For Milano edizione dicembre 2012

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For Milano M a g a z i n e

For Milano M a g a z i n e

Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Vice Direttore IVAN ROTA Art Director DORIANO ZUNINO d.zunino@flemingroma.it Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione amministrazione@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Printer Group Italia s.r.l.

Maddalena Cor vaglia

ecc o l a d i n uovo !

Hanno collaborato: Elda Bertoli, Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Jill Cooper, Cristina E. Cordsen, Emanuela Del Zompo, Jessica Di Paolo, Sara Donati, Dina D’Isa, Tommaso Gandino, Michela Garosi, Marco Gastoldi, Agostino Madonna, Roberto Magno, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Antonio Osti, Wanda Liliana Pacifico, Ludovico Paratore, Sestilia Pellicano, Manuel Plazza, Valentina Polidori, Marco Pomarici, Fabio Pregnolato, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Ivan Rota, Donatella Vilonna. FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno II - n. 12 - Dicembre/Gennaio 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

FLEMING PRESS EDITORE

editoriale

Anche questo mese un numero per sognare: la Nuova Caledonia e le isole Fiji, cioè mari incontaminati in cui perdersi. Guerrieri moderni che si sfidano sul ghiaccio e sulla neve. Bolidi per corse antiche e fuoriserie per pochi, anzi pochissimi. Star di Hollywood e stelle di casa nostra, affascinanti e misteriose. La magia della danza e del teatro, riti che si replicano conservandosi sempre nuovi. Passerelle dove la moda è strumento per stupire, conquistare, trasgredire. Statue che arrivano da lontano per celebrare civiltà indimenticabili, passate e presenti nello stesso tempo. Quadri che testimoniano la capacità dell’uomo-artista di diventare immortale. Consigli per stare bene con se stessi, con gli altri, con il proprio corpo. Scatti d’autore per celebrare gli uomini della musica. E la bellezza delle donne. Barche per gustare il lusso di navigare. Ma non lasciate che questi sogni muoiano all’alba, né quando avete finito di sfogliare il nostro giornale. C’è il solstizio d’inverno, la più lunga notte dell’anno. Ma poi il sole ritorna. E con lui i nostri sogni, i nostri propositi per un anno migliore. Buon Natale e, soprattutto, felice 2013. Con chi amate, con chi vi ama e, permetteteci, anche con noi. Giacomo Airoldi


For magazine PALCOSCENICO di Demetrio Moreni

Maurizio Colombi in Caveman - L’uomo delle caverne, l’esilarante one man show sul rapporto di coppia in scena al Teatro Don Bosco con la regia di Teo Teocoli, che prova a far ridere e divertire il pubblico grazie al meccanismo dell’identificazione, dal tempo delle caverne ad oggi per spiegare gli eterni dissidi tra i due sessi.

Buon anno a teatro

Spettacoli di ogni genere e per tutti i gusti: dal balletto classico de Lo Schiaccianoci e del Lago dei Cigni alla comicità di Ale e Franz e di Teo Teocoli in versione regista 2 For Magazine


Lo Schiaccianoci con musiche di Čajkovskij al Teatro Nuovo nella versione in due atti del Balletto di Mosca “La Classique” diretto da Elik Melikov.

Si chiama Ale e Franz Recital lo spettacolo che i due cabarettisti portano in scena al Teatro Nuovo, in un alternarsi di vecchie gag e nuove intuizioni del loro repertorio.

Il Lago dei Cigni, balletto in 2 atti e 4 scene con musiche di Sergey Prokofiyev sempre ad opera del Balletto di Mosca “La Classique”, al Teatro Nuovo.

Rapunzel, fino al 6 gennaio al Teatro Nuovo, la fiaba tradizionale dei fratelli Grimm nell’affascinante storia della splendida Raperonzolo e dei suoi magici capelli.


For magazine TEATRO di Demetrio Moreni

La regina del Burlesque

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Loretta Goggi porta in scena al Teatro Nuovo uno dei musical più grandi di Broadway: Gypsy, la storia di una madre tenace che trasforma la figlia in una diva degli anni Trenta

Resterà in cartellone al Teatro Nuovo fino al 3 febbraio il musical Gypsy, in una nuova versione firmata MAS (Music, Arts & Show), adattata/diretta da Stefano Genovese e con protagonista indiscussa un’interprete d’eccezione: Loretta Goggi. Lo show scritto da Arthur Laurents, con musiche di Jule Styne e liriche di Stephen Sondheim, ha debuttato per la prima volta a Broadway nel 1959: Ethel Merman era Rose Lee, una madre determinata con il sogno di trasformare le sue due figlie, June e Louise, in star dello spettacolo, in un periodo in cui il genere vaudeville era sulla strada del declino. Alla fine sarà Louise a diventare, quasi suo malgrado, una delle stelle del burlesque più acclamate negli Stati Uniti degli anni Trenta. «La prima volta che ho sentito parlare di Gypsy – ha dichiarato la Goggi – è stato nel secolo scorso, esattamente nel 1994, ne ebbi un vhs della versione cinematografica della stupenda Bette Midler. Il ruolo bello e difficile mi spaventò: non somigliava affatto all’immagine che il pubblico italiano teatral-televisivo aveva ai tempi della Goggi. In seguito le mie informazioni si arricchirono di altri grandi nomi che portarono Gypsy al trionfo: Angela Lansbury, Patty Lupone, Bernardette Peters. Premi, incassi, definizioni tipo “la versione musicale del Re Lear al femminile”, “Il più difficile dei ruoli femminili che il musical americano possa offrire”. Pensai di prendere tempo. Tanto tempo». Ora che finalmente ne è diventata la protagonista, Loretta Goggi porterà il musical in tournée in Italia fino ad aprile.


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UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Rodolfo Oggioni

Rodolfo Oggioni è uno degli architetti più contesi e, a detta delle signore, più affascinanti. Il suo ultimo lavoro è il negozio milanese C.P. Company e BPD, di cui è anche testimonial. Una sua gigantografia era esposta al cocktail d’inaugurazione dello store, all’ingresso della zona dedicata al brand BPD. A seguire, per lui, un’esclusiva cena al Byblos. Rodolfo, quindi, oltre ad essere un famoso architetto è diventato anche indossatore. Bello ed elegante.

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DONNA DEL MESE

Penelope Cruz All’evento di presentazione del Calendario Campari 2013, che si è tenuto da poco presso la sede di Sesto San Giovanni, c’era un pubblico da grande occasione per vedere da vicino Penelope Cruz, che è stata fatta accomodare in un privè lontano da tutti. La bella attrice spagnola, tra spot, cinema e aperitivi, si sta un po’ inflazionando. Il successo del suo ultimo film Venuto al mondo, diretto da Sergio Castellitto, suo grande amico, è stato relativo. In ogni caso qui la vediamo splendente in un vestito color rosso sangue semplicissimo. Azzeccati accessori e acconciatura. Se proprio vogliamo fare un appunto, l’abito è un po’ troppo lungo.

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ForCover magazine di Antonio Osti

Il ritorno di Maddy

Ecco come Maddalena Corvaglia, 32 anni, presenta il suo nuovo programma: «Questione di Style è dedicato alle donne che desiderano valorizzare il proprio fascino, l’eleganza e sentirsi più sicure di sé». Maddy il giorno di Natale sarà tra i protagonisti su Raiuno di Pietrelcina come Betlemme, una trasmissione sulla storia della Natività.

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Maddalena Corvaglia, la mamma più sexy della Tv, dispensa consigli sul digitale terrestre con il programma Questione di Style. E, intanto si coccola la piccola Jamie Carlyn e il marito Stef Burns

Date un’occhiata tutti i giorni alle 19 su Play.me (canale 68 del digitale terrestre) al programma Questione di Style. C’è una bionda molto sexy e molto mamma, un’ex Velina storica (lei e la sua socia di allora sono entrate di diritto negli annali della Tv e di Striscia la Notizia) che accompagna le telespettatrici in un affascinante viaggio nel mondo delle donne. Con una serie di consigli che miglioreranno la loro bellezza, il loro benessere e possono fare di ogni donna una femme fatale. Senza contare le indicazioni per scoprire luoghi da favola e i suggerimenti su cosa indossare per sentirsi glamour. La bionda, l’avete capito, è Maddalena Corvaglia che torna in Tv dopo un matrimonio (lo scorso anno) con Stef Burns, bassista di Vasco Rossi, e una figlia, Jamie Carlyn, che ha compiuto un anno a settembre. A proposito, a far pronunciare il fatidico sì a Mirandola (Modena) con tanto di fascia tricolore, è stato proprio il Blasco, di cui Maddy era una fan sfegatata in tempi non sospetti, tanto da aver tatuato sulla schiena la frase di una sua celebre canzone: “la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia”. C’era come testimone l’amica storica (e partner sul bancone di Striscia), Elisabetta Canalis, con la quale, appena può, continua a vedersi. Anche Maddy vive un po’ qui, un po’ là, tra Milano e Los Angeles. Ma la vita spericolata (una sgommata e via con la moto!) è un ricordo. Oggi è una splendida mamma di nuovo in… telecarriera! (Le foto di Maddalena Corvaglia: Location: Terme di Milano; Trucco: Patrizia Delcuratolo; Fotografo: Roberto Chiovitti)

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Gabriella Magnoni Dompè e Elizabeth Hurley, in una chiacchierata tra amiche, hanno discusso su come conciliare la passione per il lavoro e l’essere mamme. Avranno trovato la formula magica? In ogni caso, approfondiranno l’argomento durante un cocktail al londinese “The Ivy”.

Gabriella Magnoni Dompè e Elizabeth Hurley

ROTAZIONI di Ivan Rota “Dal Bolognese” è un’insegna che svetta in Piazza del Popolo a Roma dal 1935, anche se la notorietà l’ha raggiunta negli anni Sessanta grazie ad Ettore Tomaselli, padre di Alfredo, attuale patron, diventando un punto d’incontro ad alta densità di vip. La succursale milanese, in Piazza della Repubblica, ha aperto otto anni fa, ma ora urge cambiare location in quanto l’attuale proprietà, ovvero l’Hotel Principe di Savoia, ha deciso di disfarsi di questa sorta di dependance. Tra i clienti il mondo della politica, dello spettacolo e dell’imprenditoria: sono di casa anche star internazionali di passaggio a Milano, come Bryan Adams, i Muse, Jon Bon Jovi, Stavros Niarchos con Andrea e Charlotte Casiraghi, e poi Marina Berlusconi con il marito Maurizio Vanadia. Gabriella Magnoni Dompè ci è andata con Selena Gomez, Afef Jnifen Tronchetti Provera con Franca Sozzani e Susy Menkes, per Eugenio Scalfari è il ristò d’elezione, e ancora Roberto Formigoni, Salvatore Mancuso, Ezio Greggio con Antonio Ricci, Simona Ventura con Gerò Carraro, Daniela Santanchè che ordina sempre ravioli in brodo, il calciatore Pato, Eleonora Abbagnato e Roberto Bolle. È così scattato il “toto-Bolognese”: quale sarà la nuova sede milanese? I clienti sono in fibrillazione, ma nessuna paura, in quanto Tomaselli ha già diverse idee a disposizione: in un hotel in costruzione nella zona di Porta Nuova, una nuova ristrutturazione in via Fiori Chiari e una in via Monte di Pietà, ma l’attenzione pare riservata ad alcuni ristoranti già esistenti. In pole position lo storico “L’Assassino”, famoso ai tempi della “Milano da bere”, quartier generale di Bettino Craxi, Paolo Pillitteri e di tutto il partito socialista, luogo dove si discutevano le strategie politiche; poi il ristorante del Westin Palace, forse il “Boeucc”: le trattative sono in corso e la nuova sede aprirà a metà gennaio 2013. Parteciperanno alla conduzione Ettore e Diletta, figli di Alfredo, e sarà identico al locale di Roma. La tradizione non deve andare persa. Il famoso carrello dei bolliti di certo non mancherà. • Un tempo (lontano) molto bello, lo stilista di fama ricevette una proposta indecente: a New

York, un magnate di lui innamorato, gli fece trovare in una busta un assegno da un milione di dollari per una notte d’amore. Lui rifiutò (così dice) ma conservò l’assegno e lo incorniciò, sino a che un giovane amante geloso e naufrago glielo strappò… • Età diverse, uguali desideri. Giovane e “selvaggia” attrice è fatalmente innamorata di Belen Rodriguez: le cene con lei risultano ormai imbarazzanti per le sue continue esternazioni amorose. Non più giovane, ma “operante” nelle fiction con machi e palestrati, da un anno vivrebbe con una capostipite della lotta per i diritti dei gay... • Si è tenuto a Bassano del Grappa il 5° Red Room Party, un evento ideato da Stefano e Andrea Rosso (figli di Renzo) e da Andrea Bano e Claudio Brontolin, loro amici storici. La festa, nata nel 2007 da un gruppo di amici, si è trasformata presto in evento internazionale con diverse tappe nelle maggiori città del mondo:

Dj Spiller

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Milano, Beijing, Miami, Mosca. Un vero e proprio stile di vita. La “red fever” (dalle location al mandatory outfit tutto in rosso) ha colpito negli anni diversi vip accorsi ai vari eventi. Per citarne solo alcuni: Renzo Rosso (ovviamente), Magda Gomez, Elenoire Casalegno, Francesca Versace, Margherita Missoni, Uffie, Zhu Zhu (fidanzata di Lapo Elkan), Francesca Lukasik, Daniele Cavalli, Ilaria Norsa, Vicky Cabello, Francesco Mandelli (il Nongio de I soliti idioti), Luca Bizzarri, Martina Panagia Pierpaolo Peroni, Syria. Ma è il cocktail di persone a fare la differenza: il Red Room Party unisce un mix eterogeneo di persone provenienti da tutta Europa. Celebrities, dj, persone del mondo della moda e dello spettacolo assieme agli amici di sempre. Il party, rigorosamente su invito (che arriva per passaparola, niente liste privilegiate) e gratuito, ha come obiettivo quello di raccogliere il maggior numero di donazioni per la “Only the Brave foundation”, organizzazione impegnata in Africa per l’autosostenimento dei paesi in via di sviluppo. Quest’anno l’evento ha avuto come guest star Dj Spiller (famoso per la hit Groovejet). Andrea e Stefano Rosso hanno accolto così più di 400 amici, che hanno contribuito ad aiutarli nel loro progetto di charity.


Alla faccia di chi si ostina a definirlo un personaggio trash, Cristiano Malgioglio risponde per le rime: eccolo in una nuova versione accanto a Maria Nazionale, star di Gomorra e della canzone napoletana. I due si sono divertiti a imitare Tony Bennett e Lady Gaga nei video per la promozione del loro nuovo disco Senhora Evora, dedicato all’indimenticabile Cesaria Evora, idolo di Capo Verde. Inoltre, possiamo vedere Malgioglio nel film campione d’incassi Viva l’Italia.

Tony Bennett e Lady Gaga

Ancora un evento da ricordare, come quelle che solo Fawaz Gruosi sa organizzare per i suoi invitati. Musica coinvolgente, buon cibo, insolita ed elegante location, ospiti tra i più bei nomi londinesi e internazionali, in un’atmosfera calda e conviviale per ammirare le migliori collezioni e le ultime novità di gioielleria e orologeria che de Grisogono realizza con la consueta maestria che contraddistingue la maison. Nelle dieci vetrine, coreograficamente posizionate, erano esposti pezzi unici di alta gioielleria dalle carature mozzafiato. Lo scintillio dei diamanti coniugato al meglio con i rossi bagliori dei rubini, smeraldi e un enorme diamante giallo, diamanti neri, emblema della maison, incastonati in maniera ardita e inusuale con smeraldi, turchesi, zaffiri per incantare gli astanti. Dieci bellissime modelle hanno poi sfilato abbagliando gli intervenuti con stupefacenti collier, orecchini da sogno, incantevoli anelli e bracciali di pregevole fattura. A completare il tutto artisti di fama internazionale hanno intrattenuto gli ospiti con le loro performance. Ancora una volta una serata dal glamour indimenticabile che solo un anfitrione come “il gioielliere delle star” può regalare! •

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Cristiano Malgioglio e Maria Nazionale

Al centro Fawaz Gruosi.

Daniela Javarone è riuscita ad organizzare la prima colazione “social” in onore del sindaco di Milano Giuliano Pisapia: infatti, il primo cittadino è stato ospite della presidente del “Circolo Amici della Lirica” all’Hotel Principe di Savoia. Risotto e cotoletta alla milanese in un’atmosfera cordiale e assolutamente informale.

Sophia Loren

Giuliano Pisapia e Daniela Javarone

Di recente, a Nordwijk am Zee in Olanda, Giorgio Damiani ha presentato le sue nuove collezioni e con l’occasione ha fatto incontrare Sophia Loren alla stampa olandese. L’attrice ha voluto tenere a battesimo questo nuovo lancio. La grande star

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italiana (due Academy Awards, cinque Golden Globe, una miriade di altri premi) non solo è ambasciatrice del marchio, ma da tempo è un’amica della famiglia Damiani, che le ha dedicato una collezione chiamata proprio Sophia Loren.


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Carlo Pignatelli con una modella.

Un gala inimitabile e un grande evento di solidarietà e cultura: questo il Gran Ballo della Venaria Reale, ospitato nella splendida cornice della Reggia di Venaria, alle porte di Torino, giunto alla sua XVIII edizione. Un’occasione esclusiva che racchiude in sé storia e stile; un momento attesissimo in grado di unire l’atmosfera dei grandi balli della cultura mitteleuropea all’eccellenza e al gusto italiano, organizzato dal comitato Vienna sul Lago, in collaborazione con la Marina Militare e il sostegno del Consorzio di Valorizzazione Culturale la Venaria Reale. Il Gran Ballo è, storicamente, dedicato alla beneficenza e alla solidarietà: quest’anno l’evento ha raccolto fondi a sostegno dei terremotati dell’Emilia Romagna – attraverso Cisom – e della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul cancro di Candiolo. In questa cornice unica e assoluta di eleganza, venti ragazze provenienti da tutta Italia sono state accompagnate dai cadetti dell’Accademia Navale di Livorno e hanno danzato nei sontuosi saloni della Reggia, indossando le creazioni che lo stilista torinese Carlo Pignatelli ha disegnato e fatto realizzare appositamente per questa occasione. Un debutto in società reso ancora più indimenticabile dagli abiti, caratterizzati da quel tocco di sartorialità e di cura dei particolari che hanno reso celebre il couturier nel panorama internazionale, in grado di rendere questo evento una vera e propria fiaba moderna. «È un onore poter contribuire al sogno di queste ragazze e creare per loro un abito importante che le possa accompagnare in questa esperienza davvero favolosa», ha commentato Carlo Pignatelli, che ha confermato per il secondo anno consecutivo la sua partecipazione al Gran Ballo.

Valentina Imperatori e Laura Adriani

Complice di seduzione e capo irrinunciabile di ogni guardaroba femminile, il reggiseno festeggia i suoi primi cento anni e in occasione del Festival del Cinema di Roma si è messo in mostra a Palazzo Ferrajoli con la retrospettiva “Reggiseno mon Amour”. Sotto il cielo di Roma, il mondo del cinema e quello della moda hanno celebrato un capo cult del loro immaginario iconografico. Valeria Mangani, vicepresidente di AltaRoma e presidente di Universo Femminile, è stata l’elegante madrina di questo special event che ha visto la partecipazione di molte celebrities e fashion designer come Renato Balestra, Jamal Taslaq, Elena Ossola, Sofia Bruscoli accompagnata dal suo Marcelo Fuentes, Elisabetta Pellini (in tubino nero e collant décor traforati come una rete me-

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tallica preziosa), Giulia Elettra Gorietti (sul piccolo schermo con Terra Ribelle), il maestro orafo delle dive Gerardo Sacco, il marchese Giuseppe Ferrajoli con la bella fidanzata Olga, Luigi Tabita e Christoph Hulsen (entrambi reduci dal successo di Il paese delle piccole piogge), la favolosa Anna Safroncik, che come una vera diva ha fatto toccata e fuga all'evento, e tanti altri grandi nomi del mondo della moda e della celluloide, come la new generation del cinema italiano rappresentata dalle attrici Valentina Imperatori e Laura Adriani. In mostra i reggiseni delle grandi dive, che i più famosi stilisti hanno reinventato ciascuno con la propria sensibilità artistica, omaggiando l’interpretazione che più hanno amato dell’artista in questione.


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Cruciani C lancia un nuovo braccialetto dall’animo benefico: una luminosa stella cometa a favore dell’omonima Associazione Cometa. La storia di Cometa nasce nel 1987 da un’esperienza di accoglienza. Oggi è una realtà sociale dove vivono 5 famiglie con 56 figli naturali e in affido, a cui si sono aggregate 60 famiglie in rete. Cometa è un luogo dove sostenere ragazzi e famiglie anche attraverso l’affido diurno e residenziale, l’accoglienza di minori in pronto intervento, le attività sportive e il servizio di spazio neutro, mediazione familiare e supporto alla genitorialità. L’accoglienza in famiglia è ciò che caratterizza il metodo d’intervento di Cometa, poiché vede al centro la famiglia quale soggetto educativo imprescindibile. Il nuovo braccialetto Cometa è disponibile nelle boutique Cruciani C di Milano, Forte dei Marmi, Verona, Capri, Taormina e in tutti i negozi multibrand al costo di 10 euro, mentre il 15% del ricavato verrà successivamente devoluto a favore dell’Associazione. Tantissime le celebrities che hanno aderito all’iniziativa sfoggiando al polso il bracciale: Cristiana Capotondi, madrina del progetto, Andrea Pezzi, Diego Abatantuono, Michela Quattrociocche, Daniela Ferolla, Alessandro Genovesi, Barbara d’Urso, Gianmarco Pozzecco, Massimo e Paola Ambrosini, Massimo e Claudia Oddo, Daniele e Paola Bonera, Antonio e Federica Nocerino, Daniela Bello, la ciclista Noemi Cantele, il comico Paolo Cevoli, l’oro olimpico Antonio Rossi e l’architetto Mario Bellini.

Cristiana Capotondi con Erasmo Figini

Ancora una volta le protagoniste della campagna di Natale 2012 “Merry Linkem” saranno la showgirl Belen Rodriguez e la pallavolista Francesca Piccinini, con la partecipazione di Stefano Fresi. Questo Natale Belen e Francesca entreranno nelle case degli italiani per portare la rivoluzionaria connessione internet di Linkem.

Belen Rodriguez

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TEMERARI di Sara Donati

Gli eroi del ghiaccio Ce n’è per tutti i gusti: da chi va in bicicletta sulla calotta polare a chi si arrampica a mani nude fino alle vette dell’Himalaya. E ancora esibizioni acrobatiche sugli sci e con lo snowboard. E uno sport che assomiglia al rollerball (reso famoso da un grande film). Momenti di adrenalina pura. Da gustare per emozionarsi e divertirsi

Appuntamento a San Carlos de Bariloche, in Argentina: tutto quello che sembra impossibile fare sugli sci questi pazzi riescono a farlo!

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Basejumping

Sei giorni per salire, 90 secondi per scendere: Valery Rozov, lo scalatore russo, ha aggiunto un ulteriore record alla sua incredibile carriera negli sport estremi saltando dallo Shivling, una montagna di 6543 metri nella parte indiana dell’Himalaya. Rozov, 47 anni, russo, è una superstar del basejumping, sport che consiste nel

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lanciarsi nel vuoto da varie superfici, rilievi naturali, edifici o ponti, e atterrare mediante paracadute. Rozov, prima di questa impresa, aveva già saltato da un vulcano della Kamchatka, regione russa dichiarata Bene protetto dall'Unesco, e dall’Ulvetanna Peak nell’Antartide.

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Climbing 18 For Magazine


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Per David Lama, 22 anni, climber austriaco, è stato un anno pieno di successi. Prima ha scalato il Cerro Torre in Patagonia, poi, quest’estate in Pakistan è salito sull’Eternal Flame, la celebre via sul Tower Nameless per raggiungere la Trango Tower (6239 metri). Per lui i record non sono importanti, ma, come ha dichiarato, «è bello andare sulle cime delle montagne per accumulare esperienze che ci arricchiscono per il resto della nostra vita».

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Petr Kraus, ceco, star del triathlon (in questa specialitĂ , ormai ammessa alle Olimpiadi, è stato campione del mondo tre volte): eccolo in Groenlandia sulla calotta polare farsi un giro in‌ bici!

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Triathlon 21 For Magazine


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Snowboard

Louis “Louie” Vito, 24 anni, è un professionista americano di snowboard tra i più famosi: è anche una star della Tv, visto che ha partecipato all’edizione americana di Ballando con le stelle. Qui è in azione a Wanaka, in nuova Zelanda.

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Snowborder professionisti e giovanissime speranze di questo sport si sono allenati ad agosto per due settimane insieme nello snowpark di Wanaka, in Nuova Zelanda.

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Hockey

La Red Bull Salzburg è la squadra di hockey su ghiaccio di Salisburgo. Gli austriaci stanno cercando di qualificarsi per la fase finale della Coppa Europa. Anche questo è uno sport per uomini veri, che non hanno paura di niente (e si scambiano spesso colpi proibiti).

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Un insieme di hockey, discesa con gli sci e boardercross: la Red Bull Crashed Ice offre una sfida straordinaria a tutti i giocatori di hockey, dilettanti e professionisti, che arrivano da tutto il mondo per correre. Pattinatori intrepidi che si affrontano su una pista di ghiaccio, tra salti e improvvise curve, dove (quasi) tutto è permesso. Una specie di rollerball (su ghiaccio) che ricorda il celebre film omonimo di Norman Jewison del 1975 con James Caan.

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Red Bull Crashed Ice 28 For Magazine


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For magazine Intervista di Silvestro Bellobono Annalisa Aglioti è nata a Bari il 17 agosto 1974. Dopo aver studiato danza teatro in Germania nella scuola di Pina Bausch, ha frequentato seminari di recitazione a Roma, al Teatro Blu di Beatrice Bracco. Ha debuttato in televisione a Zelig Off nel 2010.

Moglie modello offresi

Ha conquistato il pubblico di Colorado nel ruolo della donna ideale disposta a tutto, e inconsapevolmente autolesionista, per trovare un ipotetico marito. Annalisa Aglioti trae la sua comicità dalla vita vissuta, ispirandosi a Franca Valeri e ai Peanuts. Sogna il cinema e Striscia la Notizia, dove andrebbe con il suo inseparabile piumino!

Si aspettava il successo che ha avuto con Colorado? «No, non credevo che il pubblico si affezionasse così tanto e con empatia alle avventure della “moglie modello”. E poi non mi aspettavo neanche di avere l’opportunità di fare così tante puntate, visto che nel cast c’erano bravissimi comici ed era necessaria una rotazione tra noi per dare il giusto spazio a tutti».

Da chi ha tratto ispirazione per il personaggio della “moglie modello”? «Il personaggio nasce da una cosiddetta “storia di vita vissuta”. Diciamo che in passato per un mio ex ero diventata proprio una fidanzata del segno zodiacale dello zerbino! Ma il ribaltamento comico di questa situazione è avvenuto grazie alle chiacchierate e agli sfoghi con le mie amiche, che in quel periodo stavano vivendo delle situazioni simili alla mia. Raccontandoci le nostre sventure sentimentali abbiamo cominciato

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a scherzarci su. E io ero quella che riusciva a farle ridere di più». Scrive da sola i suoi monologhi? Da dove le vengono le idee migliori? «L’idea del personaggio, il suo modo di parlare, di muoversi e di reagire, è mia, così come moltissimi spunti nei testi, ma ci sono degli autori che mi aiutano. Con la scrittura non mi fermo mai: penso, rifletto, prendo continuamente appunti. Le idee migliori vengono sempre dall’osservazione e dall’ascolto della vita vera. Al di là della battuta in sé, una delle cose che scatena di più la risata del pubblico è proprio il riconoscersi in un episodio che può capitare a tutti». Quali sono le attrici comiche o le cabarettiste che ammira di più? «La mia attrice comica preferita da sempre è Franca Valeri. Per me è stata un punto di riferimento per il suo stile, per la sua intelligenza e per la sua energia. Ogni volta che mi sento stanca o scarica penso che lei alla sua età riesce ancora a reggere da sola uno spettacolo intero di un’ora. Due anni fa sono andata a vedere un suo recital a Prato e alla fine ha salutato e ha fatto autografi a più di 200 persone». Teatro, radio, Tv: come adatta la sua arte a questi tre linguaggi diversi? «Cerco sempre di essere ad un livello massimo di ascolto della situazione in cui mi trovo. Tutto è un po’ nuovo per me, perché fino a quattro-cinque anni fa facevo la ballerina di danza contemporanea, anche se parallelamente già studiavo nella scuola di recitazione di Beatrice Bracco. Quindi ovunque vado, osservo, ascolto, studio, mi esercito e cerco di fare miei tutti i consigli che colleghi, autori o registi mi danno». Con quale regista italiano le piacerebbe fare un film? «Premetto che al momento ho un desiderio talmente forte di lavorare nel cinema che mi piacerebbe prendere parte a qualsiasi film. Riguardo al genere comico mi piacerebbe collaborare con il mio grande amico Massimiliano Bruno, autore e regista di Viva l’Italia. Adorerei poi poter lavorare con Cristina Comencini e Daniele Luchetti, autore di La nostra vita, interpretato dallo straordinario Elio Germano». Fino al 31 dicembre sarà al Teatro Testaccio con Catch the Sketch… «In realtà questo è un titolo provvisorio. Sarà uno spettacolo di cabaret incentrato sulla ricerca dell’anima gemella da parte della “moglie modello”, attraverso diverse peripezie amorose, incontri surreali e fiabeschi, tra cui quello con un mago interpretato dal bravissimo Alessandro Mancini. Insomma una sorta di “Alice nel paese degli zerbini!”». Festival di Sanremo o Striscia la Notizia: con la sua ironia dove si troverebbe meglio? «Ovunque! Sarebbero delle opportunità inimmaginabili per un’attrice come me che si sta affacciando ora al grande pubblico. Quindi farei di corsa tutte e due senza batter ciglio. Naturalmente con il mio inseparabile piumino!». Lei è esperta di mogli, ma qual è il suo “marito modello”? «Non so. Il “marito modello” credo che sia innanzitutto un uomo cha abbia assimilato profondamente la rivoluzione sociale e culturale che ha cambiato il ruolo della donna nel nostro Paese negli ultimi quarant’anni. Oggi ci sono ancora tantissimi casi di “apparente parità”, in cui molti uomini si mostrano moderni e aperti verso le donne e poi invece covano rancori e gelosie, legate ad esempio al successo professionale della propria compagna, oppure continuano a non essere di nessun aiuto pratico nella gestione della casa e dei figli». Fuori dal set c’è qualcosa o qualcuno che la fa ridere davvero? «Sì, quello che mi diverte molto sono i fumetti. In particolare adoro i personaggi dei Peanuts, il cui umorismo tenero ed esistenziale è per me una

Il personaggio della “moglie modello” è stato più volte ospite anche alla radio nelle trasmissioni Ottovolante (Radio 2) e Lo stato interessante di Alfredo Angelici (Ecoradio), in una rivisitazione “ecologica” di donna paladina dell’ambiente.

fonte inesauribile di ispirazione. E poi ora sono veramente impazzita per il nuovo idolo del web, Simon’s Cat, la serie animata fatta di video e fumetti che rivedo e rileggo tante volte divertendomi moltissimo. Perché una delle cose che mi fa più ridere è la ripetizione degli stessi schemi comici di tutti i fumetti, dove ogni personaggio ha sempre una psicologia molto precisa e ripete le stesse azioni con parole e contesti diversi».

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For magazine PROVOCAZIONI di Marco Gastoldi

Sotto il vestito… un sacco di cose belle Peccati di Capodanno. Guida alla scelta dell’intimo giusto. Per stupire e conquistare, perché quando fuori fa freddo la camera da letto diventi bollente!

Agent Provocateur

Tanta trasgressione e un alto tasso erotico per la linea di lingerie disegnata da Sarah Shotton per Agent Provocateur.

Intrigante, nero, travolgente, innocente, rosso, prezioso, bianco oppure retrò: sono solo alcuni degli aggettivi che definiscono l’universo dell’intimo femminile. Se Cleopatra si accontentava di tuniche in lino che raggiunge-

vano i piedi, la licenziosa Giulia Minore, nipote dell’imperatore romano Augusto, ammaliava i suoi amanti con l’antenato in cuoio del reggiseno. Più avanti nella storia, nell’Ottocento, nasceva il bustino, creato ad hoc per 32 For Magazine

nascondere, comprimere e appiattire le forme. Impazzava la moda del vitino a vespa: Christian Dior ne farà una delle sue più intriganti ispirazioni. Durante il Novecento la biancheria intima si evolve contemporanea-


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mente alla liberazione femminile; via alla rivoluzione, alla leggerezza dei materiali e alla trasparenza dei tessuti. Mentre Rita Hayworth e Marylin Monroe inventavano la setosa, fluida e ricamata sottoveste, Betty Page

esibiva seni prosperosi in perfetto stile pin-up. In 9 settimane e mezzo, Kim Basinger ripresenta al mondo ciò che rimaneva della sempre più corta sottoveste e quel sapore retrò, dal notevole tasso erotico velato da 33 For Magazine

ironia e divertimento, seduce ancora oggi da quasi cinquant’anni: come dimenticare lo spogliarello di Sophia Loren in Ieri, oggi e domani? Per celebrare il Capodanno c’è un’usanza alla quale nessuna donna si


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H&M

Laetitia Casta per la collezione primaverile H&M incarna una donna dalle curve mediterranee.

sottrae: la scelta dell’intimo, nascosto da lunghi abiti da sera o giacche coordinate a gonne effetto fuoco d’artificio. Alle più tradizionaliste, una prima lezione di stile: il rosso? Decisamente out! Saranno le più birichine

a fare un sorrisetto malizioso, perché la stagione dei giochi è appena cominciata. Le tendenze parlano chiaro: mentre fuori fa freddo, in camera da letto l’atmosfera si prospetta bollente. Che sia preziosa come i “girl’s 34 For Magazine

best friend”, a balconcino dal sapore vintage, ingenua e delicata total white, scura e oscura per una famme fatale o che dia uno spettacolo da Moulin Rouge, dite ai vostri uomini di reggersi forte…questa lingerie non è


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adatta a deboli di cuore. Freschissimo di passerella, il trend dal Dna malizioso arriva direttamente dalla Grande Mela. Le top model più ambite del pianeta, i cantanti più acclamati e un pubblico all stars: per la

sfilata 2012, Victoria’s Secret ha fatto le cose in grande, anzi, in grandissimo. Per celebrare il successo del brand, la “Maison della Lingerie” ha organizzato un evento senza precedenti chiamando a raccolta tutti gli 35 For Magazine

“Angeli” legati al marchio. Da Miranda Kerr a Adriana Lima (che non ha avuto timore a mostrare il suo fisico da neo-mamma), da Doutzen Kroes ad Alessandra Ambrosio, questa volta di sono presentati sul palco an-


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Intimissimi

Per la linea Nero Collection il brand Intimissimi ha scelto la pelle come materiale privilegiato e pieno di sensualità.

che Bruno Mars, Justin Biber e colei che da GQ America si è aggiudicata il titolo di “Ossessione dell’anno”: Rihanna, che ha addirittura cantato e ballato in intimo prima nero e poi color pesca. L’evento ha sposato diversi incredibili mondi: dal lusso alla fiaba, dal circo fino alla natura, ad attirare l’attenzione del pubblico ci ha pensato il Floral Fantasy Bra, adatto per la più sfavillante ultima serata dell’anno da mille e una notte, o meglio, da due milioni e mezzo.

Non è il tesoro di uno scrigno faraonico ma “semplicemente” l’ultimo reggiseno firmato Victoria’s, tempestato da 5.200 pietre preziose fra le quali ametiste, zaffiri, rubini e un fiore d’oro dal nettare diamantato da 20 carati. Il tutto per la modica cifra di 2,5 milioni di dollari. Più appetibile ma non certo meno sensuale è la lingerie ispirata al passato, tornata in voga per aiutare ogni donna a riscoprire il valore del proprio corpo. Slip a vita alta che 36 For Magazine

abbracciano i fianchi, sottovesti che strizzano l’occhio alla trasparenza e reggiseno a balconcino in coordinato a culotte ultraffeminili: l’intimo retrò è “l’essere donna” all’ennesima potenza. Portabandiera della tendenza è Triumph, che coniuga la linea modellante Shape Sensation alla moda tipicamente vintage attraverso il completo Diamond Sensation, composto da slip highwaist e reggiseno push-up con coppa e ferretto; uno splendido pizzo geometrico da


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Triumph

Adriana Cernanova riscopre il vintage di Triumph con l’abbinamento slip highwaist e reggiseno push-up con coppa e ferretto.

scegliere nelle tonalità del nero, caffè o deep purple. In casa La Perla, nascono invece modelli vintage limited edition, come il body di tulle ricamato con riccioli di arabeschi lungo tutto il busto. Scollature a V e spalline regolabili, il tripudio di femminilità è disponibile sia in nero che in bianco. A proposito, ecco l’interrogativo di stagione: nero o bianco? La risposta è…pizzo! Bianco, nero o anche colorato, sulla passerella Victoria’s Secret le top

model hanno brillato di luci e di stelle interamente svestite di corredi in pizzi pregiati. Sulla scia della tendenza il reggiseno a triangolo e slip in pizzo con fiocchi Philippe Matignon per Goldenpoint, il completo in cotone ricamato Argentovivo e il top in pizzo con profili in raso Emporio Armani. Per le più audaci, eccessiva e maliziosa, Agent Provocateur ha scelto Milano. Via Verri, nel quadrilatero della moda, si è trasformata durante lo scorso fashion week di settembre 37 For Magazine

in un misto di voyeurismo e ironia. Il marchio di lingerie fondato dal figlio di Vivienne Westwood e disegnato da Sarah Shotton è conosciuto in tutto il mondo per la sua altissima carica erotica, ma anche per l’abilità nel rendere un gioco anche la più trasgressiva delle trasgressioni. Fra ciabattine con piume e frustini ricoperti da cristalli, ecco anche la vestaglia trasformata in kimono di seta leggerissima dalle tonalità del grigio antracite che sfuma nel color


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Victoria’s Secret

Tra le novità di Victoria’s c’è il Floral Fantasy Bra, un reggiseno tempestato da 5.200 pietre preziose per un valore di 2,5 milioni di dollari.

pesca, legata in vita con fusciacca in coordinato: servire il tè di Capodanno sarà sensuale come le gestualità di una geisha. Corredi peccaminosi anche per la nuova collezione firmata Intimissimi, contraddistinta dalla “pelle sulla pelle”. Una collezione di nicchia, venduta per le più fortunate esclusivamente online, che reinterpreta il mood pelle declinandolo in

capi d’intimo dal forte sex appeal. L’atmosfera della campagna è intrigante quanto i nuovissimi capi, e basta collegarsi al sito internet per immergersi in un universo di suoni e immagini in tre dimensioni per celebrare la capsule collection. Per tutte coloro che credono che acquistare un capo di intimo significhi interpretare un ruolo, trasformandosi in 38 For Magazine

graffianti Catwoman. Per il brand low cost H&M, Laetitia Casta ha posato per la prossima primavera di lingerie. L’attrice e modella francese incarna nella campagna pubblicitaria una donna dalle curve mediterranee. Nella sua carriera, infatti, Laetitia non ha mai rinunciato alle forme diventando così l’ideale dell’anti-anoressia. Per tutte


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Adriana Lima

coloro che accusano qualche chilo di troppo, la soluzione è coprire ma non stringere, optando per prodotti morbidi che accarezzano le forme senza sottolinearle: l’intimo tradisce ma allo stesso tempo snellisce. Per le pelli più chiare si apre il mondo dei colori scuri, evitando il bianco o il color carne; per le pelli più scure, al contrario, bianco, azzurro, rosa e

Constance Jablonski

melanzana esaltano le tonalità olivastre. Per un seno abbondante è bene orientarsi su modelli che sostengano, lasciandosi accarezzare da sottovesti morbide, mentre per un seno poco pronunciato è bene prendere un reggiseno della propria taglia sbizzarrendosi su modelli ricchi e ornati. Il prossimo appuntamento? Dove, se non a Parigi? La città più maliziosa 39 For Magazine

del mondo ospiterà il “Salon International de la Lingerie”. Le tendenze d’avanguardia faranno da padrone, insegnando alle donne a vestire con eleganza e un briciolo di spregiudicatezza. Ce ne saranno di tutte (e per tutte) le fantasie.


double feature di Ivan Rota

Robert Pattinson alla premiere londinese del film The Twilight Saga: Breaking Dawn Part 2 ha lasciato molti dubbi riguardo alla sua storia con Kristen Stewart, culminata con il tradimento di lei. Robert l’ha perdonata e dice che sono di nuovo innamorati, ma c’è chi sostiene che la storia tra i due sia una montatura e che lui abbia un segreto. In ogni caso sul red carpet a Leicester Square è apparso elegante e disponibile con i fan.

In occasione della conferenza stampa e della prima del film Il volto di un’altra, l’attore protagonista Alessandro Preziosi ha indossato total look Salvatore Ferragamo. Ardito accostamento tra un abito grigio in bouch pesante e la camicia blu, ma con quella faccia da schiaffi può indossare ciò che vuole. In questa versione ha raccolto ancor più consensi da parte del pubblico femminile presente. Il film diretto da Pappi Corsicato ha diviso pubblico e critica. 40 For Magazine


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Ne è passato di tempo da quando Eleonora Pedron faceva la meteorina da Emilio Fede: ora con il suo Max Biaggi vive a Montecarlo come una vera signora. Forse il mondo dello spettacolo è (almeno per ora) un ricordo, ma secondo lei “mai dire mai”. Eccola qui in abito Blumarine sul tappeto rosso del Festival del Cinema di Roma, altera e allo stesso tempo provocante. In fondo, il suo sogno è sempre stato quello di fare l’attrice, anche se la ricordiamo solo nello (s)cult Vita smeralda.

Sempre sulla passerella del Festival del Cinema di Roma ecco Lorena Bianchetti in versione femme fatale: poco timorata, ma sempre coperta per non lasciare dubbi sulla sua immagine pulita, la conduttrice azzarda un capo monospalla di Blumarine, come la Pedron. Ci piace in questa versione comunque scanzonata, un po’ signora e un po’ gitana. La solare Lorena sorride: vuol dire che si è ripresa dalla cancellazione del suo programma su Rai Due. 41 For Magazine


For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori

HILARY SWANK:

la bella non patinata

L’outfit composto ed elegante di una donna che ci conquista sì con il suo aspetto fisico, ma anche con le sue eccezionali doti di attrice Chi ha visto Boys don’t cry non ha mai dimenticato il suo viso e se n’è immediatamente innamorato. Quei tratti decisi e gentili al tempo stesso, uniti a doti recitative da premio Oscar, ti restano dentro come un monito a migliorarti sempre di più e a credere fermamente nei tuoi sogni. Hilary Swank ha percorso una vita in salita, partendo da un’infanzia trascorsa in un camper e arrivando sul red carpet, grazie solo alla sua determinazione e al suo talento. Lontana dai gossip e dalle feste mondane ha protetto la sua privacy con costanza ed intelligenza, facendosi conoscere al grande pubblico soprattutto per i suoi celeberrimi film. Bella di una bellezza originale e non patinata, illumina chi la osserva con un sorriso composto e contagioso, lo stesso di quella bambina volitiva che sognava una fulgida carriera hollywoodiana. Anche nella scelta dei suoi look, l’attrice è sempre incredibilmente misurata. Qui la vediamo indossare un must della stagione autunno/inverno 2012: l’abito che rievoca le forme e lo scheletro di un bustier. Declinato in un colore neutro basico, riprende lo chassy di un abito ottocentesco, dando l’effetto ottico di un intreccio di linee che donano forma al corpo e lo modellano con grazia. Avvitato, ma morbidissimo, il vestito senza maniche fascia il busto nella parte superiore, mentre si allenta nella parte inferiore, rendendolo raffinatissimo. Molto bon ton nei ricami in simil-pizzo, applicati in tessuto leggermente lucido, che danno compostezza e compattezza all’outfit, che, elegante ma discreto, risulta indossabile anche in occasione di un aperitivo chic con gli amici. Nessun gioiello per la brava Hilay, eccezion fatta per un bangle glitterato al polso sinistro. Glitter ripreso anche dai sandali neri con punta aperta e cinturino alla caviglia, che la star indossa molto spesso, e dalla clutch rigida rettangolare con chiusura in metallo brunito. Smalto grigio piombo ai piedi, in netto contrasto con il nude look delle mani. Completano il suo look i capelli color miele acconciati in morbide onde e adagiati con grazia dietro le orecchie, a scoprire il volto di una donna che non solo colpisce per la sua bellezza pulita e per il suo talento, ma anche per la straordinaria capacità di credere nei sogni che, con perizia e lungimiranza, ha saputo trasformare in meravigliose realtà.

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SORPRESE di Tommaso Gandino

Gli esami (e i film) non finiscono mai Elena Russo è caparbia, decisa e volitiva. Non ama arrendersi ed è spericolata e scontrosa, ma a tratti fragile o imbarazzata. Comunque sempre capace di spiazzare nella vita e sul set

dietro c’è un altro mondo fatto da tanti uomini, e non sempre questi passaggi sono giusti. Quindi che fai? Ti prepari, sai che onestamente tu più di quello non potevi fare».

Elena Russo

Grazie alla recitazione lei ha imparato a esplorare i lati nascosti del suo carattere? «Sicuramente calarsi nei panni di qualcun altro ti fa anche rubare la sua anima, e impari tanto. Io grazie al mio lavoro, e a un percorso di analisi, qualche cosa in più di me l’ho capita. Quando stai male non ci fai niente ugualmente, ma ti aiuta con il tempo a capire dei lati che sono molto nascosti in te». Quali sono i personaggi interpretati che le hanno dato soddisfazione? «Tutti, sia quelli che ho già interpretato sia quelli che devo ancora fare. Penso di avere questo lavoro nel sangue, non conosco la stanchezza, non conosco le arrabbiature, quando lavoro è vita per me, quindi tutto mi dà soddisfazione».

La nuova Elena Russo è una donna più matura e introspettiva. Lo si intuisce già dal tono di voce con cui parla, meno concitata e televisiva, più serena e distesa. Elena è un’attrice generosa, capace di creare una tale fusione con i suoi personaggi da far dimenticare di essere seduti davanti alla Tv. In base a quali criteri sceglie di accettare una parte in un film? «In questo momento non c’è molto da scegliere, ma posso rifiutare e, se lo faccio, è perché mi sento fuori parte. Invece, se avverto che la parte è giusta per me, sono capace di sfinire una persona, purché mi veda e io posso propormi». Ha una sua tecnica personale per calarsi nei ruoli? «Io mi preparo per un film o per una fiction seguendo sempre le somiglianze, di qualcuno che conosco, parenti o amici, e poi vado spesso da insegnanti di recitazione o stage, perché non si finisce mai di imparare». Lei è straordinaria nel reinventarsi… «Mi reinvento sempre perché amo così tanto il mio lavoro che mi entusiasmo ogni volta, come se fosse la prima. Così mi trovo un particolare e lo esaspero, e con la complicità del regista esce un nuovo personaggio». Come fa? «Cambio pelle ogni volta perché è sempre tutto nuovo, a cominciare dal personaggio». Per un’attrice ogni nuovo film è un esame? «Non so per gli altri, ma per me lo è sicuramente. Non per il giudizio, che grazie a Dio, l’ho superato: se piaccio è bene, se no pazienza! Prima non ci riuscivo. Ma è un esame perché non dipende solo da te. Infatti, una sceneggiatura può essere bella, ma non essere uscita bene, insomma

Ci sono ruoli o generi in cui non si è ancora cimentata? «Certo! Ci sono ruoli con i quali mi devo ancora confrontare, ho tanto ancora da dare. E impazzisco di gioia per i personaggi dalle tinte forti». Marco Bellocchio dice che chi fa tanta Tv non è bravo… «Mi piace molto Bellocchio, ma può anche sbagliare lui, e si potrebbe ricredere nel vedere un attore che anche se ha fatto tanta Tv può essere bravissimo. Sono convinta che se lo ha detto, non generalizzava, forse intendeva molti attori che fanno soap, a volte può succedere che diventino delle macchine e perdano la verità». Il teatro invece aiuta a mantenersi giovani? «Questa non la sapevo! Io vengo da un’esperienza teatrale, Il topo nel cortile di Daniele Falleri, dove il mio personaggio è molto peperino e devo dire che mi ha tenuto molto allenata». Cosa consiglia ai giovani attori? «Di studiare, fare corsi, stage e stare sempre allenati perché prima o poi, se lo si vuole veramente, l’occasione arriva, e se non sei preparato ti bruci. Non bisogna perdere tempo in altri ambienti, quando si fa l’attore lo devi saper fare poiché c’è sempre chi si accorge di te. A me è successo così!». L’aspirazione massima della sua vita? «Ho dato più della metà della mia esistenza a questo lavoro, e ho perso più di una volta l’occasione di diventare mamma. Spero di poter avere un’altra opportunità, con l’uomo giusto, con l’amore che ci vuole per essere genitori. Questa è ora la mia grande aspirazione». L’ultimo salto nel buio che ha fatto? «Purtroppo ne ho fatti tanti e continuo a farli. Tutti i giorni, sono una persona di pancia, oggi mi controllo di più, ma se fosse solo per il tanto acquario che è in me mi sarei già sfracellata al suolo a causa dei tanti voli che ho fatto».

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REPORTAGE di Michela Garosi

Nel blu dipinte di blu

Lo spettacolo infinito del mare blu cobalto intorno all’Isola dei Pini, in Nuova Caledonia.

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Le avevamo lasciate al freddo e ai confini del mondo. Le ritroviamo in Nuova Caledonia e alle isole Fiji, mari incontaminati tra paesaggi da favola, anzi da film. Le nostre Donnavventura non smettono mai di stupirci e di farci sognare

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Il team a Nouméa, centro principale nonché capitale della Nuova Caledonia, possedimento francese dal 1853. La città è situata su una penisola nella parte sud-occidentale dell’isola ed è anche il più grande capoluogo francofono dell’Oceania. Le ragazze hanno sostato in questa città per diversi giorni, usandola come base operativa del viaggio.

Quattro le Donnavventura che hanno avuto la fortuna di poter vedere e toccare i mari sognati dai viaggiatori di tutto il mondo: Rossella e Valentina, le nuove ragazze di quest’anno, reduci dalla prima parte di viaggio al freddo fino alla Terra del Fuoco, e poi Michela e Stefania, le veterane. Nouméa, la moderna capitale della Nuova Caledonia, è divenuta base operativa della spedizione e punto di partenza per le varie isole coralline circostanti, dall’Isola dei Pini alle più lontane Lifou e Ouvéa. Qui il team ha avuto a disposizione un pick up Mitsubishi, e questo ha contribuito a far sentire le nostre Donnavventura un po’ come a casa, complice anche il fascino provenzale di Grand Terre. È proprio in Nuova Caledonia che il gruppo ha avuto un primo assaggio della cultura del Sud del Pacifico e ha fatto conoscenza con i kanak, la popolazione autoctona che oggi, tuttavia, rappresenta una minoranza. Giorno dopo giorno la squadra ha familiarizzato con gli usi, la cucina e le tradizioni dei clan locali. Peccato solo che il tempo sia stato incredibilmente mutevole e spesso il paesaggio si sia tinto di grigio. Ciò nonostante, per poter apprezzare ancor più le acque cristalline della laguna e scoprire selvaggi angoli di paradiso completamente disabitati, il team non poteva farsi mancare

una crociera in catamarano. Ogni giornata così è stata una vera scoperta! Qualche giorno di navigazione ed è già stato tempo di ripartire, stavolta per le isole Fiji, dove le ragazze sono state accolte da un caloroso “bula”, ovvero “ciao” in fijiano, entrato ben presto anche nel vocabolario delle nostre Donnavventura. Ciò che ha colpito maggiormente il team sono stati i contrasti fra le nere rocce basaltiche, le spiagge color champagne e la natura di un verde intenso, pressoché incontaminata e fittissima. Gli isolotti che circondano Viti Levu, l’isola principale, regalano paesaggi degni di veri e propri set cinematografici. Non a caso, proprio su queste isole, sono state girate varie pellicole di successo come Laguna Blu e Cast Away. Così le neoreporter si sono ritrovate, quasi senza volere, sulle orme di questi appassionanti film e non si sono perse il bagno nella grotta di Blue Lagoon, diventata oramai celebre proprio per l’omonimo film. Ma è stata soprattutto l’accoglienza dei fijiani a colpire le Donnavventura dritte al cuore. Peccato solo per qualche tempesta tropicale che ha rubato il sole per alcune ore, che comunque si è fatto perdonare regalando arcobaleni e tramonti indimenticabili.

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Escapade Island è il resort di Nouméa, situato su un piccolo isolotto chiamato Ilot Maitre, nel cuore di una riserva marina. Le Donnavventura hanno soggiornato nelle pittoresche water villa, ovvero le villette sul mare, una sorta di palafitte: basta scendere solo qualche gradino e si è beatamente immersi in acqua.

Una delle piccole isole disabitate che si trovano di fronte a Nouméa: nel complesso la città ha una popolazione di circa 90 mila abitanti.

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Il faro Amedeo nella laguna di fronte a NoumÊa. Nella città la maggioranza dei residenti è fortmata da cittadini europei, sia autoctoni (caldoches) sia francesi metropolitani (zoreilles) che risiedono nel territorio per motivi di lavoro. Vi è poi una minoranza locale: i kanak.

Gabbianelle e sterne bianche, due specie di uccelli che in Nuova Caledonia trovano il loro habitat naturale.

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Capo San Maurice presso l’Isola dei Pini. Il luogo ricorda l’arrivo dei primi missionari cristiani, che sbarcarono in questa baia il 12 agosto 1848: a seguito del loro arrivo gran parte della popolazione dell’isola si convertì al Cristianesimo.

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Sorvolando le isole Fiji, nei pressi di Port Denarau, si può ammirare la baia.

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Il team atterra alle Yasawa, che sono un gruppo di circa 20 isole vulcaniche nella zona ovest delle Fiji. Qui, fino al 1987, il turismo era limitato a causa di una legge che impediva la costruzione di resort. Oggi l’arcipelago è facilmente visitabile spostandosi con barche e catamarani.

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Isolotto delle Fiji. In totale l’arcipelago conta circa 322 isole, di cui 106 sono abitate stabilmente, e oltre 522 isolotti.

La Donnavventura Michela, nostra inviata specialissima, sull’Isola di Cast Away, resa famosa dal celebre film del 2000 di Robert Zemeckis con Tom Hanks.

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L’acqua cristallina delle Fiji è ricca di una fauna marina varia e abbondante, dove vivono molte specie di pesci, coralli, spugne, corallini, razze, squali, delfini e balene.

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Lingua di sabbia alle Fiji. Nelle due isole maggiori, Viti Levu e Vanua Levu, abita circa l’87% della popolazione.

Nella Laguna Blu le ragazze rievocano la sensualitĂ di Brooke Shields nel film omonimo del 1980.

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L’emozionante spettacolo di un arcobaleno a Cast Away Island.

Le Donnavventura fanno il bagno con le stelle marine blu che vivono nelle acque di Cast Away Island.

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Isola di Monuriki, set naturale del film Cast Away. L’atollo fa parte delle Mamanuca ed è diventato una meta turistica dopo l’uscita della pellicola americana.

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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

A LEZIONE DI MODA

Anna Bonanni, direttore generale GiosBrun, atelier di sartoria

maschile,

invita i giovani a studiare, perché secondo lei le vere sfide iniziano sui banchi di scuola Se dovesse indicare il vero punto di svolta della sua carriera quale sarebbe? «Io credo sia più importante individuare il punto di partenza della mia carriera, quando da giovane ingegnere gestionale fui completamente avvolta e rapita dal mondo della moda. Le mie esperienze in grandi aziende come Bottega Veneta e Tod’s, a contatto con i più grandi professionisti del settore, rappresentano quel tesoro di informazioni e contenuti alla base della mia scelta di diventarne attrice con un marchio espressione della tradizione sartoriale italiana». C’è qualcosa che le pesa del suo lavoro? «La responsabilità di compiere ogni giorno le giuste scelte. GiosBrun è una grande famiglia e da lavoro a svariate persone. Scelte programmatiche errate o politiche aziendali sbagliate si ripercuoterebbero immediatamente sulla nostra forza lavoro, creando un dissesto, che ho il compito quotidiano di scongiurare».

Per riuscire nella moda ci vuole più fortuna, impegno o capacità di visione? «Per sopravvivere basta uno di questi tre elementi, ma la base della riuscita è data da un mix unico e inconfondibile di queste tre condizioni». Che cosa si sente di dire ai giovani che vogliono affacciarsi al mondo della moda? «Di arrivare preparati al mondo del lavoro. Le vere sfide iniziano sui banchi di scuola. Gli ingredienti per vivere e riuscire in questo mondo sono impegno, passione, molta curiosità e, soprattutto, mai avere la presunzione di sapere già tutto». Qual è oggi la sua priorità? «Ne ho due, mio figlio Riccardo e mio marito Cristiano». Qual è l’accessorio di cui non potrebbe fare a meno? «Le mie scarpe. Ne ho un armadio pieno». Una cosa che una donna non deve mettere mai… «Tutto ciò che la rende volgare». Qual è la migliore meta per lo shopping? «Purtroppo per me ogni meta potrebbe essere giusta».

LE MIE GRANDI RICETTE

Un diploma di sommelier e uno di barman, corsi su formaggi e

vini:

Federico Circiello è uno chef preparato che ci ospita nella sua Trattoria del Pesce Da dove viene la passione per il cibo? «Fin da piccolo ho iniziato con la scuola alberghiera, prima con la cucina e poi mi sono perfezionato in sala. Subito dopo ho iniziato a lavorare in diversi alberghi e ristoranti».

La volta in cui le hanno rifilato una fregatura al mercato. «Bisogna sempre tenere in considerazione i cinque sensi quando si fa la spesa e la stagione in cui ci si trova».

Da chi ha imparato a cucinare? «Ho girato molto, visto diverse cucine e servizi di sala».

Quanto conta la passione nel suo mestiere? «È tutto, anche perché si sa quando si inizia e mai quando finisce il servizio».

Gli ingredienti d’obbligo per quest anno? «Prima di tutto di qualità. In un piatto di tradizione italiana l’ingrediente principale della ricetta deve prevalere, senza essere sovrastato dagli altri ingredienti che devono essere il suo accompagnamento».

È cambiato il modo di mangiare? «Sì, tanto. Ormai si può mangiare di tutto in una città come Roma, di sicuro ultimamente il cliente è aggiornato e informato, conosce le materie prime, i vini, grazie anche al boom mediatico della cucina in Tv».

L’ultima volta che ha fatto la spesa? «Ai mercati di frutta e verdura e a quelli del pesce. Per la mia nuova Trattoria del Pesce, aperta da poco a Monteverde, vado spesso a fare la spesa ed è lì che nascono le idee: per mangiare bene non è necessario spendere tanto, si possono fare grandi ricette anche con materie prime povere».

Un piatto che non dovremmo perdere? «La cosa più difficile è fare un piatto semplice, tipo una pasta fresca con gamberi rossi e limone di Amalfi: la frutta di pesce sembra facile, ma spesso è proprio lì che si vede la differenza».

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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, sono uno studente universitario di economia. Sono cosciente di avere un bell’aspetto fisico, ma spesso ho come la sensazione che le persone pensino solo a quello. Mi sento un po’ un uomo oggetto, cosa che se da un lato alimenta la mia autostima davanti allo specchio, poi però nei rapporti mi trasforma in un “sottone”, ossia uno di quelli che si fa mettere i piedi in testa dall’amore di turno. Come cambiare il corso delle cose? Alex, Gallarate E di cosa ti lamenti, Alex? È un po’ il problema di chi non ha problemi. Se non ti dà una marcia in più il fatto di essere un bel ragazzo, figuriamoci se non lo fossi. Pensa che hai un bel biglietto da visita da esibire, e ovviamente la bellezza se non è un qualcosa che aiuta per forza, di sicuro non penalizza, fidati. Come cambiare il corso delle cose? Lavora sulla tua personalità: conversazione, humour, interessi, capacità di ascoltare e far sentire importante la persona con la quale ti relazioni, ma anche carattere, perché non esiste nessuno che può metterti i piedi in testa se non ci sei tu che la abbassi dando, così, libero accesso. Sua, Marina

Cara Marina, vivere senza indagare troppo sulla persona che ci sta accanto, pur sapendola spesso in preda alle tentazioni, oppure control-

larlo ossessivamente e sapere che lui si sente in gabbia? Mi sembra che siano le uniche due opzioni possibili. So di avere un rapporto burrascoso, una relazione che va avanti tra lascia e riprendi da tre anni. Lui vede in me la “casa”, l’equilibrio, ma poi ogni tanto sente il bisogno di andare in giro con gli amici, tutti scapoloni come lui e spesso la gente mi mette in guardia perché pare che si dia alla pazza gioia. Io scelgo sempre di non sapere, ma poi inevitabilmente mi incupisco e lui incolpa me dicendo che se devo fargliela pagare senza nemmeno che abbia fatto niente, tanto vale che si comporti male. Secondo te, riuscirò col tempo a individuare la strada giusta? Enrica, Cagliari Cara Enrica, capisco bene cosa vuoi dire. Nelle mie storie sono stata una donna spesso molto gelosa, e con mio grande stupore ho scoperto che anche la gelosia, passa. La classica frase “sono gelosa se mi si dà motivo di esserlo” sappiamo tutti che è una scusa: o si è gelosi o non li si è, e spesso è indipendente dai fatti. Senza entrare nello specifico del tuo caso, ti direi di valutare attentamente se il gioco vale la candela: se è un uomo che ha delle tali virtù da farti stare benissimo tutti gli altri giorni, lascia che ogni tanto si dia pure alla pazza gioia, goditelo quando c’è e se vedi che comunque ogni volta torna all’ovile, significa che ha già scelto.

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

LINCOLN

Steven Spielberg racconta gli ultimi mesi di vita del sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America in un film biografico dal forte significato politico. E con un Daniel Day-Lewis in rampa di lancio per i prossimi Academy Awards

Daniel Day-Lewis (55 anni, due volte premio Oscar per Il mio piede sinistro e Il petroliere) nei panni del presidente Lincoln. Il film è stato girato negli stati della Virginia e dell’Illinois: location principali sono state le città di Chicago, Petersburg e Richmond.

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Steven Spielberg si è avvalso del contributo di alcuni suoi collaboratori storici come il direttore della fotografia Janusz Kaminski, il montatore Michael Kahn, il compositore John Williams e lo sceneggiatore Tony Kushner, già autore di Munich. La pellicola è stata presentata in anteprima mondiale all’AFI Fest.

La vita, le gesta e la morte del sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America trovano sempre nuovi spunti d’interesse ad Hollywood, che ciclicamente ripropone pellicole incentrate su di lui. Dopo le più recenti opere di Robert Redford – che in The Cospirator (2010) si concentrava sugli aspetti giudiziari legati al complotto ordito da John Wilkes Booth (l’esecutore materiale dell’omicidio) e Mary Surratt (la donna condannata per essere stata la mente della cospirazione) – e di Tim Burton – che nelle vesti di produttore in La leggenda del cacciatore di vampiri (2012) suggeriva l’idea fantasy di un presidente-guerriero in perenne lotta contro i non morti –, arriva la versione di un altro grandissimo autore della mecca del cinema: Steven Spielberg. Quello del regista di E.T., qui nella fase “impegnata” della sua filmografia, è un autentico biopic storico che lascia intendere sin dal titolo quale sia il cuore della vicenda narrata: Abraham Lincoln è una delle figure più carismatiche e popolari su cui si fonda il mito americano ruotante intorno ai principi basilari della democrazia, dei diritti inviolabili, dell’uguaglianza, della libertà. Universalmente è riconosciuto come il presidente che nel 1865 abolì la schiavitù nei neonati Stati Uniti d’America. La pellicola di Spielberg prende vita proprio dai fatti che accaddero tra il 1864 e il 1865, quando in piena Guerra di secessione tra Unionisti del Nord e Confederati del Sud (favorevoli al mantenimento della schiavitù), la contesa si spostò dai campi di battaglia alle aule del Congresso, dove doveva essere ratificato il Tredicesimo Emendamento della Costituzione, quello per liberare gli schiavi. Negli ultimi difficili mesi del suo mandato, di fronte ad una nazione lacerata militarmente e moralmente dal conflitto bellico, Lincoln (Daniel Day-Lewis) mantenne una linea di condotta integerrima finalizzata a porre fine alla guerra, ad unire il paese e ad abolire la schiavitù. Con fermo coraggio e orgogliosa determinazione il presidente dovette districarsi tra le manovre, talvolta subdole e squisitamente politiche, del suo gabinetto e dei suoi stessi uomini, tra i

quali il segretario di Stato William Seward (David Strathaim), Thaddeus Stevens (Tommy Lee Jones), Francis Preston Blair (Hal Holbrook) e il vice presidente degli Stati Confederati Alexander Stephens (Jackie Earle Haley). Al suo fianco, invece, poté contare sul sostegno della moglie Mary (Sally Field) e del figlio Robert (Joseph Gordon-Levitt), che gli furono di grande conforto nel momento in cui fu chiamato a compiere scelte fondamentali capaci di influire sulla storia del suo paese e sul destino delle generazioni future. Grazie ad una fedelissima ricostruzione storica e all’accento posto sull’arte politica pura, Lincoln è un film intenso e vibrante, imponente nella messa in scena e solido nella sceneggiatura, tratta dal libro Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln di Doris Kearns Goodwin, pubblicato nel 2005 e letto dallo stesso Spielberg in anteprima, su concessione della scrittrice che il regista volle incontrare di persona proprio per gettare le basi di un lungometraggio. Che fin da ora si preannuncia come uno dei più attesi durante la prossima notte degli Oscar, soprattutto per la notevole performance di un Daniel Day-Lewis in stato di grazia. SCHEDA DEL FILM REGIA: Steven Spielberg SCENEGGIATURA: Tony Kushner CAST: Daniel Day-Lewis, Joseph Gordon-Levitt, Tommy Lee Jones, Sally Field, David Strathairn, James Spader, Hal Holbrook, Jackie Earle Haley, Lee Pace GENERE: Drammatico, Storico, Biografico DURATA: 150' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox USCITA: 24 gennaio 2013

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TROPPO AMICI

Al terzo film insieme la coppia di registi francesi Toledano-Nakache regala al pubblico una commedia divertente su una famiglia allargata piuttosto invadente per il povero protagonista. Risate e buoni sentimenti. Come spiegano i due autori

Omar Sy (34 anni) e François-Xavier Demaison (39 anni). L’attore di origini senegalesi e mauritane ha lavorato anche nell’altro film della coppia di registi, Quasi amici, per la cui recitazione ha vinto il Premio César come migliore interprete maschile.

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La numerosa famiglia di Troppo amici. La pellicola è un incontro di attori che vengono da differenti realtà: dal teatro (François-Xavier Demaison), dal cinema d’autore (Audrey Dana e Isabelle Carré) e dal cinema più leggero (Joséphine de Meaux e Omar Sy). Ciò non ha impedito che sul set si creasse un buon feeling fra tutti.

Dopo il successo planetario, per incassi e consenso, di Quasi amici, l’esilarante e al contempo toccante commedia francese del 2011 (è già in lavorazione il remake americano con il premio Oscar Colin Firth), esce nelle sale quello che può definirsi una sorta di prequel: diretto sempre da Eric Toledano e Olivier Nakache Troppo amici – Praticamente fratelli è un film del 2009 che in Italia viene distribuito solo adesso, sull’onda del successo dell’opera più famosa della coppia di registi. Al tema dell’amicizia tra un milionario tetraplegico e un giovane immigrato senegalese di Quasi amici si sostituisce qui l’ingombrante presenza di una famiglia, in cui i legami di parentela e un forte sentimento di solidarietà collettiva prevalgono sulle esigenze del singolo. Come accade ad Alain (Vincent Elbaz) che dopo aver sposato Nathalie (Isabelle Carré) e aver avuto due figli, Lucien e Prosper, non avrebbe mai creduto di doversi occupare anche di fratelli e sorelle di lei. E del resto del nucleo familiare, che è davvero molto nutrito: infatti, ci sono il cognato Jean-Pierre (Francois-Xavier Demaison) con tanto di moglie Catherine (Audrey Dana) e due figlie al seguito, Gaëlle e Juliette; ci sono poi la cognata Roxane (Joséphine de Meaux) e il suo compagno Bruno (Omar Sy) in procinto di allargare la famiglia. Una sera si riuniscono tutti per una cena da Jean-Pierre e… ne accadranno di cotte e di crude. A presentare il film sono le parole degli stessi autori. Com’è nata l’idea di Troppo amici?

Eric Toledano: «La famiglia è uno dei temi che ci ha sempre affascinato. Rappresenta uno spaccato della realtà di ognuno di noi. Una volta ho letto una definizione di famiglia che spiega bene questo dualismo: “Vivere insieme ci uccide, separarci è mortale”». Olivier Nakache: «Il soggetto del film ci è venuto naturale, come un’espressione dei pensieri che avevamo in comune e quelli opposti sulla famiglia. O meglio, sulle famiglie, sia quelle “di sangue” che quelle “acquisite”». Avete tratto ispirazione dalle vostre vere famiglie per scrivere questo film? ET: «Abbiamo chiesto a un terapeuta di raccontarci quali sono i conflitti più ricorrenti nelle famiglie che assiste. È stato così che abbiamo scoperto il concetto di “invasione” di un nucleo familiare da parte della famiglia di origine di uno dei due». ON: «Mah, sì e no. Con Eric siamo partiti senz’altro dai nostri aneddoti familiari. E siccome entrambi proveniamo da famiglie numerose e molto “colorate”, col passare delle settimane ne abbiamo raccolti moltissimi». Quanto tempo ha richiesto la stesura di una sceneggiatura così complessa? ET: «Anche se siamo molto rigorosi nel processo di scrittura, una scena non prende mai vita del tutto fintanto che non sono stati scelti gli attori ed

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Vincent Elbaz (41 anni) e Isabelle Carré (41 anni) nei panni di Alain e Nathalie. A proposito dell’inedita coppia di attori, Eric Toledano ha detto: «Vincent e Isabelle hanno avuto formazioni diverse, non lavorano nello stesso modo, ma eravamo convinti che insieme potessero sprigionare una certa alchimia. Non ci siamo sbagliati».

è stata fatta un’ultima stesura del copione. A volte la scena si completa direttamente durante le riprese, con battute che escono fuori così, di getto». ON: «Circa due anni. La prima stesura ci è costata sei mesi di lavoro. Alcuni autori-registi sono scrittori più esperti che sanno perfettamente come sceneggiare i loro film. Noi invece siamo alla ricerca continua dell’espediente in più, del valore aggiunto, di un’idea nuova». Tre film, tre commedie. Per quale motivo preferite questo genere? ET: «Abbiamo in ballo la storia di una donna che si suicida una mattina dopo aver preso il caffè, proprio quando è pronto il suo toast… Ma non è il momento giusto, in questo momento abbiamo ancora troppa voglia di ridere e far ridere». ON: «Quando esce un nostro film, Eric e io ci divertiamo ad andare in incognito nelle sale cinematografiche per vedere se i nostri spettatori ridono. Sentirli divertirsi è una ricompensa immediata per il nostro lavoro».

SCHEDA DEL FILM REGIA: Eric Toledano, Olivier Nakache SCENEGGIATURA: Lucie Truffaut CAST: Vincent Elbaz, Isabelle Carré, Omar Sy, Audrey Dana, FrançoisXavier Demaison, Joséphine de Meaux, Jean Benguigui, Lionel Abelanski, Talina Boyaci GENERE: Commedia DURATA: 102' DISTRIBUITO DA: Moviemax

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For magazine Hugo Weaving (52 anni). L’attore australiano è abbonato alle trilogie cinematografiche: dopo il ruolo dell’Agente Smith in Matrix, ha prestato il volto all’elfo Elrond ne Il Signore degli Anelli di Peter Jackson e la voce al robot Megatron in Transformers di Michael Bay.

CLOUD ATLAS Dai visionari registi di Matrix arriva in sala un film ambizioso in cui le vite e i singoli gesti degli uomini sono legati attraverso varie epoche storiche. Azione, effetti speciali, messaggi di denuncia o di speranza e un Tom Hanks in gran forma 67 For Magazine


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L’attesissima scena al rallentatore dei piatti volanti, esplicita citazione di Matrix con l’effetto “bullet time” dei proiettili. Cloud Atlas è stato finanziato dalle compagnie tedesche A Company e X Filme. In Germania i mass media considerano il film come il primo tentativo di creare un blockbuster in virtù del budget più alto finora investito.

Morte, vita, nascita. Futuro, presente, passato. Amore, speranza, coraggio. Tutto è connesso. Almeno nelle frasi di lancio di un’opera dal messaggio filosofeggiante (discipline orientali, new age, spirito visionario e tanto altro ancora) del nuovo epico film dei fratelli Wachowski, quelli che nel 1999 sconvolsero i cinefili di tutto il mondo con Matrix e poi con i suoi due sequel. A quei tempi erano Andy e Larry Wachowski, oggi invece Larry è diventato Lana, una donna a tutti gli effetti, dopo il già noto cambio di sesso che l’ha portato a trovare la sua vera identità, nonostante tutte le chiacchiere e i pettegolezzi dello showbiz. E per stupire ancor di più, gli eccentrici cineasti americani hanno pensato bene di unire le forze con un’altra mente stravagante, quella del regista tedesco Tom Tykwer, autore dell’adrenalinico Lola corre, nonché di Profumo - Storia di un assassino. Dal lavoro in parallelo di tutti e tre, sceneggiatura e regia, nasce Cloud Atlas, pellicola potente, mistica, labirintica e complessa che usa la storia dell’umanità per narrare una vicenda articolata in tante sfaccettature,

dove tuttavia le linee guida restano il desiderio di libertà e l’amore tra un uomo e una donna. Ovviamente, non possono mancare spettacolari scene action e un’abbondanza di effetti speciali da mozzare il fiato a tutti gli appassionati di fantascienza, così come trova spazio un vero marchio di fabbrica dei fratelli statunitensi, ovvero la tecnica slow-motion digitale in una sequenza in cui alcuni piatti volano al rallentatore, chiaro riferimento all’effetto “bullet time” dei proiettili di Matrix. Il risultato è un progetto molto ambizioso, oltre che rischioso dal punto di visto economico, considerato il budget spropositato che supera i 100 milioni di dollari, per un colossal di due ore e quarantaquattro minuti che cerca la magniloquenza sia a livello narrativo che estetico, esaltato da un montaggio frenetico che salda i diversi piani temporali e le varie vicende. Tratto dal romanzo di David Mitchell, Cloud Atlas (in italiano uscito con il titolo L’atlante delle nuvole) vede intrecciarsi sei storie, raccontate da altrettanti narratori, tra i quali un notaio dell’Ottocento, un compositore degli anni Trenta, un giornalista nella California reaganiana e un androide

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Tom Hanks (56 anni) in uno dei tanti ruoli interpretati nel film. L’attore americano ha vinto due Oscar consecutivi (1994 e 1995) come miglior interprete maschile per Philadelphia e Forrest Gump. La pellicola dei Wachowski, girata in Scozia, Spagna e Germania, è stata proiettata in anteprima al Toronto International Film Festival.

nel braccio della morte, legate da un unico atto di gentilezza che si propaga nei secoli, ricoprendo un arco di tempo esteso dall’epoca della schiavitù al futuro post-apocalittico, con un chiaro sottotesto di denuncia sociale. Quel che risulta meno chiaro è districarsi nel fitto intreccio di personaggi, reso ancor più tortuoso dalla scelta di usare i volti degli attori per interpretare diversi ruoli del film, fino a quattro caratterizzazioni differenti. Come fa l’ottimo Tom Hanks, camuffato sotto un grande make up, ringiovanito e invecchiato con estrema disinvoltura. Intorno all’ex Forrest Gump ruota un team di star notevole, ricco di vincitori di Academy Awards come Halle Berry, Susan Sarandon, Jim Broadbent, e astri nascenti come Jim Sturgess, Ben Whishaw e Bae Doona, oltre naturalmente a Hugo Weaving, attore feticcio dei Wachowski, per i quali ha incarnato personaggi cult quali il perfido Agente Smith in Matrix e il giustiziere mascherato in V for Vendetta.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Andy Wachowski, Lana Wachowski, Tom Tykwer SCENEGGIATURA: Andy Wachowski, Lana Wachowski, Tom Tykwer CAST: Tom Hanks, Halle Berry, Hugh Grant, Susan Sarandon, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, James D’Arcy, Ben Whishaw, Bae Doona GENERE: Fantascienza, Drammatico DURATA: 164' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures USCITA: 10 gennaio 2013

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RUBY SPARKS

Cosa succede quando un giovane scrittore in crisi e single trova l’amore della vita in una ragazza “reale” nata dalla sua fervida immaginazione? Ce lo spiegano i registi di Little Miss Sunshine e l’attrice-sceneggiatrice nipote del grande Elia Kazan

Paul Dano (28 anni) e Zoe Kazan (29 anni). Alle loro spalle i due registi Valerie Faris e Jonathan Dayton, conosciuti a livello internazionale per il loro lavoro nella produzione di video musicali con artisti importanti quali Oasis, Red Hot Chili Peppers, R.E.M.

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Zoe Kazan (a sinistra), interprete e autrice della sceneggiatura, ha spiegato: «Mi interessava il tema del controllo nelle relazioni e il modo in cui ci immaginiamo debba essere la persona che amiamo. Ho avuto delle storie in passato in cui avevo la sensazione che il mio compagno non vedesse me, ma qualcosa di simile a me».

Dai registi della straordinaria commedia Little Miss Sunshine, autentica rivelazione del 2006, capace di emergere dal cinema indipendente e vivere una notte da protagonista agli Academy Awards aggiudicandosi due statuette, arriva un’altra esilarante pellicola destinata a lasciare il segno. Calvin Weir-Fields (Paul Dano) è una promessa letteraria dopo il suo acclamato primo romanzo. Ma, da allora, il ragazzo è tormentato da un persistente blocco dello scrittore, sogna il grande amore perché frustrato dalla sua vita sentimentale e cerca affannosamente l’ispirazione per tornare a scrivere. In un ultimo sforzo di fantasia inizia a immaginare un personaggio femminile di nome Ruby Sparks (Zoe Kazan) che piano piano prende forma nella sua mente. Un bel giorno, per magia o follia, Ruby appare nel soggiorno di Calvin, parla con lui, dorme nel suo letto, prepara da mangiare. La ragazza cambia in maniera sorprendente a seconda di come il giovane autore plasmi la storia alla macchina da scrivere. Mentre cerca di destreggiarsi con questo suo potere, Calvin si innamora del suo personaggio, mischiando inesorabilmente mondo reale e creazione di fantasia, cercando un modo per venirne a capo, sia come scrittore sia come ragazzo. Ruby Sparks è una fiaba romantica su due persone che intrecciano una storia d’amore dentro e fuori la realtà, in un sottile gioco di rimandi e incroci tra fiction e vita autentica: infatti i due registi, Dayton e la Faris, sono sposati tra loro; gli interpreti principali, Dano e la Kazan, sono anch’essi felicemente innamorati. Questa doppia coppia ha condiviso sin dall’inizio della lavorazione l’idea di esplorare il sentimento tra i protagonisti non in maniera classica e tradizionale, ma attraverso un impianto scenico surreale e stimolante in cui un ragazzo “scrive” di una ragazza, scoprendo con suo stupore che lei prende vita ed è dotata di una volontà propria. Tutto è nato da uno spunto di Zoe Kazan, che poi ha composto lo script del film, la quale ha inventato i personaggi

di Calvin e Ruby Sparks. La donna, nipote del celebre regista Elia Kazan, già promettente attrice di Revolutionary Road ed È complicato, stava tornando a casa una sera, quando è stata colpita dalla visione di un manichino gettato in un cumulo di rifiuti. La scena ha ricordato all’attrice, appassionata di mitologia greca, il mito di Galatea, statua che Pigmalione realizza e di cui s’innamora. «Ho iniziato a domandarmi – ha spiegato l’artista – che cosa sarebbe accaduto se uno scrittore avesse ideato un personaggio in grado di dargli esattamente ciò che lui vuole dal punto di vista sentimentale. Ma le cose sono più complicate di così, perché quando ami veramente un altro, devi amare tutto di lui, non solo le parti che hai idealizzato». Mentre scriveva, la Kazan ha iniziato a condividere il suo lavoro con il fidanzato, Paul Dano, noto interprete proprio di Little Miss Sunshine e di Il petroliere, e, sebbene non avesse in mente un progetto per loro due, entrambi si sono subito rispecchiati nei protagonisti. «Credo, inconsciamente, di avere sempre scritto di Calvin pensando a Paul – ha aggiunto la neo-sceneggiatrice –. Ma, in realtà, la cosa più singolare è che scrivevo di un personaggio che scrive del mio personaggio!».

SCHEDA DEL FILM REGIA: Jonathan Dayton, Valerie Faris SCENEGGIATURA: Zoe Kazan CAST: Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio Banderas, Annette Bening, Chris Messina, Deborah Ann Woll, Steve Coogan, Elliott Gould GENERE: Commedia, Romantico DURATA: 104' DISTRIBUITO DA: Fox Searchlight Pictures

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SAMMY 2 LA GRANDE FUGA

Se vi piacciono le avventure imprevedibili dove pesci e piovre fanno amicizia con due intrepide tartarughe marine questo è il film d’animazione che fa per voi. Il regista Ben Stassen svela i trucchi di una produzione priva dei consueti grossi budget americani

Sammy e la nipotina Ella. Mentre nel primo episodio era in scena la vita di Sammy, nel secondo l’azione è molto più rilevante, è un’avventura collettiva che coinvolge una nuova generazione di tartarughe marine e tanti personaggi simpatici o cattivi.

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Manuel e Consuelo (al centro) sono una coppia di pesci, marito e moglie, che ama la vita comoda e sicura all’interno dell’acquario, costruito come un parco di divertimenti. Da un punto di vista visivo, le forme, i colori, i paesaggi marini, i coralli donano spettacolarità e senso estetico alla pellicola, esaltata dall’utilizzo del 3D.

Amici da sempre, Sammy e Ray, due tartarughe marine, trascorrono giorni felici nella barriera corallina. Un giorno, mentre guidano i primi passi verso il mare dei loro nipotini, Ricky ed Ella, finiscono imprigionati in una rete da pesca. Catturati dai bracconieri, Sammy e Ray, vengono venduti e si ritrovano ben presto in un gigantesco acquario sottomarino di Dubai, per far parte di uno spettacolare show acquatico per turisti. Qui le due tartarughe incontrano Lulu, un adorabile astice un po’ matto, Jimbo, un pesce dall’aria stralunata, la dolce piovra Anabel e l’ippocampo Big D, un capobanda megalomane che non muove un passo senza due murene che gli fanno da guardia del corpo. Quando Sammy e Ray capiscono che Big D sta preparando un’evasione di massa dall’acquario, decidono di non fidarsi e di elaborare una fuga tutto loro. Riusciranno a mettere in atto il loro “piano B”? E i due furbetti nipotini, Ricky ed Ella, ce la faranno a soccorrere i loro nonni? Dopo una serie di emozionanti imprevisti Sammy potrà finalmente incontrare Shelly, il suo primo amore mai dimenticato? È questa la trama di Sammy 2 – La grande fuga, sequel in 3D del

lungometraggio d’animazione belga Le avventure di Sammy, campione d’incassi nel 2010. Come il primo capitolo anche questo secondo atto si rivolge al pubblico dei bambini, con aspetti educativo-didattici finalizzati a insegnare ai più piccoli il rispetto dell’ambiente e delle diversità razziali, facendoli immedesimare con i valori positivi dei coraggiosi protagonisti, valorizzando l’elemento avventuroso della storia e rivelando loro le meraviglie della Natura, in parte sulla scia di Alla ricerca di Nemo e Madagascar, ma senza i finanziamenti da super-produzione hollywoodiana. «La vera sfida per noi è stato realizzare un film in 3D con 25 milioni di euro, e cioè con il 30% del budget di un lungometraggio di animazione americano – ha sottolineato Ben Stassen, uno dei due registi –. Ma se ci si organizza bene, se si fissa un limite alle squadre di lavoro e se la gerarchia non è troppo pesante, ci si può riuscire. Ed è anche vero che lavoriamo con tecnici polivalenti e che abbiamo una lunga esperienza nel campo del 3D». Tuttavia, per dare vita ad un buon prodotto, non

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Ray, Sammy e la rondine di mare Abbott mentre vengono catturati dai bracconieri. Nel film è molto forte la dimensione ecologista che sottolinea le principali conseguenze dell’azione dell’uomo sull’ecosistema. In questo capitolo si spiega ai più piccoli la catena alimentare e si utilizza l’acquario per esplicitare le relazioni tra esseri viventi.

bastano solo i soldi, ma occorre partire da lontano e sviluppare ogni fase realizzativa nei minimi dettagli. «Abbiamo iniziato con lo story-board – ha proseguito Stassen –, che in questo caso è molto importante perché bisogna necessariamente preparare prima ogni sequenza. Insieme alla sceneggiatura, lo story-board è l’unico elemento cartaceo di tutta la produzione: è realizzato in 2D, e successivamente rielaborato al computer. Poi si procede all’illustrazione grafica di ogni scena per dare un’idea dello stile del film, dell’illuminazione, dell’atmosfera visiva. In seguito, si mette a punto l’animatic, una bozza piuttosto rudimentale composta da una serie di vignette. Si tratta di una tappa decisiva, poiché è proprio dall’animatic che si determinano il ritmo, le angolazioni della macchina da presa, le inquadrature e gli spostamenti dei personaggi nello spazio. È un documento di riferimento che serve in seguito agli animatori per dare vita al film nel suo insieme». Ed è proprio in questa fase che nascono le caratterizzazioni più importanti. «Durante la concezione dell’animatic – ha spiegato ancora l’autore belga –, ci si dedica alla modellizzazione, il momento in cui vengono creati tutti gli “oggetti” del film: i personaggi, chiaramente, ma anche le navi, gli accessori, i fondali marini ecc. È chiaro che i protagonisti sono molto stilizzati: diamo loro caratteristiche

antropomorfe, così che non somiglino affatto a delle vere tartarughe o a dei pesci reali. Invece, per quanto riguarda l’ambiente sottomarino, abbiamo cercato di essere fedeli alla realtà e dunque abbiamo tratto ispirazione da molte foto». Un lavoro metodico e articolato, a conferma di quanto talvolta sia improprio e riduttivo bollare come semplice “cartone animato” un simile progetto.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Ben Stassen, Vincent Kesteloot SCENEGGIATURA: Domonic Paris CAST: Sammy, Ray, Ella, Ricky e Shelly GENERE: Animazione DURATA: 92' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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Big D è il boss dell’acquario. È un cavalluccio marino dal carattere ruvido e la personalità da leader, ma si fa proteggere le spalle da due murene-bodyguards.

La famiglia di pinguini che si unisce alla rivolta dei pesci nell’acquario di Dubai. Alla realizzazione del lungometraggio hanno lavorato un centinaio di persone, divise in squadre, ma con grande elasticità e polivalenza: un animatore, per esempio, si concentrava non solo su un personaggio ma su intere scene del film.

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VITA DI PI

Un ragazzo coraggioso e una tigre feroce, amici per forza di cose, vivono un’avventura straordinaria dispersi su una barca nell’Oceano Pacifico in un percorso spirituale ed emotivo esaltato dall’utilizzo del 3D. Ennesima sfida per Ang Lee

Suraj Sharma (19 anni) interpreta Pi, il personaggio nato dalla penna di Yann Martel, capace con il suo romanzo di vendere sette milioni di copie e rimanere nella classifica dei bestseller del New York Times per oltre un anno.

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In origine il film prevedeva un ruolo per Tobey Maguire ma, dopo aver ultimato le riprese, le scene con l’ex Spider-Man sono state rigirate tutte con Rafe Spall nella sua parte, per volontà di Ang Lee che, in linea con la scelta del cast, ha preferito un attore sconosciuto. Anche Maguire si è detto d’accordo con questa decisione.

Dopo l’opera in costume tratta da Jane Austen Ragione e sentimento, il “wuxia” (film d’arti marziali) La tigre e il dragone, il delicato western a tinte omosessuali I segreti di Brokeback Mountain e l’hippy Motel Woodstock sul concerto rock del secolo, Ang Lee approda al genere fantastico girato in 3D con Vita di Pi, trasposizione cinematografica del libro omonimo scritto da Yann Martel nel 2001 e vincitore l’anno seguente del Booker Prize. Grazie alla sua abilità nello spaziare da una tematica all’altra, dai film più intimisti a quelli più spettacolari, senza perdere minimamente il suo stile, apprezzatissimo e pluripremiato sia in Oriente che in Europa e a Hollywood, il cineasta di Taiwan confeziona un altro lavoro notevole, anche in virtù delle difficoltà produttive durate circa un decennio e di un copione complesso passato attraverso le mani di svariati registi e sceneggiatori. La versione di Lee, unita agli straordinari effetti visivi e di computer grafica, ha trasformato un romanzo a lungo considerato arduo da tradurre in immagini in un prodotto riuscito, carico di argomenti forti e di emozioni. A partire dal coraggio, dalla tenacia e dalle speranze del protagonista. La storia inizia e finisce a Montreal con l’autore che, in cerca dell’ispirazione, s’imbatte nella storia incredibile di Piscine Molitor Patel, detto semplicemente Pi (interpretato a 17 anni dall’esordiente Suraj Sharma, mentre da adulto ha il volto di Irrfan Khan). Pi cresce a Pondicherry, in India, durante gli anni ‘70, e conduce una vita serena. Suo padre (Adil Hussain) possiede uno zoo e il ragazzo trascorre le giornate tra zebre, ippopotami e feroci felini, tra i quali la temibile tigre del Bengala di nome Richard Parker. Il mondo di Pi viene sconvolto quando il padre e la madre (Tabu) decidono di emigrare in Canada, portando con sé alcuni animali dello zoo. Sulla nave incontrano un perfido chef francese (Gérard Depardieu). Durante una tempesta la nave affonda, i genitori muoiono ma Pi miracolosamente sopravvive e si trova alla deriva in pieno Oceano Pacifico su una barca con un inaspettato compagno di viaggio: Richard

Parker, che nell’avventura del naufragio diventa il migliore amico di Pi nella ricerca di un modo per tornare a casa. Il loro legame è rafforzato da un’altra esperienza in comune: entrambi conoscono poco il mondo reale. Insieme dovranno affrontare incredibili difficoltà, lottare contro la violenza della natura, trovare in loro stessi la forza di sopravvivere senza rinunciare alla speranza di farcela e alla gioia di apprezzare la bellezza del mare e dei suoi abitanti. «Vita di Pi è il dramma intimo di un ragazzo che perde la famiglia e deve affrontare sfide inimmaginabili in un’ambientazione imponente – ha dichiarato l’autore del romanzo Yann Martel –. Realizzare tutto ciò dal punto di vista cinematografico, mantenendo intatto il cuore emotivo della vicenda, è stato straordinariamente complicato, ma Ang e il suo team avevano la conoscenza, la determinazione e la creatività per riuscire nell’impresa».

SCHEDA DEL FILM REGIA: Ang Lee SCENEGGIATURA: David Magee CAST: Gérard Depardieu, Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Adil Hussain, Ayush Tandon, Rafe Spall GENERE: Drammatico, Avventura DURATA: 120' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox USCITA: 20 dicembre 2012

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D'Isa

Il Film da non perdere

LE 5 LEGGENDE

Il regista Peter Ramsey nel 2009 aveva diretto lo speciale televisivo Mostri contro alieni: zucche mutanti venute dallo spazio, che ha colpito i produttori della Dreamworks.

Arriva in sala il cartoon natalizio in 3D per bambini e per adulti che hanno voglia di tornare bambini. La Dreamworks abbandona l’ironia che ha caratterizzato spesso le sue animazioni per un film che, dai creatori di Shrek e Kung Fu Panda, trasporta il pubblico in scenari fantastici. Si tratta di Le 5 leggende, che mette insieme miti infantili noti come Babbo Natale, il Coniglio di Pasqua, e meno noti da noi come la Fatina dei denti, Sandyman e Jack Frost, in una storia d’avventura che ha al centro la difesa dei sogni dei bambini dal ritorno seducente del malefico Uomo Nero. Il film è basato sul racconto originale del pluripremiato autore William Joyce, e regala quadretti deliziosi come la sfida di velocità per fare felici i bambini

tra Babbo Natale e il Calmoniglio con le sue uova pasquali. Nella versione originale le voci dei personaggi appartengono a star come Jude Law (Uomo Nero), Alec Baldwin (Babbo Natale), Hugh Jackman (Coniglio di Pasqua), Isla Fisher (Fatina dei denti), Chris Pine (Jack Frost). Con personaggi “leggendari” anche il merchandising sarà imponente: è stato annunciato che il gruppo dei cinque salirà sulla nave da crociera Liberty of the Seas, che da giugno 2013 sarà anche in partenza dal Mediterraneo. Al di là dell’operazione natalizia, il film di Peter Ramsey riesce comunque, grazie al ritmo e all’inventiva, ad evitare il pericolo di straripamento retorico per mantenersi sospeso nell’aura dei sogni.

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For magazine Il Film da evitare

SCUSA, MI PIACE TUO PADRE

Il film segna il ritorno al cinema di Hugh Laurie (53 anni, al centro), il popolare Dr. House televisivo, ormai abbonato ai ruoli politicamente scorretti.

David e Paige Walling e Terry e Cathy Ostroff sono vicini di casa e intimi amici da molti anni. La loro tranquilla esistenza è sconvolta dal ritorno a casa per Natale, dopo cinque anni di assenza, della figlia degli Ostroff Nina. Nonostante le famiglie caldeggino un avvicinamento tra lei e Toby Walling, il figlio di David e Paige, Nina sembra invece essere più attratta dal padre del ragazzo. Quando il loro “scandaloso” rapporto diventa palese la vita delle due famiglie viene irrimediabilmente stravolta, in particolar modo quella di Vanessa Walling, figlia minore di David e amica d’infanzia di Nina. Non passa molto tempo prima che le implicazioni della storia comincino ad avere effetti inaspettati ed esilaranti per tutti. La

pellicola Scusa, mi piace tuo padre, diretta da Julian Farino e interpretata da Hugh Laurie, Catherine Keener, Adam Brody, Leighton Meester e Oliver Platt, non centra l’obiettivo di una commedia romantica e ironica, come invece prometteva. Ironia e trasgressione non sono ben mescolate, così che il pathos diventa involontariamente ridicolo e, invece, si ride laddove si dovrebbe lasciarsi andare alle tenerezze romantiche.

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For REDmagazine CARPET di Ivan Rota Luca Argentero, Violante e Michele Placido hanno presentato il film Il cecchino. La bella attrice ha sottolineato: «Lavorare con mio padre è un’esperienza intensa, perché ha un approccio viscerale sul set. È stata una cosa bellissima».

E lo chiamano Festival Adesso che le luci si sono spente e giocando un po’ con il titolo del film scandalo di questa settima edizione gettiamo uno sguardo birichino e un po’ cattivello sulle star nostrane e internazionali presenti sulla passerella della più importante kermesse cinematografica della Capitale 80 For Magazine


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Ornella Muti, nella serata conclusiva del Festival, ha partecipato al Gala Charity in onore di Sean Penn. La diva- ha indossato un paio di décolleté Casadei in camoscio fucsia con tacco ricoperto di cristalli Swarovski della collezione autunno/inverno 2012-13, abbinate a una pochette in camoscio dello stesso colore.

Myriam Catania (in abito Gucci) ha accompagnato sul tappeto rosso il marito Luca Argentero. Davanti ai flash ha smentito i gossip di un rapporto di coppia in crisi: «Fui io a fare la prima mossa – ha ricordato l’attrice –. Per fortuna non l’avevo mai visto al Grande Fratello. Lui è un vero cavaliere: sembra finto».

Partita un po’ in sordina, la settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma ha poi proposto alcune sorprese. All’inaugurazione una elegante Claudia Pandolfi, in abito firmato Giorgio Armani, ha aperto le danze, forse con troppa disinvoltura in un’atmosfera un poco da sagra. Poi l’arrivo di Jude Law ha mandato in fibrillazione i fan, ma il divo britannico ha evitato il red carpet. Tutti pazzi per Paolo Villaggio in gonna lunga e Stefania Rocca entusiasta per le foto da set dell’attore americano Matthew Modine. Il regista Pappi Corsicato, in concorso con il discusso film Il volto dell’altra, ha fatto visita a Marina Cicogna, che ha presentato il libro La mia Libia. A Patrizia Pellegrino una troupe delle Iene gridava “Sei tutta di plastica”, e a Sylvester Stallone “Centurione, fatte vedè”. Ammiratissime Giulia Michelini, Myriam Catania, Claudia Gerini, Roberta Armani. Da ricordare Jet Set, il documentario di Antonello Sarno sull’arrivo dei vip all’aeroporto di Roma, presentato in collaborazione con Alitalia alla Residenza di Ripetta. Ciliegina sulla torta Sean Penn ospite all’evento charity a favore dei terremotati di Haiti. Da non dimenticare il Premio Louis Vuitton con Andrea Bosca, Chiara Francini e l’onnipresente Valentina Cervi. Il cotè mondano, durante un festival, non è da trascurare: si è partiti con la (doppia) cena d’inaugurazione al Maxxi: cento fortunati a tavola, gli altri

in fila al buffet, al freddo. Filippo La Mantia, nell’omonimo ristorante ha fatto il pieno: prima ha offerto una cena a Marco Muller, direttore artistico della kermesse, e alla giuria, poi ha ospitato Sylvester Stallone. Anche se il vero evento è stato il cocktail raffinatissimo voluto da Sonia Raule, per tutti la donna più affascinante vista al Festival, e Nicoletta Mantovani, produttrici di E la chiamano estate, pellicola molto “hot” e vera sorpresa di questa rassegna, diretta da Paolo Franchi (“ha un brutto carattere”, dicono) e interpretata da Jean Marc Barr (icona di Lars von Trier), Isabella Ferrari e Luca Argentero, tutti belli, alteri ed eleganti. Il film è stato premiato con il Marc’Aurelio a Paolo Franchi per la regia e a Isabella Ferrari come miglior interprete femminile. Il Marc’Aurelio D’oro per il miglior film è andato a Marfa Girl dello scandaloso Larry Clark. Riconoscimento per la migliore interpretazione maschile a Je’re’mie Elkaim per Main dans la main di Valerie Donzelli. Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi ha vinto invece il Premio Speciale della Giuria. Da sottolineare l’iniziativa di Patrizia Mirigliani che ha voluto festeggiare Storia di un ragazzo calabrese, il documentario dedicato al padre Enzo e a Miss Italia: presenti cento Miss, alcune nonne, alcune giovanissime, con nipoti, figli, mariti e fidanzati al seguito.

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For magazine YACHTING di Sestilia Pellicano

L’arte tra le onde

Per chi ama navigare con stile, tra i modelli di questo mese ce n’è anche uno firmato dal pittore americano Jeff Koons: a bordo non ci sono solo prestazioni estreme e tecnologie all’avanguardia, ma anche tanta creatività

La Pellegrina del cantiere Couach. La caratteristica carena a “V” consente un passaggio perfetto dell’onda, conferendo velocità e comfort durante la navigazione.

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Lo scafo e le infrastrutture de La Pellegrina sono stati costruiti con un materiale dalle qualità simili al kevlar, con rinforzi in carbonio per essere più resistente agli urti.

LA PELLEGRINA Elevate performance, creatività e lusso sofisticato per questo 5000 Fly, super yacht di 50 metri della collezione “Yacht Couture” e vanto del Chantier Naval Couach

Lo yacht è stato disegnato da Jean-Pierre Fantini e arredato da Danièle Chopard, all’insegna del comfort e del lusso, con una ricca selezione di marmi italiani.

Da più di cento anni il Chantier Naval Couach dà vita a yacht su misura, costruiti con abilità e passione da uno staff di oltre 250 artigiani sulle sponde del Bacino di Arcachon, nella Gironda francese che affaccia sull’Atlantico, noto per lo sviluppo dell’ostricoltura. E proprio da una perla, “La Pellegrina” – eccezionale per purezza e iridescenza, conservata nel Museo di Mosca –, prende il nome questo super yacht di 50 metri della collezione “Yacht Couture”, la gamma di alta qualità del celebre cantiere francese. Partiamo dallo scafo, il più grande mai stampato seguendo il processo d’infusione di un solo pezzo. Sia per lo scafo che per le infrastrutture è stato utilizzato un materiale dalle qualità simili al kevlar, con rinforzi in carbonio, che lo rendono più resistente agli urti rispetto all’alluminio o al poliestere classico, e nella cui tecnologia il cantiere è leader mondiale con 30 anni di esperienza. La barca così è più solida e, allo stesso tempo, più leggera, quindi più veloce negli spostamenti, a parità di dimensioni. Altra caratteristica è la carena a “V” che consente un passaggio perfetto dell’onda, con il massimo comfort durante la navigazione, e contribuisce a rendere particolarmente veloci gli yacht Couach. In particolare, La Pellegrina è dotata di motori di ultima generazione (2 x 5.300 cv), la velocità di crociera è di 25 nodi e può raggiungere il record di 30 nodi, veramente notevole per un’unità di questa stazza. Ciò consente un naturale risparmio sul piano energetico: grazie alla leggerezza e al design della carena, infatti, questa imbarcazione vanta un consumo minimo di 180 l/ ora a 12 nodi. Altri aspetti positivi, in termini di impatto ambientale, sono dati dalle apparecchiature specializzate nel trattamento delle acque nere, il che consente la navigazione anche in aree protette riguardo ai rifiuti.

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La magnifica vista panoramica e il ponte terrazzo privato della suite armatoriale, completa di un’ampia cabina armadio e di bagno in marmo bianco.

La Pellegrina è stata disegnata da Jean-Pierre Fantini e arredata da Danièle Chopard, nomi emblematici nello yachting da vent’anni. A bordo, anche il più piccolo dettaglio è all’insegna del comfort e del lusso più ricercato, con una ricca selezione di marmi italiani, lacche e raffinate boiserie. L’imbarcazione si eleva su quattro livelli e la sola superficie abitabile è di 500 mq per ospitare fino a 12 persone. Tra le sei cabine, tutte definite da eleganti arredi, l’armatoriale si distingue per la magnifica vista panoramica e il ponte terrazzo privato, un bagno in marmo bianco con hammam e un’ampia cabina armadio. L’ambiente salone-sala da pranzo è di ben 75 mq, con vetrate a doppia altezza. Le pareti sono di legno di sicomoro e lacche bianche, il pavimento rivestito di cuoio. Le cucine sono due, oltre a un bar con plancia; sul ponte superiore c’è una jacuzzi per sei persone e diverse attrezzature da ginnastica. Tutta la più moderna tecnologia è al servizio della vita a bordo: grazie a tavolette numeriche, gli ospiti accedono a un sistema d’intrattenimento centralizzato, che comprende server video di 1.000 film, biblioteca musicale, Tv e comunicazioni satellitari, e pilotano tutte le funzioni domotiche della barca, dall’aria condizionata, alle luci, alle tende. La Pellegrina è il simbolo di una nuova, ambiziosa, strategia iniziata dal Chantier Naval Couach nel mercato mondiale dello yachting, che ha previsto notevoli investimenti a supporto di un completo rinnovo della gamma.

Il vasto salone, con zona pranzo, è di 75 metri quadrati; vanta vetrate a doppia altezza, pareti in legno di sicomoro e pavimento rivestito di cuoio.

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Il 570 è espressione della ricerca progettuale unita alla linea elegante e inconfondibile delle imbarcazioni Ferretti.

FERRETTI 570 Vincitore del “Chinese Yachting Industry Award” come miglior motor yacht sotto i 60 piedi durante la 5° edizione del recente salone nautico cinese

Anche il sun-deck è caratterizzato da una grande vivibilità degli spazi a bordo e dalla massima attenzione ai dettagli.

«So fare solo le barche che tutti conoscete, se qualcuno mi chiederà di fare barche normali vorrà dire che comincerò a fare il pensionato». C’è tutto Norberto Ferretti in queste parole pronunciate al 10° Ferretti Group Meeting, tenutosi in occasione dell’ultimo Festival de la Plaisance di Cannes. È la “New Era” per il Gruppo Ferretti: dall’inizio dello scorso agosto il neo presidente è Tan Xuguang, numero uno del gruppo cinese Shig-Weichai, principale azionista del cantiere di Forlì. “Re Norberto” ha ceduto lo scettro per salvare l’azienda di famiglia, diventando presidente onorario, ma si sente ancora parte della causa e lo conferma con lo spirito e il carisma di sempre. E proprio dalla Cina arriva un nuovo, importante riconoscimento internazionale per il Ferretti 570, tra le imbarcazioni che hanno fatto la storia di Ferretti Yachts a livello mondiale. Durante l’inaugurazione dello Xiamen International Boat Show, il salone cinese tenutosi alla metà di novembre e giunto alla quinta edizione, si è aggiudicato il “Chinese Yachting Industry Award” che lo ha eletto miglior motor yacht sotto i 60 piedi. Si tratta di una barca caratterizzata da una linea leggera ed elegante, che coniuga la vivibilità degli spazi interni con il grande comfort e l’alto livello di prestazioni, e che comprende tutti gli elementi della migliore tradizione progettuale del cantiere, dalle soluzioni innovative per gli ambienti sottocoperta alla grande attenzione per i dettagli, fino all’esclusiva progettazione delle finestrature per aumentare la luminosità a bordo. Uno yacht che ha mostrato di avere tutti i requisiti per soddisfare le esigenze di armatori di diverse età, traguardo raggiunto grazie alla consueta collaborazione tra lo Studio Zuccon International Project, il Centro di ricerca e progettazione navale del Gruppo Ferretti e il team di architetti e designer del Centro Stile Ferrettigroup.

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Foto di Andrea Ferrari.

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La decorazione dello scafo è dell’artista Jeff Koons, che l’ha concepita come un’opera site-specific.

GUILTY

Foto di Andrea Ferrari.

Arte contemporanea e design per questo 35 metri, il cui scafo è opera dell’artista americano Jeff Koons. Una mostra fotografica a Genova lo ha celebrato

«Guilty nasce come evoluzione di un rapporto consolidato con armatore e cantiere», ha sottolineato la designer Ivana Porfiri.

In occasione del 52° Salone Nautico di Genova, il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce ha dedicato a Guilty una mostra fotografica, curata da Maria Cristina Didero che da anni collabora con Dakis Joannou, armatore di questo omaggio all’arte contemporanea e al design. È uno yacht di 35 metri, costruito in Italia dai cantieri navali Rizzardi e varato nel 2008, la cui “veste pop” evoca il filone artistico che annovera nomi come Roy Liechtenstein e Andy Warhol. La decorazione dello scafo, una sorta di camouflage psichedelico, è stata concepita come un’opera site-specific dall’artista americano Jeff Koons, e riprende i “pattern” optical, dai colori forti e stravaganti, inventati durante la prima guerra mondiale dall’ufficiale britannico Norman Wilkinson per mimetizzare le navi. Negli spazi interni vanta una collezione d’arte contemporanea, curata da Cecilia Alemani, con opere di artisti di fama mondiale tra cui Anish Kapoor, David Shrigley, Martin Creed e Sarah Morris. Il nome dell’imbarcazione deriva da una grande tela della Morris, che reca la parola Guilty a caratteri cubitali, in rosso, ed è installata nella cabina padronale. Il design degli interni è di Ivana Porfiri; unico nel suo genere, è stato concepito proprio in relazione alla collezione d’opere d’arte che fanno di questo yacht una sorta di piccolo museo galleggiante. «L’arte contemporanea è stata fin dall’inizio parte costitutiva di questo progetto, essendo il suo committente un collezionista internazionale tra i più attenti agli sviluppi contemporanei – ha commentato la Porfiri –. Guilty è una barca, e non perde mai in nessun momento questo riferimento. Guilty ha provocato molte reazioni, dal rifiuto allo scetticismo al plauso incondizionato, ma solo chi ha partecipato a questo processo sa della serietà e della fatica necessarie a fare qualcosa di unico, senza riferimenti a disposizione».

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For AUTO magazine di Demetrio Moreni

Solo per il più fortunato

La nuova Lamborghini è rigorosamente “aperta”, con l’esterno e l’interno che si fondono in un tutto unico, rinunciando al tetto e al classico parabrezza. Il pilota e il passeggero dell’Aventador J dovranno munirsi di caschi e abbigliamento appropriato per godere appieno del potenziale dell’auto, molto vicina ai modella da corsa.

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For magazine

Si chiama Aventador J, il nuovo gioiello one-off della Lamborghini destinato a un esclusivo appassionato di opere d’arte su quattro ruote: l’unico esemplare realizzato vale 2,1 milioni di euro e può raggiungere velocità superiori ai 300 km/h

Aventador J 89 For Magazine

Il presidente della Lamborghini, Stephan Winkelmann, non si aspettava di certo una simile reazione di mass media, addetti ai lavori e curiosi di tutto il mondo per la Aventador J, la nuova supercar che la Casa del Toro ha svelato durante l’ultimo Salone di Ginevra. Soprattutto in virtù del fatto che il modello non è in vendita, poiché è stato realizzato in un unico esemplare, già venduto ad un misterioso e fortunatissimo cliente, capace di sborsare la cifra faraonica di 2,1 milioni di euro (tasse escluse) per poter guidare in esclusiva questo portento tecnologico. La Lamborghini Aventador J (con la lettera che completa la denominazione da leggersi non come “gei” ma come “jota”, perché si ispira ad una specie di tori andalusi, proprio come, negli anni ’70 era capitato per la mitica Miura J) è un’automobile sportiva “aperta”: niente tetto né parabrezza, ma linee esterne e interni che si uniscono senza soluzione di continuità. Due soli posti a disposizione nell’abitacolo che presenta due piccoli deflettori aerodinamici: i passeggeri sono quindi esposti all’aria, anche quando questo bolide tocca gli oltre 300 km/h di velocità, per vivere un’esperienza veramente al limite. Dal punto di vista tecnico la nuova vettura deriva dal modello Lamborghini Aventador LP 700-4 e ne mantiene le caratteristiche principali: monoscocca d’avanguardia leggera e sicura in fibra di carbonio; motore 12 cilindri di 6,5 litri di cilindrata da 700 CV (515 kw) di potenza, abbinato al cambio robotizzato Lamborghini ISR, alla trazione integrale permanente e alle sospensioni pushrod. Modello radicale dalla gamma dell’azienda di Sant’Agata Bolognese, l’Aventador J ha lineamenti estremi, frutto di una riprogettazione estetica dalla quale scaturiscono vesti molto aerodinamiche. Inoltre, non solo la struttura portante a monoscocca è ereditata dall’Aventador, ma anche i rollbar dietro i sedili, il rivestimento della


For magazine Stephan Winkelmann, presidente e amministratore delegato di Automobili Lamborghini, ha detto: «L’Aventador J è la vettura aperta più radicale nella nostra storia. L’auto unisce un design non convenzionale all’innovazione tecnologica ed è la prova che, nonostante tutte le regole, Lamborghini farà sognare anche in futuro».

Gli interni sono in “CarbonSkin”, un nuovo tessuto in fibra di carbonio. L’Aventador J è dotata di sedili realizzati in Forged Composite, che presentano inserti in materiale flessibile, brevettato dai ricercatori della Lamborghini. Invece, le linee esterne sono state disegnate per confluire all’interno della vettura in un passaggio fluido.

selleria e di parte della plancia sono realizzati in un materiale innovativo, in fibre di carbonio intrecciate e di colore nero opaco, che poi viene imbevuto di una resina speciale, facendo ottenere una struttura tessile stabile e morbida che si adatta perfettamente a qualsiasi sagoma. Applicato per la prima volta in campo automobilistico, questo materiale, definito “CarbonSkin”, è stato brevettato recentemente e per il futuro fa intravedere numerose possibilità d’impiego. Su quest’auto, dalla silhouette straordinaria esaltata dalla colorazione rossa effetto cromo e dal retrovisore a periscopio, tale tessuto è impiegato in maniera massiccia per ottimizzare ulteriormente il rapporto peso/potenza. Un risultato a cui concorrono anche l’assenza del climatizzatore e dell’impianto infotainment-navigazione, inopportuni per una vettura di simili caratteristiche. Sono invece

presenti due display TFT programmabili, posti dietro al volante Ovviamente anche il design è altrettanto specifico, caratterizzato da uno stile particolare che mette in risalto la potenza e la forte personalità di questa supercar dalle superfici scolpite, precise e spesso discontinue, che mirano ad essere al contempo esteticamente raffinate e pragmaticamente funzionali, garantendo dinamismo eccezionale, esperienza di guida esaltante, emozioni fortissime. Rispetto al modello Aventador, la parte frontale della nuova Lamborghini è leggermente più stretta e dominata dal voluminoso spoiler anteriore in fibra di carbonio a vista, dotato di braccetti di supporto centrali e di “winglets” laterali. Visto dal lato, il frontale del veicolo appare simile a quello di una monoposto di Formula 1. Gli esterni denotano una sostanziosa presenza del colore nero dei

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I cerchi in lega d’alluminio con disegno a cinque razze sono dotati di monodado e di un inserto in fibra di carbonio, che assicura una ventilazione ottimale dei freni. Il cofano del motore è in realtà un’incorniciatura che attraverso due grandi aperture mette in bella vista le due bancate del possente V12 di 6,5 litri.

L’Aventador J esprime tutto lo spirito Lamborghini in forma pura e concentrata, pur derivando da un progetto completamente nuovo, a iniziare dalle proporzioni del corpo vettura: la lunghezza di 4890 millimetri e la larghezza di 2030 millimetri (specchietti esclusi) si confrontano con un’altezza di appena 1110 millimetri.

componenti in fibra di carbonio (specie del grande diffusore posteriore), che contrastano alla perfezione con il rosso fiammante del resto della carrozzeria. Le portiere dell’Aventador J si aprono verso l’alto, sono decisamente più piatte rispetto a quelle del precedente modello e sono dotate di un piccolo vetro laterale fisso, mentre le ampie fiancate posteriori omaggiano la tradizione Lamborghini. Nel complesso il retrotreno si compone di tre elementi: il diffusore posteriore in fibra di carbonio, i quattro imponenti terminali di scarico e i gruppi ottici posteriori con lamp styling a Y, marchio di fabbrica del Toro. Tutto il resto della superficie è coperto da una griglia in metallo nera, che agisce da presa d’aria per smaltire il calore del propulsore. La parte posteriore è completata da un grande spoiler fisso ancorato a due bracci di supporto, coerente con il principio

di “form follows function” e chiaramente ispirato al settore delle corse. Sebbene la Lamborghini Aventador J sia destinata a realizzare il sogno di un unico possessore, in quanto non è prevista la costruzione di altri modelli, ciò non vuol dire che i numerosi appassionati delle dream car costruite a Sant’Agata Bolognese debbano rassegnarsi, perché l’ascesa dell’Aventador è appena cominciata. Del resto, come ha dichiarato lo stesso Stephan Winkelmann a Ginevra: «Abbiamo esaltato il Dna del nostro marchio nella sua forma più coerente. Questa automobile è senza compromessi, come solo una Lamborghini può essere».

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For MITI magazine di Silvestro Bellobono

Tutti pazzi per le Rosse

La mostra di Maranello ha un duplice valore: da una parte permettere al grande pubblico di conoscere le vetture più belle disegnate da Sergio Pininfarina in sessant’anni di collaborazione con la Ferrari; dall’altra di rendere omaggio all’uomo capace di sviluppare modelli che rimarranno per sempre nella storia dell’automobile.

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Le grandi Ferrari di Sergio Pininfarina è il titolo dell’esposizione di automobili eccezionali in onore del noto designer torinese, capace di dare lustro al Made in Italy nel mondo. Nel museo di Maranello c’è anche il prototipo di una Formula 1 Basta solo il nome per rendere appieno l’idea della solennità: Le grandi Ferrari di Sergio Pininfarina, la mostra di automobili che celebra lo straordinario progettista torinese, scomparso pochi mesi fa dopo una lunga carriera trascorsa a “vestire” vetture da favola. E, come accade spesso per le occasioni importanti, non è solo il contenuto a conferire magnificenza ad uno spettacolo, ma anche il contenitore: l’esposizione, infatti, è custodita all’interno del Museo Ferrari di Maranello, luogo simbolo del Cavallino Rampante, quasi un santuario, dove resterà fino al 7 gennaio 2013. Scopo del sontuoso allestimento automobilistico è quello di documentare, grazie ad alcune macchine uniche e di magnetica bellezza, l’opera per certi versi artistica di Sergio, figlio di Battista Farina, detto Pinin, che fu il fondatore dell’azienda di carrozzerie di Cambiano. E, naturalmente, si tratta di un omaggio romantico alla leggendaria storia d’amore tra un fantasioso ingegnere meccanico e la Rossa più veloce del Bel Paese, un legame inscindibile cominciato nel 1952 che ha esaltato e resa famosa nel mondo la pregevole raffinatezza del Made in Italy. In tutto sono esposte 22 vetture, collocate all’interno di tre sale tematiche che illustrano il lavoro dell’imprenditoredesigner ripartito per settori: i veicoli da gara nella sezione “Pininfarina e le corse”, le auto stradali nel padiglione “Pininfarina e le vetture Gran Turismo”, e i modelli sperimentali nell’area “Pininfarina e le concept car”. «Vere opere d’arte che il mondo ci invidia e che rappresentano un bello spaccato d’Italia, simboli della genialità di un uomo esemplare ma anche di imprese efficienti», ha dichiarato durante la

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La Ferrari 500 Mondial Berlinetta. L’appellativo “Mondial” era un omaggio ad Alberto Ascari, campione del mondo in carica. In mostra, oltre alle vetture, sono esposti numerosi materiali inediti provenienti dalla collezione personale dalla famiglia Pininfarina, come il mascherone in legno della Modulo.

La Dino 206 GT del 1967 (a sinistra), versione stradale del prototipo Dino 196 S. Pininfarina disegnò una vettura dalla linea morbida e classica, il V6 di derivazione Fiat fu riveduto in Ferrari. Il nome Dino fu utilizzato per la prima volta verso la fine degli anni ’50, in onore di Alfredo Ferrari, figlio di Enzo, morto nel 1956.

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Paolo Pininfarina, figlio di Sergio, posa accanto alla Ferrari P6, realizzata in collaborazione con Leonardo Fioravanti, il designer che ha lavorato ventiquattro anni con Pininfarina disegnando molteplici esemplari delle auto di Maranello. La P6 fu presentata per la prima volta al Salone di Torino del 1968.

cerimonia d’apertura Luca di Montezemolo, presidente della Ferrari, accompagnato per l’occasione da Piero Ferrari, l’unico figlio vivente del grande Enzo, e da Paolo Pininfarina, presidente dell’azienda di famiglia rappresentata anche dalla madre, la signora Giorgia, moglie di Sergio, e dalla sorella Lorenza. Ma la vera attrazione per tutti i visitatori restano le automobili. Tra le quali spiccano quelle da corsa come la 250 LM, ultima vincitrice assoluta alla 24 Ore di Le Mans nel 1965, oppure come la mitica 250 GT Berlinetta passo corto, con la quale Stirling Moss vinse il Tourist Trophy nel 1961; e poi le berlinette 500 Mondial e 250 MM, la classica sport 375 MM e la BB Le Mans. Invece, nella porzione di mostra dedicata alle auto da strada sono esposti undici esemplari, suddivisi tra le celebri berlinette a motore anteriore – come la 275 GTB4 del 1964 e la spettacolare “Daytona” in versione spider –, i motori posteriori centrali, incluso il capostipite BB (Berlinetta Boxer), e quelli dell’evo-

luzione creativa riconducibili all’era contemporanea, dove tra tutte le altre un posto speciale spetta alla Enzo. Fra le Gran Turismo si trova anche la 599 SA aperta, la vettura che Montezemolo ha voluto dedicare a Sergio e Andrea Pininfarina. Tuttavia, il gioiello più prezioso è conservato nella sala delle concept car, dove è possibile ammirare il prototipo di una Formula 1 firmata Pininfarina: si tratta della Sigma Grand Prix del 1969, una monoposto d’avanguardia per quegli anni, provvista di serbatoi protetti e sistema antincendio a bordo per offrire maggiore sicurezza sui circuiti, laddove non sempre era garantita e spesso i piloti perdevano la vita in spaventosi incidenti. Di grande interesse in questa mostra di Maranello c’è anche un’intervista inedita in video di Sergio Pininfarina, che racconta i suoi rapporti con Enzo Ferrari e Luca di Montezemolo, oltre ad un enorme monitor a parete che ripropone tutte le cento Ferrari realizzate dal designer dal 1952 ad oggi.

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ForMUSICA magazine di Nolberto Bovosselli Fabio Concato (59 anni) nasce a Milano da una famiglia di artisti: la madre è giornalista e stimata poetessa, il padre ottimo chitarrista e autore jazz. Nel 1965 forma con il fratello il suo primo gruppo rock.

Sono solo poesie

Con l’album di inediti Tutto qua, un tour nei principali teatri d’Italia e un libro dedicato alle sue canzoni, Fabio Concato ripropone al pubblico 35 anni del suo emozionante repertorio. Con un omaggio a Lucio Dalla Dopo l’accoglienza positiva da parte di pubblico e critica per il suo ultimo album di inediti, Tutto qua, uscito lo scorso marzo a distanza di ben undici anni dal precedente e lanciato in radio dal singolo omonimo e dal brano Un tre-

nino nel petto, Fabio Concato è tornato ad esibirsi live nei teatri e nei palazzetti più importanti d’Italia con il suo “Tutto qua tour”. Partita già da qualche settimana, la tournée toccherà diverse città, tra le quali Como, Milano (al Teatro

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Nazionale), Benevento, Roma (al Capitol Club), Napoli, Taranto, Bari, per concludersi a gennaio 2013. Durante i concerti il cantautore milanese proporrà le nuove canzoni, da Tutto qua a Stazione nord fino alla struggente Non smetto di aspettarti, raccontando con il suo stile attento e disincanto le piccole-grandi storie personali e della quotidianità di tutti, con le quali il pubblico ama identificarsi. A partire proprio da quelle Storie di sempre, cantate nel suo primo disco del 1977, contenente il celebre brano A Dean Martin, simpatica presa in giro del crooner americano e ottimo esempio di ispirazione leggera ma al contempo originale. Del resto l’ironia, l’elegante sobrietà, la delicatezza sono caratteristiche sempre presenti nei testi di Concato, capace di toccare le corde di argomenti nostalgici, allegri, teneri, speranzosi, ma anche di farsi portavoce di tematiche sociali, civili, ambientali, che hanno segnato la musica leggera italiana emozionando e facendo riflettere. Fanno parte del repertorio ultratrentennale che l’artista riproporrà ai suoi fan alcuni successi scolpiti nell’immaginario collettivo come Domenica bestiale, prima grande hit lanciata nel 1982 e ancora oggi gettonatissima in radio, Fiore di maggio, Guido piano, Rosalina, tutte canzoni popolari contenute nell’album Fabio Concato che nel 1984 conquistò il doppio disco di platino; poi il significativo brano 051222525, pubblicato nel 1988 e i cui proventi erano destinati a mantenere in vita il servizio del “Telefono Azzurro”, a quei tempi minacciato di chiusura; e ancora Buonanotte a te, O bella bionda, Ciao Ninìn, pezzo presentato nel 2001 al Festival di Sanremo nella sua prima partecipazione alla kermesse canora per eccellenza. Sul palco dell’Ariston Concato tornò anche nel 2007 raccogliendo ottimi consensi per il brano Oltre il giardino, che affrontava il tema della disoccupazione coniugando la denuncia sociale (per l’espulsione dei cinquantenni dal mondo del lavoro) con la rabbia poetica (in vista di un futuro di speranza). Non mancherà nei live qualche bella sorpresa, magari come nel 2003 in occasione di Voilà, il primo “Concatolive”, nel quale, oltre alla canzone omonima, l’artista ripropose alcuni grandi successi reinterpretandoli in duetti con illustri colleghi quali Anna Oxa, Samuele Bersani, Stefano Di Battista e Lucio Dalla. Proprio all’indimenticato chansonnier bolognese, scomparso lo scorso marzo, Concato dedicherà un sentito omaggio con il brano Tu non mi basti mai. Uno spettacolo di musiche e parole, quindi, che si avvarrà della collaborazione degli stessi musicisti che hanno contribuito alla realizzazione del nuovo album: Ornella D’Urbano (arrangiamenti, piano e tastiere), Stefano Casali (basso), Larry Tomassini (chitarre) e Gabriele Palazzi (batteria). A quest’ultima fatica discografica, pubblicata su etichetta Halidon, è stato dedicato anche un libro intitolato Fabio Concato-Conoscerlo e capirlo attraverso i suoi testi, scritto da Emiliano Longo.

Dalla vicinanza con i temi dell’Associazione Telefono Azzurro nasce nel 2007 Azzurro & Concato, la raccolta dei brani di maggior successo dell’artista arrangiati in una nuova veste, il cui ricavato è devoluto a sostegno dei progetti dell’infanzia.

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For magazine CONFESSIONI di Emanuela Del Zompo Lo scorso 14 maggio Giovanni Scialpi ha compiuto cinquant’anni. Oltre alla musica nel suo curriculum ci sono anche Tv, teatro e cinema. Il suo rimpianto? Non aver accettato un ruolo offertogli da Mario Monicelli.

Soffrire e ripartire

Negli anni ’80 è stato l’idolo delle teenager italiane, Rocking Rolling e Pregherei le sue hit più celebri: Giovanni Scialpi, oggi cinquantenne, si rilancia con un nuovo album che punta al mercato americano. Ma nel cuore porta con sé il dolore per la malattia che ha colpito la madre

Una carriera di successi come cantante, attore e ballerino: Giovanni Scialpi è un artista a 360 gradi, un’icona degli anni ’80 e un idolo di molte teenager, dal look un po’ dark e new romantic, che ha esordito con il brano Rocking Rolling vincendo la sezione “Discoverde” del Festivalbar 1983 e ottenendo il Telegatto come rivelazione dell’anno. Nel

1986 partecipa al Festival di Sanremo con No east no west e un anno dopo, sempre sul palco dell’Ariston, presenta Bella età. Nel 1988 vince in coppia con Scarlett Von Wollenmann il Festivalbar con il brano Pregherei: i due vivono una storia d’amore che non ha un lieto fine. Nel 1996 calca le scene teatrali insieme a Chiara Noschese e Giampiero Ingrassia

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nel musical Pianeta Proibito. Nel 2004 sperimenta una nuova avventura artistica partecipando al reality show Music Farm, ma durante lo show gli muore il padre e si autoelimina. Inizia per lui un lungo calvario: sua madre nel 2005 si ammala del morbo di Alzheimer. Oggi lo ritroviamo con un look completamente rinnovato e con il nuovo singolo Ilventocaldodellestate che anticipa l’album Panpot, in fase di promozione negli Stati Uniti. Va fatta una premessa doverosa: quel ragazzo dagli occhi dolci, oggi 50enne, appare segnato dalle vicende familiari che lo hanno colpito. Ma una cosa è certa: passa il tempo ma Scialpi è sempre lo stesso. Ci racconti di sua madre e della sua malattia. Come ha affrontato questo difficile momento? «È iniziato tutto dopo che è morto mio padre. Può succedere, mi sono documentato e ho appreso che l’Alzheimer può scaturire da forme di solitudine e di choc. È ovvio che la malattia non nasce da questi motivi, ma sono le premesse per acutizzarsi e diventare irreversibile. Il malato a questo stadio tende ad isolarsi, perde la memoria, ripete le cose sia verbalmente che fisicamente. Ma al di là di tutto ciò in Italia si tende a sottovalutare la malattia, pensando che sia la classica perdita di memoria in età senile. Eppure la cosa è molto più grave di quanto si pensi». Com’era il rapporto con sua madre prima della malattia? «Fantastico! È stata l’unica della famiglia che ha capito, nel momento del mio grande successo, che il suo ruolo era accanto a me e mi ha sostenuto. Ho avuto la fama molto giovane e la vita mi è cambiata da un giorno all’altro. Mio padre era forse più distaccato, anche se allo stesso tempo orgoglioso di me. Mi ricordo di un episodio che è diventato emblematico, quando al ritorno da un concerto in Sicilia mi sono addormentato sulle ginocchia di mia madre». Come ha vissuto la sua popolarità? «Benissimo, si divertiva un mondo, era la prima a ridere quando la chiamavano in trasmissione. Mi ha sempre detto: “Giovanni vai fiero di quello che fai, vai a testa alta, ma sappi che c’è molta invidia intorno a te!”. Ma io all’epoca non lo percepivo, affrontavo tutto come un ragazzino. Crescendo ho capito quello che mi voleva dire». La malattia di sua madre ha influito sul suo lavoro? «Tantissimo, sono arrivato persino a prendere psicofarmaci e non essendoci più mio padre mi sono dovuto far forza da solo. Sono fragile e sensibile, piango se vedo in televisione un film che mi emoziona o se qualcuno sta male. Questa malattia è la peggior cosa che possa capitare ad una persona. Quindi mi sono attaccato ai medicinali perché le crisi di panico erano difficili da gestire». Com’era suo padre? «Lui aveva paura di tutto, a volte sono stato genitore dei miei genitori». Cosa vuol dire? «Che quando mi sono distaccato da loro hanno fatto fatica ad accettarlo, e quindi per un po’ di tempo non ci siamo visti. Poi un giorno Raffaella Carrà, mentre ero in trasmissione a cantare una canzone per un ipotetico figlio che non ho mai avuto, ha fatto venire a sorpresa mio padre e ci siamo riconciliati». Lei è la stessa persona di 30 anni fa o il mondo dello spettacolo l’ha cambiata? «Sono rimasto quello che ero, ma mi sono emancipato, ho acquisito esperienza e sono più filosofico. Credo che il valore lo diamo a noi stessi con le nostre azioni».

Il brano Ilventocaldodellestate è una rilettura dance del successo del 1980 di Alice. Per il suo nuovo cd ha cambiato il nome in Shalpy, perché, a suo dire, «così in America non mi chiameranno più “Scalpai”».

sonaggi che scimmiottano le movenze di altre star non producono arte, ma solo cloni». Come vede oggi l’ambiente dello spettacolo? «Deteriorato, perché si danno chance a chiunque, basta andare in Tv per essere delle star, ma il vero artista è un’altra cosa. Per me è stato semplice arrivare perché ero convinto di quello che proponevo con la mia musica, non volevo il successo, volevo solo esistere». Cosa è successo dopo il 1994? «Ciò che avevo mi andava stretto perché mi comportava atteggiamenti che non mi appartenevano. Anche la musica cambiava e con essa il suo mercato. Ho scoperto il teatro e ho iniziato a recitare. La mia emotività e istintività erano talmente reali e forti che hanno fatto da catalizzatore alla mia arte». Le sue relazioni affettive l’hanno segnata in qualche modo? «Sì. Non credo nella bisessualità, ma nelle scelte di ogni individuo che possono cambiare nel corso del tempo. La mia sessualità è chiara. La vita ha molte più pieghe di quante ne diamo noi». Quali sono ora i suoi obiettivi? «Dare un senso al mio futuro, continuare a fare il mio lavoro, possibilmente esplorando mercati stranieri». Qual è il suo credo? «Un uomo di chiesa non può esimersi di stare a contatto con Dio, io sono un artista e devo stare a contatto con il mio pubblico. Non mi sono mai fatto domande profonde, seguo il mio istinto, rispetto il pensiero di ognuno e ne ho uno personale».

Cosa pensa della Tv e dei nuovi “talenti”? «Oggi la televisione rovina i veri artisti. I vari format dove si sfornano per-

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ForDANZA magazine di Demetrio Moreni

Porte sempre aperte

Daniel Ezralow torna nei teatri italiani a quattro anni di distanza dal suo ultimo spettacolo, Why be extraordinary when you can be yourself, che debuttò a Milano.

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allʼarte Con lo show Open, in tour nelle principali città italiane, il poliedrico coreografo Daniel Ezralow porta in scena, su melodie di musica classica, il movimento come mezzo di espressione e comunicazione. Biglietti a ruba per le tappe di Milano e Roma Il pubblico italiano se lo ricorda per la sua collaborazione con popolari trasmissioni Tv e altrettanto celebri conduttori nostrani: Daniel Ezralow, geniale coreografo americano, ha lavorato nel 2001 per lo show di Adriano Celentano 125 milioni di caz..te, nel 2007 ha realizzato le coreografie eseguite dal suo corpo di ballo durante le serate finali di Amici di Maria De Filippi, dal 2010 al 2012 ha creato i passi di danza per le puntate di apertura del Festival di Sanremo esibendosi egli stesso, mentre nel 2011 ha firmato i balletti dello show di Fiorello Il più grande spettacolo dopo il weekend. Ma il legame speciale tra Ezralow e l’Italia non si ferma qui, e coinvolge anche il cinema, che lo ha visto prendere parte alla realizzazione di numerosi film, tra i quali La visione del sabba di Marco Bellocchio, L’ultimo concerto di Francesco Laudadio, Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti di Lina Wertmuller, Ulisse e la balena bianca di Vittorio Gassman. Ora, e fino a marzo 2013, le platee italiane possono apprezzare la creatività di Daniel Ezralow nel suo nuo-

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Il corpo di ballo della DEConstructions Dance Company è composto da Chelsey Arce, Dalila Frassanito, Santo Giuliano, Stephen Hernandez, Kelsey Landers, Re’Sean Pates, Marlon Pelayo, Anthea Young. Oltre a Ezralow firma lo show anche Arabella Holzbog.

vo spettacolo teatrale Open, un’eccezionale selezione di affascinanti coreografie create per il palcoscenico e capaci di fondersi con celebri brani di musica classica. Lo show, partito qualche settimana fa da Civitanova Marche, toccherà oltre quaranta città italiane, inclusi i piccoli centri e le grandi metropoli, come Milano dove sarà in scena al Teatro degli Arcimboldi dal 18 al 20 gennaio prossimi, e Roma dove verrà ospitato all’Auditorium della Conciliazione nelle date del 1-2 marzo 2013. Danza contemporanea e musica classica diventano un tutt’uno in Open, esaltando questo binomio non solo in nome della performance fisica dei suoi interpreti, ma anche dell’umorismo, delle emozioni e dell’intrattenimento travolgente offerto al pubblico, che viene trasportato in un caleidoscopio di balli, immagini, gesti, suoni, sensa-

zioni. In tutto ciò l’obiettivo dell’autore rimane sempre lo stesso: interrogarsi continuamente sul concetto di danza e umanità. Il cast dello spettacolo è composto da otto ballerini e ballerine della DEConstructions Dance Company, la compagnia americana creata da Ezralow che si avvale di talenti e stili differenti (dalla danza classica a quella moderna, dalla ginnastica alla street dance) e che può contare anche su due danzatori italiani: Dalila Frassanito e Santo Giuliano. Quel che colpisce del coreografo di Los Angeles è la sua abilità nel reinterpretare l’arte del movimento, trasformandola in una forma di comunicazione visiva che fonde insieme passi, ritmo, rapidità, leggerezza, divertimento, sorprese, emotività, coinvolgendo lo spettatore anche attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, luci, quadri e vignette proiet-

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Ezralow, formatosi alla scuola di Paul Taylor, è fra i fondatori delle compagnie Momix e Iso (per la quale è ballerino solista, coreografo e direttore).

tate sullo schermo. Anche così si spiega la stima nei suoi confronti e l’apprezzamento notevole guadagnati presso l’ambiente dello spettacolo mondiale. Ezralow ha creato coreografie originali per numerose compagnie internazionali, fra le quali The Paris Opera Ballet, Hubbard Street Dance Chicago e Batsheva. Lo spettacolo multimediale Mandala (1999-2002), da lui diretto, coreografato e ballato, ha fatto il giro del globo ed è stato etichettato come il lavoro di un “genio moderno”. Il suo estro creativo lo ha portato a calcare i palcoscenici teatrali più prestigiosi con opere come Aeros, Love del Cirque du Soleil, Cats nella versione italiana della Compagnia della Rancia, il musical Spiderman - turn off the dark, diretto da Julie Taymor con musiche di Bono Vox e The Edge, e il suo ultimo spettacolo Why. Sempre diretto dalla Taymor ha ballato e recitato

nel film musicale Across the Universe, grande successo del 2007. Hanno richiesto la sua presenza e consulenza artistica alcuni musicisti del calibro di David Bowie, Sting, Pat Metheny, Andrea Bocelli, Ricky Martin e U2, nonché noti stilisti come Roberto Cavalli, Hugo Boss, Issey Miyake e Koji Tatsuno. Forse l’apice della sua popolarità l’ha raggiunto nel 1998, quando è stato chiamato a coreografare i balletti della 70esima edizione dei Premi Oscar, lavoro per il quale ha poi ricevuto una nomination al Premio Emmy. Un artista a tutto tondo che per esprimersi adopera e fa adoperare ad altri il corpo, perché come lui stesso dice «la danza è uno scambio di emozioni».

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For magazine PERCORSI di Nolberto Bovosselli

Affresco con l’episodio del ratto del Palladio, 20-37 d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

La globalizzazione ai tempi delI I̓ mpero

Roma Caput Mundi è l’imponente mostra che, attraverso sculture, mosaici, affreschi, oggetti, rievoca la grandezza di una civiltà capace di dominare il mondo non solo con la forza delle armi, ma anche grazie all’integrazione in sé dei popoli sottomessi 104 For Magazine


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Ritratto di Caracalla, villa sulla via Cassia, 212-215 d.C., Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme.

Con l’ambizioso progetto di celebrare la storia dell’espansione politica e culturale dell’Urbe, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici presenta Romai. Una città tra dominio e integrazione, la mostra solenne che fino al 10 marzo 2013 offrirà il pa-

trimonio esclusivo e rinverdirà i fasti antichi di una “storia unica” senza eguali nel mondo. Nelle tre sedi della Curia Iulia, del Colosseo e del Tempio del Divo Romolo nel Foro romano è possibile ammirare il percorso espositivo, le cui opere vanno dalle origini

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Statua di imperatore seduto, identificato con l’imperatore Claudio, Augusteum (cosiddetta Basilica), I secolo d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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di Roma alla conquista dell’Italia e delle province, sottolineando gli influssi culturali, religiosi, sociali di una civiltà simbolo di potenza universale. Il curatore-storico Andrea Giardina ha ricordato con orgoglio che si tratta della prima grande esposizione sul carattere della storia romana dopo la celebre mostra augustea della romanità, nel lontano 1937, che in piena epoca fascista esaltava la forza militare e lo spirito rigoroso dell’Impero dei Cesari. Oggi, invece, lo scopo di Caput Mundi è quello di trasmettere al pubblico una visione più ampia di quel popolo e delle sue gesta, evidenziando attraverso “ciò che ci rimane” la sua capacità di integrare in esso le diverse etnie che andava conquistando, in una sorta di società globale ante litteram. Come, del resto, è ben esplicitato nella seconda parte del titolo che pone l’accento su due aspetti, dominio e integrazione, che meritano un approfondimento. Infatti, da un lato la raccolta di opere esibisce i caratteri più duri dell’egemonia romana, come la guerra, la schiavitù, le violenze, le sofferenze inferte alle comunità assoggettate con la forza. Tuttavia, dall’altro lato si focalizza lo sguardo anche su un altro aspetto: l’innata qualità di Roma come «città aperta» agli altri popoli, che venivano da subito inclusi sotto l’egida delle leggi universali, con la concessione di cittadinanza e diritti, con la possibilità per gli schiavi di affrancarsi, con il riconoscimento di un “corpus iuris civilis” che, non a caso, ha rappresentato per secoli la base del diritto comune europeo. È possibile analizzare questi due aspetti, apparentemente conflittuali, attraverso oltre un centinaio di opere scelte tra le sculture, i mosaici, gli affreschi, i bassorilievi, le monete e altri reperti archeologici, suddivisi nelle tre dislocazioni della rassegna. Alla Curia Iulia, dove sono presenti le sezioni “Il manifesto dell’integrazione romana”, “Origini esotiche”, “Roma città etrusca”, è esposta la Statua di imperatore seduto, ovvero Claudio, l’imperatore storicamente dipinto come debole. La sua scultura colossale proveniente dalla Basilica di Ercolano troneggia nella Curia, il luogo dal quale nel 48 d.C. egli parlò ai senatori per convincerli ad accogliere tra i loro ranghi i notabili delle Gallie. Nella stessa sede sono conservati sia l’editto di Caracalla, l’imperatore che con questo atto concesse la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’Impero, sia la narrazione visiva delle leggende sulle origini, inclusi i riferimenti a Romolo che creò la città concedendo asilo a chiunque lo chiedesse. All’Anfiteatro Fla-


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Rilievo con corteo bacchico, età augustea-tiberiana, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

vio, comunemente noto come Colosseo, è collocata la più ampia gamma di sezioni storiche da visitare, ripartite in: “I due volti di Roma”, “L’Italia dei romani”, “La rivolta degli italici”, “Romanizzazione”, “Roma città greca”, “Il mondo a Roma”, “La repressione dei Baccanali”, “Ebrei e romani”, “Da cose a cittadini”. Particolare risalto viene dato alle istanze culturali, sociali e politiche del mondo romano, dalle origini troiane con la venuta di Enea sino alle influenze greche ed etrusche, passando per le dominazioni in Italia e nel Mediterraneo. Vengono approfondite anche le condizioni degli “stranieri” e i cambiamenti di questo status, dati dall’ascesa dei provinciali, come ad esempio gli imperatori “spagnoli” Traiano e Adriano, che giunsero fino alle più alte cariche istituzionali. Infine, nel Tempio del Divo Romolo, al Foro romano, sono indagati gli aspetti cronologicamente più vicini a noi, nella sezione “Razza romana. Invenzioni di Roma e della romanità tra politica e cinema”, in cui si sottolinea anche come l’industria di Hollywood con i suoi colossal e il genere peplum abbia contribuito non poco a creare il mito moderno di Roma. L’altro curatore della mostra, l’archeologo Fabrizio Pesando, ha rimarcato le difficoltà di mettere insieme un simile allestimento, soprattutto in alcune sue porzioni scarse di ritrovamenti, come quella sugli schiavi, dei quali tuttavia è notorio che potessero aspirare a diventare cittadini di pieno diritto. A conferma che gli antichi romani, a differenza degli altri popoli della storia, non avevano timore di rappresentare un melting pot sociale, a cui guardare con attenzione anche oggi.

La Grecia… prima della crisi Fino all’11 gennaio 2013, il Complesso del Vittoriano ospita Ellenico plurale. Dipinti dalla Collezione Sotiris Felios, la mostra dedicata ad un’ampia panoramica sull’arte greca contemporanea, dagli anni Ottanta ad oggi. Sono esposti 88 dipinti di 25 artisti greci delle due ultime generazioni, provenienti dalla collezione privata di Sotiris Felios, raccolta d’arte prestigiosa composta da più di settecento pezzi. La rassegna, organizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è curata da Giuliano Serafini, che l’ha definita «uno sguardo sicuramente “di parte”, ma con tanta storia alle spalle».

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For magazine VISIONI di Nolberto Bovosselli

Paul Klee, Mazzarò, 1924. San Francisco Museum of Modern Art.

L’Italia secondo Paul Klee Una grande mostra alla Gnam esamina l’influsso della cultura e dei paesaggi del nostro Paese sull’opera del pittore astrattista tedesco, che nel corso della sua vita lo visitò più volte, traendo profonda ispirazione e interessanti spunti di riflessione

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Paul Klee, Croci e colonne, 1931. Staatsgemäldesammlungen München - Pinakothek der Moderne.

Dopo L’Italia di Le Corbusier al Maxxi (che For Roma ha presentato il mese scorso), lo scenario capitolino ospita un’altra mostra dedicata al rapporto speciale che ha legato il Bel Paese ad un brillante artista che tanto l’ha amato: Paul Klee e l’Italia è l’esposizione che analizza l’influenza della cultura e dei paesaggi della nostra nazione sul lavoro del pittore tedesco (1879 – 1940), in relazione ai vari passaggi del suo percorso artistico e umano, dagli inizi al periodo nella scuola d’arte Bauhaus, fino agli anni conclusivi della sua vita trascorsi a Berna, in una sorta di isolamento dal mondo dovuto ai gravissimi problemi di salute per una sclerodermia progressiva. Ma sino all’ultimo continuò a dipingere e a considerare l’astrattismo dei suoi quadri come un discorso dell’arte sulla realtà, e non già come una sua semplice riproduzione. Attraverso un corpus di circa cinquanta opere (delle oltre 10.000 a

lui attribuibili) direttamente correlate all’Italia, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea celebra, fino al 27 gennaio 2013, il genio di un uomo che della Penisola adorava ritrarre principalmente i paesaggi, considerando le regioni e le città toccate dai suoi viaggi, ai quali si devono aggiungere i lavori dedicati alla vegetazione del Sud, come ulivi e limoni, e ad alcuni temi, come quello archeologico, quello marino o quello musicale, tipicamente italiani e a lui tanto cari. Nato in Svizzera da una coppia di artisti (padre musicista e madre cantante) Klee si trasferì presto in Germania, a Monaco di Baviera, dove completò la sua formazione. Ma gli mancava il mare. Così la sua passione per i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo lo spinse spesso a viaggiare per motivi di studio e di vacanza. Il soggiorno a Tunisi nel 1914 e quello in Egitto tra il 1928 e il 1929 furono determinanti per la

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Paul Klee, Festa notturna, 1921. Solomon R. Guggenheim Museum, New York

sua carriera: da quel momento si impadronì completamente del colore e iniziò a preferire nelle proprie tele le tonalità calde, tipiche di quest’area geografica. Ma ancor più significativi nel suo percorso artistico, dopo aver prestato servizio per tre anni nell’esercito tedesco al fronte durante la prima guerra mondiale, furono i ripetuti viaggi in Italia, fonti d’ispirazione creativa, di considerazioni teoriche e di svolte artistiche. In realtà, quando era ancora giovanissimo, tra l’ottobre 1901 e il maggio 1902, era già stato a Roma, Napoli, Firenze, le tre mete principali del suo Grand Tour di formazione. Proprio questo viaggio di apprendistato segnò la sua nascita come pittore e gli offrì proficui spunti di riflessione che avrebbe sviluppato negli anni successivi. In seguito, in età adulta e già da artista affermato, Klee tornò altre cinque volte nel nostro Paese, a partire dalle visite in Sicilia nel 1924 e nel 1931; fu poi

all’isola d’Elba nel 1926, a Viareggio nel 1930 e, infine, a Venezia nel 1932. Naturalmente, nel corso di questi itinerari ebbe modo di fermarsi anche a Milano, Genova, Padova, Ravenna, Pisa, di nuovo a Firenze e nell’amata Napoli. Ognuna di queste tappe gli ispirò qualcosa di diverso, e soprattutto gli permise di entrare in contatto con alcune correnti artistiche come il Futurismo e con importanti kermesse culturali come la Biennale di Venezia. La mostra alla Gnam, curata da Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi, intende approfondire, appunto, questi viaggi del pittore, evidenziando la grande influenza che essi hanno avuto sul suo linguaggio astratto e sulla sua opera, in cui la realtà è rarefatta, essenziale, ridotta spesso a semplici linee o campiture colorate. Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni: “Il viaggio in Italia 1901-1902 – Invenzioni”, “Tra espressionismo e futurismo”, “Le

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Paul Klee, Americanogiapponese, 1918. Collezione privata.

Paul Klee, Ritratto della signora P. al Sud, 1924. Guggenheim, Venezia.

vacanze d’artista 1924-1932”, “Gli anni della nostalgia. L’opera tarda 1934-1940” e “L’Italia e Klee”. Natura, architettura, classicità e musica sono i punti basilari nei quali si condensa la “visione italiana” del pittore, che lo portò a una continua osservazione dei capolavori nostrani e ad una sua successiva rielaborazione personale. Tra i quadri esposti spiccano il Comico (1904), Con la lampada a gas (1915), Americanogiapponese (1918), Composizione urbana con finestre gialle (1919), Festa notturna (1921), Mazzarò (1924), Ritratto della signora P. al Sud (1924), Quartiere di ville fiorentino (1926), Croci e colonne (1931). Inoltre, sono presenti in mostra anche due prestiti eccezionali dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, che attestano l’interesse di Klee per l’arte antica, il suo ricordo di Villa Adriana e delle sculture raffiguranti le muse: la Testa di satiro (da Tivoli, marmo bianco, II

secolo d. C., Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano) e la Statua di Calliope (marmo pentelico, Collezione Boncompagni Ludovisi, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps). Infine, oltre ai dipinti del pittore astrattista, nelle sale della Gnam è possibile ammirare anche le opere di altri artisti stranieri e italiani, quali Kandinsky, Moholy Nagy, Max Bill, Albers, Licini, Soldati, Perilli, Novelli: alcuni di essi, in particolare Melotti, Licini e Novelli, oltre a critici come Argan, Ponente, Dorfles, hanno contribuito in modo decisivo a far conoscere Klee in Italia, sostenendo con forza l’attività di gallerie a Milano, Torino, Bologna, che hanno permesso la circolazione costante dei suoi lavori.

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For DAmagazine LEGGERE di Sestilia Pellicano

Una strada in arte

Via Margutta, nel rione Campo Marzio, è la strada delle gallerie d’arte e dei ristoranti alla moda. Ogni anno ospita la rassegna Cento Pittori a via Margutta.

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Uno straordinario omaggio alle storie e ai personaggi che hanno reso celebre via Margutta, raccontati con garbo e passione nel volume di Valentina Moncada, gallerista e discendente del marchese Patrizi che vi costruì i famosi atelier

“Benvenuti nella piccola strada rosa” (“the sleepy little pink street) che incantò Lee Bouvier quando visitò Roma per la prima volta con la sorella Jacqueline, la futura first lady Kennedy, ormai mezzo secolo fa. Valentina Moncada di Paternò ci accompagna così ne “La Passeggiata”, una delle due sezioni di Atelier a via Margutta. Cinque secoli di cultura internazionale a Roma, il meraviglioso volume curato per Umberto Allemandi & C., in cui ripercorre le vicende degli studi d’arte e dei numerosissimi artisti che hanno fatto di via Margutta un’icona dell’Italia nel mondo. In questa piccola strada alle pendici del Pincio, in Campo Marzio, un tempo odorosa di orti e vigneti, regna ancora un’atmosfera intima, raccolta. Una allure magica avvolge le facciate delle case, ci accoglie nei vasti cortili ricoperti di ghiaia – quasi dei microcosmi orgogliosi della propria eredità culturale – e si riflette nelle pagine dell’opera, lungo il percorso retrospettivo che ricostruisce in modo attento e documentato la storia dei movimenti artistici della celebre strada. L’affascinante viaggio nell’arte attraverso i secoli prende le mosse dalla costruzione degli Studi Patrizi, i primi atelier per artisti voluti nel 1858 da Francesco Naro Patrizi Montoro, trisnonno della Moncada. Parte di quelli che erano gli “Horti Naro” divenne così il complesso di oltre 200 atelier, sede anche dell’Associazione Artistica Internazionale, vera e propria comunità culturale e cosmopolita nella nascente capitale del Regno d’Italia. La Moncada ricostruisce così la storia della strada degli artisti, legata in modo indissolubile alla storia della propria famiglia. Pittori, scultori, musicisti, scrittori: impossibile citare tutti i personaggi che ebbero lo studio, la residenza, o che comunque frequentarono via Margutta. A cominciare da Mariano Fortuny e i tanti pittori spagnoli che vi risiedettero tra gli ultimi decenni dell’800 e l’inizio del ’900, per proseguire con l’Avanguardia, D’Annunzio e la Duse, Igor Stravinsky che frequentava lo studio di Picasso, Sibilla Aleramo e gli scrittori bohémien. Anni dopo, diviene uno dei luoghi della “dolce vita” anni Cinquanta, oltre

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Audrey Hepburn in via Margutta, davanti al cortile del 51 A, durante le scene del film Vacanze Romane, 1953.

che set per il cinema: qui Billy Wilder gira Vacanze romane con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Vi hanno abitato Giulietta Masina e Federico Fellini, Anna Magnani e Marcello Mastroianni, artisti come Carla Accardi, Novella Parigini, Giulio Turcato; vi risiede tuttora Luigi Ontani. Negli anni Sessanta, nel cortile del civico 54 c’era lo studio di Johnny Moncada, padre di Valentina, fotografo di moda e pubblicità protagonista di una stagione indimenticabile del Made in Italy, che sposò Joan Whelan, modella americana tra le preferite di Hubert de Givenchy a Parigi. Nello stesso luogo, Valentina Moncada ha diretto la sua galleria d’arte contemporanea dal 1990 al 2011. Signora Moncada, cosa rappresenta per lei via Margutta? «A via Margutta c’è tanto della mia famiglia. Qui, da bambina, mi divertivo

ad assistere ai servizi di mio padre, i cui fondali a volte erano realizzati da amici artisti come Gastone Novelli. Direi che con la strada c’è un rapporto di reciprocità. La cultura della strada che si apre al mondo. Luigi Ontani, nel 2009, realizzò il mar’ DEI guttAvi. Luigi Ontani – Tableau vivant: una processione rituale lungo via Margutta ricordando i personaggi che la resero famosa, da Poussin a Fortuny, da Severini a Fellini e altri. Questo mi spinse in modo particolare a mettermi in relazione con la strada». Pur con i normali cambiamenti, cosa è rimasto uguale nel tempo? «È ancora una strada isolata, nel centro di Roma. Poi la luce, quella luce particolare che l’avvolge… E una sorta di malinconia dovuta ai tanti antiquari».

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La top model Veruschka nello studio di via Margutta, 1964 circa. Archivio Johnny Moncada.

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Copertina del volume Atelier a via Margutta. Cinque secoli di cultura internazionale a Roma, a cura di V. Moncada di Paternò, Umberto Allemandi & C., Torino, 2012.

Perché il suo trisnonno, appartenente all’aristocrazia vaticana, volle costruire residenze per artisti?
 «Nel suo studio a Palazzo Patrizi, tra ripostigli e finte boiseries, ho trovato un autoritratto sul muro, a figura intera. Ricco di dettagli, con un finto squarcio sulla porta che si apre su un paesaggio lacustre: Francesco Patrizi, nel privato, amava dipingere!». Cosa ha significato per lei aprire la galleria in via Margutta? «Ho sempre immaginato, nel mio intimo, una sorta di “cubo bianco”, uno spazio vuoto che l’artista definisce con le sue opere, un luogo di creazione attraverso il quale guardare il mondo come in un caleidoscopio: uno spazio scenografico in continua trasformazione, che crea nuove immagini. Da bambina, il “cubo bianco” era lo studio di mio padre, che cambiava ogni volta. Più tardi, a New York, ritrovai il “cubo bianco” nelle gallerie e pensai che avrei potuto averne uno mio. Uno spazio che si reinventa ogni volta: dopo aver smontato una mostra, restavo nello spazio bianco per percepirne la nuova dimensione». Ritratto di Francesco Patrizi nella Camera Medioevale nelle vesti d'artista. Roma, Archivio Privato Patrizi Montoro. Fotografia di C. De Grazia.

Ha aperto la sua galleria nel 1990, al rientro dagli Stati Uniti. Cosa le

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Valentina Moncada con il marito Luiz Fontes Williams e Yayoi Kusama, Galleria Valentina Moncada, 1993, foto di C. De Grazia, Courtesy Valentina Moncada.

è rimasto, in particolare, dell’esperienza americana e di quegli anni? «Gli studi e poi l’esperienza presso la galleria di Annina Nosei sono stati molto importanti: Basquiat, le prime mostre di Clemente, Chia, l’espressionismo tedesco e il graffitismo americano. Le dimensioni gigantesche e l’energia che emana la pittura americana. E i bellissimi musei, gli spazi immensi dei luoghi-contenitori per l’arte, basti pensare al Guggenheim». New York, Londra e le altre capitali europee e non solo: cos’è che Roma non riesce proprio ad avere in questo settore? «Spazi adeguati per l’arte. C’è il Maxxi, certo, ma abbiamo anche rischiato di chiuderlo. Eppure ci sono tanti felici esempi all’estero, basterebbe prenderli a modello. Le opere d’arte hanno bisogno di un contesto, di un “contenitore” adeguato. Se così non è l’arte viene banalizzata, c’è un appiattimento del ruolo». Tra i tanti artisti qual è stato particolarmente importante per lei? «Sono stati molti. Ogni tanto mi torna in mente qualcuno con più intensità. Ad esempio, l’inglese Gillian Wearing, che utilizza molto i video e si concentra sull’identità femminile. Come la performance con un video

gigantesco, nel ’96, in cui riprendeva se stessa in una stazione, e come le persone interagivano con lei. Nel caso dei video, mi chiedevano di oscurare la galleria, ed ecco che c’era un rovesciamento e il cubo diventava nero! Anche Christian Marklay e i suoi giganteschi volti umani. E Chen Zhen: nella mia galleria è stata allestita la sua prima mostra personale, una vera scommessa perché era completamente sconosciuto. Appena arrivato dalla Cina, senza soldi. Avevo capito subito che era un artista che proponeva un lavoro molto colto. È morto dopo dieci anni, senza quasi avere il tempo di capire quanto fosse diventato famoso». Lo scorso anno ha chiuso la sua galleria… «Al momento possiamo dire che si è esaurita l’esperienza del “cubo bianco”, così ho trovato un’altra “strada” nell’arte: curo eventi in grandi musei internazionali, come la personale di Carlo Gavazzeni Ricordi all’Ermitage di San Pietroburgo, la cura di collezioni private e progetti editoriali come questo. Ho un archivio immenso, immagini e anche rapporti epistolari: vere e proprie testimonianze storiche che stiamo organizzando in formato digitale. Ciò non toglie che possa tornare la fase del “cubo bianco”, chissà, magari al di fuori dell’Italia…».

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For magazine VISTI DA VICINO di Marco Gastoldi

Il tuo scatto è come

Guido Harari, Frank Zappa, © Guido Harari.

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un rock Guido Harari e le star della musica, cioè quando un grande fotografo incontra delle vere e proprie leggende. E ci regala ritratti indimenticabili

Cosa ci facevano insieme un fotografo musicale, un esperto di ecodesign e i big della scena mondiale Made in Usa seduti intorno ad un tavolo sudamericano? Ad averli riuniti dopo un incontro “casuale” è Sonicamerica, la retrospettiva fotografica che ha ripercorso i miti della musica americana immortalati davanti all’obiettivo di Guido Harari. Patti Smith, R.E.M, Bob Dylan, Frank Zappa e Iggy Pop erano solo alcune delle stelle ritratte dal fotografo italiano fondatore della Wall Of Sound Gallery, per un percorso che ha segnato il sodalizio fra rock e design: la mostra è stata ospitata negli spazi dello showroom milanese Environment Furniture, satellite dell’omonimo brand con headquarter californiano tutto dedicato al design ecocompatibile ideato da Davide Berruto. «Non più di un anno e mezzo fa mi sono imbattuto per caso nello showroom Environment mentre camminavo in centro a Milano», ha raccontato Harari. «Cercavo una soluzione di arredo per la mia nuova galleria, Wall Of Sound, che avrei inaugurato di lì a qualche mese nel cuore di Alba – ha continuato il fotografo della musica –. Perché non lanciare proprio lì uno spazio espositivo interamente dedicato alla musica e al suo immaginario? Qualcosa che mancava del tutto o quasi in Italia». «La collaborazione tra Guido Harari ed Environment è iniziata, come spesso succede, per caso, o come direbbero quelli che non credono alle coincidenze, è stata voluta dal destino», ha invece raccontato Davide Berruto, che poi ha aggiunto: «La filosofia di Environment “Enjoy, share and preserve” ha aperto una breccia nel suo cuore, così come io sono rimasto colpito dall’abilità magica di Guido nell’umanizzare i miti della musica fotografati durante la sua lunga carriera. È stato quindi naturale che Environment e Guido diventassero più che amici. Quello che è successo e che ancora dovrà succedere è già storia!». Come nella storia sono entrati loro, i grandi protagonisti del rock: l’esposizione, organizzata con il contributo della rivista Rolling Stone, ha offerto ai visitatori la possibilità di ammirare una serie di ritratti fotografici e scene tratte da performance live delle più importanti

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Guido Harari, Lou Reed, © Guido Harari.

leggende del genere internazionale. Fra i tavoli in legno sudamericano riadattato ecco Patti Smith, la sacerdotessa maudit ritratta in tutta la sua originale bellezza. Erano gli anni Settanta quando divenne l’esponente del rock intelligente e nuovo, stregando i critici con Because the night scritta da Bruce Springsteen. La poetessa americana rimane ad oggi una delle voci più passionali e inebrianti: una sonorità nuda ed elettrica che durante uno dei passaggi più spericolati del quarto album Wave gridava “La musica è riconciliazione con Dio”. Immediatamente vicina al suo ritratto ecco la performance artist Laurie Anderson, alla quale piaceva

definirsi come “narratrice di storie”. Ricordiamo l’artista di strada inseparabile dal suo violino attraverso il singolo O Superman (for Massenet), composizione datata 1981 che divenne celebre in Italia fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta grazie ad una serie di spot pubblicitari del Ministero della Sanità. Bon Dylan è apparso invece carico d’intensità nel ritratto del 1984: erano gli anni della critica verso gli album Infidels e Knocked out loaded, giudicati da Rolling Stone come deprimenti ma considerati da altri come geniali e visionari. Lou Reed e Leonard Cohen si trovavano invece fra due divani realizzati dai designer Jean Marie Mas-

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Guido Harari, Patti Smith, © Guido Harari.

saud e Aldo Cibic a partire da tele dell’esercito americano: una scelta che evidenzia l’attenzione del marchio per le tematiche legate alla sostenibilità ambientale. «Mi piace il team di Environment e la sua visione creativa. Mi piacciono i materiali utilizzati e il loro design. Mi piace il concetto del materiale riciclato, della sua vita allungata. Applico lo stesso principio ai miei libri e alle mie mostre, progetti a medio-lungo termine che mi consentono di pensare lentamente, di concentrarmi e soprattutto di approfondire ciò che più mi interessa. A poco a poco è scattata la scintilla di una mostra che raccogliesse i miei ritratti musicali nello showroom di

Milano, fuori dai triti canali convenzionali. È arrivato il momento di godere dell’arte fuori dai musei, in spazi e ambienti che rispecchiano la nostra vera identità. Un’arte non più in solenne sospensione, ma vissuta nella propria quotidianità», ha precisato il fotografo a proposito dell’incontro con il brand Environment. Ed è proprio nello spaccato di un appartamento accogliente dove la fotografia musicale, espressione artistica molto apprezzata e consolidata oltreoceano, ha offerto il meglio di sé agli amanti del genere, così come a tutti coloro che apprezzano un design artigianale attento all’ambiente e all’uomo. Incredibile osservare come

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Fabio Treves e Saturnino. Š Dario De Boni

Michele Lupi, Giovanni Gallizio e Guido Harari. Š Dario De Boni

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Guido Harari, R.E.M., © Guido Harari.

Harari abbia celebrato il successo delle sue star riuscendo ad immortalare l’allure e la creatività di ipnotizzare attraverso il corpo, l’atteggiamento, lo sguardo e i tratti del volto: immagini senza eccessi che valorizzano significati non solo estetici dai quali emerge il rapporto di conoscenza intima e profonda fra artista e artista, davanti e dietro l’obiettivo. Durante l’intero viaggio fra le persone e le personalità dell’universo Harari è impossibile non costruirsi l’idea del cambiamento dell’immaginario visual del genere rock. Da Iggy Pop immortalato su un background infuocato fino ad un Carlos Santana estroso ed inedito, passando per Tina Turner

ritratta in tutta la sua maestosità che emerge sul palco da un drammatico sfondo scuro, cosa sarebbero le stelle del rock senza immagine? E cosa sarebbe la loro storia senza la fotografia, prova visibile di quello che hanno fatto, dei luoghi che hanno visitato, dei vestiti che hanno indossato e delle persone che hanno incontrato?

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ForSCATTI magazine di Bruno Oliviero

Quando incontri Sarah Altobello, 24 anni, nativa della Puglia, ti viene voglia di cantare Splendida splendente, facendo il verso a una famosa canzone degli anni ’80 di Donatella Rettore. Con il suo fisico e con la sua altezza le è stato molto facile calcare le passerelle di tutta Italia. La sua carriera è iniziata come indossatrice. Poi a vent’anni ha deciso di studiare recitazione e cullare il sogno di diventare attrice. La prima a valorizzarla è stata la Rai, facendola partecipare a trasmissioni come Domenica In e Quelli che il calcio, e affiancando Tullio Solenghi nella serata dei David di Donatello 2012. La sua bellezza mediterranea e le sue indubbie doti artistiche la stanno portando verso altri traguardi. Ultimamente è apparsa sui cartelloni di una campagna pubblicitaria di costumi da bagno. Sarah ha carattere, ambizione e tutte le carte in regola per arrivare al successo!

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L’ANGOLO For magazine DEL BENESSERE di Elda Bertoli

LA BANCA DELLA BELLEZZA Grazie alle scoperte della medicina rigenerativa è possibile conservare i tessuti adiposi in eccesso, prelevati attraverso liposuzioni e fat grafting, e riutilizzarli in futuro sia per interventi estetici o ricostruttivi sia per curare eventuali malattie

Chi crederebbe attualmente all’esistenza di una banca del proprio grasso corporeo da conservare e riutilizzare nel tempo per ridare splendore e giovinezza quando lo decidiamo? Questa la spiegazione. Già da molti anni chirurghi plastici e ricostruttivi eseguono trapianti di adipe da una parte all’altra del corpo (lipofilling). Sebbene questa tipologia di interventi non sia nuova, la popolarità del fat grafting è aumentata negli ultimi anni grazie alla scoperta dell’adipe come fonte importante di cellule staminali e rigenerative. Durante questi interventi, gli specialisti del settore hanno sempre desiderato avere la possibilità di conservare parte del tessuto adiposo prelevato durante una liposuzione, da poter riutilizzare sullo stesso paziente in interventi futuri. Questa possibilità consentirebbe a molte donne di avere a disposizione il proprio naturale adipe per interventi futuri di lipofilling, senza il bisogno di doversi sottoporre ad altri prelievi, risparmiando tempo e costi. In più, questo banking ha l’effetto di fidelizzare i pazienti ai medici, facendo sì che gli stessi associno il loro tessuto a uno specifico chirurgo, aumentando la probabilità di un ricavo futuro. Tale desiderio di conservazione del grasso non è mai stato realizzato prima d’ora, semplicemente perché non esisteva una metodologia che consentisse di congelare e scongelare il grasso in modo sistematico e affidabile, fornendo un tessuto utilizzabile per re-impianti. Oggi è possibile iniziare ad offrire questo servizio, come racconta il dottor Roberto Scalco, specialista in chirurgia

plastica ricostruttiva presso la Scuola di Specializzazione del Policlinico Gemelli, presidente dell’Associazione Medica di Chirurgia Estetica Avanzata, e membro dell’Associazione di Medicina Rigenerativa. Ogni paziente potrebbe conservare in modo sicuro il proprio tessuto adiposo per interventi cosmetici o ricostruttivi futuri, senza contare che al tempo stesso potrebbe utilizzare le cellule staminali presenti nel suo grasso per curarsi dopo un infarto o un’insufficienza renale. Tutto questo è possibile, sostiene Scalco, grazie alla visione e alla tecnologia di una società che opera nel settore delle biotecnologie, con sede a San Diego, in California. Questa nuova opportunità si verifica nel momento giusto perché i consumatori stanno iniziando a chiedere spontaneamente, ai loro chirurghi, di poter conservare il loro grasso negli interventi di routine di liposuzioni e fat grafting, e questa domanda del mercato continuerà a crescere, insieme alle conoscenze del consumatore su tale pratica. Per far fronte alle esigenze del mercato, i chirurghi plastici richiederanno un servizio sicuro, facile e affidabile per poter conservare il grasso in eccesso dei loro pazienti, assicurandosi così anche la possibilità di fidelizzare i loro pazienti. In modo stupefacente e immediato, il tessuto conservato del paziente sarà usato come filler naturale e pre-pagato, posizionando immediatamente il “bancaggio” del tessuto nel mercato mondiale dei filler dermici. Oltre al beneficio tangibile di un filler pre-pagato, ogni donna potrà bene-

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ficiare anche del fatto che il suo tessuto adiposo conservato diventerà una riserva di cellule rigenerative, sempre di origine adiposa, in grado di prevedere l’utilizzo in più ambiti clinici come, per esempio, nella cura delle malattie del cuore, negli interventi ortopedici e nei problemi di insufficienza renale. Il mondo della chirurgia plastica ricostruttiva e della nuova medicina rigenerativa sta avanzando e si stanno allargando sempre di più gli orizzonti per donare ai numerosi pazienti una bellezza e una giovinezza sempre più durevole, come sottolinea il dottor Scalco. In particolare, questa società americana crede che i pazienti sceglieranno di conservare il proprio tessuto quando essi, e i medici che li hanno in cura, capiranno e scopriranno i potenziali benefici dei filler pre-pagati e l’enorme potenzialità delle cellule staminali di origine adiposa nella medicina rigenerativa. Attualmente, conclude Roberto Scalco, il volume del mercato del banking è guidato dalla crescente popolarità della chirurgia cosmetica e dal progresso delle terapie basate sulle cellule staminali. Nel 2004, solo nell’Unione europea, sono stati realizzati oltre 40.000 interventi di liposuzione. Alle donne resta solo di sapere che tutto questo esiste già e che la chirurgia plastica lavora costantemente nel progresso per aiutarle ad ottenere o a mantenere quasi inalterate bellezza e salute.


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PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

AI FORNELLI PER STUPIRVI Giada Drisaldi ci svela la storia del Parnaso, il suo ristorante ai

Parioli,

dove i clienti stranieri mangiano spaghetti alla carbonara sorseggiando un cappuccino! Quali sono le tappe percorse per arrivare dove è ora? «Non ci sono delle vere e proprie “tappe fondamentali”. Il Parnaso è nato nel 1965 per opera dei miei genitori, i quali con molti sacrifici, duro lavoro e tenacia sono riusciti ad arrivare fin qui». Un episodio tra i fornelli che le è sembrato un segno del destino? «Un giorno, preparando la festa di Halloween per le mie bimbe, una volta svuotata la zucca ho deciso di preparare un risotto alla zucca e funghi porcini, che poi è diventato un nostro must». È sempre soddisfatta del risultato finale? «Al 99%. L’umiltà fa virtù!». Il principale pregio della sua ristorazione? «Sicuramente la primissima qualità delle materie prime, tutte rigorosamente biologiche e di stagione, il tutto cucinato in maniera semplice, genuina, come a casa».

E il difetto peggiore? «L’abbondanza». Secondo lei c’è una grande differenza tra la nostra cucina e quella di altri Paesi? «Ovvio! I nostri clienti stranieri mangiano un piatto di spaghetti alla carbonara sorseggiando un cappuccino! Cosa che l’italiano non farebbe mai!». È orgogliosa di essere italiana per la sua cucina? «Orgogliosissima, essendo una “buona forchetta” e amando molto cucinare come potrei non esserlo?». Quali sono il piatto più costoso e quello più povero? «Il più costoso sono senza dubbio i tagliolini al tartufo bianco d’Alba, mentre il più povero sono gli spaghetti cacio e pepe». Lei in casa ha mai realizzato un piatto d’effetto con gli avanzi del frigo? «Sì, più di una volta ed è stata una vera sorpresa per i miei commensali». (Nella foto in alto Giada Drisaldi con Matilde Brandi).

ALLA RICERCA DELLO STILE

Stefano Bongarzone è un creatore di immagine che affronta ogni

giorno di lavoro

con il sorriso sulle labbra perché, dice, «non costa nulla e dona molta serenità» Quanto ha impiegato prima di farcela? «Bisogna capire cosa s’intende per “farcela”, ancora oggi mi sento come se fosse il primo giorno di lavoro e la voglia di mettermi in gioco è sempre viva in me, è importante porsi degli obbiettivi e ogni volta che ne raggiungo uno ne ho sempre altri dieci pronti. Credo che Roma sia una città che può risultare complicata, ma che a mio parere offre molte opportunità amplificando la sana competizione, mi ha permesso di coltivare al meglio la passione per il make up e il mondo dell’estetica consentendomi di trasformarla nel mio lavoro. Se dovessi svolgere la mia attività in altri posti sono certo che sentirei sempre il desiderio di ritornare nella mia città natale». Il colpo di bravura o di fortuna al quale è più legata la sua carriera? «Per quanto riguarda la bravura non sta a me riconoscerlo, sarei autocelebrativo. Credo invece di poter dire che la fortuna si presenta per tutti, basta saperla riconoscere. Tra le mie caratteristiche esiste il rischio, che unito alla fortuna può creare alchimie magiche per il lavoro». C’è stato un punto di svolta nella sua attività? «Sì, è stato quando la mia vera figura, il creatore d’immagine, è stata riconosciuta come professione. Molti anni fa questo mestiere non era

accettato, ma io fin dall’inizio della mia carriera non riuscivo ad analizzare la donna a settori, trovavo spesso non armoniche alcune operazioni che venivano fatte nei capelli, sul corpo, sul viso. Ne soffrivo proprio perché io invece ero alla ricerca dello stile». Il segreto per essere vincente? «È l’umiltà, che permette di esprimersi senza aggredire e consente di essere compresi. L’umiltà però deve essere autentica». Da sportivo incoraggia lo spirito della sua squadra di lavoro? «Ho una personalità decisa che oggi si esprime con una certa maturità, incoraggio sempre il mio staff come una vera squadra e cerco di farlo sotto voce, per dimostrare loro che tutto è possibile, basta volerlo. Non è necessario imporsi nella vita, ma è fondamentale dimostrare che è possibile prefiggersi un risultato e raggiungerlo con il sacrificio». Dopo una giornata di lavoro, lei ha sempre una buona parola per tutti… «Sì. Una buona parola per lasciare un sorriso, perché non costa nulla e dona molta serenità. Anche io ho i miei momenti più complessi, ma il problema deve restare esattamente al suo posto».

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For magazine IN FORMA con Jill Cooper

potete farcela! Per migliorare la vostra forma fisica e rendere meno pesanti gli allenamenti quotidiani è importante avere molta fiducia in voi stessi. Una camminata, una corsa, venti flessioni possono aiutare il corpo a recuperare brillantezza. Basta crederci

Non vorrei buttarmi sull’ecclesiastico, ma considerando l’avvicinarsi del Natale, perché no? Quale momento migliore per chiedervi di avere un pizzico di fede? Già posso immaginare certe risposte contrariate o addirittura nervose. Ma che c’entra la fede con la forma fisica? Tanto, credetemi. Avere fiducia in qualcosa naturalmente ci rende più propensi ad attendere un risultato ottimistico e positivo. La fede in questo articolo non è rivolta verso il Signore, o verso un Creatore supremo (anche se ve lo consiglio): invece la fede di cui parlo è quella che vi chiedo di rivolgere verso voi stessi, per credere in una cosa di cui non avete la certezza. Ogni volta che vi sedete prestate fiducia alla sedia di sorreggervi, e man mano che vi sedete sempre su più sedie la vostra fiducia si plasma in una solida certezza, dove la fede diventa poi abitudine convinta. Lo stesso vale per la vostra linea e il vostro fisico. A tutti voi che vi trovate fuori forma, un’ombra sbiadita dei vostri 20 anni, lontani dal riflesso che c’era una volta nel magico specchio delle vostre brame, vorrei dire di avere fede, perché potrete non solo migliorare la vostra forma fisica a qualsiasi età, ma addirittura rallentare le lancette dell’orologio per essere più in forma a 50 anni che a 30. Ho aiutato molte persone a perdere tanti chili, anche fino a 62, con il mio libro The Program, mentre un’altra persona ne ha persi ben 50 con il mio trampolino. L’importante è instaurare in voi stessi la ferrea convinzione che è possibile migliorare, che non è mai troppo tardi per riprendere in mano le redini del vostro corpo. Con tale fede vi consiglio questo mese di dire ad alta voce: “Io ho il migliore corpo della mia vita! Amo allenarmi”. Se ridete perché non ci credete, abbiate fede. Provate per almeno una settimana a ripetere a voi stessi, da soli, in macchina, in bagno, mentre camminate per strada, quella frase per 5 volte al giorno. Impiegherete circa 15 secondi

della vostra vita, ma vedrete che la vostra fede in quella azione trainerà un risultato. Noterete, infatti, che il concetto dell’allenamento vi “peserà” di meno. Addirittura potreste anche accorgervi di avere più voglia di allenarvi. Basta davvero poco per cominciare, abbiate fede: una camminata di 15 minuti, una semplice corsa, 50 addominali, 20 flessioni. Qualsiasi cosa. Iniziate a fare qualcosa ogni giorno, magari la mattina per poi non doverci più pensare, e vedrete che entro poco tempo ricomincerete ad avere il miglior corpo della vostra vita. Buon Natale da Jill Cooper.

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milano

people & stars & event

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Foreventi magazine ANTICHI MESTIERI NELL’ARTE DI ROBERTO RANNO Attualmente la modernità ha spazzato via tutto ciò che è legato ad antiche tradizioni e mestieri, tra i quali una particolare forma di pittura: la pirografia, una tecnica d’incisione per mezzo di una fonte di calore, su legno, cuoio o altra superficie. Quest’ultima non deve narrare qualcosa di originale o di unico ma, con la perizia della lavorazione, deve sottolineare il virtuosismo dell’artefice. Ebbene Roberto Ranno, custode sapiente di tale arte ormai scomparsa, nelle sue mostre esalta la bellezza della lavorazione dei tessuti e dei materiali, giocando con i chiaroscuri e con i toni dei rilievi. I suoi soggetti favoriti, tratti dai classici della pittura, derivano da opere neoclassiche, da quadri preraffaelliti, sottolineando il suo virtuosismo nelle sfumature, nelle prospettive e nei panneggi. Brillante è la realizzazione di imponenti strutture architettoniche, rivisitate in modo del tutto originale. Daniele Radini Tedeschi L’ECLETTISMO DI BOETTI Fino al 22 marzo 2013, lo Studio Giangaleazzo Visconti ospiterà la mostra di pittura Alighiero e Boetti dedicata ad Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), uno degli maestri italiani più importanti del secondo ’900, il cui lavoro ha influenzato quello degli artisti più giovani che hanno iniziato a operare tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. L’esposizione presenta 36 opere realizzate negli ultimi trent’anni di attività, nei quali il tratto, il disegno e il colore sono diventati la materia essenziale della sua ricerca e che spaziano tra una pluralità di tecniche e di materiali che vanno dai disegni ai ricami, dai collage e le matite su carta ai grandi acquerelli, fino ai lavori con le penne biro. L’ecletticità dell’artista è anche testimoniata dall’appellativo col quale era solito firmare le sue creazioni, Alighiero e Boetti (da cui il titolo della mostra) che anticipava il dibattito tra identità e alterità. LA DONNA OTTOCENTESCA Ancora una mostra di pittura italiana del XIX secolo al centro del programma milanese alla Galleria Bottegantica e alla Galleria dʼArte Ambrosiana, fino al 23 dicembre. La donna nella pittura italiana dell’800, un progetto firmato da Enzo Savoia e Francesco Luigi Maspes, intende documentare il ruolo di protagonista che la donna ebbe nella seconda metà dell’Ottocento nelle opere dei grandi artisti di quel periodo. La sezione curata da Enzo Savoia alla Galleria Bottegantica raccoglie trenta opere di artisti attivi dalla Scapigliatura milanese fino agli anni della Belle Epoque. Alla Galleria d’Arte Ambrosiana, Francesco Luigi Maspes cura invece la sezione dedicata a venti opere che documentano l’evoluzione dell’immagine femminile nei generi del ritratto e del paesaggio, attraverso i lavori di Angiolo Achini, Enrico Crespi, Vincenzo Irolli, Domenico Induno, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Boldini.

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For magazine Pittura & Design IL MUSEO DEL NOVECENTO SI FA IN DUE Fino al 3 marzo il Museo del Novecento accoglie due nuove mostre di pittura e scultura: Collezionare il Novecento e Programmare l’arte. La prima è curata da Claudia Gian Ferrari, collezionista, gallerista e storica dell’arte, ed è il primo appuntamento di un ciclo di esposizioni dedicate a importanti collezioni milanesi che hanno al centro raccolte dell’arte del XX secolo. Le 15 opere donate appartengono ad alcuni degli artisti più significativi del secondo dopoguerra, come Vincenzo Agnetti, Pier Paolo Calzolari, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Giulio Paolini, Gilberto Zorio. Programmare l’arte riprende, a cinquant’anni di distanza, l’esposizione che ebbe luogo nel 1962 nei negozi Olivetti di Milano e Venezia. L’edizione odierna presenta una selezione di opere di Bruno Munari, Enzo Mari, Getullio Alviani, del Gruppo N (Biasi, Chiggio, Costa) e del Gruppo T (Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi, Varisco).

LA VANITAS DI NICOLAS MALDAGUE La Galleria Bellinzona ospiterà fino al 12 gennaio 2013 la mostra di pittura Vanitas di Nicolas Maldague, uno dei più importanti incisori francesi contemporanei. L’esposizione, curata da Michele Tavola, presenta 60 opere recenti dell’artista normanno, che dialogano con quelle di 10 maestri del ’900 (Pablo Picasso, Georg Baselitz, Markus Lüpertz, Ennio Morlotti, Georges Rouault, Jean Ipoustéguy). Il percorso espositivo si snoda a partire da un olio di grandi dimensioni (2x2 metri), attorno a cui s’incontra Memento mori, una serie di 27 fogli, provenienti da un’unica lastra incisa a puntasecca, rielaborata dopo ogni tiratura. Il soggetto di questi fogli è la vanitas di un teschio, esplorato in tutti i suoi aspetti, sia formale che simbolico. Nei primi stati, il teschio è reso in un modo preciso e obiettivo, con tratti di grande delicatezza. In quelli successivi, Maldague confonde la forma, addensa i neri, aggiunge tratti e linee intense. DOPO IL VINO UN BEL TAPPO! Un bicchiere di vino rosso al giorno fa bene al cuore e allo spirito, ma una volta finita la bottiglia è consigliabile conservarne il tappo di sughero, perché potrebbe essere riutilizzato artisticamente. Infatti, anche come oggetto di design, il sughero è molto utile. Per chi ha il pollice verde i tappi possono diventare dei piccoli vasetti per piantine grasse, scavandone l’interno e mettendovi un po’ di terriccio. Magari da attaccare poi, mediante calamita, sul frigorifero, creando un mini giardino verticale. Con i tappi si possono creare corone decorative e ghirlande, se incollati uno sull’altro, un modo in più per ornare la casa in periodi di festività come il Natale, usando i tappi di sughero anche per imballare un pacco regalo, così da proteggerlo da urti violenti. Le sfumature di colore sono motivo di ulteriore ispirazione: il rosso violaceo che il vino lascia può diventare un ottimo pretesto per creare figure romantiche e passionali. Paolo Brasioli

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For magazine Teatro & Cinema SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE Insieme con Molto rumore per nulla, La bisbetica domata e Le allegre comari di Windsor, la compagnia “Quelli di Grock” arricchisce il suo ciclo Shakespeariano con uno spettacolo teatrale dei più affini alla sua poetica: Sogno di una notte di mezza estate, al Teatro Leonardo da Vinci fino al 29 dicembre. Ambientata durante la notte magica del solstizio d’estate, in bilico fra realtà e immaginario, visionaria, incantata, ambigua, fatata la commedia è uno show scoppiettante, onirico, che gioca sulle visioni sfuocate e grottesche, in cui gli attori, come nella tradizione del teatro shakespeariano, vestono più ruoli e ricreano un’atmosfera magica e surreale. “Quelli di Grock” ha sviluppato in questi anni uno stile di rilettura dei classici diventato ormai inconfondibile, che sovrappone all’eleganza dei testi un dinamismo originale e una fisicità travolgente, creando produzioni sempre originali e affascinanti. È SEMPRE TEMPO DI ZORRO L’eroe dal cuore grande e dalla spada veloce, ieri come oggi, è pronto a rapire chiunque si lascerà trasportare da questa meravigliosa avventura. Stefano D’Orazio torna a firmare il testo, nonché le liriche, dello spettacolo teatrale W Zorro, con il prezioso contributo delle musiche di Roby Facchinetti. Un prodotto italiano, in scena al Teatro della Luna fino al 30 dicembre, che, con l’ironia e la creatività “favolistica” tipica della penna di D’Orazio, promette di coinvolgere, commuovere e divertire tutto il pubblico. Una storia che da sempre affascina grandi e piccoli, un modo per avvicinare gli spettatori ad una storia apparentemente lontana, ma che tanto ha in comune con il mondo di oggi. Con un testo assolutamente inedito e una leggerezza tipica della commedia musicale italiana, lo spettacolo racconta le vicende del più famoso eroe mascherato, ispirandosi alla leggenda di un uomo che pare realmente esistito più di due secoli fa.

ALÌ HA GLI OCCHI AZZURRI

Nader Sarhan

Dopo tre anni dall’ultimo lavoro (Fratelli d’Italia), il regista Claudio Giovannesi torna in sala con il film Alì ha gli occhi azzurri, presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma. Il documentario racconta una settimana della vita di Nader, di origine egiziana, ma dal cuore e dagli atteggiamenti romani, e Stefano, italiano doc, figlio di un criminale. I due amici vivono ad Ostia, dove passano le giornate tra rapine, discoteche, amori adolescenziali. Il sedicenne Nader non vuole avere niente a che fare con la religione araba che sente come distante e imposta dalla famiglia. L’eccellente fotografia di Daniele Ciprì, fredda e opaca, descrive dettagliatamente uno spaccato di periferia, dove nemmeno la scuola può aiutare i ragazzi. Claudio Giovannesi non propone nessuna soluzione finale per questa storia, poiché il solo obiettivo è far riflettere su alcune situazioni quotidiane della società italiana. Jessica Di Paolo

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Stefano Rabatti


For magazine Tv &Fotografia LA VITTORIA DI GIÒ Si è conclusa da poco con il trionfo di Giò Di Tonno la seconda edizione della trasmissione Tv Tale e Quale Show, condotta su Rai Uno da Carlo Conti. Dopo aver convinto la giuria, composta da Christian De Sica, Loretta Goggi e Claudio Lippi, che l’aveva messo sempre al primo posto nel corso della gara, il cantante abruzzese è stato premiato anche dal pubblico da casa: il televoto l’ha infatti incoronato vincitore del programma. Premio speciale ricevuto anche dai coach del reality come miglior imitazione per ben quattro dei personaggi interpretati dall’artista, che nel corso delle otto puntate sono stati: Gino Paoli, Franco Califano, Zucchero, Tiziano Ferro, Mino Reitano, Amedeo Minghi, Riccardo Cocciante e Louis Armstrong. Il programma ha riscosso un incredibile successo di pubblico, con un ascolto medio di 5.400.00 spettatori e uno share medio del 22,4%, che ha prodotto altre tre puntate per la sfida tra i campionissimi di entrambe le edizioni.

In questa mia nuova rassegna di fotografie, denominata Woman in wonderland, con modella Sabrina Binda (make up artist Manuela Melillo, stylist designer Silvia Valletta), propongo di esplorare e indagare il concetto di “seduzione femminile”. La seduzione è un mistero inesplorabile, un gioco di espressioni, un mix letale di carattere, tatto, pelle. Sedurre significa realizzare un’alchimia che a volte passa per un paio di tacchi alti, o per un bustino in pizzo, o, ancora, per una peccaminosa sottoveste di seta, o semplicemente per un sorriso dolcissimo quasi fanciullesco e un timido rossore sulle guance per un complimento a richiamare l’attenzione. Unico comune denominatore di influenze così diverse è la femminilità, a volte ostentata, altre volte lasciata semplicemente intuire. La donna, anche se talvolta in sé resta bambina, può essere richiamo di attenzione sensuale e di una femminilità fortissima. Wanda Liliana Pacifico

Foto di Wanda Liliana Pacifico

Foto di Wanda Liliana Pacifico

Foto di Wanda Liliana Pacifico

WOMAN IN WONDERLAND

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For magazine Fotografia GOTICH LOLITA DECADENCE Si è conclusa pochi giorni fa, presso il Twelve di viale Sabotino, Gotich Lolita Decadence, la mostra fotografica dell’artista Troppogallo, organizzata da Rosaspinto con l’intento di coniugare l’arte e la comunicazione, rinnovando l’appuntamento con la cultura e la mondanità. Le Gotich Lolita appartengono ad un’epoca ormai passata, eppure il loro stile retrò le rende in qualche modo immortali, poiché sembrano consapevoli di ciò e negli scatti lo dimostrano assumendo pose malinconiche e auto-compiacenti. Le Gotich Lolita protagoniste di questo vernissage sono adulte e si lasciano andare ai bei momenti passati con fanciullesca indifferenza. Un luna park abbandonato diventa il loro mondo, giocoso e spensierato, mentre mezzi di trasporto antichi rivivono insieme con loro, ammiccando all’implacabile scorrere del tempo. La mostra è un’occasione per scoprire l’estro creativo di Troppogallo, il fotografo milanese attivo dal 2008. CONFRONTO TRA MEMORIA E MODERNITÀ La mostra di fotografia Genius Loci. Chiesa e dialogo, presso il Museo Diocesano fino al 6 gennaio, curata da Leonardo Servadio, illustra con ampia documentazione fotografica tre chiese italiane e tre cattedrali statunitensi realizzate dagli architetti Fuksas, Lisi, Isolarchitetti per l’Italia, Moneo, Craig Hartman (SOM), Ziegler-Cooper e Rohn per gli Stati Uniti. L’accostamento tra opere di natura così diversa e il confronto tra le differenti sensibilità progettuali offre spunti importanti per alimentare il dibattito tra conservazione e innovazione in materia di architettura religiosa. Le costruzioni – Santa Maria in Zivido di San Giuliano Milanese di Isolarchtietti, San Paolo Apostolo di Foligno di Fuksas, San Paolo Apostolo a Frosinone di Lisi –, riflettono la sensibilità progettuale odierna in Italia e si confrontano con le realizzazioni statunitensi, le cattedrali di Oakland di Hartman, quella di Houston di Ziegler-Cooper e Rohn, e di Los Angeles di Moneo. IL GANGE NEL DESTINO DELL’UOMO Il Centro Culturale di Milano, fino al 28 febbraio 2013, ospita la mostra fotografica di Giulio Di Sturco dal titolo Fratello Fiume, terzo capitolo della trilogia che il centro ha dedicato alla relazione complessa tra uomo e ambiente, cominciata con le monografiche di Edward Burtynsky e Ragnar Axelsson. L’esposizione presenta 40 immagini dell’artista, frutto della sua ricerca fotografica sul contesto umano e naturale del Gange e dei suoi affluenti, rivelando grandi capacità nel cogliere l’umanità e il suo legame col mondo, intesi come simbiosi quasi fraterna con le persone che abitano sulle sue sponde, con il suo destino, con i fatti di cui è vittima o protagonista. Dal suo lavoro emerge il destino del fiume e, nel contempo, il rapporto degli uomini con esso, sia quello di irresponsabilità che segnala un’estraneità, sia quello di accoglienza della sua forza che ne rivela il senso profondo della vita.

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For magazine Fotografia UNO SCATTO A PORTATA DI TUTTI

Foto di Fabio Pregnolato

Foto di Fabio Pregnolato

Foto di Fabio Pregnolato Foto di Fabio Pregnolato

Foto di Fabio Pregnolato

Per il mondo della fotografia potrebbe essere una rivoluzione. Infatti, oggi diventare fotografi e artisti con un click non è più un sogno. Nel sottotitolo legato al suo nome sta in fondo parte del segreto di questo sogno: “fast beautiful photo sharing”. Stiamo parlando dell’applicazione hi-tech Instagram, che permette a tutti di realizzare foto in modo molto semplice. Instagram consente, attraverso l’applicazione di filtri e il cropping dell’immagine in un formato quadrato dal gusto retrò, di dare risalto a luci e ombre, contrasti cromatici, dai filtri freddi come Amaro e Rise, a quelli simil Hdr come X-Pro II. E i risultati che si possono ottenere sono fantastici sia dal punto di vista tecnico che da quello emozionale. Sono tanti i fotografi che si cimentano in scatti attraverso questo nuovo dispositivo: è famoso il servizio fotografico per i 150 anni dell’Unità d’Italia ad opera del fotografo professionista Settimio Benedusi. Fabio Pregnolato

UNO SGUARDO SULL’AFRICA Si è conclusa da poco, in occasione del 3° Festival Fotografico Italiano a Busto Arsizio, la mostra di fotografia AfreakA di Manuel Scrima, curata da Alessandro Turci. Obiettivo delle immagini è quello di descrivere l’Africa contemporanea, sottolineandone sia la bellezza, riposta in una moltitudine di etnie, lingue, usi, culture, sia i contrasti di una realtà fondata sulla diversità integrata in un delicato ecosistema, costruito sul rispetto dell’ambiente, della persona e dei suoi rapporti sociali. Ne deriva un distorcimento anomalo e mostruoso, freak appunto (come evidenziato nel gioco di parole del titolo della mostra), dato dal ripetersi di situazioni di sfruttamento, oppressione, invasione, sopraffazione, e dalle contraddizioni di un progresso tecnologico che sconvolge coscienze e identità locali. Al di là dalla denuncia sociopolitica, gli scatti di Scrima parlano di libertà, orgoglio, comunione, accettazione e soprattutto di speranza. La band I letti sfatti.

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For magazine Musica & Benessere IO CI SONO: 10 ANNI SENZA IL SIGNOR G. Il prossimo primo gennaio saranno passati dieci anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber, cantautore atipico e profondo, capace di essere provocatorio dicendo cose serie con il sorriso negli occhi. Col la sua musica e il suo teatrocanzone ha attraversato quarant’anni cruciali della storia italiana, in una compenetrazione continua tra pezzi di vita pubblica e privata. Ironico, ruvido, istrionico, qualsiasi etichetta risulta insufficiente a riassumerne la personalità. Durante la lunga carriera di successi, il Signor Gaberscik era convinto che il suo ruolo fosse quello del giullare che, tuttavia, ci ha illustrato l’Italia più di molti articoli o saggi specializzati. Con uno sferzante sarcasmo sputò nei teatri la sua poetica dissacrante anti-borghese, anticlericale, ritratto di bigotteria, sciacallaggio, ipocrisia. Ma Gaber non ha sposato nessuna ideologia: il suo sguardo è impietoso anche nei confronti delle mode obbligatorie della sinistra. IL NUOVO CD DEI LETTI SFATTI I Letti Sfatti sono un gruppo musicale napoletano composto da Jennà Romano (voce e chitarra), Roberto Marangio (basso) e Mirko Del Gaudio (batteria). La band nasce con l’idea di fondere canzoni, satira e poesia in una miscela definita “rock di provincia”. Da poco è uscito il loro nuovo album ... e se il mondo somigliasse a Piero Ciampi, in onore del cantautore livornese scomparso nel 1980. Al cd è allegato anche un dvd con un corto e il clip del brano Il vino in napoletano. Nel disco ci sono nove canzoni, tra cui quattro rifacimenti di pezzi di Ciampi, oltre a La fiamma di una candela (che il gruppo ha dedicato e scritto per Piero Ciampi), per finire con altri quattro brani inediti molto “ciampiani”. Diversi i contributi di artisti, musicisti e scrittori che hanno avuto a che fare con l’arte di Ciampi, e a modo loro lo hanno omaggiato. È prevista anche una tournée che in cui i Letti Sfatti porteranno in giro la loro musica.

IL PAZIENTE DEL FUTURO Internet ha cambiato il modo di comunicare in tutti i campi della nostra vita, incluso il settore salute e benessere. Anche la medicina ha dovuto operare dei forti cambiamenti per difendere la propria fetta di mercato. Il paziente di oggi non è più un ascoltatore passivo, è più informato e va dal suo medico con le idee chiare per instaurare una conversazione con un esperto di cui si fida. Recentemente il Center of Innovation della Mayo Clinic negli Stati Uniti ha lanciato un forum-ricerca su Twitter dal titolo “Il paziente del futuro”, secondo cui la medicina dovrebbe mettere il paziente al centro della discussione. I temi ricorrenti nello scambio di tweet pubblicati da medici, giornalisti e persone comuni sono stati il concetto di continua evoluzione del paziente da passivo ad attivo e il crescente beneficio ottenibile dal rapporto col medico. Cristina E. Cordsen

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Fu tra i primi a prendere le distanze da certe ideologie post-68, pur rimpiangendo quello slancio. Alternando con straordinaria intensità musica e monologhi, ci ha insegnato molto, combattuto tra vita e nevrosi, tra benessere e scoramento, mettendo a nudo gli intralci della coerenza e le asperità dell’onestà intellettuale, cantando la sessualità e il rapporto di coppia con maestria, coniugando le doti del caratterista con la puntualità del moralista. Fu un intellettuale senza cattedra. Lo stupore, l’adesione, la rabbia, il dolore, il desiderio. Sapeva che “tutto va in rovina”, che le cose diventano “risapute e stanche”. Ma il suo non fu nichilismo: fu piuttosto un’iperconsapevolezza. Il Signor G, un mulino a vento contro l’idiozia, una voce insostituibile, un pensatore in grado di raccontarci in che mondo (spudorato e assurdo) viviamo. Agostino Madonna


a n i t cor

LP 26 Luogo simbolo della vita mondana di Cortina, Lp 26 ha riaperto le porte per accogliere la sua raffinata clientela, intrattenendola con musica live suonata in alternanza da dj e band che vivacizzano l’ambiente. La ristorazione rimane il punto forte: primo locale in Italia a marchio d’oro Dok Dall’Ava, grazie alla sua pregiata e ricca scelta di prodotti tipici, dai prosciutti ai manicaretti friulani, Lp 26 sa fondere i piatti della tradizione ampezzana con le più famose portate nazionali. Senza dimenticare i menù di cocktail, distillati e vini di qualità.

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a n i t cor

Indiscusso fiore all’occhiello delle Dolomiti, immerso nel cuore di Cortina sorge, sin dal 1901, il Cristallo Hotel Spa & Golf, appartenente a quel ristretto gotha di alberghi che può vantare gli ospiti più illustri dell’alta società. L’hotel offre un mondo di privilegi, di eleganza e di stile, celebrato in occasione dei suoi 110 anni di storia con una festa solenne che ha visto protagonisti principi, duchi, personaggi della cultura e del cinema, al Monkey e non solo. Infatti, alla rinomata proposta enogastronomica, al ristorante di lusso, al beauty center il Cristallo aggiunge l’affascinante Monkey Lounge & Wine Bar che rende uniche le serate fatte di buona musica e relax.

Hotel Cristallo

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a n i t cor

Vip Club

Una cena raffinata tra amici, un dopo cena rilassante, durante il quale riascoltare dal vivo canzoni senza tempo, un aperitivo frizzante e un luogo d’incontro piacevole, fra l’innovazione e la tradizione dell’ospitalità ampezzana. Questi, e non solo, sono da quarant’anni i valori che il Vip Club e il nuovissimo Vip Club Apres Ski offrono ai propri ospiti, certi di poter ritrovare negli spazi al 30 di Largo Poste, un punto di riferimento, un salotto in alta quota in cui ci si possa sentire anzitutto a casa propria. Dal 1972 il Vip è una lounge unica nel suo genere, tappa irrinunciabile per gli amanti della Regina delle Dolomiti.

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Janbo

Nel luogo storico dove sorgeva il Cristallino, discobar festaiolo da sempre al centro della movida di Cortina d’Ampezzo, è nato, in occasione delle festività natalizie 2012, un innovativo locale che ha inaugurato da poco sotto l’insegna di un nuovo nome: Janbo. A differenza del Cristallino, di cui si sapeva tutto e ormai si hanno solo ricordi, il Janbo è ancora avvolto dal mistero della novità, tutto sembra sotto segreto. Non resta dunque che scoprirlo, dando spazio alla curiosità e magari all’immaginazione che lascia intravedere aperitivi con buffet, dj set straordinari e buona musica…

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Hollywood

Must imprescindibile delle notti mondane per qualsiasi evento nell’ambito dello spettacolo, dello sport e della moda, l’Hollywood è un tempio della movida unico dove il pubblico non può che divertirsi. Specie nel periodo che si avvicina alle festività natalizie, quando il locale lancia nuove tendenze e accoglie party vip. Come per esempio i recenti compleanni di Luca Tassinari, ex concorrente de La pupa e il secchione, e Chiara Giorgianni, ex inquilina del Grande Fratello 12. Nel locale si sono celebrati anche due concorsi di bellezza nazionali: “Mr. Italia” e “Miss Grand Prix”. Per l’occasione in consolle Luca Dorigo. Presenti anche Jennipher Rodriguez, Elena Morali e Maurizio Pizzagalli. Foto Fabio Scarpati Press.

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The Club

A Milano la vita notturna trasgressiva e allegra passa senza ombra di dubbio per la discoteca The Club, il luogo dove ogni settimana si organizzano eventi alternativi che animano l’esigente clientela. Un posto speciale tra questi appuntamenti spetta al martedÏ con la serata Fidelio. Che di recente ha presentato prima Magrada con guest dj Andrea Pellizzari, e poi ha incontrato Sugarreef e Piombino Dese, con la guest voice di Andrea Effe. Inoltre, Fidelio ha presentato anche Funky musik, il singolo di Paul Richards remixato da Stefano Noferini. Foto di Bruno Garreffa.

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Da anni meta degli appuntamenti mondani milanesi, anche questo mese il Just Cavalli non ha fatto eccezione, ospitando alcuni tra gli eventi cittadini più importanti. Tra questi spicca la presentazione del “Calendario MaleModel 2013”, a cui hanno preso parte numerosi modelli dai corpi mozzafiato. Presenti anche Elena Morali e Luca Tassinari che hanno festeggiato in compagnia di amici il compleanno di Nicole Limonta. Altro evento è stata la festa per la premiazione con disco d’oro Dance di Dj Onofri feat Georgia Remix feat Teodora Rutigliano. Durante la serata c’è stato anche il compleanno di Miss Bikini Estonia 2012, Diana Laknovskaja. Foto Fabio Scarpati Press.

Just Cavalli

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Old Fashion

Immerso nel cuore di Parco Sempione, sotto gli alti porticati del Palazzo dell’Arte di Milano, l’Old Fashion Club è uno dei luoghi cult dell’intrattenimento notturno meneghino. A cominciare dal suo appuntamento Internationalweek, la serata universitaria per antonomasia, che dal 1996 raccoglie il mondo accademico cittadino e il programma Erasmus per gli studenti stranieri. Il format, ormai consolidato, vede la presentazione settimanale di una nazione diversa, attraverso un viaggio virtuale tra le capitali mondiali con l’ausilio di Consolati e uffici del Turismo che patrocinano di volta in volta la serata.

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Weekend e serate ricche di musica e divertimento al Vogue Ambition, il locale della movida milanese caratterizzato da un’ottima musica anni ’80 e ’90, pop e italiana, suonata dal resident dj Max Martino: una selezione imperdibile dell’intrattenimento targato Vogue Ambition, che non rinuncia mai a un pizzico di follia. La stagione del club continua con grandi novità che coinvolgeranno la creatività di tutti. Vogue Ambition just for Fabulous People!

Vogue Ambition

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Le Banque

Per chi ha voglia di un club nuovo e veramente diverso, Le Banque è il posto ideale, uno spazio multifunzionale che offre svariate possibilità di trascorrere una piacevole serata in compagnia. Il locale è disposto su due livelli: al piano terra lounge bar e zona ristorante con pista centrale per ballare, mentre al piano inferiore si trova la discoteca, dotata di privè con enormi divani in stile barocco e sedie dorate. Situata dietro piazzale del Duomo, Le Banque prende il nome da una ex banca degli anni ’20, completamente ristrutturata e ricreata in un ambiente lussuoso ed elegante.

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Con i suoi 3000 metri quadrati, Alcatraz è la discoteca al chiuso più grande di Milano, sede di concerti, eventi e serate “cool” per i clubber più esigenti. Da sempre il locale si distingue per la sua versatilità, in grado di soddisfare tutte le necessità legate all’organizzazione di manifestazioni e performance musicali, offrendo infinite possibilità creative, grazie anche alla modulazione degli spazi e all’assenza totale di colonne portanti e ingombri architettonici. Anche questo mese l’Alcatraz ha ospitato il sound degli artisti più stravaganti a base di pop house, happy music, dance anni ’90 e 2000.

Alcatraz

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Hotel Principe di Savoia

Si è tenuta da poco, presso l’elegante location dell’Hotel Principe di Savoia, la serata “Habitué”, che in occasione del suo terzo appuntamento ha avuto il piacere di ospitare Alessandro Kraus, dj resident del Just Cavalli. A rendere l’evento ancor più particolare ci hanno pensato poi le note di un emozionante spettacolo live di violino a cura di Steve Rey e Elsa Martignoni. Lo special party è proseguito con una raffinata cena che ha allietato il palato dei numerosi ospiti intervenuti.

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