For Milano edizione novembre 2012

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For Milano M a g a z i n e

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Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Vice Direttore IVAN ROTA Art Director DORIANO ZUNINO d.zunino@flemingroma.it Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione amministrazione@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Printer Group Italia s.r.l. Hanno collaborato: Pina Bevilacqua, Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Federico Cabona, Paola Comin, Jill Cooper, Cristina E. Cordsen, Jessica Di Paolo, Sara Donati, Dina D’Isa, Tommaso Gandino, Marco Gastoldi, Agostino Madonna, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Antonio Osti, Ludovico Paratore, Sestilia Pellicano, Manuel Plazza, Valentina Polidori, Fabio Pregnolato, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Santi Urso, Alfio Vanti, Donatella Vilonna. FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico

Signore e signori

MICHELLE HUNZIKER! FLEMING PRESS EDITORE

Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno II - n. 11 - Novembre/Dicembre 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

editoriale

Il sorriso contagioso di Michelle Hunziker in copertina e le dolci follie modaiole di Anna Dello Russo (sopra) in uno splendido servizio tutto colori ed effetti speciali per un numero che crediamo sia da collezione. Sì, perché con Bruce Willis volate fino ad Hollywood, ma con Enrico Lucherini potrete ripercorrere i giorni e i tempi della Hollywood sul Tevere. Poi saltate su dei bolidi leggendari, salutate Max Biaggi che lascia da campione le moto e vi infilate a teatro da Giampiero Ingrassia e Luca Barbareschi. Senza dimenticare un quadro di Guttuso o un progetto del grande Le Corbusier. E se la terra vi annoia potete sempre fare quattro salti nello spazio con quel simpatico matto di Felix Baumgartner. Se, invece, preferite il mare non avete che l’imbarazzo della scelta: tre yacht da sogno vi aspettano a pagina 102. Ma non trascurate un personaggio come Eric Cantona. Un numero, questo, per lettori inquieti. Come Bruce Chatwin: sulle sue orme seguite in Patagonia le nostre bellissime (e infreddolite) Donnavventura! Giacomo Airoldi


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DONNA DEL MESE di Ivan Rota

Cate Blanchett

Un salto all’estero per una premiazione davvero speciale e affollata da stelle di prima grandezza: presso il Four Seasons Hotel di Los Angeles, alla celebrazione dei 19esimi Elle Women, la rivista che ogni anno premia le attrici, spiccava su tutte Cate Blanchett. Che per l’occasione ha scelto di indossare una selezione vintage di gioielli Van Cleef & Arpels, tale da accecare quasi i presenti. La star australiana, come sempre, era di un’eleganza unica e inimitabile. Tanto di cappello, Cate!

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For magazine LA FOTO di Sara Donati

L’avevamo lasciata avvolta nel Mistero (trasmissione di Italia 1). La ritroviamo accanto a Fabio Volo su Raitre in Volo in diretta. Ma Jane Alexander, bella quanto inquieta, tornerà anche a essere Ginevra Rosmini nella terza serie della fiction Il commissario Manara.

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FENOMENI For magazine

La guardiana della moda di Marco Gastoldi

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Nella cornice stravagante e kitsch del nightclub parigino Paradis Latin, tanti ospiti hanno trascorso una serata all’insegna del glamour celebrando la creatività di Anna e il suo approccio alla moda. Tra i tanti nomi illustri intervenuti al party ricordiamo Olivier Theyskens, Rachel Zoe, Jefferson Hack, Poppy Delevingne, Peter Dundas e le super models Karlie Kloss e Isabeli Fontana. Ad intrattenere gli invitati l’esibizione dell’americana Azealia Banks.

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Alcuni accessori della capsule collection realizzata dalla giornalista per il colosso svedese H&M circondati dagli outfit pi첫 stravaganti indossati da Anna. Fra di essi, una fotografia realizzata per la rivista Vogue durante la settimana della moda parigina, dove la neo-stilista sfoggia un abito rosa shocking e il set di valigeria creato per la collezione.

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Un disco in vinile completamente dorato che inizia a ruotare su uno sfondo turchese, scandendo le note dell’incipit di un motivo electro-pop. Al centro della piastra le iniziali “AdR” circondate da serpenti stilizzati e ciliegie rigorosamente oro: sono pochi ma essenziali i dettagli che preannunciano l’eccentrica ascesa della “maniaca della moda”, così come Helmut Newton, artista della fotografia controversa ed anticonvenzionale, l’aveva descritta. Qualche istante successivo e una voce elettronicamente modificata recita: «Sono la guardiana della moda, hai bisogno di una doccia di moda», e il brano è pronto per rimbalzare in ogni angolo fashionista del cyberspazio diventando il vero e proprio tormentone dell’autunno. L’interprete e protagonista del video promozionale Fashion Shower è Anna Dello Russo, un’icona fra le celebrità del fashion system, già nota alle più devote fashion victims. Barese d’origine e milanese d’adozione, ha lavorato per diciotto anni presso la Condé Nast italiana come redattrice per Vogue Italia e direttrice per L’Uomo Vogue dal 2000 al 2006. Ad oggi è consulente creativa per Vogue Japan e collabora al programma radiofonico Pinocchio di Radio Deejay, con una rubrica dove i suoi interventi sono siglati da tempo dalla hit Fashion Shower, prodotta e remixata dal dj Emiliano Pepe. Se potesse essere mangiata attraverso un frutto, quello sarebbe la ciliegia; a Milano, durante la settimana della moda settembrina del 2010, Anna ha indossato uno degli oggetti più fotografati e chiacchierati della blogosfera: un copricapo accessoriato attraverso due enormi ciliegie rosse, creato dal designer Piers Atkinson e venduto in serie multicolour alla modica cifra di 900 dollari. Se potesse essere contata attraverso un numero, quello sarebbe il dieci; nello stesso anno, il 2010, la fashion director ha festeggiato l’anniversario dell’azienda italiana di e-commerce multi-brand Yoox.com con una speciale collezione: “J’ADR X 10” era composta da un kit di dieci t-shirts, una per ogni anno compiuto dalla boutique virtuale, raffiguranti i topten outfit da lei indossati durante sfilate, party ed eventi esclusivi, diventati ormai leggenda per gli amanti della moda di tutto il pianeta. E se Anna Dello Russo potesse essere anche “indossata”? Il colore scelto per qualsiasi creazione sarebbe l’oro, l’accessorio privilegiato sarebbero le scarpe e il suono che i bracciali arricchiti da pendenti produrrebbero ad ogni movimento sarebbe il “bling bling terapeutico”, descritto e tanto apprezzato da lei in persona. L’eccentrica giornalista, scopertasi stilista attraverso il video promozionale del singolo Fashion Shower, dove si spoglia delle vesti di direttrice creativa e si scatena a ritmo di musica recitando il suo decalogo di stile, unita in una collaborazione con il celebre brand di retail H&M, ha avverato il più accessoriato sogno barocco. Durante la scorsa primavera, la fashion victim per eccellenza aveva annunciato l’intesa con la catena low-cost attraverso una clip dove apriva al grande pubblico le porte del suo appartamento a pochi passi da corso Como. Quattromila paia di scarpe e una collezione di vestiti tanto ampia da essere sostituita ad ogni stagione, impacchettata, sigillata e archiviata nel deposito adiacente l’appartamento: la casa milanese di Anna Dello Russo è doppia e la cucina è stata

smantellata per donare uno spazio più grande all’abbigliamento. Una collezione preziosissima di gioielli che straripano da diversi cassetti ed una serie di accessori fra il quali cerchietti, occhiali da sole, piume e corone tempestate di Swarovski sono custoditi gelosamente nel “tempio della moda”, come una parte indispensabile per i suoi outfit e ingrediente irrinunciabile di ogni suo look. Preceduta da un’installazione in piazza San Babila a forma di bolla contenente una scarpa tinteggiata d’oro a dimensione d’uomo, la capsule-collection per H&M firmata Anna dello Russo è comparsa in 140 negozi della catena low-cost sparsi in tutto il mondo. Il 4 ottobre scorso, per salutare i suoi fan in coda dalle cinque del mattino e aprire lo shopping, l’editor at large è arrivata nello store del colosso svedese di Milano indossando le sue creazioni, reduce dal party parigino a lei dedicato qualche giorno prima nella capitale della moda francese. «Questa collezione serve a spaccare il conformismo, a rompere le regole», ha dichiarato la neo-designer, che nella regola numero uno di Fashion Shower preannunciava: «La moda è la dichiarazione della tua personale libertà». Ad accoglierla c’erano proprio tutti: amanti dello stile e curiosi, giovani e adulti, perché come Anna insegna, bisogna essere «Favolosi ad ogni età». Dai bracciali-serpenti agli occhiali impreziositi da coccodrilli dorati, dagli stivali in pelle nera alle numerose clutch oro e turchese, spunta anche un copricapo piumato: «I gioielli moda rendono unico il vostro stile», regola numero dieci. Ed ecco nella sontuosa collezione anche uno dei suoi accessori preferiti, le scarpe, completamente d’oro oppure nere con inserti argento, dal tacco vertiginoso: «La moda è sempre scomoda. Se ti senti comoda, non avrai mai il look giusto». Accontentati anche i fashion travelers con il set composto da trolley e beautycase nella colorazione turchese con decori scintillanti tipicamente barocchi: «Li adoro, mettono allegria in aeroporto, arrivi con quelli e tutti ti guardano!». Ed è proprio vero: il trash piace, l’eccesso conquista e l’esagerazione ammalia ad ogni occasione. Lo sa bene una delle giornaliste più famose del sistema-moda, che ha sedotto l’anima del marketing attraverso una collezione alle soglie del kitsch e del cattivo gusto, o meglio, come la descrivono molti dei suoi antagonisti, assolutamente “trashion”. Apprezzata ma contemporaneamente molto discussa, è anche e soprattutto un’icona modaiola di internet, protagonista ogni giorno di un reality show del web. «Mi era chiaro fin dall’inizio che il fenomeno dei blogger di moda, specialmente quelli che fotografano fuori dalle sfilate, avrebbe cambiato il volto mediatico del sistema: sono diventata stylist di me stessa, è stato liberatorio». Così, imperatrice della moda dal fisico da modella plasmato con nuotate quotidiane e yoga, è orgogliosamente diventata il bersaglio preferito di tutti i blogger e dispone di un sito curato personalmente che ¬raccoglie citazioni, consigli, fotografie e videoclip aggiornati quotidianamente. Niente panico: per chi proprio non se la sente di ricoprirsi d’oro e turchese o decorarsi di fregi barocchi, appuntamento per la metà del mese con la collezione dai tratti minimalisti firmata Maison Martin Margiela.

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Anna Dello Russo e la cagnolina Cucciolina vicino all’installazione in piazza San Babila a Milano. Il tributo alla collaborazione con H&M consisteva in un’enorme bolla trasparente che conteneva una scarpa completamente dorata e realizzata a dimensioni d’uomo.

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cover

Michelle Hunziker, terminato il suo periodo di conduzione a Striscia la Notizia, tornerà al teatro con Mi scappa da ridere. Prima data, il 7 gennaio a Palermo. Poi, naturalmente, tournée in tutta Italia.

Foto Paolo Baglioni

di Santi Urso

Nel cuore e nella mente di Michelle

Ride perché la vita le sorride: amore, lavoro, salute, tutto ok! La svizzera d’Italia trionfa a Striscia la Notizia e si prepara di nuovo per il teatro. Abbracciata a E z i o G r e g g i o , To m a s o Tr u s s a r d i e a l l a f i g l i a A u r o r a 14 For Magazine


Pippa chi? Ah quella che l’anno scorso, damigella alle nozze della sorella Kate, strizzata in un imbuto bianco, ha fatto strage di telecamere a favore del suo lato B? E che oggi si vanta, come d’una novità, della celebrità del fondoschiena, più famoso del suo nome? (Philippa Charlotte Middleton, all’anagrafe). Peccato che sia arrivata con appena sedici anni di ritardo. La celebrità affidata a curve scultoree (nude e non in maschera) è stata inventata nel 1995, per essere precisi il 10 maggio. In quel giorno molti giornali uscirono con titoli di ugual tenore: “Roberta: il mio nome è Michelle”. Roberta era l’azienda dell’intimo, e Michelle la sua testimonial sui manifesti. Era l’erede di Rosa Fumetto, che era già superstar quando mostrò i glutei. Michelle, invece, era così sconosciuta che per tutti il suo cognome era Hunziken. Quando, già legata a Eros Ramazzotti, si affacciò nel 1996 alla Tv, penne poetiche la cantarono come bruco diventata splendida farfalla. Era vero e la farfalla era d’acciaio. Basta guardarla: ha un’energia magnetica. La si vede a occhio nudo, con tutti i muscoli che saettano a fior di pelle, quando si muove. Tutte le altre qualità, dall’ottimismo alla determinazione, fanno della Hunziker una “pignolina incasinata”, come dice lei di se stessa, perché unisce una precisione svizzera (è nata a Sorengo, nei dintorni di Lugano) a un’effervescenza mediterranea. Dice che è tutto merito della figlia Aurora, che ha avuto giovanissima, con Eros. «Ho dovuto tirar fuori una grinta pazzesca, per garantirle un futuro, e anche se Eros ci è sempre stato vicino ho voluto provare a cavarmela da sola: e nel mio lavoro, l’intrattenimento, devi essere puntuale e ridere sempre». Adesso è anche merito di Tomaso Trussardi, che sembra l’uomo giusto della sua vita (e di certo è, finalmente, l’uomo bello, finora il meglio era stato il marito, più un tipo che un adone). A volerla analizzare con l’occhio di un trainer, lo splendore di Michelle deve molto ai lavori in palestra e all’aria aperta, dallo stretching al tapis roulant («Ma poco: è un allenamento troppo solitario»), dallo sci al nuoto, dalla canoa al beach volley. E qualche volta, sul ghiaccio, oltre ai pattini si porta stecca e dischetto, perché le è rimasta una passione infantile per l’hockey. E un dietologo direbbe che quel fisico è anche frutto del suo stile di vita a tavola: non tanto perché è vegetariana ma perché ne assapora i piaceri. Qualsiasi lavoro stia facendo, al cinema in teatro o in Tv, lei, in pausa pranzo stacca sempre un’ora e non mangia, degusta lentamente (anche un’umile “schisceta”). Ma il vero segreto del fisico elastico e scattante di Michelle non sta nelle tecniche, sta nel cuore e nella mente: lei non sorride solo per contratto, lei è allegra e simpatica perché ama la vita.

Foto Vincenzo Di Cillo

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Michelle Hunziker ed Ezio Greggio festeggiano la venticinquesima edizione di Striscia la Notizia, traguardo storico per la trasmissione, ma anche per la coppia di conduttori, arrivati alla nona edizione consecutiva alla guida del Tg satirico. Per la trasmissione di Antonio Ricci (ripartita il 24 settembre) sempre ascolti record e numerosi scoop messi a segno già in questi primi due mesi di messa in onda. Striscia, 25 e non li dimostra!

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For magazine IMPRESE di Sara Donati

Un tuffo dove il cielo

Felix Baumgartner, 43 anni, austriaco, ha fatto un salto nel vuoto di 39.045 metri, raggiungendo i 1.342,8 chilometri orari in caduta libera, 1,24 volte la velocitĂ del suono. Felix e il team Red Bull Stratos si sono preparati per anni a questa impresa, inclusi due salti di prova realizzati nel corso del 2012.

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è più blu

Felix Baumgartner ce l’ha fatta: si è buttato da 39.000 metri ed è felicemente atterrato col paracadute, primo uomo nella storia a infrangere il muro del suono in caduta libera. Un evento che ha mobilitato come non mai il popolo del web

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Felix ha stabilito quattro nuovi record mondiali: il volo a maggiore altitudine con equipaggio, il lancio con paracadute da maggiore altezza, la prima persona a superare la barriera del suono durante una caduta libera e la caduta libera più lunga. Record che resistevano da oltre 50 anni, da quando cioè Joseph Kittinger, colonnello, attualmente in pensione, dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti e mentore di Felix, nel 1960 si lanciò in un salto stratosferico da 102,800 piedi (31,333 metri), aprendo le porte dell’esplorazione spaziale e decretando così il record da battere per Baumgartner. Felix ha raggiunto l’altezza da cui si è buttato nel vuoto all’interno di una capsula trainata da un pallone di elio. Ecco il momento del lancio avvenuto domenica 14 ottobre.

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Su You Tube sono ben piĂš di otto milioni le persone che hanno seguito in diretta i 39 mila chilometri del volo di Felix. Su Italia 2 l’evento RedBull Stratos, missione ai confini dello spazio è stato visto da 870 mila telespettatori (con un picco di quasi due milioni), cifre record per il canale digitale terrestre di Mediaset.

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Felix dice: «A 16 anni, dopo il primo lancio, capii che ero nato per questo».

Per quanto riguarda le imprese che ha in programma in futuro, Baumgartner afferma: «Basta con attività estreme come il lancio da 39.000 metri di altitudine; per queste mi ritengo in pensione. Ma il cielo e l’aria non li abbandonerò: piloterò elicotteri a scopo commerciale. Non sono pazzo. Chiaro che mia madre è sempre stata preoccupata, già da quando da piccolo mi arrampicavo sugli alberi. Ma questa è la mia vita, mi è sempre piaciuto vedere il mondo dall’alto e lei mi ha sempre sostenuto». 25 gennaio 2007: Felix è sopra uno strapiombo di rocce in Oman.

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A proposito di come ha passato la notte prima del lancio, lo skydiver austriaco ha dichiarato: «Non ho avuto paura, ma non ho dormito bene. Sapevo che il giorno dopo avrei dovuto mantenere per tante ore una concentrazione altissima e che avrei avuto gli occhi del mondo addosso. Non mi ha mai sfiorato, nemmeno per un secondo, il pensiero di poter morire, perché la nostra priorità è sempre stata la sicurezza. Ho avuto una sola paura: non riuscire ad infrangere la velocità del suono».

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Dell’impresa di Felix (e conseguentemente della Red Bull che l’ha finanziata) si è parlato in tutto il mondo. Eccolo a New York tra i fan e prima dell’intervista alla Nbc.

Uno dei salti di Baumgartner dal Cristo Redentore di Rio de Janeiro (il primo risale al 1999).

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Felix si lancia dalla torre 101 di Taipei il 12 dicembre 2007.

Tra le altre imprese di Baumgartner, il 31 luglio 2003 l’attraversamento della Manica sostenuto da un paio d’ali di carbonio.

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7 luglio 2007: Felix sta per lanciarsi sullo stretto di Corinto.

Felix Baumgartner è nato a Salisburgo il 20 aprile 1969. Il suo soprannome è B.A.S.E. 502.

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30 gennaio 2006, Mexico City: Felix si lancia dalla Torre Mayor, un grattacielo di 52 piani.

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ROTAZIONI di Ivan Rota Maria Grazia Severi, la maison di abbigliamento e accessori di lusso, ha scelto ancora una volta la sua città, Modena, per presentare la collezione autunno/inverno 2013 in una location esclusiva, la futuristica sede della Bmw Italia. Il fashion show della maison ha visto in passerella una testimonial d’eccezione, la showgirl Juliana Moreira che, con la sua bellezza mediterranea, ha interpretato in modo sensuale lo stile Severi. Un evento che ha visto anche la partecipazione di Dalia Di Prima, la giovanissima vincitrice del talent show Io canto, con una performance musicale d’eccezione dedicata al grande Lucio Dalla: una vera e propria festa che la casa di moda ha voluto fortemente per rinnovare il suo legame con la città di Modena. Sulla passerella i capi della sfilata hanno rivelato una grande ricchezza, nata dal fascino eterno delle dive hollywoodiane degli anni ’40. Una collezione in cui il look quotidiano, fatto di contrasti materici e di tagli contemporanei, si unisce all’attenzione per il dettaglio, giocato nelle sue infinite varianti, per tessuti sontuosi e per le lavorazioni importanti. L’autunno inverno 2013 firmato dalla designer Francesca Severi è opulento: dress dal sapore retrò e colori raffinati. • A Roma alla festa di compleanno di Mara Venier, avrebbero voluto esserci in molti, ma Mara, inguainata in una paio di leggins gioiello, ha voluto festeggiare invece con la sua famiglia (i suoi due figli, Elisabetta e Paolo), con il marito Nicola Carraro e suo figlio Gerò, assieme alla fidanzata, e soprattutto amica di Mara, Simona Ventura. Tra una portata di scampi crudi e un’ostrica si è commosso Lino Banfi, ha brindato Sabrina Ferilli, arrivata in ritardo, con il fidanzato Flavio Cattaneo, dopo aver lasciato sul set Francesco Testi, partner di scena e «mai nella vita», ha sottolineato. Roberto D’Agostino con la moglie era più decorato (catene, anelli, tatuaggi, barbetta) di Elsa Martinelli, Maria Scicolone e Cristiano Malgioglio messi insieme. Il più tranquillo? Al Bano, che è arrivato con una compagnia molto speciale: i due figli avuti da Loredana Lecciso, che annoiati come pochi alla festa dei grandi, hanno smanettato tutta la sera con i loro telefonini. Beata gioventù.

Francesca Severi e Juliana Moreira

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In occasione della nuova stagione del famoso gameshow Cuochi e Fiamme, in onda tutti i giorni su La7d alle ore 19:10, Le Creuset e La7 hanno organizzato un evento speciale per tutti gli appassionati di cucina. Simone Rugiati è stato protagonista di un incontro aperto al pubblico, nella splendida cornice del 6° piano de La Rinascente di Milano, e ha svelato i suoi segreti in cucina.

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Un appuntamento in cui confrontarsi con lo chef più famoso della televisione italiana e chiedergli i trucchi per la riuscita dei piatti. Lo chef di Le Creuset Erny Lombardo ha realizzato alcuni piatti della cucina tradizionale dei Monzù (da Monsieur, “storpiato” in dialetto napoletano, cioè cuochi di corte del Regno delle Due Sicilie), resi attuali e leggeri attraverso l’utilizzo dell’acqua. Simone Rugiati

Durante il RomaFictionFest, Valentina Cervi ha indossato un bracciale della collezione High Jewellery in oro rosa con smalto e diamanti, mentre Vittoria Puccini ha indossato un anello B.zero1 in marmot blu e oro rosa con un borsa Bulgari. • Una serata unica nel suo genere: in tanti, vestiti a tema per il charity in favore dei bambini del Sudan, alla Casa dei Sapori dove è stato ricostruito un villaggio di campagna un po’ retrò: balle di fieno, veri animali da cortile, un trattore con una flower designer, cesti d’uva, saltimbanchi e musicisti, compresa la Rivolkestra di Umbria Jazz. Luca Gardini, campione del mondo dei sommelier, ha aperto per una sera la bottega del vino: a sostenerlo l’amico chef Andrea Berton. A pochi passi il Bar dello Sport con tanto di torneo di calciobalilla e vecchie foto dei campioni del Milan e dell’Inter, la Campagna Amica ha preparato in diretta i casoncelli. Federica Balestrieri era al settimo cielo per la festa veramente riuscita: canti e balli tra oche e galline e un buon incasso per una giusta causa, ovvero il progetto agricolo che l’Associazione Sudin Onlus ha avviato in Sud Sudan, e che è stato illustrato dalle splendide foto di Elisa Garcia esposte durante la serata. • Ha aperto recentemente la mostra Coveri Story - Da Prato al Made in Italy che racconta la storia di Enrico Coveri, pratese di nascita, dagli esordi toscani fino ai successi mondiali. Curata da Martina Corgnati, Luigi Salvioli e Ugo Volli, presenta abiti originali, bozzetti, storyboard delle sfilate (per la prima volta esposti al pubblico), fotografie, video e le numerosissime copertine che le riviste hanno dedicato alle sue creazioni. Una sezione speciale documenta il suo amore per l’arte contemporanea con una preziosa selezione di opere, tra cui uno dei ritratti di Coveri realizzato da Andy Warhol. Il percorso è concepito per ripercorrere i principali momenti della carriera di Enrico Coveri e del suo marchio, partendo dalla fine degli anni Settanta quando la moda italiana, per merito suo e di un piccolo numero di geniali artisti e imprenditori, si afferma in tutto il mondo. La mostra documenta il contesto in cui Coveri sviluppa il suo talento e la sua capacità di attingere dalla tradizione di qualità dell’industria tessile di Prato e della Toscana, e dai suoi straordinari artigiani della pelle, della paglia, del feltro, per renderli famosi in tutto il mondo. Valentina Cervi

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Cartier ha festeggiato da poco a Milano con un esclusivo cocktail la riapertura della sua storica gioielleria di via Monte Napoleone, completamente rinnovata. A questo appuntamento d’eccezione (organizzato da Tiziana Rocca) sono intervenuti autorità e protagonisti di spicco della vita mondana milanese e internazionale. Un lungo tappeto rosso e un enorme “ecrin rouge”, segno distintivo della maison, ha accolto noti personaggi del mondo del cinema, dello spettacolo, della moda e della Tv. Fra questi c’erano Kasia Smutniak, Isabella Ferrari, Roberto Farnesi, Eva Riccobono, Ilaria D’Amico, Gerry Scotti, Billi Costacurta, Gaia Bermani Amaral, Elisabetta Canalis, Maddalena Corvaglia, Federica Fontana, Filippa Lagerback, Giorgia Surina, Rosita Celentano, Albertino… e molti altri. La gioielleria milanese è da tempo un punto di riferimento per la vita sociale, culturale e artistica della città, come ha confermato anche questo evento, molto apprezzata dal pubblico per l’eleganza sobria e raffinata del nuovo universo Cartier. • Torna l’esclusivo appuntamento con “La Vendemmia”: la prestigiosa manifestazione, giunta alla terza edizione, ha visto per protagonisti il settore della moda e del lusso e i vini più prestigiosi al mondo. Un evento ideato e organizzato dall’Associazione della via Monte Napoleone con la collaborazione dell’Unione del Commercio di Milano e con il patrocinio dell’Assessorato al Commercio, Turismo e Servizi di Regione Lombardia, della Provincia di Milano, del Comune di Milano e di Expo 2015. L’edizione 2012 si arricchisce di importanti novità: tre giornate speciali volute per affiancare allo shopping un momento di condivisione all’insegna dell’eccellenza e della convivialità. Quest’anno, inoltre, aderiscono all’iniziativa anche le boutique di via Sant’Andrea e via Verri, che da poco si sono unite all’Associazione, che per l’occasione può contare anche sulla partnership con i prestigiosi Hotel 5 Stelle Lusso di Milano. Infine, anche i ristoranti aderenti all’iniziativa mettono a disposizione raffinati menù di degustazione a tema. Ogni marchio è abbinato ad un vino accuratamente selezionato, e ciascuna boutique offre degustazioni al calice della propria cantina di riferimento, con il supporto dei più famosi sommelier italiani e internazionali. «Il mondo del lusso e dei vini pregiati: un binomio che si fa ambasciatore delle eccellenze e del lifestyle italiano – ha dichiarato Guglielmo Miani, presidente dell’Associazione della via Monte Napoleone –. Con “La Vendemmia” l’Associazione punta a

Tiziana Rocca ed Elisabetta Canalis

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Incanta gli appassionati di moda e di stile di tutto il mondo: con i suoi modi affascinanti e lo straordinario charme Nicole Richie è stata ospite dell’esclusivo Glamorama, l’evento organizzato da Macy’s a Los Angeles. In occasione del party riservato, Nicole ha sottolineato il suo fascino indossando i bracciali di argento brunito e perle nere della collezione Urban Amazon di Misaki, incantando gli ospiti con la sua naturalezza e spontaneità.

Via Monte Napoleone, Milano

coinvolgere i propri visitatori in un’esperienza in grado di potenziare l’attrattività di tutta la città e del nostro territorio. Vogliamo che Milano, che con la via Monte Napoleone ed il Quadrilatero già compete con Parigi, Londra e New York, crei una rete con i più importanti player del mercato». «Da parte del Comune c’è grande apprezzamento per l’iniziativa a cui abbiamo dato il patrocinio tra le tante occasioni di richiamo che l’Associazione organizza periodicamente – ha dichiarato l’assessore al Commercio del Comune di Milano Franco D’Alfonso –. “La Vendemmia” ha l’obiettivo di riproporsi con i caratteri di esclusività ed eleganza che hanno decretato il successo delle due edizioni precedenti, ed è l’occasione per presentare i migliori vini italiani che si fregiano di importanti riconoscimenti internazionali, il tutto nella cornice del Quadrilatero della moda di Milano, il quartiere dello shopping che tutti ci invidiano e che viene visitato e ammirato dai turisti di passaggio in città». • Sia sul red carpet sia nella vita quotidiana, Alicia Keys, cantautrice e attrice newyorkese, seduce con il suo inconfondibile glamour: all’ultima edizione degli Mtv Music Awards americani ha sfoggiato uno spettacolare anello a forma di serpente. Un vero e proprio oggetto del desiderio realizzato in argento brunito e impreziosito dai bagliori acquamarina della perla, che appartiene al set Temptation della Premium Collection di Misaki. Peccato per il vestito da cioccolatino… •

Alicia Keys

Nicole Richie

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REPORTAGE di Alfio Vanni

Ma che freddo fa! Ai confini del mondo si sta sotto zero. Ma le nostre Donnavventura, tra incontri letterari (Chatwin) e leggendari (Butch Cassidy), risalgono fino a isole da sogno e caldo tropicale. Ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo sui prossimi numeri

Da Ushuaia, ultimo avamposto in Sudamerica, la carovana di Donnavventura è risalita verso nord in terra argentina, dal Glaciar Perito Moreno lungo la Ruta 40 sino a Mendoza, per poi tornare a Santiago del Cile.

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Nel loro viaggio le Donnavventura, strada facendo, in Argentina sono passate dalla locanda “Bouche Vejo” dove la leggenda narra si rifugiò il famoso bandito Butch Cassidy.

Le avevamo lasciate (nel numero scorso) ai confini del mondo: Ushuaia. Ma le nostre Donnavventura sono poi risalite, tra montagne e ghiacciai, fino ad arrivare alle grandi pianure. Attraversando la Patagonia, sulle orme di un grande scrittore-viaggiatore, Bruce Chatwin. Ed è lui, le splendide Donnavventura ci scuseranno, che lasciamo parlare. La leggenda racconta che il primo viaggio di Chatwin fu annunciato al direttore del Sunday Times, il giornale presso cui si era trovato a lavorare e a scoprire la sua vena di scrittore, con un laconico telegramma: “Partito per la Patagonia. Chatwin”. Come Chatwin racconta proprio nel suo libro In Patagonia, pubblicato nel 1977, il suo interesse per questa immensa regione si radicava nell'infanzia, quando

«nella stanza da pranzo della nonna c'era un armadietto chiuso da uno sportello a vetri, e dentro l’armadietto un pezzo di pelle». Si trattava di un pezzo di brontosauro, trovato da Charley Milward il Marinaio, cugino della nonna, vicino allo Stretto di Magellano e spedito a pezzi, conservati nel sale, al Natural History Museum di Londra. Chatwin da bambino desiderava moltissimo entrarne in possesso, ma non ci riuscì, perché alla morte della nonna il pezzo andò perduto. In verità, come scoprì molto più tardi, era solo un pezzo di milodonte o bradipo gigante, trovato per caso sul Last Hope Sound, nella Patagonia cilena. Ma tanto bastava per evocare una terra lontana, che durante gli anni della guerra e poi della

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La Ruta 40 è la strada più lunga dell’Argentina. Più di 5000 chilometri di pista tra paesaggi fenomenali. Dalle montagne innevate ai laghi ghiacciati, alle rocce rosa, ai canyon, fino ai guanaco e… alle pecore! In effetti nelle estancias (fattorie) l’attività principale è l’allevamento degli ovini e dei bovini.

guerra fredda sembrava rappresentare una meta sicura: «... un posto dove vivere mentre il resto del mondo saltava per aria. Poi Stalin morì e noi cantammo nella cappella inni di gloria a Dio, ma io continuai a tenere in riserva la Patagonia». Il viaggio comincia nel dicembre del 1974 a Buenos Aires, con un tempo estivo e i negozi decorati per il Natale. Poi un treno per La Plata, città universitaria con le scritte sui muri che echeggiavano il ‘68 e il miglior museo di storia naturale del Sud America. E di nuovo in autobus, verso il sud: «La scogliera si elevava a picco sull’approdo di un traghetto. Mi arrampicai su per un sentiero e dall’alto guardai controcorrente verso il Cile. Vedevo il fiume scorrere lucente fra scogliere bianche come ossa, con strisce smeraldine di terra coltivata da ogni lato. Lontano dalle scogliere c’era il deserto. Nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all'infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca». Un viaggio alla ricerca dei luoghi, ma

anche delle storie e di miti come quello di Butch Cassidy, Etta Place e Sundance Kid: «L’anno seguente, Franck Dimaio, investigatore della Pinkerton, con l'aiuto della fotografia fatta a Winne-mucca, riuscì a seguire le loro tracce fino a Cholila, ma fu distolto dall’andare in Patagonia da storie di serpenti e giungle, forse inventate di proposito. La “famigliola di tre persone” usò Cholila come base per cinque anni, durante i quali tutto andò liscio. Costruirono una casa di mattoni e un emporio (ora di proprietà di un commerciante arabo), affidandone la sorveglianza a un altro nordamericano. La gente del posto li considerava pacifici cittadini». In una sorta di diario, lo scrittore inglese racconta e ricorda, facendo riferimento agli appunti che aveva raccolto, i posti visitati: «Mentre l'autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato i brandelli di nuvole d'argento che si spostavano in cielo, e il mare grigio-verde di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno e la polvere bianca che il vento sollevava dalle saline e, all'orizzonte, la terra e il cielo che

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La Patagonia secondo Ana, una delle nostre Donnavventura? «Terre selvagge, cime vertiginose, ghiacciai immensi, pianure brulle e sconfinate, guanachi, pecore, cavalli, gauchos, maté e tramonti da togliere il fiato. Lande desertiche che sembrano interminabili, estancias che si susseguono e coprono migliaia di ettari, dove i cavalli con le criniere al vento corrono liberi e sembrano volare, è questa la Patagonia argentina: una terra che affascina per i suoi spazi immensi, i suoi colori, la varietà dei paesaggi… forse la terra più suggestiva al mondo».

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Dalla cima del Cerro Catedral si possono ammirare le vette più alte dell’Argentina e, guardando più in là, si possono scorgere anche quelle del Cile. Nella punta più alta, incastrata tra la roccia, c’è anche una gigantesca bandiera argentina.

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Ecco la Patagonia ancora secondo Ana: Qui ho capito il significato della parola ghiacciaio! Il Perito Moreno, l’Upsala e lo Spegazzini, con la loro imponenza e lo spettacolare gioco di luce azzurra, mi hanno fatto dimenticare il freddo che mi stava avvolgendo, rubando il fiato per poter commentare quello spettacolo divino.

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Vicino allo stretto di Magellano c’è Fuerte Bulnes, una costruzione su un promontorio da dove si ha una vista a 360 gradi sullo stretto e si può vedere la Terra del Fuoco.

si fondevano, mescolando e annullando i loro colori. […] Le case del villaggio erano di mattoni, con tubi di stufa neri e sopra un intrico di fili elettrici. Dove finivano le case di mattoni, cominciavano le catapecchie degli indios, fatte con casse da imballaggio, fogli di plastica e tela di sacco». Ma Chatwin descrive anche la gente incontrata: «A mezzogiorno l’autobus attraversò un ponte di ferro sul fiume e si fermò davanti a un bar. Una donna india scese col figlio. Con la sua roba aveva occupato due posti. Masticava aglio e portava dei tintinnanti orecchini di oro vero e un cappello bianco rigido, appuntato con spilloni alle trecce. Una smorfia di disgusto passò sul volto del figlio mentre la donna trafficava per scendere coi suoi pacchi sulla strada». Una raccolta di microstorie raccontate con semplicità e grande capacità di individuare i particolari anche più nascosti: Chatwin ci porta in una pensione della Patagonia gallese, i cui proprietari sono italiani e il juke-box suona canzoni napoletane fino a tardi; ci racconta la storia di Anselmo, un

giovane pianista costretto a lasciare la sua casa perché il padre non sopportava la sua musica al pianoforte, mentre la madre «una tedesca grande e grossa», che amava il figlio e faceva la pasta in casa, avrebbe bagnato con le sue lacrime l’impasto; la storia di un’infermiera russa esule in Patagonia, che sognava di ritornare nella sua terra, covando intanto l’odio per l’Occidente e auspicando un futuro di civiltà in mano agli slavi; l’incontro con una cantante francese di operetta che viveva nel ricordo della sua Ginevra anteguerra, dipinta in ogni angolo della casa, attorniandosi così da «caffè illuminati da lanterne giapponesi». Chatwin ci parla anche della cucina del posto, dell’asado, per esempio, carne di montone cucinata su uno spiedo di ferro a forma di croce e servita con la salsa salmuera, fatta di aceto, aglio, peperoncino e origano; o ancora del maté, un liquido verde servito in zucche marroni, da bere come fosse un rituale, lentamente: «Tutti tenevano amorosamente le zucche fra le mani e sorbivano quella bevanda amara,

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parlando del maté come altri uomini parlerebbero di donne». Ricostruisce il percorso che ha portato alla definizione di “Tierra del Fuego”, come Carlo V chiamò la Patagonia trasformando l’iniziale “Terra del Fumo”, utilizzato da Magellano: «I fuochi erano quelli di un campo di indios fuegini. Secondo

un’altra versione Magellano vide solo fumo e la chiamò Tierra del Humo, Terra del Fumo, ma Carlo V disse che non poteva esserci fumo senza fuoco, e cambiò il nome». La Patagonia fu per Chatwin una terra lontana, una meta sicura in cui sentirsi solo scrittore e osservatore della

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realtà: «La Patagonia! È un'amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un’ammaliatrice! Ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più», gli urlerà un poeta incontrato sul posto, “il Maestro”, come veniva chiamato dai più. Un incantesimo iniziato a Buenos Aires, passato per La Plata, città

universitaria con il miglior museo di storia naturale del Sud America, portato lungo il Rìo Negro, attraccato nei diversi porti affacciati sull'Oceano Atlantico e arrivato infine nel sud, a Ushuaia.

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ForMODA magazine di Marco Gastoldi

Al freddo ma con eleganza

Per la stagione invernale alle porte le grandi maison propongono un mix di innovazione e classicismo, tessuti caldi, variazioni cromatiche, cura dei dettagli. Con un richiamo ai mari del nord

Burberry Prorsum

Al timone di una delle maison più iconiche e tradizionali, Christopher Bailey, direttore creativo del brand, è riuscito a donare freschezza e senso dell’umorismo ad uno stile che coniuga in modo magistrale innovazione e modernità con storia e tra-

dizione. Quando si dice che il dettaglio fa la differenza: il risultato è una collezione invernale femminile e creativa, grazie alla reinterpretazione dei classici British Look dal successo strepitoso. Una collezione che punta, oltre che su una silhouette dal taglio sartoriale, anche sulla cura degli accessori. Nuove

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forme a clessidra caratterizzano trench e cappotti e la linea dei fianchi viene enfatizzata e arricchita con tasche e taglio rotondo. Il punto vita è sottolineato da cinture in pelle chiuse da fiocchi e fibbie colorate. Lana principe di Galles e velluto a coste confezionano gonne aderenti con giochi di volant

o pullover lavorati a mano, per un trionfo di tonalitĂ calde come il marrone, la senape e il bordeaux, che rendono ancora piĂš avvolgenti e confortevoli i caldi tessuti utilizzati.

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Marni

La collezione per l’autunno/inverno corrente, disegnata da Consuelo Castiglioni per Marni, si inserisce nel panorama grafico/architettonico dalla silhouette pulita e precisa. Linee pure, volumi forti e decisi,

tratti distintivi e avvolgenti fanno intendere l’abito come architettura: le cappe avvolgono la figura, i pantaloni si fermano alla caviglia e gli abiti da sera diventano sculture artistiche arrotondate sui fianchi. Nero, avorio, azzurro, zafferano, biscotto, tabacco:

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la timida palette cromatica viene scossa da applicazioni in strass che percorrono le scollature e costituiscono la parte integrante dei capi. Ad enfatizzare la purezza degli abiti vengono usate le fantasie e i numerosi materiali quali lana, pelle, pelliccia, feltro,

lurex e pitone che, abbinati a scarpe di velluto, borse a mano rettangolari, bauletti ultra-rigidi e occhiali da sole oversize, creano una collezione al limite di rigore e geometria.

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Paul smith

Per l’attuale collezione autunno/inverno, il designer britannico si è lasciato ispirare dal guardaroba tipico dei pescatori del mare del nord. L’uomo immaginato da Paul Smith è un elegantissimo lupo di mare,

misurato ma eccentrico, vestito di cashmere, nylon, velluto, pelle, raso, montone ed equipaggiato con stivaletti, occhiali da sole, borse da viaggio in pelle e zainetti con dettagli a contrasto. Ecco il giallo impermeabile del guardiano del faro, i maglioni con

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ancore e pesci, il gilet imbottito e il cappotto doppiopetto per il capitano. Una collezione elegante ma soprattutto pratica, grazie alla presenza delle zip e dei cardigan lavorati a rete e nodi di marinaio. Le variazioni cromatiche mutano attraverso ogni grada-

zione del blu, accendendosi attraverso gialli brillanti, arancio e rossi, mentre nelle stampe dei pantaloni compaiono le illustrazioni delle creature degli abissi.

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Lanvin

Mondi a contrasto si incontrano anche sulla passerella di Lanvin, dove per l’autunno parigino Albert Elbaz e Lucas Ossendrijver immaginano l’armonioso uomo che, ispirato dalla sartorialità, osa nel suo

guardaroba elementi che riflettono vita ed esigenze quotidiane. Il classico abito trova un nuovo essere nelle forme e si abbina a elementi più sportivi e cittadini. Valigette ventiquattro ore color pastello, cappelli con visiera in pelle vintage, guanti con

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dettagli biker, stivali da box o sneakers impreziosite sono abbinati a trench in cashmere e pantaloni più tradizionali, a vita larga indossati morbidamente con tuxedo e parka oversize. L’estetica Lanvin è un’idea consolidata nel tempo, il posizionamento di chi lo indossa fra il casual-smart e la situazione formale. Il

frac è il vero elemento innovativo per il look francese che gioca anche con alcuni capi ipermoderni quali giacche bomber, camicie hi-tech dagli inserti in neoprene e silicone, la t-shirt con applicazioni in pelle arancione, brillante ed ottimista.

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double feature di Ivan Rota

Per l’evento di moda The Flawsome Ball for the Tyra Banks Tzone, tenutosi a New York, la modella statunitense Chanel Iman ha indossato un abito lungo da sera legato al collo con scollatura anteriore e stampa animalier motivo pitone nei toni del fard e del nude. Poco conosciuta in Italia, la mannequin rappresenta l’evoluzione delle top: bella, ma anche intelligente e con un grande interesse per il mondo della cultura e dell’arte. Complimenti!

Valentina Vezzali sarà anche una grande sportiva, presentatrice e via elencando, ma il saper vestire è un’altra cosa. Secondo noi è meglio che faccia la pubblicità in Tv, perché quando si lascia andare ad improvvisi vezzi stilistici i risultati non sono mai all’altezza. Una scoccata di fioretto alla comunque simpatica schermitrice. 50 For Magazine


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In occasione della seconda puntata della trasmissione televisiva X-Factor, Simona Ventura ha indossato total look Salvatore Ferragamo. L’outfit era composto da una camicia in chiffon color prugna con incrostazioni di pizzo, abbinata ad una gonna di jacquard matelassé oro, con spacco laterale e pump in raso con plateau interno. Bella, non c’è che dire, nonostante gli evidenti ritocchini…

Ambra Angiolini, tra i principali interpreti di Viva l’Italia, durante la conferenza stampa di presentazione del film ha indossato un abito strapless in tartan grigio con rouches in vita e pump in pelle cipria. Molto elegante e minimale l’ex ragazza di Non è la Rai sfugge ad ogni domanda sulla sua vita privata. Ma è vero che è in crisi con Francesco Renga? Ambra dice di no e aggiunge che sono ancora innamoratissimi. 51 For Magazine


For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori

HEATHER GRAHAM: UNA SPLENDIDA QUARANTENNE

Quando la bellezza non ha età: l’attrice di Una notte da leoni, che sembra ancora un’adolescente, ci mostra come indossare l’oro con classe. Basta guardarla e… imitarla Nata in una famiglia di origini irlandesi dalla solida tradizione religiosa, la talentuosa Heather Graham manifesta il suo interesse per lo spettacolo fin da bambina e ciò la conduce a laurearsi brillantemente in recitazione all’Università di Los Angeles. Nota per essere spesso una validissima attrice non protagonista, si fa notare, invece, come personaggio femminile principale nel film Austin Powers - La spia che ci provava, in un ruolo comico, ma anche in La vera storia di Jack lo squartatore, in una parte drammatica. Poco incline ai gossip, spesso lontana dalla feste mondane, di lei si sa pochissimo, eccezion fatta per la sua profonda passione per la corrente new age e le discipline filosofiche orientali. Alta, slanciata e longilinea, la bella Heather può sicuramente osare una mise come quella indossata nell’immagine accanto, senza mai rischiare di cadere nel cattivo gusto. Infatti, nessun metallo meglio dell’oro può valorizzare una pelle diafana come quella della star americana, che porta un semplice tubino del colore del pregiato metallo. L’abito è realizzato in alte fasce di paillettes, intervallate da delicati listini di seta lucida tono su tono, che danno un senso di piacevole movimento al vestito. Il modello monospalla è essenziale e particolare al contempo: la spalla destra, infatti, è completamente nuda, mentre quella sinistra è coperta da una morbida manica ad aletta. Nessun gioiello per un abbigliamento che è già di per sé prezioso, se si esclude una sottile catenina con un piccolo ciondolo che si intravede al collo, e la borsetta, in oro anch’essa, con tracolla intervallata da nodini e delicate nappe su un lato. Gambe toniche e atletiche che terminano su piedi curatissimi, con unghie in smalto dalla tonalità nude, elegantemente adagiati su sandali dai tacchi vertiginosi, ma dall’aspetto minimal e ovviamente nel colore aureo: sono realizzati in sottili listini di pelle, sapientemente intrecciati per vestire il piede quanto basta, senza privarlo della sua naturale sensualità. Il trucco è leggero e si intona perfettamente all’outfit: base chiarissima che si fonde con l’incarnato dell’attrice e blush color pesca; ombretto shimmer bronzo e mascara nero intenso; labbra enfatizzate solo da un gloss malva tenue. I capelli biondo chiaro sono lasciati completamente sciolti e adagiati sulle spalle in onde morbide e naturali. Potremmo dire, quindi, che sia la rivincita delle quarantenni: infatti Heather Graham (42 anni quest’anno) non dimostra affatto la sua età, sfoggiando non solo un corpo asciutto e un sorriso fresco, ma anche un look giovanile ed elegante. Quando si dice essere una donna d’oro! 52 For Magazine


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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, sto cercando di organizzare le ferie, ma mia moglie è impossibile. Ha sempre qualche cosa da fare. Ogni volta che fisso una data mi chiede di spostarla: o bisogna aspettare gli esami del bambino, o attendere che gli imbianchini abbiano sistemato la casa, o lei ha un impegno di lavoro. Una volta erano gli uomini a essere poco attenti alle ferie, ma mia moglie rappresenta una novità. È davvero cambiato tutto nel rapporto uomo-donna?

è stato affidato a lei e io posso vederlo solo nel fine settimana – così ha deciso il giudice –, e lei qualche volta ne approfitta e non mi consente nemmeno di incontrarlo. Ma io avevo e ho uno straordinario rapporto con lui e ci manchiamo. Mi domando perché i figli non vengono mai affidati ai papà. Capisco che il mio è un po’ piccolino (quattro anni) e ha ancora bisogno della mamma, ma anche del padre e non solo il sabato e la domenica.

Pasquale, Orvieto

Carlo, Perugia

Gentile Pasquale, dopo almeno tre generazioni di “mogli in vacanza e mariti in città”, che mi pare che lei rimpianga spudoratamente, siamo ora noi, le mogli, a dare filo da torcere a nostra volta. Si dia pace, perché non credo che questa nostra riscossa si possa concludere con una resa repentina e incondizionata al vostro tediosissimo spirito programmatore di mariti. Capisco quando le mie amiche in famiglia piantano le grane per vivere estati meno prevedibili, meno familiari, meno stanziali di quelle che pigramente voi “autorizzavate” fino agli anni ’80. La vacanza un po’ a rischio del last minute è una formula che terrà ancora qualche decennio. Quindi, caro amico, si acconci. Sua, Marina

Carissimo Carlo, come donna che ha vissuto questa vicenda (mi sono separata dal mio primo marito quando Lucrezia, mia figlia, aveva appena un anno e mezzo) non posso condividere più di tanto il tuo punto di vista. E questo perché sono assolutamente convinta che i piccoli abbiano più bisogno della mamma che del papà. Sono d’accordo con te, però, sul fatto che la mamma non deve impedire le visite nei giorni deputati, ma soprattutto sono convinta che per il loro equilibrio non si debba procedere a forza di dispetti o ricatti tra i genitori. Capisco la tua amarezza per non avere sempre con te il tuo bambino, ma penso che sia importante più che la quantità di tempo che gli dedichi la qualità, perciò la serenità e l’armonia. È questo che ti consiglio di instaurare con la tua ex, e vedrai che gli anni passeranno in modo quasi sereno. Il tuo bambino si farà adulto, e sarà presto in grado di scegliere a chi riferirsi, e perciò anche con chi passare liberamente la maggior parte del suo tempo libero. Cari saluti, Marina

Cara Marina, sono un trentacinquenne separato dalla moglie e sto vivendo il dramma di incontrare troppo poco mio figlio. Il bambino

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For magazine FENOMENI di Marco Gastoldi Guendalina Canessa.

Tutte pazze per il blog Tra le amanti della moda impazzano i diari in rete in cui parlare di ogni cosa che ruota attorno allo sfavillante fashion-system: c’è chi dispensa consigli di stile, chi posta immagini e chi crea il proprio look. Guerra aperta tra “publisher” comuni e celebrities-blogger Attraverso uno studio condotto da Iab Europe, società leader nella promozione pubblicitaria digitale, coloro che in Italia scrivono per un blog rappresentano il 63% della popolazione digitalizzata: rispetto al 2010, il numero di “publisher” italiani è cresciuto del 350%. Un esercito di sconosciute (e in minoranza, sconosciuti) è riuscito ad essere considerato a

tutti gli effetti una delle risorse preziosissime, secondo i marketing manager di tutto il mondo, semplicemente dedicandosi alla realtà virtuale e donando visibilità a brand e prodotti: pensando al frizzante calderone della moda, le inarrestabili fashion addicted hanno svolto un ottimo lavoro. Hanno tramutato la loro passione in professione resistendo agli

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attacchi della stampa tradizionale, diventando in seguito le principali collaboratrici delle maggiori testate internazionali. A diversi anni di distanza, una nuova generazione sembra essere vittima della “blogmania” tutta italiana; se diverse realtà anonime hanno potuto intraprendere la strada della moda virtuale, ora ci provano anche le celebrities: e quali i consigli migliori da seguire se non quelli dispensati da coloro che tutte vorrebbero essere? «Diciamoci la verità: per un personaggio pubblico è tutto più semplice perché le proposte arrivano direttamente senza cercarle. Una ragazza che apre oggi un blog deve cercare da sola i contatti e cominciare a frequentare sfilate, cercare news particolari su questo tema e sviluppare delle discussioni sul web»: a conoscere perfettamente le regole della blogosfera è l’attrice e showgirl Elena Barolo, ex velina al fianco di Giorgia Palmas e volto di Vittoria Della Rocca nella fiction CentoVetrine. La sua filosofia in merito a stile? “Less is more”, celebre citazione firmata Chanel che consigliava alle sue clienti, prima di uscire di casa, di guardarsi allo specchio e togliere sempre un accessorio dal proprio look. Un amore incondizionato per il primo Versace, quello disegnato dallo stilista Gianni, apprezzando anche l’eleganza griffata Yves Saint Laurent e la femminilità tipicamente Blumarine. Dalle fotografie professionali alla grafica essenziale evergreen, la sua vetrina affashionate.com presenta diverse categorie fra le quali scegliere consigli di trucco e parrucco, viaggi e mete più ambite e delizie per il palato con tanto di ricette. Guendyandthecity.net è invece il blog curato dalla Carrie Bradshaw milanese Guendalina Canessa, che insieme alla sorella Guya, non perde occasione per pubblicare fotografie di abiti, scarpe, borse e accessori indossati durante la vita di ogni giorno o in occasione di eventi mondani. Assodato da diverso tempo, il sito riceve più di 50.000 visite mensili e dal maggio scorso accompagna il successo di Guendaland, il progetto di e-commerce dedicato a tutte le fasce di età e prezzo, nato dalla menti vivaci e creative delle due sorelle. Figlia di un’esperienza quarantennale nel mondo del cashmere, Guendalina racconta di un provino per il ruolo di attrice non andato a buon fine: «Capii che il mio destino era la moda e tutto quello che gira intorno ad essa. Molti ritengono che questo sia un mondo effimero, per me è solamente una grande forma di arte. Sono cresciuta in questo ambiente, io e mia sorella abbiamo respirato lo stile fin da quando eravamo piccole e confesso di essere contenta che la mia vita sia andata così, mi sento realizzata come donna, come mamma. Con l’aiuto di Guya gestisco il mio blog, adesso ho questa recente sfida da affrontare, questa nuova avventura di e-commerce».

L’ex velina Elena Barolo (29 anni) dalla pagina del suo blog affashionate.com spiega: «Oggi è il modo più veloce e diretto per far “sentire la propria voce” e rimanere sempre in contatto con i propri fan».

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Guendalina Canessa con la sorella Guya (a destra) in occasione del battesimo di sua figlia Chloe. L’ex concorrente del Grande Fratello gestisce il blog guendyandthecity.net, in cui pubblica in maniera abbandonante fotografie di abiti, scarpe, borse e accessori indossati per gli eventi mondani più importanti.

La notizia più provocatoria arriva tuttavia da un altro angolo della rete, quello della modella e conduttrice televisiva Elenoire Casalegno, che ha scelto di annunciare l’apertura del suo fashion blog attraverso una fotografia senza veli insieme alla co-autrice Valentina Varisco, dove le due inseparabili amiche sostengono due cartelloni in cui compare il nome del progetto: “Be Fashion, Not Victim”. «Quante donne indossano abiti firmati pur stando male? Solo perché è di moda. Ogni donna dovrebbe esaltare i punti forti e nascondere i difetti. Penso di avere abbastanza personalità per essere io a portare indosso un capo e non il contrario, e personalità non fa rima con altezza o bellezza», ha recentemente twittato la splendida antidiva. L’idea sembrava essere in cantiere da diversi anni grazie alla passione per la moda che Elenoire ha fin da ragazzina: tagliava magliette, creava accostamenti inediti e si divertiva a sperimentare. La sua parola chiave? Customizzare, cioè mixare capi importanti con altri

più accessibili attraverso qualche dritta in merito a brand e pezzi low cost, non dimenticandosi delle proprie peculiarità fisiche per essere alla moda ad ogni costo. Una grande sostenitrice di stilisti emergenti, anche nella scelta di indossare abiti inediti per un programma o per un evento pubblico: «Sotto questo punto di vista ho sempre ritenuto di avere abbastanza personalità per fare di testa mia». Ora che in campo sono scese le celebrities i giochi si fanno davvero più duri, sia per le blogger sia per la stampa: la situazione si complica. Tuttavia, se da un lato è facile prevedere il successo dei fashion blog delle celebrità, dall’altro bisogna ricordare che internet ha delle logiche tutte sue da cui non si può mai prescindere. La lotta non è tra carta stampata e fashion-blogger, ma tra fashion-blogger e celebrities-fashion-blogger. A vincere in rete, come sempre, sarà la migliore.

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Elenoire Casalegno (36 anni) offre i suoi consigli fashion attraverso il blog “Be Fashion, Not Victim”, nato dall’esigenza di far emergere la personalità delle donne.

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono Kara Hayward (in alto, 14 anni) è, insieme a Jared Gilman, la protagonista del film. Nonostante non avessero alcuna esperienza nel mondo del cinema, i due giovani attori hanno imparato a memoria tutta la sceneggiatura prima di arrivare sul set.

MOONRISE KINGDOM È la storia di una divertentissima fuga d’amore di due adolescenti che vivono tra l’indifferenza degli adulti e cercano di ricomporre i frammenti delle loro anonime vite. Un regista eccentrico e un cast stellare al servizio di due promesse di Hollywood 58 For Magazine


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Su Bruce Willis (57 anni) e il suo personaggio di sceriffo alquanto particolare il produttore Jeremy Dawson ha dichiarato: «L’immagine di Bruce in questo film è molto diversa dalla solita, e credo che alla gente piacerà». L’attore tornerà nel 2013 con il quinto capitolo di Die Hard (sottotitolo Un buongiorno per morire).

Ritorna Wes Anderson, il geniale cineasta texano autore di apprezzate e originali pellicole come I Tenenbaum (2001), Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004) e Il treno per il Darjeeling (2007), tutte commedie dallo humour sui generis, spesso nonsense ma proprio per questo paradossalmente molto argute e sottili, che tuttavia nascondono sempre un fondo di amarezza, sia per le tematiche trattate (abbondano i “drammi” familiari) sia per il tratteggio attento di protagonisti insicuri dall’animo tormentato. Non sfugge a queste caratteristiche il suo nuovo lavoro, Moonrise Kingdom, il racconto dell’emozionante avventura di due adolescenti – e del tenero sentimento che nasce tra loro – in fuga dagli adulti, i veri immaturi incapaci di comprenderli. Una sorta di “film di formazione” in cui due ragazzini, Suzy e Sam (Kara Hayward e Jared Gilman), rubano la scena ad attori e attrici navigati e pluripremiati come Edward Norton (il capo scout), Bill Murray e Frances McDormand (i genitori di Suzy), Tilda Swinton (la responsabile dei servizi sociali) e Bruce Willis (lo sceriffo) che, con grande abilità, caratterizzano personaggi complessi e definiti a tutto tondo, che fanno da cornice alle vicende. Infatti, la decisione di scegliere per i ruoli principali due debuttanti senza alcuna esperienza avrebbe potuto rivelarsi molto rischiosa. Come spiega il produttore del film Jeremy Dawson «Wes Anderson si fida del suo istinto, così ha scelto i due che riusciva a immaginare bene nei panni dei protagonisti e, ancora una volta, ha messo a segno un colpo da maestro in termini di casting». I giovanissimi Jared Gilman e Kara Hayward hanno

convinto il regista in momenti diversi durante i vari provini e il lungo percorso per mettere insieme il cast: lui li ha consigliati, rassicurati, coccolati, invitandoli a guardare alcune pellicole per preparare al meglio la parte e ad entrare in sintonia tra di loro anche fuori dal set, instaurando un ottimo rapporto. «Wes è molto bravo con i bambini, più o meno nello stesso modo in cui lo è Steven Spielberg. Li incoraggia sempre», osserva Bob Balaban, che in Moonrise Kingdom interpreta il narratore “visibile” della storia, oltre ad avere un legame con i ragazzi. Ma anche gli altri attori, in particolare Frances McDormand e Bruce Willis, hanno preso sotto la loro ala protettiva i giovani performer, mettendoli a proprio agio e dispensando utili suggerimenti recitativi. E alla fine tutte queste accortezze sono state premiate dalle brillanti prove offerte da Gilman e Hayward. Nell’estate del 1965, in un campeggio scout su un’isola al largo delle coste del New England, la dodicenne Suzy, trascurata dai genitori, incontra il coetaneo Sam, orfano affidato a una famiglia che lo considera un ragazzo “difficile” da gestire. I due fanciulli scoprono di avere molte cose in comune, a cominciare dalla solitudine affettiva e dall’indifferenza degli adulti che sta spegnendo la loro fantasia, imbrigliata dal conformismo della famiglia di lei e dalle rigide regole del campo scout per lui. Così insieme architettano un piano folle ma salvifico per le loro esistenze: in nome di un patto segreto da onorare decidono di fuggire dal campeggio per seguire un antico sentiero nei boschi tracciato dai nativi

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Edward Norton (43 anni) interpreta il capo scout Ward. L’attore di Fight Club non è nuovo a ruoli in commedie brillanti come Eliminate Smoochy e Fratelli in erba. Per scrivere la sceneggiatura del film Anderson ha collaborato con il collega Roman Coppola per la seconda volta dopo Il treno per il Darjeeling (2007).

americani. A spingerli non è solo la voglia d’avventura e di evasione da un’abulica realtà, ma anche l’infantile e tuttavia sincero innamoramento che li sta facendo avvicinare. Accortisi della loro assenza, gli adulti – capo scout, sceriffo, genitori, servizi sociali, comunità locale – iniziano affannosamente a cercarli, anche perché all’orizzonte è in arrivo una violenta tempesta che sta per abbattersi sull’isola. Ma in realtà ciò che nessuno sembra capire è che non si tratta di una fuga come segno di ribellione all’autorità o come mezzo per attirare attenzione su di sé: Suzy e Sam scappano per assaporare quelle emozioni che sono state loro negate, per non omologarsi passivamente a un mondo che li ignora o li ingabbia, per scoprire liberamente la vita che li attende (iniziando da un primo timido bacio che si scambiano). «Moonrise Kingdom è un film universale perché tutti possono identificarsi con i personaggi: è la storia di un primo amore e di un’estate magica – dice ancora Jeremy Dawson –. Questo film è pieno di dolcezza e di magia, ed è anche divertente».

SCHEDA DEL FILM: REGIA: Wes Anderson SCENEGGIATURA: Wes Anderson, Roman Coppola CAST: Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances McDormand, Tilda Swinton, Jared Gilman, Kara Hayward, Jason Schwartzman, Bob Balaban GENERE: Commedia DURATA: 94' DISTRIBUITO DA: Lucky Red USCITA: 5 dicembre 2012

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Robert Pattinson (26 anni) e Kristen Stewart (22 anni) hanno fatto coppia non solo sul set ma anche nella vita reale, prima del chiacchieratissimo tradimento di lei con il regista Rupert Sanders, incontrato sul set di Biancaneve e il cacciatore.

BREAKING DAWN PARTE 2 Giunge al termine con questo quinto capitolo la saga sui vampiri che ha fatto impazzire milioni di fan in tutto il mondo. Stavolta Edward e Bella dovranno difendere la figlia dai pericolosi Volturi. Il regista annuncia grosse sorprese 61 For Magazine


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Stewart e Pattinson con la piccola Mackenzie Foy (12 anni) e Taylor Lautner (20 anni). Al successo del film contribuisce anche la colonna sonora che include i Green Day e Christina Perri. L’uscita del cd soundtrack The Twilight Saga: Breaking Dawn – Parte 2 avviene in contemporanea con la pellicola.

Si conclude (finalmente, diranno i suoi detrattori) la saga cult degli anni 2000 (non ce ne voglia Harry Potter, con il quale è nato spesso e volentieri un conflitto), capace di generare fenomeni di costume e isterie di massa nelle adolescenti, e talvolta anche nelle donne più adulte, affascinate dai bei vampiri e dai muscolosi licantropi protagonisti di Twilight, il ciclo letterario etichettato come “paranormal romance” scritto da Stephenie Meyer, da cui dal 2008 ad oggi Hollywood ha tratto cinque film campioni di incassi. Incluso quest’ultimo in arrivo, perché, considerata l’attesa spasmodica di milioni di fan, è sicuro che sarà così anche per Breaking Dawn - Parte 2, che già sul web ha alimentato discussioni infinite e ansie collettive. Una trepidazione acuita anche dai fatti di gossip riguardanti i due attori principali, con la chiacchieratissima separazione tra l’idolo delle teenager Robert Pattinson e la bella ma infedele Kristen Stewart, anche se un po’ a tutti è venuto il dubbio che i rumor siano stati creati ad arte, proprio per far parlare ancora di più del film. Non a caso c’è chi ipotizza che la coppia sia già tornata a vivere insieme. Sta di fatto che, senza ombra di smentite, si può affermare che l’amore tormentato tra Edward Cullen e Bella Swan ha segnato una giovane

generazione (soprattutto femminile), capace di amare alla follia una delle epopee cinematografiche più seguite e fortunate di sempre. Ecco perché il gran finale provoca forti emozioni negli spettatori, desiderosi di una degna conclusione all’altezza (o possibilmente superiore) dei capitoli precedenti. Nella seconda parte di Breaking Dawn (la prima era uscita in Italia lo scorso novembre) gli avvenimenti si svolgono dopo la nascita di Renesmée, la figlia di Edward e Bella (Pattinson e Stewart), la quale ormai è stata trasformata in vampira. I due giovani devono difendere la loro unione e la loro primogenita dagli spietati Volturi, i non morti che si cibano di sangue umano. Per far fronte a questi nemici, la famiglia Cullen decide di radunare gli altri clan di vampiri civilizzati e “vegetariani” (si nutrono di animali), tra i quali i Denali, la cui leader Tanya (MyAnna Buring) ha un’infatuazione per Edward. Non mancano ovviamente i licantropi, guidati da Jacob (Taylor Lautner), da sempre innamorato di Bella, che in questa lotta all’ultimo morso si uniscono ai Cullen. Tuttavia, chi crede di sapere già tutto sull’epilogo, avendo letto i romanzi della Meyer, non deve dimenticare che il regista Bill Condon ha annunciato delle modifiche nel finale. Anche qui si pone la domanda: verità o spot?

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Christian Camargo (41 anni) e Mia Maestro (34 anni) interpretano i vampiri Eleazar e Carmen, appartenenti al clan di Denali. La coralità del cast è una delle caratteristiche del regista Bill Condon (premio Oscar nel 1999 per la sceneggiatura di Demoni e dei), già autore dei plot per i musical Chicago e Dreamgirls.

Un’altra sorpresa si nasconde nei titoli di coda, così da tenere il pubblico incollato alle poltrone della sala fino all’ultimo: come rivelato da alcuni attori durante le interviste, il regista ha inserito delle scene extra nella quali «succederà qualcosa di davvero speciale». Quanto alla storia portante di questa quinta pellicola – sceneggiata come per gli episodi passati da Melissa Rosenberg – l’elemento di novità è rappresentato dalla presenza nel cast della giovane Mackenzie Foy che interpreta il ruolo di Renesmée Cullen, la bambina mezza vampira e mezza umana, che ha il potere di comunicare con delle immagini che scaturiscono dalla sua mente. Anche se il fulcro della vicenda rimane ancora una volta il personaggio di Bella, agguerrita e determinata più che mai, sempre in bilico tra i dubbi e le certezze che lacerano la sua anima. Gli addetti ai lavori e le riviste di settore come Hollywoodlife hanno parlato di una grande performance di Kristen Stewart, mai così convincente e credibile nella parte. Ciò nonostante, come è giusto che sia, saranno ancora una volta i fan a giudicare le interpretazioni migliori. E, per coloro che già si sentono orfani della saga, è bene sapere che esiste un palliativo non di poco conto. È ormai in post-produzione il film tratto dall’ultimo romanzo

di Stephenie Meyer: si intitolerà Host, sarà anch’esso una storia d’amore paranormale (avrà per protagonisti degli alieni) con la speranza di diventare un nuovo seguitissimo cult.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Bill Condon SCENEGGIATURA: Melissa Rosenberg CAST: Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner, Ashley Greene, Nikki Reed, Peter Facinelli, Kellan Lutz, Elizabeth Reaser, Dakota Fanning, Anna Kendrick, Michael Sheen, Cameron Bright, Mackenzie Foy, MyAnna Buring GENERE: Fantasy, Romantico DURATA: 116' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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7 PSICOPATICI

Grandi interpreti per questa commedia nera spiritosa e originale che racconta di persone un po’ “ disturbate”, capitanate da Colin Farrell, in una storia in parte autobiografica. Almeno stando alle parole del regista

Colin Farrell (36 anni) è tornato a collaborare con Martin McDonagh dopo l'esperienza di In Bruges - La coscienza dell’assassino, che nel 2009 gli aveva permesso di vincere un Golden Globe per il miglior protagonista maschile in una commedia.

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Woody Harrelson (51 anni) ha ottenuto la parte del boss Charlie dopo che Mickey Rourke, inizialmente scelto per quel ruolo, ha avuto problemi con il regista McDonagh, poco prima che cominciassero le riprese. Tra i film più noti di Harrelson si ricordano Proposta indecente, Assassini nati e La sottile linea rossa.

Si ricompone la squadra vincente di In Bruges - La coscienza dell’assassino, la commedia criminale che nel 2008 impressionò pubblico e critica internazionale, collezionando premi (un Golden Globe e un Bafta) e nomination (inclusa quella agli Oscar) grazie al suo imprevedibile humour nero farcito con scene di violenza, uso di droghe e linguaggio esplicito (che gli valse anche qualche censura). Di quel progetto facevano parte i produttori Graham Broadbent, Tessa Ross e Pete Czemin, il registasceneggiatore Martin McDonagh e l’attore protagonista Colin Farrell, che oggi ritornano tutti insieme con 7 psicopatici, una black comedy dal retrogusto pulp che vanta un cast formidabile piuttosto eterogeneo, tra veterani del cinema come Christopher Walken e Woody Harrelson, star in ascesa per bellezza e bravura come Abbie Cornish e Olga Kurylenko, fino al funambolico musicista-poeta-attore Tom Waits. Ma a tenere insieme le fila di tutto è il fitto intreccio che lega i personaggi della vicenda, nata nella testa di McDonagh sette anni fa. «Io avevo solo la storia di uno degli psicopatici – spiega il regista premio Oscar per il cortometraggio Six Shooter –. Un altro paio di storie sono arrivate rapidamente e da quel punto è stata una passeggiata. Mentre si sviluppava la trama, continuavo a pensare al tipo di persona che scriverebbe questo genere di cose, così come a quello che dà vita a un buon film e alla difficoltà continua tra voler fare qualcosa di emotivamente coinvolgente, ma che fosse allo stesso tempo anche pulp e folle». Nonostante la sua solida carriera di drammaturgo teatrale, McDonagh non era sicuro di

voler affrontare questo progetto come suo primo lungometraggio dietro la macchina da presa. «Era troppo impegnativo a livello cinematografico, quindi dovevo prima farmi le ossa – prosegue l’autore britannico –. Come regista esordiente ho deciso di iniziare con qualcosa che conoscevo bene. In Bruges era uno studio di personaggi e rapporti, tutti racchiusi in un unico luogo. Sentivo di conoscere quel territorio grazie alla mia esperienza a teatro. 7 psicopatici è invece come un puzzle, un gigantesco enigma». A complicare la già articolata sceneggiatura del film, che fonde bene umorismo cinico ed elementi tipici delle crime story, ci pensa poi il suo tenore parzialmente autobiografico («Diciamo soltanto che ho inserito molte verità personali, assieme a cose che sono false al 100%», ricorda ancora McDonagh). Infatti, il protagonista è uno sceneggiatore in crisi di nome Marty (Farrell), che è alla disperata ricerca di un’idea per una sua pellicola, già venduta ad Hollywood, ma di fatto costituita solo da un titolo (“Seven Psychopaths”) senza trama. A distogliere la sua attenzione da questo lavoro ci sono sei personaggi che, per un verso o per l’altro, sono tutti affetti senza saperlo da disturbi psicologici: il suo migliore amico Billy (Sam Rockwell), attore in declino e nel tempo libero socio in affari di Hans (Walken), religioso ed ex criminale che rapisce cani al parco per restituirli ai legittimi proprietari solo dietro pagamento di un riscatto; la sua fidanzata passivo-aggressiva Kaya (Cornish), il dandy Zachariah (Waits), uomo strano con un passato violento alle spalle che se ne va

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Sam Rockwell (44 anni) e Colin Farrell. La pellicola è stata presentata al Toronto International Film Festival, dove ha vinto il premio di film preferito dal pubblico per la sezione Midnight Madness. Per il produttore Graham Broadbent la sceneggiatura «è un mix notevole di umorismo, umanità e senso del pericolo».

in giro con un coniglio domestico; infine, ci sono lo spietato gangster Charlie (Harrelson) e la sua donna Angela (Kurylenko) a cui è stato incautamente rubato l’amato cane, una shih tzu chiamata Bonny, che il boss della mala vuole ritrovare a tutti i costi facendo fuori i colpevoli. E grazie a questa faccenda, Marty trova finalmente l’ispirazione per il suo film. Deve solo vivere abbastanza per poterlo concludere e realizzare. SCHEDA DEL FILM REGIA: Martin McDonagh SCENEGGIATURA: Martin McDonagh CAST: Colin Farrell, Christopher Walken, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Olga Kurylenko, Tom Waits, Zeljko Ivanek, Gabourey Sidibe, Kevin Corrigan GENERE: Commedia nera DURATA: 109' DISTRIBUITO DA: Moviemax

Christopher Walken (69 anni) nei panni dell’ex criminale Hans. L’attore ha vinto un Oscar da non protagonista nel 1979 per Il cacciatore.

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SILENT HILL: REVELATION 3D

Torna in sala il secondo capitolo della saga horror-psicologica tratta dall’omonimo videogioco della Konami. Questa volta sarà la giovane Heather a fare i conti con i suoi incubi peggiori, legati alla città più tetra e maledetta del grande schermo

Kit Harington (26 anni) e Adelaide Clemens (23 anni). L’attrice australiana ha risposto alle domande dei fan durante la convention annuale “Comic-Con International” a San Diego, in cui il film è stato presentato in anteprima lo scorso luglio.

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La Clemens con Sean Bean (53 anni): nel film sono padre e figlia, lei nei panni di Heather Mason, il personaggio principale del terzo videogame, lui in quelli di Harry Mason, alias Christopher Da Silva, già apparso nel primo capitolo cinematografico. Gran parte delle riperse di Silent Hill: Revelation 3D si sono tenute a Toronto.

A distanza di sei anni dal primo fortunato episodio, Silent Hill, arriva il sequel Silent Hill: Revelation 3D, anch’esso tratto dall’omonimo videogame survival-horror prodotto dalla giapponese Konami Corporation, e basato sul terzo capitolo della saga videoludica. A differenza del primo, opera del francese Christophe Gans, questo secondo atto è scritto e diretto da Michael J. Bassett, regista e sceneggiatore britannico che in passato ha dimostrato di avere una buona familiarità sia con l’horror (Wilderness, 2006) sia con il fantasy (Solomon Kane, 2009), ed è prodotto da Don Carmody e Samuel Hadida, già artefici del successo dell’epopea di Resident Evil. L’idea di un seguito nasce proprio da questo apprezzamento del pubblico per l’altro celebre videogioco horror, sviluppato dalla Capcom per Playstation e altre console, portato più volte sul grande schermo negli ultimi anni e reso popolare dall’interpretazione di Milla Jovovich nei panni della sexy eroina Alice. La forte contrapposizione tra i fan dei due giochi interattivi, con conseguenti ripercussioni sugli spettatori cinematografici, è già di per sé un’ottima base di partenza per le sorti del nuovo film. Che comunque deve molto al genere orrorifico in generale, trovando

ispirazione soprattutto nelle opere di George A. Romero su zombie e non morti in cui vengono dipinti angosce, paure e terrore. La pellicola, girata in tre dimensioni come sottolineato anche nel titolo, riprende le atmosfere tetre e spettrali del videogame, enfatizzando l’inquietudine trasmessa dal precedente capitolo cinematografico e la presenza di personaggi lugubri e sgradevoli, come le infermiere dal viso mutilato che tanto hanno terrorizzato gli appassionati del gioco, oppure come il mostruoso Testa a Piramide, uno dei personaggi più iconici della saga, comparso anche nel primo episodio. Al quale Michael J. Bassett non ha potuto fare a meno di ispirarsi, anche se, per sua stessa ammissione, ha cercato di capire profondamente i lati positivi e negativi del prototipo, concentrandosi molto sulle scene action e sui momenti di tensione pura, senza ovviamente trascurare la storia e le sensazioni già provate davanti al monitor di una console. Insomma, non solo contenuti ma anche una forma ben confezionata per non deludere le attese dei tanti fan, abituati alle ambientazioni, al carisma dei protagonisti e agli step via via più impegnativi ed emozionanti del prodotto originale. Con queste

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Tra le figure più carismatiche del film ci sono le inquietanti infermiere dal viso mutilato. Ritorna anche il punitore di Silent Hill, lo spaventoso Testa a Piramide: per l’occasione è stato costruito un costume dettagliatissimo e ben curato da un charter designer, indossato da un attore, che poi è stato migliorato e ritoccato con la computer grafica.

premesse Bassett ha scritto una sceneggiatura avvincente, che mira a tenere incollato allo schermo fino alla fine lo spettatore, con l’obiettivo evidente di fargli provare una buona dose di brividi lungo la schiena. Heather Mason (Adelaide Clemens) e suo padre Harry (Sean Bean) sono in fuga da anni, costretti a scappare da terribili forze del male che li perseguitano. La ragazza è tormentata da incubi ricorrenti e spaventosi stati di allucinazione, dei quali non comprende le cause. Quando, alla vigilia del suo diciottesimo compleanno, scopre che il padre è misteriosamente scomparso nel nulla, Heather si lancia disperatamente alla sua ricerca. Tutti gli indizi che segue la conducono alla maledetta città di Silent Hill, dove la giovane verrà a conoscenza di sconvolgenti verità sulla sua identità e sul destino del genitore, dovendo confrontarsi una volta per tutte con i suoi incubi e le visioni mostruose, e venendo inghiottita in un mondo demoniaco che potrebbe tenerla intrappolata a Silent Hill per sempre. Oltre a Sean Bean, protagonista del primo film, a mantenere un legame di continuità c’è anche la presenza nel cast di Radha Mitchell e Deborah Kara Unger che tornano a vestire i panni dei

personaggi già interpretati. A questi si aggiungono due note e apprezzabili star come Malcolm McDowell (l’indimenticabile Alex DeLarge di Arancia meccanica) e Carrie-Anne Moss (la Trinity di Matrix).

SCHEDA DEL FILM REGIA: Michael J. Bassett SCENEGGIATURA: Michael J. Bassett CAST: Adelaide Clemens, Kit Harington, Radha Mitchell, Sean Bean, Deborah Kara Unger, Carrie-Anne Moss, Malcolm McDowell, Martin Donovan GENERE: Horror DURATA: 149' DISTRIBUITO DA: Moviemax

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D’Isa

Il Film da non perdere

LINCOLN

Il due volte premio Oscar Daniel Day-Lewis (55 anni) nei panni del protagonista. In precedenza era stato scelto Liam Neeson, poi giudicato troppo vecchio per il ruolo.

Abraham Lincoln fu il presidente che pose fine alla schiavitù, prima con la Proclamazione dell’Emancipazione (1863), che liberò gli schiavi negli Stati dell’Unione, e poi con la ratifica del tredicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, con il quale nel 1865 la schiavitù venne abolita in tutta l’America. Lincoln, allo stesso tempo, ha preservato l’unità federale della nazione e ha sconfitto gli Stati Confederati d’America (favorevoli al mantenimento della schiavitù) nella Guerra di Secessione statunitense. Il 14 aprile 1865, mentre Lincoln assisteva alla commedia musicale Our American Cousin al Ford’s Theatre di Washington, John Wilkes Booth, attore della Virginia simpatizzante sudista, entrò nel suo palco e sparò un colpo di pistola calibro 44 alla testa del presidente. A ricordare la figura di questo straordinario personaggio ci pensa ora il camaleontico Daniel Day-Lewis diretto da Steven Spielberg in Lincoln. Si tratta di un biopic storico tratto dal libro Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln di Doris Kearns Goodwin, poi sceneggiato da Tony Kushner. Nel cast anche David

Strathairn, Tommy Lee Jones, Sally Field e Joseph Gordon-Levitt, per raccontare gli ultimi tumultuosi mesi del sedicesimo presidente americano. Il film è ambientato tra il 1864 e il 1865, quando la guerra civile imperversa e la vittoria dei nordisti appare sempre più probabile. Al centro c’è una battaglia politica, non militare, incentrata sulle grandi manovre al Congresso per fare approvare il tredicesimo emendamento. Il film è stato accolto al New York Film Festival da applausi e reazioni estremamente positive, e si annuncia tra i favoriti per i prossimi premi Oscar. Rinunciando agli effetti spettacolari più facili la pellicola è un’impegnativa riflessione sull’arte della politica, con una ricostruzione storica accuratissima: perfino l’orologio da taschino che usa Day-Lewis è quello originale di Lincoln, in prestito da un museo.

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For magazine Il Film da evitare

THE WEDDING PARTY

Lizzy Caplan (30 anni), Isla Fisher (36 anni) e Kirsten Dunst (30 anni), paragonata da Leslye Headland, regista del film, a Barbara Stanwyck.

È un’implacabile damigella d’onore, a metà strada fra un serial killer e Hannibal Lecter, con le sue scatenate complici, la protagonista di The wedding party, commedia scorretta che Leslye Headland ha tratto dalla sua pièce teatrale. Il film indipendente, che ha debuttato al Sundance Film festival, dove è stato acquistato dalla Weinstein Company per due milioni di dollari, ruota intorno al rapporto di amore e invidia, dell’affascinante Regan (Kirsten Dunst), donna in carriera, con Becky (Rebel Wilson), amica dagli anni del liceo, meno perfetta e in sovrappeso, che, contro ogni previsione, sta per sposarsi prima di lei, e con un uomo bello e ricco. Regan accetta di farle da damigella, insieme alle altre due componenti del loro gruppo di amiche “scoppiate” (in inglese il nome del gruppo era più evocativo, “B-Faces” ovvero facce da str…) degli anni della scuola: l’evanescente e imprevedibile Katie (Isla Fisher) e Gena (Lizzy Caplan), che si è concessa dieci anni di stravizi per dimenticare un amore importante finito male. Insieme, dopo una festa di nubilato agitata, le tre causano un danno che

rischia di rovinare le nozze di Becky. Sta a loro, in una folle notte fra droga, alcool, locali di strip e ritorni di fiamma, cercare una soluzione. «Non ci sono molte commedie scritte per le donne, è stata l’opportunità per me di tornare a un ruolo leggero – ha spiegato la Dunst –. Sono le ragazze a fare le cose sbagliate e non lo vedi spesso al cinema». E per fortuna, perché laddove la commedia dovrebbe far ridere, qui diventa invece un continuum di prevedibilità e déjà vu all’americana.

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For magazine uomini veri di Federico Cabona

Il nostro amico Eric

Eric Cantona premia il regista inglese Ken Loach al Grand Lyon Film Festival, dedicato ai lavori cinematografici restaurati.

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Cantona, anarchico di destra ed ex grande calciatore: l’incontro con il cinema e col regista Ken Loach. E, prima, squadre francesi ed inglesi, grandi goal e gesti clamorosi. Con la voglia di stupire, sempre

Duellando nell’arena, affascinando con la forza e l’abilità la folla, Spartaco contribuiva a consolidare il potere imperiale di Roma. Ma quando in lui maturò la coscienza di sfruttato, quando trascinò, invece di uccidere, altri gladiatori alla rivolta, minò quel potere. Interpretato da Kirk Douglas, sceneggiato da Dalton Trumbo sulla base del romanzo di Howard Fast, Spartaco di Stanley Kubrick idealizzava il gladiatore trace come antagonista del proto-capitalista Licinio Crasso. In Rollerball di Norman Jewison, un gladiatore su pattini del 2018, Jonathan E. (James Caan), fa ombra alla globalizzazione proprio grazie al suo mito, originato dal rollerball, cruenta miscela di rugby, hockey e basket. Spartaco e Jonathan E. prefigurano Eric Cantona. La sua fierezza di guerriero emerse già quando giocava (classe 1966, smise a soli 30 anni). Se segnava, poi si fermava e, col colletto alzato, guardava la folla osannante, aspettando l’abbraccio dei compagni. Espulso in una partita col Crystal Palace, mentre lasciava il terreno di gioco, aveva praticato il kung-fu su uno spettatore che, dalla prima fila di posti (in Inghilterra non c’è griglia tra campo e spalti), insultava lui - pazienza - e la sua famiglia, il che era troppo. La reazione costò otto mesi di squalifica a Cantona, ma gli valse anche il rispetto di chi, prima, lo considerava solo un calciatore migliore di altri. E poi talora l’esclusione fa sentire la mancanza dell’escluso: dei cinque campionati di Cantona al Manchester United, quello fu l’unico che la

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Eric Cantona è una leggenda per il calcio internazionale e per i tifosi del Manchester United in particolare. Nel film Il mio amico Eric interpreta se stesso.

squadra non vinse. Degli uomini di carattere si dice che l’abbiano "brutto". Nel caso di Cantona, ciò ha ispirato nel 1995 varie leggende. C’è uno spot pubblicitario dove lui affronta, con campioni coevi, la Nazionale dell’Inferno. Suo - non di Maldini, non di Ronaldo - il tiro che sfonda (letteralmente) il satanico portiere. Da quel momento fu evidente che l’irascibile Cantona non si prendeva sul serio. Se ogni tifoso del Leeds patì per il suo passaggio al Manchester United, solo uno lasciò moglie e figli per seguire il suo campione. Poiché sotto la nuova maglia - rossa, col numero 7, la stessa di George Best un quarto di secolo prima - Cantona aveva lo stesso cuore, fu lui a trovare un lavoro a Manchester al temerario seguace, in modo che la famiglia potesse raggiungerlo.

Barba curata, sopracciglia ben separate, voce calda, dizione perfetta si coordinano nel Cantona di oggi, dallo sguardo auto-ironico quando – interprete di se stesso ne Il mio amico Eric – mormora: «Non sono un uomo. Sono Cantona!». È questo il film di Ken Loach, che Paul Laverty scrisse ispirandosi al tifoso di Leeds esule a Manchester. Intanto Cantona è assurto a nemico n. 1 delle banche. Un calciatore può diventare attore e restare, oltre che divo, cittadino e lanciare una provocazione. A fine 2010 disse: «Fare la rivoluzione è semplicissimo. Tre milioni di persone in piazza con bandiere e striscioni, tamburi e altro, si notano, ma non cambiano le cose. Se invece i tre milioni di persone ritirassero i depositi dalle banche, il sistema crollerebbe. Niente armi, niente sangue. Allora ministro economico sotto la presidenza Sarkozy (oggi

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Eric (interpretato da Steve Evets), impiegato delle Poste britanniche, vede la sua vita andare sempre peggio. Ha un solo rifugio in cui cercare un po' di consolazione: il tifo per il Manchester United e la venerazione per quello che nel passato è stato il suo più grande campione, Eric Cantona.

dirige il Fondo Monetario Internazionale), Christine Lagarde fu altera con Cantona, aumentando la già notevole antipatia popolare per lei e quelli come lei. Ma al pubblico italiano è sfuggito un dettaglio rivelatore di come l’ispirazione fosse venuta a Cantona. Nel suo proclama anti-usura, infatti, egli evocava - e lo ha precisato - il graffito lasciato dal reduce dell’Oas, Albert Spaggiari, il 17 luglio 1976 nel caveau della banca di Nizza, che aveva svaligiato: «Niente odio, niente violenza, niente armi». Giusto dunque che il Grand Lyon Film Festival, diretto da Thierry Frémaux e dedicato ai classici restaurati, abbia affidato a Cantona la consegna del premio per la carriera a Ken Loach. L’anarchico di destra Cantona è salito sul palco per abbracciare il rivoluzionario di sinistra Loach, che Gualtiero Jacopetti, di opposte idee politiche, tanto

ammirava per Piovono pietre. L’inglese Loach, che col Vento che accarezza l’erba (palma d’oro a Cannes nel 2006), ha riconosciuto agli irlandesi il diritto a insorgere contro il colonialismo dei suoi connazionali. Il sodalizio tra Cantona e Loach risale al 2008. Derivò dalla proposta del primo al secondo di un film insieme. E fu la storia di un postino nei guai, che vi rimedia grazie ai consigli che immagina di ricevere da Cantona, nel ruolo di se stesso: insomma, Il mio amico Eric, presentato al Festival di Cannes del 2009, che al Festival di Lione del 2012 è stato ri-proiettato per oltre duemila spettatori - incluso il sindaco della città, Gérard Collomb, inclusi Christian De Sica e Laura Morante - prima che Cantona parlasse, esordendo: «Ringrazio i miei maestri di vita, Alex Ferguson [allenatore del Manchester United, Ndr] e Ken Loach, che stasera è

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Cantona in Il mio amico Eric fornisce la giusta motivazione e una chiave di lettura della vita tutta particolare. Il film è stato presentato al Festival di Cannes del 2009.

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Kean Loach è un grande appassionato di calcio. Straordinaria la risposta che diede alla domanda “impegnata” di una giornalista: «Non vado alle partite per fare dei trattati antropologici ma per vedere la mia squadra vincere».

felice perché la sua squadra, il Bath, ha vinto 4-3… ». C'è un libretto raro, La philosophie de Cantona (Editions La belle bleu), apparso anche in versione inglese, che ne riassume il pensiero. Ma Il mio amico Eric offre una più suggestiva sintesi: Le partite? «Per la folla sono l’occasione per urlare, dimenticare la quotidianità, sfogarsi senza che ti arrestino, magari piangere. Capita perfino che gli inglesi lì si bacino… ». E per lei che cos’erano? «Il momento della paura». Paura, lei? «Sì. Paura che tutto questo finisse». E come la superava? «Cercando di stupire gli altri, però dovevo prima stupire me».

Il momento più bello? «Non è stato un goal, ma un passaggio a Irwin, giocando contro il Tottenham. Sapevo che lui era un fulmine, bravo di sinistro e di destro. Ho toccato d’esterno e sorpreso tutti. Lui ha tirato in corsa, segnando, e io ho sentito il mio cuore volare». E se Irwin avesse sbagliato? «Pazienza. Devi fidarti di un compagno, sempre». Quel passaggio è stato un regalo per lui? «No, è stata un’offerta al Grande Dio del Calcio». Cantona ha militato in squadre francesi e inglesi, ma il bisnonno paterno era sardo. E due mesi fa lui, senza clamori, gli ha portato un fiore al cimitero di Ozieri. Possiamo non dirci cantoniani?

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For magazine EMERGENTI di Silvestro Bellobono

ŠUfficio stampa Corrado Ferrante-Cristiano De Masi.

Cosetta Turco (34 anni) nasce a Padova, dove fin da bambina inizia a studiare danza. Dopo essersi perfezionata all’estero partecipa come ballerina a diversi programmi Tv. Ha recitato nelle fiction Distretto di polizia 8, Ris 5 e Tutti pazzi per amore.

Il cinema secondo me

Tra i protagonisti della recente commedia E io non pago, la giovane Cosetta Turco guarda oltre, ai prossimi film e alla possibilitĂ di lavorare a Hollywood. Intanto ci rivela le sue opinioni, i suoi gusti e la bella amicizia nata sul set con Valeria Marini 78 For Magazine


©Ufficio stampa Corrado Ferrante-Cristiano De Masi.

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Al cinema è apparsa in Napoletans, Una notte da paura e Operazione vacanze (questi ultimi entrambi di Claudio Fragasso). Presto la vedremo nel nuovo film di Matteo Vicino Outing. Fidanzati per sbaglio, accanto a Nicolas Vaporidis, Massimo Ghini, Andrea Bosca e Giulia Michelini.

Come le è arrivata la proposta per un ruolo in E io non pago? «Avevo già avuto modo di lavorare in Distretto di polizia con Alessandro Capone, il regista del film, il quale mi ha voluto per questo ruolo. Mi sono trovata molto bene con lui. Lo reputo un bravo direttore d’attori e una bella persona». Quanto si è divertita sul set insieme con Jerry Calà, Maurizio Mattioli, Maurizio Casagrande ed Enzo Salvi? «Tantissimo, sono tutti dei grandi professionisti con i quali, oltre a condividere il lavoro, si è instaurato anche un bel rapporto d’amicizia. Spero di avere l’onore di fare altri film con loro». Che idea si è fatta di Valeria Marini, accanto alla quale aveva già recitato in Operazione vacanze? «Anche con lei è nato un bellissimo rapporto d’amicizia, e oltretutto la ritengo ormai una persona “di famiglia” con la quale condivido tutto. È una donna speciale e di gran cuore che si merita tutto il successo che ha». Quanto mette di se stessa nei personaggi che interpreta? «In tutti i miei personaggi c’è una piccola parte di me. Recitare significa vivere e trasmettere emozioni, quindi è importante ricercare dentro di me quelle sensazioni che ho vissuto per poi inserirle nel personaggio, immedesimandomi in esso». Le piace visitare le città dove si trovano i set dei suoi film? «Nei momenti di pausa dalle riprese mi dedico allo shopping e alla conoscenza del territorio. Mi piace conoscere persone nuove e scoprire la cultura locale». Cosa pensa del cinema italiano in questo momento? Ci indichi pregi e difetti. «Sono sempre stata affascinata dal cinema del Neorealismo: Roma città aperta, Ladri di biciclette e Bellissima sono tra i miei film preferiti. Oggi abbiamo pellicole che difficilmente resteranno “per sempre”. Purtroppo

il cinema italiano pecca soprattutto per i dialoghi, non sempre all’altezza di una sceneggiatura o di una buona idea. Inoltre, oggi si vedono sempre i soliti cinque caratteristi, ripetuti ovunque. Il nostro cinema si ripete, è alla ricerca della “cosa che funziona” e ci si ritrova a copiarsi l’uno con l’altro, invece di portare avanti un’idea innovativa e sorprendente, perché alla fine quello che vuole la gente è sorridere di gusto emozionandosi. Ed è per questo che il film più bello della passata stagione è stato Quasi amici: un prodotto all’apparenza lineare che scatena sorrisi ed emozioni a non finire. Al contempo penso che stiano nascendo tante nuove realtà di registi, produttori e attori che lavorano tanto per colmare questo momento di vuoto». Secondo lei ci sono pochi ruoli femminili nel nostro cinema? «Assolutamente sì. Le donne purtroppo non vengono considerate molto perché i produttori e i registi pensano che non portino spettatori in sala. Mentre io sono convinta del fatto che non ci siano attori o attrici da botteghino, ma che esistano belle e brutte storie che portano o meno pubblico al cinema». Quali sono le attrici di Hollywood che ammira di più? «Tra le mie preferite ci sono Penelope Cruz, Nicole Kidman e Scarlett Johansson». Lei è già stata in America per studiare: ha in mente di tornarci presto e cercare fortuna lì? «Ho già fatto un paio di viaggi per fare dei provini. Sembra che siano andati molto bene. Incrociamo le dita perché sarebbe un sogno per me lavorare negli Stati Uniti». Il suo prossimo film sarà… ? «A dicembre uscirà in sala Si può far l’amore vestiti? e a gennaio Outing. Fidanzati per sbaglio. Entro fine anno, inoltre, dovrei girare un altro film, ma per scaramanzia non dico di cosa si tratta».

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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino Foto di Bruno Oliviero

Le conquisto cosĂŹ

Modello, personaggio Tv, ex tronista a Uomini e donne: Marcelo Fuentes è un duro dal sorriso timido, molto sensibile al fascino femminile 80 For Magazine


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Essere di bell’aspetto aiuta a vivere l’adolescenza? «Sicuramente all’inizio mi ha aiutato, poi man mano ho cercato sempre di dimostrare a tutti che oltre alla bellezza c’è dell’altro». Il successo con le donne è aumentato grazie alla popolarità con Uomini e donne? «Sicuramente sì, sebbene anche prima del programma non avessi problemi». Rabbia e frustrazione sono necessarie a un artista per avere successo e gioia? «Dipende da persona a persona. Comunque secondo me la rabbia è una componente che può aiutare, mentre la frustrazione no». Le dispiace quando si accorge di non essere visto per come è? «Sì, moltissimo. Non tollero le persone che hanno dei pregiudizi e si soffermano solo sull’aspetto fisico, senza avere la capacità di andare a conoscere a fondo gli altri». Il primo appuntamento è più facile se sei una celebrità? «Dipende con chi si ha l’appuntamento. Ma in generale essere popolari facilita». Quando si innamora di una donna qual è un elemento che l’attrae di più? «In realtà ci sono più elementi che mi affascinano: l’intelligenza, la sensibilità e soprattutto la dolcezza». Nella vita c’è stata un’esperienza che si è avvicinata all’emozione che le dà il sesso? «Secondo me il sesso è un’esperienza unica». Vivere il sesso in modo aperto toglie il senso della trasgressione rendendolo più naturale: è d’accordo? «Sono d’accordo, ma credo che non bisogna andare oltre i limiti della trasgressione». In quali attori vorrebbe rivivere? «Nel mio attore preferito: Johnny Depp». Cosa fa nei periodi in cui è “disoccupato”? «Mi dedico allo sport e alla mia fidanzata». C’è una cosa che non farà mai per non rischiare poi di pentirsene? «Non dire alle persone che amo quanto loro siano importanti per me».

Dopo l’addio s Elisa Panichi, il bel Marcelo ha iniziato una storia d’amore con Sofia Bruscoli, con la quale al momento è ufficialmente e felicemente fidanzato.

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For magazine IN FORMA con Jill Cooper

L’IMPORTANZA DEL RISCALDAMENTO Prima di partire con una sessione di allenamento, di qualsiasi sport o attività si tratti, è sempre opportuno dedicare un po’ di tempo a sciogliere e irrorare di sangue le fibre muscolari. Solo così si possono evitare gli infortuni e migliorare le performance

Oggi, invece di parlare di movimento o diete, vorrei darvi qualche consiglio per la preparazione prima dell’allenamento, per evitare strappi, stiramenti o semplice sconforto durante la stessa attività fisica. Spesso le persone partono in quarta senza un’adeguata preparazione, stroncando persino la loro performance durante il workout. Mi ricordo ancora adesso con quale sdegno guardavo il mio preparatore di atletica leggera del liceo quando suggeriva di riscaldarmi per la gara degli 800 metri con 1000 metri a passo lento e lo stretching. Solo più tardi ho capito che questo metodo di riscaldamento era la migliore probabilità di avere i muscoli pronti e scattanti per la gara. Il riscaldamento prima di qualsiasi allenamento è importante, ma lo è ancor di più durante i mesi freddi. Il riscaldamento più giusto dipende, ovviamente, della tipologia di allenamento a cui vorrai sottoporre i tuoi muscoli. Una buona regola veloce è di “simulare” in piccolo quello che andrai poi a fare in grande durante l’allenamento vero e proprio. Per un lavoro nella sala pesi o per una lezione di pre-pugilistica, oltre a preparare tutto il corpo con la bici, il tapis roulant o la corda, è un’ottima idea riscaldare bene le spalle per evitare fastidi con le cuffie rotatorie. Prova questo trucco per scioglierti le spalle e riscaldare la zona: appenditi a una sbarra staccando i piedi da terra e rimanendo a peso morto per circa 15 secondi per la prima serie. Poi, per la seconda serie, anziché rimanere a peso morto tira leggermente con le mani per applicare una breve contrazione, ma senza sollevarti completamente, tenendoti così per 10 secondi. Ripeti l’esercizio altre due volte. Alla fine di tutte e quattro le serie devi alzare le braccia e rotearle sia avanti che dietro. I muscoli ti sembreranno molto più sciolti. Per la corsa, invece, ricorda sempre di carburare lentamente e non partire subito veloce per dare quei 1000 metri alle tue fibre muscolari, in modo da farle diventare più calde, irrorate di sangue ed elastiche. Nulla vieta un misto tra corsetta e stretching per ottenere proprio il massimo dal tuo riscaldamento. Immagino già qualcuno che protesterà, dicendo “Ma non si fa stretching prima! Lo dicono tutti!”. Be’, non proprio tutti, ci sono pareri discordanti su questo argomento. Infatti, c’è chi sostiene che lo stretching in testa all’allenamento non andrebbe fatto mai e poi mai perché potrebbe “strappare” il muscolo, ma io non concordo in quanto 15 anni di danza mi hanno insegnato che il riscaldamento era la parte più importante dell’allenamento, proprio per evitare infortuni, e gran parte di questa fase preparatoria era fatta di stretching. Cito anche il maratoneta e campione olimpico Stefano Baldini, in un passo tratto dal suo libro Quelli che corrono, nel quale egli sostiene che lo stretching a freddo aumenta non solo l’elasticità muscolare, ma anche “le sensazioni piacevoli che la corsa dà quando la si può praticare in modo più decontratto”. E aggiunge: “Certo, spesso la mancanza di tempo o la memoria corta ci dicono di partire subito, vanificando in parte il beneficio del nostro allenamento”. Il tempo, oggi come oggi, sembra non bastarci più, ma prova a fare un piccolo strappo al dio Crono, almeno prima del tuo allenamento, e tutto sarà migliore per te e per il tuo corpo. Buon Allenamento da Jill Cooper

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EVENTI di Lucilla Quaglia

L’esercito del golf

Al Marco Simone trionfano, nelle varie categorie, Proietti, Cherubini e Nicastro. La sfida militari contro avvocati viene vinta dalle stellette. Premiazione con il presidente del club Fabio Virgilii e intervento finale di Lavinia Biagiotti Cigna

Tante stellette in campo al Golf Marco Simone. La due giorni della gara organizzata dall’“Associazione nazionale militari golfisti-Iuris Wiga” è stata vinta in prima categoria da Carlo Proietti, che con 39 punti ha battuto di due lunghezze Stefano Folgaria. Lordo a Park Itaie con 29 punti e terzo netto a Enrico Poggi con 35. Per la seconda categoria, vittoria di Luca Cherubini con 44, a tre punti da Mauro Zappia e da Francesco Viti de Angelis. Terza categoria a Sergio Nicastro con 44, a quattro punti da Ugo Biagianti e a cinque da Stefano Stinchi. La categoria ladies è andata a Barbara Massaccesi con 37 punti, seniores a Grazioso Antoniolli con 38. Per l’incontro-sfida AnmgWiga Iuris, ossia militari contro avvocati, vittoria dei primi con 178 a 159. Per i militari, nell’ordine, affermazione di Francesco Viti de Angelis, Grazioso Antoniolli e Alessandro Carresi. Nel corso della gara in club house si sono svolte, inoltre, le elezioni per il rinnovo delle cariche dell’associazione che hanno registrato la conferma del presidente, il generale di Corpo d’Armata Michele Corrado. In premiazione sono intervenuti anche i generali di Corpo d’Armata Luciano Gottardo e Mario Buscemi, i generali Sergio Luccarini e Giuseppe Gemma e l’ammiraglio Roberto Paperini. Premiazione a cura del presidente del club Fabio Virgilii e del generale Corrado, che ha ricordato come questa sia stata l’ultima tappa del Campionato nazionale dell’associazione militari. In club house sono intervenuti, nel pomeriggio, Lavinia Biagiotti Cigna assieme al fidanzato Francesco Iovene.

Golf Marco Simone

Lavinia Biagiotti Cigna

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For unamagazine lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

UN GELATO SPECIALE

“Era un sogno troppo bello per finire davanti a una questione di denaro. I muri non servono per fermare chi desidera davvero qualcosa. Servono per fermare quelli che non ci credono abbastanza”

Federico Grom e Guido Martinetti, 39 e 37 anni, torinesi, hanno dato vita nel 2003 a “Grom”, un gelato di alta qualità, il più buono possibile, con frutta di stagione, senza aromi, emulsionanti, coloranti, il gelato “come una volta”. Una storia che racconta la loro straordinaria esperienza, che li ha portati ad essere protagonisti nel mondo del gelato. Inseguendo un sogno, semplice ma rivoluzionario, partendo da zero. Tutto inizia con un articolo di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food: “Il gelato è un alimento, ma attenti ai falsi gusti. C’è un exploit di presunti “artigiani” che in realtà lavorano su base industriale, aggiungendo aromi artificiali: la chimica soppianta la frutta”. Parole preziose che suscitarono immediatamente la curiosità di Guido Martinetti, parole che nascondevano un’idea geniale. Era chiaro desumere che il mondo del gelato artigianale di qualità era in via di estinzione. “Provare a fare il gelato più buono del mondo era un’idea che portava con sé il gusto di rompere gli schemi, di fregarsene, di tornare indietro. La storia di Grom, in fondo, è solo la storia di due amici che lasciano la strada nuova per la vecchia. L’agricoltura della chimica per quella del letame”. Non avevano la più pallida idea di come si facesse il gelato, ma avevano voglia di imparare. Si sono messi in gioco. Guido pensava di fare l’enologo e Federico il manager. Il loro progetto, giorno dopo giorno, inizia a prendere forma. Federico aveva calcolato tutto: «Ci vogliono 32.500 euro a testa». Non avevano la disponibilità economica adeguata. Ma questo non poteva essere un limite al loro progetto. “Me lo sentivo – racconta Guido –, l’idea che avremmo fatto un gelato come non lo faceva nessuno era un sogno troppo bello per finire davanti a una questione di denaro. I muri non servono per fermare chi desidera davvero qualcosa. Servono per fermare quelli che non ci credono abbastanza”. Gli ostacoli e le difficoltà che avevano incontrato, anziché abbatterli, li resero più determinati, servendo come stimolo per realizzare il loro sogno. “Dopo aver imparato che, nel fare il gelato, bisogna rispettare un ordine preciso di mantecazione, secondo il colore dei gusti, eravamo pronti a partire. Partimmo a vele spiegate, il 18 maggio 2003”. Erano partiti da un negozietto di 25 metri quadrati nel centro di Torino. “L’estate 2003 si presenta caldissima. A Torino le temperature raggiungono e superano spesso la soglia dei 35° e il nostro negozietto si riempie di gente che, dopo aver fatto diligentemente la fila sotto il sole, entra pronta a gustarsi il gelato di Grom”. Incredibilmente la coda aumentava e, giorno dopo giorno, i clienti apprezzavano la semplice, naturale bontà del gelato. In pochi anni, selezionando le migliori materie prime e rinunciando a utilizzare additivi, hanno dato vita a un’azienda agricola biologica Mura Mura, 15 ettari a Castigliole d’Asti, che si dedica alla produzione di frutta di alta qualità da destinare ai sorbetti di Grom, senza l’utilizzo di prodotti nocivi per la nostra salute. “L’ossessione per l’eccellenza, sempre e senza compromessi”, un obiettivo chiaro per i due protagonisti. Guido e Federico si erano buttati, rincorrendo questa fortuna ogni giorno con le maniche rimboccate. La tenacia e la determinazione ha portato loro a rivoluzionare il mondo del gelato, imponendo una nuova filosofia e un marchio a livello internazionale. Le aperture di nuovi negozi in varie città d’Italia stavano proseguendo, nonostante difficoltà, esigenze di bilancio, carichi fiscali assurdi e imprenditori disonesti. Nel maggio 2007, l’apertura di Grom anche a New York. Il New York Times gli aveva dedicato, sorprendentemente un’intera pagina: “Due gelatai di Torino, sperando che New York si sciolga per loro”. Una gioia incredibile, unica e indimenticabile. “Il 2007 è stata un’annata incredibile. Mura Mura, New York. Abbiamo quasi

raddoppiato il fatturato. Siamo pronti, quinto anno di fila, a reinvestire tutti i guadagni: nuovi negozi, assunzioni e così via”. Una grande intuizione che ha cambiato la loro vita e ha dato origine a un’impresa che si è consolidata nel mondo, con più di 600 dipendenti, e nonostante la difficile congiuntura internazionale è giunta fino a Malibu, New York, Osaka, Parigi e Tokyo. “Chissà se arriveremo alla fine consapevoli che non c’è alcun traguardo. C’è solo il viaggio”.

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Grom. Storia di un’amicizia, qualche gelato e molti fiori di Federico Grom e Guido Martinetti Bompiani, euro 17,50


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PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

IL MANAGER DELLA NOTTE

Dai pub alle grandi serate per l’organizzatore di eventi Massimo

Bonetti il passo è stato breve. L’ospite più spiritoso? Il principe Alberto di Monaco in versione vocalist

Quando nasce la sua passione per la mondanità? «Quando avevo 16 anni. Eravamo tre amici compagni di scuola ed iniziammo per gioco a fare i pr per i locali romani, che all’epoca aprivano per i più piccoli il sabato pomeriggio. Esperienza non troppo positiva visto che portavamo pochissima clientela. Però quel mondo mi affascinava e mi piaceva. Cominciai a lavorare di notte come operatore di sicurezza in vari pub. Poi passai alle discoteche e dopo aver assolto gli obblighi di leva iniziai a farla diventare la mia vita». Ricorda qual è stato l’ospite più spiritoso? «A parte i vari comici che fortunatamente ho conosciuto – da Panariello a Pieraccioni passando per gli artisti di Zelig e Colorado Cafè –, mi ha sorpreso il principe Alberto di Monaco, quando a Montecarlo si è improvvisato vocalist durante le serate che noi organizziamo ogni anno durante il weekend del Gran Premio di Formula 1». Come è riuscito ad arrivare da solo in un ambiente così chiuso e difficile? «Entrare nel mondo della notte è semplicissimo. Il rimanerci, costruirci la tua vita e diventare un manager al mio livello è difficile. Ci sono milioni di

insidie da evitare o da gestire. Ma rispettando tutti e pretendendo rispetto dagli altri è più facile». Considera questa sua attività più un impegno professionale o una passione? «Per me è un lavoro vero e proprio. Faccio solo questo nella vita e a 38 anni chiamarla passione mi sembra un po’ riduttivo». Qual è stata la più grande emozione legata alla sua professione? «Forse la più grande è il piccolo servizio che mi hanno fatto su Vanity Fair a luglio del 2009. Mi capita di uscire su giornali di gossip in qualche foto scattata non direttamente a me, ma vedersi su un giornale di così alto livello in un articolo “tuo” mi ha emozionato non poco. Come pure il primo lavoro all’estero per il compleanno di Naomi Campbell a Saint Tropez». Che cosa va evitato assolutamente? «Alcol e droga. Durante il lavoro può capitare di tutto, specialmente quando si è a contatto con molte persone, bisogna essere sempre lucidi». Quali i suoi obiettivi professionali futuri? «Non lo so. Lavoro per una delle strutture più importanti del mondo nel nostro settore. Non credo ci sia di meglio dal punto di vista professionale. Forse tornare un giorno a Roma».

IN CUCINA CON I DIVI

Rober to Bergamin, ristoratore romano, riesce a coniugare nel

suo locale

arte e passione per il cibo. Tra i suoi clienti più illustri Bill Clinton e Dustin Hoffman In cucina è indispensabile la materia prima? «Quella cerebrale? Scherzi a parte, la qualità della materia prima è fondamentale, il resto è creatività, fantasia, manico!».

Com’è cambiato il modo di mangiare negli ultimi anni? «Le parole d’ordine in questi tempi sono “km 0”, “bio”, sapori genuini e prodotti italiani».

Qual è la giusta combinazione per un piatto unico? «L’equilibrio dei sapori. La ristorazione più che una professione è una passione».

Qual è l’accessorio a tavola di cui non potrebbe fare a meno? «Un buon bicchiere di vino».

La cucina di “Gusto” invece è il risultato di un giusto equilibrio tra la tradizione e la nuova concezione gastronomica… «Attraverso le varie formule del locale (winebar, brunch, ristorante e pizzeria) e con la diversificazione delle offerte cerchiamo di venire incontro al “gusto” di tutti». Qual è l’obiettivo primario del suo locale? «Chi lavora in cucina cerca di esaltare i sapori di ciò che è buono di per sé; un bravo chef fa questo, il resto è intrattenimento».

La volta in cui le mani le hanno tremato per l’importanza degli ospiti. «La visita di Bill Clinton ci fece tremare per l’imponente numero dei body guard, mentre la visita di Dustin Hoffman e la sua famiglia mi sorprese per la grande umiltà e semplicità». Lei è un giudice di se stesso. «Sì. Commetto cento errori al giorno e cerco di correggerne almeno la metà, ma i clienti e i miei collaboratori sono i giudici migliori».

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For magazine personaggi di Antonio Osti

La fabbrica delle star

Enrico Lucherini (80 anni) è stato uno dei più famosi addetti stampa italiani, in attività dai favolosi anni ’60 fino al 2012 con la sua agenzia, lo Studio Lucherini-Pignatelli.

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Già trent’anni fa Enrico Lucherini si chiedeva: “Il press-agent è un animale in via di estinzione?”. Ma poi è andato avanti a inventare divi ed eventi. Adesso ha detto basta. E una mostra lo celebra. Noi abbiamo sfogliato il suo album dei ricordi Basta recuperare due libri degli anni Ottanta, L’avventurosa storia del cinema italiano (a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi) e C’era questo, c’era quello proprio di Enrico Lucherini e Matteo Spinola, per scoprire quante ne ha fatte Lucherini, quanti film e quanti attori ha lanciato, grazie anche a veri e propri colpi di teatro, geniali e irriverenti. Che, naturalmente, potete scoprire anche andando a visitare (sino al 6 gennaio) la mostra all’Ara Pacis di Roma intitolata Enrico Lucherini. Purché se ne parli. Dietro le quinte di 50 anni di cinema italiano. Ma sentite che cosa ci racconta di un film evento del nostro cinema: «Che non mi dica adesso Fellini che per La dolce vita si è ispirato chissà dove! Ora, non è che La dolce vita è nata con me, no, ma certamente il mio ufficio era via Veneto. Io vivevo di notte, la mia scrivania era un tavolino del Café de Paris, dove i miei amici venivano a trovarmi, e per miei amici intendo da De Feo a Gassman a Patroni Griffi, Fellini, Flaiano, attori di teatro e di cinema grandi e piccoli. Quello era un punto di

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Antonella Lualdi, Claudia Cardinale ed Enrico Lucherini. Nel 1958 l’eclettico press agent lavora al suo primo film, La notte brava diretto da Mauro Bolognini e scritto da Pier Paolo Pasolini. Qui scatta la prima “lucherinata”: butta in acqua tutte le attrici, compresa la Lualdi, che il giorno dopo si ritrovano immortalate sui giornali.

ritrovo dove si poteva parlare di cinema e di teatro. Fellini ha preso a piene mani dalla cronaca rosa dei primi giornali che prendevano a piene mani da quello che raccontavo io. Non ho mai capito fino a che punto i giornali credessero a queste storie che io inventavo e quanto gli faceva piacere crederci, ma i primi attori buttati dentro le fontane fui io a buttarceli a furia di spintoni, Antonella Lualdi, Interlenghi, la Schiaffino, Terzieff, Brialy, la Martinelli e la Ferrero, alla fine delle riprese di La notte brava erano stati buttati da me in acqua a Fregene… Insomma le prime foto di gente gettata in acqua ed eternata grondante e discinta sono state scattate per opera del sottoscritto, all’ultimo ciak di quel film. La via Veneto “dolcevitaiola” me la inventai su una base di realtà, sfruttando un minimo di verità. Ecco, mettiamo che mi accorgevo che al Break Top c’era Ava

Gardner con Anthony Franciosa. Allora facevo il giro degli altri night della zona e dicevo ai paparazzi – parola che ho inventato io perché tra i fotografi ce n’era uno che di cognome faceva Paparazzo –: “Correte là perché ci stanno questi due che amoreggiano”. E loro si precipitavano». Con la Loren il rapporto è stato burrascoso. «Il giorno dell’Oscar la Loren mi svegliò alle 5. Allora poi c’era il mito dell’Oscar, non si dormiva, tutti del suo staff stavano lì a pensare “lo prende o non lo prende”. Alle 5 squilla il telefono ed era lei che mi annunciava di averlo vinto convocandomi immediatamente. Mi vestii alla bell’e meglio e mi precipitai. C’era già Matteo Spinola, c’erano già i primi giornalisti… Comunque, per tutto quell’anno Sofia, agli amici e agli ammiratori che le chiedevano un autografo e, possibilmente, una foto, li rilasciava scrivendoci Anno

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Lucherini con Marcello Mastroianni, Marina Vlady e Massimo Troisi sul set del film Splendor, scritto e diretto da Ettore Scola nel 1989.

Paolo Ferrari, Carlo Verdone, Enrico Lucherini, Vittorio Cecchi Gori e Dario Argento. Nell’esposizione all’Ara Pacis sono raccontati oltre 120 film: foto di scena, locandine uniche e originali, ritagli di giornali, vignette e disegni per celebrare cinquant’anni di cinematografia nazionale.

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Lucherini, Pippo Baudo e Matteo Spinola durante la trasmissione Tv Un milione al secondo (1983-1984).

Lucherini con Pietro Germi. La mostra PurchÊ se ne parli è accompagnata da un libro di immagini, fotografie e aneddoti (Palombi Editore), curato dallo stesso press agent.

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Sophia Loren con Lucherini. A proposito del quale l’assessore alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma, Dino Gasperini, ha dichiarato che quella all’Ara Pacis «è una mostra incentrata sul lavoro di un genio della comunicazione che ha inventato un nuovo modo di raccontare il cinema: divertente, ironico, unico».

Oscar 1962, come se fosse l’era prima di Cristo o dopo Cristo! A me ne diede una che, magnificamente incorniciata, ho appeso nel mio studio. Oltre, appunto, ad Anno Oscar 1962, la dedica di suo pugno è la seguente: “Ad Enrico, con tanta graditudine”. Del resto anche parlando diceva sempre “graditudine”, si vede che per lei grato o gradito facevano lo stesso». Volete il Visconti privato, addirittura con gusti nazionalpopolari? Eccolo nei ricordi di Lucherini: «“Serate in pantofole”, così lui chiamava quelle riunioni, dopo cena, alle quali invitava, per esempio, Monica Vitti, Antonioni, Francesco Rosi con la moglie, Edda Lancetti, Alain Delon, Paolo

Stoppa, la Morelli, Silvana Mangano, Massimo Girotti, Renato Salvatori e tanti altri. Facevamo giochi di società, ma ogni anno l’appuntamento principe erano le tre trasmissioni del Festival di Sanremo. Luchino disponeva decine e decine di cuscini per terra, metteva il televisore al centro del salotto e ci godevamo lo spettacolo, come fossimo a teatro. Aveva una specie di mania per le canzonette e i cantanti italiani, tanto che alcuni poi voleva conoscerli di persona, li invitava. Venne Massimo Ranieri, venne Morandi con la moglie Laura Efrikian». Uomini d’altri tempi, meglio: un’Italia che non c’è più.

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For AUTO magazine di Demetrio Moreni

Al di là

Caratteristiche della nuova supercar sono alcune soluzioni da vera e propria auto da gara, come l’aerodinamica attiva e le sospensioni pushrod elettroniche adattive. Secondo Ron Dennis, presidente del Gruppo McLaren, «la P1 è il risultato di 50 anni di corse automobilistiche ai massimi livelli».

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For magazine

del limite

Presentato a Paragi il prototipo della nuova McLaren P1, una dream car prodotta per un’élite di 500 clienti e progettata con le moderne tecnologie della Formula 1, capace di raggiungere una velocità massima da record vicina ai 400 km/h!

P1 93 For Magazine

Ha fatto il suo debutto ufficiale, al recente Salone dell’Automobile di Parigi, la McLaren P1, la nuova supercar della casa automobilistica britannica che irrompe tra i modelli stradali, destinata a raccogliere l’eredità della prestigiosa F1 GT degli anni ’90, aggiornata con contenuti tecnologici d’avanguardia. Tuttavia, quello esposto alla rassegna francese è solo un concept, un prototipo di stile: il modello di serie sarà presentato nel corso del 2013 e, presumibilmente, immesso sul mercato entro la fine del 2014, in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni di attività. Di certo si sa che sarà prodotta in edizione limitata e numerata, per un massimo, si dice, di 500 esemplari. Secondo Antony Sheriff, direttore del settore auto di produzione della McLaren, la P1 sarà la vettura tecnologicamente più avanzata in assoluto, e perciò in grado di confrontarsi al meglio con la prossima Ferrari discendente della Enzo. Ma le soluzioni innovative sono già visibili su questa versione non ancora definitiva. La P1 – che deve il suo nome all’ambizione di occupare il “primo posto” alla fine di una gara o la conquista della pole-position in qualifica – è stata progettata con il sostegno dei tecnici e delle strutture della squadra di Formula 1. A partire dalla monoscocca in fibra di carbonio, lo stesso materiale usato per i modelli da competizione e qui introdotto per tutti i pannelli della carrozzeria. L’aerodinamica è molto curata, studiata con l’aiuto della modellazione dinamica al computer CFD e di ore di prova nella galleria del vento. Nel posteriore spicca un complesso alettone attivo, integrato con l’imponente diffusore. Priorità dei progettisti non è stato tanto il raggiungimento di velocità di punta quanto lo sviluppo della spinta aerodinamica, in combinazione con un assetto il più possibile facile ed efficiente, in linea con quello delle migliori supercar, per garantire la scorrevolezza in rettilineo e la tenuta in curva. Per questo l’ala posteriore è dotata di regolazioni molto ampie, fino a 300 mm in circuito e fino 120 mm su strada, con angolazione fino a 29 gradi e sistema DRS (Drag Reduction System, sistema di riduzione del carico aerodinamico) mutuato direttamente dalla Formula 1,


For magazine L’ala posteriore riproduce l’effetto di riduzione della resistenza (DRS), creato in Formula 1 per favorire i sorpassi, con gli alettoni a incidenza variabile. Sulla P1 si modifica l’estensione posteriore e l’incidenza dell’ala, che può arretrare sino a 30 cm nell’uso in pista e sino a 12 cm su strada, assumendo un angolo di 29 gradi.

Tra le novità ci sono due deflettori frontali mobili davanti alle ruote anteriori. La struttura del telaio è completamente in fibra di carbonio, con pannelli della carrozzeria in numero minore per ridurre ulteriormente il peso. Una raffinatezza della nuova McLaren è lo scudo termico attorno agli scarichi, formato da un foglio di lamina d’oro.

dove è stato adottato per favorire i sorpassi: in questo caso non esistono due profili, ma l’alettone cambia di inclinazione in base al percorso per migliorare velocità o aderenza. Secondo la Casa inglese, la P1 è capace di generare fino a 600 kg di downforce, un valore di assoluto rilievo per una vettura stradale e circa cinque volte superiore al precedente modello MP4-12C. Aggressiva e filante nelle linee, la P1 mostra ampie aperture per il passaggio dell’aria. I dispositivi tecnologici inseriti assicurano leggerezza, comfort ed eleganza nei materiali utilizzati: l’auto pesa circa 1.000 kg; le sospensioni sono di tipo “pushrod”, con ammortizzatori a controllo

elettrico e un sistema antirollio idraulico; la zona anteriore e l’avantreno sono stati ridotti in larghezza, ottenendo così un ottimo valore nel coefficiente di penetrazione aerodinamica. A tale scopo è stato disegnato un padiglione dell’abitacolo a forma di goccia e di piccole dimensioni, che canalizza un flusso d’aria verso l’ala posteriore. Il responsabile dell’aerodinamica, Simon Lacey, proveniente dalla F1, ha affermato che più si va veloci e migliori sono le sensazioni di controllo del mezzo. E infatti, la potenza sprigionata dal motore è uno dei punti forti di questa supersportiva: cuore della P1 è un propulsore V8, derivato da quello della 12C del 2009 ma in una versione potenziata, in grado di erogare 800 CV a 7.500 giri,

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For magazine

Al motore della P1 è abbinato il sistema “kers”, che recuperando l’energia in frenata fornisce un surplus di potenza di circa 950 CV.

La trazione sulle ruote posteriori è affidata a un differenziale autobloccante a gestione elettronica e a un controllo regolabile su cinque diversi programmi d’intervento. Per un utilizzo in pista si può disattivare anche l’Abs, mentre i freni possono contare su un impianto con dischi carboceramici studiato appositamente dalla Brembo.

abbinato a un cambio robotizzato a doppia frizione e a un sistema ibrido di tipo “kers”, che recuperando l’energia in frenata fornisce un surplus di potenza quando richiesto, attraverso un apposito comando, dal guidatore. Tutto ciò consente all’ultima nata in casa McLaren di toccare prestazioni incredibili: si parla di una velocità massima vicina ai 400 km/h, di un’accelerazione di 2,8 secondi da 0 a 100 km/h, e di soli 20 secondi per raggiungere i 260 km/h. Inutile nasconderlo: gli ingegneri di Woking puntano forte su questo modello. Come si evince anche da una nota molto eloquente e ambiziosa diffusa dalla scuderia, in cui si legge che «La McLaren P1 ha l’unico

obiettivo di essere la miglior driver’s car al mondo, in pista e su strada», il top della sua gamma per prezzo e prestazioni superiori alla MP4-12C coupé e alla Spider. Del resto, come ha sottolineato Ron Dennis, executive chairman di McLaren Automotive: «Vent’anni fa abbiamo alzato la posta nel gioco delle supercar con la McLaren F1. Il nostro obiettivo con la P1 è ridefinire tale livello». Ovviamente nei prossimi mesi si attendono le risposte della Ferrari in questa “battaglia fra giganti” del settore automobilistico.

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For MITI magazine di Demetrio Moreni

La sfida infinita

Maserati 250F – Formula 1 monoposto, utilizzata tra il 1954 e il 1960. La macchina è stata realizzata sotto la guida dell’ingegnere Giulio Alfieri. Debuttò al Gran Premio di Argentina nel 1954 e vinse la gara con Juan Manuel Fangio, che conquistò anche il Gran Premio del Belgio. Quello stesso anno Stirling Moss ha guidato una Maserati 250F per tutta la stagione, vincendo le gare di Montecarlo e d’Italia.

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Quella tra Ferrari e Maserati, divise da una rivalità storica nata nel 1926, e che oggi viene celebrata in una mostra al Museo Casa Enzo Ferrari di Modena, in cui sono esposti alcuni dei bolidi dei due colossi automobilistici italiani Il grande Enzo Ferrari aveva uno slogan, divenuto ormai celeberrimo, che meglio di tante parole rappresentava la sua filosofia di vita: “Se lo puoi sognare, lo puoi fare”. In nome di questo sogno il mito delle sue auto ha fatto il giro del mondo, portando sempre più in alto il fascino del Made in Italy nel settore dell’automobile. Oggi è possibile percepire da vicino l’eco leggendaria di questo sogno visitando il Museo Casa Enzo Ferrari di Modena, che sorge sull’antica abitazione in cui nacque il Drake nel 1898. Inaugurato nel marzo di quest’anno, il complesso museale (costato circa 18 milioni di euro) è costituito dal corpo abitativo originale e dalla prima officina che oggi fanno tutt’uno con la nuova galleria dal design avveniristico: un “cofano” in alluminio giallo, il colore della città di Modena e dello sfondo sul logo del Cavallino. Il progetto è stato realizzato per offrire agli appassionati e al pubblico interessato uno spazio celebrativo dove esporre le autovetture più importanti della storia della Rossa di Maranello, e non solo. Infatti, nelle sale del museo è stata allestita recentemente una mostra eccezionale che sarà visibile fino al 20 marzo 2013. Il solo titolo dice tutto: La grande sfida Ferrari – Maserati, un omaggio all’eterno duello che ha coinvolto due giganti della storia automobilistica italiana, due realtà affascinanti, due filosofie diverse di concepire le quattro ruote, ma entrambi capaci di lasciare un segno indelebile sul territorio di Modena e dell’intero Paese. Diciannove le auto esposte, rigorosamente selezionate tra le più rappresentative dei due marchi e provenienti dai garage di famosi collezionisti internazionali, per un valore complessivo di circa 70 milioni di euro. Tra le vetture presenti alcuni capolavori indiscussi, per design e performance, come la Ferrari 340MM, la Maserati 250F, la Ferrari 500 TRC e la Maserati A6 GCS. Le origini della sfida tra le due fabbriche modenesi affondano le loro radici nel lontano 1926, quando sui circuiti polverosi di quel tempo la squadra corse Alfa Romeo era diretta da Enzo Ferrari, che per la prima volta si trovò a confrontarsi con la neonata Tipo 26 guidata da Alfieri Maserati. Dal 1938 in poi Modena divenne il centro dell’infuocata rivalità: qui Adolfo Orsi, nuovo proprietario della Maserati, decise di trasferire l’azienda, alzando il livello dello scontro. E la città ben presto si divise in “ferraristi” e “maseratisti”, una sorta di derby automobilistico in pista e fuori. Poi la battaglia coinvolse anche le Gran Turismo più lussuose, come la Ferrari California di Scaglietti e la Maserati 3500 di Vignale: modelli dall’inconfondibile appeal, che hanno contribuito a rendere Modena il centro nevralgico dell’automobile.

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Maserati A6 GCS/53 – Auto da corsa a due posti prodotta dalla Maserati dal 1953 al 1955. Segnava il ritorno del motore con doppio albero a camme in testa, derivato da quello montato sulla monoposto di Formula 2 A6GCM. La velocità massima era di 235 km/h. La A6GCS/53 ottenne un grande successo nelle competizioni: debuttò alla Mille Miglia del 1953, e nel biennio 1953-54 Luigi Musso vinse il Campionato Italiano Sport 2 litri, la Targa Florio e il Giro di Sicilia.

Ferrari 500 TRC – Vettura da corsa prodotta dalla Ferrari nel 1957 in diciannove unità. Il modello era la versione aggiornata della 500TR, preparata in modo da avere una macchina in conformità alle regole del Campionato del mondo Sport Prototipi. Il telaio era in acciaio tubolare mentre la carrozzeria era opera di Scaglietti.

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Ferrari 340MM – Vettura da corsa prodotta dalla Ferrari nel 1953. Venne prodotta in soli quattro esemplari, due con carrozzeria Touring e due da Vignale. Il motore V12 è stato progettato da Aurelio Lampredi. Una delle auto di Vignale debuttò con successo alla Mille Miglia del 1953, con Giannino Marzotto e Marco Crosara.

Maserati Tipo 63 Birdcage – Progettata da Giulio Alfieri con un telaio tubolare a traliccio, futuristico per quei tempi. Auto come queste erano schierate dai team Camoradi, Serenissima e Cunningham. Visto che i risultati non erano all’altezza delle aspettative, la loro attività ufficiale nel Campionato del mondo si concluse con le 4 ore di Pescara (l’ultima edizione della Coppa Acerbo), mentre l’auto proseguì con successo l’attività agonistica in alcune gare negli Stati Uniti.

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Il 108’ New Edition è opera di Fulvio De Simoni: «L’innovazione ingegneristica, la customizzazione e i grandi volumi fanno di questa imbarcazione un punto di riferimento nel panorama nautico internazionale», ha dichiarato lo yacht designer del Gruppo Pershing.

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For magazine YACHTING di Sestilia Pellicano

Navigare nel lusso

Mai espressione fu pi첫 azzeccata per descrivere il piacere di una crociera da sogno su imbarcazioni sfarzose negli interni, tutti griffati, confortevoli per i servizi offerti e potenti per le performance. Come nei modelli che vi proponiamo in queste pagine

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Il nuovo Pershing 108’ vanta al suo interno un elegante salone in pelle Poltrona Frau e delle lampade decorative firmate Armani Casa.

PERSHING 108’ Tra i protagonisti del recente Salone di Genova, questo mega-yacht di 32,90 metri spinge al massimo i concetti di personalizzazione e versatilità degli spazi

Nell’elegante cabina armatoriale tutti i rivestimenti in pelle sono di Poltrona Frau; la confortevole chaise longue è firmata Zanotta e le lampade sono Penta Light.

Innovazione a bordo e comfort delle diverse aree fanno del Pershing 108’ New Edition una raffinata imbarcazione dagli elevati contenuti tecnologici. Una delle principali caratteristiche è la motorizzazione: per la prima volta frazionata in tre propulsori assicura prestazioni elevate con grande attenzione all’impatto ambientale, a beneficio anche della silenziosità e del comfort, oltre che dell’utilità nei casi di momentanea avaria. I suoi tre motori Mtu 16 v 2000 M94 L diesel da 2638 mhp (1939 kw) e le sue tre eliche di superficie sono in grado di raggiungere una velocità massima di oltre 42 nodi. All’esterno, in via del tutto eccezionale su uno yacht, viene utilizzato l’Alcantara outdoor per tutti i prendisole e i divani, un materiale particolarmente resistente all’acqua e ai fattori atmosferici. Nel complesso, eleganza e tanti accorgimenti per garantire la comodità della vita a bordo sia nel sun-deck, con plancia di comando a scomparsa, sia nel main-deck, con l’ampio divano del pozzetto e il tavolo dal top in cristallo che può ospitare fino a dieci persone. A completare le dotazioni esterne ci sono uno spazioso garage a poppa, con plancetta abbattibile per stivare un tender di 5 metri, e un garage a prua che può contenere fino a tre water toys. Il salone colpisce per la luce naturale, grazie alle finestre ampliate verso il basso, e per la fruizione degli spazi con l’inconfondibile porta a scomparsa (con due sezioni indipendenti) che scorre e si abbassa creando un’unica zona giorno di oltre 70 mq. Sottocoperta, la meravigliosa cabina padronale, con lussuoso bagno privato, è completata da una vera e propria area business, con una scrivania accessoriata Poltrona Frau. La zona notte comprende altre 4 cabine ospiti, tutte con bagno en-suite, e 3 cabine per l’equipaggio con servizi, lavanderia e dinette collegata alla cucina.

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Lo yacht è equipaggiato con propulsore ibrido diesel-elettrico. Sul terrazzo dello specchio di poppa ci sono due setti che accolgono delle piante rampicanti.

PICCHIO BOAT Christian Grande ha interpretato la barca dei sogni di Pierfrancesco Favino: ecco il progetto nato dall’incontro tra il designer italiano e il famoso attore

Il salone centrale, con bar, ampio sofà e tavolo da pranzo, è caratterizzato dal pavimento vetrato che regala un osservatorio privilegiato sui fondali marini.

Picchio Boat è un progetto nato per gioco e diventato realtà. È frutto dello scambio di idee, aspettative e scelte condivise tra il designer Christian Grande e l’attore Pierfrancesco Favino noto, tra gli altri, per i film Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee e Romanzo Criminale di Michele Placido. Il concept esprime i valori della vita familiare, del rispetto della natura e dell’elogio alla lentezza, nel senso di concedersi il tempo e lo spazio per godere il viaggio e la natura circostante. Da qui nasce il progetto di un nuovo catamarano dislocante, di 21 metri, in cui le soluzioni tecniche e formali rappresentano uno stile di vita calmo e contemplativo. Un mezzo, quindi, per navigare a lungo e apprezzare appieno il viaggio in mare. I desideri e la visione dell’armatore si riflettono così nel prodotto finale: uno yacht che appare poco invadente, seppure di generose dimensioni, e in armonia con l’ambiente, a cominciare dalla scelta dei colori – bronzo, champagne metallizzato e moka – mutuati dalle scogliere e dalle calette mediterranee tanto amate da Favino. Molte le citazioni degli elementi naturali anche nel piano di coperta, tutto in listoni di teak che nella forma ricorda le dune di sabbia, e nell’aspetto zoomorfo della prua, che assomiglia alle fauci di una manta. Negli interni una delle prime cose che colpisce è il bel pavimento vetrato del salone centrale e della cabina armatoriale, una sorta di osservatorio marino privilegiato che sfrutta l’affaccio sul tunnel centrale. Specialmente quando viene illuminato consente l’affascinante visione dei fondali marini. Tutti gli ambienti sono concepiti per una completa fruizione all’insegna della comodità e del relax: dalle due cabine ospiti – con bagno privato, cucina e camera per bimbi, con cuccette ribaltabili per dare spazio al gioco – al ponte scoperto, fino alla zona pilotaggio completa di un comodo divano.

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Il CRN 130 è una barca spinta da due motori Caterpillar 3512 B-Chp 455 kW a 1835 rpm, che consentono di navigare a una velocità massima di 15 nodi.

DARLINGS DANAMA CRN, il prestigioso cantiere di Ancona, presenta il nuovo scafo, un gioiello di 60 metri che coniuga arredi contemporanei e stile Art Déco

Nel salone principale, il divano in pelle bianca dalla forma curva e le poltrone ovali in velluto sono state realizzate dal laboratorio francese Phelippeau Tapissier.

60 metri di alta tecnologia in questo scafo color crema di acciaio e alluminio, volumi imponenti e spazi fluidi, che lasciano prevalere le linee circolari, eleganza in ogni dettaglio e arte contemporanea. Darlings Danama è il megayacht numero 130 costruito da CRN per un armatore europeo, ed è anche la sesta nave da diporto di 60 metri varata dal 2005 a oggi. È frutto della collaborazione tra lo Studio Zuccon International Project, che ne ha curato le linee esterne e la compartimentazione interna, l’ufficio tecnico di CRN responsabile della progettazione navale e gli architetti dell’armatore, Cristina e Alexandre Negoescu. Questa imbarcazione può accogliere comodamente 12 persone – tra le cinque cabine ospiti e la suite dell’armatore – e 14 membri dell’equipaggio. All’esterno ampi spazi aperti per vivere in pieno il rapporto con il mare, come la terrazza della suite armatoriale, godibile anche durante la navigazione, e il portellone di poppa che diventa una sorta di spiaggia a pelo d’acqua, arredata con comodi prendisole e utilizzabile come solarium. Alle sue spalle l’ampio ambiente interno è una confortevole zona lounge riservata al relax degli ospiti. Nel main deck il salone principale è stato ridotto per ampliare lo spazio del pozzetto, con un’ampia zona lounge allestita con un grande divano e poltrone in tessuto da esterno della linea Outdoor di Fendi Club House. L’ampio salone, inondato di luce naturale esaltata dalle essenze chiare di pavimenti e arredi, è articolato in zona bar, salotto e sala da pranzo. La zona pranzo è definita da un paravento in vetro decorativo “verre gravé”, disegnato personalmente dagli architetti e realizzato da artigiani francesi, con il tavolo ovale che può ospitare fino a 14 persone. L’arredamento nei vari ambienti è completato da opere dell’artista Hervé Van der Straeten: applique e piantane, abatjour, lampade d’appoggio e coffee table, per un tocco di grande raffinatezza.

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Il pozzetto del ponte superiore è arredato con divani strutturali rivestiti in tessuto Perennials Plushy e tavoli circolari up and down in teak naturale.

Nel ponte di coperta, l’appartamento dell’armatore comprende lo studio e la bellissima suite concepita come open space con una magnifica quinta, interamente rivestita di preziosa madreperla, che suddivide la camera dal bagno. In quest’area, il nuovo sistema di abbattimento acustico “attivo” assicura la massima tranquillità. Il ponte inferiore è dedicato alle cabine ospiti, ognuna dotata di un angolo conversazione con divano e panchetta, tessuti di Armani Casa e Rubelli, rivestimenti in rovere velato bianco e foglia d’argento a incorniciare gli oblò. Gli ambienti dedicati agli ospiti, la cabina del comandante, la crew mess e la cabina del primo ingegnere sono dotate di un sistema di audio video on demand. I saloni ospiti, la cabina ospiti dell’upper deck e la suite dell’armatore sono inoltre muniti di un sistema di domotica per il controllo di tende, luci e aria condizionata e di un sistema per la chiamata dell’equipaggio gestito con iPod personali.

Nel bagno padronale troneggia una vasca quadrata Jacuzzi Aura centrale; nella suite c’è una scultura di marmo, legno e pelle bianca di Hervé Van der Straeten.

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ForMUSICA magazine di Nolberto Bovosselli Alexia (all’anagrafe Alessia Aquilani, 45 anni) ha il primato di essere stata la prima cantante italiana ad arrivare alla posizione numero uno dei passaggi radiofonici in Inghilterra con i singoli Uh la la la, Gimme love e Goodbye. Tra le sue hit di maggior successo anche Happy e Ti amo ti amo.

Tutti vogliono Alexia

Il pubblico della rete sceglie la cantante ligure per il prossimo Festival di Sanremo: con oltre 4000 voti nel sondaggio organizzato dal portale Blogosfere precede Anna Oxa e Loredana Bertè. E intanto prepara un tour all’estero e il nuovo album

Mancano ancora diverse settimane alla 63esima edizione del Festival di Sanremo, che per i consueti cinque appuntamenti, dal 12 al 16 febbraio 2013, accompagnerà le serate canore degli italiani, nel suo tipico stile di media-event nazionale per eccellenza, con annessi dibattiti infiniti, polemiche sterili, chiacchiere su tutto e su niente e qualche buona canzone che forse resterà nel tempo…ma anche no. Eppure il toto-nomi sui partecipanti in gara alla kermesse è già cominciato. Fabio Fazio, che torna ad essere padrone di casa e deus ex machina dello show, dopo le brillanti e originali conduzioni del 1999 e del 2000 (la prima accanto a Renato Dulbecco, la seconda con Luciano Pavarotti), ha lasciato trapelare qualche voce di corridoio sui “big” presenti, ma al momento non c’è ancora nulla

di ufficiale. Quel che si sa di certo per adesso è il regolamento della competizione, che prevede una novità assoluta. Al Festival parteciperanno 14 “campioni” che proporranno ciascuno due brani, dei quali nel corso delle prime serate il pubblico decreterà il migliore, destinato a gareggiare definitivamente per la vittoria finale. Prevista anche la presenza di 8 “giovani”, le cosiddette nuove proposte. Tuttavia, sul web la manifestazione è già partita, soprattutto su quei siti specializzati che alimentano l’attesa e la passione musicale degli internauti. L’iniziativa più interessante finora è stata quella del portale Blogosfere, il più grande network italiano di blog professionali, che nella sua pagina dedica al Festival sanremese ha realizzato uno speciale son-

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È curioso notare come nel sondaggio di Blogosfere si sono classificati al primo posto tra i “Senatori” proprio Alexia e Alex Britti, che nel Festival di Sanremo del 2003 si contesero fino all’ultimo voto la vittoria, rispettivamente con i brani Per dire di no (che alla fine si piazzò al primo posto) e 7000 caffè.

daggio sugli artisti che il pubblico vorrebbe vedere sul palco del Teatro Ariston nella prossima edizione. Ideato con grande successo da Fabio Fiume, il rilevamento popolare è stato diviso in quattro tipologie. E così, dopo le nette affermazioni di Alex Britti nella categoria “Senatori”, di Marco Mengoni nella categoria “Cavalieri” e di Annalisa Scarrone nella categoria “Dame”, a prevalere nell’ultima consultazione dedicata alle “Senatrici” è stata Alexia. L’artista di La Spezia si è imposta con 4036 voti online, superando Anna Oxa, seconda con 3818 e Loredana Bertè, terza con 3246 punti. È bene ricordare che per “Senatrici” si intendevano le cantanti donne o i gruppi con voce femminile di età superiore ai 41 anni che la gente avrebbe piacere di rivedere e riascoltare al Festival. Tra i 709.500 voti arrivati hanno riscosso un buon apprezzamento anche cantautrici, come Mariella Nava, Paola Turci, Grazia Di Michele, Marina Rei, e grandi interpreti degli anni ’80, tra cui Rettore, Marcella, Rossana Casale, Fiordaliso, fino a dive intramontabili come Ornella Vanoni e Patty Pravo. Ma Alexia ha stracciato tutte, a testimonianza del grande affetto nei suoi confronti da parte del pubblico, formato non solo dai suoi fan, ma anche da tutti coloro che ricordano le sue scatenate performance sul palco sanremese, dove nel 2003 vinse con il brano Per dire di no, piazzandosi invece due volte al secondo posto nel 2002 e nel 2005 rispettivamente

con i pezzi Dimmi come e Da grande, e classificandosi quarta nel 2009 con Biancaneve (in coppia con Mario Lavezzi). Anche se a contare di più, oltre all’onore delle competizioni canore, sono le classifiche delle vendite, che sin dal suo esordio ufficiale nel 1995 hanno premiato la musica e l’energia della piccola chansonnier spezzina. Capace di passare dalla dance al blues, dal soul al rock, dalla lingua inglese all’italiano senza mai perdere nemmeno un po’ del suo appeal e della sua voce possente. Sebbene sembri ancora una ragazzina, per l’aspetto giovanile e le scariche di adrenalina che mette quando è in scena, non bisogna dimenticare che nel 2010 ha festeggiato i suoi primi 15 anni di carriera, regalando al pubblico il suo nono album di inediti, Stars, caratterizzato da melodie che partono dalle prime influenze musicali dell’artista per arrivare verso un sound r&b e pop rock. Attualmente Alexia è reduce da una fortunata tournée italiana che l’ha tenuta impegnata da maggio a settembre, e si sta preparando per un tour all’estero con esibizioni e concerti in Canada, Brasile, Polonia, Estonia, Svizzera e altre tappe ancora in via di definizione. Dove non mancherà di presentare il suo trascinante singolo A volte sì a volte no, uscito lo scorso giugno, che anticipa il nuovo album di inediti previsto per la fine di quest’anno. In attesa, magari, di tornare a furor di web-popolo all’Ariston.

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ForTEATRO magazine di Silvestro Bellobono

Giampiero Ingrassia (51 anni) si è diplomato al Laboratorio Teatrale di Gigi Proietti nel 1985. Nel suo curriculum tanto teatro e alcune fiction Tv, come il popolare telefilm sui militari italiani Classe di ferro (1989-1991) di Bruno Corbucci.

Si può fare!

A pronunciare la mitica frase resa celebre da Gene Wilder è Giampiero Ingrassia, che veste i panni dello strampalato dottor Frederick nel musical Frankenstein Junior, tratto dall’omonimo film cult di Mel Brooks. Al Teatro Brancaccio si prevede il pienone

Sono passati ormai trentotto anni da quando quel geniaccio di Mel Brooks scrisse e diresse per il grande schermo Frankenstein Junior, la commedia brillante (perché definirla semplicemente “parodia” sarebbe riduttivo) ispirata al racconto di Mary Shelley e ai celebri film dell’epoca in bianco e nero da esso tratti, capace di sbancare gli incassi al box office ed essere inserita in una recente classifica al tredicesimo posto delle migliori cento commedie americane di tutti i tempi. Eppure la vis comica di questa pellicola, divenuta un’autentica opera cult a livello mondiale, continua a stimolare nuovi prodotti culturali, anche nell’ambito dello spettacolo italiano. Come avverrà dal 28 novembre al 9 dicembre sul palco del Teatro Brancaccio, dove la Compagnia della Rancia porterà in scena il

musical Frankenstein Junior, con testi e melodie di Mel Brooks, ma con coreografie originali di Susan Stroman e la regia di Saverio Marconi, che assieme a Michele Renzullo ha curato anche l’adattamento. Sarà Giampiero Ingrassia a vestire i panni che furono del grande Gene Wilder per il ruolo del protagonista, il visionario dottor Frederick Frankenstein, che dopo aver ereditato dal nonno un castello in Transilvania decide di dare vita, tra mille peripezie, personaggi bizzarri e buffi imprevisti, alla mostruosa creatura dall’animo umano. Interpretata qui dal baritono Fabrizio Corucci. La componente musicale è senza dubbio l’elemento in più dello spettacolo, potendo contare sulla traduzione in italiano delle liriche originali operata da Franco Travaglio, oltre che sul resto del cast

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Oltre 700 candidati si sono presentati ai provini per ottenere un ruolo nel celebre musical. La parte di Igor è stata affidata al baritono Fabrizio Corucci, che ha all’attivo partecipazioni come solista in varie opere, tra cui Tosca e La bohème di Puccini, La Traviata di Verdi, La bella Elena di Offenbach.

composto da professionisti delle sette note. Come Giulia Ottonello, già vincitrice di Amici di Maria De Filippi nel 2003 per le sue sorprendenti doti canore, che presta viso e voce ad Elizabeth, la fidanzata di Frederick; come Mauro Simone (Grease e Pinocchio i suoi precedenti lavori) che sarà Igor, il servo fedele e gobbo, divenuto una maschera inconfondibile dell’immaginario collettivo; come Altea Russo e Valentina Gullace, entrambe già a proprio agio con i musical teatrali, che incarneranno rispettivamente la misteriosa Frau Blücher e la procace assistente Inga. Il gruppo di attori è completato da Felice Casciano (l’ispettore Kemp), Davide Nebbia (l’eremita cieco Abelardo, interpretato nel film da un superbo Gene Hackman) e Roberto Colombo (Victor Von Frankenstein). Dopo i successi con Grease a fianco di Lorella Cuccarini, Jesus Christ Superstar e The Full Monty di Gigi Proietti, l’eclettico Giampiero Ingrassia

torna a cantare, ballare e recitare in una sontuosa rappresentazione di un altro classico cinematografico, che grazie alla magia del teatro si rinnova e si arricchisce di nuova linfa. Del resto, il figlio dell’indimenticabile Ciccio Ingrassia ha una passione consolidata per gli spettacoli canori in cui può dare sfogo alle sue istrioniche capacità, avendo recitato fin dal 1989 ne La piccola bottega degli orrori, il primo musical della Compagnia della Rancia. In questo nuovo progetto sia lui sia il resto del cast si scateneranno in irresistibili sketch comici, tante canzoni e numeri divertenti, ricreando a meraviglia le atmosfere straordinarie del film. Andato in scena in anteprima al Teatro dell’Aquila di Fermo, città che ospita anche l’intera residenza di allestimento, lo spettacolo, dopo il debutto romano, farà tappa nelle principali arene italiane, arrivando anche al Teatro della Luna di Milano a partire dal 17 gennaio 2013.

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For magazine MAESTRI di Nolberto Bovosselli

Renato Guttuso, Ritratto di Moravia, 1982, olio su tela. Casa Museo "Alberto Moravia", Roma

L’arte di una vita

In occasione del centenario della sua nascita, il Complesso del Vittoriano presenta Guttuso. 1912-2012, la prima grande antologica dedicata al pittore siciliano che operò a Roma per oltre cinquant’anni 110 For Magazine


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Renato Guttuso, Crocifissione, 1940-1941, olio su tela. Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma.

«Se io potessi, per una attenzione del padreterno, scegliere un momento nella storia e un mestiere sceglierei questo tempo e il mestiere di pittore». Una frase potente che suona come il manifesto di un’intera vita vissuta per l’arte nel senso più ampio del termine, di un’ispirazione creativa che si estendeva bel oltre le mura di uno studio o la tela di un quadro, per diffondersi nella società contemporanea e

nel Paese, tormentato da eventi storici epocali, in cui era nato e cresciuto. Renato Guttuso non è stato solo uno dei pittori italiani più rappresentativi nel Novecento europeo, ma anche un fedele testimone del suo tempo, in grado di cogliere quelle sfumature pubbliche poi ritratte nella sua “arte sociale”, e capace di cimentarsi in prima persona nella vita attiva con un impegno morale e politico (negli anni

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Renato Guttuso, La Vucciria, 1974, olio su tela. Università degli Studi di Palermo, Complesso Monumentale dello Speri.

’70 fu eletto senatore tra le file del Pci) che straripava dall’immaterialità dei suoi quadri per farsi concreto e tangibile. Oggi, l’intero percorso artistico della sua opera e i diversi passaggi esistenziali di cui fu protagonista vengono celebrati a Roma, città nella quale visse per oltre cinquant’anni, che, in occasione del centenario dalla sua nascita, gli dedica un’eccezionale esposi-

zione: Guttuso. 1912-2012 ospitata attualmente, e fino al 10 febbraio 2013, nelle sale del Complesso del Vittoriano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Proprio il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha voluto presenziare all’inaugurazione per rendere omaggio al maestro siciliano, accompagnato nella sua visita dalla moglie Clio e dai ministri Lorenzo Ornaghi, Anna Maria Cancellieri

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Renato Guttuso, Autoritratto, 1975, olio su tela. Collezione Archivi Guttuso, Roma.

e Paola Severino. La mostra, curata dal figlio adottivo Fabio Carapezza Guttuso, presenta cento opere dell'artista – tra dipinti, disegni, bozzetti – che documentano i suoi vari momenti espressivi e il modo in cui egli percepiva la condizione umana della sua epoca. Nato a Bagheria, in Sicilia, il 26 dicembre 1911 (ma i genitori ne denunciarono la nascita solo il 2 gennaio

1912), Guttuso inizia a dipingere sin dalla giovane età, frequentando la bottega di un pittore di carretti siciliani, che riproduce con fedele realismo. Completati gli studi a Palermo, nel 1935 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con artisti quali Birolli, Manzù, Persico, Banfi, Joppolo, rafforzando le sue posizioni politiche antifasciste. Nel 1937 sceglie la Capitale come luogo ideale della sua vita, facendo

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Renato Guttuso, Caffè Greco, 1976, tecnica mista e collage. Foto Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.

del suo studio un vivace centro intellettuale. Negli anni successivi stringe importanti amicizie con Pasolini e Visconti, con Neruda e Moravia (in mostra è esposto il Ritratto di Moravia, 1982), con Antonello Trombadori e Mario Alicata, conoscenze decisive per la sua adesione nel 1940 al Partito comunista. Tra il 1940 e il 1942 partecipa al movimento milanese di “Corrente”, mentre nel 1943 entra nella Resistenza e nel dopoguerra si unisce al “Fronte Nuovo delle Arti”, un movimento artistico di rottura ispirato al post-cubismo, da lui promosso in quel clima di fermento liberale che spinge i pittori italiani a uscire dall’isolamento e a confrontarsi con l’Europa. «La pittura italiana dopo la guerra, la Resistenza, fino al ’48-’49 – scriverà Guttuso ricordando quegli anni – fu un tentativo anche linguistico, di aggiornamento,

ma non disgiunto dalle nostre premesse ideali… La ripresa si articolava attorno a Picasso e non solo si differenziava nettamente da quella dei picassiani francesi, ma anche dalle nostre stesse esperienze precedenti… ». Tra i capolavori di questo florido periodo ci sono Fucilazione in campagna, dipinto dedicato a Federico García Lorca, e la Crocifissione, che provocò le ire e l’indignazione del Vaticano: entrambe le opere visibili al Vittoriano provengono dalla Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma. Sono, infatti, numerosi i prestiti di gallerie, collezioni private e soprattutto di musei prestigiosi come il Centre national des arts plastiques di Parigi, la Tate e l’Estorick Collection di Londra, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Museo Guttuso di Bagheria e il MAMbo

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Renato Guttuso, I funerali di Togliatti, 1972, acrilico e collage. Foto courtesy MAMbo, Museo d'Arte Moderna di Bologna.

(Museo d’Arte Moderna di Bologna), da cui è giunto il celeberrimo dipinto I funerali di Togliatti (1972), un caposaldo della pittura antifascista. Naturalmente sono presenti tutte le opere che traggono ispirazione dagli anni romani e che permettono di scoprire come l’artista siciliano vedeva la Città Eterna: le sue rappresentazioni del Colosseo, dei Tetti di Roma, delle misteriose presenze nei giardini de La Visita della sera. Si possono ammirare, inoltre, indubbi capolavori come la Fuga dall’Etna, il Caffè Greco, La Vucciria, La Spiaggia, la Zolfara, alcune piccole tavolette con le quali mosse i primi passi e le splendide nature morte del periodo della guerra. Oltre a questa grande antologia di dipinti, la rassegna romana propone anche due sezioni speciali: una dedicata al disegno, e l’altra al teatro musicale.

Il contenuto sociale della sua arte, ben radicato nello stile espressivo dei suoi lavori, emerge chiaramente in questa esposizione, riflettendo in pieno il pensiero di Guttuso e le sue idee, spesso scomode e polemiche, che, spiegando la sua partecipazione al Realismo, egli stesso riassumeva così: «Un’arte diretta e leggibile, non intellettualistica, un’arte più legata all’uomo, ai suoi sentimenti, alle sue sofferenze, alle sue lotte». Guttuso morì a Roma nel gennaio del 1987. Fu sepolto a Bagheria, nel museo di Villa Cattolica dove è stata collocata la sua tomba, opera dello scultore e amico Giacomo Manzù.

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For magazine ARTE di Demetrio Moreni

Le Corbusier, I° progetto di massima per il Nuovo Ospedale di Venezia. Planimetria generale del I° livello, 1964. Courtesy Fondation Le Corbusier, Parigi.

Il modello italiano

Appuntamento importante al Maxxi per approfondire la conoscenza di Le Corbusier in una mostra incentrata sul ruolo che il nostro Paese e il suo patrimonio culturale hanno svolto nella formazione del padre dell’urbanistica contemporanea 116 For Magazine


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Le Corbusier, Courtesy Fondation Le Corbusier, Parigi.

Non è una semplice mostra, ma la ricostruzione puntuale del lungo e proficuo rapporto tra un artista a 360 gradi e una Nazione che costituì per lui una feconda fonte d’ispirazione: L’Italia di Le Corbusier è un’esposizione senza precedenti che analizza i significati più profondi e il ruolo di musa della nostra Penisola nella formazione artistica e nell’elaborazione architettonica del genio svizzero, naturalizzato francese. Architetto, urbanista, pittore, scultore e disegner, Le

Corbusier (pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris) ha sempre visto nella cultura italiana un modello di riferimento, una guida da seguire per il perfezionamento della sua concezione artistica “a misura d’uomo”, senza tuttavia rinunciare alla ricerca estetica che, dalla civiltà romana fino al Rinascimento, ha sempre caratterizzato le opere realizzate nel Bel Paese. Sin da giovane compì numerosi viaggi in Europa, soggiornando a Vienna, a Berlino, dove ven-

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Le Corbusier, Studio della facciata del duomo di Pisa con dettagli di archetti e colonnine, 1907. Courtesy Fondation Le Corbusier, Parigi,

ne a contatto con altri grandi progettisti come Walter Gropius e Ludwig Mies van der Rohe, e appunto nelle principali città italiane: tra il 1907 e il 1923 fece tappa quattro volte nel nostro Paese, elaborando una abbondante documentazione di bozze, disegni e schizzi delle architetture del passato, ricca di annotazioni e promemoria su materiali, colori, forme. Uno studio attento che costituirà la base del suo bagaglio culturale e dei suoi futuri lavori e che ne farà un autentico maestro del Movimento Moderno. L’esposizione, curata da Marida Talamona, è aperta fino al 17 febbraio 2013 presso il Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) e si articola in quattro grandi sezioni tematiche e cronologiche, che ripercorrono l’excursus formativo di Le Corbusier. La prima parte, intitolata “I viaggi in Italia” è documentata

con materiali di diversa natura: dall’orologio realizzato per l’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 agli acquerelli del viaggio in Toscana del 1907, dai disegni architettonici di Pompei, Roma, Villa Adriana, la Certosa di Ema agli studi sulle città italiane condotti alla Bibliothèque nationale di Parigi. La seconda sezione, “Rapporti con la pittura 1916-1923”, spiega le relazioni tra la rivista francese L’Esprit Nouveau e alcuni periodici italiani contemporanei sull’arte e sulla letteratura, illustrati da quadri dello stesso Jeanneret, di Amédée Ozenfant, Gino Severini, Carlo Carrà, Giorgio Morandi. Il terzo segmento si concentra sugli “Anni Venti e Trenta”, considerati i più intensi di scambi con la cultura italiana e segnati da continui viaggi a Torino, Milano, Roma e Venezia per conferenze e incontri con architetti italiani (Piero Bottoni,

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Le Corbusier a bordo di una Balilla sul tetto dello stabilimento FIAT Lingotto, 22 aprile 1934. Courtesy Fondation Le Corbusier, Parigi.

Guido Fiorini, Alberto Sartoris, Luigi Figini, Gino Pollini, Giuseppe Terragni), con industriali come Agnelli e Olivetti e, infine, dai tentativi di Le Corbusier di ottenere da Mussolini un incarico in Italia, data la considerevole attività del Duce nella fondazione di nuove città. In mostra qui le sei tavole a colori con le quali il grande urbanista disegna le sue proposte per Roma, Sabaudia, Pontinia e Addis Abeba. Infine, nell’ultima porzione espositiva, quella dei “Progetti del secondo dopoguerra”, si evidenziano i nuovi viaggi italiani di Le Corbusier: a Bergamo in occasione del VII Congresso internazionale di architettura moderna (1949), a Milano invitato dalla Triennale al Convegno De Divina et Humana Proportione (1951), a Venezia alla Conferenza Internazionale degli Artisti e a Firenze, dove nel 1963 viene allestita la prima grande esposizione italiana dedicata all’opera lecorbusie-

riana. Disegni e modelli originali in legno illustrano i due incarichi professionali del secondo dopoguerra, il progetto per il Centro di Calcolo elettronico Olivetti a Rho e quello per l’Ospedale di Venezia, che tuttavia non verranno mai realizzati anche a causa della sua morte nel 1965. Inoltre, un nutrito contributo fotografico accompagna ciascuna sezione della mostra, per offrire una testimonianza privata sull’uomo celato “dietro” all’artista. Tra queste immagini ci sono anche quelle scattate dall’architetto a Roma nel 1921 o quelle sul tetto del Lingotto di Torino, disegni, acquerelli e dipinti (per un totale di 320 documenti originali e 300 fotografie) realizzati da Le Corbusier, accanto a opere di artisti italiani con cui era in contatto come Carrà, Morandi e Severini.

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ForSCATTI magazine di Bruno Oliviero

È nata a Bratislava, in Slovacchia, ma ormai, dopo tanti anni che vive a Roma, Asha si sente molto più italiana. È un piacere fotografarla perché ha un carisma unico ed è una ragazza molto dolce e intelligente. Ha studiato recitazione e spera prima o poi di entrare a far parte del cast di una fiction o di un film. Nel frattempo ha girato vari spot per la televisione e, dal momento che ha un corpo bellissimo, è stata testimonial di diversi cataloghi di moda e campagne pubblicitarie. Per il 2013 l’ho voluta protagonista di un mio calendario. Sono dodici mesi di immagini glamour molto eleganti e intriganti, dalle quali traspare tutta la sua bellezza e sensualità.

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Asha Bliss 121 For Magazine


Forsport magazine di Pina Bevilacqua Max Biaggi

VADO SEMPRE AL MAX!

Nel campionato Superbike 2012 prevale ancora Biaggi. Il centauro romano si aggiudica il sesto titolo iridato della sua carriera. E poi annuncia il ritiro dalle

A 41 anni suonati Max Biaggi ha vinto il 6° titolo iridato della sua carriera infinita, conquistando un posto di riguardo nella Hall of Fame dei campioni più longevi di tutti i tempi. Il “Corsaro” si è di nuovo laureato campione della Superbike, per mezzo punto, nell’ultima gara dell’emozionante stagione 2012, il Gp di Francia. In gara 2 del round di Magny-Cours la vittoria è andata al britannico Tom Sykes su Kawasaki, ma al romano dell'Aprilia è bastato il 5° posto per aggiudicarsi il 2° titolo nel Mondiale delle derivate di serie, dopo quello con-

quistato nel 2010. Biaggi ha chiuso il campionato con 358 punti in classifica, precedendo proprio Sykes, fermatosi a 357,5. Terzo, su Bmw, con 328.5 punti, Marco Melandri, che ha visto sfumare il sogno iridato sempre sul circuito francese a causa di una brutta caduta nelle fasi iniziali della gara 2. L’anno scorso il mondiale Superbike era andato allo spagnolo Carlos Checa su Ducati. «Questo è il quarto mondiale su sei che vinco all’ultima gara, si vede che mi piacciono le sfide difficili!», ha commentato Biaggi, dedicando la vit122 For Magazine

corse

toria alla sua Eleonora Pedron, ai loro due figli, a tutta la famiglia e al team dell’Aprilia. Che grazie a SuperMax ha bissato il titolo costruttori, imponendosi nuovamente sulla tecnologia giapponese (Kawasaki, Honda e Suzuki) e tedesca (Bmw), nonché sulla agguerrita concorrenza italiana rappresentata dalla Ducati. Confermandosi come il costruttore europeo più vincente tra i marchi motociclistici in attività nelle corse. «Ho iniziato la mia carriera con l’Aprilia, ho vinto in 250 con loro e anche il mio primo mondiale in Superbike», sotto-


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Nella sua lunga carriera Max Biaggi (41 anni) ha vinto sei titoli mondiali: quattro volte nella classe 250 (consecutivamente dal 1994 al 1997) e due volte nel campionato Superbike (2010 e 2012), dove è l’unico pilota italiano ad avere trionfato.

linea il campione capitolino. Che resta l’unico pilota italiano ad avere vinto un titolo in SBK. Biaggi ha esordito nel 1991, nella classe 250, che ha dominato per 4 anni consecutivi, dal 1994 al 1997 (nei primi tre in sella all’Aprilia, nell’ultimo con la Honda). È poi passato alla classe regina (prima alla 500, poi al MotoGp), laureandosi tre volte vicecampione del mondo, nel 1998 dietro all’australiano Mike Doohan (Honda), nel 2001 e 2002 dietro a Valentino Rossi (Honda). L’addio al Motomondiale a fine 2005, dopo il quinto posto in MotoGp. Il ritorno

in pista nel 2007, in Superbike, su Suzuki, per arricchire ulteriormente l’incredibile palmares. Infatti, Biaggi in SBK ha corso 105 Gran Premi, vincendone 13 e salendo 46 volte sul podio. Nel Motomondiale i Gp corsi sono stati 215, le vittorie 42, i podi 111. «Adesso è il momento di festeggiare, anche perché ultimamente ne vediamo pochi di tricolori in giro». E poi, come era già nell’aria, è arrivata la decisione sul suo futuro: Max Biaggi si ritira dal mondo delle corse, come ha anticipato lui stesso con un tweet («È un’alba molto diversa og123 For Magazine

gi per me. Niente sarà come prima. Forza comunque!», seguito dalla conferenza ufficiale a Vallelunga. «Dopo 20 anni in giro per il mondo a cercare di battere i miei rivali ora ci sarà spazio per un altro Max Biaggi che in pochissimi conoscono. Mi dedicherò per prima cosa alla mia famiglia, ai miei figli. Ma il rapporto con l’Aprilia, che è la casa con la quale ho vinto più titoli mondiali, non finisce qui. Continuerà anche se in un’altra forma. Tra qualche tempo vi saprò dire meglio». Un addio da campione dopo una vita sempre al Max!


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Marco Melandri su Bmw: con 328.5 punti è arrivato 3° nella classifica finale SBK 2012. Il ravennate sul circuito di Magny-Cours è caduto nelle fasi iniziali della gara 2.

Tom Sykes su Kawasaki, giunto secondo in campionato con 357,5 punti, a solo mezzo punto di distacco da Biaggi.

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milano

people & stars & event

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Foreventi magazine LA CULTURA ITALIANA A MONTECARLO

Margherita Buy

Laura Morante

IL DIVISIONISMO TORNA A MILANO GAM Manzoni, lo spazio espositivo, che sarà anche un centro studi per l’arte moderna e contemporanea, è stato inaugurato di recente con la mostra di pittura Divisionismo. Da Segantini a Pellizza, che raccoglie trentacinque dipinti dei principali interpreti del movimento quali Giovanni Segantini (Alpe di Maggio), Giuseppe Pellizza da Volpedo (L’amore nella vita), Angelo Morbelli (Meditazione), Carlo Fornara (Ultimi raggi), Emilio Longoni e altri. Con l’adesione del Presidente della Repubblica Italiana, la rassegna, curata da Francesco Luigi Maspes e Enzo Savoia, è in programma fino al 23 dicembre e ripercorre gli sviluppi in terra lombarda del Divisionismo, movimento artistico che nasce a cavallo tra Ottocento e Novecento in piena autonomia rispetto al Neoimpressionismo francese, e che ha proprio Milano ebbe il suo centro propulsore a partire dalla prima esposizione del 1891 alla Triennale di Brera. IL MITO DI DRACULA Dal 23 novembre 2012 al 24 marzo 2013 la Triennale di Milano presenta la mostra di pittura dedicata a una delle leggende antiche più articolate e suggestive: Dracula e il mito dei vampiri. La mostra, ideata, prodotta e organizzata da Alef-cultural project management, in partnership con la Triennale di Milano e in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna, presenta circa cento opere tra dipinti, incisioni, disegni, ma anche documenti, oggetti storici, costumi di scena e video. L’esposizione affronta e indaga la figura del vampiro per antonomasia, partendo dalla dimensione storica per procedere alla trasfigurazione letteraria, fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica. Un vero e proprio viaggio nel mondo vampiresco che, al contempo, analizza il contesto storico e quello contemporaneo, passando in rassegna oggetti d’epoca e design dei nostri giorni, miti antichi e divi di oggi.

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Si è svolta da poco un’iniziativa culturale nel Principato di Monaco, presso la Salle du Ponant del Centre des Rencontres Internationales, nel contesto della seconda edizione del “Mese della Cultura e della Lingua Italiana” promossa dall’Ambasciatore d’Italia a Montecarlo Antonio Morabito: una serata dedicata al cinema italiano. Il “Mese” traccia un percorso di eventi volti a valorizzare la presenza culturale e sociale italiana a Monaco e promuovere il sistema-Paese nel suo insieme con manifestazioni che vanno dalla musica all’arte, dalla poesia al cinema, dal teatro al libro. Dopo la riuscitissima serata con Laura Morante che ha introdotto il suo film Ciliegine, Margherita Buy e il regista Giuseppe Piccioni hanno presentato la pellicola Il Rosso e il Blu; madrina della serata Maria Francesca Angelini, esponente del settore imprenditoriale nostrano, con la partecipazione di molte personalità del mondo culturale ed economico italiano e monegasco.


For magazine Pittura L’OPERA DI SALVATORE FIUME A Palazzo Pirelli, fino al 23 dicembre, verrà ospita un’importante mostra di pittura che celebra la figura di Salvatore Fiume (1915-1997), a quindici anni dalla sua scomparsa. L’esposizione personale, dal titolo Le identità di Salvatore Fiume, presenta 50 opere (25 dipinti, 15 disegni, 5 sculture e 5 ceramiche) in grado di tracciare una sintesi della produzione artistica di Fiume tra gli anni Quaranta e gli anni Novanta del secolo scorso, dimostrando come la sua personalità, pur rimanendo intatta nel corso del tempo, si evolve costantemente, concependo nuovi temi e sperimentando nuove tecniche. Il percorso espositivo si snoda in due sezioni distinte: nella prima si incontrano lavori realizzati tra gli anni ’40 e gli anni ’60, precedenti alla “rivoluzione” stilistica che fece seguito al suo viaggio a Londra nella metà degli anni ’60; mentre nella seconda si vedono opere eseguite nel trentennio successivo.

LA STORIA SECONDO MAXIM KANTOR Di recente la Fondazione Stelline di Milano, in collaborazione con il Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, ha presentato per la prima volta in Italia in maniera completa ed esaustiva l’opera di Maxim Kantor, pittore e scrittore di origine russa. Il cuore della mostra di pittura, a cura di Alexandr Borovsky e Cristina Barbano, è il portfolio Vulcanus realizzato nel 2010, a cui fanno da cornice un nucleo di venti dipinti, alcuni di grandi dimensioni, rappresentavi dell’intera attività pittorica di Kantor (1980-2012), tra cui le suggestive opere La Torre di Babele, Folla solitaria e La società aperta. Questa mostra, che occupa entrambe le Gallery della Fondazione Stelline, si differenzia dalle precedenti proprio per la presenza di quadri che esulano da Vulcanus, che era tutto incentrato sulla storia del Novecento, e in particolare sulla prima guerra mondiale. Kantor è anche autore di opere letterarie e pièce teatrali. OMAGGIO AL RINASCIMENTO La Galleria Artespressione di Milano ha presentato la recente la mostra di pittura dal titolo Nuovo Umanesimo dedicata ad una serie di opere del pittore fiorentino Paolo Frosecchi, che dagli anni ’60 si trasferì nel capoluogo lombardo prima del suo ritorno a Firenze nel 2005. La mostra, a cura di Matteo Pacini, intende omaggiare uno dei simboli dell’arte fiorentina, a partire dalla seconda metà del ‘900 fino ad oggi. Paolo Frosecchi è stato da poco incaricato dal Comune di Firenze e dal Comitato “Amerigo Vespucci” di realizzare un’opera raffigurante la Firenze del Rinascimento: il risultato è un olio su tela di grandi dimensioni intitolato Canto d’amore, che sarà donato al Presidente degli Stati Uniti d’America in occasione della ricorrenza del 500° aniversario della morte dell’esploratore Amerigo Vespucci. L’esposizione milanese propone oltre 20 opere di Frosecchi, tra le quali anche il celebre Nudo con drappo azzurro e gatto.

Paolo Frosecchi, Canto d’amore, 2011, olio su tela 220 x 200 cm

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For magazine Pittura, Scultura & Moda GRANDE EXPÒ ALLA SAPIENZA Presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, in Piazza Aldo Moro, si è tenuta da poco una grande esposizione che ha radunato le glorie e i talenti nazionali, memoria e vanto del Paese. Nella prestigiosa sala espositiva del Museo del Rettorato è stata allestita una mostra di pittura e scultura, ma non solo, dedicata ai maggiori rappresentanti del panorama artistico nazionale, al fine di celebrarne “Le Eccellenze”. La kermesse, curata da Daniele Radini Tedeschi, e tesa a coinvolgere illustri personalità del mondo accademico universitario, ha offerto la possibilità a giovani studenti-artisti dell’ateneo di poter proporre alcuni loro lavori, nell’ambito di un confronto generazionale oggetto di studio e riflessione. Si è cercato quindi di conferire alle opere in mostra una omogeneità tematica tendente a valorizzare il passato e la tradizione, con uno sguardo al futuro e alle nuove tendenze dell’era attuale. Daniele Radini Tedeschi

Piazzale Aldo Moro alla Sapienza.

IN ONORE DI COSTANTINO

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Foto di Roberto Magno

Ha avuto luogo di recente, in una delle sale dell’Hotel St. Regis, la quarta edizione della manifestazione di moda “Heart&Fashion”, la sfilata di beneficenza organizzata da Simona Travaglini a favore dell’associazione So.Spe. di Suor Paola. I protagonisti sono stati gli splendidi abiti di famose griffe romane di alta moda, che hanno sfilato di fronte ad un pubblico di 300 persone, fra cui tanti personaggi del mondo dello spettacolo. Capi dalle stampe barocche ed architettoniche, impreziositi da merletti, oro e pizzi che giocano su linee pulite per vestiti da resa lunghi e aderenti, sontuosi ed eleganti, di tonalità accattivanti come il nero, il bianco e il viola. L’evento di moda e charity “Heart&Fashion” vuole celebrare la mondanità senza dimenticare la beneficenza e la raccolta di fondi per le cause più importanti. E anche questa volta la Capitale e i suoi cittadini hanno dato il loro contributo.

Foto di Roberto Magno

VIVA IL MADE IN ITALY!

Foto di Roberto Magno

Fino al 17 marzo 2013, Palazzo Reale ospita la mostra di scultura Costantino 313 d.C., progettata e ideata dal Museo Diocesano di Milano e curata da Gemma Sena Chiesa e Paolo Biscottini. Il percorso espositivo si articola in sei sezioni che approfondiscono, con più di 200 preziosi oggetti d’archeologia e d’arte, tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose: dalla Milano capitale imperiale alla conversione di Costantino e ai simboli del suo trionfo. In evidenza i protagonisti dell’epoca, l’esercito e i suoi armamenti, la corte, i preziosi oggetti d’arte e di lusso. Una importante sezione della mostra è dedicata a Elena, madre di Costantino, imperatrice e santa, per mettere in risalto la singolarità di questa figura femminile all’interno della corte imperiale e della storia della Chiesa. Tra gli oggetti esposti la placca votiva con croce del VI-VII secolo e l’elmo gemmato da cavalleria di Berkasovo, IV secolo d. C.


For magazine Moda,Teatro & Cinema LAST BREATH OF SUMMER

Foto di Max Margheri

Cosa c’è di meglio di un evento di moda in una soleggiata giornata autunnale? Di recente il fotografo Max Margheri ha allestito il set fashion di “Last breath of summer” per salutare l’estate ormai lontana in una giornata invero ricca di sole. Il tepore è stato così l’elemento caratteristico che ha visto protagonisti abiti Made in Italy pieni di colore e dal taglio molto sensuale, indossati dalla modella Anna Kote. Margheri, nato a Firenze ma cresciuto a Chicago, ha iniziato ad approcciarsi alla fotografia in tenera età. La passione per la moda è arrivata nel 1999 mentre lavorava a Milano come modello per noti stilisti internazionali. In queste circostanze nacque anche una sua vena critica per le foto che “visionava”, e tutto ciò lo portò ad acquistare la sua prima reflex analogica e a iniziare la sua nuova passione. Ha lavorato per stilisti internazionali, il suo obiettivo è ritornare negli Stati Uniti e continuare lì la sua professione. LA FEBBRE DEL BALLO Standing ovation e tutti a ballare al Teatro Nazionale per il debutto dello spettacolo teatrale La febbre del sabato sera, la nuova grande produzione internazionale firmata Stage Italia, che resterà in scena fino al 27 gennaio 2013. Un musical che, dall’inizio alla fine, si è dimostrato emozionante e travolgente, una vera e propria scarica di energia. Sul palco un imponente allestimento scenografico caratterizzato da cambi di scena rapidi e inaspettati, illuminato da un set up in pieno stile Broadway. Oltre alla grande orchestra live che accompagna il cast, ha entusiasmato la cura per i dettagli: dai costumi colorati e psichedelici alle parrucche e alle acconciature tipiche dell’era della disco newyorkese anni ’70. In scena a Milano per otto repliche settimanali lo show farà rivivere un’epoca leggendaria sulle indimenticabili hit dei Bee Gees, da Stayin’ Alive a Night fever e a You should be dancing. “AGITATO, NON MESCOLATO”

Sean Connery

Il cinema ha prodotto una gran quantità di aforismi sul bere. In molti film compaiono frasi ad effetto per risolvere una situazione o semplicemente per colpire il pubblico. La più celebre sembra quella, quasi lapidaria, di James Bond: “Shaken, not stirred”, cioè “agitato, non mescolato”, che contribuisce non poco ad arricchire il fascinoso savoir faire del personaggio. Ricordiamo anche: “Prima o poi arriverà nella vita di ogni donna un momento in cui l’unica cosa che può essere d’aiuto è una coppa di champagne” (Bette Davis); “Il mio problema con il resto del mondo è che tutti hanno bevuto qualche drink di meno” (Humphrey Bogart); “Non puoi dire di essere veramente ubriaco finché non ti sdrai sul pavimento cercando di abbracciarlo” (Dean Martin). Ma concludiamo con un vero insegnamento di vita: “Fate da sobri quello che avete detto avreste fatto da ubriachi: vi insegnerà a tenere la bocca chiusa” di Ernest Hemingway! Paolo Brasioli

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For magazine Cinema & Fotografia IL COMANDANTE E LA CICOGNA Nel film di Silvio Soldini Il comandante e la cicogna, Leo (Valerio Mastandrea) è un idraulico con due figli adolescenti, la disinibita Maddalena e l’introverso Elia, amico di una simpatica cicogna, con cui regolarmente si dà appuntamento. A completare cast e storia Amanzio (Giuseppe Battiston), Diana (Alba Rohrwacher), Teresa (Claudia Gerini) e l’avvocato Malaffano (Luca Zingaretti). Soldini realizza una commedia divertente e ironica, ma allo stesso tempo profonda e amara che ha come obiettivo quello di criticare la realtà italiana attuale. Accanto a questo bisogno di denuncia il regista unisce l’elemento della leggerezza, del surreale, cercando di “addolcire la pillola”: si pensi al rapporto tra il bambino e la cicogna, o ancora alla moglie deceduta di Leo che torna tutte le notti alle quattro a parlare con il marito. Una pellicola diversa dalle precedenti di Soldini ma comunque interessante e piacevole da guardare. Jessica Di Paolo

Claudia Gerini e Valerio Mastandrea in una scena del film.

GOLIARDIA E GENIO: I 90 ANNI DI UGO TOGNAZZI

Ugo Tognazzi in Amici miei.

Una vita che è stata un tourbillon inarrivabile di passioni, sfide, talento, sogni, ironia sfacciata e fascino. Ugo Tognazzi, genio del cinema, oggi avrebbe 90 anni: un raggio di luce lunghissimo nel mondo della cultura e, spingendosi un po’ in là, del costume nostrano. Componendo pagine straordinarie dentro e fuori dai palcoscenici. Un carattere straripante, affamato fino all’ossessione dai piaceri carnali della vita, dalle sensazioni più vere. Tanto che si definì un sensuale, nel bel mezzo del decennio conformista dell’Italia del canale unico di Stato. La televisione, proprio quel mezzo che lo immortalò in sketch e gag sensazionali. Spostando l’asticella sempre più avanti: rischiando sulla propria pelle una libertà d’intenti e talento forse mai vista prima. Fiancheggiato da spalle memorabili, poi suoi grandissimi amici nella vita di tutti i giorni: Gas-

I PAESAGGI DI GIGI GATTI Nulla a perdere è il titolo della mostra fotografica di Gigi Gatti che, fino al 18 novembre, sarà visibile al Museo Diocesano di Milano per celebrare il nuovo appuntamento di MuDi Contemporanea. L’esposizione, curata da Paolo Biscottini, presenta 40 fotografie dell’artista lodigiano, realizzate tra il 2006 e il 2009. Il paesaggio è il soggetto che caratterizza questa serie di scatti: un paesaggio dove tutto è avvolto dalla nebbia, dalla neve e dal silenzio. Uno scenario libero da figure umane ma la cui presenza è comunque sentita in maniera intensa, attraverso singoli elementi che ne testimoniano il passaggio, come le reti di un campo di calcio, le orme delle scarpe impresse sulla neve, l’altalena che sembra ancora dondolare. Gatti sperimenta nuove soluzioni: realizza delle diapositive che, proiettate su uno schermo, vengono poi fotografate generando così una serie di rimandi che fanno emergere un paesaggio altro.

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sman, Vianello, Villaggio e Monicelli. Nomi che, oggi, fanno tremare i polsi. Ma è al cinema, nel fascino della pellicola, che Tognazzi ha regalato interpretazioni uniche: piccoli, grandi ritratti di una nazione e di una cultura. Portando l’uomo qualunque di provincia, un po’ goffo, bugiardo, arruffone ma scaltro alla ribalta: sublimazione artistica di un prototipo sociale. Strappando sorrisi a milioni di italiani per decenni, e lasciando sempre un pizzico di amaro in bocca. Dal comico al tragico, dal drammatico al folkloristico. Ha rappresentato come nessun altro un’icona, esercizio di sberleffo goliardico, con un neologismo poi divenuto way of life: la “supercazzola”. Dissacrando con la leggerezza di un (non) turpiloquio gli accadimenti di una vita. Agostino Madonna


For magazine Fotografia, Musica & Libri

Foto di Fabio Pregnolato

Foto di Fabio Pregnolato

SPAZIO ALLE MORE

Giusy Fusco

Stella Cella

A differenza del mese scorso in cui proponevo gli scatti di due biondissime modelle, in questa nuova rassegna fotografica voglio presentare due artiste more. La prima, varesotta doc, si chiama Giusy Fusco, ragazza immagine ricercata da tanti locali italiani, dagli occhi azzurri e lo sguardo rude, un misto di trasgressione ed emozione che sa esaltare i sensi. Giusy vanta collaborazioni con vari fotografi italiani tra cui Stefano Sansoni e Maurizio Tentarelli. La seconda ragazza è piacentina, un giovane ingegnere di 24 anni, da sempre affascinata dal modo della fotografia che lei stessa definisce «pura arte. Ho sempre pensato che la bellezza di una fotografia e la sua armonia appaghino sia il fotografo che il soggetto». Il suo nome è Stella Cella, quasi un metro e ottanta su un corpo snello e slanciato, può vantare importanti collaborazioni con fotografi del calibro di Adolfo Valente e Alberto Buzzanca. Fabio Pregnolato

RITMO, ATMOSFERA E SORPRESE

Simone Black Candy

Serate di musica nell’“Antibagno”, il nuovo appuntamento del giovedì al Toilet Club, in via Lodovico il Moro. Le porte del locale si sono aperte anche in settimana e non più solo nel weekend per ospitare insoliti concerti fatti di esibizioni e intrattenimento a sorpresa, per passare un dopocena diverso con gli amici. Recentemente si sono svolte due serate frizzanti con l’accompagnamento sonoro di importanti dj: la prima, denominata “Cool kids can’t die”, ha visto protagonista il sound electro pop, rhythm ‘n’ rock, dance ’90 di Japi, LaEmi ed Erik Deep; la seconda è stata l’appuntamento “Polyester”, un party anni ’80, dove poter scatenare il proprio look e modo di essere in un club dove il pop si fonde con la new wave, il beat e l’alternative rock: guest star e dj set con le atmosfere underground di Londra e Berlino grazie a Simone Black Candy e Dj Donut. “Antibagno” è lo spazio dove può succedere di tutto.

PER IMPARARE A CANTARE Si terrà il 20 novembre nella sede della Saint Louis College Of Music di via Urbana, la presentazione romana del libro Canta come sei, alla presenza degli autori, i fratelli Maria Grazia e Attilio Fontana. Si tratta di un manuale per aspiranti cantanti con metodi, esercizi, curiosità e consigli. Ma è molto di più. Prima di tutto perché quei consigli, a tratti, sono d’autore, visto che il volume raccoglie anche quattro contributi di assoluto livello: quelli di Giorgia, che scava nei segreti della musica come viaggio interiore, del maestro Peppe Vessicchio, di Carlo Conti e di Rudy Zerbi. Interpretazione e tecnica, preparazione e rapporto con i musicisti, matrimonio fra musica, mezzi di comunicazione e discografia sono le “lezioni” impartite dai quattro maestri. Inoltre, Canta come sei ripercorre l’esperienza di vita e di lavoro dei fratelli Fontana, che si sono avvicinati alle sette note grazie ai genitori, musicisti di professione.

Attilio e Maria Grazia Fontana

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Dj Donut


For magazine Eventi & Benessere

Foto di Mario by Photostyle.

UN PARTY SPECIALE

Paky Arcella (a sinistra) con i suoi ospiti.

La meravigliosa location del Just Cavalli a Milano, da sempre luogo prediletto per party vip e occasioni particolari, ha ospitato di recente la festa di compleanno in onore del presentatore televisivo Paky Arcella. La serata, organizzata con lo stile e la cura tipici di un grande evento, ha visto tra i suoi protagonisti numerosi ospiti e amici, intervenuti per rendere omaggio all’eclettico personaggio Tv, amato da tutti per la sua serietà professionale e competenza artistica. Durante il party è stato creato anche un simpatico slogan in rima per ricordare la serata: “la festa non è bella se non c’è anche Paky Arcella”. Un grande brindisi collettivo ha aperto le danze che sono proseguite fino a tardi, scandite dalla voglia di divertimento del festeggiato e dei suoi ospiti. GIUSEPPE SERGENTI, BARMAN CAMPIONE DEL MONDO In virtù dei numerosi eventi enogastronomici a cui ha preso parte, la figura di Giuseppe Sergenti merita una considerazione speciale. Notissimo barman conosciuto in tutto il mondo, attualmente è consigliere dell’A.I.B.E.S. (Associazione Italiana Barman e Sostenitori) con sede a Roma. Sergenti, nato a Milazzo nel 1940, inizia a lavorare all’età di 14 anni nei bar della città natia; nel 1970 apre in proprio il bar Scok. Il suo vero obiettivo era quello di diventare il più grande barman del mondo e, quindi, nel 1976 si trasferisce a Roma dove inizia il suo percorso trionfale lavorando come direttore e capo barman allo storico Caffè Rosati di Piazza del Popolo. Qui conosce tanti personaggi famosi, tra i quali De Chirico, Guttuso, Fellini, Pertini e Cossiga. Nel corso della sua carriera ha preparato cocktail anche a papa Giovanni Paolo II. Tra i tanti riconoscimenti ha ottenuto il prestigioso premio del “Mixer e Shaker d’oro” come barman più importante e famoso nel mondo.

Pippo Sergenti

Ludovico Paratore LA VERITÀ AIUTA A STARE MEGLIO Dire bugie può essere dannoso per la nostra salute e benessere fisico e mentale. È quanto dichiarato durante la conferenza “The Science of Honesty”, tenutasi poche settimane fa ad Orange County, durante la 120esima conferenza annuale dell’American Psychologial Association. Lo studio è stato effettuato su 110 persone fra i 18 e i 71 anni, con lo scopo di determinare l’impatto della bugia sul senso di rilassatezza percepito dicendo la verità. Durante le osservazioni, i ricercatori hanno constatato che piccole bugie ed esagerazioni spavalde si ripercuotono in modo negativo su corpo e mente, provocando mal di testa ed una sensazione di malessere. Anita E. Kelly, professoressa di psicologia e promotrice dell’iniziativa, ha detto: «Abbiamo accertato un evidente miglioramento dello stato di salute nei pazienti che hanno drasticamente ridotto le bugie». Perciò si può affermare, senza dire una bugia, che la verità è una medicina salutare. Cristina E. Cordsen

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Hollywood

Proseguono le serate e i party dell’Hollywood, il locale tempio della bella vita milanese che anche questo mese non si è fatto sfuggire alcuni tra gli appuntamenti più glamour e fashion. Come l’esclusivo party “Be chic, c’est magnifique!” a cura di Esthefany Guillermo e Carlotta Pietrobono dedicato alla moda, intesa come fantasia, interpretazione, eleganza. Dalle gonne lunghe ai corpetti mozzafiato e ai tubini neri dal taglio minimal il concetto di chic si evolve costantemente ed esce dalle definizioni concrete. Esattamente come lo stile dell’Hollywood.

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Old Fashion

Dal 1995 Old Fashion cafe è la “house” degli studenti, italiani e stranieri, delle università di Milano. Ogni mercoledì è caratterizzato da una tappa intorno al mondo con la presentazione di cocktail e buffet provenienti da tutto il globo. Le serate International Week si caratterizzano fortemente secondo il tema dell’internazionalità e ogni settimana vedono la celebrazione di una nazione diversa, la cui peculiarità culturale viene presentata da un pubblico di giovani che ne sono originari attraverso musica, allestimenti e spettacoli.

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Il tempio della movida milanese non perde occasione per collezionare serate e party imperdibili, all’insegna del divertimento e della musica più trendy della stagione. A partire dall’appuntamento del “monday night” che rende speciale ogni lunedì per il suo raffinato pubblico, attratto dai ritmi commerciali e revival della discoteca. Ma il Just Cavalli è anche sinonimo di feste glamour, come il “The fashion in night”, l’esplosivo party notturno per festeggiare i primi 1000 followers del blog di Eleonora Rocca, che di recente, anche grazie alla musica di Max Brigante, ha animato il locale.

Just Cavalli

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The Club

Eventi indimenticabili al The Club grazie alle serate targate Fidelio, da piÚ di dieci anni la one-night italiana piÚ innovativa e cool. Di recente Fidelio ha incontrato Nu Club, il nuovo locale dallo stile raffinato e di tendenza situato tra Piacenza e Cremona, ideale per una clientela notturna alla moda. Molti gli appuntamenti e gli ospiti, come il party di chiusura della Fashion week e l’animazione in console dei dj Cuca, Pain & Rossini, oltre alla presenza in pista degli attori del film Step Up 4. Foto di Bruno Garreffa. 136 For Magazine


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G Lounge

Ha avuto luogo da poco una serata di festa nel locale G Lounge disco club e restaurant, il più importante punto di ritrovo per gli amanti della musica ricercata e live, grazie alla raffinatezza dell’ambiente e agli arredamenti interni molto sofisticati. I migliori dj propongono la musica più in voga di tutta Milano. Un club in puro stile londinese, concepito come ampi salotti con atmosfere etniche, abbinate alla cura dell’estetica e alla attenta selezione sonora. Il locale si sviluppa su due livelli, ambedue con il banco bar: il primo è arredato con alcuni tavoli, serve di giorno da bar-caffetteria e pranzo con tavola calda e fredda; il secondo, che è poi la vera anima del “G”, è sotterraneo e apre solo dall’ora dell’aperitivo fino alla chiusura.

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Le Banque

Ogni giovedì notte Le Banque presenta International Week, la serata universitaria Erasmus per eccellenza a Milano. L’appuntamento prevede due sale con differenti tipologie di musica e due privè esclusivi per i più esigenti, con la migliore animazione e i più grandi dj set del panorama milanese. Dedicata ad un pubblico elitario, e nata come serie di iniziative rivolte esclusivamente ai giovani universitari, la tipologia di serata si è distinta come vero e proprio fenomeno di tendenza, che ha travalicato i confini scolastici per diventare un incontro cosmopolita under-thirty.

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