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Pag Fausto Masnada. sogno di vincere al Tour

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SOGNO DI VINCERE AL TOUR

Ph. Sergio Ness - Francisco Malenchinii

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Deciso. Determinato. Per lui il ciclismo è tutto da quando aveva sei anni. Oggi Fausto Masnada, “Masna” per gli amici, è una brillante realtà del ciclismo nazionale. Un infortunio lo ha messo ko in estate dopo una bella prestazione al Giro d’Italia ma la sua rinascita è iniziata con il secondo posto al recente Giro di Lombardia. Sogni tanti ma con i piedi sui pedali.

Allora Masna come hai iniziato ad amare il ciclismo? “È una amore nato presto. All’età di sei anni grazie alla spinta di un amico, Luca amico ancora oggi, che aveva iniziato qualche mese prima di me a frequentare la pista di Brambilla. Così, un giorno, insieme a lui, sono andato a provare il circuito dove si allenavano le squadre dell’associazione Pedale Brembillese. Da allora è nata per me una grande passione e le prime gare, andarono subito molto bene… Il mio amico Luca, ha smesso quando l’ho battuto tre volte di fila. Si è dato al calcio ma è sempre un mio grande supporter”.

Cosa avresti voluto essere se non un corridore? “Rispondere non è facile… Come dicevo, ho iniziato a pedalare a sei anni e ho sempre avuto l’obiettivo di diventare un professionista. Ho comunque proseguito un percorso di studi, mi sono diplomato, ma non ho mai pensato a cosa avrei voluto fare di diverso. Sono sempre stato concentrato sull’unico obiettivo di diventare professionista e non ho pensato ad altro fino a quando ci sono riuscito… Solo negli ultimi tempi ho cominciato a pensare a cosa fare dopo le gare in bicicletta. Quando ero più giovane questa preoccupazione non c’era, subentra adesso. Si matura e si capisce che il ciclismo è una cosa passeggera poi… ci sarà un’altra vita”.

Cosa ti piacerebbe fare? “Ho tanti progetti in testa ma niente di concreto. Mi piace molto leggere ed essere informato su tutto. Mi piace stare con le persone, conoscere cosa fanno nella vita, capire altre realtà. Sono curioso e socializzo sempre volentieri per conoscere nuovi universi al di là delle corse in bici”.

La tua prima bicicletta? “Penso che avesse il peso di quella che utilizzo ora, anche se le dimensioni sono cambiate parecchio.... Era una bici da bambino che ci veniva fornita dalla Pedale Brembillese insieme al casco, alle scarpe, le maglie… Ci davano tutto. Mi ricordo che aveva ancora la leva del cambio sul canotto e bisognava staccare le mani dal manubrio per poter cambiare rapporto, poi c’erano tutti quei cavi in giro quelli dei freni, del cambio. Era una bici vecchia, era azzurra, più vicino al blu, con la scritta Pedale Brembillese”.

Quando hai capito che avevi le carte giuste per diventare professionista? Quale molla è scattata? “La voglia di arrivare e il desiderio di dimostrare a me stesso che potevo farcela. La cattiveria, la determinazione la puoi mettere solo tu. Dopo i tutti i sacrifici, avendo dato il meglio di me e sfruttando l’occasione giusta ho capito che ci sarei potuto arrivare. Sono i risultati nelle categorie giovanili che ti portano verso il professionismo, non ti resta che spingere sui pedali ad ogni gara come se fosse l’ultima, aspettando che ci si accorga di te e arrivino la squadra ed il contratto.

Una tua giornata tipo “Varia molto e dipende dal periodo in cui ci troviamo ma, nel 50 % dei casi mi sveglio tra le sette e le otto. Inizio con 40 minuti esercizi, poi la colazione che varia a seconda del tipo di allenamento che dovrò affrontare. In sella per 4-6 ore perché chi affronta le grandi gare a tappe deve avere grande resistenza. Dalle 10 del mattino fino alle 2 del pomeriggio. Si pranza senza mai saltare i pasti poi un riposino, il massaggio e arriva già il momento della cena. Le giornate volano”.

Chi ti conosce e ti vede correre capisce l’importanza dell’atteggiamento mentale… “A livello di potenza non c’è molta differenza tra i corridori migliori, la differenza la fa la testa. Tutti si preparano al meglio ma i risultati si hanno tra chi riesce a ‘tenere’ con la testa”.

Inizia la carriera nel Pedale Brembillese, squadra ciclistica di Val Brembilla, in provincia di Bergamo. Poi tra i dilettanti con il Team Colpack ottiene alcuni successi, tra cui spicca il Piccolo Giro di Lombardia; dopo essere stato stagista per la Lampre-Merida nell’agosto 2016, passa professionista nel 2017 con l’Androni Giocattoli di Gianni Savio.

A fine stagione si mette in luce cogliendo il terzo posto nella classifica generale del Presidential Cycling Tour of Turkey. L’anno successivo, in seguito ad un terzo posto al Giro dell’Appennino, debutta in un grande Giro partecipando al Giro d’Italia di inizio maggio, concludendolo al ventiseiesimo posto; nelle battute conclusive dell’annata conquista l’ottava tappa e la classifica generale del Tour of Hainan.

Nel 2019, in seguito ad un buon avvio di stagione, conclude al terzo posto finale il Giro di Sicilia di inizio aprile. A fine mese vince invece la terza tappa del Tour of the Alps con un’azione da finisseur, ripetendosi nella quinta, al termine di una lunga fuga, conclude inoltre quinto nella classifica generale. Dopo aver ottenuto anche un secondo posto al Giro dell’Appennino, vinto dal compagno di squadra Mattia Cattaneo, partecipa al Giro d’Italia: nella sesta tappa, inseritosi nella fuga di giornata, si aggiudica la volata a due con Valerio Conti sul traguardo di San Giovanni Rotondo, ottenendo al contempo la sua prima affermazione in un grande Giro. Nel prosieguo della Corsa rosa si mette spesso in mostra con altre fughe da lontano: grazie a una di esse riesce a transitare per primo in solitaria sul Passo Manghen della ventesima tappa, conquistando così la Cima Coppi dell’edizione. Ventesimo nella generale finale, racimola ulteriori terzo e quarto posto parziali, finendo in testa nelle classifiche dei traguardi volantie della Combattività. Nel 2020 sarà 9°al Giro d’Italia mentre nel 2021 un infortunio lo fermerà alla 12 tappa. Atleta con una grandde potenziale che vedremo ancora crescere. Quest’anno è arrivato secondo al Giro di Lombardia con una grande prova di carattere.

Ti ritieni un corridore di corse a tappe o ti esprimi meglio nelle classiche di un giorno? “La squadra crede nelle mie potenzialità e penso che vogliano portarmi ai grandi giri. Credo che sia il meglio per me. A cronometro devo fare ancora degli step… Presto potrò disporre anche di un manubrio personalizzato che può aiutarmi a migliorare. Non ho mai vitsto il cronometro come una priorità ma, da quando sono alla Deceuninck, ho iniziato a vedere la cosa con un’altra ottica. Avevo anche iniziato per il verso giusto poi ci sono stati degli infortuni che hanno rallentato i programmi di preparazione. L’obiettivo è comunque quello di migliore alle cronometro perché spesso, le corse di una settimana, si vincono con i due-tre secondi guadagnati nella corse contro il tempo”.

Come hai vissuto gli infortuni che hai avuto? “Sicuramente quando capita un infortunio c’è sempre qualcosa da imparare. Se si cade si prendono in esame le dinamiche delle cadute per capire se si sono commessi errori… Quando mi è venuta la tendinite al Giro d’Italia, ho cercato di capire cosa fosse successo e perché mi era venuta l’infiammazione per cercare di migliorare quell’aspetto. Quando sono “rientrato” mi sono dato le risposte e la mia condizione in generale è cresciuta. L’infortunio è un parametro che rafforza noi stessi: si diventa consci del fatto che anche se cadiamo, con la giusta filosofia, possiamo ritornare a correre. Aumenta la consapevolezza.

Parliamo del secondo posto all’ultimo Giro di Lombardia? “Non è una corsa facile da dimenticare. Non avevo la certezza di correre fino a pochi giorni prima, perché essendo una squadra così forte, è anche difficile scegliere quali corridori schierare. Però in questa squadra si ragiona bene e si valuta chi merita il posto e perché. Chi è andato forte nelle gare precedenti, in modo meritocratico, viene iscritto alla corsa. Io sono riuscito ad raggiungere buoni risultati nelle gare che hanno preceduto il Lombardia e sono stato selezionato. È stata una gara pazzesca fino alla fine. Tutto il giorno ho sentito il sostegno e il calore della gente che mi ha dato la spinta in più per andare oltre il limite e non sentire la fatica. Il passaggio più bello è stato sicuramente quello della Boccola. Era come essere in uno stadio e mi sono meravigliato di emozionarmi così tanto nonostante stessi facendo una gran fatica. Era una strettoia in mezzo alla gente che urlava... davvero emozionate. Anche quando riguardo il video mi emoziono.

Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare professionisti come te? “Non è facile sbiliaciarsi nel dare consigli ai giovani. Ho notato che c’è fretta di passare presto al professionismo, di diventare subito qualcuno, un corridore importante: Ritengo che il livello nel professionismo sia davvero elevato come è giusto che sia per cui si corre anche con uomini veri che hanno raggiunto la maturità sportiva e hanno grande esperienza. Per cui anche se, nelle categorie giovanili si vince tanto non è la stessa cosa. Lì si corre con avversari della stessa età. Bisogna avere pazienza, accettare un po’ di gavetta.”.

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