Dr. Adam Kowalik UN UOMO E UNA DONNA… L’essere umano può essere soltanto maschio o femmina: soltanto ci sono due sessi. Nel contesto culturale odierno questa affermazione può suonare a dogmatismo già superato. Per cominciare, i promotori del movimento gay direbbero subito che gli omosessuali costituiscono un terzo sesso. Da più di un ventennio, infatti, il movimento culturale gay effettua un bombardamento costante dell’opinione pubblica nella linea di fare considerare l’omosessualità come un’alternativa che la stessa natura ci offre. Questo “terzo sesso” allora avrebbe subito lungo i secoli una sopraffazione in lunga superiore a quella sofferta delle donne, da parte del sesso forte. Il maschilismo della cultura occidentale avrebbe imposto la sua tirannia culturale agli altri due sessi, quello femminile e quello degli omosessuali. Paradossalmente e come motivo di maggiore confusione si diffonde sempre di più l’idea che il sesso non sia realmente niente di definitivo o di innato, bensì una scelta della persona. La vera identità sessuale non sarebbe altra che quella liberamente accettata o scelta dalla persona. Il paradigma di questa corrente dottrinale viene costituito dai promotori del “quattro sesso”, i quali sono riusciti ad ottenere un riconoscimento in alcuni paesi. Esso in realtà non dovrebbe mai essere denominato così, poiché i suoi fautori sono quelli che vogliono cancellare dai loro corpi tutti gli elementi che possano portare ad una identificazione sessuale qualunque. Loro inoltre adopereranno nomi asessuati, affinché non possano essere identificati né come maschi né come femmine e si impegneranno perché questo suo “stato” sia riconosciuto nei documenti civili e nei registri anagrafici. Col “quattro sesso” si chiuderebbe il processo culturale implicito nel celebrare assioma femminista: donna non si nasce, si diventa. L’identità sessuale – sia quella mascolina o quella femminina - non sarebbe scritta nella natura, ma sarebbe sempre un compito culturale, una sfida che ogni generazione dovrebbe affrontare. Logicamente, se nell’identità sessuale non ci fosse niente di “naturale” si dovrebbe accettare che il sesso entra nel campo delle decisioni di libertà: sarebbe ogni singolo individuo chi dovrebbe scegliere il proprio sesso, in modo simile a come si sceglie la religione, la professione o il coniuge. In linea di massima sarebbe normale che le persone scegliessero quel sesso che li fosse stato cercato dai genitori, in modo simile a come vengono 1
accettati anche i valori religiosi e culturali da loro trasmessi. Ma potrebbe darsi che la persona non si accontentasse con il sesso che le è stato assegnato: in questo caso si dovrebbe riconoscere il suo diritto a “cambiare” sesso. La legittimità di tali pretese sarebbe stata confermata non soltanto da singole legislazioni statuali, ma addirittura a livello internazionale: dopo diverse decisioni negative, il 25 marzo 1992 la Corte Europea dei Diritti Umani riconobbe finalmente il diritto a cambiare di sesso ad una “cittadina” francese.1 Ovviamente, esiste un diritto all’identità sessuale, ma prima di tutto è necessario stabilire in cosa consista tale identità. Nella corrente culturale che abbiamo appena accennato e che ha avuto una larga accettazione sociale, il perno dell’identità sessuale viene situato nell’ambito della soggettività psichica dell’individuo. Quando la persona arriva alla maggiore età, il preteso «diritto all’identità sessuale» comporterebbe la facoltà della persona di adeguare tutte le «parvenze» esterne a quella che essa considera la sua autentica identità sessuale. Si tratta, infatti, del primato del sesso psichico sugli altri: quello biologico e quello sociale. Si fa palese che il concetto di «identità sessuale» non è semplice, bensì complesso, dal momento in cui si è cominciato a distinguere questi tre livelli: biologico, psichico e sociale. L’identità sessuale non si deve confondere con nessuno dei tre livelli accennati. Tutti e tre sono molto importanti, ma non si trovano allo stesso livello. L’acquisizione dell’identità sessuale è risultato di un lungo processo biologico, vitale ed educativo, che non può né deve essere ignorato. Prima di chiederci cosa si deva fare dinanzi alle patologie della coniugalità e dell’identità sessuale – omosessualità, transessualismo, quarto sesso, ecc. – è assolutamente necessario analizzare come si acquista la normale identità sessuale, nella quale tutti i livelli sono pacificamente ben integrati. Il concetto di identità sessuale comprende, infatti, non soltanto l’essere maschio o femmina, ma anche la consapevolezza di esserlo, la quale esige l’accettazione della propria condizione da parte del soggetto. Per analizzare la «normale identità sessuale» si rende necessario ribadire l’affermazione iniziale: L’essere umano può essere soltanto maschio o femmina: soltanto ci sono due sessi. Tanto nel diritto romano che nel diritto canonico del Decreto – è stato autorevolmente affermato – non sembra ammettersi la possibilità di un vero stato bisessuale: ogni individuo dalla specie umana o è maschio o è femmina, e all’uno o all’altro appartiene secondo il sesso prevalente. Tali opinioni sono mantenute dai canonisti fino ai tempi più recenti. Occorre distinguere il concetto di «identità» sessuale di quello di capacità matrimoniale. Nella tradizione canonica, infatti, non si ammettevano le situazioni di ambivalenza sessuale: gli ermafroditi non costituivano una classe speciale, ma venivano considerati come appartenenti a quel sesso al quale più si accostavano. Si dava una certa importanza al concetto di “assegnazione” del sesso. Una volta identificato il sesso della persona le si riconosceva lo «ius connubii» e la presunzione giuridica a favore della capacità. Lo ermafroditismo, cioè, non costituiva nemmeno un impedimento al matrimonio. Ciò non significa che lo fossero sempre capaci al matrimonio: tutto si risolveva nella effettiva potentia coeundi. Se c’era tale capacità ai normali rapporti sessuali, la persona era anche 1
https://www.diritto.it/transessualita-e-diritto-levoluzione-normativa-e-giurisprudenziale-tra-esigenze-diriconoscimento-di-dignita-giuridica-e-profili-di-incompatibilitacostituzionale/#:~:text=L'ordinamento%20italiano%20%C3%A8%20stato,e%20riportato%20nei%20registri%20anagraf ici.
2
capace al matrimonio, altrimenti no. Questa distinzione tra «identità sessuale» e «capacità coniugale» è ancora molto utile. Infine, è anche interessante accennare alla distinzione tra «sesso» e «genere» ciò che è più direttamente collegato agli aspetti biologici della sessualità viene chiamato «realtà del sesso»; invece, la distinzione che poggia più direttamente su elementi sociali e culturali viene denominato «studio del genere». L’identità sessuale ha a che fare con tutti e due i concetti, ma può rendersi utile questa distinzione per individuare ciò che ha carattere naturale di ciò che presenta un’origine culturale. Ci sono infatti degli stereotipi culturali che attribuiscono determinate caratteristiche umane come esclusivamente o preponderantemente maschili o femminili, ma che non appartengono alla «distinzione sessuale», bensì alla distinzione del «genere». Il processo di acquisizione dell’identità sessuale Sono molti i fattori che intervengono nel processo di acquisizione dell’identità sessuale e che danno nome ai cosiddetti tipi di «sesso»: cromosomico, gonadico, ormonale, genitale, neurormonale, psichico, sociale. Nello sviluppo dell’essere umano ci sono «tappe critiche», nelle quali la differenziazione sessuale è particolarmente affidata a uno di questi elementi, più che agli altri. Tutti interagiscono in ogni momento del processo, ma con intensità e modalità differenti. Il sesso genotipico E’ risaputo che i criteri più importanti per la differenziazione sessuale sono i corrispondenti ai fattori cromosomici e gonadici. Essi costituiscono il cosiddetto genotipo. Il difformismo maschile e femminile va in parallelo con l’assetto dei cromosomi XY e XX, per cui si ritiene che una parte importante del messaggio genetico che controlla la differenziazione sessuale sia racchiusa in tali cromosomi. Nel braccio lungo dell’ipsilon ci si trova un gene (TDF) che è determinante della differenziazione mascolina: esso agisce sulla gonade non ancora differenziata, facendo sì che si formino i testicoli (verso il 45°-46° giorno di gestazione); altrimenti, si formerà normalmente l’ovaio verso il 90° giorno della fecondazione. Il sesso cromosomico e quello gonadico vanno solitamente insieme, anche se non è da escludere l’esistenza di agenesia testicolare e ovarica (inesistenza cioè della gonade). Solo dopo la differenziazione della gonade in testicolo o in ovaio, per effetto dell’attività ormonale si produrrà nell’embrione la differenziazione dei dotti genitali (i dotti deferenti, i dotti ejaculatori e l’uretra nel maschio; la vagina, l’utero e le tube nella femmina) e anche un sistema nervoso differenziato. Se il feto si sviluppa come maschio esso è dovuto alla produzione testicolare della testosterona (ormona molto più abbondante nel uomo che nella donna). Un altro effetto delle ormone è la differenziazione sessuale del celebro umano: non è che esistano due sistemi neuronali sesso-dimorfici – uno nel maschio l’altro nella femmina – ma è indubitabile che ci sono delle differenze nel celebro dell’uno e dell’altra, le quali si manifestano innanzitutto nella condotta sessuale. Tra altre, ad esempio, il fatto che l’attività sessuale del maschio sia tendenzialmente stimolata dall’attività visiva. Il sesso fenotipico
3
Per sesso fenotipico si intende la manifestazione esterna della differenziazione sessuale, la quale si rende pienamente evidente a partire della pubertà. Tale differenziazione è ancora realizzata dall’ ormone, anche se adesso esse siano dirette e controllate dal celebro. Il sesso sociale e il sesso psichico Intendiamo per sesso sociale quello che è assegnato o attribuito al neonato e che determinerà successivamente l’atteggiamento dei famigliari e della società nei suoi confronti. «Quando trasmettono la vita al figlio, un nuovo “tu” umano si inserisce nell’orbita del “noi” dei coniugi, una persona che essi chiameranno con un nome nuovo: “nostro figlio…; nostra figlia…”. “Ho acquistato un uomo dal Signore” (Gn 4, 1), diceva Eva, la prima donna della storia: un essere umano, prima atteso per nove mesi e poi “manifestato” ai genitori, ai fratelli e alle sorelle. Il processo del concepimento e dello sviluppo nel grembo materno, del parto, della nascita serve a creare quasi uno spazio adatto perché la nuova creatura possa manifestarsi come “dono”: tale, infatti, essa è sin dal principio» (LF 11). Il neonato non solo è (deve essere) accolto come un dono; va anche accolto come un «tu maschile» o come un «tu femminile». Quando il neonato è presentato ai suoi genitori – ecco tuo figlio…; ecco tua figlia… - non soltanto si sta per concludere la costituzione della relazione paterno-filiale, ma si realizza di pari passo la assegnazione del suo sesso; viene determinato cioè il ruolo sociale che da quel momento svilupperà; sarà vestito con un vestito blu se è bambino o di colore rosa se è bambina. Sarà presentato ai fratelli e alle sorelle, i quali stabiliranno i loro rapporti di fraternità modalizzati a seconda del sesso del nuovo fratellino o della nuova sorellina. Ciò accade con tutta naturalezza in ogni singola cultura, anche se possono esserci delle variazioni. L’assegnazione del sesso dunque è un elemento definitorio dell’identità e si sovrappone a quello biologico (genotipico e fenotipico). Se abbiamo fatto riferimento al sesso sociale prima che a quello psichico è per il fatto – semplice ma molto importante – che questo si costruisce su quello, e non al contrario. Alla base dell’identità psicosessuale ci si trova, infatti, l’educazione ricevuta dal bambino o dalla bambina. Molti dei disturbi dell’identità sessuale hanno come origine una deficiente educazione in famiglia (al solito mancanza del padre). Se a ciò si aggiunge il fatto che non si è ancora dimostrato che l’omosessualità abbia origine biologica o genetica, si capirà che l’identità sessuale è basicamente definita nel momento della nascita, e non si vede per quale motivo si debba considerare tale determinazione iniziale come qualcosa di transitorio e di liberamente modificabile dal soggetto. Siccome adesso stiamo esaminando gli elementi che concorrono all’acquisizione della normale identità sessuale, si rende evidente che nella stragrande maggioranza dei casi l’assegnazione sociale del sesso realizzata sui dati fenotipici (apparenti) del neonato o neonata si corrisponde sia con il sesso genotipico (cromosomico e gonadico) sia con il sesso comportamentale e psichico, i quali saranno da lui sviluppati man mano cresca e maturi del modo armonico. L’identità psicosessuale non è qualcosa di esclusivamente soggettivo, come se si trattasse di un “diritto di scelta”. L’identità non si sceglie. Caso mai si accetta o si rifiuta, ma né l’accettazione “crea” l’identità sessuale è ciò che avviene normalmente nella maggioranza dei soggetti. Il rifiuto di detta identità è sempre un fenomeno patologico e come tale deve essere affrontato dl canonista.
Castagnola, 31.08.2021 4
______________________ Bibliografia: Amato, S., Sessualità e corporeità, I limiti dell’identificazione giuridica, Milano 1985; Castilla, B., La complementariedad varòn-mujer. Nuevas hipòtesis, Madrid 1993; Davanzo, G., Sessualità umana e etica dell’amore, Milano 1986; Lewis, C.S., I quattro amori, Milano 1990.
5