In viaggio verso le stelle

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IN VIAGGIO VERSO LE STELLE

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INDICE Prefazione..................................................................................................................pag. 6 Principi di propulsione...............................................................................................pag. 7 Introduzione...............................................................................................................pag. 7 Principio di azione e reazione....................................................................................pag. 7 VelocitĂ di un razzo....................................................................................................pag. 8 Impulso specifico........................................................................................................pag. 9 Motori chimici............................................................................................................pag. 10 Viaggio tra i pianeti...................................................................................................pag. 11 L'uomo sulla Luna......................................................................................................pag. 12 Una mappa celeste in scala........................................................................................pag. 13 Il programma Pioneer................................................................................................pag. 14 Il programma Voyager...............................................................................................pag. 15 Voyager 2...................................................................................................................pag. 16 Sfruttare la gravitĂ dei pianeti...................................................................................pag. 21 La fionda Gravitazionale...........................................................................................pag. 21 Dopo la Luna.............................................................................................................pag. 24 Propulsione a fissione nucleare..................................................................................pag. 24 Il progetto Orione......................................................................................................pag. 25 Propulsione a Fusione nucleare.................................................................................pag. 27 Il progetto Dedalus....................................................................................................pag. 29 Autoreattore di Bussard..............................................................................................pag. 30 Nave azionata da laser...............................................................................................pag. 31 Dove siamo arrivati oggi?..........................................................................................Pag. 32 Nuove tecnologie........................................................................................................pag. 32 la Propulsione ionica.................................................................................................pag. 32 Propulsori ionici a griglia elettrostatica....................................................................pag. 33 Propulsori a effetto Hall.............................................................................................pag. 33 Propulsione elettrica a effetti di campo (FEEP)........................................................pag. 34 Missioni......................................................................................................................pag. 35 La propulsione nucleare di Rubbia............................................................................pag. 37 Il figlio di Dedalus.....................................................................................................pag. 41 3


Propulsori ad antimateria..........................................................................................pag. 42 Motori a Curvatura....................................................................................................pag. 45 La Nasa progetta motori a curvatura.........................................................................pag. 48 Conclusioni................................................................................................................pag. 49 Ringraziamenti...........................................................................................................pag. 51

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Prefazione Sono sempre stato attratto dalle stelle fin da bambino, essendo il fratello maggiore di tre fratelli, piu’ volte mi capitava di dover spiegare cosa fossero. All’eta di 10 anni rimasi affascinato da un libro di astronomia che avevo preso in prestito dalla biblioteca di una mia zia. Un giorno arrivo il momento di restituirlo, ed ero cosi dispiaciuto di riconsegnarlo che presi del tempo in modo da poter copiare tutto il contenuto su un quaderno, ricordo che disegnai anche le immagini per avere una copia perfetta. Oggi ho ancora quel quaderno. Dopo qualche anno ricevetti in regalo il mio primo telescopio, dopo alcuni “telescopi acquistati sulle riviste”, finalmente ricevetti in regalarono da mio padre un telescopio amatoriale di buona qualita’, a poca distanza ricevetti sempre da lui un secondo telescopio il famoso newton 114/900, grazie a questo feci grandi osservazioni tanto da inviarle alla rivista l’astronomia. Sono cosi attratto dall’astronomia che a 16 anni iniziai a creare una mia teoria sull’universo. Ero molto affascinato dalla realtivita’ di Einstain sopratutto su quella ristretta che portava la mia mente a viaggiare tra le stelle. Negli anni ’80 fu presentato un bellissimo documentario “Cosmos di Carl Edward Sagan”, questo documentario, le sue immagini le parole, riecheggiano ancora dentro di me, tanto da voler iniziare questo libro con le parole di Carl Sagan e di tanto in tanto inserirne delle parti nel testo stesso. Il cosmo è tutto ciò che esiste, che sia mai esistito e che esisterà sempre. La consultazione del cosmo ci emoziona. Un brivido ci percorre, la paragoniamo a quella vaga emozione come un ricordo remoto di precipitare da una grande altezza, ci rendiamo conto di inoltrarci nel più grande dei misteri. Le dimensioni e l'età del cosmo sono al di là della comune comprensione umana, sperduta in un luogo compreso tra l'immensità e l'eternità c'è il nostro minuscolo pianeta, la Terra. Per la prima volta l'umanità ha il potere di decidere il destino del suo pianeta e di sè stessa. La nostra è un'era di grandi pericoli, però la nostra specie è giovane, curiosa, intraprendente, piena di buone promesse. Negli ultimi millenni siamo stati capaci di portare a compimento le scoperte più sorprendenti ed inattese, sia riguardo al cosmo che al pianeta nel quale viviamo. Sono convinto che il nostro futuro dipenda, soprattutto, da quanto saremo capaci di capire questo cosmo, nel quale galleggiamo così come un granello di pulviscolo viene giù dal cielo. Adesso comincia per noi un viaggio attraverso il cosmo, correremo incontro a galassie, a soli, a pianeti. La superficie della Terra è la spiaggia dell'oceano cosmico, su questa spiaggia abbiamo imparato quasi tutto quello che sappiamo, però di recente ci siamo spinti un po' nell'acqua, diciamo fino alle caviglie, e l'acqua ci sembra invitante. Qualche parte in noi ci ricorda che è di là che proveniamo e agognamo tornarci, e possiamo perché il cosmo è anche dentro di noi; noi siamo fatti della stessa materia delle stelle, noi siamo un mezzo per il cosmo di conoscere sè stesso.

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PRINCIPI DI PROPULSIONE INTRODUZIONE Cominciamo ora ad analizzare come è possibile lanciare un oggetto nello spazio, quali sono le modalità attualmente impiegate per farlo, quali saranno quelle future ed infine come si può raggiungere un altro corpo celeste. Iniziamo quindi col trovare una relazione che indica quale deve essere la velocità iniziale con cui lanciamo un oggetto per raggiungere una determinata altezza da Terra. Per far questo impieghiamo la relazione che esprime la conservazione dell’energia ed in particolare quella che afferma che se il sistema è isolato, cioè non subisce perturbazioni esterne, allora l’Energia Potenziale (Ep) sarà uguale all’Energia Cinetica (Ec): Ep = Ec 1 m⋅g⋅h= ⋅m⋅v 2 2

Da questa relazione dove : h = Altezza massima raggiunta, v = velocità iniziale m = massa lanciata (es. palla di cannone) g = accelerazione di gravità Il risultato più importante di questa relazione indica che più alti vogliamo arrivare, maggiore dovrà essere la velocità iniziale con cui lanciamo tale oggetto. Detto questo, per riuscire semplicemente ad andare in orbita terrestre, dovremmo lanciare il nostro razzo ad una velocità iniziale (detta Velocità di Fuga) paria 11.2 km/s. Se volessimo arrivare sulla Luna, questa velocità dovrà essere notevolmente maggiore ed infine se volessimo uscire dal sistema solare dovremmo superare la velocità di fuga relativa al nostro Sole. Ogni corpo celeste ha quindi una sua velocità di fuga, via viacrescente al crescere della distanza del nostro obbiettivo.

PRINCIPIO DI AZIONE – REAZIONE Tutta l’astronautica e parte dell’aeronautica, così come la conosciamo, si basa su questo semplice mafondamentale principio, magari in modo camuffato, ma sempre basandosi su di esso. Letteralmente il Principio di Azione Reazione, afferma che ad ogni azione (o forza) applicata ad un corpo ne corrisponde una reazione uguale e contraria. Per illustrarlo in modo semplice, pensiamo ad un lago completamente ghiacciato al centro del quale ci troviamo noi, con un sacco pieno di sassi ed un paio di scarpe in cuoio che non fanno assolutamente attrito col terreno. 7


Qualsiasi sforzo noi facciamo, l’unica possibilità per poterci spostare su questo campo di pattinaggio, sarà quella di prendere i sassi dal nostro sacco e lanciarli in direzione opposta a quella in cui vogliamo andare. Più sarà grande il sasso e maggiore sarà la velocità con cui lo lanciamo, maggiore sarà la velocità che perreazione noi acquisiremo in senso opposto. In formule si può esprime con la Legge della Conservazione della Quantità di Moto m sasso⋅v sasso= M Persona+ sassi⋅V Persona v sasso⋅m sasso ⇒ V Persona= M Persona+ sassi osservando questa formula, come già detto, si vede che maggiore è la massa del sasso e cosi la sua velocità maggiore sarà la nostra velocità di reazione, con alcune ovvie limitazioni fisiologiche, ma del tutto identichea quelle che s’incontrano analizzando qualsiasi problema di astronautica. Sarà per noi molto più difficile e faticoso lanciare un sasso grosso piuttosto che uno piccolo, viceversa, la velocità dipenderà esclusivamente dalla forza del nostro braccio. Si può notare inoltre un’ulteriore cosa, massa e velocità del sasso sono legati, insomma, sarebbe bello riuscire a lanciare i sassi più grossi alla stessa velocità di quelli piccoli !

VELOCITA’ DI UN RAZZO Che cosa è fondamentale per riuscire a lanciare un nostro razzo nello spazio ? Come visto la sua velocità . Ma come si fa a rendere la Velocità massima ? Intuitivamente, espellendo qualche cosa di particolarmente denso (alta massa) ad un’alta velocità. Ma i razzi non lanciano sassi per spostarsi nello spazio, quello che possono fare è trasportare con se ossigeno e combustibile, farli reagire in una camera di combustione ed espandere attraverso una feritoia su una superficie chiamata ugello, ad una velocità tanto maggiore quanto sarà maggiore la pressione all’interno della camera di combustione. I nostri “sassi” in missilistica sono qualcosa di meno solido ed in particolarepotranno essere dei gas (bassa densità ma altissima velocità), oppure in alcuni casi particolari ioni, elettroni etc... Anche in questo caso esiste una semplice formuletta che descrive quanto detto : V FinaleRazzo =V EspulsioneGas⋅log(

miniziale ) m finale

Cioè la velocità finale (quella che mi metterà in orbita o porterà sulla Luna etc..), sarà uguale alla Velocità di espulsione dei gas per il logaritmo del rapporto fra la massa del razzo prima di partire (propellente compreso), e di quella al raggiungimento dell’obbiettivo.

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Il risultato più immediato, è che tutto dipende dalla velocità di espulsione dei gas, ed inoltre che occorre moltissima massa iniziale (quasi tutto propellente) per lanciare anche un modestissimo razzo e questo è legato alla presenza del logaritmo nella formula. In particolare se vogliamo mettere in orbita un satellite di 90 kg, supponendo che tutto il resto sia propellente avrò bisogno di ben 910kg di propellente, quindi alla partenza il nostro razzo in totale avrà un peso di 1000kg: si può proprio affermare che il 91% del peso va in FUMO !

INPULSO SPECIFICO Tutto quello che ci serviva per capire come si affronta il viaggio verso altre stelle, è finalmente stato introdotto, e speriamo in modo abbastanza comprensibile; ci occorre ora un parametro che indichi la bontà e le prestazioni di un motore per missile. Questo parametro si chiama Impulso specifico e si rappresenta in questo modo Isp=

Spinta forza ingrado di spostare un certo numero di Kg = Portata ponderale Portata di propellente che passa attraverso l ' ugello

Questo parametro che ha come unità di misura i secondi, indica per quanto tempo e con quanto combustibile si può ottenere una certa spinta. L’Impulso specifico purtroppo però non dà l’informazione fondamentale dell’accelerazione, che è essenziale per lasciare la nostra Terra. I migliori motori cioè quelli più efficienti che vengono prodotti sulla Terra hanno un impulso specifico di circa 500 secondi, e questo valore si ottiene pensando che per circa sette minuti viene bruciato ad un certo ritmo il carburante per ottenere una certa spinta (quella necessaria per superare la forza di attrazione gravitazionale terrestre). Se però avessi un motore nello spazio, che funziona per giorni o mesi (senza fermarsi), espellendo pochissima massa, allora il valore dell’Impulso specifico sarebbe elevatissimo (ad esempio Isp=10000sec) ed il razzo continuerebbe ad accelerare per giorni e mesi, continuando ad aumentare la sua velocità, quindi ottimo per lunghi percorsi; però ma un motore simile non potrebbe mai alzarsi da terra perché l’accellerazione che fornirebbe sarebbe insufficiente. Un confronto quindi fra razzi con motori diversi si può fare se si trattano assieme i razzi per decollare da Terra, con i razzi destinati a muoversi nel cosmo. PRINCIPALI TIPI DI PROPULSIONE Reazioni

Energia Liberata 10^6 J/Kg

Velocità di Espulsione Km/sec

Astronave tipo

Idrogeno – Ossigeno liquidi

15 (non 15x10^6)

5.5

Shuttle

Fissione Nucleare (Uranio)

8.2x10^7

12.900

Orion

Fusione Nucleare

3.9x10^8

27.600

Dedalus

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Annichilazione Materia Antimateria

9x10^10

270.000

Star Trek

Come si vede ancora una volta la Velocità di espulsione dei Gas dall’ugello del razzo, è fondamentale per ottenere alte prestazioni del sistema aerospaziale, ed in particolare, attraverso l’anichilazione della materia con l’antimateria, che è il metodo più efficiente esistente per produrre energia, si riescono ad espellere i gas a velocità molto prossime a quelle della luce! MOTORI CHIMICI Probabilmente per molte centinaia di anni, l’unico modo per poterci staccarci dal suolo terrestre è utilizzare i motori detti chimici, che appunto sfruttano delle reazioni chimiche più o meno rapide, più o meno energetiche, per spingere la nostra astronave. Ricordiamo, che un grosso difetto dei motori (non sarebbero dei motori altrimenti), è che per bruciare il nostro combustibile hanno bisogno di ossigeno o di un altro ossidante, e quindi un motore che deve viaggiare nello spazio, oltre ad avere un serbatoio per trasportare il carburante deve averne anche uno per trasportare l’ossidante che nello spazio non si trova, con un raddoppio quindi delle masse trasportate e degli ingombri. I più usati di questi propellenti, sono delle miscele più o meno complesse ad esempio di kerosene - Ossigeno, ma quelli più altamente energetici, cioè che ci forniscono maggiori prestazioni e permettono a parità di carico di arrivare più lontani sono quelli ad Idrogeno ed Ossigeno criogenici, cioè allo stato liquido perché raffreddati ad oltre -150°C. I motori che hanno portato l’uomo sulla Luna (SATURNO V) ed ancora la navetta spaziale SHUTTLE ed ancora il razzo europeo ARIANE, funzionano appunto utilizzando idrogeno ed ossigeno liquidi, perché come detto forniscono le migliori prestazioni oggi possibili. Qui di fianco è stata appunto riprodotto il razzo vettore americano Titan III, che è servito e serve attualmente per numerosi tipi di missioni: dal lancio di satelliti artificiali a quello di sonde interplanetarie.

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VIAGGIO TRA I PIANETI Immaginiamo di essere dei viaggiatori provenienti dalle stelle e diretti al Sole. Ci troveremmo circondati da quattro immensi mondi gassosi e nuvolosi: Nettuno, il pianeta blu con Tritone la sua luna di ghiaccio, Urano con i suoi anelli scuri, fatti di materia organica, Saturno, il gioiello del Sistema Solare, all'interno dei suoi anelli concentrici composti da un miliardo di piccole lune di ghiaccio e, infine, Giove, il pianeta più grande con le sue nubi multicolori. Oltre, ancora più vicino al Sole, non si trovano più pianeti giganti, ma corpi minori fatti di roccia e metalli e alcuni avvolti da un leggero strato d'aria. Uno di essi è la Terra.

I viaggi dell'uomo per l'esplorazione all'esterno del Sistema Solare si svolgono, almeno fino ad oggi, sotto il controllo di un solo centro in tutta la Terra, il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California. Acronimo di National Aeronautics and Space Administration (in italiano Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche), è l'agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale degli Stati Uniti d'America e della ricerca aerospaziale. La decisione di creare la NASA era stata dettata dall'esigenza di affrontare la sfida per la conquista dello Spazio che contrapponeva le due superpotenze mondiali, Stati Uniti e Unione Sovietica e che prese il nome di corsa allo spazio. La sfida si collocava nell'ambito della Guerra Fredda ed ebbe inizio il 4 ottobre 1957, quando l'Unione Sovietica lanciò in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, del peso di 83 kg. Il successo sovietico fu percepito dagli Stati Uniti come una grave sconfitta sia nel campo tecnico-scientifico che in quello politico-militare e provocò un vero e proprio shock passato alla storia come la crisi dello Sputnik. Circa 2 anni prima, il 29 luglio 1955 il presidente americano Dwight D. Eisenhower aveva reso pubblico il progetto Vanguard con il quale la Marina degli Stati Uniti intendeva collocare in orbita un piccolo satellite artificiale del peso di 1,5 kg tra il 1º luglio 1957 e il 31 dicembre 1958, ovvero durante l'Anno geofisico internazionale. Con il lancio dello Sputnik l'Unione Sovietica era arrivata prima al traguardo. Il 3 novembre i sovietici lanciarono lo Sputnik 2 che pesava 500 kg e ospitava la cagnetta Laika, primo essere vivente ad affrontare l'assenza di peso. Il 6 dicembre gli Stati Uniti tentarono il loro primo lancio con un razzo Vanguard, che però esplose durante la fase di ascensione. Il fallimento rinfocolò le polemiche tra Marina ed Esercito. Anche 11


quest'ultimo, infatti, in quegli anni stava portando avanti un proprio progetto con l'intento di lanciare un satellite chiamato Explorer 1. Si trattava di un'idea di Wernher von Braun, il progettista di razzi tedesco che al servizio di Hitler aveva realizzato le V2 per poi passare, finita la guerra, agli Stati Uniti. Per recuperare parte del tempo perduto gli scienziati americani intensificarono gli sforzi per allestire nel più breve tempo possibile un vettore in grado di lanciare in orbita l'Explorer e realizzarono il razzo Jupiter-C, lanciato il 31 gennaio 1958. La Marina riuscì infine a lanciare il suo primo satellite, il Vanguard 1, il 17 marzo 1958, al quale si deve la conferma scientifica dell'esistenza delle fasce di van Allen. Malgrado il successo delle due missioni, restava il distacco tra Stati Uniti e Unione Sovietica in termini di massa lanciata: infatti l'Explorer 1 pesava soltanto 14 kg e il Vanguard 1 pesava appena 1,5 kg. Il Congresso degli Stati Uniti, allarmato dai successi sovietici, premette sul presidente Dwight D. Eisenhower affinché ci fosse una risposta immediata. Si giunse così alla decisione di riunire programmi e risorse sotto una nuova agenzia federale per le attività spaziali civili, la "National Aeronautics and Space Administration" (NASA) che incorporò la NACA e alcuni settori di ricerca delle forze armate, tra cui il gruppo di lavoro diretto da Von Braun che contava 5000 addetti. La nuova agenzia iniziò le sue attività nell'ottobre del 1958. Il suo primo amministratore fu Thomas Keith Glennan e con l'arrivo di Von Braun questi assunse la direzione delle attività tecniche. Il primo compito della NASA fu quello di avviare un programma per l'esplorazione umana dello spazio. Il Progetto Mercury fu avviato nel 1958 con lo scopo di stabilire se l'uomo poteva viaggiare nello spazio. Il 12 aprile 1961 i sovietici segnarono un altro punto a proprio favore lanciando in orbita il primo essere umano, l'astronauta Yuri Gagarin. Il 5 maggio 1961 l'astronauta Alan Shepard fu il primo americano nello spazio, ai comandi della capsula Mercury 3 lanciata in un volo suborbitale durato 15 minuti. Fu invece John Glenn il primo americano a compiere un'orbita attorno alla Terra il 20 febbraio 1962, durante la missione Mercury 6.

L'Uomo sulla Luna Il 25 maggio del 1961 il presidente americano John F. Kennedy annunciò al Congresso che gli Stati Uniti sarebbero riusciti a mandare i propri astronauti sulla Luna entro la fine di quel decennio. La NASA avviò il progetto Gemini allo scopo di mettere a punto le tecnologie e le capacità operative necessarie per quell'impresa, in una corsa contro il tempo per battere i sovietici che avevano avviato un analogo progetto. Il compito di raggiungere la Luna fu invece affidato al Programma Apollo, teorizzato già dal 1959 ma ufficialmente avviato in concomitanza con l'annuncio di Kennedy. Il programma fu articolato in una serie di test e missioni con e senza equipaggio umano e fu segnato da un tragico incidente che il 27 gennaio 1967 costò la vita a tre astronauti, uccisi da un incendio scoppiato durante una prova a terra in vista della missione Apollo 1. La NASA investì nel programma fino al 60% delle proprie risorse. Nel 1967 la NASA contava 36000 addetti (un aumento del 450% rispetto al momento della sua nascita nel 1958) e disponeva di un budget pari a 5 miliardi di dollari (5000% superiore rispetto a quello del 1958) e faceva ampio ricorso a contratti e appalti esterni, al punto che nel 1965 le aziende esterne impiegavano 376 700 lavoratori nei programmi dell'ente. 12


Nei suoi primi dieci anni di attività la NASA costruì nuovi centri per la ricerca e sviluppo e per la gestione delle attività aerospaziali: il Goddard Space Flight Center, il Manned Spacecraft Center, il Kennedy Space Center e l' Electronics Research Center. Il programma Apollo raggiunse la sua meta il 20 luglio 1969, con l'allunaggio dell'Apollo 11. Neil Armstrong, primo uomo a toccare il suolo lunare, nella circostanza pronunciò la celebre frase "un piccolo passo per un uomo, un enorme salto per l'umanità". Altri dieci astronauti allunarono nelle successive missioni Apollo, l'ultima delle quali ebbe luogo nel dicembre 1972. Una Mappa Celeste in Scala Quanto è grande il Sistema Solare ? Quanto sono grandi i corpi che lo compongono ? Quanto valgono le distanze che li separano ? Per dare una risposta a queste domande, forse il modo più semplice che da una buona idea delle dimensioni in gioco è procedere come se si volesse ricostruire una mappa in scala del sistema solare, con una scala piuttosto inconsueta però: 1:3.000.000.0000 (uno atre miliardi). In questa mappa o modello del Sistema Solare, i diametri e le distanze dei singoli corpi saranno quindi rimpiccioliti di 3 miliardi di volte OGGETTO CELESTE

MODELLO DIAMETRO

MODELLO VERO DISTANZA dal Sole Diametro (Km) -

1.392.000 Km

VERO Distanza dal Sole (Km)

SOLE

50 cm

-

TERRA

4.2 mm

50 mt

12.756 Km

150 Milioni di Km

LUNA

1.2 mm

10 cm (dalla Terra)

3.476 km

384.400 Km da Terra

MARTE

2.3 mm

75 mt

6.794 Km

228 Milioni di Km

PUTONE

1 mm

2 Km

2.300 Km

6 Miliardi di Km

ALFA CENTAURI

50 cm

13.600 Km

1.500.000 Km

4.3 anni luce

STELLA POLARE

1 mt

2.080.000 Km

3.000.000 Km

630 anni luce

Non è importante ricordare tutte le cifre riportate in tabella, ma solo quelle relative alle distanze; infatti vorrei sottolineare i seguenti dati, che dovrebbero inquadrare immediatamente il problema attraverso alcune considerazioni : 1- In questa scala se il Sole si trova al centro del sistema, ed è rappresentato da una sfera da 50 cm, la nostra Terra vi ruota attorno a 50 metri, e la Luna, unico oggetto sino ad ora raggiunto dall’uomo con le sue navi spaziali si trova a soli 10 centimetri dalla Terra. E’ come se sino ad ora l’uomo avesse vissuto in un universo bidimensionale, perché la distanza massima percorsa in direzione dello spazio è solo di 10 cm!

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2- Marte il più vicino pianeta alla Terra si trova a 75 metri dal Sole, a 25 metri (contro i 10 centimetri della Luna) dalla Terra nel punto di minor avvicinamento, mentre 125 metri in quello di massimo allontanamento. 3- L’estremità del Sistema Solare, si trova a 2 chilometri dal Sole, la dove sarà posizionato Plutone. Se quindi volessimo disegnare il sistema solare avremmo bisogno di un foglio di 4 km di lato e dove la Terra si trova a soli 50 metri dal centro. 4- Ma qui lo stupore diventa enorme; per raggiungere la prima stella in ordine di lontananza dal Sole cioè Alfa Centauri, si dovranno percorrere altri 13.600 km, poco più del diametro (VERO) terrestre, contro, ripeto, i dieci centimetri sino ad ora percorsi dall’uomo ! 5- E qui viene il bello: la prima stella secondo quanto già ricavato, abitata da degli esseri intelligenti con una tecnologia paragonabile o superiore alla nostra, si trova a una distanza da noi di 630 anni luce, e la impersoneremo nella Stella Polare (poco più vicina), anchese la stella Polare per vari motivi legati alla sua evoluzione ed al sitema doppio che la caratterizza, non dovrebbe ospitare nessuna civiltà. Ebbene nel nostro modello disterebbe dalla nostra sfera di mezzo metro di diametro, rappresentante il Sole, ad una distanza di circa 2 milioni di km, cioè sei volte la distanza (VERA) Terra - Luna ! (Ripeto: contro i 2 km del raggio del sistema solare).

Il Programma Pioneer fu un progetto americano costituito da una serie di missioni spaziali senza equipaggio destinate all'esplorazione dei pianeti del sistema solare. Numerose furono le missioni nell'ambito del programma, ma le più importanti e famose furono quelle del Pioneer 10 e del Pioneer 11 esse furono collocate su orbite diverse in modo che il Pioneer 11 potesse compiere anche una ricognizione di Saturno. I grandi problemi di questa difficile e lunga ricognizione spaziale erano il superamento della fascia di asteroidi e la capacità degli strumenti di bordo di resistere agli intensi livelli di radiazioni presenti intorno a Giove. Le due sonde Pioneer erano costituite da una grande antenna parabolica di 2.74 metri di diametro con una scatola esagonale di 36 cm per 71 contenente undici strumenti scientifici. L'informazione si prevedeva fosse trasmessa in forma digitale ad un ritmo di 2048 bit al secondo durante il viaggio di andata e di 1024 bit al secondo quando la sonda si sarebbe trovata nei pressi del pianeta. Il Pioneer 10 venne lanciato da Cape Canaveral il 2 marzo 1972 mentre il Pioneer 11 un mese più tardi, il 5 aprile 1972. Il Pioneer 10 completò rapidamente i compiti assegnati dopo aver fotografato per la prima volta Giove alla distanza minima di 130000 km e poi continuò la sua corsa uscendo dal Sistema Solare il 13 giugno del 1973. La stessa sorte sarebbe toccata a Pioneer 11 che viaggiava nella direzione opposta a quella della sonda gemella.

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Su entrambe le sonde è stata fissata all'esterno una targa, studiata dall'astronomo Carl Sagan, che conteneva immagini e simboli utilizzabili da possibili extraterrestri per capire da dove erano partite le sonde. Pioneer 10 attualmente è proiettata nella direzione di Proxima Centauri che raggiungerà tra 26135 anni.

Il programma Voyager Fu un programma scientifico statunitense che ha condotto al lancio nel 1977 di due sonde spaziali, chiamate Voyager 1 e Voyager 2, per l'esplorazione del sistema solare esterno. Nella fase iniziale del programma entrambe le sonde hanno osservato i pianeti Giove e Saturno. La sonda Voyager 2 è stata in grado di osservare anche i pianeti Urano e Nettuno sfruttando un allineamento planetario vantaggioso che si verificò alla fine degli anni settanta. A oggi (2013) Voyager 2 è l'unica sonda ad aver effettuato un passaggio ravvicinato di Urano e di Nettuno. Dal momento che nella parte esterna del Sistema Solare le radiazioni non sono in grado di alimentare le batterie solari ecco che le sonde Voyager furono dotate di alimentatori che traevano energia dal decadimento radioattivo del plutonio. Data l'enorme distanza le sonde dovevano essere attrezzate per poter operare in modo autonomo e i ricevitori sulla terra (Deep Space Network) dovevano essere resi molto più sensibili in modo da potere ricevere ed interpretare il debole "bisbiglio" dei segnali inviati dalle sonde. Per potere raggiungere le così grandi distanze dei pianeti esterni, fu utilizzato il più potente vettore allora a disposizione: il razzo Titan-Centauro. I passaggi da un pianeta all'altro sarebbero stati possibili utilizzando la forza di gravità (fionda gravitazionale) dei singoli pianeti per rilanciare i veicoli spaziali verso la meta successiva. L'elevato costo costrinse la NASA ad un ridimensionamento del programma iniziale mantenendo solo due delle quattro sonde: il Voyager 1 e 2. Il lancio di Voyager 2 avvenne il 20 agosto 1977 seguito il 5 settembre da Voyager 1. Il Voyager 1 iniziò la fase di esplorazione di Giove il 4 gennaio 1979 e circa due mesi più tardi raggiunse i confini della magnetosfera gioviana. 15


Il 3 marzo la sonda incrociò l'orbita di Callisto compiendo, il 5 marzo, il fly-by di Giove "sfiorando" il tetto della copertura nuvolosa da una altezza di 270000 km. L'avvicinamento continuò fino alla distanza di 22000 km dal pianeta. Prima che i dati di Voyager 1 fossero completamente elaborati iniziò il lavoro di osservazione di Voyager 2. La sonda transitò a 126000 km da Callisto. Mentre il veicolo si stava avvicinando a Giove si ebbero delle disfunzioni nella camera televisiva che vennero superate nel luglio del 1979 quando la sonda riprese a trasmettere, da non meno di 1 milione di km, immagini del satellite Io. Seguirono poi gli incontri ravvicinati con Ganimede a 62000 km e con Europa a 206000 km. Entrambe le sonde hanno prodotto grandi quantità di informazioni sui giganti gassosi del sistema solare. I dati ottenuti hanno inoltre consentito di porre limiti all'ipotetica esistenza di nuovi pianeti massicci oltre l'orbita plutoniano (un pianeta di questo tipo è detto comunemente Pianeta X). Attualmente le sonde stanno fornendo dati utili a caratterizzare l'eliopausa, la regione in cui la pressione esercitata dalle particelle del vento solare diminuisce fino diventare pari a quella delle particelle provenienti dall'esterno del sistema solare. A differenza delle sonde del Programma Pioneer, ormai non più funzionanti, entrambe le sonde Voyager continuano ad oggi (2013) a trasmettere dati alle stazioni a terra mentre stanno viaggiando verso l'esterno del sistema solare. Le batterie termoelettriche a isotopi radioattivi di cui sono dotate consentono ancora diversi anni di vita operativa (stimata fino al 2025), anche se diversi strumenti sono stati via via disattivati per ridurre l'assorbimento di energia. A partire dalla fine del 2003, e continuando per i dieci anni successivi, la sonda Voyager 1 ha iniziato l'attraversamento dell'eliopausa. Al 7 luglio 2013 si ritiene che la sonda si trovi in una regione del sistema solare denominata elioguaina. Voyager 1 ha raggiunto una distanza di 100 Unità Astronomiche (UA) dal Sole il 15 agosto 2006. Nel 2013 ha raggiunto una distanza di circa 125 UA dal Sole. Voyager 2 ha raggiunto una distanza di 100 UA dal Sole il 7 Novembre 2012.

Voyager 2 Fu qui, al Jet Propulsion Laboratory della NASA che domenica 8 luglio 1979 iniziarono le operazioni per il passaggio ravvicinato della sonda Voyager II a Giove e alle sue lune. Il veicolo spaziale era stato istruito per l'esplorazione del sistema di Giove da una sequenza di istruzioni radiotrasmesse in precedenza ai suoi computer di bordo. Già da qualche mese prima dell’avvicinamento a Giove, la sonda aveva iniziato ad effettuare il rilevamento fotografico del pianeta e dei suoi satelliti. 16


Ecco che con le prime foto dei satelliti di Giove sono arrivate le prime scoperte veramente inattese, soprattutto da parte del satellite Io. Vedendo le prime foto, i buontemponi della NASA avevano subito ribattezzato il satellite come “italian pizza”: guardate la foto a fianco e ne converrete senz’altro! Ma da altre foto di questo strano satellite sono apparse delle caratteristiche finora mai viste né da Terra né dalle sonde precedenti: quelli che sono apparsi come dei pennacchi a forma di spruzzo di una fontana sono stati subito identificati come i getti lavici sulfurei di vulcani attivi, presenti sulla superficie del satellite. Questo è il primo ed unico esempio di attività vulcanica in un satellite del Sistema Solare. Entrambe le sonde hanno ovviamente puntato gli obiettivi verso il pianeta e la sua Macchia Rossa: in queste due foto (una da parte della I e l’altra da parte della II) vediamo le complicate e meravigliose strutture di vortici che circondano questa suggestiva e inquietante particolarità del gigante gassoso, mai prima d’ora studiata così in dettaglio. Raccogliendo in un unico file più immagini riprese durante l’avvicinamento al pianeta e scegliendo sempre quelle che contenevano la Macchia Rossa in un determinato punto, gli scienziati della NASA realizzavano uno stupendo filmato dove si poteva vedere il movimento turbolento dell’atmosfera di Giove intorno alla Macchia Rossa. Con questo trucco da abili montatori di filmati, sembrava che la sonda, avvicinandosi a Giove, abbia seguito la Macchia Rossa stessa. Altra scoperta da parte delle sonde è stata quella degli anelli di Giove, mai visti finora e nemmeno immaginati : il grande arco multicolore che si vede è una falce sottilissima di Giove, illuminata dal Sole da un’angolazione assolutamente impossibile da Terra. La ripresa infatti è avvenuta quando la sonda stava passando dietro al lato oscuro del pianeta, quando stava per ricevere il GA (gravity assist). Grazie all’aiuto gravitazionale di Giove, Saturno venne raggiunto il 25 agosto del 1981. Ovviamente anche in questa occasione le sonde hanno iniziato a studiare questo mini sistema solare alcuni mesi prima e hanno continuato anche dopo l’incontro ravvicinato, visto che non era previsto di farle inserire in orbita. Abituati alle stupende foto che la sonda Cassini ci fornisce quotidianamente, guardiamo queste foto con simpatia ed occhio critico: nella foto a fianco vediamo il bellissimo spettacolo apparso agli occhi elettronici delle sonde durante il passaggio ad alta velocità nei pressi degli anelli, mentre in questa vediamo un primo piano delle caratteristiche formazioni scure 17


(speckle) che si incontrano più volte negli anelli e che fino ad allora non erano mai state osservate dalla Terra. l’Anello F si presentava alla vista come “braided”, la parola con cui indicavano questo l’effetto, e cioè “come una treccia di capelli”… Inspiegabilmente questo anello aveva un andamento a treccia (apparentemente tridimensionale) contro ogni logica e legge gravitazionale. Solo negli ultimi anni, grazie alle foto della sonda Cassini si è scoperto che queste trecce sono in realtà distorsioni delle particelle dell’anello, indotte dall’attrazione gravitazionale del satellite pastore Prometeo che ne perturba l’andamento nel corso della sua orbita intorno al pianeta. Tra l’altro questo satellite e l’altro pastore Pandora furono scoperti proprio dai tecnici della NASA analizzando la miriade di foto che stavano arrivando dalla sonda… Dalla sonda inoltre era stato tra l’altro ripreso un ottimo primo piano (a fianco) del satellite Mimas e del suo enorme cratere Herschel che ne caratterizza la superficie butterata da una miriade di piccoli crateri. Altre foto, tra le migliaia ricevute, riguardano gli altri satelliti principali: Encelado, Teti e Dione. Dopo il passaggio sopra Titano, la traiettoria della sonda venne sapientemente modificata da un GA per dirigerla verso pianeti che finora non erano mai stati osservati così da vicino. Urano però non è dietro l’angolo: alla sonda ci sono voluti quasi 5 anni per raggiungere quest’altro gigante. Potete ben immaginare l’aspettativa che si era creata in tutto questo tempo! Però nel frattempo i PC cominciavano ad essere presenti nelle scrivanie degli uffici ed anche in casa: allora a fianco dei PC IBM “originali” (ma costosissimi!) iniziavano a vedersi i cosiddetti “compatibili”, dei cloni realizzati nel lontano oriente, decisamente meno costosi e in alcuni casi ben più performanti. Internet però era ancora appannaggio di pochi ed allora l’unica risorsa erano ancora una volta le riviste, che però non potevano dare le notizie in modo così immediato, come siamo abituati oggigiorno con internet: di solito un ritardo di un mese era quanto di meglio ci si potesse aspettare, ma non era certo colpa degli editori… 18


Il 24 gennaio 1986 (puntualissima rispetto allo scheduling!) la voyager II è arrivata per la prima volta dunque nei pressi di Urano, schiudendo così alla vista nuovi mondi, ognuno con nuove caratteristiche, alcune delle quali nettamente inattese! In effetti però il pianeta Urano non è così ricco di particolari come Giove e Saturno: una coltre di nubi azzurro-verdoline e qualche raro particolare è quanto si è potuto ottenere dalla sonda (figura a fianco): sono stati confermati gli anelli, scoperti fotograficamente una decina di anni prima, molto differenti da quelli di Saturno e più simili a quelli di Giove. Anche in questo caso sono stati scoperti alcuni satelliti pastore: nella foto vediamo l’anello ε con i suoi satelliti che nel frattempo hanno ricevuto un nome (Ofelia per 1986U7 e Bianca per 1986U8). A parte questi satellitini che si vedevano solo come punti luminosi, viceversa i satelliti già conosciuti hanno mostrato ricchissimi particolari della loro superficie: Ariel, Umbriel, Titania ed Oberon. La palma della vittoria, per la spettacolarità della superficie, spetta però a Miranda, che presenta una curiosa conformazione a “V” nella superficie (soprannominata “Chevron” dagli scienziati).

Ma il tempo scorre inesorabile, bisogna raggiungere un’altra meta: ecco dunque un nuovo GA che lancerà la numero II verso un altro pianeta… Rimane giusto il tempo di voltarsi indietro e fare un ultimo scatto al pianeta appena visitato… Tre anni e mezzo di trepida attesa ed ancora una volta la sonda non delude le attese! Il 25 agosto 1989 la Voyager II arriva ancora una volta puntualissima al suo quarto appuntamento, anche questa volta con un pianeta mai finora visto da vicino, Nettuno. L’aspetto del Dio del Mare è invece molto più accattivante (foto a fianco) e la sua coltre di nubi di un bellissimo colore azzurro sembra davvero un immenso oceano: in realtà la coltre di nubi è formata da idrogeno, elio e tracce di metano. A sorpresa in questo oceano spicca una macchia più scura che ricorda quella ben più colorata di Giove. Altra caratteristica della superficie del gigante gassoso sono alcune nubi (neanche queste mai viste finora…) che lasciano addirittura un’ombra sulle nuvole sottostanti. 19


Anche Nettuno è seguito da una serie di anelli molto sottili (foto a fianco) alcuni dei quali si presentano interrotti oppure con parti più luminose: si ipotizza anche in questo caso la presenza di satelliti pastore che fanno sentire la loro influenza gravitazionale sulle particelle costituenti gli anelli stessi. Per quanto riguarda i satelliti, dei due conosciuti fino ad allora (Tritone e Nereide) il secondo era troppo lontano per mostrare particolari degni di nota, mentre il primo è stato immortalato in foto in cui appaiono particolari della superficie veramente degni di nota . Altri satelliti invece sono stati scoperti in occasione del rendez vous: quello scoperto per primo, 1989N1 è stato poi battezzato Proteus, mentre il secondo, 1989N2 è stato invece in seguito denominato Larissa. Questa era dunque l’ulima meta del lunghissimo viaggio: alla Voyager II non rimase altro che dare un ultimo sguardo al pianeta appena incontrato nel suo lungo volo. Ed ora cosa succederà alle due sonde? Ritorniamo anche alla numero I che avevamo lasciato anni fa, non appena superato Saturno. Una verso una direzione e l’altra diretta verso un’altra parte, le due sonde si stanno allontanando inesorabilmente dal Sistema Solare, senza una precisa meta. Innanzitutto si prevede che rimarranno attive almeno fino al 2020, allorchè le batterie si scaricheranno inesorabilmente. La Voyager I è diretta verso una stella relativamente vicina al Sole, la nana rossa Gliese 445 attualmente nella costellazione della Giraffa (Camelopardalis) distante 16.7 anni luce: fra 40000 anni circa la sonda passerà ad 1.6 anni luce da questa stella. Ma attenzione! In questi 40000 anni la stella si sposterà: tra l’altro il suo moto proprio, che misura il suo movimento effettivo in mezzo alle altre stelle e che è dovuto al movimento di tutte le stelle della galassia intorno al suo centro, è abbastanza alto ed allora succede che fra 40000 anni questa stella si sarà avvicinata al Sole fino alla distanza di 3 anni luce, quindi ancora più vicina di Alfa Centauri che attualmente dista 4.3 anni luce dal Sole. 20


Cerco di spiegarmi meglio, con un disegno assolutamente non in scala, ma che dovrebbe aiutare a comprendere il ragionamento: la sonda come detto non è diretta verso un bersaglio fisso, ma in realtà anche il bersaglio si sta muovendo! In fondo è quello che è successo e succede anche con i pianeti. La Voyager II invece sempre fra 40000 anni giungerà ad 1.7 anni luce (che è sempre una distanza sterminata!) da un’altra stellina che ora dista 10.3 anni luce dal Sole: anche in questo caso è una nana rossa ed il suo nome è Ross 248 o HH Andromedae. Attualmente (per lo stesso discorso di Gliese 445) questa stellina si trova nella costellazione di Andromeda. Mi raccomando di non dare troppo peso alla coincidenza apparente tra i 40000 anni che ho appena indicato: questo perché magari in realtà la numero I ci metterà 38546.44 anni, mentre la II impiegherà 40238.01 anni. Però questi valori ora non sono noti e se ne può fare solo una stima: ecco dunque i 40000 anni. Semmai la coincidenza vera è sul tipo di stelle, nane rosse in tutti e due i casi, ma questo è solo un caso, le sonde Voyager viaggiano ad una velocità di 62000 Km/h. E' grazie al successo di queste sonde che hanno dato il via definitivo perchè l'uomo iniziasse a viaggiare verso le stelle. Come in Star Trek si sentiva soven te nella sigla “la dove nessun uomo è mai giunto prima”, le Voyager sono state le prime a mostrare cose inaspettate all'interno del nostro sistema solare, ora che l'acqua ci appare invitante dobbiamo trovare il coraggio eper creare nuove tecnologie aereospaziali per andare oltre.

SFRUTTARE LA GRAVITA' DEI PIANETI LA FIONDA GRAVITAZIONALE La nostra tecnologia qualche cosa di meglio ci può permettere di farlo, è però necessario utilizzare qualche piccolo trucco di meccanica orbitale. Stiamo parlando di astronavi che lasciata l’orbita terrestre e vengono lanciate verso i pianeti esterni del sistema solare. Esse potranno raggiungere il loro obbiettivo in due modi distinti, o attraverso un orbita più omeno complessa di avvicinamento al pianeta, oppure, cosa che nell’ultimo decennio è stata ampiamente usata e sperimentata, utilizzando la forza gravitazionale dei pianeti più massicci per imprimere una maggiore velocità alla sonda verso il suo obbiettivo finale. Quello che viene fatto viene appunto descritto dai media come un gioco di biliardo cosmico, dove i pianeti fanno da fionda alla nostra sonda verso un nuovo obbiettivo. Ma come funziona una fionda gravitazionale? E che ruolo ha il pianeta in tutto il discorso ? Se non è stato già capito, un pianeta possiede un suo campo gravitazionale, più o meno intenso, avvicinandoci quindi ad un pianeta l’effetto che si manifesta sulla nostra traiettoria è molteplice, il più evidente infatti è quello che la traiettoria viene incurvata in modo proporzionale a quanto ci avviciniamo al pianeta e quindi la direzione finale ne risulta sostanzialmente modificata; inoltre,

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cosa principale, la sonda in questo bigliardo col pianeta riesce a acquisire una velocità maggiore o minore, in modo dipendente dall’angolo di incontro, dalla distanza dal pianeta, etc... Sono numerose le sonde che hanno sfruttato questo principio, la prima agli inizi degli anni 70, si chiamava Mariner X e doveva sorvolare Venere; fortunatamente l’italiano Prof.Colombo suggerì questo metodo allaNASA, che valutata la fattibilità di un sistema così rivoluzionario, decise di procedere facendo diventare quello che doveva essere un semplice incontro con Venere un incontro doppio con Mercurio e doppio conVenere, ed il tutto con la stessa sonda. Degna di nota è anche la sonda interplanetaria Voyager II che negli anni ottanta ha sorvolato contemporaneamente ben 4 pianeti: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Anche la sonda Galileo ha usato lo stesso procedimento, ma non con scopo principale di aumentare la sua velocità, ma quello di risparmiare energia, o meglio del propellente che altrimenti sarebbe stato necessario, provocando un deciso incremento del peso della sonda e di conseguenza dei costi della missione. Vediamo sopra lo schema costruttivo della sonda spaziale GALILEO, sono visualizzate tutte le posizioni degli strumenti ed esperimenti di bordo e degli elementi principali che compongono la sonda stessa. Osservando la figura qui accanto, si osserva come la Galileo, per raggiungere Giove, sia stata lanciata verso Venere (verso il centro del sistema solare anziché verso l’esterno!), per poi dopo aver acquistato velocità, incontrare per ben 2 volte la Terra al fine di ottenere la giusta orbita e velocità per poter indirizzare finalmente la sonda verso il gigante gassoso. Si potrebbe pensare che in effetti la cosa sia estremamente laboriosa e complicata, il problema sta tutto nei calcoli orbitali, il resto lo fanno esclusivamente le forze gravitazionali dei pianeti, ed il risparmio energetico che ne risulta è indubbio. 22


Ma vediamo ora di capire quale sia il principio di funzionamento delle fionde gravitazionali e come sia possibile utilizzare i pianeti per incrementare la nostra velocità. Il pianeta ha una massa enormemente maggiore della sonda, ragion per cui l’accelerazione che subisce è assolutamente trascurabile ed il suo sistema di riferimento si può considerare inerziale. In questo sistema la velocità della sonda, quando si trova lontana dal pianeta, molto tempo prima e dopo l’incontro (in posizioni simmetriche sulla curva), resta la stessa in modulo, anche se come si vede cambia di direzione. Se quindi il mio osservatore dell’evento si trova sul pianeta, per lui la velocità della sonda prima e dopo l’incontro col pianeta sarà assolutamente la stessa, è come se appunto avesse cambiato solo direzione di spostamento. Però il pianeta si muove rispetto al Sole di Velocità Vp. Per un osservatore quindi posto in un sistema di riferimento centrato sul Sole, si osserva che quella che era la velocità iniziale Vi, diventa dopo il Fly-By con il pianeta la velocità finale Vf, che sarà una composizione vettoriale della velocità del pianeta e della velocità asintotica. E’ chiaro dal disegno che la velocità assoluta, cioè riferita al Sole, cambia sostanzialmente, ed in particolare si può dimostrare che dipende dalla geometria dell’incontro ed in particolare dell’angolo α che misura la variazione di direzione, dalla velocità iniziale della sonda e dalla massa del pianeta. Dal punto di vista fisico quello che succede è la conservazione della quantità di moto del sistema Sonda Pianeta, in termini matematici si scrive :

+❑ ' m⋅(V p+ V −❑ ∞ )+ M⋅V p =m⋅(V p +V ∞ )+ M⋅V p Cioè per compensare l’aumento di velocità, il pianeta deve necessariamente cambiare la sua velocità, in particolare diminuendola, cioè passare da V p a V 'p .

E’ chiaro però che la massa del pianeta è infinitamente maggiore di quella della sonda, quindi la velocità del pianeta sostanzialmente si mantiene inalterata. Se paradossalmente si dovessero fare infiniti incontri ravvicinati col pianeta, potremmo rallentarlo sino a fermarlo, con conseguenze disastrose sulla sua orbita ; ma questa è sola fantasia, perché si è

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calcolato che anche lanciando 100 miliardi di sonde, queste non sarebbero in grado di modificare sostanzialmente la velocità del pianeta. Ora che conosciamo tutto (si fa per dire) sul sistema di navigazione interplanetaria mediante il principio delle Fionde gravitazionali, possiamo continuare nel nostro schema per vedere se con questi metodi i tempi di percorrenza degli immensi vuoti interplanetari si riducono abbastanza da permetterci un primo passo verso le stelle oppure sono del tutto insufficienti. ASTRONAVE e Tipo LUNA di Propulsione

MARTE

PLUTONE

Alfa Centauri

Stella Polare

VOYAGER II 62.000 Km/h

45 giorni

9.1 anni

63570 anni

9.3 Milioni di anni

V= 5.2 ore

Non occorre sottolineare ulteriormente, che questo metodo unziona bene nel sistema solare e per missioni completamente automatiche dirette verso i pianeti più lontani dal nostro; per la Luna e Marte invece risulta un metodo non molto utile, perché permetterebbe di risparmiare notevolmente sull’energia impiegata ma per contro, allungando moltissimo i tempi delle missioni sino a renderle inutili ed inattuabili.

Dopo la Luna (progetti rimasti nel cassetto) Dopo lo sbarco sulla Luna i fisici e i progettisti dell'epoca, iniziarono ad immaginare l'evoluzione del volo spaziale pensando in grande, sperando che dopo un salto cosi grande come lo sbarco sulla Luna l'uomo si rivolgesse verso la conquista dello spazio. Erano uomini con un entusiamo e una fantasia cosi evoluta che non tennero in considerazione la natura umana, ovvero che essa non era, e ad oggi non lo è ancora pronta, per una collaborazione globale al fine unico di far evolvere se stessa, ma solo quella egoistica di pensare esclusivamente al proprio benessere. Questi uomini pensarono veramente in grande tanto da realizzare progettisticamente sistemi di propoulsione ritenuti all'avvanguardia per quei tempi e non solo a quei tempi. Uno di questi progetti fu battezzato Orione.

PROPULSIONE A FISSIONE NUCLEARE La fissione nucleare, come tutti sanno e come dice la parola, è un processo altamente energetico mediante il quale si procedere a dividere un atomo sostanzialmente in due parti. Ovviamente per fare questo nel modo più semplice possibile, e si può capire anche intuitivamente, si dovrà scegliere un atomo particolarmente grosso, con i legami più deboli possibili; ed infine non sarebbe male se fosse anche instabile. Sappiamo che uno di questi atomi è appunto l’Uranio in quanto utilizzato nelle bombe a fissione nucleare sin nei primi esperimenti degli anni quaranta ed ora in modo più pacifico, nelle centrali nucleari per la produzione di energia elettrica.

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Gli studi e la ricerca alla base della fissione nucleare sono ormai estremamente avanzati, non da meno lo è il controllo dell’energia stessa. Si può infatti ritenere estremamente sicura, se sono stati a dottati tutti i necessari sistemi di sicurezza ed escludendo l’errore umano dettato dall’abitudine nel compiere lavori di routine e ripetitivi, che appunto ha causato tutti gli incidenti nucleari di cui si abbia nomea sino ad ora. Le applicazioni, sono infinite, soprattutto in quei settori dove sono necessarie grosse fonti di energia ed ancora dove deve essere prodotta ed usata energia per un tempo estremamente lungo, ad esempio: navi e sommergibili nucleari, alcuni rari casi di aerei, ed infine satelliti artificiali che fanno uso della energia nucleare. Purtroppo l’energia nucleare di fissione ha un gravissimo inconveniente: una volta prodotta l’energia necessaria, il materiale di scarto è estremamente radioattivo. Quindi se non viene opportunamente immagazzinato e sigillato, diventa un pericolo per noi e l’ambiente per migliaia di anni, sino a decadimento rientrato entro livelli naturali. Le firme per la non prolificazione degli ordigni nucleari e della tecnologia nucleare, hanno notevolmente rallentato le ricerche nel campo, di conseguenza non essendo autorizzata un certo tipo di sperimentazione, l’avanzamento nel settore è avvenuto solo a livello teorico. Ma a noi interessano le tecnologie nucleari di propulsione, sviluppate da entrambe le superpotenze per realizzare dei motori nucleari per viaggiare nello spazio. Alla fine degli anni cinquanta quando ancora era possibile la sperimentazione sul campo, sia l’Unione Sovietica che gli U.S.A. avevano il loro prototipo di propulsore nucleare, ampiamente testato sia in laboratorio che nei deserti e nelle steppe con risultati ottimi.

Il Progetto Orione Il Progetto Orione è stato il primo serio tentativo di progettare un veicolo spaziale a propulsione nucleare ed è stato portato avanti tra il 1950 e il 1963 dalla General Atomics con il sostegno della DARPA Il progetto Orione (Orion Multi-Purpose Crew Vehicle) è una capsula in fase di sviluppo dalla Lockheed Martin per conto della NASA. E' più grande di quella dell'Apollo ma concettualmente simile a quella utilizzate nelle missioni lunari di quaranta anni fa. Dovrebbe essere in grado di mandare di nuovo astronauti nello spazio non prima del 2016. Scopo ed obiettivi di questo progetto del costo di svariati miliardi di dollari sono una debole eco dell'originale progetto

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Orione, avente come obiettivo la realizzazione di un razzo a propulsione nucleare in grado di raggiungere Marte in due settimane e Plutone in un anno. L'idea è semplice quanto efficace: si tratta di far esplodere un serie di piccole bombe a fissione ed sfruttare l'onda d'urto per accelerare l'astronave. La propulsione nucleare è in grado di fornire una spinta migliaia di volte più efficiente dei propulsori chimici. Lo schema del veicolo è concettualmente molto semplice: in cima è posta la sezione abitata, del diametro di 40-50 metri ed alto altrettanto. La coda del veicolo è composta da un grande disco in grado di assorbire la spinta delle esplosioni e schermare equipaggiamento ed astronauti. Le due sezioni sono unite da una serie di pistoni per assorbire e ridistribuire gradualmente lo shock dell'esplosione. Il progetto - che ebbe inizio nel 1958 sotto la direzione del fisico nucleare Ted Taylor - annoverava nel team ricercatori del calibro di Freeman Dyson. In quegli anni avevano ancora luogo i test nucleari nell'atmosfera: nel corso di questi fu provato che piastre di metallo opportunamente sagomate, ricoperte di grafite e protette da un sottile strato d'olio potessero resistere all'esplosione nucleare e riuscire ad raggiungere la velocità di fuga dal nostro pianeta. Una navicella potrebbe essere lanciata direttamente dalla superficie del nostro pianeta o assemblata in orbita con mezzi convenzionali prima di partire per una missione interplanetaria sotto la spinta nucleare.

Il progetto fu cancellato nella prima metà degli anni sessanta, quando furono proibiti tutti i test nucleari nell'atmosfera. Nonostante sia passato quasi mezzo secolo, Orione rimane l'unico sistema per una vera esplorazione del sistema solare e interstellare, riuscendo teoricamente a raggiungere qualche percento della velocità della luce. ASTRONAVE e Tipo di Propulsione

LUNA

MARTE

PLUTONE

Alfa Centauri

Stella Polare

Astronave ORION

1 min

3.3 ore

6.1 giorni

126 anni

18400 anni

V=32x10^6 km/h 3% Velocità della luce

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PROPULSIONE A FUSIONE NUCLEARE La fusione nucleare consiste semplicemente nell’avvicinamento di due atomi simo a farli fondere; questo processo benche produca immense quantità di energia, richiede inoltre molta energia per essere innescato, ed altrettanta per controllarlo. Gli atomi che possono essere più facilmente utilizzati in un processo di fusione nucleare, dovranno essere anche intuitivamente, i più piccoli possibili, in modo tale che le loro forze repulsive siano piccole e quindi “facilmente” superate se si cerca di fonderne 2, inoltre non ci dispiacerebbe se l’atomo usato fosse discretamente abbondante nell’universo. Stiamo parlando dell’atomo d’idrogeno, che è l’atomo più semplice ed è appunto quello che più comunemente viene fuso all’interno delle stelle come il Sole con temperature di circa 20 milioni di gradi. Se solo volessimo utilizzare nei processi di fusione l’atomo di Elio, l’energia necessaria per innescare le reazioni nucleari sarà dell’ordine di circa 30 milioni di gradi, e così via con temperature sempre maggiori passando ad atomi sempre più grandi e complessi, per passare infine alla sintesi del ferro che richiede temperature d’innesco dell’ordine di 100 miliardi di gradi! Già da parecchi anni è possibile ottenere reazioni nucleari di fusione nucleare, sia attraverso le esplosioni incontrollate delle mostruose Bombe H (appunto all'Idrogeno), sia nei laboratori, attraverso un controllo del processo nucleare stesso. Purtroppo il grosso problema delle fisica nucleare è che al massimo sino ad ora siè ottenuto solo il pareggio fra energia prodotto ed energia consumata attraverso la fusione, non riuscendo però a autosostenere la reazione indefinitamente e soprattutto in modo controllato, per produrre più energia di quanto se ne consuma per innescare le reazioni. Le reazioni nucleari di fusione più comuni si ottengono con gli isotopi dell’atomo di idrogeno, cioè degli atomi di idrogeno aventi diverso peso atomico, perché sono stati privati ho hanno ricevuto dei neutroni: Deuterio e Trizio e l’isotopo dell’Elio. Le reazioni più efficienti di questo tipo sono le seguenti: 2 H + 3 H → 4 He + neutroni 2

H + 3 He → 4 He + protoni

La seconda reazione è assolutamente la più sicura perché non provoca alcun tipo di effetto collaterale come le radiazioni che sono una caratteristica della prima; in futuro sarà quindi la seconda reazione quella che si cercherà di riprodurre per ottenere energia pulita da utilizzarsi sulla Terra o nello spazio in modo controllabile.

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Il Progetto Dedalus (50 anni con il motore in folle) Il progetto Dedalo è stato uno studio per una probabile missione interstellare, usando le funzionalità degli anni 1970 ed eventuali tecnologie del futuro. Uno degli obiettivi principali è quello di stabilire se il volo interstellare può essere realizzato con le tecnologie attuali. La conclusione risulta essere possibile, anche se molto difficile.

Il potenziale di fissione/potenza di fusione è visto come un sistema di propulsione fin dalla prima metà del XX secolo. L'idea è stata inizialmente proposta da Stanislaw Ulam a Los Alamos nel 1947, e poi nel 1958 da Ted Taylor, avviando Project Orion. Poco più di un decennio più tardi, Alan Bond della British Interplanetary Society (BIS), credeva fosse il momento giusto per studiare la fattibilità "dell'innovativo sistema di propulsione" per una missione interstellare ingrando di volare al 10 – 14% della velocità della luce. Quindi ha discusso l'idea con gli altri membri della Compagnia, il Progetto Dedalo è nato.

Il progetto Dedalo è stato sviluppato per cinque anni, ha avuto inizio il 10 Gennaio 1973 e le relazioni finali sono state pubblicate il 15 Maggio 1978. Circa 100.000 ore a persona sono state investite nel progetto da 13 designer di base e numerosi consulenti.

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Progetto Orione

Dimensioni rispetto all'Empire State Building Dimensioni rispetto a Saturn V

Il cuore di Dedalo è la fusione di motori di propulsione a impulsi, in cui piccole palline di combustibile "a fusione" sarebbero iniettate ad alta velocità in una camera di reazione e incendiate da elettroni ad alta energia. Concettualmente questo non è molto diverso da un motore convenzionale a combustione interna, in cui vengono iniettate le piccole goccioline di benzina in una camera di combustione, per poi infiammarle. Il risultato della fusione sarebbe incanalato lungo un asse posteriore del veicolo principale, dove attraverso un ugello, il gas spinge in avanti il veicolo. Dedalo è una navicella a due stadi, con la fase uno che trasporta 46.000 tonnellate di combustibile e la fase due che trasporta 4.000 tonnellate. Dopo una fase di spinta di quasi quattro anni, sarebbe in viaggio alla velocità pari al 12,2% della velocità della luce, e raggiungerebbe il suo obiettivo (la stella di Barnand, situato a circa sei anni luce di distanza) in 50 anni. Lo scopo di questa sonda è studiare il sistema solare della stella Barnand, fornendo dati scientifici di un nuovo angolo della galassia. Una delle caratteristiche più notevoli del progetto Dedalo è l'uso di elio-3 nel pellet combustibile. L'elio-3 è uno dei più difficili carburanti per innescare la fusione, che richiede una temperatura di accensione più elevata rispetto ad altri combustibili di fusione. Tuttavia, il suo rilascio di energia è tra i più alti dei combustibili e porta quindi alla massima spinta. Dove si trova l'elio-3? L'elio-3 è incredibilmente raro sulla Terra, tuttavia, vi è una forte concentrazione sulla superficie lunare di 0,01-0,05 ppm (parti per milione) . Inoltre, grandi quantità di He3 è nota nell'atmosfera dei giganti gassosi. La missione Daedalus ha coinvolto un piano per "minare" l'atmosfera di Giove. Questa esigenza di per sé indica la necessità di una vasta civiltà solare, con capacità abbondanti e una massiccia infrastruttura spaziale.

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Nonostante queste difficoltà, ciò che è particolarmente allettante per il progetto Dedalo è la fattibilità, in quanto nessuna nuova fisica è necessaria. Gli elementi che frenano il progetto sono i fondi e le enormi dimensioni del veicolo. ASTRONAVE e tipo di propulsione

LUNA

MARTE

PLUTONE

Alfa Centauri

Stella Polare

Astronave DEDALUS

16 sec

1 ora

2.3 giorni

55 anni

8030 anni

V=108x10^6 km/h 12% Velocità della luce

Autoreattore Di Bussard: Motore a Idrogeno L'autoreattore interstellare del fisico Robert Bussard rappresenta un'innovazione sensazionale rispetto alle altre navi spaziali; può vagabondare ovunque nella galassia, senza pericolo di esaurire il combustibile. Strada facendo aspira l'idrogeno interstellare che, una volta fuso, può - in teoria almeno - provocare un accelerazione tale da portare la nave a una velocità molto prossima a quella della luce circa l'80 – 90%.

Questa struttura a torre di due chilometri di lunghezza dovrà raggiungere l'1 per cento circa della velocità della luce spinta da motori sul tipo di quelli di Daedalus, prima che l'autoreattore possa entrare in funzione. Un campo magnetico simile a un gigantesco imbuto uscirà allora dalla parte frontale della nave e aspirerà l'idrogeno. Per essere in grado di aspirare idrogeno alla stato gassoso, questo campo magnetico dovrà avere un diametro di migliaia di chilometri. Man mano che accelererà, la nave raccoglierà combustibile sempre più rapidamente e l'autoreattore funzionerà meglio. Per rallentare, una volta giunto in un punto interessante, l'equipaggio dovrà spegnere i motori a fusione e invertire il campo magnetico, così da respingere, anziché aspirare, il materiale interstellare. 30


NAVE AZIONATA DA LASER Il fisico Robert L. Forward, con la sua concezione davvero rivoluzionaria di una navigazione basata esclusivamente sullo sfruttamento della luce, va anche più in là di Bussard. La sua nave, oltre a non trasportare combustibile, non ha motore: verrà azionata da uno o più laser alimentati dall'energia solare e fatti ruotare intorno al Sole lungo un'orbita ravvicinata; i laser invieranno intensi raggi di luce che proietteranno la nave nello spazio. La "velatura" sarà costituita da una sottilissima pellicola di alluminio costellata da miliardi di fori microscopici, più piccoli della lunghezza d'onda della luce laser. Si ridurrà così la massa della velatura senza alterarne le caratteristiche di riflessione. Ipoteticamente, questa vela metallica, che trasporta al centro una nave con equipaggio, può raggiungere una velocità pari al 50% di quella della luce.

Vantaggi? Non dobbiamo trasportare a bordo nessun tipo di propulsore. Svantaggi? Funzionano solo sino ad una certa distanza dalla Terra, poi anche il fascio laser tende a dissolversi, inoltre raggiunto l’obbiettivo, non potrà mai fermarsi! Nelle due versioni avremo: 1. Un laser da 10^7 Gwatt che colpisce una lente orbitale che converge i raggi sulla nostra vela in alluminio. Per trasportare indicativamente un carico di 70 tonnellate, avrei bisogno di una vela di 100km di raggio, e con un’accelerazione di 0.005g, sarebbe in grado di raggiungere una velocità finale del 21% della velocità della luce. 2. Se utilizzo invece in laser a microonde, la potenza necessaria è solamente di 10 GWatt ed il vantaggio è pure che non è più necessaria una superficie continua per raccogliere le microonde, ma

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è sufficiente una maglia opportunamente stretta. Quindi a parità di dimensioni ci permetterebbe di ottenere le stesse velocità, espresse nel caso precedente.

DOVE SIAMO ARRIVATI OGGI Nuove tecnologie Agli albori del XXI secolo si sono affacciate nuove tecnologie edite alla propulsione spaziale, come la propulsione ionica, la propulsione nucleare rivista da Carlo Rubbia, (anche se quest'ultima era gia presente in progetti risalenti agli anni '60 che vederemo poi nel capitolo sucessivo) la propulsione antimateria.. Propulsione ionica Un propulsore ionico è un tipo di propulsione elettrica usata per la propulsione spaziale, in grado di creare una spinta a partire dall'accelerazione degli ioni. I propulsori ionici si differenziano dal modo in cui accelerano gli ioni, usando forze elettrostatiche o elettromagnetiche. I propulsori di tipo elettrostatico utilizzano la forza di Coulomb, accelerando quindi gli ioni nella direzione del campo elettrico. La spinta creata nei propulsori ionici è molto piccola in confronto ai razzi chimici convenzionali, ma si ottiene un impulso specifico, o efficienza propulsiva, molto elevata. A causa delle loro necessità energetiche relativamente elevate, data la potenza specifica delle fonti energetiche, i propulsori ionici sono considerati convenienti solamente per applicazioni di propulsione spaziale. Le Origini I principi della propulsione ionica si rifanno ai concetti sviluppati dal fisico tedesco/Austriaco Hermann Oberth che furono pubblicati nel suo famoso lavoro del 1929 "Wege zur Raumschiffahrt”" (Modi di volo spaziale). Un intero capitolo del lavoro è dedicato alla propulsione e all'alimentazione elettrica, e vi sono spiegati i suoi pensieri sulla riduzione della massa necessaria per i propulsori elettrici, prevedendone l'uso nella propulsione spaziale o nel controllo direzionale del volo e difendendo l'accelerazione elettrostatica di gas ionizzati. Il primo propulsore ionico funzionante fu costruito da Harold R. Kaufman nel 1959 presso le fabbriche della NASA nel Glenn Research Center. Era simile al disegno generico di un propulsore ionico a griglia elettrostatica che usava mercurio come carburante. Durante gli anni sessanta seguirono i test suborbitali del motore che nel 1964 venne mandato in volo suborbitale sulla SERT-1 ("Space Electric Rocket Test 1"). Funzionò con successo per i 31 minuti previsti prima di ricadere a terra. Il propulsore a effetto Hall fu studiato indipendentemente dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica negli anni cinquanta e '60. Tuttavia il concetto di propulsore Hall fu sviluppato in uno strumento di propulsione efficiente soltanto nell'ex-Unione Sovietica, mentre gli scienziati statunitensi si 32


concentrarono invece sullo sviluppo di propulsori ionici a griglia. I propulsori a effetto Hall vengono usati nei satelliti sovietici dal 1972 e fino agli anni novanta venivano principalmente usati per la stabilizzazione dei satelliti nelle direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest. Da 100 a 200 motori hanno completato la loro missione sui satelliti russi e sovietici fino alla fine degli anni novanta. Il progetto del propulsore sovietico fu introdotto in occidente nel 1992 dopo che un team di specialisti della propulsione elettrica, col supporto della Ballistic Missile Defense Organization, visitarono i laboratori sovietici. I propulsori ionici utilizzano raggi di ioni (atomi o molecole carichi elettricamente) per creare una spinta in accordo con il terzo principio della dinamica. Il metodo per accelerare gli ioni varia, ma tutti i progetti si avvantaggiano del rapporto tra carica e massa degli ioni. Questo rapporto può significare che anche differenze di potenziale relativamente piccole possono creare elevate velocità nei gas di scarico. Questo riduce la quantità di massa reattiva o carburante richiesto, ma aumenta la quantità di potenza specifica necessaria in confronto a quella dei razzi chimici. I propulsori ionici sono dunque in grado di ottenere impulsi specifici estremamente alti. Lo svantaggio della poca spinta è una scarsa accelerazione del veicolo poiché la massa delle unità di corrente elettrica è direttamente proporzionale alla quantità di energia fornita. Questo rende i propulsori ionici inadatti al lancio di veicoli in orbita, ma ideali per le applicazioni della propulsione nello spazio. Sono stati progettati diversi propulsori ionici e tutti quanti si possono riunire in due categorie: elettrostatici o elettromagnetici. La differenza principale è il modo in cui vengono accelerati gli ioni. Propulsori ionici a griglia elettrostatica I propulsori ionici a griglia elettrostatica usano comunemente gas di xeno, che non ha normalmente carica e viene ionizzato bombardandolo con elettroni provenienti da un catodo rovente. Questo bombardamento crea ioni carichi positivamente a causa della perdita di un elettrone. Tali ioni positivi si diffondono poi attraverso la griglia positiva ed entrano nella zona di differenza di potenziale tra la griglia positiva e quella negativa (anodo e catodo rispettivamente). Questa differenza di potenziale accelera gli ioni a velocità elevata, i quali, attraversando la griglia negativa, generano la spinta. Un altro catodo nella parte esterna del motore emette altri elettroni che si combinano con gli ioni per neutralizzarli. Questo per evitare che il raggio di ioni ritorni verso il veicolo annullando la spinta. Propulsori a effetto Hall I propulsori a effetto Hall accelerano gli ioni attraverso l'uso di un potenziale elettrico mantenuto tra un anodo cilindrico e un plasma caricato negativamente che forma il catodo. La massa del propellente (tipicamente xeno o gas di bismuto) viene introdotta vicino all'anodo, dove viene ionizzata, in seguito gli ioni vengono attratti dal catodo e accelerati verso e attraverso di esso, raccogliendo elettroni mentre si muovono per neutralizzare il fascio e lasciare il propulsore ad alta velocità. L'anodo è all'estremità di un tubo cilindrico con al centro una punta che produce un campo magnetico radiale tra essa e il tubo. Gli ioni non vengono influenzati molto dal campo magnetico, siccome sono troppo pesanti; tuttavia gli elettroni prodotti vicino alla fine della punta per creare il 33


catodo ne vengono influenzati maggiormente venendone intrappolati e mantenuti in zona dalla loro attrazione verso l'anodo. Alcuni elettroni si muovono a spirale verso l'anodo, circolando attorno alla punta in una corrente di Hall. Quando raggiungono l'anodo colpiscono il propellente non caricato e lo ionizzano, prima di raggiungere l'anodo chiudendo il circuito. Propulsione elettrica a emissione di campo (FEEP) La propulsione elettrica a emissione di campo (Field Emission Electric Propulsion, FEEP) usa un sistema molto semplice per accelerare gli ioni di metallo liquido per generare la spinta. La maggior parte dei progettisti utilizzano cesio o indio come propellente. Il progetto consiste in una piccola riserva di propellente che contiene il metallo liquido, una piccolissima feritoia attraverso cui scorre il liquido e un anello acceleratore. Il cesio e l'indio sono usati a causa del loro grande peso atomico, i bassi potenziali di ionizzazione e basse temperature di fusione. Una volta che il metallo liquido raggiunge l'interno della feritoia nell'emettitore, un campo elettrico applicato tra esso e l'anello acceleratore provoca instabilitĂ nel metallo liquido causandone la ionizzazione. Questo crea ioni positivi che possono poi essere accelerati nel campo elettrico creato tra l'emettitore e l'anello. Questi ioni caricati positivamente sono poi neutralizzati da una sorgente esterna di elettroni in modo da evitare di caricare la fusoliera del veicolo. Confronti La seguente tabella compara i dati attuali dei test di alcuni propulsori ionici, la cui maggior parte spinge gli ioni con una differenza di potenziale di 300 Volt.

Motore

Potenza richiesta (kW)

Propellente

Impulso specifico (s)

Spinta (mN)

NSTAR

Xeno

2.3

3300

92

NEXT

Xeno

10.5

3900

364

NEXIS

Xeno

20.5

6000-7500

400

HiPEP

Xeno

25-50

6000-9000

460-670

Effetto Hall

Bismuto

25

3000

1130

Effetto Hall

Bismuto

140

8000

2500

Effetto Hall

Xeno

25

3250

950

Effetto Hall

Xeno

75

2900

2900

FEEP

Cesio liquido

6x10−5-0.06

6000-10000

0.001-1

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Durata Il fattore limite principale dei propulsori ionici è la loro scarsa forza di spinta. Tale spinta è il risultato dell'alta velocità dei gas di scarico, che richiede molta energia e la performance è ulteriormente limitata dalla potenza specifica delle fonti energetiche. Inoltre molti propulsori sono in grado di gestire solo piccoli flussi di propellente, per esempio i modelli con griglia elettrostatica soffrono di effetti di 'carica spaziale' in flussi elevati. Questa scarsa accelerazione si tramuta nella necessità di fornire una spinta continua per molto tempo per ottenere un cambio ragionevole nella velocità (Delta-v). Per raggiungere questi delta-v i propulsori ionici sono progettati per durare da settimane ad anni. In pratica la vita dei propulsori ionici non è infinita, in particolare l'alta velocità degli ioni e degli elettroni coinvolti può provocare erosione e questo può essere un problema. Nel progetto base originale del propulsore ionico elettrostatico gli ioni che si muovono attraverso le griglie caricate le erodono causandone eventualmente la rottura. Anche se questa erosione è il fattore che condiziona maggiormente la durata di un propulsore ionico, il tempo necessario per avere un'erosione significativa delle griglie è molto più grande della durata necessaria. Un test della tecnologia NASA NSTAR (NASA Solar electric propulsion Technology Application Readiness) per i propulsori elettrostatici risultò in 30 472 ore (approssimativamente 3 anni e mezzo) di spinta continua alla massima potenza. Il test fu concluso prima di qualsiasi cedimento e i suoi risultati mostrarono che il motore non si stava neanche avvicinando alla rottura. Propellenti L'energia di ionizzazione rappresenta una grossa percentuale dell'energia richiesta per il funzionamento dei motori ionici. Il propellente ideale per tali motori è quindi una molecola o atomo con un elevato rapporto massa su energia di ionizzazione. Inoltre il propellente non dovrebbe causare un grosso grado di erosione del propulsore per permetterne una lunga durata e non deve contaminare il veicolo. Molti degli attuali modelli usano il gas di xeno a causa della sua bassa energia di ionizzazione, del numero atomico relativamente alto, della sua natura inerte e del basso grado di erosione. Tuttavia lo xeno è poco presente in natura e molto costoso. I vecchi modelli utilizzavano il mercurio, che però è tossico, costoso e tendeva a contaminare il veicolo. Altri propellenti come il bismuto hanno mostrato buone possibilità e sono tuttora aree di ricerca, in particolare per i modelli senza griglia, come i propulsori a effetto Hall. Applicazioni I propulsori ionici potrebbero avere molte applicazioni nella propulsione spaziale. I migliori impieghi dei propulsori sono nella possibilità di utilizzare la loro lunga durata quando non serve una spinta eccessiva. Alcuni esempi possono essere i trasferimenti di orbita, aggiustamenti nell'allineamento, compensazione della resistenza aerodinamica per orbite basse e aggiustamenti fini nelle missioni più scientifiche. I propulsori ionici possono anche essere usati per missioni 35


interplanetarie e nello spazio profondo dove il tempo non è cruciale. La spinta continua in un periodo di tempo molto lungo ha il potenziale di costruire una più elevata velocità dei razzi chimici tradizionali. Missioni Di tutti i propulsori elettrici, quelli ionici sono stati i più considerati commercialmente e accademicamente nella ricerca per le missioni interplanetarie e per le manovre di sollevamento orbitale. I propulsori ionici sono visti come la migliore soluzione per queste missioni poiché richiedono un grosso cambiamento nella velocità in generale, che può essere costruito in lunghi periodi di tempo. Diverse navi spaziali hanno sfruttato questa tecnologia. SERT Il primo veicolo fu il SERT (Space Electric Rocket Test, letteralmente "test per razzo spaziale elettrico") che testò due motori ionici al mercurio per migliaia di ore negli anni settanta. Deep Space 1 La NASA ha sviluppato un propulsore ionico chiamato NSTAR per l'uso nelle loro missioni interplanetarie. Questo propulsore è stato testato con successo nella sonda spaziale Deep Space 1, lanciata da Cape Canaveral il 24 ottobre 1998 per mezzo di un razzo Delta II. La Huges ha sviluppato lo XIPS (Xenon Ion Propulsion System, Sistema di Propulsione Ionica allo Xeno) per mantenere la stazionarità dei satelliti geosincroni. Questi sono propulsori ionici elettrostatici e funzionano con un principio diverso rispetto a quelli a effetto Hall. Artemis Il 12 luglio del 2001 l'Agenzia Spaziale Europea ha fallito il lancio del suo satellite per le telecomunicazioni Artemis, lasciandolo in un'orbita decadente. Il propellente chimico del satellite era sufficiente per trasferirlo in un'orbita semi-stabile e nei 18 mesi successivi il sistema sperimentale di propulsione ionica a bordo (pensato per manovre secondarie di mantenimento dell'orbita) è stato utilizzato per trasferirlo in orbita geostazionaria. Hayabusa Il satellite Hayabusa dell'agenzia spaziale Giapponese, che è stato lanciato nel 2003 e ha incontrato con successo l'asteroide 25143 Itokawa rimanendovi in prossimità per molti mesi per raccogliere campioni e informazioni, è spinto da quattro motori ionici allo xeno. Utilizza ioni di xeno generati da microonde ECR e un materiale in carbonio/carbonio composito per la griglia di accelerazione resistente all'erosione. Smart 1 Il propulsore a effetto Hall è un tipo di propulsore ionico che è stato usato per decadi nel mantenimento dell'orbita stazionaria dall'unione sovietica ed è ora utilizzato dall'occidente: il satellite dell'Agenzia Spaziale Europea Smart 1, lanciato nel 2003 lo ha usato lo Snecma PPS-1350-G. Questo satellite ha completato la sua missione il 3 settembre del 2006 in una 36


collisione controllata contro la superficie della luna dopo una deviazione di traiettoria per essere in grado di vedere il cratere di tre metri generato nell'impatto sul lato visibile della luna. Dawn Il Dawn è stato lanciato il 27 settembre del 2007 per esplorare il pianeta nano Cerere e l'asteroide Vesta. Per viaggiare tra la Terra e i suoi obiettivi userà tre propulsori ionici allo xeno ereditati dalla Deep Space 1 (accendendone uno alla volta) per portarla in una lunga spirale uscente. È prevedibile anche una missione successiva nella quale Dawn esplori altri asteroidi oltre a Cerere. Il motore ionico della Dawn è in grado di accelerarla da 0 a 60 mi/h (96,56064 km/h) in 4 giorni. LISA Pathfinder Il LISA Pathfinder è un veicolo dell'ESA che doveva essere lanciato nel 2009, e che probabilmente partirà invece nel 2013. Non sfrutterà i motori ionici come sistema di propulsione primaria, ma userà sia propulsori colloidali che FEEP per un controllo attitudinale molto preciso — la piccola spinta generata da questi strumenti di propulsione rende possibile muovere il veicolo per distanze incrementali molto accuratamente. Questo è uno dei test possibili per la missione LISA.

La propulsione nucleare di Carlo Rubbia Carlo Rubbia scopritore dei bosoni W e Z. Per inventare e costruire una nave spaziale come la Prometheus. Non è più un sogno indagare direttamente i lontani sistemi solari alieni gemelli del Sole, passando per Alpha Centauri B. I segreti del Motore nucleare e del Progetto Archimede del Premio Nobel Professor Carlo Rubbia. Il motore nucleare ideato dal Nobel Carlo Rubbia, a differenza dei motori nucleari solitamente proposti (detti termonucleari), ha la proprietà di generare la forza grazie alla quale la naviella spaziale si sposta (forza chiamata 'spinta') per mezzo dell'emissione di radiazione elttromagnetica da parte del combustibile nucleare presente a bordo (si pensi all'uranio). Il principio che permette alla navicella di spostarsi è quindi simile a quello delle vele solari. Per fornire alcuni particolari tecnici, si può aggiungere che il motore è costituito da un cuore di uranio caldo (che supponiamo segua la legge di 'corpo nero' per l'emissione delle radiazioni, detta di Stefan-Boltzmann), il quale riscaldato per fissione nucleare emette radiazioni le quali, come detto precedentemente, generano la spinta. È da osservare, infine, che il corpo caldo emetterebbe le radiazioni in tutte le direzioni possibili, quindi è necessario convogliare il fascio nell'unica direzione utile (cioè quella del moto) e per farlo si pensa di utilizzare una superficie riflettente conica, detta 'cono di Winston', la quale quindi ottimizza il valore di spinta ottenibile.

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Nome in codice: Progetto 242. L’astronave del Professor Rubbia è alimentata dalla fissione nucleare dell’elemento Americio-242, un isotopo in grado di offrire una generosa spinta fotonica capace di eliminare cinque dei 15 principali problemi del viaggo interplanetario, tra cui: il rifornimento di carburante nello spazio, le fionde gravitazionali dei pianeti (i cosiddetti flyby di assistenza gravitazionale) necessarie a far muovere le sonde automatiche in missioni elefantiache e la durata del viaggio per gli astronauti esposti alle radiazioni cosmiche letali. L’Agenzia Spaziale Italiana avviò alcuni anni fa uno studio di fattibilità del motore nucleare di Carlo Rubbia, che si concluse positivamente. Ma poi, tra i difetti dei politicanti italiani, le titubanze legate al nucleare da parte degli Usa e della Nasa, e gli avvicendamenti politici del Belpaese senza soluzione di continuità ideologica anti-nucleare tout court, tutto si arenò. Con buona pace di quanti oggi ululano alla Luna per la soluzione della gravissima crisi economica italiana dei mille suicidi imprenditoriali. Il Senatore Carlo Rubbia crede ancora nel Progetto 242 da lui ideato? “Senza qualche forma di nucleare su Marte non ci si arriverà mai!” – fa notare il fisico Carlo Rubbia – occorre un buon nucleare, con l’Americio-242 il viaggio si può fare, è abbastanza potente e sicuro, si può andare su Marte e tornare quando si vuole”. Prima di spiccare il volo su Giove. Il Progetto 242 fu varato da Rubbia nel 1998. La fissione dell’Americio-242 genera gas iperveloci per la spinta dell’astronave. In teoria il razzo nucleare di Rubbia potrebbe essere accoppiato alla Stazione Spaziale Internazionale oggi in orbita a 400 Km di quota. Il sistema di propulsione nucleare del professor Rubbia è detto “a impulso”, in quanto sfrutta la spinta prodotta da particelle di Plasma molto calde e veloci.

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Il sistema di propulsione ionico a impulso di Rubbia è un efficiente sostituto della combustione chimica che alimenta i normali razzi. Il quarto vantaggio rispetto ai vettori tradizionali più obsoleti risiede nella possibilità di dedicare un minor volume e una minor massa al sistema di propulsione dell’astronave, generando indubbi vantaggi economici nella realizzazione del viaggio interplanetario. Il quinto vantaggio di questo sistema risiede nella capacità di generare una spinta continua che svincoli la nave spaziale dagli allineamenti gravitazionali dei pianeti per percorrere centinaia di milioni di chilometri nel Sistema Solare in pochi giorni. Naturalmente l’habitat vitale dell’astronave di Rubbia deve essere dotato di un efficiente campo elettromagnetico in grado di schermare gli astronauti dalle radiazioni cosmiche e dalle particelle prodotte dal propulsore nucleare. In tre laboratori del Cnr, dell’Enea e dell’Università di Pavia iniziarono le prime sperimentazioni sui diversi aspetti fisici che riguardano il Progetto 242, come fu battezzato dall’Agenzia Spaziale Italiana. Come funziona il Motore Nucleare di Carlo Rubbia? Il nuovo Propulsore P-242 è di tipo nucleare. Non atomico! Grazie a una camera di combustione dentro la quale il rimbalzo continuo di neutroni riscalda un gas (Idrogeno) che uscendo dall’ugello di scarico fornisce la spinta necessaria per muoversi nello spazio alla velocità di almeno 40 chilometri al secondo, ossia 144mila chilometri orari. In appena 2,7 ore possiamo raggiungere la Luna; Marte in appena 694 ore, assumendo la distanza massima dalla Terra al lancio, di 100 milioni di Km, ossia in 29 giorni. La materia prima per far funzionare il propulsiore di Rubbia è l’Americio-242, un materiale rarissimo.

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Nel 1998 ne esisteva appena un milligrammo in Russia. La prima sfida da risolvere è quella di trovare il modo di produrlo in Italia. Nelle ricerche finora svolte è stata verificato un metodo per fabbricare l’Americio in discrete quantità, alcuni chilogrammi, irraggiando con un acceleratore di particelle un isotopo, l’Americio-241 che è invece più abbondante. Pensate, è sotto gli occhi di tutti perchè esso si trova in commercio anche nei rilevatori di fumo e si ricava dal decadimento del Plutonio, le cui scorie abbondano in Italia tra le decine di testate nucleari della Nato e i rifiuti dei nostri vecchi reattori. Il primo passo più importante è stato compiuto. Si tratta ora di metterlo in pratica con un atto politico. Parallelamente si stanno affrontando altre questioni di base: il metodo per “fissare” l’Americio alle pareti interne del motore nucleare di Rubbia. La strada è politicamente lunga ma l’ASI è determinata a percorrerla velocemente con tutte le carte in regola! Perché l’idea del Professor Rubbia è decisamente innovativa. Si tratta di trovare le risorse necessarie, anche private, di corporation e multinazionali decise ad investire in questo grande progetto strategico mondiale per il rilancio del Belpaese. “I sogni di oggi sono la realtà del domani”, diceva Robert Goddard che 87 anni fa sperimentò negli Stati Uniti il primo razzo a propellenti liquidi. L’importante è crederci culturalmente, impegnandosi nel realizzarli senza fare brutte figure internazionali. Come nel caso del Ponte sullo Stretto di Messina. I nostri scienziati e tecnici sono pronti a realizzare il razzo nucleare di Rubbia che non presenta alcuna parte in movimento, il che ne aumenta di molto l’affidabilità. Si tratta infatti di un grande tubo internamente ricoperto da una pellicola di combustibile nucleare, spessa un millesimo di millimetro, in grado di raggiungere immediatamente le condizioni per la fissione nucleare indotta con il metodo classico del bombardamento di neutroni. I quali, colpendo il combustibile nucleare all’interno del tubo, spaccano i nuclei del propellente emettendo i frammenti di fissione da cui il motore di Rubbia prende il nome. Due sono le alternative (finora) per impiegare con la massima efficienza i frammenti di fissione: la prima è quella di utilizzare direttamente i frammenti nella propulsione nucleare; la seconda più promettente è quella di condurre, tramite gli oltre 500mila gradi Celsius raggiunti nella reazione nucleare, il gas di Idrogeno al quarto stato di aggregazione della materia, ionizzandolo fortemente in modo da farlo diventare Plasma che viene poi sospinto fuori dal razzo creando la notevole spinta propulsiva. Normalmente nessun recipiente fisico resisterebbe a così alte temperature. La soluzione è di guidare il Plasma tramite forti campi magnetici: la tecnologia per fare questo è già disponibile ed è su questa che attualmente si basano i reattori sperimentali per lo studio della fusione nucleare a confinamento magnetico. L’Italia può giocare un ruolo di assoluto prestigio mondiale nel Progetto 242 di Carlo Rubbia. L’equipaggio umano sarebbe protetto dalle radiazioni prodotte dalla fissione, comunque inferiori a 40


quelle prodotte dalle particelle del vento solare, da schermi di un composto di boro e carbonio, e la reazione di fissione si potrebbe interrompere, come in un qualunque reattore nucleare, tramite le barre di controllo che assorbono i neutroni. Inoltre l’acqua è un potente scudo anti-radiazioni e può essere utilizzata per schermare il reattore e le intercapedini dell’habitat vitale dell’astronave governata da computer perfettamente integrati. Il propulsore nucleare di Rubbia è adatto solo a viaggi all’esterno della nostra atmosfera terrestre: produce inizialmente una spinta modesta rispetto ai tradizionali razzi chimici utili per conquistare l’orbita e/o velocità di fuga dalla Terra. Ma il motore nucleare di Rubbia offre una propulsione prolungata nel tempo e con velocità di uscita dall’ugello molto maggiori.

Il Figlio di Dedalus Il progetto Icaro, che ha avuto inizio il 30 settembre 2009, è stato ispirato da Dedalo, ed è un tentativo del XXI secolo di compiere un viaggio interstellare, applicando le nuove tecnologie e scienze rilevate negli ultimi 30 anni. Gli scopi sono i seguenti: 1. Per progettare una sonda interstellare per una missione potenziale nei secoli a venire. 2. Per consentire un confronto diretto con la tecnologia di Dedalo e fornire una valutazione della maturità della propulsione spaziale a fusione per le missioni future. 3. Per generare maggiore interesse per le prospettive sulle missioni interstellari basate sulle scienze di oggi. 4. Per motivare una nuova generazione di scienziati ad essere interessati a progettare missioni spaziali che vanno oltre il nostro sistema solare. Naturalmente, Icaro è ricordato dalla mitologia greca come la figura che volò troppo vicino al sole, sciogliendo le sue ali. A prima vista, questo nome potrebbe essere considerata una scelta singolare per un veicolo spaziale. Tuttavia, è molto più sensata se si considera la seguente citazione, che descrive un aspetto importante dello spirito del Progetto Icaro: In tempi antichi due aviatori si sono muniti ali. Dedalo volò in modo sicuro e il suo atterraggio fu onorato. Icaro, si avvicino troppo al sole, e bruciò la cera che collegava le ali al suo corpo. Nel valutare i loro successi, c'è qualcosa da dire per Icaro. Le autorità classiche ci dicono che era solo "una bravata", ma preferiscono pensare a lui come l'uomo che ha portato alla luce un grave difetto di costruzione nelle macchine volanti del suo tempo. Così, anche nella scienza. Daedalus applica le sue teorie in cui si sente fiducioso: sicuro di andare, ma con il suo eccesso di prudenza non scoprì nulla di nuovo. Icaro peserà le sue teorie al punto di rottura, mettendo a repentaglio la sua vita. Per la semplice avventura? Forse e in parte, questa è la natura umana. Ma se non è ancora destinato a raggiungere il sole e risolvere finalmente l'enigma della sua costituzione, si può almeno sperare di imparare dal suo viaggio alcuni spunti per costruire una macchina migliore.

PROPULSORI AD ANTIMATERIA L’universo in cui viviamo è interamente costituito da materia, però, probabilmente quando ha avuto origine, dall’immane esplosione soprannominata Big Bang, l’universo ha avuto due possibilità: formarsi o di materia o di antimateria. 41


Non si conoscono ancora i processi che hanno favorito la fomazione di un universo di materia anziché di antimateria, comunque si pensa che nel Big Bang ci sia stata una certa disimmetria con conseguente formazione di un’abbondanza di materia, che ha appunto portato a formare il nostro universo così come lo vediamo. Ma cosa è l’ANTIMATERIA? Non si tratta poi di una cosa così trascendentale, se infatti consideriamo un’atomo di Idrogeno, esso sarà formato essenzialmente di: un Neutrone, un Protone (+) ed un Elettrone (-).

Esiste una corrispondenza diretta fra materia ed antimateria, quindi così come esiste l’Idrogeno, esiste anche l’ANTI-Idrogeno che sarà formato in modo del tutto speculare, infatti avremo: un ANTI-Neutrone, un ANTI-Protone identico al protone ma con carica elettrica negativa (-) ed un ANTI-Elettrone completamente identico all’elettrone, ma con carica positiva (+). Detto questo, vediamo ora a cosa ci potrebbe servire l’antimateria. Facendo interagire materia ed antimateria, attraverso un processo di annichilazione, l’energia che si libera è elevatissima ben oltre qualsiasi altro modo di produrre energia sino ad ora conosciuto nell’universo. Infatti il processo di annichilazione materia/antimateria è il più efficiente esistente perché provvede a trasformare direttamente Materia ed AntiMateria in Energia senza perdite di alcun tipo, attraverso la notissima relazione di Einstein: E=mc2 A parità di massa libera, un tale processo produce : •1500 Volte più Energia della Fissione Nucleare •250 Volte più Energia della Fusione Nucleare Come funziona tale processo, e come ci potrebbe servire per i nostri scopi? Dall’annichilazione fra Protoni ed ANTI-Protoni, si ottengono: Neutrini, Muoni e Pioni, che sono i mattoni che tengono uniti gli atomi, che infine decadono ulteriormente in radiazioni Gamma. I 42


primi, cioè i Neutrini, non sono influenzati dai campi magnetici appunto perché sono neutri, sono quindi inutilizzabili per i nostri scopi.

I Muoni ed i Pioni invece avendo una carica sono influenzati dai campi magnetici, possono quindi essere indirizzati con un’opportuno campo magnetico nella direzione in cui desideriamo e con il solito principio di azione reazione spostarci nello spazio. In questo modo, attraverso il controllo di questo processo,se si riuscisse a costruire un motore di questo tipo, si è calcolato che si potrebbero costruire astronavi che nelle condizioni ideali potrebbero raggiungere velocità massime dell’ordine del 60% della velocità della luce, Qualcosa come 180.000 km/s! Si tratta di un risultato impressionante se paragonato a quanto sino ad ora fatto, che finalmente riesce a darci un minimo di speranza per il futuro dei viaggi interstellari. Vediamo ora come per i casi precedenti, quali sono i possibili tempi di percorrenza per raggiungere gli obbiettivi scelti: ASTRONAVE e Tipo di Propulsione

LUNA

MARTE

PLUTONE

Alfa Centauri

Stella Polare

Propulsori ad Antimateria INTERPRISE Star Trek V=216x10^6 km/h 20% Velocità della luce

6.3 sec

22 min

26.6 ore

21.5 anni

3095 anni

( se 0.6 C risulta (se 0.6C risulta invece 7.3 anni ) 1031.3 anni)

Certamente questo sarà il futuro per l’esplorazione spaziale, ma i risultati sono ancora insufficienti sedesideriamo semplicemente raggingere la prima stella abitata da una società tecnologica, per la quale sono necessari almeno mille anni di viaggio.

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Quale è la prima astronave della fantasia umana che funziona integralmente con motori ad antimateria? Ma naturalmente l’INTERPRISE, la mitica astronave della serie televisiva di Star Trek, che già nel 1966, esplorava gli spazi interstellari al comando del comandante Kirk. Purtroppo la finzione televisiva è ben diversa dalla realtà, in quanto l’astronave Interprise percorrere decine di anni luce in pochissime ore, che è ben diverso dai risultati sino ad ora ottenuti. Un ultimo appunto desidero farlo per lo stato della tecnologia in questo campo: Innanzi tutto siamo ben lungi dal produrre motori ad antimateria, ma l’antimateria stessa è ora una realtà, in quanto le ANTI-particelle esistono, e sono quotidianamente prodotte negli accelleratori di particelle terrestri. La loro fisica è sostanzialmente conosciuta, il problema sostanziale è che non è semplice produrla e anche se lo fosse, ancora più difficile è immagazzinarla, perché qualsiasi suo contenitore potrebbe essere fatto esclusivamente di materia che ovviamente non va particolarmente d’accordo con l’ANTI-materia. Oltretutto la produzione e l’immagazzinamento dell’antimateria al giorno d’oggi, potrebbe essere fatto, ma con costi di circa 100 MILIARDI di DOLLARI al milligrammo! Si pensi comunque che un milligammo di ANTI-materia, sarebbe in grado di produrre qualcosa come 50.000 Kilowatt/Ora senza produrre effetti collaterali come materiali di scarico, o radiazioni. Se si volesse fare una previsione realistica, in merito ai primi motori ad antimateria che viaggeranno nello spazio, azzarderei che questa tecnologia sarà completamente acquisita dall’uomo fra circa 200 anni e forse poco più tardi verranno prodotti i primi motori di questo tipo.

MOTORI A CURVATURA La propulsione a curvatura (warp drive nell'originale inglese) è un immaginario tipo di propulsione che permette alle navi stellari dell'universo fantascientifico di Star Trek di viaggiare a velocità superluminali, cioè superiori alla velocità della luce. Nelle serie e nei film di Star Trek la 44


propulsione a curvatura è un espediente narrativo indispensabile in quanto giustifica la possibilità del viaggio interstellare "alla ricerca di nuovi mondi e nuove civiltà". Nel libro di Rick Sternbach e Michael Okuda Star Trek The Next Generation - Il Manuale Tecnico viene spiegato che nel 2061 Zefram Cochrane realizza un primo prototipo definito "supergirante di fluttuazione" che consente a un veicolo senza equipaggio di viaggiare a cavallo della barriera della velocità della luce. Questo dimostrava che era possibile viaggiare alla velocità della luce senza un consumo di energia teoricamente infinito.

La genesi della tecnologia a curvatura terrestre viene poi narrata nel film Star Trek: Primo contatto: il primo motore a curvatura del pianeta Terra viene costruito in data ignota (tra il 2061 e il 2063) dal Dott. Zefram Cochrane e usato dallo stesso scienziato in un lancio di prova, il 5 aprile del 2063. Quel primo viaggio spaziale a velocità di curvatura innesca anche il primo contatto della Terra con una civiltà extraterrestre, quella vulcaniana, che dispone da secoli di tale tecnologia. All'epoca la prassi vulcaniana è di contattare un pianeta solo dal momento in cui gli abitanti dispongono della propulsione a curvatura, sicché quando un'astronave vulcaniana di pattuglia rileva il volo del prototipo terrestre, i Vulcaniani atterrano sul pianeta. Questa prassi è incorporata nella Prima Direttiva della Federazione dei Pianeti Uniti che nasce in seguito. COME FUNZIONA L'enorme quantità di energia necessaria a raggiungere la velocità di curvatura si ottiene attraverso il reattore materia/antimateria (M/ARA), da una reazione controllata tra materia ed antimateria regolata attraverso i cristalli di di Litio. I motori a curvatura creano una distorsione spaziotemporale attorno all'astronave formando attorno ad essa forze 45


contrapposte che curvano lo spaziotempo creando un tunnel dovuto alla radiazione Čerencov (da cui il tipico colore azzurro)fino a permettere al mezzo di viaggiare a velocità warp percorrendo così un tragitto inferiore rispetto alla distanza complessiva da coprire, infatti i motori a curvatura sostanzialmente contraggono lo spazio davanti all'astronave e lo dilatano dietro di essa. La cosa può essere spiegata in modo semplice: si immagini un elastico fissato tra due chiodi e una formica che cammini sopra di esso. Se l'elastico non viene manipolato, la formica, per andare da chiodo a chiodo, dovrà camminare per un tragitto equivalente alla lunghezza dell'elastico. Se invece lo si accorcia davanti alla formica, di conseguenza si allunga dietro di essa, come risultato si otterrà che la formica sarà andata da chiodo a chiodo camminando per un tragitto inferiore alla lunghezza complessiva dell'elastico, benché localmente non abbia potuto rilevare nessuna modifica dell'elastico. Tuttavia, in un episodio di Star Trek: The Next Generation è affermato che viaggiare a velocità elevate danneggia il subspazio in modo irreparabile, causandone l'apertura. La Federazione di conseguenza limita la velocità raggiungibile a fattore 5 per ridurre i danni. In seguito verranno realizzate nuove gondole di curvatura (alcune a geometria variabile come quelle in dotazione alla USS Voyager) che, rendendo la bolla di curvatura più stabile a velocità elevate, ne prevengono i danni.

Fattore di Curvatura La velocità di un'astronave a propulsione di curvatura è misurata dal fattore di curvatura (warp factor); la scala di misurazione non è trattata in modo uniforme nei vari episodi della serie. Nelle serie più recenti (Star Trek: The Next Generation e Star Trek: Voyager) la scala è logaritmica e strutturata in modo che al fattore 1 corrisponda la velocità della luce (c) ed al fattore 10 corrisponda velocità infinita; nella serie originale si desume che la scala sia diversa dal fatto che in alcuni episodi si parla di velocità superiori a fattore 10. La prima nave stellare Enterprise costruita (NX-01), in Star Trek: Enterprise) raggiunge un massimo di fattore 5.5, mentre l'Enterprise D nel XXIV secolo viaggia a fattore 9.6 e infine la USS Voyager raggiunge curvatura 9.975.

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La formula per calcolare il rapporto tra la velocità della luce c e la velocità warp vW fino a warp 9 è:

Per velocità superiori la formula si fa più complessa:

Dove ,

,

e

I dati sopracitati comunque non rispecchiano in alcun modo le velocità osservate nello show, molto spesso infatti i tempi di percorrenza suggerirebbero velocità migliaia di volte superiori a quelle riportate.

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LA NASA PROGETTA IL MOTORE A CURVATURA Gli scienziati della NASA hanno cominciato i lavori per la realizzazione del motore a curvatura, un propulsore capace di spingere un veicolo spaziale a velocità superiori a quella della luce, senza per questo violare le leggi della fisica. È la famosa "velocità warp" che abbiamo imparato a conoscere grazie a opere di fantasia come Star Trek e alla fantascienza in generale, ma senza cristalli di dilitio. "Forse realizzare ciò che abbiamo visto in Star Trek nell'arco di pochi decenni non è una possibilità così remota" il Dott. Harold White, che dirige il gruppo di ricerca per la propulsione avanzata (Advanced Propulsion Team). Sappiamo però che non è possibile superare la velocità della luce, tanto che il dott. White definisce questo limite come "l'undicesimo comandamento". Allora come fare? Ricorrendo ancora alla sintesi cinematografica, la risposta è "piegando il continuum spazio-temporale, caro Marty". Per quanto possa sembrare fantasioso, è proprio di questo che stiamo parlando. Il punto di partenza: alcune equazioni lascerebbero pensare che esistono delle "bolle di curvatura", e per dimostrarlo il gruppo di ricerca ha creato uno strumento chiamato White-Juday Warp Field Interferomete. Il suo scopo è generare e individuare bolle microscopiche per studiarle, e fondare così un campo di studi completamente nuovo. "Al momento non è che una piccolezza, ma proverebbe che è possibile alterare lo spazio-tempo. Sarebbe la nostra pila di Chicago", ha spiegato White, riferendosi alla prima dimostrazione di energia nucleare controllata (1942). Un giorno queste bolle potrebbero costituire il cuore di un motore capace di piegare lo spazio e spostare una nave spaziale nello spazio, senza effettivo movimento. Il Dott. White è convinto che sia possibile, e crede che, se gli esperimenti confermano la teoria, si potrebbe raggiungere Alpha Centauri in un paio di settimane terrestri - senza effetti collaterali. Per alimentare l'incredibile macchinario sarebbe sufficiente un piccolo quantitativo di materia esotica, capace di muovere una bolla di 32 metri a una velocità equivalente a 10c (dieci volte al velocità della luce). Anche questa sarebbe una svolta, perché fino a oggi si riteneva che il viaggio a curvatura fosse impraticabile, in quanto avrebbe richiesto una sfera di materia esotica grande quanto Giove. Insomma a sentire questo ricercatore sembra quasi che nell'arco di pochi decenni potremmo vedere nascere una nuova epoca dell'esplorazione spaziale. E se Star Trek ci ha insegnato qualcosa, il primo volo del motore a curvatura ci marchierà come "pianeta evoluto" agli occhi degli alieni, che stabiliranno il primo contatto. Speriamo solo che si non si tratti di una razza ostile.

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Quanto a ciò che ci aspetta nello Spazio Profondo, l'immaginario fantascientifico ci ha mostrato di tutto: imperatori in fuga a bordo di teiere, veicoli più grandi all'interno che viaggiano nel tempo, cavalieri Jedi, camionisti, tartarughe giganti, popolazioni bellicose e asceti, divinità maestose, mortali angeli di pietra, armi biologiche trasformate in specie assassine. Il desiderio di conoscere è dentro di noi, e non se ne andrà mai. Per realizzarlo ci serve un mezzo di trasporto come quello immaginato dal Dott. White, per andar là dove nessun uomo è mai giunto prima.

CONCLUSIONI E' possibile cambiare la cultura socio politica mondiale? Secondo il mio parere si, ma come tutti i cambiamenti impongono ci vogliono volonta` e sacrificio, questa e` un`operazione fatta e rifatta anche in passato per trarre un esempio da quando si e passati da uno stato sovrano ad uno stato governato da una repubblica. Parte delle congetture esposte di seguito sono state prese dal blog il neurone proteso. Una nuova societa` mondiale dove non esiste alcun sistema dominante e del tutto antiassolutistica, contraria a quei sistemi universali che tutto vogliono spiegare e che tutto pretendono di sapere e che hanno caratterizzato la cultura occidentale (e non solo occidentale, ma si potrebbe dire terrestre). Una nuova societa` dove le certezze assolute mancano, perché l’idea stessa di assoluto e di una qualsiasi civiltà basata su principi assoluti e monologici, è oggettivamente sorpassata dalla pluralità dei punti di riferimento culturali. Una cultura basata su queste premesse vede nella differenza un valore da tutelare, non un problema da risolvere. Il rispetto per le altre culture è quindi qualcosa di più che una posizione diplomatica, è il presupposto stesso dell’esistenza (una citazione presa dalla serie Star Trek e che trovo congeniale e`, “Mi fa piacere vedere che vi sono differenze fra noi. Forse uniti saremo migliori della nostra somma”), ricordiamolo, che la nostra cultura e` formata da razze diverse, ognuna con la propria visione del mondo. La capacità di contenere in se gli opposti è forse la più grande utopia che ci si prefigge di ottenere in un nuovo ordine. Schopenhauer definiva l’essere umano come l’essere ‘mancante’, sempre alla ricerca di una spiegazione ulteriore. L’istanza del cercare, dell’esplorare è una conseguenza diretta di una società pluralista: poiché niente è dato in modo univoco, ma tutto è parziale, temporaneo e aperto a possibili reinterpretazioni e punti di vista differenti, la ricerca diventa un aspetto essenziale dell’esistenza. Questa ricerca però non mira a cercare un nuovo assoluto, ma a cercare ulteriori spiegazioni, ulteriori significati, ed è quindi, per ovvi motivi, una ricerca infinita, ed anche per questo proiettata verso il futuro. Nella nostra attuale società il futuro è appannaggio dell’utopia, della catastrofe o della fantascienza. Pochi scienziati, e ancor meno politici sono in grado di guardare oltre il loro naso, se non per terrorizzare o per tranquillizzare. In una società completamente proiettata verso il futuro, devono entrare in gioco i diritti delle generazioni future, ai quali nella nostra società odierna, pochi pensano.

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L’essere umano ha una dimensione storica e culturale: quello che differenzia l’essere umano dagli altri animali (o in questo caso cosa differenzia gli esseri senzienti dagli altri esseri) è proprio l’avere una cultura, un retaggio, una storia. Non quindi Storia come magistra vita e, ma Storia come una studio delle fasi dell’esistenza culturale di una civiltà, indispensabile per capirne gli sviluppi presenti e quelli futuri. Solo in questo senso la storia può avere anche qualcosa da insegnare. In questo caso, le esplorazioni compiute dal genere umano nel passato ci insegnano che, anche con le migliori intenzioni, l’incontro affrettato fra due culture, è degenerato quasi sempre in scontro. La comunicazione è un’arte difficile, non solo e non tanto per i problemi linguistici, ma soprattutto per motivi culturali. Il comunicare stesso è una forma culturale e i modi di comunicazione stessi variano fra le culture. Anche i contenuti che si vogliono comunicare possono non essere gli stessi. La cultura pluralista, è forse fra le più adatte a comunicare con culture diverse, poiché sa adattarsi, al problema del ricevente; e questi in grado di capire i contenuti che voglio comunicare con lui? E`interessato a capirli? ma soprattutto: è giusto che li capisca? Quest’ultima domanda è forse la più importante perché è la meno banale. Non vi sono culture ‘superiori’ perché non vi sono culture ‘inferiori’. Ogni contatto di una cultura progredita scientificamente (ma anche eticamente), con un’altra cultura, è destinato a cambiarla irreparabilmente, anche se questo a volte appare desiderabile alla nostra morale, il danno alla cultura peculiare di una società è una danno al futuro stesso: questa cultura, forse, in futuro avrebbe potuto produrre e scoprire significati che non ci sono ancora chiari. Per non menzionare il fatto che le verità rivelate non sono mai altrettanto buone come le spiegazioni conquistate. Quando allora comunicare con una cultura diversa? il nuovo ordine dovra' dare un preciso limite per l’applicazione di una Direttiva: qualsiasi società rispetti alcuni canoni socio culturali e viene contattata, le viene spiegato i principi fondamentali sulla quale la nuova societa' si basa, e viene invitata a partecipavi. Alcuni decideranno di farlo, altri no, ma vorranno mantenere contatti nei casi di emergenza (isolazionisti), altri invece non ne vorranno sapere di alcun tipo di contatto (xenofobi). Il nuovo Ordine dovra` disporre di una sua prima ed irreversibile Direttiva, quello di preservare la vita qualunque essa fosse, in caso di conflitti, trovare una terza via, senza compromettere mai il fine ultimo, né i principi etici. Forzare un paradosso non solo è un modo accettabile per cavarsela, ma è un modo di fare del tutto auspicabile e encomiabile aver la capacità di non accettare l’inevitabile, rimettendo tutto sempre in discussione fino a trovare un’alternativa accettabile. Il nuovo Ordine Sociale, dovra`essere un’alleanza politica composta da sistemi di governo planetario autonomi. In quanto organizzazione democratica rappresentativa, è governata da un Consiglio Mondiale, al quale ogni stato membro invia delegati. I due compiti principali del Nuovo Ordine Sociale sono la protezione dei propri cittadini e l’esplorazione. In questa nuova societa' il profitto e la ricchezza non sono più le forze conduttrici; ma dovremo lavorare per un’umanità migliore. Ma come vive un cittadino del nuovo Ordine? una società che, in fondo, è basata sulla semplicità. L’armonia di una tale società viene ottenuta, non dalla sottomissione ad una legge, né dall’obbedienza ad una autorità, ma dal libero accordo concluso fra vari gruppi [...] liberamente costituitisi [...] per la soddisfazione dell’infinità varietà di bisogni e aspirazioni di un essere civile. Una societa' ispirata al filone del socialismo utopistico libertario. Tale filone – messo da parte nel 50


’900 da altre ‘utopie‘ – prevedeva un modello di vita più semplice, più ecologico, uno sviluppo più sostenibile e … più piacevole. Noam Chomsky dice in proposito: “un sistema decentralizzato di tipo federativo, formato da libere associazioni che incorporano istituzioni socio-economiche costituirebbe quello che io chiamo anarco-sindacalismo. Secondo me questa è la forma più appropriata di organizzazione sociale per una società tecnologicamente avanzata, in cui ormai non c’è più alcun bisogno, né ragione, che gli esseri umani siano degradati al livello di strumenti o di ingranaggi di una macchina.” Viene lecito pensare che il nuovo Ordine sia formato da tante piccole comunità federate fra loro e che si autogovernano. Una Societa` in grado di bypassare le ideologie razziali, religiose e capitaliste, ma in grado di lavorare per auto migliorarsi sara` ingrado di produrre una tencologia molto avanzata, grazie alla tecnologia avanzata, alla mancanza di denaro (la base del ‘capitalismo’) e alla mancanza della logica del profitto e del consumismo, gli abitanti di queste comuni sono così liberi dai noiosi lavori ripetitivi e, sfruttando al massimo le potenzialità positive dello sviluppo tecnologico, possono quindi impegnarsi in attività volte al miglioramento di se stessi e della società, come ad esempio attività di ricerca scientifiche, culturali, educative etc. Questa liberazione di energie creatrici a sua volta potenzia le capacità di sviluppo ulteriore dell’intera comunità, in un circolo virtuoso che non conosce crisi. Una società di questo tipo può sembrare strana e desueta, ma in fondo è l’unica immaginabile se cerchiamo di immaginare un futuro veramente migliore: per chi ha a cuore la causa della libertà degli esseri umani, la diseguaglianza è il primo scoglio; quali modi potrebbe trovare una società futura, migliore della nostra, per porre fine a questo stato di cose? Non è forse la liberazione dal bisogno e dal lavoro il prossimo passo della liberazione dell’essere umano?

RINGRAZIAMENTI Ringrazio vivamente tutto il web per l'inspirazione e l'aiuto nel completare ricerche ed articoli per la stesura di questo testo, interamente prodotto per essere distribuito sotto copy left e liberamete distribuibile a patto che venga enunciata la fonte.

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