Cin cin 1966 giusto

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COMUNE DI PISA

Cin…Cin…quant’anni a Pisa CELEBRAZIONE DEI 50 ANNI DI MATRIMONIO DELLE COPPIE PISANE

INTERVENTO DI SALUTO DEL VICESINDACO PAOLO GHEZZI GIARDINO SCOTTO – PISA 21 MAGGIO 2016

L’uomo stava conquistando la luna che, nel 1966, non era più solo oggetto di sguardi e sogni da innamorati. Se nel settembre dell’anno precedente un U.F.O. fu scorto sorvolare la città messicana di Cuernavaca facendo cadere tutto il grande centro abitato nell’oscurità, il 3 febbraio del 1966, invece, la sonda russa Luna 9 toccò, prima volta nella storia, la superficie lunare. Dopo la grande commozione per la morte di Papa Giovanni XXIII, il “Papa Buono” morto nel giugno 1963, l’Italia si era ormai abituata al suo successore, Giovanni Battista Montini, in arte Papa Paolo VI. Nonostante l’anno prima si fosse presentato all’ONU come “esperto di umanità” e con la citazione “mai più guerre”, il conflitto del Vietnam era diventato inarrestabile, le proteste e le manifestazioni contro la guerra più estese e negli Stati Uniti veniva istituita una particolare norma che obbligava alla leva obbligatoria, e alla partenza per la guerra, i giovani con voti bassi all’università. Lo stesso Papa si rivolse ai potenti della terra invitandoli alla pace e per la prima volta anche al leader cinese Mao Tse Tung. Non ricevette alcuna risposta. Erano anni di guerra fredda e non solo, con attori nuovi che fecero la storia di quegli anni: negli Stati Uniti il presidente Johnson, che aveva preso il posto dell’amatissimo John Kennedy, era stato riconfermato alle elezioni del 1964 e si era subito impegnato nel sanguinoso conflitto in Vietnam. In Russia Breznev aveva ormai consolidato la successione all’inossidabile Chruscev e Charles de Gaulle continuava indisturbato il suo governo in Francia alla cui guida era stato appena riconfermato. In Cina, Mao Tse Tung, che nell’anno precedente aveva posto sotto accusa i vertici del partito comunista, lanciò ufficialmente

la grande “rivoluzione

culturale cinese”, mentre in India Indira Gandhi veniva eletta primo ministro.

Cin…Cin…quant’anni a Pisa – Intervento Vicesindaco Ghezzi

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In Italia, intanto, era ancora il tempo di Aldo Moro presidente del Consiglio, con l’interim del ministero degli esteri. Due mandati nello stesso anno dopo che fu costretto alle dimissioni per il voto contrario sulla vicenda degli asili pubblici che troverà nello stesso anno successiva approvazione. Il suo vice era Pietro Nenni e Giulio Andreotti era un giovane ministro della difesa. Il presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat che, eletto dopo 21 votazioni ed oltre 40 ore di Consiglio, nel 1966 svolgeva il suo secondo anno di mandato. Nel 1964, era scomparso Palmiro Togliatti, dal 1927 alla guida del Partito Comunista Italiano, e il suo incarico era stato assunto da Luigi Longo cui si contrapponeva il segretario della Democrazia Cristiana Mariano Rumor. La popolazione era di poco superiore ai 50 milioni di cui il 45% attivi con un lavoro e da poco tempo l’impiego nell’industria superava quello in agricoltura. Un operaio guadagnava già 86.000 Lire al mese. Solo un paio di anni prima, il 15% in meno. Un insegnante di scuola media guadagnava circa 110 mila lire al mese, un chilo di pasta costava 260 lire, una scatola di cerini 50 lire e dieci nazionali 90 lire. il Corriere della Sera costava 50 lire e lo leggevano ancora in pochi. Anche il biglietto del tram costava 50 Lire e lo dovevano prendere ancora in tanti; un litro di latte costava 130 lire, un chilo di pane 170 lire, un caffè, ma lo si prendeva ogni tanto, 60 lire, un grammo d’oro poco più di 850 lire. Un vestito di buona qualità costava 35.000 Lire ed un paio di scarpe 6000 Lire. La benzina, invece, era già allora cara e costava oltre 120 lire per ogni litro. Nel 1966 serviva per alimentare, almeno per chi poteva permetterselo, il nuovo modello dell’Alfa Romeo, “la Giulia”, che ne costava come minimo 1.950.000 o la nuova Fiat 124 che ne costava poco più di 1.000.000 con una velocità massima di ben 140 Km ora e cinque comodi posti. Non fu certo questo il modello presentato dal nuovo Presidente Gianni Agnelli bensì la Dino Ferrari mentre la Lamborghini presentava “la Miura”. Per la prima volta si superò la soglia del milione di nuove immatricolazioni di auto di cui il 10% straniere. Le macchine in circolazione erano poco più di 5 milioni pari a meno di 100 autovetture per mille abitanti: oggi sono oltre 50 milioni ed a Roma, per esempio, sono oltre 700 ogni mille abitanti. Si pensava che il "boom economico" degli anni precedenti potesse essere eterno: il 55% delle famiglie italiane possedeva un televisore, il 58% un frigorifero, il 25% una lavatrice anche se, senza alcun dubbio, doveva ancora finire di pagarle. La speranza di vita alla nascita degli uomini era di 69 anni mentre quella delle donne, come sempre più alta, superava i 72.

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Invece il 1964 aveva ufficializzato l’anno della conclamata crisi economica e nel 1966 nulla era ancora cambiato. Contrordine ragazzi e dietro front! Non più acquisto di beni durevoli ma investimenti nei beni di consumo che, tra l’altro, il nostro paese si era ormai attrezzato per produrre. Cominciarono, così, a nascere piccoli e medi imprenditori che sapranno organizzarsi e vendere di tutto nella piccola, media e poi grande distribuzione. Le misure economiche degli anni precedenti erano state drastiche: tasse sull’auto e sulle imbarcazioni; contenimento della distribuzione; divieto di costruzione di case di lusso; cedolare secca del 30% su tutte le azioni ridotta poi al 5% su quelle nominali; sospensione della scala mobile. La ricetta del governo aveva portato ad aumenti salariali importanti ma anche alla riduzione delle esportazioni e della produzione, alla fuga di capitali all’estero che, probabilmente, non sono ancora oggi ritornati. Nascevano i colossi della industria e della chimica. E tra questi la Italcantieri e la Montedison, fusione tra la Montectini e la Edison. Erano gli anni delle speculazioni edilizie e delle denunce con le prime conferme. La denuncia di Franco Rosi con il film “mani sulla città” venne superata dalla realtà. Ad Agrigento un intero quartiere franò verso valle richiedendo l’evacuazione di 10.000 persone. Venne accertata la costruzione di 6000 vani senza alcuna licenza. Erano gli anni in cui gli scandali trovavano prima eco sulla stampa: nel 1966 venne destituito il presidente dell’INPS, Angelo Corsi, per reiterate irregolarità nella gestione finanziaria dell’Ente. Stessa sorte per il direttore del Ministero del turismo e dello spettacolo e del suo vice accusati di truffa ai danni dello Stato per l’emissione di sovvenzioni a prodotti mai realizzati; per il segretario del CNEN colpevole di falso, interesse privato in atti di ufficio e peculato; per alcuni responsabili di ANAS che affidavano lavori a ditte amiche senza alcuna gara. Insomma una storia antica di cui il nostro Paese ancora oggi scrive pagine ricche di significato. Un anno in cui prendeva forma la protesta e il divario generazionale diventava incolmabile. Gli anni di Don Milani e Don Mazzi. La “generazione Beat”, i capelloni, i figli dei fiori, i movimenti femministi e per l’emancipazione, la libertà di espressione e di costume. Fenomeni sottovalutati e mal interpretati e dalle conseguenze profonde nella società di allora. I ragazzi dai capelli lunghi venivano sospesi da scuola, guardati con sospetto e a volte sottoposti ad accertamenti preventivi. Ci volle l’esondazione del Fiume Arno, di cui quest’anno si commemorano i 50 anni, per tramutarli in “Angeli del fango” e rivalutarne l’operato.

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Un anno non semplice, dunque, che seppe però recuperare, con alcuni particolari, i propri toni di dolcezza. In edicola da qualche mese si trovava la rivista a fumetti Linus ma anche la prima rivista per adulti “Man”. Fu un colpo durissimo per la società molto conservatrice di allora e per la censura. Una società in cui si riteneva di dover sequestrare 5000 cartoline che ritraevano alcuni affreschi etruschi della Tomba dei Tori, oppure i quadri del Botticelli o del Canova. Una società moralista che si scagliò con veemenza contro i giovani del Parini che pubblicarono una inchiesta sulla sessualità giovanile su un giornalino scolastico, “la zanzara”, e per la quale in tre finirono sotto giudizio. Erano anni di dolce vita e di minigonne, di grandi fibbie e grandi occhiali; di jeans stretti e bassi e orecchini di plastica; di locali alla moda; di dichiarazioni estreme e di azioni dimostrative: “Siamo più popolari di Gesù Cristo” dichiarava John Lennon e nell’oratorio dei Padri Filippini a Roma si celebrava la prima messa beat. Per la prima volta veniva istituita l’ora legale e in Texas si portava a termine il primo trapianto di cuore artificiale. Nasceva il WWF e per la prima volta l’Italia riceve con la RAI una trasmissione via Satellite in mondovisione. L’Inghilterra calcistica vinceva un campionato del Mondo in casa propria e la nostra Nazionale, allenata da Edmondo Fabbri, conosceva la vergogna della sconfitta per mano, anzi piede, della cenerentola Corea del Nord. La rivincita arrivava dal ciclismo con la doppietta nel giro di Italia ad opera di Gianni Motta e Italo Ziglioli mentre Felice Gimondi non riusciva a ripetersi al 40° Tour de France che aveva vinto l’anno prima; l’Ignis diventava campione di Europa, Agostini vinceva il Motomondiale e l’Internazionale del grande Moratti, allenata dal “mago” Helenio Herrera, vinceva lo scudetto mentre dopo aver vinto l’anno prima la seconda coppa dei Campioni consecutiva con il Benfica e la seconda intercontinentale con lo spareggio contro l’Endependente, veniva eliminata in semifinale dal Real Madrid che avrebbe sollevato in finale il trofeo al cielo. Il vento nuovo arrivato dall’estero, con due movimenti folk-revival e il beat, aveva preso definitivamente piede. Il primo aveva portato con sé nella musica i temi politici con i suoi profeti Bob Dylan e Joan Baez. Il secondo, i fenomeni planetari Rolling Stones, in testa alle classifiche con Satisfaction, e i Beatles ancora popolarissimi dopo che l’anno prima, per la prima volta erano sbarcati in Italia.

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Ma nonostante il vento nuovo, i dischi più venduti in Italia furono “Strangers in the night” di Frank Sinatra, “la fisarmonica” di Gianni Morandi e “riderà” di Little Tony. Gli Equipe 84 cantavano Bang Bang, Caterina Caselli “nessuno mi può giudicare”, Gianni Morandi “Notte di Ferragosto e i Beatles trionfavano con Michelle. Simon and Garfunkel pubblicavano il loro secondo album: “Silence”. Fu in quell’anno che debuttava un giovane Lucio Battisti con “Dolce il giorno”. Mentre alla televisione andava in scena l’ultimo anno di Studio Uno, condotto da Mina con il suo storico duetto con Alberto Sordi, il Festival di Sanremo, presentato per la quarta volta consecutiva da Mike Bongiorno, veniva vinto da Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti con “Dio come ti amo”. Nella stessa edizione Adriano Celentano non veniva ammesso al Festival con “Il ragazzo della via Gluck”. Rin Tin Tin teneva i ragazzi incollati alla tv e Pippo Baudo trovava la sua occasione d’oro con il debutto in Settevoci. Anche nel 1966 si ballava il “Sirtaki” sbarcato in Italia l’anno prima sull’onda del successo del film “Zorba il Greco” con Anthony Quinn e Irene Papas. Ma era lo “shake” che si diffondeva velocemente soprattutto tra i giovani. La Musica era la colonna sonora della vita degli Italiani e in estate, quando la riviera romagnola veniva presa d’assalto a 1200 lire al giorno in pensione completa, si ballava al ritmo delle musiche del Cantagiro, di un “Un disco per l’estate” e del “Festivalbar”. Il 20° premio strega veniva vinto da Michele Prisco con “Una spirale di nebbia” edito da Rizzoli mentre la quarta edizione del premio Campiello, da Alberto Bevilacqua con “Questa specie di amore”. In realtà, però, l’anno si ricorderà soprattutto per “Cent’anni di solitudine” di Marcel Garcia Marquez e “La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani. Se 1965 era stato l’anno in cui, al Civic Auditorium di Santa Monica, di fronte a una platea di oltre 1.500 persone, Vittorio De Sica aveva vinto l’Oscar come migliore film straniero per “Ieri, oggi, domani”, il 1966 vide altri riconoscimenti del nostro cinema che viveva anni d’oro con oltre 2000 film prodotti e 700 milioni di biglietti venduti ogni anno: “Signore e Signori” di Pietro Germi vinceva la Palma d’oro a Cannes e “la Battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo, il Leone d’oro a Venezia.

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Nel 1966, anno in cui moriva Walt Disney, tanti sono stati i film che hanno fatto la storia: L’armata Brancaleone di Mario Monicelli, Il buono il brutto e il cattivo di Sergio Leone, Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini, , Fumo di Londra di Alberto Sordi, La Bibbia di Jhon Huston, Incompreso di Luigi Comencini, il dott. Zivago con il “Tema di Lara” oscar per la migliore musica. Un anno perfetto per il matrimonio perfetto: quello di Sofia Loren con Carlo Ponti. E’ in questa cornice che vi siete promessi fedeltà e coerenza. Senza cellulari, senza tablet né facebook, senza Iphone né twitter, senza internet né SMS, senza 999 canali televisivi cui aggiungere quelli a pagamento, senza pause caffè né ponti lunghi o vacanze invernali per spezzare la fatica; senza certezze ma con grande fiducia nel futuro e nel vostro legame. Nulla, nella vita, ci viene regalato. Ed il vostro legame che giunge a 50 anni ne è testimonianza. E’ prima di tutto frutto di una scelta iniziale consapevole. E di altre scelte successive che hanno ignorato, o scelto con sapienza, quei bivi che la vita vi ha posto di fronte. Dopo cinquant’anni di impegno e di investimento comune non è esagerato ritenere il vostro cammino uno degli esempi positivi su cui riflettere e da cui partire per pensare agli equilibri della società futura. Ed è per questo che ho pensato di organizzare un evento durante il quale celebrare i vostri cinquanta anni di matrimonio che testimoniano il successo di una scelta e di un progetto di vita comune. Ed è per questo che a voi, come ogni anno, dedico queste parole E’ quel progetto di vita su cui si fonda, spesso, anche la quotidianità dei vostri figli e dei vostri nipoti. E’ quell’esempio che oggi va gridato con forza perché intorno ad esso possono crescere i desideri di solidità e gratificazione delle giovani generazioni. Troppo spesso celebriamo e diamo enfasi ai diritti ed alle libertà assolute di scelta nell’ambito degli affetti e della costruzione dell’assetto sociale e trascuriamo il dovere di evidenziare anche i cammini attraverso il solco della normalità dei rapporti. Troppo spesso, nel tentativo anche comprensibile di dare equilibrio sociale alle conseguenze delle scelte disgreganti per la famiglia, rischiamo di trasmettere all’esterno messaggi contrastanti, se non addirittura negativi, nei confronti dei legami duraturi e stabili quasi fossero divenuti l’eccezione e non la regola cui tendere.

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La mia generazione, e le due che già l’hanno seguita, vivono il contrasto quotidiano di una diffusa disgregazione familiare, di un non facile equilibrio nei rapporti con i figli allorquando viene meno il legame tra i genitori, della lacerazione interiore che porta con sé il fallimento di un progetto di vita. Certo, ci si rialza, ci si appoggia agli affetti solidi rimasti, ci si affida ad un contesto sociale che accetta e comprende le dinamiche di cambiamento familiare e del suo assetto, spesso si ricostruisce un ambito sereno di condivisione di affetti. Ma anche in questo quadro dinamico, che assorbe energie e doveri sia politici che istituzionali, ci deve essere spazio per celebrare con festa e con gioia percorsi virtuosi che diventino obiettivo per il futuro. Abbiamo l’obbligo, e non solo il piacere, di evidenziare e celebrare l’impegno profuso per costruire un percorso che ancora oggi vi vede vicini, uniti e giustamente orgogliosi. Non è, questa, la festa dei facili sentimenti. Anzi. E’ l’occasione per ricordare insieme ai vostri affetti più cari che “costruire insieme”, è, a volte, rinuncia, compromesso e limitazione consapevole delle proprie libertà e richiede, sempre e comunque, fatica, rispetto reciproco ed intima conoscenza. E’ l’occasione per indicare una strada che per nessuno è mai stata in discesa ma che voi avete scelto di percorrere mano nella mano. Pisa 21 Maggio 2016

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