent'anni degli anni Settanta l'Italia attraversa la crisi economica, il terrorismo e la crisi politica. La crisi economica dei primi anni Settanta è particolarmente pesante per l'Italia, per via, oltre dell'aumento del costo del petrolio, anche per la sua dipendenza dalle importazioni. Il sistema fiscale, l'arretratezza tecnologica e il costo del lavoro fanno attraversare un periodo parecchio lungo di inflazione, e per far fronte a questo problema si adotta una politica economica restrittiva. Intanto un'altro fattore grave si presenta in Italia, il terrorismo. Inizia nel 1969 con la bomba che esplode in una banca in Piazza Fontana a Milano lasciando sedici morti e circa cento feriti, è la prima di tante stragi, a opera di un terrorismo di tipo fascista, seguono la strage del treno Italicus in provincia di Bologna, la bomba in Piazza della loggia a Brescia, la bomba alla stazione di Bologna, questi sono i casi più sanguinosi causati da quello che viene chiamato terrosismo nero, l'obiettivo è dare al paese una svolta 34


autoritaria. Dalla metà degli anni Settanta cresce anche il cosiddetto terrorismo rosso portato avanti da gruppi di estrema sinistra che vogliono avviare un moto rivoluzionario. Per via del terrorismo rosso vengono rapiti, uccisi e feriti giornalisti, magistrati, dirigenti di aziende. Il punto più alto che viene toccato e che poi sancisce anche la fine di questo terrorismo è il rapimento, la prigionia e l'uccisione di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, il 9 maggio 1978. Questo comporta una forte reazione da parte del governi (un anno dopo viene ucciso anche il militante sindacale Guido Rossa“, grazie a dei decreti antiterrorismo e alla riduzione di pena ai terroristi dissociati o pentiti, la polizia riusce ad annientare le organizzazioni terroristiche nel giro di pochi anni. Negli anni Settanta si esaurisce il centro-sinistra perchè incapace di assicurare al Paese una stabilità governativa, ma c'è anche il fallimento di un'ipotesi per l'estensione del Partito comunista. Il Pci nei primi anni Settanta ottiene dei buoni risultati elettorali, con Enrico Berlinguer a capo, propone un'alleanza tra le forze socialista, comunista e cattolica. Questa unione per la necessità di mettere in piedi una maggioranza governativa che faccia fronte alla crisi economica e al terrorismo portano Aldo Moro e la Dc ad un'alleanza con il Pci. Proprio il giorno che Aldo Moro viene rapito, il 16 marzo 1978, viene formato un governo di solidarietà nazionale diretto da Giullio Andreotti, ma per via degli scontri interni il Pic torna 35


all'opposizione. In ogni modo tutti i giovani di qualsiasi paese sono legati da una solo idea e cioè modificare la politica e la cultura che domina, sono tutti spinti dall'idea di cambiamento. Negli ultimi trent'anni degli anni Sessanta il mondo ha conosciuto una crescita economica, ma l'inizio degli anni Settanta porta con se una

grande

crisi,

in

questo

periodo

(1973-75“

si

presentano

contemporaneamente due fenomeni, la stagnazione e l'inflazione. Vengono date le colpe della crisi al rincaro del petrolio, che aumeta i costi di produzione (ecco perchè l'inflazione“ e la riduzione della produzione e dei consumi. A questo si aggiuge l'aumento dei costi delle materie prime che aggrava l'inflazione e il rallentamento dei consumi. C'è la crisi dello stato sociale, nel dopoguerra lo stato ha lavorato per sostenere l'economia con la spesa pubblica e dato ai cittadini assistenza e servizi spendendo più di quanto avaveva guadagnato aprendo quindi dei deficit nei bilanci statali. Pare sia proprio questa la causa principale dell'inflazione. Governi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avviano delle politiche basate sulla riduzione della spesa pubblica in campo sociale, la privatizzazione delle aziende pubbliche, allegerimento delle imposte sulle famiglie e sulle imprese. La crisi degli anni Settanta si supera in parte agli inizi degli anni Ottanta grazie al calo dei prezzi delle materie prime e del petrolio, questo permette di 36


contenere l'inflazione. I paesi che producono materie prime hanno iniziato a perdere i vantaggi che avevano acquisito negli anni della crisi , e questo ha portato a una riduzione dei consumi soprattutto in campo energetico. Tutto questo porta, a partire dal 1985 un abbassamento del costo del petrolio, che diventa positivo per i paesi già sviluppati, ma negativo per i paesi del Terzo Mondo che dipendono dalle esportazioni. Questi anni di ripresa portano anche dei mutamenti in campo tecnologico e il decentramento delle produzioni. La crescita dell'informatica ha portato un netto miglioramento anche in campo economico e sociale, il computer diventa un nuovo prodotto da utilizzare in campo lavorativo, entrando anche nelle case dei cittadini per uso personale. Questo ha fatto si che nascesse un nuovo settore economico che negli anni Ottanta ha portato introiti più di qualsiasi altro settore. La sostituzione, nei luoghi di lavoro, dei dipendenti con materiali tecnologici porta però a una grave disoccupazione, la stessa che è diventata uno dei più grossi problemi della società di oggi, non è mai stata da allora raggiunta l'occupazione degli anni Settanta. In Italia, nel corso degli anni Ottanta si esce dalla crisi, questo fu possibile grazie al calo del prezzo del petrolio e delle materie prime, il passaggio di parte delle produzioni a piccole e medie imprese e lo sviluppo del settore terziario, c'è la deindustrializzazione e in particolare la crescita delle piccole e 37


medie imprese. Gli anni Settanta e Ottanta sono anni di cambiamenti anche in campo artistico. Nonostante avesse dei preannunci dagli anni Cinquanta con gli Happening del gruppo Fluxus, la performance arriva al suo con la Body Art degli anni Settanta. Tra gli anni Sessanta e Settanta si fa sempre più forte l'interesse per il corpo. La Body Art riunisce esperieze e modi di lavorare tra loro diversi, quello che hanno in comune è l'utilizzo del corpo da parte degli artisti come mezzo espressivo, l'artista è come ossessionato dall'idea del corpo e delle sue potenzialità, disposti a lasciare il corpo segnato da violenze o a camufarlo con travestimenti, e tutto è documentato con fotografie e video. La performance è costituita da azioni dietro le quali c'è uno studio e una attenta preparazione, in alcuni casi le azioni sono anche forti, dure e aggressive. Durante il corso degli anni Sessanta e Settanta le azioni della Body Art presentano sempre un legame con la società del tempo. Le azioni di questi artisti sono azioni di autoriflessione, così facendo si mettono in gioco e allo stesso tempo è una sorta di critica per il sistema artistico che vive sulla riproduzione di oggetti, ossia di merce. La performance come evento artistico mira a produrre sensibilità, umori, inquietudini e non oggetti. Essa rappresenta l'affermazione del soggetto e la vanificazione dell'oggetto.1 L'interesse dell'artista di Body Art è l'essere presente al mondo, la sua 38


posizione, il tema dell'esistenza è infatti alla base della performance artistica degli anni Settanta, si eseguono una sorta di riti del corpo come a sottolineare l'esistenza, la presenza e il sacrificio verso il mondo. La crudeltà della performance degli anni Settanta è una risposta alla crudeltà del reale, è espressione di un feedback che partendo dall'esistente arriva all'artista e da questi è rimandato al mondo.2 In Austria gli artisti viennesi creano una sorta di teatro crudele, dove si mettono in scena aggressioni e torture, anche su se stessi, passando a volte da vittime a carnefici. In tutta questa brutalità e crudeltà che a volte rasenta anche il cannibalismo, l'elemento utilizzato e che viene celebrato è il sangue. Il collegamento dell'uomo col sangue, soprattutto con quello sparso in guerra, sulle proprie vittime. Il sangue come filo nodale, memoria e ricongiungimento con la storia.3 E' delle prime esperienze legate alla Body Art in Europa, l'Azionismo Viennese si sviluppa in e contro quell'Austria bigotta e priva di libertà dell'individuo, in questo ambiente l'Azionismo è una ribellione, e subito viene preso di mira dalla società perchè reputato immorale,per via delle azioni forti, rituali di morte o erotici, corpi straziati. Gesti estremi che a volte diventano anche autolesionistici, azioni sbalorditive e scioccanti sono messe in scena per cercare una nuova identità. Negli anni Sessanta-Settanta il movimento femminista si fa sempre più strada 39


e diventa sempre più importante. Molte artiste donne, performer, lavorano sul tema dei diritti delle donne nella società. Alla base della Body Art c'è la mancanza di essere accettati per quello che si è o che si vorrebbe essere. Questi artisti vogliono provare tutto il possibile per riuscire a capire e conoscere sino in fondo il corpo e loro stessi. La messa a nudo del corpo è l'ennesimo tentativo di ritrovare un posto nel mondo, solo sperimentando a poco a poco la morte si riesce a saperne un pò di più dalla vita, solo mostrando quanto è precario tutto ciò che siamo abituati a chiamare stato normale.4 Per questi artisti mettere a nudo le proprie debolezze sia fisiche che mentali è l'unica cosa che per molti da la possibilità di agire sulla propria vita. Gli artisti di questo periodo consideravano il corpo, e cercavano di farlo capire anche agli altri, come un mezzo di comunicazione, perchè ha un suo linguaggio. Lavorando con il corpo cercano di allontanare e cancellare tutte le regole imposte dalla società per rendere libero ogni singolo. La figura dell'artista è una figura tragica, spesso legata all'idea del sesso e all'agressività. Tra gli anni Settanta e Ottanta la società diventa totalmente consumistica, e gli anni Ottanta non sono anni di critica ma di esagerazione, vista come l'unico metodo per andare oltre a questa vita. Per via della diffusione dell'AIDS, che tral'altro colpisce molto il mondo dell'arte, le scene artistiche parlano spesso di morte. All'inizio degli anni Ottanta tutto è diventato 40


un prodotto, cresce l'importanza per l'aspetto fisico e la bellezza, quindi il corpo inizia ad essere visto come un oggetto da usare, da manipolare. E' negli anni Ottanta che il corpo, soprattutto quello dell'artista è visto solo come un'immagine. I corpi che vengono esibiti negli anni Ottanta sono legati ai corpi della Body Art degli anni Settanta dal fatto che entrambi vengono messi in mostra, vengono esibiti ed entrambi finiscono per esistere solo se sono legati in un modo o in un altro agli altri, per via dell'interpretazione o del significato che gli viene attribuito. Il culto quindi è quello del corpo, è una macchina felice senza impedimenti, senza sensi di colpa o giudizi dati dalla morale, e la nuova costruzione dell'io diventa un fatto più concettuale e artificiale che naturale5, a quello che è adesso il disfaciamento di tutti i valori, le ideologie, dei modelli ecc, si reagisce con la voglia di ricostruire, di autorealizzarsi, di coerenza e unità, e così gli artisti, fotografi compresi, trovano un buon punto di partenza per nuove esperienze. Viene contestato il mercato dell'arte, soprattutto contro collezinisti e investitori, che hanno del tutto sovrastato i critici e i curatori a livello di importanza nel campo dell'arte. Quando si diffonde l'AIDS, i governi fanno gli indifferenti e per non far accrescere un allarme generale allora vengono indicati i gay come portatori di questa malattia, la soluzione all'AIDS è quella di allontanare gli omosessuali, di tenerli a distanza, ne seguono anche una serie di atti violenti per ragioni sessuali, ideologiche e razziali e gli artisti a 41


questo rispondono con la critica verso la politica. Le operazioni più significative vengono compiute dagli artisti che appartengono al gruppo Act Up (Aids Coalition To Unleansh Power“ che viene fondato nel 1987. Fanno per esempio grosse manifestazioni oppure riutilizzano cartelli pubblicitari o pagine di giornali, adattati a quella che è la loro protesta, questo è perchè hanno capito che la crisi sull'AIDS si può affrontare con i media, e con le manifestazioni in strada, con la partecipazione degli artisti, che oltre a ideare e creare manifesti ed eventi, criticano i media e cercano di aggiustare il tiro sull'idea che si va diffondendo sul tema dell'AIDS, attaccando anche politici e tutti coloro che approfittano delle case farmaceutiche. Gli artisti gay e lesbiche portano la loro omossessualità in campo artistico, vivendola e facendola vivere non più solo come soggettiva ma come una cosa sociale che può avere anche dei cambiamenti culturali. Questi artisti in una certa maniera portano avanti le rivendicazioni

precedenti

delle

artiste

femministe

in

versione

però

omossessuale. Il secondo dopoguerra ha visto emergere la posizione delle donne. La presenza delle donne va crescendo soprattutto nel settore terziario, la scolarizzazione femminile e l'allontanamento dai valori trazionali fanno discutere su quello che è il ruolo della donna e la sua posizione in famiglia. Si sta presentando una figura diversa della donna, una donna sempre più 42


autonoma. Negli Stati Uniti e in Europa negli anni Sessanta cresce sempre di più il movimento femminista, si combatte per avere la parità dei sessi tra uomo e donna, e perchè la figura femminile autonoma e pari a quella maschile venga riconosciuta sia dalle istituzioni che dalla società in generale. Diversamente dal movimento femminista degli anni fra Ottocento e Novecento che aveva rivendicato i diritti sociali e politici, conquistando il diritto al voto, il movimento femminista di questi anni vorrebbe un'emancipazione femminile a tutti gli effetti, quindi anche sul piano economico sociale e culturale. Sono stati raggiunti dei buoni risultati, anche se la discriminazione tra uomo e donna sopravvivono ancora per via della mentalità, e ancora ci sono sia all'interno della famiglia dove i ruoli tra uomo e donna sono ben distinti, e in campo lavorativo, dove per donna la carriera è più difficile. Questo è il motivo per cui la lotta per l'emancipazione femminile è adesso sulla strada delle pari opportunità, per un'eguaglianza effettiva tra donne e uomini. Con il termine femminismo si possono intendere due cose, o le teorie che analizzano la condizione femminile oppure il movimento che si mobilita per la libertà delle donne. Il movimento di liberazione femminile si può dividere in due tempi; il femminismo storico,durante il quale le donne lottano per emanciparsi, per acquisire la parità dei diritti, e il femminismo contemporaneo, che chiede la libertà effettiva della donna proprio partendo dalla mentalità che va a 43


privileggiare il sesso maschile. In Italia la Costituzione sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzione di sesso, inoltre ci sono nel corso del tempo diverse riforme, come la tutela delle madri lavoratrici, l'istituzione del divorzio e la legge per le pari opportunitĂ . In arte diverse donne si fanno strada, con i loro lavori, con i loro autoritratti parlano d'arte, parlano di donne; donne come Ana Mendieta, Francesca Woodman e Fabiola Ledda.

44


Note: 1. Teresa MacrĂŹ, il corpo postorganico, p. 25 2. Ivi, p. 26 3. Ivi, p. 35 4. Lea Vergine, Body Art e storie simili, il corpo come linguaggio, p. 9 5. Elio Grazioli, Corpo e figura umana nella fotografia, p. 309

45


4. Il ritratto fotografico: la fotografia come testimoniaza,

introspezione e affermazione diesistenza.

L'autoritratto fotografico è oggetto di studio anche in psicologia, perchè sembra che ampli ed elogi l'autorappresentazione. Autoritratto, in campo psicologico, non significa solo lo scattarsi delle fotografie, ma si intende soprattutto il rapporto che ogniuno ha con la rappresentazione della propria immagine, perchè questa ci rappresenta nel mondo e ha dunque a che fare con quella che è realmente la nostra identità. La prima possibilità di relazionarci con la nostra immagine è lo specchio, perchè lo specchio è un elemento importante per quanto riguarda la realizzazione dell'identità, e accompagna ogni tappa della nostra vita. Ma, mentre guardandoci allo specchio tendiamo a riconoscerci come immagine, la fotografia ci da la nostra vera immagine, l'originale, perchè un'autoritratto fotografico lo si guarda con più distacco, come se il soggetto fosse un'altro. Lo specchio ci da quello che possiamo considerare il grado zero dell'autoritratto1,

la

fotografia

invece

riesce

a

catturare

e

bloccare

quell'immagine, dando così a chi viene fotografato la sicurezza reale di esistere, di esserci. È quindi come se parlassimo oltre che della nostra 46


immagine, della nostra identità. Inoltre mentre lo specchio ci rende sempre l'immagine che noi vorremmo, la fotografia rende la realtà, a volte ci da delle immagini nelle quali non ci riconosciamo, perchè non sono quelle che vorremmo, motivo per cui la fotografia viene usata anche per trattameti fototerapeutici, per esempio in persone che soffrono di disturbi fisici dovuti all'alimentazione, come persone affette da anoressia, alle quali lo specchio da sempre l'immagine che si aspettano, mentre la fotografia mette loro davanti la vera realtà, dandogli così modo di prendere coscenza della situazione. La pratica dell'autoritratto prevede quella che viene chiamata acrobazia psichica2, una persona per potersi ritrarre ha bisogno di vedersi come oggetto, quindi di vedersi in maniera distaccata, come se fosse quella di un'altra persona. Per questo l'autoritratto in generale è non solo una possibile modalità di riparazione (nella misura in cui consente di proiettare all'esterno, oggettivare ed elaborare le parti malate dell'Io“ ma di per sè la prova di una psichicità ancora sostanzialmente sana e reattiva.3 Per certe persone e in alcuni casi, l'autoritratto fotografico può diventare una sorta di difesa in rapporto a bisogni psicologici, il bisogno di fermare, di dare un senso a particolari momenti, o umori, oppure si immortala ogni attimo importante per andare contro e in un certo senso vincere la nostra precarietà. 47


Nel periodo tra le due guerre, diventa molto importante per chi vuole comunicare

certe cose, come la propria omossessualità o androginia,

l'autoritratto assume quindi un'importanza a livello identitario e psicologico. Le immagini fotografiche vengono appositamente costruite per dare dei segnali, come i capelli corti, i vestiti da uomo o la sigaretta tra le dita per le lesbiche, soprattutto in questo periodo che la fotografia è ancora vista come una cosa per uomini, come guidare o fare lunghi viaggi, quindi per una donna già il fatto di dedicarsi all'utilizzo di questo mezzo era già una mezza dichiarazione, in ogni caso dava l'idea della donna decisa, forte, libera ed indipendente. Tra le due guerre si rafforza una generale identificabilità del mondo lesbo, e si sceglie perchiò la fotografia per la sua grande carica testimoniatrice. Questa esposizione di ambiguità sessuale c'è da ricordare che viene messa in mostra negli anni Venti, questi sono anni in cui c'è un grande cambiamento culturale e sociale soprattutto per le donne. In questo periodo l'identità femminile e l'identità lesbica si trovano a condividere le stesse idee e le stesse pretese, cercano le stesse cose, gli stessi cambiamenti, vorrebbero essere riconosciute a livello sociale, vorrebbero essere libere e autonome in ogni cosa. La fotografia accompagna progressivamente le donne nel loro cammino lento e difficile di uscita dagli stereotipie dalla soffocante cortina di fumo che da 48


sempre le avvolge e le condiziona nei comportamenti e nelle scelte esistenziali.4 In genere in un autoritratto o in un ritratto le persone cercano sempre di vedere quello che sono oppure quello che avrebbero voluto essere, e questo avviene per il bisogno di corrispondenza tra ciò che il soggetto sente e ciò che immagina che gli altri possano vedere e capire di lui.5 La cosa importante, oltre che vedersi sotto diversi aspetti, è il rapporto che si crea tra la figura e colui che la osserva, anche se sono la stessa persona. La fotografia è un aiuto per poter raccontare il proprio essere complesso, stando allo stesso tempo sulle difensive, riuscendo comunque a risolvere la difficile interiorità. La fotografia viene usata anche in campo medico come miglior mezzo di comunicazione tra l'immaginario e la realtà, viene utilizzata per le persone che hanno problemi comunicativi, nello spiegare le cose o nel parlare con un gruppo, la fotografia quindi fa da supporto alla parola6, viene utilizzata anche per persone che soffrono di ansia o di disturbi dell'umore, ma anche con gravi pazienti psicotici o affetti da dipendenza patologica e nel settore dei disturbi della condotta alimentare.7 L'autoritratto è una tecnica molto valida per mettere a nudo quelle emozioni faticose da esprimere, sono in genere le emozioni che scuotono l'interiorità di ognuno. Ogni autoritratto oltre ad essere lo sguardo interno dello stesso artista, è sempre una sorta di performance.8 Nel nostro fare siamo sempre 49


spinti dal desiderio che gli altri pensino di noi ciò che vorremmo. Nonostante tutto c'è uno spazio dentro di noi in cui si crea un rapporto tra noi stessi, autonomo rispetto a quello che è il pensiero degli altri e racchiude un intenso dialogo interiore di percezione, pensiero, giudizio e accettazione. Un processo meraviglioso che non ha bisogno di parole, perchè l'opera contiene tutto e, per colpire, non necessita di essere tradotta nel segno.9 Questi processi vengono avviati inconsciamente dall'uomo per una sorta di auto-guarigione. Nel momento che si fa una performance, l'inconscio crea un'immagine, un'icona, colui che si scatta l'autoritratto non è al corrente di questo sviluppo perchè è intento e concentrato a scattare la foto è quindi concentrato sulla propria interiorità; cosicchè sarà il suo inconscio a portare alla luce un messaggio che instaurerà un legame tra lui e la collettività.10 Il corpo autoritratto esprime emozioni e intimità. Può mettere in luce quello che è sempre stato nascosto. Il nudo fa entrare il soggetto in contatto con la sua profondità. La carne nuda ci apre alla nascita, alla sessualità, alle funzioni metaboliche e alla morte, che esprimono molteplici emozioni e pensieri, i quali, potranno

essere

presenti

nell'immagine.11

Il

nostro

autoritratto

non

rappresenta noi, ma è solo quello che di noi deve venire fuori, è il nostro inconscio che decide. Sinchè l'autoritratto continua a mantenere saldo un dialogo tra il nostro aspetto 50


esterno e quello interiore, se continua ad essere un percorso all'interno del nostro inconscio, non sarà mai dannoso, perchè il fatto di accettarsi porta solo effetti positivi.

51


Note: 1. Stefano Ferrarie e Chiara Tartarini (a cura di“, Autofocus, l'autoritratto fotografico tra arte e psicologia, Bologna, Clueb, 2010, p.14 2. Ivi, p. 21 3. Ibidem, p. 21 4. Ivi p. 105 5. Ivi, p. 145 6. Ivi, p. 157 7. Ibidem, p. 157 8. Ivi, p. 198 9. Ibidem, p. 198 10. Ivi, p. 199 11. Ivi, p. 200

52


I. Ana

Mendieta.

Ana Mendieta nasce a L'Avana, a Cuba, nel 1948. La sua infanzia trascorre felice sino al 1961, quando lei e la sorella vengono strappate alle terre cubane per essere portate negli Stati Uniti a seguito di quella che veniva chiamata l'operazione Peter Pan, che era un piano anticomunista per salvare i bambini cubani all'indomani della rivoluzione castrista.1 Inizia cosĂŹ ad essere spostata da un campo di rifugiati all'orfanotrofio, dall'orfanotrofio a famiglie adottive. Questo la fece soffrire di una pesante depressione. Vive diciotto anni a New York come cittadina di seconda classe, nel 1980 fa ritorno a Cuba, qui conosce e lega con gli artisti emergenti e si avvicina alla tradizione AfroCubana. Quest'artista ha avuto un'importante funzione nell'ambito culturale tra Cuba e gli Stati Uniti. E ancora oggi rimane l'unica artista espatriata nel Nord America ad aver partecipato a delle mostre a livello nazionale a Cuba. Fu una delle prime artiste latino-americane ad aver ottenuto un ruolo importante a New York durante gli anni Settanta. Studia alla Iowa State University e qui decide di passare dalla pittura alle performance. "Nel 1972 realizzai che i miei dipinti non erano abbastanza reali per quello che io volevo comunicare con le immagini e per reali intendo il fatto

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che le mie immagini dovessero avere potere, essere magiche: questo fu il punto di svolta nella mia arte."2 Si avvicina al movimento femminista e questo influenza molto il suo lavoro artistico. Condivide a pieno gli ideali femministi, e fa una personale idea su quella che è la Body Art e la Land Art e ne fa un sunto, inserendo il corpo nel paesaggio. Nei suoi primi lavori parla di violenza, stupri e discriminazione. Dopo che una sua collega universitaria venne stuprata e uccisa nel campus universitario, Ana Mendieta reagisce a questo fatto con due performance, utilizzando il suo corpo. Una la fa all'aperto e una al chiuso. Ăˆ il 1973, Ana Mendieta invita professori e colleghi universitari nel suo appartamento, che ignari, entrando in casa sua, in penombra trovano lei, il suo corpo nudo, pieno di sangue, ricurvo su un tavolo, legato. Tutto viene documentato con un servizio

fotografico,

sconcertati.

Tutto

compresi rientra

a

gli

ospiti

far

parte

dell'opera. Ana Mendieta rivendica la sua cultura, la sua identitĂ , spinta dal rifiuto, in campo artistico, delle donne o degli artisti differenti per etnia. L'artista nei suoi lavori, prende a prestito simboli e aspetti 54


di pratiche rituali di antiche culture indigene delle Americhe, Africa ed Europa e vi incorpora elementi della natura e di riti sacrificali primitivi associati alla santeria cubana .3 I suoi temi sono morte, rigenerazione e desiderio. La sua ricerca artistica è scatenata dalla voglia di dover porre fine e curare le sue lesioni provocate dall'esilio e dall'essere stata orfana, lotta contro la morte culturale provocata da queste brutte esperienze adolescenziali. Le sue sagome vengono uniformate al paesaggio,

segnate

con il sangue,

plasmate con terra, fiori, erba, polvere da

sparo,

brucciate

nel

legno,

galleggiano nell'acqua. Nel 1981 tornata a Cuba, realizza delle sculture rupestri, le scava nelle rocce delle cave alle periferie de L'Avana, alle quali dĂ i nomi delle dee adorate da un popolo dell'isola, i Taino. L'arte di Ana Mendieta, anche se profondamente radicata nella sua esperienza personale, rivela un desiderio appassionato di collegarsi a un'ereditĂ umana piĂš vasta e collettiva.4 Nella storia di Ana Mendieta, vita, morte e arte si intessono. Con le sue 55


Siluetas, Ana Mendieta si rinchiude all'interno della madre terra, relegandosi all'interno di essa, lasciando le sue sagome. Ruotando nell'organico e ricercando se stessa all'interno degli inferi della terra. Inferi si, poichè la Mendieta, così come altre artiste, latine americane soprattutto, intendeva il mondo con un senso di dolore quasi ancestrale e con questo senso tragico ha viaggiato per tutta la sua vita, quasi evitando di afferrare il senso di felicità.5 In tutta la sua ricerca Ana Mendieta utilizza materiali come il sangue, piume, penne, tutto è una lode al dolore e i suoi materiali sono sempre un simbolo di una non pace con il mondo e con il sesso maschile. Mendieta è un'artista degli anni Settanta, contro il maschio, visto come nemico contro il quale lottare, mettendo in luce la parte più violenta dell'uomo, messo in vista come stupratore e violentatore. In questa lotta non c'è l'eventualità di un'interruzione ma solo brutalità, e molti lavori di Ana Mendieta toccano questo aspetto. Le opere di Mendieta realizzate con la terra mettono in scena la morte o la dissoluzione, che comportano la rinascita attraverso il ritorno al ventre materno della terra. Ho aperto un dialogo tra il paesaggio e il corpo femminile (basato sulla mia sagoma“. Credo sia stato il risultato diretto dello 56


sradicamento dal mio paese (Cuba“ quando ero ancora adolescente. Sono assalita dalla sensazione di essere stata cacciata dal grembo (dalla natura“. La mia arte è un modo per ristabilire i contatti con l'universo, un ritorno alla fonte materna. Con le mie sculture di terra/corpo divento tutt'uno con la terra... Divento il prolungamento della natura e la natura diventa un prolungamento del mio corpo. Questa ossessione di riaffermare i miei legami con la terra rappresenta, in tutti i sensi, il risveglio di una fede primordiale in una forza femminile onnipresente, il ricordo dell'abbraccio del grembo, la manifestazione della mia sete di esistenza .7 Inizialmente Ana Mendieta fa le sue performance inserendosi fisicamente in mezzo alla natura, per riaquisire il legame con la terra, poi con il passare del tempo elimina la presenza del corpo in cambio della sagoma, un'impronta nella terra. Nelle sue ultime Siluetas l'artista cubana va contro al consumismo, si elimina dalle sue opere, elimina l'artista come principio e concetto dell'opera. La sua improvvisa scomparsa, la sua sparizione violenta, fa riferimento alla violenza usata dai bianchi sulle donne e sulle persone di colore, rimarcato dagli incavi nella terra somiglianti a tagli e dall'utilizzo del fuoco. 57


È il 1985, quando Ana Mendieta precipita dal trentacinquesimo piano a New York, non si è mai saputo se è stato un suicidio o un omicidio, non si è saputo niente nemmeno dopo il processo fatto a Carl Andre, l'artista minimalista marito di Ana Mendieta, che è stato poi scaggionato. Il destino, bizzarro, ha voluto che la sua ambigua morte abbia relegato per sempre il suo cadavere in una silhouette disegnata col gesso dalla polizia criminale newyorkese.6 La sua opera continua ad ispirare i lavori di giovani artisti nel mondo.8

58


Note: 1. http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artisteviolenza/anamendieta.htm 2.

http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artisteviolenza/anamendieta.htm

3.

http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artisteviolenza/anamendieta.htm

4.

http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artisteviolenza/anamendieta.htm

5. Teresa Magrì, il corpo postorganico, p. 42 6. Tracey Warr (a cura di“, il corpo dell'artista, trad.it., Phaidon, London, 2006, p. 168 7.

http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artisteviolenza/anamendieta.htm

8. Teresa Magrì, il corpo postorganico, p. 42

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II.

Francesca Woodman.

Io vorrei che le mie fotografie potessero ricondensare l esperienza in piccole immagini complete, nelle quali tutto il mistero della paura o comunque ciò che rimane latente agli occhi dell osservatore uscisse, come se derivasse dalla sua propria

esperienza.

1

Francesca Woodman

Francesca Woodman è nata a Denver, in Colorado, negli Stati Uniti, il 3 aprile del 1958. E' figlia d'arte, la madre è una ceramista, il padre un pittore. Muore 60


giovanissima, nel 1981, infatti all'età di 22 anni, si suicida. Tra gli anni Settanta e Ottanta lavora intensamente lasciandoci una vasta produzione, lasciandoci attraverso tutto il suo bellissimo lavoro quella che è stata definita la sua peripezia esistenzale da Achille Bonito Oliva. Nelle sue fotografie Francesca Woodman racconta il suo corpo nudo, sono autoscatti ben lontani dalla pornografia, il corpo è sempre rappresentato interamente, non vengono mai fissati dei particolari, il suo corpo è raccontanto sempre all'interno di architetture. All'amica del cuore Sloan Rankin, che le chiedeva perchè mai insistesse così tanto a usare se stessa come modella, Francesca Woodman rispondeva è una questione di convenienza. Io sono sempre disponibile . 2 Esplora la sua anima con i suoi autoritratti, Francesca Woodman ricerca il suo corpo e la sua intimità. Secondo Marco Pierini, la singolarità dell'autoritratto di Woodman è il gioco psicologico che lo avvolge, dice: Il volto è celato alla vista: a nasconderlo saranno di volta in volta la massa di capelli, il taglio dell'inquadratura, la posa, un'opportuna sfocatura, una maschera, le mani giunte con le palme appoggiate sul viso, di nuovo i capelli. L'artista non offre di sé alcuna visione idealizzata, eroica, caricata di particolari significati. Al contrario, proprio la consapevolezza che il corpo è fatto della stessa stoffa del mondo suggerisce un'immersione della propria immagine nell'universo delle cose. Ecco allora che il corpo di Francesca quasi si assimila all'intonaco dei 61


muri, gioca con la propria ombra, compare da porte e finestre, si nasconde tra i mobili e gli oggetti; la luce ne sfalda la consistenza piuttosto che esaltarla, oppure ne tornisce le forme purchè siano sempre colte come frammenti, come particolari .3 Francesca Woodman fu sconosciuta al pubblico finchè venne scoperta dopo la sua morte, nelle sue foto si sente, latente, silenzioso, quel senso di disagio, quella sospensione alla vita che forse poi la spinse a un rifiuto della stessa.4 Lei è la protagonista delle sue fotografie, il suo corpo nudo, nascosto dietro veli, oppure riflesso allo specchio, a volte ad essere fotografati sono solo alcune parti del corpo, immagini spesso decentrate, fotografie scattate spesso in posti in decadimento, luoghi di abbandono. Sono frequenti all'interno delle sue composizioni fotografiche gli specchi, i fiori, le conchiglie e il vetro. I suoi scatti sono avvolti da un fascino senza tempo, è tutto fermo, immobile. C'è sospensione. Sospensione del respiro. In un frammento di intimità.5 Dura nove anni la sua carriera di artista, inizia a fotografare all'età di tredici anni, e c'è un tema ricorrete nei suoi scatti, che è quello della sparizione. Francesca Woodman fotografa solo ed esclusivamente se stessa. È considerata una delle più grandi ritrattiste della seconda metà del Novecento. Nel 1977 approda a Roma con una borsa di studio della Rhode Island School of disegn, era già stata in Italia diverse volte, i genitori per l'estate avevano 62


aquistato un casale vicino Firenze. Amavano l'Italia e la tradizione italiana. A Roma, in un giorno qualsiasi, entra nella libreria

Maldoror

consegna

e al

proprietario, Giuseppe Casetti, una scatola grigia

dicendo

essere fotografa,"Un

di una

giorno

mi si è avvicinata, mi ha dato una scatola di tela grigia e ha detto: 'Io sono una fotografa'. Ho aperto la scatola - dice Casetti - e sono rimasto sedotto. Era la prima volta che vedevo le sue fotografie. Ero disorientato dal cortocircuito tra l'apparenza adolescenziale e la forza di quelle immagini. Non riuscivo a credere che dietro quel suo aspetto di giovinetta si celasse una donna di un'energia tanto forte. E' stata una meraviglia e una gioia: davanti a me avevo una grande artista".6 Quello che era nato come un soggiorno di studio diventerà invece una grande esperienza artistica, scatta infatti a Roma delle bellissime e straordinarie fotografie. 63


Quando va via dall'Italia Francesca Woodman manda delle lettere agli amici italiani, lettere nostalgiche, è un allarme di disagio provocato dal tentativo di un'affermazione lavorativa e artistica, in una grande metropoli come quella americana, come New York. Il desiderio di ritornare è contrastato dalle difficoltà che la sua attività incontra poichè L'unico problema è che il mondo dell'arte qua ti dimentica se vai via cinque minuti .7 Francesca non farà mai più ritorno in Italia, Rientrata negli Stati Uniti infatti, dà alla stampa un suo libro, primo e ultimo, Alcune disordinate geometrie interiori . In queste pagine si racconta, parla di lei con immagini, dichiarazioni e didascalie, in questi fogli c'è un buco nero, ma non se ne accorge nessuno. Pochi giorni dopo si toglie la vita.8 Si suicida con un volo d'angelo dal suo appartamento nell'East Village di New York. È il 19 gennaio del 1981.9 Cinque anni dopo la sua morte viene organizzata la sua prima mostra postuma, e la critica femminista fa di lei un mito, un esempio di corpo nudo femminile opposto allo sguardo maschile. Francesca Woodman espone il suo corpo nudo in rapporto all'ambiente in cui si trova, che sia questo naturale o architettonico il corpo ne diventa quasi indistinto. Francesca Woodman costruisce fotografie di forte carattere introspettivo: 64


sembra scavare nel profondo del proprio animo cercando, attraverso l'espressione fotografica, di esternare le sue paure ed i suo incubi. Una vita complessa e forse contorta emerge dalle immagini della Woodman; una vita spesso affogata in un'esistenza apparentemente piatta dalla quale, grazie all'uso ossessivo della fotografia, ella sembra cercare di uscirne.10 Francesca Woodman inizia la sua

carriera

scolastica

a

Boulder, in Colorado. Nel 1972 si iscrive alla Abbot Academy

di

(Massachusetts“,

Andover uno

dei

pochi licei in America che danno la possibilità di una formazione artistica. A questo periodo risalgono i suoi primi scatti, tutti fatti con l'autoscatto e poi stampati nella sua camera che ha tramutato in camera oscura. Tre anni dopo si iscrive alla Rhode Island School of Design (RISD“ di Providence. Dal 1977 al 1978 vive a Roma, è borsista della RISD, dove ha una forte fase creativa e dove fa la sua prima mostra personale. Terminati gli studi a Providence e aquisito il titolo di fotografa va a vivere a New York, passando l'estate del 1979 a 65


Stanwood, (Washington“, dove stampa delle fotografie di diverse misure, sviluppate orizzontalemente, sono scatti che rappresentano ancora corpi nudi oppure vestiti in unione con la natura. Dopo aver allestito una mostra-omaggio a Proust rientra a New York, fa diversi lavori e poi prova ad avventurarsi nella fotografia di moda. Nel 1980 lavora al Temple project: un rifacimento della facciata dell'Eretteo (un tempio ionico greco situato sull'Acropoli di Atene“, dove a sostituire le cariatidi si trovano una serie di modelle coperte da panneggi, le architetture del tempio sono stampate a grandezza naturale, il che soddisfa la sua idea di lavorare in grande. Durante l'estate risiede alla MacDowell Colony (Peterborough, New Hampshire“, e lavora su una serie che tratta il tema della conformità con la natura,

le sue braccia, rivestite di

corteccia, sono rami di betulla; il suo corpo, ricoperto da tessuti fiorati, si confonde con il terreno.11 L installazione Tree Piece, nel bosco di Peterborough, nasce dall'idea di restituire alla natura ciò che le è stato sottratto.12 Realizza questo lavoro usando diversi colori, utilizza infatti il seppia, il marrone, l'indaco e il blu, alcuni di questi scatti vengono esposti a New York, e nello stesso anno partecipa a due mostre collettive sempre a New York. Nel 1981 viene pubblicato il suo libro, progettato durante la permanenza romana. Aveva paura di invecchiare Francesca, aveva paura di se stessa e delle sue 66


stesse paure, della sua arte. Probabilmente sola e probabilmente incapace di dare completo sfogo alla sua angoscia, fu preda di una profonda crisi artistica e generazionale, una crisi che non può slegarsi dal fatto che le contraddizioni esistenziali e ideologiche sono maturate in lei in età giovanissima.13 Il 19 gennaio mette la parola fine alla sua storia, aveva scritto:

Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anzichè cancellare confusamente tutte queste cose delicate .1

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Note: 1.

http://www.doozo.it/galleria/56.html

2.

www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/07/18/news/autoritratti_d_autriceadolescente_milano_ricorda_francesca_woodman-5659142/

3.

www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/07/18/news/autoritratti_d_autriceadolescente_milano_ricorda_francesca_woodman-5659142

4. http://mytech.it/digitale/2006/07/26/fotografia-una-dedica-a-francesca-woodman/ 5. http://mytech.it/digitale/2006/07/26/fotografia-una-dedida-a-francesca-woodman/ 6. http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/04/30/news/francesca_woodman_fra_fotografia_e_mist ero-15565852 7.

http://doppiozero.com/materiali/recensioni/vita-avventure-e-morte-di-francesca-woodman

8.

http://notizie.tiscali.it/articoli/collaboratori/garzonio/10/07/francesca-woodman-fotografia.html

9.

http://notizie.tiscali.it/articoli/collaboratori/garzonio/10/07/francesca-woodman-fotografia.html

10. http://www.nadir.it/recensioni/WOODMAN/woodman.htm 11.

http://www.ilmuseodellouvre.com/anteprima/artistaportfoliobio.asp? autoreid=26&artista=Francesca%20Woodman

12.

http://www.ilmuseodellouvre.com/anteprima/artistaportfoliobio.asp? autoreid=26&artista=Francesca%20Woodman

13. http://www.nadir.it/recensioni/WOODMAN/woodman.htm 14. http://www.nadir.it/recensioni/WOODMAN/woodman.htm

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Fabiola Ledda.

Fabiola Ledda è un'artista sarda. È nata nel 1971 in Germania. A Bologna ha frequentato l'Accademia di Belle Arti, dove si è laureata e dove oggi vive e lavora. Il suo lavoro spazia tra fotografia, installazioni, pittura, perfomance e lavori ritmici e sonori. Esordisce nel 1995, partecipa a manifestazioni sperimentali e interazione di linguaggi, cosa che le permette la conoscenza di importanti personaggi del campo della letteratura e dell'arte in diverse parti d'Europa. Il suo lavoro è puntato su temi di denuncia sociale, nel 2002 fa una 69


performance-installazione dal titolo Nella casa del boia , dove l'orrore della guerra viene apertamente dichiarato. Nel 2003 lavora contro la pena di morte con il lavoro intitolato Al muro . La casa della donna a Bologna utilizza nel 2003 le sue opere per la lotta contro la violenza. Tra il 2000 e il 2002 crea la serie Bia e Degradabile e nel 2003 la serie Ofelie , questi lavori sottolineano un crescere dell'attenzione sulla figura femminile. Fabiola Ledda è fotografa di se stessa, si posiziona alla fine della fila di una serie di icone femminili. La Madonna, la Santa, la madre feconda, la donna commercializzata dell'oggi rivivono attraverso i suoi autoscatti in una riflessione che da particolare diventa universale.1 Nel 2005 lavora per il progetto tableaux-vivants Madonne senza bambino . Nel 2006 le viene dedicata una personale dalla galleria

Capitol

di

Cagliari

per

il

lavoro

Petrolchimiche realizzato con Chiara Mulas. Nel 2007 espone a Roma alla FacoltĂ di Architettura Valle Giulia e crea Annunciazioni . Nel 2009 crea Panes e fa una personale al Teatro degli acerbi di Asti e partecipa a diverse collettive. Adesso ha in 70


preparazione diversi video e un progetto urbano che mira a rimettere in discussione il ruolo dell'arte ed i suoi luoghi di esposizione .2 I lavori di Fabiola Ledda sono stati e sono utilizzati per copertine di libri e pagine internet.

Interervista rilasciatami da Fabiola Ledda in data 03/09/2011.

Cosa significa per Lei mettere in mostra un corpo nudo di donna in arte, oggi? Oggi. Intanto io ho iniziato piÚ o meno vent'anni fa, forse oggi non lo farei piÚ. Io credo che ogni corpo sia espressivo, abbia delle cose da dire o abbia dei segni che il passato ha lasciato, quindi spogliarsi è veramente essere, esporsi 71


per me vuol dire, prima di tutto. Cioè essere nudi davanti a un'obiettivo, che poi non c'è nussuno dietro all'obiettivo perchè è un autoritratto, vuol dire proprio esporsi e quindi lasciarsi leggere dal mondo lasciare che gli altri ti leggano e essere nudi appunto è esporsi completamente senza nessun velo, senza armi, come dire fatemi quello che volete, sono nuda sono davanti a voi. Poi oggi non so, oggi, forse oggi o ieri non lo so , per me è così comunque, forse anche in passato altri hanno fato allo stesso modo.

Perchè ha deciso di dedicarsi all'uso del suo corpo nel suo lavoro? Perchè. Perchè avevo delle cose importanti da dire, da tirar fuori, e quindi ho usato il mio corpo, cioè io ho provato a usare anche il corpo di altri, ci ho provato diverse volte, anche in accademia, sai c'è la modella a disposizione, stavo facendo fotografia, ho provato a usare il suo corpo, però è molto difficile dire a un'altra persona come si deve muovere o comportare. Non riescivo a dire attraverso un'altra persona quello che invece avevo da dire io quindi uso proprio il mio corpo come un mezzo dove faccio passare le cose, mi immedesimo in quello che voglio dire e dico veramente quello che voglio dire. Spesso io soffro anche, quando sto facendo una foto, per esempio mi ricordo una volta iniziai in accademia a fare delle foto chiedendo a una modella se era

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disponibile a darmi del tempo per fare dei ritratti e le dissi esattamente come si doveva mettere sul lettino, quindi le dicevo chiudi il corpo, fai vedere più un muscolo , risultato che non riuscivo proprio a far passare quello che sentivo, quindi li ci ho messo una croce sopra e ho continuato da sola, anche perchè è difficile, o hai un filing stupendo con questa persona quindi riesci a fargli capire cosa stai sentendo oppure è più facile farlo da sola, specialmente quando non c'è nessuno davanti all'obietivo perchè son sola davanti a me stessa e poi ogni corpo appunto ha il suo percorso quindi ha dei segni, come dicevo prima, quindi è più facile. Se io mi stringo su un tavolo perchè voglio far vedere delle cose o voglio esprimere delle cose è più facile che raccontarlo cioè non c'è nessun passaggio tra me e me, fra me e una persona invece si.

C'è qualche artista in particolare che Le piace, che in qualche modo L'ha ispirata? Sicuramente

Marina

Abramovic,

anche

se

adesso

la

sto

un

ridimensionando e mi piace moltissimo chi porta il corpo all'estremo senza però farsi del male. Per esempio mi piace molto la performance di Marina quando aveva il serpente intorno che era tutto un non muoversi, oppure quando mangia le cipolle, cioè mi piace chi porta il corpo all'estremo ma non

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mi piace chi si fa del male per esempio Franko B, importante, tutto quello che vuoi però sino a un certo punto, incomincia a dare poi fastidio, diventa poi un gioco, invece chi porta il corpo all'estremo mi piace moltissimo.

Lei si sente più un'artista donna oppure artista e basta senza sentirsi specificatamente donna? Un'artista e basta però mi rendo conto che l'esser donna ti da delle cose in più e delle cose in meno

Quindi c'è ancora bisogno di fare una distinzione in arte tra uomo e donna? Secondo me no, non si dovrebbe e io non mi sento ne maschio ne femmina, non mi sono mai sentita ne maschio ne femmina, però mi rendo conto che certe cose una donna le sente in un modo e un uomo non è che non le senta, ma le sente in modo diverso quindi è importante. Alla fine viene fuori l'esser donna anche se non vuoi, però ti viene fuori, perchè la maternità per esempio una donna la sente in un modo, ci sono molte cose che una donna sente in un'altro modo, ha un'altro tipo di sensibilità, non sto dicendo che un uomo non abbia sensibilità per certe cose, però è diverso, le vive in un modo diverso, ed

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è giusto così, perchè siamo diversi in fondo no!?

Lei essendo donna si è mai sentita ostancolata o in qualche modo contrastata in arte? No, anzi, mi sono sentita avvantaggiata, cioè non nel sistema, forse un tempo si, era così ma adesso non credo più, ci sono secondo me molte più artiste donne che hanno delle cose da dire, quindi no, anzi io sento di avere una marcia in più come donna, anche nell'arte.

Quindi non pensa di aver dovuto lavorare il doppio per arrivare al livello che è rispetto a un collega uomo? Per quel che riguarda me no, perchè comunque a me hanno aperto le porte soprattutto le donne, quindi la casa delle donne, ho cominciato a lavorare con la casa delle donne contro la violenza, a Bologna, quindi ho fatto dei lavori importanti molto con loro, quindi no, cioè anzi mi hanno aiutato, anche se non voglio fossilizzarmi li e ci sto molto attenta perchè poi rischi di chiuderti sempre. Però no, mi sono sentita avvantaggiata.

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Note: 1“ http://www.fabiolaledda.com 2“ http://www.fabiolaledda.com

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Conclusioni.

Le donne hanno fatto un percorso importante, hanno scalato la montagna del pregiudizio, del maschilismo e del razzismo sessuale. Tra emarginate ci si intende, le donne e la fotografia si sono infatti unite in un grande urlo, un urlo per la libertĂ , per essere viste, notate e considerate. Ho attraversato il Novecento soffermandomi in particolare sul periodo che va dagli anni Settanta a oggi, ho visto come le donne piano piano, con coraggio, hanno conquistato una loro posizione, i loro diritti. Le donne hanno portato avanti questa guerra senza armi. Vincendola. Da sole. Unica alleata, la fotografia. Attraverso la macchina fotografica le donne hanno messo in piazza tutte le loro idee e le loro intenzioni. Non chiedevano altro che essere considerate, prima di tutto come essere umani ed essere sullo stesso piano degli uomini. Ăˆ come se nella fotografia avessero trovato una valvola di sfogo. Un mezzo per raccontarsi, per esprimersi, per dire tutto quello che avevano da dire senza che nessuno mettesse loro il silenzio. L'autoscatto, l'utilizzo del loro corpo, gli ha permesso di conoscersi, di prendere coscienza del loro essere donne, si sono messe a nudo, hanno messo a nudo la loro anima attraverso il loro corpo.

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Tre artiste in particolare mi hanno colpita: Ana Mendieta, Francesca Woodman e Fabiola Ledda. Ana Mendieta, di lei quello che maggiormente mi ha colpita è il modo in cui ha risposto alla violenza carnale e poi all'uccisione della sua collega universitaria. Il coraggio di fare un'azione così forte, senza vergogna di esporsi, e senza vergogna di parlare apertamente di un tema così delicato per le donne. Francesca Woodman invece parla di se stessa, parla di sofferenza, della sofferenza di una ragazza, di una donna artista, di una donna sola. In tutte le sue foto lei è sola, sola e malinconica. Si legge chiaro il contrasto tra la freschezza che solo il corpo di una giovane donna come lei può avere e l'eterno ed interno tormento che lo turba. Fabiola Ledda è un'artista contemporanea, si occupa di argomenti che trattano il sociale. Ho avuto la fortuna di parlarci di persona grazie alla mia relatrice che ha fatto da tramite per un incontro. E' domenica 3 settembre, vado a Pattada, dove ho l'appuntamento con l'artista. Arrivo e mi viene incontro una ragazza giovane, sorride. È gentile e semplice. Risponde alle domande con voce pacata, è esaustiva. Fabiola Ledda mi parla del suo lavoro, del perchè ha deciso di diventare la modella di se stessa, del suo essere donna nell'arte, del suo rapporto con la fotografia. Appena inizia a parlare mi da subito l'impressione di trovarmi veramente davanti, oltre che una grande artista, una 78


grande anima. Finita l'intervista scambiamo un po' di idee sull'arte, sulla fotografia. Quella chiachierata mi ha dato tanto. Ho capito di avere davanti una donna forte, un'artista che ama veramente l'arte, che non lo fa per il guadagno o per la fama, ma lavora per comunicare, per essere in costante contato con il mondo, per confrontarsi con se stessa e con chi guarda le sue opere. Un'artista che come le colleghe citate precedentemente mette in mostra se stessa, il suo corpo, non per esibizionismo, non per vanitĂ , ma per fare Arte. Ho capito di avere davanti un'esempio da seguire.

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Stefano Ferrari, Chiara Tartarini (a cura di“, Autofocus, l'autoritratto fotografico tra arte e psicologia, Bologna, Clueb, 2010.

Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento, una storia senza combattimento, Milano, Bruno Mondadori, 1999.

Teresa Macrì, Il corpo postorganico, Genova, Costa & Nolan, 1996.

Federica Muzzarelli, Il corpo e l'azione, donne e fotografia tra otto e novecento, Bologna, Atlante, 2007.

Marianne Bieget-Thielemann, Gèrard A. Goodrow, Lilian haberer, Reinhold Mibelbeck, Ute Prollochs, Anke Solbrig, Thomas von Taschizki, Nina zschocke, Fotografia del XX secolo, Museum Ludwig

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Colonia, Milano, Taschen, 2007.

Piero Adorno, Adriana Mastrangelo, Espressioni d'arte Vol. II, dal Seicento ai giorni nostri, Firenze, g. D'Anna Casa editrice, 2004.

Gillo Dolfles, Angela Vettese, Storia dell'arte Vol.IV, Novecento e oltre, Bergamo, Atlas, 2008.

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Sitografia.

http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2010-07-16/francesca-woodmanquando-artista-153223.shtml?uuid=AYe2AK8B

http://mytech.it/digitale/2006/07/26/fotografia-una-dedica-a-francescawoodman/

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http://doppiozero.com/materiali/recensioni/vita-avventure-e-morte-difrancesca-woodman

http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/04/30/news/francesca_woodman _fra_fotografia_e_mistero-15565852/

http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/04/30/news/francesca_woodman _fra_fotografia_e_mistero-15565852/

82


http://www.artext.it/Marco-Pierini.html

http://www.nadir.it/recensioni/WOODMAN/woodman.htm

http://www.ilmuseodellouvre.com/anteprima/artistaportfoliobio.asp? autoreid=26&artista=Francesca%20Woodman

http://www.doozo.it/galleria/56.html

http://www.women.it/oltreluna/artepolitica/artsteviolenza/anamendieta.ht m

http://www.fabiolaledda.com

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Ringrazio:

La mia Relatrice, la Professoressa Sonia Borsato, per essere sempre stata disponibile, per il grande aiuto che mi ha dato e per tutto quello che ho imparato nello svolgimento di questa tesi, grazie a lei.

La mia Correlatrice, la Professoressa Antonia Ciampi, per avermi aiutata nello sviluppo della tesi pratica e per i preziosi consigli.

Fabiola Ledda per essersi resa disponibile e avermi gentilmente concesso l'intervista.

Mia madre e mio padre, che hanno lavorato sin da bambini, che non hanno potuto studiare, ma che si sono spaccati la schiena per darmi questa possibilità. Li ringrazio per avermi insegnato che tutto ciò che si vuole va guadagnato con il sacrificio. Li ringrazio per avermi insegnato che anche quando la vita ci pone davanti degli ostacoli che sembrano più grandi di noi, bisogna stringere i denti e lottare, ed andare avanti, con il sorriso, perchè la vita è bella. Sempre. Anche quando è aspra.

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•

Mio fratello Gian Mario, per il suo sorriso. Per essermi sempre vicino nonostante tutto.

•

Flavio, il mio sposo, per essermi stato accanto durante tutto questo tragitto, per aver capito e pazientato, per avermi dato manforte. Per essere con me, sempre.

•

Le mie compagne di corso Pamela e Chiara, per essere state delle colleghe, delle amiche e delle sorelle. Elena, Daniela, Viviana e Monica, per tutti i bellissimi ricordi di quest'esperienza insieme.

•

Tutti coloro che mi hanno aiutata, sorretta e sopportata.

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