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r Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Art Director DORIANO ZUNINO d.zunino@flemingroma.it Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione Elisabetta Rinaldo amministrazione@flemingroma.it Relazioni Esterne marketing@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Arti grafiche Celori s.r.l.

Elena Ossola

Vita da single

Hanno collaborato: Pina Bevilacqua, Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Jill Cooper, Jessica Di Paolo, Dina D'Isa, Linda Esposito, Tommaso Gandino, Michela Garosi, Marco Gastoldi, Enrico Govoni, Agostino Madonna, Elena Martignoni, Michela Martignoni, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Giovanni Pignatiello, Valentina Polidori, Marco Pomarici, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Ivan Rota, Alfonso Stani, Donatella Vilonna. Redazione inserto Eur: Coordinatore editoriale Simone Stirati Redattori: Cinzia Giorgio, Carlo Di Giuseppantonio, Sam Stoner Foto: Anna Celani, Stefano Castellani FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno 1 - n. 3 - Aprile 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

FLEMING PRESS EDITORE

editoriale

Foto da sfogliare quelle di Bruno Oliviero contenute nel suo nuovo libro che ci presenta in anteprima. La novità è che, accanto alle foto delle dive, stavolta Oliviero ha aggiunto i divi, da Giorgio Armani ad Alberto Sordi, da Ezio Greggio a Giulio Andreotti. Poi impariamo a conoscere meglio Elena Ossola, a scoprire i sogni di Sofia Bruscoli (sopra), ad ascoltare le confessioni di Demetra Hampton, già splendida Valentina televisiva. Da non perdere un safari rigorosamente fotografico tra le savane del Kenya e un affascinante giro tra le passerelle per vedere i modelli da mettere adesso (e questa estate), ma anche un’anticipazione del prossimo autunno. Per l’arte l’incontro con Marina Abramovic´ e le sue performance è un’esperienza straordinaria, indimenticabile e che da sempre fa discutere. Ma anche gli exploit di Salvador Dalì rappresentano un momento spiazzante. Insomma, anche questo numero, care lettrici e cari lettori, siamo sicuri non vi deluderà. L’editore e il direttore


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SOMMARIO

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Questo mese le Donnavventura ci faranno scoprire il Kenya

3 / Marco Pomarici Un calcio al razzismo 4 / L’uomo del mese Adam Levine 5 / La donna del mese Katy Perry 6 / La foto 8 / Cover Non ho segreti 12 / Reportage La nostra Africa 22/ Intervista Sono una predestinata 28 / Rotazioni 30 / Cose di moda Uno stile per ogni stagione 44 / Double feature

46 / Tendenze La testa delle donne 47 / Come una star Amanda Seyfried: gli shorts diventano glam 48 / Il salotto Il bacio della pantera 50 / Sorprese Una notte burlesque 52 /Star Uomini e donne 58 / Cinema 70 / Consigli & Sconsigli di Dina D'Isa 72 / Incontri Il corpo dell’artista 78 / Arte Una vita surreale 82 / Cara Marina di Marina Ripa di Meana

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Aprile 2012

Da pagina 83 For Roma Eur

83 / FOR ROMA EUR 84 / Question time - Il territorio Eur, le ultime dal quartiere 85 / Chick-post Scene di ordinaria follia… in libreria 86 / Polo museale Per viaggiare tra le stelle 88 / Verde Il giardino delle meraviglie 92 / Approfondimento Addio Luneur? 95 / Sport Tutti di corsa 96 / Pittura Scoprendo la Cina 98 / Storia Le donne di Roma 104 / Roma peoples & stars & events


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Parola a Marco Pomarici Presidente Assemblea Capitolina

UN CALCIO AL RAZZISMO Care amiche, cari amici, ci sono immagini che vorremmo dimenticare, altre che non vorremmo più rivedere. Immagini che sanno d’amaro, che lasciano in bocca il sapore arido della mediocrità. Lo scatto, questa volta, immortala Juan. Il brasiliano, difensore della Roma, attaccato in campo dai “buuu”, che zittisce la curva biancoceleste. Cori razzisti, pessimo esempio di sportività, ma anche di civiltà. I compagni di squadra lo hanno abbracciato, gli avversari sostenuto. Lui si è detto sereno. Ma di episodi come questi il calcio ne ha raccontati, tanti, troppe volte. Fotocopie di brutte pagine di storia sportiva ancora fresche d’inchiostro. Pubblicare sul profilo Twitter dell’Assemblea Capitolina una foto del giocatore giallorosso con la scritta “Siamo tutti Juan” è stato un modo tutto nostro per dare ancora una volta il segnale della necessità di un cambiamento. Non solo quello di mostrare vicinanza ad un giocatore che si è sempre distinto per correttezza e signorilità. Ma non basta, perché occorre staccarsi dalla logica dei gruppi, delle tifoserie organizzate. Spenti i riflettori, calato il silenzio sugli spalti, fuori dal rettangolo d’erba quanti sono i Juan senza nome? Fenomeni come questi non sono da relegare in contesti circoscritti. Sono solo la punta di un iceberg fatto di emarginazione, di un malessere sociale diffuso e della paura del diverso. E non c’è onestà, valore morale, impegno civile che tenga davanti a chi, troppo superficialmente, preferisce additare

qualcuno pensando che a fare la differenza basti il colore della pelle. Gli appelli, le manifestazioni come “Roma e Lazio unite contro il razzismo e l’antisemitismo”, che avevamo presentato in Campidoglio proprio alla vigilia del derby, grazie al supporto dei dirigenti di A.S. Roma e S.S. Lazio, servono a tracciare la strada per superare uno scoglio sul quale la società civile sembra ancora essere arenata. Un invito che non può rimanere lettera morta o una dichiarazione strillata dai giornali, che il giorno dopo qualcuno a malapena ricorda. Deve essere l’input per uno sforzo costante che deve coinvolgere tutti, in primis le nuove generazioni, verso un dialogo costruttivo e senza pregiudizi. Siamo esseri umani e non cani rabbiosi, e le barricate insidiose, dettate dalla logica del branco, ci assicurano solo passi indietro. Sono modelli da scoraggiare e penalizzare. Juan, accostandosi alla curva laziale e portando il dito alle labbra, come cenno di silenzio, ha dato una grande lezione di correttezza e dignità. Ha dimostrato che per essere superiori basta non arretrare davanti alla difficoltà e che per amare lo sport bastano passione, lealtà e rispetto per l’avversario. Lui ha vinto la sua battaglia e ci ha strappato un sorriso in un pomeriggio da cancellare, noi rimandiamo la nostra, sperando che, la prossima volta, a scatenare gli animi sia solo lo spettacolo di una bella partita.

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UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Adam Levine Questo mese abbiamo scelto Adam Levine, frontman dei Maroon 5: bello sicuramente, a detta di molti anche un poco esibizionista: non a caso si è fatto fotografare in versione (quasi) adamitica con la fidanzata, la top model russa Anne Vyalitsyna, famosa anche per aver sfilato per Victoria’s Secret. Qui, per un party di Vanity Fair, è in tenuta elegante, ma assolutamente personale e molto misurato. Forse ci sarebbe da ridire sulla posa, un po’ troppo composta…

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DONNA DEL MESE

Katy Perry In occasione dell’Elton John Aids Foundation Academy Awards Viewing Party, la cantante Katy Perry ha indossato un abito gioiello della collezione Blumarine. Si tratta di un vestito lungo in tulle di seta, impreziosito da micro paillettes iridescenti argentate e nere. Divertentissima come le sue canzoni e allo stesso tempo elegante. Divorziata da poco, dopo un matrimonio lampo, si è buttata nella mondanità: a Parigi passava da una festa all’altra. E a noi piacciono anche i suoi capelli blu che si riflettono sull’abito.

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For magazine LA FOTO di Enrico Govoni

Erano già a Kathmandu, l’inviato di Striscia la notizia Vittorio Brumotti e l’alpinista di fama internazionale Simone Moro, quando hanno scoperto che è stato revocato il permesso di salire in bici fino alla cima dell’Everest (8.848 m). 100% Brumotti torna quindi in Italia, costretto per ora a rinunciare alla spedizione: accontentiamoci di vederlo, in questa foto di Yuri Baruffaldi, mentre si allena in Valmalenco.

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cover di Tommaso Gandino

Non ho segreti

Elena Ossola (28 anni) dopo la partecipazione a Miss Italia, dove si aggiudica la fascia Miss Bioethic-Deborah, inizia a lavorare come modella. 8 For Magazine


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Da L’Eredità a I Migliori Anni, la carriera televisiva di Elena Ossola viaggia a gonfie vele. Decisa e schietta, la bella showgirl, già finalista a Miss Italia 2003, si racconta senza nascondere nulla, anche che le manca una stabilità sentimentale: «Ma non si sta poi tanto male ad essere single»

Elena Ossola rappresenta la femminilità moderna, possiede grazia e charme, ma non è la solita bambola. Incarna l’immagine della ragazza ideale, affabile e affidabile. Ha occhi azzurri grandi e mobilissimi, una parlantina inesauribile, una gran voglia di comunicare, senza censure, il suo mondo interiore e il suo punto di vista su ogni argomento, anche il meno convenzionale, anche il più intimo. Dietro l’aspetto fragile, la biondissima Elena nasconde un carattere deciso e schietto. Per lavorare nel mondo dello spettacolo è necessaria una componente di esibizionismo? «Per stare in questo ambiente bisogna mostrarsi al pubblico, quindi è necessario essere un po’ esibizionisti. Io sono una ragazza molto timida e questo lavoro mi ha aiutata a vincere, in parte, la mia timidezza». C’è qualcosa che cancellerebbe dalla sua giovane carriera? «No, sono molto soddisfatta, non cancellerei nulla, ma ci sono ancora tante cose che voglio fare e tanti sogni che spero di realizzare presto». Lei è arrivata quasi per caso. Chissà che rabbia per quelle disposte a tutto… Com’è il suo ambiente di lavoro? «Io sono una ragazza con molti principi e sono arrivata in questo mondo in modo pulito e senza scorciatoie. Credo nello studio, nell’impegno e nella gavetta. Il mio ambiente di lavoro è come gli altri, ha i suoi lati positivi e quelli negativi, comunque nessuno ti obbliga a fare ciò che non vuoi». La solidarietà femminile nel suo mondo esiste davvero? «Le mie due migliori amiche lavorano nel mio stesso settore e ci aiutiamo a superare momenti difficili. Poi, come in ogni professione, è normale che ci sia un po’ di competizione». Qual è oggi per le donne il traguardo più importante da raggiungere? «Io credo che una donna sia veramente realizzata e soddisfatta quando riesce a guardarsi allo spec9 For Magazine


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Dal 2006 al 2009, la Ossola ha fatto parte del quiz L’Eredità. Come valletta ha affiancato Carlo Conti anche nel programma I Migliori Anni.

chio senza provare rimorsi e sapendo di avere la coscienza a posto. Ogni donna ha un suo obiettivo da raggiungere, io spero di realizzarmi sia nel lavoro sia nella vita». Qual è la cosa più importante che manca alla sua vita? «In questo momento mi manca una stabilità sentimentale, ma non si sta poi tanto male ad essere single». Un episodio che le è sembrato un segno del destino? «Stavo per mollare tutto dopo aver lavorato come modella, essere arrivata in finale a Miss Italia e aver vinto il titolo nazionale di Miss Bioethic, poiché avevo problemi in famiglia. Poi all’improvviso mi chiamarono per il provino de L’Eredità e dopo quattro giorni ricevetti la conferma».

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La Ossola vanta diverse esperienze in fiction-Tv, tra le quali Il commissario Rex - Il ritorno, Don Matteo 7 e Ho sposato uno sbirro 2. Ha preso parte anche al film con Massimo Boldi e Vincenzo Salemme A Natale mi sposo.

Quale fu la sua prima grande emozione televisiva? «Senza dubbio è stata il concorso di Miss Italia, la prima volta davanti alle telecamere, il cuore mi batteva fortissimo, soprattutto l’ultima serata, arrivare in finale è stata un’emozione enorme». Cos’è stato importante, a suo avviso, per costruire un programma di successo come I Migliori Anni di Carlo Conti? «Secondo me per realizzare una trasmissione di successo come questa ci vuole sicuramente un conduttore capace, simpatico e amato dal pubblico come Carlo Conti, ma anche un grande lavoro di squadra». Una persona che ha ammirato o ammira particolarmente in Tv è… «Ho ammirato tanto Mike Bongiorno e Raimondo Vianello, due pilastri della televisione italiana e due persone molto umane. Carlo Conti, poi, per me è un grande maestro di lavoro, un vero professionista, e anche di vita, mi ha insegnato e dato veramente tanto in questi anni, non finirò mai di ringraziarlo. Lo stimo molto come persona, è umile e sensibile».

È più legata al passato o totalmente proiettata nel futuro? «Non cancellerei mai il mio passato, sono felice di essere quella che sono attualmente. Invece per il futuro ho tanti progetti». Rifarebbe ogni cosa contando fino a dieci? «Nella mia vita rifarei soltanto due cose contando fino a dieci, ma ovviamente non dico quali». Se potesse mandare avanti il tempo, che cosa vorrebbe vedere nel futuro? «Vorrei vedere sconfitte molte malattie incurabili attualmente, un mondo migliore e che tipo di donna sarà Elena». Reincarnazione: se potesse rinascere uomo chi vorrebbe essere? «Vorrei essere mio padre perché è un uomo fantastico, con un grande cuore, con valori che è difficile trovare oggi in una persona, capace di provare sentimenti veri, realizzato nella vita e nel lavoro, genuino, onesto, sincero».

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REPORTAGE di Michela Garosi

la nostra africa Il fascino misterioso di questo continente rimane intatto. Donnavventura, tra scenari meravigliosi, incontri con i Masai e una “caccia fotografica” straordinaria, ci accompagna alla scoperta del Kenya. Che non è solo Malindi e le ville dei vip

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Un branco di zebre che pascola all’alba nella riserva faunistica di Masai Mara.

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Un esemplare di piccolo leone che si muove nel grande ecosistema della riserva keniana.

Arrivando a Nairobi, la capitale del Kenya, quello che sconvolge di più è il traffico: file e file di macchine e camion in un caos totale. Le Donnavventura si ritrovano in una residenza davvero d’eccezione, il Sarova Stanley, un hotel situato nel cuore pulsante della capitale, che esiste dal 1902 e uno dei simboli intramontabili della città. Qui c’è anche il tempo per vivere una scatenata Nairobi by night, ma al mattino già si riparte alla volta del grande parco del Masai Mara, forse il più conosciuto e certamente il più ricco di fauna, compresi i big five, i cinque grandi mammiferi africani. Questo è il periodo dell’anno, insieme ai mesi di giugno-luglio,

in cui nel Masai Mara si compie un fenomeno che ha davvero dell’incredibile: la migrazione degli gnu. La “caccia fotografica” ha buon esito e le Donnavventura incontrano bufali, leoni, elefanti, ma anche zebre, giraffe, iene e ghepardi. Il team, tuttavia, non poteva lasciare il parco senza aver incontrato i Masai, popolo di pastori nomadi che vive qui in Kenya e anche nella vicina Tanzania. Così, è a Olamutia che il capo tribù accoglie le inviate e le introduce al centro del villaggio dove i maschi iniziano a danzare per dare loro il benvenuto. Sulla via del rientro, per tornare al campo base, le ragazze passano anche davanti ad una scuola e non resistono alla voglia di fermarsi e conoscere i

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Gregge di gnu al tramonto. La migrazione di gnu è uno degli spettacoli più caratteristici del Masai Mara.

Una famiglia di elefanti al Masai Mara: nel parco sono presenti tutti i cosiddetti “Big Five”, ovvero elefanti, leoni, leopardi, rinoceronti e bufali.

Una giraffa che mastica ciuffetti di acacia. In lingua swahili la giraffa viene chiamata twiga.

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Veduta mattutina del Masai Mara, situato nella pianura di Serengeti, nella parte sudoccidentale del Kenya.

Un gruppo di giovani Masai del villaggio. I Masai sono un popolo nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania.

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Una coppia di zebre in un momento di “relax”: questi mammiferi equini sono animali gregari che vivono in branchi di 7-8 elementi.

Una leonessa predatrice che si ciba di una giraffa appena uccisa.

bambini, che studiano sia lo swahili, per parlare tra loro e tra le tribù, sia l’inglese, utile soprattutto per un futuro lavoro. La tappa successiva del Grand Raid è il lago Nakuru. Sul percorso il team incrocia un villaggio in cui spiccano le insegne delle attività commerciali dipinte a mano sulle costruzioni e alcune donne che cuciono a macchina in veranda, riparate dal sole. Dopo oltre 300 chilometri, gran parte dei quali percorsi su pista, ecco Nakuru, cittadina poco distante dall’omonimo lago. La particolarità di questo posto è che ogni costruzione è decorata con un murales diverso. C’è la casa con le zebre, quella con gli uccelli, quella con gli elefanti, quella con alcuni pastori, in un misto di disegni e colori di tutti i tipi. Costeggiando il lago, il primo animale in cui ci si imbatte è una gazzella di Thomson, che pascola indisturbata sulle sponde, ma non mancano anche i dispettosi babbuini. Poco più avanti però si apre uno scenario davvero spettacolare: centinaia di fenicotteri rosa e pellicani si ritrovano a poca distanza dalle ragazze. Questo lago di acqua alcalina è l’habitat naturale per eccellenza di questi esemplari, che scelgono la zona anche per la mitezza della temperatura. Infine, per concludere in bellezza, il raro rinoceronte bianco. Il team ne avvista un gruppetto in riva al lago e c’è anche un cucciolo fra loro! L’emozione è davvero forte data l’eccezionalità dello spettacolo che si staglia davanti agli occhi. 17 For Magazine


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Fenicotteri rosa e pellicani che si nutrono sulle rive del lago Nakuru.

Un gruppo di rinoceronti bianchi si disseta tra le acque del Nakuru.

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Un leone appostato su un albero di acacia nei pressi del lago: sta scegliendo la sua preda.

Insediamenti abitativi nella cittadina di Nakuru, con murales dipinti a mano.

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La Donnavventura Stefania che fotografa il mare dell’isola di Chale, un vero e proprio paradiso tropicale, 20 km a sud di Diani Beach.

Dopo una piacevole serata trascorsa sul lago è tempo di ripartire e il giorno successivo, come sempre all’alba, le neo reporter sono già alla guida delle loro fuoristrada. Questa volta la bussola punta a sud, verso Mombasa, città caotica e frenetica affacciata sull’Oceano Indiano. Per la fortuna della carovana è il Kenyatta Day, festa nazionale, e per le vie c’è pochissimo traffico, ma quanta strada da fare! Finalmente però, dopo aver macinato tanti chilometri, le Donnavventura raggiungono la tanto agognata destinazione: l’isola di Chale, poco distante da Mombasa. Il team resta letteralmente a bocca aperta quando si accorge che per arrivare all’isola si deve necessariamente ricorrere ad un “mezzo un po’ speciale”: si tratta di un trattore, che arriva sull’isola sfruttando la bassa marea.

A Chale le ragazze trovano una vera e propria oasi di pace e tranquillità dove riprendersi dalle fatiche dei safari e dalle levatacce. Così il team, dopo un pernottamento in una suite su palafitta, è già pronto per circumnavigare l’isola in kayak e ne approfitta anche per pescare un po’. E dopo aver visto la “Chale subacquea”, con stelle marine e pesci colorati è già tempo di tornare a Nairobi, dove la spedizione abbandona il Kenya, ma non l’avventura…

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Una spiaggia dell’isola di Chale con la tipica sabbia bianchissima.

Il team delle Donnavventura con il “bottino� dopo una mattinata di pesca fortunata.

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For INTERVISTA magazine di Marco Gastoldi

Sono una predestinata

Sofia Bruscoli è nata a Cattolica, in provincia di Rimini, il 20 aprile 1988. A soli 4 anni inizia a praticare il pattinaggio artistico, laureandosi campionessa europea all’età di 12 anni. Lascerà lo sport solo negli anni del liceo. 22 For Magazine


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Dalla moda in tenera età alle fiction passando per tanta Tv: Sofia Bruscoli ha avuto come “madrina” Milly Carlucci e come “padrini” Carlo Conti e Pippo Baudo. Eppure dichiara candidamente: «Faccio televisione ma non la guardo e non mi guardo!» Intanto eccola più sexy che mai, fotografata da Bruno Oliviero Ci racconti dei suoi esordi fra pattinaggio artistico, moda e televisione. «Ho iniziato a cinque anni con il pattinaggio artistico a rotelle, perché a Riccione, non essendoci particolari strutture idonee, è impossibile praticare il pattinaggio sul ghiaccio. Mi sono dedicata a questo sport per dieci anni e nel 2000 ho vinto i Campionati Europei. Mi allenavo dal lunedì alla domenica per cinque ore al giorno, si può dire che sia stata la mia vita durante l’infanzia. Ero innamorata del pattinaggio e volevo vincere. Tutto ciò mi ha trasmesso un grande senso della disciplina, dell’allenamento e della fatica, regalandomi poi molte soddisfazioni». Attraverso la sua determinazione ha abbandonato lo sport e si è dedicata alla moda, lavorando con i più grandi stilisti. «Sì, a quindici anni ho lasciato il pattinaggio perché non ci sarebbe stata molta possibilità di continuare. Inoltre iniziavo il Liceo Scientifico e non potevo più allenarmi con così tanta forza e dedizione. Un anno dopo ho partecipato e vinto il concorso di bellezza “Elite Model Look”, che ha scoperto talenti come Cindy Crawford e Gisele Bundchen. Da quel momento ho iniziato a lavorare in tutto il mondo, fra Cina, Parigi e Monaco. È stata un’esperienza molto forte perché ho cambiato per la prima volta il luogo in cui vivere, mi sono spostata dal paese alla grande metropoli: Milano. Ho imparato ad arrangiarmi da sola grazie alla mia determinazione e all’appoggio della mia famiglia che non mi ha mai abbandonata».

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Nel 2004 vince il concorso di bellezza Elite Model Look, mentre nel 2005 viene proclamata Miss Mondo Italia e Miss Europa.

Cosa pensa riguardo al mondo della moda? «È sicuramente un ambiente divertente. A quale donna non interessano trucco e parrucco? È anche un mondo tosto, ma se frequentato solo per il lavoro non è così atroce come si dice. Dipende da come scegli di viverlo. Inoltre, essendo minorenne, ero continuamente tutelata dalla mia famiglia e dall’agenzia per cui ho lavorato». Per lavoro ha girato il mondo, qual è il luogo che ha preferito? «Posso dire quello che mi è piaciuto meno? La Cina, dove ho vissuto per quattro mesi girandola tutta. Un paese interessante per la cultura, la storia e il territorio, ma troppo diverso dal nostro. È un altro mondo dove, forse per la mia giovane età, non mi sono sentita totalmente a mio agio. Proprio in Cina ho partecipato alla finale di Miss Mondo, vincendo il titolo di Miss Europa nel 2005, dopo aver vinto il titolo di Miss Mondo Italia».

A circa 17 anni si ritrova nel mondo della televisione. Cosa l’ha spinta verso il piccolo schermo? «Mi ci sono ritrovata. Mi hanno chiamata per il Festival di Sanremo, ma per problemi di età, poiché ero ancora minorenne, non ho potuto partecipare. Ho conosciuto Milly Carlucci e nel 2006 ho partecipato alla terza edizione di Ballando con le Stelle. Milly mi ha “tenuta a battesimo”, è stata un’esperienza unica e sono stata molto felice di averla conosciuta. Inoltre, la mia passione nei confronti della danza classica e moderna, che mi ha aiutato per il pattinaggio artistico, mi ha anche permesso di essere avvantaggiata rispetto agli altri concorrenti. Ho anche un bel ricordo di Manuel Favilla, che formava la coppia con me. Fra i concorrenti con i quali ero in competizione ho incontrato in occasione dell’ultimo Capodanno di Rai 1, in diretta da Courmayeur, Pamela Camassa, con la quale sono stata entusiasta di lavorare per celebrare il nuovo anno».

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La Bruscoli fa il suo esordio in Tv nel 2006 partecipando alla terza edizione di Ballando con le Stelle. «Milly Carlucci mi ha “tenuta a battesimo” – ha dichiarato Sofia –, è stata un’esperienza unica e sono molto felice di averla conosciuta».

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Un passo indietro, nel 2008 ha presentato I Migliori Anni con Carlo Conti e in seguito Domenica In con Pippo Baudo. «Sì, dopo Ballando con le stelle ho partecipato alla conduzione del programma con Carlo Conti, un’altra istituzione in Rai. È stato molto divertente cambiare look, interpretare ed ascoltare canzoni che non fanno parte della mia generazione, ritrovandomi negli anni ’50, ’60, ’70 e ’80. Nel 2009 e 2010 ho avuto la grandissima fortuna di affiancare Pippo Baudo. Ricordo ancora le tre ore di provino durante le quali ho ballato, cantato e recitato. Ho anche recensito libri di Pirandello e D’Annunzio. C’erano trenta persone che mi giudicavano, è stato più impegnativo dell’esame di maturità! Ma lavorare con Pippo Baudo è stata un’esperienza grandiosa». Nel 2010 e 2011 ha presentato Il bello, il brutto e il cattivo su Rai 5. «Sì, ho trattato vari argomenti fra cui moda, intesa non solo come abbigliamento ma anche design, arte, tecnologia e architettura. Del resto tutto ciò che è moda mi piace tanto. A novembre ho collaborato di nuovo con l’agenzia Elite, presentando l’“Elite Model Look” all’Accademia L’Oréal di Roma, il concorso che ho vinto». Torniamo alla televisione e alla recitazione, a quali fiction ha partecipato? «Nel 2006 mi sono trasferita a Roma per studiare dizione e recitazione, cercando di correggere il mio accento che risentiva del mix fra romagnolo e milanese. Ho preso parte a Il Commissario Vivaldi e Le segretarie del 6°, sono stata anche protagonista di una puntata di Don Matteo 7 e di Che Dio ci aiuti, con Elena Sofia Ricci. Ora ho appena terminato un corso di recitazione che mi ha tenuta impegnata dallo scorso ottobre». Cosa guarda in Tv? «Faccio televisione ma non la guardo 26 For Magazine


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e non mi guardo! Ho il televisore, ma lo uso solo per i dvd. Impazzisco per i thriller, ma guardo anche le commedie. Il mio film preferito è Titanic, per il suo romanticismo, di sicuro non mi perderò assolutamente la versione in 3D». È appassionata anche di libri? «Molto. Leggo di tutto, dalle opere teatrali che mi hanno aiutato per lo studio alla letteratura inglese. Amo Giorgio Faletti, ma ho letto recentemente Racconti d’inverno di Shakespeare. Ora in borsa ho Ricorda con rabbia di John Osborne». Milano e Roma, due città nelle quali ha vissuto e vive. Che luoghi frequenta? «A Roma vado spesso a teatro e al cinema. Adoro i musical, ho visto Mamma Mia! e più di recente Sister Act. Sono felice del fatto che il musical stia prendendo campo anche in Italia. Quando sono libera vado spesso in centro e a Villa Borghese, dove leggo e mi rilasso. Purtroppo nel periodo milanese ero ancora minorenne, non ho potuto frequentare i locali della città». Ora che è a Roma, cosa le manca di Riccione? «Nulla, perché torno a casa almeno una volta al mese». Un consiglio per tutte coloro che iniziano ora a muovere i primi passi nello spettacolo? «Studiare, studiare, studiare! Se vuoi fare l’attrice, devi studiare. Se invece vuoi fare la conduttrice, non esiste una scuola. Ma bisogna studiare e faticare per saper fare più cose possibili, come cantare e ballare. Avere una padronanza del linguaggio è fondamentale per sostenere anche tre ore di diretta».

Sofia ha un debole per i thriller e le commedie romantiche come Titanic e Moulin Rouge!. Tutte le foto del servizio sono di Bruno Oliviero. 27 For Magazine


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Super-evento nella boutique Valextra di via Manzoni, a Milano, in occasione della presentazione del libro Contemporary Landscape di Patrizia Pozzi.
Gli ospiti sono stati accolti dal presidente di Valextra, Emanuele Carminati Molina e da Gabriella Magnoni Dompè, madrina della serata. Sono inoltre intervenuti il curatore Luca Molinari, il giornalista di Repubblica Aurelio Magistà, il critico d’arte Gillo Dorfles, l’editore Massimo Vitta Zelman, il nuovo presidente della Triennale Claudio De Albertis, il direttore di Periodici Italia di Mon-

dadori Stefano De Alessandri, Beppe Modenese, Bob Krieger, Arturo Artom, Marta Brivio Sforza, Umberta Gnutti Beretta. Inoltre, da sottolineare la presenza di alcune delle più autorevoli personalità del mondo scientifico italiano e internazionale, quali Silvio Garattini (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), Pier Mannuccio Mannucci (direttore scientifico della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico) e Paolo Veronesi (presidente della Fondazione Veronesi).

Gabriella Dompè e Massimiliano Finazzer.

ROTAZIONI

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di Ivan Rota

Serata spettacolare per il compleanno della bellissima Kris Reichert: avvolta in un abitino super stretch, lei e i suoi ospiti (tra i quali non potevano mancare il fidanzato Yan Agusto e la compagna di tanti successo Kris Grove) hanno ballato fino a tarda notte al Just Cavalli, e hanno festeggiato per tutta la città a bordo della lussuosissima Hummer Limousine, che di sicuro non è passata inosservata ai milanesi che si aggiravano per le vie. • È passato più di un anno da quando hanno girato insieme Gli sfiorati, ora sui nostri schermi, ma tra i due è rimasto un certo feeling: parliamo di Michele Riondino, ovvero Il giovane Montalbano, e la sexy Miriam Giovanelli. La scorsa settimana sono stati avvistati durante una romantica cenetta. • Prima di partire per L’isola dei famosi, Nina Moric si aggirava dalle parti di Porta Venezia a Milano: a pochi passi da lei Nicolò Oddi, da sempre attirato dalle donne famose. Stesso luogo, altro vip: avvistato Luca Zingaretti, ovvero Il commissario Montalbano. Che tipo di indagini stava svolgendo?

Kris Reichert e la Dj Maxine.

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Giovanni Bozzetti ed Eva Leitgeb.

Patrizia Pozzi, Contemporary Landscape, ed. Skira.

Mentre la sorella Carla pensa sempre più ai guai del marito in campagna elettorale, Valeria Bruni Tedeschi sta girando il suo nuovo film da regista, Un chateau en Italie, che vede come protagonista il di lei fidanzato Louis Garrel. Sul set è nata un’altra grande intesa, quella tra il nostro Filippo Timi e Xavier Beauvois.

da suoi collaboratori, ma, parlando con lei, abbiamo potuto appurare che è tutta farina del suo sacco. Anche in vacanza, in quel di Saint Moritz, non si è astenuta dal pubblicare foto della ridente località e di sue campagne pubblicitarie. Ha passato le giornate in assoluta tranquillità. Erano tutti al Dracula Club per il compleanno di Ralitza Baleva, moglie di John Balzarini, ex marito di Fiona Swarovski. C’erano anche tutti i reduci della festa del Corviglia Club, al Palace, tra cui l’ereditiera Serena Boardman, in arrivo dal Maloja Amedeo Clavarino e Arturo Artom, ma di Afef nessuna traccia. Era tranquilla a casa. Se la rideva ancora per una disavventura che ha simpaticamente postato: in vacanza in Tunisia, suo paese natale, scopre con sorpresa che, sul foglio di registrazione dell’hotel in cui soggiorna, è segnata la sua data di nascita in modo del tutto sbagliato: 30 dicembre 1899! Complimenti a una signora che non ha problemi con l’età!

• Emanuele Filiberto, ora in tv con Il Principiante, ha ideato un format da proporre alle reti con target giovane: un programma sulla vita vera dei giovani nobili d’Europa. Filmati e interviste esclusive agli eredi delle famiglie regnanti europee ripresi nella loro quotidianità. Ad esempio Filippo di Spagna che pesca le trote in Galizia, oppure Stephanie di Monaco che, mentre cucina i suoi adorati ciambelloni, racconta la sua passione per il circo e per gli acrobati. • Thora Birch, che molti ricorderanno tra i protagonisti di American Beauty, ora fa audizioni a Broadway: durante una di queste, la diva si è invaghita dell’attore Michel Altieri. Lui, però, fedele alla moglie Jessica Polsky, non ha ceduto e preferisce uscire con l’amico attore Francesco Venezia. • Afef Jnifen Tronchetti Provera è una dei pochi vip che non hanno lasciato Facebook per Twitter: ogni giorno posta foto, commenti e pensieri. Twitter, evidentemente, non rientra nelle sue corde. Molti pensavano che il profilo fosse aggiornato

Laura Morino Teso e Adriano Teso.

• Ad agosto compie quarant’anni, ma Cameron Diaz dice: «Amo invecchiare, mi piace l’esperienza che arriva con l’età». Vedremo una delle attrici più pagate di Hollywood a giugno nel film What To Expect When You’re Expecting, una commedia sulle difficoltà di diventare genitori. Si mantiene in forma (e che forma!) facendo fitness. Lo fa da quando ha vent’anni e, confessa, non potrebbe farne a meno.

Cameron Diaz

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For magazine COSE DI MODA

MISS BIC È nato Miss Bic, il nuovo brand di accendini dedicato al pubblico femminile con cui Bic, a 40 anni dall’invenzione del primo accendino diventato icona, torna a stupire. Per celebrare la nascita di questo marchio, lo stilista Oscar Carvallo ha appositamente creato uno scenografico abito composto da 8.521 accendini Miss Bic, che è stato esposto a Palazzo Morando a Milano, in occasione del Vogue Talents Corner, attirando l’attenzione dei numerosi ospiti presenti. Il nuovo brand strizza l’occhio al mondo della moda e alle donne fashion victim, con una gamma di prodotti dalle decorazioni di tendenza e dalla forma slim.

di Ivan Rota

DAMIANI Grande ressa per l’evento Damiani nella boutique di via Montenapoleone a Milano. Motivo di ciò, l’arrivo di Sharon Stone. La diva da tempo collabora con la famosa casa di gioielli: senza scorta, disponibile con tutti, ha avuto un grandissimo successo. Tra gli ospiti dell’happening Gabriella Dompè, Umberta Gussalli Beretta, Lorenzo Riva. A fare gli onori di casa Silvia Grassi Damiani.

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Uno stile per ogni stagione Tra collezioni primavera/estate e prêt-à-porter autunno/inverno, il 2012 per lei e per lui si carica di abiti colorati ed eleganti, scarpe raffinate, accessori cool. Con un occhio a Milano e l’altro a Parigi

ARFANGO

ONASSIS

Durante la settimana della moda maschile milanese, Alberto Moretti, designer di Arfango, ha presentato la collezione uomo autunno/inverno 2012-13 “Dream Shoe: un sogno ai tuoi piedi”, che risente dell’influenza del new dandy style maschile. A spiccare per eleganza ed estrosità sono: la “voyeur shoe”, in cui la tomaia delle slipper di velluto diventa lo spioncino attraverso cui osservare una pin up del burlesque; la “scarpa del cuore” fatta di micropaillettes a contrasto che disegnano sulla tomaia della calzatura un cuore; la “mirror shoe”, un mosaico di specchietti che illumina la pantofola del “più bello del reame”; la “vite d’oro”, ossia le slipper in oro bianco e le francesine in velluto rifinite con chiodi e viti d’oro; e infine lo “scarpetto di cristallo”: una pantofola completamente ricamata di cristalli Swarovski. Nicola Ievola

C’è un nuovo marchio che si sta affacciando prepotentemente nel panorama del mondo del lusso italiano ed internazionale: Onassis. La straordinarietà di Onassis è soprattutto nella composizione e nella sua lavorazione del tessuto. La materia prima è rigorosamente Made in Italy, ed è l’eccellenza offerta dall’industria manifatturiera italiana. Basti pensare che i tessuti utilizzati costano in media 75 euro al metro (per Valentino 21 euro), mentre la stessa scatola delle scarpe, lavorata a mano, ha un costo di 18.70 euro. La collezione primavera/estate 2012 per l’uomo e la donna presenta alcuni capi di abbigliamento esclusivi e calzature realizzate con materiali pregiati, unici nel loro genere e rigorosamente realizzati in Italia.

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MUGNAI

ALYSI

Mugnai è un’azienda calzaturiera che lavora ancora tutto artigianalmente: le sue scarpe sono distribuite in tutto il mondo, anche presso le Galeries Lafayette. In omaggio alla Ville Lumiére, Mugnai ha realizzato una scarpa con tacco Tour Eiffel davvero mitica.

Uno stile “urban chic” quello proposto da Alysi al suo debutto per l’autunno/inverno 2012-13 con una linea di accessori donna, Accessoreria Alysi. Una collezione, sofisticata e versatile, di cui protagoniste assolute sono le borse e le scarpe – completata da collier, bracciali, foulard, una vera e propria “accessoreria” declinata in 50 pezzi – creati con materiali ricercati e una tecnica “handmade finishing”, per dare quel vintage touch assolutamente inedito. Il fil rouge che attraversa l’intera collezione è il contrasto inaspettato, accennato oppure esasperato, in grado di creare l’errore rispetto al consueto: questa la filosofia della griffe che modifica così le regole del gioco, l’energia e la passione.

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Parigi è sempre Parigi

EMAMÒ Emamò, il brand dedicato al summer style disegnato da Emanuela Corvo, apre un corner dedicato nel Luxury Mall Excelsior, portando il suo mood romantico e contemporaneo nel cuore di Milano, in Galleria del Corso. Un opening importante per Emamò, le cui collezioni sono caratterizzate da charme e da allure, con il plus di lavorazioni ricercate e di dettagli preziosi. Mussole di cotone, lino, pizzi, sete stampate e disegni barocchi, applicazioni di conchiglie, madreperle e Swarovski su bikini che diventano piccole opere d’arte, densi di bagliori scintillanti al sole estivo. Un vortice di femminilità emotiva e intensa, che non ha mancato di conquistare le celebrities fotografate ogni anno con indosso capi Emamò: da Beyoncé a Megan Gale, da Broklyn Decker a Nina Moric. Il target non è discriminato dall’età, ma da una comunanza di valori.

Nove giorni di eventi e sfilate a Parigi. Si è partiti subito con il botto: Katy Perry, dai capelli turchini, ospite da Hogan per la collezione creata da Karl Lagerfeld: cena ristretta alla Maison du Caviar con gente da tutto il mondo a ricordare Lucio Dalla e la sua Caruso. La cantante è arrivata accompagnata da Jonathan Newhouse, Daphne Guinness e Bérénice Marlohe, nuova “bond girl” in Skyfall che aveva poca dimestichezza con il suo abito-sciarpa. Altro motivo di orgoglio il conferimento della Legion d’Onore a Franca Sozzani. Poi Olivier Zahm alla Maison Darrè per il party Yazbukey’s Pussicat Fight, e Kim Gordon, frontman dei Sonic Youth, stilista per Surface to Air, che invita tutti al suo concerto al Club Silencio. E ancora: Jessica Alba, Jade Jagger, Sara e Giovanna Battaglia da Lanvin: aperitivo, defilé e after party con Albert Elbaz che cantava Que Sera, Sera, supportato da Tilda Swinton: si festeggiavano i dieci anni dello stilista alla direzione della maison. Molti altri stilisti presenti, tra i quali Jean Paul Gaultier, con Rossy De Palma, e Elie Saab, reduce dal suo party arabeggiante, che hanno applaudito Feu, spettacolo al Crazy Horse ideato da Christian Louboutin. Applausi per John Galliano e per i meno conosciuti Masha Ma e Hakaan, ma soprattutto per Victoire de Castellane, creatrice dei gioielli Dior, festeggiata con una cena da favola al Salomon de Rotschild. Poi un magico party da Régine’s con Gemma Arterton e Elisabeth von Thurn und Taxis. Party da Colette per la presentazione della Pentax K-01: ad ammirare il vernissage “Backstage” c’erano Leigh Lazark, Jefferson Hack, Suzy Menkes e Catherine Baba. Atmosfera algida al cocktail di Balenciaga: elegantissime Dasha Zhukova, Gaia Repossi e Charlotte Gainsbourg. Una parata di star ovunque: da Hermes a Miu Miu, da Yves Saint Laurent, avvistate Laetitia Casta e Catherine Deneuve, ad Alexander McQueen, sino alla megafesta di Stella McCartney: la ville lumière non conosce la crisi. O almeno così sembra.

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LORENZO RIVA Collezione prêt-à-porter autunno-inverno 2012-13 per Lorenzo Riva. Bon ton e femminilità anni ’50, eleganti e sofisticate, dalle algide muse (bionde) di Hitchcock alle nuove web-star come Lana Del Rey, con un occhio

allo stile di Veronica Lake. Cappotti e caban ampi in panno casentino con effetti bicolore optical nell’avorio/nero, o rosso/nero con motivi a coulisse nel collo, o in verde con accenni di spacchi arrotondati. Tessuti spigati in lana/cachemire o in micro quadretto stretch per giacche avvitate con manica a kimono, e motivo ad effetto guanto in jersey, abbinate a

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gonne affusolate. Macro spigato per gonne ampia con accenni in canetè, chiusa da fibbie in metallo, abbinata a camicia maschile in piquet bianca. Stuoie multicolor nei toni del verde o del fucsia per tubini con inserti a contrasto o piccole tasche. Rivisitazione di tessuti tradizionalmente legati alla hautecouture, come il matelassè a micro fiori, nelle


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tonalità del bluette per abito e soprabito con piccoli volant sul collo, o in nero, per abiti sinuosi dalle velature in tulle a pois stretch, fino al jacquard piéd de poule color antracite. Morbidi cady nel rosso brillante o nel nero con inserti in pizzo effetto “nude” o con bordi macramè bianco su nero o velati di chiffon con collo/polsi a contasto in piquet bianco. Small

jacket da cocktail con inserti a volant anche nel fondo manica, su abiti in mikado. Pizzi con effetti arricciati nel colore beige o con gonna ampia nel rosso/nero. Tessuti con ricamo di micro paillettes nel beige, ametista o nero per tubini con motivi di drappeggio a monospalla o a cascata nel dorso, per abiti a gonna ampia o abiti lunghi con inserti in tulle trasparente.

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Georgette e raso di cotone per la stampa zebra optical nel bianco/nero: abiti corti con baschina a cloche o con drappeggi incrociati, abiti lunghi a sirena con drappeggio a spirale. Un ricordo bruciante per atmosfere hardboiled, vedi La Fiamma del Peccato.


For magazine di Marco Gastoldi

JILL SANDER Clinical-chic dal sapore anni ’40 per la nuova collezione primaverile firmata Raf Simon per Jil Sander. Il punto di partenza è l’iconica camicia bianca del brand, che per l’occasione si trasforma in mini abiti e gonne dalla sensualità d’alta moda. L’idealizzazione del minimalismo trova la vera essenza della bellezza femminile in ogni sua forma e silhouette, trasmettendo forza, modernità e vivacità. Ogni creazione diventa il motivo narrativo e artistico del modernismo: l’arte si mescola alla moda. Le

pennellate sulle ceramiche firmate Picasso sembrano essere intrappolate in maglioni, gonne a tubo e abiti da sera colorati da diverse gradazioni di giallo, blu, rosa, arancio e verde smeraldo. Intarsi e geometrie dalle linee rette si mescolano a cotone ed organza senza fronzoli e alle colorate e luminose fantasie tartan, senza rinunciare all’essenzialità e al rigore di outfit monocromatici più semplici e minimal. Pennellata dopo pennellata, la seduzione e la femminilità esplodono in un soffio di haute couture dove tendenza ed eleganza, unite a modernismo e arte, trovano un delicato ed unico equilibrio.

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ICEBERG Valentina, il personaggio nato dal tratto a matita di Guido Crepax, ispira l’enorme ricamo realizzato in lustrini applicati su maglia che apre la collezione spring/summer 2012 di Iceberg. Pantaloni cargo in seta e camicie maschili stampate, pullover con scollatura rotonda e canotte oversize reinventano lo sportswear e la comodità tutta al femminile. L’attenzione si concentra ancora sulla maglieria, pezzo forte delle produzioni firmate Iceberg, che introduce come di consueto una

novità: la fettuccia di seta in originali mélange a trame lente. Total look black&white folgorati da lampi fluo rossi e gialli diventano invece il must have primaverile grazie alle stampe floreali coloratissime. Nastri intrecciati e giganti paillette dai riflessi metallici si riversano invece su giacche e top per consentire una visione dei capi…in terza dimensione! Enormi occhiali in stile retrò, maxipochette in plastica trasparente e pelle di rettile concorrono a rendere uniche e importanti le creazioni arricchite dai cromatismi del perla, salvia, ciliegia, argento, giallo e fucsia.

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OSCAR DE LA RENTA Regalità e sontuosità per un ritorno alle epoche passate; pizzo, raso, seta e macramè per dettagli preziosi ed ottocenteschi; nero, senape, corallo, bluette, verde prato, rosa e celeste per abiti da ballo dai pregiati e lavorati ricami. Oscar de la Renta propone così una collezione che rivisita e attualizza le sfarzose e ricche suggestioni di qualche secolo fa, soffiando attraverso il vento primaverile un profumo di giovinezza, lussuosità e fascino. Ogni tecnica di ricamo, consistenza di tessuto e tinta di colore è straordinariamente esplorata passando dall’uncinetto al minuzioso intreccio, dal fluttuante chiffon alle voluminose piume, dalle

candide sfumature rosee ed avorio fino all’oro, al corallo e allo champagne. Abiti da giorno verde acido e giallo canarino in tweed sono la tenuta ideale per la quotidianità, insieme a lunghi pantaloni e giacche corte. Gonne paracadute, abiti bianchi e limone pallido e ornamenti realizzati con una palette piumata sono invece la mise ideale per il cocktail più eccentrico, insieme al cappotto-abito dalle maniche a tre quarti con applicazioni fiorite. Abiti dall’incanto fiabesco ricamati con tulle, pizzi e raso dalla vivacità unica rendono infine realtà il magico sogno di un appuntamento particolare e importante. Giorno o notte, lavoro o gioco, Oscar de la Renta conferisce armonia e unicità ad ogni occasione di una donna raffinata e principesca.

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DAMIR DOMA Attraverso linee fluttuanti e spigolose Damir Doma sembra ogni volta raggiungere un risultato innovativo e sempre più vicino alle esigenze della donna nella moda di oggi. L’arte dello stilista si concentra per oltrepassare il trend appariscente di stagione e donare un valore aggiunto, attraverso nuovi materiali e forme, ai puri concept di leggerezza, purezza e sensualità. Giacche senza maniche e cappotti/tuniche, decorati con abile sottigliezza da un gioiello/accessorio incastonato

nell’abito, creano un esiguo ma brillante quadro cromatico attraverso le sfumature oro, cioccolato, ottone e beige ultra chiaro. Cotone e lino grezzo, tela a trama larga e pizzo antico contribuiscono a realizzare short maschili, abiti a colonna e giacche double face attraverso un mix di tessuti e giochi di sovrapposizioni da tuareg. Lo stilista si concentra poi verso una direzione prima d’ora inesplorata, utilizzando pelli sottili e seta plissettata, maniche a palloncino e gonne dalle forme non convenzionali, rendendo un effetto visivo accattivante che coniuga innovazione e sensibilità pura dell’artista.

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FENDI Silvia Venturini e Karl Lagerfeld rivisitano in chiave moderna dei grandi classici, riproponendoli nella collezione primavera/estate del marchio Fendi. Abiti con l’elastico in vita, gonne in cotone a righe, camicie da uomo con tanto di nastri in seta che ricordano una cravatta e cappotti a doppio petto dall’ispirazione militare sono la reinterpretazione ironica di uniformi e tenute più tipiche, strutturate e intramontabili. L’irresistibile completo gonna/pantalone è sdrammatizzato e vivacizzato da righe dorate verticali e orizzontali, gli abiti per la sera realizzati in tessuto chiffon si impreziosiscono grazie ai brillanti dettagli cristallini. La

donna è semplice e accademica sfruttando il pieno comfort di una tuta dalle fantasie fiorite oppure di un mini abito in cotone scaldato dalla giacca con maniche ampie e comode. Ogni silhouette è geometrica e il richiamo viene sicuramente da alcuni capi tipicamente maschili: una sintesi fra uomo e donna che culmina nella neutra palette composta da verde, beige, bianco, nero, caramello, blu e rosa ravvivata da lampi di colore, righe o fantasie. Protagonisti della ricercata comodità anche i sandali in pelle traforata o i sabot in seta e le borse a tracolla o a mano che, insieme alle clutch in coccodrillo, riflettono la signorilità sempre giovane della donna Fendi. E per uno sguardo verso il futuro? Gli occhiali tech, colorati e over.

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MARNI Accuratezza, giovinezza e struttura sono i concetti che hanno ispirato Consuelo Castiglioni, stilista della griffe Marni. Un riuscito mix anni ’60 e ’70 che comprende maglie a righe su gonne a trapezio con stampe decisamente macro. Le forme rigorose e precise di giacche, gonne e top sono incredibilmente alleggerite da giochi di sovrapposizioni e lunghezze che illudono lo sguardo. Gialli, azzurri e rosa esplodono in rossi e blu elettrici, mentre rombi e ovali accendono i giochi dall’ispirazione optical. La nuova collezione primaverile incuriosisce soprattutto

per l’utilizzo dei materiali: fiori di resina sono applicati su tele trasparenti dove si intravede il tessuto sottostante in contrasto. Le gonne sono invece impreziosite dall’intreccio di raffia ai cui orli pendono frange e perline, le giacche in cotone dall’esplosione power flower completate dagli shorts con orli arrotondati. Protagonista essenziale diventa la linea, diritta e asciutta, messa in evidenza dalla consistenza dei tessuti e dalle scollature a V che conferiscono alla silhouette l’irresistibile forma a clessidra. Appuntamento negli store della catena H&M per la festa della donna: la collaborazione fra la storica catena e la griffe Marni sembra già essere il must di stagione!

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Yves Saint Laurent Stefano Pilati ci trasporta in un vero e proprio safari nella collezione primavera/estate Yves Saint Laurent, ispirandosi ad un mix fra uniformi militari e suggestioni nordafricane. Il contemporaneo taglio spigoloso dona anche al look più classico una particolarità innovativa e la palette dai colori del sabbia, navy, bianco, kaki e nero concorre nella realizzazione di abiti che attraverso giacche a doppio petto e

camicie croccanti effetto corsetto dalle pieghe a ventaglio incarnano la tradizionale sartoria di precisione. I pantaloncini sono ampi, freschi, voluminosi e comodi, e i dettagli diventano ancora più curiosi attraverso i lacci intrecciati di alcuni capi. Minimalismo ed essenzialità dall’estetica elegante realmente pré-à-porter, incentrata sulle combinazioni di monocromatismi e piccoli spruzzi di energia come il nero pea-coat in pelle e i mocassini in coccodrillo rosso o pitone.

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Davidelfin Katharsis, dal greco katharos, significa purezza e pulizia. Katharsis, dall’emergente designer spagnolo Davidelfin, si traduce nell’ingente quantità di bianco e pastello presente nella sua collezione primavera/ estate 2012. L’uomo Davidelfin si colora di rosa brillante, rosso, giallo e celeste attraverso un mosaico di grafica e colori su pantaloni, camicie strutturate, zip straordinariamente colorate e giacche dal tono di base del bianco puro. Nell’immaginario mondo dello stilista l’uomo indossa

anche magliette dalla tonalità “trasparente” con strisce dai toni fluo stampate su esse. Un pezzo particolare? La giacca senza maniche in rosa bubble gum, verde kelly, zafferano, blu ghiaccio e arancio. Dinamica e creativa, la collezione sembra essere realizzata da pezzi di campioni di tessuto applicati sugli informali completi maschili, rivisitati in chiave arcobaleno. Uno sguardo nel Sole ricco di vitalità e freschezza che diventa il punto di partenza per qualcosa che nessuno mai aveva visto fino ad ora nel proprio armadio: il Prep World del futuro.

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For magazine double feature di Ivan Rota

L’attrice italiana Isabella Ferrari è stata fotografata all’uscita della boutique Salvatore Ferragamo a Milano, con indosso una borsa di pelle color tortora, con dettagli in metallo oro e un paio di occhiali scuri. Sin qui tutto bene, ma il viso emaciato che cosa significa? Forse vuole dimostrare di essere un’attrice impegnata?

In occasione del programma televisivo American Idol, la cantante e attrice Jennifer Lopez ha indossato un abito interamente ricamato con paillettes bianche: sembrava una sposa che lasciava intravedere le braccia cadenti. Anche in viso la regina dell’ex lato B più famoso del mondo è lievitata. Più che una sexy star pare una casalinga disperata.

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For magazine

Alla 52esima edizione del Premio Regia Televisiva, Michelle Hunziker ha indossato un abito lungo in tulle di seta color champagne, con micro paillettes iridescenti dorate: l’abito è semplice nella forma, ma forse un poco esagerato nelle applicazioni se pensiamo allo stile della conduttrice. Eppure la perdoniamo.

Ecco Isabella Ragonese paparazzata in giro per Milano in una pausa del suo spettacolo teatrale La Commedia di Orlando: forse vuole imitare le star americane che escono in tuta o in pigiama, oppure forse è stanca degli abiti importanti che indossa a teatro. Ma non ci siamo proprio!

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Fortendenze magazine di Lucilla Quaglia

LA TESTA DELLE DONNE Che si tratti di materia da plasmare o di capelli da acconciare non fa differenza: anche un hair-stylist può trasformasi in scultore e realizzare un’opera d’arte Quando i capelli diventano poesia. Se le opere d’arte contemporanea ormai utilizzano i materiali più svariati e le forme più inconsuete, anche la testa può essere fonte di grande ispirazione. Michele Spanò, hair-stylist delle dive sempre attento alle nuove tendenze e alle novità dell’estetica, ha voluto utilizzare tutta la sua esperienza e creatività per dar vita a delle opere d’arte, ma questa volta umane. E così sono nate “Le teste – scultura”. Tre donne, tre colori: bianco, argento e oro. «Negli anni – ha spiegato Spanò – ho visto molte cose di vario genere, ma ho riscontrato che spesso c’erano tante ripetizioni e poca originalità. Ho viaggiato moltissimo e, dopo aver ammirato diverse mostre d’arte, visitato musei, monumenti e aver assaporato le forme più disparate dell’arte, ho riflettuto sul fatto che anche l’artigiano può diventare scultore!». Michele Spanò con le sue modelle.

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COME UNA STAR di Valentina Polidori

AMANDA SEYFRIED: GLI SHORTS DIVENTANO GLAM

La giovane attrice di Mamma Mia! e Cappuccetto rosso sangue, complice un’altezza modesta, rilancia la moda dei pantaloncini corti anche per Red Carpet e occasioni importanti La prima a sceglierli è stata Jennifer Lopez, esibendoli nel famoso videoclip della sua hit Papi. Poi, li abbiamo recentemente visti indossare sul palco del Festival di Sanremo dalla vincitrice Emma Marrone. Li ha sfoggiati un’altra Emma, la Roberts, nel tempo libero, persino sfidando le rigide temperature dell’inverno, abbinandoli sapientemente a dei sexy collant. Sto parlando degli shorts, veri protagonisti indiscussi della moda primavera/estate 2012. I pantaloncini hanno una fan d’eccezione: la splendida attrice Amanda Seyfried, che non vi rinuncia neanche nelle occasioni più formali. L’eterea protagonista dell’applauditissimo Mamma Mia!, riesce ad esaltare i suoi 157 centimetri d’altezza proprio con l’aiuto degli shorts. In questa foto, Amanda li abbina ad una giacca Chanel in lana bouclè color ottanio, con profili e taschini neri ed i caratteristici bottoni dorati. Le maniche a tre quarti alleggeriscono la figura dell’attrice e le spalline danno consistenza al suo busto esile. Immancabile la clutch rigida con tracollina in metallo, da portare a mano. Gli shorts sono neri, eleganti, di seta, a palloncino, come vuole la moda di quest’anno. Il cintino si chiude con un morbido fiocco, a segnare con delicatezza il punto vita. Le gambe nude vengono slanciate da essenziali décolleté in raso, con punta leggermente stondata e tacco vertiginoso. Il make up è soft: la base è molto tenue e gli occhi sono contornati con kajal marrone, senza eccessi nella rima inferiore delle palpebre, per non appesantire il volto. Anche il mascara è nei toni del cioccolato. Sulle labbra una goccia di gloss cremisi e sopracciglia appena delinate con matita nocciola. I capelli sono raccolti in una morbida coda che ricade sulle spalle, mettendo in evidenza il collo da cigno dell’attrice. Deliziosa, con questo outfit, risulterebbe anche una treccia spettinata, in stile retrò, con qualche ciuffo libero ad incorniciare il volto. Lo stile in shorts risulta, dunque, moderno e raffinato. Adattissimo per un aperitivo, il look in foto può essere indossato anche da chi si approccia – magari con qualche esitazione – per la prima volta ai pantaloncini, e cerca uno stile sì bon ton, ma anche attualissimo. Perché gli shorts, in questa primavera/estate 2012, sembrano essersi trasformati nella nuova longuette degli anni passati: un elegantissimo e versatilissimo passepartout.

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For magazine il salotto di Alfonso Stani

Demetra Hampton (44 anni) è nata negli Stati Uniti, a Philadelphia, ma ha origini greche. Prima di diventare attrice era una modella.

Il bacio della pantera La passionale Demetra Hampton, anni fa indimenticabile protagonista di Valentina, confessa: «Adesso, però, sono sicuramente più donna e più sexy». E ci racconta il suo amore per la Tv e per gli sport adrenalinici. Con una sferzante incursione nella politica italiana

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Demetra, parliamo un po’ di te, ripercorriamo la tua carriera. Come sei arrivata in Italia? «Sono arrivata qui come modella, poi ho fatto un provino per la protagonista di una serie di telefilm, Valentina, tratti dall’omonimo fumetto di Guido Crepax. Ricordo che si presentarono cinquemila donne, ma tra tutte scelsero me. Avevo delle somiglianze pazzesche. Dopodiché ho interpretato tantissimi ruoli. Ho fatto un film con Gian Maria Volonté e uno con i Vanzina. Poi è arrivato il reality show La Talpa. Nel frattempo ho girato tre film in America». Cosa ti è rimasto di Valentina, il personaggio che ti rappresenta di più? «Be’, di lei mi è rimasto tanto. Adesso, però, sono sicuramente più donna e più sexy». Parliamo un po’ del tuo presente, so che hai dei progetti che per scaramanzia non diremo. Ma cosa ti piacerebbe fare di più tra il cinema e la televisione? «A me piacerebbe fare entrambe. Da poco ho finito di registrare in Tv una puntata pilota e spero che vada avanti. Ma non posso dire di più. Mi piacerebbe tanto anche partecipare ad un altro reality». Raccontaci qualcosa della tua esperienza a La Talpa. «A me è piaciuto molto. Un’esperienza bellissima, anche se con alcuni concorrenti non andavo d’accordo. Però fa parte del gioco. Adesso sono cresciuta, sono più grande e combattiva, penso che lo affronterei in maniera diversa». Se dovessi condurre un programma in Tv con chi lo faresti? «Onestamente vorrei mandare un saluto ad un mio amico, uno dei miei conduttori preferiti, Lamberto Sposini. Lo adoro e spero che stia meglio e che torni il prima possibile a fare il suo lavoro da grande professionista qual è. Mi piace molto anche Massimo Giletti. E poi, magari con te». Quanto ti senti italiana? «Ormai mi sento proprio romana». L’accento americano tuttavia non lo perderai mai… «Però ogni tanto qualche parola in romano mi scappa». Sappiamo bene che sei una grande sportiva... «È vero, amo lo sport, e in particolare fare paracadutismo, sub, rally e offshore, faccio qualsiasi attività che sia estrema: adoro le scariche naturali di adrenalina». Parliamo un po’ della tua vita sentimentale? «Be’, io sono stata sposata una volta, per sbaglio. Ho sposato il diavolo. Poi Dio mi ha regalato un angelo che si chiama Paolo, con cui sto insieme da quattro anni: è una persona dolcissima, elegante e paziente. E sto benissimo con lui. Ho finalmente trovato il mio equilibrio». Non ti manca un figlio? «Ma come faccio a fare un figlio se mi sento ancora una bambina! C’è tempo, c’è tempo…». Sei una donna passionale? «Sì, davvero molto passionale». L’Italia è in un momento veramente difficile: cosa cambieresti di questo Paese? «Porterei tutti gli italiani fuori dall’Italia. Cambierei il governo, che mi sembra un fumetto. I politici sono cartoni animati. Mi dispiace che Berlusconi non sia più al potere, è un uomo intelligente, ha fatto tantissime cose per questo Paese. Ed è un grandissimo gentiluomo».

Oltre al ruolo da protagonista nella serie Tv Valentina, la Hampton ha lavorato nel cinema con Castellano e Pipolo in Saint Tropez Saint Tropez e con Jerry Calà in Chicken Park.

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Forsorprese magazine di Ivan Rota Maria Loana Gloriani, in arte Marlò, è un’attrice romana di teatro. In Tv, invece, ha preso parte al talent show di Sky Uno Lady Burlesque, classificandosi al quarto posto.

Una notte Burlesque

Sold out al Bagaglino per lo show di Gino Landi che celebra lo strip nella storia. Spogliarsi con grazia e malizia è un’arte. E femme fatale come Messalina, Mata Hari e Marylin Monroe lo sapevano bene! È stata un successone la prima del nuovo spettacolo teatrale al Bagaglino-Salone Margherita, Burlesque Story - Dalla foglia alla voglia, che racconta la storia del burlesque con ironia e sensualità, dagli anni Venti ad oggi, attraverso femme fatale come Messalina, Mata Hari, Cleopatra, Marilyn Monroe, Edith Piaf. Applausi a scena aperta ad ogni numero di strip e cori da stadio alla fine per Gino Landi. Fasci di mimose miste a

rose rosse continuavano ad arrivare nei camerini per la rossa fatale Giulia Di Quilio, primadonna dello show, che regala anche un nudo intregrale finale ma rigorosamente al buio, e per le colleghe Elisa Bucino, Giulia Cencioni, Ilenia D’Agostino, Claudia Delli Noci, Elisabetta Persia, Federica Pinto, Erika Puddu, Jessica Ridenti, Ester Vinci, Francesca Zanon. Tutte bravissime, apprezzate per la preparazione ma anche per quei fisici

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La protesta di un gruppo di femministe all’ingresso del teatro, inscenata per manifestare contro la mercificazione del corpo delle donne.

Gigi Marzullo con la sua compagna, l’attrice Emy Bergamo, madrina della serata.

Silvia Manganiello, in arte La Dyvina, è arrivata in teatro a bordo di una Limousine, accompagnata da Giuseppe Gelvatti. Lei e Marlò hanno impreziosito lo spettacolo.

pazzeschi e “nature”, non stravolti dalla chirurgia plastica. I vip non si sono fatti pregare e sono accorsi in gran numero al Bagaglino, litigandosi come ragazzini dispettosi i posti nella prime file. Tanto che Pippo Franco, che ha passato il testimone a Gino Landi e al suo show dopo mesi di Bambole non c’è un euro, al braccio della moglie Adele, è andato a sedersi nel palchetto in galleria. Quasi volesse passare inosservato. Il burlesque attrae donne e uomini di tutte le fasce di età. Sì è divertita un mondo, ad esempio, la sempreverde Silvana Pampanini, omaggiata da tutti e scortata dall’amica Silvana Augero, che applaudiva convinta in prima fila. Divertita anche la bella Graziana Capone, meglio nota come l’Angelina Jolie di Bari. In rappresentanza di Pippo Baudo, impegnato in Tv, è arrivata la storica segretaria Dina Minna, legatissima a Gino Landi. Tra i velluti rossi del teatro, ecco Marisa Laurito con l’autore televisivo Ugo Porcelli, Rosanna Lambertucci col marito, i neosposi Samuela Sardo e Massimo Romeo Piparo, noto regista di musical, Jocelyn Hattab, Gigi Marzullo con la compagna, l’attrice Emy Bergamo, che è stata anche la madrina della serata, l’attore Pino Ammendola, Tony Binarelli e signora, la bionda Elena Ossola e la rossa Metis Di Meo, Enrico Mutti con la fidanzata, le gemelle Squizzato, Maria Monsè. In gran numero gli aristo-ospiti: il principe Guglielmo Giovanelli Marconi, la principessa Irma Capece Minutolo con il principe siciliano Fabrizio Michele Tortorici di Vigna Grande, la principessa Orietta Boncompagni Ludovisi, il marchese Giuseppe Ferrajoli con la sua Olga, e l’immancabile Dani del Secco d’Aragona. A dare manforte alle undici showgirl che cantano, ballano, recitano e si spogliano con maestria e grazia, sono arrivate anche alcune colleghe di burlesque coi loro look sofisticati anni Venti che hanno mandato in tilt i fotografi: Maria Loana Gloriani, in arte Marlò, e Silvia Manganiello, in arte La Dyvina, scesa aristocraticamente da una Limousine bianca al braccio di Giuseppe Gelvatti. Applausi anche per gli attori Salvatore Cuggia e Manuela Tasciotti, che col ballerino Jean-Michel Danquin animano lo spettacolo, per le musiche di Alberto Laurenti e Pino Perris e per il produttore Tom Del Monaco.

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For STAR magazine di Silvestro Bellobono

La top model Kate Moss in una splendida foto in bianco e nero, che Bruno Oliviero definisce «molto affascinante. La fotografia è nata in bianco e nero, è come un ritorno alle origini, in un momento nel quale ci sono troppi effetti di Photoshop». 52 For Magazine


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Chiara Conti, la bella attrice nota al pubblico per la sua partecipazione alle fiction Tv Butta la luna, e Il Capitano 2 e, a breve, Ris Roma.

Uomini e donne Per la prima volta, Bruno Oliviero, il grande fotografo che i nostri lettori conoscono benissimo, ci regala un libro in cui non è ritratta solo l’altra metĂ del cielo. In Dive & Divi, accanto a Sophia Loren e Madonna, troverete Giorgio Armani, Alberto Sordi e Giulio Andreotti: centocinquanta scatti (accompagnati da racconti e aneddoti) tutti da scoprire e da gustare, come quelli che ci regala ogni mese 53 For Magazine


For magazine

Giorgio Armani e Madonna sono soltanto due delle numerose icone di stile che hanno posato per l’obiettivo di Oliviero: meritano una citazione Claudia Cardinale, Frank Sinatra, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Liza Minnelli, Robert De Niro, Naomi Campbell, Eva Herzigova.

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For magazine Oliviero ha scoperto tante artiste divenute poi famose: Ornella Muti, Simona Ventura, Anna Falchi, Alessia Marcuzzi sono state lanciate dalle sue fotografie.

Sordi e Mike Bongiorno, di tante bellissime donne come la Loren e la Pampanini. Questo libro è la storia della vita e del nostro Paese». C’è un elemento che accomuna tutti i volti ritratti nel libro? «No, nel senso che li ho scelti semplicemente a mia discrezione tra tutti quelli che ho fotografato. Sono 150 immagini frutto di una mia selezione personale. Ne mancano tanti altri perché lo spazio del libro non permetteva di parlarne. Alcuni invece sono da scoprire e voglio farli conoscere di più. Questo libro è fatto per il pubblico e solo ad esso si rivolge». Alcune foto sono accompagnate da brevi racconti: ci può svelare l’aneddoto più simpatico? «Probabilmente quello che racconto su Alberto Sordi, con il quale ho girato un film, e che era solito invitarmi a cena con lui e portarsi sempre dietro il direttore di produzione al solo scopo di far pagare a lui il conto. Sordi era un uomo straordinario, era avaro per convenienza, perché poi in privato era molto generoso e faceva tanta beneficenza». Per la prima volta ha deciso di inserire scatti di uomini. C’è un motivo specifico? «Perché volevo parlare di tutti quei personaggi importanti, uomini e donne dello spettacolo. Faccio un esempio: Giulio Andreotti è menzionato nel libro come di Mick Jagger poiché, pur non essendo un cantante o un attore, è un divo, è un personaggio importantissimo nella storia della politica italiana».

È difficile trovare un personaggio dello spettacolo, del cinema, della politica o della cultura che non abbia posato, o manifestato il desiderio di farlo, per Bruno Oliviero e la sua macchina fotografica. Uscirà a breve Dive & Divi. Virtù e Vizi, il suo sesto libro fotografico (edito da Luigi Reverdito e distribuito da Feltrinelli), in cui una carrellata di immagini immortala le star, italiane e straniere, catturandone le giuste espressioni e gli sguardi che rivelano più di mille parole. Come ci spiega egli stesso in questa intervista. Come nasce l’idea di questo nuovo libro fotografico? «Nasce dalla voglia di voler parlare per la prima volta di moltissimi dei grandi personaggi che ho incontrato e fotografato nella mia carriera, per raccontare quel che ho vissuto e cosa penso di loro. Ci sono foto bellissime di attori e attrici, di comici come Ezio Greggio e Alvaro Vitali, di artisti illustri scomparsi come Nino Manfredi, Alberto

Qual è la prima emozione che vuole catturare quando immortala un personaggio famoso? «Io cerco sempre di catturare lo sguardo, perché negli occhi c’è la vita, è da lì che si capisce quello che la persona vuole comunicare prima ancora che usi le parole. Ho sempre cercato di cogliere le emozioni che gli occhi trasmettono». Come è nata la sua passione per la fotografia? E quando ha capito che sarebbe diventata la sua professione? «Da piccolo giocavo a pallone nelle squadre juniores della Roma ed ero un bravo calciatore. Odiavo fotografare ed essere fotografato. Poi un giorno, in vacanza in Sardegna, presi una macchina fotografica e mi soffermai più di un’ora per immortalare l’attimo in cui gli schizzi delle onde del mare si infrangevano contro uno scoglio. È stato in quel momento che ho capito di voler fare il fotografo. Sentivo di esserci portato per una mia vocazione».

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For magazine L’attrice e scrittrice Isabelle Adriani, ritratta in un altro scatto in bianco e nero. Le piace quando la definiscono “il fotografo delle dive”? «Sì, è una definizione che mi piace perché denota rispetto nei miei confronti, per tanta gente è un dato di fatto, considerato il numero elevato di star con cui ho lavorato e lavoro. Altre persone mi chiamano “maestro” e ciò mi fa onore. Perciò sono contento di questi appellativi». Può indicare almeno tre personaggi con cui ha lavorato di cui conserva un ricordo speciale? «Sono tanti quelli che ricordo con piacere. Se proprio devo fare dei nomi dico Claudia Cardinale e Sophia Loren, per le quali provo molto affetto. E poi, tra i personaggi stranieri, ho un ottimo ricordo di Brooke Shields: quando la fotografai per la prima volta lei era la top model del momento, stava su tutte le copertine del mondo, era bellissima». Cosa pensa dei ritocchi fotografici al computer? «Non sono contrario a Photoshop e ad altri programmi simili, però li trovo utili solo per piccoli ritocchi, non certo per trasformare completamente l’immagine delle persone fino al punto di stravolgerla». Lei è anche un talent scout: cosa consiglia alle ragazze di oggi che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo? «Ho visto nascere artisticamente tante ragazze che oggi sono famose attrici o donne dello spettacolo. La realtà mi ha dato ragione. Il consiglio che posso dare è quello di avere carattere e un cervello, inoltre bisogna studiare, essere espressive e avere la voglia di arrivare. E poi ovviamente serve tanta fortuna». Qual è il complimento più bello che ha ricevuto dopo un suo lavoro? «Ce ne sono due in particolare che amo ricordare, perché provengono da grandissimi personaggi. Tempo fa lavorai all’immagine di Giorgio Armani nel mondo, un cartellone che campeggiava ovunque; un giorno le mie figlie, ancora bambine, videro questa insegna in un negozio di Roma, la mamma disse loro che era opera mia e così le piccole vollero entrare; le accolse Armani in persona che davanti a loro spese delle bellissime parole su di me. Il secondo episodio si riferisce a quando vinsi il Premio Campidoglio come miglior fotografo italiano; alla stessa cerimonia fu premiata Monica Vitti che, nel momento in cui ricevevo il riconoscimento, rivolta alle mie figlie disse: “Vostro padre è un grande uomo”. Davvero un bel complimento!».

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For magazine

Nel libro Alberto Sordi è ricordato come il protagonista dell’aneddoto più simpatico, mentre Sophia Loren è menzionata da Oliviero come una delle attrici con cui ha collaborato per la quale prova più affetto, e che già figurava nel suo precedente lavoro Prime Donne.

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

Il castello nel cielo Ispirato al romanzo I viaggi di Gulliver, il primo film dello Studio Ghibli racconta le avventure di Sheeta e Pazu alla ricerca della fortezza volante di Laputa, in una storia che punta dritta al cuore del bambino che è in noi

Pazu, il protagonista maschile, è ricalcato nei tratti somatici e caratteriali sull’immagine di un altro eroe miyazakiano, Conan, personaggio principale di una serie animata di successo più volte trasmessa anche in Italia.

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For magazine

Sheeta, la ragazzina protagonista del film, è una degli ultimi discendenti della famiglia reale di Laputa, il leggendario castello volante.

Prosegue la riscoperta italiana delle opere di Hayao Miyazaki, il grande autore d’animazione giapponese, premio Oscar nel 2003 e apprezzato in tutto il mondo per la qualità dei suoi prodotti, non solo dal punto di vista formale, ma anche per i contenuti trattati. Fra le tematiche ricorrenti nella sua filmografia emerge soprattutto la relazione dell’uomo con la natura, fatta di conflitti e messaggi di speranza. Altri aspetti tipici sono la dimensione spirituale, caratterizzata dalla presenza di creature della mitologia nipponica, e il riconoscimento armonioso delle diversità culturali. Inoltre, ciò che lega tutti i film del fumettista-cineasta di Tokyo sono i ruoli da protagonisti affidati ai bambini, con la contrapposizione netta tra la loro benefica innocenza e la violenza distruttrice degli adulti. Popolarissimo in patria sin dai suoi primi manga (fumetti giapponesi) e cartoni animati – ha lavorato, tra gli altri, ad alcuni episodi della prima serie di Lupin III, e alle animazioni di Heidi e Anna dai capelli rossi – Miyazaki è stato per anni ignorato dai mercati occidentali, ad eccezione dei settori specializzati. L’Orso d’oro a Berlino nel 2002 per La città incantata, l’Oscar l’anno seguente con la stessa pellicola per il miglior film d’animazione, il Leone d’oro alla carriera vinto a Venezia nel 2005 hanno consacrato Miyazaki come indiscusso maestro del genere animato a livello mondiale. Da qui in poi è iniziata la riproposizione dei suoi precedenti lavori, oltre all’apprezzamento per le opere recenti, nei cinema del Vecchio e Nuovo Continente. In Italia è stata la Lucky Red ad acquistare i diritti e a ridistribuire tutti i titoli miyazakiani, da Il mio vicino Totoro a Porco Rosso. In questo solco si inserisce anche Il castello nel cielo, film uscito in Giappone nel lontano 1986 (in origine Laputa - Castello nel cielo), che da noi fu distribuito solo in home video nel 2004, e che finalmente arriva adesso in sala per essere ammirato anche sul grande schermo. Si tratta, infatti, del terzo lungometraggio d’animazione diretto da Miyazaki, dopo

Hayao Miyazaki (71 anni), fumettista, sceneggiatore, regista e produttore di anime, ha raggiunto la fama vincendo l’Oscar per La città incantata nel 2003 (non ritirato personalmente per protesta contro la guerra in Iraq).

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La pellicola vinse nel 1986 il premio per il Miglior film d’animazione all’Animage Anime Grand Prix. Nel 2004 in Italia è uscito il dvd, misteriosamente ritirato dal commercio meno di un anno dopo, e pertanto reperibile solo sul mercato dell'usato a prezzi da collezionismo.

Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979) e Nausicaä della Valle del Vento (1984), nonché del primo film ufficiale prodotto dallo Studio Ghibli, la compagnia cinematografica d’animazione fondata nel 1985 dallo stesso regista, insieme al collega Isao Takahata, e diventata presto un punto di riferimento per tutti gli appassionati di disegni animati. È la storia di Sheeta, una bambina tenuta in ostaggio dal perfido colonnello Muska e che, per sfuggire a un gruppo di pirati intenzionati a catturarla, scivola dall’aeronave-prigione e precipita dal cielo su un villaggio. Durante la caduta viene avvolta da una misteriosa luce che magicamente la fa galleggiare nell’aria, fino ad atterrare morbidamente tra le braccia di un ragazzo orfano, Pazu, che ha appena terminato il suo turno di lavoro in miniera. Ma Dola, la donna a capo dei pirati, vuole impossessarsi assolutamente del ciondolo che la ragazzina porta al collo. Questa pietra, secondo la leggenda, permette di vincere la forza di gravità e ritrovare il mitico castello volante di Laputa, che da centinaia di anni viaggia nel cielo nascosto dalle nuvole, e dove sono conservati immensi tesori e un misterioso potere. Pazu, che crede all’esistenza della fortezza fluttuante, decide di proteggere Sheeta dai pirati e dall’esercito, aiutandola nell’avventuroso viaggio per tornare a Laputa.

Questa versione del film è stata riadattata e corretta nei dialoghi rispetto alla prima edizione italiana uscita in dvd. Miyazaki ha curato personalmente il design e ogni dettaglio della pellicola, dai mezzi volanti di Dola ai robot dell’isola di Laputa, riprendendo molti dei temi a lui più cari. Infatti, nonostante la componente tecnologica, anche ne Il castello nel cielo il tema ambientalista è centrale: la fortezza resta disabitata e accoglie al suo interno una natura selvaggia e incontaminata. Ben riuscito è l’approfondimento psicologico dei personaggi, oltre alla consueta capacità di Miyazaki nell’alternare scene drammatiche e momenti divertenti.

SCHEDA DEL FILM: REGIA: Hayao Miyazaki SCENEGGIATURA: Hayao Miyazaki GENERE: Animazione DURATA: 116' DISTRIBUITO DA: Luky Red

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STREET DANCE 2

Tornano i balli scatenati in strada di un gruppo di ragazzi uniti da una grande passione e dal desiderio di creare qualcosa di straordinario. Viaggio in 3D per l’Europa, tra coreografie, emozioni e storie d’amore

Sofia Boutella (30 anni) è una famosa ballerina franco-algerina di hip-hop, che ha seguito Madonna in due tournée mondiali. Ha studiato recitazione e per il film ha dovuto imparare salsa e tango in sole sei settimane.

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I Flawless, che nel film interpretano la crew dei Surge, sono un gruppo di danza d’ispirazione, vincitori di vari premi e finalisti a Britain’s Got Talent.

Dopo lo straordinario successo internazionale di Street Dance 3D era inevitabile l’arrivo nelle sale italiane, ad un anno circa di distanza dal primo capitolo, del sequel Street Dance 2, sempre in tre dimensioni. Considerata da una buona parte della critica e del pubblico come la copia europea di Step Up, la pellicola inglese prodotta dal British Film Institute e da BBC Films, è in realtà solo uno dei tanti spaccati sulla danza, con importanti risvolti sentimentali e qualche riflessione sociale sulle nuove generazioni e le loro passioni più grandi. Per sconfiggere la migliore dance crew del mondo, quella del fortissimo gruppo americano degli Invincible, dalla quale è già stato battuto e umiliato una volta in passato, lo street dancer Ash (Falk Hentschel) medita di prendersi la rivincita. Così, insieme con il suo nuovo amico Eddie (George Sampson), parte in giro per l’Europa con l’obiettivo di radunare i più grandi ballerini di strada del continente. Il suo desiderio è quello di mettere in piedi un numero musicale unico nel suo genere, con una coreografia capace di stupire. Durante il suo viaggio arriva a Parigi, dove incontra e si innamora della bellissima danzatrice di salsa Eva (Sofia Boutella), che gli farà scoprire le emozioni di un mondo differente, ricco di incanto e passione, in cui per la prima volta sarà possibile fondere la magia del ballo latinoamericano con le performance della street dance. Partendo proprio dallo spunto on the road, il film è ambientato in varie città europee: oltre a Londra (sede unica del primo episodio) Street Dance 2 è stato girato a Parigi, Roma e Berlino. Come hanno confessato molto onestamente i due registi, questo sequel non era

stato pensato in origine. «Siamo stati totalmente colti di sorpresa dal successo del primo film, piacevolmente sorpresi», ha spiegato Dania Pasquini, a tal punto che non è stato facile dare nuova linfa alla sceneggiatura. «È stato un vero e proprio shock! Essendo il primo film inglese sulla danza in 3D, non sapevano come la gente potesse reagire, ma l’hanno presa realmente bene», ha aggiunto il co-regista Max Giwa. Così la sfida era trovare una nuova ed eccitante combinazione, che andasse oltre le storie già viste al cinema sulla danza. È stata la Pasquini a prendere ispirazione da un video in cui alcune persone ballavano salsa su un ring di pugilato. «Con il primo Street Dance abbiamo parlato dell’essenza del ballo e ci siamo concentrati molto sull’introduzione di stili diversi per un pubblico giovane. Quindi per me e Max era davvero importante creare un’altra fusione. Poiché avevamo lavorato insieme per così tanto tempo sapevamo che doveva essere il latinoamericano. Abbiamo giocato un sacco con le coreografie latinoamericane in passato, ed è sempre stata una cosa che volevamo fare». Sul set è esploso un feeling armonioso tra i due attori protagonisti, Falk Hentschel e Sofia Boutella, che sono a capo di un cast pieno di nuovi talenti emergenti della danza e dello schermo, e di alcune facce familiari. Falk è apparso di recente nel thriller d’azione con Tom Cruise Innocenti Bugie, dopo aver raggiunto la popolarità con la serie Tv Ti presento i miei; Sofia invece, dopo aver ballato in due delle tournée mondiali di Madonna (Confessions e Sticky & Sweet Tour), è stata vista di recente come protagonista del video

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Falk Hentschel (qui con la Boutella) ha iniziato la sua carriera a Londra come ballerino professionista, lavorando con artisti quali Mariah Carey, Britney Spears e Jamelia.

promozionale Hollywood Tonight, singolo postumo di Michael Jackson. Nel ruolo di Eddie torna, in una sorta di ponte con la trama del primo atto, George Sampson (Waterloo Road); stesso discorso vale anche per la compagnia di ballo dei Flawless, che stavolta veste i panni di crew rivale, i Surge. Menzione speciale per il redivivo Tom Conti (Reuben, Reuben, Shirley Valentine – La mia seconda vita) che si unisce al cast interpretando Manu, lo zio adorato e superprotettivo della protagonista.

SCHEDA DEL FILM

L’idea di girare il film a Parigi, Roma, Berlino, Copenaghen, Amsterdam è nata dalla voglia di mostrare al mondo quello che è la danza al di fuori degli Stati Uniti.

REGIA: Max Giwa, Dania Pasquini SCENEGGIATURA: Jane English CAST: Falk Hentschel, Sofia Boutella, George Sampson, Joanna Jeffrees, Matthew David McCarthy, James Michael Rankin, Lee Craven, Pete Meads, Tom Conti, i Flawless GENERE: Sentimentale, Musicale DURATA: 90' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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i più grandi di tutti L’utopia del rock all’italiana secondo Carlo Virzì, in una commedia musicale di fantasia che racconta le vicende umane di quattro musicisti squattrinati e disillusi. Leggerezza, ironia e un po’ di buona musica

Marco Cocci, Dario Cappanera, Alessandro Roja e Claudia Pandolfi sono i Pluto, rock band nata dal desiderio di Carlo Virzì di vedere un film italiano su un gruppo musicale, che non fosse un documentario.

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Il regista ha un lungo passato da musicista rock, e quindi una notevole esperienza che gli ha permesso di firmare le colonne sonore di diversi altri film.

Opera seconda di Carlo Virzì (dopo L’estate del mio primo bacio, 2006), fratello minore del più noto Paolo, nonché compositore di musiche di molti suoi film, I più grandi di tutti è una commedia musicale in salsa italiana, tra il sogno del rock’n’roll e la dura realtà della provincia. In questo caso quella toscana, di Rosignano Solvay, piccola frazione a due passi da Livorno, dove la storia è ambientata. Da qui, nel 1994, era partita l’avventura dei Pluto, una rock band composta da voce, chitarra, basso e batteria che, dopo vari concerti e una discreta popolarità, incise due album ed ebbe la soddisfazione di un suo brano inserito in un celebre spot televisivo. Ma, come da tradizione accade a tutti i gruppi, anche i Pluto si sciolsero per litigi e divergenze interne. A distanza di quindici anni, Ludovico Reviglio (Corrado Fortuna), un giornalista musicale costretto sulla sedia a rotelle, vuole realizzare un documentario sulla band, della quale è un fanatico sostenitore. Così contatta Loris (Alessandro Roja), il batterista dei Pluto, oggi marito e padre nullafacente che, attirato dal compenso economico e dalla voglia di riscatto, raduna di nuovo, ma non senza difficoltà, i suoi tre colleghi. Il cantante Maurilio (Marco Cocci) lavora come barman in un locale sul litorale, la bassista Sabrina (Claudia Pandolfi) fa la casalinga piccolo-borghese, il chitarrista Rino (Dario Cappanera) è un operaio alla prese con la crisi economica. Per tutti loro l’esperienza rock si è definitivamente conclusa, nessuno sembra interessato a fare un tuffo nel passato. Tuttavia, di fronte all’insistenza di Ludovico, al fatto che almeno per lui i Pluto avevano significato davvero qualcosa, non riescono a rifiutare la proposta e decidono di tornare sul palco per sentirsi protagonisti ancora un’ultima volta. I più grandi di tutti è prodotto, tra gli altri, anche da Paolo Virzì, e in molte cose ricorda le atmosfere dei suoi primi film, a cominciare dalla presenza nel cast di attori come Claudia Pandolfi, Marco Cocci e Corrado Fortuna che già avevano collaborato con il maggiore dei registi toscani. I problemi del lavoro precario, della disoccupazione,

della famiglia da accudire e delle illusioni infrante rievocano situazioni umane già viste, appunto, in Ovosodo e Tutta la vita davanti. La scelta di una cittadina della provincia industriale toscana come location sembra aggiornare ai tempi nostri l’ambientazione nelle più plumbee città industriali inglesi, che hanno fatto da cornice ideale all’immaginario rock degli anni ’60-’70. Da questo punto di vista, l’elemento musicale diventa la vera colonna portante del film, che, senza scomodare l’inarrivabile alchimia alla base di The Blues Brothers (1980) di John Landis, o di tante altre pellicole musicali made in Usa degli anni passati, si ispira maggiormente alla più recente avventura narrata da Cameron Crowe in Almost Famous – Quasi famosi (2000). Lì erano gli Stillwater, qui sono i Pluto l’oggetto del desiderio-ammirazione di un giovane giornalista che offre loro la possibilità di una seconda chance, celata dietro ad una orgogliosa rivalsa personale. Da segnalare nel cast la partecipazione straordinaria di Catherine Spaak nel ruolo di Esmeralda Reviglio, mamma di Ludovico, e il contributo amichevole di artisti del calibro di Vasco Rossi, Litfiba, Irene Grandi, Baustelle e Red Ronnie.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Carlo Virzì SCENEGGIATURA: Carlo Virzì CAST: Claudia Pandolfi, Alessandro Roja, Marco Cocci, Corrado Fortuna, Dario Cappanera, Claudia Potenza, Frankie Hi-Nrg Mc, Francesco Villa, Niccolò Belloni, Catherine Spaak GENERE: Commedia DURATA: 100' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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ANOTHER EARTH Come reagirebbero gli uomini se improvvisamente apparisse in cielo una “seconda Terra�, identica al nostro pianeta? E cosa proverebbero se incontrassero un altro se stesso che conduce una vita alternativa? Il regista Mike Cahill offre le sue risposte

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Brit Marling (29 anni) e William Mapother (47 anni). L’attrice ha vinto il premio come migliore interprete al Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna.

Tra scienza, fantascienza e filosofia il cinema attuale sembra aver trovato, o ritrovato, un nuovo filone fertile da scandagliare fino in fondo, per portare alla luce ciò che di più intenso e misterioso si trova nell’animo umano. Dopo opere recenti, talvolta esperienze emotive che vanno oltre il prodotto cinematografico, come The Tree of Life di Terrence Malick e Melancholia di Lars Von Trier – senza dimenticare la lezione del sovietico Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij – un altro film si pone come obiettivo ultimo l’indagine trascendentale che, in una cornice fantascientifica, tenta di analizzare l’essere umano, la sua psicologia e i suoi comportamenti di fronte ai grandi temi della vita e della morte. Another Earth è un’opera prima scritta, diretta e prodotta da Mike Cahill, una pellicola indipendente

della Artists Public Domain, che ha impressionato positivamente la critica del Sundance Film Festival 2011, aggiudicandosi il premio speciale della giuria e il premio Alfred P. Sloan. Il film, sceneggiato a quattro mani dal regista e dalla sua attrice protagonista Brit Marling, esplora la natura più materiale e intima delle persone, costrette a confrontarsi con i sentimenti del rimorso, della rabbia, del perdono, della speranza, in una situazione astratta e fantasiosa: quella di un pianeta alternativo, una sorta di Terra 2, che incombe nel cielo inquietante ed enigmatico. Rhoda Williams (la Marling, appunto), è una brillante studentessa di astrofisica, laureatasi da poco e accettata al MIT (Massachusetts Institute of Technology). Una sera, di ritorno da una festa alla guida della sua auto,

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Il regista Mike Cahill ha girato e montato il film tutto da solo, usando le stesse cineprese e le attrezzature che utilizza per i documentari, ottenendo così un’atmosfera “live” e la possibilità di evidenziare anche i minimi dettagli e i momenti più intimi e nascosti dei sentimenti umani.

si accorge improvvisamente che all’orizzonte è ben visibile un pianeta sconosciuto. Distratta dalla sensazionale scoperta perde il controllo della sua vettura e si scontra con un’altra auto, provocando un grave incidente in cui perdono la vita il figlio e la moglie incinta di John Burroughs (William Mapother), un noto compositore. Ritenuta responsabile della tragedia Rhoda viene condannata a quattro anni di prigione. Quella “strana cosa” apparsa in cielo si rivela essere un pianeta specchio della Terra, un esatto

clone del nostro mondo, non solo sul piano morfologico ma anche su quello della popolazione, poiché sembra ospitare apparentemente le stesse persone, come se per ognuno degli umani fosse presente un doppio. Diventato un caso mediatico eccezionale, si decide di indire un concorso pubblico in cui il vincitore potrà visitare l’ignoto corpo celeste. Nel frattempo, scontata la sua pena, Rhoda viene rilasciata, ma il dolore e il senso di colpa che si porta dentro la spingono ad avvicinarsi volutamente

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Il film è stato prodotto dalla Artists Public Domain (APD), una società no-profit nata per sostenere la realizzazione di film creativi low-budget.

a John Burroughs, quel padre al quale ha sottratto per sempre i più grandi affetti della sua vita. L’uomo, inconsapevole della vera identità di Rhoda, sviluppa un rapporto stretto con lei. Ma intanto il pianeta “specchio” si avvicina e la ragazza ha la possibilità unica di visitarlo per scoprire come vive il suo sosia, ed eventualmente capire se esiste un’alternativa per lei, con la possibilità di cancellare l’imperdonabile errore che le ha sconvolto l’esistenza. «Volevamo esplorare il concetto della possibilità di una seconda chance nella vita – dice il regista –. Tutti noi attraversiamo momenti in cui ci chiediamo: cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente? Nel film la domanda è: cosa succederebbe se un vostro sosia seguisse una strada alternativa, forse quella ideale? Quanto sarebbe diversa quella persona? La sua vita sarebbe migliore della nostra? Le persone non sanno che tipo di vita conduce il proprio sosia nel film, non lo sanno fino al momento in cui non lo incontrano». Piuttosto che seguire i soliti schemi narrativi, gli autori hanno preferito esplorare un campo completamente innovativo, facendo leva sul dramma sottostante all’aspetto sovrannaturale-fantascientifico, e lasciandosi guidare dall’intuizione, dalla spontaneità e da uno stile asciutto. «È davvero un film unico» – dichiara Brit Marling –. La nostra intenzione era quella di stimolare la fantasia del pubblico, di incoraggiare il suo stupore. Il film ci porta lontano dalla nostra vita mondana, catapultandoci in un mondo in cui tutto è possibile, compresa una realtà alternativa alla nostra. L’altra Terra diventa lo specchio di noi stessi, della nostra cultura, della nostra esistenza e ci costringe al confronto».

Oltre alla Marling, che prossimamente vedremo accanto a Richard Gere e Susan Sarandon nel thriller Arbitrage, nel cast figura anche William Mapother, celebre per il ruolo di Ethan Rom nella serie Tv di successo Lost, nonché protagonista di alcuni titoli famosi come In the Bedroom, The Grudge e World Trade Center. La voce narrante di Another Earth è del dottor Richard Berendzen, rinomato astrofisico della Nasa, divenuto prima consulente di Cahill e poi narratore non convenzionale del film: le parole di Berendzen sono state registrate mentre parlava del funzionamento dell’universo e poi inserite nelle scene, spesso allo scopo di creare un contrappunto alle profonde emozioni di Rhoda e John.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Mike Cahill SCENEGGIATURA: Mike Cahill, Brit Marling CAST: William Mapother, Brit Marling, Jordan Baker, Flint Beverage, Robin Taylor, Joseph A. Bove, Natalie Carter, Diane Ciesla, Jeff Clyburn, Bruce Colbert GENERE: Fantascienza, Drammatico DURATA: 92' DISTRIBUITO DA: Fox Searchlight Pictures USCITA: 18 maggio 2012

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D’Isa

Il Film da non perdere

TITANIC 3D

Leonardo DiCaprio (37 anni) per Titanic ricevette nel 1998 la nomination per il miglior attore ai Golden Globe.

L’amore tra il proletario Jack (Leonardo DiCaprio) e l’aristocratica Rose (Kate Winslet), sbocciato nel tragico viaggio del Titanic, appassionò talmente tanto il pubblico mondiale da incassare più di 1 miliardo e 800mila dollari, primato che è stato superato solo dodici anni dopo da un altro film dello stesso regista James Cameron, ovvero Avatar. E proprio sul terreno del 3D tornerà al cinema, nell’anno del centenario del varo della celebre nave, il kolossal che ha lanciato DiCaprio nel firmamento delle stelle di Hollywood. «Con questa operazione ho cercato di amplificare l’impatto emotivo originale di Titanic – ha sottolineato il regista –. Il mondo va avanti, il cinema ne riflette ogni trasformazione e conquista. Continuo a credere alla romantica metafora d’amore, di vita e di morte, e non penso affatto che sia sminuita da questa operazione». Gli analisti scommettono che Titanic 3D (la cui prima versione vinse ben 11 Oscar nel 1997) incasserà almeno 150

milioni di dollari solo in Usa. Il pubblico è pronto non solo a tornare sulle “nave dei sogni” con Leonardo e Kate, ma anche a condividere la passione di Cameron per gli abissi marini. Il film ripercorre la tragedia del transatlantico, causata da errori tecnici e protagonismi eccessivi, fondendo il melodramma con la catastrofe e l’epica di un mondo ancora ingenuo e separato da classi sociali. Il regista impiegò diverse settimane per filmare dal vivo il vero relitto della nave: lì, sperimentò nuove tecniche di ripresa sottomarina che portò avanti anche nel documentario Ghost of the Abyss. Pare che Cameron stia per compiere ora un’altra impresa straordinaria: raggiungerà la Fossa della Marianne, il punto più profondo del pianeta (circa 11mila metri) ad oltre cinquant’anni di distanza dall’impresa compiuta dal Trieste, e lo farà con il Deepsea Challenger, un sottomarino lungo una ventina di metri costruito in Australia.

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For magazine Il Film da evitare

TAKE ME HOME TONIGHT

Anna Faris (35 anni) e Teresa Palmer (26 anni) interpretano la sorella e la ragazza dei sogni del protagonista Topher Grace.

Siamo nel 1988 e Matt (Topher Grace) si è laureato al MIT per poi comprendere che quella non era la sua strada, e quindi si ritrova a lavorare come commesso in un videonoleggio. Un giorno vede entrare quella che al liceo era l’inarrivabile ragazza dei suoi sogni, Tori Frederking (Teresa Palmer): allora Matt, vergognoso, finge di essere un acquirente e si spaccia con lei, che lavora in una finanziaria, come un impiegato ad alto livello della Goldman Sachs. Ma non finisce qui: con l’aiuto dell'amico Barry (Dan Fogler) ruba una Mercedes per far colpo sulla ragazza seguendola nei vari party della città. Nel frattempo appare anche la sorella gemella di Matt, Wendy (la reginetta delle commediole Anna Faris), che sta per accasarsi con Kyle, un tipo che al fratello non va affatto a genio. Se il regista Michale Dowse voleva celebrare un’epoca ha davvero preso un grosso abbaglio: il film è decisamente privo di qualsiasi tipo di appeal. La prevedibilità della trama, con il perdente che

continua a desiderare la bellona dei suoi sogni, non riesce a creare nemmeno un piccolo colpo di scena, figuriamoci nel finale. Le poche battute comiche di Dan Fogler, invece di dare respiro al film, lo affossano ulteriormente e allo spettatore non resta che sbadigliare sulla poltrona: persino le situazioni paradossali e demenziali del presunto comico (dall’uso esagerato di cocaina al sesso con guardone al seguito, fino alla goffa sfida di ballo acrobatico) rasentano il patetico. Anche il padre di Matt (interpretato da Michael Biehn), poliziotto improbabile, come del resto la fragilissima sceneggiatura e la sbrigativa regia, mescolate agli oltre 45 minuti di party esasperanti, che rendono la ricetta davvero indigesta. Non si salvano le poche e volgarissime gag comiche, sebbene divertenti, ma già viste e sentite. È davvero tutto da rifare.

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For magazine Incontri di Marco Gastoldi

Il corpo dell’artista

Marina Abramovic´, Holding the Lamb, dalla serie Back to Simplicity.

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Marina Abramovic´, che ha fatto delle sue performance un’esperienza di vita, ha presentato al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano il nuovo lavoro, dove, ancora una volta, il pubblico diventa protagonista

«Ora chiudete gli occhi e concentratevi solo sul vostro respiro. Non incrociate le gambe, perché assumere una tale posizione potrebbe rovinare il vostro sistema ed equilibrio. Rilassatevi e respirate lentamente». Essere seduti su un lettino, rilassarsi, chiudere gli occhi e controllare il proprio respiro rappresenta il nostro ideale passatempo, l’allettante desiderio in seguito alla quotidiana frenesia tipica della grande città. Essere seduti su un lettino, rilassarsi, chiudere gli occhi e controllare il proprio respiro di fronte a Marina Abramovic´ sembra invece essere un invito tutt’altro che atteso dall’artista in persona, che proprio attraverso l’energia proveniente dal suo sguardo racconta i 40 anni di esperienza costruiti attraverso i curiosi occhi degli spettatori di tutto il mondo. Nata a Belgrado 66 anni fa, Marina Abramovic´ si afferma sulla scena artistica internazionale alla Biennale di Venezia nel 1996, mostrandosi al pubblico per giorni e giorni seduta su una montagna di ossa intenta a pulirle una ad una, canticchiando e recitando preghiere. In quel momento a Venezia ottiene il Leone d’Oro, diventando ispirazione per tutta l’arte contemporanea. In realtà, l’esperienza performativa dell’artista vantava un passato tutt’altro che statico e convenzionale. Nel 1974 si presenta totalmente inerte al pubblico di Napoli, posando su un tavolo vari strumenti di piacere e dolore: si dimostra priva di volontà e ognuno può utilizzare liberamente su di lei ciò che è stato messo a disposizione. Sei ore dopo tutti i vestiti della Abramovic´ sono ridotti a brandelli attraverso lamette con cui tagliuzzano la sua stessa pelle: l’operato culmina quando le viene messa in mano un’arma carica con il suo dito puntato sul grilletto. Sempre durante quell’anno una grande stella intrisa di petrolio si infuoca con l’artista al centro, preludendo ad un autentico atto di purificazione che le causa la perdita di conoscenza per mancanza di ossigeno. Un anno dopo, in Lips of Thomas, esordisce mangiando un chilo di mele, bevendo un litro di vino rosso, rompendo il bicchiere con le sue stesse mani, e incidendo una stella a cinque punte sul proprio ventre: la violentissima immagine è diventata oggi una vera e propria icona della Performance Art. Nel 1977 ci presenta Ulay, compagno nella vita e collaboratore durante Impoderabilia. La coppia di artisti si esibisce alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna dove, integralmente nudi, si posizionano l’uno di fronte all’altro all’ingresso dell’edificio disegnando una porta umana. I visitatori vengono così invitati a varcare la so73 For Magazine


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Marina Abramovic´ (65 anni) è una artista serba, famosa in tutto il mondo per la sua Performance Art, attraverso la quale esplora la relazione tra performer e pubblico, i limiti invalicabili del corpo umano e le infinite possibilità della mente.

glia attraverso lo spazio ristretto fra i due corpi. A catturare l’attenzione sono gli sguardi imbarazzati e divertiti degli spettatori, che saranno destinati a rimanere parte attiva della performance, e attori indispensabili perché il significato di ogni lavoro si possa rivelare totalmente. Dodici anni dopo Marina Abramovic´ e Ulay interrompono il loro

rapporto sentimentale e creativo, scegliendo di rappresentare il loro percorso di vita attraverso il video-racconto The Great Wall Walk: una lunga performance dalla durata di 90 giorni, dove camminano partendo dalle due direzioni opposte della Muraglia Cinese incontrandosi a metà strada e sfiorandosi per dirsi addio dopo aver percorso 1.550

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The kitchen III, dalla serie The Kitchen, Homage to Saint Theres.

Tra le opere più note della Abramovic´ ci sono Bed from Mineral Room (1994) e Cleaning that Mirror (1995).

miglia ciascuno. I due saranno destinati ad incontrarsi 22 anni dopo al MoMa di New York, dove la donna romperà il silenzio del suo sguardo concedendosi una lacrima e la presa stretta delle braccia del suo innamorato, celebrando uno dei momenti più emozionanti di tutta la sua carriera. Per tutta la durata della performance newyokese, l’artista giaceva seduta ad un tavolino, lasciando che ad uno ad uno i visitatori del museo si potessero sedere di fronte a lei, ricambiando il suo incessante sguardo determinato in durata dalla sola scelta di ognuno. «Senza il pubblico la performance non ha alcun senso perché, come sosteneva Duchamp, è il pubblico a completare l’opera d’arte. Quindi, performer e pubblico non sono solo complementari, ma quasi inseparabili». Marina Abramovic´ rimane al MoMa per 3 mesi, fissando per 7 ore al giorno, 6 giorni a settimana, più di 500.000 visitatori per un totale di circa 700 ore di assoluto silenzio. La personale esperienza di ognuno con l’artista è diventata allo SpazioCinema Apollo, lo scorso 22 marzo, l’ante-

prima nazionale del film diretto da Matthew Akers e prodotto da HBO Marina Abramovic´. The Artist is Present: un documentario che ripercorre la vita famosa ed influente dell’artista unica e geniale, che ha trasformato il dolore e se stessa in un’opera d’arte. «Fare arte è come preparare una zuppa: devi avere gli ingredienti giusti. Non troppo e non troppo poco di ogni cosa. La cosa più importante è l’equilibrio», commenta l’artista serba, che ha scelto proprio Milano per comunicare ed insegnare al pubblico il suo stesso equilibrio. Fino al 10 giugno, la grande performer presenta al Padiglione d’Arte Contemporanea The Abramovic´ Method. Un’occasione per diventare guida per le esperienze altrui, comparendo e poi scomparendo, invitando i partecipanti ad essere i veri ed unici protagonisti dell’arte. Solo una cosa è chiesta in cambio: il tempo. L’artista prepara un contratto che si aspetta rigorosamente firmato da ciascuno dei partecipanti. La clausola? Due ore a disposizione, un’esperienza nuova ed unica offerta in cambio. Vietato l’uso di qualsiasi dispositivo elettroni-

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La recente performance dell’artista al Padiglione d’Arte Contemporanea, con The Abramovic´ Method, un’occasione per integrare il pubblico nell’opera d’arte, così come teorizzava Marcel Duchamp.

co quali telefoni cellulari e iPod: niente e nessuno dovrà distrarvi dal particolare viaggio all’interno del proprio Io. I grembiuli bianchi messi a disposizione donano uniformità a ciascuno dei 21 partecipanti e le cuffie servono invece per isolarsi completamente dal mondo esterno riuscendo a sentire solo lo scandire del tempo che passa attraverso il rintocco di un metronomo. Ed ecco che l’artista, che ha fatto del suo corpo la propria tela, della sua mente il proprio pennello e del suo pubblico il proprio colore, invita a sedersi su sedie di legno incastonate e poggiate su cristalli di quarzo, a sostare in piedi al di sotto di un magnete ed infine a distendersi su letti di legno con pietre sottostanti. Non più il corpo in primo piano, ma la mente e lo spirito con i suoi viaggi, le sue espressioni, i suoi infiniti movimenti. Unico e vero protagonista dell’evento performativo? Il pubblico che, continuamente ripreso e fotografato dai visitatori del padiglione, si è aggiudicato un arco temporale dove potersi confrontare con se stesso, dimenticandosi del tempo e dello spazio, e a sua volta del pubblico stesso. «Stiamo vivendo in un periodo difficile, nel quale il tempo ha sempre più valore semplicemente perché ce

n’è sempre meno. Credo che la performance di lunga durata abbia il potere di creare una trasformazione mentale e fisica sia per il performer che per lo spettatore». Per la prima volta, concretizzando la strada intrapresa durante le ultime performance, la Abramovic´ si concentra proprio su mente ed anima, coinvolgendo il pubblico come vero e proprio protagonista al quale tramandare l’eredità del suo metodo. Piccolo neo durante la performance: l’assessore alla Cultura di Milano, Stefano Boeri, uno dei partecipanti, dopo essersi seduto davanti all’artista e aver indossato il grembiule bianco, è svenuto. Per fortuna nulla di grave, solo un po’ di stanchezza. Impossibile prevedere la prossima mossa dell’artista, ma per ora certo è che: «In caso di mia morte, desidero che si svolga la seguente cerimonia commemorativa: tre bare. La prima con il mio vero corpo. La seconda e la terza con imitazioni del mio corpo. Tre persone si occuperanno di portare le tre bare in tre diversi luoghi del mondo. […] È mio desiderio che tutte e tre vengano sepolte nella terra». Dove riposerà la vera Marina Abramovic´?

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Nel 1997 l’artista vince la Biennale di Venezia con la performance “Balkan Baroque�, dove per tre giorni pulisce una montagna di ossa di animale e canta litanie, simboleggiando la sua appartenenza ad un paese dilaniato dalle guerre. 77 For Magazine


For magazine ARTE di Nolberto Bovosselli

© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Autoritratto con il collo di Raffaello, olio su tela, 1921 ca. Collezione Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres.

Una vita surreale Dopo sessant’anni tornano in mostra a Roma le opere di Salvador Dalì. Una significativa retrospettiva celebra l’estro dell’uomo con le sue stravaganze, ma anche con tutta la sua genialità 78 For Magazine


© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

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Salvator Dalì

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© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Autoritratto molle con pancetta fritta, olio su tela, 1941. Coll. Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres.

Talvolta per comprendere appieno il senso di una mostra dedicata ad un artista illustre può essere sufficiente cogliere l’essenza più semplice del titolo: Salvador Dalì: un artista, un genio dice tutto. Queste due macrodefinizioni – in cui l’uomo e l’artista si fondono – hanno sempre convissuto in stretta simbiosi e senza alcuna soluzione di continuità nel talento spagnolo, nato a Figueres nel 1904 e morto nel 1989 sempre a Figueres (dove decise di trascorrere gli ultimi anni nel suo teatro-museo). La sua stessa esistenza è stata un’opera d’arte, come del resto i suoi quadri, i suoi film, le sue fotografie erano impregnati di vita vissuta ed esperienze autobiografiche.

Proprio per tali motivi, l’esposizione al Complesso del Vittoriano, aperta al pubblico fino al 30 giugno, si pone come obiettivo quello di tracciare un immaginario filo rosso tra le qualità dell’artista e la stravaganza dell’uomo, così da lasciare emergere compiutamente la figura intera di Salvador Dalì, dalle ambizioni trascendentali della sua pittura alle eccentricità terrene dei suoi comportamenti. In questa mostra dall’ampio respiro internazionale sono esposte 103 opere, tra disegni, olii, fotografie, filmati, lettere, documenti, oggetti che, attraverso visioni suggestive e immagini incantevoli, illuminano le mille sfumature dell’opera daliniana: pittore, scultore,

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© Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, SIAE, Roma, 2012.

Salvator Dalì, Impressioni d'Africa, olio su tela, 1938. Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam

scrittore, cineasta, scenografo, designer, illustratore, pensatore, appassionato di scienze. A tutto ciò si aggiunge un elemento importante e spesso trascurato: il rapporto proficuo di Dalì con l’Italia, che viene messo in evidenza mediante ogni testimonianza che documenta i suoi viaggi nel Belpaese e rievoca gli incontri e le collaborazioni con artisti come Luchino Visconti e Anna Magnani. Del resto è innegabile l’influenza che su di lui esercitarono i grandi maestri del Rinascimento e del Barocco: Raffaello, Bramante, Michelangelo, Cellini, Bernini furono oggetto di studio e di amore per il giovane Dalì, negli anni in cui frequentava l’Accademia madrilena, fino a farne dei modelli d’imitazione nelle sue prime opere. Ma anche in età adulta la sua passione per Roma e per le città d’arte italiane non solo è indubbia, ma è per lui fonte continua d’ispirazione: dai più celebri pittori, scultori e architetti nostrani egli assorbe le pose plastiche, i colori intensi, la sostanza che soggiace alla forma in alcuni suoi lavori. Come ha sottolineato Montse Aguer, direttrice del Centro Studi della Fondazione Gala-Salvador Dalì, grazie alla cui collaborazione è

stato possibile realizzare questo evento, la mostra è una sorta di «autoritratto dell’artista incentrato sul suo rapporto con l’Italia e il confronto con la tradizione pittorica italiana». E, proprio per festeggiare l’amicizia tra Spagna e Italia, Alessandro Nicosia, direttore del Vittoriano, ha ricordato che «si sentiva l’esigenza di una grande mostra, come merita un artista importante e significativo come Dalì», capace di segnare un’epoca col suo estro e le sue bizzarrie. A partire già da quei vistosi baffi, sottili e pittoreschi, che divennero un vezzo caratteristico del suo aspetto. In fondo, tutta la sua vita è stata un faticoso inseguimento di quel concetto di “meraviglioso” che André Breton, capofila e teorico del Surrealismo, riteneva essere il fine ultimo dell’arte. Salvador Dalì ha impersonato in modo sublime la natura autentica del surrealista, operando, ma soprattutto vivendo, secondo uno stile onirico e visionario, fatto di immaginazione, poesia, evocazioni, fantasia e libertà. Come disse egli stesso, quando nel 1934 fu espulso dal gruppo dei surrealisti per divergenze d’opinioni coi suoi colleghi, «il Surrealismo sono io».

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ForCARA magazine MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, ho letto su un giornale che un signore andava a tutta velocità con la sua auto per salvare il suo gattino. La polizia lo ha fermato e gli ha fatto la multa, ma lui sostiene che correva per far fronte ad una emergenza, per salvare la vita del gatto. Secondo te ha ragione?

Cara Marina, ho un fratello omosessuale. Affermato professionista, fino ad oggi ha condotto una vita discreta. I miei genitori hanno sempre ignorato tutto. Ora si è deciso a fare coming out, per vivere appieno e in libertà la sua vita. Ne ha tutti i diritti, ma io temo la reazione dei miei genitori.

Maria Stella, Passignano Sara, Perugia Cara Maria Stella, è fin troppo ovvio ripetere che per tutto c’e una giusta misura. Se per salvare un gattino si rischia di travolgere tre persone, meglio il sacrificio della povera bestia. Senza arrivare al cinismo di una famosa signora milanese che, al marito accasciato per la morte del figlio subacqueo avuto con la sua prima moglie, pronunciò l’indimenticabile frase che le costò il divorzio: «Tirati su, sei troppo triste. Sembra che ti sia morto il gatto!». Ciao, Marina

Carissima Sara, penso che suo fratello sia nel giusto, e lei deve essere dalla sua parte. Chissà quanto avrà patito per tutti questi anni passati a nascondere la verità. Ora, viva Dio, viene allo scoperto. Quanto ai suoi genitori, non è detto che perché anziani debbano essere trattati da dementi. Oggi non esistono più i “poveri anziani”. Esistono i vecchi cretini o disinformati. Tutti hanno la possibilità di sapere, conoscere, avere relazioni. Se così non fosse, cominci lei, da brava sorella, a mettere al corrente i suoi. Con molta dolcezza. Marina

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Foto di Anna Celani


For magazine Time - il territorio Question di Sam Stoner

Eur, Le ultime dal quartiere Petizione per semaforo pedonale in via Grande Muraglia 300

Municipio XII e Servizio Giardini insieme per il decoro del territorio

Il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale “Orsa Maggiore” Stefano Sancandi, il presidente del Comitato di quartiere Torrino Nord, Fabio Mecenate, e il presidente del Comitato di Quartiere Torrino Decima, Federico Polidoro, su indicazione di alcuni residenti si sono attivati per una petizione per realizzare un semaforo pedonale in via della Grande Muraglia 300. In questa zona, in prossimità della rotatoria, c’è un attraversamento pedonale utilizzato soprattutto dagli studenti della scuola “Orsa Maggiore”. Data la pericolosità dell’attraversamento, sia per la sua posizione adiacente alla rotatoria, sia perché molti automobilisti sono soliti percorrere via della Grande Muraglia a forte velocità (negli ultimi mesi, infatti, si sono verificati in quel punto alcuni gravi incidenti), i comitati di quartiere e il dirigente scolastico si sono attivati per la raccolta delle firme, con l’obiettivo di richiedere il posizionamento di un semaforo pedonale, a chiamata, nei pressi delle strisce pedonali. I promotori dell'iniziativa chiedono, eventualmente, di spostare l’attuale semaforo pedonale, che si trova all’altezza del civico 340, e che in pratica è inutilizzato. È inoltre possibile firmare la petizione recandosi presso uno dei seguenti punti: 1. Scuola Orsa Maggiore - v. Costellazioni 2. Parruchiere Zolarsi - v. Grande Muraglia 3. Edicola - (vicino fioraio) v. Costellazioni 4. Tabaccaio - v. Pianeta Saturno

Nel mese di marzo sono iniziati i lavori di bonifica dell’area verde di via Calcutta, il cui programma d’intervento prevede anche la potatura degli oleandri presenti. Nella fase preliminare all’intervento, è stato prezioso il contributo dell’Associazione “Via Calcutta si fa Bella”, che ha collaborato attivamente, insieme con il presidente del Municipio, Pasquale Calzetta, e con l’assessore all’Ambiente Maurizio Cuoci, alla realizzazione dei lavori.

Paolo. I cittadini lamentano problemi di ordine pubblico, non solo nelle ore notturne ma anche in pieno giorno. Basta passare per via Tupini e rendersi conto dell’altissimo numero di giovanissime prostitute (spesso più di dieci in un tratto di strada brevissimo) sui marciapiedi e anche sulla carreggiata, il cui abbigliamento discinto balza agli occhi di ogni automobilista e passante. Sovente si assiste a inversioni di marcia tanto improvvise quanto pericolose e di violente liti di cui sono testimoni i residenti. Ci si augura che le istituzioni possano contenere quanto prima questo increscioso fenomeno, che con l’arrivo della stagione estiva potrebbe diventare del tutto ingestibile. Tre Fontane, di nuovo agibile lo storico campo di rugby

Problema prostituzione Sono numerosi gli esposti da parte dei residenti per il preoccupante dilagare del fenomeno della prostituzione nel cuore dell’Eur, in via Tupini, sotto la scalinata del Basilica di Ss. Pietro e 84 For Magazine

Il rugby torna all’Eur, nell’impianto sportivo delle Tre Fontane. Dopo mesi di problematiche concertazioni tra le varie parti in causa, e il conseguente dislocamento degli allenamenti delle squadre giovanili della Nuova Rugby Roma su campi inadatti, gli appassionati di questa nobile arte sportiva potranno assaporare nuove sfide sul terreno storico del quartiere. E soprattutto sarà possibile tornare ad allenarsi per le squadre under 6, under 8, under 12, under 14, under 16 e under 20. Nella speranza che la situazione dell’impianto delle Tre Fontane sia definitivamente tornata alla normalità.


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CHICK-POST di Cinzia Giorgio

Scene di ordinaria follia… in libreria

Chick-Book del mese Ulisse di James Joyce (Newton Compton, 2012) Compriamo senza timore la nuovissima traduzione firmata da Enrico Terrinoni. L’Ulisse di Joyce è un classico intramontabile della letteratura irlandese e mondiale, e una pietra miliare della letteratura contemporanea. Sebbene ci possano legittimamente spaventare più di mille pagine di questo mastodontico romanzo, val la pena di acquistare la nuovissima traduzione che rispetta in pieno la complessa architettura linguistica di Joyce. Si tratta di un volume che non può mancare nella nostra libreria di casa. Se invece doveste decidere di regalarlo, consigliate la sua lettura a piccole dosi, sarà più piacevole e gustoso e i fortunati destinatari del prezioso dono lo apprezzeranno molto di più. Lo scoglio più arduo da superare è rappresentato dalle prime cinquanta pagine, ma è niente in confronto al vantaggio intellettuale che ne trarrete.

Roll Away the Reel World. James Joyce and Cinema, a cura di John McCourt (Cork University Press, 2010) Forse non tutti sanno che lo scrittore irlandese James Joyce fu affascinato e influenzato dal nuovo mezzo cinematografico, tanto che decise di aprire un cinema a Dublino nel 1909, forse il primo della città. Riuscì a coinvolgere nel progetto tre uomini d’affari triestini, già proprietari di cinema a Trieste e a Bucarest; costoro sostennero Joyce nell’impresa, sia dal punto di vista finanziario che organizzativo. Il 20 dicembre 1909 il cinema Volta di Dublino poté così aprire con la prima proiezione per il pubblico. Da questa vicenda prende le mosse il volume collettaneo Roll Away the Reel World. James Joyce and Cinema, il cui titolo gioca sull’omofonia tra “reel” (bobina cinematografica) e “real” (reale). Il libro, nato dall’omonimo convegno svoltosi a Trieste nel 2009 durante il locale Film Festival, è curato da John McCourt, uno tra i maggiori esperti di Joyce. Simpatica la copertina del libro che mostra, come in un gioco di specchi, una foto (vera) di Marylin Monroe che legge l’Ulisse, mentre Joyce (e questo è invece un fotomontaggio) la guarda incuriosito.

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Forpolo magazine museale

© Stefano Castellani

di Simone Stirati

Per viaggiare tra le stelle Il Planetario di Roma è il luogo dove compiere in tempo reale navigazioni in 3D nello spazio profondo, avvolti dalle suggestive proiezioni all-sky e da emozionanti colonne sonore. Ma è anche museo e centro di documentazione per le scienze astronomiche Il Planetario e Museo Astronomico di Roma è un gioiello e un vanto dell’Eur, perché non è solo cultura ma è anche spettacolo, conferenze, dibattiti, gadget, happening con assaggi di cibi spaziali nell’Astro Cafè. Basta dare un’occhiata alla ricchissima programmazione che cambia di anno in anno, pensata per gli adulti e per i più piccoli. Un punto di riferimento per il patrimonio culturale dell’astronomia e un luogo di

incontro, di dibattito e di diffusione scientifica. Emozione e scienza qui vanno di pari passo, grazie al notevole sforzo organizzativo da parte della direzione. Un museo giovane, visto che ha aperto solo nel 2004 restituendo ai cittadini e all’Italia questo importantissimo strumento scientifico-didattico. Il primo Planetario si trovava nella Sala Ottagona della Minerva, al-

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© Stefano Castellani

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Stelle, costellazioni, nebulose e galassie: questo lo spettacolo del Planetario, che occupa uno spazio di 300 metri quadrati, coperto da una grande cupola con un diametro di 14 metri, con oltre 100 posti a sedere su poltrone ergonomiche. le Terme di Diocleziano, e la sofisticata tecnologia di cui era dotato (un proiettore Zeiss II) era avanzatissima per l’epoca, tale da farne un planetario all’avanguardia in tutta Europa. Quando nel 1982 fu chiuso al pubblico, Roma perse una delle pochissime risorse di cultura scientifica. Il nuovo Planetario è stato inserito in un più vasto centro dedicato all’avanzamento della cultura stellare, che comprende anche un moderno Museo Astronomico e un centro di documentazione per le scienze astronomiche. Ma veniamo ai numeri. Il Planetario occupa una sala, il teatro celeste, di 300 metri quadrati, coperto da una cupola del diametro di 14 metri in cui si accende una perfetta riproduzione del cielo stellato: i moti del Sole, della Luna e dei pianeti sullo sfondo dello Zodiaco, della Via Lattea e di 4500 stelle. Dalle 100 comode poltrone ergonomiche montate in file concentriche si può osservare l’aspetto del cielo spostandosi in qualunque punto della Terra e in qualunque istante del tempo. Tre proiettori digitali consentono di compiere in tempo reale vere e proprie navigazioni in 3D nello spazio profondo. Le affascinanti proiezioni all-sky completano la suggestiva esperienza. Il tutto in un curatissimo ambiente sonoro sulle cui emozionali colonne sonore si avvicendano le voci dello staff, offrendo numerose chiavi di lettura e rendendo il racconto dell’astronomia un evento indimenticabile e formativo. Il Planetario vuole accendere la curiosità e invitare il visitatore a non essere solo spettatore, ma navigatore attivo degli spazi siderali, per partecipare con l’emozione e la conoscenza all’eterno movimento delle stelle, che diventa movimento delle idee. Ben sette gli spettacoli previsti per il 2012, da Panorami celesti per i principianti, con i quali ci sia affaccia per la prima volta all’astronomia, a Universi aperti con approfondimenti astrofisici sulla natura dell’universo, come la planetologia, la cosmologia e l’astrofisica, oppure lo

spettacolo Impatti che offre visioni storiche, mitologiche e artistiche della scienza del cielo. Annesso al Planetario si trova il Museo Astronomico, una struttura che esce dai canoni classici di un museo di oggetti o di uno science centre. E si capisce ancor prima di addentrarsi nell’immaginifico mondo spaziale, ricostruito al suo interno, dove modelli, postazioni interattive e diorami (ricostruzioni dei pianeti e delle vetrine multimediali) consentono al visitatore una vera e propria immersione nello spazio, per vivere la scienza senza perdere la capacità di sorprendersi ed emozionarsi. La variegata programmazione prevede anche mostre ed esposizioni temporanee sui principali eventi celesti e sulle più recenti scoperte astrofisiche, nonché rappresentazioni teatrali e musicali sia per i più grandi che per i bambini. Ricordiamo anche le conferenze di successo tenute da astronomi e astrofisici tra i più famosi, e le notti di osservazione in occasione di fenomeni astronomici di attualità, con il pubblico in sala invitato ad assistere ad osservazioni reali del cosmo collegato in tempo reale con il Virtual Telescope. Insomma, il Planetario di Roma vuole aprire una finestra sul cielo: un teatro astronomico per riappropriarsi dello spettacolo della volta stellata, e per lanciarsi nelle profondità dello spazio alla scoperta dell’Universo. Questa è la sua missione. E i numeri parlano chiaro, un successo in crescendo di pubblico, tanto da far occupare al Planetario una delle prime posizioni tra i musei scientifici più visitati in tutta Italia. Planetario di Roma Piazza Agnelli 10 00144 Roma Call Center 060608 www.planetarioroma.it

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For magazine VERDE di Simone Stirati

Il giardino delle meraviglie

Il Parco Centrale del Lago è un’oasi moderna, al cui interno si trovano un bacino artificiale e il Giardino delle Cascate. 88 For Magazine


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© Giorgio Bonomo

645 mila metri quadrati di oasi naturali fanno dell’Eur uno dei polmoni verdi più importanti d’Europa. In questa cornice spicca il Parco Centrale del Lago, il più grande per il suo valore paesaggistico, storico e ambientale

Eur. Secondo polo turistico della Capitale dopo il Centro Storico. Un modello per architetti e urbanisti di tutto il mondo. Cuore dei più importanti progetti presenti oggi nella Capitale: l’Acquario di Roma, il Palazzo della Civiltà Italiana, la “Nuvola” di Fuksas. Qui, l’indice di verde per abitanti è il più alto di tutta Roma, con i suoi 645.000 metri quadrati di parchi e giardini che, per estensione e varietà di piante, ne fanno una delle aree verdi più importanti d’Europa. I parchi dell’Eur sono la preziosa eredità di architetti del paesaggio del calibro di Maria Teresa Parpagliolo, Guido Roda e Raffaele De Vico, il “deus ex machina” di gran parte della vicenda romana dei giardini del Novecento, ai quali dobbiamo la realizzazione del Parco del Ninfeo, il Parco del Turismo, il Parco degli Eucalipti e il Parco Centrale del Lago il più apprezzato e frequentato, anche in virtù del suo grande valore paesaggistico, oltre che storico e ambientale. Previsto nel 1937, nell’ambito del progetto dell’E42, venne completato in occasione delle Olimpiadi del 1960. Oggi è uno degli spazi verdi più suggestivi di Roma, in particolare per il Giardino delle Cascate, situato al suo interno, che ha una elevatissima qualità monumentale, probabilmente il più rilevante realizzato in Italia negli anni Sessanta. Il pregio del disegno di De Vico sta nel suo valore scenografico e panoramico, che è possibile apprezzare appieno percorrendo il ponte pedonale Hashi, sospeso sopra le cascate. Dal ponte è possibile vedere sulla sponda opposta il Teatro Verde, sempre di De Vico e, sul retro, il Palalottomatica disegnato da Nervi. Un colpo d’occhio straordinario che affascina con le sue imponenti prospettive. Il tutto fa da cornice al laghetto dell’Eur, che occupa una superficie di 85.120 mq con una profondità massima di circa 3 metri. Grazie alla Base Nautica, è possibile effettuare una suggestiva gita sul battello o affittare un pedalò per

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Ciliegi giapponesi in fiore donati al Parco del Lago dalla città di Tokyo. apprezzare lo spettacolare scenario ambientale e architettonico di questo angolo della città. Luogo ideale per trascorrere una giornata all’insegna dello svago, portandoci i bambini, grazie alle numerose strutture e ai giochi per i più piccoli, con la possibilità di poter interagire con specie marine (tartarughe, carpe, trote) e varie specie di volatili come gli anatidi e i gabbiani, una vera attrazione per piccoli e adulti. Il Parco del Lago ospita una ricca varietà di vegetazione tipica dell’ambiente mediterraneo: cedri del Libano, pini, palme, lecci, taxus disticum, siepi, nonché esemplari isolati di taxus baccata, lauroceraso, ligustrum e pittosporo.

Sono presenti inoltre degli splendidi ciliegi del Giappone, donati dalla città di Tokyo, che in primavera con la loro ricca fioritura, armonia di colori e di sapori orientali, vivacizzano tutto il percorso della Passeggiata del Giappone che costeggia il lago, offrendo uno spettacolo cromatico di rara bellezza. Il laghetto dell’Eur non è solo momento di svago ma anche luogo ideale dove praticare attività fisica come la corsa, supportata dal sistema “freewalk”. Il parco offre un circuito di 2.270 metri che percorre l’intero perimetro dello specchio d’acqua. Il tutto senza mai andare su aree esterne grazie alla terrazza Cythera, la piattaforma galleggiante

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© Giorgio Bonomo

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Il laghetto dell’Eur ospita una ricca varietà di specie volatili come gli anatidi e i gabbiani. che completa il percorso pedonale che si snoda sulle rive del lago. La nuova struttura, che ruba il nome alla mitica isola di Venere celebrata nel “Sogno di Polifilo” di Francesco Colonna, è una struttura lunga 60 metri e larga fino a 12 (per una superficie totale di circa 600 mq), con una pavimentazione realizzata in massello di legno marino. Le acque del lago sono anche luogo di allenamento per chi pratica canottaggio e vela. La zona è anche coperta dal sistema wi-fi, che permette la connessione veloce ad internet senza fili grazie ai quattro hot-spot situati lungo il

perimetro dell’area. Anche il grande schermo e la televisione hanno scelto molto spesso la suggestiva scenografia di questi parchi per le loro produzioni. Ricordiamo alcune pellicole come L’eclisse di Antonioni e 8½ di Fellini, per arrivare al più recente L’Ultimo Bacio di Muccino, che vede il Giardino delle Cascate come coprotagonista del film in una delle scene più significative. E poi tante fiction come Incantesimo e pubblicità, a testimonianza dell’amore per questi luoghi da parte di tanti e noti registi del cinema italiano.

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For magazine APPROFONDIMENTO di Sam Stoner

Il Luneur è il più antico parco giochi di tipo meccanico d’Italia: la sua realizzazione risale al 1953.

Addio Luneur? Tante le incertezze sul futuro del parco giochi. Chi lo vorrebbe riaprire com’era e chi invece vorrebbe farne un family park per soli bambini. Nel mezzo 115 famiglie senza lavoro dal 2008 e 68.000 mq in stato di abbandono 92 For Magazine


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Dall’aprile 2008 il luna park è chiuso. Abbandono, degrado e incuria sono tutto ciò che resta. Luneur: luci, profumi, suoni d’infanzia. Zucchero filato, noccioline tostate, le urla divertite di chi si trovava nei vagoni delle montagne russe o sul Tanaca. La casa delle streghe e le decine e decine di attrazioni che si raggiungevano attraverso l’intrico di viali che attraversavano quell’isola felice, che ha segnato l’infanzia e l’adolescenza di ogni romano e non. Ma anche quella degli adulti, dei genitori come delle comitive di amici per passare una serata spensierata. Chiudere il Luneur ha significato privare di ricordi intere generazioni di bambini, adolescenti, ragazzi. Dietro la chiusura sempre i soliti interessi economici. Il mettere a capitale un impianto che già funzionava, il voler fare un favore a questo o a quell’amico. Ad oggi, nessuno conosce i motivi che sono stati alla base di questa dolorosa conclusione che ha fato perdere il lavoro a ben oltre cento famiglie. Chi non ricorda la sottile preparazione alla chiusura, quando improvvisamente si decise di inserire un biglietto di entrata al parco giochi. Un biglietto esorbitante che di fatto impediva l’accesso alla famiglie, ma anche alle comitive di adolescenti che erano soliti passare nel parco giochi i fine settimana. La conseguenza fu una lenta e inesorabile chiusura a causa della mancata, e inevitabile, affluenza di pubblico.

A oggi, cause e sequestri dell’impianto si sono susseguite numerose. Le parti in causa sono tre, i concessionari e sub concessionari dei giochi, Cinecittà Entertainment – vincitrice della gara d’appalto per la ristrutturazione del parco – ed Eur Spa, proprietaria dei 68 mila metri quadri sui cui sorge il Luneur. In mezzo, la mancanza di lavoro delle 115 famiglie tra i gestori e gli operai. Una storia infinita che ha visto slittare le date di riapertura, prima quella dell’8 dicembre 2011, poi quella del 21 aprile 2012. Le posizioni dei tre protagonisti sono nette, decise e inconciliabili. Da una parte Cinecittà dichiara di voler realizzare un family park, un parco divertimenti per bambini da zero a dodici anni; già da un anno è stata annunciata la scomparsa delle montagne, sostituite nel progetto da una versione virtuale. Dall’altra parte i giostrai, che ribadiscono la necessità di avere un parco con attrazioni anche per adulti. Il presidente del Municipio Roma XII, Pasquale Calzetta, si è espresso favorevolmente per un’ipotesi di un family park. Questo perché è prevista la realizzazione di un parco giochi per adulti a Castel Romano, e non si possono fare due parchi eguali nello stesso quadrante. Quindi, i giochi per adulti del Luneur dovranno traslocare.

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Le attrazioni principali del Luneur erano il Bruco Mela, la Ruota panoramica, il Tagadà e la Casa dell’Orrore. «Per noi d’altra parte è importante soprattutto che l’area del Luneur resti un parco per divertimenti – puntualizza Calzetta – e che venga restituita alla città e al municipio: so che stanno già predisponendo le domande per l’inizio lavori». Tuttavia questa soluzione non convince gli ex gestori dei giochi. «Noi siamo contrari a questa ipotesi – sottolinea Saverio Pedrazzini, gestore della ruota panoramica e portavoce dei giostrai –. La nostra storia non ci consente di accettare questo cambiamento. Primo, perché Roma rivuole il suo parco dei divertimenti: abbiamo raccolto già 2500 firme. Secondo, perché da zero a dodici anni entra in inutile conflitto con tutti i parchi di quartiere per bambini». Posizione comprensibile visto che nel verde pubblico dell’Eur esistono già molte attrazioni, come nel Parco del Lago, e un nuovo spazio per soli bambini finirebbe per determinarne la chiusura. Luneur, insistono gli ex gestori dei giochi, fermi dal 2008, «deve essere il parco di una capitale, come il Prater di Vienna, e raccogliere tutte le persone, da zero a 99 anni: non conosciamo i piani economici di questo cambiamento in family park, ma il Luneur deve far parte del secondo polo turistico, e con la sua ruota». Oggi invece l’area del Luneur versa in un completo stato di abbandono. Ci si chiede se sia un’altra strategia per determinare l’invecchiamento

degli impianti, facendo perdere loro il valore di mercato. Già, perché il bando prevedrebbe la possibilità dell’acquisto degli impianti di attrezzature dei vari sub conduttori da parte di Cinecittà Ent. Possibilità tutta da definire e legata a variabili che solo Cinecittà Ent. deciderà se considerare o meno, come appunto previsto dal suddetto bando. Certo, è triste constatare lo stato di degrado del più grande luna park della Capitale, e il più antico d’Italia con giochi meccanizzati, presente in forma stabile dal 1953 (fu realizzato in occasione della Fiera dell’Agricoltura di quell’ anno). Come pure lascia perplessi l’eventualità che la ruota panoramica sparisca dallo skyline dell’Eur. Sia chiaro, è giusto che il territorio si trasformi, assumendo sempre più una connotazione internazionale come quartiere moderno, modello sia a livello urbanistico sia per servizi offerti ai residenti e visitatori, ma in questo contesto non si capisce come possa determinare un arricchimento lo smembramento di un parco giochi completo come questo. Ci si augura che le decisioni future, oltre a tutelare gli interessi delle famiglie rimaste senza lavoro, tutelino anche il quartiere, trasformando l’attuale Luneur in un modello di intrattenimento per grandi e bambini.

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SPORT di Simone Stirati

Il Palazzo dei Congressi è stato la sede del Marathon Village, l’expo della competizione.

Tutti di corsa

Nel cuore della Capitale si è tenuta la XVIII Maratona di Roma, una delle gare più importanti del mondo che, sommata alla Stracittadina non competitiva, ha visto la partecipazione di 100.000 persone. L’Eur è stato la sede del Marathon Village Il 18 marzo scorso si è svolta la diciottesima edizione della Maratona di Roma Acea, una delle prove più significative al mondo, che ha registrato oltre quindicimila iscritti provenienti da ottantadue nazioni. Caos in città per i trasporti, ma grande vetrina internazionale per la promozione turistica, grazie alle oltre cinquanta nazionali collegate in diretta Tv via satellite. La maratona, che ha toccato i luoghi storici più significativi della Capitale, a partire dalla suggestiva partenza in via dei Fori Imperiali, ha visto la vittoria del Kenya per le due categorie: per gli uomini ha trionfato Luka Lokobe Kanda, mentre fra le donne a tagliare il traguardo per prima è stata Hellen Jemaiyo Kimutai. Abbinata alla prova competitiva di oltre quarantadue chilometri, si è svolta la maratona non competitiva aperta a tutti, la Stracittadina di quattro chilometri che ha visto la partecipazione di oltre ottantamila persone. Tra queste anche il sindaco Gianni Alemanno, il delegato allo sport Cochi, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini

e l’onorevole Giorgia Meloni. Il primo al traguardo è stato il 14enne romano Gabriele Rebustini, mentre tra le donne la più veloce è stata Agnese Ananasso, 35 anni, anche lei di Roma. All’Eur, il Palazzo dei Congressi ha ospitato l’expo della competizione Marathon Village. Quindicimila metri quadrati per l’accogliere i quindicimila iscritti alla maratona competitiva, che prima hanno ritirato il pettorale e il pacco gara, e tutti gli altri partecipanti alla Stracittadina. Ricco il programma al Palazzo dei Congressi con convegni, spettacoli, percorso salute, dimostrazioni sportive, pannello delle firme, musica, animazione per bambini, giochi, gadget, merchandising ufficiale. Notevole anche il successo per le aziende, anche multinazionali, presenti con i loro stand. Tre giorni dedicati allo sport, ma anche alla solidarietà con “L’area-charity: corri a fare del bene”, la sezione del Marathon Village interamente dedicata alle onlus del RomaFun Charity Program.

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For magazine PITTURA di Carlo Di Giuseppantonio

scoprendo la cina Viaggio nell’Estremo Oriente attraverso la vita e le opere del professor Wen Guozhang, uno dei piÚ famosi pittori di cinesi, influenzato dalla lezione dei grandi maestri europei

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A tutti voi, lettori di For Roma Eur, proponiamo un argomento che speriamo solleciterà il vostro interesse. Voleremo lontano, per raggiungere la Cina, paese in cui ho avuto la possibilità di risiedere per lunghi periodi, e comprendere, attraverso la biografia del pittore Wen Guozhang, un artista la cui vita è stata fortemente influenzata e determinata dagli avvenimenti storici del suo paese, le vicende dell’epoca, per seguire l’evoluzione di un uomo e di una nazione. Questa narrazione desidera anche essere un modesto omaggio alle relazioni tra Italia e Cina, recentemente celebrate con importanti eventi, iniziati nel 2010 e conclusisi quest’anno. In particolare ricordiamo la mostra I Due Imperi: l’Aquila e il Dragone (2010/2011), con la quale per la prima volta i due più importanti imperi della storia – quello romano e le dinastie cinesi Qin e Han, nel periodo che va dal II secolo a.C. al IV secolo d.C. – vengono messi a confronto; l’Anno culturale della Cina In Italia (2010/2011), rassegna volta a promuovere la conoscenza della cultura cinese in Italia, poiché nel 2010 ricorrevano i 40 anni di relazioni diplomatiche tra i due paesi. Oltre cento eventi, come mostre e concerti, ma anche incontri sull’economia e il commercio, sull’erudizione e la tecnologia, l’ambiente e il turismo, contenuti nella concezione più ampia del termine cultura; Le Vie della Seta (ottobre 2011 - febbraio 2012), manifestazione dedicata ai paesi del Medio ed Estremo Oriente: un ricco programma di 11 mostre, conferenze ed eventi che ha coinvolto diversi luoghi di Roma. Questi paesi sono stati celebrati attraverso l’archeologia e le riletture d’arte contemporanea. Negli anni 1970/80, molti di noi che ebbero la possibilità di visitare l’Estremo Oriente ed in particolare di risiedere in Cina, provenivamo dal famoso IsMeo, l’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente di Roma, (ora IsIAO), avendo avuto come spirito guida la mitica figura del grande Giuseppe Tucci (professore universitario in Italia ed all’estero, Accademico d’Italia, archeologo, esploratore, polilingue, filosofo). D’altronde, l’interesse di noi italiani per le altrui culture ha memoria antica, ed il rapporto con la Cina è storico, ininterrotto attraverso i secoli, realizzato, a solo titolo di esempio, tra le decine di illustri personaggi, da Marco Polo, Teodorico Pedrini, Matteo Ricci, Giuseppe Castiglione. Ispirati dalle lezioni coinvolgenti dei nostri docenti eravamo animati dal desiderio di esperienze tese alla conoscenza, con l’incontro diretto, di luoghi e di popoli. E, proprio incitato da questo spirito, quando risiedevo a Pechino, oltre allo studio della lingua, quotidianamente mi immergevo nell’esplorazione di mercati, strade, musei, negozi, monumenti, a bordo di una bicicletta, munito della mia macchina fotografica, per vivere la vita del “cinese”, in momenti irripetibili che immortalavo con delle istantanee. Nei primi mesi del 1980, iniziai a frequentare la sala mostre dell’Istituto di Belle Arti, ove venivano esposte le opere dei suoi docenti e studenti. Ero curioso di vedere a che punto fosse l’arte contemporanea cinese, dato che le pubblicazioni che arrivavano in Italia (poche e di regime) presentavano opere tutte “libro e moschetto”, protese all’esaltazione dei valori rivoluzionari. Le mie visite diventarono sempre più frequenti e riuscii ad instaurare con loro rapporti di cordialità ed amicizia. Ero circondato da una sana curiosità ed attenzione, visto come portatore dell’eco del mondo “alieno”, che l’ideologia tendeva a nascondere quale elemento di contaminazione e indebolimento del socialismo reale. In queste mie visite conobbi uno dei docenti, che già allora piuttosto noto, oggi è uno dei più famosi pittori di Cina: il professor Wen Guozhang. Fu un incontro che perse subito la formalità che all’epoca era doverosa negli incontri tra un wai bin (straniero) ed un “popolare” ed iniziò subito un rapporto con scambio di idee, impressioni, notizie, che mise in contatto le nostre due amate culture, e che si consolidò nel tempo, per trasformarsi in una solida amicizia che dura oramai da trent’anni. Fu anche grazie al suo determinante aiuto, suggerendomi ed accompagnandomi in itinerari inconsueti all’interno della Cina, che potei scoprire luoghi e conoscere genti di cui conservo un indimenticabile ricordo. Tra il 1979 al 1984, intrapresi molti viaggi lontano dalla mia base di Pechino, percorrendo migliaia di chilometri nelle regioni dello Xinjiang, patria del

Wen Guozhang, Madre, olio su tela. popolo turco di Cina, del Cing Hai, detto il piccolo Tibet, nello Yunnan, con le sue numerose minoranze etniche dagli incantevoli costumi, nel Sichuan, dove da Chungchin si salpa per l’avventurosa crociera sul fiume Azzurro, attraverso i tre Gorghi, in Mongolia, in Manciuria e molte altre mete. Ero costantemente immerso in un’atmosfera magica, nell’ammirata scoperta dei luoghi e alla ricerca dell’“uomo”, in un paese vastissimo, al cui interno vivono e convivono decine di etnie con usi, costumi, lingue e religioni molto differenti tra loro. A quel tempo non si poteva circolare liberamente per il paese, ma era necessario un passaporto interno in cui erano segnate le mete permesse, ma questa limitazione non era sentita, perché essere lì costituiva un fatto straordinario che permetteva di vivere un’esperienza unica di testimone della storia: si era sul tetto del mondo, felici e fieri di avere raggiunto l’obiettivo. Il maestro Wen Guozhang nasce nel 1942, nella provincia del Sichuan, in una famiglia borghese, in cui il padre è professore universitario. Nei primi anni della sua vita, la famiglia si sposta in varie città, sull’onda dei drammatici ed epocali cambiamenti sociali e politici, fino al definitivo trasferimento a Pechino nel 1951, ove il padre insegnerà presso l’Accademia Centrale di Belle Arti. Attraverso la biografia del maestro Wen, si possono ripercorrere tutte le fasi storiche, esaltanti e drammatiche allo stesso tempo, che questo paese ha attraversato: la guerra di liberazione

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Wen Guozhang entra nella Scuola delle Belle Arti di Pechino nel 1958, affinando la sua predisposizione per le discipline figurative. contro il Giappone, la guerra civile, l’affermarsi del Maoismo, la Rivoluzione Culturale, l’apertura all’Occidente, fino ai nostri giorni, in cui la Cina è diventata una delle prime potenze mondiali. Risiedendo negli alloggi dell’Accademia, fin da bambino vive immerso nella magica atmosfera degli artisti e della disciplina ideologica, per la quale lo studio ha sempre un significato rivoluzionario e inizia, grazie agli insegnamenti dei genitori e poi dei professori, imponendosi una dura disciplina, fisica e spirituale, a costruire la sua personalità. Dimostrando la sua predisposizione per le arti figurative entra nel 1958 nella Scuola delle Belle Arti, il cui fondatore fu un fedelissimo di Mao Tse-tung, modellata sulle Accademie sovietiche, dati i forti legami tra i due paesi, patrie del Socialismo Reale. Il sistema educativo era imperniato sulla valorizzazione della moralità e dell’intelligenza, per dotare gli studenti di un solido bagaglio culturale e competenza nelle Belle Arti, al servizio del popolo ed essere un vanto della propria nazione. In Cina è stato sempre fortissimo fin dai primordi l’interesse per le arti, figurative e non, con l’istituzione di scuole importantissime. La tradizione, pur nella varietà degli stili, è continuata ininterrotta fino ad oggi. L’inizio della pittura è datata al 200 d.C., periodo in cui la calligrafia era ritenuta la più alta e matura forma espressiva della pittura, del cui fascino gli occidentali non riescono a coglierne la raffinata bellezza. Il maestro Wen studia e vive con i migliori artisti di Cina che insegnano e frequentano l’Accademia, alcuni famosi in tutto il mondo come Wu Zuoren. Sotto la loro guida approfondisce le tecniche degli artisti del Rinascimento italiano, Tiziano in particolare, e le correnti romantiche dell’Ottocento e Novecento, partendo dall’insegnamento dei pittori russi (a Plastov rimarrà sempre legato), per approdare alla creazione di un suo forte stile, caratterizzato dall’uso del colore e delle ombre. La lezione acquisita in anni di studio e di sperimentazione lo porta a conseguire grandi risultati nei vari stili

dell’arte visiva come l’incisione, l’acquerello, le tecniche miste, e che, soprattutto dopo il suo pensionamento come professore dell’Accademia, si consolida nella sua grande passione di dedicarsi completamente alla pittura ad olio. La sua insaziabile curiosità e voglia di accrescere la sua cultura lo porta a frequentare negli anni anche gli ambienti vivaci e stimolanti dell’Orchestra Philarmonica Centrale, del teatro, seguendo anche i corsi dell’Accademia del Dramma, e del cinema. Tra il 1979 ed il 1981 consegue vari diplomi di specializzazione, viene associato all’insegnamento nell’Accademia ed assume anche incarichi di organizzatore di dipartimenti scolastici e di mostre ed esibizioni. Questa sua duplice veste di insegnante e funzionario gli consente di avere un livello di vita economico e sociale finalmente elevato. Col nuovo status, anche se non membro del Partito Comunista, può frequentare senza temere controlli o indagini di tipo poliziesco, cittadini stranieri, viaggiare liberamente per la Cina e, più tardi, perfino a Taiwan, il nemico di sempre. Però la vita non fu sempre facile, soprattutto nei momenti caldi della Rivoluzione Culturale, e nel periodo della Banda dei Quattro, fino ai recenti episodi di piazza Tienanmen: i fatti politici si sono intrecciati con la sua vicenda pubblica e privata ma non l’hanno stravolta, grazie alla sua forte personalità, sostenuta dal rigore morale e dall’amore per la pittura, scopo della sua vita, doti che gli hanno permesso di affrontare e superare con tenacia e coerenza anche i momenti di grande difficoltà (il film Addio mia concubina, 1993, del regista Chen Kaige, dà un’idea veritiera della Cina dal 1924 al 1980). Dal 1968 in poi allarga sempre di più i suoi orizzonti ed inizia la sua avventura di conoscenza oltre i confini fisici e culturali della Cina. Grazie anche alla nuova situazione politica del Paese, con l’apertura sempre maggiore all’esterno, effettua dal 1989 in poi molti soggiorni in Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Spagna, Russia, Italia (1989-2005-2011),

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I Parchi Letterari Pier Paolo Pasolini, in collaborazione con l’Associazione “Il Detto Matto”, organizzano presso il Centro Habitat Mediterraneo LIPU Ostia, la mostra Anche gli uomini possono volare. Opere tra sogno e realtà, con i suggestivi dipinti di Gianni Blanco e le fotografie di Carlo Di Giuseppantonio, memoria del suo soggiorno in Cina negli anni Ottanta. L’inaugurazione è per sabato 14 aprile presso il Centro visite Mario Pastore del CHM LIPU Ostia. Il Centro Habitat Mediterraneo è un nuovo centro naturalistico LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), presso l’Idroscalo del Lido di Ostia, alla foce del Tevere e di spalle al porto turistico di Roma. Compreso nella Riserva Naturale Statale del litorale romano, rappresenterà entro pochi anni uno dei massimi centri naturalistici e di educazione ambientale a livello europeo.

Wen Guozhang, Ragazza Tajika, olio su tela. Olanda, Danimarca e paesi dell’Oriente, sia per esporre le sue opere, sia per studio: «Questi viaggi mi hanno aiutato ad ottenere una più profonda conoscenza dei giganti che io ammiro, ad assorbire differenti ma utili nutrimenti ed incrementare la mia abilità nella pittura, per raggiungere un più elevato livello di tecnica pittorica ad olio». Nel 1979 si realizza il suo sogno ispirato da Delacroix, e come lui, che si recò in Nord Africa attratto dal suo esotismo per preparare il suo esame di diploma superiore, si reca nella regione dello Xinjiang ritraendo i paesaggi e le popolazione turkmene. Da questo primo contatto, spinto dalla sua incontenibile ed appassionata ricerca del vero soggetto, inizia ad esplorare moltissimi luoghi di questa regione dipingendo incessantemente. È quindi sulle regioni dell’Ovest della Cina che si concentra la sua attenzione, attratto irresistibilmente dalle numerose minoranze etniche dei Pamiri, Tajiki e Kirgisi, di etnia indoeuropea, che vivono nella regione del Pamir, “Il Tetto del Mondo”, ove le montagne più alte dominano gli immensi altipiani. Questa sua ricerca lo porterà successivamente ad individuare nel popolo Tajiko del Pamir quella che diventerà l’unica fonte di ispirazione per la sua pittura. Questo interesse nel tempo si consoliderà sempre più, e alla rappresentazione pittorica dei costumi e delle tradizioni, si unirà lo studio etnografico, diventando così il “cantore” globale del popolo Tagiko, popolo nomade, dedito alla pastorizia, che vive in una regione

immensa, crocevia tra Cina, Pakistan, Afganistan, Tajikistan, lungo la Via della Seta. Wen vive lunghi periodi in questa regione, dividendo quotidianamente le stesse esperienze dei locali e trasferendo nei suoi quadri gli usi e costumi, la vita, le figure i volti e i fatti quotidiani come i matrimoni, i campi dei nomadi nelle steppe, le feste tradizionali come il polo Tajiko in cui due squadre a cavallo si contendono il corpo di una pecora. I suoi dipinti sono caratterizzati da un magnifico senso delle proporzioni, dal gioco emozionante della luce, del colore e delle ombre che proviene dall’aver compreso la lezione dei grandi pittori europei a partire da Delacroix, suo perenne ispiratore, e del Rinascimento veneziano. Nei suoi quadri risaltano gli sguardi delle donne pieni di fascino e di languore; degli uomini, fiammeggianti di energia e virilità, eccitati nei loro giochi di abilità, dei bambini e dei vecchi dagli occhi pieni di innocenza e serenità, dei costumi coloratissimi che risaltano durante le feste, illuminati dalla luce dei fuochi degli accampamenti, con il sottofondo della musica carezzevole della chitarra a quattro corde, delle forme forti e plastiche dei cavalli, animali inseparabili dai Tajiki. Ritrae un ambiente ancora intatto, protetto dalle sue difese naturali, in cui l’uomo pur cosciente dell’esistenza del mondo moderno, vive il suo quotidiano con gesti semplici ma antichi e pieni di sapienza, avendo come scenario il verde dei pascoli di alta montagna, il giallo ocra delle steppe desertiche o le nevi ed i ghiacciai perenni, consapevole di essere un elemento di un tutto infinito. L’opera che più di ogni altra condensa il genio di questo artista, il suo amore per il popolo Tajiko e la sua filosofia della vita, nella più pura tradizione romantica, è un quadro di grandi dimensioni (2x5 m), in cui è rappresentato il “buzkashi”, che letteralmente significa “acchiappa la pecora”. I cavalieri partecipanti, infatti, divisi in due squadre, devono contendersi la carcassa di un capo di bestiame, tradizionalmente una capra. Al termine della gara risulterà vincitore lo schieramento in possesso della carcassa. Oggigiorno, mentre molti pittori cinesi risentono ancora degli influssi dell’arte rivoluzionaria, legata alle parole d’ordine maoiste o si avventurano in sperimentazioni che scopiazzano le correnti occidentali, è venuta a mancare, determinata dalle vicende storiche, la possibilità di conoscere l’arte moderna e d’avanguardia del Novecento europeo ed americano, facendo venire meno agli artisti cinesi un elemento di informazione e di studio, che avrebbe arricchito sicuramente il loro bagaglio culturale. L’arte del maestro Wen Guozhang ha contenuti di forte autonomia, caratterizzata da sicurezza del tratto, uso del colore e soprattutto delle ombre. La lezione dei grandi europei è stata ben assimilata e fatta propria, e viene restituita attraverso uno stile assolutamente personale, che fa dell’artista un continuatore autorevole delle correnti romantiche classiche occidentali, in cui echeggiano elementi dell’arte cinese risalente fino al grande periodo della dinastia Tang, in cui il paese diventa un immenso regno, conoscendo un periodo di pace e prosperità, che favorì il fiorire di produzioni artistiche di superbo livello.

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For magazine STORIA di Cinzia Giorgio

Le donne di Roma

La leggenda narra che Clelia incoraggiò altre prigioniere a fuggire dall’accampamento di Porsenna, attraversando il Tevere a nuoto. Quando fu catturata il re etrusco la liberò perché era rimasto estasiato dal suo coraggio. 100 For Magazine


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Nei tempi antichi Clelia era il simbolo della libertà e della dignità della scelta consapevole. La sua figura divenne un romanzo del nostro “eroe dei due mondi”: Giuseppe Garibaldi, che diede questo nome a sua figlia

Nella Roma arcaica una figlia, ancora giovanissima (puella, che è diminutivo di puera, ragazza), poteva essere promessa in sposa o fidanzata a un giovane, anche contro la propria volontà. Il rito del fidanzamento consisteva in un vero e proprio impegno, perseguibile in caso di inadempimento, che vincolava la donna alla fedeltà prematrimoniale nei confronti del futuro sposo. Il rito del matrimonio avveniva di fatto con il trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito. Il fidanzato consegnava alla ragazza un pegno per garantire l’adempimento della sua promessa di matrimonio: un anello che lei metteva all’anulare sinistro. La forma più completa del matrimonio era la cosiddetta “perconfarreationem”, dal panis farreus, un pane preparato con il farro, che veniva mangiato dagli sposi, appena entrati nella nuova casa. Accanto a questo rito di matrimonio, si affiancavano altre due forme meno solenni: la coemptio, una vendita simbolica con la quale il padre cedeva la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario; e l’usus, per cui una donna diventava moglie quando dimostrava di aver abitato con un uomo per un anno 101 For Magazine


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intero, senza un’interruzione di tre notti consecutive. Per i Romani il matrimonio era pienamente valido anche se non consumato. Dal momento che la donna dipendeva totalmente dal padre e dal marito, e poiché si mirava all’indissolubilità del vincolo matrimoniale, la mancanza di un vero amore reciproco non rendeva l’istituto del matrimonio meno stabile. D’altra parte, i Romani si sposavano soprattutto per garantirsi una discendenza. Nella formula più arcaica la donna diceva all’uomo “Ubi tu gaius, ego gaia”, cioè dove tu sei gaio io sono gaia. Un rituale legato alla terra e alla funzione riproduttiva del matrimonio. Tuttavia, ciò che faceva elevare una donna al rango di mater familias non era il parto, ma proprio il matrimonio. Con questa formula la donna esprimeva il suo desiderio che l’uomo diventasse per lei, anche giuridicamente, un nuovo padre, alla cui potestà lei coi suoi figli voleva sottostare loco filiae, come una figlia. Il marito aveva su di lei un potere che, per un’antica legge dei tempi di Romolo, comportava, almeno in due casi, il diritto di vita o di morte: quando la moglie veniva sorpresa in flagrante adulterio e quando si scopriva che aveva bevuto vino! Le lodi rivolte alle donne, nelle epigrafi, raramente riguardano la donna di per sé; le sue virtù sono quelle che le hanno permesso di servire e amare il marito, i figli e di accudire la casa. Non c’è dovere di reciprocità nell’amore, non c’è obbligo alla reciproca fedeltà coniugale. Nel 18esimo secolo a.C., per far fronte al crollo delle nascite e ai divorzi facili, Ottaviano presentò la famosa “Lex Iulia de maritandis ordinibus”, diretta a ricostruire la società secondo i più rigidi principi morali. Infatti la legge sanciva l’obbligo al matrimonio, vietava l’unione dei senatori con le liberte (schiave affrancate) e prevedeva una serie di misure allo scopo di aumentare il tasso demografico: si stabilivano premi per i cittadini con famiglie numerose e pene pecuniarie per i celibi e i coniugi senza figli. I celibi restavano esclusi da vari diritti. Il

Nell’Antica Roma le lodi rivolte alle donne riguardavano le loro virtù nel rispettare il sacro vincolo del matrimonio, nel servire e amare il marito e i figli, nell’accudire la casa.

decreto assegnava inoltre un termine agli eterni fidanzamenti e stabiliva severe sanzioni per i furbi che con continue rotture di fidanzamento eludevano le leggi fiscali a carico degli scapoli, emanate per fronteggiare il preoccupante fenomeno della diminuzione delle nascite. Sarà forse un effetto delle leggi augustee, sta di fatto che prima del cristianesimo sono rarissime le testimonianze di donne rimaste nubili. Le donne, in particolare, dovevano dimostrare d’aver voluto almeno tre figli, nel qual caso ricevevano parità di diritti con gli uomini.

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Ottaviano promulgò, inoltre, la “Lex Iulia de pudicitia et de coercendis adulteriis”, che riguardava il libertinaggio e il lusso licenzioso. Contro gli adulteri e le adultere erano sancite gravissime pene economiche. Alla base vi era la volontà di rinsaldare l’istituto familiare e la società uscita disfatta dalle guerre civili. Dopo Augusto le mezzane, le prostitute e le attrici vengono private di vari diritti legali. Gli esempi di donne virtuose che circolano in età augustea sono molteplici. Fra tutte spiccano Lucrezia e Clelia. Durante il sesto secolo a.C., secondo lo storico romano Tacito, il popolo etrusco governava Roma. Al trono vi era Tarquinio il Superbo, un sovrano crudele che meritava in pieno l’appellativo che gli avevano dato. Ma fu proprio con lui che nel 509 a.C. finì il periodo della monarchia. Odiato da tutti i suoi sudditi e persino dai suoi stessi familiari, Tarquinio era un re spregiudicato e profondamente ingiusto. L’evento che scatenò la storia di Clelia partì da un’azione del figlio del re che rapì e violentò una virtuosa domina romana, chiamata Lucrezia. La quale, dopo aver subito l’oltraggio dello stupro, per la vergogna si uccise, divenendo l’emblema della rivolta contro Tarquinio e la sua genie. Guidati da Giunio Bruto (avo di quel Bruto che ucciderà Cesare nel 44 a.C.) e Collatino, i Romani scacciarono dal trono Tarquinio il Superbo, che si alleò con il lucumone Porsenna. Dopo la pace tra Etruschi e Romani venne deciso di dare come ostaggio, in segno di tregua, dieci donne ai Tarquini. Tra queste vi era Clelia, che insieme alle altre nove fuggì a nuoto per il Tevere fino al Ponte Sublicio. Il ponte però era stato distrutto: i Romani così la ritrovarono e la ragazza venne condotta dal re e davanti ai consoli. Il re volle sapere dalla coraggiosa giovane donna chi l’avesse aiutata, ma Clelia gli rispose fiera: “Ho fatto tutto da sola!” e venne graziata per la risolutezza e la forza d’animo. Com’era Clelia? Sicuramente bella, ci piace immaginarla come una romana tipica: capel-

Nel XVIII secolo a.C., Ottaviano introdusse leggi severe per contrastare il calo delle nascite e i divorzi, obbligando al matrimonio e stabilendo premi per le famiglie numerose.

li scuri e ricci, occhi neri e portamento regale. Come simbolo di libertà appare nella storia prima del più famoso Spartaco, ma con una differenza sostanziale: Clelia riuscì dove Spartaco il trace venne sconfitto. Clelia infatti venne da allora considerata come il simbolo della necessità della libertà e della dignità della scelta consapevole. La sua figura divenne anche un romanzo, mediocre a dire il vero, del nostro “eroe dei due mondi”: Giuseppe Garibaldi, che oltre a intitolare la sua opera Clelia, diede questo nome anche a sua figlia.

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CINQUECENTENARIO DEGLI AFFRESCHI DEL SODOMA Si è svolto di recente, nella Palazzina dell’Auditorio in via della Lungara, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei, un convegno di studi dedicato alla figura del pittore Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, celebrato in occasione del V centenario dagli affreschi a Villa Farnesina. Il convegno, curato da Claudio Strinati e Daniele Radini Tedeschi – massimo esperto a livello internazionale dell’artista –, ha ricevuto l’alto patronato dello Stato e il patrocinio dal Consiglio dei Ministri. Un appuntamento a cui hanno risposto le più importanti personalità del mondo accademico tra le quali: Alessandro Zuccari, Vittorio Sgarbi, Roberto Paolo Ciardi, Silvia Danesi Squarzina, Sergio Rossi e molti altri, senza trascurare l’apertura della giornata inaugurata dal vice presidente dell’Accademia Alberto Quadrio Curzio. Il convegno è stato organizzato dall’Associazione culturale La Rosa dei Venti. Daniele Radini Tedeschi

Da sinistra Alessandro Zuccari, Daniele Radini Tedeschi, Vittorio Sgarbi.

SEMBRA GUARITO Pronto per essere riconsegnato a Torino. Presso l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario (Via Milano, 76), si è tenuto di recente il convegno di pittura dal titolo Tecnologia e Tutela per un’opera unica al mondo: l’Autoritratto di Leonardo. Nel corso dell’incontro ampio spazio è stato dato alla tecnologia utilizzata per le indagini diagnostiche effettuate su uno dei lavori più celebri realizzati dal talento universale del Rinascimento, che incarnò in pieno lo spirito della sua epoca. Illustrati alcuni risultati delle indagini e valutazioni tecniche effettuate per garantire la conservazione futura dell’opera. Dopo la conferenza stampa vi è stata la visita all’Autoritratto di Leonardo Da Vinci, occasione unica per ammirare quest’opera di indiscusso valore che a breve sarà riconsegnata alla Biblioteca Reale di Torino a cui è affidata la custodia.

Leonardo Da Vinci, Autoritratto, sanguigna su carta, 1515 circa.

Il restauro di un capolavoro È giunto a termine, dopo più di quattro mesi, il restauro del Nudo Femminile di Schiena di Pierre Subleyras, condotto sotto la supervisione della Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, nella persona della Sovrintendente Rossella Vodret e del direttore della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Anna Lo Bianco. L’intervento di ristrutturazione è stato realizzato dallo Studio di Conservazione e Restauro di Valeria Merlini e Daniela Storti. Recuperato, in tutta la sua bellezza, un piccolo tassello del nostro immenso patrimonio artistico. Così, nella mostra di pittura tenuta nelle maestose e severe stanze della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, il dipinto torna nella sua collocazione originale e al suo splendore. Pierre Subleyras, Nudo Femminile di Schiena.

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For magazine Pittura INFLUENZE FRA L’ARTE RUSSA E QUELLA OCCIDENTALE Le principali correnti dell’arte russa di inizio ’900 trovano espressione in un’unica grande esposizione: Avanguardie russe, una mostra di pittura ospitata fino al 2 settembre al Museo dell’Ara Pacis. In occasione della mostra il pubblico potrà fruire per la prima volta delle nuove sale destinate alle esposizioni temporanee. L’evento offre l’opportunità straordinaria di poter ammirare circa settanta capolavori dei più grandi artisti russi del secolo scorso, provenienti da importanti musei quali la Galleria statale Tret’jakov e da musei regionali russi poco conosciuti dal grande pubblico. La mostra sarà arricchita anche da alcuni video, che raccontano il contesto storico in cui sono nate le avanguardie, e da un’installazione firmata dall’artista Pablo Echaurren, tesa a comunicare ai visitatori quanto le avanguardie influenzarono tutte le arti, dal teatro al cinema, dalla poesia alla musica.

Vassilij Kandinskij, La Piazza Rossa.

Marc Chagall, Lo spazzino e gli uccelli

IMMEDIATEZZA, ENERGIA E SPONTANEITÀ

Joan Miró, Senza Titolo, non databile.

Joan Miró, Senza Titolo, 1978.

TESTIMONIANZA DEGLI ANNI OTTANTA La mostra di pittura Metropolismo: l’altra storia, curata da Achille Bonito Oliva è stata inaugurata di recente a Roma, presso le Scuderie di Palazzo Ruspoli. L’antologica propone un percorso pittorico che indaga le radici della crisi odierna partendo dalle immagini dorate e l’amore per il superfluo. Patrocinata dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale, la mostra ripercorre il periodo storico che va dagli anni ’80 al 2010, attraverso cinquanta opere che testimoniano il linguaggio pittorico di grande attualità iconografica proprio degli artisti del Metropolismo: Nico Paladini, Carlos Grippo, Antonio Sciacca, Timur Incedaiy, Carlo Frisardi, Giampiero Malgioglio, Stefano Solimani, Angelina Kuzmanovic, Bruce Atherton, Mirko Pagliacci ed Enrico Angelini. La pittura dei metropolisti unisce immagini colte, oggetti quotidiani e status symbol.

Antonio Sciacca, Adamo.

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La mostra di pittura Mirò: Poesia e luce di Joan Mirò (1893-1983), allestita nella cornice rinascimentale del Chiostro del Bramante, rimarrà in esposizione fino al prossimo 12 giugno, ed è suddivisa cronologicamente e tematicamente nelle nove sale del percorso. Da molti anni la Capitale non ospitava una rassegna così esaustiva delle opere di Mirò, artista che ha lasciato un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee. Una esposizione di ottanta lavori mai giunti prima nel nostro Paese, tra cui cinquanta dipinti a olio di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquarelli, oltre ai grandi capolavori dell’artista e a tutta la produzione degli ultimi trent’anni di vita trascorsi a Maiorca. Nel percorso si possono ammirare anche alcuni oggetti a lui appartenenti, come i suoi colori e i suoi pennelli. «Il quadro dev’essere fecondo. Deve far nascere un mondo», amava dire Mirò.


For magazine Pittura UNO SGUARDO AL PASSATO Al Palazzo Venezia è esposta, fino al 25 aprile la mostra di pittura e scultura, di Moreno Bondi dal titolo Moreno Bondi: la luce e l’ombra di Caravaggio nel contemporaneo. Classe 1959, questo singolare artista ci propone una selezione di quarantacinque opere, di cui trenta di piccole dimensioni e quindici decisamente più grandi. Sono tele di lino dipinte ad olio (seguendo la tecnica antica del Caravaggio, di cui è esperto e studioso), in cui sono inserite preziose sculture in marmo realizzate personalmente dall’artista. Il Ministero dei Beni Culturali, riconoscendo il valore culturale dell’artista, ha concesso all’iniziativa il patrocinato del Mibac, raramente assegnato alla personale di un’artista vivente. L’apertura di Palazzo Venezia a un’artista contemporaneo rappresenta un’occasione straordinaria, poiché tale luogo è esclusivamente preposto alle mostre di arte antica. Moreno Bondi, Meta Fisica, olio su lino.

Moreno Bondi, Donna angelo, olio su lino.

COLORI, FORME E INCASTRI Il Complesso Monumentale dei Dioscuri al Quirinale ha ospitato recentemente il mondo astrale di Paola Romano nella mostra di pittura Equilibri Astrali, curata da Nicolina Bianchi. Nelle quaranta opere dell’artista è stato possibile osservare la versatilità e la ricerca sperimentale di nuove tecniche e materie, con il risultato di realizzare un’elegante visione tridimensionale della natura. «Le sue opere chiederebbero di essere toccate come fossero scritte in codice Braille, perché il passaggio dei polpastrelli lungo certe rugosità a intervalli regolari, aggiungerebbe sensazioni emotive che completerebbero quelle avvertite dagli occhi, arricchendole nuovamente», dice Vittorio Sgarbi. Un’attenzione particolare l’artista la rivolge all’affascinante mondo lunare con il ciclo de Le Lune. Esposti anche affreschi, sculture in bronzo e dipinti che ha realizzato con tecnica mista polimaterica e su imponenti tele monocrome.

Caravaggio, Davide e Golia, (part.), 1597-1598.

CALLIGRAFIA ED ALTRI ELEMENTI

Cavalli giocosi.

Riflessioni dal cielo, Meditazione in terra: Arte Moderna Calligrafica del Mondo Arabo è una mostra di pittura che racchiude i capolavori della collezione permanente della Jordan National Gallery of Fine Arts, in corso al Mercato di Traiano Museo dei Fori Imperiali fino al 10 giugno, per concessione del direttore dell’Ambasciata di Giordania, della Fondazione Roma Mediterraneo, della Camera di Commercio Italo-Araba che hanno accolto il desiderio della Principessa di Giordania Wijdan Al Haschemi. Settantacinque opere di cinquantasette artisti, di cui dieci formatisi in Italia e altri provenienti da diciotto paesi, arabi e non solo, raccontano al visitatore l’unicità di uno stile artistico profondamente radicato nella storia culturale araba, adattato con l’utilizzo di tecniche e materiali attuali. Due i temi affrontati dalla Scuola Calligrafica Araba: il sacro, con temi di natura religiosa che comunicano un messaggio spirituale, e il profano, di natura laica.

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For magazine Scultura TRA STORIA E CONTEMPORANEITÀ Con la prima mostra di pittura collettiva RvB Arts di Michele von Büren, in collaborazione con l’Antiquariato Valligiano, ha inaugurato da poco a Roma due nuovi spazi espositivi (a via Giulia, 193 e a via delle Zoccolette, 28) tutti dedicati all’Accessible Art. Scelte per l’occasione le opere di tre artisti: Luciana Cafagna, Cristian Thwaites e Tindàr. Il quadro centrale della collezione presentata da Luciana Cafagna è Lady Jane, un’opera enigmatica di grandi dimensioni, dentro una teca in plexiglass. L’artista inglese Thwaites, invece, presenta una serie di tableau familiari, dove fotografie prese da vecchi album di famiglia diventano l’ispirazione per opere vivaci e stravaganti, umoristiche ma allo stesso tempo toccanti. Mentre Tindàr scava nell’intrico delle radici degli alberi. I suoi disegni, fatti con la matita e di solito eseguiti sui fogli di libri antichi o simbolici, penetrano in un mondo invisibile. Christian Thwaites, Lady Jane.

Christian Thwaites, Summer 1930.

QUATTRO DANDIES

Luigi Ontani, PavonDante.

Karen Blixen

La Casina delle Civette, espressione dei gusti raffinati ed esclusivi del Principe Giovanni Torlonia (1873-1938), dedica i suoi spazi, fino al 6 maggio, a Karen Blixen, Luigi Ontani, Erik Satie e Luchino Visconti, quattro grandi personalità europee del mondo delle arti che, per la loro opera e il loro stile di vita, rientrano nella categoria dei Grandi Dandies. La mostra di scultura, L’angolo del dandy, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico-Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale e dall’Associazione Culturale “La coda dell’occhio”, ricostruisce il profilo dei quattro personaggi con particolare attenzione ad alcuni aspetti meno noti della loro personalità e produzione. Ognuno dei quattro dandy dispone di un angolo personalizzato che ha come icona una delle vetrate della Casina delle Civette (Blixen, le Rose; Ontani, i Pavoni; Satie, la Civetta; Visconti, il Cigno).

SIMBOLI NOTI RIVESTITI DI SIGNIFICATI Matteo Peretti di recente ha esposto al Giga (Gruppo Italiano Giovani Artisti) di Roma una nuova mostra di scultura, intitolata Giochi per Adulti: circa trenta opere scelte tra i ritratti e le ultime sculture monocrome realizzate con assemblaggi di vecchi giocattoli. L’artista romano, dopo una lunga serie di lavori di grande formato, ritrova un immaginario intimo e personale, dove i protagonisti sono minuscoli soldatini in surreali campi di battaglia: lavori fortemente introspettivi che, attraverso ironici rimandi, svelano giochi di potere, umane debolezze e disincanti. Nei ritratti, composti con installazioni scultoree, Peretti applica un modo di procedere tipico della ritrattistica cinquecentesca, dove il soggetto raffigurato è circondato da oggetti e inserito in ambienti che alludono alla sua condizione sociale, alla sua storia e al suo carattere. Tuttavia, è prevalente la ricerca dell’aspetto ironico e ludico. Matteo Peretti, Francesco's vanitas. 2011.

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For magazine Scultura & Design A VENT’ANNI DALLA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA Nelle cinquantanove sezioni del Museo della Civiltà Romana all’Eur, dal 15 aprile al 12 maggio, sarà ospitata la mostra di scultura e rassegna contemporanea, Il Mosaico Croato. Saranno presentate opere d’arte, film, eventi letterari e documentari per promuovere la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio storico, artistico, culturale e naturalistico croato. Inoltre, plastici che ricostruiscono monumenti e complessi architettonici di Roma e delle province dell’Impero Romano. Le prime quattordici sezioni delineano una sintesi storica di Roma dalle origini al sesto secolo d.C.; le restanti quarantacinque saranno dedicate agli aspetti della vita pubblica, religiosa, economica, militare e anche privata. Nell’ambito della manifestazione sono previsti concerti di musica popolare croata ed incontri letterari con il poeta croato Vlado Gotavac.

IL GIARDINO RIPENSA LA NATURA Il giardino rappresenta da sempre uno degli elementi di design dell’immaginario umano più ricco di implicazioni e significati simbolici. È un luogo idilliaco e ricercato, protetto dall’esterno e sostenuto da equilibri interni raffinati che trasmettono calma e ricchezza interiore. Una vera e propria rappresentazione fisica dell’ordine universale e dell’incontro tra natura e architettura. Da sempre ha accompagnato la vita dell’uomo, spesso la parte migliore e riflessiva. Nella sua evoluzione gli elementi del giardino romano si fondono con la rivisitazione islamica delle antiche strutture persiane importate in Spagna. Poi il giardino moresco e quello claustrale medioevale lasciano spazio a quello rinascimentale, pervaso di rappresentazioni mitologiche fino a quelli tardo-barocchi delle ville suburbane, dove viene raffigurata l’affermazione dell’assolutismo trionfante attraverso l’uso di grandi dimensioni. Paolo Brasioli

POSTI IN PIEDI PER… MARCO GIALLINI Finalmente protagonista. Due ruoli opposti ed estremi certificano che a 48 anni Marco Giallini ha agguantato il successo. Celerino violento nel film drammatico Acab, padre cialtrone nella commedia Posti in piedi in paradiso di Carlo Verdone. Da vero outsider del cinema italiano Giallini rappresenta il meglio della commedia con un ruolo che ricorda molto la vigliaccheria italica alla Alberto Sordi. Nella pellicola del regista romano, Giallini interpreta il più irresistibile dei tre padri divorziati costretti dalla necessità economica a convivere; lui gioca d’azzardo, fa sesso a pagamento con signore mature, coinvolge i coinquilini (lo stesso Verdone e Pierfrancesco Favino), in un furto maldestro. Il successo per questo interprete è arrivato tardi, ma forse davvero al momento giusto. Se fosse andato bene L’ultimo capodanno, con Monica

Bellucci, sarebbe accaduto tanti anni fa. Mentre oggi è più maturo, più consapevole, più intenso: perché la vita è questione di fortuna, incontri, opportunità. La sua fisicità lo ha spesso consegnato a ruoli estremi per via del viso segnato, del suo sguardo duro. Tuttavia la commedia lo sta recuperando come istrione cattivo, cinico, senza falsi pudori. Prova ne è questo Domenico Segato, un personaggio che fa ridere appena apre bocca con tormentoni memorabili. Agostino Madonna

Marco Giallini

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For magazine Cinema & Teatro 17 RAGAZZE Dopo l’accoglienza calorosa all’ultimo Festival di Cannes, il film 17 ragazze ha inaugurato il 29esimo Torino Film Festival, ottenendo il Premio Speciale della Giuria. Ispirata a una storia realmente accaduta, la pellicola drammatica (vietata ai minori di 14 anni) racconta il gioco provocatorio di un gruppo di adolescenti decise a ribellarsi alla monotonia della città francese in cui abitano. Camille (Louise Grinberg) rimane incinta e decide di tenere il bambino. Grazie al suo carisma da leader convince le 17 amiche a fare lo stesso, descrivendo la gravidanza e il parto come eventi straordinari capaci di dare senso alle loro esistenze. Delphine e Mouriel Couline, registe e sceneggiatrici del film, si concentrano soprattutto sulle ragazze e sul valore del loro gesto, ignorando volontariamente i genitori e i giovani padri in questione. Il film è essenziale, asciutto, ma efficace nella sua semplicità. Jessica Di Paolo

Al centro Louise Grinberg.

UN SORRISO DIVERSO Presso il Teatro Quirino si è svolto recentemente il galà per la presentazione della V Edizione del Festival Internazionale Film Corto, Tulipani di seta nera - Un Sorriso Diverso. Ospiti della rassegna di cortometraggi sono stati il presidente Andrea Roncato, il direttore artistico Mary Calvi, la madrina Nancy Brilli, il padrino Giuseppe Zeno, i presentatori Rossella Brescia e Paolo Conticini, con la regia di Anthony Peth. La serata di premiazione ha evidenziato le diversità a 360 gradi, diversità viste come un valore e non come note di demerito. Il festival è ideato dall’Associazione UCL (Università Cerca Lavoro) con la finalità di promuovere, attraverso i film corti, una visione propositiva delle diversità umane, coniugate in tutte le forme (disabilità, lavoro, censo, razza, religione, sesso, cultura), vissute come momento di aggregazione, confronto e crescita. Giuliana De Sio durante la premiazione.

A destra Sara Iannone.

LE CHIACCHIERE DELLE DONNE Anche quest’anno Roma ha festeggiato le donne, nel mese a loro dedicato, presso l’Auditorium del Massimo con uno spettacolo teatrale intitolato La Portinaia. L’iniziativa è stata fortemente voluta dall’on. Francesco Smedile, presidente della Commissione Riforme Istituzionali per Roma Capitale, e ha visto anche la partecipazione del sindaco Gianni Alemanno. Grande attenzione all’universo femminile in questa commedia inedita che, grazie ad una saggia combinazione tra canzoni e dialoghi, ha rappresentato, sullo sfondo della portineria di un palazzo romano, la vita quotidiana delle diverse protagoniste con i loro problemi, le loro gioie e le loro difficoltà. Chiave di volta dell’opera la metafora di Roma, una grande città che tra mille sfaccettature accoglie tutti con un istinto materno. Sul palco talentuose attrici quali Donatella Pompadour, Veronika Logan e Livia Cascarano. Regia di Maddalena De Panfilis.

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For magazine Fotografia & Libri TRA ARTE, MUSICA E MODA Visioni Romantiche è la mostra di fotografia, ma anche di pittura, di Patrizia Presutti, che si è tenuta da poco presso Le Talpe Concept Store, in zona Monti. Decorano lo spazio creativo esposto musica, accessori e vestiti. Leggerezza e delicatezza eterea sui muri con le foto e le tele dai toni chiari e dalle sfumature vaporose, malinconiche e passionali. Lei stessa dice delle sue Visioni Romantiche: «Rappresenta l’essere della femminilità, trasparenze, bianco su bianco, ombre, riflessi. Emozionare, emozionandosi». Il suo approccio all’arte, spesso, ha anche un convinto fine sociale: alcune delle sue opere, infatti, sono state da lei donate ai reparti pediatrici degli ospedali Bambin Gesù e Pertini di Roma. La sua pittura prende ispirazione dalle diverse situazioni di vita che lei stessa vive sia da protagonista che da spettatrice.

EVENTI CRUCIALI IN UNO SCATTO Il 27 aprile sarà inaugurata, presso il Museo di Roma in Trastevere, la mostra fotografica World Press Photo 2012, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 maggio. Il Premio World Press Photo è uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del fotogiornalismo. Ogni anno, una giuria formata da esperti internazionali è chiamata a esprimersi su migliaia di domande di partecipazione provenienti da tutto il mondo, inviate alla World Press Photo Foundation di Amsterdam da fotogiornalisti, agenzie, quotidiani e riviste. Tutta la produzione internazionale viene esaminata e le foto premiate, che costituiscono la mostra, sono pubblicate nel libro che l’accompagna. Si tratta quindi di un’occasione per vedere le immagini più belle e rappresentative che, per un anno intero, hanno accompagnato e documentato gli avvenimenti del nostro tempo sui giornali di tutto il mondo.

Samuel Aranda, foto scattata a Sanaa nello Yemen, 2011. L’IRONIA E LA PAZIENZA DEI NAPOLETANI È uscito recentemente il libro, con allegato il dvd dello spettacolo teatrale, Una pillola per piacere, edito da Testepiene. Mattatore del booklet digitale è Biagio Izzo, l’attore comico napoletano popolarissimo in Tv, al cinema e a teatro. Scritto a quattro mani con Bruno Tabacchini, per la regia di Claudio Insegno, Una pillola per piacere è una commedia frizzante che, con un gioco di doppi sensi e toni coloriti, punta a far ridere il pubblico, grazie soprattutto alla verve di Izzo. Inoltre, è in libreria da qualche settimana Quanno ce vo’ ce vo’, il cofanetto che comprende un libro e un dvd tratti dallo spettacolo omonimo di Gino Rivieccio, attore e autore napoletano doc. Rivieccio esprime la sua napoletanità come uno stato d’animo, che genera tanti sorrisi e qualche amarezza. Nel libro si parla della più grande virtù partenopea: la pazienza, che diventa il segreto del matrimonio felice tra Napoli e i napoletani.

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Art Cafè

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Completamente ristrutturato e con un nuovo look ancora più coinvolgente, l’Art Cafè accoglie ogni settimana ospiti d’eccezione, eventi, spettacoli e soprattutto un pubblico desideroso di un po’ di sano divertimento. Da tempo la discoteca è il riferimento principale dell’infrasettimanale capitolino, in particolare l’appuntamento del venerdì targato Zerogradi che, con un successo crescente e una serata sempre ricca di sorprese, fa ballare i clubber più esigenti. In consolle i dj Graziano Della Nebbia, Umile Nicoletti e Melanie.

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Locale assolutamente innovativo, il Babel dà forma alla nuova realtà ideale dell’intrattenimento. Di recente nella discoteca si è svolta una grande serata che ha visto protagonista un dj d’eccezione: Double Dee, il quale grazie alla sua ampia cultura musicale è riuscito a creare un sound travolgente, capace di avvicinarsi ad un pubblico più ampio e non solo di nicchia. Questo mix ha fatto scatenare in danze sfrenate i numerosi ospiti del Babel, per un avvenimento unico e indimenticabile!

Babel

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Il giovedì è da anni un appuntamento fisso nell’agenda del popolo della notte, che le sonorità musicali e un pizzico di internazionalità rendono unica. La Maison è molto di più che una semplice discoteca: è un mondo a parte, un’atmosfera particolare, un modo di divertirsi elegante e contemporaneo. Situata alle spalle di Piazza Navona, in un vicoletto caratteristico, a vederla da fuori dà l’aria di un tipico locale parigino. Forse, anche per questo, è considerata da sempre uno dei luoghi di ritrovo più amati dai giovani romani e non solo…

Maison

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Shari Vari

Continua il divertimento in uno dei locali più alla moda del centro storico. Il nome deriva da “sharing” e “variety”, che nasce dall’omonima canzone Sharivari, e rappresenta un nuovo modo di fare festa. Ambiente decisamente unico nel suo genere, con la sua playhouse completamente al servizio del cliente. All’interno è un po’ un labirinto, un saliscendi di salette, ma è proprio questo che la rende particolare, con luci soffuse e arredamenti eleganti, dallo stile minimale a quello più classico. La discoteca è frequentata da tantissimi stranieri che decidono di vivere la movida capitolina.

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Gilda

Solange, il sensitivo piĂš stravagante ed estroso che si conosca, ha scelto per festeggiare il suo sessantesimo compleanno il Gilda, il salotto mondano dei migliori eventi capitolini. Dopo la degustazione del buffet, Solange ha offerto ai sui ospiti uno strepitoso spettacolo di vario genere, fra musica, sfilate e danze, insieme alla grande suspense per lo show di Manolo “the Pythonâ€? con i suoi due pitoni, che ha reso unica la serata, presentata da Floriana Secondi. Presenti numerosi vip, tra i quali Cristel Carrisi insieme con il regista Angelo Antonucci, Tony Santagata, Alfio Consoli.

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La Cabala

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La serata infrasettimanale del giovedì, detta “Cabala life”, che da due anni anima Roma come nel migliore dei week end, è organizzata dall’accoppiata vincente trAmp e Zerogradi. In occasione della festa della donna, lo scorso mese, trAmp s.r.l. ha dato il via ad un’iniziativa di beneficenza, sensibilizzando il suo pubblico ad una raccolta di abiti usati destinati a due ex orfanotrofi romani. Sarà possibile portare i propri vestiti durante tutte le serate organizzate da trAmp, rendendo così felici tanti bambini meno fortunati.

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Si è conclusa in questo mese la stagione invernale del leggendario Piper Club, con la serata dal tema “Piper anni ’90, l’originale”. Grazie alla regia degli Hd Avangard Younight è stata una notte intensa in cui si è avuta realmente l’impressione di fare un tuffo nel passato, quando tutto era diverso. Infatti si sono ripercorsi quegli anni fantastici nei quali ci si incontrava in piazzetta con gli amici, per poi fare il giro strategico da un punto all’altro di Roma, in cerca di feste e divertimento. La serata è stata animata dalle note della guest star dj Gigi Dag.

Piper

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Spazio 900 L’esclusiva discoteca situata in zona Eur, per celebrare il suo quinto anno dall’apertura, ha scelto Max Strike che, in collaborazione con Cicle Music, ha avuto l’onore di gestire uno spazio completamente privilegiato dietro la consolle. La serata dal titolo “Stiamo diventando grandi” si è svolta nel migliore dei modi, all’insegna di ottima musica, eleganti privè e tanta bella gente con cui festeggiare. Ospite speciale del party è stato il dj, produttore e remixer Dennis Ferrer.

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Room 26

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Si conferma l’appuntamento consueto del giovedì al Goa. Locale dalle mille facce, promotore instancabile di tendenze, novità e cultura musicale. Sempre pronto da anni a regalarci momenti unici, come la serata del 22 marzo, nella quale il club ha ospitato Red Shape. Una delle figure più enigmatiche della techno. Nascosto dietro una maschera rossa è pronto a sostenere la tesi che per far parlare la musica non serve una bocca o un viso ma solo un paio di casse. Ad accompagnarlo durante la serata il padrone di casa e garanzia assoluta, Giancarlino.

Goa

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Teatro Centrale Carlsberg è uno dei locali più interessanti della movida romana, anche per la sua suggestiva location: sorge, infatti, all’interno della bellissima cornice del Teatro Centrale, nel cuore della Capitale. “Happiness Sunday” è il concept organizzato da Nightlife Roma, Avec Moi Style e Industrie Sonore con eventi speciali che richiamano ogni settimana la storia di una grande città europea e mondiale. Aperitivo, musica live e discoteca accompagnano la serata della domenica, trasformandola in un entusiasmante spettacolo difficile da dimenticare.

Teatro Centrale

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