For Roma eur maggio 2012

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For Roma

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SOMMARIO

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Il tour 2012 delle Donnavventura si conclude nelle favolose isole Maldive

2 / Rubrica di Luiss Life 3 / Marco Pomarici Più autonomia per Roma Capitale 4 / L’uomo del mese Jay C Lohmann 5 / La donna del mese Carolina Crescentini

Tutti i segreti di

Chiara Conti

58 / Come una star Valentina Lodovini: la rivincita del colore 59 / Cara Marina di Marina Ripa di Meana 60 / Cinema

6 / La foto

74 / Consigli & Sconsigli di Dina D'Isa

8 / Cover Vogliamo conoscerci meglio?

76 / Intervista To Lina with love

16 / Reportage Chiamale se vuoi… emozioni

80 / Una lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

30 / Provocazioni Telebestiario

81 / FOR ROMA EUR

36 / Rotazioni

82 / Question time - Il territorio Eur, le ultime dal quartiere

40 / Intervista La fidanzatina di Montalbano 44 / Cose di moda Tutti al mare

FLEMING PRESS EDITORE

56 / Double feature

84 / Polo museale Per viaggiare tra le stelle 86 / Verde Il giardino delle meraviglie

Maggio 2012

Da pagina 81 For Roma Eur

90 / Approfondimento Addio Luneur? 93 / Chick-post Scene di ordinaria follia… in libreria 94 / Pittura Scoprendo la Cina 98 / Storia Le donne di Roma 102 / In forma con Jill Cooper 104 / L’angolo del benessere Il fumo è nemico della bellezza 105 / Moda & Sport La capitale del golf 106 / Incontri A lezione da Anna Strasberg 107 / Roma peoples & stars & events


For magazine RUBRICA di Luiss Life

“POP CULTURE” EUROPEA L’aggettivo “pop” viene accostato al termine “cultura” in due occasioni: quando si tratta propriamente della “pop culture”, per intenderci quella nata e sviluppatasi nel Secondo Dopoguerra per opera dei mass media, o quando si tratta di “cultura popolare” nel senso di “cultura aperta al popolo”, generalmente accessibile, multidirezionale. Il primo tipo rappresenta, perlomeno secondo la concezione dei cultural studies, una pratica di rielaborazione attiva e creativa da parte delle fasce non elitarie di cittadini della cultura in generale, resa possibile dal favoloso trampolino di lancio della Tv e della radio. Da essa discendono poi le “pop art”, ovvero le “arti popolari” che trovano il proprio ossigeno nella valorizzazione degli elementi metropolitani. Il secondo tipo di “pop culture”, quella di cui invece voglio scrivere, è “popolare” non in quanto massificatrice, omogeneizzante, metropolitana o contemporanea. È “pop” semplicemente in quanto economicamente accessibile a tutti coloro i quali ne sono incuriositi. Non ha avuto e non ha alcuna connotazione geografica d’origine: è presente solitamente laddove la cultura e l’accesso ad essa viene considerato, da parte degli stati, delle società e dei cittadini, un fattore imprescindibile, quasi ovvio, dell’esistenza umana. La cultura è rivolta a tutti, e tutti possono permettersela poiché è ovvio che sia così. Mi si perdoni la tautologia, ma questo nobile genere di filosofia alberga solo in quelle nazioni letteralmente sommerse dalla propria cultura passata, presente e futura, qualunque essa sia: letteratura, arte, architettura, scultura, storiografia, filosofia, musica, fotografia, moda. La fruizione di qualsiasi tipo di cultura convenzionale (non mi riferisco infatti ad alcune presunte forme di cultura contemporanee che rappresentano perlopiù degli stili o delle tendenze) è necessaria, indispensabile, legittima. “[…]Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”: i popoli, cui nessuna pagina scritta, interpretazione teatrale o intermezzo musicale sono preclusi, sono intimamente convinti, inconsciamente legati, indissolubilmente ancorati al concetto espresso da questi versi della Divina Commedia di Dante Alighieri: gli uomini hanno diritto alla conoscenza della cultura, seppure “alta” o cosiddetta “d’élite”, a prescindere dal proprio conto in banca. Ma a tale innata filosofia i cittadini sono abituati fin dalla nascita da “Stati mecenati” e da numerose associazioni, sensibili all’importanza della cultura, delle tradizioni elitarie, della sapienza e della ricchezza spirituale e formazione identitaria che queste possono offrire alla popolazione. Bisogna incoraggiare quest’ultima, quindi, ad accarezzarla e ammaestrarla come essi fanno con la politica, con gli sport e con gli hobby. Librerie zeppe di volumi a buon mercato (nei prezzi, non nei contenuti), disposti su improbabili bancarelle, invogliano i passanti casuali a toccarli, sfogliarli, comprarli. Posti a sedere in teatri che hanno anni addietro ospitato il gotha degli artisti: musicisti, ballerini, tenori, soprani e direttori d’orchestra dei tempi che furono impregnano questi ambienti della loro mistica aura, aperti allo studente fuori sede in cambio di pochi euro per renderlo partecipe di quelle arti divine che un tempo erano appannaggio dei soli signori in smoking e monocolo. Oppure collezioni private, o di proprietà statale, rac-

colte in sontuosi edifici visionabili spesso gratuitamente da sguardi curiosi e inesperti, ma affamati. E poi i libri: tanti, tantissimi in giro per le città, sulle panchine nei parchi, ai tavolini dei caffè, sui muretti dei lungofiumi o quelli dei lungomari, sui treni, nelle metro, sui pullman sfiorati da mani gentili di persone che li apprezzano, li amano, li adottano. I libri, in città del genere, diventano i soli veri amici delle persone, le loro ombre, i loro rituali interiori. La polvere delle loro pagine ingiallite al pari della patina morbida e profumata delle nuove edizioni è musica per le dita, è ardore umano, è come toccare la storia. Le melodie melanconiche echeggiano tra le mura grigie e gli scorci fumosi, invogliano a fermarsi, ad ascoltare, a cercare sguardi nostalgici intorno a noi. Ci piacciono, quelle musiche ancestrali, desideriamo possederle per richiamare quella bella tristezza ogniqualvolta lo desideriamo: con una moneta questo è possibile. Possiamo riempire la nostra vita di cultura e di arte con pochi spiccioli e tanta passione per l’essenza umana. Il mondo è pieno zeppo di metropoli, calamite per visitatori, lavoratori ma peggio ancora per ambizioni: sono poche, pochissime invece quelle città ancora “umane”, dove il passato rivive in ogni pagina sfogliata o in ogni stampa esposta in vetrina. Solo in Europa questo è ancora possibile.

See you Giovanni Pignatiello giovipigna@gmail.com

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Parola a Marco Pomarici Presidente Assemblea Capitolina

PIÙ AUTONOMIA PER ROMA CAPITALE Care amiche, cari amici, tratterò un argomento di cui avete sicuramente sentito tanto parlare, ma che per me, in veste di Presidente dell’Assemblea Capitolina e cittadino romano, ha un’importanza cruciale: l’approvazione da parte della Commissione bicamerale per l’attuazione al federalismo del secondo decreto attuativo per Roma Capitale. Il provvedimento è del 6 aprile scorso, ed ha portato a compimento la riforma istituzionale che garantisce più poteri e maggiore autonomia alla Capitale. Il lavoro di riforma che ha condotto a questo risultato risale al 2009, e cioè alla pubblicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”. La suddetta legge si occupa di Roma all’articolo 24 in cui si definiscono i nuovi e rafforzati poteri di Roma in materia di beni artistici e ambientali, sviluppo economico e sociale, sviluppo urbano e pianificazione territoriale, edilizia pubblica e privata, mobilità e protezione civile. Nell’estate del 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato la delibera preliminare sul primo decreto legislativo per Roma Capitale, il mese dopo in Consiglio Comunale abbiamo approvato all’unanimità l’ordine del giorno n. 81, con il quale il Consiglio Comunale è divenuto Assemblea Capitolina. Il decreto in questione prevede la presenza del sindaco alle sedute del Consiglio dei Ministri che discutono questioni importanti su Roma Capitale e la procedura d’urgenza per l’Assemblea Capitolina quando il dibattito verte su provvedimenti decisivi per Roma. Tornando al secondo decreto attuativo, quello di cui si parla in questi ultimi giorni, il testo era già stato approvato in prima lettura dal governo il 21 novembre 2011; è di questi giorni, invece, il via libera della Commissione

bicamerale per il federalismo fiscale e il sigillo del Consiglio dei Ministri al testo, unitamente ai pareri della Regione Lazio, della Provincia di Roma, di Roma Capitale e della Conferenza unificata Stato-Regioni. A livello economico la maggiore novità consiste nel fatto che Roma potrà determinare i costi connessi al ruolo di capitale della Repubblica separatamente dal Patto di Stabilità, avendo così a disposizione più risorse da destinare agli investimenti per la città. I costi legati allo svolgimento di manifestazioni, cortei e spese di rappresentanza saranno esattamente quantificati da un organismo denominato “Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale”, e anche questi oneri potranno essere detratti dalla manovra di bilancio del Campidoglio. I due punti sopra sono molto importanti perché, qualora non fosse così, le spese di gestione per tutti i ruoli istituzionali ed internazionali che la città deve essere pronta ad affrontare graverebbero sulle tasche dei cittadini romani e non dello Stato nella sua interezza. Grazie a un rapporto diretto col Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), inoltre, gli interventi infrastrutturali per la Capitale potranno essere realizzati con una procedura abbreviata. Più autonomia anche nella gestione delle imposte, con la possibilità di introdurre addizionali sui diritti aeroportuali e contributi di soggiorno, utili a finanziare investimenti e nuovi lavori pubblici per migliorare la vita dei cittadini romani e dei tanti turisti che vengono a visitare Roma. Alla luce di ciò la nostra città finalmente possiede gli strumenti per una gestione degna di una capitale. Questi strumenti sono importanti, ma non bisogna mai abbassare la guardia nel loro utilizzo, perché più autonomia deve tradursi in maggior senso di responsabilità da parte degli amministratori.

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UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Jay C Lohmann È un grande artista e le sue performance fanno impazzire i fan. Ospite della boutique Moreschi, a Roma, Jay C Lohmann si è esibito in diretta scrivendo versi su uova di struzzo: scrittura “ fragile”, ma incisiva da parte di questo newyorchese che ha classe da vendere. Bello, dai penetranti occhi azzurri, si veste con un gusto del tutto personale, mischiando il classico e il casual: jeans e papillon, giacca da smoking e mocassini in camoscio. Veramente un bel vedere.

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DONNA DEL MESE

Carolina Crescentini In occasione della conferenza stampa per la presentazione della serie Tv Mai per amore, l’attrice Carolina Crescentini ha indossato un abito in seta color arancio con cintura in vita e drappeggio davanti, abbinato ad un paio di décolleté animalier. Carolina è sempre molto elegante ed è una delle poche attrici giovani italiane con un viso vissuto che sa trasmettere emozioni. La sua classe è innata: anche quando si presenta in jeans e scarpe da tennis il suo stile è inconfondibile.

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LA FOTO di Sara Donati

Sesso a tre, sex toys, pornografia, scambismo, feticismo e bondage, esibizionismo: con Elena Di Cioccio a La Mala EducaXXXion (in onda sul La7D) si parla di tutto questo. E altro. «Chi ci guarda impara a far meglio l’amore», proclama la conduttrice. Perché non crederle?

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cover di Marco Gastoldi Foto di Bruno Oliviero

Vogliamo

Chiara Conti (38 anni) debutta in Tv negli anni ’90 con Non è la Rai, mentre nel 1995 vince il concorso Bellissima. 8 For Magazine


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conoscerci meglio? Da Non è la Rai a Hollywood con Michelle Pfeiffer. Ma Chiara Conti non si è più fermata e tra poco la vedremo nella fiction Tv RIS Roma-Delitti imperfetti. Ama l’arte, i fiori, il canotaggio e le immersioni. In questo momento è divisa tra l’amore per il violino e quello per…

Eran trecento, eran giovani e forti e sono… diventate (quasi) tutte famose. Stiamo parlando delle ragazze di Non è la Rai, trasmissione cult degli anni Novanta, inventata da Gianni Boncompagni. Una per tutte (in fondo era un po’ la star del programma) Ambra Angiolini. Ma anche Chiara Conti, di lei vogliamo parlarvi, ne ha fatta di strada. Sentiamola. Ha iniziato con Gianni Boncompagni a Non è la Rai… «È stato un esordio Tv molto divertente. Eravamo circa trecento ragazze: alcune di noi prendevano già tutto sul serio. Io, invece, giocavo e scherzavo. Ero anche molto imbarazzata, poi mi sono resa conto che proprio la partecipazione a Non è la Rai mi ha portato a tutto ciò che ho realizzato oggi. Mi sono successe tante cose divertenti: in una delle interviste con Gianni Boncompagni fatte durante la trasmissione dissi che mi piacevano i cappelli. Il giorno dopo mi invitarono a controllare la posta. Non sapevo nemmeno che esistesse una posta personale e, quando andai a vedere, scoprii che i fan mi avevano inviato ben trecento cappelli!». Nel 1995 ha vinto il concorso Bellissima: un trampolino di lancio? «A quell’età non avevo ancora doti particolari e così il lavoro nella moda mi era sembrato il più semplice da ottenere. Sfilavo a Firenze, città nella quale sono nata, e vincendo il concorso mi sono guadagnata un contratto con una grande agenzia di Milano. Questo mi ha permesso di intraprendere la carriera teatrale. Mi notarono in L’assassinio di Marat, per la regia di Pietro Bartolini, e fui chiamata per un provino di una produzione americana. Fui presa e nel 1999 recitai nel film in Sogno di una notte di mezza estate. Inizialmente per me era prevista solamente una battuta! In seguito, Michelle Pfeiffer fu costretta ad abbandonare il set e le riprese e fu lei stessa ad indicarmi e scegliermi come “doppio”: a 9 For Magazine


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recitare ero io, ma attraverso l’uso del computer avevo il suo volto. Così mi ritrovai a lavorare con tutto il cast e ho il ricordo di un’esperienza bellissima. Oggi, riguardandolo, vedo in alcune scene che Michelle Pfeiffer… ha le mie mani. Solo in seguito ho iniziato a studiare seriamente teatro e recitazione a Milano, anche se non ho mai finito la scuola. Fui chiamata per uno spot in Tunisia e lì mi innamorai di un ragazzo francese. Lasciai tutto e andai a vivere a Parigi dove rimasi tre anni». Il suo periodo da innamorata nella capitale francese l’avrà riempita di emozioni e ricordi. «Sì, porto ancora nel cuore un luogo: il quartiere “Le Marais”. Ma il ricordo più emozionante resta quando, di domenica, andavamo agli spettacoli in piazza a Place des Vosges. Io e il mio fidanzato ballavamo il tango per divertimento, così un giorno abbiamo deciso di buttarci anche noi. Abbiamo preso un angolo per esibirci: da quel momento l’abbiamo fatto tutte le settimane! Abbiamo conosciuto persone che arrivavano da tutta Europa, si era creata una grande famiglia “circense”. Durante la settimana io lavoravo in un bar di giorno, lui la sera. Iniziammo a litigare sempre più spesso finché a 21 anni sono scappata e non sono più tornata. Oggi lui fa ciò che sognava di fare, il cantante e io ho realizzato il mio sogno di attrice; ma spero sempre di poter comprare una casa in quella piazza». Adesso abita a Roma: ci racconta una sua giornata tipo? «Vivo a Roma ormai da dieci anni. Quando lavoro mi sveglio verso le 5: faccio una doccia veloce e indosso i vestiti che ho già preparato la sera prima, così posso dormire fino all’ultimo minuto! Dopo il caffè… con il mio barboncino, inizio a lavorare: mi diverto moltissimo, amo il mio lavoro che considero bellissimo. La sera preferisco mangiare fuori, ma se sono troppo stanca resto a casa oppure vado al ristorante proprio qui sotto. Prima di dormire leggo un po’». Che generi e che autori preferisce? «In questo momento adoro Jonathan Carroll, che ho scoperto casualmente in libreria perché mi piaceva la copertina di un suo libro. Adoro le sue storie. Ultimamente ho letto anche il romanzo 1Q84 dello scrittore giapponese Haruki Murakami. Credo che questo libro sia una grande opera: il titolo significa “1984” e la vicenda è ambientata in un mondo alternativo. Adoro viaggiare con la mente in altre e lontane realtà». Sul grande schermo la Conti è apparsa anche in due film di Franco Battiato: Musikanten (2005) e Niente è come sembra (2007). 10 For Magazine


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Al cinema partecipa, tra gli altri, ai film Faccia di Picasso di Massimo Ceccherini, L’ora di religione di Marco Bellocchio e H2Odio di Alex Infascelli. 11 For Magazine


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Chiara ha vissuto per un lungo periodo a Parigi con l’ex compagno. Ancora oggi il suo sogno è quello di acquistare una casa a Place des Vosges.

Torniamo al tempo libero: che cosa le piace fare nelle giornate in cui hai qualche momento per sé? «Sono stata a Marrakech e in aereo ho conosciuto un’istruttrice di canottaggio. Ho cominciato a vogare e stranamente mi piace! Ho fatto anche delle gare e, visto che più in generale amo l’acqua, mi sono dedicata anche alle immersioni. Amo anche andare al cinema e stamattina sono capitata per caso a una mostra di fiori a cui non avrei mai pensato di andare. Sono stata due ore ad ammirarli e ho fatto tantissime foto con il telefono. La mia preferita è stata la “Rosa Piccolo Principe”, meravigliosa e gigantesca, quasi antica, che ho fotografato in tutti i modi. Quando posso mi dedico anche allo shopping compulsivo. Se vedo una cosa che mi piace la vorrei comprare di tutti i colori, scarpe in particolare: poi, a fine mese, con i reso-

conti arrivano certe mazzate! Credo anche che le grandi catene come Zara ed H&M abbiano una moda perfetta a prezzi accessibili, che poi si può abbinare a delle scarpe più importanti o a un gioiello. Certo, adoro Dior, Alberta Ferretti e Louis Vuitton, ma se devo pensare a qualcosa da mettere tutti giorni, allora Zara è perfetta. Amo anche l’arte e la pittura. Grazie a mia mamma a casa mia c’è tutto ciò che è arte. Il mio sogno è recitare in un film dedicato alla scultrice Camille Claudel, amante di Rodin, anche se è già stato fatto. La mia passione per lei, personaggio meraviglioso, è nata quando ero giovane, dopo la lettura di un libro intitolato Una donna chiamata Camille Claudel, che ho letto, riletto e fatto diventare il mio portafortuna in occasione del provino con il regista Marco Bellocchio per L’ora di religione».

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Non posso ancora dire di essere innamorata, ma era da tempo che non provavo un’emozione

Tra le fiction Tv a cui prende parte spiccano i buoni successi d’ascolto di Butta la luna, Il capitano 2, Le ragazze di San Frediano, Distretto di polizia 11. 13 For Magazine


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Penso che la curiosità sia la cosa più bella per mantenersi giovani

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Tra le passioni più grandi dell’attrice figurano la pittura, la lettura, la musica e… lo shopping compulsivo.

Prossimamente la troveremo nei nuovi episodi della serie RIS Roma-Delitti imperfetti. «Sì, sarò un comandante della territoriale al di sopra dei RIS che si innamorerà di uno di loro. Partecipo alle indagini su un caso con loro e poi entro anch’io all’interno della storia. Presto scoprirete tutto». Sappiamo che da poco ha scoperto un’altra passione... «Sono molto curiosa, penso che la curiosità sia la cosa più bella per mantenersi giovane. Vorrei imparare a fare tutto. Infatti mi sono messa in testa di imparare a suonare il violino, ma mi è stato detto che sono troppo grande. Ho insistito e ora sto cercando di fare anche questo: provo a fare tutto».

Parliamo d’amore. È felice in questo momento? «Sto provando un’emozione. Non posso ancora dire di essere innamorata, ma era da tanto tempo che non riuscivo nemmeno a provare un’emozione. La verità è che sto troppo bene da sola e mi ci ero abituata! Più cresci, più ci fai l’abitudine e anche ora ho bisogno ogni tanto di una stanza dove stare da sola. Se sei innamorata è possibile raggiungere un equilibrio, ma sono stata sola per sei anni. Al momento, però, non sto male nemmeno in compagnia. Intanto continuo con il mio lavoro, sono ancora troppo egocentrica per smettere di fare l’attrice, ma ho scritto qualcosa con un gruppo di attori e registi che vorremmo realizzare. Mi piace la regia. Sono appena andata a Parigi alla ricerca di un testo, un monologo bellissimo, che sto traducendo per provare a portarlo qui. Vedremo…».

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REPORTAGE di Michela Garosi

Chiamale se vuoi… Sempre isole da sogno con Donnavventura: stavolta vi portiamo alle Maldive, dove si conclude il viaggio di queste splendide ragazze. Leggete il diario della nostra inviata speciale, ma, solo per i nostri lettori, è in arrivo un’altra grande sorpresa…

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emozioni

Le pittoresche water villas bianche, abitazioni sospese sull’acqua ad Athuruga, nell’atollo di Ari, situato nel sud delle Maldive.

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La veterana Donnavventura Barbara, che è tornata in questa spedizione dopo il Grand Raid del Brasile nel 2008.

A gran sorpresa, il capo spedizione annuncia ad Alice e Stefania che l’avventura continua verso una nuova ed assolutamente inaspettata meta: dopo aver trascorso diverse settimane fra lussi estremi negli Emirati Arabi Uniti si parte per le Maldive! Ma le novità non finiscono qui. Una volta atterrate a Malé, Stefania ed Alice devono rimanere in aeroporto per aspettare… Barbara e Chiara. La prima era stata protagonista del Grand Raid del Brasile ed ora è pronta per altri strepitosi panorami, la seconda invece ha partecipato alla prima parte del Grand Raid alla scoperta dell’Oceano Indiano. La città di Malé non tradisce la sua apparenza vivace e movimentata, nelle viuzze dalle case colorate sfrecciano motorini e biciclette. È la capitale della Repubblica delle Maldive, una delle più piccole al mondo ma, al contempo, una delle più densamente popolate con i suoi 120.000 abitanti, concentrati su una superficie di circa due chilometri quadrati ed è impressionante il numero di auto, ciclomotori e motocarri che ogni giorno circolano sull’isola. La parte più caratteristica è certamente il porto, con un continuo via vai di barche, specie al mattino, che portano in città il pescato. Si va al mercato e si vedono i pesci esposti in meticoloso ordine di razza e di grandezza, compre-

so un bel pesce spada e un’infinita quantità di frutta tropicale. Quello che il team sta scoprendo oggi è certamente uno degli aspetti meno conosciuti delle Maldive, che non sono solo atolli da sogno con lussuosi resort, ma anche città e villaggi in cui vivono gli abitanti originari di questi territori. Secondo giorno, destinazione: aeroporto internazionale di Gan, nell’atollo di Addu, la parte più meridionale delle Maldive, nonché l’atollo più popolato del sud, appena al di sotto dell’Equatore. Le isole meridionali sono particolarmente verdi e lussureggianti. La fitta vegetazione è attraversata da una stretta pista in terra battuta che porta a piccole spiagge frequentate dai locali, per lo più pescatori. Anche i villaggi sono molto semplici. Di sicuro le Maldive che popolano l’immaginario collettivo sono ben diverse da queste. Dopo aver visitato l’isola in lungo e in largo, le Donnavventura salgono su una piccola imbarcazione per navigare all’interno dell’atollo, che ha una romantica forma a cuore. Il giorno seguente si abbandona la parte meno conosciuta per andare in quei luoghi così sognati ed ambiti dai viaggiatori di tutto il mondo. Si arriva a Moofushi. Il posto è davvero paradisiaco ed è impossibile resistere alla tentazione di fare un bagno: ac-

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Il team delle Donnavventura in un mercato di Malé, la capitale delle Maldive, situata nell’atollo omonimo.

qua limpida, sabbia bianca, fondale basso, un autentico sogno! Anche l’isola è molto bella, con una vegetazione che abbraccia le basse strutture del resort, che si mimetizzano perfettamente con l’ambiente circostante. Il team decide di circumnavigare l’isola per avere una visione d’insieme e, al tramonto, con il sole che ne delinea i contorni, lo spettacolo offerto da quest’isola si fa davvero mozzafiato. Cala la sera e, dopo un acquazzone notturno, la mattina seguente il cielo si è rischiarato e il sole ha cominciato a splendere nuovamente. Il gruppo si appresta ad uscire in barca per fare snorkeling nella vicina barriera corallina. Un tripudio di coralli e colori, pesci grandi e piccoli che nuotano solitari o in banchi, e addirittura una meravigliosa tartaruga marina. La seconda sessione di snorkeling è ugualmente ricca, niente tartarughe, ma tantissimi anemoni abitati da pesci pagliaccio, i “Nemo” del film a cartoni animati. La giornata dopo comincia sotto i migliori auspici, una bella colazione vista mare e una sessione di yoga. Poi si riparte. Ad attendere le Donnavventura c’è un veloce motoscafo che sta per portarle in un’altra delle oasi dell’atollo di Ari, quella di Halaveli, con un mare, se possibile, ancor più splendido. Infatti le aspettative non vengono tradite, la spiaggia Le banane rosse, tipico frutto tropicale che si trova nei mercati di Malé

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Scorcio di una spiaggia a Moofushi, nell’atollo di Ari Sud.

Visione sul mare dalla finestra di una camera a Moofushi.

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Un tuffo in acqua di una Donnavventura per una sessione di snorkeling.

Spettacolare esemplare di tartaruga marina nelle acque di Moofushi.

Razze e squaletti pinna nera che si spingono fino alla riva.

Un esemplare di pesce pagliaccio nuota in una barriera di anemoni marini.

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23 For Magazine Panorama dell’isola Halaveli: palme, spiagge bianche e acqua trasparente.


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Il resort di Athuruga, costituito da una parte di bungalow sulla terraferma e da una parte di water villas in acqua.

è lunga e bianca e l’acqua trasparente. Un altro angolo di paradiso da scoprire. Poi è la volta di Athuruga, anch’essa parte integrante dell’atollo di Ari, uno dei più famosi per i suoi abitanti, nonché uno dei più estesi. Il resort è costituito da una parte di bungalow e strutture poste sulla terra ferma, ed da una parte di water villas, interamente dipinte di bianco, sospese sull’acqua. Qui si notano le sagome di alcune razze che si spingono fino al pelo dell’acqua e poi ci sono gli squali, piccoli esemplari pinna nera, del tutto innocui per l’uomo. Anche loro battono le coste cacciando piccoli pesci argentei che si muovono in banchi. La luce rossa del tramonto ammanta ogni cosa delle sue tinte calde, e si conclude così un’altra giornata delle Donnavventura. Svegliarsi ogni mattina con lo spettacolo di un mare cristallino e una spiaggia bianca non è certo da tutti. Il team dedica la

mattinata alle immersioni, andando a caccia di pesci pagliaccio, pappagallo, balestra, farfalla, chirurgo, napoleone e perché no, piccoli e innocui squali. La tappa di domani sarà l’isola di Thudufushi, sempre nell’atollo di Ari. Lungo il tragitto è prevista un’uscita di snorkeling in un punto particolarmente ricco della barriera corallina: si avvista una tartaruga e non mancano coralli colorati, murene, pesci pagliaccio. Il vero obiettivo però era il più grande fra i pesci, lo squalo balena, ma purtroppo oggi non è giornata! La navigazione continua fino all’isola di Thudufushi, riconoscibile anche questa per via delle bianche water villas, ed è qui che si incontrano appassionati del programma che chiedono di fare un po’ di foto con le ragazze. Appena quei cinque minuti di pausa da celebrità e poi si torna subito al lavoro. E da ultimo Vakarufalhi, col suo meraviglioso resort. A disposizione delle ragazze c’è una water villa pazzesca da utilizza-

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re come campo base. Per fare il bagno basta semplicemente scendere una scaletta. Il pomeriggio è dedicato alla scoperta dei fondali dell’isola. Ma anche alle Maldive, ogni tanto, piove e il team ne approfitta per lavorare ai computer e sistemare i vari file che dovranno essere in ordine per il rientro in Italia. Finalmente il gran giorno è arrivato, il team ha dovuto aspettare quattro mesi prima di potersi immergere in mare con le bombole, ma finalmente ci siamo! C’era stata quella pazzesca esperienza nell’acquario di Dubai, ma in mare aperto è la prima volta per questa spedizione. Tutto fila liscio, anche quando si avvista uno squalo pinna bianca. Nonostante in superficie il tempo sia pessimo, sottacqua tutto appare imperturbabile e si scorgono anche alcune murene. Trascorsa un’ora circa, il gruppo di sub risale in superficie e… sorpresa! Non c’è nessuna barca a recuperarlo! Si rimane tranquillamente a galleggiare tra le onde, che

nel frattempo si sono ingrossate, in attesa di essere avvistati. L’attesa sembra non finire più. Ma finalmente, dopo una quindicina di minuti, ecco arrivare il motoscafo. Meno male! Arriva infine l’ultimo giorno: le Donnavventura salutano quest’arcipelago sorvolandolo per l’ultima volta; sfumature di azzurro e di bianco si confondono in uno scenario da sogno. La spedizione 2012 è proprio finita. Un viaggio lungo, articolato, dalle mille sfaccettature. Si è iniziato dal Madagascar fra tante difficoltà, tre mesi fa, e sembra già trascorso un secolo, e ora si è già sulla via di casa con un bagaglio carico di ricordi di questo bel viaggio. Ma la mia avventura con voi, cari lettori, non finisce qui. Sul prossimo numero vi racconterò ancora qualcosa di me e dei miei viaggi.

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Un’immagine affascinante di Athuruga all’alba.

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Una delle ragazze del team che scruta le water villas nell’orizzonte maldiviano.

Esempio di spiaggia paradisiaca delle Maldive con le caratteristiche acque cristalline.

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Un idrovolante in fase di atterraggio sullo sfondo di un suggestivo tramonto.

Il gruppo Donnavventura in un resort sull’isola di Vakarufalhi.

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TELEBESTIARIO Terry Schiavo, conduttrice, attrice, cantante e giornalista, ha scritto un libro che già dal titolo (Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io!) promette di far discutere. Ma, per fortuna, fa anche divertire, tra direttori un po’ maniaci, onorevoli fifoni, star di ieri e di oggi

Terry Schiavo, classe 1970, segno zodiacale Ariete, ascendente Sagittario, nasce a Milano dove vive in compagnia di due magnifici gattoni: “i suoi bambini pelosi”. Ha navigato nelle tempestose acque della televisione italiana tra gli anni Novanta e i primi del 2000, con qualche arrembaggio nella musica pop, nel cinema, nella fiction e nella sit-com. Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io! (SBC Edizioni, euro 15,00) è il suo primo libro. «Ma non l’ultimo», minaccia…

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Ph: A. Fiumara - Art director: Giorgio Angioni - Stylist: Cristina Razzi - Gioielli: Cristina Razzi

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Terry Schiavo al suo compleanno (festeggiato in collaborazione con MB Management&Entertainment al Just Cavalli di Milano) con la regina dei casting, Gianna Tani, e con la gigantografia della cover di Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io!.

Dal curriculum di Terry Schiavo: «A 16 anni posa per il suo primo servizio fotografico. Seguono spot televisivi e nel 1991 l’ingresso nel magico mondo della Tv, Piacere Raiuno, trasmissione itinerante che approda nei più prestigiosi teatri d’Italia. In questo programma Terry, è una Gigia, balla e canta». Per chi non ha una certa età e non è un telemaniaco, ecco la definizione di Gigia, estratta dalla personalissima Treccani della

Tv (da non confondere con l’Enciclopedia della televisione dell’esimio e inarrivabile professor Aldo Grasso): “Chiamasi Gigie le ragazze cantanti e ballerine di Gigi Sabani, da non confondersi con le acerrime rivali, le Tate, le ragazze di Toto Cutugno che si esibivano nella stessa edizione di Piacere Raiuno”. Ma già in quei primi anni di carriera Terry aveva capito tutto. In un’intervista scovata in un segretissimo (e

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Il libro di Terry Schiavo (sottotitolo: “Considerazioni semiserie di una showgirl”) è lo spaccato del carrozzone dello showbiz visto e vissuto in chiave ironica, da dietro le quinte, con i suoi personaggi, i suoi scandali, scandaletti, amori e amorazzi. 33 For Magazine


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Terry Schiavo

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quasi inaccessibile) archivio, diceva (siamo nel 1995 e lei gira l’Italia con Valerio Merola per le selezioni di Bravissima): «Bisogna avere solo fiducia in se stessi e non nelle persone che ti promettono mari e monti. C’è ancora tanto inganno: ragazze, tenete gli occhi ben aperti!». Questo prologo (lungo?) per farvi capire che chi scrive, oltre a conoscere bene lo scrittore portoghese Pessoa e i suoi eponimi (e divertirsi anche con gli pseudonimi), conosce bene anche Terry e la sua carriera. E che un minimo di presentazione ci voleva per una show girl-giornalista che scrive un libro dal divertente e provocatorio titolo Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io!. Se poi il libro viene dedicato «A Colei che, quel giorno, entrando in palestra con la sua Birkin, mi folgorò ispirandomi nella stesura di questo mio memoriale. Grazie a Nicole Minetti, la mia Musa ispiratrice…», allora forse vale proprio la pena di leggerlo. Così, pagina dopo pagina, scorrono quasi vent’anni di televisione italiana e di Berlusconi: «Quel che è certo è che io, Berlusconi, l’ho sempre visto da lontano. E, comunque, il Presidente non ha inventato niente: il Bunga Bunga nello spettacolo è vecchio come lo spettacolo stesso», scrive Terry. Ma non aspettatevi polemiche, rivelazioni sconvolgenti, confessioni pruriginose. No, la disincantata “showgirl in età da pensione” (così si autodefinisce nella seconda riga del libro) racconta persone e personaggi della Tv, amori (i suoi), trasmissioni, incontri più o meno fortunati. Compreso lo scandalo che precedette di diversi anni Vallettopoli, quello che vide coinvolto e arrestato Gigi


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Tanti i personaggi che incontrerete nel libro: il super manager di un importante ente pubblico dalle tante amanti, il politico Speedy Gonzales a letto, il direttore di rete (non quello con la D maiuscola), l’adorato Marco Columbro e molti altri, noti e meno noti. L’uomo dei desideri? Silvio naturalmente…

Sabani (poi scarcerato e scagionato da qualsiasi accusa). Nella galleria di Terry via via sfilano Lele Mora, quando era potentissimo, direttori di rete, onorevoli, teledivi e teledive. Tanti innamoramenti, ma un solo grande amore: Marco Columbro (quando era il re del piccolo schermo). E poi il sogno erotico… Silvio Berlusconi! Che non vi sveliamo. Così comprate il libro. Terry oggi è “sospesa tra reality e realtà. Con qualche ruga in più, divisa tra gossip, Bunga Bunga e verità”. Ha detto no a Uomini e donne ed è felicemente (almeno così giura) single. Deve recuperare un tot di soldi (come parecchi altri giornalisti, purtroppo) dall’ultimo editore per cui ha scritto di spettacolo, ma sta preparando un disco, ha da poco festeggiato in

discoteca e con i fotografi (le care, vecchie abitudini, per fortuna non si perdono mai!) il suo compleanno e, credeteci, non molla. D’altra parte, come potrete leggere nel riscontro di copertina di Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io!, «la sua filosofia di vita è quella della “bionda dentro”: una serenità tutta buddista che è preferibile non offuscare (oltre allo yoga pratica la kick boxing… ed è meglio non farla arrabbiare) e un distacco dai beni materiali che solo ed esclusivamente Hermès e qualche altra griffe riuscirebbe a mettere seriamente in crisi».

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“La Casa dei Demoni” è l’appartamento in cui visse l’attrice Eleonora Duse: decadente e bellissima quasi quanto il dannunziano “Vittoriale”, è ora la residenza di Oliviero Leti, organizzatore di eventi che vi ospita cene per clienti, ma anche per amici. Si chiama così perché ci sono oggetti che raffigurano demoni, proprio come a Notre Dame. Di recente, nella casa si è tenuta una cena in onore del mitico Nick Mason, storico batterista dei Pink Floyd: a festeggiarlo Fabio e Candela Novembre, lo chef Davide Oldani, Umberta Gussalli Beretta, Paolo Kessisoglu, Paola Manfrin e Nino Tronchetti Provera. Riso al tartufo e champagne. Mise en place impeccabile e atmosfera rilassatissima. Nick Mason con Umberta Gussalli Beretta.

ROTAZIONI

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di Ivan Rota

Numerosi personaggi del jet set hanno presenziato alla festa in occasione del lancio del nuovo profumo “Signorina” di Salvatore Ferragamo, tenutasi nella residenza privata del regista Julian Schnabel, a Palazzo Chupi a New York. Una serata impareggiabile per eleganza, bellezza e divertimento. Tra gli ospiti figuravano le attrici Emma Roberts (nipote di Julia), AnnaSophia Robb, Kate Mara, Piper Perabo, le modelle Bianca Balti (volto della fragranza), Theodora e Alexandra Richards (figlie del celebre Keith, chitarrista dei Rolling Stones), Stella Schnabel (figlia del padrone di casa), e poi ancora Rachel ChandlerGuinness, Lauren Remington Platt, Jessica Hart, Eugenia Silva, la principessa Elisabeth Von Thurn and Taxis. • Dispetti vari tra reduci de L’isola dei famosi. Valeria Marini ha dato delle potenti vitamine americane a Cristiano Malgioglio, malatissimo: solo che erano scadute da un anno. L’avrà fatto apposta? Arianna David, ex Miss Italia, invece, dice che durante un servizio fotografico Rossano Rubicondi le avrebbe toccato il sedere. La David non è nuova a certe affermazioni… Da sinistra, Rachel Chandler, Alexandra Richards, Bianca Balti, Lauren Remington Platt, Theodora Richards.

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Gli “infestati” è un’espressione colorita per indicare tutte quelle persone che vanno pazze per le feste. Partiamo dai “camp”: reduce dall’ultimo party molto trasversale, dai Bertinotti a Floriana Secondi del Grande Fratello, per i venticinque anni di attività del ristò romano Camponeschi e dalla festa astrologica a Palazzo Ferrajoli, la marchesa Dani del Secco d’Aragona è la nuova icona delle notti romane. La nobildonna si crede forse la principessa Sissi, anche perché si veste come lei e al suo fianco c’è sempre l’ambasciatore d’Austria Cristian Berlakovits, oltre alla figlia, la marchesina Ludovica. Al pari della mitica Cayetana, duchessa d’Alba, la Dani ha una schiera di fan, come lei amanti dell’apparire. Da Milano risponde la bionda e molto appariscente contessa Francesca Lovatelli Caetani, sulle orme dell’antesignana Pinina Garavaglia, anche lei contessa: titoli nobiliari come se piovesse. Passiamo alla categoria “evergreen”: non tramontano mai Marta Marzotto, il principe Carlo Giovannelli, Massimo Gargia, Paolo Pazzaglia e, all’estero, Joan Collins, Ivana Trump, George Hilton. Ci sono poi le “it girl” o “party girl”: tra le prime, in testa, Bianca Brandolini d’Adda, Margherita Missoni e Amber Le Bon; invece regine delle seconde sono Kate Moss, Paris Hilton, Kim Kardashian, Fergie e Tamara Ecclestone, mentre in Italia possiamo al massimo contare su reduci da reality, da Nina Moric a Aida Yespica. Categorie un po’ in disarmo, secondo Vogue America, alla ricerca disperata di nuove icone: la rivista ne ha trovata una d’eccezione in Marta Ferri. In forte ascesa invece, al posto della vecchia “intelligenthia”, c’è la “infestighentia”, ovvero i personaggi dell’imprenditoria, della cultura e del design che non si perdono un evento, celato dietro a un paravento artistico: da Nicolò Cardi a Maria Sole Brivio Sforza, con il marito Max Maggi, e Carlo Mazzoni, da Tatiana Santo Domingo a Micol Sabbadini, da Paola Maugeri a Elisa Sednaoui, ma anche chef, ormai star, come Carlo Cracco. Ci sono poi i “sinceri”, cioè persone che non nascondono il loro piacere nell’essere fotografati e pubblicati come Arturo Artom e Laura Morino Teso: tanto di cappello rispetto ai “bugiardi” che negano di voler apparire, ma poi rosicano se non vedono le loro foto sui giornali. E qui la lista sarebbe troppo lunga… Infine ci sono le “vittime” degli “infestati”, ossia mariti, mogli, compagni di vita che non ne possono più di seguirli alle feste: Candela Novembre, ad esempio, spesso si “spegne” per la stanchezza.

Da sinistra Andrea Stella, Edoardo Sylos Labini, Massimiliano Zanin, Luna Berlusconi, Giorgio Pasotti.

Un cocktail, un po’ di musica e il teatro è fatto! Ecco la serata di “Disco Teatro” in quel di Vicenza. Edoardo Sylos Labini e Massimiliano Zanin hanno portato in scena lo spettacolo Uno sbagliato. Tra drink e la consolle del dj Antonello Aprea la serata originale e innovativa ha visto uniti il monologo di Sylos Labini e il dj set del club Victory. Un evento creato dalla Think’o Film, società cinematografica veneta, e dal regista Massimiliano Zanin, che sta girando un lungometraggio su vita e opere di Tinto Brass. Alla serata sono intervenuti il volto di X-Factor Matteo Becucci, l’attore Giorgio Pasotti e l’imprenditrice Luna Berlusconi, moglie di Edoardo Sylos Labini (e figlia di Paolo). Una serata alternativa dedicata a “Spirito di Stella”, l’associazione creata dall’imprenditore disabile Andrea Stella, che, partita dalla realizzazione del primo catamarano privo di barriere architettoniche, si impegna in progetti integrati che consentono ai portatori di handicap di vivere meglio. • Al ristorante Giannino ospiti internazionali: Lorenzo Tonetti, pochi giorni fa, ha apparecchiato nientemeno che per Jean Dujardin, recente premio Oscar come migliore attore per The Artist, che è stato simpatico con tutti: non solo lui, ma anche Douglas Brian Irvin jr., star del serial Tv CSI Miami. Cena luculliana e poi musica con dj set coinvolgente. Dujardin invitava tutti a ballare al grido «Everybody come 37 For Magazine

here!». Alla serata da star erano presenti anche Gabriella Dompè e l’ex presidente del Marsiglia Calcio Jean-Claude Dassier. • Presentazione della nuova forchetta da sushi: si chiama “Dac” e grazie a un elastico permette anche a chi non sa usare le bacchette di assaporare qualsiasi cibo alla maniera orientale. Da Shiki, in via Solferini, sushi, sashimi, spiedini e tempura per i numerosi ospiti accorsi: tra questi Johathan Kashanian, Selvaggia Lucarelli, Daniela Javarone.

Incredibile la poca cultura della principessa Charlene di Monaco: ad una serata benefica, allo Sporting Club di Montecarlo, riceve gli ospiti all’entrata. Quando arriva il regista di culto Pedro Almodóvar, la regale consorte di Alberto II saluta e poi gli chiede: «Ma lei che lavoro fa?». • Non si capisce se Cesare Cremonini sia felice, oppure no, di non avere una liaison. In ogni caso, dice: «Sono ancora più single di un gay dell’Heaven di Londra, il venerdì sera!». E gli altri giorni della settimana?


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Grande successo per la serata a sostegno della Fondazione Doppia Difesa, la Onlus di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, che ha omaggiato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi con un aperitivo calcistico-musicale, in occasione della partita di Champions League MilanBarcellona, nella bellissima location dello Spazio 90, dove amici e testimonial hanno festeggiato insieme i risultati raggiunti nella lotta a ogni forma di discriminazione, abuso e violenza. A promuovere la Fondazione anche volti noti come Malika Ayane, i Fichi d’India, Annalisa Minetti, Elio Fiorucci, Rudy Zerbi, Giorgia Palmas, Leonardo Manera, Antonio Ricci, Max Laudadio, Federica Nargi, Costanza Caracciolo e tantissimi altri. La serata è proseguita con una cena a numero chiuso, solo su invito, con spettacolo e asta benefica a sostegno delle attività di accoglienza, assistenza, consulenza legale e psicologica portate avanti da Doppia Difesa, che ha ricordato i suoi progetti sociali 2011/2012.

Rudy Zerbi, Annalisa Minetti, Michelle Hunziker, Malika Ayane.

Michelle Hunziker con il fidanzato Tomaso Trussardi.

In attesa della bella stagione, due star glamour del calibro di Simona Ventura e Sarah Jessica Parker sono state paparazzate in “winter look” nelle ultime giornate di freddo. Cappotto bianco lunghissimo e borsone in pelle per Super Simo a passeggio per le strade di Milano; mise del lunedì mattina metropolitano per la bella interprete di Sex and the City con giubbino, jeans, stivali country e tanto di berretto di lana in testa. •

Simona Ventura

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Sarah Jessica Parker


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In occasione della cena per l’inaugurazione della mostra di pittura Sant’Anna - L’ultimo capolavoro di Leonardo da Vinci, tenutasi al Museo del Louvre a Parigi, molte star erano presenti in total look Salvatore Ferragamo: una serata all’insegna della cultura e del

Hilary Swank

Carole Bouquet

glamour in una location incredibile, davvero una festa per gli occhi e per la mente. Regina della serata la mitica Carole Bouquet. Ammiratissime dagli uomini le bellissime attrici Hilary Swank e Virginie Ledoyen. 39 For Magazine


For magazine INTERVISTA di Silvestro Bellobono

ŠMauro Panci

La fidanzatina di

Katia Greco (26 anni) debutta in Tv nel 2008 nel film prodotto dalla Rai Noi due, diretto dal regista Massimo Coglitore. 40 For Magazine


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Montalbano Katia Greco si è fatta conoscere dal grande pubblico interpretando Mery, il primo amore del commissario più famoso d’Italia, nel recente prequel nato dalla penna di Camilleri. La giovane attrice siciliana ci confida le sue sensazioni, i suoi progetti e… la sua abilità in cucina Si descrive come una ragazza semplice e passionale, ma allo stesso tempo pratica e determinata. Proprio come il suo personaggio nella seguitissima fiction di Raiuno Il giovane Montalbano con Michele Riondino, una sorta di prequel, voluto dallo scrittore Andrea Camilleri, delle avventure del commissario siciliano già portato sul piccolo schermo da Luca Zingaretti. Ma Katia Greco ha tanto altro da raccontarci. Cominciamo dalla fine: ci parli della sua recente esperienza sul set de Il giovane Montalbano. Quali insegnamenti ha tratto da questo lavoro? «È stata una bellissima esperienza che mi ha arricchito come attrice e mi ha permesso di interpretare, per la prima volta in Tv, un ruolo da protagonista. Mi sentivo addosso molte responsabilità, che mi sono servite come strumento per crescere sia artisticamente che umanamente». È stato emozionante per lei, messinese doc, girare una fiction così popolare nella sua Sicilia? «Per me si è trattato di un bel regalo far parte di questo progetto, lavorando nella mia terra e, nonostante ciò, scoprendo luoghi che non conoscevo. Poi, poter recitare con le inflessioni della mia lingua mi ha reso ancora più felice». Ha trovato difficile calarsi nei panni di Mery, la prima fidanzata del giovane commissario? «Devo confessare che mi sono sentita molto vicina a Mery. Anche per questo non ho avuto grosse difficoltà ad interpretare questo ruolo. Anche io sono passionale, decisa, amante della buona tavola e come lei credo nei valori della famiglia e dell’amore». 41 For Magazine


©Mauro Panci

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Ha preso parte a numerose fiction Tv, tra le quali Il capo dei capi (2007), R.I.S. 4 (2008), Distretto di Polizia 9 (2009).

Come è stato il rapporto con il protagonista Michele Riondino? «Con Michele ho trovato una bella intesa sul set. Lui è un grande professionista. Non mi ha mai fatto sentire a disagio, riuscivamo a comunicare e a scambiarci pareri sulla scena e sulle battute da dire». Nel suo curriculum figurano diverse partecipazioni a sceneggiati Tv incentrati sul crimine e sulle forze dell’ordine che lo combattono: lei crede che il genere poliziesco sia il preferito dal pubblico italiano? «Io non penso ci sia un genere preferito, magari le produzioni investono maggiormente in questo tipo di seriali perché negli ultimi anni hanno avuto ottimi successi. La struttura del poliziesco è comunque un’arma sempre vincente. Tuttavia, c’è da dire che anche le miniserie di natura religiosa o le biografie di personaggi noti hanno degli ascolti molto alti».

Secondo lei le fiction nostrane subiscono l’influenza di quelle prodotte negli Stati Uniti? «Forse qualcuno si ispira e tenta di avvicinarsi ai format americani, ma sappiamo benissimo che lì la macchina produttiva e i budget sono di altra natura. Nei serial statunitensi c’è una grande attenzione in tutti i reparti, dalla fotografia al montaggio, dalla sceneggiatura alla scelta di attori e registi». Tra le sue passioni c’è anche l’ambito teatrale: se dovesse scegliere tra Tv e teatro cosa preferirebbe? «Se devo essere sincera davanti alla macchina da presa mi trovo più a mio agio, anche perché ho avuto un numero maggiore di esperienze sul set. Però credo che il teatro sia la vera scuola che ti forma, infatti, appena ci sono le occasioni, faccio il possibile per ritornare a calcare il palcoscenico. Sentire l’energia diretta del pubblico è qualcosa di inspiegabile. A tal proposito voglio sottolineare che fino al 27 maggio sarò in scena al Teatro San

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Babila di Milano con una divertentissima commedia intitolata Ti sposo ma non troppo, di e con Gabriele Pignotta». Nel suo mirino c’è anche il cinema? «Non vedo l’ora di lavorare per un bel progetto cinematografico e spero che arrivi presto. Mi piacerebbe moltissimo collaborare con autori del calibro di Tornatore, Salvatores, Bertolucci, Muccino, ma anche con registi meno famosi e ugualmente di talento». Si ritiene una persona ambiziosa? «Sì, lo sono molto. Preferisco puntare in alto e dare il massimo in ogni cosa in cui mi cimento. Se poi non dovessi riuscire a raggiungere uno dei miei obiettivi, posso sempre dire a me stessa di aver fatto tutto il possibile e di averci comunque provato». Qual è il suo rapporto con la celebrità? «Ad essere sincera non sono alla ricerca della notorietà, anzi, un po’ mi spaventa. Ho paura di non poter vivere tranquillamente la mia vita privata, anche se so benissimo che essere un personaggio pubblico significa sacrificare un po’ la propria privacy. Se la fama dovesse arrivare la accoglierei e cercherei di viverla nel modo più sereno possibile». Fa vita mondana quando è lontana dal set? «Preferisco evitare la mondanità, non la amo particolarmente. Mi rendo conto che per il mio lavoro le pubbliche relazioni sono molto importanti e ho trovato un compromesso facendo delle selezioni. Se mi rendo conto che ci sono degli eventi fondamentali a cui non posso mancare, mi armo di voglia e ci vado». Come se la cava tra i fornelli? «Devo ammettere che sono molto brava e ho tanti testimoni che possono confermarlo. Mi piace moltissimo cucinare, ma soprattutto mangiare!». Quali caratteristiche deve avere il suo partner ideale? «Quelle del mio compagno con cui sto da nove anni. Lui è molto dolce, mi comprende, mi sa ascoltare e, soprattutto, è molto generoso d’animo. Io sono un’inguaribile romantica e non riuscirei a stare con un uomo che si risparmia nei sentimenti».

C’è una cosa importante a cui ha dovuto rinunciare a causa del suo lavoro? «I dolci siciliani, perché mi sono dovuta trasferire a Roma».

©Mauro Panci

Qual è l’elemento principale per far funzionare una relazione di coppia? «L’amore è un elemento indispensabile, ma non basta. Ci deve essere molta complicità, occorre condividere degli interessi comuni e poi credo che il dialogo sia importantissimo. Bisogna anche rispettare l’altro e capire quando è il momento di non invadere i suoi spazi. Con il passare del tempo l’amore e la passione si trasformano ed è necessario che ci siano tutti gli elementi di cui ho parlato per poter far funzionare una vita a due».

La Greco è laureata in Scienze Biologiche. Nel 2006 si trasferisce a Roma dove studia dizione, recitazione e partecipa a laboratori di teatro e cinema.

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For magazine COSE DI MODA di Marco Gastoldi

Tutti al mare Con la bella stagione ormai alle porte le nuove collezioni estive degli stilisti più famosi sono un trionfo di colori accesi, motivi floreali, design allegro. Costumi da bagno, tenute da spiaggia e accessori – per lei e per lui – donano comfort e praticità senza rinunciare all’eleganza CUSTO BARCELONA

Stampe digitali a tutto colore sono le protagoniste delle opere d’arte contemporanea realizzate da Custo Barcelona per la stagione estiva. Una collezione dove gli stessi motivi e mood si possono ritrovare nel guardaroba sia femminile sia maschile: dal look casual contemporaneo in seta e lino al sintetico grigio, beige e blu, fino agli effetti olografici metallici combinati con texture sbiadite. Ispirati al caleidoscopio, ecco che i capi principali diventano i costumi da bagno e le giacche in diverse tonalità cromatiche del rosso corallo, turchese, beige e verde acido. Micro-pezzi realizzati con materiali diversi sono stati assemblati per creare un universo geometrico, ispirato allo strumento che attraverso specchi e vetri crea infinite strutture simmetriche. Ed ancora, shorts, top e costumi realizzati in lino combinato con nylon, rayon acetato e applicazioni manuali hanno reso le texture lucide oro, argento e rame straordinariamente percepibili in tre dimensioni.

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MARC BY MARC JACOBS Una delle contemporary line di maggior successo, diventata un cult metropolitano, è la linea Marc by Marc Jacobs, dallo stile innovativo, essenziale ma sempre elegante. Giovane e pratica, la collezione per la prossima estate risulta semplice nelle linee e raffinata nell’uso acceso dei colori. Arancio, cobalto, lavanda e navy sono le tinte dominanti di abiti-camicia, comodi pantaloni e top, accostati a minigonne da abbinare a sandali platform, sneakers hip-hop e borse da shopping. Interessante ed effervescente anche il corredo swimwear: costumi da bagno interi dalle tinte accese abbinati a borse da spiaggia o micro-pochette a righe coloratissime per la donna più audace ed estroversa; giacche e camicie a mezza manica dal taglio casual-chic abbinati a pantalocini sopra al ginocchio per l’uomo che sceglie la sobrietà delle forme e la luce delle fantasie fiorite e tartan dalle tinte più accese.

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D&G DOLCE&GABBANA Un mix sensuale e multietnico quello scelto dagli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana per celebrare l’addio della linea giovane D&G, che dalla prossima stagione invernale sarà assorbita dalla prima linea Dolce&Gabbana. Tutta la collezione ruota intorno alla fantasia foulard, intesa come accessorio o semplicemente stampa, che si trasforma in abito, giacca e caftano. Frutta, farfalle, verdura e stemmi dalle forme asimmetriche e oversize si alternano a nodi, drappeggi e balze che rendono top e shorts giovani, frizzanti e freschi. Sandali con zeppa e seta da allacciare alla caviglia e infradito flat diventano, insieme alle micro-pochette e ai cappelli in paglia e raffia, i veri must di stagione da sfoggiare nelle più calde giornate dell’estate vacanziera. Seta e chiffon sono i veri protagonisti di un trionfo di colori che varia dal rosa intenso all’azzurro mare, dal verde bottiglia al blu elettrico e notte, dal rosso mattone al giallo limone.

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MISSONI Amante della vita e del divertimento mondano, vitale ed energica zingara della prossima estate, la donna di Angela Missoni mostra fluidità e asimmetria attraverso balze e frange che rimarcano il carattere “gipsy” dell’intera collezione. Totale libertà di mix e sovrapposizioni di diversi strati che vanno dall’abbigliamento più pesante fino alla maglia più leggera e trasparente da indossare come copri-costume abbinato a gonne over da portare su pantaloni delle stesse tonalità. Una moda interpretata con spontaneità e naturalezza dai colori evergreen abbinati alla fantasie in pizzo, seta, georgette, tulle e chiffon. Un vero e proprio patchwork di stampe amaranto, corallo, petrolio e smeraldo per tinteggiare anche il più semplice costume intero, impreziosito e complicato da balze e da strati di tessuto in eccesso. Grande importanza conferita all’accessorio: sandali in pelle con enormi fiori di plastica e tacchi di plexiglass variopinti, ventagli e occhiali da sole con montature in metallo, sciarpe e scialli con frange da abbinare a borse circolari in maglia.

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DSQUARED2 La collezione primavera/estate firmata dagli stilisti Dean e Dan ci racconta un grande viaggio attraverso l’Europa: dai Paesi nordici fino alla calda Grecia, dall’elegante Firenze fino alla Londra alternativa. Ed è proprio una volta approdato nella festaiola Mykonos che l’uomo Dsquared si perde nella mondanità fino a notte fonda. L’esplosione di vita e colore si inserisce nei costumi da bagno e nei teli mare: dall’arancione al giallo, dal lilla al blu fino ad arrivare al verde e al bianco. Tutto è rigorosamente tinta unita, ma grazie agli accostamenti di diversi colori la briosità traspare da ogni singolo look che trova nel color blocking l’arma vincente per esprimere la luminosità di ogni figura. Ed ecco che ritorna in passerella anche il sandalo flip flop, accessorio irrinunciabile per la sua comodità e praticità, da abbinare al già coloratissimo corredo mare. Decisamente più sobri gli occhiali da sole, che regalano all’uomo vivace un tocco di classe dall’incredibile sapore vintage.

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LIBERTINE “Tax the rich more” è lo slogan stampato nero su bianco su una t-shirt firmata Libertine per l’attuale stagione estiva. Un messaggio dal contenuto esplicito che contraddistingue capi e accessori rivestiti di attualità e contemporaneità, che non rinunciano ad essere confortevoli e funzionali per ogni occasione. Cerchi, griglie, moduli, strisce e fiori si ripetono incessantemente stampati su ogni pantalone, calza, bermuda, maglia o impermeabile realizzato in pelle, cotone o fresco lana, disegnando una collazione totalmente in bianco e nero dalle ispirazioni provenienti dall’universo della design-grafica. Perfino i costumi da bagno risentono degli straordinari motivi dell’intero black&white: righe e cerchi donano il giusto e temperato equilibrio fra rigore, design e umorismo. Ai piedi troviamo invece mocassini stampati dalla suola in gomma che, insieme alle shopper in tela, completano il casual look proposto come swimwear per l’uomo rapper o rocker.

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moncler

Un’estate sportiva ed effervescente quella prevista da Moncler Gamme Bleu: il newyorkese stilista Thom Browne prende ispirazione dall’universo sportivo per la prossima calda stagione. Il mondo della scherma e del tennis risultano in primo piano, ma non mancano vela, equitazione e nuoto per la felicità dell’uomo che vuole essere alla moda anche durante l’allenamento o la gara. Pantaloni, tute, gilet e giubbetti diventano candidamente corazzati e imbottiti dove si riversano righe orizzontali, come anche sulla moltitudine di costumi da bagno proposti per il tempo libero della bella stagione. Lana cerata e nylon hanno reso tutto ciò possibile nelle varianti cromatiche del bianco, grigio, rosso, nero e argento. Impossibile resistere al fascino dell’uomo sportivo che sceglie attentamente anche l’accessorio giusto in perfetta linea con lo stile agonistico: dalle fasce di spugna alle lunghe calze fino ai mocassini neri e navy e ai calzini più corti che arrivano alla caviglia.

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gherardini

di Ivan Rota

Liz Hurley

NANCY GONZALEZ

Margherita Missoni e Marco Maccapani.

Debutto con stile di Gherardini durante il Salone del Mobile. Lorenzo Braccialini, direttore marketing e comunicazione del Gruppo Braccialini, e Damiano Biella, direttore creativo di Gherardini, hanno presentato, con un evento esclusivo presso la boutique milanese, la nuova linea Gherardini Home. Le bellissime signore della Milano bene si sono date appuntamento presso la show room di via della Spiga: dalla principessa Scilla Ruffo di Calabria, nipote della regina del Belgio, che portava al braccio il modello must have di Gherardini, l’ammiratissima “Lisa Bag”, alla splendida Margherita Maccapani Missoni, accompagnata dal padre Marco Maccapani, fino alle due giovanissime Virginia Orsi e Beatrice Camerana. Senza dimenticare, tra gli altri, Beppe Angiolini, presidente della Camera italiana dei buyer, che accompagnava Pupi Solari, signora milanese dello stile da oltre quarant’anni. Presso la style room allestita nella vetrina dello store sono stati presentati sia i mobili sia i complementi d’arredo, nati dalla collaborazione con Formitalia Luxury Group, che produrrà in licenza l’arredamento personalizzato della maison, declinando in chiave living i suoi tratti distintivi.

Liz Hurley, l’attrice inglese che interpreta il personaggio di Diana Payne, indossa una creazione Nancy Gonzalez durante l’ultimo episodio del Gossip Girl, il serial Tv diventato un vero e proprio cult in tutto il mondo. La star ha scelto una bag della collezione Fall-Winter 2011 in coccodrillo nelle tonalità del grigio, il prezioso materiale lavorato che è anche la firma di Nancy Gonzalez. La qualità, l’esclusività, l’autenticità e l’eternità sono i segni distintivi del vero lusso. Questi, insieme al rigore e alla composizione, sono i concetti sostanziali del brand. La designer colombiana, creatrice di moda e tendenze, adegua materiali rari e unici a colori audaci per accessori must have che completano il lifestyle di ogni donna che ama il lusso. Le creazioni Nancy Gonzalez sono sempre trend setting, seppur ispirate ad elementi classici. «La natura è la mia miglior complice e la fonte d’ispirazione è sicuramente la vita», ha detto. «Cerco sempre di spingermi oltre i limiti di ciò che può essere realizzato con preziose pelli». La linea è venduta in oltre quattrocento rinomati store in tutto il mondo, tra cui Harrod’s a Londra, Aizel a Mosca, Quartier 206 a Berlino, Boon Shop a Seoul, On Pedder a Giacarta, Singapore e Pechino, 10 Corso Como a Milano, Lane Crawford a Pechino, Joyce a Hong Kong e Shanghai, Holt Renfrew in Canada, 57 Montaigne Market a Parigi, insieme a Bergdorf Goodman, Neiman Marcus e Saks Fifth Avenue.

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Il divano "Dark Lady"

BLUMARINE Eleganza, ricchezza e preziosità sono le caratteristiche predominanti delle nuove proposte Blumarine Home Collection 2012, presentate durante il Salone del Mobile, in una location d’eccezione creata ad hoc per l’evento, in via Manzoni a Milano. Per i nuovi elementi di arredo si sono volute mantenere linee pulite e classiche, coniugate a materiali innovativi e moderni, il tutto in perfetto stile Blumarine. Fiore all’occhiello di queste proposte sono le stampe tipiche e distintive della maison, con particolare attenzione ai motivi floreali, declinati in diverse varianti di colore e accostati a fantasie animalier. Una collezione completa che spazia dai letti ai divani, dalle poltrone ai tavoli, dalle sedie ai complementi d’arredo, che si distingue per la versatilità degli elementi che possono essere utilizzati trasversalmente in più ambienti. Per soddisfare le esigenze più preziose, le nuove proposte si arricchiscono anche di dettagli unici creati con strass, borchie e pizzi, sottolineando l’esclusività di ogni singolo pezzo. Di particolare attenzione il divano “Dark Lady”, rivisitazione in chiave moderna del romanticismo Blumarine: la ricchezza del velluto viola si abbina alla raffinatezza del lino ed acquista

un sapore intramontabile grazie all’uso del capitonné. Segni distintivi di questi nuovi elementi sono l’artigianalità e l’attenzione al dettaglio rigorosamente Made in Italy. Da poco il brand Blumarine è sbarcato a Kiev con il primo negozio monomarca. La nuova boutique, situata all’interno del prestigioso Mandarin Plaza Shopping Center, rispecchia il concept di tutte le boutique della maison nel mondo. L’interno si sviluppa su un unico piano, per uno spazio espositivo di 130 metri quadrati, ampliato dalle grandi e luminose vetrine. Il progetto, che ha come tema centrale la luce abbinata al concetto di femminilità, utilizza marmo bianco per i pavimenti e appenderie in acciaio lucido, pannelli con finitura madreperla grigia e specchi sfaccettati che rimandano alla forma del diamante. Raffinati dettagli in cristallo rosa si snodano accanto agli elementi espositivi, mentre l’illuminazione, ottenuta con Led di ultima generazione, valorizza la cromia dell’ambiente creando brillanti e preziosi effetti di luce. Il nuovo spazio Blumarine va ad aggiungersi alla boutique monomarca Blugirl già esistente all’interno del Mandarin Plaza Shopping Center, rafforzando così la presenza di Blufin nella capitale ucraina.

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double feature di Ivan Rota

Lontani i tempi di Titanic, l’attrice Kate Winslet dice che, quando sente la canzone colonna sonora del film cantata da Céline Dion, le viene da vomitare. Morbida nelle forme, la diva, durante la cerimonia dei 37esimi César Film Awards, ha indossato un bell’abito paillettato, ma con una scollatura traditrice che ha mostrato un décolleté non proprio da Oscar. Kate dovrebbe affidarsi a stylist più esperti.

La star americana Jessica Alba è stata paparazzata per strada a Los Angeles, con indosso un paio di ballerine in suede effetto “arcobaleno”: sin qui tutto bene. Per il resto, ci risiamo: l’attrice, tra le più sexy del mondo, in questa circostanza è parecchio sciatta e provinciale. E i fuseaux rosa sono inguardabili! 56 For Magazine


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Filippa Lagerback, con Fabio Fazio a Che tempo che fa, è una persona deliziosa, gentilissima con tutti e il suo stile riflette sempre il suo animo. Strenua paladina del “green” e della natura, Filippa, in occasione di una sfilata Blumarine, si è presentata in un look molto semplice ed elegante: sembrava un’amica, una vicina di casa che ci vuole tanto bene.

Ecco, sempre durante l’evento Blumarine, una Martina Colombari in gran forma, con tanto di spolverino e abitino “allegro”. Molto rigore, sobria e solare allo stesso tempo, l’attrice, regina delle fiction, si concede solo un vezzoso dettaglio animalier nella borsa. E questo non guasta! A quando un ritorno in Tv? 57 For Magazine


For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori

VALENTINA LODOVINI: LA RIVINCITA DEL COLORE

Attrice intelligente e posata, la bella protagonista di Benvenuti al Sud e sequel lancia l’outfit dell’estate 2012, in cui dominano i contrasti cromatici tra l’abito e il trucco Valentina Lodovini ha sempre scelto i suoi ruoli con perizia e lungimiranza. Affascinante nel senso più rinascimentale del termine, si è tenuta sapientemente lontana dai gossip e dai paparazzi, così come dai social network e dagli avvenimenti mondani. Della sua vita privata, infatti, si sa pochissimo, ma parlano per lei le sue encomiabili prove di attrice, che le hanno fatto conquistare meritatamente un posto tra gli astri nascenti del cinema italiano. Una donna, sobria, quasi d’altri tempi, dunque, ma non immune dal fascino irresistibile della moda contemporanea. Eccola, dunque, in una mise squisitamente estiva, rigorosamente sgargiante, come vuole il trend del momento. La splendida perugina valorizza le sue forme generose con un abito in seta scivolata fucsia, con un taglio a stile impero che lascia libero dalle costrizioni il punto vita. La mostrina sul petto è decorata da raffinati ricami ton sur ton, mentre le spalline sono morbide, realizzate tramite delicate sovrapposizioni di tessuto. La lunghezza del vestito è elegante, adatta alla tipologia di abito: lascia, infatti, scoperte le ginocchia, adornandole con due deliziose doppie ruches sul fondo. I sandali sono in coccodrillo fucsia, a listelli larghi, con tacco altissimo e le unghie sono dipinte di un rosso acceso, in netto contrasto con l’abito, come vuole la moda di questa primavera/estate 2012. Essenziali, quasi assenti, gli accessori: bracciali rigidi in oro e bronzo al braccio destro, al termine del quale pende una borsa di media grandezza in pelle ruvida di colore blu notte, con manici e tracolla. Veramente di forte e gradevole impatto sia l’acconciatura che il make up: a dare un tono sensuale e, al contempo, mediterraneo all’outfit, il caschetto lungo di Valentina è ravvivato da morbidi boccoli, mentre il trucco è decisamente strong, in contrapposizione con l’aria romantica del suo look. Lo sguardo è sottolineato da un kajal nero nella rima inferiore, mentre, nella palpebra superiore, troviamo un ombretto grigio scuro a dare risalto agli occhi nocciola dell’attrice. Le sopracciglia sono scolpite e scurissime. Il rossetto è lucido e acceso, fucsia come il vestito, in antitesi con la sua carnagione eterea. Il blush, color pesca, è dosato con parsimonia sugli zigomi alti. Un outfit, quindi, replicabile con semplicità e disinvoltura, che richiede pochissimi, basilari, elementi, ma che risulta di grande effetto, specie per un’occasione estiva, all’aperto, come per la giovane attrice, che l’ha sfoggiato all’inaugurazione di una elegante boutique. Non sono, dunque, solo il teatro ed il cinema le passioni della diva umbra, ma anche la moda e le sue più attuali declinazioni. Perché impegnate e riservate lo si può essere, ma grazie a un bell’abito lo si è con maggior stile.

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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, sono una ragazza di Terni e faccio un corso di specializzazione a Roma. Giorni fa, come mi accade speso, ho preso il treno per andare a Roma e ho incontrato un uomo sui quaranta. Era un settentrionale e, dopo qualche minuto che parlavamo, ha cominciato a insultare i romani con il linguaggio tipicamente leghista. Io li ho difesi e allora se l’è presa anche con gli umbri, pure loro un po’ troppo meridionali. Veramente insopportabile. Alla fine l’ho mandato a quel paese. Forse sono stata eccessiva? Forse dovevo essere più rispettosa delle sue opinioni?

Cara Marina, faccio il badante e non sono un extracomunitario, ma un italiano doc. Mi impegno moltissimo, ma il mio lavoro non è protetto, anche perché c’è la concorrenza delle donne straniere che prendono meno soldi pur di essere assunte. Ogni tanto vado ai sindacati, ma nessuno mi ascolta: sono tutti presi da altri argomenti, tipo i patti per lo sviluppo o la crisi del tessile, ma di me non si occupa nessuno. Inoltre, sono anche deriso perché faccio un lavoro da donna.

Francesca, Terni

Carissimo Carlo, capisco le tue preoccupazioni, sono purtroppo quelle di molti italiani che si ritrovano, anche con fiori di diplomi e lauree, a dover affrontare lavori precari. Quanto ai sindacati che non danno retta, stendiamo un velo pietoso! Non sono d’accordo, però, sulla tua insicurezza nel fare il badante perché uomo. Fai un lavoro nobile che aiuta persone in difficoltà, quindi devi esserne fiero. Reagisci, magari scegli di accudire qualche vecchietta simpatica. Dai il meglio di te, presentandoti sempre in ordine e con il sorriso sulle labbra. E chissà che non ci scappi un matrimonio o qualcos’altro. Potrà sembrarti una favola troppo bella, eppure è successo. Nella vita essere ottimisti paga. Ciao, Marina

Cara Francesca, le è andata bene perché non siete arrivati alle mani. Finché ci si insulta… c’è vita! Far recedere il prossimo dai propri pregiudizi è un’impresa disperata. Quando poi il portatore di pregiudizio ha raggiunto i quarant’anni è anche inutile. I guasti maggiori li avrà già prodotti. Saluti e auguri, Marina

Carlo, Perugia

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

Seafood Un pesce fuor d’acqua Il coraggioso mini-squalo Pup deve salvare le uova dei suoi “fratelli” rubate dai bracconieri. La missione prevede di avventurarsi fuori dall’acqua nel mondo umano, accompagnato dall’amico Julius. Divertimento assicurato con messaggio ecologista

L’idea del film prende spunto dalla volontà dello squalo Julius di cercare sulla terraferma cibo diverso. Negli Usa la pellicola ha ricevuto un “PG” (visione consentita ai minori con la presenza di un adulto) per situazioni di paura, azione e linguaggio leggero.

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Il regista Aun Hoe Goh ha studiato animazione in Giappone. Tornato in Malesia, ha lavorato come animatore 3D per aziende di postproduzione. Negli anni successivi è diventato un pioniere dell’animazione asiatica, prima di fondare nel 1999 lo studio Silver Ant. Seafood è la sua prima pellicola di animazione.

Perseveranza e tenacia sono le qualità alla base di Seafood, il cui progetto nasce nella mente del regista Aun Hoe Goh nel lontano 2000, quando le pellicole di animazione digitale a Hollywood erano già una solida fonte di successo. Goh sognava di portare anche nella sua Malesia il cinema d’intrattenimento realizzato con la computer graphic, ma sin dal principio aveva capito che la difficoltà maggiore non sarebbe stata la tecnologia, bensì trovare degli investitori interessati, e quindi i fondi necessari. Lo spunto iniziale, privo di una vera sceneggiatura, era la storia di uno squalo che, annoiato del suo cibo sottomarino, si sposta sulla terraferma per provare il sapore del pollo. Soltanto nel 2007, dopo un lungo periodo in cui il progetto si era arenato e nel suo autore era subentrata la rassegnazione, Goh riesce a mostrare un breve filmato del cartoon ad un dirigente del Children’s Channel di Al Jazeera di Dohar, in Qatar: la sua emittente televisiva era interessata a investire nell’animazione dello squalo. Dopo aver finalmente trovato i finanziamenti, il regista malese ha messo insieme una squadra di 35 animatori per realizzare l’opera nel giro di tre anni, anche grazie all’apporto decisivo dello sceneggiatore Jeffrey Chiang, che ha avuto mano libera nello sviluppo dello scarno soggetto, ampliandolo e rendendolo più avvincente. «La storia non poteva limitarsi a parlare di uno squalo e di pollame – ha dichiarato Chiang –. Doveva avere delle basi più solide, in modo che ci fossero delle motivazioni emotive. Doveva contenere dei personaggi profondi, che sentissero il bisogno di sviluppare tutto il loro arco narrativo». Il risultato finale di questo lavoro sono le vicende di Pup, un grazioso e minuscolo squalo bambù, e di Julius, temerario squalo pinna bianca perennemente affamato. Quando il primo si ritrova in mari

La simpatica gallina Heather è attratta solo dagli oggetti luminosi. Pragmatica e di buon senso tiene unito il gruppo dei suoi amici polli, aiutando lo squalo Julius.

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Lo sceneggiatore Chiang ha sottolineato: «La cosa che mi ha veramente conquistato è stata il vestito da squalo. Non mi era mai capitata una cosa del genere prima di quel momento e questa è diventata la mia ispirazione principale». I creatori del film avevano stabilito fin dall’inizio di non ritrarre gli squali come dei mostri violenti.

sconosciuti, davanti ad una sconfinata barriera corallina ricca di sacche di uova di squalo bambù, assiste al furto dei preziosi gusci da parte di alcuni pescatori di frodo. Dopo aver scoperto di essere in grado di respirare sulla terraferma, Pup si avventura nel mondo degli umani per salvare la vita dei suoi potenziali “fratelli” prima che finiscano sui tavoli di un ristorante di pesce. È a questo punto che il grande squalo Julius si lancia in soccorso dell’amico, spinto anche dal desiderio di trovare una fonte di cibo alternativa, individuata in un gruppetto di galline che vivono sulla costa. Ciò è possibile grazie all’invenzione della piovra Octo, che mette a punto una speciale muta: una sorta di corazza protettiva che permette ai pesci di spostarsi sulla terraferma mantenendoli a contatto con acqua ricca di ossigeno, un incrocio tra la tuta di un astronauta e uno space shuttle. Così Julius, in compagnia di tre pesci pilota, sale a bordo del veicolo e va in esplorazione del mondo terrestre per recuperare Pup sano e salvo. A metà strada tra Alla ricerca di Nemo (2003) e Shark Tale (2004),

il nuovo cartoon targato Moviemax conduce lo spettatore nelle profondità del mare alla scoperta dei suoi bizzarri abitanti, in un ambiente particolarmente battuto dai lungometraggi animati recenti. Non mancano le tematiche ecologiste, con un esplicito riferimento all’inquinamento marino da parte dell’uomo e al massacro di alcune creature, come gli squali, necessarie per portare in tavola la zuppa di pinna.

SCHEDA DEL FILM: REGIA: Aun Hoe Goh SCENEGGIATURA: Jeffrey Chiang GENERE: Animazione DURATA: 93' DISTRIBUITO DA: Moviemax

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KILLER ELITE Mercenari senza scrupoli, guerre segrete, ricatti e vendette in un action al cardiopalma ricco di sparatorie e combattimenti corpo a corpo. Con un cast di qualità in cui spicca l’evergreen De Niro

Nel 2006 Robert De Niro ha ricevuto ufficialmente la cittadinanza italiana e il passaporto per mano dell’ex sindaco di Roma Walter Veltroni. L’attore è anche iscritto alle liste elettorali della sua regione d’origine, il Molise.

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Jason Statham, Robert De Niro e Clive Owen in una sequenza del film, girato tra Australia, Giordania e Galles. «Sicuramente è un thriller – ha spiegato il regista Gary McKendry – ma i personaggi sono ispirati a persone realmente esistite, e ciò che eravamo interessati ad esplorare era il loro lato umano».

Sessantanove anni (il prossimo 17 agosto) e non sentirli. Non si può che partire da Robert De Niro per presentare il nuovo action-thriller dell’esordiente Gary McKendry, Killer Elite, tratto dall’omonimo romanzo del 1991 di Sir Ranulph Fiennes. Il poliedrico attore, due volte premio Oscar, Golden Globe alla carriera nel 2011, da tutti considerato un mostro sacro del cinema mondiale, non ci pensa proprio ad appendere i copioni al chiodo per dedicarsi ai nipotini. E, invece di rassegnarsi all’idea degli anni che passano, calandosi nei panni pacifici di uomini della terza età, continua a prediligere le storie criminali, in cui è chiamato ancora una volta ad impugnare una pistola o a impersonare il duro della situazione che non teme rivali o vendette. Proprio come in quei gangster movie del caro amico Martin Scorsese (da Mean Streets a Quei bravi ragazzi fino a Casinò) che lo hanno reso leggendario, esaltando il suo innato talento. Certo, non sempre le sue scelte artistiche più recenti sono apprezzabili, talvolta finisce in pellicole discutibili (Machete, Limitless) o in commedie frivole (Manuale d’amore 3, Capodanno a New York), però il vecchio leone sa ruggire ancora. Come in questa spy story dove “Big Bob” interpreta Hunter, il mentore del mercenario Danny Bryce (Jason Statham), un killer professionista che dopo aver rischiato di uccidere un bambino innocente per errore, decide di ritirarsi in un luogo privato, lontano dagli orrori del suo mestiere, alla ricerca di una tranquillità mai goduta. Ma quando viene informato che l’amico Hunter, durante

una missione, è stato fatto prigioniero dal sultano dell’Oman, torna in pista per salvarlo. Sotto ricatto Danny è costretto, se vuole salvare la vita del collega, a vendicare la morte dei figli del sultano, assassinati da alcuni soldati dei Sas (Servizi Aerei Speciali britannici) durante la Guerra dell’Oman. Tra questi uomini assetati di violenza c’è Spike Logan (Clive Owen), proprio il capo di quel team, i “Feather Men”, che deve essere eliminato. Lo scontro tra due killer infallibili è cruento e senza esclusione di colpi, poiché ognuno dei contendenti ha molto da perdere ed è pronto a battersi per quello in cui crede e per cercare una possibilità di redenzione. Killer Elite è un film d’azione classico, che rispetta i canoni e gli standard del genere crime movie, con l’aggiunta di un pizzico di fanta-politica, rappresentato da una guerra segreta in Oman che coinvolge la Gran Bretagna e porta i protagonisti a spaziare dalla Francia all’Australia. Anche se il titolo richiama con esattezza una vecchia pellicola di Sam Peckinpah del 1975, interpretata da James Caan e Robert Duvall, il primo lungometraggio di McKendry non ha nulla a che fare con quello. Il libro di Ranulph Fiennes, adattato da egli stesso per il cinema, in collaborazione con Matt Sherring, è un ritratto di uomini eccezionali ai quali viene richiesto di esserlo ancora di più. La suspense e l’intensità drammatica non mancano, grazie anche alle buone performance del muscoloso Jason Statham, del convincente Clive Owen e della giovane attrice australiana Yvonne Strahovski. L’ambientazione negli anni ’80 ha condizionato tutto il

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Robert De Niro (69 anni) e Jason Statham (45 anni) interpretano Hunter e Danny: insieme formano una squadra che nel 1980, periodo in cui è ambientata la storia, rappresenta il meglio sul mercato dello spionaggio. Statham è un esperto di arti marziali come il kickboxing.

look del film, oltre a quello dei personaggi e delle location, scelte con cura e attente ricerche. Le riprese effettuate con molte telecamere a spalla, leggere e maneggevoli, hanno permesso di conferire maggiore autenticità e realismo alle sequenze d’azione, molte delle quali girate in prima persona dagli attori senza l’ausilio di stuntman o controfigure.

SCHEDA DEL FILM

Clive Owen (48 anni) ha preteso di girare lui stesso le sequenze d’azione. Nel 2005 ha vinto il Golden Globe come miglior interprete non protagonista per Closer.

REGIA: Gary McKendry SCENEGGIATURA: Matt Sherring, Ranulph Fiennes CAST: Jason Statham, Robert De Niro, Clive Owen, Yvonne Strahovski, Dominic Purcell, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Grant Bowler GENERE: Azione, Thriller DURATA: 116' DISTRIBUITO DA: Lucky Red USCITA: 1 giugno 2012

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special forces liberate l’ostaggio Sullo sfondo della guerra in Afghanistan, un gruppo di soldati pronti a tutto dà inizio a una ricerca incessante per liberare una bella giornalista rapita dai talebani. Il regista Rybojad spiega come è nata l’idea del film e come ha scelto i protagonisti

La maggior parte del film è stata girata in Tagikistan, poiché in Afghanistan era impossibile a causa della guerra. La piccola repubblica, ex stato dell’Urss, era l’unico posto che permetteva l’accesso all’Himalaya dalla strada.

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Stéphane Rybojad ha concepito il film a seguito di un documentario sulle Forze speciali dell’esercito francese, composte da tanti giovani volontari: «Mi chiedevo cosa spingesse questi ragazzi a farlo, ciò che li motiva», ha dichiarato il regista.

Scritto e diretto da Stéphane Rybojad, Special Forces - Liberate l'ostaggio è un film di stringente attualità, poiché è incentrato su uno dei temi più caldi e drammatici delle recenti guerre in Medio Oriente: quello dei rapimenti di cittadini occidentali, molto spesso giornalisti o volontari in missioni umanitarie, da parte delle frange di terroristi più estremi che popolano questi territori. La produzione francese alla base del progetto sembra allontanare, almeno in parte, la stereotipata retorica americana che in pellicole di questo genere tende ad abbondare oltremisura. Tutta la vicenda è una storia di coraggio: quello di una donna forte, indipendente, piena di ideali, e quello di un gruppo di uomini valorosi pronti ad affrontare situazioni di grande pericolo pur di salvarla. In Afghanistan la corrispondente di guerra Elsa Casanova (Diane Kruger) viene presa in ostaggio dai talebani che minacciano di ucciderla. Per evitare la sua imminente esecuzione viene inviata un’unità delle forze speciali, guidata da un soldato con il senso del dovere e dell’onore (Djimon Hounsou), e incaricata di recarsi nelle zone più remote e ostili del Pakistan per liberarla. Della complessità di girare un film simile e di come si è giunti a realizzarlo parla il regista in prima persona. Lei è noto come regista di documentari televisivi. Che cosa l’ha spinta a dedicarti al cinema? «All’età di 13 anni ho cominciato a girare cortometraggi su Super 8, quindi mi sono spostato sui veri corti in 35 mm. Ho avuto una breve esperienza in televisione, ma non ho mai perso di vista il mio obiettivo, il grande schermo».

Quindi come è arrivato a specializzarsi nei documentari? «Undici anni fa ho fondato la società di produzione “Memento” con un amico, Thierry Marro, per fare il tipo di programmi Tv che ci interessava. E naturalmente abbiamo iniziato con i documentari. Mi piacciono gli sport estremi. Così abbiamo fatto una serie sui lavori ad alto rischio, con la quale abbiamo lavorato con il Ministero della Difesa». Ed è qui che vi siete imbattuti nelle forze speciali? «Sì. Nel 2005 ho diretto il primo documentario sulla struttura di comando delle Forze Speciali, che governano 3.000 persone dell’esercito francese. Mi sono interessato a questi giovani di circa 20 anni che si offrono volontari». In quale momento ha pensato di avere del buon materiale per una storia? «Avvenne gradualmente. C’erano tutti gli ingredienti del genere di film che amo, come Platoon, Black Hawk Down, The Hurt Locker, non politici, ma in realtà basati su eventi attuali, che è raro nel cinema francese: avventura, azione ed emozioni». Quando hai iniziato a scrivere la sceneggiatura? «Tre anni fa. Mi sono seduto e ho scritto una prima bozza. Ho ideato i personaggi abbastanza velocemente, traendo ispirazione da alcuni dei ragazzi che avevo incontrato. Poi ho riscritto il copione quando si è definito maggiormente il progetto».

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Tedesca di nascita e francese d’adozione, Diane Kruger (36 anni) ha conosciuto la fama hollywoodiana nel 2009 recitando in Bastardi senza gloria di Tarantino.

Dopo Amistad e Il gladiatore, Djimon Hounsou (48 anni) è stato nominato all’Oscar come miglior attore non protagonista per In America - Il sogno che non c’era.

Ha scritto il ruolo del capo dell’unità appositamente per Djimon Hounsou? «No, ma ho avuto l’idea subito dopo aver finito il copione. L’avevo visto in Blood diamond. Sapevo che veniva da Benin, che era arrivato a Parigi all’età di 12 anni e ha avuto un momento difficile, ma cogliendo le sue opportunità ha finito per vivere il sogno americano in tutto il suo splendore».

capacità di passare da un’emozione all’altra molto rapidamente, lo trovo affascinante».

Parliamo di Diane Kruger, cosa le ha fatto pensare a lei? «Avevo già un progetto per lei, ma era un po’ complicato perché era parecchio occupata. Conosco un sacco di corrispondenti straniere, e sono spesso belle donne, taglienti come rasoi e molto forti. Il genere di attrici che mi piace sono Tippi Hedren e Meryl Streep, Jodie Foster e Diane Kruger. Bionde con occhi azzurri, all’apparenza fredde, ma molto attraenti. Diane è un’attrice straordinaria, ha quella

SCHEDA DEL FILM REGIA: Stéphane Rybojad SCENEGGIATURA: Stéphane Rybojad CAST: Diane Kruger, Djimon Hounsou, Benoît Magimel, Denis Ménochet, Raphaël Personnaz, Alain Figlarz, Mehdi Nebbou, Marius, Raz Degan, Tchéky Karyo GENERE: Azione, Drammatico DURATA: 107' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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VIAGGIO IN PARADISO Quando il criminale Driver finisce in un carcere messicano infernale, gestito dai detenuti stessi, dovrĂ fare ricorso alle sue abilitĂ per sopravvivere. Un ruolo sporco e cattivo, ideale per il reietto Mel Gibson 69 For Magazine


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Il film è stato girato interamente in Messico. Il penitenziario Ignacio Allende, a Veracruz, è servito da set per ricreare “El Pueblito”, un carcere realmente esistito, costituito da una baraccopoli con oltre 700 case fatiscenti e negozi costruiti intorno al cortile principale della prigione, un regno di corruzione e malavita.

Torna Mel Gibson nelle vesti di attore, un evento sempre più raro per la star australiana (soli quattro film recitati negli ultimi dieci anni) che, con ottimi successi era passato dall’altra parte della cinepresa, destando ammirazione nella critica e una considerevole dose di polemiche per le sue opere da regista La passione di Cristo (2004) e Apocalypto (2006). Del resto, ormai, dove c’è Mel ci sono problemi. Nel 2009 viene lasciato dalla moglie (da cui ha avuto sette figli) per averla tradita con la musicista russa Oksana Grigorieva, dalla quale l’attore ha avuto un’altra bambina. Anche la relazione con questa donna si chiude male, anzi finisce in tribunale per una serie di maltrattamenti, umiliazioni e insulti verso la compagna che costano a Gibson 36 mesi di libertà vigilata, un programma di riabilitazione psichica e 600 dollari di multa. Ai soprusi in famiglia si aggiungono la dipendenza dall’alcol (più volte è stato fermato dalla polizia per guida in stato di ebbrezza) e alcune circostanze spiacevoli in cui l’ex “Braveheart” si abbandona pubblicamente ad accuse a sfondo razzista e antisemita. Come se non bastasse viene licenziato dall’agenzia per attori a cui era iscritto ed è costretto a trasferirsi in Australia (accolto di nuovo dalla ex

moglie) al fine di evitare la possibilità di un arresto negli Usa per violenze domestiche. E in questi casi Hollywood non è tenera con le sue stelle. L’ultima pellicola con Gibson, Mr. Beaver, diretta dell’amica Jodie Foster, è stata boicottata nelle sale incassando davvero pochissimo. Invece il nuovo Viaggio in Paradiso è uscito in patria direttamente in formato video-on-demand, poiché l’ostracismo continua. Eppure l’attore ha fortemente voluto questo lungometraggio, non limitandosi solo a recitare ma producendolo in prima persona. La vicenda narrata è quella di Driver (Gibson, appunto), che, dopo aver appena messo a segno un colpo da milioni di dollari, viene inseguito a forte velocità dalla polizia fino alla frontiera con il Messico, dove, in seguito a una carambola violentissima con la sua auto, varca il confine e si ritrova nel paese latino. Qui viene arrestato dalle autorità locali e tradotto in carcere, in un luogo ostile e pericoloso chiamato “El Pueblito”, dove lui, in quanto gringo, rappresenta una minaccia per i reclusi messicani, spietati criminali legati al traffico della droga. Driver dovrà tirare fuori tutto il suo coraggio e la sua tenacia per riuscire a sopravvivere, anche grazie

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Diventato un divo con le serie di Mad Max e Arma letale, Mel Gibson (56 anni) ha vinto due Oscar, per miglior film e miglior regia, nel 1996 con Braveheart - Cuore impavido.

al sostegno inaspettato di un bambino di 10 anni (Kevin Hernandez), che toccherà il cuore del fuorilegge americano. Viaggio in Paradiso (titolo originale che rende meglio l’idea Get the Gringo), prodotto dalla Icon Production (azienda cinematografica fondata dallo stesso Mel Gibson insieme a Bruce Davey), è un film d’azione pura che a tratti sconfina nella commedia dark, con un pizzico di ironia che non gusta mai. Il regista Adrian Grunberg è al suo esordio, dopo aver già collaborato in passato con Gibson, in qualità di primo assistente alla regia, sia per Apocalypto sia per Fuori controllo.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Adrian Grunberg SCENEGGIATURA: Adrian Grunberg, Perskie Stacy CAST:Mel Gibson, Peter Stormare, Bob Gunton, Dean Norris, Scott Cohen, Patrick Bauchau, Daniel Gimenez Cacho, Kevin Hernandez, Tom Schanley, Roberto Sosa GENERE: Azione DURATA: 95' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

L’attore svedese Peter Stormare interpreta il losco Frank. A renderlo celebre sono stati film come Il Grande Lebowski, Armageddon e Chocolat.

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la fredda luce del giorno Suspense, azione e pericolo per il giovane Will Shaw, coinvolto in una cospirazione governativa piena di misteri e ricatti, che ha un unico obiettivo: salvare la propria famiglia dalle mani dei rapitori. Tra i protagonisti Bruce Willis e Sigourney Weaver

Dopo tanta gavetta in film minori, il britannico Henry Cavill (29 anni, qui con Verónica Echegui) avrà finalmente l’occasione per diventare popolare interpretando Superman nel reboot di Zack Snyder (in sala nel 2013).

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Sigourney Weaver (62 anni) del suo personaggio ha detto: «È un classico esempio di agente cattivo della Cia ed ero curiosa di vedere cosa potevo farci».

Bruce Willis (56 anni) aveva già lavorato con la Summit (produttrice del film) in Red (2010). Prossimamente lo vedremo ne I mercenari 2 accanto a Sylvester Stallone.

Come una tranquilla vacanza di un ragazzo comune può trasformarsi in un incubo. Potrebbe essere questo lo slogan accattivante di La fredda luce del giorno, nuova pellicola del regista francese Mabrouk El Mechri, a metà strada tra un action-thriller e una spy story. Will Shaw (Henry Cavill), è un giovane uomo d’affari di Wall Street, in vacanza in Spagna con tutta la sua famiglia. Dopo essersi allontano dallo yacht che ospita lui e i suoi cari per un’escursione, torna e non trova più nessuno. In preda al panico denuncia la scomparsa dei familiari, ma viene inspiegabilmente arrestato dalle autorità spagnole. E questo è solo il primo di tanti intrighi in cui verrà coinvolto e che lo porteranno a scoprire una serie di scomode e pericolose verità. A cominciare dal vero lavoro del padre Martin (Bruce Willis), un uomo austero con cui ha pessimi rapporti, e che si rivela essere un agente della Cia, tradito dalla sua ex collega Carrack (Sigourney Weaver), che è pronta a tutto per recuperare una preziosa valigetta. La donna, senza farsi scrupoli, scende così a patti con Will: la valigetta, che solo lui può recuperare, in cambio della vita della sua famiglia. Come se non bastasse, il ragazzo scopre di avere una sorellastra, Lucia (Verónica Echegui), che ha intenzione di aiutarlo: uniti dovranno districarsi in una fitta ragnatela di segreti e bugie, in corsa contro il tempo e con il fiato sul collo di poliziotti e killer spietati. «È un thriller su un uomo in fuga», spiegano parlando del film gli sceneggiatori John Petro e Scott Wiper, che si sono ispirati alle leggendarie pellicole del passato, da Intrigo internazionale a I tre giorni del Condor, passando per Il fuggitivo. «Will è una persona senza doti particolari, se non il suo coraggio, e deve capire di chi fidarsi e cosa fare, chi deve trovare e, cosa più importante, come salvare la sua famiglia», dichiara Trevor Macy che, insieme a Marc Evans, ha prodotto il film e scelto il regista El Mechri, dopo aver visto

il buon lavoro svolto in JCVD, l’originale biopic sulla vita dell’attore Jean-Claude Van Damme, in cui aveva saputo tramettere ritmo frenetico e intensità. Davvero azzeccata la scelta del cast: l’astro nascente Henry Cavill, che presto sarà protagonista dell’attesissimo Superman: The Man of Steel, si confronta senza sfigurare con una delle icone più luminose dell’action movie hollywoodiano, quel Bruce Willis che, nonostante l’età, possiede ancora il physique du rôle per questo genere di prodotti, con quel volto rugoso e sfatto che ricorda ancora John McClane, l’intramontabile eroe della serie Die Hard. L’alternanza tra star acclamate e giovani in rampa di lancio si ritrova anche nella controparte femminile del film: da un lato la caparbia Sigourney Weaver, nei panni della antagonista, dall’altro l’emergente interprete spagnola Verónica Echegui, nel ruolo di spalla del personaggio principale.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Mabrouk El Mechri SCENEGGIATURA: John Petro, Scott Wiper CAST: Henry Cavill, Bruce Willis, Sigourney Weaver, Rafi Gavron, Caroline Goodall, Jim Piddock, Óscar Jaenada, Joseph Mawle, Verónica Echegui GENERE: Azione, Thriller DURATA: 93' DISTRIBUITO DA: Moviemax

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D’Isa

Il Film da non perdere

HUNGER GAMES

La protagonista Jennifer Lawrence (22 anni), vincitrice a Venezia nel 2008 del Premio Marcello Mastroianni per The Burning Plain.

Al top del box office americano per settimane, un vero record, Hunger Games di Gary Ross è arrivato nelle sale italiane, distribuito dalla Warner Bros, carico di aspettative. Il film, con protagonista la star in ascesa Jennifer Lawrence, è un thriller-fantasy tratto dall’omonimo primo romanzo della trilogia di Suzanne Collins (portata in Italia da Mondadori). Ed è già stato annunciato da Lionsgate il primo sequel del film (che sarà probabilmente diretto da Francis Lawrence), mentre è in libreria il terzo capitolo della saga, dal titolo Il canto della rivolta, che sembra ormai pronta a prendere il posto nel cuore dei teenager di Harry Potter e Twilight. «Era un film molto atteso, tutti quelli che hanno letto i romanzi della saga, me compresa, non aspettavano altro che andare al cinema», ha detto con candore la bella protagonista Jennifer Lawrence, 21 anni appena, originaria del Kentucky. In Hunger Games è ipotizzato un orrido scenario per la nostra società drogata di reality show, abbagliata

dalla ricchezza decadente delle icone dell’entertainment, agghindate di lustrini ed eccessive nel look. Una società messa in riga da un regime repressivo che dà alla classe ricca dei suoi sudditi, imparruccata come nel Settecento, atonica e plagiata, il panem et circenses rappresentato, anziché dai gladiatori al Colosseo, da un atroce reality show in cui i giovani protagonisti, i Tributi, sono agnelli sacrificali e devono sottostare allo slogan “uccidi o muori”. E a tutti gli altri, i Periferici dei 13 distretti in cui è composto Panem (l’ex Nordamerica), dà povertà assoluta, terrore, fatica estrema nella produzione delle ricchezze per gli altri. Ma, in tutto lo sconsolante paesaggio c’è Katniss, un’eroina giovane, bella, coraggiosa e niente affatto rassegnata come gli altri. E poi c’è l’innamoramento per Peeta, un sentimento che forse il regime non aveva calcolato. Nel cast spiccano Lenny Kravitz, Donald Sutherland, Stanley Tucci, Liam Hemsworth, Elizabeth Banks e Woody Harrelson.

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For magazine Il Film da evitare

interno giorno

Fanny Ardant (63 anni). Il film di Rossellini è stato presentato al Festival Internazionale di Roma 2011 nella sezione dei giovani cineasti italiani.

Una serata per celebrare il nuovo film della diva Maria Torricello, più esattamente una cena a casa dell’attrice stessa, in un ambiente elegante e sobrio di Palermo. La donna, passata attraverso grandi successi e dolorose vicende personali, si ritrova a cercare il senso della propria esistenza ed affermazione. Nell’arco della serata si intrecciano la sua vita privata e la sua professionalità; le due realtà si sovrappongono senza mai uscire dal perimetro di quelle mura che cercano di contenere qualsiasi evento d’interni. Il soggetto, la sceneggiatura e la regia di Tommaso Rossellini ripropongono il tormentone sul viale del tramonto di una star che accoglie i due figli, vecchi amici e nuovi colleghi per celebrare l’uscita del suo ultimo film. Ecco i troppi personaggi bizzarri: due agenti ruffiane, un regista presuntuoso, giovani attori o aspiranti tali, fidanzate improbabili e intorno a loro un’atmosfera triste e squilibrata. Il nipote del grande regista Roberto Rossellini realizza la

sua opera prima, piuttosto noiosa e, priva del patrimonio genetico sul neorealismo, riflette più un certo stile francese retrò. E non è certo un caso che la protagonista sia Fanny Ardant, circondata da tanti giovani attori, con cognomi fin troppo ingombranti (dalla Chaplin a Massimiliano Buzzanca fino a Brenno Placido) che giocano con inquadrature e movenze teatrali. Tra citazioni a non finire dei grandi del cinema (da Truffaut a Buñuel passando per Fellini) e trovate prevedibili, la dimensione della commedia umana non pare proprio congeniale alla regia di Tommaso Rossellini. “Provaci ancora Tom”!

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Forintervista magazine di Silvestro Bellobono

To Lina With Love

Lina Sastri (58 anni) ha avuto l’onore di lavorare con il maestro Eduardo De Filippo, che ancora oggi l’attrice ricorda con grande affetto. 76 For Magazine


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Parafrasando il titolo dell’ultimo film di Woody Allen, dove recita in un cameo, vi raccontiamo le mille sfaccettature artistiche di Lina Sastri, tra passato e presente, tra cinema, musica e soprattutto teatro. Che questo mese la porta a Roma con lo spettacolo Per la strada

Tra le numerose soddisfazioni della sua carriera che valore dà all’onorificenza di Commendatore della Repubblica italiana, ricevuta nel 2011 dal presidente Giorgio Napolitano? «È una carica straordinaria e impegnativa, un grande onore, soprattutto perché a conferirmela è stato il nostro amato presidente Napolitano, mio concittadino e da sempre grande appassionato di teatro. Lo ringrazio anche per questo». Nel suo curriculum non manca nulla: cinema, teatro, Tv, musica. Attraverso quale di questi linguaggi artistici riesce ad esprimere meglio se stessa? «Musica, teatro e cinema sono le tre diverse espressioni della stessa anima, perché è importante comunicare emozioni con gli occhi, con la voce, con le parole». Da Squitieri a Tornatore, passando per Moretti, Loy, Bertolucci, Lizzani e tanti altri: quale regista italiano le ha lasciato il ricordo migliore? «Di sicuro Nanny Loy, compianto e mai dimenticato amico, con il quale ho praticamente debuttato al cinema con Mi manda Picone. E poi Gianfranco Mingozzi, altro regista del cuore, che seppe scegliermi quando ancora facevo solo teatro, e Giuseppe Tornatore che mi ha voluto fermamente e con affetto con lui in Baarìa. E tutti gli altri dai quali ho imparato tanto, da Lizzani a Ricky Tognazzi e Bertolucci, fino agli ultimi con cui ho lavorato, inclusa Susanna Nicchiarelli, regista di un film non ancora uscito in cui io interpreto una brigatista». Continuando a parlare di grandi registi, come è stata l’esperienza sul set di To Rome with Love, il nuovo film di Woody Allen girato nella Capitale? «Lavorare con Woody Allen è un sogno realizzato, una giornata su un set internazionale con un maestro gentile, dolce, attento. Per me è stato un omaggio doveroso, anche se per pochi secondi, a chi mi ha fatto l’onore di volermi nel suo film “italiano”». E invece a proposito di Poker Generation di Gianluca Mingotto, altra pellicola a cui ha preso parte, cosa ci racconta? «È stato divertente, con un cast giovanissimo, dal regista agli attori, e su un set sicilia77 For Magazine


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La canzone Assaje, suo maggiore successo musicale, fu scritta da Pino Daniele e inclusa nel film Mi manda Picone di Nanni Loy.

no, almeno per quel che mi ha riguardato, animato da un’atmosfera allegra e rilassata». Veniamo al teatro: dal 15 al 27 maggio sarà in scena al Teatro Eliseo con Per la strada, spettacolo di prosa, musica e danza da lei scritto e diretto: come nasce l’idea di questo progetto e che significato gli attribuisce? «Per la strada, in originale Mmiez a’via, è l’ultimo nato dei miei recital-spettacoli musicali, dove la musica si fa teatro, fra parole e danza. E questa volta la musica è quella degli autori attuali, amici di sempre, come Pino Daniele, Enzo Gragnaniello, Lino Cannavacciuolo e molti altri. Qua e là c’è qualche citazione della

tradizione, è una piccola favola, un racconto di vita, in un solo respiro musicale, che non si ferma mai e accompagna parole, canzoni e danza. In scena con me ci sono sette valenti musicisti e quattro danzatori, con la collaborazione di Bruno Garofalo alle scene e alle luci». Si emoziona sempre quando sale su un palcoscenico teatrale? «L’emozione è la paura, ogni sera, di non riuscire a superare la prova, è mettersi in gioco con corpo e cuore sul palco per arrivare a comunicare la verità che l’artista ha il privilegio e la responsabilità di rispettare».

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Secondo lei il teatro italiano dovrebbe essere più… «Il teatro è da sempre un rito che deve conoscere e rispettare le regole. Conoscenza e rigore sono le parole chiave, perché solo così si può arrivare poi alla libertà della comunicazione, a volte all’improvvisazione, insomma a vivere un pezzo di vita insieme. Almeno questo dovrebbe essere sempre, ma, come ogni cosa, ultimamente il nostro teatro è cambiato, e a volte mi ci ritrovo con fatica». C’è un grande musicista con cui le piacerebbe, o le sarebbe piaciuto, duettare? «Mi piacerebbe cantare con Pino Daniele, nella mia lingua napoletana, e con Andrea Bocelli, mescolando classico e interpretazione, oppure essere diretta dal grande Riccardo Muti, cantando canzoni classiche napoletane, dall’amico Ennio Morricone o da Nicola Piovani, e duettare con le brave interpreti di fado e di samba brasiliano, o sulle note di un flamenco o di un blues. La musica nel sud del mondo si somiglia, batte con lo stesso ritmo». Quali caratteristiche considera i suoi punti di forza, nel lavoro come nella vita? «La forza è la capacità del cuore di riconoscersi senza bugie, è la speranza di un mondo migliore, è la fede. Ma i punti di forza sono anche i sogni che guidano la vita». Ha mai avuto un modello femminile di riferimento? «Mia madre, la mia unica dea». Alle ragazze di oggi consiglia di tentare la via dello spettacolo, magari partecipando ad un talent show, oppure di iscriversi all’Università? «La tecnica e lo studio servono, ma senza il talento e la fortuna come si fa? Il pericolo dei talent in Tv è la fretta di creare e distruggere oggetti di consumo immediato, ma possono anche riservare buone sorprese. Certo la competizione è fortissima, e l’immagine di questi tempi gioca un ruolo fondamentale, tuttavia non ci sono ricette esclusive per l’arte». Che giudizio si è fatta di Luigi de Magistris, sindaco della sua Napoli, in questo primo anno del suo mandato? «Mi sembra di notare in questi ultimi tempi un miglioramento nella vita della città, anche se non vivo a Napoli, e quindi la mia è forse un’osservazione superficiale. Siamo un popolo difficile da guidare e amministrare, ci vuole tempo, determinazione e polso fermo. Questa è una città unica e meravigliosa, e a volte le nostre stesse bellezze diventano i peggiori difetti». Cosa pensa del movimento trasversale “Se non ora quando?” che si batte per difendere i diritti delle donne? «Le donne sono sempre state un pianeta magico. Anche in passato, e forse soprattutto allora, nonostante sofferenze, umiliazioni e ingiustizie, esse hanno sempre saputo dov’era la verità, da che parte stavano bene e male, giusto e sbagliato. Le donne conoscono la compassione e il sacrificio, sono madri anche dei propri uomini. Perciò è opportuno rivendicarne i diritti. Viva le donne!». C’è un progetto che le sta a cuore e che le piacerebbe realizzare al più presto? «Tutto ciò che ha a che fare con la musica, che è libertà».

La Sastri è reduce dall’ottima affermazione del monologo La casa di Ninetta, racconto autobiografico ispirato alla vita della madre, portato in tournée nei teatri di tutta Italia.

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una lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

UN SEGRETO IN UNA BUSTA “Nel corso degli anni il rifiuto della verità si era esteso a tutto il resto. Aveva aderito ai pensieri come una seconda pelle, diventando il mio modo di abitare la vita senza viverla” Fai bei sogni è l’ultimo romanzo (autobiografico) di Massimo Gramellini, giornalista (di La Stampa) e scrittore torinese. È la storia di un segreto e di una verità racchiusi e custoditi in una busta per quarant’anni. Un filo della vita, che diventa il romanzo di un bambino di nove anni, divenuto poi adulto, attraverso cui impara ad affrontare il dolore e la sofferenza più grande: la perdita della mamma. Una verità scomoda, difficile, talmente incomprensibile che viene svelata a Massimo in età adulta, quasi per sbaglio, con lo stupore di chi era convinto che sapesse. Il libro racconta un evento dinamico che percorre la vita del protagonista nella sua incessante lotta contro il senso di abbandono, solitudine e inadeguatezza. È un percorso di volontà, teso a sconfiggere il tormento di quel mostro interiore, sempre più insidioso, che il protagonista definisce Belfagor. “Mi trascinavo senza guida in uno spazio indistinto e cominciavo ad avvertire una sensazione che non mi avrebbe più risparmiato: un demone sovrappeso mi incatenava alla terra. Un mostro molle e spugnoso che si alimentava delle mie paure: sfiducia, rifiuto, abbandono”. Gli eventi si susseguono con vicende commoventi, ironiche, a tratti divertenti. Il Grande Toro, sua squadra del cuore, era diventato un fattore di svago e gioia, l’unico canale di comunicazione e di emotività da condividere con il padre. “Con il Toro vinsi addirittura lo scudetto. Successe una domenica di maggio e io ero lì, in compagnia di altri settantamila, quando il nostro Graziani scarabocchiò la palla sulle scarpe di un difensore del Cesena”. Si tratta di un romanzo dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa, un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi, proprio come il protagonista di questa vicenda. “In fondo la mia vita è la storia dei tentativi che ho fatto di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo”. Perché il cielo lo spaventava, gli faceva paura, e anche la terra. Un racconto sulla verità e sul timore di conoscerla, cercando di rimuoverla. “Nel corso degli anni il rifiuto della verità si era esteso a tutto il resto. Aveva aderito ai pensieri come una seconda pelle, diventando il mio modo di abitare la vita senza viverla. Succede a noi che ospitiamo Belfagor nello stomaco. Pur di non fare i conti con la realtà preferiamo convivere con la finzione, spacciando per autentiche le ricostruzioni ritoccate o distorte su cui basiamo la nostra visione del mondo”. Massimo aveva resistito quarant’anni prima di scoprire il segreto

nascosto in una busta, la morte della mamma. Ma il suo intuito, quella parte atrofizzata del cervello che è collegata col cuore, conosceva la verità, forse l’aveva sempre saputo. “Eppure avevo fatto finta di crederci, nonostante il mio intuito conoscesse la verità al punto di estrarmela dalle viscere durante la stesura del romanzetto”. A volte si preferisce ignorare la verità per non soffrire, per non star male. Per non guarire. L’unica maniera per riuscire a far pace con se stessi, ad evolvere e diventare adulti è il perdono. “Ho chiuso gli occhi e ho visto la mamma entrare nella stanza di un bimbo addormentato. Si è seduta sul bordo del letto e mi ha guardato a lungo in silenzio. Ha disteso la mano in una carezza, ma l’ha richiamata subito indietro per non svegliarmi. Mi ha rimboccato le coperte, si è chinata su di me e ha sussurrato qualcosa. Fai bei sogni, piccolino”.

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Fai bei sogni di Massimo Gramellini Longanesi, euro 14,90


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Foto di Anna Celani


For magazine Time - il territorio Question di Sam Stoner

Eur, Le ultime dal quartiere Petizione per semaforo pedonale in via Grande Muraglia 300 Il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale “Orsa Maggiore” Stefano Sancandi, il presidente del Comitato di quartiere Torrino Nord, Fabio Mecenate, e il presidente del Comitato di Quartiere Torrino Decima, Federico Polidoro, su indicazione di alcuni residenti si sono attivati per una petizione per realizzare un semaforo pedonale in via della Grande Muraglia 300. In questa zona, in prossimità della rotatoria, c’è un attraversamento pedonale utilizzato soprattutto dagli studenti della scuola “Orsa Maggiore”. Data la pericolosità dell’attraversamento, sia per la sua posizione adiacente alla rotatoria, sia perché molti automobilisti sono soliti percorrere via della Grande Muraglia a forte velocità (negli ultimi mesi, infatti, si sono verificati in quel punto alcuni gravi incidenti), i comitati di quartiere e il dirigente scolastico si sono attivati per la raccolta delle firme, con l’obiettivo di richiedere il posizionamento di un semaforo pedonale, a chiamata, nei pressi delle strisce pedonali. I promotori dell'iniziativa chiedono, eventualmente, di spostare l’attuale semaforo pedonale, che si trova all’altezza del civico 340, e che in pratica è inutilizzato. È inoltre possibile firmare la petizione recandosi presso uno dei seguenti punti: 1. Scuola Orsa Maggiore - v. Costellazioni 2. Parruchiere Zolarsi - v. Grande Muraglia 3. Edicola - (vicino fioraio) v. Costellazioni 4. Tabaccaio - v. Pianeta Saturno

notturne ma anche in pieno giorno. Basta passare per via Tupini e rendersi conto dell’altissimo numero di giovanissime prostitute (spesso più di dieci in un tratto di strada brevissimo) sui marciapiedi e anche sulla carreggiata, il cui abbigliamento discinto balza agli occhi di ogni automobilista e passante. Sovente si assiste a inversioni di marcia tanto improvvise quanto pericolose e di violente liti di cui sono testimoni i residenti. Ci si augura che le istituzioni possano contenere quanto prima questo increscioso fenomeno, che con l’arrivo della stagione estiva potrebbe diventare del tutto ingestibile. Sportello di orientamento legale gratuito Municipio XII e Servizio Giardini insieme per il decoro del territorio Nel mese di marzo sono iniziati i lavori di bonifica dell’area verde di via Calcutta, il cui programma d’intervento prevede anche la potatura degli oleandri presenti. Nella fase preliminare all’intervento, è stato prezioso il contributo dell’Associazione “Via Calcutta si fa Bella”, che ha collaborato attivamente, insieme con il presidente del Municipio, Pasquale Calzetta, e con l’assessore all’Ambiente Maurizio Cuoci, alla realizzazione dei lavori. Problema prostituzione Sono numerosi gli esposti da parte dei residenti per il preoccupante dilagare del fenomeno della prostituzione nel cuore dell’Eur, in via Tupini, sotto la scalinata del Basilica di Ss. Pietro e Paolo. I cittadini lamentano problemi di ordine pubblico, non solo nelle ore 82 For Magazine

Nasce nel Municipio Roma XII lo sportello di Primo Orientamento Legale: attivo in viale Ignazio Silone n. 100, dal 2 maggio, ogni martedì pomeriggio dalle ore 15,30 alle ore 17,30. Il servizio è completamente gratuito e ha lo scopo di illustrare al cittadino il nuovo Istituto della Media Conciliazione, ovvero il sistema di risoluzione delle controversie in sede pre-giudiziale. In particolare, le materie oggetto di Media Conciliazione comprendono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Il progetto scaturisce dalla stipula di un protocollo di intesa siglato tra il Municipio XII e l’Associazione Codici (Centro


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per i Diritti del Cittadino – Associazione Consumatori). È possibile accedere al servizio esclusivamente previo appuntamento da concordarsi al eseguente numero: 3480107835.

in via Padre A. Grammatico 30 (Tel. 06.5291931 - www.nirgymclub.it).

Concorso letterario Municipio Roma XII

L’Ama ha attivato un nuovo servizio che raccoglie le segnalazioni di cassonetti pieni, mediante un sms al numero 3424115588, oppure telefonando al numero verde 800867035, o ancora inviando la segnalazione on line su apposito modulo. Per maggiori informazioni e per segnalazioni on line è possibile consultare il sito dell’Ama: http://www.amaroma.it/comunica-conama/1008-pulizia-della-citta.html. Sono inoltre operative squadre di controllo dell’Ama che potranno multare chi sporca o chi intenzionalmente smaltisce male i rifiuti.

La sezione soci Coop Laurentino, con il patrocinio del Municipio Roma XII, organizza il “Festival della scrittura”, riservato ai residenti dell’Eur di età compresa tra i 16 e i 30 anni. I generi letterari ammessi, esclusivamente in lingua italiana, sono: poesia (max 2 cartelle); racconto breve (max 10 cartelle); canzone (max 3 cartelle). Per cartella si intende un foglio A4 composto da 30 righe ognuna di 60 battute, spazi inclusi. La consegna delle opere deve avvenire entro il 31 maggio 2012, presso lo spazio biblioteca Liber del supermercato Coop di via Laurentina. Ad ogni concorrente verrà riconosciuto un premio di partecipazione. Al termine dell’iniziativa verranno pubblicate parti significative di tutte le opere in un fascicolo, consegnato a tutti i partecipanti. Con questo progetto, la Unicoop Tirreno vuole valorizzare l’enorme patrimonio di intelligenza e intraprendenza dei giovani.

AMA: segnalazione cassonetti pieni

Terza edizione del corso gratuito antiaggressione al femminile Il corso, nato con il progetto “Autodifesa donna & antiaggressione 2012”, patrocinato dal Municipio Roma XII, è completamente gratuito e rivolto a tutte le donne residenti nel territorio dell’Eur. Il corso vuole insegnare le basi di un’autodifesa globale, partendo da una minima preparazione fisica, fino ad analizzare situazioni reali, come stare in treno, in auto, in casa, in strada e nei locali. Si svolgeranno lezioni anche sulla difesa verbale, nelle quali le allieve apprenderanno come usare la voce insieme a un’adeguata postura, per scoraggiare l’aggressore e attirare l’attenzione di eventuali passanti. Oltre ad istruttori delle arti marziali, il corso prevede la partecipazione di personale qualificato che prenderà in esame gli aspetti psicologici, legali, comunicativi delle “situazioni a rischio”. Per informazioni telefonare all’Ufficio Segreteria della Presidenza del Municipio Roma XII Eur, al numero 06/69612202. Le lezioni si svolgono presso due palestre: al Laurentino, la palestra Garyuan Dojo Roma, in via Giuseppe De Robertis 8, (Tel. 06.5003154 - www.asd-ilponte.org); a Mostacciano, la palestra Nir Gym Club, 83 For Magazine

Lo Sportello del Cittadino Tra le iniziative a favore dei residenti presenti sul territorio, ricordiamo lo Sportello del Cittadino, il centro servizi dedicato ai residenti dell’Eur. I servizi offerti sono: affrontare e risolvere concretamente i problemi del quartiere (strade dissestate, alberi pericolanti, ecc.); organizzare iniziative socio-culturali e sportive (mostre, visite guidate, ecc.); fornire una consulenza lavorativa e un’assistenza legale e fiscale. I residenti potranno comunicare problematiche del territorio e promuovere iniziative ogni martedì pomeriggio alle 18,30 recandosi presso la sede dello Sportello del Cittadino sito a piazzale Konrad Adenauer, 1 (Palazzo degli Uffici). Per maggiori informazioni è possibile contattare il Consigliere del Municipio Roma XII Pietrangelo Massaro ai seguenti recapiti: tel. 3386628935; e-mail: pietrangelomassaro@libero.it


Forpolo magazine museale

© Stefano Castellani

di Simone Stirati

Per viaggiare tra le stelle Il Planetario di Roma è il luogo dove compiere in tempo reale navigazioni in 3D nello spazio profondo, avvolti dalle suggestive proiezioni all-sky e da emozionanti colonne sonore. Ma è anche museo e centro di documentazione per le scienze astronomiche Il Planetario e Museo Astronomico di Roma è un gioiello e un vanto dell’Eur, perché non è solo cultura ma è anche spettacolo, conferenze, dibattiti, gadget, happening con assaggi di cibi spaziali nell’Astro Cafè. Basta dare un’occhiata alla ricchissima programmazione che cambia di anno in anno, pensata per gli adulti e per i più piccoli. Un punto di riferimento per il patrimonio culturale dell’astronomia e un luogo di

incontro, di dibattito e di diffusione scientifica. Emozione e scienza qui vanno di pari passo, grazie al notevole sforzo organizzativo da parte della direzione. Un museo giovane, visto che ha aperto solo nel 2004 restituendo ai cittadini e all’Italia questo importantissimo strumento scientifico-didattico. Il primo Planetario si trovava nella Sala Ottagona della Minerva, al-

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© Stefano Castellani

For magazine

Stelle, costellazioni, nebulose e galassie: questo lo spettacolo del Planetario, che occupa uno spazio di 300 metri quadrati, coperto da una grande cupola con un diametro di 14 metri, con oltre 100 posti a sedere su poltrone ergonomiche. le Terme di Diocleziano, e la sofisticata tecnologia di cui era dotato (un proiettore Zeiss II) era avanzatissima per l’epoca, tale da farne un planetario all’avanguardia in tutta Europa. Quando nel 1982 fu chiuso al pubblico, Roma perse una delle pochissime risorse di cultura scientifica. Il nuovo Planetario è stato inserito in un più vasto centro dedicato all’avanzamento della cultura stellare, che comprende anche un moderno Museo Astronomico e un centro di documentazione per le scienze astronomiche. Ma veniamo ai numeri. Il Planetario occupa una sala, il teatro celeste, di 300 metri quadrati, coperto da una cupola del diametro di 14 metri in cui si accende una perfetta riproduzione del cielo stellato: i moti del Sole, della Luna e dei pianeti sullo sfondo dello Zodiaco, della Via Lattea e di 4500 stelle. Dalle 100 comode poltrone ergonomiche montate in file concentriche si può osservare l’aspetto del cielo spostandosi in qualunque punto della Terra e in qualunque istante del tempo. Tre proiettori digitali consentono di compiere in tempo reale vere e proprie navigazioni in 3D nello spazio profondo. Le affascinanti proiezioni all-sky completano la suggestiva esperienza. Il tutto in un curatissimo ambiente sonoro sulle cui emozionali colonne sonore si avvicendano le voci dello staff, offrendo numerose chiavi di lettura e rendendo il racconto dell’astronomia un evento indimenticabile e formativo. Il Planetario vuole accendere la curiosità e invitare il visitatore a non essere solo spettatore, ma navigatore attivo degli spazi siderali, per partecipare con l’emozione e la conoscenza all’eterno movimento delle stelle, che diventa movimento delle idee. Ben sette gli spettacoli previsti per il 2012, da Panorami celesti per i principianti, con i quali ci sia affaccia per la prima volta all’astronomia, a Universi aperti con approfondimenti astrofisici sulla natura dell’universo, come la planetologia, la cosmologia e l’astrofisica, oppure lo

spettacolo Impatti che offre visioni storiche, mitologiche e artistiche della scienza del cielo. Annesso al Planetario si trova il Museo Astronomico, una struttura che esce dai canoni classici di un museo di oggetti o di uno science centre. E si capisce ancor prima di addentrarsi nell’immaginifico mondo spaziale, ricostruito al suo interno, dove modelli, postazioni interattive e diorami (ricostruzioni dei pianeti e delle vetrine multimediali) consentono al visitatore una vera e propria immersione nello spazio, per vivere la scienza senza perdere la capacità di sorprendersi ed emozionarsi. La variegata programmazione prevede anche mostre ed esposizioni temporanee sui principali eventi celesti e sulle più recenti scoperte astrofisiche, nonché rappresentazioni teatrali e musicali sia per i più grandi che per i bambini. Ricordiamo anche le conferenze di successo tenute da astronomi e astrofisici tra i più famosi, e le notti di osservazione in occasione di fenomeni astronomici di attualità, con il pubblico in sala invitato ad assistere ad osservazioni reali del cosmo collegato in tempo reale con il Virtual Telescope. Insomma, il Planetario di Roma vuole aprire una finestra sul cielo: un teatro astronomico per riappropriarsi dello spettacolo della volta stellata, e per lanciarsi nelle profondità dello spazio alla scoperta dell’Universo. Questa è la sua missione. E i numeri parlano chiaro, un successo in crescendo di pubblico, tanto da far occupare al Planetario una delle prime posizioni tra i musei scientifici più visitati in tutta Italia. Planetario di Roma Piazza Agnelli 10 00144 Roma Call Center 060608 www.planetarioroma.it

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For magazine VERDE di Simone Stirati

Il giardino delle meraviglie

Il Parco Centrale del Lago è un’oasi moderna, al cui interno si trovano un bacino artificiale e il Giardino delle Cascate. 86 For Magazine


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© Giorgio Bonomo

645 mila metri quadrati di oasi naturali fanno dell’Eur uno dei polmoni verdi più importanti d’Europa. In questa cornice spicca il Parco Centrale del Lago, il più grande per il suo valore paesaggistico, storico e ambientale

Eur. Secondo polo turistico della Capitale dopo il Centro Storico. Un modello per architetti e urbanisti di tutto il mondo. Cuore dei più importanti progetti presenti oggi nella Capitale: l’Acquario di Roma, il Palazzo della Civiltà Italiana, la “Nuvola” di Fuksas. Qui, l’indice di verde per abitanti è il più alto di tutta Roma, con i suoi 645.000 metri quadrati di parchi e giardini che, per estensione e varietà di piante, ne fanno una delle aree verdi più importanti d’Europa. I parchi dell’Eur sono la preziosa eredità di architetti del paesaggio del calibro di Maria Teresa Parpagliolo, Guido Roda e Raffaele De Vico, il “deus ex machina” di gran parte della vicenda romana dei giardini del Novecento, ai quali dobbiamo la realizzazione del Parco del Ninfeo, il Parco del Turismo, il Parco degli Eucalipti e il Parco Centrale del Lago il più apprezzato e frequentato, anche in virtù del suo grande valore paesaggistico, oltre che storico e ambientale. Previsto nel 1937, nell’ambito del progetto dell’E42, venne completato in occasione delle Olimpiadi del 1960. Oggi è uno degli spazi verdi più suggestivi di Roma, in particolare per il Giardino delle Cascate, situato al suo interno, che ha una elevatissima qualità monumentale, probabilmente il più rilevante realizzato in Italia negli anni Sessanta. Il pregio del disegno di De Vico sta nel suo valore scenografico e panoramico, che è possibile apprezzare appieno percorrendo il ponte pedonale Hashi, sospeso sopra le cascate. Dal ponte è possibile vedere sulla sponda opposta il Teatro Verde, sempre di De Vico e, sul retro, il Palalottomatica disegnato da Nervi. Un colpo d’occhio straordinario che affascina con le sue imponenti prospettive. Il tutto fa da cornice al laghetto dell’Eur, che occupa una superficie di 85.120 mq con una profondità massima di circa 3 metri. Grazie alla Base Nautica, è possibile effettuare una suggestiva gita sul battello o affittare un pedalò per

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Ciliegi giapponesi in fiore donati al Parco del Lago dalla città di Tokyo. apprezzare lo spettacolare scenario ambientale e architettonico di questo angolo della città. Luogo ideale per trascorrere una giornata all’insegna dello svago, portandoci i bambini, grazie alle numerose strutture e ai giochi per i più piccoli, con la possibilità di poter interagire con specie marine (tartarughe, carpe, trote) e varie specie di volatili come gli anatidi e i gabbiani, una vera attrazione per piccoli e adulti. Il Parco del Lago ospita una ricca varietà di vegetazione tipica dell’ambiente mediterraneo: cedri del Libano, pini, palme, lecci, taxus disticum, siepi, nonché esemplari isolati di taxus baccata, lauroceraso, ligustrum e pittosporo.

Sono presenti inoltre degli splendidi ciliegi del Giappone, donati dalla città di Tokyo, che in primavera con la loro ricca fioritura, armonia di colori e di sapori orientali, vivacizzano tutto il percorso della Passeggiata del Giappone che costeggia il lago, offrendo uno spettacolo cromatico di rara bellezza. Il laghetto dell’Eur non è solo momento di svago ma anche luogo ideale dove praticare attività fisica come la corsa, supportata dal sistema “freewalk”. Il parco offre un circuito di 2.270 metri che percorre l’intero perimetro dello specchio d’acqua. Il tutto senza mai andare su aree esterne grazie alla terrazza Cythera, la piattaforma galleggiante

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© Giorgio Bonomo

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Il laghetto dell’Eur ospita una ricca varietà di specie volatili come gli anatidi e i gabbiani. che completa il percorso pedonale che si snoda sulle rive del lago. La nuova struttura, che ruba il nome alla mitica isola di Venere celebrata nel “Sogno di Polifilo” di Francesco Colonna, è una struttura lunga 60 metri e larga fino a 12 (per una superficie totale di circa 600 mq), con una pavimentazione realizzata in massello di legno marino. Le acque del lago sono anche luogo di allenamento per chi pratica canottaggio e vela. La zona è anche coperta dal sistema wi-fi, che permette la connessione veloce ad internet senza fili grazie ai quattro hot-spot situati lungo il

perimetro dell’area. Anche il grande schermo e la televisione hanno scelto molto spesso la suggestiva scenografia di questi parchi per le loro produzioni. Ricordiamo alcune pellicole come L’eclisse di Antonioni e 8½ di Fellini, per arrivare al più recente L’Ultimo Bacio di Muccino, che vede il Giardino delle Cascate come coprotagonista del film in una delle scene più significative. E poi tante fiction come Incantesimo e pubblicità, a testimonianza dell’amore per questi luoghi da parte di tanti e noti registi del cinema italiano.

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For magazine APPROFONDIMENTO di Sam Stoner

Il Luneur è il più antico parco giochi di tipo meccanico d’Italia: la sua realizzazione risale al 1953.

Addio Luneur? Tante le incertezze sul futuro del parco giochi. Chi lo vorrebbe riaprire com’era e chi invece vorrebbe farne un family park per soli bambini. Nel mezzo 115 famiglie senza lavoro dal 2008 e 68.000 mq in stato di abbandono 90 For Magazine


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Dall’aprile 2008 il luna park è chiuso. Abbandono, degrado e incuria sono tutto ciò che resta. Luneur: luci, profumi, suoni d’infanzia. Zucchero filato, noccioline tostate, le urla divertite di chi si trovava nei vagoni delle montagne russe o sul Tanaca. La casa delle streghe e le decine e decine di attrazioni che si raggiungevano attraverso l’intrico di viali che attraversavano quell’isola felice, che ha segnato l’infanzia e l’adolescenza di ogni romano e non. Ma anche quella degli adulti, dei genitori come delle comitive di amici per passare una serata spensierata. Chiudere il Luneur ha significato privare di ricordi intere generazioni di bambini, adolescenti, ragazzi. Dietro la chiusura sempre i soliti interessi economici. Il mettere a capitale un impianto che già funzionava, il voler fare un favore a questo o a quell’amico. Ad oggi, nessuno conosce i motivi che sono stati alla base di questa dolorosa conclusione che ha fato perdere il lavoro a ben oltre cento famiglie. Chi non ricorda la sottile preparazione alla chiusura, quando improvvisamente si decise di inserire un biglietto di entrata al parco giochi. Un biglietto esorbitante che di fatto impediva l’accesso alla famiglie, ma anche alle comitive di adolescenti che erano soliti passare nel parco giochi i fine settimana. La conseguenza fu una lenta e inesorabile chiusura a causa della mancata, e inevitabile, affluenza di pubblico.

A oggi, cause e sequestri dell’impianto si sono susseguite numerose. Le parti in causa sono tre, i concessionari e sub concessionari dei giochi, Cinecittà Entertainment – vincitrice della gara d’appalto per la ristrutturazione del parco – ed Eur Spa, proprietaria dei 68 mila metri quadri sui cui sorge il Luneur. In mezzo, la mancanza di lavoro delle 115 famiglie tra i gestori e gli operai. Una storia infinita che ha visto slittare le date di riapertura, prima quella dell’8 dicembre 2011, poi quella del 21 aprile 2012. Le posizioni dei tre protagonisti sono nette, decise e inconciliabili. Da una parte Cinecittà dichiara di voler realizzare un family park, un parco divertimenti per bambini da zero a dodici anni; già da un anno è stata annunciata la scomparsa delle montagne, sostituite nel progetto da una versione virtuale. Dall’altra parte i giostrai, che ribadiscono la necessità di avere un parco con attrazioni anche per adulti. Il presidente del Municipio Roma XII, Pasquale Calzetta, si è espresso favorevolmente per un’ipotesi di un family park. Questo perché è prevista la realizzazione di un parco giochi per adulti a Castel Romano, e non si possono fare due parchi eguali nello stesso quadrante. Quindi, i giochi per adulti del Luneur dovranno traslocare.

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Le attrazioni principali del Luneur erano il Bruco Mela, la Ruota panoramica, il Tagadà e la Casa dell’Orrore. «Per noi d’altra parte è importante soprattutto che l’area del Luneur resti un parco per divertimenti – puntualizza Calzetta – e che venga restituita alla città e al municipio: so che stanno già predisponendo le domande per l’inizio lavori». Tuttavia questa soluzione non convince gli ex gestori dei giochi. «Noi siamo contrari a questa ipotesi – sottolinea Saverio Pedrazzini, gestore della ruota panoramica e portavoce dei giostrai –. La nostra storia non ci consente di accettare questo cambiamento. Primo, perché Roma rivuole il suo parco dei divertimenti: abbiamo raccolto già 2500 firme. Secondo, perché da zero a dodici anni entra in inutile conflitto con tutti i parchi di quartiere per bambini». Posizione comprensibile visto che nel verde pubblico dell’Eur esistono già molte attrazioni, come nel Parco del Lago, e un nuovo spazio per soli bambini finirebbe per determinarne la chiusura. Luneur, insistono gli ex gestori dei giochi, fermi dal 2008, «deve essere il parco di una capitale, come il Prater di Vienna, e raccogliere tutte le persone, da zero a 99 anni: non conosciamo i piani economici di questo cambiamento in family park, ma il Luneur deve far parte del secondo polo turistico, e con la sua ruota». Oggi invece l’area del Luneur versa in un completo stato di abbandono. Ci si chiede se sia un’altra strategia per determinare l’invecchiamento

degli impianti, facendo perdere loro il valore di mercato. Già, perché il bando prevedrebbe la possibilità dell’acquisto degli impianti di attrezzature dei vari sub conduttori da parte di Cinecittà Ent. Possibilità tutta da definire e legata a variabili che solo Cinecittà Ent. deciderà se considerare o meno, come appunto previsto dal suddetto bando. Certo, è triste constatare lo stato di degrado del più grande luna park della Capitale, e il più antico d’Italia con giochi meccanizzati, presente in forma stabile dal 1953 (fu realizzato in occasione della Fiera dell’Agricoltura di quell’ anno). Come pure lascia perplessi l’eventualità che la ruota panoramica sparisca dallo skyline dell’Eur. Sia chiaro, è giusto che il territorio si trasformi, assumendo sempre più una connotazione internazionale come quartiere moderno, modello sia a livello urbanistico sia per servizi offerti ai residenti e visitatori, ma in questo contesto non si capisce come possa determinare un arricchimento lo smembramento di un parco giochi completo come questo. Ci si augura che le decisioni future, oltre a tutelare gli interessi delle famiglie rimaste senza lavoro, tutelino anche il quartiere, trasformando l’attuale Luneur in un modello di intrattenimento per grandi e bambini.

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CHICK-POST di Cinzia Giorgio

Scene di ordinaria follia… in libreria

Chick-Book del mese Ulisse di James Joyce (Newton Compton, 2012) Compriamo senza timore la nuovissima traduzione firmata da Enrico Terrinoni. L’Ulisse di Joyce è un classico intramontabile della letteratura irlandese e mondiale, e una pietra miliare della letteratura contemporanea. Sebbene ci possano legittimamente spaventare più di mille pagine di questo mastodontico romanzo, val la pena di acquistare la nuovissima traduzione che rispetta in pieno la complessa architettura linguistica di Joyce. Si tratta di un volume che non può mancare nella nostra libreria di casa. Se invece doveste decidere di regalarlo, consigliate la sua lettura a piccole dosi, sarà più piacevole e gustoso e i fortunati destinatari del prezioso dono lo apprezzeranno molto di più. Lo scoglio più arduo da superare è rappresentato dalle prime cinquanta pagine, ma è niente in confronto al vantaggio intellettuale che ne trarrete.

Roll Away the Reel World. James Joyce and Cinema, a cura di John McCourt (Cork University Press, 2010) Forse non tutti sanno che lo scrittore irlandese James Joyce fu affascinato e influenzato dal nuovo mezzo cinematografico, tanto che decise di aprire un cinema a Dublino nel 1909, forse il primo della città. Riuscì a coinvolgere nel progetto tre uomini d’affari triestini, già proprietari di cinema a Trieste e a Bucarest; costoro sostennero Joyce nell’impresa, sia dal punto di vista finanziario che organizzativo. Il 20 dicembre 1909 il cinema Volta di Dublino poté così aprire con la prima proiezione per il pubblico. Da questa vicenda prende le mosse il volume collettaneo Roll Away the Reel World. James Joyce and Cinema, il cui titolo gioca sull’omofonia tra “reel” (bobina cinematografica) e “real” (reale). Il libro, nato dall’omonimo convegno svoltosi a Trieste nel 2009 durante il locale Film Festival, è curato da John McCourt, uno tra i maggiori esperti di Joyce. Simpatica la copertina del libro che mostra, come in un gioco di specchi, una foto (vera) di Marylin Monroe che legge l’Ulisse, mentre Joyce (e questo è invece un fotomontaggio) la guarda incuriosito.

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For magazine PITTURA di Carlo Di Giuseppantonio

scoprendo la cina Viaggio nell’Estremo Oriente attraverso la vita e le opere del professor Wen Guozhang, uno dei piÚ famosi pittori di cinesi, influenzato dalla lezione dei grandi maestri europei

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A tutti voi, lettori di For Roma Eur, proponiamo un argomento che speriamo solleciterà il vostro interesse. Voleremo lontano, per raggiungere la Cina, paese in cui ho avuto la possibilità di risiedere per lunghi periodi, e comprendere, attraverso la biografia del pittore Wen Guozhang, un artista la cui vita è stata fortemente influenzata e determinata dagli avvenimenti storici del suo paese, le vicende dell’epoca, per seguire l’evoluzione di un uomo e di una nazione. Questa narrazione desidera anche essere un modesto omaggio alle relazioni tra Italia e Cina, recentemente celebrate con importanti eventi, iniziati nel 2010 e conclusisi quest’anno. In particolare ricordiamo la mostra I Due Imperi: l’Aquila e il Dragone (2010/2011), con la quale per la prima volta i due più importanti imperi della storia – quello romano e le dinastie cinesi Qin e Han, nel periodo che va dal II secolo a.C. al IV secolo d.C. – vengono messi a confronto; l’Anno culturale della Cina In Italia (2010/2011), rassegna volta a promuovere la conoscenza della cultura cinese in Italia, poiché nel 2010 ricorrevano i 40 anni di relazioni diplomatiche tra i due paesi. Oltre cento eventi, come mostre e concerti, ma anche incontri sull’economia e il commercio, sull’erudizione e la tecnologia, l’ambiente e il turismo, contenuti nella concezione più ampia del termine cultura; Le Vie della Seta (ottobre 2011 - febbraio 2012), manifestazione dedicata ai paesi del Medio ed Estremo Oriente: un ricco programma di 11 mostre, conferenze ed eventi che ha coinvolto diversi luoghi di Roma. Questi paesi sono stati celebrati attraverso l’archeologia e le riletture d’arte contemporanea. Negli anni 1970/80, molti di noi che ebbero la possibilità di visitare l’Estremo Oriente ed in particolare di risiedere in Cina, provenivamo dal famoso IsMeo, l’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente di Roma, (ora IsIAO), avendo avuto come spirito guida la mitica figura del grande Giuseppe Tucci (professore universitario in Italia ed all’estero, Accademico d’Italia, archeologo, esploratore, polilingue, filosofo). D’altronde, l’interesse di noi italiani per le altrui culture ha memoria antica, ed il rapporto con la Cina è storico, ininterrotto attraverso i secoli, realizzato, a solo titolo di esempio, tra le decine di illustri personaggi, da Marco Polo, Teodorico Pedrini, Matteo Ricci, Giuseppe Castiglione. Ispirati dalle lezioni coinvolgenti dei nostri docenti eravamo animati dal desiderio di esperienze tese alla conoscenza, con l’incontro diretto, di luoghi e di popoli. E, proprio incitato da questo spirito, quando risiedevo a Pechino, oltre allo studio della lingua, quotidianamente mi immergevo nell’esplorazione di mercati, strade, musei, negozi, monumenti, a bordo di una bicicletta, munito della mia macchina fotografica, per vivere la vita del “cinese”, in momenti irripetibili che immortalavo con delle istantanee. Nei primi mesi del 1980, iniziai a frequentare la sala mostre dell’Istituto di Belle Arti, ove venivano esposte le opere dei suoi docenti e studenti. Ero curioso di vedere a che punto fosse l’arte contemporanea cinese, dato che le pubblicazioni che arrivavano in Italia (poche e di regime) presentavano opere tutte “libro e moschetto”, protese all’esaltazione dei valori rivoluzionari. Le mie visite diventarono sempre più frequenti e riuscii ad instaurare con loro rapporti di cordialità ed amicizia. Ero circondato da una sana curiosità ed attenzione, visto come portatore dell’eco del mondo “alieno”, che l’ideologia tendeva a nascondere quale elemento di contaminazione e indebolimento del socialismo reale. In queste mie visite conobbi uno dei docenti, che già allora piuttosto noto, oggi è uno dei più famosi pittori di Cina: il professor Wen Guozhang. Fu un incontro che perse subito la formalità che all’epoca era doverosa negli incontri tra un wai bin (straniero) ed un “popolare” ed iniziò subito un rapporto con scambio di idee, impressioni, notizie, che mise in contatto le nostre due amate culture, e che si consolidò nel tempo, per trasformarsi in una solida amicizia che dura oramai da trent’anni. Fu anche grazie al suo determinante aiuto, suggerendomi ed accompagnandomi in itinerari inconsueti all’interno della Cina, che potei scoprire luoghi e conoscere genti di cui conservo un indimenticabile ricordo. Tra il 1979 al 1984, intrapresi molti viaggi lontano dalla mia base di Pechino, percorrendo migliaia di chilometri nelle regioni dello Xinjiang, patria del

Wen Guozhang, Madre, olio su tela. popolo turco di Cina, del Cing Hai, detto il piccolo Tibet, nello Yunnan, con le sue numerose minoranze etniche dagli incantevoli costumi, nel Sichuan, dove da Chungchin si salpa per l’avventurosa crociera sul fiume Azzurro, attraverso i tre Gorghi, in Mongolia, in Manciuria e molte altre mete. Ero costantemente immerso in un’atmosfera magica, nell’ammirata scoperta dei luoghi e alla ricerca dell’“uomo”, in un paese vastissimo, al cui interno vivono e convivono decine di etnie con usi, costumi, lingue e religioni molto differenti tra loro. A quel tempo non si poteva circolare liberamente per il paese, ma era necessario un passaporto interno in cui erano segnate le mete permesse, ma questa limitazione non era sentita, perché essere lì costituiva un fatto straordinario che permetteva di vivere un’esperienza unica di testimone della storia: si era sul tetto del mondo, felici e fieri di avere raggiunto l’obiettivo. Il maestro Wen Guozhang nasce nel 1942, nella provincia del Sichuan, in una famiglia borghese, in cui il padre è professore universitario. Nei primi anni della sua vita, la famiglia si sposta in varie città, sull’onda dei drammatici ed epocali cambiamenti sociali e politici, fino al definitivo trasferimento a Pechino nel 1951, ove il padre insegnerà presso l’Accademia Centrale di Belle Arti. Attraverso la biografia del maestro Wen, si possono ripercorrere tutte le fasi storiche, esaltanti e drammatiche allo stesso tempo, che questo paese ha attraversato: la guerra di liberazione

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Wen Guozhang entra nella Scuola delle Belle Arti di Pechino nel 1958, affinando la sua predisposizione per le discipline figurative. contro il Giappone, la guerra civile, l’affermarsi del Maoismo, la Rivoluzione Culturale, l’apertura all’Occidente, fino ai nostri giorni, in cui la Cina è diventata una delle prime potenze mondiali. Risiedendo negli alloggi dell’Accademia, fin da bambino vive immerso nella magica atmosfera degli artisti e della disciplina ideologica, per la quale lo studio ha sempre un significato rivoluzionario e inizia, grazie agli insegnamenti dei genitori e poi dei professori, imponendosi una dura disciplina, fisica e spirituale, a costruire la sua personalità. Dimostrando la sua predisposizione per le arti figurative entra nel 1958 nella Scuola delle Belle Arti, il cui fondatore fu un fedelissimo di Mao Tse-tung, modellata sulle Accademie sovietiche, dati i forti legami tra i due paesi, patrie del Socialismo Reale. Il sistema educativo era imperniato sulla valorizzazione della moralità e dell’intelligenza, per dotare gli studenti di un solido bagaglio culturale e competenza nelle Belle Arti, al servizio del popolo ed essere un vanto della propria nazione. In Cina è stato sempre fortissimo fin dai primordi l’interesse per le arti, figurative e non, con l’istituzione di scuole importantissime. La tradizione, pur nella varietà degli stili, è continuata ininterrotta fino ad oggi. L’inizio della pittura è datata al 200 d.C., periodo in cui la calligrafia era ritenuta la più alta e matura forma espressiva della pittura, del cui fascino gli occidentali non riescono a coglierne la raffinata bellezza. Il maestro Wen studia e vive con i migliori artisti di Cina che insegnano e frequentano l’Accademia, alcuni famosi in tutto il mondo come Wu Zuoren. Sotto la loro guida approfondisce le tecniche degli artisti del Rinascimento italiano, Tiziano in particolare, e le correnti romantiche dell’Ottocento e Novecento, partendo dall’insegnamento dei pittori russi (a Plastov rimarrà sempre legato), per approdare alla creazione di un suo forte stile, caratterizzato dall’uso del colore e delle ombre. La lezione acquisita in anni di studio e di sperimentazione lo porta a conseguire grandi risultati nei vari stili

dell’arte visiva come l’incisione, l’acquerello, le tecniche miste, e che, soprattutto dopo il suo pensionamento come professore dell’Accademia, si consolida nella sua grande passione di dedicarsi completamente alla pittura ad olio. La sua insaziabile curiosità e voglia di accrescere la sua cultura lo porta a frequentare negli anni anche gli ambienti vivaci e stimolanti dell’Orchestra Philarmonica Centrale, del teatro, seguendo anche i corsi dell’Accademia del Dramma, e del cinema. Tra il 1979 ed il 1981 consegue vari diplomi di specializzazione, viene associato all’insegnamento nell’Accademia ed assume anche incarichi di organizzatore di dipartimenti scolastici e di mostre ed esibizioni. Questa sua duplice veste di insegnante e funzionario gli consente di avere un livello di vita economico e sociale finalmente elevato. Col nuovo status, anche se non membro del Partito Comunista, può frequentare senza temere controlli o indagini di tipo poliziesco, cittadini stranieri, viaggiare liberamente per la Cina e, più tardi, perfino a Taiwan, il nemico di sempre. Però la vita non fu sempre facile, soprattutto nei momenti caldi della Rivoluzione Culturale, e nel periodo della Banda dei Quattro, fino ai recenti episodi di piazza Tienanmen: i fatti politici si sono intrecciati con la sua vicenda pubblica e privata ma non l’hanno stravolta, grazie alla sua forte personalità, sostenuta dal rigore morale e dall’amore per la pittura, scopo della sua vita, doti che gli hanno permesso di affrontare e superare con tenacia e coerenza anche i momenti di grande difficoltà (il film Addio mia concubina, 1993, del regista Chen Kaige, dà un’idea veritiera della Cina dal 1924 al 1980). Dal 1968 in poi allarga sempre di più i suoi orizzonti ed inizia la sua avventura di conoscenza oltre i confini fisici e culturali della Cina. Grazie anche alla nuova situazione politica del Paese, con l’apertura sempre maggiore all’esterno, effettua dal 1989 in poi molti soggiorni in Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Spagna, Russia, Italia (1989-2005-2011),

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Il Petit Bar di viale Beethoven, 20 all’Eur, punto di riferimento della ristorazione, apre le sue porte all’arte. A fine maggio sarà ospitata l’interessante esposizione di fotografie storiche realizzate da Carlo Di Giuseppantonio in Oriente tra il 1980 ed il 1984, e già esposte ultimamente con successo presso la sede del Centro Habitat Mediterraneo LIPU-Ostia nell’ambito della mostra Anche gli uomini possono volare - Arte fra sogno e realtà. Il Petit Bar è uno degli locali storici dell’Eur e tra breve compirà i 50 anni di esercizio. Creato e gestito dalla famiglia Rechichi, animato dalla signora Maresca, nota poetessa, e dal signor Antonio, intrattenitori raffinati. Questa iniziativa è un esperimento per diffondere, attraverso i ricordi “privati” di esperienze personali di viaggio, la realtà di uomini e la cultura di paesi lontani. Con l’augurio che queste immagini suscitino, soprattutto nei giovani, il desiderio del viaggio e della scoperta.

Wen Guozhang, Ragazza Tajika, olio su tela. Olanda, Danimarca e paesi dell’Oriente, sia per esporre le sue opere, sia per studio: «Questi viaggi mi hanno aiutato ad ottenere una più profonda conoscenza dei giganti che io ammiro, ad assorbire differenti ma utili nutrimenti ed incrementare la mia abilità nella pittura, per raggiungere un più elevato livello di tecnica pittorica ad olio». Nel 1979 si realizza il suo sogno ispirato da Delacroix, e come lui, che si recò in Nord Africa attratto dal suo esotismo per preparare il suo esame di diploma superiore, si reca nella regione dello Xinjiang ritraendo i paesaggi e le popolazione turkmene. Da questo primo contatto, spinto dalla sua incontenibile ed appassionata ricerca del vero soggetto, inizia ad esplorare moltissimi luoghi di questa regione dipingendo incessantemente. È quindi sulle regioni dell’Ovest della Cina che si concentra la sua attenzione, attratto irresistibilmente dalle numerose minoranze etniche dei Pamiri, Tajiki e Kirgisi, di etnia indoeuropea, che vivono nella regione del Pamir, “Il Tetto del Mondo”, ove le montagne più alte dominano gli immensi altipiani. Questa sua ricerca lo porterà successivamente ad individuare nel popolo Tajiko del Pamir quella che diventerà l’unica fonte di ispirazione per la sua pittura. Questo interesse nel tempo si consoliderà sempre più, e alla rappresentazione pittorica dei costumi e delle tradizioni, si unirà lo studio etnografico, diventando così il “cantore” globale del popolo Tagiko, popolo nomade, dedito alla pastorizia, che vive in una regione

immensa, crocevia tra Cina, Pakistan, Afganistan, Tajikistan, lungo la Via della Seta. Wen vive lunghi periodi in questa regione, dividendo quotidianamente le stesse esperienze dei locali e trasferendo nei suoi quadri gli usi e costumi, la vita, le figure i volti e i fatti quotidiani come i matrimoni, i campi dei nomadi nelle steppe, le feste tradizionali come il polo Tajiko in cui due squadre a cavallo si contendono il corpo di una pecora. I suoi dipinti sono caratterizzati da un magnifico senso delle proporzioni, dal gioco emozionante della luce, del colore e delle ombre che proviene dall’aver compreso la lezione dei grandi pittori europei a partire da Delacroix, suo perenne ispiratore, e del Rinascimento veneziano. Nei suoi quadri risaltano gli sguardi delle donne pieni di fascino e di languore; degli uomini, fiammeggianti di energia e virilità, eccitati nei loro giochi di abilità, dei bambini e dei vecchi dagli occhi pieni di innocenza e serenità, dei costumi coloratissimi che risaltano durante le feste, illuminati dalla luce dei fuochi degli accampamenti, con il sottofondo della musica carezzevole della chitarra a quattro corde, delle forme forti e plastiche dei cavalli, animali inseparabili dai Tajiki. Ritrae un ambiente ancora intatto, protetto dalle sue difese naturali, in cui l’uomo pur cosciente dell’esistenza del mondo moderno, vive il suo quotidiano con gesti semplici ma antichi e pieni di sapienza, avendo come scenario il verde dei pascoli di alta montagna, il giallo ocra delle steppe desertiche o le nevi ed i ghiacciai perenni, consapevole di essere un elemento di un tutto infinito. L’opera che più di ogni altra condensa il genio di questo artista, il suo amore per il popolo Tajiko e la sua filosofia della vita, nella più pura tradizione romantica, è un quadro di grandi dimensioni (2x5 m), in cui è rappresentato il “buzkashi”, che letteralmente significa “acchiappa la pecora”. I cavalieri partecipanti, infatti, divisi in due squadre, devono contendersi la carcassa di un capo di bestiame, tradizionalmente una capra. Al termine della gara risulterà vincitore lo schieramento in possesso della carcassa. Oggigiorno, mentre molti pittori cinesi risentono ancora degli influssi dell’arte rivoluzionaria, legata alle parole d’ordine maoiste o si avventurano in sperimentazioni che scopiazzano le correnti occidentali, è venuta a mancare, determinata dalle vicende storiche, la possibilità di conoscere l’arte moderna e d’avanguardia del Novecento europeo ed americano, facendo venire meno agli artisti cinesi un elemento di informazione e di studio, che avrebbe arricchito sicuramente il loro bagaglio culturale. L’arte del maestro Wen Guozhang ha contenuti di forte autonomia, caratterizzata da sicurezza del tratto, uso del colore e soprattutto delle ombre. La lezione dei grandi europei è stata ben assimilata e fatta propria, e viene restituita attraverso uno stile assolutamente personale, che fa dell’artista un continuatore autorevole delle correnti romantiche classiche occidentali, in cui echeggiano elementi dell’arte cinese risalente fino al grande periodo della dinastia Tang, in cui il paese diventa un immenso regno, conoscendo un periodo di pace e prosperità, che favorì il fiorire di produzioni artistiche di superbo livello.

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For magazine STORIA di Cinzia Giorgio

Le donne di Roma

La leggenda narra che Clelia incoraggiò altre prigioniere a fuggire dall’accampamento di Porsenna, attraversando il Tevere a nuoto. Quando fu catturata il re etrusco la liberò perché era rimasto estasiato dal suo coraggio. 98 For Magazine


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Nei tempi antichi Clelia era il simbolo della libertà e della dignità della scelta consapevole. La sua figura divenne un romanzo del nostro “eroe dei due mondi”: Giuseppe Garibaldi, che diede questo nome a sua figlia

Nella Roma arcaica una figlia, ancora giovanissima (puella, che è diminutivo di puera, ragazza), poteva essere promessa in sposa o fidanzata a un giovane, anche contro la propria volontà. Il rito del fidanzamento consisteva in un vero e proprio impegno, perseguibile in caso di inadempimento, che vincolava la donna alla fedeltà prematrimoniale nei confronti del futuro sposo. Il rito del matrimonio avveniva di fatto con il trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito. Il fidanzato consegnava alla ragazza un pegno per garantire l’adempimento della sua promessa di matrimonio: un anello che lei metteva all’anulare sinistro. La forma più completa del matrimonio era la cosiddetta “perconfarreationem”, dal panis farreus, un pane preparato con il farro, che veniva mangiato dagli sposi, appena entrati nella nuova casa. Accanto a questo rito di matrimonio, si affiancavano altre due forme meno solenni: la coemptio, una vendita simbolica con la quale il padre cedeva la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario; e l’usus, per cui una donna diventava moglie quando dimostrava di aver abitato con un uomo per un anno 99 For Magazine


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intero, senza un’interruzione di tre notti consecutive. Per i Romani il matrimonio era pienamente valido anche se non consumato. Dal momento che la donna dipendeva totalmente dal padre e dal marito, e poiché si mirava all’indissolubilità del vincolo matrimoniale, la mancanza di un vero amore reciproco non rendeva l’istituto del matrimonio meno stabile. D’altra parte, i Romani si sposavano soprattutto per garantirsi una discendenza. Nella formula più arcaica la donna diceva all’uomo “Ubi tu gaius, ego gaia”, cioè dove tu sei gaio io sono gaia. Un rituale legato alla terra e alla funzione riproduttiva del matrimonio. Tuttavia, ciò che faceva elevare una donna al rango di mater familias non era il parto, ma proprio il matrimonio. Con questa formula la donna esprimeva il suo desiderio che l’uomo diventasse per lei, anche giuridicamente, un nuovo padre, alla cui potestà lei coi suoi figli voleva sottostare loco filiae, come una figlia. Il marito aveva su di lei un potere che, per un’antica legge dei tempi di Romolo, comportava, almeno in due casi, il diritto di vita o di morte: quando la moglie veniva sorpresa in flagrante adulterio e quando si scopriva che aveva bevuto vino! Le lodi rivolte alle donne, nelle epigrafi, raramente riguardano la donna di per sé; le sue virtù sono quelle che le hanno permesso di servire e amare il marito, i figli e di accudire la casa. Non c’è dovere di reciprocità nell’amore, non c’è obbligo alla reciproca fedeltà coniugale. Nel 18esimo secolo a.C., per far fronte al crollo delle nascite e ai divorzi facili, Ottaviano presentò la famosa “Lex Iulia de maritandis ordinibus”, diretta a ricostruire la società secondo i più rigidi principi morali. Infatti la legge sanciva l’obbligo al matrimonio, vietava l’unione dei senatori con le liberte (schiave affrancate) e prevedeva una serie di misure allo scopo di aumentare il tasso demografico: si stabilivano premi per i cittadini con famiglie numerose e pene pecuniarie per i celibi e i coniugi senza figli. I celibi restavano esclusi da vari diritti. Il

Nell’Antica Roma le lodi rivolte alle donne riguardavano le loro virtù nel rispettare il sacro vincolo del matrimonio, nel servire e amare il marito e i figli, nell’accudire la casa.

decreto assegnava inoltre un termine agli eterni fidanzamenti e stabiliva severe sanzioni per i furbi che con continue rotture di fidanzamento eludevano le leggi fiscali a carico degli scapoli, emanate per fronteggiare il preoccupante fenomeno della diminuzione delle nascite. Sarà forse un effetto delle leggi augustee, sta di fatto che prima del cristianesimo sono rarissime le testimonianze di donne rimaste nubili. Le donne, in particolare, dovevano dimostrare d’aver voluto almeno tre figli, nel qual caso ricevevano parità di diritti con gli uomini.

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Ottaviano promulgò, inoltre, la “Lex Iulia de pudicitia et de coercendis adulteriis”, che riguardava il libertinaggio e il lusso licenzioso. Contro gli adulteri e le adultere erano sancite gravissime pene economiche. Alla base vi era la volontà di rinsaldare l’istituto familiare e la società uscita disfatta dalle guerre civili. Dopo Augusto le mezzane, le prostitute e le attrici vengono private di vari diritti legali. Gli esempi di donne virtuose che circolano in età augustea sono molteplici. Fra tutte spiccano Lucrezia e Clelia. Durante il sesto secolo a.C., secondo lo storico romano Tacito, il popolo etrusco governava Roma. Al trono vi era Tarquinio il Superbo, un sovrano crudele che meritava in pieno l’appellativo che gli avevano dato. Ma fu proprio con lui che nel 509 a.C. finì il periodo della monarchia. Odiato da tutti i suoi sudditi e persino dai suoi stessi familiari, Tarquinio era un re spregiudicato e profondamente ingiusto. L’evento che scatenò la storia di Clelia partì da un’azione del figlio del re che rapì e violentò una virtuosa domina romana, chiamata Lucrezia. La quale, dopo aver subito l’oltraggio dello stupro, per la vergogna si uccise, divenendo l’emblema della rivolta contro Tarquinio e la sua genie. Guidati da Giunio Bruto (avo di quel Bruto che ucciderà Cesare nel 44 a.C.) e Collatino, i Romani scacciarono dal trono Tarquinio il Superbo, che si alleò con il lucumone Porsenna. Dopo la pace tra Etruschi e Romani venne deciso di dare come ostaggio, in segno di tregua, dieci donne ai Tarquini. Tra queste vi era Clelia, che insieme alle altre nove fuggì a nuoto per il Tevere fino al Ponte Sublicio. Il ponte però era stato distrutto: i Romani così la ritrovarono e la ragazza venne condotta dal re e davanti ai consoli. Il re volle sapere dalla coraggiosa giovane donna chi l’avesse aiutata, ma Clelia gli rispose fiera: “Ho fatto tutto da sola!” e venne graziata per la risolutezza e la forza d’animo. Com’era Clelia? Sicuramente bella, ci piace immaginarla come una romana tipica: capel-

Nel XVIII secolo a.C., Ottaviano introdusse leggi severe per contrastare il calo delle nascite e i divorzi, obbligando al matrimonio e stabilendo premi per le famiglie numerose.

li scuri e ricci, occhi neri e portamento regale. Come simbolo di libertà appare nella storia prima del più famoso Spartaco, ma con una differenza sostanziale: Clelia riuscì dove Spartaco il trace venne sconfitto. Clelia infatti venne da allora considerata come il simbolo della necessità della libertà e della dignità della scelta consapevole. La sua figura divenne anche un romanzo, mediocre a dire il vero, del nostro “eroe dei due mondi”: Giuseppe Garibaldi, che oltre a intitolare la sua opera Clelia, diede questo nome anche a sua figlia.

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For magazine IN FORMA con Jill Cooper

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ALLA “DIETA DA FAME” Non è necessario ricorrere a metodi d’urto per perdere peso in vista della prova costume. L’ossessione per il cibo e per i chili di troppo si combatte con equilibrio, tanto sport e una corretta alimentazione. A volte basta anche una camminata Fare dieta o non fare dieta: questo è il dilemma. Di recente sono stata ospite ad una puntata di Matrix su Canale 5 e il tema centrale del talk show erano le diete, o meglio, le differenze tra diete e la fissazione per esse. Non mi sorprende questa scelta, considerando che siamo in primavera e la prova costume si avvicina. Gli altri periodi caldi per quest’argomento sono alla fine dell’estate e dopo Natale, i momenti più cruciali per i sensi di colpa legati al relax e/o piacere e agli eccessi a tavola. Spesso quando frequento queste trasmissioni mi trovo affiancata dai dietologi, obesi o ex obesi, e ogni tanto qualche santone che promuove l’ultimo elisir della dieta segreta che rende magri e belli in poche settimane. Dentro di me rimango sempre un po’ basita dall’ossessione che molti hanno per il cibo, e ancora più da come il loro rapporto con se stessi si altera o si trasforma in confronto a quello che mangiano. Alcuni pensano che se mangiano un biscotto hanno rovinato la loro dieta per il resto della giornata, e allora sono cattive 3persone. Invece se riescono a resistere tutto il giorno, senza fare grandi sgarri, si sentono fieri di loro stessi. La dieta in questo senso diventa un’arma di sofferenza su ogni livello, perché se una persona vive con un costante senso di rinuncia si colpevolizza per aver mangiato qualche cosa che avrebbe dovuto darle un minimo di goduria. Con il mio nuovo libro Anti Anta, oltre ai trucchi contro l’invecchiamento, spiego i meccanismi legati alla fissazione per il cibo, il frigo e le diete, per poi aiutare le persone a liberarsi una volta per tutte da questo potere immaginario che il cibo ha su di loro, e ottenere così il corpo che hanno sempre voluto. Il mio metodo ha poco a che fare con le diete, intese come un’azione d’urto per perdere 10 kg prima dell’estate, che si rivelano quasi sempre un fallimento annunciato. Io invece parlo di equilibrio, di vera essenza del cibo e di alimentazione piuttosto che di dieta. Il primo motivo per il quale le diete d’urto non funzionano è perché non si può ingannare il proprio corpo. Per il semplice motivo che lui è più abile di noi a tenerci in vita. La sua “intelligenza” è innata, grazie a migliaia di anni di evoluzione, sicuramente più longevo dell’ultima dieta di grido. Il

corpo non vuole disperdere energia, non vuole avere troppe “spese” metaboliche e di sicuro non vede l’ora di abbassare il metabolismo di base appena ne ha l’opportunità. Per questo se il corpo non riceve un segnale di strada libera e ricchezza entro 90 minuti da quando si è svegli, automaticamente comincia a restringere i suoi consumi metabolici per risparmiarli. Lo stimolo della “dieta da fame” innesca quello stesso meccanismo di sopravvivenza, e per proteggerci il corpo abbassa i consumi per tenerci in vita, mentre noi volevamo semplicemente perdere qualche chilo. Dal punto di vista della sopravvivenza è geniale, dal punto di vista della prossima prova costume lo è un po’ meno. Allora come si fa ad evitare la “dieta da fame” (o forse, da infame) e perdere i chili che si desidera? È così semplice, e mi gira sempre nella testa quando assisto in studio a questi programmi Tv. Se si vuole che il corpo bruci più calorie, aumentando i consumi aumenterà anche la fame, ma il corpo, grazie all’allenamento, si adatterà e potenzierà i suoi sistemi per bruciare grassi. Poi è semplice migliorare, specialmente nei primi mesi. Si potrebbe cominciare anche con solo 30 minuti di camminata per ottenere dei risultati. Conosco una persona che ha perso 40 chili in 8 mesi camminando, un’attività che poi è diventata una bella corsa. Il movimento è un messaggio di ricchezza che si dà al proprio corpo, e quel segnale lascia le fornaci del metabolismo a fiamma alta, esattamente quello che si vuole per mangiare di più senza prendere chili. Diventate sportivi, e sarete più sorridenti, rilassati, in forma e potrete una volta per sempre dire “addio” alla dieta, e “hello” a un nuovo stile di vita. Buon allenamento da Jill Cooper

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For magazine DEL BENESSERE L’ANGOLO di Elda Bertoli

IL FUMO È NEMICO DELLA BELLEZZA Oltre alle numerose patologie legate all’abuso di sigarette, il tabacco provoca danni alla pelle ed è responsabile dell'invecchiamento precoce. Un rimedio per smettere: tante vitamine C, A, E

Bellezza e giovinezza si conservano e si ritrovano non solo grazie ai sempre più efficaci rimedi della medicina estetica e della chirurgia plastica. La salute e il benessere psicofisico di ognuno di noi si mantengono solo se siamo in grado di osservare le regole di uno stile di vita corretto che contempli una sana e bilanciata alimentazione, un’attività fisica dolce e costante, unitamente ad una vigile attenzione nei confronti dell’uso di alcool e fumo. I danni che proprio quest’ultimo è in grado di provocare sono davvero molti, e proprio in una rubrica come questa non si poteva non dedicare un capitolo ad uno dei nemici numero uno della bellezza e della salute della pelle e non solo. I deterioramenti fisici provocati dal fumo sono tantissimi, spiega la dottoressa Giorgia Gencarelli, specialista in pneumologia presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, e non coinvolgono solo i polmoni, ma tutti gli organi interni, primo fra tutti l’apparato cardiovascolare. Sono più di ventisette le patologie riconosciute negli Stati Uniti che vengono diagnosticate a causa dell’uso e abuso da fumo di sigaretta: broncospasma, enfisema polmonare, bronchite cronica, tumore. Il fumo, inoltre, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, è spesso responsabi-

le di infertilità maschile, di menopause precoci, di aborti e crescita di neonati sottopeso. Fumare tanto e fumare poco: è spesso questo il dilemma, ma secondo la dottoressa Gencarelli non vale molto. Il fumo è dannoso comunque ed è uno dei veri e sicuri responsabili dell’invecchiamento precoce della pelle. A poco valgono creme e unguenti miracolosi se non si riduce o non si smette totalmente di fumare. L’elasticità e il turgore dell’epidermide, spiega Giorgia Gencarelli, vengono messi a dura prova perché le componenti stesse del tabacco sono assorbite per via sistemica e diminuiscono il flusso sanguigno a livello dei capillari e delle arteriole, determinando un’ischemia del derma e alterando quindi l’integrità cutanea. La pelle perde il colorito naturale e diventa grigiastra, mentre le fibre elastiche si modificano perdendo tono e turgore. È a questo punto che il viso appare più stanco ed invecchiato. Ne vale la pena? La formazione precoce di rughe, continua Gencarelli, è pertanto più che normale, soprattutto quelle che si dispongono in forma radiale intorno alla bocca, ma anche quelle intorno agli occhi, poiché il fumare provoca spesso lacrimazione ed irritazione alla zona oculare. 104 For Magazine

Smettere di fumare non è sempre così facile. Ci vuole un grande forza di volontà, unitamente alla consapevolezza e allo sforzo di comprendere che comunque fare a meno del fumo vuol dire stare meglio, vedersi più sani e più belli. La moderna medicina ha messo a punto vari rimedi per aiutare i fumatori a staccarsi da questo vizio dannoso. Oggi, spiega ancora la Gencarelli, esistono dei farmaci che si legano ai recettori della nicotina e, agendo come antagonisti della stessa, alleviano i sintomi del desiderio di fumare. Si tratta comunque di rimedi che vanno utilizzati e somministrati con cautela, e per adesso solo nei centri antifumo delle Aziende Ospedaliere. Per il resto, rimangono validissimi gli aiuti che provengono dall’uso di integratori vitaminici, soprattutto da quelli a base di vitamina C, A, E, le antiossidanti per eccellenza che, prese in dosi giuste e non eccessive, sono un vero e proprio elisir di giovinezza, in quanto combattono i radicali liberi che spesso aumentano in maniera spropositata nei soggetti fumatori. Anche lo sport e qualsiasi altra forma di attività fisica, conclude la dottoressa Gencarelli, sono benefici per contrastare i danni da fumo, oltre ad una vita serena e senza troppi stress.


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moda & sport di Lucilla Quaglia

La capitale del golf Si è svolta di recente la seconda edizione della prestigiosa “Roma Classic by Laura Biagiotti Parfums” vinta da D’Orazio, Balsamà e Pagni. Il presidente della Fig Chimenti promette l’Open d’Italia al Marco Simone La Città Eterna è da sempre nei pensieri della stilista Laura Biagiotti, che non a caso ha dedicato al Natale di Roma una gara di golf all’insegna della sua fragranza più famosa: Roma. La prestigiosa “Roma Classic by Laura Biagiotti Parfums”, nel solco della grande tradizione golfistica della Capitale, è stata giocata il 21 aprile sullo splendido campo abilmente modellato dall’architetto statunitense Jim Fazio con tanti personaggi del mondo dello sport, della cultura e delle istituzioni. In competizione il giornalista Giacomo Crosa del Tg5, ma anche attori come Michael Reale e Davide Devenuto di Un posto al sole e campioni come Michael Mair. In campo anche il principe Filippo Pacelli. In club house avvistata Rosella Sensi. In premiazione il presidente del club Fabio Virgili, Laura Biagiotti, Sabatino Leonetti, vice presidente del Consiglio Provinciale di Roma, Silvana Giacobini e il presidente della Fig Franco Chimenti, che ha promesso di portare di nuovo al Marco Simone l’Open d’Italia, colpito dalla sua bellezza. «È ora che l’Open d’Italia torni nella Capitale – ha detto Chimenti – e il Marco Simone ne è davvero degno per bellezza, spazi e designo». Vincitore del premio di prima categoria è stato Stefano D’Orazio, che con 39 punti ha battuto di tre lunghezze Fabrizio Avenati. In seconda categoria vittoria di Sandro Balsamà con 39, a un punto da Adelaide Ventura. In terza vittoria di Leonardo Pagni che con 42 ha battuto di due punti proprio Michael Reale. Ladies a Carla Barattelli con 38 e seniores a Caterina De Gasperis con 38. Premio per il primo lordo con 39 a Marco Moriconi. Non solo competizione, ma anche spazio per i neofiti, che hanno potuto usufruire presso il driving range delle lezioni gratuite dei maestri del club. Grande novità poi con la prova di ballo, a cura dei personal dancer di Simone Di Pasquale, e fruibile da tutti. Tutto ciò ha rappresentato un grande appuntamento per il Gruppo Biagiotti, che ha sempre creduto e investito molto nel golf, ama e segue lo sport ed è stato tra i primi sponsor dell’ambiente. «Il crescente desiderio di verde di ognuno di noi e uno stile di vita sano e sportivo – spiega Lavinia Biagiotti Cigna, vice presidente Gruppo Biagiotti – rappresentano il nostro obiettivo principale».

Da sinistra: Giacomo Crosa, Michael Mair e Filippo Pacelli.

Lavinia Biagiotti Cigna.

Davide Devenuto.

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For magazine INCONTRI di Paola Comin

A LEZIONE DA ANNA STRASBERG Roma ha accolto con affetto la vedova di Lee, il celebre creatore del “metodo” dell’Actor’s Studio che, dopo la morte del marito, ha continuato ad insegnare recitazione a nuove generazioni di attori. Premiati anche i nostri Giorgio Albertazzi, Remo Girone e Ricky Tognazzi

Luca Argentero, Anna Strasberg, Giorgio Albertazzi, Ricky Tognazzi, Simona Izzo e Giorgio Capitani.

Invitata da Massimiliano Cardia, presidente della Movie Machine Production, grande scuola di recitazione diretta da Rossella Izzo, è arrivata da New York Anna Strasberg, vedova del grande Lee, leggendario fondatore della Actor’s Studio di New York, mitica fucina di grandissimi talenti del livello di Paul Newman, Robert De Niro, Dustin Hoffman, Al Pacino. Non è facile persuadere la matura signora ad attraversare l’oceano, questa infatti è solo la seconda volta che viene nel nostro Paese, ma l’appassionato invito di Cardia ha convinto Anna a incontrare i ragazzi della Movie Machine e a tenere una impegnativa Master Class, che ha coinvolto ed entusiasmato non solo gli studenti dei corsi di recitazione ma anche molti giovani attori già in attività, che hanno voluto assistere agli incontri, consapevoli di poter godere di un’occasione unica e irripetibile. Il grande merito di Massimiliano Cardia e di Rossella Izzo è aver voluto offrire ai ragazzi della Movie Machine, pur seguiti da insegnanti del livello di Fioretta Mari e dalla stessa Izzo, regista e sceneggiatrice di grande impegno e successo, un’esperienza diversa, una “full immersion” di eccezionale qualità. Ed è proprio alla qualità che i tantissimi giovani che aspirano a diventare attori debbono puntare. Al termine dei tre giorni di lezioni il Teatro Quattro degli Studios di via Tiburtina di Daniele Taddei, ha accolto una platea di attori, sceneggiatori,

registi per la consegna dei Premi Actor’s Planet, istituiti dalla Movie Machine. Le bellissime statue raffiguranti Melpomane, la Musa della recitazione e realizzate dalla scultrice di fama internazionale Alba Gonzales, sono state consegnate nel corso di una frizzante serata, condotta con l’abituale professionalità e simpatia da Pino Insegno, ad artisti come Giorgio Albertazzi, Ricky Tognazzi, Fioretta Mari, Luca Argentero, oltre che alla Strasberg che ha ricevuto commossa anche l’opera “Marilyn” realizzata da Andrea Cardia, a sottolineare il profondo e indissolubile legame che ha unito la Diva a Lee Strasberg, che non fu solo il suo maestro e mentore, ma soprattutto il suo amico e confidente più ascoltato e sincero. Altri bellissimi premi realizzati da Swarovski sono stati ritirati da Remo Girone, Giorgio Capitani, Manuela Metri e dalla stessa Rossella Izzo, tra gli applausi della sorella Simona, delle figlie Giulia e Myriam Catania, di giovani attrici come Roberta Giarrusso, Sofia Bruscoli, Janet De Nardis, Elena Ossola. Presenti, tra i tanti altri artisti, il bravo Giorgio Borghetti, accompagnato dalla bella compagna Alessia Tomba, Giulio Berruti, Saverio Vallone, Nicola Canonico, Stefania Barca, Emanuela Aureli, Maria Rita Parsi, Victoria Zinny Girone e Simona Tartaglia Capitani. A chiusura una gigantesca torta “cinematografica” e un affettuoso brindisi hanno suggellato l’avventura romana di Anna Strasberg.

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roma

people & stars & e vents

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OPERE DI CARITÀ È stata presentata da poco a Cascia (Perugia) La Fondazione Santa Rita da Cascia, onlus. «Avevamo fortemente bisogno di uno strumento che fosse interamente a servizio delle opere di carità che noi, monache agostiniane di vita contemplativa, portiamo avanti sulle orme di Santa Rita». A parlare è Suor Maria Natalina Todeschini, Badessa del Monastero Santa Rita da Cascia, per annunciare questa iniziativa sociale. La visione di questa Fondazione può essere riassunta così: uno sviluppo umano e sociale fondato sul dialogo, così come Santa Rita insegna. «È ciò che desideriamo vedere nel futuro», spiega la Madre. Per riuscirci, la missione della Fondazione sarà sostenere progetti aderenti ai bisogni di chi è più debole, favorendo la riduzione delle diseguaglianze sociali con la partecipazione responsabile e costruttiva di tutti gli attori coinvolti.

Alunni di una scuola in Kenya.

UNA SOLA TERRA, UNA SOLA ACQUA Di recente si è svolta La Giornata Mondiale della Terra. Nella Capitale, in occasione dell’iniziativa sociale dell’Earth Day, l’appuntamento centrale è stato la simbolica “Cerimonia dell’Acqua” presso lo Scalo de Pinedo: le acque dei fiumi più rappresentativi di ogni regione d’Italia, dal grande Po all’Arno fino al Belice, trasportate in ampolle dai canottieri, verranno congiunte e riversate nel Tevere. La cerimonia è stata accompagnata dalla lettura del Cantico delle creature, interpretato dall’attore Gabriele Villa, seguita poi dalla celebrazione della Santa Messa. Le associazioni Marevivo, Noi X Roma, il Corpo Forestale dello Stato e Roma Natura hanno chiamano a raccolta i cittadini sul Tevere per una manifestazione dedicata all’acqua, una delle risorse più preziose del Pianeta, senza la quale la vita sarebbe impossibile.

L’ARTE A VIA MARGUTTA Nel cuore pulsante del centro storico di Roma, in via Margutta, fino al 25 maggio tutte le vetrine e gli spazi espositivi della strada saranno coinvolti in mostre di pittura e manifestazioni alla scoperta degli atelier dei più importanti degli artisti del passato, e di quelli riscoperti grazie al lungo lavoro di ricerca svolto dalla curatrice, Valentina Moncada, che qui hanno vissuto nel corso dei secoli, rendendola una delle strade più affascinanti della città e del mondo. Nel tempo non affluirono soltanto pittori e scultori, ma anche musicisti, compositori, scrittori, fotografi e attori che per la prima volta in questa occasione verranno omaggiati dal “Festival delle Arti”, una vera e propria passeggiata attraverso il tempo e il talento. Filo conduttore sarà la mostra di fotografia Atelier d’artista che coinvolgerà le vetrine con l’esposizione di una foto d’epoca degli artisti ritratti all’interno dei propri studi. Via Margutta a Roma

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For magazine Pittura UN NUOVO VOLTO DELLA POP ART ITALIANA Loretta Antognozzi si afferma nel panorama internazionale come artista versatile. Nelle sue prime mostre di pittura spazia attraverso i diversi i generi nati nel Seicento, passando dai registri della pittura di paesaggio a quelli della natura morta. Ma non è solo nell’arte figurativa classica che la sua mano eccelle. L’artista successivamente si cimenta anche nella pittura astratta, come se volesse emanciparsi da quegli schemi rigidi e canonici. Attualmente la sua personalità risulta riconoscibile in un genere dai colori brillanti, dalle linee semplici. Traendo spunto dalla quotidianità riflette sull’evoluzione culturale, mutuando nei quadri stereotipi sociali e cliché di un’epoca moderna ormai alla deriva. Quei paesaggi connotati da figure amene lasciano spazio a grattacieli alienanti, privi di tracce umane. La vivacità delle tele si fa quasi inquietante. Nulla rimane dell’uomo se non una vespa, una targa, un’automobile. Daniele Radini Tedeschi I COLORI DEL NOSTRO STIVALE Osservare da nord a sud, attraverso le opere di quattro artisti contemporanei, il paesaggio che caratterizza il Belpaese fino a penetrare e assaporare, una dopo l’altra, le emozioni che esso genera. Questo l’obiettivo della mostra di pittura collettiva dal titolo Paesaggi italiani, organizzata dalla Galleria “Il Mondo dell’arte”, che si è svolta di recente a Palazzo Margutta. Sono state esposte opere di pittori italiani contemporanei (Antonio Anelli, Luigi Modesti, Sandro Negri ed Enrico Sereni) che hanno reso omaggio alla propria terra, d’origine o d’adozione, regalandoci un quadro unico del nostro Stivale. Dai casolari e i cipressi dell’alto Lazio ritratti da Luigi Modesti, dalla campagna della pianura padana di Sandro Negri, intento a celebrare la laboriosità tipica dei contadini del mantovano, fino alla Città Eterna di Enrico Sereni, i cui colori e la cui atmosfera senza tempo investono, partendo dalla tela, lo spettatore.

Sandro Negri

Antonio Anelli

MEMORIA CHE AFFONDA NEL PASSATO E VOLGE AL FUTURO La mostra collettiva di pittura, grafica e scultura Il segno delle orme - Le strade dell’arte nella memoria del futuro è stata presentata alla Casa della Memoria e della Storia, e sarà aperta al pubblico fino al 25 maggio. Un simbolico incontro tra due generazioni di artisti che dipingono il dolore, l’impegno e la Resistenza, ponendo a confronto gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Roma con gli artisti della generazione del secondo dopoguerra, che hanno partecipato attivamente alle vicende della Liberazione e della Resistenza. Il percorso composto da sedici opere d’arte si snoda partendo dall’intimità esistenziale suggerita dalle opere di Vespignani, fino ad arrivare alla narrazione di una dolorosa memoria collettiva ispirata da Käthe Kollwitz, unendo le arti e le storie di due generazioni, che appaiono lontane ma che sono vicine per tensioni, idealità e voglia di cambiamento.

Nuda al confine

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For magazine Scultura & Cinema LA LUCE OSCURA DELLE FORME Un viaggio attraverso l’oscurità che rivela il suo splendore segreto, attraverso una materia tenebrosa che si illumina di bagliori che passano dal nero all’oro, dallo splendore notturno del legno oscurato dalla fiamma a quello del metallo che vibra di riflessi cangianti: su queste linee strutturali si muove il progetto realizzato da Roberto Almagno e Sandro Sanna per la mostra di scultura che li vede uniti all’interno dei suggestivi spazi del Museo Carlo Bilotti nell’Aranciera di Villa Borghese, fino al 28 luglio. Sanna e Almagno lavorano sulla trasmutazione di una materia che parte dall’oscurità per raggiungere lo splendore di un metaforico sole nero, dove i contrari della notte si uniscono simbolicamente e dove la pesantezza del mondo si sublima in una leggerezza fondata sul rigore del progetto e dell’esecuzione tecnica.

DIAZ - NON PULIRE QUESTO SANGUE G8, Genova, luglio 2001. Amnesty International parla della più grave sospensione dei diritti democratici dopo la Seconda Guerra mondiale. Il perché lo sappiamo più o meno tutti. Quello che è successo in quell’estate non può essere dimenticato facilmente, anche se si tende sempre a far credere che agli italiani scivola tutto addosso, che si possono risolvere le cose solo nascondendo la verità. Con il film Diaz - Non pulire questo sangue, il regista Daniele Vicari dimostra di non fa parte di questa categoria. Un’impresa ardua la sua: riportare in primissimo piano l’atrocità e la violenza spropositata dei poliziotti. Si tratta di un’impresa perché, come afferma lo stesso Vicari: «Fino a che punto posso spingermi nella rappresentazione di quella violenza? Che democrazia è quella che mi spoglia, mi violenta, mi priva di identità e di diritti?». Nel cast del film ci sono Elio Germano e Claudio Santamaria. Jessica Di Paolo

Elio Germano in una scena del film

LE EMOZIONI DEI MARI DEL MONDO La coinvolgente mostra fotografica che intende avvolgere il pubblico in una magia, Dai più piccoli ai più grandi è ospitata al Museo Civico di Zoologia dall’11 maggio al 31 luglio, per raccontare l’altra faccia del pianeta, le meraviglie sconosciute del mare e le creature che lo abitano. Catturare il mare con un dito. Alberto Muro Pelliconi è un fotografo di fama internazionale, impegnato sin dagli anni Ottanta – grazie alla sua grande passione per il mare – nell’ambito della fotografia subacquea, in un viaggio continuo alla scoperta e all’esplorazione di fondali e vita sottomarina, nei mari di tutto il mondo. Un’immersione nel blu per scoprire dalle più piccole alle più grandi straordinarie creature incontrate nei suoi viaggi attraverso le barriere coralline.

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For magazine Fotografia & Libri LA PRIMA CAMPAGNA D’ITALIA La mostra di fotografia e cartografia, Carte D’Italie, ospitata al Museo Napoleonico di Roma, rimarrà esposta fino al 4 novembre. Presentate le sei carte ricomposte in un’unica parete e raffiguranti l’Italia Settentrionale e Centrale; la Carte générale du théâtre de la guerre en Italie et dans les Alpes di Louis Albert Ghislaine Bacler d’Albe è pervenuta al Museo Napoleonico nel 2005. Disegnatore, cartografo, pittore di battaglie, Bacler d’Albe lavorò al seguito di Napoleone dal 1796 al 1814, diventando nel 1804 capo del suo “bureau topographique”. La grande stima che Napoleone nutrì per il pittore è confermata da un passo del suo testamento, in cui egli raccomandò che il figlio usasse per la propria formazione proprio le carte di Bacler d’Albe. Un particolare allestimento consentirà allo spettatore di coglierne sia il carattere di testimonianza storica e geografica sia quello più specificamente artistico.

IO AMO L’ITALIA La mostra fotografica di Leonard Freed Io amo l’Italia è ospitata al Museo di Roma in Trastevere fino al 27 maggio. Presenta una straordinaria selezione: 100 fotografie in bianco e nero scattate tra Roma, Firenze, Napoli, Milano e Palermo che raccontano la vita quotidiana, i volti e i gesti del Belpaese senza l’uso di facili stereotipi. Freed amava definirsi un artista, non un fotoreporter. L’Italia fu una delle sue principali fonti di ispirazione, una terra che lo affascinò tutta la vita perché qui “il passato è sempre presente non solo nei luoghi ma nella vita quotidiana della gente”. Infatti più che su paesaggi e architetture, il suo obiettivo si focalizzò proprio sulle persone immortalandole con empatia e sensibilità nel corso dei decenni. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali. CONVERSIONE SOFFERTA E DOLOROSA L’attore, regista e cantante Leopoldo Mastelloni, al Caffè Letterario Ostiense ha presentato di recente il libro All’improvviso la luce, che racconta la storia di una conversione, nel libro di Maximo De Marco, il pluripremiato regista del film Petali di Rosa con Claudia Koll, con cui ha ottenuto una menzione speciale dalla Cei come film d’autore e ha ricevuto in premio il Cavallo d’Argento della Rai, ispirato alla storia vera di suor Rosa Roccuzzo. Il volume, pubblicato della casa editrice romana Edizioni Galassia Arte, è un racconto intenso, veritiero e pieno di emozioni, che nasce dall’esperienza diretta di contatto con Dio dell’autore, che è anche showman, coreografo, cantante, regista e attore ben noto al grande pubblico, per la sua partecipazione a numerosi programmi televisivi e per essere stato protagonista di diversi servizi sulle principali testate nazionali. Maximo De Marco

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For magazine Libri LE VOCI DELLA LETTERATURA Letterature Festival Internazionale di Roma, storico festival della Capitale, giunge quest’anno alla XI edizione dopo aver ospitato, nel corso delle passate edizioni, oltre 200 tra i più celebri autori italiani e stranieri sempre accompagnati da attori, musicisti e artisti di grande prestigio. Dal 16 maggio al 21 giugno, presso la Basilica di Massenzio al Foro Romano, nell’ambito di questa rassegna letteraria, sarà proposta la formula di successo consolidata negli anni: gli autori invitati si presteranno ad una lettura di testi inediti, scegliendo ognuno la propria cifra stilistica (fiction narrativa, poesia o saggio) e ispirati tutti al tema che il Festival propone in questa edizione, Semplice e Complesso. Nel corso delle dieci serate, di cui saranno protagonisti assoluti gli scrittori e i loro testi, si ascolteranno tante riflessioni sul rapporto e sull’intreccio tra la dimensione della complessità e quella della semplicità nel pensiero e nella scrittura.

Amos Oz

Franca Valeri NUDA COME LA VERITÀ È in libreria da poco Libertà e patate, la mia rivoluzione, il libro di Mariaceleste de Martino, la giornalista Rai punita dall’Ordine per aver posato nuda in un calendario benefico. Oggi, di fronte alla sospensione dalla professione è uscito per le Edizioni Galassia Arte, questo atteso libro-denuncia, con prefazione del ballerino Branko Tesanovic, in cui la giornalista racconta tutta la sua storia, e naturalmente la sua verità intorno alla vicenda che, da un anno a questa parte, sta facendo scalpore nell’ambiente: punita per aver posato nuda dieci anni fa per un calendario benefico in cui si denunciavano gli orrori della società. Mariaceleste de Martino ha fatto ricorso contro l’Ordine dei Giornalisti del Lazio che, invece, ha deliberato di sospenderla dalla professione per 12 mesi, il massimo della pena, prima della radiazione.

Mariaceleste de Martino UN GRANDE FALSARIO, MA NON UN IMITATORE È stato presentato di recente presso l’Archivio di Stato di Roma, nella Sala Alessandrina, il libro Angelo Caroselli 1585-1652 - Un pittore irriverente, di Daniela Semprebene. La pittura del Caroselli è incomprensibile se la si estrae dall’uomo: questi era comunque poco conosciuto (se non dagli addetti ai lavori) e male inquadrato nel XVII secolo, soprattutto poco amato dalla critica. Infatti, è stato necessario il ricorso alla verifica filologica ex novo. Con queste premesse l’autrice del primo corpus filologico caroselliano ha affrontato un mondo e una cultura che a Roma non erano più quelli tenebrosi dei primi momenti della Riforma Cattolica, illuminati dai sinistri bagliori dei roghi d’eretici e dai lampi delle lame “a Ponte” (è la voce popolare del poeta Pasquino a ricordare che “se so' tajate più teste a Ponte che meloni a Banchi”.

Archivio Storico di Roma

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For magazine Musica LA PINA: “LA QUEEN DEL DRIVE-TIME” Prendere un appuntamento con Orsola Branzi, meglio conosciuta come La Pina, è facile come indovinare la combinazione vincente del Superenalotto. La incontriamo a Roma, nella splendida cornice dello Spazio 900, durante uno strepitoso party con un dj set firmato LMFAO, condotto dalla nota speaker e arricchito da uno show che porta sul palco giovani campioni della street dance italiana. «Amo questo genere di manifestazioni, mi fanno sentire viva. Sono un habitué di questi eventi. Poco tempo fa sono volata in Giappone per il contest mondiale di breakdance Red Bull Bc One ed è stato fantastico…», così inizia la nostra chiacchierata con l’emblema del panorama radiofonico per i fedelissimi di Radio Deejay. La Pina non è semplicemente la rapper italiana per antonomasia. Oggi è diventata una vera e propria icona gay, una trendsetter qualificata, una scrittrice, un’intenditrice di cucina orientale, una dottoressa “stranamore” e un’appassionata di viaggi. Insomma una tuttologa. Pina hai oltre 271.000 fan su Facebook. Che effetto fa essere così seguita? «Talvolta non ci credo neanche io. Questo seguito mi stimola ad andare avanti e mi fa divertire come una pazza. Non sono semplicemente fan o curiosi, sono ragazzi e ragazze, signore e signori che si “attovagliano”, come direbbe D’Agostino, a commentare con me L’isola dei famosi piuttosto che il Festival di Sanremo. Durante la diretta del mio programma in radio Pinocchio, su Radio Deejay, spesso mi ritrovo a leggere i loro commenti, assieme al mio compagno d’avventure Diego Passoni e ne vengono fuori di tutti i colori. Talmente tanto divertenti che abbiamo deciso di racchiuderli in un libro dal titolo Ciao che fate?». Per anni hai sempre affermato di essere molto distante dalla Tv e che la radio sarebbe stata sempre il tuo pane quotidiano. Oggi conduci più programmi televisivi. Come mai questo cambiamento? «Continuo a lavorare quotidianamente a Radio Deejay e mi diverto a sperimentare nuovi format su Deejay Tv. Prima con Nientology, un gameshow basato sul nulla, e poi con Queen Size, dove mi diverto ad intervistare, sdraiata su un letto XXL, ospiti di varia natura: da Nicoletta Orsomando al direttore Maria Latella». Come mai hai accantonato la musica? «Non ho accantonato la musica, anzi. Ho sicuramente meno tempo, ma scrivo tantissimo. Ho collaborato con Alessandra Amoroso e sto preparando il mio prossimo disco che spero possa uscire il prima possibile». Cosa nei pensi dei talent show? «Mi piacciono. Sono una fan di Amici e di XFactor. Una volta s’inviavano le musicassette alle case discografiche, oggi, invece, per essere “ascoltati” ci si rivolge direttamente a Maria De Filippi. I tempi cambiano ma non ci vedo necessariamente del marcio». Sei famosa al grande pubblico anche per i

tuoi tatuaggi. Ti sei mai pentita? «Mai. I tatuaggi sono la mia pelle. Diffido da chi li cancella». La Pina a riflettori spenti che donna è? «Una geisha del 2012. La mia immagine da tigre della Malesia non rispecchia la realtà. Sono una donna molto sensibile. La sera se posso scegliere tra una serata fuori o una serata a casa, sappiate che sceglierei tutta la vita la seconda opzione. Film, cibo cinese take away e tante coccole con la mia dolce metà (La Pina convive con il rapper napoletano Emiliano Pepe, ndr)». Non ti piace cucinare? «Scherzi. Adoro cucinare. Amo il cibo al vapore, una cucina light fatta di verdure e il riso integrale in quanto è decisamente più naturale». Sei un ambientalista convinta? «Non sono una fanatica. Ma ci tengo a rispettare il regalo che la vita ci ha offerto». Ti piace molto viaggiare. C’è stato un viaggio che ti ha cambiata? «Ho girato il mondo in lungo e in largo: da Miami alla Lapponia. Ho visto terre incontaminate e città ipercaotiche. Il Giappone però è la nazione che più amo in assoluto. Tutto va velocissimo, ma tu non te ne accorgi».

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A proposito di shopping: sei un’appassionata di moda e tendenze, giusto? «La radio e la moda sono la mia vita. Gestisco un blog su internet dove parlo di tendenze e curiosità. Do consigli, dritte e suggerimenti a tutte le amiche che hanno la mia stessa passione. Attualmente ho creato con Bastard la mia prima collezione “RagazzaLadra” in vendita nel BastardStore di Milano e in vari negozi ricercati della Capitale». Consigli per l’estate? «Nude look, colori fluo, tute e tacchi assassini. Accessori vistosi e smalto rosso fuoco». Sei una nota icona gay. Come vivi questo “titolo”? «Oggi sono tutte icone gay. Dalla Carrà alla Orlando. Il tono di biondo in realtà è lo stesso. Io, scherzi a parte, partecipo sempre alle loro manifestazioni, da quelle più “scanzonate” a quelle più serie. Io sono circondata da gay, non li vado a cercare e loro non cercano la sottoscritta. Sono comunque felicissima così». Pina l’amore esiste? «Altroché se esiste. Ma la cosa più difficile è decidere di volerlo». Alessio Poeta


For magazine Musica & Eventi CHE FINE HA FATTO IL NOSTRO CUORE? Qualche giorno fa Bruce Springsteen è stato protagonista di una delle migliori interpretazioni della sua vita. E per uno che da decenni è considerato il miglior performer della musica rock di ogni tempo, vuol dire certamente qualcosa. Di fatto, quel giorno ad Austin (Texas) non ha cantato: in sostanza si è trattato di cinquanta minuti circa di discorso vero, vivo e pregnante. Viviamo in un mondo post autentico, come ha asserito lui stesso, dove ogni cosa non rispecchia più il motivo reale per cui era nata. La straordinarietà di quanto detto in quei minuti da Bruce è stata nella capacità di sollevare tutto il mistero insito nel rock, nel cuore di questa musica, che si ricollega direttamente a quello di ogni uomo: «Bob Dylan ci ha dato le parole per capire il nostro cuore», ha detto ad un certo punto. E cosa vuol dire questo? Vuol dire capire che esso rispecchia tutta l’ansia, tutto il desiderio, tutto il bisogno di felicità che è racchiuso in ogni esperienza umana. Bisogna recupera-

re quei personaggi, quei fatti, quei dischi che esprimevano un’unità del cuore, prima che tutto si frammentasse in una miriade di personalismi fini a se stessi, o creati a tavolino dal marketing imperante. Un elogio della musica, un invito a crederci per i giovani musicisti. Un momento di pura magia che non richiede altre parole se non di immergersi ancora di più in questo alone, in tale momento che resterà scolpito nel ‘cuore’ di tanti di noi, nati per correre. Agostino Madonna

Bruce Springsteen

ALESSANDRO RISTORI & PORTOFINOS Il cantante rockabilly Alessandro Ristori, un ragazzo che sembra uscito direttamente dagli anni ’50, insieme ai Portofinos ha presentato da poco il suo album musicale Ibrido, che racconta una passione che ci sentiamo di condividere: quella per il rock’n’roll, inteso come forma intramontabile. Un genere che in realtà è uno stato d’animo condiviso, oggi come ieri. Si colloca, certo, lontano da epoche chiassose e confuse come queste, in un mondo apparentemente più semplice, e contemporaneamente, essendo anche un’idea, fa parte della resistenza alle mode passeggere che è propria della musica migliore. Di recente Ristori è salito sul palco dello storico The Place di Roma per il suo showcase di Presentazione Album. Che dire di lui? Che sulla sua faccia “antica” sta benissimo il ciuffo rialzato, il foulard che non manca mai, sempre elegante dalla testa ai piedi. Alessandro Ristori e i Portofinos

LA BAMBOLA COMPIE GLI ANNI Liliana Pintilei, attrice e soubrette, ha festeggiato recentemente il suo compleanno al Boscolo Palace Hotel di via Veneto, insieme a tutti i suoi amici, tra cui gli attori dello spettacolo di Pippo Franco Bambole non c’è un euro, che ha riscosso un enorme successo al Salone Margherita di Roma. Tra i presenti alla festa sono intervenuti anche gli attori Eugenio Corsi, Mimmo Ruggeri, Mario Zanna, Nicola Vicidomini, Toni Malco, Simone Tuttobene, le cantanti Cecilia Gayle e Daniela Frega, Nadia Bengala, l’immagine counsalting Stefania Corradetti, il consigliere della Regione Lazio Antonio Paris e la presidente del premio “Le Ragioni della Nuova Politica” Sara Iannone. Il party di Liliana è proseguito tra brindisi, champagne, balli latino americani e canzoni fino a tarda notte. Sara Iannone e Christian Marazziti

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Liliana Pintilei e Stefania Corradetti


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Anche questo mese si conferma grande il venerdì dell’Art Cafè. I più giovani lo identificano come il cuore di Villa Borghese, che ne determina il ritmo e la musica più scatenata. Protagonista indiscusso delle notti romane, il locale fa rivivere ogni volta quelle atmosfere che lo hanno reso famoso in tutta Italia. Le nuove tipologie dei privè sono state pensate per ospitare diversi eventi in uno stesso contesto: Prive Royal, Prive Domino, Prive Privilege, Prive La Victoire, Prive Britè (consolle). Una discoteca dove dare sfogo alle follie del sano divertimento.

Art Cafè

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Anche questo mese il Babel ha regalato al suo pubblico un’esperienza unica, un party da sogno con “Studio 54 Famous & Infamous” e la sua punta di diamante Kenny Carpenter, direttamente dalla città che non dorme mai, New York City! Studio 54 è il miglior club del mondo, che dalla fine degli anni ’70 ha animato le serate newyorkesi. Meta ambita dai personaggi dello star system statunitense, dall’intellighenzia, dal mondo dell’arte e della moda. Per essere protagonista di una notte di follie, passione e stravaganza.

Babel

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Nonostante le fredde serate degli ultimi tempi, il giovedì della Maison è sempre frequentatissimo. L’interno del locale è stato curato nei minimi dettagli, così da renderlo sofisticato e allo stesso tempo in grado di ospitare il variegato popolo della notte. La Maison è famosa per la sua internazionalità, che la contraddistingue dagli altri locali. Nella discoteca vige la voglia di ballare dei giovani, la spensieratezza di divertirsi in un luogo sicuro e accogliente, grazie ai tanti comfort messi a disposizione dal proprietario Tony Millepanini.

Maison

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Shari Vari Shari Vari si conferma la discoteca più trendy e la scelta più frequente dei clubber capitolini: “Il sabato al centro di Roma”, come slogan e stile di vita per affrontare il lungo weekend targato trAmp. it, Zerogradi e Misscat. Rigorosamente all’interno delle caratteristiche mura del locale, a due passi dal Pantheon: si parte dall’aperitivo, passando per la raffinata cena e concludendo con un divertente dopo cena, tutto accompagnato dalla musica di ottimi dj set e dal pubblico più elegante.

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Gilda

Deborah Bettega, sociologa e pr del locale, ha festeggiato il suo compleanno al Gilda, il salotto buono degli eventi romani. Tema della serata: relax, bellezza e benessere. Oltre ad una cena con prodotti genuini. Durante la serata c’è stata anche la possibilitĂ di provare dei nuovi e sorprendenti macchinari per riflessologia e pressoterapia plantare, suggeriti da un esperto life trainer. Tra i personaggi presenti sono intervenuti molti attori e vip, come Francesco Benigno, Roberta Beta, il noto cuoco Alessandro Circiello, Tony Santagata e Gianni Davoli, Giancarlo Bornigia con la famiglia.

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La Cabala

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Ancora appuntamenti chic alla Cabala, con i suoi due piani addobbati da lampadari antichi, broccati, specchi, divani in pelle e tappeti che fanno da cornice all’intrattenimento, creando un’atmosfera d’altri tempi per la selezionata clientela, anche grazie alla grande qualità della musica. Non potrebbe essere altrimenti visto il luogo speciale nel quale è situata, all’ultimo piano dell’esclusiva Hostaria dell’Orso, dove il divertimento si abbina al lusso e all’eleganza.

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Spazio 900

Spazio 900 ha ospitato da poco un evento davvero sensazionale: infatti, per la prima volta a Roma, direttamente dal Pachà di Ibiza, l’unico e inimitabile “Power Pachà Ibiza”, l’originale party revival che, dal 1967, è il più ambito dell’isola e si tiene ogni mese della prestigiosa discoteca spagnola, richiamando numerosi vip. Dress code obbligatorio “hippy chic”, con stile, forme, colori e naturalmente musica tipici degli anni ’60 e ’70, per un sound in tema proposto da dj di fama internazionale.

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Room 26

Serate per i veri intenditori di musica al Room 26, con la presenza questo mese del celebre dj statunitense Nicky Siano. Considerato uno dei pionieri della dance music, fu il primo dj resident del mitico Studio54 e fu tra i primi ad eseguire il mixaggio da due dischi. La discoteca romana è famosa per le sue location in cui trovano posto la “Global Room” e la “Purple Room”, concepite per valorizzare in modo assoluto il suono, grazie ai 26 amplificatori d’ultima generazione crown alloggiati nel cuore del locale.

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Goa

Poiché l’evento del giovedì è sempre molto speciale, ultimamente GoaUltrabeat ha presentato una serata straordinaria con Damian Lazarus. Mostro sacro della scena clubbing mondiale, Damian non si ferma un attimo. La sua missione è quella di spazzare via la mediocrità e l’obsoleto, ricercando sempre novità ed energia. Le sue performance hanno fatto il giro del mondo, arrivando al Circoloco di Ibiza, al Fabric di Londra, alla WMC di Miami. Perciò non poteva non approdare al Goa, dove l’unica cosa che conta è essere avanti coi tempi.

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Teatro Centrale

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La “Parentesi Cult” di Patrizia de Santis, non poteva iniziare con un personaggio più stellare, la celebrità hollywoodiana del momento, Ivana Chubbuck. A questo serata evento presso il Teatro Central Carlsberg hanno partecipato personaggi, attori, registi e produttori. La Chubbuk, nei suoi Studios di Hollywood, insegna da sempre recitazione ad attori del calibro di Brad Pitt, Halle Berry, Charlize Theron, James Franco ed ad un’infinità di altre star. La serata è stata un successo sotto tutti i punti di vista, una magica alchimia di suoni, sapori,visioni, simpatia e tanto show.


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