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VISIONI / ENRICO GALASSO

La ricetta anticrisi di un big: Coca-Cola

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ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014

In un momento di particolare difficoltĂ per il sistema economico, la multinazionale ha elaborato una vision che intende trasferire al mercato; una strategia sempre innovativa e al passo con i tempi

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Fra Publicis e Omnicom l’affare non si fa piÚ!

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Smart Panel integra Auditel

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Il mais Bonduelle in promozione

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Csr Online Awards Italy: ecco i risultati

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Amazon contro Hachette, è guerra

18 link

La Rai si porta fuori da YouTube

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COVER STORY

di Daniele Bologna e Aureliano Roio

Era la fine di luglio del 2013, nemmeno un anno fa: la statunitense Omnicom Group e la francese Publicis, rispettivamente al secondo e al terzo posto tra le maggiori società pubblicitarie nel mondo, annunciano la sigla di un accordo di fusione alla pari. Un’intesa clamorosa, destinata a dare vita a una nuova entità da 35,1 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato e quasi 23

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miliardi di fatturato. Una bomba per il mercato. Un’operazione che ridefinisce gli equilibri nel panorama internazionale della comunicazione commerciale. Roba da film. La nuova società, informava un nota congiunta, avrebbe preso il nome di Publicis Omnicom Group e sarebbe stata inizialmente guidata dagli amministratori delegati delle due aziende. In una seconda fase, il cui inizio era stato fis-

I retroscena di un mancato accordo. Publicis e Omnicom hanno gettato la spugna

Siamo spiacenti, l’affare non si fa più!

Non se ne fa più niente: quando tutto sembrava presagire alla definitiva costruzione di una holding internazionale da 130 mila dipendenti e oltre 35 miliardi di dollari di fatturato, il colpo di scena finale e la rinuncia congiunta al merger. Tra Stati Uniti e Francia il corto circuito resta sempre dietro l’angolo. Anche nella comunicazione sato dopo trenta mesi dalla definizione dell’accordo, il ceo di

Publicis, Maurice Levy, avrebbe assunto la carica di presiden-

te non-esecutivo, mentre quello di Omnicom, John Wren, avreb-

be mantenuto il ruolo di amministratore delegato. I trenta mesi non sono ancora passati dall’estate 2013. Ne sono trascorsi meno di dieci. E l’affare non si fa più. Tutto saltato. Fine dei giochi. Come un fulmine a ciel sereno, all’inizio del mese - precisamente l’8 maggio e a Borse europee e americane rigorosamente chiuse -, è rimbalzato sugli schermi dei pc di migliaia di redazioni in tutto il mondo il comunicato ufficiale sulla rinuncia, di comune accordo, delle

stesse Publicis Groupe e Omnicom Group al merger annunciato l’anno prima, che avrebbe portato alla creazione del supergruppo. Tra i motivi ci sarebbero le numerose difficoltà di ordine fiscale che hanno prolungato oltre i tempi previsti le operazioni, soprattutto da parte delle autorità fiscali olandesi, paese che avrebbe dovuto ospitare l’headquarter di Publicis Omnicom Group. Ma non sono mancati neppure disaccordi tra gli executive sui futuri ruoli a causa delle diverse culture aziendali. Da un punto di vista tecnico, in particolare contabile, una società avrebbe dovuto acquisire l’altra per procedere con la fusione. Tale tecnicismo ha rappresentato un fattore di divergenza nelle trattative tra i vertici delle due aziende al pari dei ritardi nell’ottenere, come detto, le autorizzazioni antitrust, soprattutto in Cina. Dato che l’accordo è mutuo, nessuna delle parti pagherà la termination fee di 500 milioni di dollari. Nella nota erano contenute anche le dichiarazioni di Maurice Lévy, chairman and chief executive officer di Publicis Groupe, e John Wren, president and chief executive officer di Omnicom Group: «I problemi che ancora restavano da superare, oltre alla lentezza del processo, hanno creato un livello di incertezza pregiudizievole per gli interessi di entrambi i gruppi e i loro dipendenti, clienti e azionisti. Abbiamo così deciso congiuntamente di procedere su percorsi indipendenti. Naturalmente resteremo concorren-

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COVER STORY

ti, ma con un grande rispetto gli uni per gli altri». Colpo di scena. Tra le questioni che restano sul tavolo dopo il fallimento del deal sono i conti da pagare: secondo le ricostruzioni fornite dalla stampa specializzata americana, alla fine del 2013 Omnicom aveva speso per questioni legate al merger 41,4 milioni di dollari e altri 7 milioni nel primo quarter, mentre il conto di Publicis ammontava a 52 milioni di dollari nel solo 2013. Commentando la notizia Martin Sorrell, ceo di Wpp - la holding numero uno del mondo -, ha spiegato che il fallimento del merger tra le due big company non fermerà, comunque, il processo di consolidamento all’interno del mercato pubblicitario, suggerendo che verosimilmente Interpublic Group possa venire acquisita da Dentsu Aegis Network e Havas completamente assorbita in Vivendi. E nel commento rilasciato a CNbc, il top manager ha definito letteralmente il merger «dettato dall’ego». Publicis Omnicom, dunque, avrebbe dovuto trovare registrazione registrata in Olanda, ma le sedi principali sarebbero state confermate a Parigi e New York, con relativa quotazione borsistica sui listini azionari della capitale francese e della metropoli americana. Ancora Sorrell, meno du un anno fa, era stato, però, buon profeta. Dall’alto dei suoi 15,9 miliardi di dollari di fatturato, aveva commentato così la notizia: «Il tempo ci dirà se le culture delle due aziende si integreranno bene e se i loro clienti e i loro talenti

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qui sopra, la sede newyorkese della holding mondiale omnicom. e nella pagina precedente, i due ceo sulla terrazza della sede parigina di publicis

ne trarranno beneficio. Si tratta - aveva aggiunto - di una transazione molto coraggiosa, intraprendente e sorprendente». Publicis e Omnicom hanno dato vita al colosso mondiale della pubblicità. Il gruppo francese numero tre al mondo e il suo rivale Usa, attualmente numero due, hanno deciso di fondersi mettendo in piedi un organismo denominato Publicis Omnicom Group, una mega-società dal valore di mercato combinato di 35 miliardi di dollari, partecipata alla pari al 50% dalle due preesistenti e che sarà quotata a Parigi e New York. E ora, che succede? Avviene che le corse del turbo-capitalismo, anche nel microcosmo pubblicitario, non si fermano mai. Forse l’accordo sfumato è già dietro le spalle. Almeno in chiave opera-

tiva. Non è un caso che la stessa Omnicom Media Group ha annunciato proprio la scorsa settimana di aver finalizzato un accordo pubblicitario con Twitter del valore di 230 milioni di dollari nei prossimi due anni e focalizzato sull’advertising mobile. Secondo quanto riportato dal quotidiano economico-finanziario The Wall Street Journal, i termini dell’intesa prevedono l’integrazione della piattaforma di programmatic advertising di Omnicom Group, denominata Accuen, con MoPub, ovvero il mobile ad exchange comperato nello scorso settembre da Twitter. Oltre al blocco delle tariffe pubblicitarie e all’accesso privilegiato all’inventory di MoPub per le centrali di Omnicom, l’accordo garantisce alla holding anche la possibilità di un “first look” ai nuovi formati

oltre a opportunità pubblicitarie sviluppate dal social network. Comprendendo il possibile accesso ai dati di Twitter con finalità di “ricerca”, come poi ha fatto sapere il vertyice di Omnicom. «Questo è il primo accordo che abbiamo fatto sul lato mobile ad exchange con una holding - ha sottolineato presidente delle global revenue di Twitter, Adam Bain -. E’ davvero fantastico per noi, perché ora avremo inserzionisti di alta qualità nell’ad exchange». Ma Twitter non è l’unico social a stringere accordi di questo tipo. All’inizio del mese, il suo principale competitor Facebook ha firmato un’intesa simile niente meno che con Publicis Groupe, la “sposa” mancata di Omnicom, del valore di centinaia di milioni di dollari, e alcune fonti dicono intorno ai cinquecento. Il colosso francese dell’advertising e la creatura di Mark Zuckerberg hanno siglato un accordo pluriennale, focalizzato sulla creazione congiunta di prodotti pubblicitari customizzati all’interno di Facebook, ma anche nella controllata Instagram. E sempre secondo i termini dell’accordo, Publicis avrebbe accesso ai dati degli utenti di Facebook. Il deal sarebbe, per ora, limitato al Nord America, anche se le due aziende avrebbero già in agenda ulteriori confronti finalizzati a un’espansione globale dell’intesa. Tornando alla clamorosa rottura tra Publicis e Omnicom rimane da ricordare che le cronache di questi mesi avevano in qualche modo insistito sui rap-

porti tra i vertici delle due megastrutture, principalmente tra i due amministratori delegati, John Wren di Omnicom e Maurice Lévy di Publicis, che si sarebbero via via deteriorati arrivando a scontri su questioni di una certa rilevanza come la localizzazione della sede e i nuovi incarichi dirigenziali, a partire dal ruolo di direttore finanziario. Le parti si sarebbero alla fine rese conto dei troppi ostacoli da superare e dell’eccessiva lentezza dell’operazione. E nell’interesse della clientela avrebbero infine deciso di porre fine all’accordo che avrebbe portato alla creazione di una multinazionale da 130 mila dipendenti, capace di spodestare la leader britannica Wpp e, soprattutto, di fronteggiare l’avanzata dei nuovi attori digitali come Google. Nove mesi dopo, allora, non se ne fa più niente. È un fallimento per certi versi imbarazzante, perché i due protagonisti, nel frattempo, hanno speso molte energie per spiegare come quell’operazione fosse necessaria, anzi indispensabile, creatrice di posti di lavoro e di nuove sinergie transatlantiche. E allora, se la fusione era così fondamentale, cosa è successo per mandarla a monte? Semplicemente, come già evidenziato, Wren e Lévy non sono riusciti a mettersi d’accordo su dettagli non di poco conto, come “Chi compra chi? Quale sede sociale? Chi comanda? Un primo intoppo è stato rappresentato dall’impossibilità di stabilire la sede fiscale ad Amsterdam, come volevano i

Le nozze impossibili tra golia e golia!

CLicca sull’immagine per conoscere la verità su Publicis-Omnicom

«E’ stato tutto un nostro piano: perché non organizzare un mega fallimento con protagonisti due giganti?Così anziché la solita acquisizione “golia-contro-davide”, abbiamo pensato a “golia-contro-golia”: Il matrimonio impossibile». Mentre il mondo è ancora impegnato a chiedersi come possa essere naufragato un progetto di fusione per cui, la sola parte di due diligence, è costata 10 mesi e 100 milioni di dollari, la risposta più efficace giunge dalla agenzia indipendente francese Fred&Farid attraverso una video-parodia che racconta la case history Publicom. La storia inizia con due finte mail recapitate rispettivamente a Maurice Levì e John Wrein. «Caro Maurice, non sono insensibile al tuo charme gallico e ho sempre amato le french fries… penso che dovremmo sposarci e fondere i nostri gruppi in un colosso da 35 miliardi»; «Caro John, potresti pensare che sono un “francese matto”, ma ho sempre ammirato la creatività di G.W.Bush nel vincere le elezioni…e il gelato al bacon!»….

francesi, ma un ruolo determinante sembra averlo giocato la battaglia degli ego tra Wren e Lévy, che si sono messi a litigare sull’organigramma e sui nomi dei direttori. Lo ha precisato, con un po’ di perfidia, l’avversario Sorrell. Una fusione epocale, che avrebbe dovuto inaugurare una nuova era nella collaborazione tra Francia e Stati Uniti, è tramontata, magari, per

una questione di principio sulla scelta del direttore finanziario: il capo di Omnicom pretendeva che fosse un proprio uomo, Randy Weisenburger, mentre il manager di Publicis insisteva per Jean-Michel Etienne. Publicis, poi, è più piccola ma anche più redditizia di Omnicom, e per questo Lévy voleva ottenere una certa preponderanza nella governance . .

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MARKET PLACE

e’ arrivato il momento di avere a disposizione un altro strumento integrativo

Google pensa a soluzioni da “Internet of Things”

Si chiama Smart Panel, un innovativo sistema di rilevazione che passa dalle poco più di mille famiglie del monitoraggio tradizionale alle diecimila del nuovo campione

Il primo caso: Nest, produttore di termostati “smart”

Davanti al frigorifero: ecco che parte lo spot

Adesso gli Auditel non bastano più di Massimo Masi

Nell’era dei big data, Sky ha deciso che le informazioni messe a disposizione dal “vecchio” Auditel non bastano più. E che è arrivato il momento di avere a disposizione un altro strumento non alternativo, ma integrativo. Il risultato è Smart Panel, sistema di rilevazione che passa dalle poco più di mille famiglie dell’Auditel alle diecimila del nuovo campione. Non è solo una questione di numeri, ma di qualità dell’indagine. Smart Panel rileva anche i consumi tipici dell’era digitale, ovvero streaming, on demand e consumo che passa da tv a tablet. Per Sky si tratta di Sky Go, Sky On Demand e Sky Online, oltre alla modalità di utilizzo della Guida Tv e dei servizi interattivi: aspetti che Auditel non contempla o lo fa solo in par-

andrea mezzasalma

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te. La premessa è che circa il 90% dei ricavi di Sky arriva dagli abbonamenti, il resto dalla pubblicità. Il 60% degli abbonati ha un decoder MySky - che permette di gestire tempi e flussi della programmazione -, oltre 2 milioni su 4,75 milioni di abbonati usano SkyGo e un milione i servizi on demand. «Per una tv a pagamento l’affidabilità dei dati di ascolto è fondamentale per definire la linea editoriale e perfezionare l’offerta - spiega Andrea Mezzasalma, head of audience research and insights di Sky Italia -. Con Auditel abbiamo canali da cinquemila telespettatori che vengono rilevati da un solo meter». Mezzasalma illustra alcuni esempi. Nel caso della serie tv “House of Card”, il grafico Auditel mostra un calo contenuto tra prima e seconda puntata e poi un crollo alla

terza. La stessa rilevazione fatta da Smart Panel indica, invece, una curva più armonica, con una dispersione minore: «Un dato molto più simile a quello che ci saremmo potuti aspettare da una serie come questa», commenta il manager. C’è poi la pubblicità. Secondo Sky, dai dati Auditel risulterebbe che su cento spot sui canali Sky e Fox, 39 non sarebbero visti da nessuno. «E questo ci dà grossi problemi con i clienti» sottolinea Mezzasalma. Con Smart Panel gli spot a quota zero visione scendono a 8. L’installazione dei nuovi set-top-box in tutta Italia è in corso e il nuovo monitoraggio sarà operativo da luglio 2014. Ai diecimila che hanno firmato il consenso informato e accettato il nuovo “scatolotto” in casa, Sky dà un compenso di 50 euro una tantum in buoni di acquisto che arri-

vano sei mesi dopo. L’azienda non dà un’indicazione dei costi, ma dice che sono “limitati”. Il set-top-box è prodotto da Eureka, la soluzione tecnologica è interna e diversa da quella adottata in Inghilterra da BSkyB; e oltre all’uso del telecomando è in grado di monitorare quando il decoder è acceso ma la tv è spenta. L’azienda spiega, dunque, la soluzione come risposta a una necessità interna, ma non è un mistero che dal suo arrivo in Italia abbia spinto su una modernizzazione dell’Auditel basata su esigenze diverse dai competitor. Sky, però, fa parte anche del comitato tecnico dell’Auditel. E continuerà a farlo. I tecnici della pay tv spiegano, infatti, che il nuovo strumento «non deve essere l’anti-Auditel; a nessuno fa comodo che ci siano due diversi standard sul mercato». È per questo che i nuovi dati verranno messi a disposizione della stessa Auditel. Probabilmente verranno mostrati anche ai centri media. «C’è molto interesse - chiude Mezzasalma -, ma su questo non abbiamo ancora preso una decisione».

di Luca Anelli

Anno 2016, forse prima. La scena è questa: una persona si sveglia. Pensa di fare colazione. E desidera uno yogurt. Così, si avvicina alla porta del frigorifero, ammirando il suo futuristico display da 7 pollici; e mentre si sta per aprire la porta, sullo schermo compare la reclame di uno yogurt cremoso, leggero, nutriente. La scena termina con la persona sconsolata: una volta aperta la porta del frigorifero ha scoperto che lo yogurt… era finito. La pubblicità sul display, allora, non era apparsa per caso: una videocamera interna aveva segnalato la mancanza dello yogurt al software incaricato di gestire il frigorifero e quest’ultimo lo ha memorizzato nella propria

“lista della spesa”, inviandola via internet. In buona sostanza è quel che dobbiamo aspettarci dall’evoluzione commerciale dell’Internet of Things, quell’insieme di elettrodomestici e apparati domestici che, grazie a un collegamento a internet, cambieranno la nostra vita. Il caso più eccellente, al momento, è Nest, un produttore di termostati “smart”, cioè collegati a internet per consentire all’utente, per esempio, di regolare la temperatura di casa dal proprio smartphone. Nel gennaio scorso Google ha acquistato Nest per 3,2 miliardi di dollari, mettendosi in prima linea proprio nel promettente mercato dell’Internet of Things. Un enorme comparto che, in base alle cifre elaborate da Gartner, nel 2020 genererà entrate

per circa 300 miliardi di dollari. Un settore nel quale Google entrerà grazie agli apparecchi, ma soprattutto con le soluzioni software. Potrebbe diffondere l’utilizzo di un sistema operativo di proprietà, magari derivato da Android, all’interno degli elettrodomestici del prossimo futuro. E a quel punto, Google potrebbe cogliere l’occasione per attivare un sistema pubblicitario, del tutto simile a quanto fa con AdSense già ora. In una lettera il cui contenuto è trapelato nei giorni scorsi, con mittente Google e destinataria la Securities and Exchange Commission, il colosso di Mountain View, tra le altre questioni, ne affronta una molto particolare: “Ci aspettiamo - scrivono da “BigG” che la definizione di “mobile” continui a evolversi. Fin tanto che sempre più apparecchi “smart” guadagneranno posizioni di mercato. Per esempio, tra alcuni anni, noi e altre aziende potremo offrire servizi pubblicitari e altri contenuti su frigoriferi, cruscotti per auto, termostati, occhiali e orologi, solo per citare alcune possibilità”. Una dichiarazione d’intenti piuttosto esplicita, quindi, che mette nero su bianco quello che alcuni intuivano già da tempo: qualsiasi elettrodomestico dotato di display, e collegato a internet, rappresenterà il più ambito degli strumenti pubblicitari. Con ipotesi di sviluppo del sistema davvero sconfinate.

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COM PANY I benefici delle verdure come mission

Parte la nuova promozione Bonduelle. Obiettivi: sell out, engagement, viralità e fidelizzazione

L’eCouponing per l’ingrediente “top” di tutte le estati: è il mais

sarà On air per un mese, fino al 1° luglio. l’operazione prevede l’erogazione di un buono sconto da 0,50 centesimi per la confezione da 3 scatolette da 150 grammi di Pietro Castagna

Parte il 1° giugno la nuova promozione Bonduelle dedicata al mais, l’ingrediente “top” dell’estate. Obiettivi: sell out, engagement, viralità e, soprattutto, fidelizzazione. Per raggiungerli, Bonduelle ha scelto di lanciare una campagna di buoni sconto digitali attraverso il Coupon Network di Kiwari, first mover dell’eCouponing in Italia. On air per un mese fino al prossimo 1° luglio, la promozione prevede l’erogazione di un buono sconto da 0,50 centesimi per la confezione da tre scatolette di mais da 150 grammi

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l’una. «La campagna sviluppata da Bonduelle dimostra come il nostro Coupon Network rappresenti un innovativo sistema di customer acquisition e un’occasione per fare branding, ma anche un valido strumento per supportare il sell out stagionale come nel caso del mais durante l’estate - commenta Marco Rivosecchi, presidente di Kiwari -. La flessibilità della nostra piattaforma, infatti, permette ai brand e alle insegne di impostare strategie commerciali e di marketing plasmate ad hoc in base alle specifiche esigenze». «Abbiamo inserito l’eCouponing all’inter-

no del marketing mix studiato per il nostro mais con l’obiettivo di rendere sempre più accessibile il gusto e la qualità Bonduelle ai consumatori - dichiara Lavina Dell’Orto, product manager divisione conserve e surgelati di Bonduelle -. Sicuramente uno strumento di fidelizzazione, dunque, ma anche una re-

marco rivosecchi

ale opportunità per acquisire nuovi clienti, raggiungendoli attraverso la rete di siti, portali e blog del Coupon Network Kiwari, caratterizzato da un’ottima visibilità e da un elevato traffico di utenti unici altamente targettizzati. Un modello innovativo di distribuzione che permette di raggiungere milioni di lead profilati». Gestiti in completa sicurezza e con il massimo controllo attraverso la piattaforma proprietaria BuonMercato e il portale Sconty.it, gli eCoupon Bonduelle verranno distribuiti da tutto il Coupon Network Kiwari. Oltre alle consolidate collaborazioni con Risparmiosuper. it, Scontomaggio.com e Alfemminile.com, il più importante network italiano dedicato ai buoni sconti digitali stampabili è ulteriormente potenziato con la nuova partnership siglata con dimmicosacerchi.it.

Azienda familiare creata nel 1853, Bonduelle è oggi leader mondiale delle verdure. Privilegiando innovazione e visione a lungo termine, il Gruppo si caratterizza per la diversificazione tecnologica e geografica; le sue verdure, coltivate su più di 115.000 ettari, sono commercializzate in 100 paesi, con varie marche, in tutti i canali di distribuzione e in tutte le tecnologie: conserva, surgelato, pastorizzato, disidratato e fresco pronto al consumo. Bonduelle è un’azienda responsabile e riconosciuta per la sua specifica mission: rendere accessibile al più gran numero possibile di famiglie e individui i benefici di un’alimentazione nella quale le verdure ricoprono un ruolo fondamentale. Bonduelle nasce, come detto, nel 1853 quando Louis Bonduelle e Louis Lesaffre creano una distilleria di cereali e di ginepro a Lille. Nel 1926 l’azienda agricola situata a Voestyne comincia la coltivazione di piselli e sono destinati all’inscatolamento. Nel 1957 l’azienda decide di inscatolare piselli e carote e nel 1968 si inizia a produrre anche verdure. Poi, nel 1980 Bonduelle acquista Marie-Thumas, azienda belga conserviera di verdure. Si diffonde in Italia, Germania e Belgio. In Italia Bonduelle produce nei suoi stabilimenti di Battipaglia, in Campania, e San Paolo d’Argon, in Lomabrdia. A giugno del 2013, ultimo dato disponibile, i collaboratori del gruppo sono più di 15 mila, di cui 450 in Italia. Il fondatore louise bonduelle

Who’s who: breve profilo di Kiwari Kiwari è una società italiana, con sedi a Milano, Londra e Madrid, leader dal 2000 nello sviluppo e fornitura di piattaforme per il digital marketing e vanta un’esperienza senza paragoni nella fornitura di strumenti e servizi di email, couponing, business intelligence e Crm in un’ottica evoluta di profilazione e conoscenza della customer base volta ad arricchire il dialogo con clienti e prospect. Dal 2004 Kiwari è leader in Italia nell’eCouponing, innovativo canale di distribuzione di buoni sconto digitali stampabili direttamente dai consumatori, gestito attraverso la piattaforma proprietaria BuonMercato. In questi anni Kiwari ha distribuito decine di milioni di eCoupon per grandi aziende e catene della Gdo. Nel dicembre del 2013 ha dato vita al più importante network italiano dedicato ai buoni sconto digitali stampabili, che partendo dal portale Sconty.it si estende una rete di siti partner ad alto traffico. ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014



SC N RIO

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quanto valgono le cento maggiori società quotate in europa

Chi è più responsabile?

Da oltre 10 anni la soluzione ideale per l’email marketing senza limiti di banda

pubblicati i risultati dello studio CSR Online Awards Italy di Marianna Marcovich

Sono stati pubblicati ieri i risultati della sesta edizione dello studio CSR Online Awards Italy, primo monitoraggio approfondito in Europa sulla comunicazione online della responsabilità sociale e della sostenibilità. La ricerca ha valutato le maggiori cento società quotate in Europa, mentre in Italia ha valutato come le cento maggiori società impegnate nel nostro Paese - comprese venti non quotate in Borsa - utilizzano i canali online per comunicare la propria CSR. Tra le aziende italiane valutate, trenta non pubblicano un report di sostenibilità e trentadue, pur avendo un bilancio, non pubblicano nella propria sezione di sostenibilità nemmeno le informazioni di base. Le restanti aziende italiane valutate all’interno della ricerca tengono testa alle controparti europee in termini di approfondimento dei contenuti, mentre sono particolarmente deboli nell’utilizzo dei social media e nel coinvolgimento degli stakeholder sui temi chiave della sostenibilità. La ricerca è stata condotta da Lundquist, società di consulenza strategica specializzata nella comunicazione corporate online. La metodologia di valutazione è profondamente cambiata rispetto al passato e si basa su sette

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pilastri, definiti sulla base delle esigenze dei professionisti della CSR raccolte all’interno di un questionario. Quest’anno hanno partecipato 350 esperti da 44 Paesi diversi. La ricerca ha valutato non solo cosa viene comunicato in termini di contenuti (Concrete, Exhaustive) ma anche come viene comunicato (User-friendly, Distinctive), dove le informazioni vengono posizionate (Integrated) e se la comunicazione è continuativa e coinvolgente (Ongoing e Social). Tra le ottanta società quotate considerate, il 38% non pubblica alcun bilancio di sostenibilità e tra questi rientrano alcuni nomi importanti come Luxottica, Mediaset, Mediobanca, Prada e Tod’s. Questo dimostra che anche grandi aziende italiane non sono pronte per rispondere alla nuova regolamentazione europea che prevede la pubblicazione di informazioni non finanziarie per le aziende oltre i 500 dipendenti. Altre 32 aziende sono state escluse dalla valutazione finale perché non presentano online informazioni di base come dati sulle performance, obiettivi, codice etico e politiche sulle risorse umane, politiche di fornitura, indicazioni sulle linee guida seguite dall’azienda (tipo Global Compact) e contatti. Barilla, Holcim Italia e Ferrero sono state le uni-

che aziende non quotate a rientrare nella valutazione completa. La maggior parte delle aziende italiane è ancora ferma in una comunicazione “copia e incolla” dal bilancio. Poche aziende italiane cercano metodi innovativi per presentare online le proprie politiche ed iniziative di sostenibilità. In generale, la comunicazione online rimane statica e focalizzata sulla disclosure. Telecom Italia, con 65,5 punti su 100, passa in prima posizione mentre Gruppo Hera (62,75), scende al secondo posto seguito da Snam (61) e Eni (59,5).

La “top ten” in Italia 1 Telecom Italia (65,5/100) 2 Gruppo Hera (62,7) 3 Snam (61) 4 Eni (59,5) 5 Enel (50,2) 6 Fiat (48,5) 7 Cnh Industrial (48) 7 Edison (48) 9 Intesa Sanpaolo (47,2) 10 Terna (46,5) ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014

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ME DIA

Una veduta spettacolare di un magazzino Amazon

la battaglia “anti amazon” tra stati uniti, francia e germania

Braccio di ferro con gli editori: guerra del libro

da una parte il colosso statunitense del commercio elettronico, dall’altra una grande firma dell’editoria europea come hachette di Sebastiano Zeri

Amazon ha intensificato il braccio di ferro con gli editori. Questa è l’accusa: ostacola l’acquisto dei loro libri, ne ritarda la spedizione. Succederebbe negli Usa con i libri di Hachette; e in Germania con quelli di Bonnier Media Group, uno dei maggiori editori tedeschi. Tattiche di guerriglia, che hanno suscitato molte critiche, ma anche pungenti analisi: il timore, che si sta diffondendo, è che il gigante si stia comportando come un monopolista del libro - forte della sua quota di mercato - e cominci a adottare metodi definiti, da alcuni editori, “estorsivi”. L’origine della contesa sono

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le negoziazioni sui prezzi degli eBook. Amazon vorrebbe una quota maggiore per sé e ridurre il prezzo al pubblico; alcuni editori, tra cui appunto Hachette e Bonnier, si stanno opponendo a queste richieste. Fatto sta che Amazon starebbe penalizzando i libri di Hachette in vario modo, come hanno segnalato numerosi osservatori: ha tolto il pulsante di prevendita su molti titoli dell’editore, ha aumentato il prezzo su altri oppure li ha messi in minore evidenza sul proprio sito. Un’altra tattica - secondo la ricostruzione degli editori - sarebbe rallentare la spedizione del libro. Finora il gigante dell’ecommerce ha sempre respinto ogni richiesta

di commento sui fatti. «Siamo determinati a proteggere il valore dei nostri autori e il nostro lavoro, di pubblicazione, distribuzione e marketing» ha detto, invece, Sophie Cottrell, vice presidente Hachette. The Author’s Guild, l’organizzazione degli autori americani, considera “illegale” quanto fatto da Amazon e sta cercando elementi per procedere a una denuncia ufficiale alle autorità antitrust per azioni anti competitive. «Le nostre leggi antitrust attuali non permettono agli editori di reagire ha detto, invece, Christian Russ, avvocato tedesco specializzato in norme sull’editoria -. Gli editori tedeschi sono costretti ad accettare queste richieste perché non possono “rompere” con un’azienda che fa il 50% del mercato», ha aggiunto. Sempre che le leggi non cambino. O che non ci sia una qualche presa di posizione da parte del governo. Cosa che è più probabile avvenga in Europa che negli Usa. Proprio la Francia, inoltre, ha prodotto di recente una legge che vieta ai negozi online di offrire spedizioni gratuite oltre al 5% di sconto sui libri, il massimo consentito nel Paese. La battaglia sembra ancora agli inizi e con esiti - anche politici - del tutto imprevedibili. La vicenda sembra confermare, infatti, i timori che alcuni esperti stanno ripetendo da tempo, incentrati sul pericolo che Amazon, una volta acquisito uno straordinario potere sul mercato, possa comniciare a utilizzarlo per fare il bello e il cattivo tempo. ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014

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#15-21/0 6/2014

By: Max Oppenheim Models: Benjamin Palmer, Chairman, The Barbarian Group, New York; Chloe Gottlieb, Executive Creative Director, R/GA, New York www.canneslions.com


Immagina di unire l’agilità di una redazione giornalistica 100% web ai contributi esclusivi dei blogger più esperti di ogni settore. Questa è la nuova ricetta di Leonardo.it, il primo portale verticale nato per soddisfare ogni giorno qualunque sete di sapere: dalle news alla moda, dalla salute allo sport e molto altro ancora. Una realtà giovane e in continua crescita, che ti invitiamo a scoprire in un solo drink. O meglio, in un solo click.

Fonte Dati Mensili: Audiweb View 2013

345 MILIONI DI PAGINE VISTE 12 MILIONI DI CONTATTI UNICI 15 VERTICAL TEMATICI


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LINK personaggi

Sedici anni, web entrepreuner

ANSA.IT

“Ho inventato un modo per vendere servizi web, domini e server dedicati a prezzi bassissimi. Non dico però mai la mia età ai miei clienti, perché siamo in Italia e perderei credibilità”. Ecco l’incredibile storia di Antonio...

Società

Pagare la droga del figlio (2 volte)

CHEFUTURO.IT

Un venture capitalist (e padre di due figli adolescenti) si scaglia contro il Governo UE che vuole l’inclusione nel conteggio del Pil di categorie economiche come la spesa-Paese per la droga o per la prostituzione.

Social media

Come usare Vine per il tuo brand

IT.SOCIALDAILY.COM

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Probabilmente molti non trovano particolarmente attraenti i minivideo da sei secondi che caratterizzano Vine. Ma se abbiamo “limitato” la nostra comunicazione ai 140 caratteri di Twitter perché non provare con video di Vine?

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AUTOREGOLA ROMA

MENTAZIONE

12 GIUGNO 2014

SALA CAPRANICHETTA PIAZZA MONTECITORIO WWW.IABEVENTS.IT

LO STRUMENTO DELL’AUTOREGOLAMENTAZIONE PER UNA RETE LEGALE E SICURA LA PARTECIPAZIONE ALL’EVENTO È SU INVITO. PER ULTERIORI INFORMAZIONI CONTATTARE IAB ITALIA ALL’INDIRIZZO INFO@IAB.IT

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LINK

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Italian job

Un milione per sette foto (free)

DIGITALPOSTPRODUCTION.IT

Accurata ricostruzione della vicenda legata alla campagna Enit per Expo2015, realizzata dall’agenzia Pomilio Blumm che consta di sette immagini royalty free e costa un milione di euro. Proprio il caso di dire: benvenuti in Italia.

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social media

LinkedIn, sette milioni in Italia

SEIGRADI.CORRIERE.IT

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«Non ci trasformeremo in una classica agenzia di lavoro». A meno di tre anni dall’apertura degli uffici italiani a Milano, LinkedIn festeggia il traguardo dei 7 milioni di iscritti nel nostro Paese. E infatti, il social, punta agli studenti.

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health technologies

Uno smartphone per il diabete

LASTAMPA.IT

Tra i nuovi sistemi di controllo delle variabili legate alla cura del diabete, “Dario” è un dispositivo tascabile che rende accessibile da mobile e in tempo reale i dati sulla glicemia, la conta dei carboidrati e l’attività fisica.

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The Executive Network

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Il quotidiano del

marketing in rete

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LINK stampa 3d

brand marketng

Una elegia della stampa 3D fatta da un millenial che si è costruito da solo la sua prima stampante ben 12 anni fa. Per tutti coloro che credono ancora che l’impatto di questa tecnologia sullo scenario futuro sarà marginale.

Con ogni probabilità non se n’è accorto nessuno, ma il brand più famoso al mondo ha appena modificato il proprio logo: Google, infatti, ha appena spostato la “G” a destra di un pixel e la “l” di un pixel in basso e a destra.

In attesa del teletrasporto...

CHEFUTURO.IT

Il rebranding più segreto di sempre

ADWEEK.COM

SOCIAL FOOTBAL

video war

Interessante iniziativa di Pinterest che ha deciso di sfruttare i Place Pin - con la collaborazione degli utenti - per dare visibilità ai locali e alle piazze italiane in cui sarà possibile guardare le partite dei prossimi Mondiali di Calcio.

La Rai ha deciso di sciogliere l’accordo con YouTube siglato nel 2008. Dal 1° giugno i 40 mila video che la tv pubblica aveva sul proprio canale della piattaforma di video streaming di Google dovranno essere cancellati.

Dove si possono vedere i Mondiali

PINTEREST.COM

La Rai si porta fuori da Youtube

KEY4BIZ.IT

social media e censura

infrastrutture

Un giudice iraniano ha chiesto a Mark Zuckerberg di presentarsi in un tribunale nel sud del Paese. Il fondatore di Facebook dovrà rispondere davanti a una corte alle denunce di diversi utenti per violazione della privacy.

La copertura in banda larga “di base” tutto sommato c’è. Ma gli italiani che la utilizzano restano sempre pochi o comunque inferiori rispetto alla media europea. E’ quanto risulta dal Digital Scoreboard 2014 dell’Ue.

L’Iran cita Zuckerberg

PRIMAONLINE.IT

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Banda ultralarga, Italia in ritardo

ILSOLE24ORE.COM

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L’ 87% DEI PREMIUM PEOPLE HA UN TELEVISORE HD Premium People, la community degli abbonati Mediaset Premium, è l’audience di alto profilo che sceglie la qualità della pay-tv digitale. Per i possessori di Tv di nuova generazione ecco la magia dell’alta definizione.

Anticipi e posticipi della Serie A nello splendore dell’alta definizione

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Questo contenuto è disponibile anche su Fonte: Gnresearch S.p.a., “Customer Satisfaction Famiglie Mediaset Premium” (CATI 1900 casi) Dato Novembre 2012


SPAZIO A...

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attiviamoci!

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5 giugno - campus bovisa, via durando 10 @ milano

360com è una pubblicazione di Growing C&M sede legale piazza G. Grandi 24, 20135 - Milano sede oPerativa via Sardegna 32, 20146 - Milano tel.+39.02.53598301 fax +39.02.53598330 www.growingcm.com Abbonamento a 360com la testata 360com è registrata al tribunale di milano al 254 del 3 maggio 2010. growing consulting & media srl è iscritta al r.o.c. con il numero 16331. © tutti gli articoli hanno riproduzione riservata. il responsabile del trattamento dei dati personali raccolti in banche dati di uso redazionale è il direttore responsabile a cui, presso la sede di piazza giuseppe grandi 24, 20135 milano (tel.02.53598301), gli interessati potranno rivolgersi per esercitare i diritti previsti ai sensi dell’art. 7 dlgs 196/2003

Direttore responsabile Daniele Bologna dbologna@growingcm.com Content Manager Aureliano Roio aroio@360com.it Redazione redazione@360com.it Sebastiano Zeri, Giacomo Broggi, Vera Modesto, Davide De Vecchi Progettazione grafica e realizzazione RubberDuck info@rubberducksrl.it Amministrazione amministrazione@growingcm.com Traffico Caterina D’Amico traffico@growingcm.com Diffusione e abbonamenti diffusione@360com.it Pubblicità e iniziative speciali Ivano Moro ivano.moro@growingcm.com tel. +39.02.53598207 mob. +39.3393970611

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assocom e school of management del politecnico di milano insieme per investigare sulla comunicazione Enrico Galasso ricopre attualmente le funzioni di country sales director di Coca-cola hbc italia. sempre nella stessa azienda, dove ha fatto ingresso nel gennaio del 2012, era stato incaricato, in precedenza, di gestire l’attività di customer sales director. la sua carriera è lunga e prestigiosa: il manager, prima di cocacola hbc era impegnato all’interno del gruppo ferrero, dove era entrato nel maggio del 2004. nella big company piemontese è stato prima group customer manager e poi group customer director, per quasi tre anni. ancora prima un’altra esperienza manageriale di alto livello, sempre nell’azienda dolciaria, in qualità di business development manager e successivamente group marketing director. prima dell’arrivo in ferrero ha svolto funzioni manageriali anche in bain & company. nella fase iniziale dell’attività professionale ha avuto l’incarico di market planning e poi key account manager in procter & gamble. Ha studiato all’università “tor vergata” di roma

visioni

di

Matteo Dedè

coca-cola sfrutta a fondo

la ricetta anticrisi La ricetta anticrisi di Coca-Cola consiste in un mix attento tra un’offerta commerciale accattivante e conveniente per il consumatore, il cui potere d’acquisto non sembra in risalita, e la promozione di valori che emergono nell’attualità, ma che di fatto sono da sempre legati al brand, ovvero quelli sociali e ambientali. Riteniamo fondamentale ribadire l’importanza di uno stile di vita che sia il più possibile sano e attivo. Nell’anno in cui si stanno per giocare i Mondiali di calcio brasiliani intendiamo valorizzare al massimo la trentennale partnership proprio con Fifa, non solo in comunicazione ma anche nei punti vendita. Sono già in commercio oltre 70 milioni di lattine collezionabili per supportare la passione dei tifosi, a cui si associa un piano completo di azioni promozionali per la distribuzione italiana che è stato imperniato su più di 30 mila punti di vendita e con un coinvolgimento diretto e per-

sonalizzato dei clienti, per un totale di oltre 2 mila PoS. I valori sono espressi nella comunicazione e concretizzati in iniziative di sostegno a chi questi valori li incarna. I campioni del calcio, infatti, sono capaci di ispirare comportamenti positivi, di ribadire quanto sia importante l’attività fisica per ognuno di noi. L’impegno di Coca-Cola, dunque, va ben oltre l’attività di sponsorizzazione e si concretizza in numerosi progetti locali, come Coca-Cola Cup, giunta alla terza edizione, che quest’anno coinvolgerà in un progetto ludico-educativo oltre 150 mila ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado in Veneto, Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia. Dall’altro lato, poi, c’è l’ambiente, con un’attenzione particolare che per Coca-Cola parte direttamente dagli stabilimenti, dove gli investimenti tecnologici mirano a ridurre drasticamente il Pet e limitare i consumi idrici nell’arco del processo produttivo.

l’aula carlo de carli, dove si svolgerà il meeting

La velocità con cui i fenomeni accadono nella rete, grazie alle costanti innovazioni tecnologiche, le opportunità che i big data offrono al mondo della comunicazione, l’affermazione di nuovi modelli di business anche all’interno di questa industry: sono gli aspetti più evidenti di una realtà che va affrontata con consapevolezza e dinamismo. E proprio questi saranno i diversi temi affrontati nel corso dell’evento organizzato da AssoCom presso il Politecnico di Milano. In questa occasione, il professor Giuliano Noci presenterà i risultati della ricerca “Verso un nuovo ecosistema della comunicazione”, commissionata dal Centro Studi AssoCom alla School of Management del Politecnico di Milano. Un’approfondita ricerca che è stata volta alla comprensione delle dinamiche in corso nell’ecosistema della comunicazione, della riconfigurazione dei modelli di business dei singoli attori nel medio periodo e del ruolo delle associazioni nel mutato contesto attuale e prospettico. Il lavoro d’indagine si è basato su oltre 50 interviste, un sondaggio di opinione su oltre 700 professionisti della comunicazione e una survey validativa su oltre 50 aziende investitrici in advertising e 100 agenzie di comunicazione italiane. Il convegno si svolgerà il 5 giugno 2014 alle ore 9:30, presso l’Aula Carlo de Carli del Politecnico di Milano - Campus Bovisa, in Via Durando 10. ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014


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