9 771826 142007
ISSN 1826-1426
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STEFANO ZENONI
INTERVISTE: Maurizio Allegrini Chorus Life Lara Magoni Maurizio Gotti
DICEMBRE / GENNAIO 2016 / 2017
Anno 19 - N°6 Dicembre 2016/Gennaio 2017 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, LOM/BG In caso di mancato recapito inviare al CDM di Bergamo, per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Prezzo euro 3,00
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Edito riale
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a come...siamo già in prossimità del Natale? E dunque i mie quattro lettori si immagineranno rubriche natalizie: alla "Bianco Natal" e compagnia bella. Invece no, quest'anno proprio non ce la faccio a reggere la retorica natalizia. Sarà l'età? Sarà l'effetto deja vu della formula del "vogliamoci tutti bene almeno a Natale" che poi tanto tutto torna come prima? Facciamo che questo Natale passi come dovrebbe essere: come una festa aperta ai riti da single, da famiglia, da famiglia allargata che perseguono come obiettivo minimo un po' di pace, di serenità, un recinto protetto dal solito ritmo convulso della quotidianità, un luogo per fermarsi e godere della reciproca compagnia. Detto questo, nel tempo del vuoto cosmico-gastronomico del Natale ci sta anche la possibilità di sfogliare la nostra rivista, su cui incontrare la ricchezza della nostra città. Della sua imprenditorialità, per fortuna ancora in buona salute, come dimostra l'azienda di Maurizio Allegrini. Anche il progetto Chorus Life, porterà una ventata di vitalità sul nostro territorio: si tratta della riqualificazione dell’area ex Ote, dove sorgerà (anche) il nuovo palazzetto dello sport. Infine non può non accendere le nostre speranze la storia di una Lara Magoni che dalle piste da sci scollina verso le pianure del Pirellone. E come di consueto lasciamo spazio alla voce della nostra Università che si fa sentire grazie all'interessante intervista del prof. Maurizio Gotti che dirige il Dipartimento di Lingue e Letterature straniere Buona lettura! e.lanfranco@inwind.it
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di Emanuela Lanfranco Direttore Responsabile
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Approfondimento
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Di setta in setta: da Manson a oggi
nni Settanta: a detta del biografo Jeff Guinn, Charles Manson era stato un manipolatore d’eccellenza sin dalla scuola elementare quando
era capace giĂ di convincere i compagni di classe ad aggredire le persone che non gli piacevano. In riformatorio prima e in galera poi in un viavai ventennale che gli
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di Emanuela Lanfranco
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fece frequentare le carceri per reati vari si trasferì infine allo Spahn Ranch, il set abbandonato di un film western, dove convinse i suoi seguaci a iniziare "l’Helter Skelter”, una guerra razziale che era stata predetta nella canzone dei Beatles contenuta nel White Album, la quale si sarebbe conclusa con l’apocalisse e un eventuale dominio di Manson sul mondo. Siamo arrivati al ’69 quando i membri della “Family Manson” commisero una serie di crimini che culminarono con l’omicidio di Sharon Tate, moglie del regista Roman Polansky, incinta all’ottavo mese di gravidanza, e di altri quattro ospiti sfortunatamente presenti a casa sua la notte successiva: Leno e Rosemary LaBianca. Ora Manson è ancora in prigione insieme ai molti componenti della “family”. Seguire le dichiarazioni che gli appartenenti a questa setta hanno rilasciato nel corso degli anni fa ben comprendere che la loro scelta fu vissuta proprio come adesione a un modello di vita dedicato agli ordini di un capo. Insomma è evidente che non si è trattato solo di un caso di cronaca nera. Culti ed estremismi di gruppo hanno abitato anche i decenni
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successivi: Skinhead, neonazi, negli anni Ottanta, e oggi praticanti dell’islamismo radicale prima online e poi nei fatti. Per entrare in un mondo allucinante basta guardare un interessante documentario canadese che gira sul web: si racconta la storia di tre persone che, indottrinate con motivazioni diverse, sono state poi “deprogrammate” con il discusso metodo di Ted Patrick per combattere il fenomeno dei culti, noto anche come reverse brainwashing. Fa lo stesso effetto quando leggiamo le dichiarazioni di quanti, apparentemente tranquilli cittadini delle nostre democrazie, vengono risucchiati nel gorgo inspiegabile di fondamentalismi religiosi che ci ricordano orizzonti medievali, fatti del buio di un cielo senza stelle e del rosso del sangue e dei roghi, come se tutto lo sforzo fatto nei secoli dall’uomo occidentale per costruire tradizioni di pensiero critico fosse vanificato da quei gesti. Ragazzi che buttano via la loro vita seminando morte, kamikaze che bruciano l’esistenza propria e di innocenti per seguire una Parola, un ordine, un progetto meticolosamente organizzato verso la
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morte e dimentico perfino di quell’istinto di sopravvivenza che guida tutte le speci viventi. Forse non si tratta solo della scelta di disperati o del gesto di folli, ma del venire a galla di un bisogno oggi condiviso a più livelli di regole rigide e autoritarie. Anche nell’ambito delle religioni le tradizioni si stanno moltiplicando, ciascuna nel segno di steccati e di chiusure sempre più ossessive per gridare la propria identità: sciiti contro sunniti, ebrei fondamentalisti contro ebrei riformati e così via. Come se il dissolversi di chiese e stati generasse negli individui il bisogno di aderire a stili di vita diretti dalla mano di un Altro: un capo, un leader, un’idea ossessiva legata al bisogno di una Verità con la lettera maiuscola, assoluta e rassicurante per chi diventa incapace di pronunciare la banale parola “io”. Insomma de “il sonno della ragione (che) genera mostri“ aveva già parlato Goya in un’acquaforte a cavallo tra Settecento e Ottocento. Ma il lungo cammino, fatto sulla strada della costruzione di un mondo di individui che pensano con la propria testa, sembra essere oggi più che mai da continuare.
Sommario
Città dei Mille - anno 19 n. 6 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001 Editore: AD Communication S.r.l. direzione@adcommunication.it www.adcommunication.it Direzione e Redazione: Viale Giulio Cesare, 29 Bergamo Tel. 035 35 91 011 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Emanuela Lanfranco Redazione: redazione@cittadeimille.com Abbonamenti: 035 35 91 011 1 anno - 27 euro Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg) Pubblicità: Tel. 035 35 91 158
Editoriale Approfondimento
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cover story
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in Vetrina
Da Le Gout piatti tipici regionali e cucina fusion Accademia della Guardia di Finanza I sogni «think pink» di Francesca Bellavita x Luberg, cerimonia di premiazione 2016
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vip & news
«Mi piace inventare nuovi prodotti» Un'opportunità per Bergamo Lara Magoni: dalle piste innevate alla politica per sostenere i deboli e la montagna Lingue e Letterature Straniere: laurea sempre attuale e richiesta dal mondo globalizzato del lavoro
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interviste
Presente Futuro Luberg Cucina Spiritualità Motori Arte Cinema il Pensatore il Veterinario
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rubriche
Il meglio dell'antiquariato in mostra alla Fiera di Bergamo Giovani, Robotica e Informazione 2.0 nel successo di BergamoScienza
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cultura
Mi presento: sono Stefano Zenoni, l'artigiano dell'occhio
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Mi presento: sono Stefano Zenoni, l'artigiano dell'occhio
Così si definisce l'oculista, primario per 12 anni a Bergamo, che ha dedicato la sua vita a sviluppare le tecniche chirurgiche più complesse ed evolute del settore
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apita nella vita di incontrare persone speciali, che ti cambiano la vita in meglio. Tra queste, alcuni medici che, più di ogni altro, possono risolvere gravi problemi di salute. Come quelli di chi è afflitto da una seria malattia o da una menomazione fisica e per questo vive un'esistenza fatta di sofferenze e difficoltà sia nello svolgere compiti complessi sia nel compiere piccole azioni quotidiane anche banali, come leggere, scrivere, cucinare, vestirsi, guidare l'automobile. Proviamo, proprio ora, a chiudere
gli occhi per dieci secondi. Possiamo muoverci e sentire i suoni intorno a noi, toccare gli oggetti che ci circondano. Ma il buio ci avvolge, ci limita in ogni gesto e ci fa provare una sensazione di vuoto e di angoscia. Chiudiamo quindi un occhio e ruotiamo la testa a destra e a sinistra; afferriamo un oggetto e portiamolo in una stanza vicina a quella dove ci troviamo. Sempre con la visuale dimezzata, se possibile, guardiamo la televisione o il paesaggio fuori dalla finestra. Molto meglio che essere al buio,
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di Claudio Bonaschi
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ma certamente abbiamo sperimentato, seppur per un breve tempo, una condizione disagevole e innaturale. Questa premessa ed il “gioco” che abbiamo fatto cercando di capire cosa si prova nel perdere la vista anche solo parzialmente, ci introducono ad una persona speciale: Stefano Zenoni. Medico oculista di fama internazionale, nella sua lunga carriera ha restituito la vista a centinaia di uomini, donne e bambini. Negli ultimi 30 anni sono più di 20mila, infatti, gli interventi di microchirurgia oculare che ha eseguito. Speciale anche perché già dalla fine degli Anni '80 ha reso possibile in Italia una maggiore diffusione del trapianto di cornea, collaborando attivamente con l'AIDO nel prelievo e conservazione del tessuto corneale. Trapianto che ha eseguito centinaia di volte, anche durante i 12 anni di permanenza come primario ai Riuniti di Bergamo, dove il suo reparto diviene un esempio di eccellenza conosciuto in tutto il mondo. Lo è per aver messo a disposizione di tanti cittadini le sue grandi doti. Innate, sì, ma che non avrebbe sfruttato senza aver fatto ricerca negli Usa, dedicando tanti anni agli studi (con 250 pubblicazioni scientifiche all'attivo, ndr); come quelli per lo sviluppo di nuovi sostituti vitreali e per affinare nuove tecniche mini-invasive di chirurgia vitreo-retinica, portati avanti collaborando con colleghi italiani e stranieri presso Istituti clinicoscientifici europei e statunitensi. Perché, come ci ha detto, “per crescere bisogna confrontarsi con gli altri e mettersi in discussione”. Parliamo delle sue origini e dei suoi studi universitari. «Sono nato a Milano 60 anni fa. Ho frequentato l'Università degli Studi di Milano dove mi sono appassionato alla Gastroenterologia. Giunto ad un passo dalla laurea, mio padre Renato, medico di base (originario di Leffe, ndr), facendomi notare che mai, in vita sua, mi aveva rivolto una simile richiesta specifica, mi chiese di realizzare il suo desiderio di avere un figlio oculista. Perciò, senza illuderlo circa le possibilità di entrare in Oftamologia, partecipai al concorso e lo vinsi, specializzandomi nel 1985 con il massimo dei voti e la lode. Le mie prime esperienze
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in ospedale risalgono a quegli anni nel reparto di oculistica del San Gerardo di Monza». Qui lavora al fianco del primario Vito De Molfetta - suo mentore ed amico - ed insieme a colleghi con il suo stesso spirito, votato alla crescita professionale, apprende e sviluppa le tecniche della micro chirurgia oculare. Cosa hanno rappresentato quegli anni per la sua formazione clinica e chirurgica? «Erano anni di grande dinamismo e sperimentazione. Nell'86 e '87 ho eseguito le prime vitrectomie e nell'89 ho ricevuto l'autorizzazione del Ministero della Sanità per il trapianto di cornea. Negli Anni '90 raggiungo il ruolo di aiuto primario ed intraprendo numerosi viaggi negli Usa, a Memphis, a Boston e a Baltimora, dove ho la grande possibilità di condurre ricerche specifiche sui sostituti vitreali e la chirurgia su retina». Il corpo vitreo è una massa gelatinosa, trasparente ed incolore che riempie i 4/5 posteriori dell'occhio umano, per la precisione contenuta nella camera vitrea che è lo spazio compreso tra la superficie posteriore del cristallino e la retina. (Fonte: wikipedia).
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Perchè proprio gli States. Che vantaggi ha ricevuto lavorando a così grande distanza da casa? «Gli americani sanno cogliere velocemente le occasioni che si presentano per creare innovazione. Sono aperti al dialogo e a valorizzare chi ha le qualità che fanno la differenza. In ogni campo. Qui, grazie ad una burocrazia snella e alle grandi risorse per la ricerca e la sperimentazione, abbiamo sviluppato una strumentazione specifica per la chirurgia endooculare - pinze e forbici vitreali ad esempio – che in breve tempo abbiamo distribuito anche all'estero. Fondamentali sono state le collaborazioni con i grandi specialisti d'oltreoceano Felipe Tolentino, Hall Freeman e Steve Charles, utili per confrontare approcci e tecniche chirurgiche differenti». Viaggiare apre la mente, si dice. «Esatto. Anche frequentando congressi scientifici e collaborando con i colleghi di altre strutture c'è sempre qualcosa da apprendere. Io ho imparato osservando gli altri operare ed ho sempre pensato che il confronto debba essere condotto con uno spirito critico costruttivo». Nel 1999 è primario a Ponte San Pietro
e con il nuovo millennio è a Bergamo. «Al Policlinico San Pietro ho trovato medici con una preparazione eccezionale e con il giusto atteggiamento per migliorarsi e apprendere: entusiasmo e curiosità. Nel 2000 sono a Bergamo come primario ai Riuniti. In pochi anni riesco ad attuare una politica rivolta all'introduzione di nuove tecniche ed alla formazione di validi chirurghi, senza dimenticare l'attenzione dedicata alla riabilitazione del paziente ed al confronto con altre realtà in Italia e all'estero. Di conseguenza aumentano i pazienti curati ed il prestigio del reparto. Qui a seguito delle richieste di pazienti che provengono da tutta l'Italia e dall'estero, soprattutto da zone di guerra, effettuo in prima persona numerosi interventi - circa 1000 all'anno – di chirurgia vitro retinica e trapianti di cornea». Ci parli di questo intervento. «E' tra i pochi trapianti che si può effettuare espiantando l'organo anche alcune ore dopo il decesso del donatore, dato che non si è in presenza di vascolarizzazioni importanti, quindi di un'irrorazione sanguigna rilevante come per il cuore ed i polmoni ad esempio. Il rischio di rigetto
risulta quindi minore rispetto a quello che si riscontra per altri organi o tessuti. Per questo motivo può essere effettuato anche su anziani e neonati». Cosa si prova dopo aver restituito la vista ad un paziente? «Emozioni positive e la consapevolezza di aiutare il prossimo: un valore cristiano ed io sono credente. Nella mia carriera, ci tengo a sottolinearlo, mi sono battuto anche per ciò che consegue ad un'operazione di una certa entità. Pensando che il paziente non debba essere abbandonato a se stesso dopo un intervento impegnativo. La chirurgia, infatti, non sempre porta ad un recupero completo della funzione visiva. Per questo è importante che il paziente venga seguito – soprattutto in età pediatrica o nel caso di paziente monocolo – nella riabilitazione visiva. A tale scopo, specie nei primi anni della mia attività presso i Riuniti di Bergamo, ho istituito ed organizzato apposite strutture, le quali nel tempo hanno fatto sì che l'ospedale di Bergamo assurgesse una rilevanza nazionale, diventando centro di riferimento per altre realtà. Lo scopo, lo sottolineo nuovamente, è stato e lo è
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tuttora, quello di aiutare chi ha sofferto e chi soffre di gravi deficit visivi, a recuperare la funzionalità motoria e sensitiva dell'occhio, ove possibile, e ad abituarsi ad una nuova condizione fisica e psicologica che a volte è vissuta in modo traumatico e che coinvolge anche la sfera famigliare del paziente». Lei è veramente inesauribile. Mi hanno confidato che una volta entrato in sala operatoria non ne uscirebbe mai! Ed anche che, nel suo curriculum ci sono diverse collaborazioni come docente universitario. «Tutto vero. Mio nonno materno era appassionato di orologeria. E sembra sia da lui che ho preso la manualità necessaria per diventare il chirurgo che sono oggi. Mi autodefinisco un “piccolo artigiano dell'occhio” (e qui scatta un sorriso). Operare mi entusiasma, mi rapisce ed appassiona ogni volta come fosse la prima. Un amore vero. Prima di ogni intervento sono calmo e rilassato, mai ansioso e preoccupato. Lo considero un grande vantaggio. Per quanto riguarda le collaborazioni con alcuni atenei (Università degli Studi di
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Milano, Università di Bergamo, Clinica Oculistica Universitaria di Pavia e Scuola in Oftalmologia dell'Università degli Studi dell'Insubria di Varese per citarne alcune, ndr) sono la naturale conseguenza di un'altra mia grande passione: l'insegnamento. Dalle lezioni ai giovani specializzandi alla formazione rivolta ad insegnanti di sostegno e psicologi, dai grandi stage ai master, poter trasmettere la mia esperienza agli altri, specie ai giovani, mi ha sempre dato grandi soddisfazioni». Cambiamo argomento. Ci parli del suo rapporto con Bergamo. Da tanti anni vive qui. Cosa le piace della città e dei suoi abitanti e che cosa cambierebbe? La città è accogliente e a misura d'uomo, anche se non mancano i problemi cronici di tante altre realtà italiane, dal traffico allo smog, senza dimenticare la mancanza di parcheggi e le carenze della mobilità pubblica. Bergamo la vorrei, inoltre, più aperta ai giovani, che qui a mio parere fanno fatica ad esprimersi. Tra i pregi certamente il grande senso sociale e civile e la grande generosità dei bergamaschi, che mi hanno accettato da subito e mi hanno sostenuto sempre, in ogni scelta ed anche nei momenti difficili. In città ha il suo studio. Che servizi svolge e che punti di forza può vantare la sua struttura? «In via Panseri posso eseguire diversi esami. Grazie a strumentazioni costantemente aggiornate che mi aiutano a diagnosticare e valutare diverse patologie complesse che richiedono cure con presidi locali ma anche trattamenti ed interventi chirurgici. Nel mio studio posso valutare e programmare interventi di chirurgia che interessano sia la parte anteriore dell'occhio (chirurgia refrattiva, trapianti di cornea, cataratta, glaucoma, ndr) sia la parte posteriore (maculopatie, retinopatie, chirurgia vitro-retinica). Laddove si renda necessaria un'operazione sono supportato da cliniche private o convenzionate di Milano. Ai miei pazienti come anche a chi per la prima volta si rivolge a me per un parere, suggerisco visite di controllo con cadenza annuale. La prevenzione è infatti il miglior modo per evidenziare eventuali patologie prima che possano arrecare gravi danni. In questo senso la sensibilizzazione da parte dei medici di base e dei
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cittadini negli ultimi anni è notevolmente aumentata, portando ad un incremento di diagnosi tempestive e cure appropriate». Un uomo come lei, dinamico nel lavoro, aperto e sensibile nei rapporti umani con colleghi e pazienti, come impiega il tempo libero. E' uno sportivo? «Da giovane ho imparato ad amare lo sport. Ero una promessa del nuoto. Ho poi preso passione per le immersioni subacquee e praticato lo sci estremo. Passioni che, impegni di famiglia permettendo, mi sono rimaste. Quando sono a casa mi piace suonare il pianoforte, come anche lasciarmi coccolare dai miei gatti. Sono un grande amante degli animali, la cui compagnia mi da un bellissimo senso di pace e di serenità. Relazionarmi con loro non solo mi fa apprezzare il loro affetto, ma, seppur in minima parte, anche il fatto di entrare a far parte del loro mondo. Gli animali ci donano affetto ed amicizia senza nulla chiedere, in modo naturale e incondizionato; dalla loro semplicità e dalla gratitudine che ci restituiscono in tanti modi per il fatto di accudirli, possiamo apprendere piccole e grandi lezioni di vita». Un sogno nel cassetto che ha realizzato? «Quattro anni fa la partecipazione ad una missione umanitaria. Sin da giovane
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ne sentivo il desiderio, diventato poi una necessità. Il viaggio con meta Benin è stato reso possibile dall'Associazione Soleil d'Afrique coordinata dal missionario laico Danilo Tonin. Affiancato da un bravo specialista di Torino, tra mille difficoltà logistiche e di comunicazione con gli abitanti locali, con molta fatica ho superato mille ostacoli riuscendo a visitare tante persone ed intervenire su diverse patologie oculari. Sforzi e disagi ampiamente ripagati dai risultati che in alcune settimane di permanenza mi hanno visto protagonista di tante manifestazioni di gratitudine e di simpatia: dagli sguardi commossi di chi ha riacquistato la vista agli inviti a conoscere le tradizioni della comunità. Il tutto in una cornice di grande povertà, ma anche dignità, spirito di aggregazione ed allegria, come quella dei bambini che ad ogni occasione uscivano numerosi dalle abitazioni per incontrarmi».
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Da Le Gout piatti tipici regionali e cucina fusion
i ha preso gusto Idris Kabore, 3 8 e n n e n e o r i s t o r a t o re i n Bergamo, che dopo aver inaugurato, lo scorso 8 settembre, un ristorante tutto suo, ha di recente partecipato alla “Prova del Cuoco”, nota trasmissione Rai condotta da Antonella Clerici, dove si è cimentato con un piatto tipico del Sud, la mozzarella in carrozza. Originario del Burkina Faso è giunto in Italia giovanissimo al seguito del padre. Dopo gli studi da cuoco a Genova ha trovato moglie a Napoli, città che ha lasciato il segno nella sua formazione culinaria. Difatti nel suo locale, “Le Gout” di Via Masone, all'angolo con Via Matris Domini, propone diverse specialità mediterranee a base di pesce. Imperdibile il risotto ai cinque mari, con calamaro, polipo, cozze, vongole e gamberoni.
La sua cucina è quella regionale italiana, con non poche divagazioni creative che strizzano l'occhio all'oriente. Ne è un esempio il tonno al sesamo “giapponizzato”, con cipolla di tropea caramellata e salsa di soia. Le Gout è aperto tutti i giorni anche per pranzi di lavoro e cene aziendali su prenotazione. Il ristorante, il cui stile mescola antichi affreschi con elementi moderni, dispone di una sessantina di posti a sedere e dà la possibilità ai suoi clienti di concordare menù a tema e piatti tipici per ogni ricorrenza.
Via Masone, 2- ang. Via M. Domini - Bergamo Tel.: 035.231617 Aperto tutti i giorni 12-15 e 19-24
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Accademia della Guardia di Finanza
Il Comandante Generale C.A. Giorgio Toschi consegna la Sciarpa Azzurra ai Sottotenenti del terzo anno di Accademia
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n giorno destinato a rimanere a lungo nelle memorie degli Ufficiali Allievi del 114° Corso del Ruolo Normale "Berane III" e del 13° Corso del Ruolo Aeronavale "Scudo" dell’Accademia della Guardia di Finanza. Martedì 11 ottobre, 58 Sottotenenti del Ruolo Normale e 7 del Ruolo Aeronavale hanno ricevuto dalle mani del Comandante Generale della Guardia di Finanza, Gen. C.A. Giorgio Toschi, alla presenza dell'Ispettore per gli Istituti di Istruzione, Gen. C.A. Luciano Carta, e del Comandante dell'Accademia, Gen. B. Virgilio Pomponi, la Sciarpa Azzurra, simbolo tangibile di appartenenza alla categoria
degli Ufficiali. Nel corso del proprio intervento il Comandante Generale ha inteso evidenziare l’importanza del ruolo di futuri Comandanti di uomini delle Fiamme Gialle e le connesse responsabilità dell’azione di comando. L’origine della Sciarpa Azzurra sembra risalire alla metà del XIV secolo ed è legata al ricordo di un glorioso evento bellico, una crociata in difesa della civiltà occidentale guidata da Amedeo VI di Savoia, il quale volle che sulla sua nave ammiraglia, accanto allo stendardo rosso-crociato dei Savoia, sventolasse una grande bandiera azzurra in omaggio alla
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Santissima Vergine. Da quel momento gli Ufficiali portarono annodata in vita una fascia o sciarpa azzurra, che divenne poi obbligatoria nel 1572 per ordine del Duca Emanuele Filiberto di Savoia. Alla solenne cerimonia hanno preso parte anche gli allievi del primo e secondo anno d’Accademia e gli Ufficiali del quadro permanente.
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I sogni «think pink» di Francesca Bellavita
In uno dei locali più esclusivi di Milano, Don Lisander di via Manzoni, Francesca Bellavita ha presentato la sua prima collezione di calzature femminili.
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a collezione si ispira al mondo dei giocattoli deluxe e racconta di una realtà felice e incantata, ricca di sorprese e sorrisi, lo stesso mondo di Francesca Bellavita, già nota designer italiana . Ogni creazione è realizzata a Vigevano (la Mecca per la produzione delle calzature di lusso, dove moltissime maison, tra cui Manolo Blahnik, Christian Lou-boutin, Oscar de la Renta e Valentino, vanno alla ricerca dell’eccellenza del prodotto scarpa) completamente a mano, utilizzando materiali di qualità pregiata. E racconta di una realtà felice, ricca di party, sogni «think pink», sorprese e sorrisi, le stesse emozioni positive che provano i bambini, quando ricevono in dono un giocattolo nuovo. UNICORN - Il modello più iconico della collezione. Realizzato in pelle gommata fluo, con profili in camoscio, si ispira al mondo degli unicorni, i famosi cavalli alati che galoppano Over The Rainbow. CANDY - La scarpa più gustosa che ci sia, ispirata ai dolcetti stick americani.
MARSHMALLOW - Una tira l’altra: scarpe gommose e divertenti. La fibbietta è a forma di cuore in metallo silver, mentre il laccetto che chiude il sandalo è removibile tramite bottoncino a pressione nascosto, in modo tale da trasformare il sandalo in sabot. In base alle diverse occasioni. DREAMING Scarpa classy, in rettile rosa bon ton. MOON - Realizzata in rettile giallo con motivo a onda, iconico della collezione, il modello di scarpa è impreziosito da inserti di pvc rosa che ripercorrono il profilo della tomaia e fanno risaltare il collo del piede. A completare la silhouette della calzatura, il tacco in plexiglass rosa, dall’aspetto futuristico. Ogni scarpa è proposta in una scatola rosa shocking, che ricorda quella dei giocattoli degli anni Ottanta, dalla quale si intravede il singolo prodotto. In due versioni: una dedicata alle ballerine e una alle décolletté. Inoltre, ogni scatola è identificata
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da adesivi divertenti, colorati e ironici, diversi in base al modello, e da un piccolo libro/catalogo con tutti i modelli della stagione. La collezione Francesca Bellavita primavera/estate 2017 sarà disponibile dal prossimo marzo sul sito francescabellavita.com e in selezionati concept store in tutto il mondo. Francesca Bellavita è una designer freelance. Ha studiato fashion design all’Istituto Marangoni e si è specializzata in shoe design all’Ar-sutoria School di Milano. A soli 23 anni disegna la sua prima collezione di abbigliamento per Colmar Originals, anticipando le tendenze dello sportswear cool & chic. Oggi collabora con diversi marchi, tra cui Champion ed Erreà Republic. Con questa prima collezione di calzature, Francesca concretizza il suo più grande sogno: quello di realizzare scarpe per le donne sexy, ironiche, sicure di sé (che non si prendono mai troppo sul serio!) e divertenti di tutto il mondo.
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Bocciofila Bergamasca Presidente Giuliana D’Ambrosio
abato 19 novembre, presso il mitico Ristorante Cantalupa, si è svolta la serata di chiusura d e l l’ a n n o s o c i a l e d e l l a B o c c i o f i l a Bergamasca. Ho voluto di proposito intitolare, o dedicare, questa pagina a Gi u l i a n a , n o n p e rc h é m i l e g a a lei un’amicizia di lunga data, anche questo, ma soprattutto per sottolineare la “generosità” che sempre La distingue. La serata è dedicata innanzitutto ai bocciofili che anche quest’anno si sono distinti a livello Regionale q u a l i f i c a n d o s i p r i m i n e l To r n e o a copie: i signori Br ugali Valerio/ Ghilardi Bernardo e Barzetti Roberto/Quadri Claudio. Ma, non per secondo, il motivo della serata è sempre quello di poter
dedicare un momento di solidarietà a chi ha bisogno così, grazie alla generosità degli Sponsor, e di Gi u l i a n a , a n c h e q u e s t a v o l t a c o n la “Lotteria”, momento più atteso della serata, si è potuto donare un contributo all’Associazione Oncologica Bergamasca A.O.B. ritirato dal Presidente Onorario A.O.B. dottor Roberto La Bianca. I l p r e m i o Fe d e l t à a l l a Tr a t t o r i a D’Ambrosio è stato consegnato a Mario Aver e a Tahtaoui Mina. Un riconoscimento anche a Lorenzo Riva stilista di fama mondiale e, il premio più caro a Giuliana quello alla memoria della sua Mamma, la Si g n o r a A n n a , m a d r i n a i n v i s i b i l e dell’evento. Questa serata, condotta con grande
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maestria da Reno Morazzini, e a l l i e t a t a d a l l e m a s c h e r e d i Fr a n z Cancelli, è diventata ormai un appuntamento annuale per la città, più di quattrocento persone hanno partecipato e tra gli ospiti, personaggi del mondo politico, militare, industriale… semplicemente in veste di amici.
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Luberg, cerimonia di premiazione 2016
In occasione del tradizionale evento di fine anno, l’associazione dei laureati dell’università di Bergamo ha premiato i vincitori del Concorso Letterario e nominato anche il laureato ed i neolaureati dell’anno.
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i è tenuta il 9 novembre scorso, nella suggestiva Aula Magna di Sant’Agostino, la cerimonia di fine anno di Luberg, l'associazione dei laureati dell'Università di Bergamo. All'incontro, moderato da Fulvio Giuliani, voce di RTL, hanno partecipato il presidente dell’associazione, Domenico Bosatelli con tutti i consiglieri che nel corso degli anni hanno partecipato alle iniziative promosse. “Quando abbiamo deciso di partire con LUBERG", ha raccontato in apertura Bosatelli, "ho trovato subito collaborazioni con persone molto professionali che hanno fatto partire il progetto con entusiasmo. L’università e i suoi laureati hanno elevato notevolmente la caratura sociale e culturale di tutta la Città. LUBERG vuole essere una leva sociale anche per il futuro perchè dobbiamo riuscire a tenere in città questi ragazzi e il talento che possono esprimere. Il successo dell’associazione è stato per me e
tutti i soci fondatori molto stimolante ma anche divertente per l’anima e la mente”. Anche il rettore dell’ateneo bergamasco, Remo Morzenti Pellegrini, ha sottolineato come "le occasioni di incontro LUBERG siano un buon momento per fare il punto e ritrovare volti e sorrisi che è sempre un piacere incontrare. I veri protagonisti della serata sono gli studenti che sono stati premiati. Abbiamo voluto andare incontro ad una sfida essenziale: dare fiducia alle nuove generazioni. Non sappiamo come potrà essere il mondo professionale del prossimo futuro, ma dobbiamo immaginarlo e programmarlo. L’Università deve riuscire anche a stare al passo coi tempi, in questo mondo che cambia in maniera sempre più rapida. E questo può avvenire con il contatto delle idee”. L’applauditissimo intervento del rettore è stato accompagnato anche dalla notizia della partecipazione del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alla prossima cerimonia
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di inaugurazione dell’anno accademico. Anche Giovanna Ricuperati, consigliere dell’associazione, ha sottolineato nel corso della serata “il senso di forte appartenenza e riconoscenza a questo club, che mi ha dato molto e a cui mi sento sempre di dare molto. Qui si incontrano continuamente la dimensione del fare e del sapere, tipici anche della cultura del territorio bergamasco. Insieme abbiamo lavorato per sviluppare e spingere quello che deve e può essere un’economia intelligente. E lo facciamo liberi, neutrali e sopra tutte le parti”. Al termine della cerimonia, il presidente Bosatelli ha rivolto un invito a tutti i giovani laureati: “i ragazzi devono riuscire a tirare fuori le unghie e i denti per avere successo. Bisogna avere idee, le conoscenze e i mezzi. Le idee vanno cercate, le conoscenze acquisite, i mezzi presi. Questi ragazzi”, ha concluso, “sono capaci e volenterosi, ora devono solo darsi da fare per raggiungere i loro obiettivi e i loro sogni”.
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«Mi piace inventare nuovi prodotti»
Maurizio Allegrini gestisce, con i fratelli Antonella e Ottaviano, l’azienda di detergenti professionali fondata dal nonno Carlo. Ed è una fucina di idee. Le ultime sono legate all’olfatto: dal profumatore per auto Figo a un tappo innovativo per cosmetici e detersivi
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nnovazione e diversificazione. Sono le due parole chiave su cui la galassia Allegrini sta costruendo la propria espansione. L’azienda c’è da 71 anni, e la terza generazione non è venuta meno alla spinta propulsiva degli inizi. Con trovate rivoluzionarie, anche, scandagliando l’esistente per inventarsi quello che ancora non c’è. Ma servirebbe. Ne abbiamo parlato con Maurizio Allegrini, a capo della società con i fratelli Antonella e Ottaviano. Vulcanico e pragmatico allo stesso tempo, ha dalla sua più di un brevetto. Partiamo dalle origini. Chi ha fondato la Allegrini? Carlo Allegrini, insieme ai figli Giacomo e Giuseppe, nel 1945. Siamo riusciti anche a fargli intestare la via di Grassobbio dove ha sede l'azienda. Carlo, con le sorelle, aveva un'attività di commercio stile drogheria a Verdellino: ai tempi trattavano soda della
Solvay e altre materie prime, che poi rivendevano ai vari distributori di zona come Mologni e Lombardini. Casualmente Carlo conobbe una figura di Villa d'Almè, durante un viaggio in treno, e insieme decisero di aprire un’attività proprio nel paese della Val Brembana. Carlo, naturalmente, era già supportato dai figli. Lasciò le quote della rivendita alle sorelle e, quindi, con i soldi ricavati costruì la casa in cui andò ad abitare, mentre per capannone e tutto il resto dovette ricorrere a prestiti. Di che tipo di società si trattava? Una Snc, ovvero Società in Nome Collettivo. Cosa produceva? Quello che il mercato richiedeva: la candeggina, soprattutto, registrata con un nome particolare, Candiolina. Veniva venduta anche porta a porta, in damigiane trasportate da carretti e furgoncini. Pian piano l'azienda cresce, e mio padre Giacomo brevetta
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di Emanuela Lanfranco
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un'innovativa confezione richiudibile. L'idea piacque molto al cavaliere Emilio Lombardini, e iniziò la vendita nei magazzini Upim, Végé e Rinascente. La vendita nella grande distribuzione, però, poteva essere pericolosa: perso un rivenditore, si sarebbe finito per perdere una quota importante del fatturato. Negli anni '60 è partita allora una diversificazione nella vendita, attraverso i grossisti. Nascono i primi concessionari, cioè rivenditori di zona. Nel frattempo i prodotti si ampliano. Sì, andando e seguire le richieste del mercato. Le auto si stavano diffondendo rapidamente, quindi ci volevano prodotti per pulirle. Anche nelle case aumentava le richiesta di prodotti detergenti: detersivo per lavatrice, per i pavimenti, etc. I concessionari che cominciano a nascere negli anni '60 crescono rapidamente di numero e dimensioni, fino a coprire l'intero territorio. Ci fu anche un accordo con Lorenzo Bonaldi, con il quale mio padre ha sempre avuto ottimi rapporti. All'epoca si usava vendere furgoni a rate, affidando della merce in conto vendita da piazzare. Così muratori e artigiani, spesso, diventavano commercianti. Così nacque l'Allegrini. Poi? Nel 1981 si è trasferita a Grassobbio, dov’è tuttora. Da Snc è diventata Spa. Nel 1983
la divisione societaria: dopo la morte di zio Giuseppe nel '76, la moglie e la figlia decidono di vendere la loro quota a mio padre, che diventa l'unico proprietario. A lui siamo subentrati io, Antonella e Ottaviano. Ci occupiamo di parti distinte della società: mio fratello è all'ufficio acquisti, io alla produzione, mia sorella si occupa della linea cortesia (flaconi di shampoo, bagnoschiuma, creme per il corpo) per gli alberghi, creata da me nel '90. È complementare a una società di mio cognato Danilo Vavassori nata nel '77, la Cosmhotel, voluta fortemente da mio padre. Produce esclusivamente minisaponette per il settore alberghiero. Quanti flaconi producete, al giorno, nella linea cortesia? Quattrocentomila. E pensi che ci occupiamo sia del contenitore che del contenuto. C'è diversificazione anche nell'area detergenza: ci rivolgiamo a nuovi settori, quali zootecnia e alimentare. Da lì poi ci siamo specializzati sempre di più, rimanendo però nell'ambito dell'uso professionale. In quali comparti operate, attualmente? Partirei da auto e carwasher, ovvero tutto quanto ruota attorno all'automobile. Collaboriamo con case automobilistiche importanti, quali il gruppo Volkswagen, e con Eni Italia, di cui riforniamo tutti gli autolavaggi. Nel settore Ho.re.ca., ovvero alberghi, ristoranti e ospitalità in generale, forniamo articoli che riguardano sia la zona della ristorazione, sia quanto inerente alle parti comuni, alle pulizie, alla lavanderia. C'è anche il settore sanità: disinfettanti e detergenti per ospedali, cliniche, case di cura, rsa. Infine, come dicevo, l'industria alimentare e la zootecnia. Forniture ad ampio raggio, quindi. Lavorate più con l'Italia o con l'estero? La divisione Amenities, cioè dei servizi, fattura il 70 per cento all'estero e il 30 per cento Italia. L'esatto contrario del settore detergenza. Ne 2006 è nata Allegrini Russia, con sede a Mosca, al 100 per cento di proprietà di Allegrini spa. Io sono il direttore generale. È una società che commercializza solo, non produce. Abbiamo circa 30 dipendenti: è un mercato che ritengo importante, nonostante gli alti e bassi di questi ultimi periodi; per questo ho ritenuto giusto che fosse gestito direttamente da noi, senza affidarsi a dei rivenditori.
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All'estero dove operate, a parte la Russia? Per quanto riguarda la linea Amenities un po' dappertutto: abbiamo distributori in Oriente, a Taiwan e Singapore. Ma anche in Sudamerica. Lavorando con le catene alberghiere si ha una presenza internazionale, anche se molte catene fanno riferimento, come sede di società, alle capitali europee. Per la linee detergenza, invece, essenzialmente Europa. Quanti dipendenti? Circa 110. Sono aumentati considerevolmente gli impiegati, mentre la produzione ne ha sempre meno. Ogni anno si fanno investimenti importanti sia in termini di ricerca e di innovazione per le formule dei prodotti, sia in termini di impianti, macchinari, miscelatori, macchine di riempimento. Se si vuole essere competitivi a livello mondiale, anche nei confronti di Paesi dove la manodopera costa decisamente meno, bisogna avere la maggiore automatizzazione possibile. D'altro canto la burocrazia europea, oltre a nuove regolamentazioni, tutele, etc. impone delle certificazioni e dei registri che una volta non c’erano, e che necessitano di forza lavoro che se ne occupi. C’è anche un progetto nel settore dei gelati, se ricordo bene. È stata una mia idea. Quando abbiamo acquistato l'ultimo capannone dalla Ladyberg, dove producevano biancheria intima, ci siamo trovati un'ala di uffici che a noi non servivano. Ho pensato allora di creare una gelateria, un po' anche per scommessa con degli amici allevatori, bergamaschi e non. È da tempo che consiglio loro di diversificare la produzione: non solo latte, meglio trasformare qualcosa già presso la propria azienda agricola. Un paio m'hanno seguito in quest'idea e stanno andando piuttosto bene. Gli altri m'hanno detto: tu comincia a fare il gelato, così ci puoi indirizzare meglio sul cosa fare. Io ho aperto la gelateria, tre o quattro anni fa, ma loro vengono solo per mangiare il gelato. Non è più solo una gelateria. Si è evoluta: prima solo in caffetteria, adesso anche in bistrot. Solo per i pranzi di mezzogiorno, in settimana. Avevate anche un negozio alla Rotonda dei Mille. Un'esperienza che è durata poco, un paio d'anni. Volevo avere un punto vendita su
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Puntate sull'italianità, insomma. I profumi avranno nomi di città. Le piramidi olfattive saranno dichiarate, con contenuti estremamente naturali. E spero che il capostipite di tutto questo sia proprio Figo. Può essere prodotto con le stampanti in 3D ed è composto da due parti. All'interno viene messo il profumo. La parte frontale può anche essere in materiali importanti, come l'oro massiccio o l'argento. Può essere un bell'oggetto da regalare. Si potranno inserire dediche, Swaroski, etc. Dove sarà prodotto? Qui, a Grassobbio. La prima forma richiamerà i classici Ray-Ban Aviator. Poi potrebbero esserci diverse alternative. Magari potremmo coinvolgere Luxottica, che detiene il marchio Ray-Ban e che è sponsor della Ferrari, e fare qualcosa insieme. Sarebbe un bel binomio. Quando sarà presentato ufficialmente Figo? Gennaio. Abbiamo già fatto tutti i test sui prototipi. Bergamo. Poi ci sono stati dei problemi relativi ai locali, che avevamo preso in subaffitto. La prossima idea? Si sta sviluppando in modo interessante, e finalmente concreto, una collaborazione con una multinazionale nel settore della ristorazione: si occupa della fornitura di lavastoviglie e forni. Quindi stiamo creando una linea di prodotti Allegrini con il loro marchio. Dovrebbero essere distribuiti in tutto il mondo attraverso i loro canali. Un grosso affare, insomma. Un'idea vera e propria, invece, l'ho avuta a settembre: un nuovo profumatore per auto, che ho registrato all'ufficio brevetti, da collocare sulla bocchetta d'areazione. Ha la forma degli occhiali da sole, si chiamerà Figo. Sarà sul mercato a inizio 2017. Qual è il target? Questa è la novità, perché profumatori per auto ne abbiamo sempre fatti. Si tratta di un prodotto per il mercato del lusso: un bel design e fragranze d'eccezione. Sarà venduto negli showroom e nei negozi di moda. Oltre alla qualità del prodotto, quindi, c'è uno sforzo sull'immagine. Entrerà a far parte di una nuova linea di prodotti che stiamo creando: si chiamerà Allegrini Emozioni Italiane, brand che abbiamo già registrato.
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Lei è un po' la mente, insomma. La fucina di idee. Sarà che praticamente son sempre qua, anche il sabato e la domenica (sorride, ndr). Scherzi a parte, non sono la mente. Alcune idee vengono a me, altre a mia sorella, altre ancora a mio fratello. A me piace l'innovazione e la diversificazione, certo. Mi piace divertirmi quando lavoro, inventare cose nuove. Quando c'è un'opportunità, cerco di capire quali possono essere le vie per realizzarla, e le vie sono sempre quelle che non t'aspetti. Bisogna saperle cogliere. Ho registrato quattro o cinque brevetti, di cui uno molto interessante, con cui abbiamo partecipato a un bando di Regione Lombardia: un tappo che funga da profumatore, per evitare che si debbano aprire i
flaconi per sentirne la fragranza. C'è una legge europea che impone di indicare la data di scadenza del prodotto cosmetico, ovvero entro quanti mesi dalla sua apertura dev'essere utilizzato. Ma se al supermercato la gente li apre per annusare, quella data risulta falsata per il consumatore finale. Resta anche quella parte di crema giallastra, spesso, che indica una contaminazione batterica già in atto. Da qui l'idea del tappo. Sì, un tappo con sigillo che può avere la forma che si desidera, ma con una doppia camera. Sulla prima camera c'è qualcosa di simile alla ghiera dell'acqua minerale, che si rompe nel momento in cui il prodotto viene aperto. La seconda camera può essere sollevata e permette di annusare il prodotto. Non solo: lasciando aperto il
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tappo superiore, il cosmetico, o detersivo, o ammorbidente, profuma gli ambienti. C'è anche stata un'interrogazione di un parlamentare europeo, che ha segnalato la presenza di questo brevetto e la sua utilità. La commissione ha risposto che detersivi e cosmetici resteranno senza l'obbligo del sigillo, ma che il produttore resta comunque il responsabile di eventuali danni per il consumatore. Perché il bando? Realizzare questo tappo richiede investimenti importanti, quindi speriamo di attingere ai fondi destinati all'innovazione. Se cominciamo a produrlo, possiamo poi provare a proporlo alla grande distribuzione dove ci sono linee di prodotto con marchio commerciale, che in questo modo potrebbero distinguersi dalla grande distribuzione.
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Un'opportunità per Bergamo
Il progetto Chorus Life promosso dall'imprenditore Domenico Bosatelli sull'area ex Ote
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ergamo si appresta a diventare protagonista di un'iniziativa di recupero del territorio destinata a trasformare un'area dismessa prossima al centro storico e, contemporaneamente, ad essere testimone di un progetto pilota di insediamento urbano innovativo. Artefice del nuovo sviluppo è l'imprenditore Domenico Bosatelli che controlla la Gewiss di Cenate Sotto, leader del settore elettrotecnico in bassa tensione. Quali sono le caratteristiche di questo recupero edilizio? Innanzitutto le dimensioni dell'intervento che insiste su un'area di 75 mila mq tra le vie Serassi e via Bianzana dove sorgevano le Officine Tresformatori Elettrici meglio conosciute come Ote. Su questo terreno, da tempo abbandonato, sorgeranno il nuovo
palazzetto dello sport di Bergamo, un'area benessere, un albergo con annesse unità residenziali, un insediamento commerciale di negozi al servizio delle strutture presenti nel complesso, una vasta piazza di raccordo e interconnessione. Il modello studiato dall'architetto Joseph Di Pasquale si propone di creare un luogo di aggregazione per tre generazioni: i giovani, le nuove coppie, gli anziani. La denominazione del progetto, chiamato Chorus Life, richiama proprio questa vocazione a creare un nuovo modello di convivenza corale e d'insieme: un'aggregazione di stili di vita diversi che è una risposta al progressivo disfacimento dei luoghi tradizionali di incontro della gente. Un problema che è prima di tutto sociale visto che si è perso il genius loci che carat-
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a cura di Emanuela Lanfranco
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terizzava i luoghi centrali e simbolici delle città. Oggi a Bergamo, ma in moltissime altre località succede la stessa cosa, la gente non ha un luogo per ritrovarsi a meno che per ciò non si intenda la passeggiata sul Sentierone o la gita fuori porta al centro commerciale. Serve un catalizzatore per la comunità che sia fruibile a una pluralità di soggetti diversi per età, esperienze culturali, interessi di natura sportiva, musicale, di benessere personale. Un'area di contaminazione di gusti, espressioni artistiche, di visioni che aiutino ad aprirsi alle diverse realtà e a partecipare alla formazione del processo di identificazione della città. L'animazione della piazza sarà quindi uno dei valori principali che caratterizzeranno il progetto e il palazzetto diventerà l'ancora di richiamo con la sua funzione più generale di arena capace di contenere 6.500 posti e in grado di ospitare non solo gare sportive ma anche eventi musicali, rassegne culturali, manifestazioni di moda in una logica di continuità che costituirà un unicum di attrazioni e interesse. Il flusso continuo di
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persone coinvolte dagli eventi che si svolgeranno nell'arena alimenterà il fronte dei negozi che saranno funzionali alla vita e alle attività che si svolgeranno in loco. Nessun centro commerciale o area di vendita con grandi spazi per intenderci. Il vero elemento di grande novità del progetto Chorus Life è però un altro: la concezione di un format di residenze strutturate in forma di unità abitative modulari multiple per consentire di soddisfare le tre tipologie di utilizzatori previsti che come abbiamo detto sopra, sarà costituita da giovani, neo coppie, anziani autosufficienti. A disposizione di ogni unità vi sarà il centro servizi in capo all'albergo che fornirà a tutti i residenti quelle assistenze tipiche dell'ospitalità in hotel, liberando gli occupanti delle tipiche incombenze presenti nelle case tradizionali. Bosatelli, nella presentazione del progetto, ha sottolineato come questo tipo di residenza possa essere paragonata a quella delle crociere sul mare: " Un nave sulla terraferma" ha definito questa iniziativa di ChorusLife.
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L'interesse della città di Bergamo, a partire dal sindaco Gori, è evidente perchè oltre al recupero della già citata area ex Ote risolve il problema della viabilità intorno al rondò delle valli deviando il traffico che attualmente insiste su via Serassi. Inoltre la nuova
arena permetterà di liberare finalmente il vecchio è obsoleto palazzetto dello sport destinato ad ospitare la Gamec. Qui potra' esserci anche una soluzione abitativa per gli studenti fuori sede ed è stata annunciata un'intensa collaborazione con l'Università locale con un percorso iniziale che prevede una ricerca connessa ai giovani e alla residenza fuori sede. La grande innovazione del progetto ChorusLife nelle intenzioni
dei promotori è di dare una svolta alla città in chiave di evoluzione moderna ma cercando di coniugare al meglio le esigenze che le parti vorranno esprimere. In sostanza pare di capire che non si voglia far calare un progetto dall'alto ma condividerlo con la città. Certamente, è bene sottolinearlo, il promotore è un soggetto privato che mette a disposizione l'intera copertura dei costi di realizzazione pari a 120 milioni;
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questo impegno non è a fondo perduto e deve garantire a chi fa questo rilevante investimento la certezza del rispetto dei tempi operativi ed esecutivi: lungaggini burocratiche, incertezze e ritardi innestati su querelle di natura politica e non sostanziale, "stop and go" da parte degli organi concessori e autorizzativi verranno interpretati dalla proprietà come una volontà di ritardare la realizzazione dell'opera e chi le provocherà
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se ne assumerà per intero la responsabilità. Su questo aspetto la città gioca una sfida importante: giusto che debbano essere vagliate tutte le istanze e le posizioni, giusto che si effettui il corretto percorso amministrativo ma il semaforo verde deve scattare in tempi ragionevoli e su tutto il progetto.
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Bergamo ha questa opportunità garantita al 100% da capitali privati che oltretutto si fanno carico di importanti oneri in termini di concessione del palazzetto e di lavori sulla viabilità circostante: saperla cogliere con la giusta sollecitudine è un impegno doveroso per la città e i suoi amministratori. Sul
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versante dei promotori il progetto Chorus Life è visto come un prototipo che avrà in Bergamo la sua prima applicazione ma sono già all'ordine del giorno incontri con le pubbliche amministrazioni di altre città che si sono mostrate interessate a sviluppare iniziative analoghe sul loro territorio.
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Lara Magoni: dalle piste innevate alla politica per sostenere i deboli e le montagne
ara Magoni nasce nella notte del 29 gennaio 1969 all’ospedale di Alzano Lombardo (Bg) mentre si scatena una bufera di neve, quasi un presagio della vita che successivamente avrebbe vissuto. Erano i giorni della merla e mamma sognava una bambina per poterla chiamare Lara , dopo avere visto il film “Il Dottor Zivago”. I primi passi furono determinanti. Era il Natale del 1969 e precocemente Lara venne attratta dalla neve, dove gattonando gioiva felice, mentre il viso si riempiva di fiocchi. Suo papà si accorge subito della
passione per la neve e quanto prima la fa diventare realtà. Munita di scarponcini in cuoio stringati e sci di legno colorati, a soli tre anni inizia a sciare ed a sei partecipa alla sua prima gara con una vittoria. Gli anni passano e le sue conquiste sportive aumentano. Diventa in poco tempo una piccola campionessa. Ma con i successi arrivano anche i primi incidenti, a soli 7 anni si frattura una tibia. Suo papà, con un sorriso le dice: ” Ti sei fatta male perché andavi piano!” Queste parole
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di Emanuela Lanfranco
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riecheggiano nell’ammirazione che la piccola Lara ha per suo padre, figura fondamentale per tutta la sua carriera agonistica. A soli sedici anni viene convocata in Nazionale. Un tricolore indossato attraverso cinque Campionati del mondo e tre Olimpiadi. Una vita meravigliosa fatta di sconfitte e vittorie, delusioni ed emozioni, sacrifici e soddisfazioni. Era il 1997 e la sua carriera, più volte interrotta da infortuni, riceve finalmente la meritata ricompensa. Gennaio, World Cup Slalom Maribor, per la prima volta sale sul podio. La sua gioia fa il giro del mondo e, in un momento dove sembrava che la carriera fosse sulla via del tramonto, trova quella luce che la porta ad ottenere altri piazzamenti di grande rilievo. Si ritira dalla stagione agonistica nel 2000 e viene eletta per tre mandati come Consigliere Federale nella FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) con compiti di gestione all’interno dello sci alpino femminile e della Scuola Tecnici Federali. Successivamente viene eletta Consigliere Nazionale del CONI per ben tre mandati dal 2001 fino a febbraio 2013, con compiti di rappresentanza tecnica e come Presidente Nazionale Commissione Atleti. Con la famiglia gestisce un’attività alberghiera sulle Prealpi bergamasche, a Selvino. Commentatrice ed opinionista sportiva su network radiotelevisivi nazionali, è stata redattrice di diversi articoli su riviste specializzare. Lara è inoltre Testimonial dell’UNICEF è maestra e allenatrice di sci alpino con specializzazione nell’insegnamento dello sci nella disabilità. Nel 2013 è stata eletta Consigliere regionale della Lombardia nella lista Maroni Presidente; è Vice Presidente IV Commissione "Attività produttive e occupazione” e componente della “VII Commissione permanente - Cultura, istruzione, formazione, comunicazione e sport” - “Comm. speciale situazione carceraria in Lombardia” - "III Commissione permanente - Sanità e politiche sociali” - "VIII Commissione permanente - Agricoltura, montagna, foreste e parchi” - “VI Commissione permanente - Ambiente e protezione civile” . Lara Magoni...da Campionessa del mondo di Sci alla passione per la Politica. Come nasce questo passaggio? Ve lo dico fin da subito: io amo definirmi una cittadina-sportiva, soltanto prestata alla politica. Lo puntualizzo perché tutta la mia passione politica e quindi anche l'attività che ne deriva non può prescindere dal fatto di avere in testa esclusivamente gli
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interessi della comunità. Ad ogni modo, più che passione politica parlerei di una forte entusiasmo legato ad una determinazione per riuscire a risolvere i problemi della gente comune. Se le due cose coincidono allora posso dirti con assoluta certezza che ho avuto una passione per la politica fin da bambina. Oggi la mia squadra è il mio territorio e i suoi cittadini. Mi sento un po' il capitano pro-tempore di una grande squadra. Sono orgogliosa di essere bergamasca e soprattutto di portare la voce della gente di montagna che abita questa splendida provincia. Quali valori porti dallo Sport nella Politica? Lo Sport è scuola di vita e di valori, una medicina che può fare miracoli. I Campioni sono dei modelli con il dovere di trasmettere ai giovani valori sani. La politica deve prendere molte lezioni dallo sport. Da quando ho avuto la fortuna di essere eletta qui nel Consiglio regionale della Lombardia ho cercato di trasferire tutto quel sistema valoriale che è proprio dello sport e che, molto spesso, fa fatica ad entrare nel sistema politico. Parlo di spirito di squadra, di fair play, di capacità di sacrificio, di quella determinazione che non scende mai al compromesso. Troppo spesso si vive l'attività politica come un'esperienza di assoluto privilegio che non debba mai avere una conclusione. Lo sport ti insegna che qualsiasi risultato devi conquistartelo sul campo, ad ogni gara, con sacrificio ma soprattutto con lo studio continuo dell'avversario. In altri termini, sei sempre messo in discussione fino a quando non ottieni un risultato concreto. Alcune volte, fortunatamente non sempre, in politica ci si sente dei “predestinati” a vita. E questo genera un circolo vizioso poco utile al benessere e alla crescita di una comunità. Quali sono oggi le tue principali azioni nel ruolo che rivesti? Sicuramente in questi primi anni di mandato posso dire di aver raggiunto dei risultati visibili portando all'attenzione dell'aula le tematiche relative all'insegnamento sportivo nella disabilità, alla dignità dei nostri amici animali, alle criticità ambientali che riguardano il nostro territorio essendo stata vice-presidente della Commissione ambiente, alle varie crisi aziendali data anche la presenza nell'Ufficio di presidenza della Commissione Attività produttive. Uno dei miei cavalli di battaglia è quello di riuscire a portare in Regione la voce della gente che abita, la montagna troppo spesso lasciata
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ad un condizione di marginalità. Proprio in queste settimane, infatti, è nota la mia battaglia per il trasporto pubblico locale di montagna in modo da garantire a studenti e pendolari anche i servizi minimi che al momento in alcune zone non sono garantiti. Sono molto orgogliosa anche dei piccoli risultati che stiamo raggiungendo durante le visite nelle case circondariali lombarde. Sono tutte azioni che pongono al centro la dignità dell'essere umano. Come vedi Bergamo nei prossimi anni? E soprattutto, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro di Lara Magoni? Bergamo è una città piena di risorse. Ho girato il mondo per lo Sport e in questi ultimi anni giro la Lombardia per la politica. Posso affermare con assoluta certezza che la città e la nostra provincia non hanno nulla da invidiare alle altre. È eterogenea, piena di energie culturali, con una forte spinta allo sviluppo e all'innovazione, polo industriale tra i primissimi in Europa e solidale come poche. La vita mi ha dato molto nella stessa misura nella quale mi ha voluto togliere alcuni degli affetti più cari. Non amo fare disegni a lungo termine. Spero solo che il mio piccolo contributo quotidiano possa essere utile alla crescita e al miglioramento delle condizioni di vita di chi crede nelle istituzioni e, quindi, anche nel mio operato. È con orgoglio e responsabilità che sto conducendo questo percorso. Ma anche con estrema umiltà e consapevolezza dei limiti. Pertanto, più che pensare al futuro mi concentro nel donare il massimo delle mie energie per ottenere un presente migliore.
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Inter vista
Lingue e Letterature Straniere: laurea sempre attuale e richiesta dal mondo globalizzato del lavoro
Il Direttore di Dipartimento pone l'accento sull'alto numero di iscritti, che sfiora quota mille e che ha indotto a sdoppiare alcuni corsi, a crearne di nuovi e a potenziare i dottorati di ricerca
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aurizio Gotti è un'autentica istituzione in seno all'Università di Bergamo, la quale per lui si può dire, a ragion veduta, sia come la propria casa ed una benevola famiglia allargata. Vi chiederete il perché. E' presto detto: Il professor Gotti è innanzitutto il primo laureato dell'ateneo orobico (14/11/1972), che ha lasciato per un certo periodo per fare tesoro di svariate e prestigiose esperienze formative all'estero,
dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. Ma il “figliol prodigo” non può che far ritorno a casa ed è così che, dopo essersi affermato come professore a Brescia, lascia la cattedra assegnatagli a Pescara e nel 1996 è in Città Alta come professore ordinario di Lingua e Traduzione Inglese. Da qui in avanti un susseguirsi di successi personali che lo hanno portato a ricoprire prestigiosi ruoli dirigenziali all'interno dell'Università di Bergamo. Di fresca riconferma quale Direttore di
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a cura della redazione
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Lingue, letterature e culture straniere, ci ha parlato del suo lavoro e delle novità e prospettive future del suo Dipartimento. Quali nuovi impegni ha dovuto affrontare di recente nel suo ruolo dirigenziale? L’inizio del mio secondo mandato ha coinciso con la riorganizzazione del Dipartimento, che faceva seguito alla ristrutturazione dei dipartimenti dell’Area Umanistica effettuata dall’Ateneo. Questa innovazione ha comportato una maggiore focalizzazione sulle prospettive e potenzialità del Dipartimento di Lingue, letterature e culture straniere. L’impegno che ne è derivato è stato quindi finalizzato al potenziamento delle discipline di base che costituiscono gli insegnamenti caratterizzanti dei corsi di studio del Dipartimento, vale a dire la Laurea triennale in Lingue e letterature straniere moderne, e le tre lauree magistrali in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale, Lingue e letterature europee e panamericane, e Progettazione e gestione dei sistemi turistici. La riorganizzazione in concreto che cambiamenti ha prodotto? Le scelte che questa riorganizzazione ha comportato sono state mirate al potenziamento dell’offerta formativa con un particolare rafforzamento delle discipline caratterizzanti i nostri corsi di studio. Questo obiettivo è concretizzato in uno sdoppiamento dei corsi più affollati e nella creazione di corsi nuovi per soddisfare le esigenze formative dettate dalla costante modificazione del sistema sociale e dalla continua evoluzione delle richieste del mercato del lavoro. L’aumento nel numero degli iscritti sia ai corsi triennali che a quelli della laurea magistrale dimostra che la sfida lanciata in tal senso è stata sicuramente vincente. Siccome, tuttavia, le modificazioni del sistema sociale e del mondo del lavoro sono in continua evoluzione, la sfida rimane aperta e richiede un’attenzione costante sia in fase di analisi, che di progettazione e realizzazione in atti concreti. L'offerta di lavoro risponde bene alla domanda dei vostri laureati? Il Dipartimento di Lingue, letterature e culture straniere è ben attrezzato per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro. Infatti, le competenze di carattere linguistico e interculturali che vengono rafforzate nei nostri corsi sono molto richieste e hanno una larga spendibilità in termini operativi. Questa considerazione è avvalorata dai risultati delle rilevazioni condotte da diversi
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istituti di ricerca, che hanno confermato l’alto tasso di occupazione dei nostri laureati. Il grande sviluppo dei processi connessi alla globalizzazione ‒ sia nel campo commerciale che in quello turistico, culturale e delle comunicazioni ‒ ha largamente premiato in termini occupazionali l’investimento formativo dei nostri corsi di studio. Mi parli della collaborazione con altri dipartimenti. Come si realizza? In linea con le strategie formative delineate a livello di Ateneo, il nostro Dipartimento ha fortemente privilegiato il processo di interdisciplinarità, in quanto siamo convinti che la collaborazione tra discipline possa favorire una reciprocità di scambi e di arricchimenti. La collaborazione con gli altri dipartimenti è anche servita a differenziare e caratterizzare i diversi percorsi offerti dai nostri corsi di studio: le discipline economiche e giuridiche rappresentano un elemento di forza dei curricula orientati verso il mondo commerciale, verso il turismo e lo studio dei linguaggi specialistici; le discipline sociologiche e antropologiche sono molto utili per la formazione delle competenze interculturali richieste nei percorsi che preparano alla comunicazione e alla cooperazione internazionale; le discipline critico-letterarie sono fondamentali nella preparazione di specialisti in lingue e letterature europee e panamericane. La collaborazione con gli altri dipartimenti trova un ampio spazio di applicazione
anche a livello di ricerca. Molti dei membri del nostro dipartimento collaborano con colleghi di altri dipartimenti in progetti di ricerca promossi dai Centri di ateneo. Anche i gruppi di ricerca del nostro dipartimento collaborano con analoghi gruppi operanti presso altri dipartimenti. Riguardo i docenti, il loro numero è secondo lei adeguato alle odierne esigenze? Purtroppo l’andamento del numero dei docenti negli ultimi anni ha risentito dei forti condizionamenti operati a livello nazionale. A causa del blocco del turn-over attuato per diversi anni, il sistema universitario ha perso 15.000 docenti e ricercatori. Questo blocco ha penalizzato anche il nostro Dipartimento. Anche se negli ultimi anni il processo delle assunzioni è ripreso (anche se con ritmi molto lenti) noi non siamo ancora stati in grado di sostituire i docenti che sono andati in pensione negli ultimi cinque anni. Se poi si tiene in considerazione l’ampio aumento delle iscrizioni nei nostri corsi nello stesso periodo, si può facilmente dedurre come il nostro organico sia ancora ampiamente sottodimensionato rispetto alle esigenze. Quali dottorati di ricerca offre il suo Dipartimento? Per quanto riguarda il discorso sui dottorati, il nostro Dipartimento ha attivato diversi corsi a questo livello. Riteniamo infatti che il requisito principale di un Ateneo di
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eccellenza sia di fornire un’offerta formativa completa, strutturata su tutti e tre i livelli: lauree triennali, lauree specialistiche e corsi di dottorato. Molti membri del Dipartimento partecipano alle attività di Dottorati di Ricerca sia in sede locale ‒ soprattutto nell’ambito delle tre Scuole di Dottorato: in Studi umanistici interculturali, in Scienze linguistiche e in Formazione della persona e mercato del lavoro ‒ che in sedi consorziate con altri Atenei. Anche grazie alle iniziative promosse dai Dottorati di Ricerca si è potuto costantemente allargare e potenziare le collaborazioni con enti di ricerca nazionali e internazionali, con significative ricadute anche sul piano didattico. Parliamo del numero di iscritti e nuove matricole... I nostri corsi di studi hanno visto un forte aumento di immatricolazioni sia a livello di laurea triennale che magistrale. A livello di laurea magistrale, negli ultimi tre anni si è avuto un incremento altissimo, pari al 34%, che ha fatto raggiungere il numero di 962 iscritti. Questo numero, record storico per il Dipartimento, ha portato il nostro corso triennale ad essere quello con il più alto numero di matricole in tutto l’Ateneo. Anche le lauree specialistiche hanno visto un aumento significativo di iscrizioni quest’anno (51 matricole in più, pari al 24% di incremento). Questi risultati eccezionali sono dovuti alla forte diversificazione dell’offerta formativa operata in questi ultimi anni, che ha incontrato il favore degli studenti interessati a una preparazione nel campo delle lingue, letterature e culture straniere. Basti pensare che oltre alle tre lauree magistrali sopra menzionate, nel corso del triennio offriamo ben quattro curricula diversi: Linguistico-letterario, Lingue e culture orientali, Processi interculturali e Turismo culturale. Un altro elemento di particolare soddisfazione è l’alta attrattività dei nostri corsi: le matricole infatti provengono non solo dal territorio bergamasco e lombardo, ma anche da altri parti d’Italia e da doversi paesi del mondo. Lo stesso tasso di incremento che si è avuto a livello di immatricolati si è poi riflesso nell’aumento del numero dei laureati. Questo risultato è dovuto anche alla costante attenzione prestata dai Presidenti dei corsi di studio nell’analisi dei fenomeni di abbandono e nell’implementazione di strumenti per il recupero e il supporto agli studenti in difficoltà. In questo quadro ampiamente positivo, vi è sicuramente
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ancora un margine di miglioramento. In particolare, gli sforzi del Dipartimento sono ora puntati a un innalzamento del numero degli iscritti alle lauree magistrali. Infatti, nonostante il cospicuo aumento registrato in questo ultimo anno, si ritiene che ci siano possibilità di ulteriore crescita. Data anche la relativa facilità di trovare un’occupazione dopo l’ottenimento della laurea triennale, la gran parte dei laureati di primo livello decide di non proseguire gli studi a livello di laurea magistrale. Il territorio bergamasco risponde bene a livello di collocamento dei neo-laureati? La gran parte dei nostri laureati trova una collocazione sul nostro territorio. La realtà produttiva della provincia bergamasca è costituita da piccole-medie aziende che operano intensamente nel campo dell’import-export, che trovano che le competenze fornite dai nostri corsi sono particolarmente in sintonia con le loro esigenze. Questa sintonia deriva anche dal fatto che nella progettazione e nella conduzione dei nostri corsi vengono coinvolti gli stakeholders a cui si rivolge la nostra offerta formativa. Il dialogo con gli enti, istituzioni ed aziende interessati è costante e si concretizza particolarmente nella realizzazione di laboratori specialistici e di stage formativi. Come per altre discipline, anche voi avete attivato gruppi di ricerca e collaborazioni con altre università, anche all'estero? La ricerca è un ambito fondamentale in cui opera il Dipartimento. Oltre ai campi specifici in cui sono impegnati i vari membri del Dipartimento (come le ricerche individuali, le iniziative finalizzate alla formazione degli adulti ecc.) che fanno riferimento alle aree d’indagine specifiche delle singole discipline, particolarmente articolate e di altissimo livello risultano le iniziative promosse dai quattro Gruppi di Ricerca del Dipartimento (CERLIS, CISAM, CRILEF e ORA), che si muovono in un’ottica spiccatamente interdisciplinare, con il coinvolgimento di studiosi di grande prestigio e in contatto con enti internazionali di eccellenza. Il Gruppo di Ricerca sui Linguaggi Specialistici (CERLIS) è stato istituito al fine di sviluppare iniziative comuni di ricerca nell’ambito dei linguaggi specialistici; Il CISAM (Gruppo di studi sulle avanguardie e sulla modernità) promuove e sostiene una serie di iniziative culturali, editoriali e ricerche interdisciplinari attorno ai due grandi temi dell’avanguardia e della modernità, in ogni manifestazione dell’ambito
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espressivo letterario, artistico e culturale; il Gruppo di Ricerca in Linguistica e Filologia (CRiLeF) è dedicato allo studio delle lingue e all’indagine delle loro tradizioni filologiche; l’ORA (Osservatorio sui Segni del Tempo) promuove un’attività di ricerca transdisciplinare sulla nozione di tempo e sui segni e forme di gestione cognitiva del tempo stesso. Sia i singoli membri che i gruppi di ricerca collaborano attivamente con ricercatori e centri di altri Atenei sia in Italia che all’estero. Ne è un esempio il progetto Asian Arbitration Discourse effettuato dal CERLIS nell’ambito del programma ITALY (Italian TALented Young researchers), che ha avuto come oggetto di studio le norme e i documenti principali utilizzati in ambito arbitrale nei paesi asiatici. Il progetto è condotto in maniera interdisciplinare con colleghi del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo, nonché con un’ampia rete di centri di ricerca universitari stranieri che comprendono la City University di Hong Kong e la University of Malaya, nonché esperti del mondo arbitrale asiatico quali l’Indian Council of Arbitration, il Kuala Lumpur Regional Centre for Arbitration e il Vietnam International Arbitration Centre. Il Dipartimento di Lingue, letterature e culture straniere è inoltre impegnato in
due progetti di ricerca di eccellenza: uno (Knowledge Dissemination in the Western Hemisphere) in collaborazione con le Università di Alcalà de Henares (Spagna) e di Giessen (Germania), e l’altro (Urban Nexus – Intelligent Modeling e big data mapping) in collaborazione con l’Università di Losanna (Svizzera) e l’Anglia Ruskin University di Cambridge (Regno Unito). Vi è inoltre una particolare attenzione anche per l’impegno relativo alla Terza Missione, con la diffusione dei risultati delle ricerche al largo pubblico attraverso diversi canali comunicativi. Il Dipartimento ha infatti mostrato una buona capacità di coinvolgere attori pubblici e privati del territorio, così come di raggiungere ampie sacche di cittadinanza, attivando interventi promozionali, divulgativi, formativi e di policy making in collaborazione con le istituzioni locali e avvalendosi di competenze interne nella gestione dei processi partecipativi e nell’applicazione delle tecnologie smart. E se le chiedo un parere sull'Università in Italia, in generale? I problemi principali del sistema universitario italiano sono la scarsità delle risorse per ricerca, i forti limiti all’assunzione dei nuovi docenti e ricercatori, e gli squilibri ancora esistenti nell’allocazione dei fondi agli Atenei. Per quanto riguarda il primo
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problema, il Sistema Paese dovrebbe prevedere un maggiore investimento nel campo della ricerca. In Italia i fondi destinati alla ricerca rappresentano una percentuale del PIL ampiamento inferiore a quella che si riscontra negli altri paesi. Per quanto riguarda il secondo problema, le norme per l’assunzione di nuovi docenti e ricercatori risultano ancora troppo penalizzanti, specialmente per gli Atenei che vedono forti aumenti nel numero degli studenti immatricolati. Per quanto riguarda il terzo problema, i criteri di allocazione dei fondi agli Atenei danno un peso eccessivo al valore storico (vale a dire all’ammontare dei finanziamenti negli anni precedenti) e non tengono in adeguata considerazione altri parametri importanti quali la qualità della ricerca e della didattica, e l’andamento delle immatricolazioni. Ci parli del Signor Gotti. Ha famiglia? Coltiva hobby e passioni nel tempo libero? Sì, sono sposato e ho due figli (entrambi sposati) e quattro nipoti. Purtroppo di tempo libero – specialmente ora che all’attività di docenza e di ricerca ho aggiunto quella di Direttore di Dipartimento – non me rimane molto. Nel fine settimana, quando sono libero, mi piace fare camminate in montagna, leggere libri (saggi e ‘gialli’) e stare con la mia famiglia.
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*Presente Futuro di Eugenio Sorrentino Giornalista scientifico aerospaziale
La scienza non va in vacanza
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ergamo ha scoperto di avere un’anima scientifica, dopo avere a lungo coltivato e alimentato la vocazione tecnologica. Un percorso plurigenerazionale a cui concorrono diversi attori e componenti, tale da incidere sulle scelte dei giovani e sugli indirizzi di formazione, ma anche rinverdire l’interesse degli adulti di ogni età. La bellezza del futuro consiste nell’immaginare oltre l’immaginabile, nella capacità di sviluppare gli elementi propedeutici indispensabili ad allargare lo spettro della conoscenza e virare da un colore all’altro senza farsi abbagliare dalle illusioni. La scienza non è qualcosa di immateriale, ma l’insieme degli innumerevoli capitoli del Sapere che rappresentano i fenomeni del mondo in cui siamo immersi. C’è un tempo e c’è un modo per comprendere, ci sono tempi e modi per studiare e approfondire. Il merito di una iniziativa ormai decisamente radicata come BergamoScienza è aver permesso di entrare in contatto con mondi che apparivano lontani e indecifrabili; di averlo fatto a favore di tutte le persone, agevolando naturalmente l’accostamento delle scuole di ogni grado all’esperienza dei laboratori più o meno complessi, fino a innescare un processo di creatività che si esprime a livello di gruppo e individuale, in un contesto di piccole prove di ingegno e frequenti esempi di originalità. L’occupazione pacifica del Sentierone da parte degli studenti con i rispettivi gazebo, in occasione della giornata di apertura
dell’ultima edizione del festival scientifico, dà il senso di ciò che è avvenuto. Bergamo sta raccogliendo i frutti di ciò che ha seminato agli inizi del nuovo millennio, operando con la visione e la buona volontà di pochi che, con il passare del tempo, hanno saputo coinvolgere altre figure in grado di mettersi in gioco con la passione e le competenze proprie per contribuire alla rappresentazione della Scienza in tutte le sue forme. Chi nel decennio scorso frequentava le scuole dell’obbligo, e ha avuto modo di avvicinarsi con curiosità soprattutto alle discipline che rappresentano il mondo fisico e della vita, è diventato soggetto consapevole dell’importanza di possedere una formazione scientifica, intraprendendo in molti casi studi attinenti all’apprendimento maturato durante un incontro o un’esperienza di BergamoScienza. Il 2016 è l’anno di inizio di un nuovo ciclo per ciò che finora era stato solo un programma ricco di eventi e appuntamenti concentrato nella prima metà del mese di ottobre. La svolta è rappresentata dalla scelta illuminata di svolgere un’attività permanente nella casa di vetro dello Science Center di piazzale Alpini. Un punto di riferimento per ricordare che la Scienza non va in vacanza e consentire alle menti, quelle giovani e promettenti e quelle esperte, di proliferare nelle idee e nelle iniziative con l’obiettivo di allargare sempre più la base di coloro i quali si confrontano con le novità e le scoperte. Nel contempo, Bergamo viaggia decisa-
mente oltre il proprio territorio, in una dimensione a venire che traguarda uno degli obiettivi più ambiziosi coltivati dall’umanità: l’approdo sul Pianeta Rosso. In coincidenza con l’ultimo weekend di BergamoScienza, dove pure si è parlato di Spazio ed è stato possibile vivere e annunciare momenti salienti della missione Exomars, la città ha ospitato la conferenza europea di Mars Society e il gotha di studiosi e ricercatori che, in chiave multidisciplinare, lavorano a creare le condizioni per lo sbarco dell’uomo su Marte. La loro presenza non è stata casuale, poiché la Italian Mars Society, che ha sede alle porte della città di Bergamo ed è centro di eccellenza per la realtà virtuale, sta perseguendo il progetto di realizzare in terra orobica la Mars City, un vero e proprio centro di ricerca multidisciplinare dedicato allo sviluppo delle soluzioni propedeutiche alla colonizzazione del Pianeta Rosso. Chi più ne ha, più ne metta. Un gruppo di studenti dell’Itis Paleocapa, già protagonista della riproduzione del lander Philae sceso sulla cometa 67P, si è cimentato nella costruzione fedele del modello della sonda Exomars. Un esercizio che ben promette
Tutti i premiati del 2016
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n occasione della cerimonia di premiazione, che quest’anno si è tenuta nella suggestiva Aula Magna di Sant’Agostino, l’associazione dei laureati dell’università di Bergamo ha premiato i vincitori del concorso letterario 2016 e ha nominato il laureato e i neolaureati dell’anno. Il rituale incontro, tenutosi a novembre, è uno dei momenti più importanti per la vita associativa di Luberg e, come ogni anno, è l’occasione per presentare alla città le iniziative e i loro protagonisti. Franco Brevini, Presidente della Giuria del concorso letterario 2016, ha premiato nel corso della serata i racconti finalisti di Simone Canesi, Elena Capizzi, Giada Cola, Gloria Maino, Paola Ricchiuti, Sara Santini, Letizia Scatà. La giuria, composta quest’anno da Daniela Angeletti (Socio LUBERG), Cristiana Cattaneo (Consigliere LUBERG), Alberto Ceresoli (Direttore de L’ECO DI BERGAMO), Aristide De Ciuceis (Socio LUBERG), Daniele Giglioli (Università di Bergamo) e Riccardo Nisoli (Direttore del CORRIERE DELLA SERA - BERGAMO) ha premiato “Quaderni bruciati” di Veronica Brescianini come racconto vincitore dell’edizione 2016; secondo classificato Giangiacomo Morozzo, con “Il miracolo della
banlieu”; terzo posto per Elì Salomon Garcia, con il racconto dal titolo “Sally nel Kali Yuga”. Il titolo di Laureato dell’anno è stato quest’anno assegnato a Remo Morzenti Pellegrini, laureatosi presso l’Università degli Studi di Bergamo nel 1994 discutendo una tesi in Diritto amministrativo sulla normativa degli appalti pubblici in ambito nazionale e comunitario. Nell’Ateneo bergamasco ha svolto numerosi ruoli di vertice prima nel Senato accademico poi come membro del Consiglio di amministrazione e della Giunta di Ateneo. E’ stato poi Prorettore a fianco del Rettore Paleari nei sei anni del suo mandato, dal 2009 al 2015. Nel giugno del 2015 è stato eletto Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo e dall’ottobre dello stesso anno è Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Bergamo. Nel 2016 l’Assemblea della Conferenza dei Rettori delle Università italiane lo ha designato come rappresentante in seno al “Consiglio universitario nazionale” di cui è diventato consigliere. Il Premio agli studi - Neolaureato dell’anno è il riconoscimento per tutti quei giovani talenti che si affacciano al mondo del lavoro avendo già conseguito risultati eccellenti nel percorso di studio. I vincitori di quest’anno sono stati:
Marina Belotti, dipartimento di scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi Paola Bianchi, dipartimento di lettere e filosofia Matteo Cornali, dipartimento di ingegneria e scienze applicate Marco Pravini, dipartimento di scienze umane e sociali Chiara Rota Bulò, dipartimento di lingue, letterature straniere e comunicazione Fabio Tellarini, dipartimento di ingegneria gestionale Cristina Toti, dipartimento di giurisprudenza.
*Cucina di Pierangelo Cornaro Chef Patron del Ristorante Colleoni & dell'Angelo (Bergamo)
Il nuovo stile alimentare (sano come un pesce)
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’italiano medio, nonostante i 6000 Km di coste bagnate dal mare (per non dire dei fiumi e dei laghi); mangia poco pesce. Il consumo viene valutao sui 15 Kg pro-capite all’anno. All’inizio del decennio scorso, la cifra era inferiore (12-13 Kg), di cui 9-10 Kg come pesce fresco, il resto come conservato. Nei paesi dell’occidente industrializzato, i consumi sono valutati in 22 Kg procapite. Alcune indagini rivelano che il pesce, in Italia, viene vissuto come cibo di lusso, da gustare nei ristoranti specializzati. La donna che lavora trova scomodo il pesce fresco, per le difficoltà che crea (conservazione, pulizia, odori, tecnica culinaria particolare). Il pesce azzurro ha tratto scarsi benefici dalle campagne promozionali. L’italiano medio gradisce il pesce magro, di taglia medio-grossa, semplice da pulire. La tendenza di oggi è verso l’aumento, in considerazione dell’attuale orientamento della moderna dietologia che sottolinea le caratteristiche positive dei grassi del pesce per le malattie cardiovascolari. I consumi inoltre, subiranno senz’altro un incremento dato lo sviluppo dell’acquacoltura. Anche per gli animali acquatici, si sta passando dall’epoca della pesca irrazionale a quella dell’allevamento sempre più pulito, scientifico e sicuro. La maricoltura consentirà di incrementare l’enorme, preziosa ricchezza proveniente dal mondo sottomarino così complesso e, purtroppo, così poco conosciuto. Ancel Keys, uno dei più famosi nutri-
zionisti americani, è stato tra i primi ad intuire che la minor presenza delle malattie del “benessere” (obesità, ipertensione, aterosclerosi, infarto, diabete) nell’Italia Meridionale, Grecia, Spagna, Africa Settentrionale, rispetto a popolazioni a economia più avanzata, è dovuta soprattutto alle abitudini alimentari. Fra i grassi, l’olio di oliva rappresenta il condimenti tipico della dieta mediterranea, indispensabile per cucinare qualsiasi cibo. La parola condimento deriva dal latino “condere” e significa costruire: i grassi servono appunto per preparare numerosi piatti. Gli italiani apprezzano in particolare l’olio di oliva (12 litri pro-capite
l’anno) il cui consumo è in aumento. Anche l’olio di semi ha raggiunto dei notevoli livelli (10,5 litri), mentre il burro(gustato soprattutto al nord) non supera i 2 kg. Lo strutto è apprezzato dalla ristorazione collettiva per il basso costo e, con il lardo, raggiunge i 3,2 Kg annui pro-capite. All’incirca sulle stesse cifre è assestato il consumo di margarina. Quanto olio dobbiamo usare? Poco, tenuto conto che abbiamo varie possibilirà di gustare i grassi normalmente contenuti nelle carni, nei salumi, nei formaggi, nei dolci. I consumi totali superano largamente i fabbisogni giornalieri dell’adulto sano.
*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano
La ”fine” del Giubileo
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tempo di archiviare la misericordia: è finito il Giubileo! Come se niente fosse riprendiamo il nostro cammino. Quale peso abbia avuto il tempo vissuto non so se sia accertabile così immediatamente. Sarebbe bello e opportuno cercare una verifica in “casa”, nelle comunità e nella vita dei cristiani; sarebbe anche bello ricercare semi gettati nella società civile e politica, provocazioni affidate al mondo per il “bene comune”. La voce di papa Francesco si è alzata con forza, passione, convinzione e gesti capaci di consegnare continuamente sfide e suggestioni per andare “oltre”. La misericordia è davvero protagonista di una città nuova, una città dove l’uomo viva bene e “produca” bene. Ci solletica questa prospettiva: poter stare finalmente bene, proprio a partire da noi, dalla nostra vita. La salute degli occhi dipende dalla luce. Guardare è affascinante: continua scoperta del mondo che hai accanto e quindi apertura. Immenso l’appello di misericordia che fa scorgere fatiche di povertà e distruzione, solitudine e nascondimento. E tutto ti entra dentro, magari creando un po’ di tremore davanti all’immensità di umanità che chiede attenzione e sensibilità. Luminosi gli occhi che colgono la singolarità del mondo globalizzato. L’afflato del cuore chiede allenamento. La realtà degli affetti è una miccia sempre accesa. Basta un sorriso, una stretta di mano, un piccolo piacere per far crollare muri di precomprensione e sospetto, magari anche di paura. La tentazione
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dell’acidità di cuore è sempre in agguato. Sul fronte estenuante della fedeltà si radica il cuore misericordioso. Tenere al caldo il cuore è un’avventura educativa da giocare senza riserve e crea familiarità. È la scommessa di chi vuole essere generativo. I calli sulle mani impegnano concretamente. Il fare non è indifferente perché davvero non manca chi bussa alla porta. Impastarsi di ricerca e problemi, lasciarsi prendere da disagi e stanchezze, misurarsi su gratuità e solidarietà, non riduce il tutto a “cose da fare”, ma lo spazio della relazione diventa unico. La concretezza non è data solo dai risultati ottenuti, dalle opere realizzate; parla soprattutto la forza che, proprio attraverso le mani, è capace di carezze piene di carità. Sono i calli della bontà e della passione, quelli che svelano la dedizione. La temerarietà dei piedi affronta strade insicure. Quanta confusione attorno a noi; superficialità e immediatezza, agi e benessere rubano sempre di più il piacere dell’impegno e della conquista. Scalate in montagna e lunghe camminate sembrano passate di moda, la tecnologia brucia ogni attesa. Occorre il coraggio di conquistare la strada, di sprecare fatica e asciugare il sudore, di mettersi in gioco senza alcun interesse. La misericordia è persino incapace di contare! Occhi, cuore, mani, piedi…storia di uomini e donne segnati dalla misericordia: il Giubileo, alla fine, ci consegna una proposta di misericordia. Forse, proprio per questo, corre il rischio di finire nell’armadio abbandonandosi a
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una nostalgica fotografia, tanto per documentare il passaggio di una Porta santa o, per i più fortunati, un simpatico pellegrinaggio a Roma tra amici. L’anno del Giubileo è terminato, la Porta Santa ovunque è stata chiusa, anche i gadget ammassati nei magazzini, resta, affidata ad ogni credente, la forza profetica di questo tempo. I segni di misericordia dialogano con il futuro, impegnano i credenti in quella tensione di conversione che rende vera e credibile la fede, le comunità cristiane sono chiamate a tradursi nella carità. Alla fine, il Giubileo se la vede con ciascuno, personalmente. Per questo diventa impegnativo! Certo ai credenti è affidato un compito non facile. Da sempre il peccato nasconde tra le pieghe del tempo la tentazione dell’abitudine, l’illusione del piacere, l’insicurezza della fragilità. Eppure il Giubileo è una rinnovata consegna di speranza. Ciascuno sarà capace di darle un volto, di scriverne il racconto, di consegnarne la ricchezza proprio attraverso la propria vita. Non è la fine, ma l’inizio di un’avventura che spalanca la porta sul mondo e si offre di riscriverne i confini, ridisegnare il paesaggio, ravvivare i colori, rimettere in gioco il bene e il bello. Ecco dove va a finire il Giubileo: dentro la vita degli “uomini di buona volontà” e ce ne sono davvero tanti!
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Guinness dei Primati per Lego alla presentazione della Nuova Discovery
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on la presentazione della Nuova Discovery, che si è tenuta lo scorso 26 settembre a Solihull, nel Regno Unito, Land Rover ha polverizzato il record del Guinness dei Primati per la più grande struttura Lego mai realizzata. Clienti affezionati hanno preso parte alla dinamica presentazione del più versatile modello Land Rover che si è svolta intorno ad una riproduzione in Lego del Tower Bridge, alta ben 13 metri. La Nuova Discovery è l'epitome della vocazione Above and Beyond di Land Rover, col suo mix di fascino britannico, indomabile spirito di avventura e tecnologie senza confronti. Gerry McGovern, Chief Design Officer di Land Rover, dichiara: «La Nuova Discovery ridefinisce i grandi suv. I team di progettisti e tecnici Land Rover hanno rivoluzionato il dna Discovery, creando un suv premium affascinante, versatilissimo e straordinariamente capace». L'ingegnosità al servizio della praticità è stata per 27 anni il segreto della Discovery che, ad oggi, vanta oltre 1,2 milioni di clienti. La Nuova Discovery è la vettura per l'Era Digitale. Una tecnologia innovativa garantisce fiducia nella guida su ogni terreno,
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portandola a destinazione con qualsiasi condizione climatica. Il modello di quinta generazione si avvantaggia dell'architettura suv full-size: leggera, robusta e sicura, in grado di offrire comfort e versatilità inimitabili. Il Tower Bridge al centro dello scenario di presentazione era composto da 5.805.846 mattoncini Lego, superando di ben 470.646 pezzi il precedente record. Sotto la guida di Duncan Titmarsh, professionista britannico certificato dalla Lego, un team di specialisti ha impiegato cinque mesi per realizzare l'incredibile struttura. L'istallazione è stata eretta nel Warwickshire, sui terreni di Packington Hall, nei pressi degli impianti di Solihull, dove verrà prodotta la Nuova Discovery. Durante la spettacolare sequenza di presentazione, l'esperto di avventura
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britannico Bear Grylls si è esibito in una discesa a corda doppia, calandosi dalla cima della gigantesca installazione, attraverso il ponte levatoio e fino al palcoscenico. Nel finale, Sir Ben Ainslie, il velista Olimpico al timone del Land Rover Bar, ha attraversato sulla Nuova Discovery, con a bordo il suo Team, un guado ricavato sotto il ponte, dimostrando l'impareggiabile capacità e versatilità del nuovo suv Land Rover. Sir Ben trainava una replica in Lego dell'imbarcazione Land Rover Bar, un modello di 186.500 mattoncini, riproduzione meticolosa dell'originale, nato per la sfida di Coppa America 2017. Il reveal mondiale della nuova Discovery è avvenuto al Salone di Parigi a fine settembre ed il debutto nazionale lo scorso 7 ottobre a Trieste durante la Barcolana. In Italia è stata presentata anche in anteprima ad “Auto e Moto d’Epoca”, kermesse padovana di fine ottobre. La vettura era esposta in un ambiente dall’anima vintage e tecnologica al tempo stesso, in cui i visitatori hanno p o t u t o r i v i v e re t u t t o l o charme e la storia di modelli iconici, accanto all’innovazione caratterizzante le vetture di ultima generazione. Ne i n o s t r i s h ow ro o m l a nuova Discovery sarà disponibile dalla prossima primavera.
*Arte Mario Donizetti
Valori storici e consumi da svago
È
in atto uno svuotamento dei valori storici. Questo si vede con maggiore evidenza nelle enunciazioni teoretiche della filosofia dell’arte dove si può arrivare a far confusione fra le finalità dell’arte, la fruizione da svago e il rendimento economico. Va ricordato che perfino pensatori come Hegel hanno escogitato falsi problemi come quello che - premesso che l’arte sia finalizzata alla sensibilizzazione dell’uomo – l’arte debba cessare di esistere (“morire”) quando l’uomo si sia sensibilizzato. E si è arrivati a voler far credere conciliabile l’esistenza reale simultanea del “caso” e della “legge”, come ha fatto Monod, filosofo e scienziato. Oggi nei musei di arte antica (che nascono per la tutela del patrimonio storico) può succedere che, anziché incaricare conservatori tecnicamente preparati, si utilizzino organizzatori di convegni preparati soprattutto a considerare con sufficienza i tecnici (tanto da intralciarne il lavoro di ricerca) e attivi nel supportare la “creatività” delle “avanguardie” informali. Con lo scopo di promuovere cultura per consumi da svago, a sfavore dei valori della storia.
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*Cinema Film da rivedere, da riscoprire, da riassaporare
Pietro Bianchi
Mine vaganti
di Ferzan Ozpetek (2010)
L
a famiglia Cantone, proprietaria di un rinomato pastificio, è molto nota a Lecce. C’è la nonna (Ilaria Occhini, da giovane Carolina Crescentini), che con il cognato Nicola, di cui è stata sempre segretamente e perdutamente innamorata, ha portato l’azienda a livelli eccelsi di qualità; c’è suo figlio Vincenzo (Ennio Fantastichini), profondamente omofobo, gonfio della sua virilità; la nuora Stefania (Lunetta Savino), prigioniera delle convenzioni borghesi; l’altra figlia Luciana (Elena Sofia Ricci), che sconta, confinata in casa, le sue mattane giovanili; e poi i nipoti: Antonio (Alessandro Preziosi), attivo nel pastificio, Elena (Bianca Nappi), invece esclusa dall’attività di famiglia perché donna, e Tommaso (Riccardo Scamarcio), che da anni vive a Roma per laurearsi in economia e commercio. Richiamato a Lecce per la cessione di parte delle quote a due nuovi soci (i Brunetti, padre e figlia: lei, la bella Alba, è interpretata da Nicole Grimaudo), Tommaso confida al fratello Antonio che alla cena fissata per festeggiare questo sodalizio rivelerà tutti i suoi segreti: che a Roma non ha mai studiato economia e commercio e si è invece laureato in lettere; che a tutti i costi vuole fare lo scrittore; e, soprattutto, che è gay. Arrivato il momento cruciale, quando Tommaso ha già richiamato l’attenzione dei presenti, inaspettatamente Antonio gli ruba la parola: e confessa al padre, via via sempre più inorridito, che è omosessuale, che era innamorato di un operaio specializzato della ditta e che per salvare le apparenze è arrivato a licenziarlo, commettendo così una doppia ingiustizia di cui ancora si vergogna. Vincenzo, infuriato e già terrorizzato per il discredito che lo scandalo porterà sulla famiglia, caccia Antonio da casa e dall’azienda e subito dopo viene colpito da un leggero infarto. Ripresosi in ospedale, chiama vicino a sé Tommaso e gli impone di prendere in fabbrica il posto di Antonio. Tommaso è intrappolato: spiazzato dal fratello, non ha più il coraggio di dichiarare la sua omosessualità (il padre ne morirebbe) né può più allontanarsi dal pastificio, dove è diventata necessaria la sua presenza. Tutto ciò indispettisce Marco, il suo compagno a Roma, che si aspettava tutt’altro esito
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da quel ritorno in famiglia. Pur con rammarico Tommaso si cala nel ruolo. Stringe sempre più amicizia con Alba, anche lei con i suoi problemi (una seria difficoltà a relazionarsi con gli altri); dà spazio in azienda alla sorella, fin lì ingiustamente boicottata; assiste impotente alle folli ossessioni del padre, ormai convinto che tutti ridano di lui; ascolta attento i consigli della nonna, un passo avanti rispetto a tutti gli altri nel capire come stanno realmente le cose. Tutto più o meno sotto controllo, almeno fino a quando Marco e altri tre amici gay giungono inaspettati a casa Cantone, portando non poco scompiglio. Bisogna prendere una decisione: Tommaso troverà il coraggio di rivelare alla famiglia, per lo meno, che vuole scrivere e che non concepisce il suo futuro nel pastificio, ma sarà la nonna, la vera mina vagante del titolo, a scompaginare i piani e a mettere le cose là dove nessuno voleva farcele andare. Sceneggiato con Ivan Cotroneo, ma ispirato da fatti e persone che hanno attraversato la sua vita, “Mine vaganti” è un film che Ozpetek ha evidentemente molto sentito sulla pelle. Leggendo “Sei la mia vita”, il suo secondo romanzo (Mondadori Libri 2015), pieno di ricordi autobiografici, si scopre che l’insolita vicenda è realmente accaduta ad un suo amico italo-brasiliano. Il capitolo del libro (il nono) è intitolato “Il coraggio di essere se stessi” ed è attorno a questo concetto che principalmente ruota il film. Ozpetek, nella sua matura e serena omosessualità, scrive: “Nel mondo che amo, ciascuno può essere semplicemente se stesso, con naturalezza e libertà, senza per questo sentirsi giudicato”. E nella pagina bianca che precede il romanzo, sotto la dedica, afferma: “L’unico modo per allontanare ciò di cui abbiamo paura è raccontarlo”. Nel film questi incoraggiamenti escono dalla bocca della saggia nonna, che già sapeva di Antonio e già sa di Tommaso e si vergogna dell’ottusità del figlio Vincenzo, che non si preoccupa dell’unica cosa di cui dovrebbe: che i suoi figli siano felici. “Sbaglia per conto tuo” – ammonisce Tommaso – ricordandogli che, se uno fa sempre quello che vogliono gli altri, allora non vale la pena di vivere. Una lezione di coraggio, seguita dall’esortazione a scrivere,
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anche di loro, delle cose buone che hanno fatto e di quelle che hanno sbagliato, inevitabilmente, essendo “troppo piccoli per la vita che è così grande”. Anche se il film è sostanzialmente una commedia molto divertente e, con l’ingresso degli amici omosessuali, in certi momenti addirittura esilarante, “Mine vaganti” è prima di tutto un film affettuoso e di sentimenti. È un film sulla necessità della confidenza ben riposta, dell’ascolto e della comprensione. È un film che sa bene quanto contino i rapporti familiari, sempre sul filo di un precario equilibrio, e come altrettanto importanti siano quelli di amicizia, di amore e di assistenza - bellissimo il rapporto tra la nonna malata di diabete e la cameriera Teresa (Paola Minaccioni) e come da questi occorra a volte sapersi distaccare: “Non bisogna aver paura di lasciare, perché quel che più conta non ti lascia mai, anche quando non vogliamo”. Girato in una Lecce abbagliante per la sua bellezza, “Mine vaganti” poggia sulla recitazione di assoluto livello di tutti gli interpreti. In un film con tante parti, dove un ruolo fondamentale – come sempre nel cinema di Ozpetek – hanno le scene girate intorno al tavolo da pranzo, dal coro non esce una nota stonata. Il DVD ricorda la pioggia di premi piovuta sul film, gran parte dei quali hanno celebrato gli attori. La profondità di sguardo di Ilaria Occhini, l’irresistibile simpatia di una strepitosa Elena Sofia Ricci, la confusa voglia di capire di Lunetta Savino, la grottesca disperazione di Ennio Fantastichini, lo sguardo triste/rabbioso e poi riacceso/sereno di Nicole Grimaudo, i buffi tentativi di mostrarsi etero degli amici omo sono tutte carte vincenti del film. Un’umanità varia, bisognosa di una convivenza aperta e generosa, da cui va bandito il concetto di normalità, secondo il pensiero di Ozpetek, che così conclude:“Diffido di chi procede per esclusione, di chi si fa guidare dai preconcetti. È come vivere in bianco e nero, rinunciando alle meravigliose sfumature che riscaldano l’esistenza. Il rosso dell’amore possibile e il viola di quello perduto, il verde dell’amicizia che non morirà mai, il giallo della felicità assoluta. Ogni sentimento ha il suo colore. E quando le emozioni ti confondono, basta chiudere gli occhi per riconoscerle”.
*il Pensatore Liutprandoar
Caro Babbo Natale, e Santa Lucia... Colui che ha una grande ricchezza in sé stesso è come una stanza pronta per la festa di Natale, luminosa, calda e gaia in mezzo alla neve e al ghiaccio della notte di dicembre. Arthur Schopenhauer - Aforismi per una vita saggia.
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ome di consuetudine ti scrivo in prossimità del Natale per far si che i miei e Nostri sogni si possano realizzare. Non vorremmo dei veri regali, ma solo un po’ di magia che io e le mie sorelline vorremmo sia per noi che per tutti gli animali in difficoltà. Noi possiamo ritenerci fortunate, ma purtroppo non lo possono dire tutti. Non riesco a capire gli umani che ci brutalizzano, ci commercializzano e ci vogliono solo per poterci regalare o usare per scopi che rasentano i limiti della legalità. Visto che sono il capofamiglia mi è capitato spesso di parlare con i miei simili delle condizioni disumane con cui vengono introdotti in Italia i “nostri piccoli cuccioli”, forse il genere umano non ricorda il tempo della schiavitù e quanto hanno lottato per abolirla, ma per noi… quindi, ti prego, cerca di dissuadere tutti quei bambini e adulti che ci vogliono come regalo. Non siamo un pacco …, abbiamo un cuore e un anima, anche se per alcuni non abbiamo sentimenti… sappiamo amare incondizionatamente, indipendentemente da chi sia il nostro amato, e sfiderei qualsiasi umano a farlo sia nei nostri confronti che in quelli dei suoi simili; forse solo i bambini ci riescono. Vogliamo solo ogni tanto delle coccole e sentirci amati, ma non mi capacito… su come sono fatti gli umani, riescono ad amarci e, poi per una innocente pipì o cacca, ci scaraventano nei lager … opss canili, gattili o …insomma in rifor-
matorio. E molti di noi si trovano in una “lussuosa” pensione pagata dal loro stato o da fondi di privati, anche questo argomento dovrebbe essere affrontato, ma non ti voglio tediare troppo con queste mie farneticazioni, chissà quante lettere dovrai leggere e quanti bambini e adulti dovrai soddisfare… Anche se molti ci considerano poco istruiti io leggo spesso gli spezzoni dei giornali e dei libri , prima di farci sopra la pipì, (o che mi diverto a distruggere nei giorni di noia o in cui mi sento un po’ trascurata dal mio amato) e ultimamente ho letto che esistono tanti animali che sono rinchiusi…, scusa, non voglio rinominare quei posti, forse potresti far si che gli umani in quei giorni di festa frequentassero quelle “pensioni” per darci la consapevolezza che non sono tutti uguali… e la speranza di molti è di trovare una famiglia che li ami, non esageriamo, molti si accontenterebbero anche solo di un po’ di bene. Scusa se mi permetto,
Celso e Celsa
dovresti fargli capire che espletiamo tutte le funzioni fisiologiche come loro e che anche noi piangiamo, gioiamo, ci arrabbiamo… e soffriamo, insomma tutto quello che fanno gli umani. L’unica differenza è che non siamo brutali con i nostri simili, solo un po’ aggressivi ma ci sta….Per ultima cosa vorremmo farti presente che qualcuno della specie umana ha detto: più vedo gli uomini più amo gli animali (natura), Grazie di aver perso tempo a leggerete il Nostro scritto, e scusaci se siamo stati troppo prentenziosi. I tuoi, perfidi, estimatori Celso,Celsa, Iolanda P.S. Non disdegneremmo... dei fegatellli e un ossicino
Iolanda
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*il Veterinario Angelo Rinaldi Medico Veterinario
Gli animali a Capodanno
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d ogni Capodanno, sia prima che dopo la mezzanotte, si festeggia con i fuochi d'artificio la fine del vecchio e l’arrivo del nuovo anno. Questi festeggiamenti, che hanno origine antichissime, sono attesi con molta impazienza da tutti gli esseri umani, mentre per molti animali questa ricorrenza viene spesso vissuta con angoscia e terrore. Bisogna premettere che questi "rumori molesti" possono essere leggermente attenuati con una buona "educazione sensoriale", importante e fondamentale, per evitare che i nostri fedeli compagni soffrano inutilmente per un nostro capriccio, si sviluppa intorno alle prime sedici settimane di vita, in questo periodo più stimoli sonori che il cucciolo percepisce e minore sarà il rischio di fobie nei confronti di sollecitazioni sensoriali di varia natura. Anche se l’animale ha una buona educazione sensoriale il rumore prodotto dai fuochi d’artificio, di diversa natura e intensità, sono una vera e proprie "violenza sonora", infatti dobbiamo ricordarci che mentre gli umani possono udire suoni con frequenze comprese tra i 20 e i 20.000 hertz (cicli al secondo), i cani possono udire frequenze comprese tra i 40 e i 46.000 hertz. Di conseguenza il rispetto per gli animali passa dal ridurre o ancor meglio eliminare il rumore assordante fatto per puro divertimento, per evitare che molti animali, durante i nostri festeggiamenti, assumano atteggiamenti atipici quali: l’abbaiare incessantemente in maniera incontrollata, non riuscendo a capire l’origine e la fonte di tale frastuono, il nascondersi, il piangere, l’ansimare, il tremare, o cercare
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la fuga dall'appartamento o dal giardino. Ci sarebbe un grosso capitolo legato anche agli animali non domestici che pur sono esseri senzienti pari all’uomo, ma questo è un altro argomento. Per ridurre al minimo i traumi che possono creare i "rumori molesti" è consigliabile attenersi alle linee guida sottostanti. Con la speranza che sia un Buon Capodanno per tutti. Alcuni consigli pratici: Non lasciare l’animale incustodito. Ogni cane ha un suo posto preferito, che lo rassicura ed è importante che il cane possa accedervi in ogni momento. Lasciare il proprio cane confinato in un luogo chiuso dove potrebbe essere esposto ad eventi traumatici più o meno imprevedibili, potrebbe essere dannoso per la vostra mobilia m a s o p ra t t u t t o per il cane, che potrebbe rafforzare la sua fobia e associare il luogo al rumore, trasformando la casa in un ulteriore oggetto di panico. Calmarlo o consolarlo in modo eccessivo lo confermerebbe nella sua paura e accrescerebbe il panico. Abituarlo gradatamente a rumori estranei e molesti. Esistono in
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commercio CD da far ascoltare all’animale in maniera progressiva, contenenti rumori fastidiosi, che possono essere d’aiuto per desensibilizzare l’animale, insegnandogli a non reagire in modo irrazionale di fronte ai frastuoni. Anche una musica rilassante può però servire per camuffare i botti e a tranquillizzare l’animale. Minimizzare l'impatto dei botti accendendo radio o tivù. Non tenere i cani legati a catena. Se l'animale scompare, cercarlo subito in zona, potrebbe essersi nascosto poco distante da casa. Somministrare farmaci a base di feromoni, (da prendere soltanto dopo aver consultato un veterinario), può funzionare nei casi più gravi. La somministrazione controllata di questi feromoni, permette una stabilizzazione dello stato emozionale dell’animale.
Cult
Il meglio dell'antiquariato in mostra alla Fiera di Bergamo
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al 14 al 22 gennaio 2017 la Fiera di Bergamo ospita la seconda edizione di Italian Fine Art (IFA), evento dedicato all’eccellenza dell’Alto Antiquariato e dell’Arte Antica italiana ai massimi splendori. Dopo il debutto di gennaio 2016, che ha confermato la piazza di Bergamo quale location strategica per un simile appuntamento, la mostra mercato sarà ulteriormente arricchita di importanti tesori e raffinatezze artistiche grazie a nuove partnership istituzionali. Organizzata da Promoberg, la mostra si rinnova per promuovere non tanto l’arte italiana, patrimonio indiscusso del nostro
a cura della redazione
Enrico Scuri (Bergamo 1806 - 1884), "Visita di Maria a Santa Elisabetta"; matita su carta applicata su tela, cm 224x224, senza cornice
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Paese, ma le potenzialità e la professionalità del mercato dell’arte in Italia. Per questo con le gallerie antiquarie sono presenti delle gallerie specializzate nel Novecento storicizzato, altre in Arte Orientale e alcune di Tribal Art. Obiettivo è attrarre l’attenzione del mondo internazionale – che guarda all’arte per passione, collezionismo o bene d’investimento – sulla potenzialità del nostro mercato antiquario, sulla professionalità di galleristi e antiquari e l’eccellenza delle loro proposte e delle loro competenze. La nuova edizione accoglierà oltre 100 espositori selezionati tra le più importanti gallerie antiquarie italiane e si arricchirà di importanti tesori e raffinatezze artistiche, grazie al contributo di prestigiose partnership istituzionali. Dipinti, arredi, sculture, maioliche, porcellane, gioielli, e tantissimi altri oggetti d’Arte, alcuni dei quali inediti, saranno pronti ad accogliervi nella splendida cornice di IFA 2017. Lo scrupoloso lavoro di un’autorevole commissione Vetting, composta da dieci esperti di caratura internazionale della Federazione Italiana Mercanti d'Arte (F.I.M.A.), garantirà la qualità assoluta delle opere esposte. Oltre alla ricca parte espositiva, in programma diversi eventi collaterali che trasformano la mostra mercato in un evento di alto profilo culturale. Per ulteriori informazioni e per consultare l'elenco degli espositori visitare il sito web www.italianfineart.eu.
Giacomo Balla (Torino 1871 - Roma 1958), Linee spaziali, 1920. Olio su carta intelata. cm 50 x 64
Mario Sironi (1885-1961), Forme plastiche nello spazio, 1914, tempera e inchiostro su carta, cm 28x23. Una delle pochissime opere futuriste di Mario Sironi, esposta anche alla Biennale di Venezia del 1962
Antonio Francesco Peruzzini (1643 - 1724), coppia di dipinti: sotto: "Fuga in Egitto", sopra: "Martirio di San Pietro da Verona"; olio su tela, cm 191x145,5
Modello da scultore egizio in calcare duro, esposto a TEFAF Maastricht 2007. XXX Dinastia/ Epoca Tolemaica, 380/30 a.C. Cm. 19 x 14,8
Francesco Prata da Caravaggio (Caravaggio, 1485 - 1575 circa), Madonna col Bambino. Olio su tela cm 65x78,5
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Canterano a cassettiera della fine XVII° inizio XVIII° secolo, (bottega Fantoni) Rovetta, Bergamo. Misure cm: 59,5x161x103 (h)
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Cult
Giovani, Robotica e Informazione 2.0 nel successo di BergamoScienza
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ergamoscienza 2016 da record: quella che oramai possiamo definire a lettere maiuscole La Manifestazione di Bergamo, è in costante, inarrestabile crescita. Qualche numero: 191 eventi in 31 comuni della provincia ed in città per un totale di oltre 142mila presenze; 3.560 studenti nel ruolo di guide e nell’ideazione e realizzazione di mostre e laboratori, coordinati da ben 455 docenti. A questi vanno aggiunti 167 volontari per le conferenze. Tra le novità di quest'anno il lancio della Science Tv (www.sciencetv.it), un progetto realizzato dall’Associazione BergamoScienza in collaborazione con
Impara Digitale per offrire a tutti la possibilità di accedere gratuitamente a una banca dati scientifica interattiva. In pratica un'enciclopedia online che contiene circa 300 conferenze del festival dal 2004 in poi. Dal 4 ottobre ad oggi sono stati registrati migliaia di accessi. Analizzando, invece, i protagonisti che ogni anno danno lustro alla kermesse dovremmo citare innumerevoli Premi Nobel, scienziati di fama mondiale e personaggi protagonisti dell'immaginario collettivo, come astronauti, inventori ed estrosi artisti. La nostra disamina sarebbe tuttavia e in buona parte incompleta, perché i veri protagonisti in realtà, oggi come
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a cura della redazione
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agli esordi di Bergamoscienza, sono gli studenti. Lo rimarchiamo: guide per il pubblico degli adulti, visitatori e animatori di tanti laboratori. Tra questi, forse il più apprezzato è stato quello dedicato ai droni, con istruttori esperti che hanno fatto provare a tanti ragazzi l'emozione di pilotare un drone e compiere spettacolari manovre aeree al limite della fisica all'interno di spazi circoscritti e in assoluta sicurezza. Queste straordinarie macchine volanti - ha spiegato nell'ambito di un incontro di Bergamoscienza il giovane Federico Augugliaro, dottorando presso l’Istituto per sistemi dinamici e controllo del politecnico di Zurigo - hanno infinite applicazioni, dall'industria all'intrattenimento e presto entreranno a far parte della nostra quotidianità. Ne è riprova il fatto che, presso il Polo per l'innovazione tecnologica di Dalmine ha sede il "GeoSkyLab", una scuola per piloti di droni riconosciuta dall'Enac e che abilita all'utilizzo dei droni per riprese aeree.
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scaldiamo il tuo natale e ti auguriamo buone feste
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Insieme a Voi vogliamo rivolgere i nostri Auguri anche ai ragazzi disabili della Special Bergamo Sport che sosteniamo nelle loro attivitĂ agonistiche e di sport-terapia