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ANA ZADNIK

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OIO VIVO

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Foto: Sanjin Kaštelan / Start

ANA ZADNIK AUF DEM MINI DIE UNTERSCHRIFT AUS RIJEKA UNA MINI FIRMATA RIJEKA

Ana Zadnik diplomierte in Laibach Bildhauerei und absolvierte das Studium auf dem berühmten Royal College of Art. Heute designt sie eines der legendärsten Autos der Geschichte Ana Zadnik si è laureata in Scultura a Lubiana per poi proseguire e portare a termini gli studi presso il prestigiosissimo Royal College of Art di Londra. Attualmente la sua attività è tutta concentrata sul design di una delle auto più leggendarie della storia.

Im Mädchenalter spielte sie nicht mit Autos und klebte keine Poster von Ferrari und Porsche auf die Zimmerwände. Ana hatte es auch damit nicht eilig, sich hinter das Lenkrad eines Autos zu setzen. Die Führerscheinprüfung machte sie erst nachdem sie bereits das Diplom im Studium der Bildhauerei an der Kunstakademie in Laibach in der Tasche hatte. Trotzdem, in die Welt der Autos tauchte sie nicht zufällig ein. Da bambina non giocava con le macchinine né tantomeno incollava poster della Ferrari e della Porsche sui muri della sua cameretta. Ana Zadnik, infatti, non aveva fretta di mettersi al volante di una macchina. Non a caso, ha preso la patente soltanto dopo essersi laureata in Scultura presso l'Accademia delle Belle Arti di Lubiana. Tuttavia, questo non significa che sia entrata per caso nel mondo delle auto.

- Ich hatte nie eine besondere Vorliebe für Autos. Betrachtet habe ich sie als Design- und Engineeringobjekte. Mein Diplom als Bildhauerin war das Resultat meiner Begeisterung für physische schöpferische Tätigkeit und das Design hat mich immer schon interessiert in allen seinen Bereichen, von der Mode bis zur Architektur und Möbeln. Während meines Studiums hatte ich die Gelegenheit einige Studiengänge im Rahmen von Studentenaustauschen innerhalb der Europäischen Union zu besuchen und diese waren alle im Bereich des Automobilengineerings. Meine Absicht war das nicht. Rein zufällig wurde ich in diesen Studiengängen aufgenommen, aber als ich diese drei Interessenszweige zusammengefügt hatte, kam mir die Idee vom Automobildesign als die Tätigkeit, die bei mir all das was ich gerne tue und alle Bereiche in welchen ich auch das Wissen in den Jahren des Studiums mir angeeignet habe, vereinen würde. So erläutert uns die aus Rijeka gebürtige Designerin ihren Lebensweg, der sie nach München geführt hat, wo sie seit sechs Jahren lebt und in der Mini –Designabteilung arbeitet. Der entscheidende Moment für Anas berufliche Fachrichtung kam im Jahr 2005, als sie, dank ihrer vorzüglicher Resultate während des Studiums (im Jahr 2003 bekam sie den Prešern Preis, die höchste Auszeichnung der Universität Laibach) den Anspruch auf ein Stipendium der slowenischen Regierung für die Inskription an der Königlichen Kunstfakultät in London, an dem berühmten Royal College of Art, erlangte. Während des Studiums in London verbrachte sie zwei Monate in Japan, genauer gesagt bei Toyota, wo sie einen Spezialisierungslehrgang absolvierte. Das prestigeträchtige Diplom öffnete ihr anschließend das Tor zu Renault Nissan Konzern, sodass sie in den nachfolgenden fünf Jahren in Bukarest, Barcelona und Paris lebte und arbeitete. Ihre professionelle Engagiertheit führt sie 2012 weiter zum Konzern Jaguar - Land Rover «Non ho mai nutrito una particolare passione per le auto. Le ho sempre viste esclusivamente come oggetti di design e ingegneria. La laurea in Scultura è stata il risultato di un amore per la creatività fisica, mentre il design mi ha sempre interessata in tutti i campi, dalla moda, all'architettura passando per l'arredamento. Durante gli studi ho avuto l'opportunità di partecipare a diversi scambi studenteschi all’interno dell'Unione Europea e tutti avevano per tema quello dell'ingegneria automobilistica. Ciò, tuttavia, non era fatto apposta. Anzi, al contrario, il fatto di essere ammessa a corsi che avessero per tema proprio questo argomento, è stato del tutto casuale e fortuito. Tuttavia, una volta messi insieme tutti e tre questi campi, si è cominciata ad affacciare l'idea del design automobilistico come un lavoro che unisse tutto ciò che amo fare e in cui avevo avuto l'opportunità di acquisire conoscenze nel corso di diversi anni di studio». Queste sono le parole con cui ci racconta la sua vita una donna di Rijeka (Fiume in italiano, N.d.T.) che vive a Monaco da sei anni e che lavora nel dipartimento dedicato al design della Mini. Il momento chiave per l'orientamento professionale di Ana è arrivato nel 2005 quando, grazie agli ottimi risultati conseguiti negli studi (nel 2003 è stata vincitrice, ad esempio, del Prešeren Student Award, il massimo riconoscimento conferito dall'Università di Lubiana), ha avuto diritto a una borsa di studio da parte del governo sloveno grazie alla quale si è potuta iscrivere alla Royal College of Art di Londra. Durante gli studi londinesi, ha avuto modo di specializzarsi ulteriormente grazie ad un periodo di due mesi trascorsi in Giappone, nello specifico alla Toyota. Al ritorno e una volta conclusi gli studi, è stata proprio la sua prestigiosa laurea ad aprirle le porte della società Renault Nissan che l’hanno portata per i successivi cinque anni a vivere e lavorare prima a Bucarest, poi a Barcellona e infine a Parigi. Il suo impegno professionale nel

Außer für Autos interessiere ich mich für die Architektur und die schöpferische Tätigkeit in der Bildhauerei und Malerei. Da ich an der Kunstakademie die Fachrichtung Bildhauerei studiert und diplomiert habe, fehlen mir die Unordnung und die Kreativität eines Künstlerateliers, Schweiß- und Schneidgeräte, Meißel und Hämmer. Oltre alle auto, nutro un forte interesse anche per l'architettura e per la pittura scultorea. Essendomi laureata presso l'Accademia delle Belle Arti, indirizzo Scultura, mi mancano quel casino e quella creatività che sono tipici di un atelier d'arte, così come mi manca poter avere tra le mani una saldatrice, una macchina da taglio, uno scalpello o un semplice martello.

und zwei Jahre später übersiedelt sie in die Hauptstadt Bayerns wo sie zunächst als freie Mitarbeiterin bei der BMW Gruppe tätig ist um dann 2015 ständiges Mitglied der Designabteilung zu werden, der Abteilung die für die Inneneinrichtung des Mini zuständig ist.

All diese Jahre arbeiteten Sie überwiegend an den Inneneinrichtungen von Automobilen, allerdings bei sehr verschiedenen Unternehmen. Gibt es denn noch immer nationaldefinierte Designschulen, wie zum Beispiel die italienische, französische, deutsche Designschule? Oder ist etwa diese klassische traditionelle Teilung mittlerweile verschwunden?

- Ich glaube, dass der Stil im Design noch immer den Staaten entsprechend klassifiziert werden kann. Das was für die deutsche Schule von Bedeutung ist, wäre z. B. in der britischen oder schwedischen Schule ziemlich unterschiedlich konzipiert und umgekehrt. Deswegen bin ich der Meinung, dass es wünschenswert ist, im Büro eine internationale Atmosphäre zu haben. Jede Schule leistet ihren Beitrag mit der eigenen Qualität und das Design wird durch das Kreieren von verschiedenen Stilisten im Laufe seines Entstehungsprozesses mehrfach bereichert.

Die Kunst und die Künstler werden oft durch ausgeprägte individuelle und besondere Eigenschaften charakterisiert, während das Designen moderner Autos ein Teamwork ist. Wie schaffen Sie es diese Gegensätze zu vereinen?

- Ich glaube, gerade das fällt vielen Designern nicht leicht. Man muss balancieren zwischen den individuellen und den kollektiven Beiträgen. Im Automobildesign gibt es innerhalb des Prozesses einen Abschnitt (die erste kreative Phase), in dem die Hauptidee ein Ergebnis der individuellen Arbeit ist. Es ist eigentlich ein Wettbewerb, der zwischen den einzelnen Designern stattfindet und nur ein oder zwei Designer werden dann ausgewählt um an dem Projekt weiterzuarbeiten. Das heißt, es existiert eine Phase der persönlichen Kreativität und hier kann man Parallelen zum kreativen, schaffenden Künstler ziehen. Dieser kreativen Phase folgt eine Phase in der sich eine große Anzahl von Personen dem Projekt anschließt, auch jene Personen, die davor noch Konkurrenz waren. Das bedeutet – der Egoismus hat hier keinen Platz, denn letztendlich ist das dann doch Teamarbeit. Manchmal ist man der Sieger, manchmal der Verlierer, am wesentlichsten ist aber, gute Beziehungen zu den Anderen zu pflegen und emotionale Sprünge zu vermeiden. 2012 l'ha fatta approdare al Gruppo Jaguar-Land Rover e due anni dopo si è trasferita nella capitale bavarese dove ha iniziato come collaboratrice esterna per il gruppo BMW. Nel 2015 è diventata membro permanente del dipartimento di Interior Design della Mini.

In tutti questi anni ha lavorato principalmente agli interni delle auto, ma in ambienti molto diversi tra loro. Esistono ancora scuole di design con un segno nazionale ben riconoscibile come possono essere quella italiana, francese, o tedesca oppure questa divisione è ormai pressoché scomparsa?

«Penso che lo stile nel design e le modalità di funzionamento possano ancora essere classificati in una certa misura in base al Paese. Ciò che è significativo per la scuola tedesca sarebbe concepito in modo completamente diverso, ad esempio, dalla scuola britannica o svedese e viceversa. Ecco perché penso che sia particolarmente auspicabile avere un'atmosfera internazionale in ufficio. Ciascuna scuola è portatrice di determinate e specifiche qualità, e il design si arricchisce sempre di più se viene realizzato con stili diversi nel corso dell’intero processo realizzativo».

L'arte e gli artisti sono molto spesso caratterizzati da una spiccata personalità individuale, mentre il design di un'auto moderna è il risultato di un lavoro di squadra. Come riesce a conciliare questi due aspetti apparentemente opposti tra loro?

«Non credo sia facile per molti designer che si trovano ad operare in contesti di questo tipo. Occorre trovare un buon equilibrio tra contributo individuale e contributo collettivo. Nel design automobilistico esiste un periodo all'interno dell’intero processo (la prima fase, ovvero quella creativa) in cui l'idea generale è il risultato del lavoro di singoli individui. Dopodiché scatta, in qualche modo, una seconda fase prettamente più competitiva in cui si è l'uno contro l'altro, e alla fine solo 1 o 2 vengono scelti per continuare a lavorare al progetto. Esiste, dunque, quella che può essere definita la fase della creatività personale e in questo è possibile tracciare un parallelo con la figura dell'artista creativo. Segue poi la fase in cui un gran numero di persone aderisce al progetto, anche quelle che in precedenza erano concorrenti. A questo punto non c'è più posto per l'egoismo perché si tratta pur sempre di un lavoro di squadra; a volte si vince e a volte si perde, ma la cosa più importante è mantenere buoni rapporti con tutti senza farsi sopraffare dalla componente emotiva».

Nach der Pensionierung widmete sich Walter de Silva dem Schuhdesign, Bruno Sacco dem Design von Wasserhähnen. Ihre Karriere hat erst begonnen, aber gibt es jetzt bereits Gebiete in welchen Sie es auch versuchen möchten?

- Neben meiner jetzigen Tätigkeit gibt es zwei Gebiete, die mich ganz besonders interessieren. Das eine ist die Architektur, insbesondere kleinere architektonische Einheiten – „micro living space“, inspiriert durch meinen Aufenthalt und das Studium in Japan, wo ich einige Monate in einer solchen Wohneinheit gelebt habe. Das zweite Gebiet ist die bildhauerisch - malerische schöpferische Tätigkeit. Da ich an der Kunstakademie die Fachrichtung Bildhauerei studiert und diplomiert habe, fehlen mir die Unordnung und die Kreativität eines Künstlerateliers, Schweiß- und Schneidgeräte, Meißel und Hämmer. Ich würde gerne zu dem zurückkehren, vielleicht wenn ich im Ruhestand bin.

Volvo und BMW waren unter den ersten Großunternehmen, die Frauen eine Chance boten, allerdings erlebt man das Automobildesign noch immer als eine Männertätigkeit. Welche Erfahrungen haben Sie gemacht?

- Ich denke, dass heute eine Großzahl der Automobilkonzerne im Design eine annähernd gleiche Anzahl von Männern und Frauen beschäftigt, solange es sich nicht um eine körperlich herausfordernde Arbeit handelt. Das Automobildesign ist auf keinen Fall eine körperlich herausfordernde Tätigkeit. Sogar im körperlich herausforderndsten Teil der Arbeit, dem Erstellen eines 1:1 Modells aus Tonerde, werden Männer und Frauen verhältnismäßig gleich beschäftigt. Das Geschlecht ist nicht wichtig, wichtig sind eine gute Ausbildung und die Kreativität. Hie und da habe ich in Unternehmen gearbeitet, in welchen keine Frauen beschäftigt waren, aber in den letzten 15 Jahren hat sich vieles hier verändert und es wurde eine Balance zwischen den Geschlechtern erreicht. Ich glaube sogar, dass alle in einer gemischten „Atmosphäre“ glücklicher sind. Dopo essere andati in pensione abbiamo visto come Walter de Silva si sia dedicato al design delle calzature mentre Bruno Sacco a quello dei rubinetti. La Sua carriera è appena iniziata, ma ci sono già dei campi in cui Le farebbe piacere cimentarsi?

«Due cose mi interessano molto, oltre al mio lavoro attuale. Uno è l'architettura, in particolare l'unità architettonica più piccola, il cosiddetto "micro spazio vitale", ispiratomi dal tirocinio fatto in Giappone quando ero ancora studentessa e dove ho trascorso diversi mesi vivendo proprio in una di queste unità. Il secondo è la pittura scultorea Essendomi laureata presso l'Accademia delle Belle Arti, indirizzo Scultura, mi mancano quel casino e quella creatività che sono tipici di un atelier d'arte, così come mi manca poter avere tra le mani una saldatrice, una macchina da taglio, uno scalpello o un semplice martello. Mi piacerebbe tornare ad occuparmi di queste cose, magari, chissà, quando andrò in pensione».

Volvo e BMW sono state tra le prime aziende a fornire un'opportunità alle donne, ma il design automobilistico è ancora percepito come un'attività prettamente maschile. Quali sono le Sue esperienze a tal riguardo?

«Penso che oggi un gran numero di case automobilistiche impieghi un numero uguale di uomini e donne nel settore del design, purché non si tratti di lavori fisicamente molto impegnativi. Tutto possiamo dire tranne che il design automobilistico sia impegnativo dal punto di vista fisico. Anche in quella che potrebbe essere considerata la parte più impegnativa dal punto di vista fisico, ovvero la realizzazione di un modello 1:1 in argilla, l’impiego di uomini e donne, in termini numerici, risulta essere alquanto paritario. Non è il sesso che conta, ma un buon livello di istruzione e di creatività. Mi è capitato di lavorare in aziende dove non c'erano altre donne, ma questo è cambiato sensibilmente negli ultimi 15 anni. Oggi è tutto molto più equilibrato, e mi sembra che tutti siano più felici quando ci si trova a lavorare in un'atmosfera che possiamo definire mista».

Die Inspiration für neue Autos hole ich mir in Ausstellungen sowohl von Studenten, als auch von bekannten Künstlern. Als Vorbild dient mir ein breites Spektrum, von der Architektur bis zum Modedesign. l’ispirazione per le nuove auto la prendo alle mostre, sia che si tratti di artisti ancora alle prime armi sia che a esporre siano nomi già acclamati. Inoltre, non ho un solo punto di riferimento, ma il mio modello è un po’ tutto, dall'architettura al fashion design.

Wen würden Sie als Vorbild auf dem Gebiet des Automobildesigns nennen?

- Ich könnte einige große Namen nennen, aber manche Modelle gefallen mir mehr als andere, manche faszinieren mich mehr, andere wiederum weniger. Ich würde eher die Ausstellungen als Vorbild und eine großartige Inspiration nennen. Und wenn ich Ausstellungen sage, meine ich sowohl die der Studenten, als auch die der bereits namhaften Künstler. Das sind Ausstellungen, die nicht direkt mit dem Automobildesign in Verbindung stehen. Als Vorbild dienen mir äußerst selten bereits vorhandene Modelle. Hier besteht die Gefahr etwas bereits Gesehenes zu wiederholen. Man muss aber trotzdem immer wieder vergleichen und aus den Erfolgen und den Niederlagen der vorhandenen Modelle lernen. Als Vorbild dient mir ein breites Spektrum, von der Architektur bis zum Modedesign.

Was halten Sie von Retro Design?

- Das Wort „Retro“ kann man nur sehr schwer im Zusammenhang mit dem zeitgenössischen Automobildesign akzeptieren, zumindest in den letzten paar Jahren. Retro hat oft den Beiklang von etwas nostalgischem oder altmodischem. Diesen Begriff verwenden wir nie bei der Erstellung neuer Modelle. Retro würde das Modernisieren eines alten, eines bereits vorhandenen Modells bedeuten, während wir im modernen Design das Erschaffen einer Novität als Ziel vor Augen haben und dabei die ikonischen Elemente eines bestimmten Modells oder einer bestimmten Marke niemals vergessen dürfen. So wird ein frisches, innovatives Erzeugnis produziert und dieses ist hauptsächlich „iconic“ und nicht „retro“.

Wie sehr fühlen Sie sich mit Rijeka verbunden und wie oft gelingt es Ihnen nach Rijeka zu kommen?

- Einmal bis zweimal im Jahr gelingt es mir nach Rijeka zu kommen und dort dann Leute, die mir nahestehen, zu treffen. Die Hälfte der Menschen, die ich gerne treffen würde, schaffe ich nicht zu sehen. Vielleicht wird die Situation in ein paar Jahren besser, denn mit zwei kleinen Kindern wird eine jede normalerweise sechsstündige Reise zu einem mehrtägigen Abendteuer. Deswegen bleiben wir derzeit hauptsächlich in Bayern. Rijeka wird immer schöner und die Stadt birgt noch viele Potentiale, sie fehlt mir oft; ganz besonders fehlen mir das Meer und die Küche meiner Mama.  Quali nomi farebbe come modello di riferimento per quanto riguarda il design automobilistico?

«Potrei nominare alcuni grandi nomi, ma come succede sempre in queste occasioni, vi sono alcuni modelli che preferisco ad altri, alcuni che mi affascinano di più, altri di meno. Ciò che preferirei indicare come modello e fonte di grande ispirazione sono le mostre, sia che si tratti di artisti ancora alle prime armi sia che a esporre siano nomi già acclamati. E non quelle direttamente legate al design automobilistico. Accade molto raramente che modelli già esistenti diventino per me modelli di riferimento. C'è sempre il pericolo di ripetere quanto già visto. Ovviamente, sarebbe sempre opportuno confrontarsi e imparare dai successi e dai fallimenti dei modelli già esistenti, ma io ho la fortuna di non avere un unico modello a cui attingere. Il mio modello è un po’ tutto, dall'architettura al fashion design».

Qual è la Sua posizione nei confronti del design vintage?

«La parola "vintage" è in realtà molto difficile da adottare quando si parla di design automobilistico contemporaneo, almeno negli ultimi anni. Il termine vintage rimanda spesso a qualcosa di nostalgico o se non addirittura desueto. Non usiamo quasi mai questo termine quando creiamo nuovi modelli anche perché significherebbe modernizzare un vecchio modello esistente mentre nel design contemporaneo l'obiettivo è creare novità senza dimenticare gli elementi iconici di un particolare marchio o modello. Ciò si traduce in un prodotto fresco e innovativo che è per lo più "iconico" e meno "vintage"».

Quanto è legata a Rijeka e quanto spesso riesce a farvi ritorno?

«Riesco a venire a Rijeka (Fiume in italiano; N.d.T.) e a vedere i miei affetti più cari almeno una o due volte l’anno, anche se, alla fine, non ce la faccio mai a vedere nemmeno la metà delle persone che avevo intenzione di andare a trovare. Forse la situazione migliorerà fra un paio d'anni, ma ogni viaggio di sei ore con due bambini piccoli dura, ogni volta, come se fosse un'avventura di più giorni! Ecco perché, per il momento, preferiamo restare per lo più in Baviera. Rijeka sta diventando sempre più bella e ha molte potenzialità. Spesso mi manca, ma a mancarmi di più sono soprattutto il mare e la cucina di mia madre». 

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