For Milano Gennaio 2012

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For Milano Gennaio/Febbraio 2012

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anno I - n째 8 - copia omaggio - www.4mag.it Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, Latina Aut. N.149/06

Rettondini

Il ritorno di Francesca

For Milano

FLEMING PRESS EDITORE


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Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Vice Direttore IVAN ROTA Art Director DORIANO ZUNINO d.zunino@flemingroma.it Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione Elisabetta Rinaldo amministrazione@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Printer Group Italia s.r.l. Hanno collaborato: Francesca Airoldi, Elda Bertoli, Giuseppe Cacciaguerra, Jill Cooper, Jessica Di Paolo, Dina D’Isa, Sara Donati, Tommaso Gandino, Marco Gastoldi, Agostino Madonna, Bruno Oliviero, Giovanni Pignatiello, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Alfonso Stani, Donatella Vilonna. FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno I - n. 8 - Gennaio/Febbraio 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011

editoriale

Più che con effetti speciali, in questo 2012 appena iniziato abbiamo voluto stupirvi con l’ultimo nato tra i nostri magazine: For Roma Eur (che si aggiunge a Fleming For Roma e For Milano). Per inaugurare come si deve il nuovo anno vi invitiamo a scoprire Venezia attraverso i mille scrittori che vi hanno soggiornato e che l’hanno descritta in tutte le maniere. Noi ve la proponiamo in versione assolata e persa nella nebbia, comunque bella. In cover c’è una riscoperta, Francesca Rettondini che ci racconta i suoi progetti lontanti dalla tivù. Poi, come sempre, vi accompagniamo al cinema, a teatro, a vedere una mostra, ad ascoltare un po’ di musica. Senza dimenticare che una bella auto e una barca da favola servono almeno a sognare. E sognare non costa niente, a meno che nel frattempo il governo Monti non abbia tassato anche i sogni. Non si sa mai. L’editore e il direttore

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SOMMARIO

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Tra calli e canali, incontri magici a Venezia. Con scrittori di ogni epoca

Gennaio/Febbraio 2012

In copertina, Francesca Rettondini

4 / Tendenze Toscana da bere e da mangiare

50 / Sorprese La sfortuna ci vede benissimo

92 / Yachting Il lusso incontra il mare

5 / Marco Gastoldi Frutta e verdura… in poltrona

56 / Cinema

98 / Auto Il SUV per tutti

8 / Eventi

68 / Consigli & Sconsigli di Dina D’Isa

14 / Teatro Rinaldo in campo

70 / Storie Gialloparma

16 / L’uomo del mese Elio

76 / Teatro Il più grande spettacolo dopo il… tip tap

17 / La donna del mese Giulia Bevilacqua

79 / Cara Marina di Marina Ripa di Meana

18 / Cover Francesca secondo me

80 / Una lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

22 / Reportage Perdersi a Venezia

81 / Protagoniste Ho scelto di vivere

36/ Intervista Non mi manca nulla

82 /Musica Cantare l’amore fa sempre bene

38 / Rotazioni

84 / Musica Quattro artiste, un’anima sola

40 / Cose di moda Passerella per sei 46 / Double feature 48 / Protagonisti

88 / Intervista Lezioni in discoteca 90 / Arte Sculture senza tempo

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102 / Videogiochi La corsa più pazza del monfo 105 / In forma con Jill Cooper 106 / Fenomeni Dylan Dog: l’incubo ritorna 109 / L’angolo del benessese di Elda Bertoli 114 / Scatti di Bruno Oliviero 114 / Speciale Cortina 124 / Milano peoples & stars & events


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TENDENDE di Lucilla Quaglia

TOSCANA DA BERE E DA MANGIARE Il paesaggio incantato della Pieve di Poggio alle Mura è stato teatro di un evento enogastronomico inebriante e affascinante, tra vigneti e arie mozartiane Un calice di vino, ascoltando Mozart davanti al fuoco di un antico camino. Il racconto e le storie di uomini e donne con l’amore per la terra e la passione per le cose belle, l’ospitalità e l’accoglienza. Questi gli ingredienti di un suggestivo evento andato in scena di recente a Montalcino, presso la Pieve di Poggio alle Mura, animato da Carlo Cignozzi, che ha proposto una degustazione verticale del suo Crazy blend “12 uve”, e Clara Gotti, che ha invece cucinato un assaggio dei sapori dell’Amiata.

grazie alla musica diffusa tra i filari attraverso moderne e preziose tecnologie. Autore del progetto Musica & Vigne, Cignozzi ha aperto le sue cantine medioevali per degustazioni che esaltano i sensi e pacificano gli animi. Clara Gotti è stata invece una perfetta padrona di casa della Pieve di Poggio alle Mura, un luogo di meditazione e di incanto, incastonato tra i vigneti e le colline della Maremma, con il profilo del monte Amiata e dei suoi castagneti immensi a fare da sfondo. Una chiesa del 1200, un elegante ristorante, un’enoteca e alcune case intorno a una corte in puro stile senese fanno oggi del piccolo borgo, situato fra i cipressi e le vigne di sangiovese, un “buen retiro” per personaggi del mondo dell’arte e dello spettacolo. Una realtà nata grazie alla passione di tre amici – tra i quali la stessa Gotti – per le bellezze dei luoghi e per l’idea di far conoscere storia e tradizioni enogastronomiche di queste splendide terre. E proprio nella piccola e antica chiesetta, con suggestivo Cristo in terracotta in sospensione, è andato in scena un bellissimo concerto di arie mozartiane, con la violinista giapponese Onishi Azusa e il pianista Leone Keith Tuccinardi.

Cignozzi, ovvero l’autore del libro L’uomo che sussurra alle vigne, è l’inventore del metodo fonobiologico: il vignaiolo di Montalcino unisce la sua grande passione per la musica a quella per il “terroir”. Al Paradiso di Frassina, l’azienda di sua proprietà adagiata su una collina al centro dei vigneti di Brunello, si è immersi totalmente nelle armonie mozartiane, 4 For Magazine


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TE LA DO IO MILANO di Marco Gastoldi

Frutta e verdura… in poltrona

M come “Mercato”, I come “Into the wild”, L come “Loafers”, A come “Anni ’40, ’50 e ‘60”, N come “Nero trasparente” ed O come “Oriente”; M.I.L.A.N.O. anno tendenze duemila e undicesimo: dalla nuova ricerca della naturale bellezza fra bancarelle ortofrutticole fino alla feroce e selvaggia seconda pelle, dall’americano lifestyle della moderna aristocrazia del Prep World (da cui l’esempio dei mocassini Loafers) all’era dalle suggestioni vintage che hanno inventato la donna, dal trionfo della seducente trasparenza total black al misterioso ed ammaliante profumo del fascino orientale. Addio 2011 e benvenuti ricordi di esplosive ispirazioni ed indelebili sensazioni nella nostra città: dalle spumeggianti tendenze del fashion system ai frizzanti appuntamenti ed eventi che hanno incorniciato i dodici mesi appena trascorsi: perché M è soprattutto “Memoria”. Preppy style dedicato alle atmosfere dei college americani: t-shirt, giacche in tweed, polo e cardigan tinti dai colori britannici per eccellenza hanno conquistato le collezioni firmate Etro, Alexander McQueen, Marc Jacobs e Tommy Hilfiger, che ha portato il proprio mondo dalla passerella al centro città. Lo stilista statunitense è stato infatti artefice della Preppy House in piazza Duomo durante la settimana della moda maschile di giugno: un’autentica casa ispirata ai cottage bianchi e blu della East Coast nella quale sono state presentate le prep-collections. A qualche isolato di distanza ecco invece un corner dedicato alla limited editition, realizzata dallo stesso Hilfiger all’interno del concept store 10 Corso Como di Carla Sozzani, che proprio lo scorso anno ha festeggiato il ventennio. Nella galleria della stessa fondatrice sono tutt’ora esposte le opere di Edward Steichen, figura controversa e prolifica entrata a far parte della storia della fotografia per il suo brillante ed innovativo talento. Fra i suoi ritratti ecco comparire quelli di Greta Garbo, Shirley Temple, Gloria Swanson e Marlene Dietrich, le seducenti dive-icone di circa mezzo secolo fa, che sono come d’incanto ritornate sulle più prestigiose passerelle d’inverno. Avvolte da giacche in bouclè e sciarpe in plaid dalle timide tonalità del marrone, grigio ed ocra, da boxy jackets e cappotti sapientemente tinteggiati da nuance viola e caramello, ecco le autentiche retrò ladies, griffate rispettivamente Jean Paul Gaultier e Bottega Veneta. Un affascinante e seducente tributo all’eleganza sopraffina di epoche dal gusto vintage, capaci di valorizzare le caratteristiche di ogni figura, in feroce e selvaggio contrasto con le donne presentate da Blumarine, Gucci e Angelo Marani. Energico come una tigre, sinuoso come un pitone oppure veloce come un ghepardo, l’animal print dalle tinte vitaminiche del blu, giallo ed aragosta, è ormai la seconda pelle animale da diverse stagioni. Dalla savana alle vie della metropoli, lo scorso anno,

anche vicino ai principali punti d’interesse milanesi, l’invasione del branco di coloratissimi e vivaci elefanti promossi dall’iniziativa siglata “Elephant Parade”. Un trend sensibile al tema della fuga verso terre lontane e selvagge, alla ricerca di misteriose emozioni e magiche situazioni. L’ispirazione è arrivata dall’Oriente all’Occidente tramite il ricco e consolidato immaginario di artisti profeti delle avanguardie; dallo scorso 11 novembre, ecco giungere alla Pinacoteca di Brera una strepitosa selezione di capolavori del museo Pushkin firmati (fra tanti) Cezanne, Gauguin e Van Gogh. E per abbassare i riflettori e chiudere il sipario dell’anno appena trascorso? Il color nero, rigorosamente trasparente e quasi invisibile, che ha avvolto gli abiti Stella McCartney, disegnando un punto alla fine del capitolo 2011 così grande da raggiungere le dimensioni…di un pois. Benvenuto anno tendenze duemila e dodicesimo; nuovo anno sul calendario ma anche nuovo anno in più per tutti: cosa indossare per ringiovanirci? Rosa, rosa ed ancora rosa! La rinascita del colore neutro ha aperto la strada a tutte le sfumature del caso: che sia confetto, salmone o cipria, la dolcezza e l’allegria dell’infanzia saranno le tinte preferite di Chanel, Lanvin e Valentino. È però necessario fare molta attenzione: dietro all’irresistibile appello a quella parte di ogni donna tutta latte e miele, un occhio di riguardo anche al guardaroba maschile! Completi di giacca e pantaloni abbinati a cravatta e papillon, la moda femminile sbircierà nell’armadio dell’altro sesso per rubarne i pezzi più glam, ottenendo come risultato una femminilità unica. Cosa suggeriscono di indossare le passerelle per prepararsi alle prime fioriture primaverili? Cosa sboccerà contemporaneamente all’arrivo delle più miti temperature? Nell’Eden dei trends ecco che si preparano a crescere…frutta e verdura! Oltre alla bella stagione serviranno anche simpatia e leggerezza per trasformarsi in fragole o ricoprirsi di melanzane, peperoni o cipolle. Moschino Cheap & Chic deve la propria ispirazione agli alberi da frutto proponendo un vero e proprio mercato di mele, uva, fragole e carote. Una sfilata decisamente fuori dai canoni tradizionali quella presentata dall’ironico brand: bancarelle e sacchetti realizzati in carta riciclata per consentire agli ospiti di portarsi a casa salute e natura. “Buon appetito, l’alimentazione in tutti i sensi” è invece il titolo della mostra interattiva per ragazzi e famiglie che fino al prossimo 24 giugno si propone di affrontare, tramite quiz multimediali e dossier informativi al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, le delicate tematiche legate al consumo del cibo, alla produzione degli alimenti, agli stili di vita e all’importanza della convivialità. Nei giorni 14 e 15 marzo, alla Fiera Milano Congressi, si svolgerà invece la sesta edizione di NutriMI, appuntamento fondamentale in ambito scientificio nazionale ed internazionale per gli aggiornamenti dedicati al mondo della nutrizione, dell’alimentazione e della salute. Ed ancora, durante il prossimo mese di maggio, la qualificata rassegna professionale dedicata al settore dell’agroalimentazione “TuttoFood”, vetrina di successo per scoprire le idee innovative del settore. Una manifestazione ideale per confrontare ed analizzare l’evoluzione dei consumi ed i trend di mercato, dedicata gli argomenti chiave che nel 2015 costituiranno il tema centrale dell’Expo di Milano “nutrire il pianeta, energia per la vita”: perché tutto nasce dalla natura, anche la tendenza. Sacchetti realizzati in carta riciclata per consentire agli ospiti di portarsi a casa salute e natura. Protagonista della curiosa iniziativa pensata da Kartell in occasione del trascorso Salone del Mobile, che ha reinterpretato e rinnovato i pezzi storici del famoso marchio di design, il gruppo Moschino ha ideato una poltrona-tributo alla città di Milano (nella foto): ecco che la gotica architettura del Duomo di Milano è stata ironicamente collocata ad Honolulu! “Buon appetito, l’alimentazione in tutti i sensi” è invece il titolo della mostra interattiva per ragazzi...

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people & stars & events

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eventi

CORTINA WORLD SNOW DAY Per il 22 gennaio è in programma un evento unico al motto “esplorare, divertirsi, sperimentare”. Con questo obiettivo è nato il Fis Word Snow Day, una iniziativa sociale voluta dalla Federazione internazionale sci per insegnare ai bambini ad amare la montagna e l’ambiente, senza dimenticare le norme sulla sicurezza. Si tratta di una giornata mondiale dedicata agli sci, rivolta ai più piccoli e alle loro famiglie, che coinvolge diverse località del mondo, sparse per l’America, l’Asia, l’Europa e l’Australia. Perciò, non poteva certo mancare Cortina D’Ampezzo: e così per un giorno intero Rumerlo, Socrepes, Ronzuos e San Zan, collegate da un servizio navetta gratuito, diventeranno il palcoscenico di un magnifico spettacolo. Un’occasione per riscoprire la montagna, e divertirsi sulla neve, rispettando le norme di sicurezza, in collaborazione con Vigili del Fuoco, Carabinieri, Corpo Forestale e Polizia.

CONCERTO DI NATALE AL CARCERE DI OPERA

Si è svolto presso la casa di reclusione di Opera, alle porte di Milano, il grande Concerto di Natale che ha visto tra i suoi protagonisti Iva Zanicchi, simpatica e amatissima cantante, Platinette, al secolo Mauro Coruzzi, conduttore radiofonico, televisivo e sagace opinionista, e il cantante napoletano Gigi D’Alessio. L’inedito trio, oltre ad intrattenere il pubblico e cantare alcuni dei più famosi successi del panorama della musica italiana ed internazionale, ha approfittato dell’occasione per fare gli auguri sia alle guardie carcerarie sia al tutto il personale in forza alla casa di reclusione di Opera, la maggiore delle 225 carceri italiane (e d’Europa) con 1.400 detenuti, di cui 1.300 con condanne definitive. Un evento di solidarietà durante il quale si è creato un contatto affettivo in grado di superare le inferriate, rivolto a tutte le famiglie, anche a quelle dei carcerati.

Iva Zanicchi

Gigi D’Alessio

AAA ATTENTION AUSGANG Un’ulteriore ondata di freschezza, energia e vitalità caratterizza la nuova mostra di pittura organizzata dalla galleria Antonio Colombo. Fino al 31 gennaio lo spazio espositivo milanese sarà animato dai dipinti, e non solo, del visionario Anthony Ausgang, tra i principali esponenti del Pop Surrealism made in USA (movimento noto anche come Low Brow), alla sua prima personale in Italia dal titolo AAA Attention Ausgang! Le opere di Ausgang sono espressione di un più attuale codice stilistico che, nato dal mondo dello skateboard, delle automobili customizzate e dalla musica rock, si è affermato, soprattutto nella West Coast americana, nel sistema dell’arte, partendo dalle gallerie alternative fino a giungere ad importanti collezioni private e pubbliche. La contaminazione, la mescolanza tra mondi diversi, arte, musica, disegno e cartoon sono il segno distintivo dei suoi lavori.

Anthony Ausgang Old school, 2010.

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For magazine Mostre SIMBOLOGIA E MISTERO NELLE OPERE DI ALESSIO SERPETTI Il pittore Alessio Serpetti si ispira a quella tradizione simbolista che portava i più alti rappresentanti a cristallizzare su tela una realtà più intima fatta di sogno e rimembranza. Temi espressi da Serpetti con oggetti, metafore, simboli arcani. Il valore allegorico di cui sono pregne le sue opere è ottenuto grazie alla commistione di elementi teatrali e onirici. Le figure femminili, delineate con tratto delicato e leggero, sono ricorrenti e utili a disvelare il senso nascosto della trama. Nelle sue mostre pittoriche spiccano quadri come Il Silenzio dell’anima, che allude a significati liturgici, mostrando maschere, candele e un calice, segni di dedizione a Dio. Il tema della rovina è invece al centro dell’opera Contemplazione: il volto della donna è in dialogo con la statua, vero e maschera comunicano all’ombra di una decadenza, testimoniata dalle arcate divelte, dai ruderi, dal silenzio della storia. Daniele Radini Tedeschi

Alessio Serpetti, Il silenzio dell'anima.

Alessio Serpetti, Contemplazione.

BRERA INCONTRA IL PUSKIN Fino al 5 febbraio alla Pinacoteca di Brera un’eccezionale sequenza di capolavori di Cézanne, Gauguin, Monet, Matisse, Renoir, Picasso, Rousseau e Van Gogh dalle collezioni del Museo Statale delle Belle Arti “A.S. Puškin” di Mosca, celebra lo straordinario incontro di due grandi musei del XIX secolo in occasione dell’anno della cultura Italia-Russia. La mostra di pittura è promossa, tra gli altri, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed è curata da Sandrina Bandera e Irina Antonova. Tutti i quadri provengono dalle prestigiose collezioni Sergei Šcukin e Ivan Morozov, i due collezionisti russi che nel primo ‘900 diventano testimoni di tutte le novità europee. La vasta collezione šcukiniana dei Picasso, oltre cinquanta tele, era costituita per lo più da opere del periodo cubista. Spiccano nell’esposizione anche tre Cézanne e alcuni capolavori della sensuale pittura del periodo tahitiano di Gauguin.

Claude Monet, Il carnevale al boulevard des Capucines, (particolare)1873.

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Pablo Picasso, Portrait of Ambroise Vollard,1909-10.


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STORY OF A BITE Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci presenta, fino al 10 di giugno, Story of bite. Steve Jobs e la rivoluzione di un’idea, una mostra di pittura, ma anche di oggetti e documenti, che racconta le tappe fondamentali che hanno segnato la vita di Apple e del suo carismatico leader, Steve Jobs. È un assaggio della storia della “Mela” e dell’uomo che l’ha portata al successo attraverso disegni, immagini, primi computer e prodotti che hanno caratterizzato l’azienda. Dalle prime realizzazioni si passa al rivoluzionario progetto Macintosh, per ricordare poi la produzione di portatili da un lato e di desktop dall’altro e concludere con un excursus sui più recenti personal device. È inoltre possibile gettare uno sguardo alla figura di Steve Jobs, di cui emerge il carattere, tramite l’uso di aneddoti, curiosità, testimonianze sotto forma di audio, filmati e campagne pubblicitarie.

L’INTERATTIVITÀ DI ANTHONY JAMES Alla Brand New Gallery fino al 23 febbraio sarà ospitata la mostra di scultura dell’artista di Los Angeles Anthony James. Fondendo insieme precisione tecnica, ripetitività e spettacolarità, James si adopera nelle sue installazioni interattive per mettere a nudo l’influenza mitica del Pop e del Minimalismo sull’arte e la cultura contemporanee. Rielaborando e fondendo insieme i linguaggi visivi del tardo Modernismo (con riferimenti ad artisti come Andy Warhol e Dan Flavin), le opere di James sperimentano i mezzi più disparati: strutture in acciaio, misteriose fusioni a cera persa realizzate, grossolani disegni fatti con tubi al neon accesi, meccanismi placcati nickel. Nelle sue ultime sculture dal titolo Consciousness & Portraits Of Sacrifice (Consapevolezza e ritratti di sacrificio), James prosegue la ricerca sul concetto di ritualità, racchiudendo foreste vergini di legno di betulla in vetrine minimaliste simili a un tempio.

Anthony James, Cube 2, 2010.

IL ROCK DI SHERLOCK HOLMES

Robert Downey Jr.

Impossibile non riconoscere al regista Guy Ritchie il merito di aver preso uno dei personaggi più famosi e averlo completamente reinventato, adattandolo alle esigenze del cinema e del pubblico contemporaneo. Il film Sherlock Holmes - Gioco di ombre porta avanti il lavoro cominciato nel primo episodio, permettendosi però il lusso di allargare i propri orizzonti. Nel primo capitolo è stato obbligo del regista porre le basi cognitive di personaggi e ambientazione, ricollegando questi all’ideale letterario di Arthur Conan Doyle. In questa seconda pellicola Ritchie è visivamente libero di muoversi nei meandri fisici e psicologici di Holmes senza dover continuamente fare riferimento ai suoi tratti caratteristici: addio 9 For Magazine

Antony James.

©Craig McDean

berretto a falde calate, addio (o quasi) pipa ricurva e addio Londra. Ma non pensate che per questo ci sia meno tradizione nella storia: questo film porta anzi sullo schermo la nemesi per eccellenza dell’investigatore londinese, il professor Moriarty, interpretato da un impeccabile Jared Harris. Entusiasmante, divertente e ricco di azione, segue la stessa linea stilistica e narrativa del suo predecessore senza rimanere però uguale a se stesso, per uno spettacolo visivo godibile a 360 gradi. L’auspicio è che quest’opera non faccia la fine della saga dei Pirati dei Caraibi: deve rimanere un gioiellino di originalità e destrezza interpretativa. Agostino Madonna


For magazine Cinema & Teatro PRESENTAZIONE DI A.C.A.B.

Pierfrancesco Favino

Poco tempo fa è stato presentato alla stampa, presso la sede Rai Cinema di Piazza Adriana a Roma, il film di Stefano Sollima A.C.A.B, che uscirà nelle sale cinematografiche il prossimo 27 gennaio. La pellicola narra le vicende di Cobra, Negro e Mazinga, tre agenti del reparto mobile della Polizia, guardato con distacco dai colleghi e con sospetto dai cittadini. I tre poliziotti impareranno sul campo cosa vuol dire essere odiati. A.C.A.B. è infatti l’acronimo di “All Cops Are Bastards” (tutti gli sbirri sono bastardi), motto del movimento skinhead inglese degli anni ‘70, diventato un richiamo universale alla guerriglia urbana. Attraverso le loro storie vengono ripercorsi importanti episodi della cronaca italiana degli anni 2000 in un cortocircuito che si rifletterà nel lavoro e nelle vite private di tutti loro. Nel cast del film figurano Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini.

Filippo Nigro in una scena del film.

MIDNIGHT IN PARIS

Owen Wilson e Rachel McAdams

Woody Allen è tornato. Con un film romantico ambientato nella Parigi odierna. Gil (Owen Wilson) e Inez (Rachel McAdams) sono una giovane coppia americana in cerca di un modo per fuggire dalla monotona quotidianità. Lui, aspirante romanziere, sogna di vivere in epoche passate, mentre lei desidera trasferirsi a Malibù. Una notte Gil viene catapultato indietro nel tempo nella Parigi degli anni ‘20. Ed è qui che la storia comincia. Il regista, con questa commedia, continua il suo tour europeo: dopo Londra e Barcellona approda nella capitale francese trasmettendone tutta l’eleganza con inquadrature della Torre Eiffel, del Louvre, del Moulin Rouge, soffermandosi sui dettagli. Una pellicola intrigante e seducente che incanta lo spettatore conducendolo in un universo parallelo dove poter incontrare Hemingway, Scott Fitzgerald, Buñuel, Picasso e Dalì. L’ottimistico lieto fine fa pensare che Allen abbia abbandonato la malinconia dei precedenti film. Jessica Di Paolo

Rachel McAdams

L’ARCA DI GIADA

Dal 2 Febbraio al 5 Febbraio, sul palco del Teatro della Luna andrà in scena lo spettacolo teatrale L’Arca di giada – La leggenda delle terre incantate, tratto dall’omonimo libro scritto e illustrato da Daniela Fusco. Al centro della narrazione una romantica storia d’amore e di magia ambientata nell’epoca medioevale. Un grande evento multimediale assolutamente unico nel suo genere, che abbina realtà e fantasia, personaggi reali e virtuali. Un viaggio gotico-fantasy, una principessa e un malvagio, l’amore, la conoscenza e la scoperta di se stessi sono gli elementi da cui scaturisce una storia avvincente. Novità assoluta è l’impiego di proiezioni tridimensionali di ultima generazione, che permettono agli attori veri di interagire con le animazioni ed i personaggi virtuali. Il cast del musical è composto da ventisei elementi: cantanti, acrobati e ballerini tra cui Leon di Amici di Maria De Filippi.

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For magazine Fotografia I LEGNANESI IN SCENA

Tornano a teatro I Legnanesi, la celebre compagnia nata nel 1949 che da oltre 60 anni entusiasma spettatori di tutte le età e unisce un singolare mix di italiano e dialetto lombardo in un “italiandialetto”. Fino al 12 febbraio saranno in scena al Teatro Smeraldo con lo spettacolo Sem nasu par patì... Patem! Il loro modo di recitare è affidato alle straordinarie doti di improvvisazione che li hanno resi eredi di una grande tradizione teatrale ormai scomparsa. Il segreto del successo de I Legnanesi (che ogni anno portano a teatro oltre 160.000 spettatori) sta nella capacità spontanea e genuina di far rivivere la tradizione della vita del cortile a chi l’ha vissuta e di raccontarla agli spettatori più giovani attraverso una comicità pulita, senza volgarità. I tre strepitosi protagonisti (Antonio Provasio, Enrico Dalceri e Luigi Campisi) danno vita a due ore e mezza di spettacolo tutta al maschile, narrando le vicende quotidiane della famiglia Colombo.

Enrico Dalceri

Antonio Provasio

IMMENSO E FRAGILE. UN RACCONTO DAL NORD Ragnar Axelsson è un fotografo islandese di fama internazionale. La mostra fotografica Immenso e fragile. Un racconto dal nord, curata da Enrica Viganò, nasce con il patrocinio del Comune e rappresenta una nuova tappa del percorso della galleria Centro Culturale di Milano. Le fotografie esposte fino al 15 febbraio fanno parte di una ricerca sugli stili di vita che stanno scomparendo nel Nord Atlantico, è un percorso tra i ghiacci e le terre di Groenlandia, Islanda e Isole Far Oer. Axelsson ha immortalato la quotidianità di persone che vivono ai limiti dell’estremo: egli racconta di villaggi ormai scomparsi, di intere comunità ridotte a due soli anziani che resistono in una grande casa scaldando una sola stanza, di mestieri che nessuno fa più e di uomini che lottano per la sopravvivenza quotidiana. Le sue fotografie sono tutte in bianco e nero, e rivelano la forza dei contrasti di una natura impervia e immensa.

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For magazine Musica LE POESIE DI PLANÈTE AMOUREUSE Presso El Tombon de San Marc, storico locale milanese si è tenuta di recente un’esclusiva serata del progetto creativo itinerante Planète Amoureuse, durante la quale è stato presentato il libro omonimo nato da un’idea di Indira Fassioni, fondatrice dell’associazione culturale Rosaspinto. Una delicata e sensibile raccolta di poesie dedicata alle relazioni amorose, alle alchimie dell’anima, all’eros, alle emozioni pure. Un’avvolgente atmosfera pregna di arte, musica e design, che ha preso vita attraverso i pensieri per-versi della Fassioni. Non la solita serata, bensì un appuntamento unico, che al valore letterario ha unito performance, esposizioni e il sound dei migliori dj della nightlife milanese, tutti riuniti per un happening creativo e ricreativo, condito da un pizzico di malizia, ma anche da una dose di sano divertimento, sorrisi e voglia di spensieratezza. Sempre con gusto.

WE ARE PERFECT

Cristian Marchi

È uscito di recente We Are Perfect, l’album musicale che celebra in una compilation a suon di canzoni e remix la carriera ventennale di Cristian Marchi, dj produttore che con la sua musica da tempo fa impazzire mezzo mondo. Disponibile su cd e su iTunes, è una carrellata di successi che fanno ballare e al tempo stesso danno emozione. La carriera di Marchi, che ha recentemente fondato la sua casa discografica col fidato musicista produttore Paolo Sandrini, continua spedita. Ma era opportuno fare il punto della situazione anche su cd e non solo tramite i tanti dj set sparsi per l’Italia. Marchi chiama il suo sound “house moderna”, e probabilmente è proprio la definizione più giusta. La radice del ritmo house resta, ad esempio nel suo remix di In The Music 2010 dei Deep Swing, ma su di essa si innestano slogan come in Love, Sex American Express, uno dei suoi più grandi successi e Feel The Love.

SERATA DI FESTA AL CAFÈ ATLANTIQUE Per festeggiare il Natale DinDaaDaa, Atelier Afterhours e Milano For Fun hanno scelto come location la discoteca Cafè Atlantique, dove hanno proposto al loro splendido pubblico della nighlife alcune performance mozzafiato e un sound system al limite dell’immaginazione. Ospite speciale del Christmas Party è stata Tania Vulcano from Circoloco. La talentuosa dj, che è nata in Uruguay, ma ha vissuto a Ibiza negli ultimi dieci anni, ha stupito il pubblico con uno show unico capace di scatenare il dancefloor fino alle prime luci dell’alba. A darle supporto gli amici dj Giava, Andrea Barone, Mirko Flower, Alex Di Leo, Francesco Guareschi, Adryan e Davide La Rocca. Tania Vulcano ha conquistato un posto importante nel mondo della dance con un favoloso mix di sonorità electro, house, deep house e minimal che la rendono inimitabile e destinata all’olimpo dei dj.

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For magazine Eventi STARS IN ALTA QUOTA Ha avuto luogo di recente in località Sestriere un evento del mondo dello spettacolo, organizzato dall’agenzia Star’s Management in collaborazione con la discoteca Tabata, intitolato “Stars in alta quota”. Si tratta di una manifestazione che unisce le aziende e i personaggi dello spettacolo in un’atmosfera di relax e vacanza nelle location più esclusive del territorio: appuntamenti ed iniziative che hanno alternato momenti di spettacolo, convivialità, sport e svago. Un’occasione per fare del bene con la raccolta fondi della cooperativa Il Cammino. All’evento hanno partecipato alcune autorità e tanti personaggi del piccolo e grande schermo: Valeria Marini, Lory Del Santo, Jerry Calà, Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi, Dana Ferrara, Tony Sperandeo, Edoardo Raspelli, Sara Tommasi, Beppe Convertini, Flavia Vento, Deborah Salvalaggio. L’evento è stato patrocinato dal Comune di Sestriere.

Giovanna Rigato, Edoardo Raspelli e Silvia Abbate

Jerry Calà

Barbara Meoni

Tony Sperandeo

Lea Veggetti

Daniele Santoianni e Debora Volpe

Leonardo Tumiotto e Vittorio Gucci

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For magazine teatro di Pina Bevilacqua

rinaldo in cAMPO Rivive, a distanza di 50 anni dall’originale, la celebre commedia musicale di Garinei e Giovannini, portata al successo dall’estro e dalle musiche di Domenico Modugno Per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, fino al 22 gennaio saràin scena al Teatro Sistina, Rinaldo in Campo. Una storia divertente e, allo stesso tempo, commovente, ambientata

nella Sicilia del 1860, dopo lo sbarco dei Mille. L’epopea di Rinaldo Dragonera, un brigante che vive nella zona di Catania e che, come Robin Hood, ruba ai ricchi per dare ai poveri. Ma gli opposti si attraggono e così di lui si innamora la bella e giovane Angelica, una nobildonna che appoggia la causa garibaldina. E soprattutto che lo cambierà. Così Rinaldo smetterà di rubare, realizzando, finalmente, che il furto è sempre e comunque un furto. Piuttosto si unirà a Garibaldi per liberare la Sicilia dai Borboni. Insomma, la forza dei grandi sentimenti, come l’amore e il senso patrio, che cambia la Storia e le storie, piccole e grandi. La commedia musicale, scritta da Garinei e Giovannini, con musiche di Domenico Modugno, debuttò 50 anni fa, esattamente il 13 settembre 1961, proprio in occasione dei 100 anni dell’unificazione italiana. A Torino, perché è da lì

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Serena Autieri (35 anni) e Fabio Troiano (37 anni). La Autieri nel 2003 ha presentato il Festival di Sanremo assieme a Pippo Baudo e Claudia Gerini.

Rodolfo Laganà (54 anni) ha iniziato la sua carriera nel laboratorio teatrale di Gigi Proietti, con il quale nel 2002 ha girato il film Febbre da cavallo - La mandrakata.

che, con Cavour e Vittorio Emanuele II, il processo di unità nazionale era partito. Registrando il record di incassi tanto che, all’epoca, si parlò del «più grosso successo teatrale di tutti i tempi in Italia». Questa nuova edizione di Rinaldo in Campo, prodotta dal Sistina, tiene conto dei cambiamenti avvenuti in Sicilia nell’ultimo cinquantennio, adeguandovisi, ma senza ritoccare minimamente «gli antichi sapori». Come ha spiegato il regista, Massimo Romeo Piparo, che ha firmato la commedia insieme a Roberto Croce, per le coreografie, e ad Emanuele Friello, per gli arrangiamenti musicali. Nel ruolo di Angelica, che fu di Delia Scala, ritroviamo Serena Autieri, che torna al Sistina dopo il grande successo di Vacanze Romane. Al suo fianco, nei panni di Rinaldo, indossati al debutto dallo stesso Modugno e, nella seconda edizione del 1987 da Massimo Ranieri, c’è Fabio Troiano,

star indiscussa (il Tenente Daniele Ghirelli detto “Ghiro”) della fortunata serie Tv R.I.S. – Delitti imperfetti. Sul palco anche Rodolfo Laganà che, dopo 25 anni, riporta in vita Chiericuzzo, impersonato nel ’61 da Paolo Panelli. E poi Gianni Ferreri, il celebre Giuseppe Ingargiola di Distretto di Polizia, che interpreta il Viceré. Straordinarie le musiche di Modugno, che ne firmò anche i testi, insieme a Garinei e Giovannini. Tra queste, il celebre brano Tre briganti e tre somari, cantato sul palco e nel disco con i grandi comici siciliani Franco Franchi (Facciesantu) e Ciccio Ingrassia (Prorunaso); Duetto sì e no cantato con Delia Scala; Notte chiara, l’unico brano non originale dello spettacolo. In realtà, si tratta di una vecchia canzone del monumentale cantautore siciliano, Datimi un paiu d’ali (1955), all’epoca passata inosservata, e che, dopo Rinaldo in campo, è diventata prepotentemente una hit.

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UOMO DEL MESE di Ivan Rota

Elio Carlo Pignatelli conferma il suo link con il mondo dello spettacolo e firma l’esclusivo look di Elio nella nuova stagione di X-Factor, il fortunato programma in onda adesso su Sky. Irriverente, ironico, geniale: questo è lo stile dell’artista-mattatore delle Storie Tese che, per il secondo anno consecutivo, ha il compito di giudicare le performance dei cantanti del futuro. Carlo Pignatelli ha curato personalmente e studiato ad hoc gli abiti di Elio: in sintonia con il mood del personaggio e per enfatizzarne il carattere eclettico, le mise dello stilista torinese sono sempre contraddistinte dall’eleganza e dalla sartorialità della maison.

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DONNA DEL MESE

Giulia Bevilacqua Giulia Bevilacqua in total look Stefanel al premio “Migliore personalità europea 2011”, tenutosi in Campidoglio a Roma: carina, a parte i tronchetti ai piedi. L’attrice, però, non sembra più lei: è molto più bella acqua e sapone. Giulia, diventata popolare nel ruolo della poliziotta Anna Gori in Distretto di Polizia, ha lavorato anche con Ale e Franz. L’abbiamo appena vista nella fiction di Canale 5 Il delitto di via Poma. A noi piace perché è spontanea, allegra, disinvolta ed è veramente un’attrice estemporanea. Auguri a Giulia per un film importante: Pedro Almodovar l’ha notata…

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La Rettondini (39 anni) esordisce in Tv nel 1993 con la soap opera Passioni. TornerĂ a questo genere televisivo nel 2006 entrando nel cast di Centovetrine.

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cover di Alfonso Stani

Francesca

secondo me

Conflitto d’interessi in questa intervista? Sì, visto che a fare le domande alla Rettondini è il cugino (che viene addirittura ingaggiato per un programma Tv). Però, ci svela un sacco di segreti e tante novità. Con una divertente incursione nella politica italiana 19 For Magazine


Francesca in che momento sei della tua vita? «Ho fatto un giro di boa drastico, ma non definitivo. Ultimamente l’ambiente dello spettacolo mi ha un po’ delusa. Come sono abituata da sempre, mi sono ancora una volta rimboccata le maniche e ho trovato strade alternative che sappiano darmi soddisfazioni nuove». Ho sentito dire che stai avvicinandoti al mondo della moda. Parlamene. «Sì, ho creato la mia prima linea di borse e accessori. Le ho imposto un nome semplice che mi corrisponde, ossia “Re”. Che sono le iniziali del mio cognome». A cosa ti sei ispirata? «L’ispirazione è costante. Tutto quello che vedo lo proietto sulle mie creazioni. Forme, colori materiali, qualsiasi cosa che abbia una forma per me è quella perfetta per una nuova borsa». Quando uscirà questa collezione? «Tra pochi giorni, con la collezione autunno inverno 2012/13». Possiamo dire che la moda italiana ha una nuova stilista? «Più che altro spero di gettare le basi per il mio futuro».

So che stai per tornare in Tv con un nuovo talent. «Sì, sono due mesi che provino concorrenti attraversando l’Italia in lungo e in largo per trovare il perfetto consulente d’immagine. Il programma si chiama Professione Look Maker e il più fortunato vincerà un salone già allestito del valore di centomila euro. Dovrà avere il massimo dell’esperienza nel campo della consulenza d’immagine, capelli, look, trucco e quant’altro. In studio ci avvarremo di una giuria, di tutor specializzati che daranno il responso definitivo! Tra loro Aldo de Luca (Il Messaggero), Nino Lettieri (per l’alta moda) e Carlo Bay, famosissimo hairstylist internazionale. Ci manca, però, un opinionista che non ha peli sulla lingua, perché non vieni tu? Saresti perfetto». Quanto tempo ho per pensarci? «È già scaduto!». Ok ci sarò. Cambiamo argomento. La tua passione per il cinema? «Beh non si è sopita, anzi, forse ci saranno presto novità». Quindi, un periodo positivo per te? «Speriamo che finalmente il mio angelo si sia svegliato. E che posi il suo sguardo su di me… sarebbe ora».

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L’ambiente dello spettacolo mi ha delusa. Mi sono rimboccata le maniche e ho trovato strade alternative.

A proposito: tu sei molto mistica e profonda, cosa ti attrae di questa dimensione? «Spesso mi sono trovata a dover combattere con le avversità del mondo, la cattiveria della gente, la falsità, l’indifferenza. Tutto questo mi ha fatto avvicinare a quello che per me è il mondo del silenzio, dell’introspezione e conseguentemente l’aldilà, gli angeli e la fede». Forse tutto questo è nato durante la malattia di Alberto Castagna? «Tu lo sai bene, in quel periodo c’eri. Sai bene tutto il dolore e la sofferenza. Sarei voluta morire insieme a lui pur di non doverlo vedere così. Forse per necessità, come spesso accade, ci si attacca a qualcosa di più grande come la fede. Noi siamo così inutili e insignificanti al cospetto di Dio. D’altronde anche tu hai pregato e sperato tanto, eri il suo più fidato amico in quel periodo». Dopo il tuo più grande amore sei riuscita a costruirti una vita sentimentale soddisfacente? «Be', subito è stato un susseguirsi di flirt disastrosi, volevo trovare a tutti costi una persona da amare, ma inevitabilmente incappavo in uomini superficiali, approfittatori, insomma profondamente sbagliati». Francesca se dovessi esprimerti in questo momento storico sul nostro Paese, a chi ti appoggeresti politicamente? «Vorrei come presidente del Consiglio Charlie Chaplin, in coppia con Sabina Guzzanti. Sarebbero sicuramente più credibili di molti altri». Concordo. Adoro entrambi e concludo facendo a te una proposta: Francesca Rettondini, con la sua collezione di borse, scarpe tacco dodici centimetri e tailleur mozzafiato perché non si propone in Parlamento? «Preferisco coltivare azalee a Villa Borghese».

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REPORTAGE di Francesca Airoldi e Giuseppe Cacciaguerra

perdersi a

Tra calli e canali (col sole o quando cala la nebbia), fotografati dai nostri ormai consueti turisti non per caso. E con Patty Pravo che incontra Ezra Pound. Ma, a saper ascoltar bene, si sentono anche i racconti di Thomas Mann, Jean Giono, Gabriele D’Annunzio, Riccardo Bacchelli, Vincenzo Cardarelli‌

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venezia

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Venezia è senza dubbio l’unico luogo al mondo in cui si possono sempre rinnovare tutti i propri desideri. Solo qui il mare ha questo forte odore che fa dimenticare tutte le realizzazioni e di nuovo le fa desiderare (…) qui non ci sono suicidi. Chi venisse qui con l’intenzione di togliersi la vita dovrebbe farlo subito la sera stessa; il giorno dopo sarebbe già troppo tardi. Jean Giono (1952)

«Un giorno di manca scolastica, incontrai Ezra Pound. Ovviamente non sapevo chi fosse. Era con una signora, sua moglie. Vedevo che mi sorridevano. Lei mi venne incontro e disse: “Ciao, vuoi un gelato?”. Risposi di sì, e da quel momento il gelato divenne un’abitudine quasi quotidiana. Ezra Pound non parlava mai; aveva già iniziato il suo personale silenzio con il mondo, quindi i nostri incontri erano vagamente surreali. Facevamo prima una passeggiata; lui era lungo, con i capelli tutti bianchi. Poi, prendevo il gelato. Quando gli amici dei nonni seppero che mangiavo il gelato con lui, la prima cosa che mi chiesero fu: “Ma parla?”. Risposi: “No, però comunica”». È la veneziana Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo, che parla. Un gelato con Pound in laguna… con l’uomo che per aver appoggiato il fascismo venne prima richiuso in una gabbia nel campo di Pisa e poi (negli Stati Uniti) dichiarato pazzo. Un grande poeta, che volle ritornare in Italia e che a Venezia morì in casa di Olga Rudge in Calle Querini 252. Fu sepolto nel settore evangelico del cimitero, sull’isola di San Michele. Diventa difficile scrivere di Venezia, quando i più grandi l’hanno descritta e omaggiata. Ernst Hemingway, che nello scorso numero del nostro gior-

nale ci ha accompagnato a conoscere Madrid, la visitò nella primavera del 1949 e tra il marzo e maggio 1954. Alloggiò sempre all’Hotel Gritti Palace e frequentò l’Harry’s Bar in Calle Vallaresso nelle vicinanze di Piazza San Marco (la storia d’amore con Adriana Ivancich è raccontata nel romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi). Aldo Palazzeschi ambientò a Venezia il romanzo Il Doge, Alberto Moravia (che vi ha ambientato uno dei racconti de La cosa) possedeva una casa nei pressi della Chiesa della Salute e Giuseppe Berto ci ha regalato il libro Anonimo veneziano (da cui è stato tratto il l’omonimo film con Tony Musante e Florinda Bolkan, colonna sonora indimenticabile di Stelvio Cipriani). Sempre celebrata? Quasi. Voci fuori dal coro Julien Green: «Con tutta la buona volontà non sono riuscito ad affezionarmi a questa città che non viene lasciata morire e il cui corpo vivente marcisce nell’acqua putrida (…) la sua bellezza ha qualcosa che mi fa orrore. Ha un volto sul quale i segni della putrefazione si profilano sempre più grandi e numerosi, e l’amore che le si porta mi è sempre sembrato necrofilo. Ai miei occhi non c’è nulla di tanto deprimente come la luce del sole su queste antiche pietre».

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Sul libro del destino era dunque scritto alla mia pagina che il 28 settembre 1786, alle cinque di sera secondo la nostra ora, entrando dal Brenta nella laguna, avrei visto per la prima volta Venezia, e subito dopo avrei toccato e visitato questa meravigliosa città insulare, questa repubblica di castori. Così, a Dio piacendo, Venezia non è più una mera parola, il nome vuoto che per me, nemico giurato delle vacue sonorità, fu tante volte motivo d’angoscia. Johann Wolfgang Goethe (1786)

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Ma della luce di Venezia e dell’incanto dei suoi mattini, dello splendore del mare al Lido, del sole la sera dietro le cupole della Salute, del Redentore, di San Giorgio Maggiore… di tutto ciò e delle notti, delle calde notti in cui risuona sempre da qualche parte un canto o una musica di corno o di chitarre, di tutto ciò taccio, per metà in deliquio e per metà geloso. Arnold Zweig (settembre 1913)

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Capii perché così tante storie ambientate a Venezia sono gialli. È facile che gli ombrosi canali minori e i passaggi labirintici, dove persino gli iniziati perdono la strada, evochino umori sinistri. Riflessi, specchi e maschere suggeriscono che le cose non sono come sembrano. Giardini nascosti, finestre con le imposte chiuse e voci non viste parlano di segreti e rendono possibile l’occulto. Gli archi in stile moresco ricordano che in fondo l’insondabile mente orientale ha avuto la sua parte in tutto ciò. John Berendt (da Dove cadono gli angeli-Venezia e altri misteri)

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Già di settembre imbrunano a Venezia i crepuscoli precoci e di gramaglie vestono le pietre. Dardeggia il sole l’ultimo suo raggio sugli ori dei mosaici ed accende fuochi di paglia, effimera bellezza. E cheta, dietro le Procuratìe, sorge intanto la luna. Vincenzo Cardarelli, Settembre a Venezia

Una volta sola ci siamo crogiolati nella luce del sole in Piazza San Marco, un giorno dopo il nostro arrivo avvenuto sotto una pioggia torrenziale. Da allora, nebbia senza fine. Marie von Ebner-Eschenbach (autunno 1907)

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Se entrate dalla parte di San Marco attraverso una quantità prodigiosa di bastimenti di ogni genere, di vascelli da guerra, di vascelli mercantili, di fregate, di galere, di barche, di battelli, di gondole, sbarcate su una riva chiamata la Piazzetta, dove si vedono da una parte il Palazzo e la Chiesa Ducale che annunciano lo splendore della repubblica, e, dall’altra, la piazza San Marco circondata da portici innalzati secondo i disegni del Palladio e del Sansovino. Si va per le vie della Merceria fino al ponte di Rialto; si cammina su pietre quadrate di marmo d’Istria, dentellate a colpi di scalpello in modo che non vi si possa sdrucciolare, si passa per una località che rappresenta una fiera perpetua, e si arriva a quale ponte, che, con un solo arco di novanta piedi di larghezza, attraversa il Canal Grande, assicura con la sua elevatezza il passaggio alle barche e ai battelli durante l’alta marea, offre tre diverse vie ai passeggeri e sostiene sulla sua incurvatura ventiquattro botteghe con le abitazioni e coi tetti coperti di piombo. Carlo Goldoni, Memorie 1784-1787

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Prima di capire esattamente come, scoprii che stavamo scivolando per una strada, una strada davvero spettrale. Su entrambi i lati le case si levavano dall’acqua, e la nera barca scivolava sotto le finestre (…) Tutt’intorno regnava un profondo silenzio. Charles Dickens (1844)

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Chi nel mettere piede per la prima volta, o dopo una lunga assenza su una gondola veneziana, non ha dovuto reprimere un brivido fugace, un senso di segreto disagio o di avversione? Giunto a noi immutato dai tempi delle ballate, nero come nere al mondo sono soltanto le bare, lo strano legno evoca alla nostra mente tacite, delittuose avventure nel mormorio notturno delle acque; e soprattutto evoca la morte stessa, il feretro, il corteo tetro, il silenzio dell’ultimo viaggio. Thomas Mann (1912)

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(...) questa pura Città d’arte aspira a una suprema condizione di bellezza, che è per lei un annuale ritorno come per la selva il dar fuori. Ella tende a rivelar sé medesima in una piena armonia… Gabriele D’Annunzio, Il fuoco, 1900

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Venezia: ma, prima di Venezia, Fusina, poiché di là arrivavo: i chiari e smaglianti argenti nebulosi della laguna piena d’ali di gabbiani adriatici, belli nella vigoria del volo possente e leggiero in una limpida mattina invernale dall’aria senza vento, immota. Resta vero adesso come allora, che chi voglia davvero arrivare a Venezia, ha da evitare la triviale comodità degli approdi ferroviari ed automobilistici; ha da prendere la via del canal di Brenta e dell’umile imbarco di Fusina: e vedrà sorger Venezia dall’acqua e nell’aria in una nebbia lontana d’argento nitido e fosco; le vedrà, la nebbia e la città, inazzurrare e indorare, l’aria farsi di rosa e d’arancio e di rosso, dei colori della città unica, mentre già di chiariscono i bianchi antichi dei marmi, i grigi stupendi della pietra, e squilla al sole la palla d’oro e di verderame, brividisce di verde l’acqua del canal di Giudecca e del principio del Canal Grande, che s’aprono all’occhio; e di là dal Palazzo dei Dogi, san Marco si palesa in un’aureola, in un’iride preziosa che se ne fonde nell’aria incantata e melodiosa. Sull’acqua del Bacino, fra san Giorgio dei Greci e le Rive, una brezza c’è sempre a darle un riso di vita, quasi che pur l’aria sia innamorata della luce di Venezia. Riccardo Bacchelli (da Italia per terra e per mare)

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Passammo… o scivolammo… o volteggiammo attraverso stradine e viuzze; avanzavamo rasenti i muri e gli angoli: tra le pareti in pietra e il bordo della barca non si sarebbe potuta infilare una mano. Gerhart Hauptmann (gennaio 1897)

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La posizione dell’antica città delle meraviglie romane sempre una delle apparizioni più venerabili e toccanti, ma anche più esotiche e avventurose per il viaggiatore… Friedrich von Matthisson (giugno 1796)


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Sempre bella la Sua Maestà Venezia, forse troppo bella per questo presente plebeo che non le si addice affatto. Una regina che per denaro deve mostrarsi a curiosi che posseggono denaro, ma nessun rispetto per le antiche maestà. Otto Julius Bierbaum 1902

A mezzanotte passai per vie solitarie…, per anguste vie di pietra, morte… attraverso piazze piccole, quadrate, morte, con tre fontane di marmo antico e all’improvviso La morte a Venezia una chiesa grigia dalle forme graziose e carezzevoli. E una volta, passando, attraverso un varco stretto vidi il ponte dei sospiri librarsi nella notte. A. Kerr (1920)


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Di sera con i loro alti camini svasati cui il sole reca i colori rosa più vivi, i rossi più chiari sopra le case sembra fiorire tutto un giardino, con tanta varietà di sfumature che lo diresti, coltivato sulla città, il giardino d’un appassionato di tulipani di Delft o di Haarlem. E poi, l’estrema vicinanza delle abitazioni faceva d’ogni crocicchio la cornice dalla quale sogguardava fantasticando una cuoca, o una ragazza che, seduta, si faceva pettinare da una vecchia dal profilo, indovinato nell’ombra, di strega, tramutando in una esposizione di cento quadri olandesi giustapposti ogni povera casa silenziosa e contigua alle altre a causa dell’estrema strettezza di quelle calli. Compresse le une contro le altre, quelle calli dividevano in ogni direzione con le loro scanalature, il settore di Venezia compreso fra un canale e la laguna, come se si fosse cristallizzato seguendo quelle forme innumerevoli, tenui e minuziose». Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, La fuggitiva

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Forintervista magazine di Silvestro Bellobono

Per sette stagioni la Orlando (45 anni) ha preso parte a I fatti vostri su Rai2. Dal 1998 al 2003 ha condotto Il lotto alle otto e tre edizioni di Theleton. Nel weekend è ospite fissa del programma Unomattina in famiglia.

Non mi manca nulla

E come darle torto? Brillante e sensuale, dagli esordi in Tv all’ultimo singolo musicale, dalle sue passioni più grandi alla vita privata: viaggio intorno al pianeta Stefania Orlando. Salite a bordo Ha da poco presentato il suo nuovo brano A Troia (la “A” indica una direzione, è poco carino pronunciarlo in romanesco), ogni weekend la vediamo a Unomattina in famiglia: Stefania Orlando si dice gratificata dalla sua vita e dalla carriera. Cominciata un po’ per caso…

soprattutto per la mia timidezza. Poi fui accolta bene da quel gruppo, si creò un bel rapporto con lo staff. Col tempo mi sono appassionata a questo mestiere, anche perché ho scoperto la bellezza del rapporto tra me e il pubblico».

Quando ha scoperto la sua passione per il mondo dello spettacolo? «Direi proprio per caso, nel periodo in cui lavoravo come agente immobiliare. Dopo una trattativa ebbi la proposta per un provino, addirittura con il grande Corrado. Successivamente fui scelta per il programma Sì o no? condotto da Claudio Lippi. Confesso che all’inizio ero un po’ perplessa,

È vero che suo padre desiderava per lei una carriera da avvocato? «Sì è così, lo voleva lui ma anche io. Alla fine però penso di essere andata incontro alle sue aspirazioni ugualmente, dato che lui da ragazzo cantava in un gruppo. E poi di avvocato c’è già mio fratello».

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Dopo la conduzione di tante trasmissioni che giudizio dà della Tv italiana? «Indubbiamente la Tv evolve, sia in positivo sia in negativo. In Italia ci si è equiparati agli standard europei, ricorrendo tantissimo ai format e poco agli autori, che da un lato può essere un concetto giusto, ma dall’altro sarebbe sempre meglio ideare trasmissioni italiane. Valgano da esempio alcuni programmi che hanno un boom notevole all’inizio e poi, dopo due-tre edizioni, crollano vertiginosamente. Penso che negli ultimi anni la nostra Tv si sia imbruttita, oggi abbondano i reality show che non brillano certo per i contenuti. Non voglio fare la bigotta, ma io vengo dalla collaborazione con autori come Corrado e Michele Guardì, quindi da un modello di Tv molto sobrio e nazional-popolare». C’è un programma che le piacerebbe condurre? «Certamente un talk show dove affrontare svariati argomenti. E poi vorrei presentare un programma musicale». Veniamo appunto alla musica. Come nasce Stefania Orlando cantante? «È il mio sogno realizzato. Sin da bambina cantavo davanti allo specchio i brani di Renato Zero, sono da sempre una “sorcina”, e già allora mi vedevo bene come rockstar. Da un po’ di tempo ho potuto approfondire questa mia grande passione a livello professionale. Mi sono buttata sulla musica, approfittando anche di un piccolo periodo di allontanamento dalla Tv, reinventandomi musicista. Oggi mi ritengo soddisfatta di questa scelta perché provo un’enorme felicità quando mi esibisco sul palco. Al contempo ho ripreso a lavorare in televisione, occupandomi dello spazio musicale a Unomattina in famiglia». C’è stata un’evoluzione nel suo percorso musicale? «Sì, poiché sono passata dalle canzoni allegre e spensierate degli esordi a pezzi di maggior spessore. All’inizio, provenendo dalla Tv, i discografici mi suggerirono di proporre un sound leggero, un po’ nello stile delle più famose canzoni di Raffaella Carrà. Oggi, invece, partecipo anche io alla stesura dei testi e affronto temi più seri, come le difficoltà odierne dei giovani, la mancanza di meritocrazia o la mercificazione del corpo, purtroppo presente nella nostra società. Cerco di mettere questo nelle mie canzoni, come nel mio ultimo singolo A Troia, dove la città omerica diventa metafora della corruzione moderna. Il pezzo è cliccatissimo su internet. Diciamo che ho avuto una svolta rock, sebbene si tratti di un rock particolare, un po’ indie e autoprodotto. Mi sento gratificata da questa esperienza perché ho fatto felice soprattutto me stessa». Quale critica le ha dato più fastidio? «Se criticano in modo costruttivo il mio lavoro lo accetto, fa parte del gioco e posso capire le opinioni negative quando scrivo una brutta canzone. Invece non accetto proprio le critiche offensive alla mia persona, si tratta di insulti gratuiti che non giustifico affatto. Io sono sempre favorevole alla libertà d’espressione, ma ci devono essere dei limiti che non superino il buon gusto e l’educazione». Dal punto di vista personale la sua ambizione più grande qual è? «Di poter continuare a fare il mio lavoro, a migliorarmi, a scrivere buone canzoni e condurre buone trasmissioni. Magari riscuotendo dei successi, non lo nego, perché fa sempre piacere essere apprezzati». Ritiene che attualmente nella sua vita manchi qualcosa oppure è felice così? «Sto bene così. Anche dal punto di vista sentimentale ho una relazione stabile con Simone Gianlorenzi, compagno e collega, in quanto è musicista anche lui. Per quanto riguarda i figli non sento questa esigenza perché non averne è una mia scelta, di cui forse mi pentirò tra venti anni. Ma ora non ho questo istinto materno, mi sento una donna completa,

consapevole e felice. Non mi manca nulla». Cosa pensa della sua città natale, Roma? Le piace? Ci vive? «Ci vivo perché la amo in tutte le sue infinite sfaccettature, inclusi i suoi difetti». Quali sono le sue più grandi paure? «Le malattie. Non mi fa paura tutto il resto, nemmeno la morte, ma la sofferenza che una malattia comporta mi spaventa. Invece, per altre cose della vita credo che se si ha in se stessi il migliore alleato tutti i problemi si superano». Che aspettative ha per questo 2012? «Mi auguro che possa portare tanta speranza a tutti, oltre alla risoluzione dei principali problemi della quotidianità, e mi riferisco soprattutto ai giovani in cerca di un lavoro».

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Amato con Sebastiano Somma

Gaetano Amato, volto storico della prima serie Tv La Squadra, scelto da Woody Allen per un ruolo nell’ultimo lavoro del regista americano, e apparso nel film Basilicata coast to coast, a gennaio su Mediaset sarà co-protagonista con Roul Bova della quarta serie della

fiction Ultimo. Grande talento anche per la scrittura (al suo terzo libro dopo che il primo ha vinto il Premio Bancarella) ha pubblicato recentemente il romanzo-thriller Gioco Segreto. Ecco le foto della presentazione.

ROTAZIONI di Ivan Rota

Esclusivo. C’è un’altra donna dietro la crisi tra Demi Moore e Ashton Kutcher: l’ex toy-boy si è da tempo invaghito di Fernanda Niven, nipote nell’indimenticabile attore David Niven e proprietaria di relais di lusso. Proprio durante un soggiorno è scattata la scintilla: l’attore ha iniziato a farle una corte serrata, ma lei non ha mai ceduto. Nonostante il mancato tradimento, la compagna, che ha già avviato le pratiche di divorzio, lo ha saputo e non lo ha perdonato. Inoltre, Tallulah Belle, figlia di Demi Moore e di Bruce Willis, ha partecipato al ballo delle debuttanti, al Crillon a Parigi, scortata dal padre Bruce in compagnia di Andie McDowell con la figlia Margaret Qualley. Tra le ventiquattro debuttanti Charlotte de Bourbon-Parme, Marie-Sarah Carcassone e Oriane Piccard. I fondi raccolti sono stati destinati alla Feed Foundation, impegnata contro la malnutrizione, associazione creata da Lauren Bush. E Demi continua a dimagrire: la fine del matrimonio la consuma. • Per la prima volta non si parla solo dei suoi scandali, ma anche degli esordi: ecco un’inedita Kate Moss in A Biography, il libro scritto da Nicolas Drummond che contiene anche le foto grazie alle quali entrò nel mondo della moda, superando il suo primo provino, foto scattate dall’amico David Ross. Presentazione della biografia a casa dello scrittore e della moglie

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L'autore con Sergio Alessi

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Roberta Palao, nell’esclusivissimo quartiere di Charlie Siem

Belgravia, alla presenza di Allegra Hicks e di altri numerosi invitati come il principe Francesco Ruspoli, Carla Maria Orsi Carbone, Drusiana Sforza, Alain Cartier, Lord e Lady Chelsea.

La già mondana Courmayeur di recente lo è diventata ancora di più con l’apertura di un nuovo disco privè. A completare l’operazione, un ristò e dodici suite de luxe che per chi vuole trattenersi a dormire. Per l’inaugurazione grande festa con la presentazione della linea Italia Indipendent creata da Lapo Elkann che è stato l’anfitrione dell’opening. Sono già stati progettati da Lapo degli occhiali in tinta con le tonalità del locale. Molti i vip presenti: da Alba Parietti e Giuseppe Lanza di Scalea, Umberto e Suni Veronesi, Gabriella e Rosyana Dompé, Ennio e Carlo Capasa. Intorno alla chiesa dei Santi Pantaleone e Valentino e lungo via Roma si avvistano altre persone famose, ma in incognito: qui riescono a stare tranquilli. Tra questi Vincent Perez, Susanne Bier e Daniela Santanchè che tradisce spesso la sua amata Cortina. Tutti concordi su di un fatto: la vista da Punta Helbronner è impareggiabile. Facile incontrare Maria De Filippi e Beppe Grillo, proprietario almeno sino a un po’ di tempo fa di una casa in piazzetta.

innaffiato da Franciacorta Brut Lo Sparviere, bollicine prodotte da Franco e Umberta Beretta. La padrona di casa, elegantissima in rosa di Dior, ha ricevuto gli invitati e li ha omaggiati con il dvd del restauro dell’Imago Pietatis, opera esposta al Museo Poldi Pezzoli, restauro da lei finanziato. Tra preziose argenterie e abbigliamento da caccia, ecco all’entrata un albero di Natale con le

corna al posto dei rami. Tra gli ospiti, solo cento fortunati, la frizzante Gabriella Dompè, Marta Marzotto, Carlo e Irene Micheli, Marta Brivio Sforza, Arturo Artom, Davide Oldani, Paolo e Sabrina Kessisoglu, Elio e Mercedes Catania, Lucio e Chicca Stanca, Ivan Olita, Paola Manfrin, Fabio Novembre, Bob Krieger.

Carlo Cracco con Umberta Gusalli Beretta

Alla Beretta Gallery, in via Durini, a Milano, Franco e Umberta Gusalli Beretta hanno invitato cento amici per gli auguri di Natale. Addobbi di Tearose, cucina a cura di Carlo Cracco e, in esclusiva per l’Italia, il concerto del violinista Charlie Siem che si è esibito anche al compleanno dell’amica Lady Gaga e per i Reali inglesi: bello e virtuoso, ha eseguito arie di Paganini ed è stato riempito di complimenti dalle signore presenti. Un’intera sala allestita con trionfi di dolci. Due “isole”, una con cibo vegetariano, l’altra con selvaggina e verdure. Tutto

Caterina Balivo (a sinistra) e Gabriella Dompè.

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Paolo Kessisoglu con la moglie Sabrina


For magazine COSE DI MODA di Marco Gastoldi

Passerella per sei

Ecco gli stilisti che abbiamo scelto per voi questo mese. Sfilano l’energia, il glamour, la luce, la trasgressione. Per il trionfo della femminilità!

Penne, frange, lacci e fronzoli: un gioco poetico con elementi familiari ha consentito alla stilista belga Ann Demeulemeester di raggiungere le vette della seduzione attraverso ciò che sa elaborare nel modo migliore. Una collezione quasi completamente nera per una mitologica creatura ricca di vita e pas-

sione. Cinture totalmente piumate che attraversano giacche di velluto, cuciture in pelle allargate sulla vita e chevron-stripes hanno contribuito a donare alla donna il ruolo di un’energica amazzone-guerriera, avvolta da pellicce di pecora, artigli da rapace e criniere di cavallo.

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Un vero e proprio tributo ad ogni tipologia di donna esistente quello di Vivienne Westwood per la collezione dell’attuale inverno all’insegna della forza, del potere e della vittoria. L’abile utilizzo di ogni tipologia di tessuto, le calde tonalità cromatiche dai lampi dorati e le originalissime forme hanno

reso, anche per questa stagione, un pret-a-porter unico e singolare. Fra i capi proposti ecco un abito a forma di uovo color pesca ornato con un fiocco, un vestito di maglia decorato con gioielli dall’ispirazione indiana e il tradizionale finale Westwood che presenta una sposa.

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Tessuti Pvc e dettagli in pura seta per un tocco di fluido futurismo dalle accattivanti tinte accese. Una linea di abiti forte e potente quella di Christopher Kane per l’attuale autunno/ inverno: una scala cromatica fondamentalmente scura dove

spiccano i particolari blu perlato, rosso incendio e crema per aggiungere un pizzico di glamour. Un trionfo di raffinatezza ed eleganza semplici e pulite, senza mai cadere nel minimal: un mood divertente e inaspettato da indossare ogni giorno.

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Forme squadrate d’ispirazione sartoriale dei primi anni ’90 sono il filo conduttore dell’inverno Lanvin. Ecco comparire, per coprirsi dal freddo, i cappelli a testa larga, le giacche corte e le mantelle in pura lana. I colori spaziano dal black&white al rosa fiorito su un mini-abito rea-

lizzato in seta stropicciata, rendendolo arioso e gonfio. Una collezione piena di ottimismo, come dichiara Alber Elbaz (direttore creativo): una vera e propria progressione dalle tenebre che inizia con forme rigide e lineari per concludersi con sensuali colori e silhouette.

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Uno spirito dedicato alla natura quello di Antonio Marras per Kenzo. Colori dalle tonalità autunnali del marrone, ocra, bronzo, melanzana e bordeaux si ispirano alle fioriture morenti tipiche dell’autunno. Cardigan in cashmere, gilet di pelliccia e cappotti parka militari hanno aggiunto un

peso invernale alla collezione, riferendosi alle tre tipologie di donna offerte abitualmente dallo stilista. Tra forme e tessuti naturali e fioriti, pizzi Chantilly, abiti schiumosi e fluttuanti ecco un tributo alle terre del Messico.

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Esplosione ed energia unite a glamour e luce: è glam-rock la collezione firmata Balmain. Jeans e giacche metalliche uniti a stivali, gioielli e cinture importanti hanno portato vigore e seduzione, lasciando però posto anche ai colpi di scena: un abito maschile azzurro unito ad una serie di

camicie con pettorina, pantaloni in maglia con bretelle e gonne scintillanti. Trionfo di bianco, nero, oro e azzurro pallido unito al sopravvento dei dettagli: impossibile non rimanere impressionati dalle sfarzose trame decorative e dalla luminositĂ di ogni piĂš piccolo particolare.

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For magazine double feature di Ivan Rota

Sarah Jessica Parker In occasione della prima del film Harry Potter and the Deathly Hallows, tenutasi all’Avery Fisher Hall a New York, l’attrice americana Sarah Jessica Parker ha indossato un blazer color blu notte con revers a lancia e tasche frontali. E sin qui va bene. Ma l’abito che ci azzecca?

Giorgia Wurth Alla conferenza stampa del film Cinque si è presentata con un delizioso abito Bluegirl: l’attrice, che ha anche interpretato Ilona Staller nell’inguardabile fiction Moana, sulla vita della pornostar Moana Pozzi, appare disinvolta in questo simil-pelle che la rende eterea. Quasi angelica.

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Emmy Rossum L’attrice americana è stata fotografata mentre passeggiava per le vie di Los Angeles, con un paio di sandali in pelle nera, allacciati alla caviglia, con dettaglio in metallo-oro, e con una mise da “casalinga disperata”…

Annalisa Scarrone Ecco una reduce della decima edizione di Amici di Maria De Filippi che ha rivoluzionato il suo look: da ragazzina in tuta a signora dal look dark. Molto bella, ma ci ricorda un poco Morticia Addams e pare uscita da un film di Tim Burton.

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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino

La sfida della moda Eleganza e tradizione nel segno nel cuore della Capitale, raccon

del design : Fabio Neri, direttore

ta come stile e qualità si possan

Quando nasce la sua passione per la moda e quando capisce che diventerà la sua vita? «Fin da piccolo mi interessavo alle riviste di moda seguendola con attenzione». Com’è riuscito ad arrivare da solo in un ambiente chiuso e difficile? «Con la passione, la voglia di confrontarsi con gli altri e l’amore che ho per questo lavoro. Le amicizie mi hanno aiutato molto in questo settore». Quando ha cominciato a pensare alla moda come a una professione? «Ho conosciuto molti stilisti, personaggi dello spettacolo, vip, calciatori, politici, veline, modelle, liberi professionisti ecc. Mi intriga la voglia di poterli vestire, di renderli eleganti e chic per ogni tipo ti situazione. Mi piace trasmettere alla donna la sensualità, consigliarle l’oggetto misterioso che la rende sexy. Lo stesso vale per l’uomo. Devo molto alla mia amicizia con Stefano Gabbana». Se dovesse indicare il vero punto di svolta della sua carriera quale sarebbe? «Per il mio lavoro ho un amore particolare, la passione che con-

di un atelier

o rinnovare nel tempo

tinua e si alimenta giorno dopo giorno seguendo la moda costantemente». È vero che vive soprattutto per il suo lavoro? «Vorrei dedicare più tempo alla mia famiglia». C’è stato un momento in cui ha temuto di non farcela? «No, amo le sfide, sono una persona positiva e i miei sacrifici stanno dando riscontri ottimi». Per il suo lavoro lo stile è una necessità? «Sì, deve essere così». La sua principale qualità professionale? «Amo osservare, e studiare la filosofia dei luoghi in particolare, amo quei negozi fatti come cattedrali, belli e ampi da lasciarti senza fiato». Oggi a molte donne piace essere chic, senza griffe. Cosa ne pensa? «Sì, la tendenza è quella di essere alla moda, e di spendere poco». Le piacerebbe andare a fare qualcosa di buono all’estero? «Anche in Italia ci sono molte opportunità, ma se mi capitasse ci penserei di sicuro». (nella foto sopra Fabio Neri con Elena Ossola).

TI ORGANIZZO UN EVENTO? Da anni si occupa di pubbliche relazioni, kermesse, promozioni

Laura Melidoni par te da un’intu Per Laura Melidoni un’idea vincente è determinate per un evento di successo. Ci spiega lei stessa il perché. Lei organizza con successo da anni eventi nella Capitale… Quando ha iniziato? «Ho cominciato nel 1987 insieme ad Alessandra del Drago, poi mi sono occupata di molti locali che hanno fatto storia a Roma. Erano anni in cui la vita notturna capitolina era piena di personaggi straordinari. Nei locali dove lavoravo venivano Pelè, Maradona, Bruce Willis, David Bowie, i Duran Duran, Marvin Hagler».

e lanci pubblicitari.

izione e arriva al successo

Tra promozioni, operazioni di marketing e lanci pubblicitari qual è la cosa che le riesce meglio? «A me diverte ideare e seguire gli eventi. È una cosa che mi riesce naturale e una volta che un evento è pensato bene tutto diventa più facile, anche i rapporti con la stampa». Quanto si mette in gioco per un impegno commerciale? «Io credo di mettercela tutta, devo dire che i clienti sono rimasti sempre soddisfatti, anche perché io accetto di fare un lavoro solo se penso di poter offrire un buon risultato».

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È un lavoro che la rende orgogliosa? «Sì, dopo tanti anni sono contenta di fare un lavoro che mi piace. Riuscire in qualcosa che migliora la qualità della vita della gente mi rende veramente felice. Penso a quando ero la responsabile delle pubbliche relazioni della AS Roma nell’anno dello scudetto. Lì la felicità fu la mia e quella di centinaia di migliaia di persone che gioirono per quella vittoria straordinaria».

quel momento è triste, la soddisfazione è doppia».

Quali sono le caratteristiche vincenti di tutto ciò che lei promuove? «Una buona idea è sempre vincente. Certo una buona idea da sola non basta. Ci vuole impegno, costanza e anche un po’ di fortuna».

Per il suo futuro immediato quali nuovi impegni sta preparando? «Adesso mi sto occupando di Elle, un lavoro che mi prende e mi diverte molto. Ci sono altri progetti, ma non ne voglio ancora parlare per scaramanzia e per non favorire la concorrenza».

In un evento invece che cosa va evitato assolutamente? «La noia e le banalità. E poi bisogna essere sempre pronti a rimettersi in discussione. Mai innamorarsi di una cosa e non capire che si deve e si può cambiare in corsa».

Il sogno che non ha ancora realizzato? «Nessuno. Io penso di essere fortunata, ho una bellissima famiglia e faccio un lavoro che mi appassiona».

Il bon ton non è fatto per la gente triste? «Diciamo che ad un evento è sempre meglio avere gente allegra. Poi, se uno riesce a rendere felice una persona, che magari in

(Laura Melidoni nella foto con Ilary Blasi).

Se le sue amicizie finissero domani potrebbe iniziare una nuova vita? «Per me l’amicizia è sacra e quindi non credo che potrò perdere le mie amicizie. Nel lavoro ho cambiato tante volte, ma le amicizie non le ho mai perse».

L’ARTIGIANO DEL CIBO Vito Grossano, chef di un ristorante vegetariano in via Margutta, parla della sua passione per l’arte culinaria. Sempre orgoglioso

In cucina quanto è indispensabile la materia prima? «Quando hai un’ottima materia prima ti basta poco per essere sicuro che un piatto abbia successo».

di essere italiano

«Che rivaluta il piatto senza sconvolgerlo».

Dove trova l’ispirazione? «Dai ricordi dei sapori della cucina tradizionale di mia madre».

Gli chef alleggeriscono i sapori della pietanze. Questo è anche il suo l’obiettivo? «Ovviamente. Al ristorante spesso il cliente è abituale e fa piacere sentirsi dire che il pasto gustato era ottimo e leggero».

Un piatto eccellente che cosa deve avere? «Come dicevo prima una materia prima eccellente e deve rispettare la stagionalità, con ingredienti leggeri che non coprano il sapore principale».

Un episodio tra i fornelli che le è sembrato un segno del destino? «Quando mia madre mi chiedeva di aiutarla in cucina e ancora non pensavo di diventare un cuoco».

Qual è la giusta combinazione per un piatto unico? «Passione, semplicità, conoscenza dei principi nutritivi e della loro salvaguardia durante la preparazione».

Quando si trova all’estero è orgoglioso, per la sua cucina, di essere italiano? «È cosa certa che noi italiani, specie meridionali, siamo orgogliosi, abbiamo l’abitudine del mangiar bene nel dna e parliamo solo del cibo. Viva gli italiani uniti».

L’arte culinaria è il risultato di un mix tra il prodotto e la professionalità? «Certamente, è il frutto di anni di esperienza professionale e conoscenza dei prodotti e delle nuove tecniche di cottura, conservazione e presentazione». La sua cucina invece è il risultato di un giusto equilibrio tra la tradizione e la nuova concezione gastronomica…

Secondo lei un italiano, un inglese e un americano affrontano l’alimentazione in maniera diversa? «Dieci anni fa sicuramente l’alimentazione anglosassone era considerata squilibrata, ma oggi anche loro si stanno allineando a seguire una dieta corretta».

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For SORPRESE magazine di Silvestro Bellobono

La sfortuna ci vede benissimo

Quindi meglio non sfidarla. Anzi, bisogna cercare di allontanarla con riti scaramantici, spesso molto bizzarri. Almeno così pensa la maggior parte dei personaggi famosi intervistati da Gian Maria Aliberti Gerbotto nel suo libro Il metodo antisfiga-Le scaramanzie dei vip. Ma c’è anche chi non crede a queste superstizioni Quanto sono superstiziosi gli italiani? Tantissimo. A giudicare dall’ultima fatica letteraria di Gian Maria Aliberti Gerbotto, che ha stilato un vademecum dettagliato sui riti contro la sfortuna a cui ricorrono le celebrità nostrane. Il metodo antisfiga-Le scaramanzie dei vip, pubblicato dalla Aliberti editore (ma non sono parenti), si apre con una prefazione di Lino Banfi, attore protagonista di Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, ma tutt’altro che scaramantico, per proseguire poi con le avvertenze del Cicap (Comitato per il controllo sul paranormale) di Piero Angela, fino a concludersi con le parole del cardinale Ersilio Tonini, secondo il quale «la religione ha origine dalla meraviglia, la scaramanzia dalla paura».

Ho un gesto scaramantico molto semplice che ripeto spesso: facendo le corna con le mani, tocco tre volte prima ferro e poi le mie parti basse. Prima d’andare in onda con un programma importante lo ripeto addirittura tre volte di seguito. Max Giusti

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Porto sempre nel portafoglio un baffo del mio gatto. Preciso che lui li perde, non glieli strappo. Tutto è iniziato per caso ai tempi del liceo quando mi sono ritrovata un suo baffo tra gli appunti e un compito in classe mi andò benissimo! Miriam Leone

Eppure di questa “paura” irrazionale e spesso immotivata sono vittime tante persone, che si aggrappano a qualsiasi metodo per difendersi dalla iella o semplicemente per ricevere, non si sa bene da chi o da cosa, un po’ di buoni

Il mio portafortuna è un fiocchettino rosso di raso, ma non so da dove arrivi: me lo diede mia mamma o mia nonna. E quando mio figlio era piccolo sotto la sua culla mettevo sempre santini, immagini di Padre Pio, cose del genere… Martina Colombari

auspici per la loro vita e il loro lavoro. «Non è vero, ma ci credo», diceva Eduardo De Filippo. E questo sembra essere il motto di vip, attori, conduttori e sportivi, in particolare calciatori e motociclisti. Soprattutto nel mondo dello spettacolo, come fa notare Eva Grimaldi, «la scaramanzia è una sana abitudine che, volente o nolente, ti porti appresso da quando inizi a bazzicare in questo ambiente». «Le mie sono tutte scaramanzie che ho imparato a teatro e che prima, da ragazzo, non avevo», conferma Gigi Proietti: 51 For Magazine


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con superiorità ai sempliciotti dello scongiuro e, in fatto di superstizione, si dichiarano “non credenti!”. O, meglio ancora, ricorrono a battute sarcastiche come quella di Luciano De Crescenzo: «Io non credo assolutamente alla sca-

«Oggi che ho quarantacinque anni di carriera sulle spalle, le seguo tutte: la scala, il sale, il viola, lo specchio… Il mio camerino è pieno d’amuleti, dal ferro di cavallo al corno con sopra pulcinella con la gobba». Tuttavia, leggendo il libro emerge anche una pattuglia consistente e “agguerrita” di chi, andando un po’ controcorrente, non teme minimamente la malasorte e tutte le piccole-grandi nevrosi che comporta. Si tratta di coloro che potremmo definire gli “scettici”, i quali, per ostentare la loro razionalità, o forse solo per scherzo, guardano

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Quand’ero piccola non potevo separarmi dalla collanina della nonna. Era il mio portafortuna, un ciondolo del mio segno zodiacale: ero schiava di quel feticcio! Milly Carlucci

Nel talk show Artù, abbiamo tenuto in studio l’albero di Natale, con appese le facce di tutti i membri dello studio, ben oltre le festività, perché s’era messa in giro la voce che portasse bene. Gene Gnocchi


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La scaramanzia, quando colpisce la reputazione delle persone, diventa terribile. Penso alle illazioni sulla povera Mia Martini. Quando presentai il Festival di Sanremo lei era in gara: fu un trionfo d’audience. Mia Martini mi portò fortuna Alba Parietti

ramanzia perché sono ingegnere. Credo invece nel caso, una specie di sorteggio che avviene nelle cose d’ogni giorno». Magari, in segreto, anche lo scettico fa le corna al passaggio di un carro funebre vuoto, però non ha riti o gesti per ingraziarsi il fato. «Non me ne frega assolutamente nulla di gatti neri, scale, sale…Non sono scaramantico. Tutto questo non mi appartiene proprio», esclama il duro Claudio Amendola. Più piccato il giudizio di Daniele Capezzone: «Io non sono affatto superstizioso, ma ho grande solidarietà per chi lo è, perché soffre due volte: la prima quando teme che un avvenimento si verifichi, la seconda quando poi si verifica davvero». Una sorta di mosca bianca nel super scaramantico ambiente della Tv è Carlo Conti, che perdona anche il suo pubblico vestito di viola in quanto dice di non credere a «queste sciocchezze». E come lui anche Maddalena Corvaglia, «la partenopea un po’ anomala» Roberta Capua, la nordica finlandese Anna Falchi, e Lorena Bianchetti che arriva a dire: «La scaramanzia è la religione dei deboli, e io non voglio esserne dipendente». Ci sono poi i coraggiosi che sfidano apertamente la sorte. «Passo continuamente sotto le scale aperte che trovo sulla mia strada», rivela serafica Eleonora Giorgi. Ma c’è chi è andato oltre. Dopo il grave incidente automobilistico in gara, che gli costò l’amputazione di entrambe le gambe, il pilota Alex Zanardi ricorda: «Un anno e mezzo dopo sono tornato in Germania, su quella pista, per completare simbolicamente i giri che mi mancavano. Quando mi chiamarono per l’esibizione l’orologio segnava le ore 13, 13 minuti e 13 secondi. Mi vennero i brividi, ma poi trovai la cosa ridicola e partii lo stesso, completando il mio percorso tra gli applausi del pubblico». Giorgio Bocca e Oliviero Toscani diffidano totalmente dalle azioni propiziatorie o da quelle contro il malaugurio. Il fotografo è convinto che «la sfiga te la crei da solo, piangendoti addosso, perché è

pensando alle malattie che poi ci si ammala». Invece per Dario Fo, che se ne infischia dei colori in scena e dei giorni giusti per il debutto, «bisognerebbe mettere in giro la voce che crederci porta male! Ma forse anche il non esserlo è una forma di scaramanzia». Sprezzante dei cattivi auspici, in questo caso autoprovocati, Paolo Villaggio nel 2001 arrivò addirittura a inventarsi il giorno della sua morte: «A distanza di anni mi chiedono perché non sono morto. Tutti delusi! Nella mia vita non ho mai avuto la minima tentazione di comportarmi in modo scaramantico, significherebbe essere schiavo, sempre condizionato». Per il resto, però, dagli aneddoti raccolti da Aliberti Gerbotto viene fuori un florilegio di gesti superstiziosi, ai limiti del paradosso, compiuti da quei personaggi che ci credo-

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no davvero, gli “ultrascaramantici”. Si va da chi indossa sempre gli stessi abiti fortunati come Fabrizio Frizzi («Ho presentato tutte le prime puntate di Europa Europa su Rai 1 con le stesse mutande… ma lavate»), ed Enrico Ruggeri («Da qualche anno ai miei concerti indosso sempre gli stessi jeans neri elasticizzati. Ne ho comprati la bellezza di dieci paia»), a chi invece teme i colori e alcuni li evita come la peste: mai il verde per Paola Perego, sempre qualcosa di rosso per Valentina Vezzali e Cesara Buonamici, al bando il viola per tutti gli artisti terrorizzati dalle disgrazie che si dice siano da esso portate. C’è poi chi crede fermamente che il gatto nero, specie quando attraversa la strada, porti tanta sventura. «Sono stato più di un’ora e mezza parcheggiato sul ciglio d’una piazzola sperduta nella campagna ginevrina, ad aspettare che passasse qualcuno e

Sono scaramantica solo nei vestiti. Da due anni ho una maglietta rosa che non posso proprio indossare. L’ ho messa una volta sola durante un allenamento di danza e in quell’occasione mi sono fatta un male terribile al polpaccio Rossella Brescia

si portasse via la sfiga con sé», racconta Emanuele Filiberto di Savoia. «A dicembre del ’93, a Cellino San Marco vedevo sempre cinque gatti neri che, dal tetto della casa di fronte, puntavano fissi la mia – spiega amareggiato Al Bano –. Le provai tutte per cacciarli via, ma non ci fu niente da fare. Pochi giorni dopo, all’inizio del ’94, scoprii che s’era consumata la tragedia di mia figlia Ylenia». Ci sono poi un’infinità di false credenze legate ai numeri, iellati o ben auguranti, come il 13 e il 17, agli amuleti portafortuna come i cornetti di corallo (ne hanno uno sempre con sé Pamela Prati e Alessandro Cecchi Paone) e i feticci (tartarughe per Maurizio Costanzo, braccialetto del liceo per Martina Stella, un bullone per Luca Bizzarri!), e infine al modo di porgere il sale (per Vittorio Sgarbi deve essere poggiato sul tavolo e non passato di mano in mano), di portarselo sempre in tasca (come fanno Iva Zanicchi, Kledi Kadiu e Monica Leofreddi) o gettarlo a terra (Isabella Ferrari ne mette un bicchiere in ogni angolo della casa). Sono classici scacciaguai toccare ferro o legno, fare le doppie corna, per i maschietti la tipica grattatina alla parti basse, con la variante di Federica Pellegrini che, prima delle gare, in mancanza di altro, si tocca il seno. Tra i rituali più in voga contro la scalogna ce n’è uno esclusivo del mondo del teatro: ripetere tre volte in coro la parola “merda”. Una volta, durante una sua esperienza teatrale, lo ha gridato persino l’astrofisica Margherita Hack, che però, da donna di scienza, definisce le scaramanzie figlie dell’ignoranza. Di parere all’incirca simile sono gli “scaramantici laici”, ovvero quelli che non ci credono, in virtù della loro fede religiosa, eppure… «Da buon cristiano mi vergogno solo a pensarlo, ma c’è davvero chi porta male», dice ironico Franco Zeffirelli, riferendosi ai cosiddetti “portasfiga” più o meno consapevoli di questo “potere”. «Persino un duro come Benito Mussolini diceva di temere più uno iettatore

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Mia nonna Agatina toglieva il malocchio. Le comari facevano la fila per sottoporle i casi più strani. E io, oggi, come potrei dire che non ci credo? L’ ho visto con i miei occhi. Non sono scaramantica… Di più! Da buona meridionale Maria Grazia Cucinotta

che un antifascista», ricorda il quasi-scaramantico Roberto Gervaso. Della stessa scuola “non ci credo ma…” sono Amanda Sandrelli, Vittorio Feltri, Beppe Braida, Gabriel Garko che afferma: «Non mi ritengo un fanatico, ma se trovo una scala evito di passarci sotto». C’è poi chi, nel dubbio, mischia sacro e profano, come Paolo Brosio e Massimo Dapporto che tengono il cornetto rosso accanto al santino di Padre Pio. Al di là di tutte queste convinzioni, assurde o credibili, il libro porterà di sicuro bene a qualcuno: infatti, il ricavato dei diritti d’autore sarà interamente devoluto a beneficio della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro.

Scopri l’autore Gian Maria Aliberti Gerbotto, giornalista e scrittore, è nato a Saluzzo nel 1972. Recentemente nominato Cavaliere al merito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, insegna nei Master in giornalismo dell’Università degli Studi del Piemonte orientale. Nella sua carriera ha già pubblicato più di duemila articoli e ha intervistato centinaia di personaggi noti, tra cui premi Nobel, premi Oscar, scrittori, economisti, personaggi del mondo dello spettacolo, cantanti, attori e sportivi. Nel 2000 ha pubblicato un libro di interviste indiscrete; nel 2006 Visti da vicino;

nel 2007 Il Vippaio a favore della ricerca sul cancro e nel 2009 Strano Amore pro Anlaids. I suoi testi sono stati presentati nei più seguiti programmi televisivi Rai e Mediaset, di cui è stato ospite (Unomattina, La vita in diretta, Mattino 5, Quelli che il calcio, vari telegiornali e nei programmi di Maurizio Costanzo). Vive a Castellar, in provincia di Cuneo, nel castello di proprietà della sua famiglia. Il metodo antisfiga-Le scaramanzie dei vip di Gian Maria Aliberti Gerbotto Aliberti editore, euro 15,00

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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono

E ORA DOVE ANDIAMO? Cosa sono disposte a fare cinque donne per distogliere gli uomini del villaggio dai pregiudizi religiosi e dalla violenza insensata della guerra? La regista Nadine Labaki ci offre la sua chiave di lettura 56 For Magazine


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Nadine Labaki (37 anni) è regista e interprete del film. Nel 2007 ha diretto Caramel, presentato a Cannes e divenuto un successo internazionale.

Libano. Ai giorni nostri. Sulla strada che porta al cimitero del villaggio, una processione di donne vestite a lutto, sotto il sole pomeridiano, stringe al petto le foto dei loro mariti, padri o figli. Tra di esse ci sono anche Takla, Amale, Yvonne, Afaf e Saydeh. Alcune indossano il velo, altre portano un crocifisso, ma tutte condividono lo stesso dolore della perdita, conseguenza di una guerra funesta e inutile. Giunto all’ingresso del cimitero, il corteo si divide su due file: da una parte i musulmani, dall’altra i cristiani. Comincia così E ora dove andiamo?, secondo lungometraggio della regista libanese (qui anche sceneggiatrice e attrice) Nadine Labaki, che racconta la storia di un gruppo di donne pronte a tutto per proteggere la loro comunità, minacciata dall’isolamento, dalle mine, dalle forze esterne che cercano di distruggerla dall’interno. Le cinque protagoniste ricorrono a ogni mezzo, anche quello più grossolano, come far piangere sangue a una statua della Madonna o far arrivare in paese delle ballerine europee da avanspettacolo affinché i maschi ne siano attratti, e quindi persuasi ad abbandonare le armi. Ma, nonostante tutto, la tensione sale e ogni tentativo di pacificazione sembra inutile. Fino a che punto sapranno spingersi le cinque amiche? Presentata al Festival di Cannes 2011 nella sezione “Un certain regard”, questa pellicola ruota con leggerezza intorno ad un tema molto caro all’autrice: la convivenza tra esseri umani che professano una religione diversa. Nadine Labaki spazia dalla commedia al dramma, concedendosi anche qualche inserto di musical. Le finalità più profonde del film le spiega lei stessa.

Qual è l’argomento centrale di E ora dove andiamo? «La storia si svolge presso un villaggio sperduto nelle montagne, in cui donne cristiane e musulmane uniscono le forze, attraverso vari espedienti, per fermare i loro uomini che cercano di uccidersi vicendevolmente». Messa così sembrerebbe un dramma di quelli seri, quando invece all’interno del film ci sono molti momenti divertenti. «L’ironia si utilizza per affrontare le sfortune della vita, è una strategia di sopravvivenza, un modo per trovare la forza per riprendersi. Per me rappresenta una necessità. Desideravo che il film fosse una commedia più che un dramma, e che riuscisse a provocare più risate che commozione». Mentre sembra chiaro che questa guerra si stia svolgendo in Libano, il nome del paese non viene mai apertamente pronunciato. Perché questa scelta? «Secondo me, la guerra tra due fedi è un po’ una legge universale. Potrebbe benissimo accadere tra Sciiti e Sunniti, tra bianchi e neri, tra due famiglie o due villaggi. È un concetto che sta alla base di qualsiasi guerra civile, in cui la gente di uno stesso paese si uccide, nonostante siano vicini di casa o addirittura amici». Ha preso ispirazione da una storia vera? «Affatto. Alla base del film vi è un’esperienza personale. Ho scoperto

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Il film è interpretato in larga parte da attori non professionisti, reclutati per le strade di un villaggio in Libano, dove è ambientato. Inoltre, è stato girato integralmente in lingua araba.

di aspettare un bambino il giorno che a Beirut si passò nuovamente in uno stato di guerra e quindi, blocchi stradali, aeroporto chiuso, combattimenti armati. A quel punto mi sono chiesta: se io avessi un figlio, cosa farei per distrarlo dal fatto di prendere in mano un’arma e riversarsi sulle strade? È così che è nato il soggetto per il film». L’idea che le donne possano essere portatrici di pace è un sogno o una realtà? «Una fantasia, indubbiamente. La guerra è un male che infliggiamo a noi stessi per niente, per cose per le quali non vale la pena uccidersi. È stata proprio l’esperienza della maternità a farmi concepire questa assurdità in modo più forte e l’ossessione materna di proteggere i propri figli».

Nel film sono presenti molte scene in cui si canta e si balla. Come mai? «È una cosa che mi porto dietro dall’infanzia, quando ero solita guardare musical come Grease o i cartoni animati come Biancaneve o Cenerentola. Il film non è proprio una commedia musicale, ma, visto che non volevo fare un film politicizzato, i brani cantati e i balli mi hanno permesso di dargli un tocco fiabesco». Il suo personaggio è innamorato di un uomo appartenente ad un’altra comunità religiosa. È forse un modo di rappresentare l’impossibilità di questo amore? «Anche nelle loro teste i due esternano i loro sentimenti in modo ristretto. Oggi ci piace pensare di aver superato tutti questi discorsi,

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Where do we go now? (titolo inglese della pellicola) ha vinto il premio come miglior film al Festival di Toronto, oltre alla partecipazione a Cannes 2011.

ma in Libano un matrimonio tra due giovani ragazzi provenienti da due comunità diverse è tuttora un problema, per la famiglia, per la società, per la stessa coppia coinvolta nella relazione». Come nasce il titolo del film? «Dall’ultima battuta. Proprio quando pensi che i personaggi abbiano raggiunto qualcosa, risolto una situazione e trovato una soluzione, improvvisamente tutto sembra nuovamente andare in frantumi. Ma cosa succederà dopo? Cosa ci aspetta adesso? E ora dove andiamo? Non ho la risposta a questa domanda».

SCHEDA DEL FILM REGIA: Nadine Labaki SCENEGGIATURA: Nadine Labaki, Jihad Hojeily, Rodney Al Haddad CAST: Nadine Labaki, Claude Msawbaa, Leyla Hakim, Antoinette ElNoufaily, Petra Saghbini, Ali Haidar, Kevin Abboud, Mostafa Al Sakka GENERE: Commedia, Drammatico DURATA: 100' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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Maggie Gyllenhaal (34 anni, nominata all’Oscar nel 2010 per Crazy Heart) ha dichiarato di essersi innamorata subito della sceneggiatura, definita «assolutamente brillante, romantica e leggera».

HYSTERIA A volte può bastare un lampo di genio, come l’intuizione di un giovane medico, per scoprire il segreto della felicità femminile e realizzare una “vibrante” invenzione

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Hugh Dancy (36 anni, qui con Felicity Jones, 28 anni), dopo un breve fidanzamento, si è sposato nel 2009 con la collega Claire Danes, conosciuta sul set di Un amore senza tempo.

Nella Londra vittoriana di fine Ottocento, il giovane e brillante medico Mortimer Granville (Hugh Dancy) va a lavorare presso lo studio di Robert Darlrymple (Jonathan Pryce), specialista in malattie femminili come l’isteria, ovvero una forma di nevrosi tipica delle donne, caratterizzata da vari disturbi psichici e da sintomi sensoriali e motori come eccitabilità, irritabilità, ansia, depressione, frigidità. Quello che il dottorino ignora è che il professor Darlrymple pratica una bizzarra forma di cura “manuale” per le sue pazienti isteriche, consistente in un “massaggio” delle parti intime. Il vecchio medico, che nel suo studio ha sempre la fila di signore londinesi per i “soddisfacenti” esiti del suo trattamento, trova in Granville un assistente ideale, oltre che un buon partito per sua figlia Emily (Felicity Jones). Tuttavia Darlrymple ha anche un’altra figlia, Charlotte (Maggie Gyllenhaal), dal carattere intransigente e idealista, suffragetta e convinta sostenitrice della parità tra i sessi. Un banale incidente alla mano e l’amicizia con Edmond (Rupert Everett), un inventore progressista ossessionato dalla “nuova” scienza dell’elettricità, cambieranno radicalmente la vita di Mortimer, portandolo ad una sensazionale idea: uno stimolatore elettrico di piacere, ovvero il vibratore. Anche se il tema può sembrare pruriginoso, Hysteria è in realtà una commedia romantica ed esilarante, una satira di costume

realizzata con tocco leggero, mai volgare, nonostante alcune gag o dialoghi abbastanza espliciti, volti comunque a far sorridere di gusto. Non manca ovviamente l’analisi dell’eterna lotta tra sessi, ben resa dallo scoppiettante rapporto tra un uomo di scienza prudente, contenuto, tradizionalista, e una donna ribelle, emancipata, socialmente illuminata. Da questo loro conflitto apparente nascono i momenti migliori del film che, nel suo messaggio di fondo, conferma quanto gli opposti siano sempre fortemente capaci di attrarsi, specie quando lei comincerà ad insegnare a lui come realmente funzionano le donne e cosa davvero le rende felici. Il tutto concentrato intorno ad un oggetto piuttosto ingombrante e potenzialmente molto imbarazzante, non solo per l’Inghilterra puritana e bigotta della Regina Vittoria, ma anche per la società contemporanea, sempre moralista e bacchettona quando si parla di argomenti scomodi come la sessualità nelle quattro mura domestiche. Non tutti sanno, infatti, che il vibratore è stato uno dei primi congegni elettrici nella storia ad essere brevettato, naturalmente con un fondamento clinico ben radicato. Il suo inventore, il vero Joseph Mortimer Granville, lo aveva concepito, in realtà, come strumento per la cura dei muscoli indolenziti in fisiatria, e rifiutava categoricamente di vedere associato il proprio nome a quello di uno strumento di piacere intimo.

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Rupert Everett (a destra) interpreta il ruolo di un appassionato di congegni elettrici. Sarà lui, dopo aver inventato un piumino meccanico, a dare al dottor Granville l’idea del vibratore.

Da questo punto di vista Hysteria si colloca in quel filone, tra la comedy e il dramma, tanto in voga di recente che lega medicina e sessualità: si pensi al romantico Amore & altri rimedi, incentrato sulla rivoluzionaria scoperta del Viagra, e al più intenso A Dangerous Method, basato sull’applicazione della psicanalisi freudiana alle turbe di natura sessuale e non solo. Girata a Londra e in Lussemburgo, la pellicola di Tanya Wexler (alla sua prima opera importante) è interpretata da un cast di tutto rispetto, che vede nella parte della primadonna Maggie Gyllenhaal, talentuosa ma forse meno nota sorella del divo Jake Gyllenhaal, apparsa in diversi film di successo (soprattutto Secretary, nomination al Golden Globe, piuttosto ardito visto che parlava di una relazione sadomaso, ma anche Donnie Darko, World Trade Center, Il cavaliere oscuro) e nei panni dell’impacciato protagonista maschile Hugh Dancy, attore britannico parecchio a suo agio nelle commedie spensierate (come dimostrano le sue partecipazioni in Il club di Jane Austen e I Love Shopping). Al loro fianco due veterani di Hollywood (benché entrambi inglesi) come Jonathan Pryce e Rupert Everett, in ruoli da caratteristi

cui spetta l’umorismo più dissacrante e macchiettistico del film: convenzionale e compassato il primo, eternamente dandy wildiano il secondo. Il risultato finale è quello di un prodotto che intrattiene e diverte, perché desta curiosità e qualche risatina sincera. La Wexler, senza prendersi troppo sul serio, confeziona una commedia in costume nel più tradizionale stile british, mantenendosi bene in equilibrio tra irriverente anticonformismo e romanticismo rassicurante.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Tanya Wexler SCENEGGIATURA: Jonah Lisa Dyer, Stephen Dyer CAST: Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce, Rupert Everett, Ashley Jensen, Sheridan Smith, Felicity Jones, Kate Linder GENERE: Commedia rosa DURATA: 110' DISTRIBUITO DA: Bim

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Simon Bird, James Buckley, Blake Harrison e Joe Thomas sono anche i protagonisti di The Inbetweeners, la serie Tv originale, prodotta e ambientata in Inghilterra da cui è tratto il film.

FINAMENTE MAGGIORENNI Quattro ragazzi inglesi, imbranati e bruttini, a zonzo per l’isola di Creta in cerca di piaceri e riscatto, in una commedia sexy che suona come la risposta british ad American Pie 63 For Magazine


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In patria la commedia ha incassato 72 milioni di dollari. I realizzatori hanno scelto come sfondo la popolare meta turistica Malia, nel Mar Egeo, anche se la maggior parte del film è stata girata nella città di Magaluf, a Majorca.

Dal team della nota serie Tv inglese da cui è tratto, vincitrice dei premi BAFTA e Comedy Award, arriva in sala Finamente maggiorenni. È la storia di quattro ragazzi, amici per la pelle e perdenti nella vita, che decidono di andare in vacanza a Malia, Creta, senza genitori, senza professori, senza soldi e, soprattutto, con scarse possibilità di successo con le ragazze. Da sempre vittime di un mondo fatto di umiliazioni e derisioni, Will, Jay, Simon e Neil partiranno alla ricerca di gioie facili, sesso sfrenato e tanto divertimento, guidati esclusivamente dai loro ormoni e da parecchia voglia di riscatto, tipica degli adolescenti “sfigati”. I quattro diciottenni, infatti, nel loro liceo non sono affatto popolari presso l’universo femminile a causa dei loro comportamenti surreali e goffi. Approfittando della sospensione estiva delle lezioni, decidono di lasciare l’Inghilterra e volare sull’isola miditerranea dove, tra mille equivoci e peripezie varie, proveranno a perdere la verginità e a conquistare le donne incontrate sul posto. Riusciranno nella loro “impresa” oppure torneranno a casa più depressi di prima? Pieno di gag comiche e di momenti esilaranti, il film, prodotto da Christopher Young, è stato scritto dagli sceneggiatori Damon Beesley e Iain Morris, tutti e tre facenti parte sin dall’inizio del progetto televisivo. La regia è stata affidata a Ben Palmer, già autore degli episodi della sitcom, che in Tv hanno la durata massima di 25 minuti ciascuno. Palmer è un veterano dei prodotti seriali, avendo preso parte in passato al telefilm comico Bo Selecta per Channel 4, dove ha fatto da regista per tutte le tre stagioni. The Inbetweeners (questo il titolo originale della commedia) sono interpreti dagli attori fissi del serial, ovvero Simon Bird (Will), James Buckley (Jay), Blake Harrison (Neil) e Joe Thomas (Simon). Concepiti come un unico nucleo sociale, i quattro personaggi possiedono, tuttavia, caratteristiche ben definite all’interno del gruppo: Neil è sempre al centro dell’attenzione, è un po’ il leader; Will è l’outsider, che ogni volta vede le cose da una prospettiva totalmente diversa; Jay è il chiacchierone della compagnia, ma anche il più sincero; infine, c’è Simon, l’imbranato e ingenuo per eccellenza, che naturalmente rappresenta la cerniera della comitiva. Come hanno raccontato gli autori, ci sono molte esperienze che segnano

la vita dei teenager, dal primo anno scolastico alla prima volta al pub, dal primo bacio con una ragazza alle delusioni sentimentali che spesso ne conseguono. Ma nulla di tutto ciò è paragonabile all’esperienza di totale libertà donata da una gradita e incasinata vacanza senza i genitori. «Le vacanze dei ragazzi a volte possono essere orribili – spiega lo sceneggiatore Iain Morris –. Se non ti diverti ti guardi intorno pensando che tutti gli altri si stanno divertendo come pazzi tranne te. E questo peggiora la situazione». Da qui l’idea di cominciare il film con la fine della scuola e di proiettare i quattro protagonisti in un viaggio all’estero che, considerati i loro profili caratteriali, avrebbe offerto tanto materiale da cui trarre spunti e occasioni interessanti, comiche, spensierate e talvolta ridicole. «Pensi che troverai il Nirvana, donne incredibili, drink a go-go e tanto sesso, sogni ad occhi aperti tutto il divertimento che ti aspetta, ma in realtà, quando arrivi sul posto, la situazione è terrificante», fa notare con ironia Damon Beesley, co-scrittore della pellicola. Una delle sequenze più importanti nel film è girata su una barca, dove si svolge una festa, da cui Simon dovrà buttarsi in mare aperto: l’attore Joe Thomas ha recitato l’intera scena senza alcuna controfigura, a differenza degli altri interpreti che si sono tirati indietro per motivi di salute o di sicurezza.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Ben Palmer SCENEGGIATURA: Damon Beesley, Ian Morris CAST: Simon Bird, James Buckley, Blake Harrison, Joe Thomas, Emily Head, Belinda Stewart-Wilson, Laura Haddock, Sam Creed, Lydia Rose Bewley GENERE: Commedia DURATA: 97' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures

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Elizabeth Olsen (22 anni) interpreta Martha, di cui l’attrice racconta: «È il genere di personaggio che mi auguro molti più cineasti creeranno per giovani donne. Martha non è uno stereotipo, e le sue lotte sono molto reali».

LA FUGA DI MARTHA Tra abusi del passato e paranoie del presente una giovane donna, scappata da una comunità religiosa, cerca di ritrovare se stessa. Una storia che mette in guardia contro i pericoli delle sette 65 For Magazine


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John Hawkes (52 anni) ha ricevuto nel 2011 una candidatura all’Oscar per il drammatico ruolo dello zio della protagonista in Un gelido inverno, accanto ad un’altra giovane star: Jennifer Lawrence.

Il regista Sean Durkin è co-fondatore assieme ad Antonio Campos di Borderline Films, società di produzione newyorkese. Durkin è stato candidato all’Independent Spirit Award 2009 per la migliore prima produzione con il film Afterschool.

Martha (Elizabeth Olsen) è una ragazza che vive un periodo di confusione, caratterizzato da una profonda crisi di identità, legata a forti traumi vissuti in passato. Infatti la giovane donna è psicologicamente provata dagli anni trascorsi in una comunità-setta religiosa, guidata dal carismatico Patrick (John Hawkes), e dalla quale ha trovato la forza di allontanarsi, fuggendo lontano. Spaventata e senza meta, cerca ospitalità presso la sorella maggiore Lucy (Sarah Paulson), che non rivedeva da anni, e il cognato Ted (Hugh Dancy), proprietari di una lussuosa casa sul lago nel Connecticut. Ma conforto familiare e tranquillità del nuovo ambiente non bastano. L’equilibrio mentale di Martha è seriamente scosso dalle violenze psicologiche e sessuali che ha dovuto subire. Ricordi inquietanti del passato e visioni di un futuro pericoloso opprimono la sua fragile psiche, gettandola in preda ad ossessioni e misteriosi sensi di colpa, nella perenne convinzione di essere osservata e controllata da Patrick e dai suoi seguaci. Un tunnel dal quale la ragazza dovrà uscire con le sue forze. Anche se… Vincitore nel 2011 del premio per la miglior regia al Sundance Film Festival, e del Prix de la Jeunesse a Cannes, il film di Sean Durkin è una storia di suspense psicologica, ma anche un’attenta analisi di identità, vulnerabilità e legami di famiglia con uno sguardo in chiaroscuro, tra pericoli e voglia di normalità. La pellicola, non certo la prima ad affrontare i problemi religiosi dei gruppi più disparati, oltre agli apprezzamenti per l’intensità e la sofferta partecipazione degli attori, ha suscitato diverse polemiche in patria. Nello Utah, dove la presenza mormone è molto forte, le comunità religiose si sono

dissociate dalla setta in cui resta invischiata la protagonista; tuttavia, il problema negli Stati Uniti è purtroppo attuale, perché tanti giovani emotivamente fragili cercano asilo nelle sette religiose, e quando poi ne escono il loro reinserimento nella vita sociale è quanto mai difficile e travagliato. Al suo debutto cinematografico il regista intraprende un viaggio intimo nel pericolo, in cui lui e una cinepresa indagatrice seguono passo passo il percorso della giovane protagonista. «Ho voluto fare qualcosa imperniato sui personaggi, contemporaneo e naturalistico», spiega Durkin: «Trovo che d’abitudine i culti sono tratteggiati in modo che alla fine risultano caricature di se stessi. Ho perciò fatto tante ricerche, e ho letto un passaggio che mi è letteralmente saltato addosso e mi ha detto “questa è la storia che voglio raccontare”. Trattava di una ragazza che aveva lasciato un gruppo, diventato col tempo sempre più violento. Mi chiedevo come fossero per lei le settimane successive alla sua fuga. Come ci si riadatta alla normale società dopo quello che si è vissuto?». Per il ruolo complicato e intenso di Martha è stata scelta Elizabeth Olsen, sorella minore delle più famose gemelle Mary-Kate e Ashley, stiliste e attrici che hanno creato un patrimonio di milioni di dollari. Lizze, come la chiamano in famiglia, conducendo una vita schiva e poco mondana ha saputo farsi notare da Hollywood solo per le sue qualità recitative, esibendosi in teatro e per il grande e piccolo schermo fin dall’età di quattro anni. Oggi ventiduenne l’attrice ha sbalordito tutta la critica con questa performance carica di pathos e fragilità drammatica. Dopo essere stata scritturata per la parte

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Sarah Paulson (37 anni) e Hugh Dancy (36 anni). La Paulson è nota per le serie televisive quali American Gothic (1995/96) e Studio 60 on the Sunset Strip (2006/07).

la Olsen ha dichiarato: «È stata la prima sceneggiatura a rendermi realmente eccitata appena l’ho letta. Era qualcosa di molto diverso e potevo vedere chiaramente il personaggio. Ho capito la sua psiche e, in un certo verso bizzarro, Martha mi è veramente piaciuta». Alla buona riuscita del film contribuiscono anche la fotografia di Jody Lee Lipes e le due location newyorkesi del tutto opposte: un’isolata fattoria tradizionale di Monticello e una ultramoderna proprietà in riva al lago vicino alla cittadina di Roscoe.

SCHEDA DEL FILM REGIA: Sean Durkin SCENEGGIATURA: Sean Durkin CAST: Elizabeth Olsen, Hugh Dancy, Sarah Paulson, John Hawkes, Brady Corbet, Christopher Abbott, Maria Dizzia, Julia Garner, Louisa Krause GENERE: Drammatico, Thriller DURATA: 101' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox

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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D’Isa

LA TOP TEN DEI FILM MIGLIORI DEL 2011 2

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1) Sherlock Holmes: Gioco di ombre di Guy Ritchie, con Robert Downey Jr., Jude Law e Noomi Rapace. Genere: Fantasy-Thriller.

Antonio Banderas, Mark Strong e Taham Rahim. Genere: Drammatico.

2) Le Idi di Marzo di e con George Clooney, Ryan Gosling e Paul Giamatti. Genere: Drammatico.

7) Lo Schaccianoci 3D di Andrei Konchalovsky, con Elle Fanning, Nathan Lane e John Turturro. Genere: Fantastico.

3) Il Gatto con gli stivali 3D di Chris Miller, con la voce di Antonio Banderas. Genere: Animazione.

8) Emotivi anonimi di Jean Pierre Ameris, con Benoit Poelvoorde, Isabelle Carré. Genere: Commedia romantica.

4) The Artist di Michel Hazanavicius, con John Goodman, Missi Pyle, Penelope Ann Miller, Berenice Bejo e Jean Dujardin. Genere: Muto, Romantico.

9) Arthur e la guerra dei due mondi di Luc Besson, con le voci di Freddie Highmore, Mia Farrow, Robert Stanton, Lou Reed e Iggy Pop. Genere: Animazione.

5) Enter the Void di Gaspar Noé, con Nathaniel Brown, Paz de la Huerta, Cyril Roy e Emily Alyn Lind. Genere: Drammatico.

10) Vacanze di Natale a Cortina di Neri Parenti, con Christian De Sica e Sabrina Ferilli. Genere: Commedia.

6) Il Principe del deserto di Jean-Jacques Annaud, con Freida Pinto,

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LA TOP TEN DEI FILM PEGGIORI DEL 2011 1

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1) Sentirsidire – Quello che i genitori non vorrebbero mai di Giuseppe Lazzari, con Francesco Mariottini, Vincenzo Taormina, Luciana Ussi Alzati. Genere: Commedia. 2) Napoletans di Luigi Russo, con Maurizio Casagrande, Giacomo Rizzo, Massimo Ceccherini, Nina Senicar, Andrea Roncato, Maurizio Battista. Genere: Commedia. 3) Real Steel di Shawn Levy, con Hugh Jackman, Evangeline Lilly, Kevin Durand, Hope Davis, Anthony Mackie, Dakota Goyo. Genere: Azione. 4) Bloodline di Edo Tagliavini, con Monica Citarda, Francesca Faiella, Marco Benevento. Genere: Horror. 5) Finalmente la felicità di Leonardo Pieraccioni, con Leonardo Pieraccioni, Ariadna Romero, Thyago Alves, Rocco Papaleo, Shel Shapiro. Genere: Commedia romantica.

6) Cambio vita di David Dobkin, con Ryan Reynolds, Jason Bateman, Leslie Mann, Olivia Wilde. Genere: Commedia sentimentale. 7) Mosse vincenti di Thomas McCarthy, con Paul Giamatti, Joe Tiboni, Tom McCarthy, Melanie Lynskey. Genere: Commedia. 8) Tower Heist: colpo ad alto livello di Brett Ratner, con Eddie Murphy, Ben Stiller, Casey Affleck, Téa Leoni, Matthew Broderick. Genere: Thriller. 9) Il figlio di Babbo Natale di Sarah Smith e Barry Cook, con le voci di Bill Nighy, James McAvoy, Hugh Laurie. Genere: Animazione. 10) Capodanno a New York di Garry Marshall, con Robert De Niro, Zac Efron, Lea Michele, Ashton Kutcher. Genere: Commedia romantica.

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STORIE di Silvestro Bellobono

GIALLOPARMA Katharina Miroslawa: il suo nome evoca una vicenda di cronaca nera di venticinque anni fa. Bella, sexy e condannata come mandante dell’omicidio dell’amante. Una donna splendida che vogliamo farvi raccontare da chi l’ha conosciuta e fotografata, il nostro Bruno Oliviero

Se tutto fosse accaduto oggi, quante puntate di Porta a porta (con plastico e senza), di Matrix e di Quarto grado sarebbero state dedicate alla sua vicenda? Il cocktail è da ascolti pazzeschi persino in prima serata: la ballerina di night, l’amante (ricco e già sposato) assassinato, una polizza sulla vita da un miliardo, l’ex marito e il fratello di lei subito sospettati e poi incriminati. Sì, la storia di Katharina Miroslawa è proprio un bel giallone. Ma non è la vicenda giudiziaria che vogliamo ripercorrere, in fondo si è già conclusa: Katharina è stata condannata in via definitiva come mandante dell’omicidio dell’amante Carlo Mazza (ucciso a Parma nel 1986) a 21 anni e mezzo, stessa pena per il fratello e 24 anni per quello che i giudici hanno considerato l’esecutore, l’ex marito di Katharina, Witold Kielbasinski. Non solo, Katharina (che finì in carcere dopo quasi otto anni di latitanza), ha ottenuto la semilibertà e tra poco sarà libera del tutto. È profondamente cambiata, un’altra donna, ma vuole dimenticare e forse farsi dimenticare (si è sempre dichiarata innocente).

Ha 49 anni, è ancora bella, ma noi ve la ripresentiamo com’era all’epoca dei fatti (in primo grado fu assolta). E ve la facciamo raccontare da chi l’ha fotografata allora. Immagini sexy di una potenziale killer. L’intreccio tra sesso e crimine si mescola negli scatti che Bruno Oliviero realizzò con la Miroslawa una ventina di anni fa. Eppure dalle parole del fotografo, che tanto bene l’ha conosciuta, emerge il ritratto di una ragazza tranquilla e si può apprezzare il lato più umano di una dark lady. Quando anni fa ha fotografato Katharina Miroslawa che tipo di donna le è sembrata? «Indubbiamente era una ragazza bellissima, con degli occhi magnetici, la classica bellezza mediterranea. Mi affascinò moltissimo. Io la vidi per la prima volta in Tv, al Maurizio Costanzo Show, raccontare la sua vicenda. Rimasi incuriosito e decisi di contattarla per realizzare con lei un servizio fotografico».

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Cosa le ha trasmesso il suo sguardo? «Da una parte tanta dolcezza, dall’altra rabbia. E naturalmente molta sensualità».

da, nonostante il suo lavoro di ballerina nei night club e di lap-dancer. Non era di sicuro una ragazza volgare, anzi si mostrava piuttosto umile».

Le appariva a suo agio davanti all’obiettivo della macchina fotografica? «Certo, trasmetteva molta femminilità, che forse era la sua peculiarità maggiore».

Ha percepito in lei un fascino torbido da femme fatale? «Per me era una ragazza splendida ed educata. Non aveva affatto un’indole cattiva. Era tranquilla e lasciava trasparire la sua innocenza». L’ha più sentita o rivista nel corso degli anni? «Certo. Siamo rimasti amici e abbiamo continuato a lavorare insieme. L’ho incontrata anche in quei periodi in

In quegli scatti la sua carica erotica era naturale o artificiale? «Era naturale. Ma Katharina era anche una persona timi-

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Tutte le foto del servizio sono di Bruno Oliviero.

cui era coinvolta con i processi legali. Una volta la vidi a Milano e a bruciapelo, guardandola dritta negli occhi, le chiesi se era colpevole di quel crimine. Lei mi disse di no. Era molto sincera, aveva le lacrime agli occhi». Lei che idea si è fatto di quella triste vicenda criminale? «Io le ho creduto. Quindi sono convinto della sua innocenza. È stato qualcun altro a uccidere Carlo Mazza. Katharina è rimasta coinvolta perché c’era di mezzo quella polizza assicurativa da 1 miliardo di lire intestata a lei. Per proclamare la sua innocenza lei rifiutò anche la metà di quella somma che le venne offerta dall’assicurazione. Personalmente non ho mai creduto alla sua colpevolezza». Ci può raccontare qualche aneddoto del suo legame

con Katharina? «Ogni volta che ci incontravamo lei mi esprimeva tutto il suo piacere di lavorare con me, e ovviamente la cosa era reciproca. Aveva bisogno di sentire fiducia intorno a lei, era lieta dell’amicizia che aveva con me, di qualcuno che le dava ancora credito». Sarebbe interessato a fotografarla di nuovo oggi che, nonostante l’età e gli anni di prigione, è ancora una bella donna? «Assolutamente sì. Se avessi il suo numero di telefono la chiamerei subito. Ben volentieri lavorerei ancora con lei».

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For magazine teatro di Silvestro Bellobono

photo Ralf Brinkhoff

I Tap Dogs sono una compagnia di danza australiana che balla il tip tap in un contesto metropolitano, dando vita ad un musical elettrizzante e coinvolgente.

Il più grande spettacolo dopo il… tip tap Tornano in Italia i Tap Dogs, i prodigiosi ballerini australiani che hanno reinventato l’arte di Fred Astaire con uno stile moderno, frenetico e popolare. La tournée parte da Milano e, tra le tante tappe, toccherà anche Roma 76 For Magazine


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photo Ralf Brinkhoff

L’ideatore e coreografo dei Tap Dogs è Dein Perry, che insieme al suo gruppo iniziò a ballare il tip tap nel garage dietro alla casa della sua insegnante di danza.

Dopo l’incredibile successo riscosso nei più importanti teatri del mondo, i Tap Dogs sbarcano anche in Italia, tornando in scena con un look totalmente originale e innovativo, pronti a coinvolgere e travolgere il pubblico con 80 minuti di puro spettacolo e carica di energia. La formidabile compagnia australiana, definita non a caso “a dance sensation”, ha già conquistato le maggiori platee a livello internazionale, dando vita ad uno show unico nel suo genere, che combina l’armonia e il ritmo contagioso del tip-tap con la forza e la sensualità di ballerini aitanti e vigorosi. Gli elementi di questo successo si ritrovano nei sei irresistibili artisti che formano la compagnia, tutti provenienti da Newcastle, città mineraria a nord di Sidney. Atleti, prima ancora che danzatori, forti e muscolosi diretti dal coreografo Dein Perry, affiancato dal regista Nigel Triffitt e dal compositore Andrew Wilkie. Tutto nasce proprio da un’intuizione di Dein Perry, ideatore e coreografo dei Tap Dogs, che ha trasformato in una professione il suo amore per il tip-tap, da quando lo ballava nel garage della sua insegnante di danza, fino alla grande svolta, avvenuta dopo aver preso parte nel ruolo principale a 42nd Street. Al termine di questa esperienza, Dein decide di inventare uno spettacolo di ballo contempora-

neo capace di rifarsi alla quotidianità degli operai nelle fabbriche di Newcastle. In seguito, avendo maturato anche competenze in qualità di coreografo nel musical del West End Hot Shoe Shuffle, Dein crea lo spettacolo Tap Dogs, di cui gli omonimi ballerini diventano i protagonisti assoluti. È il 1994, l’inizio di un’escalation di successi che porterà il gruppo di artisti ad esibirsi al Festival di Sydney nel 1995, per poi proseguire al Festival di Edimburgo, e infine cimentarsi, dal 1998, in una brillante tournée nei cinque continenti, in 330 diverse città e 37 nazioni, inclusi gli Stati Uniti d’America. Nel 1996 Dein Perry si aggiudica il premio Olivier Award grazie a questo incredibile tour che è stato continuamente riproposto, rinnovato e arricchito, e che, nel corso degli anni, è stato visto e applaudito complessivamente da 11 milioni di spettatori. Tanto da portare i Tap Dogs alla vittoria di 11 premi internazionali e all’onore di aprire la cerimonia dei Giochi Olimpici di Sydney nel 2000. Con questo curriculum notevole, lo spettacolo, dal significativo titolo The hottest show on legs, debutta a Milano, dal 10 al 15 gennaio al Teatro Nuovo, dopo ben quattordici anni di assenza dal nostro Paese. Quest’ultima rappresentazione dello show è stata pensata nel 2010 da Dein Perry per celebrare il 15° anniversario della nascita del-

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photo Ralf Brinkhoff photo Ralf Brinkhoff I sei ragazzi in scena danzano in gruppo, in formazione o da soli, esibendosi sull’acqua, sospesi a mezz’aria con corde elastiche o su pareti mobili.

photo Ralf Brinkhoff

Douglas Mill (in alto) e Adam Garcia (in basso) in un momento dello show che coniuga la forza muscolare, ispirata agli operai di Newcastle, alla passione per il ballo.

la compagnia, una sorta di tributo al successo e alla grande popolarità che la danza ha raggiunto nel mondo. Nella nuova versione, il gruppo di ballerini australiani, in jeans o calzoncini corti, in canottiere o camicie a scacchi annodate in vita, reinterpreta il tip-tap in chiave ancora più adrenalinica, sfoggiando potenza pura e passi di danza eleganti. Ne esce un mix incalzante e vorticoso, dove si fondono tempismo, ritmo e carica erotica. A testa in giù o anche sull’acqua, questi ragazzi con aria da muratori e camionisti sono in grado di eseguire numeri di livello mondiale, ai confini con le acrobazie circensi, utilizzando svariati attrezzi di supporto alle loro coreografie: palloni da basket, elastici e tiranti estensibili, barre d’acciaio, e naturalmente il legno del pavimento sul quale percuotono con una tale energia da farlo risuonare in maniera vibrante. Nel loro girovagare per l’Italia i Tap Dogs si esibiranno in vari teatri, palazzetti e palasport, toccando anche Roma, dal 31 gennaio al 4 febbraio, al Teatro Olimpico, dove già si preannuncia il tutto esaurito per un live elettrizzante, turbinoso, imperdibile che di sicuro farà sobbalzare il pubblico dalla poltrone.

Nel 2000 la compagnia ha partecipato alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi, facendo esibire oltre 1000 ballerini (reclutati da tutte le compagnie del mondo) davanti ad un pubblico di 3.5 miliardi di spettatori Tv.

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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana

scrivi a: marina@marinaripadimeana.it

Cara Marina, amo molto gli animali, ma tenerli con me è sempre più difficile. Non si possono portare al ristorante e qualche volta nemmeno nei bar. Negli alberghi è un problema serissimo e, se si va in vacanza, è molto difficile trovare luoghi adeguati dove possano stare bene per una quindicina di giorni. Lei che consigli può darmi? Piergiorgio, Spoleto Caro Piergiorgio, parlarmi delle difficoltà di convivenza con gli animali è come sfondare una porta aperta. Le dirò di più, vivo in una situazione di totale sudditanza nei riguardi dei miei quattro carlini. Loro su di me possono tutto. Rinuncio a qualsiasi albergo dove non posso portarli. Non parliamo poi degli aerei e della mia casa, che non credo profumi proprio di rosa. Senza contare quanto incidono sul bilancio familiare: io dico sempre che per me sono l’unico grande lusso. Ma quanta gioia mi regalano. Tutto questo non ha prezzo, e sono felice di fare per loro i più assurdi sacrifici e tante rinunce. E poi, l’unico luogo dove i nostri animali sono veramente al sicuro è in braccio a ognuno di noi. Cari saluti, Marina

abbastanza giovane ed esuberante, è sempre tra i piedi. Viene a casa mia e vuol decidere tutto, anche i vestiti dei ragazzi. Mio marito è molto subalterno a sua madre, e le dice quasi sempre sì. Non li sopporto più. Che fare? Alessandra, Perugia Cara Alessandra, data la mia irruenza e insofferenza, temo di non essere la persona più adatta a dare questo genere di consigli. Il mio primo suggerimento sarebbe quello di dirle scappi, i giorni che sua suocera viene non si faccia trovare, a costo di inventarsi del sano volontariato, un corso di yoga o, come direbbe Woody Allen, una lezione di buddismo. Tutto, ma non accetti l’invasione barbarica della “socera” e, soprattutto, la mitezza di un marito reso polpetta dalla petulanza della di lui genitrice. Ma voglio, per una volta, essere saggia e consigliarle un comportamento che io di certo non metterei in atto. Ad ogni suggerimento sorrida e, in caso, trasformi il sorriso in una clamorosa risata. Vedrà che sarà talmente disarmante, e forse irritante, che nessuno oserà contraddirla. Buona fortuna, Marina PS: Naturalmente per la buona riuscita di una risata ci vuole una dentatura in ordine.

Cara Marina, le scrivo per raccontarle un problema di vita familiare che magari a lei sembrerà noioso e banale. Ho 35 anni e vivo con un marito e due figli. Il mio problema è che mia suocera, ancora 79 For Magazine


For unamagazine lettura per lasciar traccia… di Donatella Vilonna

la stagione più brutta “È difficile capire la mafia se non si comprende fino in fondo il suo codice culturale. È quella la sua forza: prima dei mitra, prima del perimetro del mandamento, prima della Cupola, vengono le parole” La mafia uccide d’estate è l’autografia politica di Angelino Alfano. All’età di soli 37 anni, viene nominato ministro della Giustizia. “Provai un’emozione grandissima quando Silvio Berlusconi pronunciò il mio nome, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano…”. Un racconto in prima persona, di cosa significa gestire uno dei ministeri sempre più controversi e quanto difficile sia riformare la giustizia in Italia. Alfano descrive le sue sensazioni e circostanze vissute in questi tre anni da ministro, quando per la prima volta ha avuto la grande opportunità di firmare un atto pubblico, proprio il “41 bis” cioè, carcere duro per i mafiosi. “È difficile capire la mafia se non si comprende fino in fondo il suo codice culturale. È quella la sua forza: prima dei mitra, prima del perimetro del mandamento, prima della Cupola, vengono le parole”. Contemporaneamente al suo incarico, riceve diversi inviti a partecipare alle varie manifestazioni di commemorazioni delle vittime della mafia, e proprio in quella circostanza, si rende conto, che mettendo in ordine quelle date: in maggio Giovanni Falcone, in luglio Paolo Borsellino, in agosto Ninni Cassarà, a settembre Carlo Alberto Dalla Chiesa, Angelo Livatino e tanti altri, sono stati tutti uccisi, in anni diversi, sempre curiosamente d’estate. Nasce un sentimento di turbamento, di contrasto e di grande riflessione tra il suo ricordo dell’estate siciliana fatta di mare, spiaggia, gioia, divertimento, luce, tutto in piena contrapposizione con “la maledizione di questi uomini della mafia, di quegli uomini che facevano a pugni con la benedizione di Dio”. Alfano spiega come, attraverso gli strumenti della giustizia, anche la politica ha contribuito a combattere la criminalità organizzata, e ricorda quali azioni il suo Ministero ha intrapreso per rendere efficiente il nostro sistema giudiziario e per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, cercando di non dimenticare mai che ogni detenuto è innanzitutto un persona. “Nella prima metà della legislatura io e il governo di cui facevo parte ci siamo occupati di riformare il processo civile, di introdurre una grande innovazione chiamata mediazione civile, abbiamo lavorato per semplificare i riti della procedura civile italiana e per dar vita al codice antimafia, abbiamo approvato il più grande sistema di contrasto alla criminalità organizzata dai tempi di Giovanni Falcone, abbiamo introdotto il reato di stalking, abbiamo reso enormemente ricco il Fondo unico giustizia con il denaro e i patrimoni sottratti alle mafie, abbiamo avviato un robusto intervento sulle carceri”. Nel suo percorso egli si sofferma sul tentativo di attuare una riforma

costituzionale della giustizia volta a modernizzare il funzionamento e a favorire un armistizio tra politica e magistratura, il cosiddetto Lodo Alfano. Un impegno, quello dell’ex Guardasigilli, che si estende anche in uno scenario internazionale, a partire da due presupposti fondamentali: il sentimento etico che rifiuta l’ingiustizia in ogni sua forma e la consapevolezza di considerare alcuni crimini, particolarmente ripugnanti, perseguibili su scala mondiale. Un libro intenso e ricco di emozioni, un viaggio nella vita di un uomo delle istituzioni, che ha saputo trasmettere con lealtà e coraggio la sua autorevole esperienza di giovane ministro.

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La mafia uccide d’estate di Angelino Alfano Mondadori, euro 18,50


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PROTAGONISTE di Tommaso Gandino

Ho scelto di vivere rifarei «Non ho né rimorsi né rimpianti,

a tutto». Con queste parole Fiamm

Izzo D’Amico

icarsi alla famiglia e alle tre figlie

per ded parla delle sue rinunce artistiche

Ha cominciato a cantare a 14 anni, ha dedicato la sua vita alle sue passioni e ha avuto il coraggio di smettere quando era al top, rimettendosi in discussione e ricominciando daccapo con grande energia. Fiamma Izzo D’Amico si racconta così. Mi pare abbia incominciato molto presto a lavorare… «A 4 anni, come doppiatrice grazie a mio papà, Renato Izzo, grande direttore del doppiaggio che è sempre stato il mio mentore, il mio maestro d’arte e di vita. Anche quando, a 19 anni, ho debuttato nel mondo della lirica mi ha sempre insegnato il gusto della parola, del fraseggio. Non mancava mai una prova generale, veniva in camerino e mi diceva quali erano le parole, le frasi sulle quali mettere l’accento». Quanto conta nella sua vita di cantante la mente? «Ogni frase deve partire dalla mente, ricordo sempre quello che mi diceva il Maestro Herbert von Karajan quando studiavo con lui le opere: “È tutto nella preparazione. Sapevo già come sarebbe venuta quella frase, perché tutto sta nel pensiero, prima pensi una nota, la visualizzi e solo allora la puoi cantare”. È proprio così, prima pensi e poi canti». Ricorda il suo primo ingaggio? «Come doppiatrice per la pubblicità di un’aranciata a 4 anni, come cantante ne La Bohème a Torre del Lago subito dopo aver vinto il concorso al Regio di Torino e il “Toti dal Monte” di Treviso». Oggi di musica si può vivere? «Sono ormai 11 anni che ho lasciato la carriera di cantante lirica, vedo tanti miei colleghi in difficoltà, ma io sono pienamente convinta che delle proprie passioni si può vivere, se ci si impegna, se si dà il massimo, se ci si crede veramente. Si può vivere di ciò che davvero ti piace, perché ci metti la tua energia e alla fine è questa l’unica cosa che conta». Che cosa avrebbe fatto se con la musica non fosse andata bene? «Forse avrei aperto un ristorante e non è detto che un giorno non lo faccia, cucinare è un’altra delle mie grandi passioni, cucino sempre per la mia famiglia, per i miei amici. Metto amore nella cucina, per me è una forma d’arte e mi piace prendermi cura degli altri, è sicuramente una mia forma di egoismo. Mi fa stare bene». Qual è il successo al quale è più legata e perché? «Nella mia vita di cantante lirica tengo molto all’esperienza con il Maestro von Karajan con il quale ho cantato tre opere, Don Carlos, Carmen e Tosca. Ma anche alla Traviata con il Maestro Severini a Treviso, con lui ho condiviso un momento fondamentale della mia vita. Nella mia esperienza come direttore di doppiaggio sono tanto legata alla versione italiana de Il Gladiatore e del musical Il fantasma dell’Opera, dove oltre ad aver curato la traduzione delle canzoni sotto la supervisione di Andrew Lloyd Webber, ho anche cantato la parte di Carlotta, “la cantantona lirica” del musical. Indimenticabile. Ma il successo più grande sono le mie tre figlie: Rossa, Lilian e Anita». È facile perdere il senso della realtà con il successo?

«Per me no, sebbene a 21 anni mi sia ritrovata ad essere una star della lirica, a livello mondiale. Sono sempre rimasta con i piedi per terra ma ho avuto una grande famiglia a sostenermi, mia madre mi è sempre stata accanto, mi dava la sua forza, mio padre e le mie sorelle mi raggiungevano per ogni premiere e poi le mie figlie, loro mi hanno sempre riportato alla realtà». Una canzone, per colpire l’emotività, cosa deve contenere? «Per me una romanza, una canzone, una poesia colpisce al cuore se viene cantata e recitata sentendola davvero, vivendo il momento, il qui e ora». Lei a un certo punto ha imboccato un percorso artistico di nicchia: che cosa significa per lei “rinunciare”? «Non sento di aver mai rinunciato, “Non, je ne regrette rien”, non ho né rimorsi né rimpianti, rifarei tutto, anche gli errori che mi hanno portata ad essere chi sono oggi, anche ciò che mi ha fatta soffrire, io lo rifarei, ho avuto tante vite e ho assaporato ogni momento. Vivo con grande intensità il presente, il mio segreto è questo. Per me “rinunciare” significa non fare ciò che si vuole veramente. Forse agli occhi degli altri posso aver fatto una rinuncia, ma io so che ho scelto ciò che volevo davvero. Ho scelto di vivere». Come giudica la sua voce? «Quando sento le opere che ho cantato mi piaccio molto, con tutti i miei difetti, mi sembra di trasmettere le emozioni, di concedermi al pubblico, di aver capito ciò che cantavo, ero proprio lì, vivevo il momento e per me conta questo». In questi anni ha mai pensato di smettere di cantare? «Quando ancora cantavo, sapevo che non avrei vissuto sempre in quel modo, negli hotel, da una città all’altra, sempre sola, senza poter fare ciò che volevo, ma aspettando soltanto il momento di andare in teatro per sentirmi viva. No, non potevo durare più di sedici anni. Io amo gli amici, amo la mia famiglia, voglio dedicarmi al mio uomo e questo si può fare solo con la presenza, dare amore agli altri dà senso alla mia vita. Io vivo così oggi e sono soddisfatta». Il rimprovero più frequente che riceve? «Mi dicono che sono aggressiva, io non me ne rendo conto, mi sento dolce e affettuosa, ciò nonostante ho fatto dieci anni di yoga, tredici di analisi, tre di meditazione, una vita di training autogeno, e sono andata anche a Lourdes. A questo punto chi mi ama mi sa che dovrà accettarmi così…».

Qui accanto Fiamma Izzo con le sorelle Giuppy e Simona

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For MUSICA magazine di Silvestro Bellobono

Cantare l’amore fa sempre bene Dopo una lunga attesa è uscito il nuovo e intenso album di Mario Lavezzi: collaborazioni eccellenti, ballate romantiche, spunti autobiografici e una bella sorpresa per gli appassionati di iTunes

Si intitola L’amore è quando c’è, il nuovo album che segna il ritorno in grande stile di Mario Lavezzi, dopo ben undici anni dalla precedente raccolta di inediti. Composto quasi interamente alla chitarra, questo progetto, in cui Lavezzi ripropone le peculiari qualità acustiche che emergono dal suonare insieme in studio, si distingue per un sound caratterizzato dai riff creati durante la scrittura delle canzoni. In tale ottica si spiega opportunamente la scelta di anticipare il disco con il singolo radiofonico Non è una bella idea, che incarna ottimamente il mood dell’album e lo stile artistico dato a tutto il lavoro. Dal testo di questo primo singolo, disponibile anche su iTunes, emerge prepotentemente il messaggio che, anche quando ci si innamora della persona sbagliata, si è consapevoli di non poter fare a meno neppure di un amore illusorio e non ricambiato. Del resto il tema romantico è sempre stato al centro della musica leggera che da tempo Lavezzi regala ai suoi fan. Sin dai suoi esordi, negli anni ’60 del periodo “beat”, quando il cantautore milanese (classe 1947) passò dalle balera e dai night a far parte della prima formazione dei Camaleonti nelle vesti di chitarrista. Seguirono poi gli anni di collaborazione con lo splendido duo Mogol-Battisti, di cui divenne amico strettissimo. Dopo le esperienze nei gruppi – tra i quali anche Flora Fauna & Cemento, Il Volo, negli anni ’70 – Lavezzi si dedicò all’attività di solista e, contemporaneamente, a quella di produttore per artisti importanti come Loredana Bertè, Anna Oxa e Fiorella Mannoia, nei primi anni ’80. La voglia di comporre sempre buona musica e il desiderio di lavorare gomito a gomito con i più grandi interpreti della canzone italiana spinsero Lavezzi a duettare, negli anni ’90, con Gianni Morandi, Ornella Vanoni, Lucio Dalla, Mango, Gianni Bella, Biagio Antonacci. Alcune delle ballad più note e delicate

Il primo giorno di primavera dei Dik Dik è la prima canzone scritta in carriera da Mario Lavezzi, nel lontano 1969. Il brano è contenuto come bonus-track del nuovo disco per chi lo acquisterà su iTunes.

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del panorama canoro nazionale recano in calce la firma di questo “music maker”. Basti pensare a Il primo giorno di primavera, in assoluto la prima canzone che Lavezzi ha scritto in carriera, nel 1969, per i Dik Dik; e poi Vita, successo intramontabile composto per la coppia Dalla-Morandi, E la luna bussò e In alto mare per la Bertè, È tutto un attimo per la Oxa, e Stella gemella scritta con Eros Ramazzotti. Negli anni 2000 ha sperimentato anche il sound dei nuovi talenti emergenti, duettando con Alexia durante il Festival di Sanremo 2009 e producendo il singolo di straordinario successo Immobile di Alessandra Amoroso. In questa carriera sfavillante va ora ad incastonarsi l’ultima perla lavezziana: L’amore è quando c’è rappresenta, per ammissione del suo stesso autore, “momenti realmente vissuti in cui tanti vi si possano identificare”. Il disco è ricco di storie raccontate in prima persona, che si possono ascoltare con il sorriso sulle labbra, perché evocano un mondo, quello dello stesso artista, colorato da tonalità personali e molto intime, ma al contempo denso di attimi di vita vissuta che chiunque può condividere e fare propri. Naturalmente nelle dodici nuove canzoni non mancano le collaborazioni illustri: Mogol, Saverio Grandi, Oscar Avogadro (purtroppo recentemente scomparso), Maurizio Costanzo, Lorenzo Vizzini e la poetessa Patrizia Cavalli firmano a quattro mani con Lavezzi alcuni brani. Tra tutte le tracce spicca per sensibilità Stella, cronaca di un grande amore perso e poi ritrovato, composta completamente dallo chansonnier meneghino e dedicata alla moglie Mimosa, nel ricordo di un sofferto periodo di separazione della coppia, poi fortunatamente riunitasi. Ma c’è anche spazio per l’ironia, con il pezzo Gorilla, in cui sono narrate le criticità

del rapporto primordiale uomo-donna, per sottolineare la speranza del recupero dello spazio da lasciare al corteggiamento maschile. L’album è prodotto e arrangiato dallo stesso Lavezzi in collaborazione con Bruno Zucchetti, Nicolò Fragile e Bob Benozzo. I musicisti che hanno preso parte al progetto sono Alfredo Golino (batteria), Paolo Costa (basso), Nicola Oliva (chitarra), il maestro Peppe Vessicchio (arrangiamenti e direzione dell’orchestra d’archi “Concertissimo” di Roma), con la collaborazione di Pino Perris (direzione d’orchestra). Le voci dei cori sono di Fabrizio Palma, Rossella Ruini, Claudia Arvati, Serena Caporale, Giulia Fasolino ed Elisa Paganelli. L’originalità di Lavezzi, capace di attraversare decenni di musica italiana restando sempre se stesso ma anche adeguandosi ai nuovi must della discografia contemporanea, viene a galla con una gradita sorpresa per i fan, che conferma il suo modo unico di stare sempre al passo con i tempi: per tutti coloro che acquisteranno il disco in digitale su iTunes verrà messa a disposizione anche la bonus-track de Il primo giorno di primavera.

Tra i successi nati dalla proficua collaborazione con Loredana Bertè spicca l’evergreen E la luna bussò, che fu una hit dell’estate 1979, vendendo circa 400.000 copie.

Mario Lavezzi è nato a Milano l’8 maggio 1948. Ha ricevuto il premio in memoria del grande compositore meneghino Carlo Donida Labati, per la sua capacità di trasmettere messaggi di carattere culturale e artistico che sono di esempio alle giovani generazioni.

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For magazine musica di Silvestro Bellobono

Quattro artiste, un’anima sola

Primo e unico ensemble lirico-pop italiano al femminile, le DIV4S sono bellissime ragazze piene di talento, lanciate sui palcoscenici internazionali della musica da Andrea Bocelli. Ecco cosa ci hanno raccontato Il nome d’arte è già un ottimo biglietto da visita. In realtà DIV4S è l’acronimo dei loro nomi: Denise, Isabella, Vittoria “4nd” Sofia, con il “4” a fare da congiunzione “and”, ma anche a sottolineare la magia del quartetto. Giovanissime, ma con anni di conservatorio alle spalle, queste splendide ragazze formano un complesso vocale di soprani capaci di dar vita ad un pop melodico, reinterpretando sia i brani lirici tratti da Mozart, Verdi, Pucci-

ni, Rossini, sia i grandi successi popolari del repertorio italiano (canzoni napoletane, musica melodica) e straniero (Barbra Streisand, Harold Arlen, gli Wham), destreggiandosi benissimo tra opere classiche e pezzi moderni. Nonostante siano sempre in tour nei teatri di tutto il mondo, con un cd uscito da poco e un programma intenso di concerti affascinanti, hanno trovato il tempo per confidarsi un po’ con noi.

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Denise

Qual è il suo primo pensiero su Andrea Bocelli, che tanto ha contribuito al vostro successo? «Indubbiamente un grande maestro che rappresenta per noi un punto di riferimento artistico e umano. Il suo sostegno continuo e la sua energia sempre positiva sono una costante nella nostra carriera, lui ci sprona a raggiungere obiettivi sempre più importanti e, soprattutto, senza mai sedersi sui successi ottenuti, mantenendo una grande umiltà». Cosa può dirci del vostro cd Opera, uscito di recente? «È un progetto molto interessante che raggruppa il lavoro live di due anni, e va dalle arie classiche d’opera alla musica da film, dalla canzone napoletana alla reinterpretazione di successi pop internazionali, ma include anche brani inediti scritti e pensati per noi da grandi autori». Tra tutti i complimenti ricevuti quale ricorda con maggiore affetto? «Mi ha particolarmente colpito: “Quattro artiste, un’anima sola”. Perché esprime il senso più autentico del nostro lavorare insieme. Significa che riusciamo nel nostro intento e ciò mi riempie di orgoglio». Essendo spesso in tour come riesce a conciliare lavoro e vita privata? «Poiché sono la più piccola del gruppo in realtà non faccio poi così fatica a coniugare le due cose. È bellissimo viaggiare insieme, penso di aver avuto fortuna quando sono stata scelta per questa esperienza meravigliosa, e la passione che provo per questo lavoro compensa quello che può essere a volte un disagio, ovvero la distanza dalle persone amate».

Isabella

Nei vostri concerti si spazia dal classico al moderno, dal repertorio italiano a quello anglosassone. C’è una canzone che preferisce? E perché? «La parte del nostro repertorio che prediligo è quella legata al grande compositore italiano Nino Rota. La sua musica ha lasciato un’impronta importante, un patrimonio prezioso, come i film ai quali si è legata. Trovo affascinante inserire la particolare vocalità del nostro ensemble in un contesto musicale e orchestrale così ricco e suggestivo». Ha dovuto fare molti sacrifici negli anni di studio al conservatorio? «Qualcuno. Ma tutti ampiamente ricompensati dalla bellezza di quel che volta per volta si andava ad imparare». Dal punto di vista professionale ha ancora qualche sogno da realizzare? «Ogni volta che un sogno si realizza ecco che un altro si profila all’orizzonte. La nostra professione è fortunatamente sempre varia e ricca di nuovi spunti. Attualmente mi piacerebbe concretizzare il progetto di portare in America il nostro disco». Si definisca usando soltanto tre aggettivi. «Curiosa, appassionata, creativa».

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Sofia Quanta preparazione e duro lavoro ci sono dietro alle vostre esibizioni? «C’è molto molto lavoro. Ci sono ore di studio, sia individuale sia di gruppo, numerose prove e, naturalmente, prima di un’esibizione è importante essere molto concentrate». Quando ha capito che avrebbe voluto fare il soprano? «Strada facendo. Inizialmente per me era solo un gioco, poi è venuto il vero interesse, gli studi in conservatorio, i corsi di perfezionamento e la reale concretezza che con la tenacia tutto è possibile». Qual è stata la maggiore soddisfazione della sua carriera? «Non ce n’è una sola. Ogni volta che salgo su un palco per me è una soddisfazione: la realizzazione di quello che amo fare». Cosa si augura per il futuro? «Ho tutto quello che ho sempre sognato. Come artista mi auguro di continuare a calcare questi palchi importantissimi e ottenere sempre maggiori consensi, che fino ad ora sono stati una costante nel nostro lavoro».

Vittoria

Musica lirica e musica pop: secondo lei è un connubio perfetto? E perché? «Può diventare senza dubbio un armonico sodalizio se entrambe sono di buona qualità. La musica è comunicazione, e in quanto tale è giusto che sappia interpretare il proprio tempo e parlare il linguaggio del pubblico cui si rivolge: in questo senso, avvicinare la grande tradizione classica di cui siamo testimoni ad un vasto pubblico rendendola “pop”, nel senso di popolare, mantenendo invariato il rispetto e l’amore per ciò che è stato scritto, credo sia un’ottima idea». Cosa prova quando si esibisce nei più grandi teatri e arene del mondo? «La quantità di adrenalina che entra in circolo è la stessa, dal primo esame in conservatorio alla scena più importante che ti capiterà mai di calcare: cambiano ovviamente le responsabilità e la magia che avvolge ogni contesto diverso. Una cosa è certa: quando si accendono le luci si crea un caleidoscopio di emozioni che vanno dalla tensione alla concentrazione, fino alla consapevolezza di essere una privilegiata. E poter condividere tutto questo con le mie sorelle di palco quadruplica la gioia!».

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In ambito televisivo le DIV4S hanno partecipato alle trasmissioni L’anno che verrà su Rai1 e Divina Amalfi su Rai2, esibendosi nei loro pezzi più emozionanti.

Tv, social network, Youtube: quanto sono importanti per il successo di un artista? «Oggi moltissimo, per un artista, come per molti altri personaggi pubblici, compresi i politici. Io ritengo che i social network non possano essere definiti di per sé “buoni” o “cattivi”: sono semplicemente strumenti e, come tali, dipende essenzialmente dall’uso che se ne fa. Se vengono impiegati per raccontare la verità allora un artista non ha nulla da temere quando incontra il suo pubblico senza filtro». Si ritiene una persona fortunata? «Estremamente fortunata, come persona e come artista, per aver avuto la possibilità di intraprendere un cammino che mi rispecchia profondamente e mi consente, giorno dopo giorno, di crescere nel confronto umano e musicale con le mie colleghe».

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ForINTERVISTA magazine di Silvestro Bellobono

LEZIONI IN DISCOTECA Dj e producer presso i più famosi club di Roma e d’Italia, Nino Scarico ha deciso di mettere la sua passione per la musica al servizio dei giovani talenti 88 For Magazine


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Con la sua musica fa ballare da tempo il popolo della movida romana e non solo. Una carriera lunghissima iniziata negli anni ’70 e proseguita in una continua ascesa, che lo ha portato prima all’attività di produttore discografico e ora a quella di “professore” per futuri dj. Nino Scarico sale in cattedra. Dall’alto della sua esperienza trentennale quanto e come è cambiata l’attività di un dj in Italia? «È cambiata moltissimo. I nuovi dj sono schiavi della tecnologia e non usano più la creatività». Ritiene sia mutato anche il pubblico che frequenta i locali dove lei si esibisce? «Sì, credo di sì. Ma il mondo evolve e ci si adatta».

sfrutta molto Youtube: qual è il suo rapporto con questi social network? Le piacciono? Sono utili? «Sì sono utili, danno molta visibilità, io li uso ma senza esserne schiavo». Dopo una carriera così intensa se si guarda indietro cosa vede? «Tanta fatica». E se guarda al futuro? «Sempre con Davide Caramagna stiamo lavorando ad un progetto di una One Night dove arte, moda e musica si fondono in un’unica sinergia. Spero al più presto di potervene parlare».

Come definirebbe la musica house attuale? «Contaminata». Qual è la capitale mondiale del panorama house? Si è mai esibito lì? «Chicago di sicuro. No, purtroppo, non sono mai stato lì ad esibirmi». Lei è anche un produttore discografico di successo: quale deve essere la prima qualità di un producer? «La creatività. E poi è necessario avere un buon background». Qual è stata la migliore collaborazione artistica nella sua carriera? «Aver suonato insieme a dj di fama internazionale come Frankie Knuckles e David Morales al Fitzcarraldo di Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo». C’è un’esperienza musicale che ancora le manca e vuole fare a tutti i costi? «Mi piacerebbe molto lavorare all’estero». Al Teatro Golden di Roma, si sta svolgendo il corso di formazione professionale per dj Nino Scarico, l’arte della Musica. Ci parli di questo progetto. «È iniziato a febbraio 2011. Si tratta di un corso per soli dj a cui lavoro insieme al mio braccio destro e coordinatore Davide Caramagna, ed è rivolto alle persone che vogliono avvicinarsi a questo mestiere. Da poco abbiamo rafforzato il progetto creando una collaborazione con l’organizzazione Georgeus I Am e Gay Village, così da offrire l’opportunità ai dj del corso di avere un debutto all’interno delle loro serate». Qual è il primo insegnamento che dà ai futuri disk jokey? «Non essere succubi della tecnologia». Invece cosa pensa dei talent show che vogliono insegnare la musica in Tv? «Purtroppo non li vedo. Non saprei che dire e che giudizio darne». Lei ha una pagina su Facebook, un profilo su My Space,

Tra gli storici locali romani in cui Nino Scarico ha lavorato figurano l’Alibi, il Mais, l’Acropolis, oltre al disco bar Radio Londra.

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For magazine Ermafrodito dormiente, replica antica di un originale greco del 150-140 a.C. ca. © 2011 Musée du Louvre / Thierry Ollivier.

ARTE di Silvestro Bellobono

sculture senza tempo Tornano momentaneamente a Roma dopo 200 anni, esposti nella mostra I Borghese e l’Antico, i capolavori della più importante collezione di marmi esistente al mondo, oggi gloria classica del Louvre 90 For Magazine


For magazine Venere marina, 160 d.C. circa. © 2006 Musée du Louvre / Daniel Lebée et Carine Deambrosis

Sileno e Bacco fanciullo, I-II sec. d.C. © 2011 Musée du Louvre / Thierry Ollivier.

La Galleria Borghese, con la collaborazione eccezionale del Museo del Louvre, ospiterà fino al 9 aprile 2012, un evento unico e irripetibile: la mostra I Borghese e l’Antico, presentata dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Roma, diretta da Rossella Vodret. Il museo parigino, per la prima volta da quando se ne appropriò, permette di riportare temporaneamente nella loro sede originaria alcune sue opere di scultura greco-romana, appartenute alla collezione formata dal cardinal Scipione Borghese all’inizio del Seicento. Tornano così in Italia, dopo circa due secoli, alcuni preziosi marmi dell’arte antica, in tutto sessanta capolavori, facenti parte della dolorosa e obbligata vendita che la famiglia Borghese concordò direttamente con Napoleone Bonaparte, desideroso di arricchire la già cospicua raccolta d’arte del Louvre acquistando, e talvolta saccheggiando, il patrimonio artistico dei paesi sottomessi all’Impero. Fu esattamente nel 1807 che Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, accettò di vendere 695 pezzi tra statue, vasi e rilievi alla Francia. Incaricato di stimare le opere in vista del suo acquisto, Ennio Quirino Visconti, antiquario di fama, fu il responsabile dell’acquisizione più sensazionale della storia, finalizzata ad autocelebrare l’età impe-

riale in base al principio, espresso dal sovrano in persona, che «il secolo di Napoleone deve essere il secolo delle belle arti come è quello degli eroi». Oggi, grazie allo sforzo congiunto della Galleria Borghese e del Louvre, la straordinaria esposizione, curata da Anna Coliva, Marina Minozzi, Marie-Lou Fabrega Dubert, Jean-Luc Martinez, e coordinata da MondoMostre, consente al pubblico italiano, seppur soltanto per alcuni mesi, di ammirare una fedele ricostruzione di come si presentava la collezione Borghese prima che le opere partissero per Parigi. Infatti le statue classiche, sulla base di documenti e testimonianze, sono ricollocate nella loro cornice originaria, in posizioni e sale che occupavano un tempo. L’evento, dal valore storico-culturale notevole, si inserisce nelle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Tra le inestimabili sculture in mostra spiccano la figura prona dell’Ermafrodito dormiente, restaurato da un giovanissimo Bernini, quella stante del Sileno e Bacco fanciullo, Le tre Grazie, il celebre Centauro cavalcato da Amore, la cosiddetta Venere marina, il famoso Vaso Borghese, raffigurante scene dionisiache ad altorilievo.

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Key Largo 34, prodotto da Sessa Marine

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For magazine YACHTING di Silvestro Bellobono

Il lusso incontra il mare La bellezza e l’eleganza si possono trovare nei più piccoli dettagli di un’imbarcazione unica. È questo il caso di Beyond the Clouds, Ginevra Velvet 35, Hodgdon Limo Tender e Key Largo 34, i quattro gioielli nautici che vi proponiamo questo mese

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For magazine Lunghezza m. 30.20 Larghezza m. 7.15 Pescaggio m. 1.80 Dislocamento ton. 15.20 1500 MTU HP Diesel x 2 Velocità: 18.00 nodi in crociera 5500 litri di acqua 22000 litri di carburante

BENETTI BEYOND THE CLOUDS

Lussuoso ed elegante, è ideale per crociere nel Mediterraneo. Spazioso in coperta tanto da offrire 4 ampie suite per 8 ospiti, ma abbastanza manovrabile per l’attracco in piccoli porti Beyond the Clouds è un raffinato Benetti Tradition 30, lungo appunto 30,20 metri per 7,15 di larghezza, prodotto dalla Floating Life, la holding svizzera specializzata nel campo della gestione e vendita di mega yacht. Dotata di una motorizzazione 1500 MTU HP Diesel x 2, capace di navigare alla velocità di 18 nodi in crociera, questa imbarcazione fornisce ogni comfort: strumentazione completa, aria condizionata in ogni ambiente, generatori Kohler, dissalatore Idromar, Tv Lcd, impianto stereo, nuovo tender Walker Bay da 4,30 metri. Gli interni sono estremamente eleganti e curati, muniti di ampie zone living. Il ponte principale dispone di un vasto salone con comodo divano a L, coffee table e frigo bar. A prua, separata da un raffinato mobile in ciliegio, trova posto la zona pranzo con tavolo per 8 persone. La cucina principale è interamente attrezzata con forno elettrico multifunzione, piano cottura 4 fuochi, ice maker, lavastoviglie, lavatrice e

Il Beyond The Clouds spicca per le sue grandi doti di ospitalità: è dotato infatti di 4 cabine, 4 bagni e 8 posti letto confortevoli e di ampie dimensioni.

passavivande. Sul ponte superiore è situata la plancia di comando dotata di strumentazione completa, e da cui si ha accesso all’ampissimo Fly Bridge. La suite armatoriale si trova a prua: accurata e luminosa, con letto matrimoniale King size, armadi e cassettiere, vasca idromassaggio e box doccia. Il ponte inferiore accoglie la cabina vip matrimoniale, la cabina armadio, una toilette; la seconda cabina ospiti dispone invece di letto alla francese; la terza cabina doppia per gli ospiti ha letti separati. Ogni vano è provvisto di aria condizionata; tutti i servizi sono rifiniti in marmo, mosaici e legno. Per quanto riguarda gli esterni, il pozzetto dispone di comode sedute e tavolo da pranzo per 10 persone, ma il Fly Bridge è l’area conviviale per eccellenza: offre angolo bar completo di sgabelli, voluminoso divano a C con tavolini, tavolo da pranzo rotondo per 8 persone e barbecue. Sul terzo ponte si estende una grande zona prendisole con cuscini per rilassarsi nella più completa privacy.

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For magazine Luca Dini, assieme a Roberto Zappelli, è responsabile del design tecnico dello scafo. Il noto disegner firma sia gli esterni sia gli interni di Velvet 35.

Confortevole e super accessoriato, dagli interni raffinati, moderni, curatissimi, che ben si sposano con l’estetica complessiva dello scafo, capace di ospitare fino a 8 persone Il gruppo svizzero Floating Life cresce e lancia sul mercato mondiale dei superyacht il modello Ginevra, 35 metri a motore di Tecnomar Velvet. Il marchio Tecnomar ha una storia importante nel settore: per molto tempo si è trattato di barche velocissime, con prestazioni adrenaliniche, che hanno consentito a questo cantiere di maturare una notevole esperienza in ogni ambito della costruzione, delle trasmissioni, delle carene prestazionali, tutto all’insegna dell’hi-tech. Poi la svolta, nelle dimensioni dei suoi natanti, elevati al rango dei 24 metri, e nello sviluppo di nuovi stilemi estetici, meno estremi ma sempre sportivi. Ecco allora un nuovo step nella crescita dell’azienda, rappresentato da questa nuova ammiraglia, una imponente 35 metri chiamata Ginevra, splendido Velvet 35 dotato di 4 cabine per 8 ospiti, equipaggio composto da 4 membri. Gli interni dal design contemporaneo sono curati in ogni dettaglio, garantiscono spaziose zone conviviali e un’ottima abitabilità, che si coniuga perfettamente con il massimo del comfort e con l’offerta di ogni optional. L’ampio salone è arredato con morbidi divani, poltrone e coffee table. La zona pranzo si affianca ad una cucina provvista di elettrodomestici moderni e funzionali. La zona notte accoglie 4 larghe cabine per gli ospiti: la confortevole suite armatoriale con letto matrimoniale; le due ariose cabine doppie con letti separati; la cabina vip con letto matrimoniale. La privacy è garantita, poiché ogni cabina ha servizio en suite con box doccia e accesso diretto, oltre ad essere tutte dotate di Tv Lcd Sat e impianto stereo. Gli spazi esterni sono piuttosto estesi, prevedono comodi prendisole a

GINEVRA VELVET 35 prua. Il pozzetto accoglie un elegante dinette con tavolo da pranzo e soffici cuscinerie prendisole. Plancetta di poppa che facilità la scesa a mare. Il Velvet 35 segue a tutti gli effetti l’impostazione “coupé” adottata da molti yacht di grandi dimensioni, interpretando il concetto con l’assunzione di linee sinuose del sopra coperta.

La modernità del mobilio è una delle peculiarità di questa barca, che presenta soluzioni d’arredo attente anche all’illuminazione. Un esempio lo si ha nel disegno delle cabine e dell’ampio salone.

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10,5 metri di lunghezza per 2,97 di larghezza, propulsore 1 X Volvo D6-370, velocità massima 34 nodi: questi alcuni dati del performante tender disegnato da Michael Peters.

HODGDON LIMO TENDER

Una barca come questa non si trova tanto facilmente: 10.5 m di lunghezza, 34 nodi di velocità massima. Il “piccolino”dell’azienda nel Maine non ha nulla da invidiare ai fratelli più grandi, nemmeno l’impianto Tv HD Sbarca in Europa Hodgdon Yachts, il cantiere americano specializzato in super yachts totalmente custom e con lavorazioni eseguite a mano. E lo fa presentando il suo Limo Tender, che appare come la versione “in piccolo” dell’Hodgdon Yacht Custum. La linea, disegnata da Michael Peters, è dedicata a chi alla passione per il mare unisce quella per il lusso e la comodità. Il 10.5 metri Hodgdon Limo Tender rappresenta bene tutte le caratteristiche della linea e sintetizza al meglio i 200 anni di storia del cantiere di BoothBay Harbor, nel Maine, e le 5 generazioni di armatori della famiglia Hodgdon, una delle più longeve costruttrici di barche negli Stati Uniti.

Il cantiere americano vanta tra i suoi clienti il famoso regista Steven Spilberg, al quale sono stati consegnati due fantastici Limo Tender usati sul suo megayacht da 86 metri “Seven Seas”.

Quest’ultimo tender può trasportare fino a 12 persone comodamente rilassate su lussuose poltrone in pelle, mentre la sala è attrezzata con un impianto televisivo in alta definizione, oltre naturalmente all’apparato di climatizzazione. Per le belle giornate si può inoltre approfittare della possibilità di viaggiare all’aperto grazie al sistema idraulico che permette di chiudere l’hardtop. Le facoltà di personalizzare la barca in base ai propri gusti sono tantissime: si possono scegliere i colori, il trattamento del ponte, l’uso della pelle o del tessuto. Limo Tender soddisfa le esigenze dei proprietari di super yacht, abituati al comfort delle loro imbarcazioni, ma anche gli equipaggi stessi che sono soliti guidare e viaggiare con standard altrettanto elevati. Il designer Michael Peters, a proposito del suo gioiellino ha dichiarato: «È la prova che i regali importanti si presentano nelle piccole confezioni».

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For magazine Lunghezza FT: 9,99 m Larghezza: 3,30 m Motorizzazione: 700 hp / 515 Kw Persone: 8 Serbatoio acqua dolce: 220 l Serbatoio carburante: 1200 l Serbatoio acque nere: 95

KEY LARGO 34 Full optional, concreto, elegante e pratico, concepito per gli amanti del mare, del sole e delle sensazioni forti. Esempio tipico del design italiano Con il lancio di questo nuovo modello il gruppo Sessa Marine, insieme al suo designer Christian Grande, dimostra ulteriormente la sua capacità di concepire un prodotto capace di coniugare bellezza estetica e piacere di vita con tanta concretezza e affidabilità tecnica. Il Key Largo 34 è il frutto di un grande lavoro da parte dello staff di ingegneri Sessa, un progetto sapientemente pianificato con l’obiettivo di rimanere sempre all’avanguardia e fare delle proprie imbarcazioni il top del settore. Il KL 34 rivela nelle sue forme morbide e vellutate ma, allo stesso tempo, decise e incisive, la sua natura di fuoriserie, per la qualità dei materiali e dei componenti così come per le soluzioni innovative volte a soddisfare le esigenze di tutti. Key Largo offre un’organizzazione del ponte estremamente completa e dotata di: un grande prendisole a prua equipaggiato con impianto audio; una confortevole zona relax-cocktail a poppa, munita di un mobile cucina in teak con lavello, grill, ice-maker e tavolo sdoppiabile; una passerella elettrica a poppa per accedere facilmente alla banchina. Motorizzato con 2 Yamaha V6 F300 per la versione fuoribordo, il KL 34

L’arredamento interno, fatto di grandi contrasti tra noce canaletto, laccature lucide e rivestimenti in pelle, rende ancora più accattivante il design, ma anche funzionale in virtù di un’immensa plancia di poppa e un enorme prendisole.

vanta un range di velocità compreso tra i 40 e i 45 nodi, oltre alla tenuta in mare in sicurezza e ad una guidabilità unica. Infatti, Sessa ha studiato per questo yacht una postazione di pilotaggio decisamente innovativa, simile all’abitacolo di un pilota di un aereo da caccia, grazie alla console che permette una lettura rapida e intuitiva delle informazioni. Completano il tutto un design deciso, arredi interni ergonomici, spazi confortevoli. Il risultato finale è un 34 piedi sorprendente: un’altezza in cabina di 1,90 m; un grande salone convertibile in cabina armatoriale; un angolo cucina con microonde e frigo capiente, una seconda cuccetta doppia divisibile in due letti separati, per un totale di 4 posti letto.

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For magazine AUTO di Silvestro Bellobono

Il SUV per tutti Elegante, sportiva e maneggevole: la nuovissima Range Rover Evoque spicca per l’originale design. Scoprirne tutti i segreti è un vero piacere. Ma guidarla in strada lo è ancora di più 98 For Magazine


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Sbarcato da poco sul mercato, il nuovo Suv prodotto dalla casa britannica Land Rover ha già conquistato tutti: Range Rover Evoque è la più piccola, leggera e compatta della sua categoria, con uno spirito totalmente rinnovato e ancor più entusiasmante. In virtù della felice combinazione di maneggevolezza dinamica e raffinata progettazione, e grazie alle dimensioni compatte e alla tecnologia d’avanguardia, questa vettura consente prestazioni vivaci con i consumi più contenuti della media. La Evoque rappresenta un prodigioso balzo in avanti nell’evoluzione Range Rover, soprattutto dal punto di vista del disegn, deciso e ricercato, con soluzioni innovative e fantasiose, che non si ritrovano in nessun altro veicolo di queste dimensioni. Sorprendente anche la varietà di modelli che la rende disponibile in due versioni diverse: quella coupé a tre porte, un compatto crossover di qualità superiore, e quella a cinque porte con linee eleganti da coupé, ma con un profilo più pratico che si adatta facilmente a diversi stili di vita. Inoltre, è possibile avere questa seconda versione in tre differenti allestimenti con varie opzioni e tecnologie: Pure, l’espressione più pura della concept car Lrx; Prestige, il massimo lusso Range Rover; Dynamic, una rivisitazione sportiva del design classico. Altrettanto variegata è la gamma di colorazioni per la carrozzeria esterna, da scegliere con il tetto nella stessa cromia o in contrasto con il tetto bianco o nero, con cerchi in lega dai disegni più disparati e con una dotazione di accessori degna delle sue sorelle più grandi Range Rover. Dal punto di vista del propulsore, questo nuovo

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La Range Rover Evoque impiega ausili tecnologici innovativi tra cui il Terrain Response, che regola motore, trasmissione e sistemi elettronici, usufruendo di 4 impostazioni: guida generica, erba/ghiaia/ neve, fango, sabbia.


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L’abitacolo di questo Suv è arricchito dall’illuminazione Led degli interni che può essere regolata secondo il gusto personale con una scelta di cinque colori e diversi livelli di luminosità.

I sedili sono avvolti in pelle Oxford ritoccata a mano, con cuciture doppie. Le rifiniture in metallo sottolineano la qualità superiore degli interni.

Suv “cittadino” viene proposto, in Italia ed Europa, con due motorizzazioni: le versioni diesel presentano il recentissimo turbodiesel da 2,2 litri, in grado di erogare 150 o 190 cavalli, con prestazioni reattive e notevole raffinatezza, molto silenzioso, risponde in modo preciso all’acceleratore; invece, quello a benzina Si4 è un motore leggero da 2,0 litri, realizzato in alluminio e dotato di tecnologia d’iniezione di ultimissima generazione,

turbo avanzato e doppia fasatura variabile, indipendente degli alberi a camme per abbassare i consumi di carburante e le emissioni di CO2 fino al 20% rispetto ai motori tradizionali con capacità maggiori. Disponibile, per il modello, un cambio automatico sequenziale a sei marce in luogo di quello tradizionale standard manuale a sei velocità. Trasmissione: trazione anteriore o integrale permanente con ripartitore di tipo Haldex. Per ridurre il peso e migliorare l’efficienza dei consumi, la Range Rover Evoque utilizza materiali leggeri all’avanguardia e maggiormente sostenibili, componenti realizzati in alluminio, magnesio e titanio che riducono il suo impatto ambientale. Anche il servosterzo elettrico (EPAS) aiuta a rendere quest’auto più eco-sostenibile riducendo i consumi di carburante ed eliminando l’energia sprecata dal servosterzo tradizionale. La personalità marcata le permette di distinguersi dalla massa: non solo per le infinite possibilità di personalizzazione, ma anche per le forme lineari e affascinanti. Infatti, è possibile configurare gli interni scegliendo fra sedici diverse combinazioni, inserti in alluminio o legno e imperiale a contrasto, mentre l’allestimento prevede di serie o in opzione l’impianto audio Sorround Meridian da 825 watt, il display tattile a doppia visualizzazione e la Tv per gli occupanti posteriori. L’infinita gamma di esclusivi accessori è volta a rispecchiare la personalità di tutti gli acquirenti, garantendo standard di eccellenza nell’equipaggiamento originale allestito sul veicolo. Proprio gli interni presentano l’atmosfera tipica dei modelli del brand inglese: salendo a bordo (il pavimento è molto alto da terra) si notano immediatamente la plancia dal design squadrato, reso più morbido da rivestimenti in pelle ed elementi in alluminio arricchibili con adesivi a motivo floreale. La consolle centrale è voluminosa e super accessoriata. Di certo lo spazio non manca: i sedili sono ampi e confortevoli, anche nel poggiatesta dei passeggeri posteriori. Molto capiente il portabagagli. Per la guidabilità è fondamentale la tecnologia nell’interazione tra pilota e veicolo. Il touch screen da 8 pollici a colori ad alta definizione è facile da usare, con grafica straordinariamente semplice. È compresa la connessione Bluetooth vivavoce, per telefonini compatibili al sistema telefonico integrato del veicolo, e lo streaming audio per l’ascolto di musica da un dispositivo portatile Bluetooth, iPod, Mp3. Fiore all’occhiello della sicurezza su strada è il sistema Adaptive Dynamics con il dispositivo MagneRideTM, che controlla i movimenti del veicolo 1000 volte al secondo, reagendo agli input da parte del guidatore e alle sollecitazioni del terreno, riducendo il rollio al minimo e consentendo una guida equilibrata e fluida. Poiché Range Rover Evoque è un prodotto glamour che fa sognare, la presentazione italiana è avvenuta a Cinecittà, il tempio del cinema roma-

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La sicurezza durante la guida notturna è assicurata dagli opzionali fari adattivi allo Xeno, che forniscono un’illuminazione supplementare nelle curve strette e possono essere completati con i fari automatici abbaglianti/ anabbaglianti.

no, dove è stato allestito un circuito suggestivo e, al contempo, impegnativo. I prezzi variano da 35.695 a 41.745 euro a seconda della tipologia (5 porte o coupé 3 porte) e in base ai modelli (Pure, Prestige, Dynamic).

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4,35 metri di lunghezza per 1,96 di larghezza, la versione a cinque porte della nuova Range Rover è disponibile in tre diversi modelli: Pure, Prestige e Dynamic.


ForVIDEOGIOCHI magazine

Need For Speed the Run è uno dei pochi videogame a poter vantare un multiplayer integrato perfettamente nel gameplay: l’Autolog è infatti un innovativo sistema che permette di rimanere sempre in contatto con gli appassionati in tutto il mondo. Una sorta di social network integrato nel gioco, che permette di essere aggiornati sui progressi dei propri amici e avversari, organizzare nuove sfide e scambiarsi immagini e foto.

La corsa più pazza del mondo Arriva Need For Speed, vero action movie in formato console con una parata di star hollywoodiane come protagoniste. Compresa la fidanzata di Cristiano Ronaldo Tuning, belle ragazze, sportellate e tamponamenti, inseguimenti mozzafiato e agguati mortali: sembra la trama di un film di Michael Bay e invece è il nuovo Need For Speed, il videogame di corse più famoso di tutti i tempi. Si chiama The Run il nuovo capitolo della saga, che catapulterà i giocatori in un vero e proprio action movie ambientato nel mondo delle gare clandestine attraverso tutti gli Stati Uniti. Nei panni dei protagonisti un vero e proprio cast stellare: da Christina Hendricks, direttamente da una delle serie Tv più celebri, Mad

Man, a Irina Shayk, cover girl di Sports Illustrated. Come si suole dire: donne e motori, gioie e dolori. In questo caso però si tratta di un binomio perfetto. Perché ai bolidi, in alcuni casi inediti come Ford e Porsche, si uniscono delle bellezze mozzafiato e una buona dose di sano tuning, per modificare a proprio piacimento le supercar presenti nel nuovo Need For Speed The Run. Cento partecipanti, attratti da un premio in denaro che fa gola a tutti, contro Jack, il protagonista impersonato da Sean Faris, giovane attore

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Due sexy e scatenate protagoniste: Irina Shayk (a destra), cover girl di Sports Illustrated e ragazza immagine del nostrano brand Intimissimi, oltre che fidanzata di Cristiano Ronaldo (la star del Real Madrid), e Christy Teigen, modella americana (anche lei ha posato per Sports Illustrated).

emergente molto seguito tra le teenager: questa la trama del “Coast to Coast” più emozionante di tutti i tempi. Insomma, il meglio della serie in un solo videogioco, perfetta sintesi di tutti gli ingredienti che hanno garantito il successo della saga firmata Electronic Arts. Ciliegina sulla torta lo spot firmato Michael Bay, il regista e produttore statunitense noto al grande pubblico per pellicole

come Bad Boys con Will Smith, Pearl Harbor con Ben Affleck, oltre alla mitica trilogia sui Transformers, campione di incassi in tutto il mondo. Sviluppato da Black Box Games, Need For Speed The Run è l’ultimo capolavoro della serie di videogame di corse d’auto più acclamata di tutti i tempi. Inseguimenti sconvolgenti, tamponamenti degni dei migliori effetti speciali hollywoodiani,

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Sviluppato per Pc, Play Station 3, Wii e Xbox 360, Need For Speed The Run è disponibile contemporaneamente in tutto il mondo.

speronamenti senza esclusioni di colpi tra supercar e inflessibili bolidi della polizia o delle forze speciali, oltre a elicotteri della criminalità organizzata e sparatorie di ogni tipo. E ovviamente, la possibilità di essere al volante di quelle irraggiungibili vetture che tutti, almeno una volta nella propria vita, hanno sognato di guidare. In Need For Speed The Run l’azione diventa protagonista, grazie ad una storia cinematografica, dal ritmo serrato e frenetico, e al coinvolgimento di attori reali, in carne e ossa, utilizzati per caratterizzare al meglio i personaggi. Jack, protagonista nei cui panni dovranno calarsi i videogiocatori, dovrà correre per la sua vita, partecipando, con la sola opzione di vittoria, a una corsa clandestina, che parte da San Francisco e termina a New York, passando per Chicago, Las Vegas, Detroit e molte altre celeberrime città del continente nord americano. A ostacolarlo non saranno solo i duecento altri partecipanti alla gara, nonché la polizia, ma anche le forze speciali e la mafia. Alle sequenze di guida, per la prima volta in assoluto, si alterneranno momenti al di fuori del veicolo, in cui il giocatore è costretto a scappare sui tetti o per le vie della città. Sarete catapultati in un film. E che film!

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IN FORMA con Jill Cooper

COME PERDERE DUE TAGLIE Dopo le feste in genere si deve dimagrire, ma quello che conta è il rapporto massa magra/massa grassa. Senza farsi ossessionare dalla bilancia Dopo le feste vuoi perdere peso, ma perdere peso non equivale sempre ad essere in forma. Quando uno fa una dieta drastica non si perde esclusivamente grasso, perché anche il muscolo pesa, e perciò se vuoi il massimo dalla tua forma ora hai bisogno di capire esattamente quale peso stai perdendo. La bilancia usata giornalmente va interrotta a vantaggio del percorso del Metodo Cooper. I motivi sono semplici: 1. La bilancia parla del tuo peso complessivo, includendo la roba buona come muscolo, organi interni, sangue, acqua corporea ed ossa; 2. Una vera perdita di grasso avviene solo al suon di circa 7000 calorie al chilo di grasso vero. Prima che bruci 7000 calorie in eccesso del tuo consumo giornaliero ce ne vuole; 3. Troppi sentimenti della tua autostima sono legati alla bilancia. Infatti l’effetto bilancia è quasi sempre un’arma a doppio taglio. Innanzitutto, facciamo finta che ti pesi la mattina e il numero è in eccesso in confronto alle tue aspettative anche di un chilo. Tragedia! Il tuo cuore piomba verso i piedi e ti senti talmente sconfitto che esci dal bagno e ti strafoghi con due bignè alla panna per la disperazione, tanto sei già un “cicciabomba”, vero? Al contrario, ti pesi e trovi che sei 400 grammi in meno! Gioia, felicità, coscienza pulita, così esci dal bagno e ti premi con 4 macine (in tutti i sensi perché pesano quasi 50 grammi ciascuno) e ti senti soddisfatto per una cosa che poteva equivalere solo ad un bel movimento intestinale. Un’idea veritiera del tuo peso dovrebbe essere come un tracciato grafico dove una volta alla settimana per un paio di mesi ti pesi, preferibilmente sulla stessa identica bilancia, svestito e alla stessa ora. Quello sì che ti fa vedere il trend del tuo peso. Come l’indice Mib o Dow Jones. Ti chiedo con il cuore in mano di non pesarti su ogni bilancia che incontri, almeno per il momento. Sto provando ad aiutarti a ritrovare fiducia e stima in te stesso, e la bilancia è uno dei miei nemici più grandi in questa impresa. Quello che invece ti consiglio di utilizzare, anche tutti giorni se vuoi, è un bioimpedenziometro. Si tratta di una macchina che usano i dietologi, ma si può trovare anche nelle parafarmacie e nei mercati per l’uso domestico. Calcolando il passaggio di corrente tra una parte all’altra del corpo, questo apparecchio ti può aiutare a capire quanto sei grasso. Si divide il tuo corpo grazie alla densità su cui deve passare la corrente tra massa magra (cioè muscolo, ossa, organi interni, liquidi interstiziali, linfa, sangue e tessuto connettivo) e massa grassa. Sì, la massa grassa è solo quella: il tuo grasso. È molto più importante focalizzare i tuoi sforzi verso il miglioramento sul-

la percentuale di massa grassa, piuttosto che sul tuo peso in generale, per il semplice fatto che il muscolo occupa meno spazio sul corpo, ma pesa quasi cinque volte di più del grasso. Questo, per me come trainer, è un ostacolo enorme da far scavalcare al cliente perché le persone si deprimano all’inizio di un periodo di allenamento, prima che il corpo sia in grado di bruciare in modo efficace il grasso. Quando si vedono “gonfiare” incolpano i muscoli, invece dovrebbero assegnare il disagio alla mancanza di forma fisica, e ad un accumulo di grasso in eccesso ancora immagazzinato dentro il muscolo. Puoi perdere anche due taglie senza perdere tanto peso quando ti alleni in modo adeguato, perché il muscolo ben allenato pesa di più, ma consuma meno spazio, perché ha consumato il grasso intramuscolare. Ecco perché vorrei che prendessi un misuratore di massa magra/massa grassa per avere la reale visione della tua forma fisica d’ora in poi, anziché basare solo quella stima del tuo benessere sul numero riportato dalla bilancia.

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For FENOMENI magazine di Sara Donati

DYLAN DOG: l’incubo ritorna

Il fumetto italiano più famoso nel mondo ha compiuto 25 anni. Ma al detective dei casi irrisolti, creato da Tiziano Sclavi, restano ancora tante indagini da svolgere. Tutte rigorosamente… da paura perché l’orrore assume sempre volti differenti 106 For Magazine


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Brandam Routh e Sam Hontington in una scena di Dylan Dog-Il film. Per Hollywood il detective è più muscoli che incubi.

Dylan Dog ha compiuto 25 anni, ma chi l’ha inventato dice: «Non ho paura che il personaggio invecchi. Voglio solo che si rinnovi sempre». È sicuramente il fumetto italiano più famoso nel mondo e mette d’accordo tutti: appassionati, gente comune e intellettuali. Come Umberto Eco che ha detto: «Posso leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog per giorni e giorni». Sclavi (in una delle sue rare interviste) ha aggiunto: «Povero Eco. Quella frase, ovviamente un paradosso, lo perseguita da vent’anni, ed è stata usata in tutte le salse. Ma per fortuna l’ha detta, e ne sono felice. In un attimo ha fatto diventare Dylan Dog un classico, per quanto possa esserlo un fumetto. Mi impressiona, perché gli autori dei classici di solito sono morti». E Sclavi ha omaggiato parecchie volte nelle sue strisce Eco, citando spesso brani

dei suoi libri, e addirittura facendone il protagonista (sotto le riconoscibilissime sembianze di un certo professor Humbert Coe) di “Lassù qualcuno ci chiama”, una tra le più belle storie dell’intera serie del cosiddetto “indagatore dell’incubo”. Ma chi è Dylan Dog? È un detective privato che si occupa esclusivamente di casi insoliti. Ha poco più di trent’anni, è inglese, vive a Londra in una casa piena di gadget “mostruosi” e con un campanello che invece di suonare lancia un urlo agghiacciante. Ex agente di Scotland Yard, ha un passato misterioso, di cui si sa ben poco, e anche quel poco è avvolto in una dimensione onirica e surreale. E non a caso, quindi, il sogno (o meglio l'incubo) e tutto ciò che sembra essere al di là della realtà sono i suoi interessi personali e professionali. «Chi si rivolge a lui»,

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Le donne non mancano mai a Dylan Dog, nei fumetti e nel film (sotto Routh con Anita Briem).

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“Questa è la ballata della città di notte, del tempo che non passa del buio che t’inghiotte, di ladri, di assassini e di altri tipi strani, di angoscia e di paura che non venga mai domani…”, Ecco la filastrocca che fa da compagnia a Dylan quando di notte gira per la città. sottolinea il sito a lui dedicato dalla Sergio Bonelli Editore che pubblica Dylan Dog, ma anche Tex Willer e tanti altri fumetti (Bonelli, purtroppo, è morto questa estate), «non è il marito tradito che vuol far pedinare la moglie, o comunque il normale cliente di un investigatore privato, ma una persona che è stata colpita o anche solo sfiorata dall’ala nera del soprannaturale: una donna che ha visto un morto risorgere dalla tomba e diventare uno zombi, un uomo ossessionato dagli spettri, una ragazza il cui fidanzato è stato ucciso da un mostro tentacolare... Una persona a cui la polizia non crede, che tutti ritengono pazza, e che spesso rischierebbe davvero di scivolare nella follia se non trovasse qualcuno disposto ad ascoltarla e ad aiutarla. Questo qualcuno è Dylan Dog. Le sue parcelle sono basse, e molto spesso non si fa neanche pagare: i soldi non gli interessano (e infatti ha quasi sempre il portafoglio vuoto e non riesce neppure a pagare l’affitto o le bollette del telefono o del gas). È la paura ad affascinarlo, la paura irrazionale e inspiegabile dell’ignoto. E lui stesso ha paura: non è certo un eroe invincibile, e anzi a volte non riesce proprio a risolvere il caso, a uccidere il mostro, a scacciare l'incubo. O più spesso ci riesce solo in parte, e quando tutto sembra finito, l’orrore ricompare...». Ironico, impulsivo, problematico, pieno di dubbi su se stesso e sul mondo, forte e tenero nello stesso tempo, Dylan Dog odia la violenza (ha una vecchissima pistola, ma non la porta quasi mai, e colpisce unicamente per difendersi), ama le donne (e puntualmente, quasi in tutti gli episodi, ha anche un’avventura sentimentale), si diverte a suonare il clarinetto (il Trillo del Diavolo di Tartini) e a costruire un modellino di galeone che forse non finirà mai, è un accanito cinefilo, legge molto e di tutto, adora la pizza e si veste sempre nello stesso modo (ha una serie infinita di giacche nere, camicie

Tiziano Sclavi, l’inventore di Dylan Dog, dopo aver sceneggiato oltre cento storie, oggi si dedica solo saltuariamente alla serie, ma supervisiona il lavoro dei suoi successori.

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Il film di Michele Soavi Dellamorte Dellamore è tratto da un romanzo di Tiziano Sclavi. Le atmosfere sono quelle di Dylan Dog, infatti il protagonista, Francesco Dellamorte, è interpretato da Rupert Everett (sopra da solo e in una scena hot horror con Anna Falchi), l’attore cui si sono ispirati gli illustratori di Dylan Dog.

rosse e jeans). In passato è stato un forte bevitore, ma è riuscito a disintossicarsi grazie agli Alcolisti Anonimi. In compenso non fuma, ed è un ecologo e soprattutto un animalista accanito. Le sue avventure si svolgono ai nostri giorni, quasi sempre a Londra o comunque in Inghilterra, e comprendono praticamente tutti gli aspetti del fantastico. Abita in Craven Road 7, omaggio di Sclavi al regista Wes Craven, ma questa strada a Londra esiste veramente: numerosi lettori sono andati in “pellegrinaggio” a quell’indirizzo, ma sembra ci sia un ristorante italiano! A proposito di cinema. La passione di Dylan è quella del suo inventore, Tiziano Sclavi. Che non guarda la televisione, ma in compenso vede e rivede una media di quaranta-cinquanta film al mese e legge un libro o due alla settimana. Sclavi è nato nel 1953 a Broni, in provincia di Pavia, ha vissuto per parecchi anni a Milano, ma da più di dieci anni abita in un parco a Venegono Superiore (Varese). Si è sposato a quarant’anni suonati: «Prima di conoscere mia moglie la mia vita era una fetenzia perché non conoscevo mia moglie. Sono felice. Per quanto possa essere felice la vita, che resta un abisso di disperazione e assurdità». Così ha raccontato la nascita del suo personaggio ad Alessandro Trevisani su Sette: «Erano i primi anni Ottanta e la Bonelli cercava nuove idee. Ho proposto una serie horror, una passione che avevo da tutta la vita. E il nome Dylan Dog, da quello del poeta inglese Dylan Thomas e dal romanzo Dog, figlio di, di Mickey Spillane, era quello che davo sempre ai miei personaggi. Il classico nome di cui si dice “Poi lo cambiamo”. Quella volta non lo abbiamo cambiato. E con l’aggiunta di tanta ironia e della componente romantica e sexy (estranea fino ad allora ai prodotti Bonelli), in un paio d’anni è nata la serie». Tornando al cinema. Fino all’uscita, meno di un anno fa, di Dylan Dog: Dead of Night c’era stato solo il film di Michele Soavi Dellamorte Dellamore, che si ispirava all’indagatore dell’occulto, e che

ha utilizzato come protagonista proprio l’attore che ha dato il volto del personaggio, Rupert Everett. Invece, Dylan Dog-Il film (questo il titolo italiano) di Kevin Munroe con Brandon Routh, è sembrato un po’ troppo muscoli e poco humour per essere fedele al fumetto e piacere ai fan di Dylan Dog. Sclavi ha detto, tranquillamente, che non… l’aveva visto e non gli era piaciuto. Difficile dargli torto.

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L’ANGOLO DEL BENESSERE

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di Elda Bertoli

COL SENO “RIFATTO” UN’ARMONIA NUOVA La mastoplastica additiva è uno degli interventi chirurgici più in voga, non solo per questioni estetiche, ma anche psicologiche. Il dottor Valter Degli Effetti illustra le procedure da seguire È uno degli interventi più richiesti insieme alla liposuzione. Stiamo parlando della mastoplastica additiva, ovvero l’aumento della dimensione del seno. Il sogno, ma anche la realtà, di molte donne di oggi, di ogni età, in ogni parte del mondo. Già, proprio l’età. Oggi c’è una legge in Italia che vieta questo intervento di chirurgia plastica alle minorenni, e ciò appare giusto se si pensa ad un corpo non ancora formato integralmente e una scarsa capacità decisionale dovuta agli anni delle adolescenti. Per le altre donne molto si può fare per abbellire o riarmonizzare un seno talvolta troppo piccolo o che non soddisfa più i canoni di una certa bellezza. Il decolleté rappresenta da sempre, per ogni donna, il simbolo della femminilità e di quella armonia corporea che deve soddisfare prima di tutto noi stesse e il rapporto con il mondo che ci circonda. Rimodellare il seno può rappresentare molto, può farci star meglio con noi stesse, può far scomparire forti complessi, può ottimizzare persino il nostro rapporto con gli altri. Contemporaneamente al desiderio di ricorrere all’intervento, inizia quella ricerca tra voci, sentito dire, internet, giornali e soprattutto amici e conoscenti, per scegliere il chirurgo “giusto”. Il primo approccio deve far scattare quel feeling, quel rapporto di fiducia che va ad instaurarsi tra medico e paziente. E così, mentre il primo studia la signora, lei studia quello che dovrà diventare il suo chirurgo. Questo il pensiero del dottor Valter Degli Effetti, chirurgo plastico e ricostruttivo a Roma, presso la Casa di Cura Paideia. Per lo specialista è doveroso raccogliere sia una storia clinica della paziente, sia le vere motivazioni che stanno spingendo la signora all’intervento, per identificare se i desideri sono tecnicamente realizzabili e soprattutto idonei e corretti per ottenere una vera armonia e natu-

ralezza, obiettivi fondamentali per avere poi il risultato migliore. Si effettua quindi una visita medica, spiega Degli Effetti, per valutare le condizioni generali della paziente e un esame obiettivo della zona interessata, in questo caso la regione mammaria, così da valutare le particolarità, i pregi e i difetti specifici del caso. Con il quadro soggettivo ben chiaro si ascoltano le aspettative e i desideri della paziente, si consiglia cosa è meglio per lei, per le sue caratteristiche corporee e per il suo stile di vita. Esistono materiali più idonei per ogni singolo caso, racconta il dottor Degli Effetti: dalle protesi tonde, che sono costituite da un gel di silicone molto morbido al tatto, a quelle anatomiche, che hanno una forma a goccia e conferiscono alle mammelle una profilo anatomico molto naturale, che va a riempire il seno come la natura avrebbe dovuto farlo, fino a quelle anatomiche “soft touch”, che hanno anch’esse una forma a goccia e riempiono il seno in modo proporzionato, assecondando e imitando la natura, ma hanno una viscosità e quindi una consistenza morbida al tatto, grazie alla coesività del gel che le costituisce. Tutte possono essere inserite sia per via sottomammaria, sia per via emiperiare,olare inferiore, ovvero incidendo nel punto di passaggio di colore dall’areola alla cute. Secondo il dottor Degli Effetti è questa la via esteticamente più valida. Le protesi possono poi essere posizionate sia in sede sottoghiandolare sia sottomuscolare, a seconda delle necessità dei singoli casi. Tuttavia, spesso si usa un compromesso fra le due tecniche che consente di sfruttare i pro dei due sistemi e di ridurne al minimo i contro. Valter Degli Effetti chiarisce anche le complicanze principali di questo intervento, che sono le possibili infezioni, (evento per fortuna raro e

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prevenibile con una corretta profilassi antibiotica), e la contrattura capsulare, il così detto “rigetto della protesi”, che consiste in una reazione naturale dell’organismo che isola i corpi estranei, siano essi una spina di rosa o una protesi mammaria. Tuttavia, talvolta questa reazione normale e gradita dell’organismo può essere eccessiva ed allora la capsula va a costringere la protesi. Grazie ai nuovi materiali e alla testurizzazione della superficie delle recenti protesi, anche questo evento si verifica raramente. Prima dell’intervento devono essere comunque eseguite analisi cliniche e un ecografia mammaria. L’operazione viene generalmente effettuata con un tipo di anestesia generale, cosiddetta leggera, ovvero con farmaci che vengono smaltiti molto rapidamente, addirittura nel giro di qualche ora, tanto da rendere teoricamente possibile la dimissione in giornata, anche se si preferisce far trascorrere una notte di degenza in ospedale o in clinica. Dopo l’intervento è opportuno mantenere un periodo di attenzione di un paio di settimane di astensione dalle attività sportive. Per rispondere poi alle domande più frequenti, conclude il dottor Degli Effetti, diciamo che la presenza di protesi mammaria non impedisce e non condiziona i normali controlli ai quali ogni donna deve sottoporsi periodicamente. Generalmente è possibile un eventuale allattamento. Un seno con protesi non ha maggiori possibilità di sviluppare patologie rispetto ad uno senza. Le protesi non hanno il timer e, sebbene vadano controllate nel tempo, non hanno la scadenza a dieci anni come erroneamente si vocifera. Il seno di una donna con protesi non è assolutamente freddo, e se vengono rispettate correttamente le individuali indicazioni è un segreto che può rimanere tale. E poi non scoppiano in aereo…


For magazine SCATTI di Bruno Oliviero

LE MISS PIù BELLE

Virginia Robatto

Maria Di Benedetto

Virginia Robatto, Maria Di Benedetto, Luisa Vattiato, Meghi Galo sono quattro splendide modelle che hanno sfilato e ricevuto un premio nel concorso di bellezza “Miss Ragazza Fashion 2011”, patrocinato da Franco Di Maria. Io sono stato il presidente di giuria e, data la mia grande esperienza in questo ambito, ho rite-

nuto che incarnassero al meglio la bellezza mediterranea e le ho volute protagoniste di un mio calendario per il 2012, di prossima uscita, intitolato “Le Miss più belle”.

Virginia Robatto, di Terni, è una ragazza intrigan-

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For magazine

Luisa Vattiato

Meghi Galo

te ed esplosiva che ha rappresentato la sua regione con grande successo. Maria Di Benedetto, siciliana di Palermo, mi ricorda una famosa canzone: Sei bellissima di Loredana Berté. Luisa Vattiato, anch'essa palermitana, è stata eletta Miss Ragazza Fashion 2011. Per me ha tutte le qualità per poter realizzare il suo sogno di fare la fo-

tomodella.

Meghi Galo è una ragazza toscana bella e frizzante

che di questo concorso farà sicuramente il suo trampolino di lancio. Ognuna di loro ha qualcosa che affascina. Indubbiamente, nonostante la loro giovane età, hanno tutti i numeri per poter realizzare i propri sogni e sfondare nel mondo dello spettacolo.

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For magazine

SPECI A LE CORTINA

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For magazine

a n i t cor

Cristallino Indirizzo storico della bella vita ampezzana, il Cristallino è un locale cult per l’aperitivo e il buffet dopo una giornata passata sulle piste da sci. Ma la sera si trasforma in un privilegiato ritrovo per stare in compagnia con dell’ottima musica, grazie anche alla ricca area ristoro per i clubber più affamati. Il locale, infatti, è famoso anche per i suoi sandwich e spuntini notturni davvero imperdibili. Per il cenone di Capodanno si è riempito di star, personaggi noti e figli illustri di politici. Fino a notte inoltrata è rimasto gremito di gente desiderosa di festeggiare il nuovo anno in modo sfarzoso.

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a n i cort

Lp 26

L’avvio dell’attività invernale di LP26 è ripresa all’insegna di una formula in grado di assicurare ristoro, accoglienza, musica e divertimento alla sua clientela esclusiva. Amato dai giovani e affollato a qualsiasi ora della giornata è, infatti, un luogo che offre aperitivi, pranzi a base di salumi e cene con i piatti della tradizione. Serata speciale per il Capodanno: ad animarla tanti ospiti stranieri, soprattutto americani, e facoltose personalità italiane che hanno cenato nei locali riservati. Tra gli ospiti illustri anche il vincitore della decima edizione del Grande Fratello Mauro Marin.

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a n i t cor

Hotel Cristallo Nel cuore di Cortina sorge il Cristallo Hotel Spa & Golf, frequentato da una clientela illustre che sceglie questo hotel per il suo stile peculiare, esibito in 74 camere di cui 22 suite. Per il Capodanno il programma ha previsto una cena di gala nel ristorante “La Veranda del Cristallo” con la musica del trio Smoma che per l’occasione ha presentato la raccolta “Music Collection”. Le danze sono andate avanti fino alle 3.30 di mattina. Alla serata è intervenuta anche Tina Turner che alloggiava nella Presidential Suite, ed erano presenti diverse personalità importanti, inclusi politici provenienti da ogni parte del mondo.

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Vip Club

Uno dei luoghi più blasonati di Cortina, il Vip Club è il posto più “in” dove si intrattengono i personaggi famosi dello spettacolo, dell’alta società, dell’imprenditoria nazionale e internazionale. Per festeggiare il Capodanno il celebre locale si è messo in ghingheri e ha aperto le porte a tutti gli amanti della dolce vita cortinese, con una cena di gala esclusiva e raffinata in tipico stile Vip. Una notte di emozioni per vivere realmente la mondanità descritta da Vacanze di Natale a Cortina, con ospiti di eccellenza tra cui anche alcuni attori del film che ha in Christian De Sica la sua star indiscussa.

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Bilbò Club

Considerato da molti il locale più elitario d’Italia, luogo d’incontro del jet set, il Bilbò è la discoteca cult dove personaggi famosi e turisti da tutto il mondo rimangono meravigliati per l’eleganza degli arredi e per gli impianti innovativi che offre. Ogni sera alla console si alternano i più esperti dj del territorio coi brani più trendy e le musiche remixate per far ballare il selezionato pubblico. Grande show per la notte di Capodanno con la presenza nel locale di numerosi vip, tra i quali il giornalista Fabio Palazzi. 119 For Magazine


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Per la notte di Capodanno tutti a ballare all’Hollywood! La celebre discoteca, che già aveva ospitato il Christmas Party con i vip e il compleanno del tronista Cristiano Angelucci, ha offerto questo e molto altro al suo pubblico d’élite. Infatti, per la festività di San Silvestro nel locale si è potuto giocare fino all’alba del nuovo anno... E i giochi sono proprio quelli dei casinò internazionali con tanto di sexy croupier. Titolo del party: The Hollywood Casino New Year’s Eve Ball. Il pubblico si è cimentato con le classiche slot machine e con il poker texas hold’em. Coreografie impreziosite da go go girls a tema. Da poco nel locale si è tenuta anche la presentazione del calendario della splendida Amanda Fox.

Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

Hollywood

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1 1Clubroom

Alla storica discoteca 11 Clubroom in Corso Como, punto di riferimento di alta classe della Milano by night, si è svolta una grandiosa serata per celebrare i festeggiamenti del compleanno di Anthony Russo, importante figura imprenditoriale nel settore delle arti e dello spettacolo. Gioiosa e divertente l’atmosfera durante il birthday party rigorosamente glamour, che ha visto la partecipazione entusiasta di personaggi noti. Musica, balli e sano divertimento per le migliori nottate milanesi: questo è ciò che 11 Clubroom offre abitualmente al suo esclusivo e straordinario pubblico. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

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Sempre più magiche, intriganti, enigmatiche le serate al The Club firmate dallo spettacolo unico offerto dalla one-night Fidelio, che da più di dieci anni coniuga il gusto del bello e dell’innovazione con la tradizione tipica dell’intrattenimento all’italiana. Migliorare la qualità del divertimento è la prima missione del gruppo Fidelio, capace di garantire dance show con i suoi ballerini e musica di alto livello con vocalist, cantanti e dj di indiscusso talento. Di recente il martedì notte è stato animato dall’Happy Christmas Party + Happy B-Day con Franco Moiraghi. Ma ancora più elegante ed esclusivo è stato il gran gala di Capodanno. ©Bruno Photo

The Club

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Just Cavalli La location milanese dello stilista Roberto Cavalli ha festeggiato da poco i compleanni dell’ex gieffino Giuliano Cimetti, di Michela Morellato e dell’imprenditore Alessandro Piva. La discoteca si è presentata, poi, all’appuntamento di San Silvestro con un look elegante, per soddisfare le esigenze della sua clientela. Il cenone di gala proposto dal Just Cavalli ai suoi ospiti ha previsto un menù ideato dallo chef Fabio Francone, basato sui sapori mediterranei della cucina italiana. Colonna sonora della serata affidata ai dj resident, per accompagnare la cena e allietare il countdown fino alla mezzanotte, con il classico brindisi e l’apertura delle danze notturne.

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Tropicana

Divertimento, passione, spettacolo e musica sono di casa durante le serate esclusive targate Tropicana. Ancora di scena la selezionata musica latina, che accompagna ogni martedì, giovedì e domenica gli eventi più frequentati, e l’innovativo appuntamento del sabato sera con musica house e colonne sonore anni ’70, ’80 e ’90. Tre piani completamente rinnovati offrono ad un pubblico d’eccezione uno stile ed un’immagine inimitabile. Non solo: Tropicana si definisce anche Disco Teatro, ed è il primo luogo in Italia che ha le strutture per convertirsi in un vero teatro con palcoscenico e backstage. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia

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Smoking Kills Club

Ispirato ai club più famosi di Londra, Parigi e Berlino, è arrivato anche a Milano lo Smoking Kills Club. Da un’idea di Andy Ferretti, dj creatore di alcuni fra i migliori party milanesi, il locale vuole essere un punto di riferimento per la musica, l’originalità e la trasgressione. Diverse tipologie di serate rendono la programmazione riconoscibile: l’unica missione è quella di creare qualcosa di nuovo. Un pubblico sempre diverso ed esigente infiamma gli appuntamenti alternativi: giovedì e venerdì a tema; il sabato notte si anima con le serate Club NME, dove le hit del momento danzano con gli ineguagliabili classici. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

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Serata insolita e raffinata, dedicata ad un pubblico elegante e glamour: il venerdì sera Privè Night di Tocqueville è il ritrovo più energico e dinamico di Corso Como. Non solo ottima musica house e commerciale, ma anche personaggi dello spettacolo e tanto divertimento, in una location sempre attenta alle nuove tendenze, con la partecipazione di importanti dj e ospiti acclamati. Luogo trasformista per eccezione è caratterizzato dalle ultime ispirazioni del fashion system ed è capace di ospitare, serate sempre innovative dalla diversa tipologia, proiettate verso l’avanguardia ed il futuro. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

Tocqueville 13

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Il party red più esclusivo, trasgressivo e sfrenato delle notti milanesi è tornato! “XXX” the sensual side of Maison Rouge, la sensualità e il fascino diventano emozione e sensazione. A rendere l’evento ancora più travolgente, il favoloso show Maison Rouge con le performaces acrobatiche degli artisti professionisti del Cirque Du Soleil, fra cui trasformisti, ballerini e streep men. Scenografici anche gli allestimenti e decisamente perfetta la musica dei migliori dj internazionali. Durante lo scorso appuntamento, ecco in scena la vocalist Alexandra singer e i battiti musicali di Simon S e Giusy Dee. Fotografie di JulitoJavier Villacorta Plasencia.

La banque

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