NUMERO DUE | 01 maggio 2018
cavoli tuoi... ti coltivo l'orto e tu lo raccogli
Arianna Vulpiani ha creato una nuova formula di orto biologico dedicato alle famiglie che vivono a Roma.
OSTERIA DA BORTOLINO DAL 1893 SULLE RIVE DEL PO
TRA UNA PIENA E L'ALTRA CUCINARE NELLA STORIA
THE RIVER SALOON L'AMERICA SULLE RIVE DELL'ADDA
GOOD FOOD FOR GOOD PEOPLE, IL SOGNO AMERICANO ED HAMBURGER DA MAN VS FOOD
acme srl - WWW.THEFOODGAZETTE.COM - prezzo €10 - mail:info@thefoodgazette.com
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NUMERO due | 01 MAggio 2018 RIVISTA FATTA CON PASSIONE DIRETTORE CREATIVO Gianluca Piroli DIRETTORE CREATIVO Jr Da Solo
Italiano vero
RESPONSABILE DI REDAZIONE Elena Galbusera RICERCA ICONOGRAFICA Giovanni Mecati Ilenia Carloni GESTIONE DIGITALE Cassandra Sena
FOTOGRAFI Gianluca Piroli Chiara La Rotonda Henry Conwell Samuele Apperti
ACME Srl Via Modenese 1475/b 41058 Vignola Mo +39 059 766242
8 Biofarm 12The River Saloon 18 Curiosità 20 A pranzo con il coach Davide Schioppa 26 Il Conte incontra Ricasoli 30 Osteria da Bortolino
@thefoodgazette
36 Uomo del Jack, Gigio Pesola 40 Social food 42 Design and food 46 Emilio Bosco 50 Valeria Ferrario 54 Instafood 56 La ricetta
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LASAGNE
indice
REDAZIONE Elena Galbusera Alessandro Feroldi Chiara La Rotonda Gino Campagna Da Solo
Chi non le conosce? chi non la ha mai mangiate? uno dei piatti più famosi in italia ma anche nel modo, citato già nell'antichità è il pià antico formato di pasta prodotto in italia. Viene prodotta praticamente in tutta italia anche se fra le più famose sicuramente le Lasagne alla Bolognese hanno una posizione di riguardo, fra le varie tipiche ecco alcuni nomi: - Lasagne di Carnevale - Sagne 'ncannulate - Mandilli de saea - Vincisgrassi - Lasagne bastarde - Lagane L'italia si sa, da una regione all'altra (ma anche da una provincia o paese all'altro) ha tradizioni differenti. La cultura del cibo non ha eguali in nessuna altra parte del mondo. Fateci sapere come si fanno le lasagne da voi, siamo curiosi.
su questo numero
THE RIVER SALOON
ARIANNA VULPIANI @THERIVERSALOON
Un angolo d'america sulle rive dell'Adda. Good food for good people è il claim di questo locale. Cibo a km 0, bisteccone e patatine come nei film e hamburger da "Man vs Food".
da bortolino
@ostellosteriabortolino
Roberto Naldini racconta la storia di questo posto particolare, nato nel 1893 sulle rive del Po, convive con le piene ed ogni anno si rinnova.
enrico saverio pagano @paganenrico
Direttore d'orchestra a 25 anni, probabilmente il più giovane con questo incarico. Davide Schioppa lo intervista per noi mangiando focaccia genovese a Brera.
@biofarm_orto
Ti coltivo l'orto e tu lo raccogli. Arriva l'orto bio in città dove crescere senza fatica i propri ortaggi biologici. Ecco l'idea di Arianna e della sua BIOFARM, a noi piace molto.
gigio pesola @gigiopesola
Fare il barman e fondare un’attività che rendesse onore al whiskey di Jack Daniel’s, la sua missione.
ricasoli chianti I Ricasoli producono vino dal 1141, sono i più antichi viticoltori italiani e tra le dieci imprese familiari più antiche al mondo.
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THE FOOD GAZETTE GIOVEDĂŒ 1 MAGGIO 2018 Ed eccoci arrivati al secondo numero. Da modenese adottivo (Parmigiano di nascita) ho voluto triburate un giusto spazio ad un prodotto che ritengo una delle eccellenze mondiali: Il Tortellino. Non voglio parlarne dal punto di vista del gusto, io sono un mangiatore assoluto, non ho un palato sopraffino, non sono preparato dal punto di vista culinario e ho sempre vissuto la cucina come un luogo di passaggio... ne voglio parlare dal punto di vista estetico. Il Tortellino, "al turtlein", ha una forma conosciuta in tutto il mondo, vanta piĂš tentativi di imitazione della settimana enigmistica, se lo dovessimo paragonare a qualcosa nemmeno la coca-cola reggerebbe il confronto. La sua forma dovrebbe essere brevettata e tutelata, in quanto forma, come modello d'ingegno e solamente alcune persone (rigorosamente oltre i 60 anni di etĂ ) dovrebbero essere abilitate alla sua produzione! Gianluca Piroli
@gianlucapiroli
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biofarm
orto, uova ed ora anche miele La cultura della salute arriva sotto casa. Arianna vulpiani, instancabile e geniale imprenditrice, accorcia le distanze, a centimetri 0.
Ad un anno dall’apertura dell’innovativa start up romana BioFarm Orto, che unisce il produttore e il consumatore in un progetto di alimentazione biologica naturale, la giovane imprenditrice Agricola Arianna Vulpiani ha dato il via ad altre due interessanti iniziative: BioFarm Uovo e BioFarm Miele.
giornaliere a centimetri 0.
Qui le galline sono allevate in condizioni migliori del tradizionale metodo dell’ agricoltura biologica, escludendo totalmente trattamenti con ormoni, antibiotici e medicinali di ogni genere nel rispetto della salute e del benessere degli animali. "La sicurezza del prodotto e BioFarm Uovo il benessere dell'animale sono In via Tiberina 178 a Roma, una mia grande priorità. Ho all’interno dell’orto biologico dato molto spazio all’aperto a dove “affitti una porzione di ciascuna gallina. Nello spazio orto, l’azienda lo coltiva e tu loro dedicato sono libere di raccogli i tuoi ortaggi senza al- razzolare sane e felici alimencuno sforzo”, oggi trova spazio tandosi con tutto ciò che troanche un piccolo allevamen- vano in natura e con gli ortaggi to all'aperto di galline ovaiole biologici dell'orto, con mais, (comprate da un allevatore bio- cereali e prodotti vegetali prologico), per avere uova fresche venienti da coltivazioni biologi-
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che, ho messo a punto insieme ad un’ esperto in alimentazione per avicoli una specifica tabella nutrizionale anche per loro. La salute, il benessere e l’alimentazione delle mie galline è un segreto che rende il sapore delle uova particolarmente intenso perché un' uovo è quello che mangia una gallina, un 'uovo eccellente è dato da un'alimentazione eccellente... senza compromessi" Il risultato sono uova che si distinguono per gusto, freschezza, proprietà nutrizionali, quindi prodotti nutraceutici. La raccolta e la selezione delle uova viene eseguita rigorosamente a mano, una ad una, più volte al giorno. Anche
" La  sicurezza del prodotto e il benessere dell'animale sono una mia grande priorità "
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biofarm la deposizione delle uova in questa azienda è molto particolare: vengono deposte dalle galline in appositi cassetti ripieni di paglia, con apertura dall’esterno del pollaio per facilitarne la raccolta senza disturbare gli animali. A differenza di BioFarm Orto, dove non c’è vendita diretta al pubblico, BioFarm Uovo da la possibilità a tutti di acquistare le sue uova. Basta recarsi all’Orto nei giorni e negli orari stabiliti di apertura (martedì, giovedì e sabato dalle ore 10.00 al tramonto). Da alcune ricerche americane che hanno analizzato le uova biologiche, sono stati scoperti una serie di parametri interessanti: Le uova biologiche hanno più vitamina E e vitamina A delle uova normali. Mangiando le galline erbe e comunque vegetali biologici che possono contenere vitamine in più, ci saranno più vitamine anche nell’uovo.
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“Avvicinare nuovi consumatori a un attività educativa ed ecologica è un gesto d’amore verso la natura” Le uova biologiche hanno più omega-3 delle uova normali: gli omega-3 vengono generalmente prodotti da microrganismi che fanno parte della catena della vita: un piccolo organismo che viene poi mangiato da un organismo più grande, poi mangiato da un lombrico, che viene a sua volta mangiato dalla gallina. Più omega-3 la gallina assorbe, più ne finiranno nelle uova. Le uova biologiche sono più ricche di beta-carotene: il carotene, precursore della vitamina A, è un pigmento molto comune nelle piante, in parti-
colare in quelle arancioni (è lui che gli da il colore). Mangiando bucce d’arancia, di mandarino, carote, le galline li assorbono e li “trasferiscono” nelle uova (il cui tuorlo peraltro è arancione, non giallo). Le uova biologiche hanno meno colesterolo: le galline si muovono di più, e consumano il colesterolo che producono (proprio come noi quando facciamo sport). Questo significa che ne avranno meno nel sangue, e di conseguenza ne andrà meno nelle uova. E' vero che le uova biologiche sono più costose,
ma sono migliori per la nostra salute perché apportano piccoli, ma importanti, nutrienti al nostro organismo. BioFarm Miele Altro progetto realizzato nei primi mesi del 2018 è BioFarm Miele per permettere a tutti di avere prodotti alimentari controllati e di altissima qualità come Miele, Polline e Propoli. La formula è semplice: oltre alla vendita diretta c’è la possibilità di adottare un’ Arnia con una simpatica formula che contribuisce anche alla salvaguardia di un insetto fortemente minacciato da inquinamento e pesticidi. Si adotta tramite il versamento di una piccola quota simbolica di 30 euro, ed in cambio si avrà uno sconto del 20% sui prodotti della propriaArnia e un attestato in qualità di adottante! “Adotta un’Arnia da BioFarm Miele” è un progetto che ha subito ottenuto il patrocinio dell’Aral (Associazione Regionale Apicoltori Lazio). Miele, polline e propoli saranno i frutti del duro lavoro delle amiche api.Si può scegliere il colore dell’Arnia adottata e il nome della sua Ape Regina . Insieme ad Arianna verrà scritto sull’Ar-
nia personalizzata con simboli per permettere alle api di riconoscere la propria casa. La vendita diretta è aperta a tutti, anche ai non ortisti. Questi insetti, con il loro faticoso lavoro forniscono un ottimo e salutare alimento per gli uomini e contemporaneamente aiutano la natura grazie ad una preziosissima opera di impollinazione. Un terzo della nostra dieta complessiva dipende , direttamente o indirettamente, dalle piante impollinate dagli insetti. L’ape rappresenta l’80
per cento di tutta l’impollinazione, operazione chene l’uomo ne le macchine sono in grado di replicare. Oltre a questo, da millenni con il loro instancabile lavoro ci regalano miele, polline, propoli, pappa reale e tanti altri prodotti. Come detto, oltre al miele, BioFarm produrrà anche propoli e polline: il primo importante da un puto di vista medico e biologico, per le sue qualità antinfiammatorie , antibatteriche , anestetizzanti, cicatrizzanti e disinfettanti. Il secondo importante perché è un alimento dotato di nutrienti di altissimo valore , con specifiche proprietà protettive per il nostro organismo. “Avvicinare nuovi consumatori a un attività educativa ed ecologica è un gesto d’amore verso la natura”
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theriversaloon
IL WEST SULLE RIVE DELL'ADDA T-BONE STEAK, HAMBURGER DA MAN VS FOOD, MONTAGNE DI PATATINE SEMBRA UN FILM DI JOHN FORD E INVECE SEI A LODI
Immerso nel verde della campagna lodigiana, il The River Saloon è uno dei locali cult, dove poter vivere appieno il mito della “frontiera americana”. Cuore e anima di questa bella realtà sono Mr. Aldo Binato milanese doc ma texano dalla testa ai piedi e Dario Tamisari che ha creduto fermamente in un sogno fino a realizzarlo. In comune una grande passione per il Texas, attenzione però, non stiamo parlando di un interesse generalista verso il mito del cowboy americano ma di una vera e propria passione per tutta la cultura americana, dalla musica, alle auto, dal cibo alle tradizioni fino ai cavalli. Durante l’intervista ho potuto costatare di persona quanta preparazio-
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ne in materia hanno Aldo e Dario. Grazie a questa bellissima chiacchierata ho scoperto un mondo oltreoceano fatto di tradizioni, di rispetto per le proprie radici e di orgoglio nazionale.
Se non fossi un ristoratore saresti? Sarei sicuramente un rancher o un camionista.
Come inizia la tua giornata? Nome: Aldo Per prima cosa controlCognome: Binato lo che al locale sia tutto in orProfessione:Ristoratore-Cow- dine. Poi mi dedico subito al boy barbeque. Controllo che tutto funzioni alla perfezione e che la Come preferisci essere cottura della carne sia perfetta. chiamato? L’intera giornata ruota attorno Sul lavoro mi chiamano al The River Saloon, al quale mi tutti Boss. Il mio soprannome dedico anima e corpo. invece è Bud (da Budweiser). Mi piacciono entrambi. Qual è il piatto che ti ricorda “casa”? Da piccolo sognavi di? Sono molto legato al Diventare un cowboy. Texas. Per me “casa” è lì, quindi direi il Brisket, uno dei piatti
ver” di Kevin Fowler. In Texas ci sono due religioni: il football e il bbq (tradizione per eccellenQual è il TUO piatto di battaza). Quest’ultimo è veramente glia? molto semplice da fare e anche L’Holy Trinity: un piatto a base i texani sono persone semplici di pulled pork, brisket e ribs e alla mano. Sono molto ospitali come la gente del sud ma La più grande delusiomeno espansivi come invece le ne che hai avuto a oggi nella Una persona che stimi? persone del nord. Per me sono tua professione e la più gran- Mio nonno Aldo, dal il giusto mix tra le due. Il filone de soddisfazione? La più grande delusione quale ho ereditato non solo della musica country texana si risale a diversi anni fa quando il nome ma la passione per la rivolge alle radici della loro culho aperto il mio primo locale. ristorazione e mia madre Con- tura e questo piatto è giustapSi trattava, anche in quel caso, siglia che professionalmente punto alla base della loro cucina. di un saloon. Situato in Val Staffora non Un film è mai stato com L’ a b b i n a m e n preso e poco dopo to perfetto per ho dovuto vendere. me è l’hamburLa soddisfazione è ger e “Otto seil The River Saloon. condi di gloria”, Sono riuscito a creil film biografico are un team fantastiincentrato sulla co, molto affiatato. vita dell'eroe staLa clientela è veratunitense Lane mente vasta, non Frost, il celebre sono solo appascampione del rosionati del mondo deo. Il tempo in cui country ma tutti gli un bull rider monta amanti della carne. un toro è lo stesso Il locale è tra i primi che un americano posti in Italia proprio impiega per fare per l’offerta del bbq. un hamburger. Un consiglio Un Libro per i giovani La Bibbia e l’Holy Vorrei dire ai giovani Trinity. L’abbinadi tornare a godersi mento è abbastanla vita reale, staccare la spina da internet e risco- parlando, è la reincarnazione za ovvio: la Sacra Trinità. Inolprire le tradizioni e il piacere di del nonno. Credo che la mia tre, in Texas, è d’abitudine fare stare con le persone “dal vivo”. voglia di creare attraverso il il barbeque dopo la messa. Per chi si avvicina al mondo cibo sia proprio una questioTe stesso country dico di informarsi di più ne di geni. Un’altra persona Un mio grande difetto è sulla cultura, su tutta la cultura, che stimo è Dario, il mio socio, dal cibo, alla musica ai cavalli. senza il quale non avrei potuto mangiare veloce mi abbinerei a un buon cheese burger nonoNon cadere in stereotipi poco aprire il The River Saloon. stante preferisca altri piatti. realistici. Fai un abbinamento tra Come ti vedi un doma- un piatto e: ni? Mi vedo ad allevare beUna canzone stiame in Texas dove sicura- @theriversaloon Brisket e “Texas Foremente avrò anche un ristorante. tradizionali di questo stato.
Vorrei poter guardare indietro ed essere soddisfatto della lunga strada percorsa, ma senza fermarmi. Vorrei continuare a lavorare con la stessa passione di oggi e riuscire a trasmettere il mio amore per la cultura americana attraverso il cibo.
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theriversaloon suona la punto e la ripunto fino La più grande delusioalle 8.00 quando mi alzo e vado ne che hai avuto a oggi nella tua professione e la più gran- in ufficio. de soddisfazione? Qual è il piatto che ti ri- La più grande delusione è stata quella di aver investito Come preferisci essere corda “casa”? Un piatto tipico piacen- troppi anni dietro una scrivania chiamato? tino “pisarei e fasò” (Dario si occupa della gestione Dario. e produzione di libri e dvd che Qual è il TUO piatto di escono in edicola abbinati al Da piccolo sognavi di? battaglia? Corriere della Sera e alla Gaz Di fare il cowboy. La pizza e il pane. zetta dello Sport) questo alla fine mi è servito per avere avu Se non fossi un impren Una ricetta per The to la forza economica di aprire ditore saresti? il The River Saloon che ad oggi Un agricoltore e alleva- Food Gazette Salmone in tre cotture: è la mia più grande passione e tore di bestiame. tartare di salmone, filetto di soddisfazione. Come inizia la tua gior- salmone grigliati, salmone gratinato al forno, servito con con- Un consiglio per i gionata? vani La sveglia è sempre torni di verdure grigliate. puntata alle 6.30 ma appena Di non arrendersi mai. Nome Dario Cognome Tamisari Professione Imprenditore Cowboy
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Se hanno dei sogni, devono provare in tutti i modi a realizzarli, non lasciarli chiusi in un cassetto, se ci si crede veramente, l’occasione giusta arriva. Come ti vedi un domani? Mi vedo seduto a contemplare l’aia del mio ranch, dopo una giornata di lavoro, a godermi quello che ho costruito. Curare i miei animali e vivere in tutta serenità.
Una canzone Il nostro River (nome di un nostro Hamburger) e “The River” di Bruce Springsteen. Non a caso il nostro locale prende il nome proprio da questa canzone.
Un Libro il nostro piatto di chili e “Viaggio nelle praterie del West” di Washington Irving )
Una persona che stimi? Me stesso e il mio amico e socio. Con Aldo ci aiutiamo a vicenda e lavoriamo sodo per Un film portare avanti questo bellissi- un piatto di ribs al bbq e Urban Te stesso mo progetto comune. Cowboy Direi una bella costata al sangue, il perché è molto semplice, Fai un abbinamento tra ho una personalità sanguigna. un piatto e: Elena Galbusera
www.conunviaggionellatesta.it
@conunviaggionellatesta
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theriversaloon "Il sogno che molti ragazzi avevano era quello di andare a cavallo nelle praterie americane, Bonelli, Leone, Corbucci ed altri ci hanno portato in quel mondo con gli occhi da italiani; è cosÏ che abbiamo imparato a sognare". Da Solo Art Director The River Saloon
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una ricetta per the food gazette Il miglior Hamburger sulle rive dell'Adda
The River
Ingredienti: Doppio Hamburger di Manzo Burro di arachidi Uovo Maionese Guacamole Cheddar Bacon Onion rings Insalata Pomodoro Cetriolini BBQ al chiplote ... e si può anche ordinare doppio!
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curiosità
ad ogni vino...
…il suo bicchiere Ogni ofelèe al fá ‘l so mestè [in dialetto milanese significa ogni pasticcere fa il suo mestiere]. Non vogliamo parlarvi di pasticceri e pasticcerie bensì di bicchieri, e sì perché ogni vino ha il suo bicchiere.
A volte, quando apriamo una bottiglia, sottovalutiamo l’importanza del bicchiere che invece è fondamentale. Le forme e i volumi del bicchiere hanno il magico potere di esaltare o penalizzare la resa al palato delle caratteristiche di un vino. Partiamo dicendo che i requisiti fondamentali sono: il materiale (cristallo o vetro molto fine), la trasparenza, lo stelo (calice) e la giusta capienza.
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Vino Rosso Ballon. La forma tondeggiante e molto alta permette agli aromi di sprigionarsi in tutta la loro forza ed essere percepiti in modo chiaro al naso. Ideale per vini rossi corposi.
Bordeaux. La forma molto tondeggiante si restringe verso l’alto per proteggere gli aromi. Perfetto per vini rossi corposi dagli aromi più complessi. Bourgogne. È il bicchiere dalla forma più particolare. La pancia molto arrotondata si apre nella parte superiore tendendo ad allargarsi. Ideale per i vini “riserva”.
Vino Bianco Tulipano. Così chiamato per la sua forma che ricorda appunto il fiore omonimo. Il calice a tulipano favorisce la percezione olfattiva e del sapore. Grazie all’apertura svasata il vino entra immediatamente in contatto con la punta della lingua, la parte più ricettiva del gusto. Ideale per vini bianchi e rosati dal gusto leggero e fresco. Renano. La forma arrotondata tende a restringersi verso l’alto. È il bicchiere ideale per vini bianchi più strutturati, i grandi spumanti e champagne. Il leggero restringimento nella parte alta indirizza il vino verso la parte posteriore e laterale della lingua dove, gli aromi più complessi, sono meglio percepiti. Coppetta Asti. Perfetta per servire spumanti aromatici o dolci. Prende il nome dall’omonimo vino piemontese: lo spumante d’Asti. Flûte. Dal corpo lungo e stretto è il vestito ideale per vini bianchi e frizzanti, prosecchi e champagne. Non dimentichiamo alcune importanti regole per la disposizione dei bicchieri. Secondo il galateo i bicchieri hanno una precisa collocazione sulla tavola. Vanno messi leggermente a destra del piatto davanti al coltello e disposti obliquamente in ordine crescente di grandezza. Ricordatevi che il bicchiere dell’acqua va sempre posto di fronte al coltello.
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il coach
foto: Henry Conwell
aDavide pranzo con il coach Schioppa. Ospite ENRICO SAVERIO PAGANO DIRETTORE D'ORCHESTRA A 19 ANNI
Nonostante le previsioni, il sole splende alto nel cielo. Corso Garibaldi a Milano pullula di gente e i locali hanno allestito i primi dehors per accogliere gli ospiti sotto il tiepido sole meneghino. L’appuntamento con Enrico Saverio Pagano, uno tra i più giovani Direttori d’Orchestra italiani è alle 14.30 da Tamandi Bakery, un piccolo gioiello enogastronomico al civico 26. Una bottega artigianale dove poter degustare un’ottima focaccia: dalla classica liscia genovese ad altre assolutamente ricercate e sfiziose. La scelta è veramente difficile, io opto per …..una focaccia ma sono sicuro che durante l’intervista insieme a Enrico ne assaggerò altre. Di fronte a queste pre-
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libretti d’opera. Posso tranquillare dire di essere nato e cresciuto immerso nella musica. D: Com’è nata la tua La decisione di continuare a passione per la musica classi- coltivare questa passione ne è ca. Ti è stata tramandata dalla stata la naturale conseguenza. tua famiglia o è emersa sem- Inizialmente mi sono incentrato più sull’ascolto della musica, a plicemente in te? sette anni ho iniziato a studiare In un certo senso sono violoncello poi la composizione due binari paralleli che hanno e successivamente la direzione trovato un punto d’incontro. d’orchestra. Ricordo che sin dall’infanzia in casa aleggiavano le note del- D: Sei diventato Diretla musica di Bach, Beethoven, to d’Orchestra giovanissimo Mozart e Brahms, i miei genitori (a 19 anni Ndr) se ti dico una non sono musicisti ma amava- parola, #responsabilità, che no e, amano tuttora, ascoltare cosa mi rispondi? le sinfonie austriache tedesche. E: Sicuramente il mio laLa nonna, anche lei grande melomane, quando era ora di voro è una grandissima responandare a letto non mi raccon- sabilità. In primis verso la musitava le classiche favole, ma i ca e verso i compositori con cui libatezze inizia la nostra chiacchierata.
Con Gilberto Serembe e Umberto Benedetti Michelangeli studia direzione d’orchestra e si diploma Enrico Saverio Pagano in tale disciplina con il massimo Nasce a Roma nel 1995. dei voti e la lode nel 20 17 presso Intraprende lo studio della musica il Conservatorio “L. M ar en zio” di attraverso il violoncello all’età di otto Brescia. anni, strumento in cui si diploma Nell’estate del 2016 vie ne nel 2016 sotto la guida del M° selezionato per partecip are al Curtis C. Marini presso il Conservatorio Summerfest presso il Cu rtis Institute “L.Marenzio” di Brescia. of Music di Philadelphia (USA), dove ha modo di esse re assistente di Paul Brian, Mark Ru ssell Smith e JD Gersen, nonché di dirigere l’orchestra del Summer fest nella Settima Sinfonia di F. Schubert. Nel settembre 2014 fo nda L’Orchestra Ildebrand o Pizzetti composta da giovani musicisti. Il 23 maggio 2015 si es ibisce con l’Orchestra presso la Sa la Nervi in Vaticano, per i festeggia menti del 70esimo anniversario delle ACLI, presieduti da Papa Fr ancesco. Il 22 maggio 2017 debu tta al Festival pianistico internaziona le di Brescia e Bergamo dirigendo il concerto di inaugurazione del Pr ogetto Beethoven. Nel maggio 2017 è stato selezionato dalla Fondazione Antonio Carlo Monzin o di Milano come direttore musica le del Progetto MozART.
“Porsi un obiettivo è la più forte forza umana di auto-motivazione". Paul J. Meyer
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ti devi confrontare ogni giorni. La responsabilità più grande è probabilmente verso di loro, verso i geni della musica, che hanno fatto la storia. È necessario tener ben presente che sul palco occorre mettere loro in primo piano e non te stesso; questa è una cosa molto importante. Capita, durante un concerto, di dimenticarsi lo scopo principale per cui siamo su un palcoscenico ossia quello di ricreare le emozioni e le atmosfere che questi grandi musicisti volevano trasmettere al loro pubblico. L’altra responsabilità è ovviamente verso tutte le persone che lavorano con me, una responsabilità tanto lavorativa quanto umana. Direi che questa parola è alla base del mio lavoro. D: Cos’è secondo te l’autorità e cos’è l’autorevolezza? E: Autorità è qualcosa che viene imposto. Autorevolezza è qualcosa d’innato. Una persona autorevole è una persona che all’interno di un gruppo viene considerato un leader senza aver bisogno di imporsi. Essere autoritario significa far valere il proprio ruolo imponendolo agli altri. D: Nel tuo caso specifico il tuo gruppo di lavoro come ti vede? E: All’inizio, quando ho deciso di fondare l’orchestra, le persone hanno scelto di suonare con me. Stiamo parlando dei primi due anni quando non c’era alcun supporto economico. Circa una ventina di ragazzi mi hanno seguito nell’obiettivo comune di creare una realtà itinerante di orchestra da camera. Penso quindi di poter affermare che hanno riscontrato
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in me una certa autorevolezza. Oggi, con la Fondazione Antonio Carlo Monzino di Milano (nel maggio 2017 Enrico Saverio Pagano, è stato selezionato dalla Fondazione come direttore musicale del Progetto MozART. Il progetto ha l’obiettivo di avvicinare nuovo pubblico all’opera lirica mediante la produzione e la messa in scena di titoli operistici di W.A. Mozart Ndr), abbiamo una struttura più definita alle spalle e si parla di un vero e proprio lavoro con contratti e compensi. Questo ovviamente fa sì che il mio ruolo abbia assunto una forma più istituzionale. Per questo devo ringraziare il produttore Andrea Pirera, fondatore dell’Associazione Musicale Andromaca, che ha creduto in me e mi ha dato questa bellissima opportunità.
D: Cos’è per te il successo? E: Questa è la parola più difficile fino ad ora. Un successo è sicuramente quando sul palco ascolto un’esecuzione e questa rispecchia fedelmente l’idea che avevo nella mia testa. Il successo è sapere di aver fatto un buon lavoro e di aver ottenuto un buon risultato. E ovviamente quando ricevi dal tuo pubblico riscontri positivi. D: Quanto è importante per te il giudizio degli altri? E: Noi siamo interpreti e il giudizio della critica e degli spettatori sono parte del nostro lavoro che è quello di ricreare un momento musicale che inizia e finisce sul palco. Oggi esistono le registrazioni audio e video sempre più fedeli alla verità del
concerto che però rimane un evento unico e irripetibile. Il giudizio di chi ascolta è fondamentale. Se entriamo nella sfera privata, devo ammettere che qui devo lavorare ancora un po’. Non sono ancora arrivato al punto di riuscire a farmi scivolare via le critiche non costruttive. Sono però convinto che non ci si debba fare influenzare più di tanto. Nel momento in cui si ha ben chiaro nella propria testa il percorso musicale che si vuole intraprendere, bisogna percorrere dritti quella strada. D: Cos’è per te l’#allenamento per arrivare all’obiettivo? E: Mi ha aiutato molto lo sport agonistico. Durante i cinque anni delle scuole superiori ho praticato canottaggio. Costanza e allenamento sono la base non solo dello sport. Devo dire che mi ha aiutato molto nel mio lavoro. Anche nel canottaggio c’è una squadra che va guidata e motivata così come su un palco, vedo molte similitudini. D: Pensi che la musica possa essere un buon strumento motivazionale? E: Senza alcun dubbio. Parlo per esperienza personale. Quando ho una giornata no mi basta ascoltare due note della musica di Mozart per cambiare completamente umore. La musica però va ascoltata non sentita, ci vuole un ascolto intenso e partecipe.. Elena Galbusera
#Coachinghour
Se hai un obiettivo, e se ci tieni veramente tanto, hai solo una semplice cosa da fare: allenarti più che puoi per raggiungerlo. To-Do-Map (mappa delle cose da fare) è un esercizio per allenarsi a raggiungere in maniera più efficace il tuo obiettivo: - Prendi un foglio bianco: scrivi in alto, al centro, in grande, il tuo obiettivo, in basso, al centro, scrivi una data in cui vorresti che il tuo obiettivo fosse realizzato unisci il tuo obiettivo alla data di realizzazione con una linea tratteggiata - Lungo la linea scrivi in elenco tutte le cose che ti occorrono perché il tuo obiettivo si concretizzi (ad esempio: trovare un lavoro più stabile, mettere da parte un piccolo capitale, trovare una casa...) Ciascuna delle cose che avrai segnato nell'elenco rappresenterà un microobiettivo e per ciascuna di esse sarà necessario un piano d'azione che studierai e metterai in atto per raggiungere il tuo macro-obiettivo. Tieni la To-Do-Map a portata di mano e ogni volta che raggiungerai uno di questi micro-obiettivi, depennalo.
@paganenrico
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Tamandi Bakery Situato nel cuore pulsante di Brera, Tamandi Bakery è oggi considerato una piccola maison della focaccia genovese, un luogo dove, tradizione e artigianalità si sposano perfettamente con innovazione e creatività. Inaugurato a dicembre 2016, Tamandi Bakery, nasce da un progetto di Fabio e Fausto Tamandi (panettieri di terza generazione) e Roberto Fagiani. Forti del successo dei panifici di Merate (comune in provincia di Lecco) hanno voluto mettersi alla prova in una nuova sfida proponendo la loro focaccia genovese anche in quel di Milano. Sfida vinta a pieni voti grazie anche alla collaborazione con Ezio Rocchi, Maestro e manager dell’Arte Bianca. I tre soci stanno già valutando l’apertura di un nuovo punto vendita sempre nella città meneghina. La produzione, totalmente artigianale avviene ogni giorno in loco. Si può mangiare comodamente seduti sia all’interno sia all’esterno oppure usufruire del servizio take away. Il ventaglio di proposte spazia dalla classica focaccia genovese a quelle dai gusti ricercati. Massima importanza è data agli ingredienti, tutti di elevata qualità, con un occhio di riguardo alla stagionalità delle materie prime. Abbiamo chiesto a Roberto Fagiani di dedicare una focaccia a The Food Gazette, la scelta è ricaduta su una loro specialità: focaccia con pomodorini semi-secchi, burrata e pesto.
@tamandi_bakeRY
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il conte
VITICOLTORI DAL 1141: I RICASOLI PRODUTTORI DEL CHIANTI di alessandro feroldi
I Ricasoli producono di un “missionario”. Bettino soprannominato vino dal 1141, sono i più antichi Ricasoli, viticoltori italiani e tra le dieci “baron Bettino”, vive da sempre imprese familiari più antiche nell'agricoltura, secondo la al mondo. Oggi il Chianti di tradizione familiare, con una Brolio è gestito da Francesco formazione di studi storici Ricasoli, 32.mo barone della ed economici, e si dedica casata. Bettino Ricasoli prevalentemente all'attività Firidolfi (1922-2009), trisnipote commerciale del proprio vino, dell’omonimo antenato per due il famoso Chianti Brolio delle volte primo ministro dell’Italia cantine Ricasoli. appena unificata, nel 1986 era stato intervistato da Alessandro Il suo antenato omonimo fu dunque Feroldi promotore dell'unità d'Italia e inventore del Chianti? CASTELLO DI BROLIO (Siena) – L'avo omonimo, chiamato “barone di ferro”, definiva l'agricoltura toscana un “apostolato” che “vuol cuore e testa” e la funzione del proprietario quella
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“Senz'altro dedicò la sua vita alla Patria e all'agricoltura; nel primo caso con senso del dovere e di coscienza, nel secondo con più passione, probabilmente. Trovò il
miscuglio di uve da cui tutt'ora si produce il Chianti classico, ne avviò la produzione e il commercio, riuscendo perfino a esportarlo verso la metà dell’800 in Germania, Inghilterra e America. Oltreoceano le viti del Chianti arrivarono con Mazzei (antenato dell'attuale presidente della Cassa di Risparmio di Firenze nonché agricoltore vitivinicolo, ndr) che incontrò l'allora presidente degli Usa Jefferson”. Esiste ancora qualche annata storica del Chianti Ricasoli? “Circa una decina di anni fa abbiamo aperto due o tre bottiglie della Riserva 1841. Il vino era diventato
chiarissimo, ma risultò bevibile; erano bottiglie di una partita citata in una lettera del “barone di ferro” al fratello che lo aveva invitato a un ricevimento con Richard Cobden, economista liberale inglese. Bettino non andò a Firenze ma inviò in dono all'illustre signor Cobden l'annata buona del 1841, confidando che le comuni idee economiche liberiste aprissero i commerci tra Italia e Inghilterra”. Che personaggio era Bettino Ricasoli primo ministro? “Uno statista convinto dell'assoluta necessità di riforme liberali: non fu uomo politico, non amava i compromessi, ignorava la diplomazia. Aveva però un'incrollabile fede nelle proprie idee, soprattutto sull'unità d'Italia e sulla questione romana. Voleva cioè la chiesa senza potere
temporale, a dispetto di Napoleone III che, dopo aver aiutato il Piemonte contro l'Austria, pretendeva Toscana ed Emilia come Regno per Girolamo Bonaparte e Clotilde di Savoia. Bettino voleva l'Italia unità, senza o contro il re, se necessario”. IL CASTELLO Il Castello di Brolio in Chianti si erge sopra un poggio isolato nelle propaggini della dorsale del Chianti all'altezza di 500 metri sul mare. Si ha notizia del Castello di Brolio fino dall'XI secolo. Nel 1009 Bonifacio, marchese di Toscana e padre della contessa Matilde, lo cede ai monaci della Badia Fiorentina insieme alla sottostante Chiesa di S. Regolo. I Ricasoli sono già in Brolio nel 1141, avendolo avuto in cambio di altri terreni ceduti ai monaci della Badia a Coltibuono; nel 1176, dopo la sconfitta di Legano, i fiorentini,
approfittando del declinare della potenza del Barbarossa, alleato dei senesi, si fanno cedere da questi ultimi una parte del Chianti comprendente anche il Castello di Brolio e le sue terre fino all'Arbia. Da questo momento il Castello di Brolio è la temibile sentinella avanzata di Firenze contro Siena: tanto temibile che sorge fra il popolo il detto “quando Brolio vuol broliare, tutta Siena fa tremare”. Ma nelle alterne vicende delle lotte fratricide le sue torri dovettero vedere i fiorentini battuti dai senesi ripiegare dopo la sconfitta subita presso il non lontano Montaperti (1260) in quella cruenta battaglia “che fece l'Arbia colorata di rosso” Nel 1434 messer Antonio di Checco Rosso Petrucci, avventuriero senese, si impadronisce con l'inganno di Brolio, rinchiude nei sotterranei del castello Galeotto Ricasoli e la sua
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famiglia e, solo quando, fallite tutte le trattative amichevoli, la Repubblica Fiorentina gli spedisce contro Neri Capponi con un buon nerbo di soldati, si ritira dopo 40 giorni di permanenza nel Castello, non senza avervi fatto buon bottino. Nel 1478 gli eserciti di Ferdinando d'Aragona, re di Napoli, del papa Sisto IV e dei senesi, movendo contro Firenze assalgono il Castello e dopo quasi due mesi si assedio lo occupano, lo saccheggiano e lo distruggono dalle fondamenta sicché “e' fu quasi spianato”. Terminata la guerra e valutando l'importanza di quella posizione come sentinella avanzata verso Siena, il Consiglio Generale del Popolo Fiorentino nella seduta del 23 aprile 1484 delibera la ricostruzione delle mura: mura e baluardi che sono quelli oggi esistenti. Nel 1529, durante l'assedio famoso di Firenze, ancora una volta, l'ultima, il Castello di Brolio viene assalito dai Senesi, preso, cacciati i Ricasoli e incendiato, ma i bastioni non subiscono danni notevoli. Passata poi anche Siena sotto il dominio dei Medici, Brolio terminò di esser fortezza di confine e non subì altre notevoli traversie. Nei primi anni del secolo scorso, sotto il governo Napoleonico, anche questo castello faceva parte del dipartimento dell'Ombrone e passò poi con tutto il Chianti alla provincia di Siena. Il palazzo padronale di mattoni e pietra in stile gotico senese è stato restaurato ed in parte costruito (1860) su progetto dell'architetto Marchetti, senese, dal Barone Bettino Ricasoli. Sul corpo di fabbricato, a sinistra, una lapide ricorda la visita fatta a quest'ultimo da
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S.M. Il Re Vittorio Emanuele II il 22 Aprile 1863. Il salone da pranzo è tappezzato di arazzi di buona scuola fiamminga. Al mezzanino nelle modeste stanze che prediligeva, e che sono rimaste intatte da allora, è morto il Barone Bettino Ricasoli, il cui nome è legato alla storia del Risorgimento Italiano per la parte primaria che in esso ebbe come patriota, come uomo pubblico, come privato cittadino (1809-1880). Al primo piano, sopra il salone da pranzo, vi è la biblioteca e in un'altra sala è riunito l'archivio politico di Bettino Ricasoli. Uscendo sul cammino di ronda e proseguendo, si giunge, presso una torretta d'angolo, al lato ovest del Castello e qui la vista spazia su un ondulato orizzonte: di fronte, il Castello di Cacchiano anch'esso vigilante con Brolio e con altri posti di difesa, la linea di confine (Valle dell'Arbia) fra le due Repubbliche di Siena e Firenze: alla destra sullo sfondo in lontananza, sullo spartiacque del Valdarno, la torre diroccata di Monte Grossoli, prima residenza dei Ricasoli in Chianti (VIII sec.), e un poco a sinistra, sempre all'orizzonte, il paese di Radda
in Chianti; in basso una conca verde di olivi e di viti: in questa conca gli edifici della Cantina Ricasoli, donde escono i vini di Brolio, che hanno reputazione di essere fra i migliori vini italiani per la finezza che acquistano con l'invecchiamento, per l'armonicità della loro costituzione, per il delicato profumo. La Cantina può essere visitata chiedendo il permesso. Alessandro Feroldi
@ricasoli1141
CENNI SUL BARONE BETTINO RICASOLI Il nome di Bettino Ricasoli (1809-1880) è legato alla storia del Risorgimento Italiano per essere stato uno dei maggiori artefici dell'Unità d'Italia: dell'idea unitaria fu sempre uno strenuo assertore in contrasto con i federalisti toscani. Ministro degli interni nel Governo provvisorio della Toscana dopo la cacciata dei Lorena (27 Aprile 1859), divenne dittatore della Toscana dopo la infausta pace di Villafranca le cui ripercussioni minacciavano di compromettere l'opera intrapresa in Toscana per il raggiungimento dell'unità della Patria. Reggendo la cosa pubblica con grande fede e con indomabile energia il “barone di ferro” - come lo chiamarono - fece dichiarare dal Parlamento Toscano irrevocabilmente decaduta la dinastia dei Lorena e portò la Toscana al plebiscito del Marzo 1860 per l'unione del Piemonte. Successore di Cavour alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1861, fu ancora chiamato a reggere il Governo nel 1866.
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trattoria
osteria da bortolino dal 1930 fra una piena del po e l'altra ottima cucina e una lunga storia da raccontare.
L’Osteria da Bortolino si a piccola osteria. Successivatrova a Viadana sulla riva del mente diventa il centro operaPo al confine tra Lombardia tivo dei pompieri che si occued Emilia, a due passi da Brescello, il paese di “Don Camillo e Peppone” e a due passi da Gualtieri il paese del pittore Ligabue. Se ne ha traccia già verso la fine dell’800 ed esattamente nel 1812 data in cui risale un documento del pretore di Mantova che esattamente in quell’anno, rilascia un’autorizzazione per la costruzione di un casotto di legno su terreno demaniale. Nata come “casa”, tra pavano della guardia e della il 1920 e il 1930 viene adibita manutenzione del ponte di bar-
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che sul fiume Po. Non si conosce esattamente per quanto tempo. Fino agli anni ’70 è tornata a ricoprire la funzione di abitazione. All’interno ci abitavano tre/quattro famiglie, la cucina in comune e i servizi esterni. Arriviamo agli anni ’80, periodo in cui diventa la sede della sezione del PC poi DC. In quegli anni la via viene ricordata per la festa dell'unità Infatti lungo la via si trovavano diverse attività: dalla balera al ristorante, dal cinema fino a spettacoli di intrattenimento.
Nel 1984 chiude definiti-
vamente diventando una sorta di magazzino.
secondo un’antica ricetta contadina. Dovete sapere che ogni Fino all’arrivo di Rober- famiglia ha la propria ricetto Naldini nel 1991 che se ne ta. innamora talmente da investire Alla prima gelata, circa tempo e denaro in un’impor- verso Natale, si macella il matante e attenta ristrutturazione iale. I salami sono poi messi che ha permesso di lasciare a stagionare in una cantina in inalterato l’aspetto esterno, modo assolutamente naturale. giardino con la grande pergola Non si usano forzature come di glicine. ad esempio ventole, si aspetta
prodotti. Io ad esempio sono un amante del salame felino e non è facile trovarne di ottima qualità se non è perfetto diventa gommoso” Sul menù c’è questo piatto Flan di Amaranto, puoi spiegarci meglio la scelta di questo prodotto così particolare?
Nel 1996 l’Osteria da Bortolino apre le porte al pubblico e da allora è un crescendo di soddisfazioni per Roberto. L’interno è caldo e accogliente con grandi vecchi tavoloni di legno, dove gli avventori si incontrano e si conoscono. Quasi ogni anno, in autunno, le acque del Po salgono e lambiscono il giardino; l’osteria diventa cosi una magnifica penisola circondata dall’acqua e da vasti pioppeti. Ad accoglierci è proprio Roberto, è lui la persona di riferimento dell’Osteria da Bortolino. Non appena ci sediamo al tavolo, il discorso cade sul salame (e non solo il discorso...). “Il salame qua da noi è sacro. Il nostro viene prodotto
che la stagionatura segua i sui tempi, senza fretta. Parliamo di circa tre/quattro mesi. Verso maggio il salame è pronto per essere portato in tavola. Generalmente accade che verso ottobre le scorte finiscano, a quel punto ci affidiamo a diversi fornitori solo dopo aver testato di persona i vari
Certo, sono venuto a conoscenza dell’amaranto un po’ per caso e me ne sono subito innamorato. Questo cereale è considerato l’oro degli Inca e degli Aztechi. Da un punto di vista della coltivazione, la pianta dell’amaranto è molto robusta e in grado di crescere sia a livello del mare cha a duemila metri. La storia narra
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che i coloni spagnoli, venuti a conoscenza dell’importanza di questa pianta per le popolazioni Inca e Atzteche, abbiano cercato in tutto i modi di estirparla ma senza alcun risultato, Un pò come la storia del Po e della nostra osteria. Questo è uno dei motivi che mi ha fatto apprezzare questa pianta, la sua forza e le sue proprietà. Tradizione ma anche innovazione. Come descriveresti la tua cucina? La nostra è una cucina tradizionale caratterizzata da una instacabile ricerca di ingredienti di alta qualità che, di per se, sono una grande innovazione. Qual è il vostro piatto forte? Non potrei indicare un unico piatto come "piatto forte" mi piace pensare che i nostri piatti siano tutti forti. Come spiegavo prima la grande passione che mettiamo nel nostro lavoro ci porta ad esplorare il valore degli ingredienti, direi quindi che il nostro piatto forte sia proprio quello: Ciò che si trova all'interno di ogni nostro piatto, ovvero le varie parti che lo compongono. Hai sempre voluto fare il ristoratore? In realtà quando ero adolescente sognavo di fare il vagabondo. Viaggiare per il mondo su un treno merci. Ma sono felice di aver intrapreso questa strada, tanti sacrifici sì ma anche tante soddisfazioni. @ostellosteriabortolino
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una ricetta per the food gazette Flan di Amaranto
Ingredienti: 500gr di amaranto, 8 zucchine, 8 patate lesse, prezzemolo qb, pane grattato 3/5 pugni, uova, sale, pepe, olio extra vergine di oliva, stampini a forma di cono (Per la salsa sciogliere a bagno Maria gorgonzola e panna)
procedura: Preparate le patate lesse, cuocete l’amaranto in acqua, una volta cotto scolatelo nell’acqua, prepate le zucchine trifolate tagliate a cubetti aggiustandole con sale e pepe. Unire il tutto in una teglia aggiungendo le uova e il pane grattato quanto basta. Impastiamo il tutto e controlliamo che l’impasto non sia né troppo morbido né troppo duro. Riempire gli stampini precedentemente imburrati e panati, aggiungere l’impasto nello stampino, l’impasto non deve superare il bordo dello stampino. Cuocere in forno a 175/180° per 25/30 minuti. Una volta pronto lasciare riposare il flan. Una volta riposato, riscalradlo in forno e servirlo con una salsa calda e una spolverata di prezzemolo.
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uomo del jack
GIGIO PESOLA. L'UOMO DEL JACK
Preparatissimo in tema di spirits, racconta ogni cocktail con una passione tale da non poter non rimanere affascinati. Tra aneddoti, ricette e storie siamo riusciti a conoscere meglio l’Uomo del Jack. Incontriamo Gigio Pesola alla prima tappa del tour “Amici di Jack on the road” sul lago di Lecco. Gigio incarna alla perfezione il mito del cowboy, non solo esteticamente. Nome: Gigio Cognome: Pesola Professione: Barman Come preferisci essere chiamato: Uomo del Jack Da piccolo sognavi di? Fare il barman e fondare un’attività che rendesse onore al whiskey di Jack Daniel’s Se non fossi un barman saresti? Un cowboy Come inizia la tua giornata?
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Controllando gli appuntamenti e organizzando nuovi eventi. Un cocktail legato ad un ricordo speciale Jack n’Roll. In sostanza è la “jackizzazione” dello Spritz veneto. Durante le prime promozioni che tenevo in quella regione, in molti mi chiedevano lo Spritz, mi sono quindi detto perché non creare un cocktail simile con il Jack Daniel’s e da lì è nato il Jack N’Roll che ha riscosso da subito un grande successo. Jack Daniel’s, Aperol, succo limone e top di lemonsoda danno vita ad un cocktail unico, molto fresco e dissetante.
Lynchburg Lemode (Gigio Pesola è stato il primo a farlo conoscere qui in Italia NDR) Una ricetta per The Food Gazette Tenneesse Mint Cider Jack Daniel’s Etichetta Nera, foglie di menta pestata, Brandy Stravecchio e cedrata Tassoni in ghiaccio tritato.
La più grande delusione che hai avuto a oggi nella tua professione e la più grande soddisfazione? La più grande delusione risale a poco tempo fa quando, per problemi organizzativi, ho dovuto chiudere l’attività fissa. (Gigio Pesola oltre ad eventi Qual è il TUO cocktail di bat- , fiere e manifestazioni, aveva l’attività fissa di bar a Certaglia?
nusco Lombardone NDR). La più grande soddisfazione è la stima da parte di personalità legate al mondo degli spirits e diversi riconoscimenti ottenuti negli anni dal brand. Un consiglio per i giovani Studiare e prepararsi in maniera approfondita. Come ti vedi un domani? Con in mano un bicchiere di whiskey a festeggiare un nuovo successo. Una persona che stimi? Mia moglie
Gigio Pesola con Randy "Goose" Baxter che ha lavorato per 36 anni in distilleria e negli ultimi 18 come è la guida dei tour. Ora é in pensione ed é testimonial della Distilleria nella Tennesse Squire Association un cavalierato al quale si accede per riconoscimento dalla distilleria. Jack Daniel's Old N°7 Jasper Newton Daniel detto Jack fondatore dell omonima nel 1866 all età di 16 anni a Lynchburg, Tennessee
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uomo del jack
Fai un abbinamento tra un piatto e:
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Una canzone
Un film
Un Libro
Te stesso
Jack Daniel’s etichetta nera e Jack Daniel’s if you please (David Alan Coe) - una canzone nata dall’esclamazione tipica per chiedere un Jack nei Bar USA
Single Barrell 100 proof e “il gladiatore” – per un film così intenso ci vogliono tutti i 64 gradi del Barile a gradazione completa!
Qualsiasi whiskey Jack Daniel’s di gamma (oltre etichetta nera) e Manuale di degustazione del Whiskey – il modo migliore per viaggiare in Tennessee rimanendo sul divano di casa
Jack n’coke… due icone mai tradite
BOOTLEG La bottiglia di piccole capacità (in genere 250/300ml) è diventata popolare negli anni del proibizionismo americano (1919-1933). Simile alle Hip Flask (fiasche da anca in alluminioe portate nella tasca della giacca) queste hanno un lato concavo per meglio conformarsi alla forma del corpo. Veniva nascosta nel gambale dello stivale così che, sotto i pantaloni ampi in uso a quel tempo, non si notava. Da qui il termine Boot=stivale leg= gamba che è diventato sinonimo di contrabbando.
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esperto web
Social food:
Facebook, Instagram e gli altri canali 2.0 sono utili nella ristorazione? Partiamo da una premessa, prima di rispondere alla domanda del titolo: spesso si confonde l’espressione “social media” con “social network”. Mentre nel secondo caso si parla di una rete di persone, nel primo – quello che qui ci interessa – si tratta invece di mezzi di comunicazione. I social media sono strumenti che le aziende possono utilizzare per comunicare con il proprio pubblico, in modo completamente diverso rispetto a una passato fatto di giornali, fiere, spot TV e radio ecc.
ma preferisco ribaltare il ragionamento. Qual è il tuo obiettivo? Se devi colpire le persone per interessi, vai su Facebook (del resto è il paradiso dei “mi piace”); per temi? Twitter (dove proliferano gli hashtag, anche se il mezzo è un po’ in crisi); per professioni? LinkedIn; miri ai ragazzi? Instagram e Snapchat; vuoi postare ricette? Vai su Pinterest; miri a un discorso di marketing integrato in una strategia SEO, di posizionamento online e di collegamento con Google Maps? Non puoi prescindere da Google+ (sì, è ancora vivo). A conti fatti, però, se dovessi scegliere solo un paio di canali per il settore della ristorazione, direi Facebook - tra l’altro ottimo per spingere gli eventi e, grazie ai nuovi chatbot, per la customer care - e Instagram, niente male anche in caso di contest online. Mi raccomando però: non trascurate il sito e il blog: sono più vivi che mai!
La domanda che spesso mi rivolgono è: ma i social media sono per tutti? La risposta è sì. Va da sé che l’uso che se ne fa nel B2C, business to consumer, vedi un ristorante o un bar, è più eclatante: è sotto gli occhi di tutti che cosa stanno combinando influencer come Chiara Maci, Benedetta Rossi, Valentina Boccia e compagnia bella. Eppure, a mio avviso, i social media possono essere usati proficuamente anche da aziende B2B, business to business (pensate alla filiera del mondo della ristorazione). Per due motivi: primo, le vendite nel B2B si basano sulle relazioni - e le relazioni sono social per definizione; secondo, una strategia sui social non può prescindere dai contenuti, tant’è che si parla sempre più di content marketing. Spesso, nelle mie attività di formazione e consulenza, mi chiedono quali siano i social più usati e quali le loro caratteristiche,
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@gianluigibonanomigiornalista
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news food
design & food:
Verso una nuova concezione dell’esperienza gastronomica La vista è il primo senso attraverso cui iniziamo a mangiare, non è un caso che si dica “mangiare con gli occhi”. Incontriamo l’Architetto Mario Redaelli nel suo studio R2+ a Oggiono in provincia di Lecco. E’ reduce dalla seconda tappa di questo bellissimo progetto denominato “Design & Food” svoltasi a Como all’Hilton Lake Como. Gli occhi brillano di soddisfazione. “E’ un progetto in cui sia io che il mio collega, l’Architetto Matteo Moscatelli, crediamo molto e ad oggi ci sta regalando tantissimo.”
Da cosa nasce Design & Food?
Nasce da un’importante ricerca che abbiamo svolto (e svolgiamo quotidianamente) sia all’interno dei nostri corsi di prodotto e interior design presso lo IED di Milano che nei nostri rispettivi studi di progettazione. Da tale ricerca è nato un progetto culturale che si articola in un ciclo di conferenze (cinque serate) dove, supportatati da 10 chef emergenti, “portiamo in scena” il cibo e tutto ciò che ruota attorno al cibo. Tale progetto si completerà con una pubblicazione finale, un libro celebrativo previsto per la fine dell’anno. L’intento è di analizzare insieme tutte le nuove tendenze nel rapporto tra design e cibo, un binomio che negli ultimi anni si è sempre più unito. Le conferenze sono organizzate in tre parti, ciascuna riferita ai tre livelli coinvolti. Nel primo sono analizzati alcuni esempi recenti, non solo italiani, di interior design nell’ambito della ristorazione; nel secondo si parla invece di esempi di product design legati al design per il cibo, mostrando la ricerca contemporanea relativa al design di un piatto, di un bicchiere, della posateria. Nel terzo invece gli chef selezionati racconteranno della loro esperienza nell’ambito
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dell’alta ristorazione e dei criteri che ritengono fondamentali per la creazione di un buon piatto e della scelta e combinazione di un Oggi quindi non è più sufficiente portare in tavola del buon cibo? Assolutamente no. Se vogliamo realizzare un’esperienze gastronomica a 360° occorre considerare diverse componenti. Innanzitutto il luogo. Partiamo dal ristorante, questo è il primo contenitore e si compone di diversi elementi: spazio, materia, luce tutte cose che contribuiscono alla riuscita o meno di questa esperienza gastronomica. Poi entrano in gioco gli chef che personalmente considero come dei designer/artisti, come diceva lo stesso Marchesi :“ Mi reputo un compositore, e ogni mio piatto è un progetto”. Mi piace dire che noi, come progettisti, facciamo design PER il cibo, mentre gli chef progettano e fanno design CON il cibo. Ultimo elemento molto importante il product design. La nostra ricerca si è sviluppata lungo un asse ben preciso: partendo dalla funzionalità siamo giunti all’emozionalità del design. Un esempio che mi piace sempre citare è il piatto customizzato per un’unica creazione di Marchesi: “Costoletta di vitello alla milanese” (produzione Villeroy & Bosch). Come dice lo stesso Marchesi: “volevo evitare che tagliando la costoletta i succhi della carne bagnassero l’esterno, riducendo il croccante, e di conseguenza, metà del piacere di mangiare la carne panata e fritta. Ho, quindi, tagliato la costoletta in cubetti, sparpagliandoli intorno all’osso. L’osso regge la composizione e allo stesso tempo invita a farsi spolpare”. Con te vogliamo parlare nello specifico dei piatti. Quanto sono importanti per la riuscita di una cena o di un pranzo?
Blu II é un omaggio a Mirò Dello chef Stefano Binda Credit Gio Sormani (Blu II inteso secondo)
Direi fondamentali. I piatti di portata, con le loro forme, colori e materiali, sono degli importantissimi strumenti narrativi. Attraverso la scelta del piatto definiamo già il tipo di storia che andremo a raccontare ai commensali.
Esiste una forma perfetta del piatto?
In realtà no, questa dipende totalmente dalla tipologia del cibo da servire, dalla sua consistenza. Posso darvi alcune indicazioni di massima rifacendomi a delle ricerche condotte da Charles Spense (docente di Oxford, esperto in gastrofisica), Brian Wansik, Koert Van Itterum e dalla Fondazione Alicia che hanno evidenziato quanto segue: le forme squadrate esaltano il salato e l’amaro, le forme tonde esaltano i gusti dolci e cremosi, le dimensioni grandi fanno sembrare le porzioni più piccole,
i piatti dal colore bianco incrementano la percezione del gusto e della dolcezza mentre quelli dal colore scuro ne diminuiscono la percezione. Oggi il design offre un’ampia gamma di proposte ma, per quanto mi riguarda, ritengo che la ceramica bianca sia ancora la scelta migliore per esaltare le creazioni degli chef. Tu sei un amante della cucina, qual è il tuo piatto preferito? Il risotto, ovviamente servito in un bellissimo piatto di ceramica bianca. G.E.
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Mario Redaelli Laureato in architettura nel 2002 presso il Politecnico di Milano, dal 2010 è docente presso l’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano nei corsi di Storia del Design. Nel 2008 fonda lo Studio R2+ occupandosi di progettazione architettonica ed interior design. Ha partecipato a diversi concorsi di progettazione architettonica e urbana a livello nazionale ed internazionale, ricevendo premi e riconoscimenti. Ha collaborato alla pubblicazione di “Archibook Expo 2015” (Missaglia, 2015) e “On the road: Milano” (Firenze, 2015). Per qualsiasi informazione, aggiornamento e iscrizione gratuita alle prossime serate: www.designandfood.it
FACEBOOK: @r2piu INSTAGRAM: @STUDIOr2piu
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emilio bosco
un'ora con emilio bosco De Prandio et Coena ingegnoso e creativo con alle spalle una nazione... la sicilia
mio lavoro ho avuto modo di viaggiare e, in una delle mie trasferte professionali sono arrivato in Serbia, dove ho potuto verificare di persona le grandi potenzialità di questo paese. Dopo un’attenta analisi fatta in loco sul mondo del lavoro, ho deciso di costituire una fondazione di diritto serbo chiamata ISI (Incubatore Serbo Italiano). Molte aziende italiane, e non solo, hanno delocalizzato proprio su territorio serbo le loro Quando è avvenuto il produzioni. Ho fatto una semfatidico incontro con il mondo plice considerazione, se invedell’enogastronomia? ce di delocalizzare creassimo delle joint venture tra piccole Partiamo dicendo subito e medie imprese serbe e itache la mia “prima” professio- liane? Ecco da lì è nato Italian ne è fare l’architetto. Grazie al Style Made in Serbia. Lo scopo Se gli chiedi se ama cucinare ti risponde che è un progettista creativo alternativo e che per fortuna ha un genero chef. I fornelli non saranno il suo forte ma in fatto di cultura del cibo, tradizioni e territorialità non lo batte nessuno. Stiamo parlando di Emilio Bosco, presidente dell’Associazione Assapurari e fautore di importanti e alternativi progetti enogastronomici.
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è portare in loco il nostro know how, creare e produrre sul territorio. Il vero primo brand agroalimentare l’ho battezzato durante una conferenza dove si celebrava Lazar Paču, ministro dell’economia serba nei primi anni del novecento, celebre per aver portato grande ricchezza al paese. Ricordo che il relatore disse “Lazar Paču è stato un vero e proprio rivoluzionario” da lì “Paču Enogastro Revolution” che è diventato il brand agroalimentare serbo della fondazione ISI. Da questo momento ha inizio la mia mission: diffondere il brand. Sviluppo una serie di conferenze ed entro in contatto con diverse autorità serbe fino a quando, il ministro del
stucco disse “ semplice questi 18 sono serbi”. Tra di essi Costantino. Da quel semplice incontro è nato un altro evento L’Expo 2015 è il tram- “De Prando et Coena”. 12 arpolino di lancio che porterà la cheologi del bacino mediterranascita di diversi eventi. Che neo, con Laura Mussi (esperta di pietanze dell’antica Roma), cosa accadde all’Expo? portano in scena delle magnifiPer una serie di cause, il padi- che cene a base di archeologia glione della Serbia finisce nel e antichissime ricette. Questo cluster del Bio-Mediterraneo, il per dire che il cibo è un argomo cluster direi, dato che sono mento senza confini e che la un siciliano doc! I primi giorni contaminazione è la soluzione avevo notato come mancasse alla monotonia con cui a volte una coesione, una linea guida è trattato l’argomento. nella gestione degli eventi così, in punta di piedi, ho proposto di unire le forze e portare in scena la contaminazione. Nasce il primo evento “Zero Distanza” in cui coinvolgo l’Algeria (con il Tè), la Grecia (con il pandolce) e la Serbia (con i mirtilli) da uno sono diventati ben 52 più tre eventi “Zero DiSempre durante l’Expo Emilio stanza Cluster”. porta in scena altri due eventi Un aneddoto che mi pia- “fotografa l’Expo” un interesce raccontare con piacere, per sante concorso fotografico e far capire quanto sia importan- un evento dedicato ai bambini te il cibo, quanta storia e tradi- “la caccia al tesoro” all’interno zione racchiude in sé, è legato del cluster. Premio finale ovviaalla mia esperienza all’Expo. Un mente una cesta di prodotti tigiorno passò al padiglione un pici di ogni padiglione. archeologo, docente di archeologia all’Università di Belgra- Che cosa succede una volta do con un magnifico pannello finito l’Expo? raffigurante tutti gli imperatori romani. 18 tra questi erano re- Il presidente del cluster bio mealizzati in oro, quando gli chiesi diterraneo mi chiede di dare un il motivo la risposta mi lasciò di seguito all’attività intrapresa in turismo, chiede il mio supporto per gestire il padiglione della Sebia all’Expo 2015 di Milano.
modo da non perdere il grande patrimonio acquisito durante la manifestazione. Ed è proprio da qui che prende forma Assapurari.
Cos’è Assapurari?
Un contenitore di eventi gastronomici dove la parola d’ordine è contaminazione. Obiettivo di Assapurari (il nome è volutamente siciliano perché la Sicilia è per Emilio Bosco un punto di riferimento molto importante) è portare a Milano le peculiarità dei diversi territori del bacino mediterraneo. La scelta di Milano è dovuta al fatto che è la città con maggior carattere europeo, qui ci sono i grandi eventi, il design, l’arte e ognuna di queste cose è celebrata con il cibo. Il primo passo è l’individuazione degli chef, dei produttori e dei prodotti del bacino mediterraneo. Compito degli chef, creare piatti realizzati solo ed esclusivamente con i prodotti delle aziende che aderiscono al progetto. Durante le cene avviene la messa in scena del cibo, questo grazie a Valeria Ferrario, attrice ai fornelli, che costruisce, narra e interpreta magnifiche storie. Lo scopo è creare emozioni per arrivare a rendere le persone consapevoli
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di quello che stanno mangiando. Durante le serate partecipano anche diversi artisti perché, ricordiamo che un territorio non è solo cibo e vino ma anche e soprattutto arte e tradizioni. Assapurari si declina in tre sezioni: Cunzamo: show coocking Mangiamu: cena Sazzamo aperitivo Il prossimo evento targato Assapurari si chiama “Diavulicchio cu Sombrero” un omaggio al peperoncino calabrese e al Messico Non possiamo chiudere l’intervista senza chiedere una ricetta a Emilio Bosco eccola nella pagina a fianco: U pani cunzatu.
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una ricetta per the food gazette
U Pani cunzatu “U Pani cunzatu”, in italiano il pane condito, è uno dei piatti più poveri della tradizione culinaria siciliana, chiamato anche il cosiddetto 'pane della disgrazia'. Questa semplice ricetta è nata dalle abitudini culinarie del popolo, che in mancanza di condimenti più ricchi, diventò abitudine condire il pane fresco con dei sapori e condimenti a basso costo. Mentre coloro che avevano una disponibilità economica più agiata, per dare più sapore al pane, strofinavano un pezzo di sarda salata per assaporare, anche se in modo limitato, il sapore del salato. Da questo modo di fare nacque il detto siciliano 'leccare la sarda', un frase riferita soprattutto a quelle persone di media borghesia, che pur avendo i soldi, si limitavano a spenderli.
Ingredienti: 1 filone di pane casareccio di mezzo chilo o una pagnotta dello stesso peso; 4 pomodori grossi maturi; 100 grammi di filetti di acciuga sott'olio; 150 grammi di formaggio primo sale (o mozzarella) a fettine; olio extravergine d'oliva; origano; sale e pepe q.b.
procedura: Tagliate a metà il pane fatto in casa ancora caldo, quindi, a vostro piacimento togliete l'eventuale mollica in eccesso. Dopodiché cospargete di sale, pepe e origano e inumidite il tutto con abbondante olio d’oliva. Quindi, disponete una strato di fettine di pomodoro e un altro di formaggio. Aggiungete sopra di essi i filetti di acciuga fatti a pezzetti e spolverizzate sopra tutti i condimenti un pizzico di origano (meglio se fresco). A questo punto, richiudete il pane, lo schiacciate leggermente e servite ai vostri commensali.
@assapurari
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l'attrice
valeria ferrario attrice ai fornelli
Il blog di Valeria si apre con questa bellissima citazione di Brillant Savarin. "Invitare qualcuno è lo stesso che incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che dimora sotto il vostro tetto". Una frase che la calza a pennello perché Valeria organizza delle incredibili cene a tema ed è la protagonista di spettacoli teatrali dove porta in scena il cibo. Che si tratti di ospiti a casa o a teatro, poco importa, l’importante è renderli felici e su questo, Valeria non ha rivali. Da cosa nasce la tua capacità di fondere teatro, cibo e arte visiva? Credo che derivi principalmente dal fatto di aver vissuto la mia intera vita immersa in questi elementi. Da piccola ho passato tantissimo tempo insieme ai miei nonni materni due personaggi da favola. La nonna, dalla quale ho ereditato il nome, era di una bellezza sconvolgente molto alta, con un portamento regale, adorava il teatro, la cucina e i cappelli, amori che ovviamente mi ha tramandato in toto. Passavo intere giornate nella loro casa poco fuori Torino, in aperta campagna, dove ho imparato a conoscere i cicli della natura e i frutti della terra. In casa si respirava una grande cultura per il cibo. Il fratello della nonna, Cornelio, è stato uno dei fondatori dell’Accademia della Cucina Italiana con sede da Checco il carrettiere a Roma. E proprio la cucina era il luogo dove si sviluppano tante relazioni familiari. La preparazione del pranzo o della cena diventavano momenti unici di convivialità; tutti partecipavano, ognuno con un proprio compito specifico. Ricordo che ogni piatto finiva per diventare un racconto. Ripensandoci oggi potrei paragonare la mia
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infanzia ai grandi spettacoli teatrali del ‘900. Potrei raccontarti un aneddoto per ogni pranzo o cena che ho preparato insieme alla nonna e alla mia famiglia. A volte credo di aver vissuto dentro alcune opere di Goldoni. Grazie alla nonna ho imparato a cucinare, anche con pochi ingredienti. Quando avviene l’incontro con il teatro, quello vero? La nonna mi portava spesso, anzi spessissimo a teatro. Ricordo i pomeriggi passati al Gerolamo, “la piccola Scala di Milano” oppure all’Angelicum. Non ci facevamo mancare neanche i concerti di musica classica. Come detto prima la nonna aveva un amore sfrenato anche per i cappelli e passavamo tanto tempo in queste magnifiche sartorie ad ammirare e provare copri capi e abiti su misura, se vogliamo anche questo è un aspetto teatrale della mia infanzia. La passione per il teatro ad un certo punto della tua vita si è trasformata nel tuo lavoro. Quando e com’è successo? Quando decisi di iscrivermi all’Accademia di teatro i miei genitori si dimostrarono molto contrari volevano che finissi l’università. Ero iscritta
alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Mentre cercavo di finire l’università ho iniziato a lavorare come copywriter per un’agenzia pubblicitaria ma incontrai comunque per lavoro un attore e l’incontro fatale sia per la mia vita che per la mia carriera. (ho due figlie fantastiche!). A quel punto ho capito che non potevo sfuggire al mio destino e mi sono iscritta alla scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Da lì i primi spettacoli con le compagnie teatrali finché poco dopo ho fondato la mia compagnia teatro degli Angioli e fin da subito ho deciso di far entrare la mia grande passione per il cibo nel teatro. Il primo debutto come “attrice ai fornelli” è stato “Suzanne Valadon! A cena con gli impressionisti”. Lo spettacolo è costruito per ingredienti: attraverso il cibo, i vari ingredienti tipici della cucina francese, viene raccontata la storia di questa pittrice spesso dimenticata, madre di Utrillo, modella di tanti suoi contemporanei oltreché pittrice di grande talento. Ad esempio in una scena tutta Parigi si trasforma in un’immensa zuppa di cipolle, o le madelaine viste in una pasticceria diventano il sogno di un riscatto sociale. Il mio intento è di fare entrare la magia della
" La nonna, dalla quale ho ereditato il nome, era di una bellezza sconvolgente molto alta, con un portamento regale, adorava il teatro, la cucina e i cappelli, amori che ovviamente mi ha tramandato in toto."
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cucina in quella del teatro. In fondo entrambi sono magia: il cuoco è paragonabile ad un mago, come lui deve mettere insieme il tutto nelle corrette proporzioni ed aspettare i giusti tempi affinché il risultato sia ottimale, cucinare è quasi un’operazione alchemica, dal’altro canto il teatro è magia, è un mandala che tutte le sere si ripete ma mai in modo uguale, il pubblico cambia, ogni volta io assorbo l’energia che mi trasmette e la trasformo portandola sulla scena. Da qualche tempo iniziata una nuova collaborazione con Emilio Bosco, presidente dell’associazione Assapurari, dalla quale è nato uno spettacolo per i bambini ce ne vuoi parlare?
Lo spettacolo si chiama “La piazza dei saperi e dei sapori” e nello specifico io interpreto una maga pagnotta che vuole diventare una fata. Per raggiungere il mio obiettivo devo condurre i bambini, dalle cattive abitudini alimentari, che sono finiti nel deserto delle bananine lungo un percorso fatto di conoscenza e consapevolezza del cibo. Un viaggio in salita lungo una simbolica piramide alimentare. Lungo il tragitto incontriamo le fate scienziate (medici nutrizionisti dell’Università degli studi di Milano-Bicocca) e una contadina che spiega ai bimbi l’importanza della stagionalità e territorialità dei prodotti. Infine l’incontro con il Barone Assapurari che raccon-
ta i piatti regionali spiegando di come ogni regione abbia le proprie tradizioni culinarie ma anche da come con l’utilizzo degli stessi ingredienti possano nascere diversi piatti tipici. In sostanza portiamo in scena una favola allo scopo di insegnare ai più piccoli come mangiare in maniera corretta. Chiediamo a Valeria di dedicare una ricetta a The Food Gazette e ovviamente anche i questo caso è in grado di stupirci proponendoci la “Torta Marilyn Monroe” Torta di mele di Marilyn Monroe
una ricetta per the food gazette Torta di mele Marilyn Monroe
Ingredienti:
Una mela dalla buccia rossa non troppo farinosa da tagliare a fettine. 3/4 banane tagliate a fettine da lasciar marinare nel rum ( ma è squisito anche con grappa o calvados),155 gr. di farina, 55 gr. di zucchero di canna, 230 gr.di zucchero, 50 gr. burro piÚ 100gr. di burro ammorbidito, 60 ml. di sciroppo di acero, 4 uova, lievito 1/2 bustina, 1 baccello di vaniglia (o 1 bustina di vanillina), un pizzico di sale.
procedura:
Mettere 50gr. burro, lo zucchero di canna e lo sciroppo d'acero in un tegamino e far sciogliere a fuoco medio per 10 minuti fino a quando lo sciroppo è denso e dorato. Versarlo il composto in uno stampo di circa 23 cm di diametro unto o antiaderente e sistemare le mele a raggiera. Montare 100gr di burro con lo zucchero bianco fino ad ottenere una crema chiara e omogenea, quindi aggiungere le uova una alla volta, mescolando energicamente. Aggiungere ed amalgamare la vaniglia, le banane, la farina il lievito e il sale e versare il composto sopra le mele col caramello. infornare per 35 minuti a 180°. Davvero ottima tiepida con del gelato alla vaniglia o della crema inglese.
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people
INSTAFOOD
@myhealthyfoodvibe Stefania bulgarelli italia
"Mangiare è una necessità. Mangiare intelligentemente è un'arte." Francois De La Rochefoucauld Adoro tutto ciò che stimola la mia fantasia e che mi permette di sfidare me stessa e ho trovato nello sport e nel healthy food il connubio perfetto. La cura del corpo è per me fondamentale perché il benessere fisico genera anche benessere d’animo e oggi sono una “ghisa addicted” e una Spartan racer per diletto. “Stare bene” significa anche “mangiare bene” e il cibo pulito mi emoziona per i colori, i sapori e i profumi e ancor più cucinarlo
perché ogni volta che lo faccio immagino la forma che prenderà quel piatto. Credo fortemente che ognuno di noi sia ciò che mangia, ma non riesco a limitarmi al concerto di puro nutrimento perché il cibo è piacere e, per questo, adoro deliziarmi con gli occhi ancor prima che con il palato...e forse è per questo che quando pubblico una ricetta mi piace augurare ENJOY
LA MIA RICETTA
Porridge in calice “Chic che non impegna”
ingredienti • 60 gr di fiocco d’avena aromatizzato all’espresso napoletano di BPR NUTRITION • 100 gr di acqua • 100 gr di albume d’uovo • 1 banana • 1 yoghurt greco senza lattosio • Amaretti mignon decorativi • Crema spalmabile al cioccolato bianco di FUNCTIONAL FOOD
PROCEDIMENTO
Preparare il porridge versando i fiocchi di avena in un
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pentolino con l’acqua e cuocere a fuoco basso per un paio di minuti e aggiungere l’albume continuando a mescolare fino a quando avrà raggiunto una consistenza compatta. Frullare la banana con il mixer e unirla allo yoghurt. Versare il porridge nel calice componendo il primo strato, aggiungere la crema di yoghurt e decorare con gli amaretti e la crema al cioccolato bianco...ENJOY
INSTAFOOD
@mieledilavanda nunzia bellomo italia
Nunzia Bellomo è una per il cibo (soprattutto foodblogger e autrice del quello pugliese) e la blog “Miele di Lavanda”, passione per la fotografia su cui condivide ricette, attraverso il racconto immagini e video. web e digital. Vanta numerose Piatti semplici e collaborazioni con brand facilmente realizzabili della gastronomia, preparati con cura e con chef, partecipa ed passione, dove racconta organizza eventi e tour per in modo semplice e la valorizzazione del cibo trasparente di lei, del e del territorio. territorio che la circonda, E’ assistente chef in non trascurando il due scuole di cucina benessere psico-fisico ed è presente in diversi che inizia guarda caso programmi televisivi. proprio a tavola! Grazie al suo blog ha potuto coniugare l’amore
LA MIA RICETTA
grilled chiplote rib steak
ingredienti
Costata di manzo da 220gr (3cm di spessore)
dry rub
1/2 cucchiaino di peperoncino chipotle macinato 1/4 di cucchiaino di pepe nero macinato 1/2 cucchiaino di aglio in polvere 1/4 cucchiaino di sale
PROCEDIMENTO
In una piccola ciotola mescolare delicatamente e in modo uniforme tutti gli ingredienti della miscela secca. Lasciare riposare la bistecca a temperatura ambiente per almeno 15 minuti prima di strofinare con un impasto a secco. Prendi metà del tuo mix di sfregamento a secco e strofina su un lato della bistecca.
Capovolgere la bistecca e usare il composto secco rimasto e strofinare bene nella bistecca. Riscalda la griglia su fuoco medio alto e griglia per circa 3 o 4 minuti su ciascun lato solo ruotando una volta per raggiungere una temperatura media di 135-140 gradi Lasciare riposare e riposare per alcuni minuti prima di affettare. Cuocere la bistecca secondo i propri gusti, regolando il tempo di cottura secondo necessità.
cosè il dry rub?
Letteralmente «massaggio secco», è un misto di sale, spezie e occasionalmente zucchero con cui si preparano certi tipi di carne prima della cottura. Il nome deriva dal «massaggio» con il quale si applica questa miscela.
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la ricetta
asparagi, è primavera
Una rondine non fa primavera… ma un asparago sì The Food Gazette ha deciso di portare in tavola la crema di asparagi Il mese di marzo celebra l’arrivo della primavera e del sole. La natura si risveglia lentamente dal lungo sonno invernale ed esplode in mille colori. Dopo la stagione fredda ci si può finalmente rilassare al sole e come raccomandano i medici, occhio alla scelta della crema protettiva. Anche noi di The Food Gazette abbiamo un consiglio in merito; con l'arrivo del sole vi consigliamo un’ottima crema di asparagi, ortaggi protagonisti indiscussi di questo periodo. Esisto tantissime varietà di asparagi noi vi segnaliamo il nostro poker d’assi: Bianchi: sapore molto delicato e coltivati in assenza di luce. Verdi: sapore marcato, tendente al dolciastro germogliano all’aria aperta. Violetti: sapore rustico, tendente all’amaro sono in realtà gli asparagi bianchi coltivati al sole. Il colore violetto è l’abbronzatura. Selvatici: sono gli asparagi di campo.
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Ingredienti: 600 gr di asparagi 1l brodo vegetale 2 cucchiai di farina 00 1 noce di burro ½ cipolla Panna 2 cucchiai da tavola Sale e pepe qb
procedimento: Lavate gli asparagi e tagliateli in piccole rondelline eliminando la parte finale più dura. Fateli scottare per un paio di minuti in acqua bollente. In una casseruola fate sciogliere una noce di burro, unite la cipolla finemente affettata e lasciate stufare a fuco lento. Aggiungete gli asparagi con la farina e coprite il tutto con il brodo. Salare e pepare a piacere e far cuocere a fuoco lento per 15 minuti. A cottura ultimata aggiungere la panna. Frullate il tutto. Decorate a piacere con crostini di pane o granella di mandorle tostate.
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La golosità ha sull’amore mille vantaggi. Ma il più importante è che, mentre bisogna essere in due per abbandonarsi all’amore, si può praticare la golosità da soli, anche se l’abate Morellet ha detto: “Per mangiare un tacchino al tartufo bisogna essere in due: il tacchino e se stessi”. (Guy de Maupassant)
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