for milano aprile 2012

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For Milano M a g a z i n e

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Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Vice Direttore IVAN ROTA Art Director DORIANO ZUNINO d.zunino@flemingroma.it Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione Elisabetta Rinaldo amministrazione@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Arti Grafiche Celori s.r.l.

Elena Ossola

Vita da single

Hanno collaborato: Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Jill Cooper, Jessica Di Paolo, Dina D’Isa, Linda Esposito, Tommaso Gandino, Michela Garosi, Marco Gastoldi, Enrico Govoni, Nicola Ievola, Agostino Madonna, Elena Martignoni, Michela Martignoni, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Valentina Polidori, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Ivan Rota, Alfonso Stani, Simone Stirati, Donatella Vilonna. FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno II - n. 11 - Aprile/Maggio 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

editoriale

Foto da sfogliare quelle di Bruno Oliviero contenute nel suo nuovo libro che ci presenta in anteprima. La novità è che, accanto alle foto delle dive, stavolta Oliviero ha aggiunto i divi, da Giorgio Armani ad Alberto Sordi, da Ezio Greggio a Giulio Andreotti. Poi impariamo a conoscere meglio Elena Ossola, a scoprire i sogni di Sofia Bruscoli (sopra), ad ascoltare le confessioni di Demetra Hampton, già splendida Valentina televisiva. Da non perdere un safari rigorosamente fotografico tra le savane del Kenya e un affascinante giro tra le passerelle per vedere i modelli da mettere adesso (e questa estate), ma anche un’anticipazione del prossimo autunno. Per l’arte l’incontro con Marina Abramovic´ e le sue performance è un’esperienza straordinaria, indimenticabile e che da sempre fa discutere. Ma anche gli exploit di Salvador Dalì rappresentano un momento spiazzante. Insomma, anche questo numero, care lettrici e cari lettori, siamo sicuri non vi deluderà. L’editore e il direttore

FLEMING PRESS EDITORE


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SOMMARIO

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Prosegue il viaggio delle Donnavventura: Seychelles e Dubai le mete

Aprile/Maggio 2012

Demetra Hampton più sexy che mai a pag. 48

3 / Marco Gastoldi Verso nuove frontiere

47 / Come una star Amanda Seyfried: gli shorts diventano glam

86 / Teatro Tutto fa musica

/ L’uomo del mese Adam Levine

48 / Il salotto Il bacio della pantera

88 / Teatro Ridere ai tempi della crisi

5 / La donna del mese Katy Perry

50 / Sorprese Una notte burlesque

90 / Yachting Nati per divorare il mare

6 / La foto

52 /Star Uomini e donne

96 / Auto La più potente di sempre

8 / Cover Non ho segreti

58 / Cinema

100 / Auto La supercar che stupisce

12 / Reportage La nostra Africa

70 / Consigli & Sconsigli di Dina D’Isa

22/ Intervista Sono una predestinata

72 / Incontri Il corpo dell’artista

28 / Rotazioni

78 / Arte Una vita surreale

30 / Cose di moda Uno stile per ogni stagione 44 / Double feature

82 / Cara Marina di Marina Ripa di Meana

104 / Scatti di Bruno Oliviero 106 / Storie All’arrembaggio 110 / Una lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna 111 / In forma con Jill Cooper

83 / Di’ la tua 46 / Tendenze La testa delle donne

112 / Protagonisti 84 / Musica Viva il rock italiano!

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113 / Milano peoples & stars & events


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TE LA DO IO MILANO di Marco Gastoldi

Verso nuove frontiere Nants ingonyama bagithi Baba, sithi uhm ingonyama! Nel 1994 la Walt Disney Pictures annunciava attraverso la colonna sonora Il cerchio della vita la nascita di un leone. Sentite anche voi il richiamo della savana? Voci, rumori e suoni primordiali che rimbombano in città sono pronti a colpirci! Drizzate le orecchie come una gazzella e correte alla velocità di un ghepardo: il trend dell’Africa tribale ha già portato nella nostra metropoli una nuova alba di primavera. Per tutti gli appassionati di cinema del sud del mondo ecco, dal 19 al 25 marzo scorsi, l’unico festival realizzato in Italia dedicato interamente alla cinematografia e alle culture dei paesi africani e asiatici. La 22esima edizione del “Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina” è diventata attraverso concorsi, proiezioni e mostre un dialogo fra realtà che esplorano nuove frontiere dell’arte e del cinema, in una Milano sempre più cosmopolita. Per l’occasione, quaranta coloratissime fotografie hanno descritto il continente moderno, originale e imprevedibile presso la Casa del Pane, nei dintorni di Porta Venezia: uno scenario dai tanti volti e tradizioni, dalle mille strade e percorsi che l’Africa può intraprendere. Alla Galleria 70 in Corso di Porta Nuova ecco invece un’autentica e suggestiva oasi all’interno del contesto urbano. Antichi gioielli di resa espressiva diventano tipici esemplari di maschere provenienti dalla Repubblica Gabonese (nell’Africa centrale), che presentano caratteristiche proprie dell’arte tribale ottenuti grazie alla lavorazione del legno verde. L’esclusività delle diverse zone e culture di appartenenza permette a ciascun gruppo etnico all’interno della foresta equatoriale di esprimersi, impiegando soluzioni formali differenti, conservando l’originalità e la purezza di ognuno. Fanno da cornice alla presenza delle maschere gli scheletri animali mineralizzati e le stampe a parete del fotografo Dominique Laugé, che utilizzano come supporto carta cerata a mano, rappresentando scientificamente la tipica osservazione e suggestione di fronte alla magia naturale dei corpi.

Design intrecciato di swahili per Massimo Morozzi e i fratelli Campana: attraverso lunghi fili di rafia, mogano naturale e corteccia trasformano l’immagine geometrica di un sistema modulare per suddividere gli spazi in una presenza totemica e arcaica. La poltrona Pavo Real, disegnata da Patricia Urquiola per Driade, propone invece fili di plastica dalle varianti cromatiche del rosso, bianco e nero, sostenuti da una struttura in alluminio per creare un avvolgente schienale dalla regalità Ashanti, in contrasto con il comodo sofà Qalakabusha realizzato da Ardmore, soffice esempio di un incredibile mix and match di stampe e colori wild adattabili a qualsiasi angolo della nostra casa. Il glorioso “Trend del Safari” ha raggiunto anche le più famose ed ammirate passerelle della moda nazionale ed internazionale, attraverso proposte prêt-à-porter dalle sontuose lavorazioni artigianali. Christopher Bailey, direttore creativo della maison Burberry, celebra tutto ciò che per essere fatto richiede del tempo; ed ecco perline e resine ricamate, collari realizzati all’uncinetto, gonne al ginocchio dalle vive stampe etniche e cappotti dalle delicate rifiniture. E ancora Marni che, in occasione della festa della donna, ha lanciato l’incredibile collaborazione con il marchio H&M. Gucci, dalle geometrie primitive in stile Déco; Michael Kors, che inventa il capo protagonista della nuova stagione, attraverso una sorta di mimetico parka da abbinare ai toni del kaki, sabbia ed ocra; Bottega Veneta, che propone ciondoli dal girocollo incatenato e lampi di colore conferiti da pelle e conchiglie, per arricchire anche la più temeraria esploratrice dei deserti. Del resto, come ha detto Stephen Burks, designer e curatore ora in mostra al Design Exchange di Toronto, «l’Africa delle ricchezze e delle modernità merita di essere conosciuta e sostenuta. Vederla con gli occhi dell’arte contemporanea, della fotografia e del design è il modo più corretto per mettersi in relazione con questo continente così potente e straordinariamente creativo».

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UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Adam Levine Questo mese abbiamo scelto Adam Levine, frontman dei Maroon 5: bello sicuramente, a detta di molti anche un poco esibizionista: non a caso si è fatto fotografare in versione (quasi) adamitica con la fidanzata, la top model russa Anne Vyalitsyna, famosa anche per aver sfilato per Victoria’s Secret. Qui, per un party di Vanity Fair, è in tenuta elegante, ma assolutamente personale e molto misurato. Forse ci sarebbe da ridire sulla posa, un po’ troppo composta…

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DONNA DEL MESE

Katy Perry In occasione dell’Elton John Aids Foundation Academy Awards Viewing Party, la cantante Katy Perry ha indossato un abito gioiello della collezione Blumarine. Si tratta di un vestito lungo in tulle di seta, impreziosito da micro paillettes iridescenti argentate e nere. Divertentissima come le sue canzoni e allo stesso tempo elegante. Divorziata da poco, dopo un matrimonio lampo, si è buttata nella mondanità: a Parigi passava da una festa all’altra. E a noi piacciono anche i suoi capelli blu che si riflettono sull’abito.

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For magazine LA FOTO di Enrico Govoni

Erano già a Kathmandu, l’inviato di Striscia la notizia Vittorio Brumotti e l’alpinista di fama internazionale Simone Moro, quando hanno scoperto che è stato revocato il permesso di salire in bici fino alla cima dell’Everest (8.848 m). 100% Brumotti torna quindi in Italia, costretto per ora a rinunciare alla spedizione: accontentiamoci di vederlo, in questa foto di Yuri Baruffaldi, mentre si allena in Valmalenco.

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cover di Tommaso Gandino

Non ho segreti

Elena Ossola (28 anni) dopo la partecipazione a Miss Italia, dove si aggiudica la fascia Miss Bioethic-Deborah, inizia a lavorare come modella. 8 For Magazine


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Da L’Eredità a I Migliori Anni, la carriera televisiva di Elena Ossola viaggia a gonfie vele. Decisa e schietta, la bella showgirl, già finalista a Miss Italia 2003, si racconta senza nascondere nulla, anche che le manca una stabilità sentimentale: «Ma non si sta poi tanto male ad essere single»

Elena Ossola rappresenta la femminilità moderna, possiede grazia e charme, ma non è la solita bambola. Incarna l’immagine della ragazza ideale, affabile e affidabile. Ha occhi azzurri grandi e mobilissimi, una parlantina inesauribile, una gran voglia di comunicare, senza censure, il suo mondo interiore e il suo punto di vista su ogni argomento, anche il meno convenzionale, anche il più intimo. Dietro l’aspetto fragile, la biondissima Elena nasconde un carattere deciso e schietto. Per lavorare nel mondo dello spettacolo è necessaria una componente di esibizionismo? «Per stare in questo ambiente bisogna mostrarsi al pubblico, quindi è necessario essere un po’ esibizionisti. Io sono una ragazza molto timida e questo lavoro mi ha aiutata a vincere, in parte, la mia timidezza». C’è qualcosa che cancellerebbe dalla sua giovane carriera? «No, sono molto soddisfatta, non cancellerei nulla, ma ci sono ancora tante cose che voglio fare e tanti sogni che spero di realizzare presto». Lei è arrivata quasi per caso. Chissà che rabbia per quelle disposte a tutto… Com’è il suo ambiente di lavoro? «Io sono una ragazza con molti principi e sono arrivata in questo mondo in modo pulito e senza scorciatoie. Credo nello studio, nell’impegno e nella gavetta. Il mio ambiente di lavoro è come gli altri, ha i suoi lati positivi e quelli negativi, comunque nessuno ti obbliga a fare ciò che non vuoi». La solidarietà femminile nel suo mondo esiste davvero? «Le mie due migliori amiche lavorano nel mio stesso settore e ci aiutiamo a superare momenti difficili. Poi, come in ogni professione, è normale che ci sia un po’ di competizione». Qual è oggi per le donne il traguardo più importante da raggiungere? «Io credo che una donna sia veramente realizzata e soddisfatta quando riesce a guardarsi allo spec9 For Magazine


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Dal 2006 al 2009, la Ossola ha fatto parte del quiz L’Eredità. Come valletta ha affiancato Carlo Conti anche nel programma I Migliori Anni.

chio senza provare rimorsi e sapendo di avere la coscienza a posto. Ogni donna ha un suo obiettivo da raggiungere, io spero di realizzarmi sia nel lavoro sia nella vita». Qual è la cosa più importante che manca alla sua vita? «In questo momento mi manca una stabilità sentimentale, ma non si sta poi tanto male ad essere single». Un episodio che le è sembrato un segno del destino? «Stavo per mollare tutto dopo aver lavorato come modella, essere arrivata in finale a Miss Italia e aver vinto il titolo nazionale di Miss Bioethic, poiché avevo problemi in famiglia. Poi all’improvviso mi chiamarono per il provino de L’Eredità e dopo quattro giorni ricevetti la conferma».

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La Ossola vanta diverse esperienze in fiction-Tv, tra le quali Il commissario Rex - Il ritorno, Don Matteo 7 e Ho sposato uno sbirro 2. Ha preso parte anche al film con Massimo Boldi e Vincenzo Salemme A Natale mi sposo.

Quale fu la sua prima grande emozione televisiva? «Senza dubbio è stata il concorso di Miss Italia, la prima volta davanti alle telecamere, il cuore mi batteva fortissimo, soprattutto l’ultima serata, arrivare in finale è stata un’emozione enorme». Cos’è stato importante, a suo avviso, per costruire un programma di successo come I Migliori Anni di Carlo Conti? «Secondo me per realizzare una trasmissione di successo come questa ci vuole sicuramente un conduttore capace, simpatico e amato dal pubblico come Carlo Conti, ma anche un grande lavoro di squadra». Una persona che ha ammirato o ammira particolarmente in Tv è… «Ho ammirato tanto Mike Bongiorno e Raimondo Vianello, due pilastri della televisione italiana e due persone molto umane. Carlo Conti, poi, per me è un grande maestro di lavoro, un vero professionista, e anche di vita, mi ha insegnato e dato veramente tanto in questi anni, non finirò mai di ringraziarlo. Lo stimo molto come persona, è umile e sensibile».

È più legata al passato o totalmente proiettata nel futuro? «Non cancellerei mai il mio passato, sono felice di essere quella che sono attualmente. Invece per il futuro ho tanti progetti». Rifarebbe ogni cosa contando fino a dieci? «Nella mia vita rifarei soltanto due cose contando fino a dieci, ma ovviamente non dico quali». Se potesse mandare avanti il tempo, che cosa vorrebbe vedere nel futuro? «Vorrei vedere sconfitte molte malattie incurabili attualmente, un mondo migliore e che tipo di donna sarà Elena». Reincarnazione: se potesse rinascere uomo chi vorrebbe essere? «Vorrei essere mio padre perché è un uomo fantastico, con un grande cuore, con valori che è difficile trovare oggi in una persona, capace di provare sentimenti veri, realizzato nella vita e nel lavoro, genuino, onesto, sincero».

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REPORTAGE di Michela Garosi

la nostra africa Il fascino misterioso di questo continente rimane intatto. Donnavventura, tra scenari meravigliosi, incontri con i Masai e una “caccia fotografica” straordinaria, ci accompagna alla scoperta del Kenya. Che non è solo Malindi e le ville dei vip

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Un branco di zebre che pascola all’alba nella riserva faunistica di Masai Mara.

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Un esemplare di piccolo leone che si muove nel grande ecosistema della riserva keniana.

Arrivando a Nairobi, la capitale del Kenya, quello che sconvolge di più è il traffico: file e file di macchine e camion in un caos totale. Le Donnavventura si ritrovano in una residenza davvero d’eccezione, il Sarova Stanley, un hotel situato nel cuore pulsante della capitale, che esiste dal 1902 e uno dei simboli intramontabili della città. Qui c’è anche il tempo per vivere una scatenata Nairobi by night, ma al mattino già si riparte alla volta del grande parco del Masai Mara, forse il più conosciuto e certamente il più ricco di fauna, compresi i big five, i cinque grandi mammiferi africani. Questo è il periodo dell’anno, insieme ai mesi di giugno-luglio,

in cui nel Masai Mara si compie un fenomeno che ha davvero dell’incredibile: la migrazione degli gnu. La “caccia fotografica” ha buon esito e le Donnavventura incontrano bufali, leoni, elefanti, ma anche zebre, giraffe, iene e ghepardi. Il team, tuttavia, non poteva lasciare il parco senza aver incontrato i Masai, popolo di pastori nomadi che vive qui in Kenya e anche nella vicina Tanzania. Così, è a Olamutia che il capo tribù accoglie le inviate e le introduce al centro del villaggio dove i maschi iniziano a danzare per dare loro il benvenuto. Sulla via del rientro, per tornare al campo base, le ragazze passano anche davanti ad una scuola e non resistono alla voglia di fermarsi e conoscere i

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Gregge di gnu al tramonto. La migrazione di gnu è uno degli spettacoli più caratteristici del Masai Mara.

Una famiglia di elefanti al Masai Mara: nel parco sono presenti tutti i cosiddetti “Big Five”, ovvero elefanti, leoni, leopardi, rinoceronti e bufali.

Una giraffa che mastica ciuffetti di acacia. In lingua swahili la giraffa viene chiamata twiga.

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Veduta mattutina del Masai Mara, situato nella pianura di Serengeti, nella parte sudoccidentale del Kenya.

Un gruppo di giovani Masai del villaggio. I Masai sono un popolo nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania.

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Una coppia di zebre in un momento di “relax”: questi mammiferi equini sono animali gregari che vivono in branchi di 7-8 elementi.

Una leonessa predatrice che si ciba di una giraffa appena uccisa.

bambini, che studiano sia lo swahili, per parlare tra loro e tra le tribù, sia l’inglese, utile soprattutto per un futuro lavoro. La tappa successiva del Grand Raid è il lago Nakuru. Sul percorso il team incrocia un villaggio in cui spiccano le insegne delle attività commerciali dipinte a mano sulle costruzioni e alcune donne che cuciono a macchina in veranda, riparate dal sole. Dopo oltre 300 chilometri, gran parte dei quali percorsi su pista, ecco Nakuru, cittadina poco distante dall’omonimo lago. La particolarità di questo posto è che ogni costruzione è decorata con un murales diverso. C’è la casa con le zebre, quella con gli uccelli, quella con gli elefanti, quella con alcuni pastori, in un misto di disegni e colori di tutti i tipi. Costeggiando il lago, il primo animale in cui ci si imbatte è una gazzella di Thomson, che pascola indisturbata sulle sponde, ma non mancano anche i dispettosi babbuini. Poco più avanti però si apre uno scenario davvero spettacolare: centinaia di fenicotteri rosa e pellicani si ritrovano a poca distanza dalle ragazze. Questo lago di acqua alcalina è l’habitat naturale per eccellenza di questi esemplari, che scelgono la zona anche per la mitezza della temperatura. Infine, per concludere in bellezza, il raro rinoceronte bianco. Il team ne avvista un gruppetto in riva al lago e c’è anche un cucciolo fra loro! L’emozione è davvero forte data l’eccezionalità dello spettacolo che si staglia davanti agli occhi. 17 For Magazine


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Fenicotteri rosa e pellicani che si nutrono sulle rive del lago Nakuru.

Un gruppo di rinoceronti bianchi si disseta tra le acque del Nakuru.

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Un leone appostato su un albero di acacia nei pressi del lago: sta scegliendo la sua preda.

Insediamenti abitativi nella cittadina di Nakuru, con murales dipinti a mano.

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La Donnavventura Stefania che fotografa il mare dell’isola di Chale, un vero e proprio paradiso tropicale, 20 km a sud di Diani Beach.

Dopo una piacevole serata trascorsa sul lago è tempo di ripartire e il giorno successivo, come sempre all’alba, le neo reporter sono già alla guida delle loro fuoristrada. Questa volta la bussola punta a sud, verso Mombasa, città caotica e frenetica affacciata sull’Oceano Indiano. Per la fortuna della carovana è il Kenyatta Day, festa nazionale, e per le vie c’è pochissimo traffico, ma quanta strada da fare! Finalmente però, dopo aver macinato tanti chilometri, le Donnavventura raggiungono la tanto agognata destinazione: l’isola di Chale, poco distante da Mombasa. Il team resta letteralmente a bocca aperta quando si accorge che per arrivare all’isola si deve necessariamente ricorrere ad un “mezzo un po’ speciale”: si tratta di un trattore, che arriva sull’isola sfruttando la bassa marea.

A Chale le ragazze trovano una vera e propria oasi di pace e tranquillità dove riprendersi dalle fatiche dei safari e dalle levatacce. Così il team, dopo un pernottamento in una suite su palafitta, è già pronto per circumnavigare l’isola in kayak e ne approfitta anche per pescare un po’. E dopo aver visto la “Chale subacquea”, con stelle marine e pesci colorati è già tempo di tornare a Nairobi, dove la spedizione abbandona il Kenya, ma non l’avventura…

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Una spiaggia dell’isola di Chale con la tipica sabbia bianchissima.

Il team delle Donnavventura con il “bottino� dopo una mattinata di pesca fortunata.

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For INTERVISTA magazine di Marco Gastoldi

Sono una predestinata

Sofia Bruscoli è nata a Cattolica, in provincia di Rimini, il 20 aprile 1988. A soli 4 anni inizia a praticare il pattinaggio artistico, laureandosi campionessa europea all’età di 12 anni. Lascerà lo sport solo negli anni del liceo. 22 For Magazine


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Dalla moda in tenera età alle fiction passando per tanta Tv: Sofia Bruscoli ha avuto come “madrina” Milly Carlucci e come “padrini” Carlo Conti e Pippo Baudo. Eppure dichiara candidamente: «Faccio televisione ma non la guardo e non mi guardo!» Intanto eccola più sexy che mai, fotografata da Bruno Oliviero Ci racconti dei suoi esordi fra pattinaggio artistico, moda e televisione. «Ho iniziato a cinque anni con il pattinaggio artistico a rotelle, perché a Riccione, non essendoci particolari strutture idonee, è impossibile praticare il pattinaggio sul ghiaccio. Mi sono dedicata a questo sport per dieci anni e nel 2000 ho vinto i Campionati Europei. Mi allenavo dal lunedì alla domenica per cinque ore al giorno, si può dire che sia stata la mia vita durante l’infanzia. Ero innamorata del pattinaggio e volevo vincere. Tutto ciò mi ha trasmesso un grande senso della disciplina, dell’allenamento e della fatica, regalandomi poi molte soddisfazioni». Attraverso la sua determinazione ha abbandonato lo sport e si è dedicata alla moda, lavorando con i più grandi stilisti. «Sì, a quindici anni ho lasciato il pattinaggio perché non ci sarebbe stata molta possibilità di continuare. Inoltre iniziavo il Liceo Scientifico e non potevo più allenarmi con così tanta forza e dedizione. Un anno dopo ho partecipato e vinto il concorso di bellezza “Elite Model Look”, che ha scoperto talenti come Cindy Crawford e Gisele Bundchen. Da quel momento ho iniziato a lavorare in tutto il mondo, fra Cina, Parigi e Monaco. È stata un’esperienza molto forte perché ho cambiato per la prima volta il luogo in cui vivere, mi sono spostata dal paese alla grande metropoli: Milano. Ho imparato ad arrangiarmi da sola grazie alla mia determinazione e all’appoggio della mia famiglia che non mi ha mai abbandonata».

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Nel 2004 vince il concorso di bellezza Elite Model Look, mentre nel 2005 viene proclamata Miss Mondo Italia e Miss Europa.

Cosa pensa riguardo al mondo della moda? «È sicuramente un ambiente divertente. A quale donna non interessano trucco e parrucco? È anche un mondo tosto, ma se frequentato solo per il lavoro non è così atroce come si dice. Dipende da come scegli di viverlo. Inoltre, essendo minorenne, ero continuamente tutelata dalla mia famiglia e dall’agenzia per cui ho lavorato». Per lavoro ha girato il mondo, qual è il luogo che ha preferito? «Posso dire quello che mi è piaciuto meno? La Cina, dove ho vissuto per quattro mesi girandola tutta. Un paese interessante per la cultura, la storia e il territorio, ma troppo diverso dal nostro. È un altro mondo dove, forse per la mia giovane età, non mi sono sentita totalmente a mio agio. Proprio in Cina ho partecipato alla finale di Miss Mondo, vincendo il titolo di Miss Europa nel 2005, dopo aver vinto il titolo di Miss Mondo Italia».

A circa 17 anni si ritrova nel mondo della televisione. Cosa l’ha spinta verso il piccolo schermo? «Mi ci sono ritrovata. Mi hanno chiamata per il Festival di Sanremo, ma per problemi di età, poiché ero ancora minorenne, non ho potuto partecipare. Ho conosciuto Milly Carlucci e nel 2006 ho partecipato alla terza edizione di Ballando con le Stelle. Milly mi ha “tenuta a battesimo”, è stata un’esperienza unica e sono stata molto felice di averla conosciuta. Inoltre, la mia passione nei confronti della danza classica e moderna, che mi ha aiutato per il pattinaggio artistico, mi ha anche permesso di essere avvantaggiata rispetto agli altri concorrenti. Ho anche un bel ricordo di Manuel Favilla, che formava la coppia con me. Fra i concorrenti con i quali ero in competizione ho incontrato in occasione dell’ultimo Capodanno di Rai 1, in diretta da Courmayeur, Pamela Camassa, con la quale sono stata entusiasta di lavorare per celebrare il nuovo anno».

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La Bruscoli fa il suo esordio in Tv nel 2006 partecipando alla terza edizione di Ballando con le Stelle. «Milly Carlucci mi ha “tenuta a battesimo” – ha dichiarato Sofia –, è stata un’esperienza unica e sono molto felice di averla conosciuta».

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Un passo indietro, nel 2008 ha presentato I Migliori Anni con Carlo Conti e in seguito Domenica In con Pippo Baudo. «Sì, dopo Ballando con le stelle ho partecipato alla conduzione del programma con Carlo Conti, un’altra istituzione in Rai. È stato molto divertente cambiare look, interpretare ed ascoltare canzoni che non fanno parte della mia generazione, ritrovandomi negli anni ’50, ’60, ’70 e ’80. Nel 2009 e 2010 ho avuto la grandissima fortuna di affiancare Pippo Baudo. Ricordo ancora le tre ore di provino durante le quali ho ballato, cantato e recitato. Ho anche recensito libri di Pirandello e D’Annunzio. C’erano trenta persone che mi giudicavano, è stato più impegnativo dell’esame di maturità! Ma lavorare con Pippo Baudo è stata un’esperienza grandiosa». Nel 2010 e 2011 ha presentato Il bello, il brutto e il cattivo su Rai 5. «Sì, ho trattato vari argomenti fra cui moda, intesa non solo come abbigliamento ma anche design, arte, tecnologia e architettura. Del resto tutto ciò che è moda mi piace tanto. A novembre ho collaborato di nuovo con l’agenzia Elite, presentando l’“Elite Model Look” all’Accademia L’Oréal di Roma, il concorso che ho vinto». Torniamo alla televisione e alla recitazione, a quali fiction ha partecipato? «Nel 2006 mi sono trasferita a Roma per studiare dizione e recitazione, cercando di correggere il mio accento che risentiva del mix fra romagnolo e milanese. Ho preso parte a Il Commissario Vivaldi e Le segretarie del 6°, sono stata anche protagonista di una puntata di Don Matteo 7 e di Che Dio ci aiuti, con Elena Sofia Ricci. Ora ho appena terminato un corso di recitazione che mi ha tenuta impegnata dallo scorso ottobre». Cosa guarda in Tv? «Faccio televisione ma non la guardo 26 For Magazine


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e non mi guardo! Ho il televisore, ma lo uso solo per i dvd. Impazzisco per i thriller, ma guardo anche le commedie. Il mio film preferito è Titanic, per il suo romanticismo, di sicuro non mi perderò assolutamente la versione in 3D». È appassionata anche di libri? «Molto. Leggo di tutto, dalle opere teatrali che mi hanno aiutato per lo studio alla letteratura inglese. Amo Giorgio Faletti, ma ho letto recentemente Racconti d’inverno di Shakespeare. Ora in borsa ho Ricorda con rabbia di John Osborne». Milano e Roma, due città nelle quali ha vissuto e vive. Che luoghi frequenta? «A Roma vado spesso a teatro e al cinema. Adoro i musical, ho visto Mamma Mia! e più di recente Sister Act. Sono felice del fatto che il musical stia prendendo campo anche in Italia. Quando sono libera vado spesso in centro e a Villa Borghese, dove leggo e mi rilasso. Purtroppo nel periodo milanese ero ancora minorenne, non ho potuto frequentare i locali della città». Ora che è a Roma, cosa le manca di Riccione? «Nulla, perché torno a casa almeno una volta al mese». Un consiglio per tutte coloro che iniziano ora a muovere i primi passi nello spettacolo? «Studiare, studiare, studiare! Se vuoi fare l’attrice, devi studiare. Se invece vuoi fare la conduttrice, non esiste una scuola. Ma bisogna studiare e faticare per saper fare più cose possibili, come cantare e ballare. Avere una padronanza del linguaggio è fondamentale per sostenere anche tre ore di diretta».

Sofia ha un debole per i thriller e le commedie romantiche come Titanic e Moulin Rouge!. Tutte le foto del servizio sono di Bruno Oliviero. 27 For Magazine


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Super-evento nella boutique Valextra di via Manzoni, a Milano, in occasione della presentazione del libro Contemporary Landscape di Patrizia Pozzi.
Gli ospiti sono stati accolti dal presidente di Valextra, Emanuele Carminati Molina e da Gabriella Magnoni Dompè, madrina della serata. Sono inoltre intervenuti il curatore Luca Molinari, il giornalista di Repubblica Aurelio Magistà, il critico d’arte Gillo Dorfles, l’editore Massimo Vitta Zelman, il nuovo presidente della Triennale Claudio De Albertis, il direttore di Periodici Italia di Mon-

dadori Stefano De Alessandri, Beppe Modenese, Bob Krieger, Arturo Artom, Marta Brivio Sforza, Umberta Gnutti Beretta. Inoltre, da sottolineare la presenza di alcune delle più autorevoli personalità del mondo scientifico italiano e internazionale, quali Silvio Garattini (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), Pier Mannuccio Mannucci (direttore scientifico della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico) e Paolo Veronesi (presidente della Fondazione Veronesi).

Gabriella Dompè e Massimiliano Finazzer.

ROTAZIONI

For

di Ivan Rota

Serata spettacolare per il compleanno della bellissima Kris Reichert: avvolta in un abitino super stretch, lei e i suoi ospiti (tra i quali non potevano mancare il fidanzato Yan Agusto e la compagna di tanti successo Kris Grove) hanno ballato fino a tarda notte al Just Cavalli, e hanno festeggiato per tutta la città a bordo della lussuosissima Hummer Limousine, che di sicuro non è passata inosservata ai milanesi che si aggiravano per le vie. • È passato più di un anno da quando hanno girato insieme Gli sfiorati, ora sui nostri schermi, ma tra i due è rimasto un certo feeling: parliamo di Michele Riondino, ovvero Il giovane Montalbano, e la sexy Miriam Giovanelli. La scorsa settimana sono stati avvistati durante una romantica cenetta. • Prima di partire per L’isola dei famosi, Nina Moric si aggirava dalle parti di Porta Venezia a Milano: a pochi passi da lei Nicolò Oddi, da sempre attirato dalle donne famose. Stesso luogo, altro vip: avvistato Luca Zingaretti, ovvero Il commissario Montalbano. Che tipo di indagini stava svolgendo?

Kris Reichert e la Dj Maxine.

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Giovanni Bozzetti ed Eva Leitgeb.

Patrizia Pozzi, Contemporary Landscape, ed. Skira.

Mentre la sorella Carla pensa sempre più ai guai del marito in campagna elettorale, Valeria Bruni Tedeschi sta girando il suo nuovo film da regista, Un chateau en Italie, che vede come protagonista il di lei fidanzato Louis Garrel. Sul set è nata un’altra grande intesa, quella tra il nostro Filippo Timi e Xavier Beauvois.

da suoi collaboratori, ma, parlando con lei, abbiamo potuto appurare che è tutta farina del suo sacco. Anche in vacanza, in quel di Saint Moritz, non si è astenuta dal pubblicare foto della ridente località e di sue campagne pubblicitarie. Ha passato le giornate in assoluta tranquillità. Erano tutti al Dracula Club per il compleanno di Ralitza Baleva, moglie di John Balzarini, ex marito di Fiona Swarovski. C’erano anche tutti i reduci della festa del Corviglia Club, al Palace, tra cui l’ereditiera Serena Boardman, in arrivo dal Maloja Amedeo Clavarino e Arturo Artom, ma di Afef nessuna traccia. Era tranquilla a casa. Se la rideva ancora per una disavventura che ha simpaticamente postato: in vacanza in Tunisia, suo paese natale, scopre con sorpresa che, sul foglio di registrazione dell’hotel in cui soggiorna, è segnata la sua data di nascita in modo del tutto sbagliato: 30 dicembre 1899! Complimenti a una signora che non ha problemi con l’età!

• Emanuele Filiberto, ora in tv con Il Principiante, ha ideato un format da proporre alle reti con target giovane: un programma sulla vita vera dei giovani nobili d’Europa. Filmati e interviste esclusive agli eredi delle famiglie regnanti europee ripresi nella loro quotidianità. Ad esempio Filippo di Spagna che pesca le trote in Galizia, oppure Stephanie di Monaco che, mentre cucina i suoi adorati ciambelloni, racconta la sua passione per il circo e per gli acrobati. • Thora Birch, che molti ricorderanno tra i protagonisti di American Beauty, ora fa audizioni a Broadway: durante una di queste, la diva si è invaghita dell’attore Michel Altieri. Lui, però, fedele alla moglie Jessica Polsky, non ha ceduto e preferisce uscire con l’amico attore Francesco Venezia. • Afef Jnifen Tronchetti Provera è una dei pochi vip che non hanno lasciato Facebook per Twitter: ogni giorno posta foto, commenti e pensieri. Twitter, evidentemente, non rientra nelle sue corde. Molti pensavano che il profilo fosse aggiornato

Laura Morino Teso e Adriano Teso.

• Ad agosto compie quarant’anni, ma Cameron Diaz dice: «Amo invecchiare, mi piace l’esperienza che arriva con l’età». Vedremo una delle attrici più pagate di Hollywood a giugno nel film What To Expect When You’re Expecting, una commedia sulle difficoltà di diventare genitori. Si mantiene in forma (e che forma!) facendo fitness. Lo fa da quando ha vent’anni e, confessa, non potrebbe farne a meno.

Cameron Diaz

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For magazine COSE DI MODA

MISS BIC È nato Miss Bic, il nuovo brand di accendini dedicato al pubblico femminile con cui Bic, a 40 anni dall’invenzione del primo accendino diventato icona, torna a stupire. Per celebrare la nascita di questo marchio, lo stilista Oscar Carvallo ha appositamente creato uno scenografico abito composto da 8.521 accendini Miss Bic, che è stato esposto a Palazzo Morando a Milano, in occasione del Vogue Talents Corner, attirando l’attenzione dei numerosi ospiti presenti. Il nuovo brand strizza l’occhio al mondo della moda e alle donne fashion victim, con una gamma di prodotti dalle decorazioni di tendenza e dalla forma slim.

di Ivan Rota

DAMIANI Grande ressa per l’evento Damiani nella boutique di via Montenapoleone a Milano. Motivo di ciò, l’arrivo di Sharon Stone. La diva da tempo collabora con la famosa casa di gioielli: senza scorta, disponibile con tutti, ha avuto un grandissimo successo. Tra gli ospiti dell’happening Gabriella Dompè, Umberta Gussalli Beretta, Lorenzo Riva. A fare gli onori di casa Silvia Grassi Damiani.

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Uno stile per ogni stagione Tra collezioni primavera/estate e prêt-à-porter autunno/inverno, il 2012 per lei e per lui si carica di abiti colorati ed eleganti, scarpe raffinate, accessori cool. Con un occhio a Milano e l’altro a Parigi

ARFANGO

ONASSIS

Durante la settimana della moda maschile milanese, Alberto Moretti, designer di Arfango, ha presentato la collezione uomo autunno/inverno 2012-13 “Dream Shoe: un sogno ai tuoi piedi”, che risente dell’influenza del new dandy style maschile. A spiccare per eleganza ed estrosità sono: la “voyeur shoe”, in cui la tomaia delle slipper di velluto diventa lo spioncino attraverso cui osservare una pin up del burlesque; la “scarpa del cuore” fatta di micropaillettes a contrasto che disegnano sulla tomaia della calzatura un cuore; la “mirror shoe”, un mosaico di specchietti che illumina la pantofola del “più bello del reame”; la “vite d’oro”, ossia le slipper in oro bianco e le francesine in velluto rifinite con chiodi e viti d’oro; e infine lo “scarpetto di cristallo”: una pantofola completamente ricamata di cristalli Swarovski. Nicola Ievola

C’è un nuovo marchio che si sta affacciando prepotentemente nel panorama del mondo del lusso italiano ed internazionale: Onassis. La straordinarietà di Onassis è soprattutto nella composizione e nella sua lavorazione del tessuto. La materia prima è rigorosamente Made in Italy, ed è l’eccellenza offerta dall’industria manifatturiera italiana. Basti pensare che i tessuti utilizzati costano in media 75 euro al metro (per Valentino 21 euro), mentre la stessa scatola delle scarpe, lavorata a mano, ha un costo di 18.70 euro. La collezione primavera/estate 2012 per l’uomo e la donna presenta alcuni capi di abbigliamento esclusivi e calzature realizzate con materiali pregiati, unici nel loro genere e rigorosamente realizzati in Italia.

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MUGNAI

ALYSI

Mugnai è un’azienda calzaturiera che lavora ancora tutto artigianalmente: le sue scarpe sono distribuite in tutto il mondo, anche presso le Galeries Lafayette. In omaggio alla Ville Lumiére, Mugnai ha realizzato una scarpa con tacco Tour Eiffel davvero mitica.

Uno stile “urban chic” quello proposto da Alysi al suo debutto per l’autunno/inverno 2012-13 con una linea di accessori donna, Accessoreria Alysi. Una collezione, sofisticata e versatile, di cui protagoniste assolute sono le borse e le scarpe – completata da collier, bracciali, foulard, una vera e propria “accessoreria” declinata in 50 pezzi – creati con materiali ricercati e una tecnica “handmade finishing”, per dare quel vintage touch assolutamente inedito. Il fil rouge che attraversa l’intera collezione è il contrasto inaspettato, accennato oppure esasperato, in grado di creare l’errore rispetto al consueto: questa la filosofia della griffe che modifica così le regole del gioco, l’energia e la passione.

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Parigi è sempre Parigi

EMAMÒ Emamò, il brand dedicato al summer style disegnato da Emanuela Corvo, apre un corner dedicato nel Luxury Mall Excelsior, portando il suo mood romantico e contemporaneo nel cuore di Milano, in Galleria del Corso. Un opening importante per Emamò, le cui collezioni sono caratterizzate da charme e da allure, con il plus di lavorazioni ricercate e di dettagli preziosi. Mussole di cotone, lino, pizzi, sete stampate e disegni barocchi, applicazioni di conchiglie, madreperle e Swarovski su bikini che diventano piccole opere d’arte, densi di bagliori scintillanti al sole estivo. Un vortice di femminilità emotiva e intensa, che non ha mancato di conquistare le celebrities fotografate ogni anno con indosso capi Emamò: da Beyoncé a Megan Gale, da Broklyn Decker a Nina Moric. Il target non è discriminato dall’età, ma da una comunanza di valori.

Nove giorni di eventi e sfilate a Parigi. Si è partiti subito con il botto: Katy Perry, dai capelli turchini, ospite da Hogan per la collezione creata da Karl Lagerfeld: cena ristretta alla Maison du Caviar con gente da tutto il mondo a ricordare Lucio Dalla e la sua Caruso. La cantante è arrivata accompagnata da Jonathan Newhouse, Daphne Guinness e Bérénice Marlohe, nuova “bond girl” in Skyfall che aveva poca dimestichezza con il suo abito-sciarpa. Altro motivo di orgoglio il conferimento della Legion d’Onore a Franca Sozzani. Poi Olivier Zahm alla Maison Darrè per il party Yazbukey’s Pussicat Fight, e Kim Gordon, frontman dei Sonic Youth, stilista per Surface to Air, che invita tutti al suo concerto al Club Silencio. E ancora: Jessica Alba, Jade Jagger, Sara e Giovanna Battaglia da Lanvin: aperitivo, defilé e after party con Albert Elbaz che cantava Que Sera, Sera, supportato da Tilda Swinton: si festeggiavano i dieci anni dello stilista alla direzione della maison. Molti altri stilisti presenti, tra i quali Jean Paul Gaultier, con Rossy De Palma, e Elie Saab, reduce dal suo party arabeggiante, che hanno applaudito Feu, spettacolo al Crazy Horse ideato da Christian Louboutin. Applausi per John Galliano e per i meno conosciuti Masha Ma e Hakaan, ma soprattutto per Victoire de Castellane, creatrice dei gioielli Dior, festeggiata con una cena da favola al Salomon de Rotschild. Poi un magico party da Régine’s con Gemma Arterton e Elisabeth von Thurn und Taxis. Party da Colette per la presentazione della Pentax K-01: ad ammirare il vernissage “Backstage” c’erano Leigh Lazark, Jefferson Hack, Suzy Menkes e Catherine Baba. Atmosfera algida al cocktail di Balenciaga: elegantissime Dasha Zhukova, Gaia Repossi e Charlotte Gainsbourg. Una parata di star ovunque: da Hermes a Miu Miu, da Yves Saint Laurent, avvistate Laetitia Casta e Catherine Deneuve, ad Alexander McQueen, sino alla megafesta di Stella McCartney: la ville lumière non conosce la crisi. O almeno così sembra.

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LORENZO RIVA Collezione prêt-à-porter autunno-inverno 2012-13 per Lorenzo Riva. Bon ton e femminilità anni ’50, eleganti e sofisticate, dalle algide muse (bionde) di Hitchcock alle nuove web-star come Lana Del Rey, con un occhio

allo stile di Veronica Lake. Cappotti e caban ampi in panno casentino con effetti bicolore optical nell’avorio/nero, o rosso/nero con motivi a coulisse nel collo, o in verde con accenni di spacchi arrotondati. Tessuti spigati in lana/cachemire o in micro quadretto stretch per giacche avvitate con manica a kimono, e motivo ad effetto guanto in jersey, abbinate a

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gonne affusolate. Macro spigato per gonne ampia con accenni in canetè, chiusa da fibbie in metallo, abbinata a camicia maschile in piquet bianca. Stuoie multicolor nei toni del verde o del fucsia per tubini con inserti a contrasto o piccole tasche. Rivisitazione di tessuti tradizionalmente legati alla hautecouture, come il matelassè a micro fiori, nelle


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tonalità del bluette per abito e soprabito con piccoli volant sul collo, o in nero, per abiti sinuosi dalle velature in tulle a pois stretch, fino al jacquard piéd de poule color antracite. Morbidi cady nel rosso brillante o nel nero con inserti in pizzo effetto “nude” o con bordi macramè bianco su nero o velati di chiffon con collo/polsi a contasto in piquet bianco. Small

jacket da cocktail con inserti a volant anche nel fondo manica, su abiti in mikado. Pizzi con effetti arricciati nel colore beige o con gonna ampia nel rosso/nero. Tessuti con ricamo di micro paillettes nel beige, ametista o nero per tubini con motivi di drappeggio a monospalla o a cascata nel dorso, per abiti a gonna ampia o abiti lunghi con inserti in tulle trasparente.

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Georgette e raso di cotone per la stampa zebra optical nel bianco/nero: abiti corti con baschina a cloche o con drappeggi incrociati, abiti lunghi a sirena con drappeggio a spirale. Un ricordo bruciante per atmosfere hardboiled, vedi La Fiamma del Peccato.


For magazine di Marco Gastoldi

JILL SANDER Clinical-chic dal sapore anni ’40 per la nuova collezione primaverile firmata Raf Simon per Jil Sander. Il punto di partenza è l’iconica camicia bianca del brand, che per l’occasione si trasforma in mini abiti e gonne dalla sensualità d’alta moda. L’idealizzazione del minimalismo trova la vera essenza della bellezza femminile in ogni sua forma e silhouette, trasmettendo forza, modernità e vivacità. Ogni creazione diventa il motivo narrativo e artistico del modernismo: l’arte si mescola alla moda. Le

pennellate sulle ceramiche firmate Picasso sembrano essere intrappolate in maglioni, gonne a tubo e abiti da sera colorati da diverse gradazioni di giallo, blu, rosa, arancio e verde smeraldo. Intarsi e geometrie dalle linee rette si mescolano a cotone ed organza senza fronzoli e alle colorate e luminose fantasie tartan, senza rinunciare all’essenzialità e al rigore di outfit monocromatici più semplici e minimal. Pennellata dopo pennellata, la seduzione e la femminilità esplodono in un soffio di haute couture dove tendenza ed eleganza, unite a modernismo e arte, trovano un delicato ed unico equilibrio.

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ICEBERG Valentina, il personaggio nato dal tratto a matita di Guido Crepax, ispira l’enorme ricamo realizzato in lustrini applicati su maglia che apre la collezione spring/summer 2012 di Iceberg. Pantaloni cargo in seta e camicie maschili stampate, pullover con scollatura rotonda e canotte oversize reinventano lo sportswear e la comodità tutta al femminile. L’attenzione si concentra ancora sulla maglieria, pezzo forte delle produzioni firmate Iceberg, che introduce come di consueto una

novità: la fettuccia di seta in originali mélange a trame lente. Total look black&white folgorati da lampi fluo rossi e gialli diventano invece il must have primaverile grazie alle stampe floreali coloratissime. Nastri intrecciati e giganti paillette dai riflessi metallici si riversano invece su giacche e top per consentire una visione dei capi…in terza dimensione! Enormi occhiali in stile retrò, maxipochette in plastica trasparente e pelle di rettile concorrono a rendere uniche e importanti le creazioni arricchite dai cromatismi del perla, salvia, ciliegia, argento, giallo e fucsia.

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OSCAR DE LA RENTA Regalità e sontuosità per un ritorno alle epoche passate; pizzo, raso, seta e macramè per dettagli preziosi ed ottocenteschi; nero, senape, corallo, bluette, verde prato, rosa e celeste per abiti da ballo dai pregiati e lavorati ricami. Oscar de la Renta propone così una collezione che rivisita e attualizza le sfarzose e ricche suggestioni di qualche secolo fa, soffiando attraverso il vento primaverile un profumo di giovinezza, lussuosità e fascino. Ogni tecnica di ricamo, consistenza di tessuto e tinta di colore è straordinariamente esplorata passando dall’uncinetto al minuzioso intreccio, dal fluttuante chiffon alle voluminose piume, dalle

candide sfumature rosee ed avorio fino all’oro, al corallo e allo champagne. Abiti da giorno verde acido e giallo canarino in tweed sono la tenuta ideale per la quotidianità, insieme a lunghi pantaloni e giacche corte. Gonne paracadute, abiti bianchi e limone pallido e ornamenti realizzati con una palette piumata sono invece la mise ideale per il cocktail più eccentrico, insieme al cappotto-abito dalle maniche a tre quarti con applicazioni fiorite. Abiti dall’incanto fiabesco ricamati con tulle, pizzi e raso dalla vivacità unica rendono infine realtà il magico sogno di un appuntamento particolare e importante. Giorno o notte, lavoro o gioco, Oscar de la Renta conferisce armonia e unicità ad ogni occasione di una donna raffinata e principesca.

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DAMIR DOMA Attraverso linee fluttuanti e spigolose Damir Doma sembra ogni volta raggiungere un risultato innovativo e sempre più vicino alle esigenze della donna nella moda di oggi. L’arte dello stilista si concentra per oltrepassare il trend appariscente di stagione e donare un valore aggiunto, attraverso nuovi materiali e forme, ai puri concept di leggerezza, purezza e sensualità. Giacche senza maniche e cappotti/tuniche, decorati con abile sottigliezza da un gioiello/accessorio incastonato

nell’abito, creano un esiguo ma brillante quadro cromatico attraverso le sfumature oro, cioccolato, ottone e beige ultra chiaro. Cotone e lino grezzo, tela a trama larga e pizzo antico contribuiscono a realizzare short maschili, abiti a colonna e giacche double face attraverso un mix di tessuti e giochi di sovrapposizioni da tuareg. Lo stilista si concentra poi verso una direzione prima d’ora inesplorata, utilizzando pelli sottili e seta plissettata, maniche a palloncino e gonne dalle forme non convenzionali, rendendo un effetto visivo accattivante che coniuga innovazione e sensibilità pura dell’artista.

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FENDI Silvia Venturini e Karl Lagerfeld rivisitano in chiave moderna dei grandi classici, riproponendoli nella collezione primavera/estate del marchio Fendi. Abiti con l’elastico in vita, gonne in cotone a righe, camicie da uomo con tanto di nastri in seta che ricordano una cravatta e cappotti a doppio petto dall’ispirazione militare sono la reinterpretazione ironica di uniformi e tenute più tipiche, strutturate e intramontabili. L’irresistibile completo gonna/pantalone è sdrammatizzato e vivacizzato da righe dorate verticali e orizzontali, gli abiti per la sera realizzati in tessuto chiffon si impreziosiscono grazie ai brillanti dettagli cristallini. La

donna è semplice e accademica sfruttando il pieno comfort di una tuta dalle fantasie fiorite oppure di un mini abito in cotone scaldato dalla giacca con maniche ampie e comode. Ogni silhouette è geometrica e il richiamo viene sicuramente da alcuni capi tipicamente maschili: una sintesi fra uomo e donna che culmina nella neutra palette composta da verde, beige, bianco, nero, caramello, blu e rosa ravvivata da lampi di colore, righe o fantasie. Protagonisti della ricercata comodità anche i sandali in pelle traforata o i sabot in seta e le borse a tracolla o a mano che, insieme alle clutch in coccodrillo, riflettono la signorilità sempre giovane della donna Fendi. E per uno sguardo verso il futuro? Gli occhiali tech, colorati e over.

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MARNI Accuratezza, giovinezza e struttura sono i concetti che hanno ispirato Consuelo Castiglioni, stilista della griffe Marni. Un riuscito mix anni ’60 e ’70 che comprende maglie a righe su gonne a trapezio con stampe decisamente macro. Le forme rigorose e precise di giacche, gonne e top sono incredibilmente alleggerite da giochi di sovrapposizioni e lunghezze che illudono lo sguardo. Gialli, azzurri e rosa esplodono in rossi e blu elettrici, mentre rombi e ovali accendono i giochi dall’ispirazione optical. La nuova collezione primaverile incuriosisce soprattutto

per l’utilizzo dei materiali: fiori di resina sono applicati su tele trasparenti dove si intravede il tessuto sottostante in contrasto. Le gonne sono invece impreziosite dall’intreccio di raffia ai cui orli pendono frange e perline, le giacche in cotone dall’esplosione power flower completate dagli shorts con orli arrotondati. Protagonista essenziale diventa la linea, diritta e asciutta, messa in evidenza dalla consistenza dei tessuti e dalle scollature a V che conferiscono alla silhouette l’irresistibile forma a clessidra. Appuntamento negli store della catena H&M per la festa della donna: la collaborazione fra la storica catena e la griffe Marni sembra già essere il must di stagione!

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Yves Saint Laurent Stefano Pilati ci trasporta in un vero e proprio safari nella collezione primavera/estate Yves Saint Laurent, ispirandosi ad un mix fra uniformi militari e suggestioni nordafricane. Il contemporaneo taglio spigoloso dona anche al look più classico una particolarità innovativa e la palette dai colori del sabbia, navy, bianco, kaki e nero concorre nella realizzazione di abiti che attraverso giacche a doppio petto e

camicie croccanti effetto corsetto dalle pieghe a ventaglio incarnano la tradizionale sartoria di precisione. I pantaloncini sono ampi, freschi, voluminosi e comodi, e i dettagli diventano ancora più curiosi attraverso i lacci intrecciati di alcuni capi. Minimalismo ed essenzialità dall’estetica elegante realmente pré-à-porter, incentrata sulle combinazioni di monocromatismi e piccoli spruzzi di energia come il nero pea-coat in pelle e i mocassini in coccodrillo rosso o pitone.

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Davidelfin Katharsis, dal greco katharos, significa purezza e pulizia. Katharsis, dall’emergente designer spagnolo Davidelfin, si traduce nell’ingente quantità di bianco e pastello presente nella sua collezione primavera/ estate 2012. L’uomo Davidelfin si colora di rosa brillante, rosso, giallo e celeste attraverso un mosaico di grafica e colori su pantaloni, camicie strutturate, zip straordinariamente colorate e giacche dal tono di base del bianco puro. Nell’immaginario mondo dello stilista l’uomo indossa

anche magliette dalla tonalità “trasparente” con strisce dai toni fluo stampate su esse. Un pezzo particolare? La giacca senza maniche in rosa bubble gum, verde kelly, zafferano, blu ghiaccio e arancio. Dinamica e creativa, la collezione sembra essere realizzata da pezzi di campioni di tessuto applicati sugli informali completi maschili, rivisitati in chiave arcobaleno. Uno sguardo nel Sole ricco di vitalità e freschezza che diventa il punto di partenza per qualcosa che nessuno mai aveva visto fino ad ora nel proprio armadio: il Prep World del futuro.

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For magazine double feature di Ivan Rota

L’attrice italiana Isabella Ferrari è stata fotografata all’uscita della boutique Salvatore Ferragamo a Milano, con indosso una borsa di pelle color tortora, con dettagli in metallo oro e un paio di occhiali scuri. Sin qui tutto bene, ma il viso emaciato che cosa significa? Forse vuole dimostrare di essere un’attrice impegnata?

In occasione del programma televisivo American Idol, la cantante e attrice Jennifer Lopez ha indossato un abito interamente ricamato con paillettes bianche: sembrava una sposa che lasciava intravedere le braccia cadenti. Anche in viso la regina dell’ex lato B più famoso del mondo è lievitata. Più che una sexy star pare una casalinga disperata.

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For magazine

Alla 52esima edizione del Premio Regia Televisiva, Michelle Hunziker ha indossato un abito lungo in tulle di seta color champagne, con micro paillettes iridescenti dorate: l’abito è semplice nella forma, ma forse un poco esagerato nelle applicazioni se pensiamo allo stile della conduttrice. Eppure la perdoniamo.

Ecco Isabella Ragonese paparazzata in giro per Milano in una pausa del suo spettacolo teatrale La Commedia di Orlando: forse vuole imitare le star americane che escono in tuta o in pigiama, oppure forse è stanca degli abiti importanti che indossa a teatro. Ma non ci siamo proprio!

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Fortendenze magazine di Lucilla Quaglia

LA TESTA DELLE DONNE Che si tratti di materia da plasmare o di capelli da acconciare non fa differenza: anche un hair-stylist può trasformasi in scultore e realizzare un’opera d’arte Quando i capelli diventano poesia. Se le opere d’arte contemporanea ormai utilizzano i materiali più svariati e le forme più inconsuete, anche la testa può essere fonte di grande ispirazione. Michele Spanò, hair-stylist delle dive sempre attento alle nuove tendenze e alle novità dell’estetica, ha voluto utilizzare tutta la sua esperienza e creatività per dar vita a delle opere d’arte, ma questa volta umane. E così sono nate “Le teste – scultura”. Tre donne, tre colori: bianco, argento e oro. «Negli anni – ha spiegato Spanò – ho visto molte cose di vario genere, ma ho riscontrato che spesso c’erano tante ripetizioni e poca originalità. Ho viaggiato moltissimo e, dopo aver ammirato diverse mostre d’arte, visitato musei, monumenti e aver assaporato le forme più disparate dell’arte, ho riflettuto sul fatto che anche l’artigiano può diventare scultore!». Michele Spanò con le sue modelle.

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COME UNA STAR di Valentina Polidori

AMANDA SEYFRIED: GLI SHORTS DIVENTANO GLAM

La giovane attrice di Mamma Mia! e Cappuccetto rosso sangue, complice un’altezza modesta, rilancia la moda dei pantaloncini corti anche per Red Carpet e occasioni importanti La prima a sceglierli è stata Jennifer Lopez, esibendoli nel famoso videoclip della sua hit Papi. Poi, li abbiamo recentemente visti indossare sul palco del Festival di Sanremo dalla vincitrice Emma Marrone. Li ha sfoggiati un’altra Emma, la Roberts, nel tempo libero, persino sfidando le rigide temperature dell’inverno, abbinandoli sapientemente a dei sexy collant. Sto parlando degli shorts, veri protagonisti indiscussi della moda primavera/estate 2012. I pantaloncini hanno una fan d’eccezione: la splendida attrice Amanda Seyfried, che non vi rinuncia neanche nelle occasioni più formali. L’eterea protagonista dell’applauditissimo Mamma Mia!, riesce ad esaltare i suoi 157 centimetri d’altezza proprio con l’aiuto degli shorts. In questa foto, Amanda li abbina ad una giacca Chanel in lana bouclè color ottanio, con profili e taschini neri ed i caratteristici bottoni dorati. Le maniche a tre quarti alleggeriscono la figura dell’attrice e le spalline danno consistenza al suo busto esile. Immancabile la clutch rigida con tracollina in metallo, da portare a mano. Gli shorts sono neri, eleganti, di seta, a palloncino, come vuole la moda di quest’anno. Il cintino si chiude con un morbido fiocco, a segnare con delicatezza il punto vita. Le gambe nude vengono slanciate da essenziali décolleté in raso, con punta leggermente stondata e tacco vertiginoso. Il make up è soft: la base è molto tenue e gli occhi sono contornati con kajal marrone, senza eccessi nella rima inferiore delle palpebre, per non appesantire il volto. Anche il mascara è nei toni del cioccolato. Sulle labbra una goccia di gloss cremisi e sopracciglia appena delinate con matita nocciola. I capelli sono raccolti in una morbida coda che ricade sulle spalle, mettendo in evidenza il collo da cigno dell’attrice. Deliziosa, con questo outfit, risulterebbe anche una treccia spettinata, in stile retrò, con qualche ciuffo libero ad incorniciare il volto. Lo stile in shorts risulta, dunque, moderno e raffinato. Adattissimo per un aperitivo, il look in foto può essere indossato anche da chi si approccia – magari con qualche esitazione – per la prima volta ai pantaloncini, e cerca uno stile sì bon ton, ma anche attualissimo. Perché gli shorts, in questa primavera/estate 2012, sembrano essersi trasformati nella nuova longuette degli anni passati: un elegantissimo e versatilissimo passepartout.

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For magazine il salotto di Alfonso Stani

Demetra Hampton (44 anni) è nata negli Stati Uniti, a Philadelphia, ma ha origini greche. Prima di diventare attrice era una modella.

Il bacio della pantera La passionale Demetra Hampton, anni fa indimenticabile protagonista di Valentina, confessa: «Adesso, però, sono sicuramente più donna e più sexy». E ci racconta il suo amore per la Tv e per gli sport adrenalinici. Con una sferzante incursione nella politica italiana

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Demetra, parliamo un po’ di te, ripercorriamo la tua carriera. Come sei arrivata in Italia? «Sono arrivata qui come modella, poi ho fatto un provino per la protagonista di una serie di telefilm, Valentina, tratti dall’omonimo fumetto di Guido Crepax. Ricordo che si presentarono cinquemila donne, ma tra tutte scelsero me. Avevo delle somiglianze pazzesche. Dopodiché ho interpretato tantissimi ruoli. Ho fatto un film con Gian Maria Volonté e uno con i Vanzina. Poi è arrivato il reality show La Talpa. Nel frattempo ho girato tre film in America». Cosa ti è rimasto di Valentina, il personaggio che ti rappresenta di più? «Be’, di lei mi è rimasto tanto. Adesso, però, sono sicuramente più donna e più sexy». Parliamo un po’ del tuo presente, so che hai dei progetti che per scaramanzia non diremo. Ma cosa ti piacerebbe fare di più tra il cinema e la televisione? «A me piacerebbe fare entrambe. Da poco ho finito di registrare in Tv una puntata pilota e spero che vada avanti. Ma non posso dire di più. Mi piacerebbe tanto anche partecipare ad un altro reality». Raccontaci qualcosa della tua esperienza a La Talpa. «A me è piaciuto molto. Un’esperienza bellissima, anche se con alcuni concorrenti non andavo d’accordo. Però fa parte del gioco. Adesso sono cresciuta, sono più grande e combattiva, penso che lo affronterei in maniera diversa». Se dovessi condurre un programma in Tv con chi lo faresti? «Onestamente vorrei mandare un saluto ad un mio amico, uno dei miei conduttori preferiti, Lamberto Sposini. Lo adoro e spero che stia meglio e che torni il prima possibile a fare il suo lavoro da grande professionista qual è. Mi piace molto anche Massimo Giletti. E poi, magari con te». Quanto ti senti italiana? «Ormai mi sento proprio romana». L’accento americano tuttavia non lo perderai mai… «Però ogni tanto qualche parola in romano mi scappa». Sappiamo bene che sei una grande sportiva... «È vero, amo lo sport, e in particolare fare paracadutismo, sub, rally e offshore, faccio qualsiasi attività che sia estrema: adoro le scariche naturali di adrenalina». Parliamo un po’ della tua vita sentimentale? «Be’, io sono stata sposata una volta, per sbaglio. Ho sposato il diavolo. Poi Dio mi ha regalato un angelo che si chiama Paolo, con cui sto insieme da quattro anni: è una persona dolcissima, elegante e paziente. E sto benissimo con lui. Ho finalmente trovato il mio equilibrio». Non ti manca un figlio? «Ma come faccio a fare un figlio se mi sento ancora una bambina! C’è tempo, c’è tempo…». Sei una donna passionale? «Sì, davvero molto passionale». L’Italia è in un momento veramente difficile: cosa cambieresti di questo Paese? «Porterei tutti gli italiani fuori dall’Italia. Cambierei il governo, che mi sembra un fumetto. I politici sono cartoni animati. Mi dispiace che Berlusconi non sia più al potere, è un uomo intelligente, ha fatto tantissime cose per questo Paese. Ed è un grandissimo gentiluomo».

Oltre al ruolo da protagonista nella serie Tv Valentina, la Hampton ha lavorato nel cinema con Castellano e Pipolo in Saint Tropez Saint Tropez e con Jerry Calà in Chicken Park.

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Forsorprese magazine di Ivan Rota Maria Loana Gloriani, in arte Marlò, è un’attrice romana di teatro. In Tv, invece, ha preso parte al talent show di Sky Uno Lady Burlesque, classificandosi al quarto posto.

Una notte Burlesque

Sold out al Bagaglino per lo show di Gino Landi che celebra lo strip nella storia. Spogliarsi con grazia e malizia è un’arte. E femme fatale come Messalina, Mata Hari e Marylin Monroe lo sapevano bene! È stata un successone la prima del nuovo spettacolo teatrale al Bagaglino-Salone Margherita, Burlesque Story - Dalla foglia alla voglia, che racconta la storia del burlesque con ironia e sensualità, dagli anni Venti ad oggi, attraverso femme fatale come Messalina, Mata Hari, Cleopatra, Marilyn Monroe, Edith Piaf. Applausi a scena aperta ad ogni numero di strip e cori da stadio alla fine per Gino Landi. Fasci di mimose miste a

rose rosse continuavano ad arrivare nei camerini per la rossa fatale Giulia Di Quilio, primadonna dello show, che regala anche un nudo intregrale finale ma rigorosamente al buio, e per le colleghe Elisa Bucino, Giulia Cencioni, Ilenia D’Agostino, Claudia Delli Noci, Elisabetta Persia, Federica Pinto, Erika Puddu, Jessica Ridenti, Ester Vinci, Francesca Zanon. Tutte bravissime, apprezzate per la preparazione ma anche per quei fisici

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La protesta di un gruppo di femministe all’ingresso del teatro, inscenata per manifestare contro la mercificazione del corpo delle donne.

Gigi Marzullo con la sua compagna, l’attrice Emy Bergamo, madrina della serata.

Silvia Manganiello, in arte La Dyvina, è arrivata in teatro a bordo di una Limousine, accompagnata da Giuseppe Gelvatti. Lei e Marlò hanno impreziosito lo spettacolo.

pazzeschi e “nature”, non stravolti dalla chirurgia plastica. I vip non si sono fatti pregare e sono accorsi in gran numero al Bagaglino, litigandosi come ragazzini dispettosi i posti nella prime file. Tanto che Pippo Franco, che ha passato il testimone a Gino Landi e al suo show dopo mesi di Bambole non c’è un euro, al braccio della moglie Adele, è andato a sedersi nel palchetto in galleria. Quasi volesse passare inosservato. Il burlesque attrae donne e uomini di tutte le fasce di età. Sì è divertita un mondo, ad esempio, la sempreverde Silvana Pampanini, omaggiata da tutti e scortata dall’amica Silvana Augero, che applaudiva convinta in prima fila. Divertita anche la bella Graziana Capone, meglio nota come l’Angelina Jolie di Bari. In rappresentanza di Pippo Baudo, impegnato in Tv, è arrivata la storica segretaria Dina Minna, legatissima a Gino Landi. Tra i velluti rossi del teatro, ecco Marisa Laurito con l’autore televisivo Ugo Porcelli, Rosanna Lambertucci col marito, i neosposi Samuela Sardo e Massimo Romeo Piparo, noto regista di musical, Jocelyn Hattab, Gigi Marzullo con la compagna, l’attrice Emy Bergamo, che è stata anche la madrina della serata, l’attore Pino Ammendola, Tony Binarelli e signora, la bionda Elena Ossola e la rossa Metis Di Meo, Enrico Mutti con la fidanzata, le gemelle Squizzato, Maria Monsè. In gran numero gli aristo-ospiti: il principe Guglielmo Giovanelli Marconi, la principessa Irma Capece Minutolo con il principe siciliano Fabrizio Michele Tortorici di Vigna Grande, la principessa Orietta Boncompagni Ludovisi, il marchese Giuseppe Ferrajoli con la sua Olga, e l’immancabile Dani del Secco d’Aragona. A dare manforte alle undici showgirl che cantano, ballano, recitano e si spogliano con maestria e grazia, sono arrivate anche alcune colleghe di burlesque coi loro look sofisticati anni Venti che hanno mandato in tilt i fotografi: Maria Loana Gloriani, in arte Marlò, e Silvia Manganiello, in arte La Dyvina, scesa aristocraticamente da una Limousine bianca al braccio di Giuseppe Gelvatti. Applausi anche per gli attori Salvatore Cuggia e Manuela Tasciotti, che col ballerino Jean-Michel Danquin animano lo spettacolo, per le musiche di Alberto Laurenti e Pino Perris e per il produttore Tom Del Monaco.

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For STAR magazine di Silvestro Bellobono

La top model Kate Moss in una splendida foto in bianco e nero, che Bruno Oliviero definisce «molto affascinante. La fotografia è nata in bianco e nero, è come un ritorno alle origini, in un momento nel quale ci sono troppi effetti di Photoshop». 52 For Magazine


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Chiara Conti, la bella attrice nota al pubblico per la sua partecipazione alle fiction Tv Butta la luna, e Il Capitano 2 e, a breve, Ris Roma.

Uomini e donne Per la prima volta, Bruno Oliviero, il grande fotografo che i nostri lettori conoscono benissimo, ci regala un libro in cui non è ritratta solo l’altra metĂ del cielo. In Dive & Divi, accanto a Sophia Loren e Madonna, troverete Giorgio Armani, Alberto Sordi e Giulio Andreotti: centocinquanta scatti (accompagnati da racconti e aneddoti) tutti da scoprire e da gustare, come quelli che ci regala ogni mese 53 For Magazine


For magazine

Giorgio Armani e Madonna sono soltanto due delle numerose icone di stile che hanno posato per l’obiettivo di Oliviero: meritano una citazione Claudia Cardinale, Frank Sinatra, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Liza Minnelli, Robert De Niro, Naomi Campbell, Eva Herzigova.

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For magazine Oliviero ha scoperto tante artiste divenute poi famose: Ornella Muti, Simona Ventura, Anna Falchi, Alessia Marcuzzi sono state lanciate dalle sue fotografie.

Sordi e Mike Bongiorno, di tante bellissime donne come la Loren e la Pampanini. Questo libro è la storia della vita e del nostro Paese». C’è un elemento che accomuna tutti i volti ritratti nel libro? «No, nel senso che li ho scelti semplicemente a mia discrezione tra tutti quelli che ho fotografato. Sono 150 immagini frutto di una mia selezione personale. Ne mancano tanti altri perché lo spazio del libro non permetteva di parlarne. Alcuni invece sono da scoprire e voglio farli conoscere di più. Questo libro è fatto per il pubblico e solo ad esso si rivolge». Alcune foto sono accompagnate da brevi racconti: ci può svelare l’aneddoto più simpatico? «Probabilmente quello che racconto su Alberto Sordi, con il quale ho girato un film, e che era solito invitarmi a cena con lui e portarsi sempre dietro il direttore di produzione al solo scopo di far pagare a lui il conto. Sordi era un uomo straordinario, era avaro per convenienza, perché poi in privato era molto generoso e faceva tanta beneficenza». Per la prima volta ha deciso di inserire scatti di uomini. C’è un motivo specifico? «Perché volevo parlare di tutti quei personaggi importanti, uomini e donne dello spettacolo. Faccio un esempio: Giulio Andreotti è menzionato nel libro come di Mick Jagger poiché, pur non essendo un cantante o un attore, è un divo, è un personaggio importantissimo nella storia della politica italiana».

È difficile trovare un personaggio dello spettacolo, del cinema, della politica o della cultura che non abbia posato, o manifestato il desiderio di farlo, per Bruno Oliviero e la sua macchina fotografica. Uscirà a breve Dive & Divi. Virtù e Vizi, il suo sesto libro fotografico (edito da Luigi Reverdito e distribuito da Feltrinelli), in cui una carrellata di immagini immortala le star, italiane e straniere, catturandone le giuste espressioni e gli sguardi che rivelano più di mille parole. Come ci spiega egli stesso in questa intervista. Come nasce l’idea di questo nuovo libro fotografico? «Nasce dalla voglia di voler parlare per la prima volta di moltissimi dei grandi personaggi che ho incontrato e fotografato nella mia carriera, per raccontare quel che ho vissuto e cosa penso di loro. Ci sono foto bellissime di attori e attrici, di comici come Ezio Greggio e Alvaro Vitali, di artisti illustri scomparsi come Nino Manfredi, Alberto

Qual è la prima emozione che vuole catturare quando immortala un personaggio famoso? «Io cerco sempre di catturare lo sguardo, perché negli occhi c’è la vita, è da lì che si capisce quello che la persona vuole comunicare prima ancora che usi le parole. Ho sempre cercato di cogliere le emozioni che gli occhi trasmettono». Come è nata la sua passione per la fotografia? E quando ha capito che sarebbe diventata la sua professione? «Da piccolo giocavo a pallone nelle squadre juniores della Roma ed ero un bravo calciatore. Odiavo fotografare ed essere fotografato. Poi un giorno, in vacanza in Sardegna, presi una macchina fotografica e mi soffermai più di un’ora per immortalare l’attimo in cui gli schizzi delle onde del mare si infrangevano contro uno scoglio. È stato in quel momento che ho capito di voler fare il fotografo. Sentivo di esserci portato per una mia vocazione».

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For magazine L’attrice e scrittrice Isabelle Adriani, ritratta in un altro scatto in bianco e nero. Le piace quando la definiscono “il fotografo delle dive”? «Sì, è una definizione che mi piace perché denota rispetto nei miei confronti, per tanta gente è un dato di fatto, considerato il numero elevato di star con cui ho lavorato e lavoro. Altre persone mi chiamano “maestro” e ciò mi fa onore. Perciò sono contento di questi appellativi». Può indicare almeno tre personaggi con cui ha lavorato di cui conserva un ricordo speciale? «Sono tanti quelli che ricordo con piacere. Se proprio devo fare dei nomi dico Claudia Cardinale e Sophia Loren, per le quali provo molto affetto. E poi, tra i personaggi stranieri, ho un ottimo ricordo di Brooke Shields: quando la fotografai per la prima volta lei era la top model del momento, stava su tutte le copertine del mondo, era bellissima». Cosa pensa dei ritocchi fotografici al computer? «Non sono contrario a Photoshop e ad altri programmi simili, però li trovo utili solo per piccoli ritocchi, non certo per trasformare completamente l’immagine delle persone fino al punto di stravolgerla». Lei è anche un talent scout: cosa consiglia alle ragazze di oggi che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo? «Ho visto nascere artisticamente tante ragazze che oggi sono famose attrici o donne dello spettacolo. La realtà mi ha dato ragione. Il consiglio che posso dare è quello di avere carattere e un cervello, inoltre bisogna studiare, essere espressive e avere la voglia di arrivare. E poi ovviamente serve tanta fortuna». Qual è il complimento più bello che ha ricevuto dopo un suo lavoro? «Ce ne sono due in particolare che amo ricordare, perché provengono da grandissimi personaggi. Tempo fa lavorai all’immagine di Giorgio Armani nel mondo, un cartellone che campeggiava ovunque; un giorno le mie figlie, ancora bambine, videro questa insegna in un negozio di Roma, la mamma disse loro che era opera mia e così le piccole vollero entrare; le accolse Armani in persona che davanti a loro spese delle bellissime parole su di me. Il secondo episodio si riferisce a quando vinsi il Premio Campidoglio come miglior fotografo italiano; alla stessa cerimonia fu premiata Monica Vitti che, nel momento in cui ricevevo il riconoscimento, rivolta alle mie figlie disse: “Vostro padre è un grande uomo”. Davvero un bel complimento!».

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For magazine

Nel libro Alberto Sordi è ricordato come il protagonista dell’aneddoto più simpatico, mentre Sophia Loren è menzionata da Oliviero come una delle attrici con cui ha collaborato per la quale prova più affetto, e che già figurava nel suo precedente lavoro Prime Donne.

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

Il castello nel cielo Ispirato al romanzo I viaggi di Gulliver, il primo film dello Studio Ghibli racconta le avventure di Sheeta e Pazu alla ricerca della fortezza volante di Laputa, in una storia che punta dritta al cuore del bambino che è in noi

Pazu, il protagonista maschile, è ricalcato nei tratti somatici e caratteriali sull’immagine di un altro eroe miyazakiano, Conan, personaggio principale di una serie animata di successo più volte trasmessa anche in Italia.

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For magazine

Sheeta, la ragazzina protagonista del film, è una degli ultimi discendenti della famiglia reale di Laputa, il leggendario castello volante.

Prosegue la riscoperta italiana delle opere di Hayao Miyazaki, il grande autore d’animazione giapponese, premio Oscar nel 2003 e apprezzato in tutto il mondo per la qualità dei suoi prodotti, non solo dal punto di vista formale, ma anche per i contenuti trattati. Fra le tematiche ricorrenti nella sua filmografia emerge soprattutto la relazione dell’uomo con la natura, fatta di conflitti e messaggi di speranza. Altri aspetti tipici sono la dimensione spirituale, caratterizzata dalla presenza di creature della mitologia nipponica, e il riconoscimento armonioso delle diversità culturali. Inoltre, ciò che lega tutti i film del fumettista-cineasta di Tokyo sono i ruoli da protagonisti affidati ai bambini, con la contrapposizione netta tra la loro benefica innocenza e la violenza distruttrice degli adulti. Popolarissimo in patria sin dai suoi primi manga (fumetti giapponesi) e cartoni animati – ha lavorato, tra gli altri, ad alcuni episodi della prima serie di Lupin III, e alle animazioni di Heidi e Anna dai capelli rossi – Miyazaki è stato per anni ignorato dai mercati occidentali, ad eccezione dei settori specializzati. L’Orso d’oro a Berlino nel 2002 per La città incantata, l’Oscar l’anno seguente con la stessa pellicola per il miglior film d’animazione, il Leone d’oro alla carriera vinto a Venezia nel 2005 hanno consacrato Miyazaki come indiscusso maestro del genere animato a livello mondiale. Da qui in poi è iniziata la riproposizione dei suoi precedenti lavori, oltre all’apprezzamento per le opere recenti, nei cinema del Vecchio e Nuovo Continente. In Italia è stata la Lucky Red ad acquistare i diritti e a ridistribuire tutti i titoli miyazakiani, da Il mio vicino Totoro a Porco Rosso. In questo solco si inserisce anche Il castello nel cielo, film uscito in Giappone nel lontano 1986 (in origine Laputa - Castello nel cielo), che da noi fu distribuito solo in home video nel 2004, e che finalmente arriva adesso in sala per essere ammirato anche sul grande schermo. Si tratta, infatti, del terzo lungometraggio d’animazione diretto da Miyazaki, dopo

Hayao Miyazaki (71 anni), fumettista, sceneggiatore, regista e produttore di anime, ha raggiunto la fama vincendo l’Oscar per La città incantata nel 2003 (non ritirato personalmente per protesta contro la guerra in Iraq).

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La pellicola vinse nel 1986 il premio per il Miglior film d’animazione all’Animage Anime Grand Prix. Nel 2004 in Italia è uscito il dvd, misteriosamente ritirato dal commercio meno di un anno dopo, e pertanto reperibile solo sul mercato dell'usato a prezzi da collezionismo.

Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979) e Nausicaä della Valle del Vento (1984), nonché del primo film ufficiale prodotto dallo Studio Ghibli, la compagnia cinematografica d’animazione fondata nel 1985 dallo stesso regista, insieme al collega Isao Takahata, e diventata presto un punto di riferimento per tutti gli appassionati di disegni animati. È la storia di Sheeta, una bambina tenuta in ostaggio dal perfido colonnello Muska e che, per sfuggire a un gruppo di pirati intenzionati a catturarla, scivola dall’aeronave-prigione e precipita dal cielo su un villaggio. Durante la caduta viene avvolta da una misteriosa luce che magicamente la fa galleggiare nell’aria, fino ad atterrare morbidamente tra le braccia di un ragazzo orfano, Pazu, che ha appena terminato il suo turno di lavoro in miniera. Ma Dola, la donna a capo dei pirati, vuole impossessarsi assolutamente del ciondolo che la ragazzina porta al collo. Questa pietra, secondo la leggenda, permette di vincere la forza di gravità e ritrovare il mitico castello volante di Laputa, che da centinaia di anni viaggia nel cielo nascosto dalle nuvole, e dove sono conservati immensi tesori e un misterioso potere. Pazu, che crede all’esistenza della fortezza fluttuante, decide di proteggere Sheeta dai pirati e dall’esercito, aiutandola nell’avventuroso viaggio per tornare a Laputa.

Questa versione del film è stata riadattata e corretta nei dialoghi rispetto alla prima edizione italiana uscita in dvd. Miyazaki ha curato personalmente il design e ogni dettaglio della pellicola, dai mezzi volanti di Dola ai robot dell’isola di Laputa, riprendendo molti dei temi a lui più cari. Infatti, nonostante la componente tecnologica, anche ne Il castello nel cielo il tema ambientalista è centrale: la fortezza resta disabitata e accoglie al suo interno una natura selvaggia e incontaminata. Ben riuscito è l’approfondimento psicologico dei personaggi, oltre alla consueta capacità di Miyazaki nell’alternare scene drammatiche e momenti divertenti.

SCHEDA DEL FILM: REGIA: Hayao Miyazaki SCENEGGIATURA: Hayao Miyazaki GENERE: Animazione DURATA: 116' DISTRIBUITO DA: Luky Red

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STREET DANCE 2

Tornano i balli scatenati in strada di un gruppo di ragazzi uniti da una grande passione e dal desiderio di creare qualcosa di straordinario. Viaggio in 3D per l’Europa, tra coreografie, emozioni e storie d’amore

Sofia Boutella (30 anni) è una famosa ballerina franco-algerina di hip-hop, che ha seguito Madonna in due tournée mondiali. Ha studiato recitazione e per il film ha dovuto imparare salsa e tango in sole sei settimane.

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I Flawless, che nel film interpretano la crew dei Surge, sono un gruppo di danza d’ispirazione, vincitori di vari premi e finalisti a Britain’s Got Talent.

Dopo lo straordinario successo internazionale di Street Dance 3D era inevitabile l’arrivo nelle sale italiane, ad un anno circa di distanza dal primo capitolo, del sequel Street Dance 2, sempre in tre dimensioni. Considerata da una buona parte della critica e del pubblico come la copia europea di Step Up, la pellicola inglese prodotta dal British Film Institute e da BBC Films, è in realtà solo uno dei tanti spaccati sulla danza, con importanti risvolti sentimentali e qualche riflessione sociale sulle nuove generazioni e le loro passioni più grandi. Per sconfiggere la migliore dance crew del mondo, quella del fortissimo gruppo americano degli Invincible, dalla quale è già stato battuto e umiliato una volta in passato, lo street dancer Ash (Falk Hentschel) medita di prendersi la rivincita. Così, insieme con il suo nuovo amico Eddie (George Sampson), parte in giro per l’Europa con l’obiettivo di radunare i più grandi ballerini di strada del continente. Il suo desiderio è quello di mettere in piedi un numero musicale unico nel suo genere, con una coreografia capace di stupire. Durante il suo viaggio arriva a Parigi, dove incontra e si innamora della bellissima danzatrice di salsa Eva (Sofia Boutella), che gli farà scoprire le emozioni di un mondo differente, ricco di incanto e passione, in cui per la prima volta sarà possibile fondere la magia del ballo latinoamericano con le performance della street dance. Partendo proprio dallo spunto on the road, il film è ambientato in varie città europee: oltre a Londra (sede unica del primo episodio) Street Dance 2 è stato girato a Parigi, Roma e Berlino. Come hanno confessato molto onestamente i due registi, questo sequel non era

stato pensato in origine. «Siamo stati totalmente colti di sorpresa dal successo del primo film, piacevolmente sorpresi», ha spiegato Dania Pasquini, a tal punto che non è stato facile dare nuova linfa alla sceneggiatura. «È stato un vero e proprio shock! Essendo il primo film inglese sulla danza in 3D, non sapevano come la gente potesse reagire, ma l’hanno presa realmente bene», ha aggiunto il co-regista Max Giwa. Così la sfida era trovare una nuova ed eccitante combinazione, che andasse oltre le storie già viste al cinema sulla danza. È stata la Pasquini a prendere ispirazione da un video in cui alcune persone ballavano salsa su un ring di pugilato. «Con il primo Street Dance abbiamo parlato dell’essenza del ballo e ci siamo concentrati molto sull’introduzione di stili diversi per un pubblico giovane. Quindi per me e Max era davvero importante creare un’altra fusione. Poiché avevamo lavorato insieme per così tanto tempo sapevamo che doveva essere il latinoamericano. Abbiamo giocato un sacco con le coreografie latinoamericane in passato, ed è sempre stata una cosa che volevamo fare». Sul set è esploso un feeling armonioso tra i due attori protagonisti, Falk Hentschel e Sofia Boutella, che sono a capo di un cast pieno di nuovi talenti emergenti della danza e dello schermo, e di alcune facce familiari. Falk è apparso di recente nel thriller d’azione con Tom Cruise Innocenti Bugie, dopo aver raggiunto la popolarità con la serie Tv Ti presento i miei; Sofia invece, dopo aver ballato in due delle tournée mondiali di Madonna (Confessions e Sticky & Sweet Tour), è stata vista di recente come protagonista del video

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Falk Hentschel (qui con la Boutella) ha iniziato la sua carriera a Londra come ballerino professionista, lavorando con artisti quali Mariah Carey, Britney Spears e Jamelia.

promozionale Hollywood Tonight, singolo postumo di Michael Jackson. Nel ruolo di Eddie torna, in una sorta di ponte con la trama del primo atto, George Sampson (Waterloo Road); stesso discorso vale anche per la compagnia di ballo dei Flawless, che stavolta veste i panni di crew rivale, i Surge. Menzione speciale per il redivivo Tom Conti (Reuben, Reuben, Shirley Valentine – La mia seconda vita) che si unisce al cast interpretando Manu, lo zio adorato e superprotettivo della protagonista.

SCHEDA DEL FILM

L’idea di girare il film a Parigi, Roma, Berlino, Copenaghen, Amsterdam è nata dalla voglia di mostrare al mondo quello che è la danza al di fuori degli Stati Uniti.

REGIA: Max Giwa, Dania Pasquini SCENEGGIATURA: Jane English CAST: Falk Hentschel, Sofia Boutella, George Sampson, Joanna Jeffrees, Matthew David McCarthy, James Michael Rankin, Lee Craven, Pete Meads, Tom Conti, i Flawless GENERE: Sentimentale, Musicale DURATA: 90' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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i più grandi di tutti L’utopia del rock all’italiana secondo Carlo Virzì, in una commedia musicale di fantasia che racconta le vicende umane di quattro musicisti squattrinati e disillusi. Leggerezza, ironia e un po’ di buona musica

Marco Cocci, Dario Cappanera, Alessandro Roja e Claudia Pandolfi sono i Pluto, rock band nata dal desiderio di Carlo Virzì di vedere un film italiano su un gruppo musicale, che non fosse un documentario.

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Il regista ha un lungo passato da musicista rock, e quindi una notevole esperienza che gli ha permesso di firmare le colonne sonore di diversi altri film.

Opera seconda di Carlo Virzì (dopo L’estate del mio primo bacio, 2006), fratello minore del più noto Paolo, nonché compositore di musiche di molti suoi film, I più grandi di tutti è una commedia musicale in salsa italiana, tra il sogno del rock’n’roll e la dura realtà della provincia. In questo caso quella toscana, di Rosignano Solvay, piccola frazione a due passi da Livorno, dove la storia è ambientata. Da qui, nel 1994, era partita l’avventura dei Pluto, una rock band composta da voce, chitarra, basso e batteria che, dopo vari concerti e una discreta popolarità, incise due album ed ebbe la soddisfazione di un suo brano inserito in un celebre spot televisivo. Ma, come da tradizione accade a tutti i gruppi, anche i Pluto si sciolsero per litigi e divergenze interne. A distanza di quindici anni, Ludovico Reviglio (Corrado Fortuna), un giornalista musicale costretto sulla sedia a rotelle, vuole realizzare un documentario sulla band, della quale è un fanatico sostenitore. Così contatta Loris (Alessandro Roja), il batterista dei Pluto, oggi marito e padre nullafacente che, attirato dal compenso economico e dalla voglia di riscatto, raduna di nuovo, ma non senza difficoltà, i suoi tre colleghi. Il cantante Maurilio (Marco Cocci) lavora come barman in un locale sul litorale, la bassista Sabrina (Claudia Pandolfi) fa la casalinga piccolo-borghese, il chitarrista Rino (Dario Cappanera) è un operaio alla prese con la crisi economica. Per tutti loro l’esperienza rock si è definitivamente conclusa, nessuno sembra interessato a fare un tuffo nel passato. Tuttavia, di fronte all’insistenza di Ludovico, al fatto che almeno per lui i Pluto avevano significato davvero qualcosa, non riescono a rifiutare la proposta e decidono di tornare sul palco per sentirsi protagonisti ancora un’ultima volta. I più grandi di tutti è prodotto, tra gli altri, anche da Paolo Virzì, e in molte cose ricorda le atmosfere dei suoi primi film, a cominciare dalla presenza nel cast di attori come Claudia Pandolfi, Marco Cocci e Corrado Fortuna che già avevano collaborato con il maggiore dei registi toscani. I problemi del lavoro precario, della disoccupazione,

della famiglia da accudire e delle illusioni infrante rievocano situazioni umane già viste, appunto, in Ovosodo e Tutta la vita davanti. La scelta di una cittadina della provincia industriale toscana come location sembra aggiornare ai tempi nostri l’ambientazione nelle più plumbee città industriali inglesi, che hanno fatto da cornice ideale all’immaginario rock degli anni ’60-’70. Da questo punto di vista, l’elemento musicale diventa la vera colonna portante del film, che, senza scomodare l’inarrivabile alchimia alla base di The Blues Brothers (1980) di John Landis, o di tante altre pellicole musicali made in Usa degli anni passati, si ispira maggiormente alla più recente avventura narrata da Cameron Crowe in Almost Famous – Quasi famosi (2000). Lì erano gli Stillwater, qui sono i Pluto l’oggetto del desiderio-ammirazione di un giovane giornalista che offre loro la possibilità di una seconda chance, celata dietro ad una orgogliosa rivalsa personale. Da segnalare nel cast la partecipazione straordinaria di Catherine Spaak nel ruolo di Esmeralda Reviglio, mamma di Ludovico, e il contributo amichevole di artisti del calibro di Vasco Rossi, Litfiba, Irene Grandi, Baustelle e Red Ronnie.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Carlo Virzì SCENEGGIATURA: Carlo Virzì CAST: Claudia Pandolfi, Alessandro Roja, Marco Cocci, Corrado Fortuna, Dario Cappanera, Claudia Potenza, Frankie Hi-Nrg Mc, Francesco Villa, Niccolò Belloni, Catherine Spaak GENERE: Commedia DURATA: 100' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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ANOTHER EARTH Come reagirebbero gli uomini se improvvisamente apparisse in cielo una “seconda Terra�, identica al nostro pianeta? E cosa proverebbero se incontrassero un altro se stesso che conduce una vita alternativa? Il regista Mike Cahill offre le sue risposte

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Brit Marling (29 anni) e William Mapother (47 anni). L’attrice ha vinto il premio come migliore interprete al Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna.

Tra scienza, fantascienza e filosofia il cinema attuale sembra aver trovato, o ritrovato, un nuovo filone fertile da scandagliare fino in fondo, per portare alla luce ciò che di più intenso e misterioso si trova nell’animo umano. Dopo opere recenti, talvolta esperienze emotive che vanno oltre il prodotto cinematografico, come The Tree of Life di Terrence Malick e Melancholia di Lars Von Trier – senza dimenticare la lezione del sovietico Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij – un altro film si pone come obiettivo ultimo l’indagine trascendentale che, in una cornice fantascientifica, tenta di analizzare l’essere umano, la sua psicologia e i suoi comportamenti di fronte ai grandi temi della vita e della morte. Another Earth è un’opera prima scritta, diretta e prodotta da Mike Cahill, una pellicola indipendente

della Artists Public Domain, che ha impressionato positivamente la critica del Sundance Film Festival 2011, aggiudicandosi il premio speciale della giuria e il premio Alfred P. Sloan. Il film, sceneggiato a quattro mani dal regista e dalla sua attrice protagonista Brit Marling, esplora la natura più materiale e intima delle persone, costrette a confrontarsi con i sentimenti del rimorso, della rabbia, del perdono, della speranza, in una situazione astratta e fantasiosa: quella di un pianeta alternativo, una sorta di Terra 2, che incombe nel cielo inquietante ed enigmatico. Rhoda Williams (la Marling, appunto), è una brillante studentessa di astrofisica, laureatasi da poco e accettata al MIT (Massachusetts Institute of Technology). Una sera, di ritorno da una festa alla guida della sua auto,

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Il regista Mike Cahill ha girato e montato il film tutto da solo, usando le stesse cineprese e le attrezzature che utilizza per i documentari, ottenendo così un’atmosfera “live” e la possibilità di evidenziare anche i minimi dettagli e i momenti più intimi e nascosti dei sentimenti umani.

si accorge improvvisamente che all’orizzonte è ben visibile un pianeta sconosciuto. Distratta dalla sensazionale scoperta perde il controllo della sua vettura e si scontra con un’altra auto, provocando un grave incidente in cui perdono la vita il figlio e la moglie incinta di John Burroughs (William Mapother), un noto compositore. Ritenuta responsabile della tragedia Rhoda viene condannata a quattro anni di prigione. Quella “strana cosa” apparsa in cielo si rivela essere un pianeta specchio della Terra, un esatto

clone del nostro mondo, non solo sul piano morfologico ma anche su quello della popolazione, poiché sembra ospitare apparentemente le stesse persone, come se per ognuno degli umani fosse presente un doppio. Diventato un caso mediatico eccezionale, si decide di indire un concorso pubblico in cui il vincitore potrà visitare l’ignoto corpo celeste. Nel frattempo, scontata la sua pena, Rhoda viene rilasciata, ma il dolore e il senso di colpa che si porta dentro la spingono ad avvicinarsi volutamente

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Il film è stato prodotto dalla Artists Public Domain (APD), una società no-profit nata per sostenere la realizzazione di film creativi low-budget.

a John Burroughs, quel padre al quale ha sottratto per sempre i più grandi affetti della sua vita. L’uomo, inconsapevole della vera identità di Rhoda, sviluppa un rapporto stretto con lei. Ma intanto il pianeta “specchio” si avvicina e la ragazza ha la possibilità unica di visitarlo per scoprire come vive il suo sosia, ed eventualmente capire se esiste un’alternativa per lei, con la possibilità di cancellare l’imperdonabile errore che le ha sconvolto l’esistenza. «Volevamo esplorare il concetto della possibilità di una seconda chance nella vita – dice il regista –. Tutti noi attraversiamo momenti in cui ci chiediamo: cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente? Nel film la domanda è: cosa succederebbe se un vostro sosia seguisse una strada alternativa, forse quella ideale? Quanto sarebbe diversa quella persona? La sua vita sarebbe migliore della nostra? Le persone non sanno che tipo di vita conduce il proprio sosia nel film, non lo sanno fino al momento in cui non lo incontrano». Piuttosto che seguire i soliti schemi narrativi, gli autori hanno preferito esplorare un campo completamente innovativo, facendo leva sul dramma sottostante all’aspetto sovrannaturale-fantascientifico, e lasciandosi guidare dall’intuizione, dalla spontaneità e da uno stile asciutto. «È davvero un film unico» – dichiara Brit Marling –. La nostra intenzione era quella di stimolare la fantasia del pubblico, di incoraggiare il suo stupore. Il film ci porta lontano dalla nostra vita mondana, catapultandoci in un mondo in cui tutto è possibile, compresa una realtà alternativa alla nostra. L’altra Terra diventa lo specchio di noi stessi, della nostra cultura, della nostra esistenza e ci costringe al confronto».

Oltre alla Marling, che prossimamente vedremo accanto a Richard Gere e Susan Sarandon nel thriller Arbitrage, nel cast figura anche William Mapother, celebre per il ruolo di Ethan Rom nella serie Tv di successo Lost, nonché protagonista di alcuni titoli famosi come In the Bedroom, The Grudge e World Trade Center. La voce narrante di Another Earth è del dottor Richard Berendzen, rinomato astrofisico della Nasa, divenuto prima consulente di Cahill e poi narratore non convenzionale del film: le parole di Berendzen sono state registrate mentre parlava del funzionamento dell’universo e poi inserite nelle scene, spesso allo scopo di creare un contrappunto alle profonde emozioni di Rhoda e John.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Mike Cahill SCENEGGIATURA: Mike Cahill, Brit Marling CAST: William Mapother, Brit Marling, Jordan Baker, Flint Beverage, Robin Taylor, Joseph A. Bove, Natalie Carter, Diane Ciesla, Jeff Clyburn, Bruce Colbert GENERE: Fantascienza, Drammatico DURATA: 92' DISTRIBUITO DA: Fox Searchlight Pictures USCITA: 18 maggio 2012

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D’Isa

Il Film da non perdere

TITANIC 3D

Leonardo DiCaprio (37 anni) per Titanic ricevette nel 1998 la nomination per il miglior attore ai Golden Globe.

L’amore tra il proletario Jack (Leonardo DiCaprio) e l’aristocratica Rose (Kate Winslet), sbocciato nel tragico viaggio del Titanic, appassionò talmente tanto il pubblico mondiale da incassare più di 1 miliardo e 800mila dollari, primato che è stato superato solo dodici anni dopo da un altro film dello stesso regista James Cameron, ovvero Avatar. E proprio sul terreno del 3D tornerà al cinema, nell’anno del centenario del varo della celebre nave, il kolossal che ha lanciato DiCaprio nel firmamento delle stelle di Hollywood. «Con questa operazione ho cercato di amplificare l’impatto emotivo originale di Titanic – ha sottolineato il regista –. Il mondo va avanti, il cinema ne riflette ogni trasformazione e conquista. Continuo a credere alla romantica metafora d’amore, di vita e di morte, e non penso affatto che sia sminuita da questa operazione». Gli analisti scommettono che Titanic 3D (la cui prima versione vinse ben 11 Oscar nel 1997) incasserà almeno 150

milioni di dollari solo in Usa. Il pubblico è pronto non solo a tornare sulle “nave dei sogni” con Leonardo e Kate, ma anche a condividere la passione di Cameron per gli abissi marini. Il film ripercorre la tragedia del transatlantico, causata da errori tecnici e protagonismi eccessivi, fondendo il melodramma con la catastrofe e l’epica di un mondo ancora ingenuo e separato da classi sociali. Il regista impiegò diverse settimane per filmare dal vivo il vero relitto della nave: lì, sperimentò nuove tecniche di ripresa sottomarina che portò avanti anche nel documentario Ghost of the Abyss. Pare che Cameron stia per compiere ora un’altra impresa straordinaria: raggiungerà la Fossa della Marianne, il punto più profondo del pianeta (circa 11mila metri) ad oltre cinquant’anni di distanza dall’impresa compiuta dal Trieste, e lo farà con il Deepsea Challenger, un sottomarino lungo una ventina di metri costruito in Australia.

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For magazine Il Film da evitare

TAKE ME HOME TONIGHT

Anna Faris (35 anni) e Teresa Palmer (26 anni) interpretano la sorella e la ragazza dei sogni del protagonista Topher Grace.

Siamo nel 1988 e Matt (Topher Grace) si è laureato al MIT per poi comprendere che quella non era la sua strada, e quindi si ritrova a lavorare come commesso in un videonoleggio. Un giorno vede entrare quella che al liceo era l’inarrivabile ragazza dei suoi sogni, Tori Frederking (Teresa Palmer): allora Matt, vergognoso, finge di essere un acquirente e si spaccia con lei, che lavora in una finanziaria, come un impiegato ad alto livello della Goldman Sachs. Ma non finisce qui: con l’aiuto dell'amico Barry (Dan Fogler) ruba una Mercedes per far colpo sulla ragazza seguendola nei vari party della città. Nel frattempo appare anche la sorella gemella di Matt, Wendy (la reginetta delle commediole Anna Faris), che sta per accasarsi con Kyle, un tipo che al fratello non va affatto a genio. Se il regista Michale Dowse voleva celebrare un’epoca ha davvero preso un grosso abbaglio: il film è decisamente privo di qualsiasi tipo di appeal. La prevedibilità della trama, con il perdente che

continua a desiderare la bellona dei suoi sogni, non riesce a creare nemmeno un piccolo colpo di scena, figuriamoci nel finale. Le poche battute comiche di Dan Fogler, invece di dare respiro al film, lo affossano ulteriormente e allo spettatore non resta che sbadigliare sulla poltrona: persino le situazioni paradossali e demenziali del presunto comico (dall’uso esagerato di cocaina al sesso con guardone al seguito, fino alla goffa sfida di ballo acrobatico) rasentano il patetico. Anche il padre di Matt (interpretato da Michael Biehn), poliziotto improbabile, come del resto la fragilissima sceneggiatura e la sbrigativa regia, mescolate agli oltre 45 minuti di party esasperanti, che rendono la ricetta davvero indigesta. Non si salvano le poche e volgarissime gag comiche, sebbene divertenti, ma già viste e sentite. È davvero tutto da rifare.

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For magazine Incontri di Marco Gastoldi

Il corpo dell’artista

Marina Abramovic´, Holding the Lamb, dalla serie Back to Simplicity.

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Marina Abramovic´, che ha fatto delle sue performance un’esperienza di vita, ha presentato al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano il nuovo lavoro, dove, ancora una volta, il pubblico diventa protagonista

«Ora chiudete gli occhi e concentratevi solo sul vostro respiro. Non incrociate le gambe, perché assumere una tale posizione potrebbe rovinare il vostro sistema ed equilibrio. Rilassatevi e respirate lentamente». Essere seduti su un lettino, rilassarsi, chiudere gli occhi e controllare il proprio respiro rappresenta il nostro ideale passatempo, l’allettante desiderio in seguito alla quotidiana frenesia tipica della grande città. Essere seduti su un lettino, rilassarsi, chiudere gli occhi e controllare il proprio respiro di fronte a Marina Abramovic´ sembra invece essere un invito tutt’altro che atteso dall’artista in persona, che proprio attraverso l’energia proveniente dal suo sguardo racconta i 40 anni di esperienza costruiti attraverso i curiosi occhi degli spettatori di tutto il mondo. Nata a Belgrado 66 anni fa, Marina Abramovic´ si afferma sulla scena artistica internazionale alla Biennale di Venezia nel 1996, mostrandosi al pubblico per giorni e giorni seduta su una montagna di ossa intenta a pulirle una ad una, canticchiando e recitando preghiere. In quel momento a Venezia ottiene il Leone d’Oro, diventando ispirazione per tutta l’arte contemporanea. In realtà, l’esperienza performativa dell’artista vantava un passato tutt’altro che statico e convenzionale. Nel 1974 si presenta totalmente inerte al pubblico di Napoli, posando su un tavolo vari strumenti di piacere e dolore: si dimostra priva di volontà e ognuno può utilizzare liberamente su di lei ciò che è stato messo a disposizione. Sei ore dopo tutti i vestiti della Abramovic´ sono ridotti a brandelli attraverso lamette con cui tagliuzzano la sua stessa pelle: l’operato culmina quando le viene messa in mano un’arma carica con il suo dito puntato sul grilletto. Sempre durante quell’anno una grande stella intrisa di petrolio si infuoca con l’artista al centro, preludendo ad un autentico atto di purificazione che le causa la perdita di conoscenza per mancanza di ossigeno. Un anno dopo, in Lips of Thomas, esordisce mangiando un chilo di mele, bevendo un litro di vino rosso, rompendo il bicchiere con le sue stesse mani, e incidendo una stella a cinque punte sul proprio ventre: la violentissima immagine è diventata oggi una vera e propria icona della Performance Art. Nel 1977 ci presenta Ulay, compagno nella vita e collaboratore durante Impoderabilia. La coppia di artisti si esibisce alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna dove, integralmente nudi, si posizionano l’uno di fronte all’altro all’ingresso dell’edificio disegnando una porta umana. I visitatori vengono così invitati a varcare la so73 For Magazine


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Marina Abramovic´ (65 anni) è una artista serba, famosa in tutto il mondo per la sua Performance Art, attraverso la quale esplora la relazione tra performer e pubblico, i limiti invalicabili del corpo umano e le infinite possibilità della mente.

glia attraverso lo spazio ristretto fra i due corpi. A catturare l’attenzione sono gli sguardi imbarazzati e divertiti degli spettatori, che saranno destinati a rimanere parte attiva della performance, e attori indispensabili perché il significato di ogni lavoro si possa rivelare totalmente. Dodici anni dopo Marina Abramovic´ e Ulay interrompono il loro

rapporto sentimentale e creativo, scegliendo di rappresentare il loro percorso di vita attraverso il video-racconto The Great Wall Walk: una lunga performance dalla durata di 90 giorni, dove camminano partendo dalle due direzioni opposte della Muraglia Cinese incontrandosi a metà strada e sfiorandosi per dirsi addio dopo aver percorso 1.550

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The kitchen III, dalla serie The Kitchen, Homage to Saint Theres.

Tra le opere più note della Abramovic´ ci sono Bed from Mineral Room (1994) e Cleaning that Mirror (1995).

miglia ciascuno. I due saranno destinati ad incontrarsi 22 anni dopo al MoMa di New York, dove la donna romperà il silenzio del suo sguardo concedendosi una lacrima e la presa stretta delle braccia del suo innamorato, celebrando uno dei momenti più emozionanti di tutta la sua carriera. Per tutta la durata della performance newyokese, l’artista giaceva seduta ad un tavolino, lasciando che ad uno ad uno i visitatori del museo si potessero sedere di fronte a lei, ricambiando il suo incessante sguardo determinato in durata dalla sola scelta di ognuno. «Senza il pubblico la performance non ha alcun senso perché, come sosteneva Duchamp, è il pubblico a completare l’opera d’arte. Quindi, performer e pubblico non sono solo complementari, ma quasi inseparabili». Marina Abramovic´ rimane al MoMa per 3 mesi, fissando per 7 ore al giorno, 6 giorni a settimana, più di 500.000 visitatori per un totale di circa 700 ore di assoluto silenzio. La personale esperienza di ognuno con l’artista è diventata allo SpazioCinema Apollo, lo scorso 22 marzo, l’ante-

prima nazionale del film diretto da Matthew Akers e prodotto da HBO Marina Abramovic´. The Artist is Present: un documentario che ripercorre la vita famosa ed influente dell’artista unica e geniale, che ha trasformato il dolore e se stessa in un’opera d’arte. «Fare arte è come preparare una zuppa: devi avere gli ingredienti giusti. Non troppo e non troppo poco di ogni cosa. La cosa più importante è l’equilibrio», commenta l’artista serba, che ha scelto proprio Milano per comunicare ed insegnare al pubblico il suo stesso equilibrio. Fino al 10 giugno, la grande performer presenta al Padiglione d’Arte Contemporanea The Abramovic´ Method. Un’occasione per diventare guida per le esperienze altrui, comparendo e poi scomparendo, invitando i partecipanti ad essere i veri ed unici protagonisti dell’arte. Solo una cosa è chiesta in cambio: il tempo. L’artista prepara un contratto che si aspetta rigorosamente firmato da ciascuno dei partecipanti. La clausola? Due ore a disposizione, un’esperienza nuova ed unica offerta in cambio. Vietato l’uso di qualsiasi dispositivo elettroni-

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La recente performance dell’artista al Padiglione d’Arte Contemporanea, con The Abramovic´ Method, un’occasione per integrare il pubblico nell’opera d’arte, così come teorizzava Marcel Duchamp.

co quali telefoni cellulari e iPod: niente e nessuno dovrà distrarvi dal particolare viaggio all’interno del proprio Io. I grembiuli bianchi messi a disposizione donano uniformità a ciascuno dei 21 partecipanti e le cuffie servono invece per isolarsi completamente dal mondo esterno riuscendo a sentire solo lo scandire del tempo che passa attraverso il rintocco di un metronomo. Ed ecco che l’artista, che ha fatto del suo corpo la propria tela, della sua mente il proprio pennello e del suo pubblico il proprio colore, invita a sedersi su sedie di legno incastonate e poggiate su cristalli di quarzo, a sostare in piedi al di sotto di un magnete ed infine a distendersi su letti di legno con pietre sottostanti. Non più il corpo in primo piano, ma la mente e lo spirito con i suoi viaggi, le sue espressioni, i suoi infiniti movimenti. Unico e vero protagonista dell’evento performativo? Il pubblico che, continuamente ripreso e fotografato dai visitatori del padiglione, si è aggiudicato un arco temporale dove potersi confrontare con se stesso, dimenticandosi del tempo e dello spazio, e a sua volta del pubblico stesso. «Stiamo vivendo in un periodo difficile, nel quale il tempo ha sempre più valore semplicemente perché ce

n’è sempre meno. Credo che la performance di lunga durata abbia il potere di creare una trasformazione mentale e fisica sia per il performer che per lo spettatore». Per la prima volta, concretizzando la strada intrapresa durante le ultime performance, la Abramovic´ si concentra proprio su mente ed anima, coinvolgendo il pubblico come vero e proprio protagonista al quale tramandare l’eredità del suo metodo. Piccolo neo durante la performance: l’assessore alla Cultura di Milano, Stefano Boeri, uno dei partecipanti, dopo essersi seduto davanti all’artista e aver indossato il grembiule bianco, è svenuto. Per fortuna nulla di grave, solo un po’ di stanchezza. Impossibile prevedere la prossima mossa dell’artista, ma per ora certo è che: «In caso di mia morte, desidero che si svolga la seguente cerimonia commemorativa: tre bare. La prima con il mio vero corpo. La seconda e la terza con imitazioni del mio corpo. Tre persone si occuperanno di portare le tre bare in tre diversi luoghi del mondo. […] È mio desiderio che tutte e tre vengano sepolte nella terra». Dove riposerà la vera Marina Abramovic´?

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Nel 1997 l’artista vince la Biennale di Venezia con la performance “Balkan Baroque�, dove per tre giorni pulisce una montagna di ossa di animale e canta litanie, simboleggiando la sua appartenenza ad un paese dilaniato dalle guerre. 77 For Magazine


For magazine ARTE di Nolberto Bovosselli

© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Autoritratto con il collo di Raffaello, olio su tela, 1921 ca. Collezione Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres.

Una vita surreale Dopo sessant’anni tornano in mostra a Roma le opere di Salvador Dalì. Una significativa retrospettiva celebra l’estro dell’uomo con le sue stravaganze, ma anche con tutta la sua genialità 78 For Magazine


© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

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Salvator Dalì

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© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Autoritratto molle con pancetta fritta, olio su tela, 1941. Coll. Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres.

Talvolta per comprendere appieno il senso di una mostra dedicata ad un artista illustre può essere sufficiente cogliere l’essenza più semplice del titolo: Salvador Dalì: un artista, un genio dice tutto. Queste due macrodefinizioni – in cui l’uomo e l’artista si fondono – hanno sempre convissuto in stretta simbiosi e senza alcuna soluzione di continuità nel talento spagnolo, nato a Figueres nel 1904 e morto nel 1989 sempre a Figueres (dove decise di trascorrere gli ultimi anni nel suo teatro-museo). La sua stessa esistenza è stata un’opera d’arte, come del resto i suoi quadri, i suoi film, le sue fotografie erano impregnati di vita vissuta ed esperienze autobiografiche.

Proprio per tali motivi, l’esposizione al Complesso del Vittoriano, aperta al pubblico fino al 30 giugno, si pone come obiettivo quello di tracciare un immaginario filo rosso tra le qualità dell’artista e la stravaganza dell’uomo, così da lasciare emergere compiutamente la figura intera di Salvador Dalì, dalle ambizioni trascendentali della sua pittura alle eccentricità terrene dei suoi comportamenti. In questa mostra dall’ampio respiro internazionale sono esposte 103 opere, tra disegni, olii, fotografie, filmati, lettere, documenti, oggetti che, attraverso visioni suggestive e immagini incantevoli, illuminano le mille sfumature dell’opera daliniana: pittore, scultore,

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© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Impressioni d'Africa, olio su tela, 1938. Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam

scrittore, cineasta, scenografo, designer, illustratore, pensatore, appassionato di scienze. A tutto ciò si aggiunge un elemento importante e spesso trascurato: il rapporto proficuo di Dalì con l’Italia, che viene messo in evidenza mediante ogni testimonianza che documenta i suoi viaggi nel Belpaese e rievoca gli incontri e le collaborazioni con artisti come Luchino Visconti e Anna Magnani. Del resto è innegabile l’influenza che su di lui esercitarono i grandi maestri del Rinascimento e del Barocco: Raffaello, Bramante, Michelangelo, Cellini, Bernini furono oggetto di studio e di amore per il giovane Dalì, negli anni in cui frequentava l’Accademia madrilena, fino a farne dei modelli d’imitazione nelle sue prime opere. Ma anche in età adulta la sua passione per Roma e per le città d’arte italiane non solo è indubbia, ma è per lui fonte continua d’ispirazione: dai più celebri pittori, scultori e architetti nostrani egli assorbe le pose plastiche, i colori intensi, la sostanza che soggiace alla forma in alcuni suoi lavori. Come ha sottolineato Montse Aguer, direttrice del Centro Studi della Fondazione Gala-Salvador Dalì, grazie alla cui collaborazione è

stato possibile realizzare questo evento, la mostra è una sorta di «autoritratto dell’artista incentrato sul suo rapporto con l’Italia e il confronto con la tradizione pittorica italiana». E, proprio per festeggiare l’amicizia tra Spagna e Italia, Alessandro Nicosia, direttore del Vittoriano, ha ricordato che «si sentiva l’esigenza di una grande mostra, come merita un artista importante e significativo come Dalì», capace di segnare un’epoca col suo estro e le sue bizzarrie. A partire già da quei vistosi baffi, sottili e pittoreschi, che divennero un vezzo caratteristico del suo aspetto. In fondo, tutta la sua vita è stata un faticoso inseguimento di quel concetto di “meraviglioso” che André Breton, capofila e teorico del Surrealismo, riteneva essere il fine ultimo dell’arte. Salvador Dalì ha impersonato in modo sublime la natura autentica del surrealista, operando, ma soprattutto vivendo, secondo uno stile onirico e visionario, fatto di immaginazione, poesia, evocazioni, fantasia e libertà. Come disse egli stesso, quando nel 1934 fu espulso dal gruppo dei surrealisti per divergenze d’opinioni coi suoi colleghi, «il Surrealismo sono io».

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ForCARA magazine MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, ho letto su un giornale che un signore andava a tutta velocità con la sua auto per salvare il suo gattino. La polizia lo ha fermato e gli ha fatto la multa, ma lui sostiene che correva per far fronte ad una emergenza, per salvare la vita del gatto. Secondo te ha ragione?

Cara Marina, ho un fratello omosessuale. Affermato professionista, fino ad oggi ha condotto una vita discreta. I miei genitori hanno sempre ignorato tutto. Ora si è deciso a fare coming out, per vivere appieno e in libertà la sua vita. Ne ha tutti i diritti, ma io temo la reazione dei miei genitori.

Maria Stella, Passignano Sara, Perugia Cara Maria Stella, è fin troppo ovvio ripetere che per tutto c’e una giusta misura. Se per salvare un gattino si rischia di travolgere tre persone, meglio il sacrificio della povera bestia. Senza arrivare al cinismo di una famosa signora milanese che, al marito accasciato per la morte del figlio subacqueo avuto con la sua prima moglie, pronunciò l’indimenticabile frase che le costò il divorzio: «Tirati su, sei troppo triste. Sembra che ti sia morto il gatto!». Ciao, Marina

Carissima Sara, penso che suo fratello sia nel giusto, e lei deve essere dalla sua parte. Chissà quanto avrà patito per tutti questi anni passati a nascondere la verità. Ora, viva Dio, viene allo scoperto. Quanto ai suoi genitori, non è detto che perché anziani debbano essere trattati da dementi. Oggi non esistono più i “poveri anziani”. Esistono i vecchi cretini o disinformati. Tutti hanno la possibilità di sapere, conoscere, avere relazioni. Se così non fosse, cominci lei, da brava sorella, a mettere al corrente i suoi. Con molta dolcezza. Marina

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di' la tua di Linda Esposito

GRANDI PULIZIE NELL’AREA DI CORSO FRANCIA Arriva la primavera, gli alberi per le rondini scarseggiano, ma in compenso Roma Nord, come del resto tutta la città, è piena di impianti pubblicitari abusivi. Dopo le proteste dei comitati cittadini il sindaco Alemanno ha deciso la rimozione di 20 cartelloni. Aperto anche uno sportello on-line dove segnalare le affissioni irregolari Che dire, siamo alle solite. Si trovano dappertutto, nel bel mezzo dei marciapiedi, sul ciglio della strada, nei percorsi delle piste ciclabili, in prossimità di monumenti storici, nei parchi della città. Roma è invasa dai cartelloni pubblicitari abusivi che violano il codice della strada e le norme della sicurezza sull’impatto ambientale. Questo tipo di abuso

ormai è un fenomeno che ha invaso la nostra città. Alcuni di questi enormi cartelloni sono spesso pericolanti, così da mettere a rischio la sicurezza stradale, e di conseguenza l’incolumità delle persone. Finalmente sono state decise alcune misure doverose e si è proceduto con un’opera di rimozione nell’area di Roma Nord, dopo l’ennesima denuncia dei comitati cittadini per il decoro, con l’obiettivo di indurre l’amministrazione capitolina ad agire al più presto per risolvere il problema. Così, finalmente, alla presenza del sindaco Gianni Alemanno, la Squadra Operativa, coordinata dal gruppo sociale di sicurezza urbana della Polizia Municipale, ha provveduto all’eliminazione di circa venti impianti pubblicitari, di dimensioni 4x3, sanzionati dai Vigili perché in contrasto con il codice della strada. L’intervento è stato effettuato in prossimità dell’incrocio tra Corso Francia e via Flaminia Vecchia. Al fine di offrire un servizio alla cittadinanza, il Comune di Roma ha creato un indirizzo (segnalazioniaffissioni@comune.roma. it), dove tutti possono segnalare dei casi simili e richiedere l’intervento degli organi competenti.

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For magazine MUSICA di Nolberto Bovosselli L’ultimo album dei Negramaro, Casa 69, è stato prodotto da Dave Botrill, che aveva giĂ firmato i successi di band come i Muse e i Placebo.

Viva il rock italiano! I piemontesi Subsonica e i pugliesi Negramaro scandiranno le note della nuova stagione di concerti con una serie di esibizioni nelle principali arene e palasport. Tappe anche a Roma e Milano 84 For Magazine


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Tra i tanti premi vinti dai Subsonica c'è anche l'Mtv Europe Music Award (2002) come migliori artisti italiani.

Grande musica italiana per questo inizio di primavera al Palalottomatica di Roma, dove saranno in scena le due rock band del momento, amate dai giovani e apprezzate dalla critica: Subsonica e Negramaro. Il 28 aprile saliranno sul palco del Palazzetto dello Sport i Subsonica, che dopo un 2011 ricco di successi, tra live acustici, dj set e pubblicazioni editoriali (il frontman Samuel Romano è in libreria con il romanzo ElettricaVita), hanno deciso di regalare al pubblico un tour veramente speciale. La band torinese, infatti, ha annunciato che i concerti del “Istantanee Tour 2012” saranno la grande occasione per celebrare i quindici anni di carriera, tanti quanti quelli trascorsi dall’uscita del loro primo album, dal titolo Subsonica, pubblicato nel 1997. Sono previste cinque uniche date, incluse quelle del 23 aprile al Mediolanum Forum di Milano e del 26 aprile al Palaolimpico nella natia Torino, in cui il gruppo tornerà ad esibirsi nei palazzetti, ripercorrendo la propria storia musicale, in un viaggio sonoro dagli esordi fino all’ultimo disco Eden (2011), passando per il rock elettronico e alternativo di Amorematico (2002), Terrestre (2005) e L’eclissi (2007). L’obiettivo di questa tournée-evento è quello di miscelare sapientemente i più recenti successi con le canzoni dei primi folgoranti cd, che hanno rivelato al pubblico le potenzialità di questa band, in grado di intrecciare la melodia italiana con i più moderni sound internazionali. All’interno dei concerti, Samuel, Boosta, Max, Vicio e Ninja proveranno a ricreare l’atmosfera storica delle prime canzoni, suonandole con la strumentazione dell’epoca, per riproporne fedelmente le sonorità. Sarà così possibile ascoltare di nuovo Istantanee, Radioestensioni, Giungla Nord, Onde Quadre, e altre hit con le quali i Subsonica hanno definito il loro stile, incontrando sin da subito l’ammirazione di un pubblico giovanile, ma smanioso di una musica adulta e fuori dai canoni tradizionali italiani.

Il 2 maggio sarà invece la volta dei Negramaro, il gruppo rock salentino nato tra i circuiti alternativi e poi affermatosi a pieno titolo tra le band più significative del panorama musicale italiano. Il “Casa 69 Tour”, dopo una serie di concerti sold-out a ottobre e novembre scorsi, ritorna con undici nuove date nei palasport in questa primavera 2012, che partiranno da Genova e si concluderanno a Taranto, passando per i live di Roma, appunto, e di Milano (16 maggio, Mediolanum Forum). L’album Casa 69, il quarto realizzato in studio, è stato pubblicato nel 2010 e appena uscito aveva subito scalato le classifiche, raggiungendo la posizione numero uno sin dalla prima settimana di vendite. Lanciato dall’effetto traino del singolo Sing-hiozzo, il disco è caratterizzato da sonorità molto forti che variano dal pop all’hard rock, e nelle sue 18 tracce evidenzia una significativa crescita musicale della band sia rispetto al primo album d’esordio, Negramaro (2003), sia in confronto a Mentre tutto scorre (2005). Nel riproporre i loro brani più famosi e amati, Giuliano Sangiorgi & Co. regaleranno dal vivo ai loro fan anche i nuovi pezzi Voglio molto di più, colonna sonora del film Vallanzasca - Gli angeli del male (2011) e Basta così, la hit gettonatissima in radio incisa con Elisa, nonché l’ultimo singolo Londra brucia, pubblicato alla fine di gennaio. Quello al palazzetto dell’Eur sarà un ritorno gradito per il gruppo, considerate le quattro serate da tutto esaurito dello scorso ottobre, in una lunga tappa romana che andava a recuperare alcune date cancellate a marzo 2011, a causa dell’intervento chirurgico alle corde vocali che aveva costretto Sangiorgi ad uno stop forzato. Un incidente di percorso dal quale l’inconfondibile vocalità, roca e sensuale, del frontman leccese è uscita indenne per continuare a trasmettere grandi emozioni.

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For magazine teatro di Linda Esposito

Ecologia e percussioni a Roma e Milano con gli Stomp.

Tutto fa musica Stomp: parola onomatopeica che indica il battito di un oggetto sull’altro. Gli otto ragazzi americani (sei maschi e due femmine) hanno dimostrato che si possono creare dei suoni non solo con i tradizionali strumenti 86 For Magazine


For magazine

Gli Stomp nascono nel 1991 a Brighton dal genio di Luke Cresswell e Steve McNicholas. Dopo l’eccezionale successo ottenuto nel tour italiano nel 2009, torna Stomp, uno tra i più rivoluzionari ed entusiasmanti eventi degli ultimi anni. Con la loro combinazione unica di teatro, danza e musica sono a Roma dall’1 al 13 maggio al Teatro Brancaccio e a Milano dal 15 al 27 maggio al Teatro Nazionale. Un’irresistilbile esperienza che nasce a Brigthon (Inghilterra) nel 1991 dalla creatività di Luk Cresswell e Steve McNicholas e che ha trionfato in tutto il mondo (lo spettacolo ha girato più di 40 Paesi). Da sempre sensibili alle problematiche ambientali, questi artisti trasformano scope in strumenti, battiti di mani in una conversazione, le immondizie e il disordine della vita urbana diventano fonte di ritmo e stupore contagioso. Senza trama, personaggi, parole, Stomp mette in scena il suono del nostro tempo. Con strofinii, battiti e percussioni di ogni tipo, i formidabili ballerini-percussionisti-attori-acrobati

della compagnia danno una voce ai più comuni oggetti della vita quotidiana: bidoni della spazzatura, pneumatici, lavandini, spazzoloni. Hanno l’aria da bulli di quartiere, indossano jeans strappati, anfibi e un solo accessorio: il ritmo, custodito nel loro cuore. Non sono ballerini nel senso più stretto del termine e non sono musicisti nel senso più classico, ma sanno suscitare nello spettatore un delirio artistico che solo pochi sono in grado di fare. Stomp è pura esperienza sensoriale, è circo, rito tribale, cultura pop del rumore che si fonde in un’opera metropolitana, è l’umorismo del cinema muto dato in prestito alla pop art, è sfida ecologica allo spreco urbano, è trasgressione heavy metal e satira anti-inquinamento. La loro missione? Liberare, attraverso il ritmo, il suono più comune e per questo più sconosciuto dell’epoca contemporanea.

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Forteatro magazine di Nolberto Bovosselli

Ridere ai tempi della crisi I soldi (non servono a niente) è la divertente commedia che lega i destini di alcuni stravaganti personaggi, riuniti in una abitazione di lusso fra mille equivoci. Nel cast la coppia (reale e di finzione) formata da Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi 88 For Magazine


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Emanuela Rossi (53 anni) e Francesco Pannofino (54 anni) sono sposati da diversi anni e hanno un figlio di nome Andrea.

Resterà in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 29 aprile lo spettacolo I soldi (non servono a niente) di Nino Marino, per la regia di Claudio Boccaccini. Tra gli autori di teatro più apprezzati, nonché sceneggiatore cinematografico e scrittore (suoi i romanzi Interno di famiglia con miracolo, Rosso pompeiano, Bisturi per signora), Marino ha firmato anche la commedia di successo Gente di facili costumi, scritta a quattro mani con Nino Manfredi e più volte riproposta sui palcoscenici italiani. Nel cast dell’opera teatrale, a dare verve e brillantezza alla storia, troviamo uno dei principali interpreti dell’attuale panorama dello spettacolo nostrano: Francesco Pannofino. Celebre per la sua attività di doppiatore cinematografico, che lo ha portato ad essere la voce italiana non solo di George Clooney, ma anche di altri attori famosi quali Denzel Washington, Kurt Russell, Antonio Banderas e Wesley Snipes, l’artista ligure ha avuto la possibilità di farsi apprezzare come interprete dal grande pubblico grazie al bizzarro ruolo del regista René Ferretti, nella serie televisiva Boris, divenuta poi un film per il grande schermo. Proprio al cinema Pannofino ha dedicato recentemente il suo impegno, apparendo nelle commedie Maschi contro femmine (2010) e Faccio un salto all'Avana (2011). Nel suo curriculum anche tante fiction Tv amate e seguite da milioni di spettatori come La Squadra, Distretto di polizia, I Cesaroni, Pinocchio, Un caso di coscienza. Al momento è l’indiscusso protagonista di Nero Wolfe, la

miniserie in onda su Raiuno che lo vede indossare i panni (decisamente larghi) dell’investigatore di fantasia nato dalla penna dello scrittore americano Rex Stout, e già portato al successo da Tino Buazzelli nello sceneggiato omonimo del 1969. Ma per ogni attore il teatro rappresenta sempre il primo amore, e alle emozioni che sanno dare il palcoscenico e il pubblico in sala non si rinuncia mai. Nella frizzante commedia I soldi (non servono a niente), dove l’eloquente commento tra le parentesi sembra sdrammatizzare un po’ la difficile situazione economica del Paese, Pannofino è affiancato nella parte della co-protagonista da Emanuela Rossi, affascinante attrice e doppiatrice, sua compagna anche nella vita reale. Fanno parte della compagnia anche Felice Della Corte, Paolo Perinelli, Andrea Lolli. Tra colpi di scena e buffi equivoci, si incrociano diverse vicende umane: quella di un barbone che insiste tanto per entrare nel lussuoso appartamento di una ricca signora, sostenendo addirittura di essere il marito; quella di un politico rampante e inquisito che vive nel medesimo appartamento; quella, appunto, della bella signora e dello scottante segreto che unisce inesorabilmente i destini dei tre personaggi. Nell’intreccio narrativo, fra risate e divertimento, trova spazio anche il racconto di una tenera ed emozionante storia d’amore.

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For magazine For magazine

Il Bahama Bay 61 di Vicem Yachts è lungo 18,50 m. e può ospitare a bordo fino a 12 persone.

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YACHTING di Demetrio Moreni

Nati per divorare il mare Non solo lusso, comfort e sportivitĂ , ma anche tanta potenza scaricata sulle onde per una navigazione veloce ed emozionante nelle acque piĂš esotiche e suggestive del mondo

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Dave Mallach, direttore Vicem negli Usa, si è detto entusiasta del modello Bahama Bay e sicuro del suo fascino presso i clienti americani.

BAHAMA BAY 61 Pensato appositamente per navigare nei mari tropicali e mediterranei, il nuovo modello di Vicem Yachts unisce stile classico e tecnologie moderne

Nella cabina armatore l’impianto tv è incassato all’interno del mobiletto in mogano. Il mogano e i legni africani pregiati ricoprono tutte le superfici degli interni.

Vicem Yachts ha presentato di recente il suo nuovo Bahama Bay 61, lo yacht in grado di fondere il tocco artigianale del cantiere turco con le ultime tecnologie d’avanguardia di Volvo Ips, incluso il Drive System. Il risultato è un cruiser meraviglioso da 20 nodi a velocità di crociera e 30 nodi di velocità massima, con una manovrabilità eccezionale e la garanzia di un’ottima efficienza. Gli esterni appositamente progettati lo differenziano dalla linea tradizionale di Vicem Classic, conferendo allo scafo un profilo più vivace, un abitacolo di guida completamente coperto e una maggiore illuminazione naturale degli interni, grazie alla grande finestra ovale nella cabina più grande e nella cucina. Il layout degli interni è unico, con una cabina armatore molto spaziosa e confortevole, con letto matrimoniale, bagno e doccia in camera, una cabina ospiti con letti gemelli e una cabina vip riservata e capiente. La classicità delle strutture interne si contraddistingue per estetica, funzionalità, disponibilità di accessori e risparmio degli spazi. Il BB 61 fa parte della linea di imbarcazioni Bahama progettate e costruite appositamente per il sistema Ips di Volvo Penta, completando così la gamma che comprende anche il BB 55 e il BB 58. Questa linea, simile in apparenza a quella classica, presenta meno curve nella zona di prua, una verniciatura a mano e un hardtop che si estende fino a poppa, per arrivare a coprire la cabina di pilotaggio. Naturalmente, come è proprio dello stile Vicem, il sistema di fabbricazione rimane quello basato sul “cold molded”, ovvero il processo a freddo con un combinato di legno di mogano lamellare e resina epossidica trattata, eseguito interamente a mano dai maestri d’ascia turchi e capace di resistere duramente agli effetti degli agenti atmosferici. Ciò si traduce anche in una possibilità di navigazione più sicura, con una guida più fluida e naturale, con il totale isolamento da fonti di calore/freddo, rumori, vibrazioni e umidità.

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Il design dei sedili guida e passeggero del B27 permette maggiore spazio calpestabile e un gioco di luce indiretta che illumina il paiolo del pozzetto. L’abbinamento di soffice pelle trapuntata e teak rende l’ambiente molto gradevole.

BARRACUDA 27 Farà il suo esordio in mare quest’estate il “fratello minore” del B42, una barca sportiva e veloce, ideale per il “day cruising” nelle baie e nei porti più rinomati

L’affidabilità della “famiglia Barracuda” è stata testata presso i laboratori di Trieste, con risultati ottimi nelle performance in termini di velocità, comfort e tenuta sul mare.

Grazie alla stretta collaborazione con la Free Charter, società armatrice con basi in Sardegna, la Barracuda Yachts ha prodotto il Barracuda 27, concepito dal designer triestino Alberto Mancini, titolare dello studio Amyachtdesign. Questo runabout è la naturale evoluzione, in dimensioni ridotte, del Barracuda 42, e va a completare un’ideale famiglia che include anche il Barracuda 55. L’ultimo nato mantiene la tradizionale cifra stilistica del B42 tra la coperta con parabrezza unito allo sky-light e lo scafo dalle linee pulite ed eleganti con richiamo vintage e velico. Barracuda 27, considerata la lunghezza diminuita pari a 8,20 metri, è agevole da guidare e rappresenta l’ideale anche come tender per yacht di più grandi dimensioni. Dal punto di vista tecnico il natante è stato realizzato in composito avanzato con resina vinilestere. La carena è stata ottimizzata dallo studio di ingegneria Navalhead con le più evolute tecniche di fluidodinamica, inoltre è stato testato presso i laboratori della vasca navale di Trieste con esiti soddisfacenti al massimo. Gli esterni prevedono un bimini top a scomparsa che, disponendosi al di sotto del prendisole, risulta perfettamente funzionale, lasciando inalterata la pulizia di linee di coperta e pozzetto. Il materiale della cuscineria e la colorazione dello scafo sono totalmente customizzabili da parte del cliente basandosi su una vastissima scelta di campioni e materiali. Sotto coperta si è ricavato lo spazio per un letto doppio che integra una vera e propria chaise longue, dalla quale si può godere di un'ampia vetrata rialzata che filtra la luce esterna. Un comodo vano armadio, un frigo bar e un wc a scomparsa danno la possibilità di vivere una mini-crociera di coppia. Le motorizzazioni proposte sono due: una con motore singolo Volvo D4 da 300 cv per una velocità massima di 40 nodi, ed un’altra per i più esigenti composta da due motori Volvo D3 da 220 cv che consentono una velocità massima di 44 nodi.

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For magazine Sbarcato da poco in Europa, Hodgdon Yachts è il cantiere americano specializzato in super imbarcazioni a vela e a motore totalmente custom e con lavorazioni eseguite a mano. Il Liberty reca la firma del designer Bruce King.

LIBERTY 80 Realizzata in legno, con il metodo della costruzione a freddo, questa barca è un prodotto d’eccellenza che ricorda il lusso e l’eleganza della scuola old british

Forte, rigido e allo stesso tempo leggero, lo scafo costruito col processo a freddo utilizza una tecnologia aerospaziale che lo rende più veloce e maneggevole.

Liberty 80 è uno dei fiori all’occhiello di Hodgdon Yachts, il cantiere americano che costruisce super yacht del genere “Spirit of Tradition”, ovvero tecnologicamente avanzati, con materiali nuovi ma con uno stile retrò, quasi vintage, riconoscibile dalle linee estremamente eleganti e dalla costruzione a mano rigorosamente su misura. Oltre 200 anni di storia e di tradizione, molti dei quali in collaborazione con la marina degli Stati Uniti, fanno oggi di Hodgdon uno dei leader mondiali nella costruzione di scafi in composito, contraddistinti da una classicità e da un savoir faire che sono diventati una garanzia di qualità. Liberty è un motoryacht di 90 piedi, unico nel suo genere, realizzato interamente in legno con il metodo di costruzione a freddo, come fa in Europa solo il cantiere turco Vicem. Il progetto è il frutto della collaborazione tra Bruce King, il top designer mondiale, e Allan Walton, che ha curato il design degli interni. Dalla matita di King è nato un classico-moderno, capace di ripercorrere i fasti dei cosiddetti “Wall Street commuters” dei primi del ’900, ovvero quando le grandi famiglie dell’aristocrazia della East Coast usavano fare “communting”, nel senso di spostarsi con le loro imbarcazioni lussuose da New York City o Boston verso le località di vacanza e di week end come Newport, Martha’s Vineyard o Nuntucket. La barca è spinta da due motori Man V12 da più di 1.000 hp, e può raggiungere oltre 33 nodi di velocità massima e 25 di crociera. Il comfort interno è assicurato da 4 cabine con servizi e superaccessoriate, inclusa una cucina a vista che completa l’opera. L’uso di una tecnologia derivata dai prodotti aerospaziali si fonde con lo stile old british, delineato da cesellature e rifiniture fatte a mano dai maestri d’ascia dell’azienda del Maine.

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For magazine Inspiration è uno yacht di grandi spazi per il divertimento e il relax extralusso. Il suo Fly è il luogo ideale dove trascorrere lunghe giornate di sole, cullati dal mare e dalla brezza inebriante.

INSPIRATION Il moderno Custom Line 97 di Floating Life brilla per la sua fantastica silhouette e il suo stile raffinato, tratti inconfondibili dei prodotti dell’azienda svizzera

A bordo dello scafo non manca nulla, dal barbecue situato a fianco della Jacuzzi al salone stile “cinema”, che permette di godere le ultime uscite di film via satellite.

Inspiration è lo yacht per il divertimento puro ideato da Floating Life, la società svizzera specializzata nel campo della gestione, charter e vendita di super e mega yacht, con una struttura ed un’assistenza sviluppata a livello mondiale, e una flotta di circa 18 yacht. Tra i quali appunto Inspiration. Ogni componente di questa imbarcazione è stata curata nei minimi particolari, per soddisfare le esigenze dei clienti. Moderno, sofisticato, prodotto delle mani degli artigiani più esperti del cantiere, lo yacht si contraddistingue per la sua eccezionale luminosità, ottimamente resa dalle ampie vetrate, che garantiscono viste panoramiche mozzafiato sui luoghi più meravigliosi delle crociere nel Mediterraneo. Elementi caratteristici del natante sono: il grande salone sul ponte principale; il lounge bar fully equipped dotato di un wine-cooler d’avanguardia che permette di accogliere numerosi ospiti; l’area dining con posti per 8 persone, munita di un touch-button tv di 42 pollici al plasma più tv surround system dal controsoffitto. Sull’aft deck è possibile iniziare la propria giornata con una suggestiva colazione “vistaoceano”, ma anche trascorrere le serate in compagnia di amici, grazie anche al tavolo con sofà addizionale per addirittura 10 persone. Dagli esterni all’interno. La Master Stateroom è una straordinaria suite dotata di tutti i comfort extralusso, come il wireless B&O tv con dolby surround, un Radiomarelli Playtime, due divani, una vanity unit, un immenso armadio guardaroba e un bagno larghissimo con doccia. Navigando su Inspiration si percepisce in pieno tutta l’eleganza e lo stile propri del cantiere elvetico. Ponti esterni agevoli e lussuose rifiniture degli interni, tutto finalizzato al massimo del servizio chartering per una vacanza da sogno.

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Salone di Ginevra: Ferrari F12

La più

La F12, esposta nei due nuovi colori Rosso Berlinetta e Aluminium, è costruita attorno ad una architettura transaxle fortemente evoluta con componenti all’avanguardia, un’aerodinamica estrema e un design dalla classicità innovativa.

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AUTO di Demetrio Moreni

potente di sempre Parola di Montezemolo, che al Salone di Ginevra ha presentato la nuova Ferrari F12 berlinetta: 740 cavalli per raggiungere i 200 km/h in soli 8,5 secondi

Finalmente è stato tolto il velo sull’ultimo gioiello nato in casa Ferrari e mostrato al pubblico nei padiglioni del recente Salone internazionale dell’auto di Ginevra, dove, come da tradizione, lo stand della Rossa è stato quello che ha calamitato il maggior numero di visitatori e curiosi. Anche per la presenza dei pezzi da novanta di casa Fiat, come i fratelli John e Lapo Elkann, l’amministratore delegato Sergio Marchionne, il designer Paolo Pininfarina e il presidente della Ferrari Spa Luca Cordero di Montezemolo. Tutti insieme, sotto una pioggia di flash fotografici, hanno svelato la nuova F12 berlinetta, già ribattezzata proprio da Montezemolo come «la più potente e prestazionale di sempre» tra le auto stradali del Cavallino Rampante. Sportiva e slanciata, questa vettura rappresenta il prototipo della nuova generazione di modelli V12, caratterizzata da 740 cavalli, 10 in meno della Formula 1: un bolide su strada ma con consumi ed emissioni abbattute del 30 per cento. Inoltre, grazie ad un passo ridotto e al motore arretrato, uniti al nuovo layout delle sospensioni e del cambio, è stato possibile abbassare notevolmente il veicolo, contenendo le dimensioni del posteriore. La F12 appare più longilinea e aggressiva, e quindi più corta, bassa e stretta, rispetto alla precedente coupé V12, pur mantenendo il lungo cofano motore che testimonia la sua potenza motrice. Per tali motivi l’auto si contraddistingue per un’aerodinamica estrema e un design che esprime una classicità innovativa. Infatti, proprio il design è, come di consueto, l’arma vincente della Rossa: figlia della proficua collaborazione tra Centro Stile Ferrari e Pininfarina, la F12 berlinetta è caratterizzata da un concept estetico incentrato sull’equilibrio delle proporzioni. Uno stile originale con elementi tipici della tradizione delle 12 cilindri Ferrari. La linea, filante e grintosa, offre un livello di comfort e abitabilità altissimo. Il posteriore è definito da uno specchio di poppa che reinterpreta in chiave più funzionale il tema della coda tronca, integrando armoniosamente le due derive verticali. L’originale tema a “T” racchiude i due fanali circolari full-Led e il retronebbia, palesemente ispirato alla Formula 1. Tra le soluzioni più all’avanguardia spiccano l’Aero Bridge, che per la prima volta sfrutta il cofano motore nella creazione del carico verticale, e l’Active Brake Cooling, cioè un dispositivo caratterizzato da portelle di

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For magazine Sulla nuova Ferrari è stato fatto un eccezionale lavoro per ridurre consumi ed emissioni del 30%, in grado di proiettare la F12 berlinetta ai vertici del settore di riferimento, con 15l/100 km e 350 g/km di CO2.

Ferrari F12 Il nuovo motore V12 a 65° di 6.262 cm3, ad iniezione diretta a 200 bar, raggiunge prestazioni mai ottenute prima da un 12 cilindri, con una potenza massima di 740 CV a 8.250 giri/min, quella specifica di 118 CV/l e il regime massimo di 8.700 giri/min. 98 For Magazine


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Gli interni sono in pelle Frau, realizzati con notevole cura dei dettagli ed elevata artigianalità. Al centro della plancia spiccano gli innovativi aeratori, di chiara ispirazione aeronautica, in carbonio e lega d’alluminio.

raffreddamento delle prese d’aria dei freni, che si aprono quando richiesto in funzione delle temperature. La nuova Ferrari può vantare un telaio spaceframe e una scocca di nuova concezione, realizzati con dodici tipi diversi di leghe in alluminio, di cui alcune usate per la prima volta nel settore automotive, e assemblate con varie tecnologie e raccordi tra i componenti. Proprio l’utilizzo di questi materiali ha permesso di contenere il peso a 1.525 kg, ben 70 kg in meno rispetto ai precedenti modelli. Anche il propulsore è più leggero, ma nonostante ciò le sue performance sono da primato: la F12 berlinetta monta un motore V12 da 6.262cc capace di spingerla da 0 a 100 km/h in poco più di 3 secondi e di farle

toccare i 200 km/h in soli 8,5 secondi. Per tenere sotto controllo i suoi 740 cavalli (a 8.250 giri/min) la Ferrari ha sviluppato un impianto frenante carboceramico e delle sospensioni magnetereologiche evolute. La sportività è garantita dalla coppia massima di 690 Nm, di cui l’80% disponibile già a 2.500 giri. Gli interni sono totalmente rinnovati, ricoperti in pelle Frau, così da rispettare l’equilibrio nella tecnologia avanzata dell’interfaccia uomomacchina, con tutti i comandi intorno al pilota; i dettagli più raffinati sottolineano l’alta artigianalità, un elemento imprescindibile del Dna Ferrari. Gli spazi sono stati ottimizzati per offrire una grande fruibilità, anche grazie alla panchetta posteriore collegata direttamente al vano bagagli, al quale si può ac-

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cedere facilmente dal portellone posteriore. Al centro della plancia sono collocati gli aeratori, tre centrali e due laterali, in carbonio e lega d’alluminio, ispirati ai mezzi dell’aeronautica. Alle sensazioni forti per il guidatore si aggiungono quelle per il passeggero, che viene coinvolto nell’esperienza di guida grazie al “display emozionale”, posizionato di fronte al suo sedile nella zona tra l’airbag e il cassetto portaoggetti. Completano il corredo tecnologico i sistemi elettronici di dinamica del veicolo (E-diff, Esc, F1-Trac, Abs prestazionale) e i controlli integrati in un’unica centralina più rapida e dotata di un nuovo software “model based”.


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La supercar

V12 Zagato La V12 Zagato è stata esposta per la prima volta all’ultima edizione del Concorso d’Eleganza di Villa d’Este, nel maggio 2011, e lì ha conquistato il primo premio nella categoria «Concepts e Prototipi».

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che stupisce

Per celebrare i cinquant’anni di collaborazione tra la leggendaria Aston Martin e la famosa firma italiana Zagato è nata la V12 in versione stradale. Chi vuole acquistarla per correre fino a 305 km/h deve fare in fretta: sarĂ prodotta in soli 150 pezzi 101 For Magazine


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Le linee della supercar italo-britannica nascono dalla collaborazione tra Marek Reichman, direttore del design Aston Martin, e Norihiko Harada, capo del design Zagato.

È stata una delle vetture più ammirate durante l’ultimo Salone internazionale dell’auto di Ginevra: la nuova Aston Martin V12 Zagato suggella il proficuo sodalizio tra lo storico marchio automobilistico britannico e l’atelier del carrozziere milanese, che dura ormai da circa cinquant’anni. «L’Italia è sempre stato per noi uno dei mercati più importanti – ha dichiarato Jeffrey L. Scott, managing director di Aston Martin Lagonda Europa –. Con i nuovi showroom a Verona e a Udine rafforziamo la presenza al Nord. E a breve si aggiungeranno Roma e Bari». A distanza di mezzo secolo dalla nascita del modello DB4GT Zagato, le due aziende partner lanciano sul mercato, in una sorta di reinterpretazione in chiave moderna, questa V12, che da prototipo si trasforma in versione stradale di serie. Che poi tanto di serie non sarà, considerato che si è deciso di produrre e vendere solo 150 esemplari, tutti realizzati a Gaydon, in Inghilterra. Sinuosa e potente, la Aston Martin con la “Z” è il frutto di un lavoro in sinergia, capace di coniugare la purezza artigianale propria della casa inglese con le linee moderne, i materiali e le tecnologie del progetto One-77, una combinazione di fibra di carbonio e alluminio modellata a mano, ideato a Rho (a 14 km da Milano). Ne deriva una vettura che rappresenta l’esaltazione della gamma Vantage – la più compatta delle fuoriserie Aston – e che assume le sembianze di un’affascinante granturismo, con le caratteristiche tradizionali della carrozzeria italiana: la “doppia gobba” sul tetto e una griglia con un motivo formato proprio da tante “Z”. A livello estetico le differenze esterne della V12 Zagato stradale con le due fuoriserie originarie sono ridotte al minimo, e si manifestano sullo sbalzo posteriore appena più lungo e su qualche componente particolare come il diffusore e l’ala fissa. Quattro le tinte disponibili, dalla

doppia denominazione anglo-italiana: Scintilla Silver, Alloro Green, Alba Blue e Diavolo Red. La nuova Aston Martin è una supercar compatta dalle forme flessuose e assolutamente originali, che risalta per raffinatezza stilistica e immagine extralusso. A prima vista si notano immediatamente alcuni elementi peculiari, come il lunotto, il cui cristallo leggermente ondulato segue le ellissi aerodinamiche del tetto; le luci posteriori grosse e tonde, riedizione attualizzata di quelle progettate per la Flaminia Zagato; la plancia arretrata, per dare spazio al possente motore V12, montato in posizione anteriore-centrale, al fine di migliorare la distribuzione dei pesi. Proprio il propulsore da 12 cilindri a V permette di erogare 510 cavalli di potenza e 570 Nm di coppia massima, che portano l’auto da 0 a 100 km/h in 4.2 secondi, con una velocità massima di 305 km/h. Il cambio manuale è a sei marce, di tipo transaxle, ossia installato davanti all’assale posteriore, ed è opera dello specialista torinese Graziano Trasmissioni (altro esempio del Made in Italy vincente). Il design degli interni è stato realizzato seguendo i dettami dello stile e del comfort che hanno fatto la storia del marchio inglese, e tuttavia tenendo anche conto delle linee classiche proprie dei modelli Zagato: un’unione perfetta e unica. La V12 Zagato è un’auto prestazionale al massimo ma elegante, energica ma discreta, emozionante da guardare e ancor più piacevole da guidare in strada. In questa primavera verranno assemblati in Inghilterra i primi esemplari, mentre le prime consegne sono previste in autunno. Sarà commercializzata sul mercato ad un prezzo di 330.000 sterline (tasse escluse), pari al cambio attuale a circa 395.000 euro.

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Due prototipi V12 Zagato, denominati Zig e Zag, s ono scesi in pista per affrontare il test della 24 Ore del Nürburgring, ammirati da oltre 200 mila spettatori.

La griglia frontale caratterizzata da un motivo formato da tante “Z” è uno dei marchi di fabbrica di Zagato.

Interamente costruita a mano, la vettura ha il corpo in alluminio e carbonio; ogni singolo particolare è stato studiato per essere funzionale alla guida e soddisfacente per l’estetica.

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For magazine SCATTI di Bruno Oliviero

Questa splendida ragazza è romana, ha vent’anni ed è del segno dell’ariete. Sarah De Rossi ha degli occhi molto intriganti e un corpo dalle misure perfette. Le piace essere costante e caparbia, è molto sicura di sé, ama viaggiare, è sensibile, ma un po’ lunatica. Non le piacciono le persone false e non sa rinunciare all’attività sportiva. Lavora come fotomodella, realizza molti cataloghi di moda e di costumi da bagno, ha fatto anche qualche spot pubblicitario e di sicuro avrà un futuro brillante.

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Sarah De Rossi 105 For Magazine


For magazine storie di Elena e Michela Martignoni

All’arrembaggio Pirati veri, pirati di carta e pirati per fiction. Le loro avventure sono tornate d’attualità e di gran moda. Due scrittrici hanno intervistato per noi Bijorn Larsson, l’autore di un fortunatissimo romanzo con protagonista proprio quel Long John Silver de L’isola del tesoro 106 For Magazine


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Bijorn Larsson, nato a Jönköping, in Svezia, nel 1953, insegna all’Università di Lund e vive in Danimarca, a Gilleleje, piccolo villaggio di pescatori non lontano dal castello di Amleto. Parla perfettamente quattro lingue, è filologo e traduttore dal danese, inglese, francese e italiano. La vera storia del pirata Long John Silver, interpretato nella miniserie di Sky da Eddie Izzard (nella foto a destra), ha venduto in Italia 150 mila copie.

In questi mesi il mare è il protagonista dei telegiornali. La vicenda dei due pescatori indiani uccisi e le accuse rivolte dalla polizia di Kochi e dal governo indiano ai nostri marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è complessa, ma senza addentrarci nei problemi di natura giuridica che dividono il nostro governo da quello indiano, riportiamo una frase del ministro Terzi: «I pescatori indiani e i due militari italiani sono vittime dello stesso nemico: la pirateria». E dopo la disgrazia della Concordia, di nuovo una nave da crociera Costa fa parlare di sé. A bordo della Allegra, che incrocia nelle isole Seychelles con i motori in fiamme, scopriamo che c’è un contingente di nove uomini del Battaglione San Marco di Brindisi con il compito di proteggere i passeggeri e la nave da azioni piratesche. E che dire della Savina Caylin rimasta per 316 giorni nella mani dei pirati somali? La pirateria, quindi, non è morta con Capitan Kidd, l’ultimo corsaro di sua Maestà Britannica impiccato a Londra nel 1701 perché non voleva rassegnarsi a rientrare nei ranghi. A noi ora però non interessano i pirati moderni, vogliamo invece rivivere, grazie a un bel libro, l’epopea che ha fatto sognare e giocare milioni di bambini: torniamo all’epoca dei Kidd, dei Barbanera, dei Morgan… e di John Silver. Pirata letterario, ma vero più che mai nelle pagine di La vera storia del pirata Long John Silver di Bijorn Larsson (Iperborea 1998, euro 18.50, più di 150.000 copie vendute solo in Italia), uno dei più bei romanzi storici scritti nel Novecento. L’idea di partenza è geniale: ne L’isola del tesoro di Stevenson, John Silver, pirata/cuoco di bordo, alla fine del romanzo sparisce a bordo di una zattera e di lui, misterioso e doppiogiochista personaggio, non si sa più nulla. Lo scrittore svedese Bijorn Larsson lo ha ripreso e ne ha ripercorso a ritroso la vita, usando Silver come pretesto per raccontare la sua epopea. Al protagonista accade di partecipare, anche se marginalmente, ai grandi avvenimenti della storia consentendo così all’autore di narrarli “dall’interno”. Silver è marinaio: è il pretesto per descrivere la condizione dei marinai nel Settecento. L’autore

dispiega il racconto sui vari tipi di pirateria, che il suo protagonista prova più o meno tutti. Silver è stato contrabbandiere: ecco la descrizione di come avveniva nel Settecento il commercio illegale tra Francia e Irlanda. Silver si imbarca su una nave negriera e avendo infranto le ferree regole della disciplina di bordo diviene schiavo egli stesso, fatto che consente all’autore un’immedesimazione totale del personaggio nelle spaventose sofferenze prodotte dalla schiavitù. Questa tecnica di narrare la storia attraverso le peripezie del protagonista ha illustri predecessori: citiamo ad esempio Renzo ne I promessi sposi di Manzoni che finisce coinvolto nella rivolta dei forni a Milano nel 1628, fatto che consente all’autore di descrivere, attraverso i sentimenti del personaggio, una vicenda storica reale. Corredato di una solida e seria ricerca storica e arricchito da una spumeggiante fantasia, il pirata di Larsson vi incolla alle pagine dalla prima all’ultima, divertendovi ma anche facendovi pensare. Molteplici le riflessioni filosofiche sulla vita dell’uomo, sul bisogno di libertà – tema molto caro all’autore –, sulla figura del pirata e dell’uomo di mare. Abbiamo incontrato Larsson a Milano, in uno dei suoi frequenti viaggi in Italia, paese dove è molto amato, e vi proponiamo l’intervista che ci ha rilasciato. Quanto c’è di Bijorn Larsson in Long John Silver? «Questa è una domanda che esige una conoscenza di sé che io forse non ho. Il personaggio non l’ho inventato io, è preso dal L’isola del tesoro e io ho rispettato la personalità di Silver che ha descritto Stevenson, cercando solo di mettermi nei suoi panni». Come te, però, Silver ama il mare e mette la libertà al di sopra di tutti i suoi valori. «Questo è vero: l’anello di congiunzione tra me e lui è il bisogno di libertà, ma in lui, personaggio letterario, c’è l’estremismo di questo sentimento. Silver uccide e tradisce pur di essere libero, io ovviamente no! Questo estremismo è una caratteristica comune a tutti i

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con me, ma perché sapeva che sarei ripartito! Pensate al dramma del comandante della Costa Concordia: sul mare era il re di quella grande nave, ora per tutti è un piccolissimo uomo».

Ecco il manifesto cinematografico di uno dei tanti film tratti dal libro di Stevenson.

grandi personaggi letterari, pensate ad Amleto, a Don Chisciotte… non sono certo uomini comuni. Il romanziere toglie quando può gli elementi comuni dalla vita dei suoi grandi personaggi (non sarebbe interessante descrivere i loro semplici atti quotidiani) mentre dà risalto alle loro straordinarie azioni o alla forza del loro pensiero. Silver è estremo perché ama la vita in modo esagerato e questo lo spinge alle azioni crudeli che compie anche nei confronti dei suoi amici. Non si giustifica mai, non chiede mai scusa. Il motivo per cui è spietato è superiore per lui a tutto questo: agisce così perché deve vivere». Anche le donne e l’amore non smuovono Silver dal suo progetto di libertà… «Infatti. Ho dato per due volte a Silver la possibilità di innamorarsi e di cambiare la sua vita. In entrambi i casi si trattava di donne al suo livello, intelligenti e vincenti. Ma anche l’amore non fa per lui, il suo bisogno di libertà supera anche il suo bisogno d’amore. Quello che affascina in Silver è che rifiuta anche il potere, perché anche il potere è schiavitù. E nemmeno sulle donne vuole avere potere, e le lascia libere». C’è una scena molto potente del tuo libro: Dolores, una schiava nera, evira con un morso il comandante che l’ha costretta a un rapporto sessuale. Perché hai scelto questa vendetta così sconcertante? «Dolores poteva salvarsi solo così. Era nuda e non aveva armi, ma, come Silver, aveva una gran voglia di vivere. Così ho pensato che i suoi denti fossero l’unica arma possibile. Nei miei romanzi le donne sono sempre donne forti, con personalità. Il romanzo ne ha bisogno: il protagonista può anche essere una vittima, ma una vittima che non reagisce è poco interessante». Ci ha colpito la scena struggente della festa finale in cui Silver per la prima volta sembra commuoversi. «Mentre scrive Silver ripercorre e valuta la sua vita, e pensa che in fondo anche lui avrebbe potuto essere buono. Il pirata sul mare è un mito creato dalla gente di terra. Il mito del marinaio esige però che il marinaio riparta. Quando giravo tra i porti della Scozia non ho mai avuto difficoltà di relazione con la gente di terra, sempre accogliente

Nell’altro celebre libro di Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, assistiamo allo sdoppiamento bene/ male. Anche nel pirata sussistono due nature contrastanti: è letterario o nella realtà era così? «Solo dopo avere scritto il romanzo su Silver ho pensato a Jekyll e Hyde. Per fortuna non l’ho fatto prima altrimenti ne sarei stato condizionato. Ho cercato di creare un ritratto storicamente corretto del pirata del Settecento. I pirati in realtà non avevano molto di letterario o avventuroso, ma Silver non era come gli altri pirati. In generale i pirati diventavano anarchici per evitare la crudeltà dei capitani, lui lo è diventato per scelta di vita. Mentre i pirati erano in genere ignoranti, lui era colto, il che gli consentirà infatti di dialogare alla pari con Defoe e di scrivere da vecchio la sua autobiografia. È molto importante per me che anche nella finzione letteraria ci sia rispetto del realismo. Ho letto un libro nel quale il protagonista scrive in prima persona su un’isola deserta e alla fine del libro muore. Mi sono chiesto: e chi ha inviato il manoscritto se lui è morto?». Perché, pur essendo svedese, hai scelto un personaggio di Stevenson e non un vichingo? «Perché noi svedesi non abbiamo un rapporto così stretto con i vichinghi; inoltre i vichinghi non hanno lasciato nulla di scritto se non qualche saga norvegese. Non conoscevano la scrittura, erravano per i mari come commercianti, o per rubare e poi per ritornare a casa col bottino. Le donne stesse spingevano gli uomini a partire per mare perché non c’era terra sufficiente per tutti. I vichinghi da noi sono folklore più che storia. La Svezia è stata una terra poverissima, oggi invece è considerata il paese più moderno al mondo, ma noi non abbiamo una storia antica e la nostra letteratura inizia con Strindberg nel ’900. Io poi sono nato in Svezia, ma ho sempre vissuto all’estero, in Francia, in Spagna, ora vengo spesso in Italia e quindi sono più “apolide” che svedese». Nel tuo romanzo affermi: “Saper scrivere non è garanzia contro la stupidità”. «Una volta un mio lettore mi ha avvicinato a un festival letterario e mi ha ringraziato. Mi ha detto che la lettura di Silver aveva avuto importanza nella sua vita: doveva scegliere tra libertà e solitudine, e poi mi ha mostrato la fede nuziale! Mi ha chiesto ancora: lei è sicuro che Silver sia morto? E così ho capito che i lettori non vogliono che lui muoia… in effetti potrebbe sempre ricomparire, non c’è prova che dopo l’esplosione il suo corpo sia stato ritrovato». Come mai in Italia il tuo libro ha avuto grande successo? «Qui ho venduto molto di più rispetto agli altri paesi europei – ad esempio non ho avuto molto successo in Danimarca e nemmeno in Spagna –, forse perché la passione per il mare e i pirati in Italia esiste soprattutto nella forma leggendaria. L’italiano sogna il mare più che viverlo. Tra i “giromondisti” naviganti per passione non ho incontrato italiani, mentre ho trovato tantissimi inglesi e francesi, ma anche tedeschi e olandesi. Io penso che nonostante abbiate avuto grandi navigatori, voi italiani siate più tifosi di calcio e amanti del cibo che navigatori. Vi piace uscire in barca per fare il bagno o per pescare, ma pensate di tornare a terra per mangiare e stendervi sulle spiagge».

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Nel Tv movie Toby Regbo (in alto) interpreta Jim Hawkins, il ragazzo protagonista del romanzo, mentre Shirley Henderson (in basso) veste i panni della mamma Meg.

E cosa pensi del successo dei gialli svedesi? Anche tu ora sei in libreria con I poeti morti non scrivono gialli, sempre pubblicato da Iperborea. «In genere penso che questi gialli svedesi siano un po’ troppo cupi e seri. Nel mio ho cercato di non esserlo: le tre vittime sono i bravi rappresentanti della letteratura, mentre l’assassino mette la letteratura sul piedistallo, quindi ne rappresenta la vera minaccia. Invece un altro mio giallo, Il cerchio celtico (Iperborea), ha suscitato quasi un pellegrinaggio dei lettori: una mia lettrice è andata quattro volte in Scozia per cercare di capirne il mistero. Volutamente alla fine del libro ho lasciato qualche punto interrogativo in sospeso». Bijorn e la navigazione. Rimpiangi la vita sulla barca? Ti è servita come ispirazione? «Sì, ho scritto molto stando sulla mia barca. Per noi nordici la barca rappresenta il mezzo di trasporto ideale, anche perché avere un ormeggio da noi non costa tanto come in Italia. In Svezia ci sono 9 milioni di abitanti e 900.000 imbarcazioni. Fino a un anno fa ho vissuto parecchio a bordo della mia barca, anche d’inverno. Ora ho cambiato stile di vita, ma per me vivere sul mare rappresenta l’ideale».

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For unamagazine lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

I RAGAZZINI DI TEHERAN “A cosa servisse il sapone tritato per realizzare il cocktail molotov nessuno sapeva dirlo con esattezza, avevano tutti letto le istruzioni per la fabbricazione sui volantini distribuiti dai gruppi rivoluzionari, o sui giornali clandestini” Hamid Ziarati è nato a Teheran e vive a Torino. Quasi due è il suo nuovo romanzo. Per preparare una molotov può risultare fondamentale del sapone, proprio quello che le mamme usano per il bucato. Darioush è un ragazzino che vive a Teheran, e vuole realizzarne una proprio con le sue mani, per punire in maniera spettacolare il figlio del pollivendolo, che ha ucciso uno dei suoi adorati colombi. “La prima coppia di colombi l’ho avuta in regalo da mio zio. Me li ha portati che erano appena stati svezzati e cacciati via dal nido, il momento perfetto perché si affezionassero per l’eternità alla terrazza di casa mia, anche se già svolazzavano un po’ e il rischio che se ne andassero in cerca della casa di mio zio c’era”. Per Darioush il “gioco dei colombi” il più popolare sui tetti di Teheran, è una gioia speciale. Si alza all’alba, si fionda sul tetto, toglie i lucchetti alle gabbie e i colombi si librano in volo, e lui, con loro in un rapimento incantevole. Un gioco che ha a che fare con la guerra e con la fantasia. “C’e’ qualcosa di magico nel rumore delle ali che sbattono per prendere il volo. Un suono ipnotico che si diffonde nell’aria non appena la gravità è vinta. Un sibilo che si allontana e ti porta via con la promessa di farti diventare un puntino nell’azzurro. Ti fa volare sulla tua casa, sul tuo quartiere, su tutta la tua città che lentamente si anima”. Ma la verità è che Darioush non fa che combinare guai, nel tentativo inadeguato d’imitare i suoi film preferiti, quelli che ormai circolano quasi clandestini. La sua immaginazione si mescola con gli insegnamenti religiosi ricevuti a scuola, nei due poli inconciliabili del misticismo e dell’integralismo. Con la complicità del suo amico, l’inseparabile Zal, che sarebbe disposto a seguire Darioush in qualsiasi impresa, persino sulla prima linea del fronte, si tuffa nella vita con ingenuità e desiderio di avventure. È così che si ritrovano in mezzo alle bombe vere, quelle irachene, dopo aver tanto giocato alla guerra. Ed è così che nella loro testa i martiri bambini di cui parla l’Ayatollah possono prendere il posto degli eroi del cinema. Ma il nemico, alla fine, ha tutta l’aria di uno come loro due, che

parla una lingua diversa eppure ha negli occhi la stessa irriducibile vitalità. “Mi sono sfregato di nuovo gli occhi con i pugni per cercare di vedere da dove provenisse tutta quella collera sotto forma di piombo fuso. Mi sono dovuto sporgere più volte per convincermi che i carri armati iracheni stavano procedendo verso di noi facendo da scudo a soldati che avanzavano come se stessero giocando a nascondino”. Hamid Ziarati racconta l’energia adolescenziale dei ragazzini di Teheran restituendone la spensieratezza, l’incoscienza, ma anche lo smarrimento di fronte alla cieca perentorietà dell’integralismo religioso.

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Quasi due di Hamid Ziarati Einaudi, euro 16,00


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IN FORMA con Jill Cooper

IL SEGRETO DELLA BELLEZZA? È NELLE BRACCIA Per le donne è proprio questa la parte del corpo più importante da tonificare quando, con la bella stagione, si cominciano ad indossare maniche corte e canottiere Gentile lettrice, qual è secondo te la parte del tuo corpo da sviluppare in questo soleggiato mese di aprile? Posso indovinare le tue diverse risposte: addominali, glutei, cosce, e magari pettorali. Ma sono tutte sbagliate. La risposta giusta è: le braccia! In particolar modo per le donne, perché con aprile cominciano i primi raggi di sole che veramente permettono di stare sbracciate e libere. Conosco donne che si allenano ore ed ore in palestra facendo “Gag” (gambe-addome-glutei), senza prestare attenzione però alla prima parte del loro corpo ad essere denudata. Purtroppo è vero che il sesso opposto giudica in gran parte il libro dalla copertina (ahimè), altrimenti perché noi donne presteremmo così tanta attenzione a trucchi, parrucchiere, reggiseno push-up e altri luccichini? Vogliamo proiettare un’immagine di bellezza, anche non essendo esattamente perfette. Ma tranquille, perché poche lo sono e la maggior parte lavora per Victoria’s Secret. Per il rimanente 99,9% delle donne la perfezione è un gioco di sottili illusioni ottiche che migliorano il pacchetto complessivo. Per il resto si può giocare di charme. Siccome le braccia, di solito, sono la parte che le donne spogliano per prima grazie a canottiere, spalline o vestiti serali, è molto importante tenerle toniche e sode con un bel allenamento, perché se le spalle sono ben allenate immediatamente danno l’idea che tutto il corpo è in forma. Essendo anche costituiti da piccoli gruppi muscolari non necessitano né di carichi particolarmente pesanti, né di tanto tempo per ottenere risultati. La chiave fondamentale di tutto rimane la costanza. Le braccia allenate resteranno toniche anche quando si è più in là con gli anni, la senza cedere alla forza di gravità. Un modo semplice, rivolto a tutte le casalinghe, per tonificare braccia, petto e spalle è il seguente: - Flessioni, un classico eccellente per aiutare ad aumentare il volume sulla parte superiore del corpo. Si possono fare con le ginocchia piegate sopra un cuscino e le caviglie incrociate. È bene appoggiare le mani a terra, tenere l’asse della schiena dritta, l’addome contratto mentre ti abbassi lentamente verso terra, senza appoggiarti, risollevandoti spingendo verso terra. Poi è opportuno variare l’intensità del tuo allenamento attraverso la posizioni delle mani; - Alzate laterali, con due pesi di 3 o 4 kg, tenendo le braccia leggermente flesse lungo i fianchi e sollevando i pesi senza alzare le

spalle (dalla parte del collo, ossia dal trapezio). Si deve provare a scacciare la clavicola verso il basso, mentre le mani salgono per concentrare il lavoro sulle spalle; - Dips, ovvero sedere sul bordo di una sedia con i palmi delle mani appoggiati sul bordo con le punte rivolte verso terra. Bisogna staccarsi dalla sedia, tenendo le spalle dietro e scendendo a fil di piombo senza appoggiarsi a terra. È necessario spingere giù con le mani contro la sedia per risollevarsi. Ogni esercizio è semplice e senza limiti di tempo, con la possibilità di ricupere le forze ogni volta che sarà necessario, eseguendo 100 ripetizioni di ogni esercizio per 3 volte alla settimana. Cara lettrice, per l’estate sarai in grandissima forma! Alla prossima, Jill

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PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

IPerSEGRETI DEL MIO SUCCESSO Marco Belardi, produttore

di Amore 14 e Immaturi, la ricetta per far sognare

il pubblico è una buona sceneggiatura, un po’ di coraggio e un’ottima intuizione

Negli ultimi 10 anni che cosa si ricorda con più piacere? «È parecchio difficile decidere cosa ricordare con più piacere negli ultimi miei dieci anni, è un periodo molto lungo in cui sono successe tantissime cose. Se dovessi fare una classifica metterei al primo posto il mio percorso formativo lavorativo: è stata un’ascesa graduale caratterizzata da tanti cambiamenti. Ho cominciato come runner, ma sono anche un montatore specializzato, conosco molto bene la fotografia, le luci, gli obbiettivi, sono stato un organizzatore di convention, ho girato spot come regista, ho fatto l’attore, ho doppiato e la mia più grande passione è la tecnologia. Mi piace tutto questo, che in fondo è racchiuso nel cinema e in un film». Lei ha aiutato giovani registi ad emergere. «Io ho cominciato dal basso: portavo caffè sul set come runner, mi sono fatto spazio piano piano da solo e so quanto è difficile. Da qui la mia voglia di aiutare a emergere chi ha le capacità per farlo. Frequento e conosco molti registi e molte nuove leve che realizzano corti interessanti, come Giuseppe Marco Albano, un ragazzo pugliese molto promettente».

Che cosa serve di più ai film oggi? «Io credo che ci sia bisogno di sorprendere, far ridere ed emozionare. La tecnologia è importante, ma è fondamentale una bella idea, una buona sceneggiatura, anima, pancia, coraggio e un’ottima intuizione. Questa è, a mio parere, la ricetta vincente per realizzare un grande film, capace di far sognare il pubblico». L’ultima scelta coraggiosa che ha fatto «Mi innamoro di tutti i progetti che porto avanti e in amore, si sa, serve coraggio, quindi tutti i miei progetti sono piccole e grandi scommesse. In questo momento sto realizzando due progetti più piccoli rispetto a Immaturi, ma per me ugualmente importanti: uno spettacolo teatrale con Ambra Angiolini e Edoardo Leo, su un testo di Massimiliano Bruno, e un documentario su Carlo Verdone. Entrambi progetti di grande qualità ma sicuramente di minore redditività». Qualcosa in programma a breve? «Sì, diversi impegni che vanno dal teatro al cinema, alcuni in via di definizione altri già con una loro buona identità. Ora sono molto concentrato su Immaturi - Il viaggio, il sequel appena uscito nelle sale e ben accolto dal pubblico, ma sono già all’opera per la realizzazione di nuovi progetti».

A TAVOLA CON FANTASIA Nicola Di Credico, chef presso un ristorante romano a base di

pesce, ci offre alcuni suggerimenti. E ci rivela anche la sua specialità della spesa fatta».

Cos’è per lei l’arte culinaria? «È la combinazione perfetta tra prodotto e professionalità, una volta raggiunto l’equilibrio tra entrambe ognuno di noi può essere un artista e creare piatti che sono veramente dei capolavori culinari». Quanto è importante la passione nel suo mestiere? «Tanto, perché è l’elemento fondamentale per questo lavoro. Ti spinge a dare il massimo giorno per giorno». Com’è cambiato il modo di mangiare degli italiani in questo periodo di crisi? «A causa della crisi gli italiani fanno più attenzione a come spendono, preferiscono uscire a cena fuori qualche volta in meno, ma mangiare bene ed essere soddisfatti del cibo e dei soldi sborsati, invece che uscire più spesso con il rischio di pentirsi

Qual è l’elemento indispensabile per un piatto a base di pesce? «La conoscenza delle materie prime che si adoperano, il loro utilizzo e la fantasia nella creazione della pietanza». Il suo segreto ai fornelli? «Non ho segreti, ormai tutto è già stato scoperto, a noi cuochi non resta che riproporre ricette classiche, magari rivisitate in chiave moderna». Una sua specialità che non dovremmo perdere? «Non ho specialità particolari, però molte persone apprezzano l’ombrina in guazzetto con crostini di pane casareccio, viene richiesta tanto. Perciò direi che uno dei piatti da non perdere tra quelli che propongo alla nuova trattoria del pesce di Federico Circiello, il ristorante dove sono chef».

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milano

people & stars & event

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Foreventi magazine CINQUECENTENARIO DEGLI AFFRESCHI DEL SODOMA Si è svolto di recente, nella Palazzina dell’Auditorio in via della Lungara, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei, un convegno di studi dedicato alla figura del pittore Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, celebrato in occasione del V centenario dagli affreschi a Villa Farnesina. Il convegno, curato da Claudio Strinati e Daniele Radini Tedeschi – massimo esperto a livello internazionale dell’artista –, ha ricevuto l’alto patronato dello Stato e il patrocinio dal Consiglio dei Ministri. Un appuntamento a cui hanno risposto le più importanti personalità del mondo accademico tra le quali: Alessandro Zuccari, Vittorio Sgarbi, Roberto Paolo Ciardi, Silvia Danesi Squarzina, Sergio Rossi e molti altri, senza trascurare l’apertura della giornata inaugurata dal vice presidente dell’Accademia Alberto Quadrio Curzio. Il convegno è stato organizzato dall’Associazione culturale La Rosa dei Venti. Daniele Radini Tedeschi

Da sinistra Alessandro Zuccari, Daniele Radini Tedeschi, Vittorio Sgarbi.

CODICE DELLA FENOMENOLOGIA QUOTIDIANA Biokip ha presentato di recente a Milano, nello Spazio via Dante 14, Beautiful boxes, la prima mostra di pittura, arte proattiva, che prelude a Bloop, il festival internazionale di cultura e arte contemporanea che quest’estate invaderà l’intera isola di Ibiza. Beautiful boxes è una provocazione, una riflessione sull’apparenza, tema del festival. Nel mondo contemporaneo si assiste a un evidente squilibrio valoriale fra contenitore e contenuto. Gli artisti Robo, Emilio Cejalvo, la scultrice Emmanuelle Pacini, il sound designer Digital Genetic Pasta e il video-artist Lo Spino hanno offerto una loro interpretazione di questo concetto. Opere, suoni e performance che intendono spingere lo spettatore a squarciare il velo di Maya, offrendo la propria interpretazione della realtà attraverso l’esperienza artistica. Bloop è sinonimo di arte proattiva, ovvero da vivere e da sperimentare per un arricchimento personale.

Opening Beautiful boxes.

Robo, Beautiful boxes.

UN PO’ DOLL E UN PO’ DONNA Di recente si è svolta al Twelve, locale cool di Milano, l’inaugurazione della mostra di pittura Ohmydolls - Donne contemporanee, un evento dedicato alle donne, ma anche agli uomini che amano le donne. Il progetto ideato dalle sorelle Ilaria e Rosanna Vista, nasce dalla passione coltivata da sempre per l’arte e dall’esigenza di rappresentare un nuovo ideale femminile. Le opere descrivono bambole dall’aspetto pop ma dal cuore surrealista, anime incantevoli, talmente femminili da ricordare delle pin up, ma che non hanno paura di mostrare le cicatrici inflitte dalla vita, rivelando un’immagine malinconica e disincantata, una donna contemporanea che ha preso coscienza di sé, ma che nel cuore rimane una “doll” e ama coccolarsi. Sono dipinti che mescolano richiami al mondo ludico dell’infanzia e aspetti di un onirico carnevale noir, reinventando così una realtà che riflette la complessità odierna.

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For magazine Pittura & Design LAZZI, SBERLEFFI, DIPINTI Inaugurata di recente al Palazzo Reale di Milano ed esposta fino al 3 giugno, la mostra di pittura di Dario Fo è un’occasione importante per comprendere come la pittura abbia costituito un punto cardine nel linguaggio espressivo di Fo. Curatore della mostra è Felice Cappa, che ha scelto oltre quattrocento opere con una grande varietà di stili e tecniche per testimoniare la creatività dell’artista. Oltre alle pitture, esposti oggetti di scena, marionette e burattini, numerosi disegni, schizzi, bozzetti di costumi, locandine, ampie scenografie e stampe che per osmosi sono diventati parte integrante della drammaturgia della compagnia teatrale FoRame. Il percorso prosegue documentando l’incontro con Franca Rame, avvenuto nel 1952, la quale fece scoprire a Dario Fo la satira come strumento fondamentale per la propria elaborazione artistica. Inoltre è visibile anche una documentazione d’archivio che contiene inediti montaggi per ricostruire il giusto rapporto tra le opere teatrali e pittoriche.

Dario Fo, Spernacchiamenti, 2011. IN VIAGGIO CON ONE PIECE Al Wow Spazio Fumetto, viale Campania 12, fino al 13 maggio sarà esposta la mostra di pittura, Dal Manga all’Anime in viaggio con One Piece, raccontato da uno dei suoi protagonisti di maggior successo. Per chi non fosse esperto, One Piece è un celebre manga, cioè fumetto di Eiichiro Oda che, pubblicato ininterrottamente dal 1997, ha raggiunto le 250 milioni di copie vendute nel mondo; successo poi replicato dall’omonima serie Tv di anime (disegni animati) in onda anche in Italia. L’occasione che ha portato One Piece a essere protagonista di una mostra che vuole piacere agli esperti, ma anche spiegare a chi non sa cosa siano manga e anime, come nascono, svelandone ogni passaggio creativo. Per tutta la durata dell’esposizione, inoltre, proiezioni, incontri ed eventi dedicati ai manga, all’animazione e alla cultura nipponica animeranno gli spazi del museo. I personaggi di One Piece. IL GIARDINO RIPENSA LA NATURA Il giardino rappresenta da sempre uno degli elementi di design dell’immaginario umano più ricco di implicazioni e significati simbolici. È un luogo idilliaco e ricercato, protetto dall’esterno e sostenuto da equilibri interni raffinati che trasmettono calma e ricchezza interiore. Una vera e propria rappresentazione fisica dell’ordine universale e dell’incontro tra natura e architettura. Da sempre ha accompagnato la vita dell’uomo, spesso la parte migliore e riflessiva. Nella sua evoluzione gli elementi del giardino romano si fondono con la rivisitazione islamica delle antiche strutture persiane importate in Spagna. Poi il giardino moresco e quello claustrale medioevale lasciano spazio a quello rinascimentale, pervaso di rappresentazioni mitologiche fino a quelli tardo-barocchi delle ville suburbane, dove viene raffigurata l’affermazione dell’assolutismo trionfante attraverso l’uso di grandi dimensioni. Paolo Brasioli

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For magazine Cinema & Fotografia POSTI IN PIEDI PER… MARCO GIALLINI Finalmente protagonista. Due ruoli opposti ed estremi certificano che a 48 anni Marco Giallini ha agguantato il successo. Celerino violento nel film drammatico Acab, padre cialtrone nella commedia Posti in piedi in paradiso di Carlo Verdone. Da vero outsider del cinema italiano Giallini rappresenta il meglio della commedia con un ruolo che ricorda molto la vigliaccheria italica alla Alberto Sordi. Nella pellicola del regista romano, Giallini interpreta il più irresistibile dei tre padri divorziati costretti dalla necessità economica a convivere; lui gioca d’azzardo, fa sesso a pagamento con signore mature, coinvolge i coinquilini (lo stesso Verdone e Pierfrancesco Favino), in un furto maldestro. Il successo per questo interprete è arrivato tardi, ma forse davvero al momento giusto. Se fosse andato bene L’ultimo capodanno, con Monica Bellucci, sarebbe accaduto tanti

anni fa. Mentre oggi è più maturo, più consapevole, più intenso: perché la vita è questione di fortuna, incontri, opportunità. La sua fisicità lo ha spesso consegnato a ruoli estremi per via del viso segnato, del suo sguardo duro. Tuttavia la commedia lo sta recuperando come istrione cattivo, cinico, senza falsi pudori. Prova ne è questo Domenico Segato, un personaggio che fa ridere appena apre bocca con tormentoni memorabili. Agostino Madonna

Marco Giallini

17 RAGAZZE Dopo l’accoglienza calorosa all’ultimo Festival di Cannes, il film 17 ragazze ha inaugurato il 29esimo Torino Film Festival, ottenendo il Premio Speciale della Giuria. Ispirata a una storia realmente accaduta, la pellicola drammatica (vietata ai minori di 14 anni) racconta il gioco provocatorio di un gruppo di adolescenti decise a ribellarsi alla monotonia della città francese in cui abitano. Camille (Louise Grinberg) rimane incinta e decide di tenere il bambino. Grazie al suo carisma da leader convince le 17 amiche a fare lo stesso, descrivendo la gravidanza e il parto come eventi straordinari capaci di dare senso alle loro esistenze. Delphine e Mouriel Couline, registe e sceneggiatrici del film, si concentrano soprattutto sulle ragazze e sul valore del loro gesto, ignorando volontariamente i genitori e i giovani padri in questione. Il film è essenziale, asciutto, ma efficace nella sua semplicità. Jessica Di Paolo

Michael Fliri

Al centro Louise Grinberg.

OSSA E MASCHERE DEL GABON

Foca, pigmenti su carta cotone, 2009.

Maschera ‘Ngontang del Gabon.

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Opera della natura e opera umana a confronto nella mostra fotografica Ossa e maschere alla Galleria 70. Esposte foto di scheletri e crani realizzate da Dominique Laugé, ed anche cinque veri crani animali e sei antiche maschere del Gabon. La somiglianza compositiva tra le immagini dell’artista francese e le opere degli scultori africani è in grado di rendere la più profonda espressività dei soggetti, attraverso una perfetta definizione della geometria delle forme e delle relazioni reciproche tra esse. Le immagini di Laugé offrono una visione strutturale ed estetica di ossa e scheletri, in cui si manifesta – proprio come accade nelle maschere africane, in virtù della perfetta essenzialità della raffigurazione – una qualità vitale ed espressiva che le avvicina curiosamente al genere del ritratto. La mostra, sarà accompagnata da un libro d’artista tirato in 75 esemplari, e si potrà ammirare fino al 30 aprile.


For magazine Libri & Eventi SI RIDE CON BIAGIO IZZO È uscito recentemente il libro, con allegato il dvd dello spettacolo teatrale, Una pillola per piacere, edito da Testepiene. Mattatore del booklet digitale è Biagio Izzo, l’attore comico napoletano popolarissimo in Tv, al cinema e a teatro. Scritto a quattro mani con Bruno Tabacchini, per la regia di Claudio Insegno, Una pillola per piacere già dal titolo esprime tutta la leggerezza che accompagna questo lavoro. Una commedia frizzante che, con un gioco di doppi sensi e toni coloriti, punta a far ridere il pubblico, grazie soprattutto alla verve di Izzo. Michele è uno stilista timido, titolare dell’atelier “Michel Gripot”, affetto da una strana sindrome che gli impedisce di comunicare con le donne. Dopo aver provato varie terapie e manuali di autostima per superare il suo disturbo, viene in possesso di una confezione di pastiglie prodigiose che lo fanno apparire più bello e più sicuro di sé. Almeno così sembra. Biagio Izzo LA PAZIENZA DEI NAPOLETANI È in libreria da qualche settimana Quanno ce vo’ ce vo’, il cofanetto che comprende un libro e un dvd tratti dallo spettacolo omonimo di Gino Rivieccio, attore e autore napoletano doc. Rivieccio, con tocco leggero e divertente, esprime la sua napoletanità come uno stato d’animo, che genera tanti sorrisi e qualche amarezza. Nel libro non mancano gli spunti per stimolare riflessioni che ruotano intorno a una delle virtù più evidenti dei partenopei: la pazienza, che molto spesso è parente stretta del perdono. Una pazienza senza misura, ostinata, palese, che diventa il segreto di un matrimonio felice tra Napoli e i napoletani. Come dichiara lo stesso attore: «Certe volte mi sento come quegli uomini pazzamente innamorati che di fronte all’evidenza negano l’adulterio della propria donna. Ed io so che Napoli tradisce. Ma so anche che gli amori sono come le malattie: ti ricordi solo la più importante». Gino Rivieccio

DIANA MAJESTIC Il Club Diana, situato all’interno dello Sheraton Hotel, è un bar molto alla moda a Milano, uno dei più famosi e rinomati in città, perfetto punto di ritrovo per festeggiare il rito dell’aperitivo milanese e non solo, visto che il giovedì sera lo spettacolo continua anche dopocena, con i migliori dj set del panorama cittadino. Per celebrare la donna in occasione della sua festa, la serata ha visto la partecipazione del look maker Sparacia, che si è preso cura di truccare tutte le donne che lo desideravano per festeggiarle, offrendo loro anche un flute di champagne, sotto le note del Dj Misstake.

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Hollywood

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Presso la fashion discoteca Hollywood di Milano si è tenuto un’imperdibile Pink Party. Le pupe dell’apprezzato programma televisivo La Pupa e il Secchione (Francesca Cipriani, Rosy Dilettuso, Maristelle Garcia e Elena Morali) e i rispettivi compagni di avventura: i secchioni (Andrea Corteggi, Luca Garagozzo e Roberto Cavazzoni) erano presenti alla serata, indossando abiti e accessori rigorosamente del colore più trendy di sempre: il rosa. Una serata davvero divertente con tanti volti noti del jet set firmata Star’s Management. Le belle ospiti sono state accompagnate al locale da una fashion limousine van fucsia. Deejay set al femminile: Catrina Davies in consolle.

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The Club

Un calendario ricco di eventi quello di Fidelio, la notte del martedì milanese più alla moda d’Italia. Tra i gruppi ospitati anche The Relight Orchestra, l’unico progetto dance italiano che vanta la produzione di due album. Esclusivamente per una sola notte sono intervenuti gli Sugarreef con la special guest del dj Cristianino, uno dei disck jokey più in voga del momento. E poi ancora The Club ha ospitato la serata “Giradischi club Faenza”, nella quale è stato presentato il disco Let it go. Tutto ciò per accogliere nel migliore dei modi un pubblico selezionatissimo. Fotografo: Bruno Garreffa

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Nella splendida cornice del Just Cavalli di Milano in collaborazione con la Stars Management, si sono svolte due presentazioni musicali d’eccezione: la sexy deejay, vocalist & playmate, Reina Moncada, ha presentato la versione “Club Mix Bump Studio” del suo primo singolo Music & Love, una versione del brano più aggressiva e incisiva destinata a diventare un tormentone sui dance floor internazionali; per non farsi mancare niente l’affascinate attore Antonio Zequila si scopre cantante e sceglie il Just Cavalli per presentare il singolo Le Donne dedicato al gentil sesso. Tanti gli ospiti presenti tra i quali Jerry Calà.

Just Cavalli

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Limelight Presso il Limelight di via Castelbarco, 28 Milano, si è svolta di recente una festa di tutti gli operatori del mondo ITS (idro-termo-sanitari), volto ad esaltare l’eccellenza del settore in tutte le sue forme. Idroshow si propone come sintesi tra fiera, convention, spettacolo. Il mondo dell’idraulica ha incontrato il mondo dello spettacolo in un appuntamento unico, sotto la direzione di Fernando Proce. L’evento è stato caratterizzato da un grande cast artistico, che ha visto il ritorno sul palco di Dj Aldo (al secolo Alex Peroni), coadiuvato in consolle dai B:Bros (Andrea e Davide Bonsanto), con il videoshow più originale dell’anno. 124 For Magazine


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Serata insolita, innovativa e raffinata dedicata ad un pubblico adulto e di classe. Si tratta del venerdì sera firmato Tocqueville 13, famoso e consolidato appuntamento rinominato come “Privè Night”, che caratterizza l’inizio del weekend di una delle discoteche più frequentate della città. Svolto totalmente nell’area privè, l’appuntamento è fondamentale per tutti coloro che amano ogni nuovo stimolo e tendenza. Ottima musica che spazia dalle hit del momento alla house music fino ai successi più commerciali. Incontro dalle ore 23:00 per concedersi una delle nottate più ambite e frequentate! Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

Tocqueville 13

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Fascino, atmosfera, mistero, seduzione. Il nuovo venerdì sera Le Banque è targato Euphorie! La musica dei migliori dj del panorama nazionale ed internazionale e le ottime tecnologie concorrono a creare indimenticabili serate ed appuntamenti unici. L’aperitivo inizia alle ore 19:30 con drink e buffet, a seguire ecco il momento dedicato alla musica dal vivo che coinvolge i migliori artisti del momento. Per il dopocena invece è prevista l’apertura ufficiale alle danze: dj set a cura del resident Giusy Dee, in collaborazione con molti altri volti noti e famosi dj dalle sonorità mondiali. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

Le Banque

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