For Roma Fleming gennaio 2013

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For Roma M a g a z i n e

F l e m i n g

REPORTAGE Il Paradiso è tra Papeete e Bora Bora

FENOMENI I vampiri sono di moda

Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione amministrazione@flemingroma.it Relazioni Esterne marketing@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it

In viaggio con

Stampa: Printer Group Italia s.r.l.

Sofia Bruscoli

PASSIO N I Il tatuaggio viene da lontano

Hanno collaborato: Pina Bevilacqua, Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Jill Cooper, Cristina E. Cordsen, Jessica Di Paolo, Dina D'Isa, Fiammetta Fiorito, Tommaso Gandino, Michela Garosi, Marco Gastoldi, Agostino Madonna, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Antonio Osti, Wanda Liliana Pacifico, Ludovico Paratore, Sestilia Pellicano, Manuel Plazza, Valentina Polidori, Marco Pomarici, Fabio Pregnolato, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Tiziano Rossi, Ivan Rota, Santi Urso, Donatella Vilonna.

FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno XX - n. 201 - Gennaio 2013 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

editoriale

I vampiri sono di moda: al cinema, in televisione, sui libri. E anche nella vita di tutti i giorni capita di incontrarli. Qualche volta fanno sorridere (come l’Elio in versione conte Dracula che vedete qui sopra), altre volte no. Come quando ti succhiano il sangue imponendoti nuove tasse… Sì, anche in questo inizio 2013 i vampiri sono tra noi. Ecco perché abbiamo preferito esorcizzarli con un ampio e divertente servizio su questo primo numero dell’anno. Ma non lasciatevi abbattere e partite immediatamente per la Polinesia con le nostre splendide Donnavventura, compagne di viaggio ormai abituali per i nostri lettori. A proposito di mode del momento, non perdetevi l’appuntamento con il mondo dei tatuaggi che si terrà a Milano in febbraio, ma che vi anticipiamo sulle nostre pagine. E, “per far la vita meno amara”, seguite i nostri consigli di lettura, film, teatro e arte: ce n’è per tutti i gusti, anche i più raffinati. Giacomo Airoldi

FLEMING PRESS EDITORE FLEMING PRESS EDITORE


For magazine Parola a Marco Pomarici Presidente Assemblea Capitolina

LA BUONA POLITICA Care amiche e cari amici, innanzitutto Buon anno! Dopo le piacevoli festività natalizie in cui ognuno di noi ha avuto modo di trascorrere più tempo con i propri cari e ricaricare le batterie, siamo tornati o torneremo alla quotidianità che la dolcezza della vita in vacanza rende a volte più faticosa da riprendere. Questo 2013, soprattutto dal punto di vista politico, sarà un anno cruciale, in cui verrà delineato il nuovo volto politico-amministrativo del nostro Paese e della nostra Capitale; in pochi mesi, infatti, verranno rinnovati i due rami del Parlamento, tre regioni importanti come Lazio, Lombardia e Molise, il Comune di Roma e, infine, la Presidenza della Repubblica. Mi auguro, da cittadino, da politico, da amministratore uscente che tutte queste competizioni elettorali siano caratterizzate da un ritorno alla buona politica, perlomeno nel dibattito e nel confronto che seguiranno. L’astensionismo, secondo molti sondaggi, è nettamente il primo “partito” d’Italia, è fondamentale che si contribuisca ad erodere quella percentuale che sfiora il 50% del corpo elettorale. L’importanza delle scelte a cui saranno chiamati i cittadini richiede la massima partecipazione popolare possibile, perché la partecipazione è il sale della democrazia: se sono in pochi a decidere il destino di molti si corre il rischio di un’involuzione oligarchica. Occorre sradicare dall’immaginario collettivo l’idea che la politica sia una casta, o peggio, una professione in favore di un concetto di servizio. Sono queste, consentitemi una piccola autocelebrazione, le stelle polari che

guidano da sempre il mio impegno; un impegno iniziato “dal basso”, aprendo undici anni fa una sede sul territorio del Municipio XVII (Prati), che è diventato un punto di riferimento di moltissima gente. Dopo cinque anni in Consiglio Municipale e due in quello Comunale, sono stato rieletto nel 2008 ricoprendo la prestigiosa carica di Presidente dell’Aula. Ho deciso da subito di rispettare un ruolo così delicato dando un segnale forte di esempio: sono quasi cinque anni, infatti, che non manco ad una seduta né ad una votazione. I membri dell’Assemblea Capitolina percepiscono uno stipendio nemmeno lontanamente paragonabile a quello di altri eletti, ma per me non ha mai fatto differenza; dal momento che i romani mi pagano per svolgere una funzione ho sempre ritenuto doveroso non venire mai meno all’adempimento di essa. Tra pochi mesi è nelle loro mani che rimetterò il mio mandato, continuando naturalmente ad impegnarmi sul territorio e sperando di meritarmi ancora la loro fiducia. Se così non fosse tornerò, senza fare drammi, alla professione forense. In quest’ultimo scampolo di consiliatura occorrerà dare ancora il massimo per approvare gli ultimi provvedimenti sullo sviluppo, decisivi per Roma. Questa città, come tutte le altre, ha ricevuto qualche ammaccatura da una crisi mondiale che non aveva precedenti; ammaccata, appunto, ma non ferita né tantomeno danneggiata. Passata la nottata è tempo di gettare le basi per una nuova “primavera” economica. Auguro a tutti voi un felice ritorno al vostro lavoro.

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Medicina estetica

Brazil System le strategie Soft

Come si evince dagli atti del Congresso Internazionale di Medicina e Chirurgia Estetica "Agora" tenutosi a Milano il 18 ottobre, ancora un grande spazio privilegiato, sull'argomento "ringiovanimento cutaneo", viene dedicato alle tecniche per stimolare i processi biochimici della pelle, soprattutto dopo i 40 anni quando si avvertono i segnali di un inevitabile calo metabolico e ormonale. Biostimolazione e bioristrutturazione sono quindi concetti fondamentali per garantire al nostro viso una eterna giovinezza Bioristrutturazione Anche in questo caso la scelta soggiace alla tipologia dell'inestetismo cutaneo. In linea di massima bioristrutturare o biostimolare significa "immettere" dei principi attivi nel derma. Molto diffuso è l'uso delle "vitamine", associate di frequente ad enzimi o precursori. Se prevale una dermocalasi cutanea (rilassamento) è indicato il PDRN (polidesossiribonucleotide), potente stimolatore dei fibroblasti e delle proteine della matrice autologa. Multiple iniezioni sottocutanee su viso, collo e décolleté riescono a conferire in poche sedute un visibile effetto di sostegno e ripristino tissutale. Invece, la biostimolazione con precursori o principi attivi (vitamine, aminoacidi, ecc.), evoca un miglioramento generale di colore, tono, luminosità e tensione cutanea, veloce e molto duraturo. Nel metodo classico queste tecniche prevedono l'utilizzo di aghi sottilissimi con cui introdurre le sostanze nel derma; la metodologia è molto delicata e non residua quasi mai ematomi. Soprattutto, è ben tollerata perché completamente indolore per l'uso di anastetici spry o in crema. Nei nostri protocolli consigliamo alle pazienti di associare cicli di radiofrequenza mono-bipolare. Per informazioni: www.brazilsystem.com Tel. 06.66154318 Zone: Parioli - Gianicolense

La Bioristrutturazione senza aghi Si tratta di una tecnica all'avanguardia nel panorama medico estetico della nostra epoca. Fino ad oggi, per veicolare principi attivi nel sottocute era necessario l'uso di aghi. Con tale tecnica è possibile effettuare un biolifting cutaneo e/o una bioristrutturazione, senza aghi, ma con un sofisticato apparato che "veicola" fino al derma le sostanze necessarie. In dieci minuti (durata totale della terapia), attraverso uno speciale manipolo che emette frequenze e che si comporta come un ago virtuale, la pelle riceverà collagene, elastina, acido ialuronico ecc., senza il minimo disagio per la paziente. I risultati (eliminazione delle rughe più sottili, levigatezza della struttura cutanea, minimizzazione della grandezza dei pori) saranno visibili immediatamente. Può essere una valida alternativa alla biostimolazione con aghi o, in alcuni casi, abbinata ad essa, per potenziarne gli effetti.

Dott.ssa Leda Moro Medico chirurgo, Specialista in Cardiologia, Medicina e Chirurgia estetica Tel. 06.66154318 3 For Magazine


ForEVENTI magazine di Lucilla Quaglia

Foto di Marco Gallipoli

Giuseppe Tessier, Linda Batista, Carlo Tessier e Antonella Salvucci.

La scalinata di piazza di Spagna ha fatto da passerella per uno stravagante party che ha visto protagonisti personaggi dello spettacolo e dell’imprenditoria, dalle attrici Antonella Salvucci e Linda Batista alla manager Emma Rossi Bernardi

Tra voile rossi e abiti da sera griffati Antonio Riva è andato in scena un divertente e insolito party delle Feste, a due passi dalla scalinata di piazza di Spagna, con un esuberante Max Giusti alla ricerca del suo nuovo look. Accolti dagli hair-dresser Carlo e Giuseppe Tessier hanno sfilato tanti amici e vip, ma soprattutto c’è stata molta curiosità tra i presenti per un improvvisato défilé con modelle per un giorno, come la manager milanese Emma Rossi Bernardi, che ha indossato un abito da gran sera nero, e l’attrice Antonella Salvucci, in uscita con un film, che invece ha scelto un modello grigio molto scollato tra il divertimento generale. E ancora ecco l’esuberante Linda Batista, in pelliccia, e l’artista Masha Sirago, in arrivo da Milano, senza la sua cagnetta Tiffany, protagonista di tante foto e libri. Squisitezze siciliane e tante bollicine con Giovanni Bernabei, figlio di Ettore Bernabei, l’avvocato Massimo Serra e il manager svizzero Gerry Gerike, di passaggio in atelier. Poi tutti in piazza malgrado il freddo polare.

Foto di Marco Gallipoli

La festa della moda

Antonella Salvucci

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For magazine

UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Gerard Butler

Molti dicono sia un po’ rozzo, nei tratti del viso e nei modi, altri dicono che è proprio questo il suo bello: un uomo rude, un po’ “western”. In occasione della prima del film Playing for keeps, tenutasi a Londra, l’attore Gerard Butler ha indossato un total look Salvatore Ferragamo e ci ha azzeccato. A parte le scarpe leggermente consunte, anche se Lina Sotis dice che è giusto sia così. Peccato che Gerard, nonostante il sorriso, non fosse per niente contento. Il film presentato, diretto da Gabriele Muccino e interpretato, tra gli altri, da Uma Thurman, Jessica Biel e Catherine Zeta-Jones, ha avuto un’impressionante record di critiche negative. Nonostante il cast stellare Muccino “ ha toppato”. 6 For Magazine


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DONNA DEL MESE

Rosamund Pike In occasione della prima a Londra di Jack Reacher - La prova decisiva, l’ultimo action-movie con Tom Cruise, tratto dal romanzo omonimo di Lee Child, l’attrice co-protagonista Rosamund Pike ha indossato un cappotto doppio petto stile militare color steel gray con collo e paramonture in breitschwanz, molto particolare, sopra un abito giallo liquido e romantico di Alexander McQueen. La star britannica, già apprezzata nei panni della “Bond girl” Miranda Frost in La morte può attendere (2002), è incredibilmente bella: una sorta di Anne Hathaway con i tratti della vita rimessi a posto. Inoltre, complimenti al coraggio per l’insolito e ardito abbinamento. A noi piace.

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ForCOVER magazine di Tommaso Gandino Foto di Bruno Oliviero

Sofia Bruscoli (24 anni) debutta in Tv nel 2006 come concorrente di Ballando con le stelle. Ha partecipato anche a I Migliori Anni (2008) con Carlo Conti e a Domenica In (2009-2010) accanto a Pippo Baudo.

Vado al massimo!

Momento magico per Sofia Bruscoli: innamorata e‌ al volante di Easy Driver su Raiuno. Impegnatissima nei provini di parecchie fiction, si confessa ai nostri lettori 8 For Magazine


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Il suo aspetto apparentemente fragile può far credere che sia timida e indifesa, ma è un’impressione sbagliata: Sofia Bruscoli è sincera, diretta e non rinuncia mai alla gentilezza che la contraddistingue. È innamorata dell’ex tronista Marcelo Fuentes e conduce con successo Easy Driver. Easy Driver per lei è una nuova sfida? «È un gran bel programma itinerante con due donne alla guida nel primo pomeriggio di Raiuno: ascolti in crescita con diversi milioni di spettatori a puntata e il 14 % di share. Siamo a metà del percorso che terminerà a fine maggio. Il format è divertente, perché in macchina viaggio attraverso tanti posti sconosciuti da me e dal pubblico, borghi e paesi incantevoli ma poco rinomati». Nessun progetto personale? «Professionalmente parlando voglio continuare a lavorare nel mondo dello spettacolo: in questo momento sono sottoposta a continui provini per girare alcune fiction previste per la prossima estate. Dal punto di vista sentimentale, invece, vorrei sposarmi un giorno e avere due bambini». Lei è arrivata a questo mestiere per pura fortuna, senza cercarlo: invece cosa pensa delle ragazze che sono disposte a tutto per ottenere il successo? «Ognuno è libero di gestirsi come meglio crede. Secondo me le tre caratteristiche principali per arrivare al successo sono talento, passione e allenamento». Oggi c’è un prezzo da pagare per avere la fama? «No, non parlerei di un prezzo da pagare, però credo che non solo nel mondo dello spettacolo, ma anche in altri settori, per arrivare al successo ci siano da fare dei sacrifici». Le decisioni le prende col cuore o col cervello? «Essendo una persona molto razionale la maggior parte delle decisioni le prendo col cervello». Le donne che lavorano in quest’ambiente sono quasi tutte raccomandate? «È vero, ma in quale settore non esiste la raccomandazione? Raccomandate ok, purché siano all’altezza del ruolo da ricoprire». Il sesso si lega sempre all’amore? «È necessario distinguere tra uomo e donna. Credo che per l’uomo sesso e amore non si leghino assolutamente, in quanto il maschio è più istintivo e “animale” rispetto al gentil sesso. Mentre, per quanto riguarda la donna, dal mio punto di vista, sesso e amore vanno di pari passo, cioè ci deve sempre essere un coinvolgimento sentimentale e mentale nei confronti del maschio e non solo attrazione fisica». La prima regola per non farsi schiacciare dal sesso forte? «Premettendo che al giorno d’oggi non ci sia più un genere predominante, io sostengo che per non essere schiacciati dall’uomo sia necessaria l’indipendenza da parte della donna». Per conquistare un uomo si è mai mostrata inconquistabile? «Inconquistabile no, ma difficilmente conquistabile sì».

Per quanto riguarda la fiction, invece, la Bruscoli ha preso parte a Il commissario Vivaldi, Le segretarie del sesto, Don Matteo 7, Che Dio ci aiuti. (Palestra: "Le club Villa Flaminia", Roma).

La bellezza è stata un grande alleato del suo successo, ma oggi non ha paura di perdere la capacità di sedurre un uomo? «Assolutamente no, anzi credo che a 20 anni sia molto poca la capacità di sedurre». In cima alla lista dei suoi desideri che cosa c’è? «Recitare in un buon film al cinema».

Lei è attratta dai lati oscuri di un uomo? «No, mi piace la chiarezza».

Molte persone possiedono tutto ma sono profondamente infelici… «Forse perché non sono in grado di apprezzare quello che hanno, o probabilmente perché non gli è mai mancato niente».

Gli uomini si sentono un po’ inibiti di fronte a una ragazza alta 183 cm? «Bisognerebbe chiederlo a loro, anche se credo che poche cose oggi inibiscano l’uomo».

La cosa più importante che manca alla sua vita qual è? «Un bel ruolo al cinema. No, scherzo! Ora sono felice, ho una bella famiglia che mi sta vicino e mi sostiene, sono in salute, sono innamorata e faccio un lavoro che mi piace e mi diverte… Cosa mi manca?».

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Ora ci diamo alla cultura: Betony Vernon è una nota designer americana di gioielli che, su invito della Triennale Design Museum di Milano e con il supporto della Fondazione Henraux, era presente alla mostra Kama - Sex & Design. Noi siamo andati al cocktail che l’ha consacrata e abbiamo visto persino delle “poltrone erotiche”. Betony ha mostrato un altro

lato del suo estro creativo con due opere in preziosissimo marmo del Monte Altissimo. Ora l’artista lavorerà nei famosi atelier dove, negli anni Sessanta, illustri maestri come Henry Moore, Joan Mirò, Jeans Hans Harp hanno dato vita e fama al marmo nella scultura moderna. Al cocktail c’erano anche personalità dell’arte, da Rossana Orlandi a Nacho Carbonel.

ROTAZIONI di Ivan Rota Eccoci ora a Parigi. Gucci ha ospitato un cocktail privato nella boutique di Rue Royale per presentare la nuova “Equestrian collection”, in occasione dei Gucci Paris Masters 2012. Tra gli ospiti della serata Edwina Tops-Alexander, numero uno al mondo nella categoria femminile di salto ad ostacoli, che ha ispirato il direttore creativo Frida Giannini nella realizzazione di questa nuova linea. L’“Equestrian collection” è un tributo contemporaneo alla tradizione equestre attraverso valori senza tempo, come bellezza, grazia e nobiltà, che hanno ispirato la maison per oltre 90 anni. Erano presenti anche Virginie Couperie-Eiffel, Jessica Springsteen e Reed Kessler. Come ci “stavamo dentro”: bellissimo, la quintessenza dello chic!

Edwina Tops-Alexander e Jessica Springsteen

La Maison G.H. Mumm riedita lo storico menù che accompagnò l’Orient Express il 17 aprile 1884 per presentare le leggendarie Cuvée R. Lalou Millésimé 1998 e 1999. La Cuvée R.Lalou rasenta la perfezione, è l’alchemico risultato di un assemblage di uve selezionate. Tutti gli ospiti in carrozza: Parigi, Vienna, Budapest, Constantinopoli. Giancarlo Morelli, passionale chef del Pomiroeu, presenta i piatti – potage, poissons, filet de bouef, creme chocolat – collegandoli virtualmente alle quattro città, ovvero le tappe principali del viaggio dell’Orient Express. Valzer austriaci come accompagnamento musicale: un’esperienza unica.

Lavinia Biagiotti e la piccola Giada Pedersoli.

“Durante le festività natalizie si è pensato sempre di più ai bambini. Il concorso che Mattel ha dedicato alle piccole fashion addict attente alla moda è giunto al termine e la giovane Giada Pedersoli ha ricevuto i premi: la sua creazione realizzata da Laura e Lavinia Biagiotti e una Barbie Doll in edizione unica. In due mesi oltre 3.800 creazioni sono state realizzate per Barbie da piccole aspiranti stiliste e 10 di queste sono state premiate per originalità e stile, ma solo una piccola designer ha vinto il premio più ambito. Lavinia Biagiotti, inoltre, ha organizzato un Red Party Natalizio nella sua boutique romana: c’erano tutti, mancava solo Nancy Brilli.

For

Reed Kessler e Virginie Couperie-Eiffel

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Laurent Schun e Giancarlo Morelli


Ponte di Legno: TabataWhite ha inaugurato sotto la neve e la guida di Barbara Meoni. “Lady Tabata”, già proprietaria del Sestriere e delle 4 Vele di Sestri, ha dato vita al nuovo locale con una bellissima serata, accogliente e divertente, anche grazie alla musica internazionale del dj Cristian Marchi. Barbara Meoni e il dj Cristian Marchi.

Cristiano Malgioglio è stato chiamato dalla cugina di Lady Gaga inviperita: il cantante, nel video del suo ultimo successo cantato in coppia con Maria Nazionale, star della musica partenopea, avrebbe copiato Lady Germanotta con Tony Bennett. Malgioglio, per placare le ire della consanguinea, ha dovuto girare di nuovo il video.

Potevamo risparmiarci New Yok? Ebbene no. Folla tipica delle grandi occasioni da Cipriani a New York, in occasione dell’Unicef Snowflake Ball 2012, che ha celebrato l’illuminazione dei fiocchi di neve Unicef. Si sono visti Selena Gomez, Katy Perry, Tony Bennett, Uma Thurman, Carolyn Murphy e, infine, la gettonatissima dj e “it-girl” Mia Moretti, che ha indossato una creazione Blumarine.

Jessica Alba

Rafael Nadal

Da Parigi siamo arrivati in Spagna. A Sitges, il campione di tennis Rafa Nadal ha presentato la nuova veste grafica per la campagna “T-Gesture”, che nel mondo dello sport sta per “time out”, e che Bacardi utilizza per veicolare alcuni messaggi chiave volti a promuovere il consumo responsabile di alcolici. Questi nuovi scatti fanno parte della campagna globale “Champions Drink Responsibly”, che ha lo scopo di educare, coinvolgere i consumatori adulti e richiamare l’attenzione sul consumo di alcolici e sulle scelte personali responsabili. Il direttore generale José Manuel Barceló ha aggiunto che «è un privilegio avere Rafa Nadal come ambasciatore»: le donne impazziscono per lui!

Mia Moretti

Chiudiamo in bellezza con un (re)opening da urlo. In occasione del cocktail per la riapertura della boutique di Old Bond Street, tenutasi a Londra, ospiti vip a profusione: un’allure internazionale per la festa di Salvatore Ferragamo che ha visto alternarsi, nel corso della serata, Jessica Alba e Amber Le Bon. Viste raramente tante belle donne tutte insieme. Allo stesso tempo, mai viste tante signore così allegre: il “coquette”, nuovo cocktail alcolico che si beve da un guscio d’uovo fa il suo effetto.

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Amber e Yasmin Le Bon


For magazine numeri uno di Tommaso Gandino

Volevo essere come Mike

In Tv e di persona è sensibile, vero, non costruito: Amadeus ricorda i suoi sogni da bambino e ripercorre la sua carriera. Sempre coerente e un po’ romantico. Con un grande rimpianto Amadeus è uno “normale”, come si definisce lui, una persona semplice che rende grande la Tv con la sua professionalità e la sua serietà. A conferma che il mondo dello spettacolo non è solo un carro di replicanti, buoi e burattini.

«Col senno di poi forse sì, avrei evitato certi errori. Oggi ho 50 anni, non tutto è sempre andato come doveva andare. Dagli sbagli ho imparato molto vivendo. Dovessi vivere una seconda vita cambierei solo alcune cose».

Riavvolgendo il nastro della sua vita avrebbe potuto agire in maniera diversa?

Che ricordi ha della sua infanzia? «Ricordi belli nella provincia, in Romagna. Grazie a mio padre Corrado,

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istruttore di cavallo ancora oggi, ho girato nella mia vita molti luoghi. Io ero un bambino degli anni ’60, ho vissuto un grande periodo del nostro Paese. La mia è stata una famiglia italiana tradizionale». Nella vita di tutti i giorni riesce a essere coerente con i suoi valori? «Io sono sempre stato coerente con le mie idee e con i miei principi, tuttavia, a volte mi sono trovato per qualche ragione a cambiare idea e opinione». Amedeo Sebastiani quando ha capito di avercela fatta? «Non è una battuta: ancora non l’ho capito. Da ragazzino, a 15 anni, sognavo di diventare Mike Bongiorno. Prima il sogno del quiz realizzato, poi la fase di mantenerlo nel tempo, il più a lungo possibile. La magia può svanire da un momento all’altro». È soddisfatto della persona che è diventato in questi anni? «Senza presunzione dico sì. Sono stato coerente nei miei momenti difficili, posso guardare chiunque negli occhi. Per i miei figli sono un esempio di impegno e di onestà». Quali sono stati gli incontri più importanti della sua carriera? «Tanti, perché una carriera è fatta di incontri giusti al momento giusto: di sicuro Claudio Cecchetto per il mio primo provino e Vittorio Salvetti per i cinque Festivalbar che ho condotto». Lei porta sempre a termine le scelte che fa in Tv? «Io non abbandono mai la barca, al programma cerco di dare il massimo con la mia volontà e la mia capacità». Dopo tanti anni di lavoro in Mediaset e in Rai, c’è qualcosa che le manca? Non ha rimpianti? «L’Eredità è un programma preserale che ho voluto insieme all’ex direttore di Rai Uno Fabrizio Del Noce e a Giorgio Gori di Magnolia. Format che è passato al mio amico Carlo Conti quando io ho accettato un altro impegno con Mediaset. Se tornassi indietro non lascerei mai L’Eredità. In questi anni ho imparato che se un programma funziona non si deve lasciare». Quando non lavorava ancora in Tv era più difficile sedurre le ragazze? «Era impossibile, non essendo un macho mi salvava l’altezza. Io ero il simpatico della comitiva che non si filava nessuno. Poi con la radio le cose sono andate meglio. Negli anni ’70 salutare una ragazza per radio era come salutarla da Sanremo». A lei è capitato spesso di mettersi a riparo dalle emozioni? «No, non ho nessuna vergogna delle mie emozioni». Il gesto più romantico della sua vita? «Dovreste chiederlo a mia moglie Giovanna». Essere romantici significa essere un po’ stupidi? «No, rientra nella storia delle emozioni. Il romanticismo appartiene ad altri tempi, ma io cerco di mantenerlo attualmente nella realtà. In una coppia è indispensabile il gesto inaspettato, come ricordare una ricorrenza. A volte porto senza motivo a mia moglie un mazzo di fiori». Ci si vede settantenne in scena a presentare? «Ogni tanto ci penso e con amore proprio non vorrei a 70 anni elemosinare il lavoro. Vorrei solo avere la possibilità di scegliere i progetti che più mi piacciono. Ci sono all’estero 70enni conduttori brillanti, ed io vorrei essere come loro».

Amadeus (50 anni) con la moglie Giovanna Civitillo conosciuta nella trasmissione di Raiuno L’Eredità. Nel 2009 hanno avuto il loro primo figlio, José Alberto.

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ForREPORTAGE magazine di Michela Garosi

che ve ne pare? Non stiamo parlando delle nostre Donnavventura (che pure sono bellissime ragazze), ma della Polinesia. Il Paradiso è lì, tra Papeete e Bora Bora: spettacolari paesaggi, un mare incantevole e dei colori straordinari

Le Donnavventura in navigazione a Moorea, l’isola vulcanica situata nella Polinesia francese, a circa 17 km a nord-ovest di Tahiti. L’appuntamento Tv con Donnavventura è su Rete 4 ogni domenica alle 14.40.

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Il team delle Donnavventura insieme con alcune danzatrici delle Isole Marchesi, l’arcipelago più settentrionale della Polinesia francese.

La scoperta della remota Melanesia, con le selvagge Fiji e la colorata Nuova Caledonia, ha tenuto impegnato il team di Donnavventura per quasi un mese. Poi è arrivata lei, la Polinesia, e ha conquistato definitivamente il cuore delle nostre ragazze. Fra loro c’è anche chi ci farebbe un pensierino a restare qua a vivere per un po’… Magari vendendo gioielli artigianali fatti di conchiglie! Sono pochi infatti quelli che resistono al fascino della Polinesia e non si inventerebbero una scusa per restare. Lo charme della Polinesia è difficile da descrivere. È un insieme di paesaggi spettacolari, profumi, perle, danze, vento e ogni isola è capace di dischiudere questi ingredienti in una combinazione unica e sorprendente. Nei pressi delle colorata Papeete il team ha vissuto una delle esperienze più forti e toccanti della spedizione: quella del bagno con le megattere. Un balenottero e la sua mamma hanno trascorso un’ora a nuotare con le nostre ragazze incredule e al colmo della gioia. Taha’a è stata la seconda destinazione toccata delle nostre reporter, dove il mare è davvero da sogno e dalle splendide overwater villas vi si può accedere direttamente attraverso una comoda scaletta. Qui a farla da padrone è l’eleganza di un meraviglioso resort e il profumo di vaniglia delle vicine piantagioni. Nei pressi di Taha’a le esploratrici si avventurano anche nel giardino di corallo, una sorta di acquario naturale dove nuotano diverse centinaia di coloratissimi pesci. Ma questi vivaci fondali sono popolati anche da numerose e sinuose razze con le quali le Donnavventura hanno beatamente nuotato.

Tuttavia, i ritmi della spedizione sono sempre molto serrati e dopo qualche giorno a Taha’a è già il tempo di passare a Bora Bora, considerata la perla del Pacifico: con la sua splendida laguna corallina e le sue montagne verdeggianti, è l’altra isola visitata dalle neoreporter e non c'è da stupirsi che le abbia fatte perdutamente innamorare. “Last but not least”, come direbbero gli americani… Moorea, l’isola più vicina a Tahiti, dove le Donnavventura, oltre ad un breve soggiorno in un resort, popolato per lo più da felici coppiette italiane in viaggio di nozze, hanno optato anche per un soggiorno alternativo. È proprio a Moorea infatti che hanno affittato una graziosa villetta affacciata su una spiaggia privata orlata di palme. Un’ottima base per vivere qualche giorno immergendosi a pieno nello stile di vita dell’isola. Muovendosi a bordo del fedele pick-up sono andate a comprare il pesce nel mercato locale e hanno partecipato anche alla messa domenicale in una piccola chiesetta sul mare. L’esperienza polinesiana nondimeno è servita al team per riscoprire un nuovo brio e una complicità, “suggellata” anche da un tatuaggio tradizionale che le quattro reporter si sono fatte fare da un tatuatore locale: un "tiki", guerriero polinesiano portatore di forza e fertilità. Anche questa volta lasciare queste isole indimenticabili non è stato facile per il team, tuttavia di tutti questi momenti trascorsi dall’altra parte del mondo resterà un ricordo questa volta davvero indelebile, marchiato sulla stessa pelle delle nostre Donnavventura.

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Nelle acque di Papeete, città francese sull’isola di Tahiti, le ragazze hanno fatto il bagno con le megattere, i grossi cetacei che abitano in questi territori.

L’incantevole acqua della laguna dell’isola Taha’a, che fa parte dell’arcipelago delle Isole della Società, divise in Isole del Vento (Tahiti, Moorea, Tetiaroa, Maiao, Mehetia) e Isole Sottovento (Bora Bora, Maupiti, Raiatea, Tupai, Manuae, Maupihaa, Motu One, Huahine, e appunto Taha’a).

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Le Donnavventura nel resort di Taha’a, caratterizzato da pittoresche overwater villas, ovvero alloggi costruiti direttamente nell’acqua, delle moderne palafitte dotate di tutti i comfort, dalle quali si può scendere in mare attraverso comode scalette.

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I giardini di corallo di Taha’a, dove è possibile fare snorkeling nuotando vicino alla barriera corallina e a molte specie di pesci colorati.

Le razze sono uno degli esemplari tipici della fauna marina nella laguna di Taha’a: le Donnavventura hanno nuotato anche con loro.

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Un suggestivo scorcio di una spiaggia presso Taha’a, luogo dove le ragazze hanno risieduto per qualche giorno.

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I giardini di corallo e sullo sfondo Bora Bora, l’isola situata a 250 km a nord-ovest di Tahiti e meta preferita dai turisti occidentali.

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Vista dall’alto dell’isolotto di Tau Tau.

La Donnavventura Stefania rientra da un’immersione nei mari di Bora Bora.

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Una razza leopardo nella laguna di Bora Bora: per i sub e gli amanti del mare la Polinesia è un vero paradiso.

Una ragazza polinesiana che indossa uno dei costumi tipici del luogo.

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Immagine di un tramonto su Moorea visto da Tahiti.

Il gruppo al completo nella confortevole villetta di Moorea, affittata appositamente per avere una vista sulla spiaggia privata e le sue palme.

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La Donnavventura Michela mentre si rilassa su un’amaca a Moorea.

La laguna di Moorea: in tahitiano il nome dell’isola significa “ramarro giallo”. I primi colonizzatori invece la chiamavano York Island.

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La barriera corallina che circonda Moorea ispirò la teoria di Charles Darwin sugli atolli di corallo: lo studioso descriveva l’isola come una “foto in una cornice”.

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For magazine INTERVISTA di Silvestro Bellobono

Nata nella Repubblica Ceca, dove nel 1991 vince il concorso Miss Praga, Lenka Lanci si trasferisce in Italia subito dopo, iniziando a lavorare come modella e presentatrice di eventi e serate. La sua somiglianza con Alba Parietti l’ha aiutata a farsi conoscere nel mondo dello spettacolo.

Ricomincio da me

Dal titolo di Miss Praga alle sfilate per marchi prestigiosi, fino all’arrivo in Italia e ai successi in Tv e al cinema come attrice comica: poi Lenka Lanci conosce un uomo e per amore rinuncia alla sua carriera. Oggi è di nuovo single e ha deciso di rimettersi in gioco partendo da… Massimo Ceccherini! 30 For Magazine


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A breve uscirà al cinema il suo ultimo film, La mia mamma suona il rock: com’è stata l’esperienza sul set accanto a Massimo Ceccherini? «L’atmosfera era piacevole e familiare, poi le location erano meravigliose perché le mie scene sono state girate a Polignano, in Puglia, con uno scenario incantevole e un mare stupendo. Mi sono trovata bene con tutti i miei colleghi di lavoro, e con Massimo ho instaurato un rapporto amichevole e di grande complicità. Lui è un vero professionista, sul lavoro è una macchina da guerra, molto serio e preparato». Nella sua carriera ha collaborato anche con Paolo Villaggio, Christian De Sica e Carlo Verdone: preferisce le commedie o le piacerebbero anche ruoli drammatici? «Le commedie mi divertono molto e poi, vista la mia fisicità e la mia simpatia, penso di essere più adatta per i ruoli brillanti. In futuro, però, mi piacerebbe anche cambiare e magari ricevere una proposta da qualche regista, per così dire, impegnato, per cimentarmi in ruoli diversi. Aspetto, quindi, nuove proposte». Nel mondo del cinema la sua ambizione più grande è…? «Fino a questo momento mi considero fortunata perché durante il percorso della mia carriera ho avuto la possibilità di affiancare personaggi di grande calibro come Ben Gazzara e Philippe Noiret. Però, se posso osare un po’, mi piacerebbe essere scelta per un ruolo accanto al grande attore americano John Malkovich». Qual è la migliore fiction-Tv a cui lei ha preso parte? «Non esiste una migliore o una peggiore. In ogni fiction che ho fatto ho avuto dei ruoli che mi hanno dato molta soddisfazione e la possibilità di esplorare sempre nuovi mondi. Amo tutto ciò che è arte e che mi dà la possibilità di esprimermi al meglio». Lei è stata più volte ospite al Maurizio Costanzo Show, al Chiambretti Night e in altre trasmissioni: che idea si è fatta della televisione italiana? «Penso che la Tv italiana abbia la necessità di esplorare altri orizzonti. Io sono molto legata alla vecchia televisione, quella dei grandi show, delle grandi inchieste, dei programmi per ragazzi. Oggi mi sembra che si siano persi un po’ di vista due elementi importanti: intrattenimento e divertimento. Si raccontano troppe storie, si fanno tante chiacchiere e poco spettacolo. Non c’è più spazio per i veri professionisti, quelli che lo spettacolo lo fanno per mestiere poiché hanno investito sulla loro vita con sacrificio, studio e preparazione. C’è troppa improvvisazione». Quanto è difficile per un artista coniugare lavoro e vita privata? «Le giornate sembrano sempre così corte e a volte non si ha il tempo di fare tutto. Il nostro lavoro è la nostra vita, quindi è inevitabile che si rubi del tempo a se stessi per dedicarlo al lavoro. È molto difficile fare tutto bene, però se ci si organizza e soprattutto se si hanno le idee chiare è possibile conciliare entrambe le cose. Io, purtroppo, in un periodo della mia vita non ci sono riuscita per colpa dell’amore». Quindi ha fatto sacrifici per amore? «Di più. Ho addirittura annullato la mia carriera. L’amore per un uomo mi ha portato a chiudermi in casa, a fare la casalinga, ma nel momento in cui mi sono accorta che non valeva tanto la pena sacrificarsi fino a questo punto allora ho cambiato direzione. Purtroppo, erano passati tanti anni durante i quali, per dedicarmi al mio compagno, sono scomparsa dalle scene. Ma oggi sono pronta a riprendere in mano la mia vita e a tornare a brillare come una stella. Non è mai troppo tardi». Quali caratteristiche le piacciono di più in un uomo? «Per il momento penso a me stessa. Voglio innamorarmi ancora di più

Oltre a numerose apparizioni in film italiani, la Lanci vanta una copertina sul mensile Usa Playboy: la coniglietta venuta dall’Est fu scelta da Hugh Hefner in persona. È apparsa anche in alcuni videoclip musicali di Max Pezzali, Flaminio Maphia, Piotta.

delle mie caratteristiche. Chissà, forse un domani tornerò ad innamorarmi, ma penso che l’uomo giusto per me, il mio principe azzurro, debba ancora nascere». Come fa per mantenersi in forma e curare la sua bellezza? «Faccio molto sport, che aiuta anche il benessere fisico e mentale. All’allenamento dovrei abbinare anche una dieta equilibrata, ma spesso trasgredisco perché sono molto golosa. Mi piace la cucina italiana, impazzisco per i dolci e, siccome vivo a Roma, non mi faccio mancare la carbonara e l’amatriciana. Davanti ad un bel piatto di pasta al diavolo le diete!». Le manca qualcosa di Praga? «Adoro l’Italia, ma amo anche la mia città natale. Non ci tornerei più a vivere, però la cosa che più mi manca è la presenza quotidiana dei miei genitori». Cosa si augura per il 2013? «La serenità per tutti. Ma non voglio essere ipocrita e penso anche a me stessa, quindi spero di poter lavorare molto e riprendere il mio cammino professionale da dove l’ho lasciato un po’ di anni fa, a cominciare dalla possibilità di una mia partecipazione al prossimo film con Enzo Salvi».

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For magazine YACHTING di Sestilia Pellicano

In crociera con stile

Il Benetti Classic Supreme 132 è dotato di motorizzazione 2 x Mtu 12V 2000 M72; la velocità di crociera è di 14,5 nodi e la massima di 15,5 nodi.

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Photos by Thierry Ameller

I cantieri Benetti, Ferretti e Hodgdon lanciano sul mercato modelli innovativi che brillano per le soluzioni personali, eleganti ed extralusso offerte ai propri clienti per navigare nel piacere

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Sul sun-deck e su tutti i ponti esterni è stato utilizzato teak certificato FSC, come tutti i legnami di rivestimento di ogni Benetti, provenienti da foreste a rimboschimento programmato in maniera responsabile, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

CLASSIC SUPREME 132 Benetti, il più antico cantiere italiano di motoryacht di lusso, ha mostrato il primo scafo della nuova linea, che si conferma icona di stile e di eccellenza costruttiva

L’elegante suite armatoriale è munita di tutti i comfort e di un bagno in marmo Limestone, che si trova anche nelle cabine ospiti e vip.

Il nuovo Benetti Classic Supreme 132, che ha debuttato all’ultimo Festival International del la Plaisance di Cannes, misura 40,24 metri in lunghezza per 8,28 metri di baglio massimo. È stato disegnato esaltando le caratteristiche di uno yacht dislocante, dai grandi volumi interni ed esterni, abbinati ad un elevato comfort a bordo. Le ampie superfici vetrate, a tutta altezza nel main e nell’upper-deck, danno maggiore luminosità ai ponti interni e conferiscono una linea filante al profilo dello yacht. Come per tutti i modelli Benetti, gli interni sono personalizzabili; il progetto è dell’architetto Francois Zuretti, in collaborazione con il team di architetti interno al cantiere. In questa unità, i mobili sono in rovere naturale e wenge, arricchiti con inserti in pelle impunturata a mano. Sono stati utilizzati anche materiali particolari quali il wenge strutturato (dalla lavorazione che imprime al legno un effetto 3D) e pannelli in cuoio naturale, diamantati, sia nelle cabine vip e armatore sia nel salone. Nei bagni, un mix di marmo, finitura leather e mosaici. Come gli altri yacht della gamma, questa imbarcazione è dotata dell’innovativo sistema tecnologico denominato piattaforma BEST (Benetti’s Exclusive Sea Technology), che integra tutti i sistemi elettronici e gli impianti di bordo (intrattenimento, domotica, comunicazioni e sicurezza) con un’unica interfaccia userfriendly e del sistema di plancia integrata che permette l’interfaccia di tutte le strumentazioni di navigazione e di comunicazione dello scafo, rendendo la gestione affidabile e sicura. Particolarmente piacevole il sun-deck, di ben 100 mq, con quattro zone ben divise che assicurano comfort e privacy a tutti gli ospiti e sono completamente indipendenti dagli spazi interni. I tavoli fissi da pranzo e caffè sono stati realizzati su disegno dell’ufficio stile Benetti, i sofà e

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Tutto da vivere il ponte principale, nella sua eleganza coniugata alla fruibilità, con la scala “aerea”, che lo rende molto spazioso e luminoso.

i pouf sono Dedon e le sedie in teak di Royal Botania. Sull’upper-deck esterno, l’innovazione principale è la scala “aerea” con struttura in acciaio e gradini in teak, che rende il ponte molto spazioso e luminoso. L’esclusivo layout, caratterizzato anche in questo caso dall’utilizzo di “loose furniture”, permette una maggiore flessibilità dell’arredo e vanta anche un tavolo da pranzo, disegnato su misura, per 12 ospiti. Sul maindeck, il salone principale è inondato di luce naturale, e l’elegante suite armatoriale vanta, tra l’altro, una grande novità: il terrazzino estensibile che permette all’armatore di avere in cabina una veranda privata, con il pavimento scorrevole a cassetto e la parte superiore che ruota verso l’altro in modo indipendente dal resto della struttura. Quattro le cabine degli ospiti – due vip e 2 twin – tutte arricchite da ampie finestrature affacciate sul mare e bagni in marmo Limestone. Le falchette esterne e letti ribassati offrono una sensazione di immersione totale nel panorama esterno. L’equipaggio previsto è di 7 persone; la crew area ospita 6 persone in 3 cabine ed è caratterizzata da un open space molto ampio nel quale è stata integrata la zona lavanderia. Nel garage di questa imbarcazione non sono previsti tender, ma due moto d’acqua. Inoltre, è stato progettato un vano apposito per alloggiare l’arredo della beach area durante la navigazione.

Tra le innovazioni di questo yacht ci sono il terrazzino nella cabina armatore, una doppia Jacuzzi (a prua e sul sun-deck) e le scale aeree esterne.

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Lo scafo è frutto della collaborazione fra lo Studio Zuccon International Project, firma di tutta la gamma Ferretti Yachts, l’AYT, centro di ricerca e progettazione navale del Gruppo Ferretti, e il team di architetti e designer del Centro Stile Ferrettigroup.

FERRETTI 960 PROJECT La nuova ammiraglia del Gruppo è la più grande imbarcazione da diporto realizzata dal cantiere, un 96 piedi dal profilo sportivo e filante che verrà lanciato in primavera

Lungo le murate, le vetrate a tutta altezza possono essere sostituite da porte-vetrate scorrevoli che mettono in comunicazione il salone con i camminamenti laterali.

Prestazioni ai vertici della categoria, ottimizzazione di tutti gli spazi a bordo e interessanti innovazioni che riguardano in particolare la suite armatoriale, posta per la prima volta sul ponte principale, e l’area di poppa, con il garage allagabile per il varo del tender. La nuova ammiraglia Ferretti è la più grande imbarcazione da diporto omologata CE sotto i 24 metri, in costruzione presso lo stabilimento produttivo del Gruppo, a Cattolica, e rappresenta la massima evoluzione della linea progettuale sviluppata con i modelli più recenti del brand. Il profilo esterno è definito dalla superficie vetrata, continua, lungo tutto il ponte principale, che risulta così “tagliato” da poppa a prua; al centro barca, la falchetta ribassata su entrambe le murate contribuisce ad alleggerire il profilo e ad aumentare la luminosità degli interni. È stato scelto, inoltre, di proporre soltanto la versione con la plancia sopraelevata, che consente di ottimizzare la superficie del ponte. Con i suoi 29,20 metri di lunghezza fuori tutto, e 23,98 di lunghezza di costruzione, rientra a tutti gli effetti nelle imbarcazioni da diporto e non necessita di un comandante professionale, pur vantando i requisiti abitativi che caratterizzano le imbarcazioni più grandi, a cominciare dalla magnifica zona notte. Delle cinque ampie cabine, le quattro per gli ospiti sono sul ponte inferiore mentre l’armatoriale è posta a prua, sul ponte di coperta ed è stata progettata per assicurare la massima privacy, grazie anche alla completa insonorizzazione acustica delle pareti. Con questa barca nasce una nuova concezione dell’area di poppa, che diventa multifunzionale: conserva l’originaria funzione, tecnologicamente sofisticata, di stivaggio e varo del tender e viene dedicata alle attività leisure, con il portellone con cuscini che si trasforma in una vera chaise loungue vista mare. Tre le tipologie di motorizzazione previste, tutte Mtu.

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Photos by Onne van der Wal.

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I nuovo tender limousine del cantiere americano è attualmente in produzione e sarà in pronta consegna all’inizio del 2013.

HODGDON LIMOUSINE

Photos by Onne van der Wal.

Il cantiere leader negli Stati Uniti per la produzione di compositi high tech presenta il suo nuovo tender: oltre 10 metri di lunghezza e 34 nodi di velocità massima

Questo magnifico tender è frutto della collaborazione tra il lavoro di progettazione di Michael Peters Yacht Design (Sarasota, Florida) e Hodgdon Yachts. Misura 10 metri e mezzo, con ponte in teak e interni impreziositi da sontuose poltrone di pelle, resistente all’acqua e agli agenti atmosferici. Altre caratteristiche principali sono il tetto completamente retrattile, munito di un sistema idraulico, che facilita l’imbarco oltre a far godere giornate di sole e notti stellate, vetri laterali oscurati a scomparsa e sistema di condizionamento. La velocità è di 34 nodi a mezzo carico, grazie ad un unico motore Volvo Penta D-6 / 400. I prodotti limousine di Hodgdon Yacht sono realizzati in fibra di vetro e fibra di carbonio, mentre per l’allestimento viene lasciata assoluta discrezione all’armatore. Massimi livelli di customizzazione, dunque, nel pieno rispetto dei gusti e delle scelte estetiche dell’armatore, mentre il cantiere mette a disposizione le proprie competenze ed expertise. Le imbarcazioni Hodgdon si distinguono per la notevole e meticolosa cura dei particolari, sia quando sono frutto della matita di Michael Peters sia quando vengono realizzate su disegno originale di altri designer. Ogni progetto è qualcosa di speciale, che coniuga in modo efficace il knowhow d’eccellenza con il lavoro artigianale e di raffinata ebanisteria. L’ingegnerizzazione in-house e l’essere leader nella produzione nel settore dei compositi avanzati consentono al cantiere di gestire in modo molto qualificato anche i progetti più complessi. Trovarsi davanti ad una barca Hodgdon vuol dire ammirare il prodotto di due secoli di sapienza artigiana.

La barca è l’ideale per chi non vuole rinunciare al lusso neanche mentre raggiunge la spiaggia o la caletta per un bagno in assoluta privacy.

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For AUTO magazine di Demetrio Moreni

Suv del futuro

Il design muscoloso della Taigun riprende alcuni tratti stilistici della concept Cross Coupè soprattutto nella sezione frontale, in cui i listelli si prolungano all’interno dei gruppi ottici anteriori dalla forma squadrata. La zona anteriore e quella posteriore sono unite visivamente da una linea che va dal cofano motore ai montanti posteriori.

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Compatta, grintosa e performante la Taigun Volkswagen è il prototipo che anticipa una nuova generazione di utilitarie sportive e urbane alla portata di tutti. Dopo lo sbarco in Sudamerica nel 2015 è atteso il lancio del modello di serie su scala globale

Taigun 39 For Magazine

La Volkswagen ha scelto l’ultimo Salone di San Paolo per la presentazione del suo nuovo prototipo, in un settore in fortissima espansione come quello dei Suv (Sport Utility Vehicle) e in un’area geografica, il Brasile, in piena ascesa economica, anche per quanto riguarda il mercato locale dell’auto. In tale contesto i riflettori sono stati puntati sulla Taigun concept, l’utilitaria sportiva caratterizzata da una grande compattezza e da dimensioni ridotte: quattro posti da 3,85 metri. La vettura sarà disponibile sul mercato sudamericano entro il 2015, ma è quasi certo che poi debutterà anche su scala globale, considerato che questo ambito produttivo rappresenta uno dei più dinamici del momento. La Taigun si ispira nel nome, che ne è l’anagramma, al modello di grande successo Tiguan, sebbene le due denominazioni, legate da una chiara assonanza, non abbiano alcuna relazione: Tiguan è una fusione fra tigre e iguana, mentre Taigun in giapponese significa “mandria tonante”. Inoltre, a livello stilistico, la nuova auto assomiglia molto di più alla Touareg, sia nei tanti tagli della carrozzeria, sia nel posteriore, mentre nello sviluppo della fiancata mostra passaruote più muscolosi e una linea innovativa e meglio integrata con le portiere posteriori. Proprio le sue proporzioni contenute, dalle forme squadrate e geometriche, sono i connotati peculiari di quella “new small family” da cui verranno prodotte le future declinazioni della gamma Suv Volkswagen: 1.728 mm in larghezza e 1.570 mm in altezza, con un passo di 2.470 mm e sbalzi decisamente contenuti nell’anteriore, dove si registrano appena 708 mm, e nel posteriore di soli 681 mm. Poiché l’assetto in fuoristrada non era uno degli obiettivi centrali, l’azienda tedesca si è concentrata principalmente sull’ambito urbano: si spiegano così la mancanza della trazione integrale e la generosa gommatura 205/50 su cerchi in lega da 17 pollici. Questa concept car ha tutte le carte in regola per conquista-


For magazine I paraurti anteriori e posteriori sono arricchiti da piastre di protezione in alluminio. La vista posteriore è caratterizzata da un portellone diviso in due parti: la sezione superiore si estende fino al bordo dei fanali, quella inferiore fino alla piastra di protezione che integra due terminali di scarico trapezoidali.

Nella vista laterale catturano lo sguardo i possenti passaruota che si estendono fino alle portiere. La concept Taigun prefigura il primo crossover di piccole dimensioni della Volkswagen. La notevole distanza tra le ruote anteriori e posteriori (passo) ha come conseguenza sbalzi ridotti e proporzioni “superquadre”.

re i clienti: è corta, leggera, relativamente economica e non eccessivamente costosa da gestire. Le linee estetiche, inconfondibilmente targate Volkswagen, vantano passaruota allargati, protezioni sottoscocca e la classica presa d’aria orizzontale sormontata dal marchio. Molto particolari i fari, realizzati con tecnologia a led. Il design è opera di Klaus Bischoff e del suo staff, sotto la supervisione di Walter de Silva. Verniciata nell’esclusiva tinta Seaside Blue, la Taigun ha un look grintoso e possente, un assetto piuttosto rialzato da terra, un portellone posteriore a filo con i fari retrostanti. Decisamente spaziosi e versatili sono anche gli interni,

improntati alla semplicità e dotati di sistema multimediale integrato nella plancia, con i colori chiari dominanti e i tessuti che ripropongono la tonalità Seaside Blue della carrozzeria. Singolare la scelta di integrare i comandi della climatizzazione nelle bocchette laterali, con il pomello di regolazione che si trasforma anche in display. Lo spazio è stato sfruttato al massimo per ospitare comodamente quattro persone e un bagagliaio da 280 litri, volume che con il divano posteriore abbattuto può raggiungere i 987 litri. L’abitacolo è essenziale ma efficace, con i comandi fisici ridotti al minimo e la strumentazione primaria affidata a pochi quadranti.

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Gli interni assomigliano a quelli della Up!, della quale la Taigun utilizza la piattaforma allungata e condivide meccanica e pianale: misura infatti 385 cm di lunghezza, contro i 354 dell’utilitaria. I tessuti riprendono la tonalità Seaside Blue della carrozzeria esterna. La plancia è munita di sistema multimediale.

La Volkswagen Taigun è alimentata da un propulsore 3 cilindri a benzina 1.0 da 110 Cv (lo stesso della nuova Up! GT), dotato di iniezione diretta del carburante e di una moderna tecnologia di sovralimentazione che garantisce una coppia motrice pari a 175 Nm disponibili a 1500 giri/m.

I sedili sono in posizione rialzata, con un’altezza dell’abitacolo che è di 1.036 mm davanti e di 980 mm dietro, con un ampio margine in lunghezza per le gambe dei passeggeri posteriori. Sotto il cofano la Volkswagen Taigun è dotata di un inedito propulsore 3 cilindri benzina TSI da 1 litro, con iniezione diretta e sovralimentazione tramite turbo, accreditato di 110 Cv e 175 Nm di coppia massima. La massa totale, contenuta in soli 985 kg, permette di consumare in media circa 4,5 l/100 km, senza rinunciare alle prestazioni: la velocità massima è pari a 186 km/h, mentre i 100 km/h da fermo sono raggiunti in 9,2 se-

condi. Senza ricorrere alla propulsione ibrida, il motore eroga la sua coppia massima già a 1.500 giri per garantire un’elasticità estrema. Il cambio è manuale a 6 rapporti e a supporto della dinamica di marcia c’è il controllo elettronico di stabilità Esc, che permette una buona mobilità su tutti i terreni. Tutti questi elementi fanno della Taigun un veicolo che sembra perfetto per le nuove tendenze in atto sui mercati europei, dove la Casa di Wolfsburg appare più propensa ad avviarne la produzione in serie.

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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

LE EMOZIONI IN IMMAGINI

Matteo Vicino, giovane regista di Outing - Fidanzati per sbaglio

con Nicolas Vaporidis, parla della sua visione di cinema. I suoi maestri? Kubrick e Monicelli Qual è il colpo di fortuna al quale è più legata la sua carriera? «Non credo nella fortuna. Young Europe, il mio primo lavoro, è un prodotto spaventoso. Abbiamo re-inventato il cinema con una troupe di quattro persone e una macchina fotografica. L’impatto è disturbante per la sua bellezza contrapposto al solito cinema italiano». Il cinema è la sua grande gioia? «Il cinema è la somma di tutte le arti, il punto d’arrivo di ogni artista. Unisce pittura, letteratura, fotografia, scultura, improvvisazione. È arte in movimento». Che cosa serve di più ai film oggi? «È finita per un certo sistema. Ora con una Canon 5D Mark III puoi fare ciò che Stanley Kubrick avrebbe soltanto sognato. Durante le riprese di Apocalypse Now Francis Ford Coppola disse: “Fra trent’anni una ragazzina di 15 anni potrà fare tutto questo con una macchina tenuta in mano”. Aveva ragione».

Qual è la ricetta per far sognare il pubblico? «Nel nostro cinema si parla troppo. Robert Altman e Stanley Kubrick erano maestri della musica associata alle immagini. Dovremmo tornare a quei modelli». Nei suoi lavori prevalgono sempre le emozioni forti… «Non siamo esseri razionali. Tutto è emozione. Il mio maestro in questo è Mario Monicelli. Riusciva a far ridere con scene tremende». Secondo lei i film italiani sono pieni di bravi attori nelle parti sbagliate? «Al momento sono prodotti decisamente mediocri. Bisogna essere onesti e dire che Rossellini, Pasolini, Visconti e De Sica non ci sono più. Salvo Gomorra e pochi altri. È un peccato perché bravi attori sono ovunque. Il teatro rimane un grande serbatoio». Gli attori le piacciono davvero o li sopporta per sana convenienza? «Adoro gli attori ma ho poca pazienza, io chiedo esattamente ciò che vorrei. Ogni grande artista ha le sue “debolezze” e gli attori non sono da meno. Spesso troppo emotivi, confusi, in cerca di protezione».

UN TALENTO TRA I FORNELLI

Per Andrea Golino la passione per il cibo è tutto. Nei suoi incont

ri-laboratori

lo chef romano insegna l’arte culinaria e il modo di “vivere la cucina” Da dove nasce la sua passione per il cibo? «Risale ai miei primissimi istanti di vita quando ho finito senza indugio il primo biberon riempito di latte fino all’orlo! Il cibo è stato il mio primo grande amore. La mia infanzia è trascorsa a Rimini dove l’intramontabile piadina romagnola ha allietato tante mie giornate, insegnandomi il valore della genuinità, del gusto vero ma anche della condivisione e dell’aggregazione sociale».

Agnelli a Roma? «Il titolare di questo showroom ha frequentato uno dei miei corsi e da lì è nato tutto. Pentole Agnelli produce pentole e strumenti di cottura di altissima qualità: di conseguenza è un piacere per me tenere dei laboratori in cui c’è un’atmosfera così familiare e accogliente che gli ospiti non hanno quasi mai la sensazione di essere ad una lezione, ma piuttosto nella vera cucina di un ristorante, in compagnia di amici».

Da chi ha imparato a cucinare? «Sono un autodidatta puro. Ho un buon palato che mi ha consentito ogni volta di riconoscere il sapore giusto, un po’ di talento innato e tanta voglia di imparare hanno fatto il resto. Ho letto centinaia di libri e riviste, ho studiato, ho fatto esperienza nelle cucine di tutto il mondo, lavorando vicino a cuochi di ogni razza ed estrazione, per cercare di apprendere non solo il loro modo di cucinare, ma soprattutto il loro modo di essere e di “vivere la cucina”. I miei modelli sono chef come Carlo Cracco, Davide Oldani, Ciccio Sultano, Gianfranco Vissani ma soprattutto Fabio Picchi».

Lei fonde ricette elaborate a quelle basilari? «Non credo che esista una cucina elaborata da una parte e una semplice dall’altra. Mia madre era emiliana, mio padre napoletano e io sono nato a Roma: nella mia cucina cerco di esaltare al massimo le particolarità regionali ed è per questo che protagonisti dei miei menu sono piatti come la pappa al pomodoro toscana, la caponata siciliana, i canederli trentini, la cacio e pepe romana».

Come sono nati i suoi laboratori presso lo Showroom Pentole

Un suo piatto eccellente che cosa deve avere? «Deve possedere materie prima di qualità, passione, rispetto verso gli ingredienti, i sapori e gli aromi».

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Mauro Stampatori, la firma delle case che contano

Le forme dell’architettura di Mauro Stampatori si stemperano tra il classico ed il post-moderno, in una ricerca “dell'arte dell’abitare”, ben distinguibile nel suo stile, personalità e professionalità, pur se indipendenti da stilemi standard e mode globalizzanti. Pur mantenendo un proprio carattere identificativo, le opere di Architettura per gli interni, calzano perfettamente con la personalità del committente, riuscendo a fondere le necessità pratiche del medesimo, con quelle estetiche delle sue personali realizzazioni artistiche, ottimizzandole nel dettaglio, e non trascurando mai la cura delle rifiniture, unitamente alla perfetta abitabilità richiesta dal cliente. Sposare il gusto del neo-classico con il modernismo incalzante, è una caratteristica che ben sa realizzare Stampatori, rivolto con lo sguardo all’eredità ricevuta dalle impronte dell’arte antica, infondendole nel gusto contemporaneo, in un amalgama di indiscussa eleganza e praticità, con snelle e raffinate realizzazioni ar-

Architetto Mauro Stampatori Via di Vigna Rigacci n.9 - Roma cell. 335 / 528.95.61 m.stampatori@gmail.com www.mauro-stampatori.com www.artgallerystudio.org e su

chitettoniche, che magicamente si imprimono, al di sopra di ogni tendenza del momento. Lo studio degli spazi, l’analisi della distribuzione degli ambienti, la ricerca delle possibili alternative di realizzazione, sono l’impronta più visibile nelle opere di Mauro Stampatori, fino alla realizzazione di dettagli e rifiniture più ricercate, mai lasciate incompiute. Sono queste le regole professionali a cui si affida l’architetto, pur nei suoi tratti distintivi immancabili: colonne che rievocano i templi romani, “soffitti a volta” che ospitano luci diffuse, incastonate tra smalti e cornici; stucchi e materiali accuratamente e personalmente selezionati, falegnameria progettata e realizzata su propri disegni. Tutti elementi, che danno vita, lentamente ma visibilmente, ad una architettura solare e moderna, con eleganti rievocazioni dal passato. Opere realizzate per ambienti pubblici e privati, ristoranti, hotel, abitazioni, ville e giardini, in Italia (Capri, Cortina D’Ampezzo, Roma) ed all’estero.

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For magazine COSE DI MODA di Marco Gastoldi

Quando l’inverno è rock

Per la stagione più fredda dell’anno le collezioni Fendi, Morello e Simons spaziano dai capi pregiati in coccodrillo, zibellino e antilope al look da scolaretti, passando per uno stile decisamente “cool” ispirato alla cantante statunitense Joan Jett

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frankie morello Ispirata alla cantante e chitarrista statunitense Joan Jett, la passerella della donna Frankie Morello per l’attuale inverno grida I love rock ‘n’ roll. Una sorta di palcoscenico dove si mescolano look dall’anima rock fra spacchi, stampe, frange e dettagli in pelle. Capispalla e giacche strutturate si alternano ad abiti aderenti e le felpe over

si abbinano ad abiti bustier. I pantaloni mostrano contaminazioni sportive come anche la ginocchiera in pelle, rielaborato elemento del mondo dello sport mostrato in chiave rock. Per gli accessori, ecco cappelli da baseball borchiati, così come le décolleté e gli anfibi. Le borse e i guanti sono realizzati in pelle con lunghe frange e il porta iPad è in vernice o cervo con borchie.

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fendi Eleganza al ginocchio per la collezione invernale di Karl Lagerfeld per Fendi, fatta di contrasti, sovrapposizioni

e mix di tessuti e nuance. La donna preferisce materiali pregiati quali coccodrillo, zibellino e antilope che variano fra i colori del rosso, verde, marrone, giallo e blu. La silhouette si presenta leggera, pulita e scolpita, i volumi

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velatamente over per le pellicce e i capispalla. Per il look cittadino ecco il tubini in coccodrillo e lana con inserti di plissĂŠ da abbinare al cappotto in antilope chamois. Per la sera invece le pellicce si colorano, da abbinare ad

accessori come l’ultima arrivata in casa Fendi, la borsa FFXL. Combinazioni di cromatismi differenti anche per la pochette iPad e gli stivali.

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RAF SIMONS

La nuova collezione del designer belga per l’inverno corrente torna alle origini, manifestando l’amore e l’ispirazione per la youth culture inglese.

Abiti leggermente over per modelli abbigliati con tagli della tradizione sartoriale, stretti alla gamba e larghi in vita. Deliziosa la sensazione che percorre l’intera sfilata, come se tanti scolaretti abbiano pro-

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vato a sentirsi adulti attraverso un abbigliamento dalle taglie piÚ grandi. I colori spaziano dal blu al grigio topo, dal fragola al giallo limone e dal verde muschio al bordeaux, mentre l’accessorio prevede

sneakers tecniche, cinture in cavallino, cravatte e cappelli in maglia.

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For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori

SALMA HAYEK:

la piccola venere che osa

La splendida attrice messicana, produttrice affermata e moglie invidiata, veste italiano e sfoggia curve generose. Con abilità ci mostra come attirare l’attenzione Scoperta grazie alla sua indiscutibile bellezza, Salma Hayek ha stupito tutti, nel 2003, con l’interpretazione della pittrice Frida Khalo nel film omonimo che le è valsa anche una meritatissima candidatura all’Oscar. Attrice, donna di successo, produttrice di pellicole importanti, la diva dalle origini messicane è, dal 2009, la moglie dell’imprenditore francese Francois Henry Pinault, a cui ha dato, due anni prima, una bimba dal nome Valentina Paloma. Molto attiva a livello umanitario, è da sempre profondamente impegnata nella lotta alla discriminazione degli immigrati e in quella contro la violenza sulle donne. Piccola Venere formosa, la splendida attrice ama fasciare la sua silhouette con abiti aderenti ed iperfemminili, che esaltano le sue curve generose. Da persona coraggiosa, che ha superato i pregiudizi sulle sue origini e che ha perfino perdonato i tradimenti di suo marito, Salma non ha timore di indossare tinte forti e decise. Eccola, dunque, in un meraviglioso outfit firmato Bottega Veneta. Appena un centimetro sotto al ginocchio, questo sorprendente abito in jersey è di un malva chiarissimo, a tinta unita. Realizzato con un collo alto rivoltato, come se si trattasse di un mezzo collo, deve la sua estrema particolarità al gioco di luci che gli donano le canottiglie applicate sulle spalle (esaltate da redivive spalline anni Ottanta) e sul punto vita, dove creano un originale disegno che, dai fianchi, si raccorda al centro della vita. Le perline applicate sono di colori vari, dal fucsia, al viola, fino a giungere all’oro e all’argento. L’effetto è particolare e contribuisce fortemente a enfatizzare con grazia il fisico tutto femminile, a clessidra, della Hayek. Con un abito così unico gli accessori sono superflui: Salma, infatti, indossa solamente delle essenziali décolleté in vernice malva scuro con alto plateau, e una clutch di pelle liscia del medesimo tono delle scarpe. Anche il make up è naturalissimo, con un accenno di ombretto bronzo sulle palpebre, un velo di gloss rosa sulle labbra e una spolverata di blush color pesca sulle guance. Completano il look capelli corvino completamente raccolti all’indietro, punti luce ai lobi delle orecchie e diamante importante all’anulare sinistro. Basta, dunque, veramente un solo capo scelto con perizia a renderci uniche, incredibili, decisamente al centro dell’attenzione, così come è accaduto all’interprete di Le belve quando ha indossato questo sorprendente abito agli ultimi Mtv Movie Awards.

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For magazine

CARA MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, da oltre un mese frequento un uomo molto più giovane di me, con il quale c’è molta intesa. Nessuno dei due però ha mai toccato l’argomento sentimento, e nemmeno sesso. Ovviamente non è solo un’amicizia perché ci sentiamo anche dieci volte al giorno, ed entrambi siamo “fedeli” a questa non storia, nel senso che non vediamo altre persone. Secondo te, oltre ad aver in qualche modo metabolizzato il discorso dell’età che a Enna, dove vivo, è comunque una cosa abbastanza insolita, dovrei anche prendere iniziativa e farmi avanti dichiarando il mio interesse per lui? Marisa, Enna Cara Marisa, la tua lettera mi è piaciuta molto. Continua ad essere fedele a questa storia, senza aver fretta, perché se son rose fioriranno, fregatene di quel che pensano gli altri e lascia che anche lui “maturi” i suoi tempi per dirti cosa sente per te. Non mi sembra ci sia nulla da perdere e ti sento, da come scrivi, serena e non angosciata. Avanti tutta e attendiamo le partecipazioni.

Cara Marina, una mia amica è una grande bugiarda. Inventa delle cose incredibili, scuse per tutto, pretesti inutili, perché chiunque sa come stanno le cose realmente, ma ho capito che ormai è un

vizio più forte di lei. Il guaio è che secondo me non riesce a controllare questa abitudine e quindi vorrei dirle che è arrivato il momento di chiedersi se è il caso di farsi curare. Esiste un rimedio e, secondo te, visto che sono l’unica amica che non l’ha isolata, è giusto che sia io a suggerirle questa strada? Flory, Ancona Cara Flory, sapessi quanta gente conosco con questo vizietto. Purtroppo so bene che queste persone così ricche di fantasia, tanto sono piacevoli nella conversazione quanto possono essere pericolose, anzitutto per loro stesse, se poi perdono talmente tanto il senso del vero da cacciarsi nei guai. Se, come mi sembra di capire, stiamo parlando di una persona alla quale sei molto affezionata, hai fatto bene a non salire sul carro di chi l’ha isolata, ma ricordati che non siamo nessuno per dire se l’origine di un comportamento di questo genere è eccesso di creatività, vizio, oppure patologia, quindi è giusto, se lo ritieni opportuno, dire la tua, ma ricordati di trovare il modo più adeguato. Personalmente ti consiglio di essere altrettanto fantasiosa e non bacchettona. Se però i suoi comportamenti ti mettono nei guai, ridimensiona il vostro rapporto, non confidarle nulla che può ritorcertisi contro e quando parla fingi di stare a teatro.

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For miti magazine di Marco Gastoldi

Š Peter Lindbergh.

Scatti superfashion

Uno scatto del celebre fotografo tedesco Peter Lindbergh apparso sul numero di marzo del 1989 di Vogue Italia. Naturalezza e pulizia sono le caratteristiche di questa fotografia, in risposta all’eccesso tipico degli anni ’70.

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Una mostra milanese celebra un secolo di eccezionali fotografie di moda della casa editrice Condé Nast, che ha inventato la rivista patinata più famosa del mondo: Vogue Cosa potevano fare un pittore lussemburghese di belle arti trapiantato negli Stati Uniti, un’addetta allo smistamento posta e un laureato in legge all’interno della redazione di una rivista patinata del primo Novecento? Probabilmente nulla, se non fosse che il pittore sarebbe diventato il più grande artista della fotografia di moda di tutti i tempi, l’addetta alla posta la prima caporedattrice del mensile e il laureato in legge l’editore più strategico del secolo. Anche perché la rivista patinata in questione era Vogue. A quasi un secolo di distanza, dopo che Edward Steichen diventò capo fotografo a Vogue e Vanity Fair, Edna Woolman Chase caporedattrice a Vogue per quasi quarant’anni e dopo che la casa editrice Condé Nast divenne conosciuta in tutto il mondo grazie alla sua attività a livello globale, la Fondazione Forma per la Fotografia di Milano dedica all’universo fotografico della società americana la mostra Fashion. Un secolo di straordinarie fotografie di moda degli archivi Condé Nast. «Dobbiamo fare di Vogue un Louvre», aveva detto Steichen alla Woolman nel 1923 e le sue parole rappresentano il prologo di una rivoluzione improntata da Condé Nast e dal suo team di lavoro, non solo per la moda ma anche per la fotografia in generale. La strategia dell’editore Nast si dimostrò da subito vincente: quando acquistò Vogue nel 1909 la tiratura era di qualche migliaia di copie mensili, che diventarono centinaia di migliaia durante il ventennio successivo. Nel 1916 venne lanciata l’edizione inglese, nel 1920 quella francese e fra il 1918 e il 1929 uscirono Vogue Argentina, Vogue Havana e Vogue Germania: fra le due guerre mondiali, la fotografia, considerata un efficace mezzo promozionale, si sostituì a poco a poco all’antenata illustrazione.

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Š 1943 Condè Nast

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L’origine degli “scatti fashion” è stata quindi puramente commerciale e continua oggi ad essere collegata all’anima del mercato e alle vendite della merce. Oltre alla componente economica, nella fotografia di moda risiede anche una dimensione sociale, che ha influenzato la definizione dell’identità femminile e degli standard di bellezza e seduzione. Inoltre, la fotografia collegata allo stile è anche una macchina complessa, che necessita di un ampio ventaglio di figure professionali per il suo funzionamento, e l’elenco dei crediti scritti vicino al nome del fotografo di un servizio diventa oggi sempre più lungo. Preparare un servizio fotografico per Vogue equivale quasi alla realizzazione di una pellicola cinematografica e può interessare decine e decine di persone, fra le quali serpeggiano budget stellari. Con l’affermarsi dell’economia della moda, i fotografi hanno perseverato nel dimostrare le loro capacità innovative, nonostante l’influenza e i limiti crescenti imposti dagli stilisti, dagli inserzionisti e dagli esperti del ritocco fotografico. Nonostante siano realizzate su commissione e riprodotte su carta patinata, le fotografie di moda sono oggi considerate opere d’arte a tutti gli effetti, dimenticandosi della natura effimera e breve di qualsiasi rivista. E la rivista, che promuove lo stile e le tendenze del suo tempo, è diventata negli ultimi anni un oggetto da collezione scelto per la sua copertina, per la carta utilizzata, per la grafica e il formato. Dalla rivista ai musei più importanti, oggi le cose sono cambiate: se un tempo era possibile vedere le fotografie di moda solo sulle pagine stampate, negli ultimi anni le gallerie e i musei d’arte organizzano mostre ed esposizioni importanti legate al tema. «Grazie alla potenza della tecnologia, alle immagini istantanee e alla partecipazione globale – ha sottolineato la giornalista di moda Suzy Menkes – da passione per pochi la moda è diventata un’attrattiva e un divertimento per tutti». Un’attrattiva e un divertimento per i quali la mostra, inaugurata il 16 gennaio e in scena fino al prossimo 7 aprile, si fa portavoce, celebrando un secolo di artisti dell’obiettivo definititi da Vanity Fair negli anni Venti come “i fotografi più pagati al mondo”. Si inizia dagli scatti dei padri del genere come Man Ray e Cecil Beaton, che prediligendo il ritratto artistico e stilizzato traevano ispirazione da maestri come il Barone de Meyer e lo stesso Steichen. Dal seducente e provocatorio Helmut Newton al sensuale ed ammiccante Mario Testino la narrazione continua fino alle fotografie di Sølve Sundsbø, definite dallo stilista Tom Ford come «potenti, meravigliose e sempre fresche». Fra gli altri anche Paolo Roversi, che ama definirsi come “un fotografo poco sofisticato che scatta immagini sofisticate” e David Bailey, che ha creato lo stile della leggerezza nella fotografia e ha portato al successo icone come Twiggy, Verushka e Penelope Tree. Presenti alla mostra sono i più grandi nomi della fotografia fashion con le loro immagini giovanili, perché gli inizi della carriera di un artista rivelano l’evoluzione della sua tecnica ed è interessante osservarne i cambiamenti o il consolidamento graduale scatto dopo scatto. Che cosa riserverà invece il futuro alla fotografia di moda? Da sempre esiste un legame fra realtà fotografica e cinematografica, e alcuni artisti dell’immagine si sono dedicati ad un certo punto della carriera al cinema e in molti alle riprese video. Anche la rete può potenziare la visibilità di una rivista: il sito internet Style.com è stato pensato per proiettare il gruppo Condé Nast nel futuro globale. Miles Aldridge, fotografo internazionale, ha lanciato la provocazione confessando il suo interesse nel potenziale cinematografico delle sue immagini: «Ad un certo punto dovrò pensare a come far muovere le persone nelle mie fotografie, perché possano agire invece di stare ferme a pensare a qualcosa che non stanno facendo in quel momento».

© Norman Parkinson Limited. Courtesy Norman Parkinson Archive

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Uno scatto di Norman Parkinson, generalmente riconosciuto come l’uomo che ha dato vita a una nuova era nello stile della fotografia di moda. Nella pagina precedente, una fotografia di John Rawlings per Vogue America di marzo 1943. Il fotografo vanta ad oggi 200 copertine fra Vogue e Glamour.

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double feature di Ivan Rota

È una ragazza speciale e, con gli anni, diventa ancora più bella. Elenoire Casalegno si è presentata all’opening della Franchi in modo semplice: fuseaux, casacchina e “chanellino” d’ordinanaza. Sin qui passi, ma il tronchetto no, quello proprio no! Ma perché lo ha fatto? Quando si mette lo smoking maschile nero fa impazzire tutti. Ricordati Elenoire: lavora per sottrazione.

Eccoci all’opening del primo monomarca milanese Elisabetta Franchi, dove la stilista ha presentato in anteprima la sua capsule “Mummy”: spicca con il suo sguardo catatonico Elena Santarelli, forse ispirata dal nome della capsule. Tubino anni Ottanta fasciante che persino Alba Parietti non mette più. Non si può: non c’è una cosa a posto nel suo look! 56 For Magazine


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Wow, che bella la generazione “happy hour”: i giovani vanno a Formentera, i ragionamenti sono un optional, meglio il chiringuito. Federica Panicucci la rappresenta bene: restiamo giovani con gambe fasciate di renna, stivali lucidi e pseudo-chiodo in pelo da yeti. Qui posa con la “reginetta” della festa Elisabetta Franchi, in dolce attesa.

Sarà anche per molti un’icona di stile, come la sorella Margherita, ma da quel che vediamo in questa foto, scattata sempre durante l’anteprima Franchi, a Teresa Maccapani Missoni deve essere sfuggito il concetto di “overdressed”: troppe cose addosso! Inoltre le stampe della celebre maison, almeno in questo caso, non slanciano. Anzi, rimpiccioliscono. 57 For Magazine


ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

THE SESSIONS

Basato sulla commovente autobiografia del giornalista-poeta Mark O’Brien, il film narra la storia di un uomo che, costretto a vivere in un polmone d’acciaio, all’età di 38 anni decide di “farsi insegnare l’amore”. Protagonista un superlativo John Hawkes

Helen Hunt (49 anni) è Cheryl Cohen Greene, l’operatrice del sesso che aiuta il protagonista del film. Mentre scriveva il copione, il regista Lewin ha incontrato la vera Cheryl, che con i suoi racconti è stata determinante per tracciare il ritratto di O’Brien.

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John Hawkes ed Helen Hunt: mentre lui è andato vicinissimo all’Oscar nel 2010 per il suo ruolo da non protagonista in Un gelido inverno, lei ha vinto l’ambita statuetta nel 1998 come miglior attrice protagonista per l’interpretazione in Qualcosa è cambiato, commedia brillante in cui ha recitato accanto a Jack Nicholson.

Dramma umano, delicatezza sentimentale e un tema “scottante”. The sessions è la storia autentica del poeta e giornalista Mark O’Brien (John Hawkes), colpito dalla poliomelite da bambino e costretto a trascorrere gran parte del suo tempo in un polmone d’acciaio, che, spinto dal desiderio di normalità, all’improbabile età di 38 anni, decide di rompere ogni tabù e, con l’aiuto di Padre Brendan (William H. Macy), ingaggia l’assistente sessuale Cheryl Cohen-Greene (Helen Hunt) con l’intento dichiarato di perdere la verginità. Durante le loro speciali sessioni, Mark inizia a immaginare di poter condurre una normale vita sentimentale, determinato a sperimentare i piaceri fisici ed emotivi che gli sono stati negati, grazie al suo “surrogato” sessuale per riuscire a conoscere e a vivere l’intimità. Ma, al contempo, Cheryl gli insegna per la prima volta

ad amare qualcuno, e tale lezione sarà determinante quando l’uomo conoscerà Susan Fernbach (Robin Weigert), la persona che negli ultimi anni gli starà accanto come amante, compagna e collaboratrice letteraria. La serie di divertenti e commoventi incontri fra Mark e Cheryl è diventata il soggetto dell’articolo On Seeing a Sex Surrogate, scritto da O’Brien nel 1990 e pubblicato nel magazine letterario The Sun. Il breve saggio, che in modo sincero e sensibile ha infranto il tabù sul nesso fra sesso e disabilità, costituisce a tutti gli effetti la bozza della sceneggiatura del film. Come ha ricordato lo stesso regista Ben Lewin, che però ha sottolineato: «La storia risente in modo importante anche della mia interpretazione del soggetto e dei personaggi. Ad esempio, mentre ero impegnato ad acquistare i diritti dell’articolo, ho incontrato proprio la persona che Mark

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John Hawkes (53 anni) è Mark O’Brien, malato di poliomelite sin da bambino. Dato che il vero O’Brien è venuto a mancare nel 1999, all’età di 49 anni, Lewin si è affidato ai suoi scritti (in particolare all’articolo On Seeing a Sex Surrogate), alle interviste da lui rilasciate e alle parole della sua compagna Susan Fernbach.

temeva di non incontrare mai, quella che ha trasformato i suoi sogni in realtà: Susan Fernbach definisce “magico” il tempo trascorso con lui. Al di là del lieto fine che la donna rappresenta nella vita di O’Brien, le sue profonde e personali osservazioni su di lui hanno reso possibile la costruzione di un personaggio assai diverso e ben più complesso di quel che sarei riuscito a concepire senza la sua consulenza. L’altro evento che ha cambiato in modo significativo il mio approccio alla sceneggiatura – ha proseguito Lewin – è stato l’incontro con Cheryl Cohen-Greene, il cosiddetto “surrogato”, che ora è diventata nonna ma che ancora esercita il suo mestiere. Il suo candore e l’accuratezza dei suoi racconti mi hanno aiutato a tramutare la biografia di Mark in un film sentimentale che ho scritto con più piacere e disinvoltura». Ciò che ha colpito il filmmaker polacco è stata una triste analogia: così come O’Brien, anche Lewin ha contratto la poliomelite da piccolo, ma

questo non gli ha impedito una carriera brillante. Ispirandosi allo scritto di O’Brien, scomparso nel 1999, il regista ha creato una storia realistica ricca di umorismo ma priva di falsi sentimentalismi. E per farlo si è avvalso di un cast di grandi talenti di Hollywood come il premio Oscar Helen Hunt e l’apprezzato John Hawkes (Un gelido inverno, Lincoln) che non ha esitato nemmeno un istante ad accettare la parte. «Sono rimasto conquistato dal copione – ha dichiarato l’attore –. Era una storia bellissima, che racconta solo un breve periodo della vita di Mark O’Brien, ma molto intenso». La sua straordinaria performance, che trascende i limiti fisici imposti dal ruolo, lo ha spinto a voler interpretare l’alterata corporeità del protagonista senza alcun tipo di controfigura. «Sapevo che avrei dovuto contorcere il corpo – ha spiegato ancora Hawkes –. Mark aveva solo 90 gradi di mobilità; la sua testa e la sua spina dorsale erano molto curvi e quindi ho iniziato da questo particolare. Non è possibile

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William H. Macy (62 anni) veste la tonaca di padre Brendan, il prete che aiuta O’Brien. La pellicola è stata presentata all’ultimo Sundance Film Festival.

semplicemente simulare questa postura, perciò insieme al dipartimento degli attrezzi scenici abbiamo ideato un pallone delle dimensioni di quello da calcio, realizzato in gommapiuma, da mettere sul lato sinistro della colonna vertebrale per farla curvare, senza alcun tipo di trucchi o effetti di computer grafica». Hawkes ha confessato che il suo chiropratico lo aveva avvertito che il suo corpo avrebbe potuto subire dei danni con questo strumento destinato a contorcerlo, ma secondo lui ciò che ha dovuto sopportare per recitare non era nulla a paragone dell’esperienza che O’Brien ha vissuto per tutta la vita.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Ben Lewin SCENEGGIATURA: Ben Lewin CAST: John Hawkes, Helen Hunt, William H. Macy, W. Earl Brown, Moon Bloodgood, Robin Weigert, Adam Arkin, Rusty Schwimmer, Rhea Perlman GENERE: Drammatico DURATA: 95' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox USCITA: 14 febbraio 2013

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BEAUTIFUL CREATURES LA SEDICESIMA LUNA Può la forza di un sentimento sconfiggere un’antica maledizione e ristabilire l’ordine? Amore, magia e poteri occulti si mescolano in un fantasy avventuroso che vede i giovani Ethan e Lena sfidare il proprio destino. Si preannuncia una nuova saga

Alden Ehrenreich (23 anni) e Alice Englert (18 anni). L'attrice australiana che interpreta la maga Lena è apparsa anche in Ginger & Rosa, presentato al Torino Film Festival. Il cast include inoltre Emma Thompson nel doppio ruolo della temibile Sarafine e di Mrs. Lincoln.

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Viola Davis (47 anni) con Alice Englert e Alden Ehrenreich. L’attore californiano è stato scelto dalla produzione solo in seconda battuta, dopo che il ruolo di Ethan era stato affidato a Jack O’Connell, che poi ha rinunciato. Ehrenreich apparirà prossimamente nella nuova commedia di Woody Allen ancora senza un titolo.

Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco: è improprio parlare di “nuovo Twilight” solo perché il fulcro della vicenda è un legame d’amore soprannaturale tra due adolescenti complicati e perché, furbescamente, i produttori e i distributori hanno deciso di far uscire in sala il film, come data unica in tutto il mondo, il 13 febbraio, alla vigilia di San Valentino, andando a colmare un ipotetico vuoto lasciato dalla saga di Stephenie Meyer appena terminata. Beautiful Creatures - La Sedicesima Luna è un fantasy romantico con risvolti dark, seppur immersi in un contesto tipico del teen drama che oggi va tanto di moda. E, benché la pellicola sia tratta dal romanzo omonimo del 2009 di Kami Garcia e Margaret Stohl, il primo della serie The Caster Chronicles composta da 4 libri più un e-book, è ingeneroso cercare per forza un paragone con la storia di Edward e Bella, altrimenti una simile operazione andrebbe fatta ogni volta che un prodotto di genere fantastico vede protagonisti due giovani innamorati. Anche ammesso che il regista Richard LaGravenese (già autore di Freedom Writers e P.S. I Love You, entrambi con Hilary Swank) quando ha adattato il romanzo abbia concepito il progetto come una trilogia, strizzando l’occhio alle adolescenti orfane di vampiri e

licantropi, bisogna guardare, giudicare e sviscerare bene il suo film prima di incollargli etichette preconfezionate e potenzialmente dannose (come quando si affossò sul nascere Eragon, indipendentemente da meriti e demeriti, definendolo l’erede de Il Signore degli Anelli). Al centro di Beautiful Creatures c’è l’amore impossibile tra due teenager. Ethan Wate (Alden Ehrenreich) è un ragazzo normalissimo che vive nella piccola cittadina di Gatlin, in South Carolina, con il padre (la madre è morta da poco) e Amma (Viola Davis), la veggente di colore che gli ha fatto da balia. Il giovane detesta il suo paesino e, pervaso dalla noia e dalla routine di provincia, sogna di fuggire da una vita ordinaria e comune. In camera ha una mappa del mondo con varie città collegate da una sottile linea verde che indica i luoghi dove “è stato” tramite i libri che ha letto, e di cui è appassionato, che ovviamente spera di visitare dopo aver finito il college. Lena Duchannes (Alice Englert) è una adolescente appena arrivata in città, nipote di Macon Ravenwood (Jeremy Irons), il vecchio eremita che abita ai confini del paese. Ma la ragazza nasconde un segreto: è una maga e, sin dai tempi della Guerra civile, sul capo di tutte le donne di casa Duchannes pende una potente e tremenda maledizione

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Jeremy Irons (64 anni), qui con i due protagonisti, dà il volto al burbero Macon Ravenwood, lo zio di Lena. Le riprese del film si sono svolte interamente a New Orleans. Anche se dipende dal successo di Beautiful Creatures, è ipotizzabile che ci saranno dei sequel, tratti della serie best-seller di Kami Garcia e Margaret Stohl.

che si compirà allo scoccare del suo sedicesimo compleanno. Una mattina Ethan si sveglia dopo aver sognato una enigmatica figura femminile e scopre sul suo iPod una canzone insolita, quasi ipnotica, dal titolo 16 Lune. Quando arriva a scuola e incontra per la prima volta Lena capisce immediatamente che è lei la ragazza del sogno, quella che vorrebbe amare, e che qualcosa di misterioso li unisce. Entrambi hanno perso la mamma e a loro insaputa sono connessi reciprocamente con il “metapensiero”: ognuno sente i pensieri dell’altro e ciò permette loro di scoprire oscuri segreti sulle rispettive famiglie. Anche quando Lena confessa di essere una Caster dotata di poteri magici e lo mette in guardia da se stessa, l’amore di Ethan rimane immutato, consapevole che lui è l’unico in grado di salvarla. Ma allo scadere della sedicesima luna tutto precipita rapidamente in uno scontro ineluttabile tra la Magia Bianca e quella Nera. In un susseguirsi di riti voodoo, antichi incantesimi e creature magiche realizzate con cura dai tecnici degli effetti speciali, di cui il film abbonda, la

trama si snoda in maniera fluida e avvincente, trasportando lo spettatore in un’avventura ai confini della realtà. SCHEDA DEL FILM REGIA: Richard LaGravenese SCENEGGIATURA: Richard LaGravenese CAST: Alden Ehrenreich, Alice Englert, Emma Thompson, Jeremy Irons, Emmy Rossum, Viola Davis, Thomas Mann, Kyle Gallner, Margo Martindale GENERE: Fantasy, Drammatico, Thriller DURATA: 120' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures USCITA: 13 febbraio 2013

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For magazine Catherine Frot (55 anni), attrice di formazione teatrale, si è messa in luce con le commedie La cena dei cretini (1998), Lezioni di felicità - Odette Toulemonde (2006). È stata scelta anche per la notevole somiglianza con Danièle Delpeuch, l’autentica cuoca di Mitterrand.

LA CUOCA DEL PRESIDENTE Tratta dalla vera storia della chef personale del presidente Mitterand all’Eliseo, una deliziosa commedia che fa venire l’acquolina in bocca. Tra pietanze squisite e vini pregiati l’attrice protagonista Catherine Frot racconta come si è calata nella parte 65 For Magazine


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Catherine Frot con Jean d’Ormesson: l’88enne parigino (è anche scrittore, filosofo, editorialista) interpreta la parte del presidente ispirato a François Mitterrand, che ha guidato la Francia dal 1981 al 1995. D’Ormesson conosceva il vero Mitterrand, dal quale ha preso in prestito gli occhiali che usa in una scena del film.

Sulla lunga scia del successo planetario dei prodotti cinematografici e televisivi dedicati alla cucina e a chi ama mangiare e vedere come si prepara un piatto prelibato, arriva dalla Francia una gustosa pellicola che fonde cibo e politica, sapientemente speziati con tanta ironia e garbo. La brillante Hortense Laborie (Catherine Frot), la migliore cuoca della regione del Perigord, viene contattata per offrire i suoi servigi ad un alto funzionario. Condotta a palazzo scopre con enorme sorpresa e non pochi imbarazzi che il suo nuovo datore di lavoro è nientemeno che il Presidente della Repubblica francese (Jean d’Ormesson), il quale l’ha scelta personalmente per nominarla responsabile della sua cucina: Hortense dovrà occuparsi della preparazione di tutti i pranzi all’Eliseo. Ma, benché apprezzata dal Capo dello Stato, la donna verrà accolta in modo “politicamente scorretto” dall’équipe della cucina presidenziale, in un’escalation di rapporti conflittuali e nervosi con gli altri dipendenti. Tra un filetto di bue in crosta e un succulento paté di foie gras, la premier chef dovrà rimboccarsi le maniche, imparare le regole del protocollo istituzionale e imporsi tra i fornelli grazie alla sua determinazione e alla delicatezza dei suoi manicaretti. Suscitando preoccupazioni anche nelle

alte sfere. La commedia di Christian Vincent si basa sulla storia vera dell’esperta di gastronomia Danièle Delpeuch, chiamata nel 1986 dal presidente francese François Mitterrand ad occuparsi delle cucine dell’Eliseo, e in grado di stringere con lui un rapporto amichevole, prima di abbandonare il palazzo per andare a lavorare in una base scientifica in Antartide e poi lanciarsi nella coltivazione del tartufo in Nuova Zelanda. Ad interpretare l’indomita cuoca con una performance altrettanto energica è la parigina Catherine Frot, che così parla del film. Qual è stata la sua prima reazione quando le è stato proposto il ruolo? «Ho capito subito che si trattava di una bella proposta: interessante ma non facile. Hortense è un personaggio poco comune. Confesso che all’inizio non sapevo bene da che parte prenderlo». Ci parli del suo primo incontro con Danièle Delpeuch.

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Per la prima volta, con La cuoca del Presidente la produzione di un film entra dentro le stanze dell’Eliseo, concesso in via del tutto eccezionale per un paio di giorni di riprese in esterni, nel cortile e nel grande salone, mentre l'allora presidente Sarkozy era a Cannes. Le scene in Antartide sono invece girate in Islanda.

«Non ho fatto in tempo ad arrivare che Danièle mi aveva già portato a fare la spesa al mercato. Al momento di preparare il pranzo mi ha costretto ad indossare un grosso grembiule e ha cominciato ad illustrarmi il suo lavoro: io non sono una gran cuoca, dovevo imparare a fare finta». Cosa l’ha colpita di più in questa donna? «Innanzitutto il luogo in cui vive. È un ambiente molto antico. Le cose sono in armonia tra loro, la casa, la natura, il modo in cui lei cucina. Tutto sembra immutabile. Ha una forza di carattere eccezionale. E la curiosità l’ha spinta a viaggiare e a fare progetti di ogni genere legati alla cucina». Come ha costruito il personaggio? «Volevo che fosse femminile, che portasse abiti semplici ma gradevoli. È una persona che ha classe. Nel suo libro Danièle parla delle sue collane, delle sue scarpe con i tacchi. Questo miscuglio di cose diverse mi ha ispirato molto nella scelta dei costumi». Si ha la sensazione che lei abbia messo tutto il suo passato di attrice

in questo personaggio. «Forse perché ho interpretato personaggi di ogni genere, sono passata dal tragico al comico, ho interpretato il ruolo di donne molto stilizzate, quasi dei prototipi, delle marionette. In questo film ho l’impressione di aver messo insieme tutti questi contrasti, di accostarmi a qualcosa di intimo». SCHEDA DEL FILM REGIA: Christian Vincent SCENEGGIATURA: Étienne Comar, Christian Vincent CAST: Catherine Frot, Jean d’Ormesson, Hippolyte Girardot, Arthur Dupont, Brice Fournier, Déborah Révy, Arly Jover, Thomas Chabrol, Hugo Malpeyre, Nathalie Vignes GENERE: Commedia DURATA: 95' DISTRIBUITO DA: Lucky Red

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BROKEN CITY Tra scandali e corruzione, bugie e tradimenti si consumano le losche vicende di un singolare terzetto composto da un detective privato, il sindaco di New York e la sua bellissima moglie infedele. Cast formidabile in cui spicca un perfido Russell Crowe

Mark Wahlberg (41 anni) oltre che interprete è anche produttore del film, che è stato girato tra New York, la città di Carrollton (New Orleans) e la Louisiana. Nell’opera ha investito anche Arnon Milchan, uno dei produttori più importanti di Hollywood con titoli come JFK - Un caso ancora aperto, L.A. Confidential, Heat – La sfida e Fight Club.

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I vincitori di un Academy Awards Catherine Zeta-Jones (43 anni) e Russell Crowe (48 anni). Per l’ex gladiatore si prospetta un 2013 ricco di film in uscita, tra i quali gli attesissimi Les Misérables, nei panni dell'ispettore Javert, e il nuovo Superman in Man of Steel in cui sarà Jor-El, nel ruolo che nel 1978 fu di Marlon Brando.

Allen e Albert Hughes, comunemente conosciuti come i fratelli Hughes (per l’esattezza sono gemelli), nel corso della loro carriera hanno sempre lavorato in coppia, sin dai tempi del liceo e dei primi videoclip musicali di successo con artisti quali Tone Lōc e Tupac Shakur, il rapper assassinato nel 1996, che era stato scelto anche come protagonista del loro primo lungometraggio Nella giungla di cemento (ma per successivi contrasti il ruolo andò poi ad un altro attore). Ad oggi, il loro titolo di maggior successo rimane From Hell - La vera storia di Jack lo squartatore, opera del 2001 con Johnny Depp, tratta da una graphic novel di Alan Moore, molto apprezzata per il suo stile tetro e decadente. Meno riuscito il seguente Codice Genesi (2010) con Denzel Washington nei panni di un guerriero solitario che vaga in un’America post-apocalittica portando con sé l’ultima Bibbia rimasta. In questo Broken City per la prima volta il sodalizio fraterno si spezza: alla pellicola ha lavorato, dirigendola e producendola, solo Allen, mentre Albert ne è rimasto completamente estraneo. Rispetto ai temi storico-letterari e di fantasia, tra cronaca nera e filosofie del nuovo millennio, toccati nei lavori precedenti, il nuovo film è un noir classico di ambientazione politica, che non rinuncia ad indagare gli aspetti più inquieti della psiche umana e dei suoi lati oscuri e criminali, ma che tuttavia lo fa secondo i canoni standardizzati del genere poliziesco, in una storia di tradimento e vendetta che sfocia nel thriller più torbido e passionale. In una cupa New York, piena di ingiustizia e corruzione, Billy Taggart è un ex poliziotto di Brooklyn caduto in disgrazia ed espulso dal corpo per aver sparato a un sedicenne. L’uomo, divenuto investigatore privato, è in cerca di redenzione e accetta l’ingaggio da parte del politico più potente della città: il sindaco della Grande Mela, desideroso di scoprire se sua moglie lo tradisce. Le indagini del detective smascherano effettivamente una relazione extraconiugale della donna, ma quando il suo amante viene rinvenuto morto, Taggart si ritrova ad essere il primo sospettato, finendo in una ambigua vicenda riguardante gli affari privati e poco puliti del sindaco, alle prese con uno scandalo immobiliare

potenzialmente distruttivo per le carriere e le vite di entrambi. Vittima di un meschino doppio gioco l’instancabile Taggart cercherà giustizia e rivincita diventando il peggior incubo del suo rivale. Se è vero che nella trama sembrano esserci svariati elementi convenzionali, è altrettanto vero che l’autentico motivo d’interesse del film risiede nello scontro d’attori tra il personaggio dell’ex poliziotto, interpretato da un volitivo Mark Wahlberg, e quello del primo cittadino newyorkese, a cui dà volto, corpo e anima “gladiatrice” Russell Crowe, energico e veemente come sempre, ma questa volta decisamente antipatico e corrotto, un vero villain dei giorni nostri. Poi, se a impersonare la fedifraga moglie del politico c’è Catherine Zeta-Jones, chiamata a usare come arma letale la sua sensuale bellezza, il testa a testa tra protagonista e antagonista diviene ancora più esplosivo. In un crescendo di colpi di scena, dialoghi vibranti, sparatorie e inseguimenti, come nella migliore tradizione degli action movie, Broken City regala al pubblico quasi due ore di spettacolo adrenalinico: forse anche troppo, considerato che il film è stato vietato ai minori di 18 anni per la presenza di linguaggio scurrile, sessualità e violenza.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Allen Hughes SCENEGGIATURA: Brian Tucker CAST: Mark Wahlberg, Russell Crowe, Catherine Zeta-Jones, Natalie Martinez, Jeffrey Wright, Kyle Chandler, Barry Pepper, Justin Chambers, Griffin Dunne GENERE: Thriller, Drammatico DURATA: 109' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox USCITA: 7 febbraio 2013

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ZAMBEZIA Nel cuore dell’Africa si trova una città popolata da varie specie di uccelli. Qui il giovane falco Kai dovrà difendere la sua casa dalla terribile iguana Budzo e liberare suo padre. Un’avventura in 3D con le voci di Samuel L. Jackson e Jeff Goldblum

L’intrepido falco Kai è il protagonista del film: idealista, curioso e gentile, ma fin troppo spericolato e spesso si caccia nei guai. La sua natura, infatti, è divisa tra il bisogno di indipendenza e la necessità di avere degli amici. Un conflitto che si manifesta con un’apparente arroganza che talvolta, purtroppo, offusca il suo giudizio.

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Kai con l’amico Ezee e i Gossip Birds. La pellicola, che ha fruito di un budget di circa 20 milioni di dollari, ha ricevuto il premio come miglior film d’animazione sudafricano al Durban International Film Festival 2012. La colonna sonora è stata scritta da Bruce Retief, noto compositore e produttore che è nato e vive in Sudafrica.

«Speriamo che questo film, che definiamo epico, sia di gradimento per il pubblico, e che possa mostrare qualcosa di quella che è la “vera Africa”, non solo nei panorami ma anche nella filosofia di questo continente». Con queste parole Stuart Forrest, uno dei produttori esecutivi, presenta Zambezia, la nuova pellicola d’animazione di Wayne Thornley, attore sudafricano (La reputazione, Il giorno degli squali) al suo debutto dietro la macchina da presa (ha firmato anche la sceneggiatura insieme con Raffaella Delle Donne, Andrew Cook, Anthony Silverston). Ambientato nella valle del fiume Zambesi, situata tra Zambia, Zimbabwe e Mozambico, il film, distribuito nelle sale italiane anche in versione 3D, trae ispirazione dal paesaggio circostante che rappresenta la quintessenza dello spettacolare ambiente africano. Famosa per essere la città più sicura in tutta l’Africa, Zambezia si trova sul bordo di una cascata ed è immersa nel tronco di un enorme Baobab. È un’area protetta della valle del fiume dove svariate specie di uccelli d’ogni piuma e lignaggio vivono insieme in armonia e in pace. Tra loro c’è Kai, un giovane falco, intelligente e abile nel volo, che lascia l’avamposto dove abita per unirsi ai volatili che pattugliano i cieli di Zambezia. Ma lo fa contro il volere del severo padre Tendai, il quale, preoccupato, decide di mettersi alla ricerca del piccolo: tuttavia, viene catturato dalla famigerata lucertola Budzo che sta cospirando per conquistare Zambezia. Kai, con l’aiuto della compagna Zoe, del saggio Sekhuru e del guerriero Ajax, dovrà riunire tutti gli uccelli per difendere la città-albero e, soprattutto, per ritrovare suo padre. A prestare simpaticamente le loro voci ai protagonisti ci sono attori del calibro di Samuel L. Jackson (Tendai), Jeff Goldblum (Ajax), l’ex Dottor Spock di Star Trek Leonard Nimoy (Sekhuru) e i giovani Jeremy Suarez (Kai) e Abigail Breslin (la bambina prodigio di Little Miss Sunshine che qui interpreta Zoe). Le specie di uccelli che appaiono in Zambezia prendono spunto dal mondo reale: i falchi pellegrini sono tra i volatili più veloci al

mondo (250 miglia all’ora); i caprimulgi sono veramente capaci di vedere benissimo al buio; gli uccelli tessitori riescono davvero a costruire dei nidi usando solo il becco. L’opera, il cui processo di scrittura, sviluppo e realizzazione ha richiesto circa tre anni e mezzo, si è avvalsa della consulenza di Kiel Murray, già collaboratore per cartoon come Cars, Gli Incredibili, Wall-e, Alla ricerca di Nemo. Ma tutto il lavoro è stato svolto negli studi della Triggerfish Animation, azienda con sede a Cape Town, in Sudafrica, specializzata in tecniche innovative applicate ai film d’animazione. Nata per creare spot pubblicitari, la Triggerfish si è allargata alla Tv per bambini ottenendo una buona fama internazionale nel mercato dei format animati e della computer grafica: a tutt’oggi Zambezia, con i suoi 20 milioni di dollari, è il primo film ad alto budget realizzato in Africa e il più grande prodotto d’animazione della compagnia sudafricana.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Wayne Thornley SCENEGGIATURA: Wayne Thornley, Raffaella Delle Donne, Andrew Cook, Anthony Silverston CAST: Samuel L. Jackson, Jeremy Suarez, Abigail Breslin, Jeff Goldblum, Leonard Nimoy, Jim Cummings, Noureen DeWulf, Richard E. Grant, Jenifer Lewis GENERE: Animazione DURATA: 83' DISTRIBUITO DA: Moviemax USCITA: 7 febbraio 2013

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D'Isa

Il Film da non perdere

LO HOBBIT - UN VIAGGIO INASPETTATO

Martin Freeman (41 anni, al centro) è stato scelto per la parte di Bilbo Baggins, lo hobbit che nella trilogia de Il Signore degli Anelli era interpretato da Ian Holm.

A quasi dieci anni da Il Signore degli Anelli torna il prequel tratto da J.R.R. Tolkien: Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, in 2D, 3D e Imax. Primo capitolo di un’altra trilogia, diretta ancora una volta dal geniale Peter Jackson. La scommessa è soprattutto la tecnologia su cui ha puntato il regista neozelandese: una versione in HFR 3D (un 3D ad alta frequenza), girata a 48 fotogrammi al secondo, il doppio dello standard. Dopo aver pubblicato la trilogia, Tolkien aveva ripreso in mano Lo Hobbit per dare continuità tra un’opera e l’altra. Ma il lavoro di revisione non è andato oltre il terzo capitolo, perciò la versione tiene conto di molte fonti, delle 100 pagine di appendice de Il Signore degli Anelli e dei Racconti incompiuti. Ci sono personaggi nuovi e altri che conosciamo come Gandalf il Grigio (Ian McKellen), Galadriel la Regina degli Elfi (Cate Blanchett), Saruman (Christopher Lee), persino Frodo (Elijah Wood) e naturalmente Gollum (Andy Serkis). Bilbo Baggins è interpretato da Martin Freeman. La nuova avventura è ambientata nella Terra

di Mezzo, sessant’anni prima de Il Signore degli Anelli e comincia con Bilbo coinvolto in un’epica ricerca per far tornare all’antico splendore il Regno dei Nani di Erebor, governato dal drago Smaug. Avvicinato dal mago Gandalf, Bilbo si ritrova al seguito di tredici nani capeggiati dal leggendario guerriero Thorin Scudodiquercia che vuole riportare il suo popolo a Erebor. Il viaggio li conduce per terre piene di pericoli e avventure, abitate da goblin, orchi e wags: bestie spaventose simili a lupi. E la fiaba diventa talmente dark da ricordare i gironi danteschi. La meta è la Montagna Solitaria, ma nel tragitto Bilbo incontra una creatura che gli cambierà la vita per sempre: Gollum, al quale sottrarrà il suo prezioso “tesoro”, un anello d’oro dai tanti poteri, indissolubilmente legato alle sorti della Terra di Mezzo. Film stupefacente che esagera però nella durata di circa tre ore.

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For magazine Il Film da evitare

L’INNOCENZA DI CLARA

Chiara Conti (38 anni) ha dichiarato: «Per me è stato un ruolo molto affascinante da interpretare. Clara è una donna forte e consapevole del suo potere sugli uomini».

Cresciuti in Lunigiana, tra la Toscana e la Liguria, Maurizio e Giovanni sono amici nella vita e nella caccia, che praticano con passione. Uno fa l’imprenditore e l’altro lo scultore: insieme condividono il marmo e una quotidianità tranquilla, interrotta all’improvviso da Clara, una giovane donna che turba i cuori dei protagonisti. Giovanni, sposato e annoiato, scolpisce madonne e desidera la ragazza, che però sposa Maurizio ed è amante di Marco, un cantautore locale. Tra una battuta di caccia e un bicchiere di vino, arriva l’inverno che congela la campagna ma accende i cuori, tra passioni e ossessioni. Clara, schiacciata dai silenzi e trascurata da Maurizio, cerca attenzione e premure tra le braccia di Giovanni, che tollera di condividerla con l’amico ma non con Marco. La sua gelosia genererà reazioni a catena e una caccia all’uomo. Il noir incorniciato in triangolo amoroso sarebbe stata una buona idea, ma il regista Tony D’Angelo non riesce a circoscriverla fino in fondo, a causa di una sceneggiatura debole. Il risultato è un

film esasperatamente sofisticato che non convince lo spettatore, nemmeno con le grazie seduttive della femme fatale Clara, troppo algida e a volte persino assente, interpretata dalla bella Chiara Conti, desiderata da Alberto Gimignani, Luca Lionello e Bobo Rondelli, anche loro un po’ persi nel triangolo delle parti. La natura e i paesaggi vincono su tutto, ma non bastano per reggere la durata di un film che annoia.

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For magazine INCONTRI di Antonio Osti

Il tatuaggio viene da lontano

Megan Fox esibisce sul costato un tatuaggio con la frase “There once was a little girl who never knew love until a boy broke her heart”, ovvero “C’era una volta una bambina che non aveva mai conosciuto l’amore, fino a quando un ragazzo non le spezzò il cuore”, dedicata a un amico morto.

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Non riduciamo tutto alla farfallina di Belen o al disegno impresso sui bicipiti di qualche sportivo. Questa nobile arte ha radici antiche, una storia che vale la pena scoprire. L’occasione per saperne di più è una grande convention a Milano, con famosi interpreti, straordinarie performance e spettacoli di ogni genere In un delizioso libro appena uscito di Giuseppe Scaraffia, I piaceri dei grandi, si legge che «il tatuaggio approda in Europa alla fine del Settecento, con i viaggi del capitano Cook nel Sud del Pacifico. Da allora si espande tra due categorie isolate per periodi più o meno lunghi dal resto del mondo: i marinai e i carcerati. Solo in seguito marchia i gay e i teppisti, come gli Hell’s Angels. Dietro alle volute colorate del tatuaggio riemerge il marchio rovente impresso ai malviventi nei secoli passati. Nell’arabesco del tatuaggio i lividi impressi dalla stretta del destino diventano i colori di guerra di una tribù clandestina». Poi sono venuti i calciatori, i tronisti, le star della Tv e la farfallina di Belen. Che ha fatto discutere l’Italia per settimane. Ma, per capire veramente la nobile arte del tatuaggio, per scoprire i maestri di questo antico rito, l’appuntamento da non perdere è a Milano, l’8-9-10 febbraio all’AtaHotel Quark. Tatuaggio, arte underground, musica, belle ragazze e un parterre eclettico, trasversale per questa manifestazione arrivata alla 18esima edizione. I migliori tatuatori italiani, europei e di ogni parte del mondo arrivano per sfidarsi e mettersi all’opera, artigiani meravigliosi che daranno anima e corpo ai sogni, alle idee e ai ricordi della gente che vorrà partecipare a questo meraviglioso scambio: una vostra idea, tramite la loro interpretazione, diverrà una vera opera d’arte. Un via vai di gente di tutti i tipi, il ronzio incessante delle macchinette e mille luci che illuminano e scaldano i corpi, pronti a farsi tele da dipingere con inchiostro indelebile. E ancora migliaia di visitatori che passeggiano lentamente nei corridoi e tra gli stand, per guardare e scegliere a quale tatuatore idealmente, o se si ha fortuna realmente, affidarsi per un eventuale lavoro.

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Durante l’appuntamento di Milano, dall’8 al 10 febbraio all’AtaHotel Quark, si svolgerà anche il concorso Miss Tattoo Convention: modelle super tatuate sfileranno in passerella sotto gli occhi attenti di una giuria composta dai più grandi tattoo artist a livello internazionale.

Dietro agli stand vedrete in mostra banner colorati, poster, illustrazioni ironiche e motti di spirito scritti accanto al nome dello studio; sui tavoli potrete sfogliare gli album e il portfolio dei lavori di oltre 250 artisti. E che artisti! A questa tre giorni partecipano i migliori del mondo: i più quotati, richiesti e riconosciuti tattoo artist internazionali – imprendibili spesso in studio per liste di attesa infinite – a disposizione del pubblico. Le distanze geografiche si annullano e Milano diventa un pianeta a sé che ospita la cultura del tatuaggio tradizionale del Giappone, il tribale della Nuova Zelanda, il tradizionale americano di New York, il divertente stile californiano… E ancora tutto il gusto della tradizione europea, presentata in migliaia di modi differenti. Poter assistere alla creazione di un tatuaggio, seguendo tutti i passaggi, è un’occasione unica. Vedrete, per esempio, il metodo tradizionale giapponese che prevede un tatami – palco di legno coperto di cuscini – dove fare sdraiare il cliente mentre il tatuatore realizza il proprio lavoro con l’antico sistema della bacchetta con ago e inchiostro; vivrete le emozioni di chi è lì a farsi tatuare, osserverete la concentrazione degli artisti al lavoro e li ammirerete per la superba interpretazione artistica. Ecco, questo

è lo spettacolo a cui assisterete, indimenticabile e unico come ognuna delle precedenti edizioni di questo storico appuntamento, uno dei più importati al mondo nel settore. E intanto, sul palco centrale della Sala Acquarium prenderanno vita una serie di spettacoli e di momenti di grande intrattenimento, fatti di musica, di arte del tatuaggio esibito su pelle, di belle ragazze che mostrano corpi tatuati e flessuosi come elastici. Insomma è il corpo, in tutte le sue declinazioni, a occupare il posto d’onore di questa manifestazione. Sono davvero tanti gli appuntamenti: dalla danza acrobatica della compagnia Aves, che volteggerà sul palco centrale esibendosi in coreografie sorprendenti, alle novità artistiche del noto gruppo Le Soeurs Tribales che di anno in anno si rinnovano aggiungendo nuove ricerche alla tradizionale danza orientale. Ascolteremo Andrea Rock – la voce di Virgin Radio – presentare le ragazze che parteciperanno al concorso di Miss Tattoo Convention e portare sul palco il suo progetto benefico che unisce la musica al sociale con il gruppo dei Punk Goes Acustic. Le vedremo sfilare e giocare con i propri corpi, ciascuna a suo piacimento con un look e un piccolo show personalizzato. Ancora, potremo ammirare i lavori

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Altri eventi imperdibili saranno il tattoo contest, che premierà il miglior tatuaggio, e la mostra By All Means Necessary con le cover di lp realizzate dai tatuatori.

di airbrush di Lorenzo Dossena – in arte Dox – che anche quest’anno decorerà i corpi delle sue bellissime modelle con disegni e sfumature sorprendenti. E di sicuro verrete sorpresi dalle performance da circo dell’accattivante e bellissima Lucky Hell. Ma una cosa in particolare non dovrete assolutamente perdervi: i tattoo contest, ossia il concorso di tatuaggi che andrà a premiare i migliori lavori presentati durante questa 18° edizione. Saranno coloro che li indossano – come sempre – a sfilare davanti a una giuria di accreditati tattoo artist che, in base alla bellezza e ad alcuni requisiti tecnici fondamentali, decreteranno i vincitori. A quel punto conosceremo anche i maestri di tali opere che verranno premiati insieme a coloro che li indossano. Un momento che sancisce ancora una volta il legame unico e magico che si crea tra tatuatore e tatuato. Ma non sarà solo il palco il punto focale degli show; in giro per le sei sale della location troverete alcune chicche del tatuaggio: una bellissima mostra fotografica dedicata allo stile chicano (quello delle scritte e dell’iconografia di strada tipica del sud della California) e alle street band di Los Angeles. Visiterete la sala dedicata alla mostra By All Means Necessary in cui scoprirete delle cover di lp che ogni tatuatore invitato a partecipare al progetto ha dedicato alla propria band della vita. In questo tour

che unisce il tatuaggio alle altre arti visive non potete saltare la mostra Woodcut Portraits del famosissimo tatuatore londinese Alex Binnie che ha reso omaggio ad alcuni dei più noti tatuatori internazionali, immortalandoli in impareggiabili ritratti fatti su una preziosa carta giapponese. Di sicuro il nome Sabina Kelley non necessita presentazioni: il suo corpo, The Body, è assolutamente il più fotografato nel mondo del tatuaggio. Ma non solo, perché questa famosissima modella di Las Vegas ha conquistato anche il gotha della fotografia internazionale. In occasione di questo appuntamento Tattoo Life Production presenta gli strepitosi scatti dell’edizione 2013 del Calendario Tattoo Energy. Da non perdere! Prestigiosi volumi d’arte dedicati alla cultura del tatuaggio verranno presentati in anteprima in questa occasione; stampe autografate e numerate dei più rinomati tattoo artist; dipinti eclettici, gioielli e miniature dalle forme più originali e un sacco di t-shirt e merchandising da acquistare come ricordo di questa kermesse… Tante, tante cose da vedere e da scoprire, per avvicinarsi al tatuaggio nella maniera più diretta e divertente possibile, che unisce l’arte alla bellezza di un mondo in continuo movimento, un mondo fatto di ironia, di tradizione e di oniriche visioni, che di sicuro non vi lascerà indifferenti.

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David Beckham

Christina Ricci

Johnny Depp

Rihanna

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Tra i tanti tatuaggi di Angelina Jolie c’è anche un antico simbolo cambogiano all’altezza della scapola sinistra fatto durante un viaggio in Thailandia: cinque righe verticali in lingua Khmer che secondo le credenze locali scacciano la sfortuna. A realizzare il pittogramma è stato Noo Kamphai, un noto artista di Bangkok.

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Non solo tattoo: alla convention milanese si potranno ammirare le performance acrobatiche della compagnia Aves, del gruppo Le Soeurs Tribales e della bellissima Lucky Hell.

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Sabina Kelley è una vera e propria icona vivente. La The Body del tatuaggio è originaria di Las Vegas, è nota in tutto il mondo per la sua bellezza statuaria e un sorprendente talento come showgirl. È stata sulle copertine di moltissimi giornali, ha partecipato a numerosi programmi televisivi e video musicali e i suoi calendari sono ormai un irrinunciabile oggetto di culto anche per gli amanti della tattoo art. Gli splendidi tatuaggi di Sabina sono stati immortalati anche da leggendari fotografi contemporanei come David LaChapelle e Bunny Yeager. In mostra a Milano le gigantografie degli scatti di Christian Saint per il calendario Tattoo Energy 2013.

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For magazine FENOMENI di Santi Urso

Per favore‌ mordimi

Da Buffy l’ammazzavampiri a Underworld, da True Blood a The Vampire Diaries: un teletrionfo per Dracula e i suoi epigoni. Fanno paura, ma sono anche belli proprio come Stefan (Paul Wesley), Elena (Nina Dobrev) e Damon (Ian Somerhalder), protagonisti di The Vampire Diaries, telefilm in onda su Mya e su Italia 1.

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sul collo

Il vampiro è di moda: in televisione, al cinema, nell’arte. Ma il suo mito, la sua leggenda arrivano da lontano. Con quel certo non so che di erotico che lo fa ancora più intrigante

Apostrofo rosa tra le parole t’amo. È la più famosa carta da visita del bacio (nel Cyrano di Rostand), ma anche la sua condanna, perché di fatto lo riduce a un accessorio, indispensabile, imprescindibile, indimenticabile, ma pur sempre uno degli ingredienti della passione, e pur nella sua muta magia non il più sensuale, se si può evocare in color pastello. Ecco perché il vampiro invece che alla voce horror, dov’è archiviato da secoli, dovrebbe trovarsi alla voce erotismo. Il non morto, consapevole della sua vita eterna, invece che stremarsi, per sedurre, in acrobazie d’alcova condite di baci, ha ridotto al minimo lo sforzo, ottenendo il massimo risultato. Il suo repertorio amatorio conosce un solo gesto: il morso, ovvero l’ennesima potenza del bacio, tanto che in ogni incontro gliene basta uno. E le sensazioni che procura non sono esangui! Conosce una sola, palpitante, coinvolgente sfumatura: quella rosso sangue. Persino le arguzie dei giullari sono sempre state rispettose: il vampiro esige “buon sangue, non mente”, motteggiava Nino Frassica. Questo fa del seduttore emosessuale il più invidiato

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Nel mondo dei fumetti, pochi personaggi hanno avuto il successo di Zora la vampira: 13 anni di vita editoriale per 235 albi, 100 ristampe e 12 speciali. Solo la collega Jacula la eguaglia con le sue 327 uscite. Entrambe sono state trasposte al cinema: Jacula nel 1980 da Vittorio De Sisti, Zora nel 2002 per la regia dei Manetti bros. con Micaela Ramazzotti e Carlo Verdone. Il successo di Zora è stato replicato solo in parte da Sukia, che uscÏ dal 1978 al 1985 per un totale di 150 albi. Se Jacula ha le fattezze di Patty Pravo e Zora quelle di Catherine Deneuve, Sukia è una versione dark di Ornella Muti.

Anche Benito Jacovitti non ha saputo resistere al fascino dei vampiri. E li ha rivisti alla sua maniera.

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Dracula e il mito dei vampiri è la mostra ospitata alla Triennale di Milano sino al 29 marzo, realizzata per i cento anni dalla morte di Bram Stoker, il papĂ di tutti i libri sui vampiri (il suo Dracula venne pubblicato nel 1897). 100 opere da vedere, tra dipinti, incisioni, disegni documenti, oggetti storici, costumi di scena e video. Tra i disegni in mostra, una tavola inedita di Guido Crepax: l’incontro tra Dracula e Valentina.

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Siamo nel 1986 e una mostra celebra i vampiri a margine di una rassegna del film di fantascienza e del fantastico: Grace Jones nelle braccia di Nosferatu, in un disegno di Marcello Jori.

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Nel 1959 Bruno Martino lancia Dracula cha cha cha: Dracula dracula dra (cha cha cha) Vampiro dal nero mantello di notte tu succhi sul collo le donne di giovane etĂ Dracula dracula dra (cha cha cha) Coi bianchi e affilati canini tu fai spaventare i bambini le mamme, le donne i papĂ . Dracula dracula dra (cha cha cha) Sei forte, sei nero, sei bello perchĂŠ non ti succhi un bel pollo e lasci le donne campar

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Brad Pitt, ovvero il vampiro che conquista, nel film di Neil Jordan Intervista col vampiro (1994) tratto dal romanzo di Anna Rice. Fu un grande successo al botteghino: incassò piÚ di 230 milioni di dollari.

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In Dark Shadows Johnny Depp è Barnabas Collins, vampiro d’altri tempi, che dorme in una bara e non si specchia. Il sangue e la tenuta di famiglia sono le sue due passioni.

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In La leggenda del cacciatore di vampiri (prodotto da Tim Burton e tratto dal romanzo di Seth Grahame-Smith, edito in Italia da Nord) l’eroe è Abraham Lincoln, presidente e giustiziere dei non morti che gli hanno ucciso la madre quando era bambino.

dei playboy: nessuno dei suoi rivali, anche dilapidando energie e finanze, riesce a far illanguidire come sa far lui, solo chinandosi devoto su una gola. Persino Stephen King, che nel suo saggio Danse Macabre voleva essere irriverente e fustigatore del “sesso pervertito”, non può evitare che la sua ironia si trasformi in aperto omaggio, quando dopo aver sostenuto che il “succhiasangue” ha un atteggiamento infantile, sfuggente davanti al sesso, definisce il vampiro “al servizio della sessualità” della sua vittima. Elogio, forse inconsapevole, dell’amore “fatto con la bocca”. Naturalmente qui si parla del vampiro cinematografico progenie del letterario Dracula, curatissimo negli affilati incisivi (i canini sono un falso), raffinatissimo nel far vibrare le emozioni: le nuove generazioni affidano il loro fascino a denti da latte. Perché, come per un disegno del destino, il Cinema e il Vampiro nascono insieme: nel 1895 i fratelli Lumière

mostrano al pubblico la loro invenzione, nel 1897 Bram Stoker, dopo un lavoro durato dieci anni, pubblica Dracula. E così come il cinema conquista rapidamente masse di spettatori, il Conte Dracula di Transilvania dimostra un prestigio e un fascino che nessun “nosferatu” (il non morto in rumeno) ha avuto prima di lui, anche se le leggende sui defunti che escono dalle tombe e si rigenerano con il sangue dei viventi sono diffuse da secoli. Aiutato dal cinema, il Conte riconferma la sua immortalità perché, fra i mostri (Frankenstein, la Mummia, il Lupo mannaro), è l’unico a combinare con naturalezza la paura con la seduzione. Già nel romanzo, pur molto anziano, è bello, con l’alta fronte, il mento deciso, la bocca dal taglio crudele da seduttore doc, diciamo (tra parentesi, anche la Creatura di Frankenstein, nel libro, è bellissima: fa orrore solo perché l’occhio globoso e il labbro senza carne fanno capire che non vi pulsa la vita). “Alto, accuratamente

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Una musica da brividi, un cimitero, nebbia e cigolii. Poi una bara che si apre e un vampiro che si drizza fino a sedersi: è il Conte Elio che presenta su Sky una maratona lunga otto film sui vampiri. Ma si tratta per lo più di pellicole che affrontano con ironia e disincanto il mondo delle tenebre. Morsi e risate. E dunque chi meglio di Elio, sì proprio il giudice di X-Factor (senza le Storie Tese) poteva calarsi nei panni di questi signori della notte dediti al culto dell’umorismo?

sbarbato, con lunghi baffi neri, ha una virile stretta di mano e un amabile sorriso”, queste le sue caratteristiche. Sullo schermo hanno provato anche a imbruttirlo (non ditelo alle teenager: anche Robert Pattinson non è un mostro di bellezza), ma non serve. Nessuna donna resiste a quella sua unica arma. A rischio di passare per politicamente scorretti va ricordato che la inestinguibile passione amorosa che anima il principe della notte è rigorosamente e disperatamente eterosessuale. Lo ha spiegato con chiarezza Francis Ford Coppola nel suo Dracula di Bram Stoker, che interpreta alla perfezione lo spirito del romanzo, con l’evocazione di Vlad Tepes Draculea, ribelle a Dio nel 1462, per vendicare la moglie Elisabeta, suicida per amor suo. E proprio il voivoda di Valacchia Vlad l’Impalatore è all’origine del nome del più celebre dei vampiri: Bram Stoker aveva intuito che la lugubre fama e il diabolico nome (che significa “figlio

del diavolo”) erano una miscela vincente. Tanto che nella sua ombra vivono (e rivivono) tutti gli altri, dal Nosferatu primigenio (del 1922, ribattezzato conte Orlok, per non pagare diritti agli eredi dello scrittore) alla saga di Twilight, passando per Lestat, i vampiri di Salem e la famiglia di Barnabas Collins. Senza mai dimenticare che anche per il vampiro l’origine del suo mondo è sempre la donna: in principio il vampiro era femmina, anche se solo il nome di Erzsebet Bathory è rimasto nella leggenda, neppure insidiato dalla popolarità di Carmilla, alla contessa ungherese accomunata dalla predilezione per le donne, e dall’egoismo. Le vittime erano strumento, anche torturato, del loro piacere: Dracula invece è lo strumento del piacere altrui. Bisogna essere pazze per disfarsene piantandogli un paletto nel cuore.

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Dracula in 3D è diretto da Dario Argento e interpretato dalla figlia Asia. Il regista ha detto: «Io e Dracula abbiamo parecchie cose in comune. La passione, i pensieri, gli amori, lo stato d’abbandono, certe fragili ossessioni. Abbiamo gusti affini, io e il mostro».

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«È la recessione/È tutto molto strano a New York/Ragazzini ossessionati da vampiri ragazzini/Bocche come boccioli di rosa che non usano coltello e forchetta». Frederick Seidel ha scelto i giovani vampiri di Twilight per raccontare con una poesia sulle pagine del New Yorker l’Europa e l’America segnate dalla crisi. A testimonianza dell’enorme successo della saga cinematografica arrivata con il quinto episodio (Breaking Dawn Parte 2) alla sua conclusione.

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For magazine Telestar di Tommaso Gandino

La Soldano a New York, dove il cast di Un posto al sole ha girato alcune puntate: nella soap Marina, Serena e Roberto si ritroveranno nella Grande Mela per cercare Filippo, scomparso da mesi.

Vivere in una soap

Bellezza antica e sensualità sbarazzina ne fanno una delle attrici di fiction più apprezzate. Nina Soldano ha conquistato il pubblico con la sua Marina Giordano di Un posto al sole Le è mai passata la “fame” di recitazione? «Come potrebbe mai passarmi dopo aver scelto questo mestiere con tutta la mia forza! Non potrei fare altro che recitare fin che la vita lo vorrà». Ha faticato per entrare nel ruolo più popolare della soap opera di Rai Tre Un posto al sole? «No, non ho faticato. Il mio mestiere è quello di calarmi nella vita di vari personaggi, a volte positivi e a volte negativi».

Interpretare un personaggio come il suo dà ad un’attrice la possibilità di conoscersi meglio? «La mia vita non è una fiction, e per fortuna riesco a scindere la finzione dalla vita reale. Non ho lati oscuri, come invece potrebbe averli il personaggio che interpreto in Tv». Un ruolo così intenso non le ha provocato qualche scossone emotivo? «A dirla tutta quando recito ed entro in un personaggio dai

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forti contrasti emotivi mi emoziono sempre, e ciò mi provoca forti sussulti interiori. Ma, del resto, questo è il bello di chi vive intensamente come me il mestiere dell’attore». Le è mai capitato in qualche puntata di sentirsi “scomoda” nella sua pelle? «Ma direi proprio di no, poiché amando il mio lavoro non mi sento mai a disagio, qualsiasi personaggio interpreto». Come si spiega l’enorme successo di Un posto al sole? «Si tratta di una fiction che costantemente va di pari passo con la vita reale, toccando vari temi sociali e mantenendo sempre un filo logico». Un retroscena sul set che non ha mai svelato? «Tutto quello che c’è da sapere si sa già, non ci sono altri retroscena misteriosi». La popolarità straordinaria che sta vivendo da qualche anno ha cambiato il suo stile di vita? «No, e anche se da poco ho festeggiato trent’anni di carriera il mio stile di vita non è affatto cambiato». Meglio un successo duraturo ma senza premi immediati o tanti riconoscimenti subito? «Basta essere costanti nel tempo, ed essere gratificati per quello che si fa, a prescindere da premi o riconoscimenti vari. Il successo è dentro ognuno di noi, basta crederci». Se trasformasse la sua vita in un copione sarebbe un film drammatico, comico o romantico? «La mia vita è a tutto tondo. Quindi direi che sarebbe un pizzico di dramma e un po’ di comicità, con un assaggio di commedia romantica che ci sta tutta». Dal sacrificio si ottiene la vera felicità? «Dal sacrificio si ottengono sempre cose costruttive». Secondo lei l’amore non ha confini? «Assolutamente no, non li ha». La sessualità è una cosa così importante per definire un individuo? «Direi proprio di no: una persona non si definisce dalla sua sessualità, ma da ben altro. Si è semplicemente un essere umano, con sogni, speranze, amore, gioia di vivere, ecc. ecc.». In questa Italia così bacchettona e omofoba che cosa manca? «Mancano il rispetto, il rigore e la voglia di cambiare. È tutto così approssimativo e io aborro l’ignoranza di chi non sa né vedere né ascoltare».

Nina Soldano (49 anni) ha esordito in Tv con Indietro Tutta di Renzo Arbore.

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For magazine ARTE di Nolberto Bovosselli

Marten van Valkenborch e Hendrick van Cleve, La torre di Babele, 1580 ca. Olio su tela, 53 x 76 cm. Francia, collezione privata.

Una delizia per gli occhi Il Chiostro del Bramante presenta Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga, la prima mostra romana interamente dedicata alla famiglia di pittori belgi attiva tra il XVI e il XVII secolo: oltre cento opere tra dipinti, disegni e grafiche

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Pieter Brueghel il Giovane, Danza nuziale allʼaperto, 1610 ca.Olio su tavola, 74,2 x 94 cm. USA., collezione privata.

Anche chi non è appassionato d’arte, nella fattispecie di pittura, non può restare indifferente di fronte alla luminosità dei colori, alla cura dei dettagli, allo splendore delle scene rappresentate nei dipinti dei capolavori fiamminghi. Più di cento opere di questo particolare tipo di pittura – nata nel ’400 nelle Fiandre (Belgio) e nei Paesi Bassi, e caratterizzata dall’uso dei colori ad olio, dalla rilevanza della luce, dal gusto per il miniaturismo – saranno esposte fino al 2 giugno al Chiostro del Bramante nella collezione Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga, la prima grande esposizione che Roma dedica alla famosa dinastia di artisti belgi. Le

quattro generazioni di pittori furono attive tra il XVI e il XVII secolo, la storia della loro arte si articola attraverso un arco temporale, familiare e pittorico di oltre 150 anni. A cominciare dal capostipite, Pieter Brueghel il Vecchio (1525/1530-1569), dalla vita a tratti misteriosa e dalle notizie biografiche incerte e lacunose, talvolta contraddittorie, che tuttavia ebbe modo di compiere un viaggio in Italia (tra il 1551 e il 1561 circa) come testimoniano alcune sue vedute del Lago Maggiore, di Roma, Napoli, Messina. Nel suo excursus artistico fu decisivo il contatto con l’incisore ed editore di stampe Hieronymus Cock di Anversa, che volle avvicinarlo alle

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Marten van Cleve, Matrimonio di contadini (due di sei pannelli),Olio su tavola. New York, collezione privata.

opere di Hieronymus Bosch, facendogli riprodurre una serie di disegni del pittore olandese, appartenente alla generazione precedente a quella di Brueghel. Proprio il rapporto tra Pieter il Vecchio e Bosch è uno dei presupposti peculiari della mostra. Infatti, il primo dei Brueghel incarna perfettamente la capacità di osserva-

zione e rappresentazione di quelle visioni allegoriche, moralistiche e fantastiche che si concretizzano nella pittura del Cinquecento. La dinastia belga, con il suo talento e la sua visione dell’umanità, ha caratterizzato l’arte europea dei secoli a venire, facendo sì che i contenuti comici e spesso grotteschi si trasmettessero dal

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Pieter Brueghel il Giovane, Gli adulatori, 1592 ca. Olio su tavola circolare, 18,5 cm (diam.). Maastricht, collezione privata.

padre ai figli Pieter il Giovane e Jan il Vecchio, fino al nipote Jan Brueghel il Giovane. Il contributo artistico di questa stirpe di pittori, perciò, si snoda nell’esposizione romana, riproducendo fedelmente la corrispondenza tra le vicende familiari e l’evoluzione dei protagonisti. La

genealogia prosegue e si ramifica con i figli dei figli del capostipite, in una complicata rete di relazioni presentata con precisione e rigore, fino agli undici figli di Jan, cinque dei quali anch’essi pittori. Il percorso si concentra, poi, attorno alle vicende di ciascun artista e si sviluppa secondo una logica a rete, abbracciando i

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Jan Brueghel il Vecchio, Paesaggio fluviale con bagnanti, 1595-1600. Olio su rame, 17 x 22 cm. Svizzera, collezione privata.

riferimenti internazionali e i fatti storici del periodo di riferimento, come l’esperienza di Jan van Kessel I, figlio di Paschasia, sorella di Jan Brueghel e di Ambrosius Brueghel, artista di grandissima qualità ma poco conosciuto e approfondito. La raccolta si chiude idealmente con David Teniers il Giovane, legato alla dinastia dei Brueghel per aver sposato Anna, figlia di Ambrosius. Un viaggio coinvolgente, dunque, nell’epoca d’oro della pittura

fiamminga attraverso opere provenienti da prestigiose collezioni private e da musei italiani e stranieri, tra cui il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Tel Aviv Museum of Art, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano e il Museo di Capodimonte di Napoli. Solo così è stato possibile raccogliere e mettere insieme capolavori difficilmente accessibili, alcuni dei quali finora mai esposti al pubblico. Tra i dipinti più importanti esposti nella cornice capitolina

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Jan Brueghel il Giovane, Allegoria dellʼolfatto, 1645-1650 ca. Olio su tela, 57 x 82,5 cm. Ginevra, collezione Diana Kreuger.

figurano La Resurrezione (1563 ca.) di Pieter Brueghel il Vecchio, Danza nuziale allʼaperto (1610 ca.), Le sette opere di misericordia (1616-1618 ca.), Trappola per uccelli (1605) di Pieter Brueghel il Giovane, La Tentazione di santʼAntonio nel bosco (1595 ca.) di Jan Brueghel il Vecchio, Allegoria dellʼolfatto (1645-1650 ca.) e Allegoria dellʼudito (1645-1650 ca.) di Jan Brueghel il Giovane, I sette peccati capitali (1500-1515) di Hieronymus Bosch, alcuni

quadri di Martin van Cleve, pittore della corporazione di Anversa, quali Danza nuziale (1570-1580 ca.) e Matrimonio di contadini (in 6 pannelli). L’intera esposizione è curata da Sergio Gaddi e Doron J. Lurie, conservatore dei dipinti antichi al Tel Aviv Museum of Art, ed è promossa e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con DART Chiostro del Bramante.

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ForSTORIE magazine di Sestilia Pellicano Berger&Berger, Vanishing Point, 2011. Foto: Guillaume Ziccarelli.

Uno spazio creativo La Fondazione Pastificio Cerere si conferma luogo all’avanguardia nel panorama culturale italiano: arte contemporanea e formazione, opere che dialogano con il contesto urbano e una programmazione all’insegna della multidisciplinarietà . Ne abbiamo parlato con Marcello Smarrelli, che ne cura la direzione artistica 102 For Magazine


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Meccanici è una delle foto di Via degli Ausoni, mostra fotografica del terzo appuntamento di “Pastificio lab”. Foto: Another Studio, 2012.

Il fascino del luogo, ex pastificio-semoleria costruito alla fine dell’Ottocento e magnifico reperto di archeologia industriale, si fonde in maniera indissolubile con la ricerca e la sperimentazione artistica che l’hanno reso famoso. In particolare, il Pastificio Cerere divenne celebre alla metà degli anni Ottanta perché sede del “Gruppo di San Lorenzo”, quando Achille Bonito Oliva con la mostra Ateliers aprì al pubblico gli spazi dove abitavano e lavoravano gli artisti Nunzio, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Piero Pizzi Cannella, Marco Tirelli. Ancora oggi è sede di studi, gallerie d’arte, scuole di fotografia e della stessa Fondazione, voluta nel 2004 dal suo presidente, Flavio Misciattelli, con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea. Mediante un ricco calendario di mostre, conferenze, workshop e programmi di residenze per artisti, la Fondazione ha fatto della formazione il trait d’union delle attività, curando in particolare il dialogo con gli studenti del vicino ateneo de “La Sapienza” e il coinvolgimento di un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo. Abbiamo incontrato il direttore artistico della Fondazione, Marcello Smarrelli, il quale ci ha raccontato diverse cose interessanti.

Al Pastificio Cerere è in corso la prima personale in Italia del duo Berger&Berger La densità dello spettro: cosa l’ha colpita maggiormente della loro ricerca artistica? «L’architettura era considerata nel mondo classico come una delle arti maggiori e l’architetto deve avere, oltre alla creatività che condivide con gli artisti, anche le competenze per gestire la tecnica. Perciò l’idea che, come nel caso dei fratelli Berger&Berger, un artista e un architetto lavorino insieme e producano opere che rimangono in uno stato liminare tra arte e architettura, mi sembra un contributo importante alla discussione di cosa siano oggi le arti visive. Le ultime biennali, soprattutto quella diretta da Kazuyo Sejima, ci hanno insegnato che l’architettura è essenzialmente percezione dello spazio, l’idea di scolpire uno spazio che sia legato a una sensazione, piuttosto che alla materia». White Glazed, uno dei lavori site specific realizzati dai Berger&Berger per la mostra, rappresenta la loro visione di “white cube”: qual è invece la sua personale visione? «Con White Glazed, il wall painting realizzato applicando sui muri la vernice bianca industriale con microgranuli di vetro, emergono le imperfezioni

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Berger&Berger, Ça va, cinema prefabbricato. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia, 2010. Foto: Guillaume Ziccarelli

dello stesso spazio a cui, convenzionalmente, si assocerebbe l’idea di spazio neutro. Ciò che diventa centrale è la visualizzazione del processo dell’opera, ciò che ha portato a realizzarla. Mentre i Berger&Berger lavoravano nel silos della Fondazione, ho incoraggiato questo articolato processo di sperimentazione che ha coinciso con la loro personale visione di “white cube” che corrisponde alla mia: un luogo solo apparentemente neutro dove si agitano e si scontrano molte energie». Il suo progetto “Pastificio lab” mette al centro la multidisciplinarietà: qual è il bilancio di questi primi appuntamenti? Ve ne saranno altri? «Durante l’inaugurazione del progetto “Via degli Ausoni” è stato davvero molto interessante vedere quanto abbia funzionato lo scambio tra la “strada” e lo spazio espositivo, quanto realmente si sia attivato un dialogo con un pubblico diverso ed eterogeneo. Infatti, tutti i protagonisti degli scatti fotografici, spinti dalla curiosità e da una certa fierezza, sono venuti a vedersi in mostra, portando anche le rispettive famiglie. L’interesse suscitato dai primi due appuntamenti è stato fondamentale per confermare quanto “Pastificio lab”, diversificandosi dagli abituali circuiti espositivi, sia stato riconosciuto come progetto indirizzato a un pubblico più ampio e capace di parlare agli studenti che abitano il quartiere di San Lorenzo. L’iniziativa si è quindi inserita in modo coerente nella tradizione della stessa Fondazione Pastificio Cerere, che caratterizza tutte le sue attività per una particolare attenzione alla formazione. Il bilancio dunque non può che essere positivo, considerando che tutto è stato realizzato con un budget molto basso. Gli appuntamenti continuano, sempre organizzati dal collettivo “Sguardo Contemporaneo”».

Una certa scuola di pensiero ritiene che l’arte contemporanea abbia bisogno di luoghi adeguati per le esposizioni, altrimenti le opere vengono come “svilite”. Lei, che è autore anche del progetto “Postcard from”, la pensa diversamente? «“Postcard from” è un progetto che mi diverte moltissimo per la sua capacità di incuriosire le persone, soprattutto i non addetti ai lavori, e di stimolarne pensieri e domande. Considero l’arte uno strumento formativo e di conoscenza, un mezzo di sviluppo culturale portatore di un modello etico. Questo progetto offre la possibilità di rendere l’arte accessibile a tutti: mi piace l’idea che i passanti diventino involontariamente spettatori di un’opera. Spero che questo contribuisca a rendere il loro pensiero più libero, ad alleggerirlo del peso che si può generare in un luogo espositivo tradizionale. Il museo, la galleria o lo spazio di una fondazione condizionano la nostra percezione, perché sappiamo di guardare qualcosa che è già elevato allo status di arte. Dunque, credo che più che il luogo fisico in cui viene esposta l’opera di un artista sia fondamentale creare un dialogo fra quell’opera e il contesto circostante». “6 Artista” è il programma di formazione ideato dalla Fondazione e rivolto agli artisti under 30, residenti in Italia. Come prosegue e quali progetti ha per il 2013? «Il progetto di residenze rivolto agli artisti è giunto alla IV edizione e quest’anno riceve il sostegno della Camera di Commercio e della Fondazione Roma. In particolare, il programma offre loro una residenza di sei mesi al Pastificio Cerere, un’occasione unica per entrare in contatto con il gruppo di artisti che vivono e lavorano qui da molti anni e che hanno fatto la storia del luogo».

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Berger&Berger, progetto per il Centre Pompidou Mobile, 2009, courtesy Berger&Berger.

Cosa significa per lei la direzione artistica del Pastificio? Programmi per il nuovo anno? «Da quando sono diventato direttore artistico della Fondazione ho cercato di accentuare sempre più la vocazione alla sperimentazione insita nel dna di questa storica istituzione, mescolando i diversi linguaggi che caratterizzano la scena contemporanea. Abbiamo iniziato con “Curare l’educazione?”, un progetto formativo rivolto agli studenti delle scuole superiori, e con “6 Artista”, poi sono arrivate altre iniziative. Uno dei progetti che svilupperemo nel 2013 è “Pastificio arch”, con cui per la prima volta la Fondazione si apre a esperienze di ricerca legate al mondo dell’architettura. Giovani studenti di architettura saranno invitati ad affrontare il tema dell’urbano cimentandosi con piccole porzioni di spazio, in cui creare un evento da consegnare al quartiere affinché possa farne esperienza, assimilarlo e nel caso promuoverlo e moltiplicarlo. Gli studi dovranno agire direttamente sul territorio, realizzando concretamente un’opera. Gli stessi cittadini, le associazioni e in particolare gli studenti delle facoltà di architettura e design saranno chiamati a interrogarsi su temi che riguardano le loro vite all’interno della città».

tercettare contenuti e linguaggi d’avanguardia, utilissimi per anticipare le esigenze di una società in continua evoluzione, potenziando le capacità manageriali, relazionali e creative delle persone. Una forma di mecenatismo senz’altro efficace e originale».

In base alla sua esperienza, ci vuole parlare del rapporto tra arte contemporanea e mondo industriale? «Le aziende inseguono valori quali passione, partecipazione, fiducia: tutte componenti emozionali fondamentali per le organizzazioni, che l’arte può far riaffiorare. Quando gli artisti vengono invitati a realizzare un lavoro in azienda, coinvolgendo direttamente i dipendenti, è come se si restituisse una dimensione umana al lavoro. L’impresa in questo modo ha la possibilità di sostenere la produzione di arte contemporanea e di in-

C’è un artista di cui sogna di curare l’esposizione? «Ogni progetto che ho curato da quando ho iniziato a lavorare è stato un sogno realizzato. Ma se proprio dovessi fare un nome direi Olafur Eliasson».

Quale valenza può avere in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo? «Credo che mai come in questo momento la cultura e l’impresa debbano collaborare. Quando le risorse esterne mancano, è necessario ricercare e imparare a sfruttare quelle interne. L’arte è un grande attivatore di pensiero e contribuisce a creare ambienti di lavoro favorevoli all’innovazione e al cambiamento. L’impresa, sostenendo la produzione di arte contemporanea e introducendola nell’organizzazione, può beneficiare direttamente degli stimoli che vengono da essa, mentre gli artisti possono trovare nell’industria inusuali ambiti di espressione. Affinché ciò accada, però, occorrono desiderio di mettersi in gioco e coraggio di infrangere alcuni tabù che appartengono a entrambi i mondi, ma credo che questo periodo di crisi possa essere di grande aiuto».

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For magazine TEATRO di Nolberto Bovosselli Jacopo Sarno, Sergio Muniz, Paolo Calabresi, Pietro Sermonti, Paolo Ruffini, Gianni Fantoni. Lo spettacolo è presentato dalla PeepArrow Entertainment di Massimo Romeo Piparo, con libretto di Terrence Mcnally e musiche di David Yazbek.

Quando la crisi lascia in mutande Come accade realmente al Sistina nel musical The Full Monty, tratto dal film cult inglese del 1997. Tra disoccupazione e arte d’arrangiarsi, danze goffe, canzoni famose e striptease Pietro Sermonti & Co. portano in scena uno spettacolo divertente e attuale Cosa c’è di meglio che una commedia brillante per esorcizzare la crisi economica? Se poi lo spunto di partenza è proprio quello delle difficoltà finanziarie, della disoccupazione in aumento e dell’arte d’arrangiarsi allora la rappresentazione farsesca si trasforma in un “istant show” che, pur fotografando la dura realtà, prova a riderci sopra lanciando un incoraggiamento e un messaggio di speranza al pubblico. Inoltre, se alla base di tutto c’è

un film di successo rimasto scolpito nella mente dell’immaginario collettivo, ecco che l’operazione può dirsi riuscita ancor prima di andare in scena. È quello che deve aver pensato il regista Massimo Romeo Piparo quando ha adattato The Full Monty, tratto dalla celebre pellicola inglese di Peter Cattaneo, che nel 1997 fu campione d’incassi al botteghino e vinse l’Oscar per la colonna sonora di Anne Dudley (indimenticabile la scena in cui Robert

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Carlyle e soci iniziano a ballare mentre sono in coda all’ufficio postale sulle note di Hot Stuff di Donna Summer). Tuttavia, quella che verrà rappresentata sul palco del Teatro Sistina, dal 29 gennaio al 17 febbraio, è una rivisitazione tutta italiana della commedia proletaria inglese, che era ambientata a Sheffield, durante la recessione causata dalle politiche economiche della “lady di ferro” Margaret Thatcher. Nel musical di Piparo le vicende vengono trasferite in Italia, nella periferia industriale di Torino, dove un gruppo di operai disoccupati cerca di sbarcare il lunario per racimolare qualche euro e tirare a campare. Facendo un po’ di satira spicciola, alludendo alle misure di rigore del nostro ultimo premier, si potrebbe meglio titolare lo spettacolo “Full Monti”, proprio per la stretta fedeltà del testo alla situazione socio-economica attuale. «Nella nostra testa – ha spiegato il regista – Torino è l’industria, l’automobile, la siderurgia, lo sviluppo. In questo momento è un sogno infranto. Crisi mondiale e disoccupazione dilagante ci hanno fatto capire che la crescita economica non è infinita. Sono siciliano, io, ma Torino la conosco bene perché ci vivono due miei zii che, come molti ragazzi meridionali, erano andati a farci l’università e là sono rimasti piantando radici». A indossare le tute blu degli operai in difficoltà c’è un cast eterogeneo e versatile, composto da attori brillanti e cabarettisti, artisti in sovrappeso e sex symbol, come Sergio Muniz (ex modello spagnolo vincitore della seconda edizione de L’isola dei famosi), Pietro Sermonti (volto noto della Tv per le sue partecipazioni a Un medico in famiglia, Boris, Nero Wolfe), Paolo Ruffini (un passato da vj a Mtv e oggi conduttore di Colorado), Gianni Fantoni (comico e imitatore di lungo corso, da Striscia la Notizia a Ciro fino a Zelig), Paolo Calabresi (attore di cinema e Tv, dal 2008 nel cast di inviati de Le Iene), Jacopo Sarno (promessa dello spettacolo italiano, doppiatore e protagonista della miniserie Non smettere di sognare). Ad unire i sei operai ci pensano la passione per il calcio e l’impresa di arrivare a fine mese, che, dopo averle provate tutte, li spinge a mettere da parte l’orgoglio (e i vestiti) e a fare uso del proprio corpo cavalcando un’idea tanto bizzarra quanto disperata: allestire uno show a pagamento di spogliarello maschile. Superate le diffidenze iniziali e vinto un legittimo imbarazzo, il gruppo di amici si lancia in questa sfida, tra duri allenamenti di fitness, prove canore ed esibizioni di ballo nel tentativo di risultare anche sensuali, come dei veri spogliarellisti, e provando a ritrovare quella fiducia in se stessi purtroppo andata perduta. «Ero imbarazzato – ha raccontato Pietro Sermonti, uno dei protagonisti –. Però prima di accettare il ruolo sono andato da un maestro di canto per capire se potevo presentarmi sul palcoscenico. Le sue parole mi hanno rassicurato. In The Full Monty non devo ballare da ballerino, sono per lo più balli goffi per far divertire. Se si fosse trattato di ballare seriamente non credo che avrei accettato. La risposta di questi operai – ha proseguito l’attore – è esistenziale e di una caratura straordinaria. Le persone che reagiscono alla rabbia e alla frustrazione con ironia credo che se la passino meno peggio degli altri». Questa leggerezza di fronte ai problemi trova il giusto sfogo, quasi terapeutico, nel liberatorio striptease finale che ha un sapore di rinascita. Pietro Sermonti (41 anni): l’attore romano ha dichiarato che dopo tante commedie vorrebbe interpretare ruoli drammatici o da cattivo. Per ora sperimenta il musical teatrale. L’espressione inglese “Full Monty” significa “servizio completo”, riferito allo strip finale dove i protagonisti rimangono totalmente nudi.

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For magazine MATTATORI di Demetrio Moreni

Š Claudio Abate

Il genio dello scandalo

Claudio Abate, Carmelo Bene e Veruschka in Salomè, lungometraggio, 1972.

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A dieci anni dalla sua scomparsa, Palazzo delle Esposizioni rende omaggio all’arte dell’attore-regista salentino con la rassegna Benedette foto! Carmelo Bene visto da Claudio Abate, documenti preziosi che lo salvarono in un processo per una rappresentazione del 1963

Nel titolo della mostra c’è tutto: «Benedette foto». Così commentava con tono liberatorio Carmelo Bene nelle pagine della sua prima autobiografia, facendo esplicito riferimento al ruolo, per lui quasi vitale, svolto da alcuni scatti realizzati dall’amico fotografo Claudio Abate. Furono proprio le foto di scena a rappresentare una testimonianza inequivocabile per scagionare il genio provocatorio del teatro italiano dalle accuse di oltraggio che gli erano piovute addosso durante il concitato spettacolo Cristo 63. L’opera, proposta una sola volta nel 1963, al Teatro Laboratorio di Roma, suscitò grande scandalo, a tal punto che fu sospesa da un’irruzione della polizia, per la presenza di una rappresentazione non convenzionale della crocifissione, giudicata blasfema, e per alcuni atteggiamenti sopra le righe degli attori che furono bollati come indecenti e irriguardosi. Carmelo Bene, nei panni del Cristo, fece spegnere le luci, ma i fotografi, con flash a raffiche, scattarono una gran quantità di foto che, in seguito, si sarebbero rivelate determinanti. L’artista salentino fu condannato in contumacia a otto mesi con la condizionale per i reati di atti osceni in luogo pubblico, turpiloquio, vilipendio e oltraggio. Lo spettacolo non fu mai più replicato e il teatro venne chiuso per un po’. Il processo andò avanti per qualche anno, ma alla fine venne esclusa ogni responsabilità di Bene, ritenuto estraneo ai fatti proprio in virtù delle immagini di Abate.

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© Claudio Abate

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Claudio Abate, Carmelo Bene in Il Rosa e il Nero, Nuovo Teatro delle Muse, Roma 1966.

Ancora oggi quelle foto sono “benedette”, come hanno sottolineato i curatori della mostra Daniela Lancioni e Francesca Rachele Oppedisano, poiché costituiscono le uniche prove del lavoro del regista in quegli anni. Per il pubblico interessato è possibile ammirare questa galleria al Palazzo delle Esposizioni, fino al 3 febbraio, nella mostra intitolata Benedette foto! Carmelo Bene visto da Claudio Abate, che si snoda attraverso un percorso espositivo di circa 120 fotografie, sia in bianco e nero sia a colori, realizzate in un arco temporale lungo dieci anni, che va dal 1963 al 1973. Scatti di scena che fanno rivivere dieci anni di carriera teatrale dirompente, durante i quali Carmelo Bene, davanti e dietro le quinte, portò sul palco nove opere straordinarie: Cristo 63, Salomè da e di Oscar Wilde, Faust o Margherita, Pinocchio ’66, Il Rosa e il Nero, Nostra Signora

dei Turchi, Salvatore Giuliano, Arden of Feversham, Don Chisciotte. In rassegna anche le istantanee relative al lungometraggio Salomè. Tutte le immagini derivano da un attento lavoro di ripristino che ha permesso di stampare a mano le fotografie in bianco e nero, ottenute da negativi su carta baritata ai sali d’argento e ritoccate (ad eccezione di quelle di Cristo 63, i cui negativi vennero sequestrati dalla magistratura); invece, le immagini a colori sono acquisizioni digitali da diapositive, stampate a getto di inchiostro su carta baritata. Inoltre, gli scatti in mostra sono raccolti per spettacoli e ordinati in sequenza cronologica; ogni gruppo è preceduto da un testo redatto da Francesca Rachele Oppedisano per introdurre i visitatori alle tematiche di ciascuna messa in scena e, in alcuni casi, all’accoglienza ad essa riservata dalla critica. Queste fotografie svolgono

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© Claudio Abate

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Claudio Abate, Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Isabella Russo, Imelde Marani e Alfiero Vincenti in Nostra Signora dei Turchi, Teatro delle Arti, Roma 1973.

la preziosa funzione di restituire il teatro di Carmelo Bene fissandone chiaramente le figure, gli oggetti e la loro relazione con lo spazio, permettendo di verificare alcune sue celebri invenzioni, valorizzando le luci, i costumi, i trucchi, gli attrezzi di scena. Ma soprattutto, come ha scritto Jean-Paul Manganaro nel testo in catalogo, testimoniano gli istanti particolari in cui l’artista ha assunto la potenza delle sue decisioni sceniche, destinate in seguito ad essere riproposte attraverso un programma di rielaborazione e di ricerca continui. «L’ho incontrato in un bar che aveva i migliori vini e i migliori champagne di tutta Roma: era una personalità coinvolgente, un grande parlatore, ho trovato in lui un personaggio interessante fin da subito». Con queste parole Claudio Abate ha ricordato il suo primo incontro con Bene, avvenuto

nel 1959 da Notegen, locale romano situato fra piazza di Spagna e piazza del Popolo e frequentato dai creativi più promettenti dell’epoca. Bene aveva al suo attivo alcuni significativi spettacoli in quella felice stagione del teatro italiano; Abate era già un fotografo affermato e frequentava pittori e scultori: forte di questa esperienza, colse subito l’eccezionalità artistica del Maestro e divenne il suo fotografo di scena. «Riguardo alle foto di scena sono un testimone – ha detto ancora Abate – e ho cercato di riportare in maniera più precisa possibile ciò che ho avuto di fronte. In questo caso e nelle fotografie d’arte sono più libero, mentre quando do una testimonianza del lavoro altrui cerco di interpretare il punto di vista dell’artista».

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ForMUSICA magazine di Nolberto Bovosselli

© Paolo Santambrogio

Dov’è la vittoria?

I Modà nascono nel 2002 e in dieci anni hanno pubblicato quattro album in studio. La band è composta da Diego Arrigoni (chitarra elettrica), Enrico Zapparoli (chitarra acustica), Francesco Silvestre (cantante), Claudio Dirani (batteria) e Stefano Forcella (basso).

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Nel 2011, in duetto con Emma, si sono piazzati al secondo posto. Ma quest’anno i Modà puntano a trionfare nel 63esimo Festival di Sanremo, che li vede già tra i grandi favoriti. Subito dopo partirà il “Gioia Tour” con tappe anche a Roma e Milano

«Siamo felicissimi di partecipare nuovamente al Festival perché siamo convinti che sia un’importante vetrina per un artista e siamo emozionati come se fosse la nostra prima volta». Con queste parole Francesco Kekko Silvestre, frontman della band, ha commentato la presenza ufficiale dei Modà, nella categoria “campioni”, alla 63esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, che comincerà tra qualche settimana con la conduzione di Fabio Fazio. Si tratta della terza partecipazione alla kermesse canora del gruppo pop-rock, dopo l’esordio nel 2005 nella sezione giovani con il brano Riesci a innamorarmi (buon successo di critica e di pubblico) e, soprattutto, dopo il trionfo sfiorato nel 2011 con la canzone Arriverà eseguita in coppia con Emma Marrone: sebbene la vittoria finale sia andata a Roberto Vecchioni, questo brano, composto dallo stesso Silvestre assieme a Enrico Zapparoli ed Enrico Palmosi, è diventato subito una hit trasmessa in continuazione dalle radio italiane; inoltre, ha contribuito a lanciare il loro quarto cd di inediti, Viva i romantici, capace di mantenere la prima posizione nella classifica degli album più venduti per oltre un mese, raggiungendo il disco di diamante con circa 400.000 copie e risultando il secondo album italiano più venduto del 2011, dietro solamente a Vasco Rossi. Singoli come Sono già solo, Vittima, Timida, La Notte e, appunto, Arriverà (ciascuno disco multiplatino nella classifica download) hanno avuto un “effetto traino” per l’intero lavoro, che ha ottenuto il disco di diamante in pochi mesi, restando sei settimane in testa alla classifica di vendita. L’exploit sanremese è stato un vero punto di svolta per la carriera della band, che dopo una lunga gavetta negli spettacoli live e in seguito al

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© Paolo Santambrogio

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Nel 2011, per il disco Viva i romantici, i Modà vincono il Premio Lunezia Pop-Rock, due riconoscimenti ai Trl Awards di Mtv come miglior artista italiano e miglior artista emergente, ben quattro premi ai Wind Music Awards (per l’album e per i singoli Sono già solo, La Notte e Arriverà) e la categoria “Best Italian Act” agli Mtv EMAs.

discreto apprezzamento per il primo album, Ti amo veramente (2004), si è rivelata al grande pubblico nel maggio 2006 con il formidabile singolo Quello che non ti ho detto (Scusami...), che ha raggiunto un successo straordinario sia radiofonico sia nelle vendite, anche grazie al fortunato videoclip diretto da Gaetano Morbioli e trasmesso a rotazione dai più importanti network musicali, a tal punto da essere considerato di diritto uno dei tormentoni di quella estate. L’album omonimo, il secondo in studio dei Modà, contenente anche il brano Malinconico a metà, ha scalato rapidamente le classifiche italiane attestandosi al quattordicesimo posto come risultato massimo, inaugurando una lunga tournée estiva ricca di concerti gremitissimi. Come pure sold-out sono stati i circa cinquanta palchi d’Italia dove i Modà si sono esibiti nel 2008 con il tour

nato sull’onda del loro terzo disco, Sala d’attesa, preceduto dai singoli Sarò sincero e Meschina. Altro motivo importante nel curriculum del gruppo che ruota intorno al palco dell’Ariston è il legame artistico venutosi a creare con Emma Marrone: infatti, Silvestre ha scritto il pezzo Non è l’inferno, composto da Enrico Palmosi e Luca Sala, e portato alla vittoria dalla cantante salentina lo scorso anno. «Lei è l’unica tra gli artisti che conosco – ha dichiarato Kekko – ad avere la determinazione necessaria per presentare una canzone del genere a Sanremo». E il sodalizio tra i due non si è fermato qui, dato che il cantautore milanese ha firmato per Emma anche i brani Io son per te l’amore e Per sempre. Ecco perché, probabilmente anche per motivi scaramantici, oltre che di

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© Davide Di Lorenzo

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Il frontman Francesco Silvestre detto Kekko (34 anni), oltre che per Emma Marrone, ha scritto canzoni anche per altri cantanti, tra cui Alessandra Amoroso, Virginio, Loredana Errore. L’artista è fidanzato da 13 anni con Laura e ha una figlia di nome Gioia. Ha iniziato a comporre a 14 anni dopo gli studi di musica classica.

prestigio, la band non poteva rifiutare l’invito di Fazio: a Sanremo 2013 i Modà porteranno due canzoni, Se si potesse non morire e Come l’acqua dentro il mare, poiché così prevede il regolamento di quest’anno, che lascerà scegliere al pubblico quale brano ogni artista eseguirà nella serata finale. In una gara che già si annuncia molto combattuta, all’insegna del rinnovamento musicale e degli artisti più giovani (notevolmente bassa l’età media dei protagonisti) il quintetto pop-rock è considerato da addetti ai lavori e bookmaker nostrani tra i grandi favoriti per il successo finale. Ma di certo, al di là della bella esperienza sanremese, i progetti e gli impegni di Kekko, Diego, Stefano, Enrico e Claudio sono già proiettati a quello che verrà dopo. Ovvero, alla pubblicazione del nuovo album Gioia (come il nome della figlia di Silvestre), che vede la collaborazione, come

in Quello che non ti ho detto, del direttore d’orchestra Charles Burgi, e i cui brani saranno alla base dei nuovi live in giro per l’Italia. Il “Gioia Tour 2013”, infatti, partirà il prossimo 9 aprile dal Palalottomatica di Roma, che ospiterà la band in più date, e proseguirà poi a Milano (dal 14 aprile al Mediolanum Forum), Torino, Padova, Bologna, Firenze, Caserta, Palermo. L’obiettivo dichiarato, magari sulla scia di un’affermazione all’Ariston, è quello di ripetere, e possibilmente migliorare, i successi inanellati nel 2012, anno strepitoso in cui i Modà hanno duettato anche con Pau degli spagnoli Jarabe de Palo in Come un pittore, il gettonatissimo singolo che dà pure il nome al primo libro scritto da Francesco Silvestre, nel quale si racconta la storia del complesso e il sogno realizzato di portare la loro musica a tutti.

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For magazine CONFESSIONI di Tommaso Gandino

Recito solo per passione

Attrice-feticcio di Pupi Avati dallo sguardo incredibilmente magnetico, Manuela Morabito sa come trasmettere un’emozione, anche quando simpaticamente parla di sé Quando ha capito che stare in scena era la sua vera passione? «Quando, da giovane, ho realizzato che nella vita ero una frana ad esprimere emozioni. Poi più tardi, da adulta ho capito anche che la vita vissuta solo dall’interno mi annoia un po’, e che la devo osservare anche “da fuori di me”. La recitazione ti dà questa eccezionale possibilità, probabilmente l’arte in genere che è parallela alla vita, ma non è la vita». È possibile essere qualcosa di diverso da quello che si è veramente? «Non lo so. Comunque quasi tutto è sempre possibile». Lei oggi recita per vanità o perché le interessa la natura umana? «Recitare per vanità? Che orrore! Recito perché è il mio lavoro innanzitutto, e chi sceglie questo mestiere di solito lo fa perché ha bisogno di esprimersi, comunicare e mettersi alla prova continuamente, seppur divertendosi. Poi purtroppo a forza di stare al centro dell’attenzione si rischia di diventare vanitosi e insopportabili». C’è molta solitudine nel suo lavoro? «Sì, una solitudine necessaria ad avere le idee chiare, a frugare nei meandri dell’anima e trovare i “file” utili, ad esempio, a costruire un certo personaggio». Cade in depressione quando non arrivano i copioni? «No. Di questi tempi sarei già ricoverata! E poi i copioni arrivano solo ai famosi, ai nomi che portano pubblico nei cinema. A noi attori mestieranti, che lavoriamo con passione, che siamo conosciuti e magari anche stimati dagli addetti ai lavori ma non dal grande pubblico arrivano solo se abbiamo un bravo agente». Manuela Morabito (41 anni) ha girato ben sei film con Pupi Avati, tra i quali La seconda notte di nozze (2005), Il papà di Giovanna (2008), Una sconfinata giovinezza (2010), Il cuore grande delle ragazze (2011).

A che età è iniziata la sua vita creativa? «Dipende da cosa si intende: ho iniziato a lavorare nel cinema come comparsa da bambina, intorno ai cinque o sei anni, perché mio padre è stato un operatore cinematografico e mi ha trasmesso l’amore per il cinema. Poi, però, ci sono stati tanti nuovi inizi: l’Accademia D’Arte Drammatica Silvio D’Amico, le trasmissioni televisive da Big! in poi, l’incontro con Pupi Avati». Lei ha fatto altri mestieri prima di diventare un’attrice? «La comparsa! E la conduttrice Tv per tanti anni, anche se è quasi lo stesso mestiere: si comunica, benché con modalità e contenuti completamente diversi. Poi sono giornalista pubblicista, ho conquistato a suon di articoli gratuiti il famigerato tesserino, ma nessuno mi fa scrivere!».

Chi fa il suo lavoro vorrebbe avere tre cose: popolarità, credibilità e considerazione: è d’accordo? «Guardando il panorama italiano e volendo essere amaramente sincera risponderei: ma soprattutto raccomandazioni. Invece rispondo: soprattutto talento e determinazione. E poi tantissimo “fattore C”!». Lei non ha ancora fatto il film della sua vita? «Spero di no, altrimenti non me ne sono accorta! Sono stata fortunata perché ho lavorato con grandi registi e autori. Ma il “grande ruolo” deve ancora arrivare e sono sicura che al momento giusto arriverà». È riuscita a prendere in orario quei tre o quattro treni che le sono passati davanti? «No, da giovane ero troppo insicura e molto ritardataria, e ho perso vari treni. Ora ho imparato, però, e sono sempre in anticipo!». Qual è il suo primo pensiero al mattino e l’ultimo prima di dormire? «Che bello vivere!».

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IN FORMA con Jill Cooper

MANGIARE BENE E RIMANERE GIOVANI Per disintossicare il corpo dopo gli eccessi a tavola durante le festività è necessario eliminare dalla propria dieta alcuni alimenti dannosi, responsabili dell’invecchiamento precoce: il dottor Filippo Ongaro ci dice quali sono Buon 2013! Bentornati dalle vacanze o dal tavolo degli sgarri più tremendi. Immagino che dopo le festività natalizie piene di stravizi e altro ti sentirai un po’ appesantito. In parte sicuramente sarà il tuo corpo stesso che richiederà uno stile di vita più sano: ossia più moto e meno salsiccia! Oggi non voglio parlare di metodi di allenamento, ma di alimenti che dovrebbero essere evitati per rallentare il processo dell’invecchiamento, e che sicuramente ti stanno tenendo lontano dalla forma fisica che desideri. I tre fattori che incidono sul processo dell’invecchiamento precoce e/o fisiologico sono: infiammazione, ossidazione e glicazione. Qui non si tratta di una semplice apparizione di una ruga, o macchia cutanea, ma di una vera trasformazione di tutte le tue cellule interne, inclusi organi, ossa, sistemi circolatori e articolazioni. Trova il modo per fare star bene le tue cellule e senz’altro il resto del corpo risplenderà. Il dottor Filippo Ongaro, direttore scientifico dell’Ismerian (Istituto di Medicina Regenerativa e Anti-Invecchiamento) ha spiegato molto bene nel suo libro Mangia che dimagrisci gli ingredienti che andrebbero evitati almeno per un periodo di disintossicazione di circa 21 giorni. La sua dieta si chiama “nutrigenomica” e si basa sull’eliminazione di: - frumento, in tutte le sue forme: pasta, pane, segale, farro, farina, biscotti e via dicendo; questo perché il frumento non è altamente tollerato dal corpo umano e può innescare allergie e infiammazioni; l’unica sostituzione consentita è il riso integrale; - zucchero, in tutte le sue forme: fruttosio, malto, saccarina, miele e altro; il processo della glicazione, a causa dei picchi degli zuccheri nel sangue, aumenta il rischio di invecchiamento; - mais, perché il suo sciroppo di alta densità di fruttosio è anche peggio dello zucchero bianco per dare un picco di glucosio nel sangue; - oli polinsaturi o saturi, come olio di semi, di mais, o di soia che sono più dannosi di un olio monoinsaturo come l’olio di oliva o

di avocado. E quando vengono idrogenati per renderli solidi, come la margarina, vanno evitati a tutti i costi, perché il tuo corpo non sa riconoscere questo tipo di olio manipolato dall’uomo e lo trasforma immediatamente in colesterolo cattivo. Ma che cosa potresti mangiare durante il tuo periodo di disintossicazione? Innanzitutto, tanta verdura a kilometri 0, andando al mercato di quartiere. Poi riso integrale, pesce pescato fresco o surgelato al mare, avocado, noci, semi, frutta e fagioli. Inoltre, abbondare con le spezie che danno sapore ma senza calorie e hanno un effetto depurante, anti-infiammatorio e anti-cancro, come curry, cannella, origano e chiodi di garofano. Vedrai che in tre settimane ti sentirai un’altra persona.

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Forsport magazine di Pina Bevilacqua

Mattia Miloro

UN FUTURO GREEN Al 73° Campionato Nazionale Open grandissima prova del 21enne Mattia Miloro, golfista dell’Olgiata, che si piazza al secondo posto per soli 5 punti di Alla fine ha vinto Alessandro Tadini, il grande favorito, ma l’olgiatino Mattia Miloro ci ha fatto sognare fino all’ultimo. Tutto come previsto al 73° Campionato Nazionale Open (ex Omnium), il più longevo evento del calendario nazionale, secondo per importanza solo all’Open d’Italia. Quest’anno ben 80 concorrenti, quasi tutti i migliori professionisti del momento. Il 39enne piemontese di Borgomanero, che ha sfruttato tutte le numerose occasioni da birdie che si è procurato con palle abbastanza vicine alla bandiera, grazie allo strepitoso -8 dell’ultimo giro ha sbaragliato il leader capitolino che conduceva alla grande, recuperando i 3 colpi di svantaggio che aveva dopo 54 buche dal 21enne romano e chiudendo con lo score di 274 colpi (68 69 73 64, -14). Sul difficile tracciato di Sutri (Vt), par 72, Tadini, ormai giocatore dell’European Tour, 4 successi nel Challenge Tour, 2 nel Campionato PGAI (2002, 2008), si è così aggiudicato il suo secondo Campionato Nazionale Open (il primo nel 2009). Nessuna recriminazione per Mattia Miloro, giunto secondo al traguardo con 279 punti (67 71 69

72, -9), accusandone 5 di ritardo. «Contro il Tadini di oggi c’era poco da fare. È stata comunque una grande esperienza e ho anche imparato che occorre giocare buca per buca, senza guardare troppo avanti», ha commentato il capitolino, che aveva preso il comando alla terza giornata con 207 colpi (67 71 69, -9), grazie a un parziale di 69 (-3). E che a Sutri ha colto il miglior risultato nel suo primo anno da pro e che era già giunto terzo al Lignano Open 2012, evento del circuito Alps Tour, dove ha svolto e continuerà a svolgere la sua attività. Miloro, classe 1991, per molto tempo ha fatto parte della squadra azzurra. Nel 2009 ha vinto il Campionato a Squadre Serie A3 con il team del Country Club Castelgandolfo, del quale ha difeso i colori prima di passare all’Olgiata GC, e si è classificato secondo nel Campionato Medal, che ha poi vinto nel 2010 e 2011. È stato pure Campione Italiano Match Play nel 2010. È passato di categoria nell’ottobre 2011, conquistando la “carta” per l’Alps Tour con l’11° posto alla Qualifying School il mese dopo, piazzandosi poi 36° al Sardinia Open e 19° al Campiona-

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ritardo

to Open. Nel 2012 Miloro si è classificato 21° al Mediter Masters e 36° allo Spanish Open, entrambe gare dell’Ecco Tour danese. Al 3° posto del Campionato Nazionale Open, con 280 (-8), ex aequo con il lombardo Gregory Molteni, Nunzio Lombardi (Olgiata), tornato a buoni livelli dopo un periodo poco favorevole. Quattordicesimo con 291 (+3) Marco Bernardini, il professionista romano cresciuto sui green dell’Acquasanta. Ottima prova del dilettante azzurro Renato Paratore (Parco di Roma), che ha confermato le sue belle qualità terminando in 8° posizione con 286 (-2) dopo una gara molto regolare. Oltre a Paratore si sono ben comportati anche altri due amateur capitolini (sui sei complessivamente presenti al via), che hanno avuto il merito di superare il taglio, caduto a 153 (+9), che ha lasciato in gara 41 concorrenti: hanno, infatti, disputato le ultime 36 buche pure Enrico Di Nitto (Parco di Roma), giunto 25° con 295 colpi (+7), e Philip Geerts (Olgiata), 26° con 296 (+8).


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Una famiglia Al galoppo Il fantino romano Cristian Demuro, a soli 20 anni, ha stabilito il record di vittorie in un anno. Il fratello Mirko, top jockey internazionale, è un idolo in La grande tradizione ippica capitolina continua. Tra i tanti nomi spicca quello di Cristian Demuro, che un anno fa, a soli 19 anni di età e 3 di attività, proprio alle mitiche Capannelle, tagliò il traguardo delle 200 vittorie. E che ora, a 20 anni, sempre al mitico ippodromo romano, grazie a tre successi di giornata, ha agganciato l’incredibile record italiano, stabilito nel 2009 dal marchigiano Umberto Rispoli, delle 245 vittorie in un anno. Superandolo il giorno dopo, ad Agnano, con altri due bei centri. «Sono strafelice, avevo in mente questo obiettivo da sempre ed ora che sono riuscito a raggiungerlo cercherò di tenerlo vivo per tanto», ha commentato il giovane jockey romano, di origini sarde. Che ora punta persino al record europeo di 273 trionfi, fissato dal tedesco Peter Schiergen, nel 1995. Un’annata eccezionale quella dell’enfant prodige della frusta italiana, inaugurata con esaltanti performance giapponesi. Il giovane jockey romano, che ha debuttato in pista a Capannelle nelle corse pony, ha conquistato la sua prima gara da allievo nel maggio 2009, sull’anello di Varese, alla seconda uscita ufficiale, ma

Giappone

nonostante le sue grandi doti non ha mai vinto il campionato cadetti. Un dettaglio che non gli ha certo impedito, non appena passato tra i professionisti, di ottenere un ingaggio con una delle più blasonate scuderie romane, La Nuova Sbarra di Sergio e Andrea Scarpellini. «Per adesso sono soddisfattissimo di quello che sto facendo, sto ovviamente rincorrendo il record e ho intenzione di montare dappertutto fino a che non arriva», dice determinatissimo il ragazzo. Che sta seguendo le orme del fratello Mirko, uno dei top jockey italiani e internazionali, che per ben tre volte si è aggiudicato la Dubai World Cup, la corsa di cavalli al galoppo col montepremi più alto del mondo, ben 10 milioni di dollari (si sa che gli sceicchi non badano a spese!). Che, dopo i primi successi in Italia, tra cui il Gran Premio Presidente della Repubblica e il Derby Italiano alle Capannelle, ha trovato una seconda casa in Giappone, dove ormai è un idolo per gli appassionati. Quindi, attenti a quei due fratellini davvero speciali. Cristian Demuro

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Roberta Vinci e Sara Errani in trionfo al Roland Garros

RACCHETTE D’ITALIA Tra conferme e talenti in erba i tennisti dei Circoli storici romani tracciano bilanci positivi. Ma quello appena trascorso è stato l’anno della coppia d’oro Erran i-Vinci Onore al Club Nomentano, in lizza per lo scudetto A femminile a squadre. Le nomentanine, forti di Karin Knapp, sono prepotentemente emerse nell’unico girone della massima competizione nazionale tennistica a squadre, raggiungendo la finale di Rovereto contro il TC Prato (già finalista l’anno scorso e poi fermato dal Parioli) grazie al 3-1 sul TC Cagliari, in casa. Si è fermata solo alle semifinali dei playoff la corsa al titolo maschile del Canottieri Aniene. Naturalmente la corazzata di Flavio Cipolla, Simone Bolelli e Potito Starace, che aveva iniziato a sognare dopo il 4-2 dato in trasferta al Cagliari, ha venduto cara la pelle, perdendo per 4-2 sui veloci campi indoor dell’Ata Battisti. Un lungo duello contro i trentini fino ai doppi, con Cipolla e Bolelli a guadagnare i primi e unici due punti capitolini (Cipolla-Ghedin 6-7(8) 6-3 6-1, Bolelli-Grigelis 6-0 6-3), con il Battisti ad azzerare il vantaggio (Galvini-Starace 7-6(3) 4-6, Stoppini-Berrettini 6-1 6-1) e, quindi, a sorpassare (Galvani/Ghedin Berrettini/Barbiero 6-2 6-1, Stoppini/Grigelis Bolelli/Starace 6-3 6-4). Molto bene pure il Tennis Parioli, che non è ri-

uscito a difendere il doppio titolo della massima serie, ma che l’anno prossimo, per il terzo consecutivo, sarà rappresentato nel massimo campionato a squadre da entrambe le formazioni, malgrado una stagione difficile (per via dei numerosi infortuni e dei due punti di penalizzazione inflitti alla compagine biancoverde maschile per un disguido burocratico all’atto dell’iscrizione) le abbia costrette entrambe ai play-out salvezza. Due squadre che hanno dato spazio alle nuove leve del fornitissimo vivaio di Monte Antenne, tra cui Gian Marco Moroni, la punta di diamante dell’Under 14 campione d’Italia, e Beatrice Lombardo, classe 19 9 6, approdata, dopo aver brillantemente superato il tabellone di qualificazione, al secondo turno del torneo ITF di Antalya (Turchia), ma poi fermata (6-4 7-5) dall’altra pariolina Martina Caregaro (uscita a sua volta di scena in semifinale, per mano della serba Jovana Jaksic, 7-5 6-1). Ai play-out il TC Parioli di Greta Arn, della Caregaro e della Lombardo si è imposto 3-0 sul CT Albinea, lasciando alle emiliane, orfane di Sara Errani, solo quattro giochi e l’onta della

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retrocessione in A2. La permanenza in A1 della formazione maschile pariolina è stata, invece, frutto di una combattutissima gara contro i veneziani del TC Cà del Moro, chiusa dalla squadra biancoverde a proprio favore per 4-3. Intanto Roberta Vinci e Sara Errani, n.1 del ranking mondiale, hanno conquistato il WTA Awards come miglior coppia di doppio dell’anno. Un anno straordinario che le ha viste trionfare in ben otto tornei (US Open, Roland Garros, Internazionali BNL d’Italia, s’Hertogenbosch, Madrid, Monterrey, Acapulco e Barcellona), portando complessivamente a 13 i titoli conquistati (anche a Hobart, Pattaya City e Palermo nel 2011, Marbella e Barcellona l’anno prima) dalla “coppia d’oro” azzurra. Il Tennis Club Parioli ancora protagonista al “Città di Roma”. Il suo Massimo Ribechi, già campione d’Italia Over 45 in carica, ha espugnato pure lo storico circuito regionale O45, battendo 6-1 6-2 Antonio Mazzoccone, del Circolo Tennis Eur, sul perfetto campo di casa.


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roma

people & stars & e vents

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Foreventi magazine UNA SERATA PER I BAMBINI DI CABSS ONLUS Una importante iniziativa di solidarietà ha avuto luogo di recente all’Hotel Hassler Roma, dove il mondo del vino si è riunito per i bambini sordi e sordociechi di CABSS Onlus (Centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi): un’asta di grandi vini, che ha coinvolto le migliori aziende vinicole italiane, e una cena di gala a supporto dei progetti del Centro presieduto da Roberto Wirth. In occasione dell’evento, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito a CABSS una propria medaglia di rappresentanza. La serata, presentata da Milly Carlucci, ha proposto ai 200 ospiti uno speciale menu creato dallo chef Francesco Apreda. L’asta è stata battuta da Luciano Carnaroli. Erano presenti anche il sindaco Gianni Alemanno e la moglie Isabella Rauti. Nel 2004 Roberto Wirth, sordo dalla nascita, ha fondato la Roberto Wirth Fund Onlus, oggi nota come CABSS, i cui programmi favoriscono un adeguato sviluppo cognitivo, sociale e comunicativo dei piccoli.

Luca Maroni, Milly Carlucci, Roberto Wirth.

A SOSTEGNO DELL’INFANZIA

Liliana Pintilei e Fabio Campoli.

Ospitato nella sede del quotidiano Il Tempo, a Palazzo Wedekind, è stato presentato di recente il progetto di beneficenza “Cifacciamo grandi” dedicato ai bambini cambogiani e ideato dall’attrice Liliana Pintilei, testimonial Cifa: un calendario 2013 con le ricette di Fabio Campoli fotografate da Pino Polesi, a sostegno della campagna “Anch’io so leggere e scrivere” per garantire l’istruzione primaria a 85 bambini della città di Neak Loeung. Per ciascuno dei mesi dell’anno, lo chef Campoli ha scelto una ricetta realizzata con la “collaborazione” di alcuni bambini adottati grazie alla Cifa. «I bambini devono essere rispettati, avere una famiglia e ricevere un’istruzione, ma questo è ancora solo un sogno per i futuri uomini di decine di Paesi», ha detto Sara Iannone, presidente dell’Associazione “L’Alba del Terzo Millennio” e organizzatrice dell’evento. Cifa Onlus è un’organizzazione che dal 1980 si impegna per sostenere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. PER UN 2013 DI SOLIDARIETÀ

Francesco Barbato, Catia Polidori, Sara Iannone, Alberto Michelini, Elisabetta Parise, Antonio Paris.

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Si è tenuta recentemente nella splendida cornice di Palazzo Ferrajoli una pregevole iniziativa di beneficenza: la presentazione del calendario 2013 ha visto come protagonista Francesca Sabena, vincitrice dell’edizione 2012 del concorso internazionale di talento e bellezza “Star of the Year”. Claudio Marini, promotore del concorso, ha sottolineato che il ricavato della vendita del calendario andrà in beneficenza all’Associazione Fabula in Art, che, come ha ricordato il suo presidente, l’on. Alberto Michelini, contribuisce a trovare fondi per i bambini dell’Africa. La testimonial e le altre modelle hanno indossato i capi di Luigi Bruno. Tra gli invitati il principe Guglielmo Marconi Giovannelli, l’on. Catia Polidori, la marchesa Daniela del Secco d’Aragona, l’on Francesco Barbato, l’on. Antonio Paris. L’organizzazione dell’evento è stata curata da Sara Iannone, presidente dell’Associazione “L’Alba del Terzo Millennio”.


For magazine Pittura UNA RIFFA PER I MENO FORTUNATI Si è svolto qualche giorno fa, presso il Circolo tennis Acqua Santa sulla via Appia, un evento di beneficenza organizzato dalla Fondazione Alberica Filo della Torre. Durante la serata, infatti, si è tenuta una raccolta fondi tramite donazione gratuita e lotteria/riffa il cui ricavato è stato utilizzato per finanziare una borsa di studio. L’iniziativa era rivolta alla fascia di età 25-45 anni dell’ambiente della alta società romana, essendo essa la più sensibile alle tematiche di ambito giuridico. Dopo la cena e l’open bar, l’evento è stato allietato dalla musica del dj Gabriele Imbimbo. Per la riffa gli sponsor hanno messo a disposizione vari premi. La Fondazione Alberica Filo della Torre, nata per volere di Pietro, Manfredi e Domitilla Mattei, marito e figli della nobildonna romana assassinata nel 1991 all’Olgiata, svolge attività filantropiche per aiutare i meno fortunati, specialmente bambini e persone disagiate. Lo stemma della Fondazione Filo della Torre.

Manfredi e Pietro Mattei.

IL SEGNO DI UN GENIO

Antonio Canova, Danza delle Grazie con Amorino

Sarà visibile al Museo di Roma Palazzo Braschi, fino al 7 aprile, la mostra di pittura Canova. Il segno della gloria. Disegni, dipinti e sculture. I 79 disegni sono stati selezionati dai 1800 circa che costituiscono la più grande raccolta al mondo, donata a metà Ottocento all’appena inaugurato Museo Civico di Bassano da Giambattista Sartori Canova, fratellastro dell’artista ed erede universale. I disegni sono accompagnati da 15 acqueforti delle opere realizzate, 6 modelli originali in gesso, 4 tempere, un dipinto ad olio, due terrecotte e due marmi che consentono di visualizzare il passaggio dalla fase ideativa alla realizzazione. Una scelta che offre un quadro storico ineguagliabile dell’Europa tra Settecento e Ottocento, chiarendo il ruolo di Canova come primo artista della modernità. Una mostra, promossa da Roma Capitale e dal Comune di Bassano del Grappa, che affronta due punti di vista: quello stilistico e quello di prima idea per l’opera realizzata.

LA CABALA DEL 12 Si è conclusa da poco, presso la Galleria Il Mondo dell’Arte a Palazzo Margutta, la mostra di pittura dal titolo La cabala del 12 del maestro Elvino Echeoni. L’esposizione ha proposto un’ampia raccolta di opere nate dall’estro di Echeoni che ha scelto di festeggiare le sempre verdi emozioni che l’arte, la pittura e la vita continuano a donargli, ma anche di celebrare i tanti significati che la numerologia e la cabala attribuiscono al numero 12, da sempre suo talismano. La mostra rappresenta un excursus nella produzione creativa del pittore considerato “il più innovativo tra gli artisti contemporanei”. Accanto alle opere dedicate alla “Realtà Virtuale” o ai “Momenti Musicali” e ai lavori che raffigurano tramonti e notturni, immancabili sono i quadri in cui protagonista assoluto è il numero 12: dodici sono i mesi dell’anno, i segni dello zodiaco, le ore meridiane e antimeridiane, gli dei principali dell’Olimpo. Elvino Echeoni, Tramonto

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Antonio Canova, Ercole e Lica


For magazine Pittura & Design ARTE FELINA

Foto di Marco Serri

UNA SELEZIONE DI ALTA QUALITÀ

Omar Galliani, Ritratto.

Arte, bellezza e buon cibo si sono fuse di recente alla Galleria d’arte Artribù, dove il padrone di casa Claudio Proietti ha inaugurato High Quality - Selection, mostra di pittura e scultura che ha messo insieme nove grandi artisti: Matteo Basilè, Aaron Demetz, Omar Galliani, Jonathan Guaitamacchi, Luca Pignatelli, Matteo Pugliese, Nicola Samorì, Tommaso Ottieri, Troilo. L’esposizione collettiva aveva infatti l’ambizione di raccogliere una selezione straordinaria di opere di altissima qualità: le sculture di Matteo Pugliese e Aaron Demtez, le vedute aeree delle pitture di Jonathan Guaitamacchi, l’opera monumentale di Nicola Samorì sono solo alcuni esempi. Menzione speciale per un ritratto di Omar Galliani che riproduce la figlia sedicenne di un committente privato. Lavori apprezzati dai numerosi collezionisti e dagli ospiti intervenuti, come gli attori Marco Basile, Giulia Elettra Gorietti, Sofia Bruscoli col fidanzato Marcelo Fuentes.

Foto di Marco Serri

La mostra di pittura Sua Maestà il Gatto, ospitata di recente al Museo Civico di Zoologia, in collaborazione con il Museo Parigino a Roma, ha proposto una serie di illustrazioni parigine d’epoca del felino più vicino all’uomo. Il gatto è sempre stato celebrato attraverso l’arte fin dai tempi più antichi, dando origine ad un’iconografia riconosciuta in tutto il mondo. Questa rassegna ci riporta nella Parigi dell’Ottocento e del Novecento, quando il gatto era adorato quasi come un animale divino, ed ispirava illustratori, artisti, poeti e scrittori. In questi ultimi due secoli “Sua Maestà il Gatto” è diventato l’eroe dell’arte dell’illustrazione, e la mostra promossa da Roma Capitale gli rende omaggio attraverso una documentazione originale di straordinario fascino, che spazia dagli storici manifesti dello Chat Noir sino ad una cartolina postale degli anni ‘30 del secolo scorso, passando per manifesti, stampe, foto, dischi, riviste e libri illustrati.

Marcelo Fuentes, Claudio Proietti e Sofia Bruscoli.

I GIOCATTOLI DI EOLO Il connubio tra territorio e infrastrutture per l’energia sta generando un nuova definizione del paesaggio in ottica di design ambientale. Da sempre, infatti, ma ancor più dalla rivoluzione industriale in poi, nello scenario dell’evoluzione umana di abitare il nostro pianeta, i molteplici sistemi di approvvigionamento e trasporto dell’energia sono stati importanti fattori condizionanti sulle forme dello sviluppo, incidendo sui caratteri fisici dell’ambiente. Si pensi alle dighe, ai canali, agli elettrodotti. Oggi il vento rappresenta senza dubbio una delle principali fonti di energia ad impatto zero. Ma di contro le strutture che ne consentono l’utilizzo sono un notevole elemento di impatto estetico, che incide spesso, modificandolo, sulla godibilità dell’originario equilibrio del paesaggio. Basti pensare alle distese delle grandi pale eoliche sui crinali delle colline. E così il dibattito tecnico, estetico e amministrativo è in continua evoluzione. Paolo Brasioli

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For magazine Moda & Cinema TENDENZE: COLLETTO CHE PASSIONE! Tra tutti i trend invernali delle collezioni di moda ce n’è uno che ha saputo attirare l’attenzione di tutti: il colletto. Sicuramente un accessorio particolare che riesce a donare ogni volta un sapore diverso ad ogni outfit. Magistralmente proposto sulle maggiori passerelle, sta spopolando tra tutte le fashion addicted più o meno giovani. Un vero e proprio gioiello di design che lascia spazio a varie interpretazioni e rende speciale anche il più semplice degli abiti. Ne esistono di ogni materiale, forma e dimensione; è perfetto su pullover, abiti, doppiato sulla camicia o semplicemente indossato sulla pelle come fosse una collana. Tantissime le varianti: può essere in metallo, pizzo, tessuto stampato o gioiello. Si può abbinare a proprio piacimento per creare look ironici, romantici, d’avanguardia. Non ci sono limiti, proprio per questo il colletto rappresenta sicuramente un must di stagione al quale non si può rinunciare. Fiammetta Fiorito che pian piano ho assecondato, con servizi di moda e sfilate, e coltivato dandogli un senso: abbracciando il giornalismo, poiché ho sempre pensato che la bellezza andasse nutrita, animata, e così questo è diventato il fulcro costante della mia arte». All’inizio è stato difficile? «Il percorso negli anni è stato faticoso, costante ma soddisfacente. Ho sempre affrontato le sfide applicandomi al massimo, sia all’università, alla facoltà di Storia dell’arte dove mi sono laureata con lode, sia nel giornalismo dove, ancora giovanissima, ho vinto il primo premio Sulmona di Critica d’Arte e ho scritto libri come Gli Obelischi di Roma (Newton Compton editore). Nelle arti ho trovato la mia vera dimensione».

CRISTINA ZADRO Tra i protagonisti del film di Roy Geraci L’amore non crolla mai, opera sul terremoto in Abruzzo, la giovane attrice Cristina Zadro ci parla un po’ di sé. Come nasce la sua passione per lo spettacolo? «Tutto ebbe inizio quando da ragazzina fui fermata da un talent scout di moda per le strade di Roma. Prima di allora non avevo mai pensato seriamente allo spettacolo, mi piaceva leggere e fare sport. Mia madre mi aveva instradata verso la danza, essendo lei una ballerina classica mancata, sperava lo diventassi io, e per anni ho fatto saggi. Ma io amavo andare in bicicletta, scappavo e macinavo chilometri in campagna in Umbria sulla bici da corsa, che avevo ottenuto da mio padre. Non ero ancora convinta che lo spettacolo fosse la mia strada, ma una volta mi ritrovai seduta al tavolo a fianco al grande Dino Risi, ero molto riservata e lui mi disse: “Con quel viso devi fare cinema”. Scattò la molla

Teatro, cinema, Tv: sono queste le sue più grandi passioni? «Nel teatro credo fermamente come una fede; attraverso alcuni personaggi che ho interpretato ho imparato a conoscermi, e continuo a studiare per potermi perfezionare. È il mondo che sento molto vicino a me, per i suoi tempi e la sua magia. La Tv mi ha sempre accompagnata nel mio percorso di crescita, sono stata coinvolta in numerosi programmi, sia di arte sia di sport, che per me sono molto vicini, perché riescono entrambi a dare luce allo stesso bisogno dell’uomo di star bene. L’arte è espressione dell’armonia, della bellezza, lo sport è vita, è salute». A chi si ispira nel suo lavoro? «I miei modelli nel cinema sono dive acqua e sapone, persone autentiche come Gina Lollobrigida, di una veracità che solo le donne del popolo posseggono, poiché fondono insieme un incantevole modo di essere infantile e spiritoso, che mi accomuna. Poi, mi piace l’eleganza di Monica Bellucci, esempio contemporaneo a cui a volte mi accostano, anche per le origini umbre. Credo che l’eleganza e la raffinatezza non cancellino il fatto di essere dive nate dal popolo, è lì che il cuore rimane».

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For magazine Cinema & Fotografia TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE

Sofia Barilli

UOMINI E DONNE

Foto di Fabio Pregnolato

Foto di Fabio Pregnolato

Il film Tutto tutto niente niente è il ritratto di un’Italia allo sbaraglio, in pasto ai politici che fanno dell’eccesso il loro stile di vita, anche se la situazione grottesca italiana descritta da Antonio Albanese non è poi così lontana dalla contemporaneità. Tre personaggi uniti da un destino comune: una chiamata dal “Palazzo del potere” che li trascina fuori dal carcere per rinvigorire con i loro voti una maggioranza in crisi. I politici in questione sono: Cetto La Qualunque alle prese con una crisi sessuale e identitaria, Rodolfo Favaretto, che rincorre il sogno secessionista di un nordista estremo, e infine Frengo Stoppato, amante del fumo e degli stupefacenti in lotta con la mamma e la zia che vogliono a tutti i costi farlo beatificare. La pellicola alterna momenti esilaranti a intervalli più piatti. Se siete stanchi dei cinepanettoni, il film di Albanese fa al caso vostro perché fa ridere e riflettere sul nostro Paese. Jessica Di Paolo

Roberto Uttini

LA MAGIA DI NEW YORK L’ombelico del mondo, la Grande Mela, Gotham City, la città che non dorme mai, e chi l’ha visitata potrà constatare che è esattamente come la descrivono nei film, con tutta la sua eclettica confusione che la contraddistingue: New York è indubbiamente una fra le città più importanti in assoluto e uno fra i maggiori centri finanziari del mondo. In questa mia rassegna fotografica emerge la magia di questa grande metropoli che si riesce a percepire sin da subito, già dal primo momento in cui si arriva in piazza a Times Square per la sua maestosità di luci, suoni, odori e l’incredibile frastuono di auto, sirene spiegate della polizia e tantissima gente che popola le sue strade luminose. New York conta oltre 8 milioni di abitanti, è suddivisa in cinque “distretti” o “circoscrizioni” (boroughs), ovvero Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island, che a loro volta sono divisi in decine di quartieri (neighborhoods). Wanda Liliana Pacifico

Foto di Wanda Liliana Pacifico

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Ritorna la bacheca dei giovani emergenti nella mia rassegna di fotografie, che non sono soltanto immagini di belle ragazze. E stavolta, per la par condicio, presento un ragazzo e una ragazza, entrambi di Piacenza. Lui, classe 1990, capello biondo e occhio chiaro, amato e odiato da tutte le donne della città, è Roberto Uttini. Si potrebbe definire un uomo tuttofare, organizzatore di eventi, barman, fotomodello. Fotografato nella location di Pietra Perduca, Roberto incarna il mito del macho bello e impossibile. La ragazza, anche lei 22enne, è una tipetta sprint con già all’attivo diverse collaborazioni fotografiche: si chiama Sofia Barilli. Occhi scuri, capelli castani, pelle abbronzata fanno di lei una bellezza invidiata. Ha partecipato a diversi concorsi aggiudicandosi alcune fasce, ma sempre con un occhio rivolto agli studi in architettura, che è ormai prossima a completare. Ragazza mediterranea e donna passionale. Fabio Pregnolato


For magazine JIMI HENDRIX: LA CHITARRA CHE COLORAVA LA MUSICA Mi è capitato tante volte, ascoltando la sua musica, di immaginare come sarebbe stato Jimi Hendrix oggi, se non se ne fosse andato. E, francamente, non sono mai riuscito a vederlo con i crespi capelli bianchi, il volto solcato da rughe profonde, la voce ancora più roca salire a fatica sul palco. Se ne andò senza avvertire nessuno, dopo i trionfi di Monterrey, di Woodstock, di Wight; eppure la musica del genio di Seattle non è ancora finita. C’era e rimane il senso profondo dell’effimero nelle composizioni hendrixiane. Musica e poesia: niente di più trasgressivo. Oggi suonerebbe e canterebbe così come lo ascoltiamo negli album postumi. Perciò chi ebbe la ventura di assistere alla sua performance più riuscita, a Woodstock, ne fece un simbolo che si sarebbe rivelato intramontabile. In quell’occasione, Jimi impugnò come un’arma la sua mitica Fender Stratocaster bianca e, dopo essersi fermato varie volte per accor-

darla, si produsse in una interpretazione che sarebbe rimasta indimenticabile di The Star Spangled Banner, l’inno americano. Dalla sua chitarra uscirono suoni distorti, scariche di rumori simili a lontani bombardamenti; i membri della banda che lo accompagnava stesero le braccia lungo i fianchi e si misero sugli attenti. Dal 1966 al 1970 Hendrix ha davvero innovato radicalmente la musica del suo tempo. E forse si è ancora frastornati dai colori che produsse sui palchi di mezzo mondo per dare un giudizio di ciò che ha rappresentato. A 27 anni è troppo presto per morire. Ma quando si è vissuto come se ne fossero passati cinquanta, si può dire che i suoi ultimi quattro sono stati al di là di ogni gloria musicale possibile. Agostino Madonna

Jimi Hendrix

SOLO NUMERI UNO È uscito da pochissimo il nuovo album musicale Pirati urbani del dj e producer Steve Forest. Dodici pezzi e due bonus tracks, che includono le collaborazioni con Club Dogo, J-Ax, Gemelli Diversi, Piotta, Mondo Marcio, Fatman Scoop, Navigator, oltre all’immancabile Nicola Fasano, sodale di una vita con cui Forest ha fondato l’etichetta Jolly Roger nel 2008. Stili e colori diversi, testi forti ma anche ironici che raccontano l’oggi, un suono unico a metterli insieme. Da ballare e da cantare. L’elektro-urban di Forest trova in questo cd il coronamento di vent’anni di carriera e ricerca fra dance, pop ed elettronica. Oltre che l’ennesima prova di un talento internazionale. Dal drum‘n’bass e breakbeat dei primi Novanta ai clamorosi successi degli anni seguenti, fino alle infinite collaborazioni come autore, produttore, remixer con tanti numeri uno: da Pitbull a Roger Sanchez fino ad Alex Gaudino e Bob Sinclar.

Steve Forest

STORIE DI AMICIZIA AL FEMMINILE

Elisabetta Parise, Cristiano de Masi, Ilaria Dalle Luche Jones e Christian Floris.

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È stato presentato di recente, presso Palazzo Ferrajoli, dal “Salotto d’Autore” di Sara Iannone il libro Il caffè delle ragazze, primo romanzo di Ilaria Dalle Luche Jones. Presenti all’evento in qualità di relatori Cristiano de Masi, Sara Iannone, Ludovica Leuzzi del Secco d’Aragona, Elisabetta Parise. Nel volume, che parla di amicizia al femminile, Viola, Camilla, Giovanna, Elena e Carlotta, al di là di qualunque uomo e impegno professionale, raccontano le proprie vite, le speranze, le delusioni, i sogni e gli amori sfortunati. «I miei personaggi sono di fantasia – afferma Ilaria Dalle Luche Jones – ma con caratteristiche talmente reali che ogni persona potrebbe identificarsi. Innamorarsi poi è un’impresa titanica, ma solo perché siamo tutti concentrati sulle nostre vite». Tra gli ospiti intervenuti Silvana Augero, la Marchesa Dani Del Secco d’Aragona, Alex Patexano, Liliana Pintilei, Antonio Paris e il Prefetto Gianni Ietto.


For magazine Libri &Benessere CARAVAGGIO O DELLA VULGATA Si è tenuta da poco, presso il Palazzo dei Congressi, nell’ambito della manifestazione “Più Libri, Più Liberi”, la presentazione di Caravaggio o della Vulgata, l’ultimo libro di Daniele Radini Tedeschi (De Luca Editori d’Arte) su Michelangelo Merisi. Critica d’arte e interpretazione filosoficoteologica, arricchite da una visione personale e innovativa. Se San Girolamo con la sua Vulgata operò un’innovativa traduzione della Bibbia, allo stesso modo il presente volume ridisegna la figura del Merisi ponendo ordine tra le numerose fonti e conferendo un’interpretazione che attinge dal sociale di quei secoli. È proprio l’anima del Caravaggio è posta sotto l’analisi lenticolare dell’autore, filosofo, esperto d’arte e di teologia. Egli “viviseziona” le opere del Maestro traducendone un ritratto universale. Il volume è uno scritto sentito e toccante che coniuga la scientificità dell’approccio critico con l’analisi di un artista profondamente umano. Tiziano Rossi LA CURA CONTRO IL MATERIALISMO Uno studio dell’American Psychological Association afferma che essere grati per ciò che si ha potrebbe essere la chiave per un umore più stabile e sereno, specialmente nei teenager. Questo studio su salute e benessere ha dimostrato che i ragazzi maggiormente grati apparivano più fiduciosi e posati, agendo in modo equilibrato con i compagni e i professori. Alla domanda cosa fosse per loro la gratitudine, i 700 ragazzi, fra i 10 e 14 anni, in maggioranza l’hanno identificata con la capacità di guardare alla vita in modo positivo. Al termine della ricerca tali ragazzi hanno manifestato un incremento del 15% di soddisfazione e speranza riguardo al futuro, convinti del loro scopo nella vita, e un 17% in più di gioia con una drastica diminuzione di pensieri negativi e sensazioni deprimenti. Lo studioso Jeffrey J. Froh ha dichiarato che una delle migliori cure contro il materialismo è imparare ad essere grati per ciò che si ha. Cristina E. Cordsen ALLENA LA TUA MENTE La forza psichica esiste in tutti gli individui: gli esperti dicono che “qualunque essere umano può sviluppare le proprie facoltà psichiche”. Per la salute e il benessere del corpo spesso capita che il peggior nemico sia la nostra psiche e che alcune malattie traggono origine dallo stress, da una spasmodica rincorsa al denaro e al successo. Una mente non bene allenata è causa di gravi turbamenti: insonnia, ansia, depressione, attacchi di panico. Perciò, la terapia del benessere psicofisico rappresenta la migliore medicina per ritrovare serenità e autostima. È giusto allenare i muscoli per essere in perfetta forma fisica, ma trascurare di ossigenare la mente con aria non inquinata rappresenta un grave errore. Come si allena la mente? Con sette regole: non fossilizzarsi su schemi predefiniti; essere curiosi; essere leali; non lasciarsi schiavizzare dal denaro; essere predisposti al dialogo; fare introspezione psicologica; purificarsi da ciò che opprime la mente. Ludovico Paratore

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a n i t cor

LP 26 Cosa può esserci di meglio che passare il Capodanno nella più rinomata località turistica invernale del mondo? Se poi ci si reca a Cortina cosa c’è di meglio che festeggiare questa ricorrenza all’Lp 26? Una location ideale che ha regalato una serata unica, caratterizzata dai momenti dinner, after-dinner e disco con la migliore musica live. Ad attrarre gli ospiti sono state anche le offerte di aperitivi, drink e un prelibato menu che ha il suo punto forte nei salumi e nei prosciutti San Daniele di Dok Dall’Ava, piatti immancabili della tradizione ampezzana, apprezzati da tanti volti noti dell’imprenditoria come i fratelli De Laurentiis e Claudio Lotito, del giornalismo come Paolo Mieli, dello spettacolo come Pamela Prati, Sabrina Ferilli, Cesare Cremonini, Francesco Mandelli, Serena Autieri, tutti ospiti della Regina delle Dolomiti.

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Una serata indimenticabile per una buona fine e un buon inizio dell’anno al Cristallo Hotel Spa & Golf, l’albergo più chic di Cortina d’Ampezzo, un sogno tra passato e presente che accompagna il soggiorno dei suoi ospiti da ben 112 anni. Per questo evento unico il ristorante “La Veranda del Cristallo” ha preparato una cena esclusiva con le specialità della casa e della tradizione locale. Immancabile brindisi e proseguimento del party fino a tarda notte in compagnia della musica live nel Monkey Lounge & Wine Bar, che ha intrattenuto i presenti accorsi, tra cui numerosi imprenditori e turisti stranieri, in particolare russi, arabi e brasiliani.

Hotel Cristallo

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Vip Club

Si è rinnovato anche quest’anno il grande appuntamento del Capodanno al Vip Club, che di nome e di fatto è il punto di ritrovo dell’élite dello spettacolo, dell’imprenditoria e della politica nazionale. Nell’ultima notte del 2012, per chi ha scelto Cortina come meta delle vacanze invernali, l’accoglienza e il calore sono stati garantiti dall’ambiente che ricorda uno chalet, arricchito da preziosi dettagli di design. Il locale, nato nel 1972 per volere della famiglia Cardazzi, ha sfruttato per la festa tutte le sue diverse aree: ristorante, salotto per cocktail e drink, sala disco caratterizzata da piano bar, consolle, tavoli e pista da ballo. Nella discoteca si sono alternate le musiche dei migliori artisti e dj che hanno animato la raffinata serata in vista di un 2013 da…Vip.

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Janbo

Il Capodanno nella “Regina delle Dolomiti” è uno dei momenti più glamour per eccellenza, da trascorrere con amici e conoscenti all’insegna della più spensierata “joie de vivre”. Esattamente quella che è la filosofia del Janbo, il nuovo locale che ha preso il posto del Cristallino, ereditandone lo stile e la voglia di far divertire il suo pubblico, composto prevalentemente dai più giovani. Che, dopo il brindisi inaugurale, hanno ballato e animato il club fino a notte inoltrata. Perché festeggiare l’arrivo del 2013 a Cortina è davvero tutta un’altra cosa: avvistati personaggi della Tv come Fiorello (che qui ha comprato una casa), Ilaria D’Amico, Vittoria Cabello e Alessia Marcuzzi.

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roma

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Nur Bar

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Per una notte di Capodanno diversa dal solito quale scelta migliore che il Nur Bar? Il locale, situato al centro di Roma tra Campo de Fiori, Piazza Navona e il Pantheon, è un crocevia di stili e tendenze per i trendsetter della Capitale. Per la festa del 31 dicembre Nur Bar, in collaborazione con Zerogradi, Hd, Upside, Ourstyle, ha presentato la serata “Alive”, in cui al cenone e ai drink è seguito lo spazio dedicato alla musica nelle tre sale Pianobar, Happy House e Rock. Tra gli appuntamenti esclusivi ospitati di recente nel locale c’è stata anche la festa “Le Désir”, in collaborazione con For Roma: una serata all’insegna della musica con resident dj Nino Scarico, young dj Simone Cantele, special performance dj Bobo Costa e con la partecipazione straordinaria di Donatella Rettore e la sua band. Foto PRMCommunication - Los Angeles-Italy

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Nur Bar

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For magazine a cura di Manuel Plazza

Art Cafè

Notte di Capodanno internazionale all’Art Cafè, che ha celebrato l’arrivo del 2013 con l’evento “Mystere”, capace di fondere insieme i sapori, lo stile e le musiche di tre capitali europee impareggiabili: Roma, Parigi, Madrid. Con lo slogan “Il nuovo Capodanno… nient’altro che combinazioni del tutto immaginarie…” si è festeggiato sino all’alba del nuovo giorno all’insegna del divertimento più sfrenato e della voglia di guardare positivamente ai prossimi dodici mesi.

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Originalissimo appuntamento allo Shari Vari per l’ultima notte dell’anno con la serata “End of the Year”, in cui l’organizzazione del locale in via di Torre Argentina ha presentato “The Divine Comedy”, festa a tema che ha ricreato le tipiche ambientazioni dantesche (inferno, purgatorio, paradiso) grazie ad allestimenti, incredibili animazioni, musica straordinaria e menu cena/buffet ricchi di specialità. Per un Capodanno indimenticabile! Foto di Marco Scichilone.

Shari Vari

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Gilda

Eleganza senza tempo al Gilda per l’ultima notte dell’anno più bella di Roma. Lo storico locale situato nel cuore del centro storico, a due passi da Piazza di Spagna, ha offerto al suo pubblico una serata magica con un grande cenone e un veglionissimo arricchiti da un menu preparato dagli chef del ristorante interno. Super ospite della festa è stato il simpaticissimo Giucas Casella, che ha intrattenuto i presenti con i suoi numeri di magia e ipnosi. A seguire musica con ritmi house, commerciali e revival suonati per tutta la notte.

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Room 26

Anche questa volta il Room 26 ha fatto le cose in grande per festeggiare come si conviene l’arrivo del nuovo anno. Dopo il successo eccezionale di dodici mesi fa è stata ripetuta l’iniziativa “One”, ovvero un unico biglietto per una tripla serata di divertimento, prezzo unico per accedere al party in tre location distinte: Room 26, appunto, Spazio 900 e Salone delle Fontane. Un Capodanno spumeggiante per il club di Piazza Marconi sulle note di dj Joe Claussel e Luis Radio, Flavio Rago e Gigi Testa per una maratona di musica house.

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Salone delle fontane

Un Capodanno da ricordare quello festeggiato al Salone delle Fontane, che in collaborazione con Room 26 e Spazio900 ha proposto un’unica soluzione esplosiva, unendo i tre prestigiosi locali, attraverso i quali il pubblico si è potuto muovere liberamente tra le sale e le varie atmosfere grazie ad un solo biglietto d’entrata. Nella location di via Ciro il Grande, all’Eur, ha dominato la musica anni ’80 con artisti di quegli anni più dj revival commerciale: concerto esclusivo di Rockets, Righeira, Via Verdi, Viola Valentino, Ryan Paris, Sam Sparro!

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Teatro Centrale

Teatro Centrale Carlsberg è la location ideale per gli amanti dell’arte, della cultura, della ristorazione e del divertimento. Il locale, situato nel cuore di Roma, tra Piazza Venezia e Largo Argentina, ogni mese ospita appuntamenti diversi e dedicati a tutte le forme dello spettacolo. Naturalmente irrinunciabile è stato il “New Year’s Night Party 2013” per brindare al nuovo anno: dopo una cena raffinata servita nel ristorante del locale si è andati avanti tutta la notte con musica live, dj set e una selezione dei migliori spettacoli dal vivo, incluso un omaggio al maestro Federico Fellini, ispirato al film 8½, riproposto anche da Bob Marshall nella sua produzione hollywoodiana Nine.

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Futurarte

Per un veglione da ricordare Futurarte Roma è stata la location ideale. I club in viale Civiltà del Lavoro, all’Eur, ha offerto eleganza, professionalità e tanto divertimento, scandito in consolle dalla musica di Cristiano Colaizzi, Massimo Vari from Radio Globo “Chiamata a Carico”, Voice Performer Lele Sarallo che hanno intrattenuto il popolo della notte fino all’alba. Al cabaret ha provveduto Alessandro Serra direttamente da Zelig. Un menu minuziosamente curato dallo chef del locale ha deliziato il palato dei numerosi ospiti presenti.

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