NC Speciale Brand Identity 2011

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Allegato alla rivista NC dicembre-gennaio 2012 n°33 Società Editrice ADC Group

Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano

il giornale della nuova comunicazione


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L è Landor. Il branding da oltre 70 anni. Senza mai ripetersi, perché ogni sfida ha la sua soluzione. Brand Positioning, Brand Architecture, Naming, Corporate Branding, Product Branding, Enviromental Branding, Digital Branding, allineamento della cultura aziendale alla promessa di marca e ai suoi valori. Per innovare, rendere globale e gestire al meglio la vostra marca. Se ha a che fare con il brand, è il nostro lavoro. In 21 città nel mondo. www.landor.com


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MARCHE SULL’ORLO DI UNA CRISI DI IDENTITÀ? In bilico tra mondo online e offline, al costante inseguimento dei gusti e delle esigenze di consumatori sempre più critici e imprevedibili, e assordate da un ‘rumore’ di fondo alimentato dalla frammentazione dei mezzi di comunicazione, le marche appaiono spesso smarrite, indecise, assediate. Ma non tutto è perduto, anzi. I brand possono e devono riconquistare un ruolo strategico facendo leva sulla loro risorsa principale, che consiste nell’essere non semplici ‘marchi’ erogatori di prodotti e servizi facilmente clonabili e riproducibili, ma ‘marche’ dotate di riconoscibilità e unicità. Si tratta di una differenza sostanziale, che rimanda al concetto centrale di ‘brand identity’: solo coloro che si sono dotati di un’identità forte, coerente con gli obiettivi strategici dell’impresa, e portatrice di valori e significati impattanti riescono a farsi largo e primeggiare nel sempre più complesso mercato globalizzato in cui siamo immersi. In questo contesto, la rivista NC Nuova Comunicazione ha deciso di dedicare, per il secondo anno consecutivo, uno Speciale al tema della Brand Identity, per fare il punto sulle tendenze che caratterizzano il settore e definire i principali meccanismi di funzionamento dell’identità di marca. In particolare, in riferimento al rapporto tra brand identity e comunicazione, emerge la forte dipendenza di quest’ultima dalla prima, perché senza un’adeguata e preliminare comprensione dei tratti distintivi della marca, qualsiasi intervento di comunicazione rischierebbe di risultare inefficace, in quanto non coerente con i valori e i significati decisi dalla strategia di identità. Oltre a dar voce ad alcuni dei protagonisti del settore, presenteremo un focus sulle principali classifiche di valutazione delle marche su scala italiana e internazionale, dalle quali si evince - è il segno dei tempi - il primeggiare dei brand tecnologici, da Apple a Google, passando per Ibm e Microsoft; oltre all’intramontabile mito di due brand tradizionali come Coca-Cola e McDonald’s. Menzione d’onore per la ‘mela morsicata’, che, nell’anno della scomparsa del suo fondatore, Steve Jobs, ha definitivamente consacrato la sua leadership mondiale grazie ad alcuni prodotti, soprattutto gli iPhone e gli iPad, ormai diventati veri e propri oggetti del desiderio. In particolare, prenderemo in considerazione l’indagine BrandZ, realizzata da Millward Brown Optimor, che combina i dati finanziari delle aziende con le percezioni che i consumatori hanno dei brand, per mettere in luce le 100 marche mondiali a maggior valore. Ci concentreremo sul Brand Asset Valuator (Bav) dell’agenzia Y&R Brands, che anziché fotografare il presente, prova a leggere nel futuro, individuando i brand con le ‘gambe più lunghe’, ossia dotati di maggiori capacità di crescita. E infine, ci dedicheremo allo studio Best Global Brands, curato da Interbrand, che identifica le 100 marche globali a maggiore valore economico. Buona lettura e buon 2012. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group

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Roma, 9 luglio 2009

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SCENARIO

I PLAYER

di Mario Garaffa

di Marina Bellantoni

06_PERSONALITÀ, MOTORE DELLA MARCA

22_ARTEFICE

30_LANDOR

LA STRATEGIA DEL FARE

UNA GUIDA PER LA MARCA

09_RIFONDARE IL BRAND CON IL RELOADING

24_BRUNAZZI&ASSOCIATI

32_MAD

IO PENSO CREATIVO

PASSIONE PRAGMATICA

12_MILLWARD BROWN_ APPLE SCALZA GOOGLE DAL TETTO DEL MONDO

26_FUTURE BRAND

34_RBA DESIGN

MARCHE A PROVA DI FUTURO

VITAMINA PER IL BRAND

28_GRAMMA

36_UNIVISUAL

15_INTERBRAND_ COCA-COLA INSEGUITA DA IBM E MICROSOFT

UN’AGENZIA CON UN’ANIMA. ANZI, DUE

IDENTITÀ DI SUCCESSO

18_Y&R BRANDS_ MTV E DUREX, BRAND CON LE GAMBE LUNGHE

DIRETTORE RESPONSABILE

ACCOUNT MANAGER

COORDINAMENTO EDITORIALE

Alessandra Cellina alessandra.cellina@adcgroup.it Elisabetta Zarone elisabetta.zarone@adcgroup.it Andrea Gervasi andrea.gervasi@adcgroup.it (Roma)

Salvatore Sagone salvatore.sagone@adcgroup.it Marina Bellantoni marina.bellantoni@adcgroup.it

ABBONAMENTI Nunzia De Nuccio abbonamenti@adcgroup.it

REDAZIONE

Mario Garaffa mario.garaffa@adcgroup.it

MARKETING E COMUNICAZIONE marketing@adcgroup.it

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Francesca Chittaro francesca.chittaro@adcgroup.it PERIODICO MENSILE

ART DIRECTION E REALIZZAZIONE

allegato al n° 33 dic-gen 2012 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007

Marzia Bevilacqua marzia@be-studio.it

SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srl presidente: SALVATORE SAGONE; amm. delegato: GIULIO BORTOLUSSI Red. e pubbl.: via Fra Luca Pacioli, 3 - 20144 Milano tel: +39 02 83102315/6 fax: +39 02 36592735 info@adcgroup.it Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano NC© Copyright 2012 ADC Group srl

DIRETTORE COMMERCIALE

Maria Cristina Concari cristina.concari@adcgroup.it

ACCOUNT DIRECTOR

Andrea Parmigiani andrea.parmigiani@adcgroup.it

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA Lasergrafica Polver via Kramer, 17/19 - 20129 Milano Finito di stampare nel mese di gennaio 2012 Progetto grafico: Davide Lopopolo

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DI MARIO GARAFFA

PERSONALITÀ, MOTORE DELLA MARCA PER IL SECONDO ANNO CONSECUTIVO, LA RIVISTA NC SI CONCENTRA SUL TEMA DELLA BRAND IDENTITY CON UNO SPECIALE, CHE INTENDE FARE IL PUNTO SULLE PRINCIPALI TENDENZE CHE CARATTERIZZANO IL SETTORE. PARTIREMO DA UNA DEFINIZIONE DEI MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DELL’IDENTITÀ DI MARCA PER POI ALLARGARE IL DISCORSO AL BRANDING E ALLE SUE DINAMICHE. SENZA TRASCURARE UN FOCUS SULLE PRINCIPALI CLASSIFICHE DI VALUTAZIONE DELLE MARCHE SU SCALA ITALIANA E INTERNAZIONALE.

Il primo prodotto da vendere è la propria marca. Solo attraverso un brand forte, con il suo portato di valori e significati ben riconoscibili, è possibile distinguersi in un panorama caratterizzato dalla molteplicità dei concorrenti e dalla frammentazione dei mezzi di comunicazione. Per ottenere questo risultato differenziante, occorre dotarsi di una solida brand identity, che come ricorda Gaetano Grizzanti, docente di branding dal 1988 e autore del libro Brand Identikit (Fausto Lupetti editore, 2011), nonché fondatore e titolare dello studio di consulenza Univisual, rimanda proprio a “quell’insieme di codici visuali, testuali e verbali che, coerentemente con gli obiettivi strategici, hanno il compito di rendere riconoscibile l’emittente e di costruire una memorizzazione differenziante”. Questa definizione aiuta a comprendere come la brand identity, più che una questione di comunicazione, sia qualcosa che attiene al business dell’azienda. “Troppo spesso - precisa Grizzanti -, la brand identity è associata all’esigenza di promuovere l’immagine finale che l’azienda vorrebbe proiettare sul mercato, ma è un errore, perché la brand identity non va confusa con la pub-

blicità”, è dotata di una sua autonomia disciplinare, e in quanto tale va innestata strategicamente, ossia deve nascere dall’idea di business che muove l’impresa, per poi svi-

lupparsi con coerenza rispetto a tutto ciò che la marca intende dichiarare al mercato e ai propri clienti. Branding, leva competitiva per differenziarsi Per comprendere appieno l’importanza della brand identity nel determinare il successo o il fallimento di una marca, è utile partire da una considerazione di carattere generale: nel mondo globale in cui viviamo, quasi tutti i principali beni e prodotti di consumo sono facilmente clonabili e riproducibili, e sempre più raramente costituiscono il reale elemento di differenziazione competitiva nel mercato delle imprese. Per intenderci, non compriamo una certa automobile solo perché è un mezzo di trasporto, o un determinato cibo solamente per nutrirci, o ancora un abito per proteggerci dal freddo, li scegliamo per quello che rappresentano, per i valori e i significati di cui sono portatori. Tuttavia, dato che ogni settore merceologico è caratterizzato da una sostanziale omologazione dell’offerta, ecco che allora la principale partita per conquistare il consumatore la si gioca sul ter-

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reno della marca, intesa, seguendo la definizione di Grizzanti, “come quell’entità concettuale che, presidiando il territorio mentale degli individui, evoca un insieme di valori predefiniti, definendo così il posizionamento sul mercato”. In quest’ottica, emerge con evidenza il valore strategico del branding inteso, “oltre che come disciplina preposta alla creazione e costruzione del brand, anche come approccio di business al mercato, basato su una strategia orientata a vendere una marca, e non solo il prodotto”. Dunque il branding si configura come “la leva competitiva capace di consentire la costruzione di una proposta unica”, questa sì, a differenza dei prodotti, difficilmente duplicabile: si pensi, per esempio, al valore aggiunto che generalmente il consumatore attribuisce all’iPod della Apple, rispetto agli altri mp3 in circolazione. Ecco che allora il branding va a configurare un modo particolare di fare business in cui si valorizza la centralità del brand come asset strategico dell’impresa, delineando il modo in cui l’azienda si organizza e si propone sul mercato. Brand identity, bussola della comunicazione Se tuttavia è vero che la brand identity non va confusa con la comunicazione, perché deve dispiegarsi ‘a monte’ insieme all’idea di business, nel rapporto con variabili fondamentali come lo scenario di mercato e il panorama competitivo in cui si trova l’azienda, è anche vero che il legame con la dimensione della comunicazione è molto forte. Perché quest’ultima è fortemente influenzata dall’identità della marca. In particolare, senza un’adeguata e preliminare definizione e comprensione dei tratti distintivi della marca per studiare una brand identity, qualsiasi successiva azione di comunicazione rischierebbe di perdere inesorabilmente di efficacia, risultando non coerente con i valori e i significati decisi dalla strategia di identità. Di conseguenza, è quindi assodato che la pubblicità e tutte le altre forme di comunicazione debbano essere coerenti con i principali ‘codici visivi’, caratterizzati da specifici colori, un certa iconografia o un carattere tipografico, i ‘codici te-

stuali’, come un nome, un payoff o un messaggio da trasmettere, e i ‘codici evocativi’, che rimandano a un mondo metaforico da trasmettere e alle sensazioni da comunicare. Altrimenti, se così non fosse, si rischierebbe di ridurre il valore performante della comunicazione attivata, e in ultima analisi, di sprecare il budget investito. In questo discorso, ogni forma di comunicazione dovebbe essere un’espressione di brand communication, ossia un’iniziativa focalizzata non tanto e non solo sui prodotti e sui servizi dell’azienda, ma impegnata nel comunicare la marca stessa, con il suo imprescindibile bagaglio identitario. “Troppo spesso - aggiunge Grizzanti - sen-

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tiamo distinguere tra comunicazione di prodotto e comunicazione istituzionale, mentre la comunicazione di marca ha un valore trasversale e dovrebbe permeare ogni forma di comunicazione attivata”. Ma attenzione, molto spesso, si tende a ridurre la brand identity all’identità visiva della marca, compiendo un sottile errore di semplificazione: perché l’identità della marca non è data solo da ‘ciò che si vede’, ossia dal brand design, ma anche da ‘ciò che si legge’ e da ‘ciò che si sente’. “Troppe volte - precisa Grizzanti - le aziende si rivolgono alle agenzie del nostro settore solo per la scelta del logo, del carattere tipografico, dell’identità cromatica e del sistema icono-


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grafico, ma la brand identity non è riassumibile solo in questi output di carattere estetico, c’è anche una componente culturale, strategica, non visibile, psicologica ma determinante, che definisce l’ossatura e la grammatica del progetto di brand identity”. Il patrimonio valoriale della marca e il punto di vista dei consumatori Altro tassello fondamentale da prendere in considerazione per comprendere le dinamiche del branding è sicuramente la brand equity, che possiamo tradurre come il patrimonio valoriale della marca e che rappresenta l’insieme dei valori di cui la marca decide di farsi portatrice. In particolare, sulla scia delle definizioni di Grizzanti, la brand equity “rappresenta l’insieme dei valori distintivi e differenzianti con cui una marca presidia il territorio mentale dell’individuo, grazie ai quali si pone e compete sul mercato”. Diventando dunque l’anello fondante di una moderna strategia di business. In altre parole, precisa Grizzanti, la brand equity è tutto ciò che si dovrebbe raccontare al pubblico se “al momento di promuovere un prodotto non ci fosse consentito di dire nulla relativamente al prodotto stesso”.

Da non trascurare è anche la brand image, che corrispondendo a ciò che i consumatori pensano di una certa marca, è la variabile fondamentale da prendere in considerazione quando si interviene sulla brand identity di una marca già esistente. È infatti evidente che la rilevazione di forti incongruenze tra la brand image percepita dai consumatori e la brand identity emessa dall’azienda starebbe a indicare la presenza di problemi ed errori strutturali, da correggere con un’adeguata operazione di rimodulazione della brand identity, che dovrebbe coinvolgere tutto il management aziendale e non solo il reparto del marketing, come capita di solito. L’approccio etico? Una necessità, ma serve coerenza Infine, un tema sempre più centrale, che influenza le pratiche di costruzione e rimodulazione della brand identity è quello degli aspetti etici. Oggi, grazie alle trasformazioni prodotte da internet e dai social media, le aziende si trovano nella condizione di aver perso il monopolio del controllo del processo di comunicazione. In un contesto in cui i riceventi sono diventati anche gli emittenti dei messaggi e dei contenuti in-

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formativi, le marche si trovano a essere sotto costante osservazione e valutazione. Ciò significa che se un brand fa qualcosa di scorretto, finisce con l’esporsi a critiche pubbliche e collettive con molta più facilità rispetto a quanto avvenisse in passato. E allora, come comportarsi? La prima regola da seguire è fuggire l’improvvisazione, nel senso che gli approcci etici devono svilupparsi con coerenza rispetto alla cultura e all’identità della marca. “La sfida più difficile e importante - aggiunge Grizzanti - è proprio quella di riuscire a infondere i valori etici, della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale già nella brand identity della marca. Dunque, definire una brand equity e una strategia di identità in cui l’approccio etico sia parte integrante e strutturale dell’identità della marca” e non una mera azione estemporanea, come per esempio la casuale partecipazione a qualche iniziativa di beneficienza, che rischierebbe di essere interpretata dai consumatori come non credibile, perché non coerente con nc l’identità fondante della marca.

Le immagini a corredo di questo articolo sono tratte dal libro 'Brand Identikit' (Fausto Lupetti Editore, 2011).


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RIFONDARE IL BRAND CON IL RELOADING IN BILICO TRA MONDO ONLINE E OFFLINE, E AL COSTANTE INSEGUIMENTO DELLE ESIGENZE DI CONSUMATORI SEMPRE PIÙ IMPREVEDIBILI, CRITICI E VOLUBILI, IL CONCETTO DI BRANDING SI TROVA OGGI SULL’ORLO DI UNA CRISI D’IDENTITÀ. PER USCIRE DALL’IMPASSE OCCORRE ATTIVARE UN APPROCCIO INNOVATIVO, IL BRAND RELOADING, PER DIRLA CON PATRIZIA MUSSO, DOCENTE PRESSO L’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO. OSSIA UNA METODOLOGIA CHE POSSA RIBALTARE LO SGUARDO TRADIZIONALE SULLA MARCA.

L’Italia è il Paese dei testimonial pubblicitari. Putroppo, verrebbe da aggiungere. Dai tempi di Carosello a oggi è stato un continuo susseguirsi di volti noti, nazionali e internazionali, attinti dai più diversi ambiti, utilizzati, con alterni successi, come portavoce di credibilità e talvolta anche di coerenza. Ma oggi il meccanismo appare logorato. Ad affermarlo è Patrizia Musso, docente presso l’Università Cattolica di Milano e direttrice Brandforum.it, osservatorio culturale sul branding, perché i cittadini sono sempre più disincantati, critici e i “personaggi famosi sempre più faticosamente calabili nel ruolo di garanti, per via del loro eccessivo divismo mass mediale, che li fa vivere apparentemente solo all’interno dello schermo televisivo”.

Le aziende hanno quindi necessità di ritarare le soluzioni comunicative utilizzate fino a qualche anno fa. “A questo proposito, trovo particolarmente interessante l’utilizzo di testimonial provenienti dal mondo degli sport ‘minori’, penso a volti nuovi, poco noti al grande pubblico, come Giuliano Razzoli (campione olimpico di Slalom Speciale a Vancouver 2010, ndr) per Parmigiano Reggiano, o alle campionesse, rispettivamente di canoa e di windsurf, Josefa Idem e Alessandra Sensini (per Kinder, ndr). Tutti eroi positivi, poco esposti a livello mediatico, almeno in questa fase iniziale della loro ‘vita pubblicitaria’, legati in modo trasparente ai sani valori dello sport. Un aspetto etico significativo, che può diventare una vera e propria linea guida delle strategie di brand communication, aprendo la strada a una nuova generazione di garanti: i testimonial 3.0”. In questo ambito spiccano i cosiddetti divulgatori o ‘glass adv’, come preferisce chiamarli la Musso, cioè persone comuni (non attori) che testimoniano, dichiarando il proprio nome e cognome, circa l’efficacia di un prodotto (molto usati nel settore do-

Patrizia Musso, docente presso l’Università Cattolica di Milano e direttore Brandforum.it

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mestico, dai detersivi ai profumatori per ambiente), ripresi spesso con la modalità della ‘camera nascosta’, proprio per accrescere l’effetto credibilità della loro testimonianza. Il branding sull’orlo di una crisi di identità La crisi di credibilità che colpisce i testimonial tradizionali ha in realtà radici profonde, che mettono in crisi il concetto stesso di branding, che si trova, per dirla alla Musso, “sull’orlo di una crisi di identità”. Dai numerosi casi, sia nazionali sia internazionali, analizzati nel volume Brand Reloading (FrancoAngeli, 2011), emerge come le cause di questa crisi siano legate a doppio filo alla forte metamorfosi dei consumatori e dei media, che incidono pesantemente sulle regole consuete del ‘gioco comunicativo’. “Se è vero - commenta Musso -, che già da qualche anno il pubblico dei consumatori è più critico e attento, oggi l’utilizzo diffuso dei sistemi online amplia questa dimensione. Il brand ha quindi di fronte a sé uno scenario nuovo, reso ancora più complesso dalla crescente ‘logica co-creativa’, secondo cui tutti vogliono dire la loro e partecipare alla vita del brand, rischiando però di minare con tale ‘saggezza collettiva’ gli sforzi comunicativi delle marche.

Senza contare che i consumatori possono gradatamente sentirsi più autonomi e indipendenti dai tempi e dalle logiche della brand communication, guardando, per esempio, uno spot dove e quando vogliono, indipendentemente dalla sua pianificazione televisiva”. In questo scenario, i confini del brand si fanno inevitabilmente più labili e la sua gestione più complessa. Brand reloading, approccio innovativo per ripensare le logiche di branding Il brand deve trovare un modo per reagire al cambiamento in atto. “Lo scenario che abbiamo delineato - evidenzia la Musso - potrebbe apparentemente causare il ‘blocco’ del brand, perché una marca ‘di tutti’ rischia di essere ‘di nessuno’. Allora anziché presidiare logiche desuete, ormai non più efficaci, il brand deve rilanciarsi attraverso il reloading, ovvero ricaricando tutti i suoi strumenti e le sue strategie per andare il più possibile incontro al nuovo scenario, senza snaturarsi”. Il caso di reloading per eccellenza è sicuramente quello delle strategie di marca, che si determina attraverso uno spostamento delle logiche da un approccio ‘intermediale’, in cui lo stesso messaggio è veicolato su più mezzi, a un approccio ‘transmediale’, caratterizzato da blocchi

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La piattaforma digitale ‘Nel Mulino che vorrei’ è un efficace esempio di laboratorio online dove l’impresa sta in ascolto delle idee innovative proposte dal pubblico su prodotti, pack e comunicazione

di contenuti ‘su misura’ trasmessi in parallelo su più mezzi. “È il caso - cita Musso a titolo di esempio - della campagna Sky del febbraio 2011, che ha visto nascere online, a fianco degli spot tv, formati e montaggi inediti, oltre a soluzioni studiate ad hoc per i social network”. Siamo ormai di fronte a un flusso di messaggi che nascono offline per vivere anche online e viceversa, che vengono prodotti dai brand, ma che inevitabilmente finiscono col mescolarsi con la creatività collettiva. Emblematico, a questo proposito, il fenomeno dei tanti spot tv caricati spontaneamente dal pubblico su YouTube, ma anche dei canali brandizzati che stanno sorgendo online. “La linea guida - afferma Musso - consiste allora nell’essere pronti e aperti a un nuovo approccio alla pianificazione, un vero e proprio reloading in cui le campagne vanno ideate, pensate e gestite secondo una logica di flusso transmediale. La semplice comunicazione integrata rischia di essere obsoleta”.


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In un contesto in cui gli utenti sono sempre più indipendenti dai tempi e dalle logiche della pubblicità televisiva, perché, per esempio, possono guardare uno spot dove e quando vogliono, i confini della marca si fanno più labili e la sua gestione più complessa

pubblicate in parte nel volume Internal branding (edito da FrancoAngeli, ndr) emerge come le imprese debbano cogliere il vantaggio competitivo dell’‘essere brand’ non solo davanti agli occhi dei consumatori, ma anche di fronte a quelli dei propri dipendenti, per fornire nuova vita al brand e alla sua identità”. Infine, uno degli ambiti da non trascurare perché palcoscenico privilegiato delle manifestazioni dell’identità di marca è sicuramente il punto vendita.

I confini sfumati di identità e immagine Nell’approccio portato avanti dalla Musso, l’avanzata della comunicazione digitale porta con sé un progressivo sfumarsi dei confini fra identità e immagine. Emblematico, da questo punto di vista,

l’esempio della piattaforma digitale ‘Nel Mulino che vorrei’, un laboratorio online dove l’impresa sta in ascolto di idee innovative proposte dal pubblico su prodotti, pack e comunicazione, e in cui il brand sembra come dotato di vita propria, perché sottratto al controllo esclusivo dell’impresa, superando il paradigma classico della brand identity. “Questo ci dice - commenta Musso - che è ormai necessario ripensare il concetto stesso di brand, con effetti anche sulla sua equity, intesa quale valore non solo simbolico ma economico. In una serie di indagini che sto portando avanti dal 2007,

Dipendenti che si mettono in gioco e diventano i primi evangelizzatori del messaggio di marca. Questa è la linea seguita da Vivigas, con l’assistenza dell’agenzia Lgm

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Punto vendita, portavoce dell’identità di marca Nel corso degli ultimi anni, i luoghi d’acquisto e più in generale tutti quegli spazi attraverso cui la marca si esprime hanno acquisito nuova centralità all’interno delle strategie di marketing mix. “L’idea - precisa Musso - è che il negozio sia un portavoce dell’identità di marca: suoni, luci, colori, forme, materiali, espositori sono tutti elementi che concorrono a raccontare il mondo del brand di riferimento, dall’ingresso in poi. Alla logica del bel negozio si sostituisce quindi quella dello ‘spazio parlante’”. La vera sfida di oggi è poi quella di avere a disposizione dei luoghi di distribuzione fisica dei prodotti che non siano solo coerenti con l’immaginario della marca e con la sua identity, ma che sappiano anche coinvolgere i consumatori attivando una dimensione dialogica, sfruttando anche le nuove tecnologie, a cominciare, per esempio, dal digital signage, che, non a caso, sta incrementando la sua diffusione all’internc no dei punti vendita.


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APPLE SCALZA GOOGLE DAL TETTO DEL MONDO DOPO QUATTRO ANNI DI PRIMATO, GOOGLE LASCIA AD APPLE IL GRADINO PIÙ ALTO DEL BRANDZ TOP 100, LA CLASSIFICA MONDIALE DELLE MARCHE A MAGGIOR VALORE REALIZZATA DA MILLWARD BROWN OPTIMOR, OTTENUTA COMBINANDO I DATI FINANZIARI DELLE AZIENDE CON LE PERCEZIONI CHE I CONSUMATORI HANNO DEI BRAND. NEL COMPLESSO, PRIMEGGIANO I MARCHI TECNOLOGICI, CHE RAPPRESENTANO UN TERZO DELL’INTERA CLASSIFICA, E CRESCONO QUELLI DELL’AREA BRIC (BRASILE, RUSSIA, INDIA E CINA).

Non si può far altro che inchinarsi. Nell’anno della scomparsa del suo fondatore e nel momento in cui i suoi prodotti, soprattutto gli iPhone e gli iPad, sono diventati veri e propri oggetti del desiderio, dotati di un valore aggiunto che nessun altro smartphone o tablet in circolazione sembra in grado di garantire, il brand più hungry e foolish del pianeta non poteva che essere Apple. La mela morsicata è infatti diventata nel 2011 la marca a maggior valore al mondo. A dircelo è la sesta edizione della classifica sui più importanti marchi globali denominata ‘BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands’, realizzata da Millward Brown Optimor, società del gruppo Wpp.

Con un valore di marca di 153,285 miliardi di dollari (+859% rispetto al 2006 e +84% sul 2010), Apple è salita di due posizioni nella classifica, passando dal terzo al primo posto. Il produttore di smartphone, tablet e computer interrompe così il dominio di Google, che era in vetta al ranking da ormai quattro anni, e che ora si piazza al secondo posto della classifica mondiale, con 111,498 miliardi di dollari e con il -2% rispetto al 2010. Ne parliamo con Luca Belloni, amministratore delegato Millward Brown Italia. Quali sono le principali tendenze emerse dall’edizione 2011 dell’indagine BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands? A livello generale la classifica ha messo in evidenza alcuni macro trend. Tra questi il principale è la prevalenza dei marchi tecnologici, che insieme costituiscono circa un terzo del valore dei 100 top brand. Un’altra tendenza molto significativa è l’ascesa dei marchi dell’area Bric (Brasile, Russia, India e Cina, ndr), che nel-

Luca Belloni, amministratore delegato Millward Brown Italia

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La classifica mondiale delle marche a maggior valore

Fonte: BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands 2011, Millward Brown Optimor

l’edizione di quest’anno arrivano a essere ben 19, contro i due del 2006 e i 13 del 2010. Non si difendono male neanche i brand del settore lusso, che hanno incrementato il loro valore, beneficiando del crescente potere di acquisto e della domanda di prodotti a elevata fascia di prezzo proprio dei paesi emergenti. Infine, occorre segnalare che in questo scenario generale caratterizzato dal mutamento dell’area geografica di provenienza dei principali brand e dalla crescente ‘invasione’ della teconologia nella vita comune delle persone, vi è ancora lo spazio per alcuni brand storici operanti in settori più tradizionali.

La classifica di quest’anno, si diceva, è guidata da Apple, che scavalca Google. Quali sono le ragioni dell’exploit della prima (+84%) e del leggero calo della seconda (-2%)? Apple ha capitalizzato il proprio successo in riferimento alla sua innovativa gamma di prodotti: l’iPhone ha completato il percorso di conquista del mercato degli smartphone premium, mentre i primi due anni di vita dell’iPad sono stati un successo planetario senza precedenti. Per quanto riguarda Google parliamo di una flessione di appena il 2% dopo quattro anni di primato nella classifica. Come spiega la dominanza dei marchi

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Apple guida la classifica mondiale con un valore di 153,3 miliardi di dollari (+859% rispetto al 2006 e +84% sul 2010). Al secondo e terzo posto altri due brand del settore tecnologico: Google e Ibm

appartenenti al settore tecnologico, da Ibm ad Amazon, passando per Facebook, che si affaccia per la prima volta in classifica, collocandosi al 35esimo posto? Negli ultimi anni la tecnologia e le telecomunicazioni sono diventati i motori dell’innovazione, conquistando un ruolo sempre più ‘normale’ e quotidiano nella vita delle imprese e dei cittadini. Ne sono prova la crescita di Ibm dovuta alla continua informatizzazione dei processi e sistemi aziendali e l’ascesa del fenomeno dell’e-commerce, di cui Amazon è tra i brand più importanti. Quanto al fenomeno dei social media, c’è da dire che Facebook, con i suoi oltre 700 milioni di utenti nel mondo, ha intercettato un bisogno di socialità che la società moderna tendeva a reprimere. L’incontro tra tecnologia e bisogni primari ha creato un mix esplosivo. Si consolida tuttavia anche il ruolo di alcuni brand tradizionali, come McDonald’s e Coca-Cola... Coca Cola e McDonald’s emergono ancora come marchi globali con una storia di oltre 50 anni. Leadership, strategia e tattica a parte, ciò che accomuna queste aziende è l’utilizzo del brand come leva strategica per rimanere rilevanti agli occhi dei consumatori e guidare il successo del business a livello globale. McDonald’s, in particolare, ha saputo rigenerare la sua immagine inserendo nella propria offerta prodotti più sani ed equilibrati, e spingendo su menu molto economici per contrastare la crisi.


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La classifica mondiale delle marche a maggior valore

Da segnalare l’ascesa delle marche dell’area Bric (Brasile, Russia, India e Cina), che nell’edizione di quest’anno arrivano a essere ben 19, contro le 2 del 2006 e le 13 del 2010

no tutti quelli che lavorano nella direzione di saper creare, mantenere e sviluppare una relazione autentica con il consumatore, a cominciare dagli elementi di leadership, posizionamento ed esperienza, che ne costituiscono le fondamenta.

Fonte: BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands 2011, Millward Brown Optimor

Oltre al valore economico, l’indagine tiene conto anche delle percezioni che i consumatori hanno dei brand... Sì, perché il valore di un brand non è riconducibile solo ai suoi dati economicofinanziari, ma anche all’insieme di associazioni tangibili e intangibili che vengono attribuite dai consumatori. Lo studio globale BrandZ, basato su interviste a oltre 1,5 milioni di consumatori in tutto il mondo, tiene conto della percezione che essi hanno delle marche, contribuendo a una valutazione più completa dell’equity. Un’immagine forte influenza le scelte al momento dell’acquisto e conseguentemente contribuisce alla costruzione del valore finanziario di un brand.

La brand identity influenza il posizionamento dei marchi in classifica? Sì, molti dei principali marchi presenti nella classifica sono caratterizzati da una notevole capacità di creare una relazione e di differenziarsi non solo sul piano dell’offerta tangibile, ma anche e soprattutto sul piano dell’intangibile, ossia attraverso brand in grado di dialogare con l’utente finale e di offrirgli la possibilità di manifestare, con il semplice possesso di un bene o l’utilizzo di un servizio, la propria identità. Quali sono gli elementi fondamentali di una corretta operazione di brand identity? Gli aspetti chiave della brand identity so-

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I risultati dell’indagine confermano il valore del brand come elemento strategico per un business di successo? Il brand rimane un asset strategico di enorme importanza per le aziende. Nel corso degli anni la classifica ha costantemente dimostrato che i brand più forti, seppure non immuni dalle vicessitudini dei mercati, sono più protetti, preparati e resistenti, e dunque dotati di maggiori risorse per far fronte alle sfide più complesse. Il valore aggregato di tutti i brand della classifica è salito del 64% dal 2006 a oggi. I primi 100 brand al mondo hanno sempre avuto un andamento superiore alla media del mercato. I manager delle aziende devono quindi fare leva sul marchio per consolidare e accrescere il proprio business. Quali caratteristiche devono possedere i brand per adattarsi al clima di incertezza che caratterizza i mercati globali per effetto della crisi economica? Le regole per avere successo sono sempre le stesse in qualsiasi condizione economica e finanziaria. Occorre avere forti basics, essere leader, che non risiede nell’essere ‘i più grandi’, ma nella capacità di essere innovati e rilevanti, avere un posizionamento chiaro e coerente, e ovviamente saper esplicitare una grande esperienza di consumo. nc


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COCA-COLA INSEGUITA DA IBM E MICROSOFT PIÙ DI UNA VITTORIA, QUELLA DI COCA-COLA È LA CONFERMA DI UNA LEADERSHIP INDISCUSSA, VISTO CHE PER IL 12ESIMO ANNO CONSECUTIVO CONQUISTA IL PRIMO POSTO DELLA BEST GLOBAL BRANDS, LA CLASSIFICA DELLE 100 MARCHE GLOBALI A MAGGIORE VALORE ECONOMICO STILATA OGNI ANNO DA INTERBRAND, SOCIETÀ INTERNAZIONALE DI BRAND CONSULTANCY. DIETRO AL COLOSSO DI ATLANTA SI POSIZIONANO IBM E MICROSOFT. LA MIGLIORE PERFORMANCE È QUELLA DI APPLE, CHE CRESCE DEL 58% ED ENTRA NELLA TOP 10.

Con un valore del brand pari a circa 71,8 miliardi di dollari, in crescita del 2% rispetto allo scorso, Coca-Cola si riconferma, per il dodicesimo anno consecutivo, sul gradino più alto del podio della Best Global Brands, la classifica delle 100 marche globali a maggiore valore economico stilata ogni anno dalla società internazionale di brand consultancy, Interbrand. Sui gradini minori, rispettivamente al secondo e al terzo posto, salgono nuovamente Ibm (69,905 miliardi di dollari) e Microsoft (59,087 mi-

liardi di dollari), che si trovano nella medesima posizione dal 2008, quando BigBlue ha superato il colosso di Bill Gates. Seguono nella top 10 in ordine Google 55,3 miliardi di dollari, GE 42,808 mld, McDonald’s 35,593 mld, Intel 35,217 mld, Apple 33,492 mld, Disney 29,018 mld e HewlettPackard 28,479 mld. Menzione d’onore per Apple (+58%), Amazon.com (+32%), Google (+27%), Samsung (20%) e Burberry (+20%), che hanno registrato le migliori performance dell’anno. Mentre Nokia

(-15%), Nintendo, (-14%), Sony (-13%), Yahoo! (-11%) e Dell (-6%) registrano le performance annuali peggiori. “L’instabilità dei mercati e il clima di incertezza che hanno caratterizzato il 2011 han-

Coca-Cola si conferma, per il dodicesimo anno consecutivo, sul gradino più alto del podio della Best Global Brands, con un valore del brand di 71,8 miliardi di dollari, in crescita del 2% rispetto al 2010

Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

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Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

no spinto i brand ad adattarsi a una nuova realtà - commenta Manfredi Ricca, managing director Interbrand -. L’incertezza è il nuovo status quo. Oggi, i brand devono necessariamente essere veloci e agili, senza però trascurare fattori importanti come la coerenza, la rilevanza e l’autenticità rispetto al proprio dna. In un mondo che si muove a velocità vertiginosa, il brand è uno dei più potenti catalizzatori di cambiamento, sia sul mercato sia all’interno delle organizzazioni”. La classifica Best Global Brands viene stilata annualmente da Interbrand e si basa su una metodologia certificata Iso, che analizza tre aspetti fondamentali: la performance economica dei prodotti o servizi che il brand contraddistingue, il ruolo del brand nel processo di decisione d’acquisto, e la forza del brand nel continuare a generare margini per l’azienda. “Nella valutazione del brand - spiega Ricca - anche la band identity gioca un ruolo cruciale, in quanto, se ben gestita, è la chiave per costruire un’esperienza unica attraverso tutti i touchpoint. È attraverso la brand identity che la filosofia dell’organizzazione viene espressa, permettendo a quest’ultima di influenzare percezioni e, quindi, comportamenti, generando domanda”.

In sostanza, il brand rimane un asset strategico fondamentale attorno al quale costruire un business di successo. “I brand precisa Ricca - non si creano, si costruiscono nel tempo attraverso i prodotti e i servizi, la comunicazione, le persone, i comportamenti e i canali distributivi. Spesso si pensa che il proverbiale cambio di logo coincida con un cambio di identità. Ma è un errore. La differenza la fa quello che accade all’interno dell’organizzazione: i brand vivono di persone e se il cambiamento non le coinvolge in modo profondo, si arresta molto rapidamente”. La ricetta segreta di Coca-Cola Tornando a Coca-Cola, le ragioni del successo del colosso di Atlanta, che ha accresciuto il valore del proprio brand costantemente negli ultimi 12 anni, sono da ricondurre all’intelligenza e alla preparazione di un management che ha saputo cogliere in anticipo i segnali del mercato. A cominciare dalla cresente preoccupazione per una dieta equilibrata, riuscendo ad adattare le proprie strategie senza diluire i valori alla base del brand. “One-size-does-not-fit-all sembra essere il riconoscimento alla base della sua strategia - aggiunge Ricca-.

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Veri protagonisti della classifica 2011 sono i brand tecnologici. Appartengono a tale categoria ben sette dei dieci top brand (Ibm, Microsoft, Google, GE, Intel, Apple e Hewlett-Packard)

Lo ha dimostrato periodicamente, per esempio con l’introduzione di nuovi prodotti come la Light e la Zero, ma anche attraverso campagne di comunicazione mirate. Infine, in un’epoca in cui, nonostante la crisi, non si parla solo di prezzo, ma sempre più di valore per il consumatore, Coca-Cola ha saputo mantenere la leadership anche grazie a una gestione coerente e pervasiva del brand”. La scalata di Apple La migliore scalata, come si diceva, è tuttavia quella di Apple, che entra per la prima volta nella top 10 e registra una crescita in valore del 58%, arrivando a valere circa 33,5 miliardi di dollari. In realtà, è dal lontano 2004 che la mela morsicata registra, ogni anno, una percentuale di crescita del valore del brand a doppia cifra. “Su una strada lastricata di prodotti di successo, partendo dal Mac fino all’iPad, Apple commenta Ricca - è stato un esempio di


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Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

eccellenza nella gestione del brand. Nel 2001, anno della prima classifica Interbrand, Apple registrava un valore di 5,464 miliardi di dollari. In dodici anni ha quintuplicato il proprio valore: risultato ottenuto grazie a una strategia di assoluta coerenza tra comunicazione, prodotto e canali, che le ha permesso di far fronte anche agli ‘scivoloni tecnologici’ di alcuni prodotti. Oggi, è impossibile pensare ad altri brand in grado di suscitare lo stesso grado di attenzione e desiderabilità verso i propri prodotti. La vera scommessa, ovviamente, consisterà nel mantenimento di questa unicità senza Steve Jobs. Paradossalmente, il giudizio definitivo sul suo operato passerà anche dalla capacità di Apple di sopravvivergli”. Il digitale insegue Coca-Cola Non solo Apple, i veri protagonisti della classifica 2011 sono i brand tecnologici, dato che appartengono a tale categoria ben sette dei dieci top brand (Ibm, Microsoft, Google, GE, Intel, Apple e HewlettPackard), e quattro dei cinque con la migliore performance di crescita (Apple, Amazon.com, Google e Samsung). “I brand del mercato Ict - precisa Ricca -

hanno dato l’ennesima prova di una maggiore resistenza ai mutamenti economici e hanno dimostrato di saper gestire in modo coerente ed efficiente il loro principale asset: il brand. Oggi, chi vede il brand come una sottocategoria del marketing o, addirittura, della comunicazione, ha poche speranze di successo, e, forse, di sopravvivenza. Casi come quelli di Google, Apple e Samsung mostrano chiaramente come il brand sia il fil rouge che unisce prodotto, comunicazione, canali, comportamenti, rappresentando l’asset principale dell’organizzazione”. Un discorso a parte lo merita Google, che ha fatto il suo ingresso nella Best Global Brands nel 2005 con un valore di 8,461 miliardi di dollari (n. 38) e in soli sei anni ha conquistato 34 posizioni e aumentato di quasi 7 volte il suo valore. Il successo di quest’anno è una conseguenza della straordinaria capacità di proporre nuovi prodotti, come Chromebook e il social network Google+. D’altra parte, non è un caso che Google, che oggi si posiziona al quarto posto con un valore del brand pari a 55,317 miliardi di dollari e una crescita del valore del 27%, sia stata in grado far coniare addirittura il nuovo verbo ‘to google’.

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L’Italia è rappresentata in classifica da tre brand del settore lusso: Gucci (n. 39, 8,7 miliardi di dollari, +5%), Armani (n. 93, 3,79 mld, +10%) e Ferrari (n. 99, 3,59 mld, +1%)

L’Italia? Un potenziale inespresso Per concludere, concentriamoci sull’Italia, rappresentata in classifica da tre brand del settore lusso come Gucci (n. 39, 8,7 miliardi di dollari, +5%), Armani (n. 93, 3,79 mld, +10%) e Ferrari (n. 99, 3,59 mld, +1%). A ben vedere, un risultato non proprio entusiasmante per il Belpaese. “Uno studio come questo - evidenzia Ricca - è una chiave di lettura importante del potenziale inespresso della nostra crescita economica. L’Italia possiede diverse realtà eccellenti, ma la vera sfida consiste nello sviluppo della loro competitività internazionale e, soprattutto, nella crescita dimensionale. Purtroppo, piccolo non è necessariamente bello. Si tratta, a mio avviso, di una questione non solo aziendale, ma anche e soprattutto di sistema: casi come le acquisizioni di Bulgari e Brioni ne sono la testimonianza. In Italia, il problema non è mai creare, ma sempre gestire, rafforzare e nc consolidare”.


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MTV E DUREX, BRAND CON LE GAMBE LUNGHE ANZICHÉ FOTOGRAFARE IL PRESENTE O L’IMMEDIATO PASSATO, PROVARE A LEGGERE NEL FUTURO. È QUESTO L’OBIETTIVO DELLA RILEVAZIONE BAV 2011, STRUMENTO STRATEGICO DI CONOSCENZA DELLE POTENZIALITÀ DELLE MARCHE MESSO A PUNTO DALL’AGENZIA Y&R BRANDS. CONCENTRANDOSI SULLA CATEGORIA DEGLI INNOVATORI, CHE ANTICIPANO LE TENDENZE, I BRAND CON LE GAMBE PIÙ LUNGHE RISULTANO MTV E DUREX, SEGUITI DA TRIVIAL PURSUIT, FNAC, SKYPE, PLAYSTATION 3, EASTPAK, EBAY, RISIKO E WIKIPEDIA.

Conoscere il valore e le potenzialità delle marche, ma per una volta, anziché usare lo ‘specchietto retrovisore’, provare a delineare ciò che accadrà e non ciò che è già successo. La novità della rilevazione Bav Italia 2011 (Brand Asset Valuator), strumento strategico messo a punto dall’agenzia Y&R Brands, sta tutta qui: nella scelta, a differenza di quanto fatto in passato (la precedente rilevazione risale al 2009), di concentrarsi sui brand che non sono ancora in cima alla classifica nella percezione del grande pubblico, ma che hanno ottime chance di centrare questo risultato nel prossimo futuro, perché maggiormente apprezzati dalla categoria psicografica degli Innovatori, che anticipano i tempi, dettando le tendenze che presto verrano adottate da tutti gli altri.

L’approccio teorico Bav si basa infatti sull’idea che l’innovazione si trasferisca dai gruppi socioculturalmente più avanzati a quelli più arretrati, attraverso una segmentazione della popolazione denominata 4C’s (ovvero Cross Cultural Consumer Characterisation). Si tratta di un modello internazionale costruito sulla base di bisogni, che divide la società in tre gruppi: coloro che subiscono la cultura, i Laggards, chi la rappresenta, la Middle Majority, e coloro che la cambiano, gli Innovatori. Questi ultimi sono dunque i primi ad adottare un’innovazione, seguiti poi da due sotto-gruppi più numerosi, gli Early Adopters e i Mainstream. Solo a questo punto la curva declina e gli ultimi ad adottare la novità sono i cosiddetti Laggards. “Ogni gruppo - spiega Laura Biagini, strategic planning director Y&R Brands - è articolato in tipologie, ciascuna delle quali è riferita a una specifica priorità, che interviene nelle scelte di vita, marche incluse. Dai bisogni più basici di sopravvivenza, passando per quelli di sicurezza e controllo, fino a quelli più sofisticati di sco-

Laura Biagini, strategic planning director Y&R Brands

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perta e autorealizzazione. Un volta soddisfatti i bisogni elementari, le persone che vanno al traino tendono a risalire i gradini di una ipotetica piramide, che li porta a soddisfare via via quei bisogni più elevati e complessi di cui i gruppi più avanzati sono portatori”. In sintesi, la teoria Bav sottolinea l’importanza di due asset di marca, la Forza e la Statura, a loro volta riconducibili alla combinazione di quattro dimensioni di marca, che corrispondono a specifiche percezioni che i consumatori hanno dei brand, ossia Diversità (quanto la marca è percepita come unica), Rilevanza (quanto il brand è capace di rispondere a un bisogno), Stima (quanto buona è la reputazione della marca) e Familiarità (quanto è presente nella vita delle persone). In particolare, la Forza è data da Diversità più Rilevanza, mentre la Statura è la somma di Stima più Familiarità.

La teoria Bav sottolinea l’importanza di due asset, la Forza e la Statura, riconducibili alla combinazione di quattro dimensioni di marca, che corrispondono a specifiche percezioni che i consumatori hanno dei brand: Diversità, Rilevanza, Stima e Familiarità

I brand con le gambe lunghe

Fonte: Bav Italia 2011

“Dato quest’effetto di traino - aggiunge Biagini - secondo il quale Innovatori e Mainstream sono le due estremità di un segmento dove il primo precede e il secondo segue, possiamo avanzare una previsione: cioè che le marche che oggi go-

Classifica dei 20 brand con un’immagine migliore presso gli Innovatori, e, quindi, un maggiore potenziale di crescita nel prossimo futuro

dono di più Forza e più Statura tra gli Innovatori siano quelle che hanno un maggiore potenziale di crescita nel futuro, beneficiando di un virtuoso effetto alone che nell’immediato futuro coinvolgerà gli strati più ampi della popolazione”. Nel dettaglio, la classifica dei 20 brand con le ‘gambe lunghe’, ossia che si ipotizza possano essere più avvantaggiati di altri nel raggiungere una leadership di immagine sono Mtv, Durex, Trivial Pursuit, Fnac, Skype, PlayStation 3, Eastpak, eBay, Risiko, Wikipedia, Xbox, Converse, Buondì, Toys Center, Triumph (moto), Jeep, Arena (costumi), Leroy Merlin, Quechua e Toblerone. Il fatto che il segmento degli Innovatori anticipi oggi quello che domani sarà il profilo di immagine percepito dal mass market è stato verificato confrontando i dati della rilevazione 2009 con quelli del 2011.

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Infatti, le marche che nel 2009 avevano una migliore combinazione di Forza e Statura presso gli Innovatori, nel 2011 vedono migliorare significativamente la propria immagine complessiva presso il totale della popolazione adulta nel 72% dei casi. Quali sono i principali risultati dell’indagine Bav Italia 2011? Dall’ultima rilevazione Bav (marzo 2011, ndr), che ha coinvolto 3.500 persone, intervistate su 1.611 marche, appartenenti a 120 categorie merceologiche, emerge che know-how e vision, ovvero expertise e attitudine a sintonizzarsi sul nuovo, rappresentano l’ossatura di quelle marche che hanno le gambe lunghe. Da un lato, si parla di competenze che devono essere distintive e rilevanti: distintive perché fortemente caratterizzanti, come nel caso di Jeep, Mtv e Quechua, e rilevanti perché focalizzate sulla soluzione di reali bisogni, come per esempio Arena, Leroy Merlin e Wikipedia. Dall’altro, si evidenzia una capacità di visione che deve essere al contempo evolutiva e concreta: evolutiva in un’ottica di fine tuning costante sulle lunghezze d’onda variabili del pubblico di riferimento, è il caso di Durex, Eastpack e Converse, e concreta in una direzione di reale miglioramento della vita delle persone, per esempio Skype e eBay. Il confronto con quanto emerso dalla rilevazione 2009 può essere utile: in un contesto instabile e problematico come quello attuale, i valori della rassicurazione (nest values, ndr) e del value-for-money (pocket values, ndr), evidenziati dalla nostra precedente analisi (vedi Speciale Brand Identity di NC dello corso anno, ndr), continuano a essere importanti baluardi difensivi contro la perdita di fedeltà dei consumatori, attesi soprattutto da parte di quelle marche che hanno già consolidato un’immagine in salute da preservare su ampie fasce di popolazione. Tuttavia, sono la specializzazione e la capacità di vision a sostenere i passi lunghi e in avanti di marche che, invece, hanno

L’innovazione si trasferisce dai gruppi socioculturalmente più avanzati a quelli più arretrati

Fonte: Bav Italia 2011

ancora di fronte a loro un potenziale da esplodere. Sulla base dei valori del know how e della vision, le marche sono state suddivise in quattro cluster qualitativi. Ce li può illustrare? La prima categoria è quella dei Product Expert, ossia brand che hanno costruito il proprio successo su un’eccellenza di prodotto, finalizzata alla soddisfazione di un bisogno specifico. Marche talmente esperte nel proprio settore di riferimento da diventare talvolta sinonimo dell’intera categoria. Si tratta di Mtv, Durex, PlayStation 3, Eastpack, XBox, Arena e Quechua. Poi ci sono i Kingdom Store, ossia marche retail che si sono focalizzate su una specifica categoria di prodotti al punto di essere considerati il ‘regno’ di chi cerca di soddisfare particolari bisogni. Sono Fnac, Toys Center e Leroy Merlin. La terza categoria è quella dei Pioneer Revival, ossia brand storici che vivono oggi una nuova rinascita in termini di immagine, spesso pionieri per la propria catego-

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Il 4C’s (Cross Cultural Consumer Characterisation) è un modello internazionale costruito sulla base dei bisogni, che divide la società in tre gruppi: coloro che subiscono la cultura, i Laggards, chi la rappresenta, la Middle Majority, e coloro che la cambiano, gli Innovatori

ria di riferimento, divenuti talvolta vere e proprie icone. Mi riferisco a Trivial Pursuit, Risiko, Converse, Buondì, Triumph, Jeep e Toblerone. Infine, gli Smart Service sono servizi di nuova generazione ad alto contenuto tecnologico, che hanno trovato un modo innovativo e intelligente di rispondere ai bisogni di sempre, ovvero Skype, eBay e Wikipedia. In che modo il Bav può fornire supporto alle aziende per la costruzione o rimodulazione di un’efficace brand identity? Il Bav è uno strumento in cui crediamo da quasi vent’anni e su cui investiamo in modo trasversale a tutto il gruppo Young &Rubicam Brands.


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Non è solo una ricerca, ma una vera teoria per capire come le marche crescono e declinano. Valuta lo stato di salute delle marche, misurando l’andamento nel tempo degli attivi di marca fondamentali, e aiuta a sviluppare la brand vision. In particolare, ci consente di misurare una delle dimensioni più importanti dell’equity di marca ovvero la brand image, la cui percezione complessiva è ovviamente influenzata dalla brand identity. Il Bav può aiutare a comprendere se c’è effettiva corrispondenza tra identità e immagine, se questa rappresenti un modello virtuoso e, in caso di gap tra le due, consente di identificare possibili soluzioni. Quali sono gli elementi fondamentali di una corretta operazione di brand identity? Secondo le teorie classiche, la brand indentity si costruisce attraverso la messa a sistema di elementi tra i quali la sua iden-

tità visiva, i valori su cui si fonda, il territorio in cui nasce la sua promessa, e la personalità che vuole assumere agli occhi del suo pubblico. Ciò resta oggi ovviamente ancora valido, ma quello che conta è che, nel rispondere alla domanda “cosa è la marca?” ci si deve sempre porre due ordini di obiettivi. Nel breve e medio termine, costruire la propria ragion d’essere e la propria insostituibilità proponendo ai consumatori qualcosa di unico e distintivo, e identificare i bisogni e gli insight più attuali in modo da essere utili e rilevanti nella vita delle persone. Nel medio e lungo, preoccuparsi e agire in modo da mantenere elevata la propria reputazione, e aumentare la presenza nella vita dei consumatori. Il brand può ancora essere considerato un asset strategico attorno al quale costruire il successo di un business? La marca continua a essere un asset com-

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Le marche cui viene attribuito un maggiore potenziale di crescita sono quelle che riescono a distinguersi per know-how e vision. Se ne ricava una suddivisione in quattro categorie: Product Expert, Kingdom Store, Pioneer Revival e Smart Service

petitivo imprescindibile e a rappresentare quel valore che, di volta in volta, guida, ispira, coinvolge e rassicura i consumatori, che nei loro atti di consumo cercano un’anima che sia in qualche modo in sintonia con la loro. Va da sé che un’identità forte non può rinunciare a uno storytelling altrettanto forte, che abbia la capacità di fare corrispondere ‘quello che la marca è’ con ‘come la marca viene percepita’, ovvero che realizzi quella sintonia tra identity e image, che è sintomo di un vero fine tuning con i connc sumatori.


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DI MARINA BELLANTONI

LA STRATEGIA DEL FARE DA OLTRE 15 ANNI, LA STORIA DI ARTEFICE GROUP HA COME PROTAGONISTA IL BRAND. IL SUO PUNTO DI FORZA? UN PROCESSO INTEGRATO DI PROGETTAZIONE, SVILUPPO CREATIVO E PRODUZIONE IN GRADO DI CREARE UNA STRATEGIA DI MARCA INCENTRATA SULLE MOLTEPLICI DIMENSIONI ESPERIENZIALI DEL CONSUMO E CAPACE DI ATTIVARE DIFFERENTI, CONTEMPORANEI E COERENTI CANALI DI COMUNICAZIONE. QUELLO DI PARTENZA? IL DIZIONARIO DELLA MARCA.

Nato nel 1996 come laboratorio creativo specializzato nel below the line, Artefice Group ha festeggiato i suoi primi 15 anni con il lancio di Labis, la nuova sede brasiliana di Curitiba. “Oggi, che si parla di branding diffuso - afferma il presidente Francesco Mastro -, oggi, che i marchi vengono a contatto con le persone in modo frammentato e in ambiti e luoghi diversi ed eterogenei, il nostro compito è sempre più quello di fornire ai clienti gli strumenti di prossimità al consumatore nell’ottica di una strategia di marca integrata, in grado di attivare differenti, contemporanei e coerenti canali di comunicazione”. È anche per rispondere a questa esigenza che, da un paio di anni, l’agenzia si è riorganizzata internamente trasformando Artefice in Artefice Group, quattro società che lavorano in maniera integrata nella strategia di marca globale: Artefice (www.artefice.it), che si occupa di

brand identity, Osa05 (www.osa05.it), che rappresenta il punto di incontro tra la creatività e i digital tools, artworkR (www.artworkr.it), attiva nella prestampa e produzione, e Labis (www.labisdesign.com), la nuova sede brasiliana della società, che opera nel campo della comunicazione e del design di marca. “Artefice Group - continua Mastro lavora con la Strategia del Fare: la capacità di porre in relazione costante nel tempo il brand e il suo contesto con l’obiettivo di farli convergere in una brand experience in grado di creare valore aggiunto tra la marca e chi la consuma”. Un processo integrato di progettazione, sviluppo creativo e produzione, per dar vita a una strategia di marca incentrata sulle molteplici dimensioni esperienziali che caratterizzano questa fase del consumo segnata da tecnologie, contrazioni di mercato e dalla necessità di riscoprire anche componenti comunicative, in parte trascurate, come il below the line e le promo al consumo. Per arrivare alla definizione di questi comportamenti, Artefice Group lavora, in fase di analisi, con uno strumento che ha chiamato Dizionario della Marca, una vera e propria bussola semantica che

Francesco Mastro, presidente Artefice Group

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consente di inquadrare il posizionamento del brand all’interno di un territorio progettuale di grande libertà creativa, ma anche coerente con il percorso storico di marca e con l’integrazione di tutti gli strumenti di una comunicazione aperta. “Anche sotto la spinta dell’attuale crisi dei consumi - commenta Mastro -, ogni brand attraversa una forte ridefinizione nel rapporto con i propri media e strumenti di comunicazione costruendo nuove geografie d’intervento più frammentate e ramificate, anche per quanto riguarda l’allocazione dei vari budget. Non solo i prodotti, ma i brand stessi attraversano la rete e i social network esplodendone le potenzialità e ridefinendo i propri ambienti di comunicazione tradizionale (e tra questi il packaging, ndr) secondo modalità di contatto con il consumatore finale”. La sfida per una marca rimane sempre di più, secondo Mastro, quella di innovare il proprio ambiente e di farlo attraverso un percorso coerente e credibile con i propri valori e la propria storia. Un percorso che non perda il passo con i ritmi fisiologici dell’attenzione e dell’interesse del consumatore ma che, al contempo, non si proietti in un orizzonte troppo

La pagina stampa del progetto Quotidiano in Classe, per il quale Artefice Group ha realizzato anche il layout e la piattaforma software per sito e blog

oltre il confine, congruo e coeso, dell’identità della marca stessa. Le case history In collaborazione con Sammontana, Artefice Group ha recentemente progettato l’identità visuale della linea ‘Le Origini’ dei panettoni e del pandoro Tre Marie. Il lavoro ha previsto il re-design, realizzato manualmente al tratto, dello storico logo Tre Marie attraverso lo studio delle tecniche di stampa tra fine Ottocento e inizi Novecento. Il pack dei prodotti riconduce al gusto delle classiche confezioni del periodo in cui è stata fondata la pasticceria: il panettone viene proposto anche in un’edizione limitata, incartata

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Il packaging della linea ‘Le Origini’ Tre Marie si ispira alla ‘cappelliera’ con cui la Pasticceria Tre Marie spediva storicamente per posta il proprio panettone tra fine Ottocento e inizi Novecento

a mano e con la confezione di cartone, una vera e propria scatola evento che riproduce la ‘cappelliera’ con cui la Pasticceria Tre Marie spediva storicamente per posta il proprio panettone. “Da poco, inoltre - spiega Mastro -, abbiamo realizzato la pagina stampa, il layout e la piattaforma software per il sito e i blog de ‘Il Quotidiano in Classe’, un progetto dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori che ha l’obiettivo di incentivare studenti e insegnanti alla lettura condivisa e ragionata di diversi quotidiani. Il lavoro web ha portato alla definizione e allo sviluppo della piattaforma software e del layout non solo del sito (www.ilquotidianoinclasse.it, ndr), ma anche dei tre blog dedicati all’iniziativa e presenti, dal 12 ottobre, sui siti de Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e www.quotidiano.net”. Sempre per il Corriere delle Sera, Artefice Group ha realizzato il Club de La Lettura (http://lettura.corriere.it/), il blog dell’inserto domenicale dedicato all’approfondimento culturale: il lavoro è stato predisposto per un’estrema facilità gestionale dei contenuti e per conservare al meglio un’identità immediatamente riconducibile alla grafica e all’universo visivo delnc la versione online del quotidiano.


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IO PENSO CREATIVO È NATA NEL 1985, MA L’ESPERIENZA IN COMUNICAZIONE D’IMPRESA DEL SUO FONDATORE È MOLTO PIÙ LUNGA. NEL 1976, INFATTI, GIOVANNI BRUNAZZI ERA GIÀ RESPONSABILE INTERNAZIONALE ADV E IDENTITY DELLA DIREZIONE IMMAGINE IVECO GRUPPO FIAT. PARLIAMO DELL’AGENZIA BRUNAZZI&ASSOCIATI, LA CUI ATTIVITÀ DA SEMPRE ABBRACCIA, CON CREATIVITÀ ED ENTUSIASMO, TUTTI GLI AMBITI DELLA COMUNICAZIONE, DALL’ADVERTISING TRADIZIONALE AL BELOW THE LINE.

Specializzata nel btob e nella comunicazione di beni e servizi culturali, Brunazzi&Associati vede il proprio core business nel package design, per il quale collabora anche con la londinese SiebertHead, e nell’identità visiva e relativa normazione. “La metodologia per comunicare in modo efficace la brand identity o per modificarla in funzione delle varie esigenze del mercato - spiega Giovanni Brunazzi, fondatore e presidente - inizia sempre da una ricerca qualitativa, per individuare il vissuto del brand, quello dei competitor, i trend del mercato. Sino agli aspetti più concreti come il packaging, il punto vendita, eccetera. Un’operazione coordinata di messa a punto della brand identity dovrebbe portare a soluzioni efficaci e creative, con il risultato di rafforzare e modificare positivamente l’immagine del brand. Attraverso l’utilizzo integrato dei mezzi, la creatività

della comunicazione, lo studio del mercato e dei suoi protagonisti, è possibile definire una brand strategy che abbia l’obiettivo di

Giovanni Brunazzi, fondatore e presidente Brunazzi&Associati

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aumentare il valore del brand, la sua riconoscibilità, l’apprezzamento dei consumatori. Il valore aggiunto garantito è la qualità complessiva generata dalle attività”. Definire strategie integrate di comunicazione, tra mezzi classici e new media, tra online e offline, è per Brunazzi&Associati ormai fondamentale. Il mix dei media dipende da diversi fattori: dal prodotto o servizio, dall’immagine dell’azienda, dagli obiettivi a medio/lungo termine, dalla concorrenza. Occorre pertanto pianificarlo in modo strategico al fine di comunicare il brand in modo completo e convincente. In comunicazione, e non solo, anche gli aspetti etici, la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale rappresentano valori sempre più imprescindibili. “Questo perché - precisa Brunazzi - il consumatore è diventato molto più attento alle proprie scelte e molto critico verso i comportamenti dell’azienda, che non può più limitarsi a vendere il prodotto o il servizio senza collegamenti virtuosi. Puntare su integrazione, sostenibilità ambientale, responsabilità sociale e una visione positiva e ottimista del mercato, anche in comunicazione, è conditio sine qua non per


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realizzare progetti di successo. “Questi ultimi anni - spiega Brunazzi - sono stati critici anche per la nostra agenzia, che ha sofferto le mancanza di una visione positiva da parte delle aziende, il cui approccio si è, in molti casi, risolto nel rinviare ‘a tempi migliori’ le azioni di comunicazione e a pretendere, per quelle che dovevano comunque essere realizzate, prezzi assolutamente non remunerativi”. L’agenzia ha sempre lavorato con entusiasmo e positività e per il 2012 confida che questi atteggiamenti tornino a essere vincenti. Le case history La cartiera svedese Iggesund (gruppo Holmen), specializzata in carte e cartoncini per il packaging, ha selezionato, a livello mondiale, sei agenzie, che si distinguessero per la loro creatività, per la realizzazione di un progetto che ha visto il suo culmine in una mostra e un evento, svoltosi a Londra nel marzo scorso. Brunazzi&Associati è stata scelta a rappresentare l’Italia, e con essa, Landor Associates di Parigi (Francia), Van Heertum Desing di Tilburg (Olanda), Marc Benhamou/Creative 360° di New York (Usa) e Sebastian Onufszak di Augsburg (Germania). “Il progetto ‘Black Box’ - spiega Brunazzi - non era altro che un palcoscenico su cui i progettisti potevano esprimere la propria creatività, senza alcuna limitazione, a parte l’utilizzo delle caratteristiche uniche

Brunazzi&Associati ha ‘vestito’ i prodotti del progetto torinese Objecto con un packaging coordinato capace di renderli unici e immediatamente riconoscibili

della carta Invercote e le dimensioni della scatola nera. Il target di riferimento comprendeva designer, art director, grafici, responsabili marketing e influenzatori d’acquisto nel settore del packaging a cui viene consegnato di volta in volta un esemplare del Black Box. Un’azione, quindi, d’immagine e di promozione per la carta Invercote”. La strategia adottata è stata quella di progettare qualcosa che andasse al di là della pura performance grafica e cromatica, ma che fosse un’invenzione basata su un oggetto rigorosamente realizzato in cartoncino, dal tema ‘Eat More Pasta’. In sintesi, aprendo la scatola nera, si scopriva una scatola bianca al cui interno era posto un pacchetto con 250g di fusilli artigianali e una busta di sugo napoletano disidratato. La scatola era in realtà uno scolapasta che permetteva di essere usato più volte. “La

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Per il progetto ‘Black Box’ della cartiera svedese Iggesund, Brunazzi&Associati ha realizzato ‘Eat More Pasta’, una sorta di scolapasta in cartone riutilizzabile al cui interno era posto un pacchetto con 250g di fusilli artigianali e una busta di sugo napoletano disidratato

soluzione innovativa - continua Brunazzi è stata appunto quella di realizzare, in cartoncino, uno scolapasta funzionante. L’idea ha entusiasmato i destinatari dell’oggetto e, recentemente, i visitatori dello stand Iggesund al Luxe Pack di Monaco”. Altra case history di successo quella relativa a Objecto, la linea ufficiale di merchandising (abbigliamento, accessori, monili, cancelleria, oggettistica minimale…) a prezzi contenuti, sviluppata dalla città di Torino e da 11 aziende produttrici partner dell’iniziativa, per proporre ai turisti dei souvenir originali e di qualità, e contemporaneamente coinvolgere le realtà produttive locali. “I prodotti della linea - spiega Brunazzi - sono stati ‘vestiti’ con un packaging coordinato al brand capace di renderli unici e immediatamente riconoscibili”. Un progetto che ha ottenuto un grande successo, tanto che il Comitato Organizzatore Italia 150 ha chiesto di creare la linea dedicata alle celebrazioni dell’Unità d’Italia, ispirata alle grafiche ‘Look of the City 2011’. nc


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MARCHE A PROVA DI FUTURO IN OGNI MARCA C’È UN CUORE DI VALORE E VERITÀ. FUTUREBRAND AIUTA QUEL CUORE A EMERGERE, METTENDO A PUNTO STRATEGIE ED ESPERIENZE ALL’AVANGUARDIA, IN GRADO DI GUIDARE ED ESPORTARE IL VALORE DELLA MARCA ANCHE OLTRE I CONFINI TERRITORIALI. AL SERVIZIO DEI CLIENTI, CONSULENZA SU DIVERSE AREE: DAL BRANDING STRATEGY & INNOVATION AL CONSUMER BRANDING & PACKAGING, DAL CORPORATE BRANDING DESIGN AL RETAIL & POS DESIGN, DAL NAMING AL DIGITAL BRANDING.

Un respiro internazionale, un team di circa 70 professionisti, una storia che sfiora il mezzo secolo e una grande conoscenza del consumatore e del branding. Future Brand è tutto questo e molto di più. Da sempre, infatti, la sua mission è creare marche capaci di resistere al tempo, anticipare i trend, lasciare il segno, anche oltre i confini territoriali. Il suo segreto? Uno staff di specialisti delle principali discipline del branding (tradizionali, digitali e di nuova generazione), capaci di orientare il proprio lavoro seguendo il principio della coerenza, sviluppando strategie che, pur parlando i diversi linguaggi dei media, riescano a rappresentare sempre i valori di cui la marca è portatrice. “Oggi - spiega Alessandra Iovinella, managing director -, gli strumenti a disposizione dei brand sono sempre più numerosi e diversi, la strategia di espres-

sione della marca deve quindi originare da un concept forte, condiviso, riconoscibile e rilevante per tutti i destinatari”. Un obiettivo alla base di ogni progetto di FutureBrand, sempre al passo con i tempi, grazie a servizi di consulenza a 360 gradi (dal branding strategy & innovation al consumer branding & packaging, dal corporate branding design al retail & pos design, dal naming al digital branding), volti ad assistere le aziende nella valutazione e nell’incremento del valore dei brand. Per l’agenzia ogni progetto fa storia a sé, così come ogni brand forte è unico e inimitabile, ma esistono metodologie che consentono di prendere in esame tutti gli aspetti rilevanti per la marca prima di dare avvio a un progetto di creazione o restyling di un’identità di marca. “In FutureBrand – precisa Iovinella - partiamo dalla definizione del posizionamento strategico, che è frutto dell’analisi dei valori insisti nella marca da creare o da rinnovare, del mercato e dei suoi trend, della concorrenza, dei desideri dei consumatori. Il positioning ci fornisce gli elementi utili a immaginare il ‘volto’ della marca, ma anche il suo nome, il

Alessandra Iovinella, managing director FutureBrand

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suo tono di voce, il suo stile visivo”. Un approccio che FutureBrand personalizza a seconda del progetto curato. “Una recente case history, che ci ha dato molta soddisfazione, è senz’altro il Nike Stadium di Milano, uno spazio che abbiamo reinterpretato integralmente per dare espressione ai valori portanti della scarpa Free di Nike - racconta Iovinella -. Ogni elemento dello spazio parlava di libertà, movimento, pluralità, attraverso un uso attento dei materiali, dei colori, delle immagini e degli elementi di arredo, proponendo ai clienti un’esperienza d’acquisto coinvolgente, all’altezza di un total brand come Nike. Anche la creazione del nuovo logo di Lancia Ypsilon è stato un progetto appassionante, che ci ha permesso di tradurre visivamente la personalità della nuova Ypsilon 5 porte per coniugare l’innata eleganza Lancia, tipicamente femminile, con i tratti più decisi e dinamici di un pubblico maschile”. Infine, non possiamo non citare la linea di prodotti per la cura dei bambini pure.bio di Chicco, il progetto per cui l’agenzia quest’anno ha ricevuto quattro premi (tra cui il primo premio agli NC Awards 2011 nella categoria Brand iden-

Attraverso il nuovo logo di Lancia Ypsilon, FutureBrand ha tradotto visivamente la personalità della nuova Ypsilon 5 porte per coniugare l’eleganza Lancia, tipicamente femminile, con i tratti più decisi e dinamici di un pubblico maschile

tity/packaging&design, ndr), di cui due internazionali. FutureBrand è riuscita a tradurre in forme e immagini la naturalità delicata di questi prodotti e a riprodurre la tenerezza delle mani di una mamma che accudisce il proprio bambino. Questa è probabilmente la ragione del successo del progetto pure-bio, in linea con l’approccio dell’agenzia rispetto alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità sociale. “Oggi - spiega Iovinella -, vi è di sicuro maggiore attenzione ai temi etici e dell’ambiente, è il mercato a chiederlo. I brand non sono insensibili ai temi rilevanti per i loro consumatori e tante marche sono sinceramente impegnate sia sul fronte sociale sia su quello ambientale. Ci si scontra ancora, però, con i costi dei prodotti più attenti all’ambiente. Il packaging ecologico piace,

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Il Nike Stadium di Milano è stato reinterpretato integralmente da FutureBrand per dare espressione ai valori portanti della scarpa Free di Nike

ma costa di più e questi costi andrebbero equamente ripartiti tra i brand che li propongono e i consumatori che li scelgono. È tuttavia certo, che una sensibilizzazione verso i temi etici e di conservazione del pianeta e delle sue risorse c’è stata, indietro non si torna”. E per il 2012? Quali sono i progetti in cantiere? “I risultati del 2011 sono molto positivi - risponde Iovinella -, soprattutto per quanto riguarda l’arrivo di nuovi, importanti clienti e la possibilità di lavorare a progetti di branding di respiro internazionale. Puntiamo sempre più sul retail branding, una branca del nostro lavoro in cui crediamo fortemente e in cui abbiamo già potuto misurarci con successo. Inoltre, approfondiremo le tematiche del digital branding come leva imprescindibile per avvalorare le strategie di marca e raggiungere i consumatori e, soprattutto, continueremo a proporre progetti tailor-made per rendere visibili e rilevanti i brand che si affidano a noi”. nc


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UN’AGENZIA CON UN’ANIMA. ANZI, DUE CREATIVITÀ E CAPACITÀ DI VISIONE, EFFICACIA E CURA DEL DETTAGLIO. C’È CHI DICE DI ESSERE IL MIGLIORE E CHI, SEMPLICEMENTE, VEDE LE COSE DA UN’ALTRA PROSPETTIVA. COME GRAMMA, CHE DAL 1990 PROGETTA COMUNICAZIONE STRATEGICA IN MODO RESPONSABILE. UN ESEMPIO? NELLA SUA VESTE DI COOPERATIVA SOCIALE È IN GRADO DI AFFIANCARE AZIENDE IMPEGNATE IN ATTIVITÀ DI CSR E SVILUPPARE PROGETTI DI MARKETING SOCIALE.

Il mondo della comunicazione è pieno. Pieno di agenzie, di studi grafici, di laboratori creativi. Pieno di teorie, strategie, modelli. Di eventi, happening, business lunch. Di significati e significanti, anglicismi e aforismi. Emergere è sempre più difficile. Per questo, gli attori che in questo mondo vivono e lavorano tendono a proclamarsi i più creativi, i più esperti, i più performanti. Un esercito di Marilyn Monroe laureate in psicologia della comunicazione e armate fino ai

denti. Immagine affascinante, che però può portare a una certa omologazione, anche del pensiero. “Gramma non è meglio o peggio - spiega il presidente e direttore clienti, Valentina Gabutti -, è semplicemente diversa. E non lo diciamo tanto per dire: siamo differenti in tante cose, a partire dalla struttura societaria. Siamo un’agenzia di comunicazione strategica e, parallelamente, siamo una cooperativa sociale. Ciò significa che realizziamo progetti di comunicazio-

ne a 360 gradi e, inoltre, ci occupiamo dell’inserimento lavorativo di persone di talento in condizione di svantaggio sociale, insegnando loro i fondamenti del nostro mestiere. Una scelta non usuale, che ci rende speciali in partenza. Certo, a volte le aziende si accostano a noi con un pizzico di perplessità, ma è una scelta in cui crediamo e che portiamo avanti dal 1990. E possiamo permetterci di farlo solo ottenendo ottimi risultati di business per noi e per i

Barbara Bottazzini, socio e direttore creativo, Roberta Amato, socio e art chief, e Valentina Gabutti, presidente e direttore clienti Gramma

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nostri clienti. In un certo senso, ogni giorno dobbiamo impegnarci il doppio per dimostrare sul mercato il nostro valore. Ma ogni giorno otteniamo il doppio delle soddisfazioni. Fortunatamente, chi ci sceglie, difficilmente ci abbandona”. Come dicevamo, il mondo della comunicazione è pieno. Anche di differenze. “Il nostro approccio alla brand identity - afferma Barbara Bottazzini, socio e direttore creativo - riflette il nostro approccio al cliente, al lavoro e ai rapporti in generale. Cerchiamo di pensare al brand come a un’entità dotata di un carattere, di un insieme di valori e di un modo di comunicare specifico. Spesso questa personalità deve essere costruita da zero, altre volte interveniamo su identità più strutturate, dando risalto alle qualità più distintive”. Ma quella di marca non è l’unica personalità di cui si occupa Gramma: non dimentica mai che dietro a ogni azienda ci sono delle persone. È questo il principale tratto distintivo dell’agenzia: la capacità di relazionarsi al meglio con i propri interlocutori, ascoltarli e comprendere le loro reali esigenze. “Questa attitudine all’empatia - continua Bottazzini -, che forse deriva dal nostro orientamento sociale, ci permette di andare alla ricerca di ciò che chiamiamo la ‘verità possibile’ nascosta in ogni progetto: il punto di incontro tra il pensiero e i desi-

deri del cliente e le indicazioni che derivano dalla nostra esperienza in comunicazione”. “Oggi nelle aziende - precisa Roberta Amato, socio e art chief - i temi etici rivestono un’importanza maggiore rispetto al passato. Un po’ per accresciuto senso di responsabilità, un po’ per opportunità, un po’ per dovere. La strada verso un vero cambiamento è ancora molto lunga, ma sono sempre più frequenti le imprese che si affidano a partner qualificati per realizzare progetti sostenibili”. In quanto cooperativa sociale di tipo B, Gramma rientra automaticamente nei progetti di Corporate Social Responsibility come fornitore solidale onlus, ed è in grado di affiancare aziende impegnate in attività di csr curandone la comunicazione in ogni aspetto. Inoltre, fornisce supporto in progetti di marketing sociale con un’attenzione particolare verso l’impatto sul territorio sociale di riferimento. “Il 2011 ha premiato l’agenzia con risultati positivi - prosegue Gabutti -, che hanno contribuito a rafforzarne l’identità. Abbiamo ottenuto un importante aumento del fatturato e ampliato le nostre attività di consulenza, consolidando l’expertise, a dimostrazione del fatto che i clienti riconoscono in noi una soluzione efficiente, ma soprattutto differente”.

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La campagna recruiting 2011 di Manpower per Medici Senza Frontiere unisce profit e non profit rispecchiando la duplice natura di Gramma quale agenzia di comunicazione e cooperativa sociale

La case history La campagna 2011 di recruiting di Manpower per Medici Senza Frontiere riassume al meglio l’approccio relazionale di Gramma: un’iniziativa di cobranding che unisce profit e non profit in un modo che rispecchia la sua duplice natura di agenzia di comunicazione e cooperativa sociale. L’obiettivo della campagna era la selezione di figure con valenza commerciale da impiegare ‘sul campo’ nelle attività di raccolta fondi. “La vera sfida - spiega Gabutti - era unire la sfera emotiva (quella umanitaria, ndr) con una dimensione estremamente pragmatica (quella professionale, ndr): chi meglio di noi poteva occuparsene? Abbiamo ideato una campagna di comunicazione integrata (online e offline, ndr) che chiama all’azione in modo molto diretto: un visual che utilizza un’iconografia fortemente simbolica e attuale e uno slogan che recita ‘Act Now. Scegli un lavoro che cambia la vita. Non solo la tua’”. Un’iniziativa efficace e di impatto, che è stata possibile grazie alla visione strategica condivisa tra Gramma, Manpower e nc Medici Senza Frontiere.


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UNA GUIDA PER LA MARCA DA PIÙ DI SETTANT’ANNI, LANDOR È SINONIMO DI DESIGN E CONSULENZA STRATEGICA SULLA MARCA. PER L’AGENZIA NON ESISTE UNA SOLA RICETTA PER CREARE, O MANTENERE, UNA MARCA FORTE. PER QUESTO HA CREATO UN TOOLKIT COMPLETO, AL CENTRO DEL QUALE C’È LA ‘BRAND DRIVER PLATFORM’, UN MODELLO UNICO, SVILUPPATO IN MODO INTERATTIVO CON IL CLIENTE, CHE CONSENTE DI METTERE A FUOCO LA NATURA, LO SCOPO E LA DIREZIONE FUTURA DELLA MARCA, IN TERMINI CONCETTUALI ED ESPRESSIVI.

Secondo Landor, una marca forte è il risultato di una perfetta combinazione di rigore e creatività, il cui risultato sono esperienze uniche e desiderabili in grado di conquistare la mente e il cuore dei consumatori. Questo è quello che realizza, da oltre 70 anni, per molte delle migliori marche in Italia e nel mondo, attraverso il proprio network di circa 700 professionisti in 17 Paesi. ‘Brand Driver Platform’ rappresenta il suo cavallo di battaglia, un modello che sviluppa in modo interattivo con il cliente stesso e che permette di mettere a fuoco la natura, lo scopo e la direzione futura della marca, in termini concettuali ed espressivi. Questo modello, basato su un’approfondita attività di analisi, rappresenta la base non solo per l’espressione e la comunicazione della marca, ma anche per l’allineamento della cultura aziendale interna e il cambiamento aziendale, a livello di prodotto e pro-

cessi interni. “Credo - spiega l’amministratore delegato Antonio Marazza - che questa capacità di proporre non solo un’enunciazione (come il classico ‘posizionamento di marca’, ndr) bensì una ricetta per il cam-

Antonio Marazza, amministratore delegato Landor Milano

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biamento, e di sostenere il cliente nell’intraprenderla veramente, sia una delle cose che ci distingue dal punto di vista consulenziale. Dal punto di vista creativo, invece, ci caratterizza sicuramente la capacità di esaltare la ‘Brand Driver Platform’ in esperienze uniche, coerenti e in grado di colpire positivamente e in modo durevole l’immaginazione del consumatore. Per quest’ultimo, inoltre, la marca non è altro che il risultato di una stratificazione di esperienze verbali e visual, online e offline, che di volta in volta investono il loro lato più emotivo o quello più razionale. Per questo motivo, non crediamo nelle cosiddette ‘strategie integrate’: esiste solo ‘una’ strategia, che deve definire e ispirare cosa la marca è, e come si comporta, attraverso tutti i punti di contatto e i mezzi di comunicazione”. Il 2011 è stato un anno positivo per Landor, sia per quanto riguarda il mercato italiano, dove ha ampiamente superato gli obiettivi stabiliti all’inizio dell’anno e sta rafforzando la struttura con promozioni e nuovi inserimenti, sia a livello internazionale. “Per il 2012 - precisa Marazza - abbiamo aspettative altrettanto positive, con un nu-


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mero molto significativo di incarichi già in portafoglio, ma ovviamente la prudenza è d’obbligo, vista la situazione economica imperscrutabile”. Le case history A fianco delle attività di tipo consulenziale, in crescita, nel 2012 vedranno la luce alcuni importanti progetti di branding iniziati o completati nel corso del 2011 che rappresentano il punto di svolta e di rilancio di alcune grandi marche storiche italiane. Tra le case history più interessanti, il rebranding di Ciao per Autogrill e la creazione del brand ‘I Salumi del Frantoio’ per Grandi Salumifici Italiani. Nel 2010, Autogrill ha deciso di sviluppare ulteriormente la presenza di Ciao nel contesto cittadino allargando il target dai ‘viaggiatori’ a uno più giovane e urbano. Per farlo, è stato necessario riposizionare la marca attribuendole un carattere più caldo e familiare, ma riconoscibile. Il nuovo posizionamento lavora sul concetto di ‘Everyday Sunshine’, fulcro di una promessa di marca fatta di stile mediterraneo, semplicità ed empatia. Questi valori hanno caratterizzato la nuova identità e gli ambienti dei ristoranti, ridisegnati da Landor evocando

Landor ha ideato identità e linguaggio visuale del brand ‘I Salumi del Frantoio’ al fine di esprimerne l’equilibrio tra gusto e benessere che rende unica la nuova marca

la natura e la mediterraneità attraverso colori come il verde oliva e il marrone moka, abbinati a materiali naturali, come legno, pietra e vetro, e a luci calde e avvolgenti. L’identità di Ciao traspare pienamente dal caldo abbraccio rappresentato nel nuovo logo, che ricorda un raggio di sole stilizzato. Il risultato è un ristorante particolarmente invitante e accogliente, giudicato positivamente da oltre il 70% dei clienti abituali in seguito a un test condotto sul primo prototipo. Dalla joint venture tra Grandi Salumifici Italiani, leader italiano dei salumi, e Creta Farm, la più innovativa società greca dello stesso settore, nasce nel 2010 Fran-

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Il nuovo posizionamento pensato da Landor per Ciao evoca la natura e la mediterraneità attraverso colori abbinati a materiali naturali, all’insegna del caldo abbraccio rappresentato nel nuovo logo, che ricorda un raggio di sole stilizzato

toio Gentileschi e il brand ‘I Salumi del Frantoio’, una nuova linea caratterizzata da un brevetto Creta Farm che permette di sostituire ai grassi animali i preziosi nutrienti dell’olio extra vergine di oliva. All’interno del team Y&R Brands, che ha tenuto a battesimo la nascita dell’azienda e del brand, Landor ha ideato identità e linguaggio visuale adatti a esprimere quell’equilibrio tra gusto e benessere che rende questa marca unica. In questo progetto, Landor ha esaltato il ruolo dei luoghi del saper vivere, le colline toscane, per narrare la storia di un prodotto genuino che ha come protagonista un ingrediente prezioso, come l’olio extravergine d’oliva. Le cromie calde e naturali, le forme morbide e piene, la tipografia scritta a mano, l’icona a cuore evocano il gusto del prodotto, ma anche quello ‘star bene’ semplice e senza tempo, tradizionale e contemporaneo, che sono il nocciolo della promessa di marca. L’identità visuale vive con coerenza e impatto sul packaging e in tutti i punti di contatto con le audience finali della marca. nc


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PASSIONE PRAGMATICA UN APPROCCIO CARATTERIZZATO DA ENTUSIASMO E CONCRETEZZA, LE COMPETENZE DI UN’AGENZIA CON UNA PROFONDA CONOSCENZA DELL’INTERO PROCESSO REALIZZATIVO E UNA FILOSOFIA ALL’INSEGNA DELLA CREATIVE EXPERIENCE. QUESTI GLI ATOUT CHE FANNO DI MAD UN PLAYER DINAMICO E COMPETITIVO, CAPACE DI REALIZZARE SOLUZIONI DI COMUNICAZIONE DAL RESPIRO SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE. UN ESEMPIO SU TUTTI? IL PROGETTO FIRMATO PER TRE DIVERSI BRAND DEL CLIENTE FRANCESE ST MICHEL.

In un mercato nel quale è sempre più fondamentale reagire con velocità alle aspettative del consumatore, diventa cruciale trovare partner reattivi che garantiscano contemporaneamente qualità e affidabilità. Valori che da sempre distinguono l’agenzia Mad, che vanta tra le proprie caratteristiche proprio una buona dose di reattività e di ‘saper fare’. Come spiega Laura Molteni, direttore creativo: “Noi siamo una struttura snella e il nostro approccio è molto concreto. Affrontiamo un progetto occupandoci di tutte le fasi di ideazione e realizzazione, sviluppando internamente anche attività come il photoshooting, i chromaline e i mock up, garantendo un minor dispendio di tempo e il pieno controllo della filiera. Mad lavora per ogni cliente con lo scopo

di progettare un’identità che sia forte, riconoscibile, distintiva e coerente in tutte le manifestazioni della marca. “Per noi - precisa Molteni - è fondamentale partire dal dna della marca su cui si sta lavorando, affinché la strategia sposi effettivamente i suoi valori di riferimento. L’idea, il concetto, deve essere unico, ma in grado poi di esprimersi efficacemen-

Laura Molteni, direttore creativo Mad

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te attraverso linguaggi diversi e, quindi, media diversi, tradizionali e non. In questo modo, i diversi media vengono armonizzati all’interno di un’unica strategia di comunicazione, e si può davvero parlare di multicanalità’’. Questo, insieme ai temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale, è un argomento nei confronti del qua-


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Per il cliente francese St Michel (gruppo Andros), Mad ha sviluppato per le linee di prodotto Festa, Morina e Tigreat, l’identità visiva, declinandola successivamente su diversi materiali di comunicazione a supporto del lancio

2011. “Il nostro obiettivo - continua Molteni - è consolidare la nostra posizione nell’arco dei prossimi due anni, al fine di essere sempre più percepiti come una realtà che, sebbene radicata fortemente sul territorio lombardo, sia capace di comprendere e gestire, soddisfacendole, esigenze e richieste su tutto il territorio nazionale e non solo”.

le sono stati fatti notevoli passi avanti negli ultimi anni, e che Mad sente molto vicino al proprio dna. “Il consumatore - spiega Molteni - sta diventando sempre più sensibile, sia che acquisti prodotti alimentari, per la cura della pelle, piuttosto che l’auto o la casa in cui andare a vivere. Una casa a misura d’uomo è una casa dove sostenibilità e benessere della persona sono due concetti imprescindibili l’uno dall’altro. Alcuni brand hanno declinato la propria vocazione ‘sociale e green’ attraverso campagne di sostenibilità, altri hanno optato per l’utilizzo di un packaging riciclabile,

altri ancora come M&S in Uk hanno messo a punto progetti speciali (es. recupero di capi in cashmere danneggiati e venduti a un prezzo speciale, con un notevole impatto sulla vulnerabilità ambientale), ma la verità da non dimenticare è che, qualunque sia il modo in cui una marca o un’azienda scelga di procedere, importante è che ricordi che per i consumatori di oggi essere ‘sostenibili’ non è una moda, bensì un cambiamento nel comportamento”. A fine 2010, Mad ha iniziato un processo di riposizionamento che ha visto l’agenzia impegnata anche nei primi mesi del

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La case history Mad cita, tra le case history più recenti e interessanti, il progetto realizzato per St Michel, un cliente straniero acquisito un anno fa e appartenente al gruppo francese Andros. “Lavoriamo direttamente con la sede francese - spiega Molteni -, e, anche a distanza, la collaborazione finora si è rivelata proficua. Abbiamo iniziato un percorso che ci ha già portati a lavorare su tre diversi brand, uno per il mercato italiano (Festa, ndr) e due per i mercati europeo e asiatico (Morina e Tigreat, ndr). In particolare, l’ultimo progetto portato a termine riguarda il lancio di una linea di mini crepes per il Giappone e i Paesi dell’area a marchio Morina”. Mad ne ha sviluppato l’identità visiva declinandola successivamente su diversi materiali di comunicazione a supporto del lancio (leaflet ed espositori). L’obiettivo era posizionare il prodotto per occasioni conviviali in famiglia e con gli amici, sottolineandone la semplicità degli ingredienti, la tradizione e il legame con la Bretagna, l’autenticità del gusto. Il risultato? Un packaging moderno e di alta nc qualità.


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VITAMINA PER IL BRAND PENSARE LA MARCA, DARLE FORZA, RENDERLA PIÙ REATTIVA, SICURA, RESISTENTE. VITAMINIZZARLA. È QUESTA DA OLTRE 15 ANNI LA MISSIONE DI RBA DESIGN, LAVORARE A FONDO SULLE CAPACITÀ EVOLUTIVE DEI BRAND, SULLA LORO PERSONALITÀ, SULLA LORO RILEVANZA. AL CENTRO DI OGNI PROGETTO, LA DEFINIZIONE DI UN PENSIERO STRATEGICO CHE SUPPORTI LE SCELTE DI DESIGN E COMUNICAZIONE. 40 PROFESSIONISTI, CHE SVILUPPANO UNA FUNZIONE SPECIFICA PER OGNI ATTIVITÀ, PROPRIO COME LE VITAMINE.

Nata nel 1994, Rba Design è un’agenzia di branding e design, specializzata nello sviluppo di progetti di identità di marca per aziende e prodotti. Fin dalla sua nascita, interpreta le esigenze della marca con strumenti flessibili e specifici, con l’autonomia di un’agenzia indipendente e un gruppo coordinato di 40 persone, con la passione del primo giorno. “Oggi, come ieri - afferma Fabrizio Bernasconi, co-founder & managing director -, costruire una forte brand identity e saperla gestire coerentemente nel tempo significa mettere in atto un processo che comincia con un’attenta e profonda identificazione dei valori e prosegue con una chiara, differente, sostenibile e coerente esplicitazione dei medesimi attraverso modalità rilevanti per il pubblico di riferimento. Non è quindi cambiato, nel processo di costruzione, l’importanza della fase strategica, ma sono profondamente mu-

tate le condizioni e i modi in cui la marca si presenta e comunica. Per la marca fare branding significa porsi in modo nuovo, riconoscere il cambiamento avvenuto nel consumatore, comprendere pienamente i linguaggi propri di tutti gli strumenti disponibili. In una parola, significa fare experience. Oggi, più che mai, è la brand experience il fulcro della comunicazione, a patto che

Fabrizio Bernasconi, co-founder & managing director Rba Design

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questa sia frutto di una strategia: più forte è il pensiero strategico dietro alla marca e più incisiva è l’experience che questa è in grado di generare. In tutti i luoghi in cui si muove il consumatore: oggi, la gente è presente sul web e, quindi, è lì che la marca deve proporsi. Certamente, per fare questo bisogna maturare nuove abilità specifiche relativamente alle modalità con cui si comunica, in particolare nelle situazioni dove oggi maggiormente si concentra la presenza (e l’attenzione) del consumatore: il web e il punto vendita”. Grazie alla rivoluzione digitale è cambiato il comportamento dei consumatori relativamente ai messaggi, ai contenuti, alle promesse della comunicazione di marca: prima li ricevevano passivamente, da spettatori, oggi, li selezionano, condividono, alimentano, creano. Per rispondere a questi sostanziali cambiamenti, cogliere ulteriori opportunità e fornire alla marca nuove opportunità di espressione di personalità, nel 2011 dall’esperienza dell’agenzia e da una visione di reale consulenza a 360 gradi, è nata Brex Lab, laboratorio creativo di comunicazione orientato specificatamente al branding in ambito di-


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gitale. Nello sviluppo di un progetto di brand identity, la piattaforma strategica Rba si compone di una serie di elementi, dal concept claim alla brand vision e positioning, dal video mood board alla brand architecture, che, unitamente ad aspetti più tangibili di brand design, contribuiscono a dare una visione sistemica della marca, amplificandone il valore attraverso la consistenza. In campo, un team di lavoro con professionalità specifiche per ogni attività nel’area del brand design e un consolidato metodo di lavoro basato su tre fasi distinte, ma strettamente coordinate per garantire un efficace risultato di brand design: strategia, design, produzione. Con il valore aggiunto dell’esperienza nei più svariati settori merceologi, in particolare del fmcg (fast mover consumer goods). Rba ha registrato per il 2011 una crescita intorno al 10%, generata dal consolidamento del core business nel consumer branding e progetti nell’area del corporate branding, su cui concentrerà i propri sforzi d’investimento nel 2012. Grande interesse anche per la start up Brexlab, che si è dimostrata, in questo primo anno, già particolarmente dinamica.

Le case history Nel mercato italiano dei piatti pronti freschi, mancava un’offerta di primi piatti. Ci ha pensato Beretta con la nuova linea ‘Viva la Mamma Box’: ricette pronte in 2 minuti, in confezione scaldabile completa di forchetta, una sorta di ‘freedom food, che libera dal tempo e dal luogo della cucina, ma non... dal mangiare bene. Il concept creativo, che identifica la nascita di un nuovo prodotto, ma anche di un nuovo segmento, si è basato su un pack ‘di rottura’ rispetto al linguaggio canonico del mercato di riferimento, nella technicality e in tutti gli elementi del graphic design: dal nero che rappresenta una scelta senza precedenti e di forte distinzione verso i codici clas-

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Il pack ideato da Rba per il lancio della nuova linea di primi piatti freschi pronti Beretta, Viva la Mamma Box, rappresenta una ‘rottura’ rispetto al linguaggio canonico del mercato di riferimento

sici del mondo ‘fresco’, al brand name Box, che sottolinea l’originalità del pack, proposto in un logo che nella ‘X’ antropomorfa interpreta in modo immediato il concetto di prodotto. Per proporre in chiave casalinga Aperol Spritz, invece, Rba ha firmato il design della bottiglia e un pack volti a sottolineare l’unicità di questo prodotto in versione mono porzione (1 bottiglietta = 1 bicchiere), in cluster da tre bottiglie. Un design bottiglia così particolare da essere abbinato a una label trasparente e un cluster che ne ripropone la forma. Tra le case history rappresentative, Rba cita anche quella realizzata per la Fondazione Serbelloni il cui obiettivo era riproporre il Palazzo omonimo, storica sede nobiliare nel centro di Milano, quale moderna agorà interculturale e location per eventi di alto profilo. A firma Rba, il nuovo marchio che ha ripreso, nella simbologia degli archi, una caratteristica architettonica tipica della struttura, dandole senso di profondità e apertura, e nuovo sito (www.fondazioneserbelloni.com), ideato e realizzato da BrexLab, per promuovere l’immagine istituzionale e offrire un’efficace piattaforma per l’organizzazione di eventi. nc


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IDENTITÀ DI SUCCESSO AIUTARE I PROPRI CLIENTI NELLA COSTRUZIONE DI IDENTITÀ DI SUCCESSO, OFFRENDO CONSULENZA STRATEGICA E OPERATIVA A SUPPORTO DI SCELTE EVOLUTIVE, DISTINTIVE E DUREVOLI. È QUESTA LA MISSION DI UNIVISUAL, STUDIO DI CONSULENZA PER LA BRAND IDENTITY GUIDATO DA GAETANO GRIZZANTI. LA METODOLOGIA D’INTERVENTO SI FONDA SU MODELLI DEDICATI E SU TRE MACROAREE DI ATTIVITÀ INDIPENDENTI, PER OFFRIRE TUTTI I SERVIZI UTILI ALLO SVILUPPO DI INNOVATIVI SISTEMI DI BRAND IDENTITY.

Affiancare il cliente con un approccio consulenziale, analizzare la realtà organizzativa dell’azienda, le criticità con cui l’offerta viene proposta sul mercato, arrivando a individuare gli eventuali errori commessi in termini di architettura del brand. Il modus operandi dello studio di consulenza Univisual, parte da qui, per poi arrivare allo sviluppo di innovativi sistemi di identità di marca. “Il nostro approccio - spiega Gaetano Grizzanti, fondatore e titolare Univisual - punta a ridurre al massimo le soggettività, sia nostre sia del cliente. Troppo spesso, quando si realizza un sistema di identità visiva, ci si basa su opinioni, su gusti personali o su una certa creatività, più o meno improvvisata. Noi, invece, siamo a favore di una metodologia che possa introdurre logiche razionali, strategiche e di business”.

Inoltre, un altro aspetto fondamentale del metodo di Univisual ha a che vedere con la necessità di coinvolgere il management direzionale del cliente nel progetto di brand identity, e non solo la divisione marketing,

Gaetano Grizzanti, fondatore e titolare Univisual

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come spesso avviene; perché occorre ricordarsi che il branding è una questione di business, prima che di comunicazione, quindi è giusto affrontarlo come se si dovesse riorganizzare l’azienda. Il tutto senza trascurare un fondamentale approccio culturale, prevalentemente in riferimento a quella parte della brand identity che si riferisce al design, ossia all’identità visiva della marca. Ma attenzione, molto spesso si tende a ridurre la brand identity all’identità visiva della marca, compiendo un errore di semplificazione: perché l’identità della marca non è data solo da ‘ciò che si vede’, ossia dal brand design, ma anche da ‘ciò che si legge’ e da ‘ciò che si sente’. “Troppe volte - precisa Grizzanti - le aziende si rivolgono alle agenzie del nostro settore solo per la scelta del logo, del carattere tipografico, dell’identità cromatica e del sistema iconografico, ma la brand identity non è riassumibile solo in questi output di carattere estetico, c’è anche una componente culturale, strategica, non visibile, psicologica ma determinante, che definisce l’ossatura e la grammatica del progetto di brand identity”.


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Axitea (sopra) e Spadafora-DeRosa (sotto), due casi concreti di sviluppo di innovativi sistemi di brand identity firmati da Univisual

Nel dettaglio, Univisual è caratterizzata da tre business unit: Advisory, Naming e Design. “Il nostro modello di business - aggiunge Grizzanti - approccia tre marco-aree, che sono largo consumo, business-to-business e retail branding. Inoltre, abbiamo sviluppato tre approcci personalizzati per le esigenze delle imprese italiane, delle multinazionali e degli enti-istituzioni”. Infine, in merito all’andamento del 2011, Grizzanti non nasconde una certa soddisfazione per la chiusura dell’anno con un incremento del 5% del fatturato, in linea, oltretutto, con l’aumento registrato nel 2010.

Le case history Cominciamo da Axitea, società operante nel settore della sicurezza, specializzata nello sviluppo di soluzioni integrate e personalizzate. Univisual, in questo caso, ha lavorato a ridefinire tutta la strategia di branding, compresa la creazione del marchio contenente l’identità testuale (naming e payoff) e l’identità visuale (simbolo, tipografia, colori). In particolare, è stato attribuito un compito di comunicazione a ogni elemento costituente il marchio, dispositivi identificativi che funzionassero come mezzo di trasmissione dell’intera brand equity. Il nome Axitea evoca foneticamente sensazioni

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di internazionalità, di tecnologia e di stabilità. Si fonda sul prefisso Axis, dal latino asse, associato a percezioni di equilibrio e solidità. La seconda parte, Tea, innesta un’idea di divinità (iniziali di teologia) e, grazie al suo rimando foneticamente femminile, si ottiene un tono dolce. Il risultato finale è un termine robusto, ma, al tempo stesso, aggraziato. Il compito di trasmettere i valori di esclusività e professionalità, ponendo l’azienda come punto di riferimento del settore per ogni problema di sicurezza, è stato lasciato al payoff ‘Security Evolution’, che, oltre a spiegare l’ambito merceologico, incarna lo spirito innovativo con cui l’impresa si pone sul mercato. Un’altra case history interessante è quella realizzata per Spadafora-DeRosa, studio legale associato costituito nel 2004, oggi con sede a Roma e Milano. L’obiettivo del progetto di brand identity è stato quello di sviluppare un’immagine che comunicasse determinazione e, al tempo stesso, delicatezza, cioè i valori legati al modo di lavorare dello studio, in grado di utilizzare la giusta capacità di azione o mediazione per gestire al meglio ogni problema giuridico inerente al mondo dell’impresa, sia per quella italiana, sia per quella straniera, che intende allargare il proprio business nel nostro territorio. Il logo sviluppato ricorda uno stemma araldico, raffigurante una spada che si trasforma in rosa, grazie a un espediente grafico dove il gambo della rosa, spine comprese, sostituisce la scanalatura della spada, la cui punta infine è costituita da una rosa. Per alcuni usi, il marchio è accompagnato dal payoff scritto in latino ‘Lex gladi et rosae’ ossia ‘La legge della Spada e nc della Rosa’.


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