I Quaderni della Comunicazione 2013 – Centri Media e Concessionarie

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i Quaderni della comunicazione

N° 94, novembre 2013 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing

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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it ha collaborato Luca Giovannetti art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa Lasergrafica Polver direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 94 novembre 2013 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone – amministratore delegato: Giulio Bortolussi sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: via Via Privata Vasto, 1 - 20121 tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 415,00 I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2013 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di novembre 2013 da: Lasergrafica Polver, via Kramer, 17/19 - 20129


Editoriale

Adagio... accelerando UNA ventina di anni fa, l’allora amministratore delegato Nielsen, Alvaro Fusetti, mostrò alla platea di imprenditori radunata in Sardegna per il tradizionale ‘Incontro’ annuale un video che ripercorreva in pochissimi minuti l’intera storia dell’umanità, seguendone le tappe delle principali invenzioni, dalla ruota nella preistoria alle macchine da guerra del medioevo, fino ai motori dell’epoca moderna e a tutte le principali innovazioni industriali del secolo scorso. Il video mi fece una profonda impressione grazie al ritmo con cui cresceva, lentamente ma inesorabilmente, fino a farsi incalzante e quasi martellante al momento di raccontare gli Anni Ottanta e Novanta. Ogni volta che mi torna in mente penso che oggi, probabilmente, il voice over del finale di quel video sarebbe talmente veloce da risultare pressoché incomprensibile. Anche allora l’Italia stava cercando, in ritardo rispetto ad altri paesi europei, una via di uscita dalla crisi dura e difficile dei primi anni Novanta. La parola d’ordine con cui provava a farlo era “discontinuità”, che oggi, paradossalmente, è divenuta una costante del nostro vivere e lavorare quotidiano, esattamente come l’accelerazione evidenziata dal video che ho provato a raccontare... In fondo è normale, quasi scontato, dire che in 20 anni di cose ne sono successe davvero tante e che i cambiamenti sono stati profondi, a volte radicali. Ma proprio perché tutto è accelerato e più veloce, anche guardarsi indietro di un solo anno ci permette spesso di cogliere uno spunto, un lampo, un filo rosso che mentre eravamo coinvolti dagli eventi nel loro divenire non avevamo notato. Questo è lo spirito dal quale è nata ed è cresciuta la collana dei Quaderni della Comunicazione, di cui l’appuntamento dedicato a Centri Media e Concessionarie è probabilmente uno dei più attesi. Non una ‘guida’ in senso classico, ma uno strumento di lavoro pratico, utile e unico nel suo genere, che attraverso le testimonianze di tutti i principali operatori consente di leggere e interpretare i fenomeni passati – lo ripeto: anche se da un solo anno – e al tempo stesso dare spunti e idee che servono per guardare avanti, costruire nuove ipotesi, immaginare nuovi progetti e scenari. In un momento di andamento lento dell’economia, ma di accelerazione sempre più rapida dei fenomeni e delle tecnologie che la guidano, la industry della comunicazione oggi ha bisogno anche di questo. Salvatore Sagone presidente ADC Group e direttore responsabile news e contenuti di ADVexpress

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Un anno di transizione Capitolo 2. Aspettando il Grande Cocomero Capitolo 3. Concentrati per forza Capitolo 4. Nel mezzo della disruption Capitolo 5. Moratoria? Te salutant... Capitolo 6. Chi fa da sé... fa sul Web Capitolo 7. Viaggio fra i Big Data Capitolo 8. Misurare l’integrazione Capitolo 9. La caduta del muro Capitolo 10. Contenuti in cerca di sinergie Capitolo 11. Immaginare il futuro

5 10 18 36 46 54 62 66 72 78 86 94

I PROTAGONISTI: CENTRI MEDIA Havas Media Group Italy. Digital, content & data at the core IPG Mediabrands. Il link con l’innovazione Maxus. Fra stabilità e cambiamento Media Italia. Persone e strategie Mindshare. Adattarsi per crescere Omnicom Media Group. Nuove sfide, nuove opportunità Strategy & Media Group. Il cuore al centro ZenithOptimedia. Risolvere la complessità

102 106 110 114 118 120 124 126

I PROTAGONISTI: CONCESSIONARIE .Fox Networks. Strategia multi touchpoint Cemusa. Innovazione e fiducia Clear Channel Italy. Media Company Revolution Digitalia ’08. Premium audience Grandi Stazioni. Comunicazione attention getter Grandicentri. Verso nuove frontiere Gruppo Pubbliemme. IGPDecaux. Tra ragione e volontà Neopolis. Precisione e affidabilità NetMediaClick. Strategia Data Base Rai Pubblicità. Qualcosa è cambiato Sky Pubblicità. La stagione perfetta WakeUp Enterprises. Una nuova ricetta Yahoo Italia. User first

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DOVE TROVARLI Gli indirizzi

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la geografia del mercato

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Un anno di transizione L’attuale fase di turbolenza non aiuta a capire se siamo all’inizio di un nuovo ciclo. Ecco perchè in termini meramente quantitativi il prossimo sarà un anno di transizione, mentre dal punto di vista delle componenti del mercato continuerà l’evoluzione dei mezzi, soprattutto grazie a video e mobilità. Con la speranza di tornare a vedere nel 2014 un segno positivo.

INTERVISTA ad Alberto Dal Sasso, Advertising information Services Business Director di Nielsen. Anche se a fine 2012 qualcuno sperava nel contrario, l’andamento del mercato pubblicitario è stato anche quest’anno deludente: rispetto allo scorso cambiano forse le posizioni all’interno della classifica negativa, ma permane una situazione complicata. Quale sarà, a vostro parere, lo scenario generale di fine 2013? Da quali trend sarà caratterizzato per mezzo, settore merceologico, numero e tipologia di aziende…? Il 2013 si sta avviando verso una chiusura negativa. I primi otto mesi dell’anno si sono conclusi con un -15,7% dopo un 2012 che si era chiuso al -14,3%. Il mercato pubblicitario, quindi, si conferma come specchio di ciò che sta succedendo nella nostra economia, dove aleggiano ancora incertezza e preoccupazione dopo tre anni consecutivi di decremento importante. La forte crisi era iniziata nel secondo semestre del 2012 (-20,7%) verso il periodo omologo del 2011, dopo un primo semestre a -11,9%. È questo dunque uno dei motivi della minore riduzione dell‘ultima parte dell’anno 12

Alberto Dal Sasso, Advertising information Services Business Director di Nielsen

2013 che sta cominciando a far vedere qualche segnale di miglioramento, sulla Tv in particolare. Per quanto riguarda i settori/aziende, tutti hanno risentito e stanno risentendo del clima difficile: i settori storici come l’alimentare e le automobili


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TAV.1 - STIMA DEL MERCATO PUBBLICITARIO (Dati netti - Migliaia di Euro) (dati netti – migliaia di euro)

TOTALE PUBBLICITÀ QUOTIDIANI (1) PERIODICI (1) TV (2) RADIO (3) INTERNET (Fonte: FCP-Assointernet) OUTDOOR (Fonte: AudiOutdoor) TRANSIT OUT OF HOME TV CINEMA DIRECT MAIL

2013 Gen/Ago

2012 Gen/Ago

Var.%

3,982,724 566,035 334,341 2,180,715 227,655 310,187 57,674 58,850 9,658 12,844 224,764

4,724,161 729,350 439,969 2,552,247 260,529 319,902 58,951 64,493 10,993 17,761 269,968

-15,7 -22,4 -24,0 -14,6 -12,6 -3,0 -2,2 -8,7 -12,1 -27,7 -16,7

Note: l’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei Quotidiani dove sono utilizzati i dati FCPAssoquotidiani solo per le tipologie: Locale, Rubricata e Di Servizio, e delle Radio, dove sono utilizzati i dati FCP-Assoradio solo per la tipologia Extra Tabellare. Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP-Assoquotidiani e FCP–Assoperiodici. (1) Per i dati di Stampa Commerciale Locale, Rubricata e Di Servizio la fonte è FCP-Assoquotidiani (2) Il dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari (3) Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP -Assoradio Fonte: 2013 The Nielsen Company

hanno ridotto di oltre il 20% il loro investimento, mentre la telefonia, che nel 2012 aveva calato di un quarto lo spending, quest’anno è ferma a -6% e potrebbe anche ridurre nell’autunno il gap per arrivare intorno allo 0. Il toiletries è uno dei pochi settori vicini alla parità (-3,7%). L’unico settore in forte crescita è l’informatica, grazie al forte avvento del ‘mobile/tablet’, che sarà una delle caratterizzazioni e dei driver di cambiamento delle modalità di comunicazione. Per quanto riguarda le aziende, l’ultimo dato disponibile (ad agosto) mostra un calo dell’8,7% con un investimento medio che scende di circa il 6,9%. Ciò significa che la crisi è equamente distribuita tra quantità (numero inferiore di aziende) e capacità di investimento (riduzione generalizzata dello spending).

E cosa prevedete per il prossimo anno? Il 2014 potrà davvero essere l’anno della svolta? A quali condizioni? Quando si potrà, realisticamente, tornare a vedere un segno positivo nel mercato pubblicitario? I dati storici dicono che il 2014 sarà un anno di transizione e non sicuramente di cambiamento. Veniamo da due cicli identici nel trend: il primo che riguarda il periodo 1992-2000 e il secondo che si riferisce al 2000-2008. Entrambi sono contraddistinti dalle medesime fasi di decrescita rispetto ai picchi di due anni per poi avviarsi a una lenta ripresa. Dal 2009 ciò non è più successo. Oggi siamo di fronte a una fase di turbolenza e il 2013 non ci aiuta a capire se siamo all’inizio di un nuovo ciclo. Ecco perchè 13


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TAV.2 - I SETTORI D’INVESTIMENTO Gennaio/Agosto 2013

Quota % del settore sul mercato

Variazione % dell’investimento pubblicitario

Totale

100

-15.7

Abbigliamento Abitazione Alimentari Automobili Bevande/Alcoolici Cura Persona Distribuzione Elettrodomestici Enti/Istituzioni Farmaceutici/Sanitari Finanza/Assicurazioni Gestione Casa Giochi/Articoli Scolastici Industria/Edilizia/Attività Informatica/Fotografia Media/Editoria Moto/Veicoli Oggetti Personali Servizi Professionali Telecomunicazioni Tempo Libero Toiletries Turismo/Viaggi

5.0 3.5 13.2 11.1 5.2 5.2 5.7 0.8 2.2 5.5 4.7 3.7 0.5 1.8 1.0 5.8 0.8 1.9 2.1 9.2 2.6 5.6 3.0

-24.8 -16.6 -20.6 -25.6 -13.3 -10.2 -8.4 -21.4 -9.7 -11.6 -19.4 -13.1 -44.7 -33.0 40.4 -22.7 -14.5 -9.1 -25.2 -6.0 -32.9 -3.7 -16.7

Fonte: 2013 The Nielsen Company

il 2014 sarà in termini meramente quantitativi un anno di transizione, non dal punto di vista delle componenti del mercato, che evidentemente sta evolvendosi molto, soprattutto grazie a video e mobilità, ma dal punto di vista mezzi. Forse potremo tornare a vedere nel 2014 un segno positivo, anche se di poco. Alcune correlazioni che stiamo studiando tra andamenti di grandezze diverse dalle macroeconomiche solite (PIL e Consumi) e advertising nella recente storia contemporanea sembrano dare segnali di questo tipo. 14

Secondo alcuni operatori dei centri media, ci sono aree di investimento che in realtà sfuggono alle vostre rilevazioni, in particolare nell’ambito digitale: uno su tutti è il cosiddetto ‘content marketing’. L’osservazione non nasce come una critica, ma è spesso la base per giustificare un atteggiamento abbastanza ottimistico, secondo il


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TAV.3 - IL MERCATO A VALORI REALI E NOMINALI (Migliaia di Euro)

Fonte: The Nielsen Company

quale le cose in realtà andrebbero meno meno peggio di quanto il dato Nielsen effettivamente mette in luce. Ritenete sia una considerazione corretta? Ci sono settori e mezzi che pensate comunque di poter monitorare più a fondo? La tecnologia è il driver principale che sta cambiando l’offerta a una velocità mai vista prima, basti pensare che ci sono voluti 30 anni per passare dalla televisione generalista analogica alla digitale, 10 anni per vedere internet affermarsi e solo 5 (forse meno in Italia) per assistere all’esplosione dei social media. Le strutture/aziende che governano questo mercato sono ‘creature vive’ importanti, con dimensioni, vissuti e allo stesso tempo culture che non possono cambiare cosi velocemente (ce lo insegna la teoria del business). Quindi è più che

normale che tutti (domanda, offerta, intermediari e altri attori) stiano correndo per rinnovarsi e innovare. Internet così come l‘abbiamo conosciuto all’inizio del millennio è profondamente cambiato soprattutto grazie alla mobilità. Oggi si sente parlare da parte di grandi aziende di strategie ‘video’, non più legate al contenitore ma al contenuto, indipendentemente dalla piattaforma di delivery, di Social Tv. I dati Nielsen ci dicono che negli Stati Uniti nel primo trimestre 2011 sono stati registrati 63 milioni di tweet riguardanti programmi Tv. Nello stesso periodo del 2013 sono diventati 298 milioni. L’80% dei possessori di smartphone e tablet usa più volte il device mentre guarda la Tv e il 40% visita un social. Questi cambiamenti creano possibilità di business e comunicazione nuove che, pur non essendo ancora a livelli importanti in valore assoluto, cambiano la composizione dei mix di 15


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TAV.4 - LA CUSTOMER EXPERIENCE

comunicazione. Nielsen sta entrando da diversi “gates” in queste misurazioni per garantire il patrimonio informativo base per le scelte di comunicazione e nel contempo dare una fotografia del mercato più realistica possibile. Qual è il sentiment dei consumatori in questo momento? Coincide con quello delle imprese o se ne distacca? Per quali ragioni? Il numero crescente di piattaforme e schermi, come ha cambiato e come sta ancora cambiando il cosiddetto ‘consumer decision journey’? Che tipo di servizi offrite ad aziende e agenzie per aggiornare la mappa di questo viaggio e 16

aiutarle a orientarsi nell’oceano dei big data? Il consumer journey cambia profondamente. Il processo d’acquisto così come lo abbiamo studiato è stato per anni molto semplice e lineare: si partiva da un’esigenza/bisogno del consumatore che, esposto a uno stimolo sul punto vendita, vi si recava per l’acquisto e successivamente, se soddisfatto, lo replicava. Oggi la realtà è molto più articolata. Un consumatore ha molte fonti di approfondimento per ricercare informazioni e condividerle prima di completare l’acquisto. Cosa che può avvenire sul punto vendita oppure online. Inoltre, successivamente all’acquisto, può andare a influenzare le decisioni di amici e conoscenti con commenti e segnalazioni in rete. Ripensare in modo strategico e migliorare i


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TAV.5 - MERCATO ADV: IL CAMBIAMENTO DELLO SCENARIO

Il mercato pubblicitario è stabile sul lungo periodo (CAGR 2002-2012 annuo: +1,0%) 1. La TV resta la scelta principale degli inserzionisti (SOV 50%) 2. Internet/Digital si avvicina alla Stampa in termini di quota (*) Fonte: Nielsen Adex. Investimenti stime chiusura 2012. Internet comprende display, search+Facebook+YouTube

passaggi di questa relazione è fondamentale per tutti gli attori. Nielsen è entrata pienamente nella fase di studio e di supporto nella gestione dei big data. Si pensi ad alcuni recenti strumenti innovativi come Nielsen Online Campaign Ratings per restare nell’ambito della comunicazione aziendale, che rappresenta un esempio di utilizzo dei big data per migliorare le performance aziendali, in partnership con Facebook. Grazie a questa soluzione, infatti, è possibile clusterizzare meglio rispetto al passato gli utenti dei vari siti internet e di conseguenza ottimizzare, in modo tempestivo, gli investimenti in comunicazione su un mezzo strategico come Internet.

Sul fronte degli editori e delle concessionarie, uno degli effetti dell’avanzata del digitale è la ‘disruption’ dei modelli di business tradizionali: paradossalmente, infatti, nonostante l’aumento degli utenti e delle audience ‘complessive’, crescono le loro difficoltà a generare ritorni e margini adeguati. Qual è il vostro parere sul modo in cui questi operatori stanno reagendo alla situazione, acuita per di più 17


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dalla situazione economica a dir poco critica? Quali prospettive vedete per il futuro dei diversi mezzi? Il ruolo degli operatori è cambiato. Non esistono più confini così definiti e questo crea sicuramente opportunità ma anche preoccupazioni in tutte le realtà consolidate. Ricordo una recente intervista apparsa su Harvard Business Review (marzo 2013) in cui Martin Sorrel dichiarava che il suo set competitivo di riferimento non sarebbero più state le media companies ma ’It is Nielsen and GFK. It’s the data companies’. D’altro canto il Real Time Bidding sta cambiando il ruolo degli stessi, per esempio sul lato della intermediazione. Gli incroci, quindi, stanno nel nostro business rendendo tutto – parafrasando Baumann – più liquido. Le prospettive saranno rosee per chi riesce a cambiare pelle prima degli altri. Mi sembra che ci sia una forte rincorsa verso questo obiettivo, che coinvolge tutte le funzioni aziendali. Le stesse devono essere ripensate e ridisegnate tenendo ben presente l’iperbole evolutiva del mercato. Vince chi comprende prima e riesce a sfruttare meglio e in anticipo il vento del cambiamento. Sembrerà banale dirlo, ma alcuni lo stanno facendo. L’integrazione e la multicanalità che si invocavano 10 anni fa sono ormai sotto molti punti di vista un dato di fatto, sia dal lato della domanda, sia da quello dell’offerte dei diversi media. Ma quali ricerche, metriche e strumenti di analisi riescono oggi a indicare con precisione l’effettivo valore e la reale efficacia di questo tipo di comunicazione? Non sarebbe arrivato il momento di “integrare” anche le analisi e la

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misurazione dei media? Nielsen ha fatto dell’integrazione la propria strategia di approccio al mercato negli ultimi anni. Il nostro claim è ‘what people watch, what people buy’ che racchiude in sé lo sforzo di tutta l’organizzazione nel fornire soluzioni integrate per quei clienti che devono seguire i consumatori nel loro ‘viaggio’. Molti sono gli esempi in quest’ambito, dal Nielsen Brand Media View al già citato Nielsen Online Campaign Ratings. È in ogni caso importante non perdere di vista le peculiarità dei mezzi nel loro avvicinamento, tenendo conto che forse per la prima volta ‘il mezzo non è più il messaggio’ come preconizzato oltre 30 anni fa da Marshall Mc Luhan, e che la iconica distinzione tra media ‘freddi’ e media ‘caldi’ forse non sia più così valida. Oggi, in molti casi, ciò che si definisce ‘ecosistema digitale’ è ancora un sistema frammentato e parzialmente chiuso, nettamente diviso da quello costituito dai media ‘tradizionali’. In previsione, però, entro pochissimi anni assisteremo alla scomparsa delle barriere fra on e off line: quali saranno secondo voi le conseguenze di tale processo per i brand? Che ruolo giocherà, in quest’ottica, il sistema altrettanto frammentato del retail e/o dell’eCommerce? Tutto vero. Cito una semplice ricerca effettuata recentemente sul settore eCommerce in italia che credo testimoni molto bene l’approccio e la trasversalità nell’utilizzo dei mezzi. In particolare, gli operatori di eCommerce, nativi digitali per definizione, per aumentare l’awareness e di conseguenza la propria base utenti investono sempre di più sui media offline,


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TAV.6 - LA TECNOLOGIA CAMBIA I COMPORTAMENTI

in particolare Tv, Radio e Quotidiani, con risultati spesso positivi. È chiaro che la rete ‘disintermedia’ per definizione, ma non si può negare che oggi la

stessa rete non sia altro che un nuovo canale distributivo che ha dato e dà l’opportunità di incontrare i consumatori nel loro nuovo ‘consumer Journey’. Amazon docet.

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Aspettando il Grande Cocomero Il 2013 si sta per chiudere con un segno negativo per quasi tutti i mezzi, se non tutti. Le previsioni per il 2014 non sembrano particolarmente positive, ma l’andamento potrebbe oscillare tra una lieve contrazione e una leggerissima crescita, forse una stabilizzazione. Tutto dipende dalla stabilità politica del paese.

Il 2012 è stato archiviato come uno degli anni peggiori del mercato pubblicitario italiano. La contrazione ha coinvolto i principali settori merceologici e quasi tutti i mezzi. Poteva andar peggio? Sembra di sì. Il 2013 chiuderà, infatti, con un’ulteriore contrazione. Stando alle stime di ZenithOptimedia questa dovrebbe essere nell’ordine del -12,2%. Ancora più forte la riduzione se si prendono a riferimento i dati Nielsen, che sul primo semestre dell’anno ha stimato un decremento complessivo del mercato pari al -17,4%, determinato anche da una riduzione del -9% nel numero di inserzionisti pubblicitari. Un calo netto di 13.114 aziende inserzioniste, che per quest’anno hanno detto arrivederci al mercato pubblicitario, rinunciando a sostenere il proprio business e a preservare la propria visibilità presso il consumatore. Se l’andamento decrescente non fa più notizia, il delta negativo segnato da internet, che ha raggiunto il giro di boa del primo semestre 2013 con un -2,1%, invece, si segnala come una spia di allarme. Per la prima volta, quindi, l’online advertising non solo scende al di sotto dei due punti percentuali di crescita, ma segna addirittura un’inversione dell’andamento. E, sebbene il secondo semestre sembri caratterizzato da risultati più confortanti, è difficile immaginare che l’online chiuda l’anno con qualcosa di 20

meglio di un pareggio. Se Nielsen offre uno spaccato ancora più duro della realtà 2013, ZenithOptimedia congela ogni speranza di ripartenza con una stima ancora negativa per il 2014, che dovrebbe far segnare un -3%, con il solo mezzo online capace di evidenziare nuovamente un andamento positivo. Anche ad aguzzare la vista e gettare lo sguardo oltre il 2014 e verso il 2015, le previsioni non paiono particolarmente incoraggianti, tanto che ZenithOptimedia stima un mercato stabile, con chiusura d’anno al +0,8%, assimilabile più a un rimbalzo tecnico che a una vera ripartenza. I dati, per fortuna, non sono tutto e il mercato dei media e dell’advertising ha dimostrato in questi ultimi anni di crisi di saper comunque innovare. A sostegno degli ottimisti vengono, come suggerisce Nielsen, alcune considerazioni: i consumi mediali degli italiani, che non accennano a diminuire, anzi crescono, grazie alla moltiplicazione dei touchpoint; la crescente capacità del consumatore di esprimere il suo parere verso l’azienda, conferitogli dai social network, un potere che richiede presidio costante da parte delle aziende e quindi investimenti adeguati in comunicazione e pubblicità; la diffusione di smartphone e tablet che accende l’interesse delle aziende verso i big data a la rilevazione dei consumi online; e, non ultima, la capacità dell’Italia di attrarre grandi investitori stranieri, quali Google, Amazon,


capitolo2

1 - STIMA RICAVI PUBBLICITARI ITALIA, 2008-2015

Fonte: ZenithOptimedia, settembre 2013

Facebook, etc. Il punto di vista delle concessionarie rispecchia questo spaccato, con valutazioni più prudenti e altre capaci di andare oltre la contingenza e individuare i germi di una possibile ripartenza. Perché, come suggerisce Alessandro Loro (marketing director di IGPDecaux) citando Gramsci, lo sguardo che i marketer rivolgono al mercato è preda di una tensione tra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. E non sempre il punto di vista assunto è specchio dell’andamento della propria struttura, piuttosto un metro della fiducia nel sistema paese. Il pessimismo della ragione “Se le condizioni macroeconomiche non mutano, bisogna rimanere necessariamente prudenti anche per il 2014 - afferma Lorenzo Montagna,

amministratore delegato e direttore commerciale di Yahoo! Italia -. Sicuramente la presenza di grandi eventi come le Olimpiadi invernali e la Coppa del Mondo di calcio invoglieranno all’investimento in comunicazione, ma la quantificazione dell’effetto traino complessivo è tutta da verificare. Non ho però dubbi che Internet possa continuare ad esprimere un tasso di crescita positivo mentre non sono certo che lo stesso possa accadere per altri mezzi”. Una posizione che viene condivisa da Marco Dallamano. “Il mercato pubblicitario è in forte crisi oramai da alcuni anni, soprattutto per quanto riguarda i mezzi classici come televisione, quotidiani, periodici outdoor. L’unico mezzo di comunicazione in forte crescita è infatti internet, la cui diffusione così capillare fa segnare una crescita parziale del mercato pubblicitario online 21


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2 - L’ANDAMENTO DEI MEZZI IN ITALIA, 2012-2015

Fonte: ZenithOptimedia, settembre 2013

– argomenta il direttore generale di Cemusa –. Tutti gli altri mezzi restano in linea con il mercato totale, contrassegnati da un segno negativo, anche se, in questo ultimo anno sembra esserci un’inversione di tendenza che sta portando a un lieve miglioramento in alcuni dei segmenti pubblicitari, con differenti proporzioni. Bisogna però ricordare che, a causa della crisi economica che crea inevitabilmente una sfiducia nel futuro, in soli quattro anni la spesa pubblicitaria in Italia si è quasi dimezzata scendendo nel 2012 a 6,6 miliardi di euro, una cifra che testimonia la tendenza delle aziende italiane a non investire nel mercato pubblicitario, considerando la comunicazione non come un’opportunità, ma come un costo. Per auspicare una ripresa bisogna innanzitutto rilanciare l’economia, incoraggiando 22

le aziende ad investire. Tutto ciò è possibile solo supportando l’immagine dei loro prodotti con lo scopo di aiutare le aziende a mantenere e/o aumentare le quote di mercato in loro possesso. In un momento di così profonda crisi, chi ha il coraggio di investire e continuare a farsi vedere dal consumatore, denota affidabilità e inevitabilmente produce richiesta e quindi consumo del proprio prodotto”. Il rilancio dell’economia del paese deve partire da una presa di coscienza della sua condizione. Allo stesso modo per un approccio corretto al mercato pubblicitario, come chiarisce Paolo Dosi, risulta necessario fare riferimento a stime realistiche. “Credo che l’errore commesso da molte concessionarie nel passato sia stato quello


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3 - ADV SHARE PER MEZZO (I° SEM. 2013)

Fonte: 2013 The Nielsen Company

di essersi affidate alle azzardate previsioni ottimistiche che puntualmente si ‘sciorinano’ tra settembre e ottobre, auspicando una ripresa, per così dire, passiva – spiega l’amministratore delegato di Clear Channel Italy –. Sinceramente, non confido in una ripresa nel 2014, però sono convinto che, rappresentando circa l’1,4% del mercato della pubblicità, senza contare il ‘below the line’, Clear Channel abbia ampie opportunità di crescita, che nasceranno e si svilupperanno internamente attraverso una leadership commerciale più strutturata e professionale, un’offerta più rispondente alle esigenze degli advertiser e una maggiore capacità di interloquire efficacemente con tutti gli ‘stakeholder’ del mercato (clienti, agenzie creative, agenzie media , specialist e broker). Clear Channel dispone di asset di grande qualità, ma questo non basta, dobbiamo offrire soluzioni

di comunicazione ai nostri clienti e fino a quando si continuerà a vendere solo pannelli, l’intero mezzo continuerà ad essere marginalizzato”. Come sempre nei periodi di difficoltà è importante saper capitalizzare l’esperienza per poter poi ripartire di slancio. È questo il pensiero espresso da Filippo Delia, amministratore di Wake Up Enterprises: “mi auguro una ripartenza, ma non vedo uno scenario molto rassicurante, non credo che la crisi dei mercati svanisca nel 2014 per lasciare il posto ad un new deal che faccia ripartire produzione e investimenti a livelli pre-crisi. Vedo però l’esigenza di sfruttare questo periodo per capire cosa non funziona nel mercato degli investimenti pubblicitari e ho la convinzione che un numero sempre crescente di aziende vorrà diversificare gli investimenti e proverà nuove soluzioni per ottenere massima visibilità”. 23


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4 - VAR. % NUMERO INSERZIONISTI E ADV PER MEZZO (I° SEM. 2013)

Fonte: 2013 The Nielsen Company

L’ottimismo della volontà Se i cauti chiudono con una nota di positività individuando nel periodo di crisi economica un’occasione per studiare e meglio comprendere il mercato degli investimenti pubblicitari, gli ottimisti non possono che sbilanciarsi, non troppo, auspicando una ripartenza, contenuta o, più probabilmente, mascherata da stabilizzazione. “È difficile fare delle previsioni per il 2014 – premette Loro –. Le proiezioni macroeconomiche nazionali dicono che il 2014 dovrebbe portare in regalo un lieve miglioramento del PIL. Questo sarà però determinato da un incremento dell’esportazione e difficilmente sarà significativamente superiore all’1%. Tenendo conto che esiste una contro intuitiva 24

correlazione positiva tra esportazioni e spesa pubblicitaria nel paese d’origine, è verosimile immaginare una stabilizzazione”. Anche Marco Osti, direttore commerciale di Grandicentri, si dichiara ottimista, un sentimento che nasce dalla sensazione che “anche nelle aziende ci sia voglia di ripresa, di ricominciare a investire per far ripartire il mercato. Lo percepiamo dall’atteggiamento dei nostri clienti che è meno negativo rispetto al passato. È vero che parliamo di una delle più gravi crisi mai vissute, ma si avverte la tendenza verso la ripartenza”. Un atteggiamento che Lucio Bergamaschi avverte solo in parte. “Bisogna sempre essere ottimisti – dice il procuratore generale di Neopolis –, ma guardando i numeri temo che anche il 2014 sarà un anno difficile, forse nell’ultimo quarter cominceremo a notare i benefici effetti di Expo almeno su Milano, ma ciò dipenderà anche dalle scelte che farà la società di gestione. Finora non ha praticamente investito un euro in pubblicità esterna contando sulle gratuità e sugli invenduti. Speriamo che dal 2014 si inverta la rotta e si decidano a spendere qualcosa”. Come nel caso di Expo, il cambio di trend per alcune strutture potrebbe essere reso possibile grazie a fattori esogeni che consentiranno di anticipare nel 2014 una ripartenza che forse si concretizzerà per il settore solo nel 2015. È il caso di Rai e di Sky che nel 2014, anno pari, saranno avvantaggiate dalla presenza di eventi di grande richiamo. “Il 2014 sarà un anno favorevole per Rai. Avremo il vantaggio dei Mondiali di Calcio in Brasile, con le partite che saranno trasmesse in orari perfetti, perché saranno tutte in prime time, quindi ci aspettiamo ottimi risultati – dice Fabrizio Piscopo, direttore generale Rai Pubblicità –. Come ogni anno, ci sarà l’appuntamento con il Festival di Sanremo, che sarà nuovamente condotto da Fabio Fazio.


capitolo2

5 - CRESCITA DEL PIL REALE E NOMINALE (%), 2008-2017

Fonte: PwC, Informa Telecoms & Media

Inoltre, abbiamo in progetto svariate novità e innovazioni nell’ambito della fiction. Tutto questo senza contare che ci confrontiamo con un anno dispari senza eventi particolari. Il 2014 di Rai sarà quindi sicuramente in crescita. Per quanto concerne il mercato, io penso che ci sarà finalmente il rimbalzo, anche se piccolo e attorno al +2%”. Sulla stessa linea Daniele Ottier, che prevede un mercato ancora in contrazione o al massimo stabile e un andamento di Sky più che positivo. “Purtroppo in questo momento è difficile fare previsioni, la pubblicità è legata al PIL e ai consumi domestici e questi sono legati al quadro politico – constata il direttore di Sky Pubblicità –. La stabilità sempre precaria del nostro paese non aiuta ovviamente una

ripartenza. Contestualmente dobbiamo tenere conto che oggi la pubblicità ha raggiunto livelli molto bassi rispetto al 2008-09 e che l’Italia in valore assoluto rimane un grande paese per quanto riguarda i volumi di consumo. Questo quadro suggerisce che il periodo di contrazione maggiore dovrebbe essere terminato e il mercato dovrebbe andare almeno verso una fase di stabilizzazione. Per quanto riguarda Sky prevediamo un anno in crescita, anche e soprattutto in ragione dei contenuti esclusivi che avremo a disposizione: le Olimpiadi invernali, tutte le 64 partite del Mondiale di Calcio in Brasile, il Moto GP, ma anche tutto l’intrattenimento che ci caratterizza”. Come in ogni coro che si rispetti c’è qualcuno 25


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6 - CRESCITA DELL’ENTERTAINMENT & MEDIA E DEL PIL NOMINALE, 2009-2017 (%)

Fonte: PwC, Informa Telecoms & Media

che sembra suonare per i fatti suoi, su un’altra melodia, così, in questo caso, si registra la situazione di .FOX Networks. “Sono un ottimista di natura – dichiara Francesco Barbarani Head of .FOX Networks & Digital Fox International Channels Italy –. Personalmente e per .Fox questi sono anni di grande soddisfazione. Ci sono ancora due mesi in cui raggiungere risultati nel 2013 e le indicazioni sono per una crescita ulteriore periodo su periodo. Il mercato è sempre più frenetico, e risulta sempre più complicato realizzare delle previsioni”. Un nuovo media mix in attesa della stabilità politica Nel corso di una conferenza organizzata dal Financial Times lo scorso aprile, il chairman di WPP, Sir Martin Sorrell ha rilasciato una 26

dichiarazione destinata a far riflettere i marketer. Il succo del discorso? Facile, secondo le stime di eMarketer l’editoria attrae il 23% della spesa pubblicitaria, ma assorbe solo il 6% del tempo dell’audience, mentre il mobile assorbe il 12% del tempo del consumatore e solo il 3% degli investimenti pubblicitari. Per completare il quadro: la TV raccoglie il 43% degli investimenti e il 43% del tempo dell’audience e pure radio e outdoor presentano un rapporto coerente tra tempi di consumo e raccolta pubblicitaria. “Insomma - ha concluso Sorrell – le due grandi anomalie sono i quotidiani e i magazine. Stiamo ancora investendo il 20% dei budget pubblicitari dei nostri clienti su questi mezzi, ma i consumatori gli dedicano tra il 7% e il 10% del loro tempo. Questo deve cambiare”. Oltre a far eventualmente preoccupare gli edito-


capitolo2

6 – SPESA PUBBLICITARIA NEL SETTORE ENTERTAINMENT & MEDIA , 2008-2017 (MILIONI DI €) Television y-o-y change Radio y-o-y change Cinema y-o-y change Out-of-Home Advertising y-o-y change Internet y-o-y change Consumer Magazines y-o-y change Newspapers y-o-y change Trade Magazines y-o-y change Directories y-o-y change Video Games y-o-y change TOTALE y-o-y change

2008 2009 2010

2011

2012

2013

3.477 6,1% 478 7,7% 45 12,2% 229 0,5% 886 21,3% 775 -5,4% 1.235 -2,9% 48 1,8% 1.055 -7,2% 27 8,7% 7.698 0,8%

3.379 -2,8% 441 -7,8% 38 -15,0% 205 -10,8% 1.124 26,8% 796 2,7% 1.159 -6,1% 57 19,2% 984 -6,7% 29 7,5% 7.473 -2,9%

2.863 -15,3% 396 -10,3% 34 -10,0% 180 -12,3% 1.281 14,0% 650 -18,4% 971 -16,3% 59 4,1% 974 -1,0% 31 6,3% 6.620 -11,4%

2.700 -5,7% 379 -4,3% 34 -1,2% 186 3,7% 1.424 11,2% 589 -9,3% 856 -11,8% 62 5,2% 947 -2,8% 34 8,7% 6.317 -4,6%

3.641 3.276 -10,0% 481 444 -7,7% 40 42 -4,4% 228 245 -6,8% 730 689 6,0% 819 1.149 -28,7% 1.515 1.272 -16,0% 47 60 -21,6% 1.309 1.136 -13,2% 25 21 16,1% 8.823 7.641 -13,4%

2014 21015 2016 2.861 6,0% 372 -1,7% 36 5,3% 192 3,4% 1.608 12,9% 552 -6,3% 765 -10,7% 66 5,9% 942 -0,5% 36 6,2% 6.460 2,3%

2.997 4,7% 374 0,5% 37 4,8% 197 2,3% 1.800 11,9% 538 -2,6% 694 -9,3% 68 3,9% 941 0,0% 37 4,6% 6.633 2,7%

3.167 5,7% 384 2,6% 39 4,3% 198 0,7% 1.979 10,0% 531 -1,3% 638 -7,9% 70 2,6% 949 0,8% 39 4,0% 6.868 3,6%

2017 CAGR % 2013-17 3.303 4,3% 2,9% 398 3,6% 0,1% 41 4,2% 3,4% 199 0,5% 2,1% 2.158 9,0% 11,0% 524 -1,2% -4,2% 599 -6,2% -9,2% 72 2,4% 4,0% 957 0,9% -0,3% 40 3,2% 5,3% 7.096 3,3% 1,4%

Fonte: PwC, Informa Telecoms & Media

ri cartacei rispetto ai loro profitti, l’affermazione di Sorrell si presta a una riflessione più generale sulle logiche di pianificazione dell’investimento in comunicazione da parte delle aziende. Come spiega Vittorio Bonori, ceo di ZenithOptimedia, infatti: “Il mercato continua la sua sempre più rapida trasformazione accompagnata, in questo momento, da una non certo apparente erosione: le nostre stime sono di una chiusura del 2013 fra il -12% e il -15%. La mia impressione è che però sia ancora molto difficile misurare il nuovo che avanza, e che questa sia una fotografia legata a schemi ormai obsoleti: il quadro reale è diverso e credo di poterlo testimoniare dall’andamento di Zenith

in aree come il branded content, il performance marketing, le piattaforme tecnologiche e l’audience planning: tutte aree di crescita importanti ma non ancora quantificate o quantificabili secondo modelli standard. Si tratta nel complesso delle nuove frontiere del digitale che, se fossimo in grado di misurarle meglio, ci restituirebbero uno scenario non così negativo ma a diverse velocità. Per il 2014 non possiamo che prevedere il proseguimento di questo trend: non assisteremo di sicuro a un ritorno degli investimenti del passato, anche se emergono alcuni segnali di ripresa, il primo dei quali è la fiducia dei consumatori che sta lentamente risalendo ed è quasi tornato 27


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8 - La fiducia degli italiani

Fonte: Istat

ai livelli pre-crisi. Sarà inoltre un anno caratterizzato dagli eventi sportivi e dall’avvicinamento ad Expo 2015, fattori che potrebbero entrambi dare soddisfazioni a chi si saprà trasformare. Resterà invece immutata la situazione più problematica che riguarda in particolare alcuni dei mezzi classici”. Cambiando il punto di vista, quindi, il panorama muta a sua volta e, secondo l’amministratore delegato di ZenithOptimedia il cambiamento sarebbe in meglio. I dati però non sono così incoraggianti e come suggerisce Ludovica Vanni, amministratore di Strategy & Media Group, “la fine del 2013 non riserverà sorprese; il leggero vento di ripresa di questa seconda parte dell’anno è in parte determinato dal picco negativo di fine 2012. Lo scenario di instabilità politica, pressione fiscale e incertezza sul futuro certamente non aiutano. Per portare ottimismo servirebbero azioni forti 28

nel mondo dell’economia e della finanza”. Un’analisi condivisa da Isabelle Harvie-Watt: “Personalmente vedo una fine d’anno più vicina al -15% rispetto a quanto stimato da PwC – è la risposta di–. Diciamo che da luglio in poi si è registrato un andamento meno negativo rispetto al -22% segnato a marzo. Ma sarà difficile un recupero così consistente entro la fine del 2013”. La country manager di Havas Media Group Italy si sbilancia rispetto al futuro prossimo solo in ragione dei grandi eventi che caratterizzeranno il prossimo anno. “Per quanto riguarda il 2014, non vedo ancora con chiarezza una tendenza – continua Harvie-Watt –. In Europa, altri paesi dopo aver toccato il fondo hanno preso delle contromisure e iniziato a risalire: l’Italia non ancora. È vero però che siamo alla vigilia di un appuntamento importante come i Mondiali di Calcio, e che in vista dell’Expo 2015


capitolo2

9 - La fiducia delle imprese

Fonte: Istat “La fiducia delle famiglie e delle imprese italiane è di nuovo in calo. Lo mostrano i dati Istat di ottobre che in modo significativo hanno cambiato segno dopo una sequenza di aumenti iniziati nei mesi primaverili. Come mostrano i grafici, il calo della fiducia del mese di ottobre non è tanto rilevante da rimangiarsi i progressi precedenti. Le famiglie e le imprese continuano a mostrarsi ben più ottimiste che nel primo semestre del 2013, sia relativamente alle prospettive dell’economia nel suo complesso che relativamente alle loro prospettive individuali. Ma i dati di ottobre sono un campanello d’allarme da considerare con attenzione perché un calo duraturo degli indici di fiducia potrebbe minare la fragile ripresa” (Francesco Daveri, LaVoce.info, 30 ottobre 2013 – www.lavoce. info/senza-fiducia-niente-ripresa)

sicuramente un maggior fermento non potrà non esserci. Per questo sono abbastanza allineata all’ultimo forecast di Zenith che indica un anno al -3%. Ma non sarei così sicura che la si possa definire una ‘ripresa’”. In questi termini non si può più parlare di ottimismo o pessimismo, giocando a forzare le posizioni, ma solo di realismo perché come sottolinea Roberto Binaghi, chairman e ceo di Mindshare. l’attesa si sta protraendo da troppo tempo. “Gli ultimi anni li abbiamo trascorsi come Linus che, sperando nell’arrivo del Grande Cocomero nella notte di Halloween, la tanto sospirata ripresa, veniva puntualmente smentito dalla cinica, ma realista Lucy – dice Binaghi, ricorrendo a una parallelo fumettistico –. L’ottimismo è una cosa sana a condizione di non sconfinare nella dabbenaggine, per questo lo scenario ancora complicato ci ha imposto un ulteriore ritocco al ribasso delle nostre proiezioni

con una stima di chiusura 2013 a -14%, che confidiamo essere l’ultimo scalino in discesa”. E per il 2014? “Proiettiamo un +1.5% che non sarà il Grande Cocomero, ma un necessario primo passo in controtendenza – risponde Binaghi –. Detto questo, ‘keep calm and…non perdiamo di vista il contesto’ nel quale siamo immersi; un tasso di disoccupazione ormai stabilmente al 12%, che diventa drammatico se valutato sulle fasce più giovani della popolazione e consumi in stallo ormai fisiologico. Senza indulgere in populismi da talk show di prima serata ad oggi è veramente difficile essere poco più che timidamente fiduciosi”. Una fiducia che viene costruita e rinegoziata trimestre dopo trimestre, come chiarisce il ceo di IPG Mediabrands, Gian Paolo Tagliavia, dato che “le aziende, tutte, vivono ormai quarter dopo quarter, e l’ultimo biennio è stato caratte 29


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10 - LE PRIME 20 NAZIONI PER INVESTIMENTI PRO-CAPITE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

TOTALI (1) Australia $582 1 UK (3) $540 2 Norvegia $535 3 USA (3) $404 4 Danimarca $397 5 Canada $393 6 Svezia $347 7 Olanda $328 8 Germania $320 9 Giappone $319 10 Finlandia $304 11 Francia $227 12 Corea del Sud $187 13 Italia $183 14 Spagna $136 15 Russia $101 16 Brasile $90 17 Cina (4) $69 18 Argentina $39 19 Messico $36 20 WORLDWIDE $73

DIGITALI (2) Norvegia USA Australia Svezia Canada Danimarca UK Finlandia Giappone Germania Olanda Francia Corea del Sud Italia Spagna Brasile Argentina Russia Messico Indonesia WORLDWIDE

$209 $201 $191 $174 $163 $119 $118 $104 $97 $91 $73 $67 $53 $51 $37 $26 $25 $23 $13 $12 $46

(1) comprende il digital (online e mobile), directory, periodici, quotidiani, outdoor, radio e televisione (2) include la pubblicità che appare su pc desktop e laptop, oltre che su telefoni cellulari e tablet e comprende qualsiasi formato appaia su quelle piattaforme (3) comprende Sms, Mms e gli annunci nei sistemi di messaggistica P2P (4) esclude Hong Kong Fonte: eMarketer, agosto 2013

rizzato da questa scarsa visibilità. Per questo le mie aspettative per il 2014 non sono quelle di un anno di svolta: per parlare di una ripresa sostenuta dovremo aspettare come minimo il 2015. Ciò che auspico per il prossimo anno è quanto meno l’avvio di una fase di stabilizzazione, e credo che, ottimisticamente, il risultato finale del 2014 potrebbe essere fra un +1 e un -1 percento. Stiamo inoltre parlando di un mercato in cui i tassi di crescita dei diversi mezzi sono relativi: la televisione tiene, il digitale, pur se con qualche rallentamento, continua a crescere, mentre gli altri mezzi stenteranno a 30

difendere la propria quota, e sarà difficile che riescano a recuperare anche solo in parte il terreno perso”. Le condizioni per una ripartenza del comparto sono, secondo Tagliavia, le stesse già individuate da Isabelle Harvie-Watt. “La ripresa necessita di un sistema paese capace di guidarla. Non è una generalizzazione – puntualizza –, ma un dato di fatto e un discorso molto pratico: è un tema di prospettive e di scenario politico che riguarda il ROI dell’Italia rispetto a quello di altri paesi. In questo senso condivido con molti mie colleghi internazionali le preoccupazioni per l’instabilità


capitolo2

11 - WORLDWIDE: LE PREVISIONI DI CARAT Nord America USA Canada Europa Occidentale UK Germania Francia Italia Spagna Europa Centrale e dell’Est Russia Asia Pacifico Australia Cina Giappone America Latina Brasile TOTALE

2013 3,1% 3,1% 3,4% -2,3% 3,6% -1,0% -3,3% -11,7% -9,7% 5,9% 11,2% 4,7% 0,0% 6,9% 1,3% 9,0% 4,6% 3,0%

2014 3,0% 3,0% 3,3% 1,4% 5,0% 0,0% 0,8% -1,3% 1,1% 7,4% 11,0% 5,2% 1,0% 7,9% 1,0% 14,5% 12,3% 4,5%

Tassi di crescita annuali a prezzi correnti Fonte: Carat, settembre 2013

della nostra situazione politico-economica: nel momento in cui si devono allocare delle risorse bisogna decidere se farlo dove queste renderanno di più o dove si rischierà di meno. E in questo momento l’Italia è in trappola: il suo rendimento non è particolarmente appetibile e, in più, il contesto è vissuto come rischioso. Solo delle vere riforme di sistema potrebbero consentire di cambiare la situazione: ma le innegabili difficoltà e la lentezza con cui si sta procedendo oggi sono il primo freno alla ripresa”. Quello della stabilità politica, del resto, è un tema cardine. “Quel che vediamo noi coincide con le stime di Group M, secondo cui l’anno si dovrebbe chiudere con un calo degli investimenti di circa il -14,5%, mentre per il 2014 è prevista una leggerissima crescita dell’ordine del +1% o +1,5% – dice Alessandro Campanini,

12 - WORLDWIDE: LE PREVISIONI DI GROUP M Nord America Δ% America Latina Δ% Europa Occidentale Δ% Europa Centrale e dell’Est Δ% Asia-Pacifico Δ% Medio Oriente & Africa Δ% TOTALE Δ%

2012 166.338 3,4 32.074 5,3 99.554 -4,0 19.064 6,5 155.127 7,6 18.004 12,6 490.161 3,6

2013f 2014f 169.378 74.158 1,8 2,8 34.837 37.838 8,6 8,6 97.133 98.893 -2,4 1,8 20.430 22.113 7,2 8,2 166.359 179.947 7,2 8,2 18.884 19.901 4,9 5,4 507.021 532.849 3,4 5,1

Investimenti media, milioni di dollari a prezzi correnti Δ = Tassi di crescita su anno precedente Fonte: GroupM, agosto 2013

amministratore delegato di Maxus Milano –. È vero che i Mondiali di Calcio in Brasile potrebbero portare qualcosa in più, ma è chiaro che, su un mercato complessivo che vale pressappoco 7 miliardi l’1% è comunque davvero poco. Diciamo che il nostro auspicio è quanto meno che sia messo un freno alla discesa degli ultimi anni, caratterizzati da una crisi lunga e penosa, la peggiore dal dopoguerra, in cui il mercato dal 2010 a oggi ha perso qualcosa come 3 miliardi. Se la speranza, quindi, è di essere davvero arrivati alla fine di questo lungo ciclo negativo, perché si arrivi a una reale ripresa occorrono innanzitutto stabilità politica ed economica e una maggior fiducia da parte di tutti gli italiani, che dalla crisi escono innegabilmente più poveri. I due discorsi sono strettamente legati, perché solo dagli stimoli economici dipenderà il ritorno all’ottimismo dei consumatori, che a sua volta potrà indurre le aziende a ripartire con gli investimenti. Ancora, purtroppo, i segnali 31


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13 - WORLDWIDE: LE PREVISIONI DI EMARKETER 2011 Nord America $170,86 Asia-Pacifico $134,19 Europa Occidentale $110,22 America Latina $31,13 Europa Centrale e dell’Est $19,33 Medio Oriente & Africa $15,96 TOTALE $481,68

2012 $178,27 $142,37 $109,01 $34,39 $20,99 $18,04 $503,07

2013 $184,73 $143,23 $110,21 $36,97 $22,67 $19,28 $517,10

2014 $191,94 $152,11 $112,69 $40,97 $24,41 $20,62 $542,73

2015 $197,97 $161,08 $114,94 $44,86 $26,07 $21,85 $566,77

2016 $205,91 $169,78 $117,12 $49,34 $27,71 $23,10 $592,97

2017 $212,44 $178,78 $119,23 $53,29 $29,31 $24,25 $617,31

Dati in miliardi di dollari. Include digital (online e mobile), directory, periodici, quotidiani, outdoor, radio e televisione Fonte: eMarketer, agosto 2013

14 - CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICITARI PER BLOCCHI REGIONALI (2012-2013)

Fonte: ZenithOptimedia

incoraggianti da questo punto di vista sono molto deboli e molto scarsi. Il mercato resta tutto sommato polarizzato sulle due grandi 32

‘bolle’ della televisione e del web, e in questo momento è difficile prevedere un’inversione di tendenza di questo main trend”.


capitolo2

15 - RECMA: IL RANKING DELLE AGENZIE MEDIA IN ITALIA (2012) # Market Share 2012 1 18,2% 2 12,4% 3 10,7% 4 10,3% 5 9,2% 6 7,4% 7 6,6% 8 5,3% 9 4,6% 10 3,3% 11 2,8% 12 2,6% 13 2,5% 14 2,2% 15 1,9% 100%

Totale Attività 2012 * 1.220 MEC/GroupM 833 Carat/Dentsu Aegis Network 720 ZenithOptimedia/Publicis Media 695 Mindshare/GroupM 621 OMD/OMG 495 Maxus/GroupM 443 Mediacom/GroupM 358 Media Italia/Armando Testa 311 Starcom SMG/Publicis Media 219 Havas Media/Havas Media 191 Vizeum/Dentsu Aegis Network 172 PHD/OMG 167 Initiative/Mediabrands 147 UM/Mediabrands 126 MC&A MediaVest/SMG-Publicis Media 6.718 TOTALE Top 15 AGENZIE / HOLDING o MEDIA NETWORK

Totale Attività 2011 * 1.220 850 720 732 615 390 430 385 345 190 220 170 185 140 105 6.697

Δ 12/11

STAFF 2012 2011

0% -2% 0% -5% 1% 27% 3% -7% -10% 15% -13% 1% -10% 5% 20% 0%

285 175 164 160 185 122 118 87 88 85 48 60 47 45 35 1.704

287 160 158 161 170 96 118 92 105 70 52 60 52 45 30 1.656

Rapporto Attività/ Staff 4,3 4,8 4,4 4,3 3,4 4,1 3,8 4,1 3,5 2,6 4,0 2,9 3,6 3,3 3,6 3,9

Fonte: RECMA, luglio 2013 * Dati in milioni di euro Nota: il “Totale Attività” è la metrica adottata da Recma per il ranking delle agenzie media, e comprende i billing per planning e buying insieme ad altre tre categorie di servizi: 1 – Servizi Digital (in sei differtenti segmenti, dal display alla produzione web) 2 – Servizi Diversificati (Branded Content/Eventi/Sponsorizzazioni/Sport Marketing locale/Retail/Multiculturali/Econometrici/ Ricerche Ad Hoc e Consulenza Marketing/Bartering/ecc...) 3 – Coordinamento account internazionali Di conseguenza, il volume del Totale Attività è superiore a quello dell’amministrato (billing) che rappresenta, a seconda dei casi, fra il 50% e il 90% del volume d’affari di un’agenzia media

Tutte le premesse rispetto al sistema paese non possono però cancellare la convinzione del settore rispetto a un rallentamento nel 2014 del trend di contrazione. Del resto il primo passo dopo una caduta, prima di rialzarsi, è rappresentato dall’atterraggio. “A partire dal 2008, l’anno dell’inizio della recessione, il mercato degli investimenti pubblicitari è diminuito di più del 30%. Penso che il 2014 sarà l’anno in cui questa caduta drammatica finalmente rallenterà, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’anno, assestando il

2014 con investimenti in linea rispetto al 2013 o con un segno negativo contenuto – conclude Marco Girelli, ceo Omnicom Media Group –. Questo andamento dovrebbe essere aiutato dalla presenza di eventi mediatici importanti, come i Campionati Mondiali di Calcio. Quindi possiamo dire che non sarà l’anno della svolta ma l’anno del ritorno a una stabilità. Ma solo a condizione che il nostro Paese non sia ancora caratterizzato da problematiche politiche istituzionali tali da destabilizzare il contesto economico”. 33


34

SHARE % 2012

11,5%

11,0% 9,6%

9,2% 8,5% 8,4% 7,4% 5,2%

5,2% 3,8% 3,4% 2,6% 2,0% 0,7% 0,2% 88,7% 1,3%

10,0%

100%

#

1

2 3

4 5 6 7 8=

8= 10 11 12 13 14 15 -

-

-

NUMERO DI PAESI/AGENZIE CLASSIFICATE SINGOLARMENTE (SU 61 TOTALI) 55 10 59 51 7 55 56 59 56 48 11 55 47 50 37 36 11 10 61 61

HOLDING

4,7% 9,3% 311 951

13,3% 16% 10,1% 8,0% 20% 9,0% 8,9% 14,1% 5,8% 9,0% 15% 3,9% 4,6% 10,5% 29,8% 12,4% 9,0% 76,7% 10,0% 0,4%

Δ% 2012 VS. 2011

32 605

TOTALE ATTIVITÀ 2011 US $M (DATI LUGLIO 2012) 34 624 39 224 10 019 11 580 34 046 37 478 30 397 32 829 4 247 5 076 28 796 31 391 26 460 28 818 25 067 28 600 23 749 25 116 16 363 17 840 1 815 2 080 17 134 17 802 12 352 12 915 10 605 11 716 6 767 8 785 6 076 6 827 2 086 2 273 402 710 274 924 302 325 4 423 4 439 TOTALE ATTIVITÀ 2012 US $M

Publicis Starcom MediaVest di cui MediaVest Omnicom Media Group OMD Omnicom Publicis ZenithOptimedia di cui Optimedia GroupM Mindshare GroupM MediaCom Dentsu Aegis Network Carat GroupM MEC Havas Media Group Havas Media/incl. Arena di cui Arena Mediabrands UM Mediabrands Initiative Omnicom Media Group PHD GroupM Maxus Dentsu Aegis Network Vizeum Dentsu Aegis Network Dentsu Media Mediabrands BPN TOTALE 15 NETWORK Altre aziende media di proprietà di Gruppi Internazionali Principali indipendenti 34 129 e reparti Media (USA) TOTALE INDUSTRIA CENTRI MEDIA 340 893

NETWORK GLOBALI (INCLUSE AGENZIE MADRI E CONTROLLATE)

16 - RECMA: GLOBAL NETWORK RANKING (2012)

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capitolo2

17 - I BUDGET IN MOVIMENTO DEL 2013 AZIENDA ALLIANZ S.P.A. BRITISH AIRWAYS PLC - IAG IBERIA - IAG PROCTER & GAMBLE ITALIA S.P.A.

DATA 16/10/2013 20/08/2013 20/08/2013 30/10/2013

AGENZIA VINCITRICE CARAT ITALIA S.P.A. CARAT ITALIA S.P.A. CARAT ITALIA S.P.A. CARAT ITALIA S.P.A.

BMW ITALIA S.P.A. BURBERRY S.P.A.

27/03/2013 04/04/2013

VIZEUM S.P.A. VIZEUM S.P.A.

GROUPM AZIENDA COTY ITALIA S.P.A. OSRAM S.P.A.

DATA 25/07/2013 01/09/2013

AGENZIA VINCITRICE MAXUS MC2 S.P.A. MAXUS MC2 S.P.A.

AGRICOLA ITALIANA ALIMENTARE - AIA CERES S.P.A.

01/02/2013 29/03/2013

MEDIA CLUB S.P.A. MEDIA CLUB S.P.A.

CARTIERA LUCCHESE S.P.A. - LUCART GLAXOSMITHKLINE S.P.A. SIEMENS S.P.A. SONY COMPUTER ENTERTAINMENT UNICREDIT S.P.A.

01/05/2013 04/09/2013 01/09/2013 01/06/2013 09/09/2013

MEDIACOM ITALIA S.R.L. MEDIACOM ITALIA S.R.L. MEDIACOM ITALIA S.R.L. MEDIACOM ITALIA S.R.L. MEDIACOM ITALIA S.R.L.

AXA ASSICURAZIONI S.P.A. BIRRA PERONI S.P.A. CHANEL S.R.L. EDISON S.P.A. GENERAL ELECTRIC ITALIA GTECH S.P.A. - LOTTOMATICA HENKEL ITALIA S.P.A. SUBITO S.R.L.

23/04/2013 01/01/2013 01/07/2013 07/05/2013 05/08/2013 15/03/2013 16/01/2013 01/01/2013

MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L. MEDIAEDGE:CIA ITALY S.R.L.

COGEDI INTERNATIONAL S.P.A. DYSON ITALIA S.R.L. GEOX S.P.A. GUESS ITALIA S.R.L. HASSELBLAD HSBC

01/06/2013 01/05/2013 01/01/2013 01/06/2013 12/03/2013 08/04/2013

MINDSHARE S.P.A. MINDSHARE S.P.A. MINDSHARE S.P.A. MINDSHARE S.P.A. MINDSHARE S.P.A. MINDSHARE S.P.A.

HAVAS MEDIA AZIENDA BANCA ETRURIA SOC. COOP. BETFAIR ITALIA S.R.L.

DATA 01/09/2013 01/06/2013

AGENZIA VINCITRICE MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA

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DOCTOR GLASS (CARGLASS) EMIRATES ITALIA HUAWEI HUGO BOSS ITALIA S.P.A. LG ELECTRONICS ITALIA S.P.A. NHN CORPORATION TORY BURCH

01/09/2013 01/09/2013 04/02/2013 01/09/2013 17/05/2013 01/09/2013 01/09/2013

MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA MPG ITALIA S.R.L. - HAVAS MEDIA

IPG MEDIABRANDS AZIENDA ALFA WASSERMANN S.P.A. AMAZON.IT

DATA 18/01/2013 22/05/2013

AGENZIA VINCITRICE INITIATIVE MEDIA MILANO S.P.A. INITIATIVE MEDIA MILANO S.P.A.

BWIN ITALIA S.R.L. JOHNSON & JOHNSON S.P.A. LINE NAVER ZURICH ITALIA

01/02/2013 01/01/2013 01/06/2013 06/05/2013

UNIVERSAL MCCANN S.R.L. UNIVERSAL MCCANN S.R.L. UNIVERSAL MCCANN S.R.L. UNIVERSAL MCCANN S.R.L.

OMNICOM MEDIA GROUP AZIENDA ASICS ITALIA S.P.A. FERROVIE DELLO STATO S.P.A. FNAC ITALIA S.P.A. HANKOOK TIRE ITALIA S.R.L. SISAL S.P.A.

DATA 25/10/2013 04/03/2013 08/10/2013 03/09/2013 01/01/2013

AGENZIA VINCITRICE OMD ITALIA OMD ITALIA OMD ITALIA OMD ITALIA OMD ITALIA

ARGENTERIE GIOVANNI RASPINI S.P.A. COOP ITALIA - SISTEMA COOP MEDIOLANUM S.P.A. SANFORD ITALY S.R.L. - NEWELL RUBBERMAID

23/09/2013 09/01/2013 26/07/2013 28/10/2013

PHD PHD PHD PHD

VIVAKI AZIENDA EUROPCAR ITALIA S.P.A. PIERRE FABRE ITALIA S.P.A.

DATA 18/01/2013 22/04/2013

AGENZIA VINCITRICE MC&A MEDIAVEST MC&A MEDIAVEST

BURGER KING ITALIA S.R.L.

10/06/2013

STARCOM ITALIA S.R.L.

CESARE FIORUCCI S.P.A. KAYAK LATTERIA NÖM S.R.L. L’OREAL ITALIA S.P.A. MARTINI & ROSSI S.P.A. - BACARDI OMEGA PHARMA ITALIA S.R.L. - CHEFARO PHARMA SCA HYGIENE PRODUCTS S.P.A.

19/04/2013 22/02/2013 02/08/2013 11/10/2013 02/08/2013 12/03/2013 01/08/2013

ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L.

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capitolo2

TOYOTA MOTOR ITALIA S.P.A. TWENTIETH CENTURY FOX ITALY S.P.A.

22/04/2013 01/07/2013

ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L. ZENITHOPTIMEDIA GROUP S.R.L.

Centri media indipendenti dai gruppi internazionali AZIENDA RECARLO S.P.A.

DATA 12/03/2013

AGENZIA VINCITRICE FBR EUROPE

DEBORAH ITALIA S.P.A.

10/01/2013

FLAG MEDIA S.R.L.

GREEN NETWORK S.P.A.

08/01/2013

HI! COMUNICAZIONE

BIRAGHI S.P.A. MONINI S.P.A.

02/09/2013 02/09/2013

INMEDIATO S.R.L. INMEDIATO S.R.L.

BRAUN - DELONGHI SNAI S.P.A. STEFANEL S.P.A.

23/04/2013 22/02/2013 22/02/2013

MEDIA ITALIA S.P.A. MEDIA ITALIA S.P.A. MEDIA ITALIA S.P.A.

L’elenco comprende i clienti vinti o ritenuti dopo o senza gara da Gennaio 2013 fino al 30 Ottobre 2013. AL momento di andare in stampa risultavano ancora in corso numerose gare, fra le quali: Ab inbev, Beiersdorf, Betfair, Carlsberg, Carpenè malvolti, Danone, Direct Line, Ebay, Epson, Hertz, Lufthansa, Mercedes-benz, Nike - per Converse, Reckitt Benckiser, Seat Volkswagen, The Walt Disney Company, Wind Telecomunicazioni. Fonte: TBS Italy/ILFAC – Il File degli Attori della Comunicazione, novembre 2013

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Concentrati per forza Il 2013 sarà ricordato come l’anno della grande ‘fusione alla pari’ tra Publicis e Omnicom, che una volta concluso positivamente l’iter legale internazionale, cambierà pesantemente gli equilibri e i rapporti di forza sul mercato mondiale. E su quello italiano? Chi ci guadagnerà davvero? Sempre in tema di concentrazioni: cosa succederà sul fronte delle concessionarie?

ARRIVATO del tutto inatteso alla fine dello scorso luglio, l’annuncio della prospettata fusione fra Publicis Groupe e Omnicom è stato accolto ovunque come un fortissimo segnale della profonda rivoluzione che sta attraversando il mondo dell’advertising. Eppure, quello strettamente ‘pubblicitario’, sembra essere in questo caso un aspetto del tutto secondario dell’operazione, perché non può esserci alcun dubbio che il fulcro del merger sia il lato media piuttosto che quello creativo. Basta leggere i numeri Recma. La market share di Publicis Groupe nella media industry valeva infatti nel 2012 qualcosa di più del 21% (risultato ottenuto sommando l’11,5% di Starcom Mediavest e il 9,6% di ZenithOptimedia). La quota detenuta da Omnicom Media Group, composta dall’11% di OMD e dal 3,4% di PHD, risultava invece del 14,5%. Una banale addizione dimostra che, una volta congiunta, la nuova entità ‘Publicom’ controllerebbe il 35,6% del totale investimenti mondiali, con ben 7,5 punti di distacco dalla seconda holding in classifica, il Gruppo WPP guidato da Sir Martin Sorrell. In altre parole, se dopo il vaglio dei regolatori di tutto il mondo la fusione – come sembra al momento in cui scriviamo – dovesse andare in porto, la coppia Publicis Omnicom Group e WPP si troverebbe a gestire due terzi dei 500 miliardi 38

di dollari del mercato pubblicitario mondiale. Le reazioni internazionali Facendo tesoro delle dichiarazioni di Maurice Levy e John Wren, rispettivamente chairman di Publicis Groupe e ceo di Omnicom – nonché destinati a essere co-ceo di Publicis Omnicom Group per un periodo iniziale di 30 mesi, al termine dei quali Levy diventerà non-executive chairman e Wren rimarrà ceo – l’obiettivo primario della fusione è quello di “Creare valore per gli azionisti, allargando il raggio d’azione del nuovo gruppo e accelerandone la crescita attraverso le possibili sinergie ed economie di scala, stimabili innanzi tutto in una maggior efficienza per almeno 500 milioni di dollari”. Subito dopo l’annuncio i commenti di gran parte della media industry mondiale sono stati all’insegna del “keep calm… and let’s see what happens” (manteniamo la calma e stiamo a vedere che cosa succederà). Primo fra tutti proprio Sir Martin Sorrell, secondo il quale “Ci vorrà del tempo per capire se le due differenti culture di Omnicom e Publicis riusciranno davvero a ‘fondersi’ e se da questo deriveranno vantaggi per i clienti”. Sorrell ha poi negato di sentirsi sotto pressione e di dover rincorrere i concorrenti sul piano delle dimensioni ipotizzando, almeno nel breve periodo, l’acquisizione da parte di WPP di altre holding rivali: dal confronto fra Group M e


capitolo3

RECMA: LO SCENARIO DOPO LA FUSIONE PUBLICIS/OMNICOM (SHARE % 2012) HOLDING PROPRIETARIE GLOBAL DEI NETWORK GLOBALI (61 paesi) 90,0 5 gruppi/15 networks Publicis Omnicom Publicis Media Starcom MediaVest ZenithOptimedia Omnicom OMG OMD PHD WPP/GroupM Maxus MEC Mediacom Mindshare Dentsu Aegis Network Carat Vizeum Dentsu Media Interpublic/Mediabrands Initiative UM BPN Havas Media Havas Media incl. Arena

35,6 21,1 11,5 9,6 14,5 11,0 3,4 28,1 2,6 7,4 8,5 9,2 11,4 8,4 2,0 0,7 9,6 3,8 5,2 0,2 5,2 5,2

TOP 14*

AMERICHE 85,2

TOP 5 EUROPA 92,0

ALTRI EMEA 89,9

ASIA PACIFICO 91,3

88,4 36,8 22,7 12,1 10,6 14,1 10,7 3,3 27,1 2,6 7,2 8,1 8,7 11,1 8,5 1,9 0,3 9,3 3,7 5,1 0,2 5,2 5,2

41,6 27,2 16,6 10,5 14,4 10,6 3,8 21,7 2,2 6,5 5,2 7,8 6,6 6,3 0,3 0,0 11,8 4,7 6,5 0,2 4,0 4,0

30,9 16,7 4,9 11,8 14,2 11,3 2,8 35,1 2,5 9,4 12,8 8,8 16,7 13,0 3,7 0,0 5,4 2,5 2,9 0,0 10,1 10,1

31,5 14,4 8,5 6,0 17,1 14,2 2,9 29,9 2,0 8,9 10,1 8,9 12,7 7,7 3,9 0,5 12,8 5,0 5,9 0,5 4,9 4,9

33,8 20,2 11,7 8,6 13,6 9,2 4,1 34,4 4,6 5,5 9,4 14,5 15,7 8,5 2,1 3,5 7,8 2,3 5,1 0,2 2,3 2,3

* I Top 14 includono: USA, Canada, Messico, UK, Germania, Francia, Spagna, Italia, Olanda, Medio Oriente, Russia, India, Cina e Australia.

LE OSSERVAZIONI DI RECMA • Nelle regioni ‘Asia-Pacifico’ e ‘Altre EMEA’, il business media di Publicis Omnicom Group e WPP sarebbe sostanzialmente pari in termini di quote di mercato. • Nelle Americhe, Publicis Omnicom Group assumerebbe una forte leadership, grazie alla proiezione di una market share del 41,6% rispetto al 21,7% di WPP/GroupM. • Quest’ultimo rimarrebbe comunque saldamente alla guida del ranking dei primi 5 paesi europei, superando Publicis/Omnicom di ben 5 punti di share. • Infine, prendendo in considerazione i primi 14 paesi al mondo per mercato pubblicitario (che rappresentano il 75% dell’industria delle media agency mondiale), la new entry Publicis Omnicom peserebbe il 36,8% del totale contro il 21,7% di WPP/Group M: un gap di quasi 10 punti. • Gli altri tre gruppi – Dentsu Aegis Network, IPG Mediabrands e Havas Media – restano chiaramente un passo indietro. Fonte: elaborazioni RECMA (agosto 2013)

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AD AGE: COME CAMBIA LO SCENARIO CON LA FUSIONE ‘PUBLICOM’

PUBLICIS OMNICOM GROUP 22,7

11,4

11,3

50,2%

MKT SHARE SULLE PRIME 50 AGENZIE MONDIALI 31,5%

WPP

16,5

5,3

11,2

31,9%

22,8%

17,6%

Omnicom Group

14,2

7,4

6,9

51,8%

19,7%

24,7%

Publicis Groupe

8,5

4,0

4,5

47,6%

11,8%

13,5%

Interpublic Group of Cos.

7,0

3,8

3,2

54,7%

9,6%

12,7%

Dentsu Inc.*

6,4

0,7

5,7

11,5%

8,9%

2,5%

Havas

2,3

0,7

1,5

32,4%

3,2%

2,5%

RICAVI GLOBALI (mld $)

RICAVI USA (mld $)

% DI RICAVI RICAVI NON-USA ORIGINATI (mld $) NEGLI USA

MKT SHARE SULLE PRIME 50 AGENZIE USA 38,2%

Fonte: analisi basata sui dati 2012 dell’Ad Age DataCenter. Cifre arrotondate. * revenue stimate dopo l’acquisizione di Aegis (marzo 2013)

Publicom, infatti, risulta che “In Europa siamo più o meno pari, in Asia e in Africa siamo davanti noi, in America Latina siamo più indietro e in Nord America sono loro ad avere qualche problema di Antitrust… La situazione è quindi già tutto sommato avviata verso un suo equilibrio, il che ci darà l’opportunità di crescere in modo organico piuttosto che attraverso grandi acquisizioni”. Oltretutto, come ha dichiarato il presidente di GroupM, Dominic Proctor, il peso e la scalabilità degli investimenti potrebbero rimanere sulla carta: “Le economie di scala sono un aspetto critico del processo di buying per i clienti, ma possono esserci solo quando si lavora sotto lo stesso tetto, perché in caso contrario restano un miraggio”. Sulla stessa linea David Jones, global ceo di

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Havas, che dubita le dimensioni del nuovo gruppo rappresentino una leva così importante: “Ciò che conta di più, oggi, sono le capacità

Maurice Levy e John Wren, co-ceo Publicis Omnicom Group


capitolo3

Sir Martin Sorrell, chairman WPP Group

sul fronte del digitale e la velocità nel fornire soluzioni ai clienti. L’agilità è più importante dei volumi”. Jones ha spiegato anche in questa chiave la rinuncia del suo azionista di riferimento, Vincent Bolloré, all’acquisizione di Aegis: “Inizialmente avrebbe voluto anche lui unirla ad Havas per questioni di scala, ma si è reso conto che in realtà nello scenario odierno, ciò non sarebbe servito. D’altra parte, fino a quando è stata acquisita da Dentsu, pur essendo la più piccola delle holding Aegis è stata per molto tempo quella che cresceva più rapidamente”. Il punto di vista degli investitori è stato ben rappresentato da Stephen Loerke, managing director della WFA (World Federation of Advertisers), che ha rilevato come portare sotto lo stesso ombrello proprietario agenzie pubblicitarie, digitali e media fino a oggi concorrenti non mancherà di sollevare un numero potenzialmente molto alto di conflitti fra clienti serviti, che si ritroverebbero a lavorare con agenzie possedute dallo stesso gruppo che possiede anche i partner dei propri concorrenti. Secondo Loerke, la fusione porterà probabilmente alcuni benefici, ma allo stesso tempo fattori di preoccupazione: “Accettiamo il fatto che una volta fuse le due holding

genereranno economie di scala e insieme una miglior comprensione delle complesse piattaforme digitali che ormai sono essenziali per qualsiasi investitore pubblicitario in tutto il mondo – ha dichiarato infatti –. Ma siamo anche allertati sui rischi che un eccessivo consolidamento del mercato della pubblicità potrebbere provocare in termini di riduzione della competitività e di minor trasparenza”. Approfondiremo questo tema in un prossimo capitolo. Per ora andiamo a sentire le principali agenzie media e concessionarie italiane su come e quanto il fenomeno della concentrazione – e non solo relativamente al caso Publicom – tocchi già o toccherà in futuro gli equilibri sul nostro mercato. Le dimensioni contano? Appartenendo alle due parti in causa, Bonori (Publicis Groupe) e Girelli (Omnicom) non sono autorizzati a rilasciare dichiarazioni ufficiali sull’argomento, almeno fino a quando non saranno completate tutte le procedure legali re

Valentino Cagnetta, ad Media Italia

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Isabelle Harvie-Watt, ceo e country manager Havas Media Group Italy

lative alle grandi operazioni finanziarie di fusione di questo tipo. “Personalmente – è l’unico parere che ‘sfugge’ a Girelli – valuto tutto questo sempre in maniera positiva: alcune aree, come quelle del mondo digitale, per essere efficaci richiedono grandi capacità di investimento e grandi risorse intellettuali e tecnologiche. Quindi ho grandissime aspettative da questa fusione”. A non tirarsi indietro sono i diretti competitor di Publicom appartenenti a Group M. “La fusione fra Publicis e Omnicom – osserva Campanini – è solo l’ultima e la più clamorosa, e il mio parere è che sia il frutto della necessità da parte di questi soggetti di riuscire a essere presenti in tutto il mondo occupando i diversi territori con un’offerta omogenea e un posizionamento da leader, soprattutto per quanto riguarda i paesi emergenti. Va inoltre considerato che non secondari obiettivi di questo tipo di unioni sono da un lato il cost saving e dall’altro

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l’unione dei reciproci punti di forza: che nel caso di ‘Publicom’ sono differenti e scarsamente sovrapponibili, permettendo al nuovo colosso di diventare forte anche là dove era più debole. Non è una regola ma resta un dato di fatto che più si è grandi più si ha potere commerciale, e questo vale per tutti, editori e holding, noi di Group M compresi: che fino a quando la fusione non sarà ufficialmente autorizzata e approvata siamo e rimaniamo il primo gruppo mondiale”. Analoga l’opinione espressa da Roberto Binaghi: “Nella nostra industry – ricorda il chairman e ceo di Mindshare – la via delle grandi fusioni è stata aperta dal modello GroupM che ha unito sotto un unico cappello le centrali media WPP di cui Mindshare è parte integrante. A distanza di 8 anni e in un quadro economico tutt’altro che florido, Publicis e Omnicom percorrono la stessa strada all’insegna ‘dell’unione fa la forza’. Al di là delle fisiologiche convenienze di scala, la domanda che ci si dovrebbe porre è ‘quale valore aggiunto viene generato per il mercato e per i clienti?’. Il modello GroupM si fonda su una condivisione di eccellenze a più livelli, che vedono la massima espressione nella creazione di opportunità, come nel caso della videocomunicazione, e nella fase di buying support, grazie ad una visione privilegiata del mercato. Dunque in questo caso sì: le dimensioni contano”. Nelle botti piccole… Opposto, e non poteva essere altrimenti, il parere di Ludovica Vanni, amministratore delegato di Strategy & Media Group, che dell’indipendenza assoluta ha fatto una bandiera fin dalla sua nascita: “In un mercato così fortemente concentrato, sicuramente a guadagnarci non saranno i clienti, in particolare quelli di medie e piccole dimensioni. In questo contesto si afferma lo spazio per le agenzie come la nostra, con un approccio tailor made, in grado di rispondere alle loro esigenze quotidiane”.


capitolo3

Con lei concorda Valentino Cagnetta: “Fermo restando che il merger è ancora atteso dal pettine dell’Antitrust, beh, nei panni di un cliente io qualche preoccupazione ce l’avrei. Simili dimensioni aumentano incredibilmente la capacità e il potere negoziale di un centro media, soprattutto nei confronti delle concessionarie più piccole. Anch’io, di conseguenza, mi domando a vantaggio di chi andrebbe una simile situazione che si potrebbe definire di ‘oligopolio’:
e ripeto, la risposta è certamente più a favore dei ‘concentrati’ che dei clienti.
Un’altra considerazione: stiamo parlando di fior di società quotate, il cui primo obiettivo dichiarato – e in linea teorica è giusto e normale sia così – sono i profitti. C’è un però: non mi risulta che i consulenti delle aziende siano soliti quotarsi in borsa. Dal punto di vista professionale ciò significa il completo ribaltamento del ruolo cui si dichiara di aspirare.
Ci sono poi i trading desk, le piattaforme di Real Time Bidding e tutte le nuove tecnologie automatizzate di cui il mondo anglosassone
è molto più padrone di noi: e anche in questo caso, tutti questi vantaggi

Roberto Binaghi, chairman e ceo Mindshare

Gian Paolo Tagliavia, ceo IPG Mediabrands Italy

sostanziali per i clienti non riesco a vederli.
 A trovarsi nella situazione peggiore sarebbero probabilmente proprio i mezzi e le concessionarie, perché questa evidente tendenza alla disintermediazione e la ‘garanzia’ di livelli di fatturato stravolgerebbe il mercato così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi”. Appartengono entrambi a strutture di dimensioni superiori ma anche Isabelle Harvie-Watt e Gian Paolo Tagliavia sono in linea con le osservazione di Vanni e Cagnetta: “Oggi la nostra dimensione è esattamente quella che volevamo che fosse – osserva la country manager di Havas Media Group Italy –: siamo un’agenzia globale, capace di interloquire con clienti globali, ma siamo anche sufficientemente piccoli e agili per cambiare sempre di più in tempo reale e rispondere velocemente alle loro esigenze”. E prosegue: “Oggi che, soprattutto grazie al digital, la comunicazione è davvero integrata, si apre un mondo di nuove

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Alessandro Campanini, ceo Maxus Milano

opportunità. Il mio parere sulla fusione fra Publicis e Omnicom è che stiano cercando proprio di sfruttare tali opportunità. Questo lascia allo stesso tempo ad agenzie come la nostra la possibilità di differenziarsi e di rivolgersi a chi cerca ‘altro’. In particolare su un mercato come quello italiano dove due sole holding, WPP e Publicis Omnicom, varranno oltre il 70% degli investimenti complessivi che passano dai centri media, non possiamo pensare di giocare sul loro stesso terreno, ma ci sarà sicuramente spazio per offrire un servizio ‘diverso’”. È un dato di fatto, almeno secondo Harvie-Watt, che il vecchio modello dell’agenzia media non funzioni più, e che oggi la caratteristica principale di un centro media debba essere la ‘smartness’, che non a caso fra le possibili traduzioni in italiano annovera termini come abilità, astuzia, scaltrezza, ma anche bravura, eleganza e intelligenza… “In questo momento molti clienti vogliono esattamente questo

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tipo di approccio, in cerca di strategie impattanti ed efficienti per il proprio business. È probabile che in futuro, se e quando la fusione sarà approvata o ci saranno altri episodi simili di concentrazione, il mondo delle agenzie media si dividerà fra quelli ‘come loro’ e quelli ‘come noi’. Ma ripeto, ci saranno clienti e opportunità per tutti”. “Ci troviamo di fronte a un apparente paradosso – riassume il ceo di IPG Mediabrands Italy –: la cultura digitale è il trionfo delle nicchie, delle tribù e della personalizzazione spinta; ma allo stesso tempo la industry si sta focalizzando su pochi grandissimi player globali – uno su tutti, Google. La situazione italiana è al momento leggermente diversa, perché si tratta di un mercato più frammentato e meno intermediato rispetto per esempio a quello della Gran Bretagna: indipendentemente dai ruoli, in ogni caso, la concentrazione delle aziende media dà loro un ruolo più significativo e le dimensioni dei player conferiscono un ruolo più rilevante alla stessa industry”. E conclude: “Detto questo, Mediabrands punta a giovarsi del meglio dei due mondi: siamo il terzo operatore a livello mondiale per dimensione, disponiamo di tutte le competenze tecniche e professionali per fornire qualsiasi tipo di servizio, non abbiamo problemi di scala; e al tempo stesso siamo sufficientemente agili per garantire la personalizzazione di questi servizi, ragionando in modo sartoriale piuttosto che industriale, grazie a strutture che hanno tali caratteristiche nel proprio Dna”. Concessionarie senza paura Tornando al tema Publicis/Omnicom, le concessionarie italiane non sembrano nutrire particolari timori, a partire da quelle di dimensioni minori che, sulla carta, correrebbero il rischio più alto di essere ‘strangolate’ dalla potenza contrattuale e negoziale di Publicis Omnicom Group: “In questo ultimo periodo stiamo lavorando moltissimo


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Ludovica Vanni, ad Strategy & Media Group

con Omnicom – testimonia Marco Osti di Grandicentri –, che sta investendo fortemente sul nostro mezzo. In questo senso, la fusione con Publicis rappresenta per noi una situazione positiva, che potrebbe aiutarci a sviluppare ulteriormente il posizionamento del mezzo agli occhi di quei clienti che ancora non lo hanno pianificato sfruttandone tutte le potenzialità”. “La concentrazione tra i buyer – aggiunge Lucio Bergamaschi – non è un fenomeno di per sé negativo se rispetta le diversità dei singoli mercati e le specificità dei mezzi. Dal punto di vista delle piccole concessionarie che operano soprattutto nella temporanea e che si sono associate in APE (Associazione Pubblicità Esterna) chiediamo a tutti i centri media che tengano conto della diversificazione dell’offerta e che le loro scelte d’acquisto non si rivolgano sempre e solo a due o tre operatori con il rischio di far sparire molte piccole aziende e con esse una sana articolazione pluralistica del mercato”.

Fabrizio Piscopo di Rai Pubblicità prova a liquidare il discorso con una battuta: “Credo che il merge & acquisition diventerà lo sport del futuro”… Salvo poi considerare come, in realtà, “Il mercato a questo punto si assesterà, e non è possibile immaginare ulteriori accorpamenti che ne aumentino il livello di concentrazione”. Per Paolo Dosi, di Clear Channel, è ancora troppo presto per ipotizzare quale sarà il nuovo assetto del Gruppo in Italia e quale sarà l’eventuale risposta del Gruppo WPP a questa fusione: “Di conseguenza è presto anche per analizzare l’impatto che tutto ciò avrà su noi concessionari. Nel complesso, mi sento di azzardare ottimismo. Di certo, anche nell’ambito delle agenzie media incombe la necessità di ripensare al proprio modello di business”. Moderato ottimismo anche per Marco Dallamano, di Cemusa: “La fusione tra i due colossi è stata abbastanza inaspettata, ma certamente di forte rilievo. Indubbiamente si tratta di una mossa strategica che mira a creare nuove opportunità di business ma che, in prima linea, ha portato Publicis Omnicom Group al primo posto tra le aziende pubblicitarie nel mondo. In un momento così critico del mercato pubblicitario, una fusione di due leader del settore può essere vista come un’opportunità per la creazione di nuovi strumenti e, con un po’ di ottimismo, anche come traino per una possibile ripresa. La nascita di Publicis Omnicom Group ha portato e porterà ad una riorganizzazione a livello mondiale del settore pubblicitario, creando nuove possibilità che incentiveranno a nuovi investimenti”. Sia Lorenzo Montagna che Francesco Barbarani leggono la mossa di Publicis e Omnicom come normale risposta all’evoluzione del mercato. “La ricerca di economie di scala è una costante per il mercato – riflette l’ad di Yahoo –. Pertanto certi eventi vanno inseriti in un normale trend di lungo periodo: si vedono elementi di inespressa efficienza e si prova a

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I MEZZI: UN ALTRO LATO DELLA ‘CONCENTRAZIONE’ “Quando si parla di concentrazione – ricorda Valentino Cagnetta (Media Italia) –, credo sia importante anche un diverso punto
di vista. Mi riferisco al fenomeno della concentrazione dei mezzi e delle concessionarie che noi agenzie auspichiamo da tempo: perché in un momento di contrazione del mercato in cui i clienti diventano sempre più esigenti dal punto di vista del servizio, è ormai diventato indispensabile pensare alla razionalizzazione e alla ‘pulizia’ del sistema dell’offerta. Non fosse altro che per una questione numerica, la riduzione degli interlocutori – a livello nazionale oggi parliamo di una ventina di concessionarie
di quotidiani e una quindicina di stampa periodica – semplificherebbe notevolmente il lavoro. La stampa, del resto, è il mezzo che prima e più di tutti ha sentito negli ultimi tre anni in modo diretto il morso della crisi.
Per questo le ragioni dei processi di concentrazione nei mezzi vanno ricercate prima di tutto nella riduzione dei costi strutturali: l’incremento della capacità negoziale è, in questo momento, solo un benefit secondario.
Sono certo che anche in ambito digitale assisteremo presto a un consolidamento: oggi, sempre a livello nazionale, il numero di soggetti attivi nella vendita è superiore a 100!
Un caso a parte è poi quello che riguarda la ‘galassia’ Mediaset-Mondadori-Digitalia-Mediamond, dove più che di concentrazione occorrerebbe parlare di armonizzazione dei prodotti in portafoglio”. “L’elemento alla base della concentrazione lato mezzi è lo schermo, o meglio gli schermi – specifica Alessandro Campanini (Maxus) –: web, smartphone, tablet, schermi digitali out of home, che interagiscono tutti insieme e rappresentano un fenomeno sempre più di massa, non più legato esclusivamente alle giovani generazioni. Un fenomeno, oltretutto, ancora scarsamente monitorato nel suo insieme, e al quale si aggiungerà presto anche lo schermo televisivo ‘classico’ una volta trasformatosi in ‘smart’. A quel punto si completerà la rivoluzione della dieta mediatica che non sarà più misurabile da compartimenti stagni come quelli attuali: Auditel, Audiweb e Audipress, così come l’ormai estinta Audiradio, non avranno più quasi alcun significato. In linea di principio ci sono già tentativi, sperimentali ma meritevoli, per superare questa impasse, ma come nel caso dell’Eurisko Media Monitor a oggi restano tentativi incompiuti. Da questo punto di vista lo stimolo deve venire in primis dai clienti, ma la loro richiesta non è ancora stata formulata in modo esplicito”.

coglierli. L’importante è che certe operazioni abbiamo una ratio strategica senza fermarsi al dato finanziario: valore per il cliente finale, capacità di fornire insight, soluzioni su misura per ogni cliente e non la loro massificazione. All’inserzionista, a chi è inserito nella catena del valore della comunicazione sono questi gli aspetti che interessano. Se l’approccio sarà questo, e non ho dubbi che questo sarà, il vantaggio ci sarà per tutti. Lo stimolo a fare sempre meglio, a condividere best practices, a lavorare insieme su aspetti nevralgici non potrà che fare bene”. Altrettanto e forse ancor più ottimista Barbarani: “Le operazioni di concentrazione sono una risposta a un mercato sempre più competitivo. L’effetto è come tutti sappiamo 46

quello di sviluppare economie che possono poi essere trasferite sull’intera filiera. In senso lato, quindi, a guadagnarci sono tutti i soggetti coinvolti, compreso il cliente finale”.


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Nel mezzo della disruption I modelli di business tradizionali si stanno sgretolando. La stampa non ha ancora trovato un bundle efficace come il vecchio giornale. La TV inizia oggi il dialogo con il mobile. Mentre l’OoH fatica a sviluppare le potenzialità digitali del mezzo in ragione degli alti costi strutturali richiesti.

SUL FRONTE degli editori e delle concessionarie tradizionali, uno degli effetti dell’avanzata del digitale è la ‘disruption’ dei modelli di business tradizionali. I mezzi classici, complice anche la crisi strutturale che stiamo attraversando, hanno visto ridursi i propri fatturati senza che questi venissero riequilibrati da ricavi generati dall’online. A subire il contraccolpo più consistente in relazione alla diffusione del digitale è stata l’editoria. Proviamo a fare il punto su questo tema con Marco Gambaro, professore di Economia dei Media all’Università degli Studi di Milano. La fase iniziale dovrebbe essere oggi finita, ma gli editori non sembrano aver trovato un equilibrio. C’è stato un passo falso iniziale? L’ingresso sull’online è stato un ‘must’ per tutti i mezzi tradizionali, chiamati a presidiare le nuove opportunità di mercato. L’integrazione dell’online nei modelli di offerta non è stata però indolore. Se prendiamo come metro di paragone i quotidiani, i ricavi generati da un utente sono circa 4 o 5 volte inferiori rispetto a quelli di un lettore cartaceo. E non è solo una questione di ricavi. Il punto è che il consumo online è minore di quello su carta: mentre il lettore dei quotidiani dedica in media 22-23 minuti alla lettura del giornale, il frequentatore del sito web passa da 2 48

a 4 minuti, con picchi di 5-6 minuti per le testate maggiori. È il consumo, quindi, che si è ridotto in maniera consistente, con un rapporto che varia da 1 a 5 fino a 1 a 10. È ovvio che poi questo si rifletta sulla dimensione dell’investimento pubblicitario. Inoltre, il modello online ha cambiato anche la percezione dell’efficacia dell’investimento pubblicitario. Sulla carta si assume che chi legge il giornale abbia visto anche le pagine pubblicitarie. Tenendo conto che i giornali presentano oggi una foliazione di 70-80 pagine, questo determina circa 35-40 pagine di pubblicità per lettore. Sul sito, invece, il consumo è per definizione mirato e in una pagina online ci sono forti limiti di presenza pubblicitaria. Tutti questi fattori offrono una spiegazione del differenziale di rendimento che si registra tra l’offline e l’online. La differenza di consumo, del resto, dipende dal modo in cui i diversi mezzi sono percepiti dall’utente finale. Il sito ha un consumo veloce, l’utente ricerca le breaking news e i contenuti brevi. Gli editori hanno esplorato solo alcune delle possibilità di allargamento dell’offerta e per procedere in questa direzione devono cambiare mentalità e approccio. In cosa dovrebbe consistere questo cambio di mentalità? I leader di mercato come Google fanno continui


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Ricavi editoriali | 2008-2017 (€ mld)

L’editoria al consumo assisterà a un calo della spesa per utente finale, a fronte dei cambiamenti nei modelli di consumo dei contenuti e del fatto che i consumatori possano accedere a contenuti simili in maniera gratuita o a costi notevolmente ridotti Fonte: PwC, Informa Telecoms & Media

test per valutare quali innovazioni lanciare sul mercato. È un processo che prevede una parte di rischio e che punta ad alimentare continuamente l’innovazione. Gli editori sono però abituati a operare secondo un modello di business stabile, quasi di stampo fordista, e per questo tendono a ripetere quanto sinora gli aveva garantito risultati. Oggi, però, non basta monitorare il mercato estero e importare soluzioni che hanno funzionato in Inghilterra, in Francia o in Germania. Esistono un grappolo di iniziative che vanno nella direzione giusta, ma ogni editore

deve trovare il giusto mix, sia a livello redazionale che pubblicitario, per rendere efficaci le scelte effettuate. Prendendo nuovamente ad esempio i quotidiani, oggi, tolta l’homepage, la sezione che genera più traffico è quella dei video. Sebbene ormai tutte le testate abbiano una sezione dedicata, questo è un terreno ancora nuovo, che sta facendo la differenza tra un quotidiano e l’altro. Gli editori si trovano quindi a gestire una transizione che non si esaurisce in singoli interventi, ma richiede di ripensare in toto il prodotto, e nel farlo devono tenere conto della 49


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Quota editoriale di pubblicità nel settore E&M, 2008-2017 (%)

Data la diminuzione del numero
di copie vendute, la quota relativa alla raccolta pubblicitaria su carta
si ridurrà rispetto alla raccolta pubblicitaria complessiva Fonte: PwC, Informa Telecoms & Media

natura di questo. Il quotidiano è un bundle di prodotti venduto a €1,20 al lettore. Non tutti leggono tutto: chi legge lo sport, magari non legge la sezione di economia, o quella di politica e viceversa. In questo modo la domanda si aggrega attorno ai singoli elementi e il bundle si regge sulla complementarietà delle diverse domande. Ma quando alcune componenti del bundle sono offerte gratuitamente in rete, questo riduce la domanda per il quotidiano. La scommessa non è quindi ‘andare online’, ma

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ridisegnare il proprio bundle partendo da zero. Non è più possibile applicare la stessa formula adattando il lavoro solo al fluire dalle notizie, bisogna definire una nuova formula e questo richiede la capacità di sperimentare. I siti web dei quotidiani erano partiti con una selezione di news riscritte per il web, una sezione dedicata alle foto e poi un’altra di video. Oggi questo non è più sufficiente e bisogna lavorare anche su altro. Tra le aree di possibile sviluppo ancora non sfruttate c’è quella dei Data Base, che richiede però know-how e capacità tecniche. Il cambiamento del prodotto ha impatti a monte in chi deve ripensarlo e a valle per chi deve venderlo. Quali cambiamenti stanno interessando le strutture di vendita? Il discorso fatto sino a qui può essere esteso anche alle concessionarie di pubblicità. Il passaggio da tradizionale a digitale, da offline a online, è una sfida che porta con sé sia un elemento costruttivo che uno distruttivo. Si distrugge valore, perché l’online consente di sviluppare volumi di contatti a prezzi unitari più bassi. Ma allo stesso tempo si creano nuovi spazi e soluzioni di mercato, perché cresce la domanda di innovazione, sia in termini di prodotto che di modalità di vendita. La misurazione, per fare un esempio, è oggi un elemento centrale della proposta di vendita, non solo in termini di numeri, ma anche di qualità e di capacità di profilazione dell’audience. Contestualmente, si registra un enorme spazio per l’innovazione di prodotto, che si configura come un processo continuo. I prodotti innovativi, noti come ‘formati speciali’, termine ombrello che raggruppa soluzioni a vario grado di novità, sono l’elemento più performante del mercato. Per questo le concessionarie sono chiamate a strutturarsi per alimentare continuamente il processo di innovazione, così da competere sullo stesso piano dei pure player di internet. Un cambio di mentalità forte, se si tiene presente


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che prima le concessionarie operavano in una sorta di ‘walled garden’, garantito dal prestigio del mezzo o dal su presidio di un target, con particolare riferimento ai mercati locali. Una situazione protetta che i quotidiani avevano ottenuto grazie alla leadership riconosciuta sull’informazione, e che hanno visto ridursi in ragione della crescente pressione da un lato delle televisioni e dall’altro dell’online. I quotidiani, e anche i periodici, necessitano oggi di un grande lavoro di marketing per riposizionare il proprio prodotto e comunicare in maniera chiara e forte i vantaggi. In particolare, le concessionarie dovrebbero concentrare i propri sforzi sul presidio e sullo sviluppo dei mercati locali. In Europa questo avviene già da tempo, mentre in Italia è un percorso ancora da intraprendere. Innovazione di prodotto, sviluppo di un nuovo bundle, riposizionamento. Sono aspetti che riguardano solo la stampa? No, tutti questi cambiamenti non sono circoscritti alle sole concessionarie dei mezzi stampa. Anche la tv, che al contrario di quanto si dice vede mantenere i volumi di consumi pro capite giornaliero, deve prendere in considerazione alcune sfide. Tra queste vi è quella relativa alla vendita che è oggi impegnata sul doppio fronte dell’innovazione digitale e della creatività dedicata. Allargando il discorso, nella ibridazione tra offline e online, le concessionarie dei mezzi classici sono chiamate a lavorare sulla forza vendita e completare quel percorso di trasformazione, già in essere, della vendita in consulenza. Vi sono poi trend in atto nel settore online che dovranno per forza andare verso un consolidamento. Il mondo web, con l’eccezione di Google, si presenta ancora come un sistema polverizzato. La maggior parte degli operatori sono di piccoli dimensioni e questo

crea diseconomie di scala sul lato della vendita e dell’acquisto. È possibile quindi prevedere una riorganizzazione interna tra le concessionarie e tra queste e i centri media, con una forte riduzione delle soluzioni di vendita in-house a favore di raggruppamenti più efficienti. Come detto, è un trend già in atto e che non può che accentuarsi e consolidarsi per portare a una struttura di mercato meno polverizzata. Risposta mobile Se nella carta la risposta che non arriva è quella di un bundle che fatica ancora a essere definito e disegnato, le soluzioni per gli altri mezzi, e in particolare per la televisione e per l’esterna sembrano provenire dal dialogo con smartphone e tablet e dalle nuove modalità di misurazione. Perché, come afferma Lorenzo Montagna, amministratore delegato e direttore commerciale di Yahoo! Italia, “il valore della comunicazione va sempre provato. Qualunque sia il medium prescelto. In Yahoo badiamo non solo ad avere idee di comunicazione originali, ma le mettiamo alla prova misurandole e facendone oggetto di ricerca così da portare evidenze della bontà di certi approcci. Un contributo positivo e dimostrabile diventa il discrimine per far parte di un piano media: il miglior elemento di valore che si può portare a un inserzionista è dimostrargli che l’investimento è andato a buon fine. E un investitore soddisfatto continua ad investire”. Il risultato in Italia quando si parla di grandi numeri non può prescindere dalla TV. Questo per la forza delle immagini e per la centralità del mezzo. “Si parla di frammentazione delle audience, più tempo speso sui media, ma meno sul singolo medium. Gli effetti sul sistema italiano però non sono ancora così forti: la televisione è ancora il driver centrale e i consumi si mantengono consistenti, l’unica differenza è che l’attività dell’utente non è più dedicata, il consumo è diventato sempre più multimediale e oggi ci

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troviamo a parlare di second e third screen spiega Francesco Barbarani, Head of .FOX Networks & Digital Fox International Channels Italy –. In questo quadro è difficile valutare se nel lungo periodo le nuove piattaforme andranno a coprire i ricavi persi dai mezzi classici. Rimane il fatto che gli spazi di crescita dei newmedia sono ampissimi e in Italia sono stati sfruttati ancora molto poco. In particolare un freno all’aumento dei consumi sui newmedia è posto dalla effettiva diffusione della banda larga. Il punto è che per far crescere queste piattaforme c’è bisogno di creare e sviluppare contenuti nativi digitali, che sfruttino le caratteristiche dei nuovi mezzi. È necessario quindi un atteggiamento proattivo, che metta in conto un processo di crescita”. E oltre a un processo di crescita, come chiarisce Fabrizio Piscopo, direttore generale Rai Pubblicità, c’è bisogno di un processo di integrazione. “La campagna televisiva rimane e rimarrà a sé stante. La forza dello spot, che sarà sostituita dalla forza della integrazione multimediale, fa sì che la tv vivrà per sempre. Dato per certo questo aspetto, si tratta semplicemente di creare nuove forme di comunicazione visiva – afferma Piscopo –. Nessuna azienda di un certo livello può fare a meno della tv nelle sue comunicazioni. Non arriveremo mai alla sostituzione della tv da p arte del web, ci sarà solo un riassestamento. Purtroppo la stampa sta passando invece un periodo molto difficile, la notizia si è spostata da tempo su tv e radio e ora sul web. L’approfondimento del giornale non può essere sostituito dagli altri mezzi, ma la cronaca, la narrazione del momento passa anche e sempre di più da altri mezzi”. Quale che sia il mezzo, la situazione rimane la stessa. “Che si parli di editoria o di altri mezzi classici il discorso non cambia – dice Alessandro Loro Marketing Director di IGP Decaux -. Nessuna concessionaria può più

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percepirsi come semplice venditrice di spazi. I clienti ci pongono di fronte a problemi di comunicazione, vere e proprie sfide, e noi dobbiamo essere in grado di sviluppare soluzioni che inseriscano l’utilizzo del nostro mezzo all’interno di una strategia più articolata, sviluppando bundle su misura che soddisfino a pieno le esigenze del cliente”. La crescita e l’integrazione sono perciò tematiche che riguardano anche il mondo dell’esterna, che ormai da tempo indica nel mobile la killer application. Perché digitalizzazione nell’OoH non significa ancora interazione e multimedialità. “Il digitale è senza dubbio un’incredibile opportunità per l’OoH – afferma Paolo Dosi, amministratore delegato Clear Channel –. Tra le nostre Business Unit, alcune hanno iniziato lo studio e la sperimentazione oltre sette anni fa, prime fra tutte quelle negli Stati Uniti. A tutt’oggi, Clear Channel ha sviluppato una grande esperienza e know-how in questo campo, anche se di fatto l’innovazione tecnologica è talmente ampia e variegata che è d’uopo fare una distinzione. Da un lato, vi è la digitalizzazione dell’OoH (video che sostituiscono i pannelli statici) che lamenta l’incapacità di sfruttare appieno le potenzialità creative e la flessibilità che i video digitali consentono. Altro aspetto è invece la possibilità di sfruttare tecnologie collegate al ‘mobile’ quali l’NFC, il QR code o l’iBacons che permettono di accedere ai cosiddetti ‘virtual shops’ o alla realtà aumentata. In realtà, è un mondo ancora da scoprire, sia perché non esiste una tecnologia uniformata che abbia saputo imporsi come tale nel mercato, sia perché non sono stati ancora sviluppati dei meccanismi per riuscire ad ‘ingaggiare’ un numero elevato di consumatori. Resta comunque indiscusso lo straordinario potenziale che il Digital rappresenta per l’OoH perché darà l’opportunità agli advertiser di far vivere esperienze coinvolgenti proprio nel momento in


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cui i consumatori sono maggiormente attivi. Senza dubbio, vi è ancora molto da sviluppare, ma le multinazionali di OoH sono già detentrici di un discreto know-how da cui partire per realizzare soluzioni sempre più innovative”. Una soluzione che però tarda ad affermarsi e, soprattutto, che non ha ancora generato benefici concreti per gli operatori del settore. Perché come chiarisce Marco Osti, responsabile commerciale di Grandicentri: “nel caso del’Out of Home la questione è semplice: la digitalizzazione per come è stata interpretata fino a oggi non ha portato concreti vantaggi al settore, ma piuttosto costi strutturali molto forti che in molti casi hanno faticato a ripagarsi. La vera svolta del mezzo e il vero cambiamento nel modello di business si avranno solo quando la comunicazione in esterna diventerà comunicazione individuale con il consumatore grazie al suo engagement diretto attraverso smartphone o tablets”. Proprio i costi strutturali evidenziati da Marco Osti vengono richiamati da Lucio Bergamaschi, procuratore generale Neopolis Italia, come un limite attualmente insormontabile per lo sviluppo di soluzioni innovative da parte di aziende di dimensioni medie. “Nel mondo della temporanea che rappresento sono processi ancora di là da venire – afferma Bergamasci –. Quando si lotta quotidianamente per la sopravvivenza è difficile trovare le risorse economiche e la serenità per innovare a medio-lungo termine. Vedo che le grandi concessionarie internazionali stanno cominciando a fare qualcosa sul tema interazione nei circuiti di arredo urbano. È un loro dovere fare da apripista visto che hanno le risorse e le posizioni per poterlo fare. Fuori dalle caverne! Mobile o no, il digitale ha costretto un comparto come quello dell’editoria e della pubblicità a

ripensarsi. Il digital divide si legge oggi nei bilanci. Chi ha capito e si è adattato galleggia in attesa della ripartenza, gli altri annaspano. “La mia impressione - dice Vittorio Bonori – è che la gran parte degli editori dei mezzi classici stia cercando di recuperare molto velocemente il tempo perduto negli ultimi 10 anni. Ciò non toglie che rimanga un gap tecnologico e soprattutto di comprensione dei fenomeni innescati dal digitale che negli Stati Uniti, in Francia o in Gran Bretagna non c’è mai stato e che in altri paesi è stato invece già superato”. In questo momento il problema è duplice: “Da un lato – prosegue Bonori – anche gli editori più importanti, quelli che hanno le capacità e la visione per farlo, si ritrovano a dover investire pesantemente proprio in un momento in cui le risorse sono particolarmente scarse; dall’altro assistiamo a spinte verso la concentrazione che non mi sembrano motivate appunto da una visione propositiva (ossia dalla combinazione di risorse finanziarie per guadagnare competitività), ma dettate da esigenze per così dire ‘difensive’ (ci si unisce per ‘sopravvivere’)”. Lo scenario mediatico del prossimo futuro, quindi, secondo il ceo di ZenithOptimedia si caratterizzerà molto probabilmente “Da una maggior concentrazione dell’offerta, da un’ulteriore frammentazione di media e touchpoints e da una crescente necessità di risolvere la complessità strategica delle marche. È pensabile che ci vorranno ancora diversi anni per raggiungere un vero punto di equilibrio”. “L’avanzata del digitale ha messo a nudo la capacità di reazione e adattamento di tutti gli attori del mercato, a partire dai clienti, passando per le agenzie ed arrivando alle concessionarie ed editori – afferma Roberto Binaghi -. In questo nuovo habitat digitale stiamo assistendo a come non sopravviva il più forte, grande o con l’esperienza più consolidata ma chi invece ha saputo adattarsi ad un mercato che sta progressivamente cambiando le sue esigenze. Attori

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fondamentali sono le concessionarie e gli editori che hanno l’occasione di co-produrre innovazione senza perdere il passo dei fuggitivi, cominciando però a correre sul serio piuttosto che fare jogging nel parco di un’audience che non esiste più. Lo scenario dell’offerta può essere mappato tra Cavemen, le concessionarie vecchio stampo che continuano a camminare sul solito sentiero, i Followers, operatori che hanno cominciato a cambiare il passo e i Pioneers, protagonisti evoluti, che puntano ad abbassare il tempo ad ogni giro di pista”. E se in ogni comparto vale la divisione offerta da Binaghi, è pure vero che ci sono mezzi che hanno saputo adattarsi e innovare prima, e altri che sono ancora alla ricerca della via da imboccare. “Torno a quanto già detto a proposito della dieta mediatica: gli italiani amano la tv, che nel nostro paese riesce da sempre a raccogliere oltre il 50% delle risorse pubblicitarie complessive- esordisce Alessandro Campanini –. Questa posizione di forza ha consentito agli editori e alle loro concessionarie, e mi riferisco alle strutture che più delle altre erano in ritardo rispetto all’evoluzione del mercato come quelle del settore pubblico, di trovare nuove risorse manageriali e di dotarsi di una nuova organizzazione per cercare di recuperare il tempo perduto. Il loro modello di business avrebbe probabilmente dovuto essere modificato già qualche anno fa: non so se questo recupero potrà essere pieno, ma vedo che oggi vanno molto più veloci di prima”. Ma l’Italia, come ricorda il chariman di Maxus, è un paese Tv-centrico e perciò partendo dalla constatazione che “la televisione è e resterà il mezzo dominante del mercato italiano, è molto difficile dire che cosa succederà per gli altri mezzi. La radio è un mezzo antico ma ha dalla sua parte un plus unico: regna sovrana nelle fasce di target che l’ascoltano durante gli spostamenti in auto e su quel terreno non

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ha concorrenti. Cinema e stampa sono alla disperata ricerca di nuovi modelli di business, ma nessuno dei due ha ancora trovato una soluzione efficace. Per la stampa in particolare la soluzione dovrebbe essere quella che le porta verso la multimedialità, ma è un passaggio lungo e complesso per cui servirebbero tempo e risorse: ma la rapidità del cambiamento e la fase negativa del mercato ha trovato molti operatori impreparati. Quello dell’Out of Home, infine, è un mercato che continua a contrarsi pur se di fatto propone un’innovazione molto spinta, sul fronte del digitale ma non solo. Credo che il suo futuro sarà quello di un mercato di nicchia ma molto efficace, dove sia gli investitori che le concessionarie si concentreranno sull’impatto: non mi riferisco necessariamente ai grandi formati ma all’uso delle pensiline, agli ‘effetti speciali’, alle affissioni in mobilità e così via”. Secondo una logica di mercato, come chiarisce Vanni: “Stiamo assistendo ad una necessaria razionalizzazione dell’offerta per rispondere alla necessità dei clienti di avere risposte immediate e concrete e ad una affermazione dei mezzi maggiormente in grado di essere flessibili, rapidi e misurabili”. Una posizione condivisa da Marco Girelli. “Il lungo periodo recessivo che stiamo attraversando ha ri-focalizzato tutte le attività legate al mondo del marketing e della comunicazione all’ottenimento di consistenti e migliorabili risultati di business per le aziende, liberandosi dalla misurazione di KPI meno concreti (come ad esempio l’awareness), cui si dà meno importanza – argomenta il CEO di OMD –. Questo pragmatismo nell’approccio agli investimenti del nostro settore sta riflettendosi anche sui modelli d’offerta delle concessionarie rimodellandoli rispetto a come possano rispondere a tali esigenze. In questo contesto tutti i media chiaramente misurabili in maniera certa e puntuale vivono un momento di minor crisi, primo fra tutti il mondo dell’on


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line - mi riferisco a tutto ciò che riguarda le modalità a performance e al search -. Sull’onda di questa esigenza mi aspetto un’accelerazione della modalità di fruizione anche di altri media come la televisione, con lo sviluppo di tecnologie che permettano una interattività che oggi è ancora molto limitata”. Gli effetti della spinta digitale, come conferma Gian Paolo Tagliavia, si cominciano a sentire e vedere. “Se devo giudicare dal lato del prodotto, quindi dell’offerta al consumatore, il livello è molto migliorato – rispetto a un passato anche abbastanza recente –, e grazie ai sistemi integrati dell’editoria la capacità di catturare e di intrattenere lo spettatore è letteralmente esplosa – dice il CEO di IGP Mediabrands –. Penso al livello qualitativo delle serie Tv, che ormai sono spesso più interessanti dei film, fino allo sport, dove davvero non c’è gara! 15 anni fa c’erano Novantesimo Minuto in Tv e Tutto il Calcio Minuto per Minuto alla radio: oggi tutto, ma proprio tutto, è live, online e in alta definizione. Da questa possibilità di scelta straordinariamente ampia deriva l’evoluzione e la personalizzazione della dieta mediatica. Lo spettatore/utente si trova oggi in una posizione di ‘potere’. Le aziende devono quindi evolvere i propri modelli industriali e di business. In parte è quel che è successo al settore della Musica, dove oggi, dopo 15 anni di pirateria, finalmente

si può trovare, ascoltare e scaricare – legalmente e ufficialmente – per pochi euro qualsiasi cosa: è stato un laboratorio importante, ma che dimostra come alla fine del processo è abbastanza probabile che strutture e margini siano molto diversi rispetto al passato”. Un vento di cambiamento che soffia alle spalle di editori e concessionarie che come chiarisce Isabelle Harvie-Watt: “hanno iniziato a muoversi nella direzione del cambiamento che il mercato chiedeva loro da tempo. È chiaro che, come sempre, qualcuno lo fa più velocemente, altri meno. Ma il percorso si è avviato ed è evidente che tutti vogliono puntare e stanno investendo in modo crescente sulla concomitanza di tre fattori – online, video e mobile – per mantenere le proprie audience o conquistarne di nuove. Da questo punto di vista, anche se in Italia siamo un po’ più indietro rispetto ad altri paesi, lo sviluppo e la diffusione delle piattaforme di Real Time Bidding sta giocando un ruolo importantissimo. La più approfondita conoscenza dell’audience consente infatti un uso migliore delle informazioni, per pianificare e non solo. Per il momento ciò si applica ancora alla sola sfera del digital e dell’online, ma presto, è inevitabile, si estenderà anche agli altri mezzi: e quella sarà veramente una nuova e ancor più drammatica ‘disruption’”.

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Moratoria? Te salutant… Il presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi l’ha invocata a luglio, ma le risposte ricevute sono state largamente negative: salvo sorprese, quindi, a gennaio 2014 non ci sarà nessuna moratoria sui diritti di negoziazione, e le cose procederanno come sempre. In attesa di una legge che presto o tardi regolamenterà la questione.

Lo scorso 3 luglio, dal palco del Teatro Strehler di Milano, il presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi si è rivolto direttamente ai centri media proponendo un accordo o, più precisamente, una moratoria (ndr: “interruzione a tempo indeterminato, in particolare con riferimento ad attività che sono oggetto di controversia”): cancellare una volta per tutte, a partire da gennaio 2014, i diritti di negoziazione. Alla base di tale proposta, ha spiegato Sassoli, c’è sostanzialmente la perplessità e il timore per la ventilata trasformazione dei centri media in intermediari di spazi, una trasformazione verso il ‘brokeraggio’ contraria al loro ruolo consulenziale, che confonde i clienti e snatura il sistema. Un’opacità che non permette di comprendere bene chi paga chi e a fronte di che cosa. Perché tanta urgenza nell’intervenire su questo ormai annoso argomento? Perché i DN stanno raggiungendo livelli altissimi, la replica di Sassoli, ed è giusto che si trovi un accordo secondo la logica di completa trasparenza che deve regolare il rapporto tra aziende, agenzie media e concessionarie: “C’è una determinazione totale dei nostri associati in questo senso – ha dichiarato il presidente –, e in caso di mancata adesione alla proposta UPA stessa si muoverà in maniera unilaterale chiedendo una legge che li abolisca così come è già successo tanti anni fa in Francia con la legge Sapin”. 56

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente UPA

Sassoli e le aziende che fanno parte di UPA sanno perfettamente che il discorso dovrebbe arrivare – o per meglio dire partire – da una rinegoziazione delle remunerazioni delle centrali, indicando una percentuale compresa tra il 2 e il 3% come quella più corretta.


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Le reazioni: regolare, non abolire La risposta immediata dei centri media ha oscillato fra un secco ‘no grazie’ e un più possibilista ‘parliamone…’. Commentando a caldo il discorso del presidente UPA,per esempio, il Ceo di Group M, Massimo Beduschi, intervistato da ADVexpress non nascondeva un certo stupore di fronte alla posizione così netta di Sassoli: “Per sgombrare il campo da ogni dubbio dico che sono contrario all’abolizione dei diritti di negoziazione. Piuttosto, sono favorevole a una loro regolamentazione, soprattutto nel rapporto tra agenzie media e concessionarie. Ormai è noto a tutti che il rapporto tra clienti e agenzie in merito ai DN sono chiari, i clienti sono al corrente del loro funzionamento, e alcuni ne beneficiano perché, a seconda degli accordi, vengono loro ristornati. Mi sento di dire che in massima parte i clienti sono ancora oggi favorevoli ai DN”. “La percentuale suggerita da Sassoli potrebbe essere corretta come no – aggiunge Beduschi –. I clienti devono dare il giusto valore al servizio che noi offriamo, comprensivo dei costi delle persone, delle strutture dedicate, e della normale logica di profitto che una qualsiasi azienda deve avere. Se i clienti accettano di accollarsi questo onere, allora si può parlare dell’abolizione dei DN”. “Penso che la materia sia già ampiamente regolamentata e chiara – ribadisce Vittorio Bonori (ZenithOptimedia) –, e non capisco perché ci si ostini a parlare di opacità. Al contrario la crescente trasparenza delle dinamiche negoziali ha di fatto risolto quello che una volta si definiva un potenziale conflitto di interessi. Le aziende ormai sono nella condizione di poter seguire e monitorare queste dinamiche ed in molti casi di poterle governare. Per di più, da un certo punto di vista, le agenzie sono l’anello più debole della catena in merito a possibili future decisioni di regolamentazione. Qualsiasi decisione circa

Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia

cambiamenti di assetto è sempre nelle mani di aziende, editori e concessionarie. Non siamo mai stati contrari ad eventuali interventi del legislatore e in ogni caso continueremo a lavorare nella direzione di una completa trasparenza nella negoziazione e gestione di queste variabili economiche”. Alla luce della proposta Sassoli, in ogni caso, è possibile immaginare qualche cambiamento già dall’inizio del nuovo anno? “Onestamente no” la laconica risposta di Roberto Binaghi (Mindshare), cui fa eco Isabelle Harvie-Watt (Havas Media Group Italy), seconda la quale la sede opportuna per discuterne sarebbe quella associativa: “Ogni tanto ci si incontra e se ne parla – spiega –, ma in questo momento è evidente che le agenzie media non sono proprio in grado di ‘fare

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Marco Girelli, ceo Omnicom Media Group

sistema’ come e quanto dovrebbero… Detto questo, oggi noi lavoriamo già in modo completamente trasparente rispetto ai clienti: i DN, in fondo, non sono altro che accordi commerciali come tanti altri, e non si può non sottolineare come siano proprio i clienti coloro che ne beneficiano maggiormente”. “Questo tipo di diatriba – commenta Alessandro Campanini (Maxus) –, periodicamente ripresa sempre negli stessi termini, è effettivamente diventata stucchevole. La trasparenza non è e non potrà mai essere da una parte sola, e questo entrambe le rispettive associazioni degli utenti e delle agenzie lo hanno ammesso. Purché dichiarati e, appunto, trasparenti – del resto tutto oggi è controllabile e verificabile –, i Dn fanno legittimamente parte della remunerazione di un’agenzia: su questa base il mercato ha trovato un suo equilibrio e non si può continuare a vederlo o viverlo come un problema. Vogliamo toglierli o abolirli? Nessun problema da parte nostra, salvo il fatto che qualora questo accada è necessario riaprire il discorso della 58

remunerazione che, in Italia, è mediamente molto più bassa rispetto a quella di altri paesi. Non dimentichiamo, del resto, che i DN non li abbiamo inventati noi e che sono una prassi diffusa anche in altri mercati, ma che solo in Italia il livello delle remunerazioni è così basso, e non capisco il perché. La realtà è che molto più del discorso generale quello che conta per davvero è il rapporto one to ne fra le singole parti, ed è proprio su questo piano che, a oggi, le aziende si sono dimostrate molto meno ‘sensibili’”. È d’accordo Marco Girelli (Omnicom Media Group): “Alla base della risposta stessa sta il concetto di trasparenza. E quindi vorrei girare la domanda: che tipo di relazione vogliono i clienti con le loro agenzie media? Possiamo essere tutti più trasparenti? Intendo dire, siamo o no dei partner strategici delle aziende per raggiungere successi col massimo grado di efficienza in chiave di investimenti di marketing? Se questo è vero ci vuole trasparenza anche nella politica di remunerazione dei partner. Io sono convinto che tutti noi a capo delle agenzie media saremo contenti di rinunciare ai DN in cambio

Paolo Dosi, amministratore delegato Clear Channel Italia


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di una chiara e giustamente profittevole remunerazione delle nostre aziende”. “Premesso che apprezzo l’appello di un galantuomo come Sassoli de Bianchi – riassume Gian Paolo Tagliavia (IPG Mediabrands) –, e benché ‘nuovo arrivato’ sul fronte delle agenzie media vorrei provare a dare una lettura della questione in termini prospettici. Rispetto a quando ho cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione, in una concessionaria, più di 15 anni fa, i passi avanti che sono stati fatti in tema di trasparenza mi sembra siano molto rilevanti. Oggi, e lo dico obiettivamente, i clienti hanno ormai una visione assolutamente capillare delle dinamiche di acquisto, e loro per primi sanno che quello che era il servizio di un’agenzia media nel 2000 oggi si è radicalmente trasformato. Pensando solo alla ‘media intelligence’ non c’è paragone tra l’attività di allora e quella di oggi, legata alla proliferazione di piattaforme e offerte. Il business delle agenzie si è allargato poi a nuove aree e discipline: specialisti del search e del Real Time Bidding, analisti di big data e, ancor di più, analisti di business (che in termini molto concreti vanno a verificare quanti pezzi siano usciti dallo scaffale in seguito a un’attività di comunicazione…). Tali capacità e professionalità si sono realmente affermate negli ultimi anni, e i clienti, lo ribadisco, tutto questo lo sanno perfettamente”. La conclusione di Tagliavia è una contro-domanda, che ben sintetizza il pensiero dei suoi colleghi: “Perché a fronte di questa enorme quantità di nuovi servizi si continua ancora a parlare di fee come se fossimo negli anni ’90, piuttosto che spostare il piano della discussione sul valore che le aziende media portano ai clienti?”. Le concessionarie chiedono un dialogo Nella già citata intervista ad ADVexpress, Beduschi separava nettamente il piano dei DN da quello della sempre più stretta e

Lucio Bergamaschi, procuratore generale Neopolis

imprescindibile relazione tra agenzia media e concessionaria: “Sgombriamo il campo da equivoci –affermava –: la complessità dello scenario dei mezzi aumenta ogni giorno e ci costringe a fare ingenti investimenti in ricerche, nuove tecnologie, nuovi strumenti di analisi del consumatore, di pianificazione e di acquisto. Di fatto, questa complessità ha reso l’agenzia media un consulente anche per le concessionarie, soprattutto per quelle che operano nel mercato digitale, caratterizzato da una componente tecnologica che sta cambiando i paradigmi e le regole del mercato. Come tale, il valore della consulenza deve essere riconosciuto, nelle forme e nei modi sui quali si può e si dovrebbe discutere”. E la sua conclusione apriva lo spazio al confronto: “Vista l’evoluzione del mercato è davvero auspicabile

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Lorenzo Montagna, amministratore delegato e direttore commerciale Yahoo Italia

che si faccia chiarezza, che si accenda la luce nella stanza dove siedono i tre attori: clienti, agenzie media e concessionarie”. Sul ruolo consulenziale delle centrali verso le concessionarie, i rappresentanti di queste ultime non si esprimono. Ma anche loro parlano della necessità di un dialogo aperto fra tutte le parti in causa, per esempio Marco Dallamano (Cemusa): “La questione è piuttosto complessa, bisognerà attendere e restare a vedere se i clienti valuteranno la possibilità di remunerare i centri media per il lavoro svolto e le concessionarie pubblicitarie per gli investimenti sul prodotto. Il primo passo per migliorare la trasparenza del mercato è il dialogo tra centri media, concessionarie e clienti per cercare di rendere il sistema più efficiente senza penalizzare nessuno ed evitando aggravi di costi insostenibili”.

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Lorenzo Montagna esprime la posizione neutrale di Yahoo: “Da anni si parla di cambiamenti in questo ambito e non succede mai nulla. Penso che in un periodo come questo saranno pochi gli attori a voler cambiare veramente le regole. La posizione di Yahoo su questo tema è neutra. Il nostro impegno è da sempre quello di rendere sempre e comunque il miglior servizio al mercato, clienti e agenzie: una questione prima di tutto di etica e professionalità. Per questo non abbiamo una posizione di parte e seguiremo le scelte indicate dalla ‘domanda’ qualora ci sia una innovazione in questo senso”. Una posizione contraria alla moratoria è invece quella di Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità), che ritiene quella del presidente UPA un’affermazione un po’ forte e non del tutto condivisibile: “Quello dei diritti di negoziazione è un modello consolidato e io personalmente mi limito a constatarne l’esistenza. Professionalmente parlando, sono nato in un mondo con i diritti di negoziazione. So benissimo come funziona, sono indispensabili per la sopravvivenza dei centri media e sono a favore anche dei clienti”. Interessante la disamina di Paolo Dosi (Clear Channel Italy): “I diritti di negoziazione, di per sé, non costituiscono un danno. Il problema sussiste nella loro cattiva gestione, che nel corso degli anni ne ha snaturato il fine oltre ad aver sviluppato aree di opacità ed eccessi di carattere finanziario. Inoltre, tutto questo ha creato un tale stato di diffidenza tra tutti gli anelli della catena, che gli unici driver sono diventati, da un lato l’aspetto meramente economico e dall’altro la forza negoziale delle parti e non il reale valore aggiunto che ogni componente può apportare al cliente finale”. Per riportare chiarezza e trasparenza, suggerisce quindi Dosi, “I clienti devono essere disponibili a pagare un ‘fair margin’ alle agenzia media per il valore aggiunto che queste apportano e


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Sergio Rossi, Grandi Stazioni Media

E la seconda è quella di Sergio Rossi (Grandi Stazioni Media): “Per come sono gestiti attualmente, i diritti di negoziazione necessitano sicuramente di un radicale ripensamento. Se infatti, come spesso accade, sono ristornati ai clienti che lo prevedono contrattualmente, di fatto appresentano uno sconto ulteriore al cliente finale con evidente distruzione di valore del comparto. È necessario che i consulenti, siano essi centri media o agenzie, valorizzino correttamente la consulenza strategica verso i propri clienti e con trasparenza rivendichino un fee adeguato all’investimento in professionalità profuso, uscendo dalla logica del prezzo fine a se stesso che poi ribaltano sulle concessionarie. Concordiamo con la proposta di moratoria del Presidente UPA, ma gli associati devono poi, compatti, comportarsi di conseguenza nelle gare e nei rapporti contrattuali con i consulenti e le concessionarie”. E questo, come sempre, resterà il vero nodo…

lo stesso vale per il valore aggiunto fornito dai concessionari”. “Comincerei da un obiettivo più limitato ma realistico – precisa Lucio Bergamaschi (Neopolis)–: mettere un tetto ai DN e diversificarli in relazione ai volumi e all’anticipo di acquisto sulla data di uscita. Ci aiuterebbe molto nelle politiche di acquisizione. Ne parlerò prossimamente al presidente di Assomedia. Dubito che a breve possa cambiare qualcosa anche se ovviamente me lo auguro”. Ma ci sono anche due voci che, finalmente, danno a Sassoli il loro pieno sostegno. “Ben venga tutto ciò che va nella direzione della trasparenza – dichiara infatti Filippo Delia (Wake Up Enterprises) –, e lo dico da imprenditore 32enne che combatte lo status quo ogni giorno!”.

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DIGITAL: TRADING O QUALCOSA ‘DI PIÙ’? “I fee delle agenzie media sono in costante diminuzione, ma i loro profitti sono in costante aumento: ciò dimostra che gli investitori ritengono le agenzie media e le concessionarie meno trasparenti che mai”: l’88% del campione di aziende intervistate lo scorso anno dalla World Federation of Advertisers (cui anche UPA aderisce) si diceva d’accordo con tale affermazione. Come spiega Rob Dreblow, head of marketing capabilities della WFA analizzando i risultati del sondaggio, “Non lo dicevano perché hanno qualcosa da obiettare sul fatto che le agenzie debbano essere remunerate per il loro tempo, lavoro e per gli insight che forniscono. La loro preoccupazione riguarda solo il modo in cui i soldi dei clienti sono spesi, soprattutto nell’area dell’automazione del buying online”. Secondo l’indagine WFA, il 57% dei rispondenti si è detto consapevole del fatto che attraverso gli Agency Trading Desk si svolgano attività di ‘arbitraggio’ (ndr: acquisto o vendita di un bene o di un’attività finanziaria e contemporanea operazione di segno opposto per sfruttare le differenze di prezzo al fine di ottenere un profitto) e l’82% ritiene che queste influenzino l’imparzialità delle scelte. Complessivamente, l’83% degli intervistati considera il sistema dei trading desk meno trasparente del trading tradizionale. Il comportamento delle agenzie in quest’area aggiunge ulteriori elementi di perplessità, sottolinea Dreblow: “Il 54% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver dovuto firmare accordi e contratti separati riguardo ai trading desk, spesso con limiti molto specifici in termini di accesso ai dati e diritti di auditing. Soprattutto, la sensazione diffusa è che si tratti di un metodo nuovo per vendere a un prezzo più alto lo stesso tipo di servizio, in cui il prezzo pagato dall’azienda per ogni impression non abbia alcuna relazione al prezzo effettivamente praticato dall’editore o dalla sua concessionaria”. Il timore di fondo è quindi che la capacità delle nuove piattaforme tecnologiche di creare nuovi profitti per le agenzie media renda le decisioni ‘influenzabili’ dagli interessi dell’agenzia stessa piuttosto che dagli obiettivi di marketing degli advertiser. L’attuale livello di trasparenza sul fronte dei media tradizionali è ben lungi dalla perfezione, conclude Dreblow. “Potremmo disquisire a lungo di ‘rebates’ e DN, ma per le aziende una cosa è sicura: è sicuramente un sistema migliore, e più trasparente, di quello che si sta creando attorno al digital”. Anche Nick Manning, presidente della società di consulenza e auditing internazionale Ebiquity, si è espresso recentemente senza mezzi termini sulla mancanza di trasparenza nel digital: “I grandi gruppi come WPP, Omnicom, Publicis ed Aegis, stanno sempre più spesso comprando all’ingrosso spazi che poi rivendono al dettaglio ai singoli clienti, soprattutto in campo digitale. Non ci sarebbe nulla di male se il processo fosse pienamente trasparente, ma l’evidenza sotto i nostri occhi dice che con la diffusione dell’automazione questa trasparenza sta in realtà diminuendo anziché aumentare”. I profitti e i margini che derivano dai media digitali, sostiene Manning, sono enormemente superiori a quelli generati da qualsiasi altro servizio o divisione in seno alle agenzie media o alle loro holding: “Gli editori o le concessionarie della nuova generazione – Google, Facebook e Twitter in particolare –, offrono infatti una copertura globale che si sostituisce a quella locale e frammentata dello scenario media tradizionale: le agenzie media possono dunque sfruttare gli acquisti scontati sul piano globale rivendendoli ai propri clienti attraverso una struttura complessa e multi-strato che consente loro di creare margini aggiuntivi invisibili dall’esterno”. Inoltre, aggiunge Manning ribadendo quanto emerso dall’indagine WFA, “Le piattaforme automatizzate rendono spesso impossibile agli inserzionisti il tracciamento e la valutazione delle transazioni media. In molti casi abbiamo visto contratti che esplicitamente restringevano l’accesso dei clienti ai flussi di denaro e di dati: c’è quindi poco da sorprendersi che fra aziende e agenzie manchi la fiducia, e ci sono

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anzi legittimi sospetti che le agenzie abbiano qualcosa da nascondere”. Infine, osserva Manning, non è solo una questione di trasparenza, perché “Gli altissimi profitti realizzati dalle agenzie media stanno a indicare un ulteriore problema: questo sistema mantiene infatti artificialmente alto il costo dell’advertising online. E in vista di un futuro in cui questo modello di trading sarà presto adottato anche per gli altri media, Tv digitale in primis, il quadro è tutt’altro che incoraggiante”. La replica di Gian Paolo Tagliavia è che non si può fare di tutta l’erba un fascio: “Alcuni ambiti del digital – osserva infatti il ceo di IPG Mediabrands –, sono ancora in fase nascente, con decine e decine di società e tecnologie diverse, e non esistono ancora standard condivisi ed elementi codificati da anni e anni di esperienza come nel caso dei mezzi ‘classici’. I dubbi sono naturali, ma ci vuole un po’ più di calma: credo sia ingeneroso formulare critiche o giudizi affrettati. Occorre dare tempo al tempo e aspettare da un lato il consolidamento dei player e dall’altro che quelle che oggi appaiono opportunità emergano pienamente”. Più decisa la controffensiva di Vittorio Bonori: “Il trading e le nuove tecnologie rappresentano un ulteriore strumento di chiarezza – dichiara il ceo di ZenithOptimedia –: sono un mezzo per valorizzare l’inventory e qualificare i contatti. Sono fermamente convinto che l’espansione del mercato pubblicitario e la creazione di nuovo valore all’interno della nostra industry possa passare proprio per un utilizzo aperto delle nuove tecnologie. Se la tecnologia è in grado di migliorare le performance di un’azienda, il budget che quest’ultima può decidere di investire può diventare paradossalmente ‘illimitato’. Una situazione win-win-win per tutti, aziende-editori-agenzie”.

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Chi fa da sé… fa sul Web Grazie al suo database proprietario ILFAC.it (Il File degli Attori della Comunicazione), TBS Italy, filiale di TBS Group, ha analizzato due particolari risvolti delle attività di pianificazione media, mettendo in evidenza l’alta percentuale di aziende che in Italia non si avvale di un’agenzia media, sia per i mezzi tradizionali sia, soprattutto, per quelli digitali.

SE i centri media gestiscono direttamente la grande maggioranza degli investimenti pubblicitari nel nostro paese, qual è esattamente la loro quota, e quali sono gli inserzionisti che non hanno un’agenzia media e preferiscono il fai da te o il ricorso ad altri tipi di consulenti? Queste le domande di partenza che hanno spinto Matthieu De Montgolfier, fondatore e amministratore delegato di TBS Italy, a interrogare il database proprietario della sua società in cerca delle risposte. “In realtà è sempre stato un luogo comune pensare che la pubblicità in Italia fosse gestita quasi esclusivamente dai centri media – spiega De Montgolfier –. Attraverso questa ricerca, condotta utilizzando la piattaforma ILFAC (Il File degli Attori della Comunicazione) vogliamo dimostrare come possa essere un grande errore considerare solamente la parte gestita dalle media agency senza tenere conto che una grande fetta del mercato è gestita internamente. Abbiamo quindi creato due categorie in modo da sapere, tra più di 2.500 inserzionisti, da chi sono gestiti, e il risultato della nostra ricerca è indicato nella Tabella 1: da questa si evidenzia chiaramente che la parte gestita dai centri media rimane la più importante del mercato con più del 72%. La parte gestita internamente fa il 28% del valore totale dei volumi investiti nei media, ma diventa molto più importante se andiamo su mezzi come la stampa o web. Su questi mezzi, infatti, troviamo inserzionisti che, nonostante abbiano a loro disposizione un cen64

Matthieu De Montgolfier, fondatore e amministratore delegato di TBS Italy

tro media, decidono di gestire internamente alcune pianificazioni mezzi. Geox, per esempio, lavora con GroupM per tutti i media ad eccezione della stampa, gestita internamente. Situazione analoga per ING Direct che, anche se affida a un centro media la parte offline, cura internamente tutta la parte online”. Ma chi sono e a quali settori appartengono gli inserzionisti che scelgono la gestione interna di almeno parte dei propri budget pubblicitari?


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TAB. 1 – AZIENDE: LA GESTIONE DEGLI INVESTIMENTI PER MEZZO

Totale Tv Quotidiani Magazine FreePress Radio Outdoor Cinema Web

PIANIFICAZIONE 28% 13% 44% 48% 34% 16% 30% MEDIA INTERNA

19% 36%

CENTRI MEDIA 72% 87%

81% 64%

56%

52%

66%

84%

70%

Fonte: TBS Italy, febbraio 2013

“I settori in cui sono maggiormente presenti le aziende che non hanno un centro media sono quelli Abbigliamento e Accessori (20%), Alimentari (7%) e Arredamento (5%). Tra le marche e le imprese troviamo grandi aziende come MediaMarket, Aruba, Citizen Watch Italy, I pellettieri d’Italia, Tod’s, Immobildream, Casa.it, Giuliani, PGH – Piero Guidi, Bolaffi... Alcune sono di dimensione internazionale, e in alcuni casi, anche se all’estero hanno un centro media, in Italia preferiscono gestire tutto internamente”. C’è poi un secondo punto che De Montgolfier suggerisce di non sottovalutare e che risulta chiaramente dalla Tabella 2: il 28% dei budget pianificati internamente equivale, in termini di market share, alla seconda posizione in classifica subito dopo quella di GroupM (Mediaedge:cia, MindShare, Mediacom, Maxus, Media Club, Media Insight). Il che porta a due differenti conclusioni relativamente a venditori di spazi e pianificatori. “Dal punto di vista di una concessionaria di pubblicità – spiega l’amministratore delegato di TBS Italy –, lo sviluppo di progetti speciali a forte valore economico dovrebbe essere un incentivo a entrare direttamente in contatto con il cliente finale. In questo modo, le percentuali del loro fatturato rispecchierebbero quelle riportate nel nostro quadro. Sul fronte opposto, le agenzie media dovrebbero trovare motivazioni o costruire un’offerta attrattiva per convincere questi clienti ad appoggiarsi alle loro conoscenze e aiutarli a individuare, tra tutte le offerte media, la migliore possibile”.

Focus sul digitale “In questi ultimi 25 anni – ricorda De Montgolfier – si sono sviluppate a livello mondiale 14 agenzie leader che gestiscono approssimativamente il 70% della pubblicità acquistata localmente. Ogni mercato è poi caratterizzato dalla presenza di player locali: c’è, quindi, una quarantina di agenzie media competitive in ciascun Paese. Queste agenzie sono rimaste leader incontrastati dell’acquisto della pubblicità fino all’arrivo di internet, che ha radicalmente modificato il mercato dell’advertising per tutti gli attori coinvolti”. Dalle ricerche curate da TBS Italy emerge infatti un fenomeno interessante: un numero elevato di imprese si affida ai centri media per la pianificazione della comunicazione sui mezzi tradizionali, mentre la loro comunicazione online è gestita con modalità differenti: internamente, tramite agenzia

TAB. 2 – CENTRI MEDIA: IL RANKING PER INVESTIMENTI 1 2 3 4 5 6 7 8

GroupM Pianificazione Media Interna Vivaki Omnicom Media Group Aegis Media Independent Mediabrands Havas Media

Fonte: TBS Italy, febbraio 2013

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web o anche da un ufficio stampa, specialmente con riferimento ai social media. “Parte delle aziende che si rivolgono agli uffici stampa per la gestione delle pagine aziendali sui social network, affidano a questi anche l’acquisto degli spazi pubblicitari sugli stessi – conferma De Montgolfier –. In altri casi le aziende curano invece internamente il media planning e il buying per i mezzi tradizionali, ma affidano il 100% della gestione dell’online a un centro media (si possono citare i casi di Mediacom o di Mindshare...)”. Dunque, per gestire le sue campagne sul medium Internet, un’inserzionista si può affidare sia a un centro media tradizionale che a un’agenzia digitale o a un ufficio stampa. Emergono perciò due problematiche fondamentali: “Prima di tutto – spiega De Montgolfier –, quando si lavorava solo con i mezzi tradizionali, l’inserzionista aveva scelta tra 15 big player e 35 small player tra i centri media: ora si tratta di scegliere fra più di 2.000 agenzie che possono offrire la pianificazione della comunicazione online… Inoltre, nell’ipotetico caso in cui la campagna Facebook sia stata comprata dall’ufficio stampa, la campagna display tramite RTB dall’agenzia digitale, e le campagne tradizionali dal centro media, è evidente che viene meno la centralizzazione dell’informazione, e diventa decisamente più difficile calcolare il ROI e l’efficacia dei propri investimenti pubblicitari”. Le cose non sono meno complicate sul fronte delle agenzie: “In origine esistevano le agenzie web, che si occupavano quasi esclusivamente della creatività del sito internet aziendale. Le stesse, con il tempo, si sono specializzate per offrire anche Search, Display, Buzz e adesso Social Media. Ma la medesima evoluzione è riscontrabile anche nelle agenzie creative, in quelle media e negli uffici stampa che, per offrire un servizio quanto più completo, hanno attuato strategie di diversificazione. Se comprare spazi pubblicitari sul medium televisivo è sempre stato appannaggio di pochi potenti centri media, acquistare spazi pubblicitari sul web è molto più semplice, e quindi, come già sottolineato, gestibile

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TBS ITALY Via Bonafous, 2 – 10123 Torino Tel. 011 837723 info@ilfac.it www.ilfac.it – www.tbsgroup-europe.com

Board di direzione: Matthieu De Montgolfier, Fondatore e Amministratore Delegato. Servizi offerti: da più di 3 anni sul mercato italiano, TBS Italy, filiale di TBS Group, tramite ILFAC, aiuta i suoi clienti a trovare il contatto giusto per sviluppare il loro business. Clienti (principali): GroupM, OMD, Yahoo, McCann Erickson, WebAds, TGADV, Reed Business, JWT, A-Tono, Grand Union, Nuovi Spazi Pubblicitari, Pubbliemme, Vivaki, Bewe, Mimesi, Blogmeter, Getty Images...

da un numero di attori infinitamente più alto. Tanto che – potenzialmente – in una gara concernente un progetto di comunicazione digitale si rischia di trovarsi a fronteggiare più di 2.000 competitor!”. Lo stesso discorso vale quindi per le concessionarie, che in passato lavoravano esclusivamente con i centri media e avevano più o meno 40 clienti da seguire: “Anche loro si trovano infatti a dover presentare i propri servizi a quei 2.000 e passa soggetti, con la conseguenza principale della necessità di nuove modalità organizzative per le squadre commerciali e nuovi metodi per la comunicazione delle offerte”. Il digitale ha portato all’evoluzione della comunicazione aziendale in termini di contenuti, piattaforme, device e touchpoint, ma anche, e forse soprattutto, degli attori coinvolti: “La crescita e lo sviluppo del programmatic buying e dell’RTB – conclude De Montgolfier –, cambierà ulteriormente le regole del gioco e il modo di lavorare sul mercato. Per sopravvivere ci sarà bisogno di innovazione, di organizzazione, di informazioni costantemente aggiornate, di un forte impegno e di un po’ di fortuna”.


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Viaggio fra i Big Data Nel corso del suo ‘viaggio decisionale’, il consumatore segue oggi percorsi sempre più contorti e frammentati fra un’infinità di schermi, piattaforme e touchpoint. Per ricostruire ex novo una mappa il più possibile fedele e aggiornata in tempo reale dei suoi movimenti, le concessionarie e le agenzie media stanno puntando su due leve: ricerca e innovazione.

Combinare dati, creatività e media costituisce in buona parte il compito che i pianificatori sono chiamati dai clienti ad assolvere, mappando il cosiddetto ‘consumer decision journey’: ma il numero crescente di schermi, piattaforme e touchpoint, rende questo viaggio ogni giorno più frammentato, senza tappe predefinite e spesso senza neppure una meta precisa. “Il consumer decision journey – afferma per esempio il chairman e ceo di Mindshare, Roberto Binaghi, – in pochissimi anni ha cambiato direzione più volte, frenando e accelerando senza preavviso, grazie ad uno scenario tecnologico che non accenna a rallentare e che molte volte genera innamoramenti che durano lo spazio di un’estate, per poi scemare senza quasi lasciare traccia”. Intanto, ogni movimento e ogni azione del consumatore è però sotto una lente sempre più potente e focalizzata, che dà origine ai cosidetti Big Data. D’altra parte, conoscere in profondità l’audience cui si rivolgono i propri mezzi è compito altrettanto fondamentale di ciascun editore o concessionario, anche loro alle prese con una mole di informazioni senza eguali rispetto a quella di solo pochissimi anni fa. L’avvento delle piattaforme di Programmatic Marketing e Real Time Bidding, che sta finalmente definendo in modo più chiaro i contorni di ciò che si definisce ‘Audience Buying’, ha cambiato il modo di approcciare il target, e l’investitore 68

pubblicitario si sta abituando a questo tipo di profilazione. Non c’è dubbio, quindi, che per aggiornare costantemente le mappe e orientarsi in questo vero e proprio oceano sia la domanda che l’offerta debbano necessariamente far ricorso a nuovi tool di ricerca e analisi. A quale livello di dettaglio sono arrivate dunque le concessionarie, e attraverso quali strumenti? “Sul fronte delle maxi affissioni – confessa Lucio Bergamaschi (Neopolis) – siamo ancora lontani da una profilatura scientifica. Ci affidiamo al più ai dati di passaggi della vigilanza urbana e a quelli delle aziende di trasporto pubblico, e solo sotto il profilo quantitativo. Certo non è difficile immaginare che il target di un telo in Corso Como a Milano sia diverso da quello di un telo in Via Montenapoleone o sulla circonvallazione, ma non abbiamo dati a supporto di queste profilature. AudiOutdoor sulla temporanea è ancora del tutto scoperto”. Ormai da tempo, invece, proprio la ricerca sull’esterna rappresenta una delle principali frecce all’arco di Clear Channel: “Tutti sono d’accordo nel riconoscere che il mercato della Comunicazione sta cambiando – premette Paolo Dosi –, anche se in Italia manca ancora la consapevolezza generale di come stia avvenendo questo cambiamento. Naturalmente l’Out Of Home non è estranea a questa evoluzione. Il nostro mezzo si sta reinventando e lavora sempre più in tandem con le nuove tecnologie che, se opportunamente


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L’UNIVERSO DEI MEDIA

sfruttate, possono creare delle opportunità veramente interessanti per il nostro business. Ma sappiamo che ciò non basta. Per avere successo occorre continuamente approfondire il nostro livello di conoscenza delle abitudini della gente, del loro modo di vivere e di viaggiare, delle modalità con cui socializza e interagisce con l’ambiente urbano. In altre parole, dobbiamo essere sempre molto accorti e scrupolosi nel comprendere e interpretare la realtà, con tutte le sue ‘sfaccettature’, per poi decodificarla e convertirla in dati sensibili, fondamentali per raggiungere il nostro obiettivo che è quello di proporci come Partner dei nostri clienti e non solo come meri fornitori di servizi”. Già l’anno scorso, ricorda Dosi, Clear Channel ha avviato uno studio, in collaborazione con GFK Eurisko, che ha avuto come principale obiettivo l’integrazione delle informazioni cosiddette ‘primitive’ fornite da AudiOutdoor riguardanti i propri spazi, con quelle di Eurisko inerenti gli Stili di Vita della popolazione italiana. “Questa ricerca – spiega Dosi – ci ha dato la possibilità di

conoscere più a fondo il mercato, anche dal punto di vista dei comportamenti sociali e dei consumi dei prodotti e, inoltre, ci ha permesso di superare quella fase delle audience generiche il cui diverso impiego ha costituito un importante valore aggiunto alle nostre analisi. Il nuovo modello di business che ci siamo prefissi ci vede sempre più focalizzati nel rendere il nostro mezzo adeguato alle esigenze degli advertiser, che giustamente vogliono capire dove finiscono i loro investimenti. Se la campagna è ben pianificata può intercettare il giusto target di riferimento senza il minimo rischio di sprecare budget, perché tutto è estremamente ottimizzato e soprattutto misurabile. A livello globale, in un mercato pubblicitario sempre più competitivo, dove i nostri clienti sono alla ricerca di nuovi modi per raggiungere la propria clientela, Clear Channel vuole cogliere queste sfide e punta molto sulla misurazione delle audience”. Anche Alessandro Loro (IGP Decaux) conferma questo obiettivo, anche per gli spazi in portafoglio non rilevati da AudiOutdoor: “Tutti i nostri mezzi 69


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L’ACCESSO AI CONTENUTI DURANTE IL GIORNO

Il quotidiano inglese The Guardian ha ricostruito un quadro preciso di quando e dove gli advertiser possono raggiungere il suo target di lettori ‘Progressives’ durante il giorno, e di quanto questi siano ricettivi all’advertising in un mondo crossmediale. • Il picco nell’uso del quotidiano è al mattino, andando al lavoro, e scende durante il giorno quando le notizie non sono più fresche • L’internet da pc è utilizzata abbastanza regolarmente durante il giorno, per scendere alla sera durante il relax sostituita dai tablet (che peraltro hanno anch’essi il loro picco di utilizzo al mattino) • L’internet mobile raggiunge il massimo all’ora di pranzo e dopo il lavoro, con il picco nell’uso social la sera e alla fine della giornata • Giochi e contenuti multimediali sono ‘relegati’ alla sera prima di andare a dormire Fonte: The Guardian, Touchpoints 4, 2013

sono misurati – conferma –: abbiamo fatto un lavoro incredibile, tutto a spese nostre, per assicurare ai nostri clienti la possibilità della verifica ex-ante; in più, oggi, grazie alle nuove tecnologie siamo in grado di leggere i risultati ex-post di ogni azione che pianificano con noi e siamo felicissimi di sperimentare (perché ancora di esperimenti si tratta!) questo servizio insieme ai clienti. È un cambiamento molto importante, 70

perché garantisce un beneficio su entrambi i lati: il cliente ha chiaro il valore di quanto fatto e noi attraverso la misurazione raggiungiamo una conoscenza sempre più approfondita dei nostri mezzi”. “Non avrebbe senso – ammette Filippo Delia (Wake Up Enterprises) – mettere sullo stesso piano la scatola per la pizza o il sacchetto del pane con il digital: si tratta di ingredienti diversi, che però insieme a spot, eventi, o azioni di


capitolo7

guerrilla possono servire a confezionare la giusta ricetta per comunicazioni crossmediali”. Quelli gestiti da Wake Up non sono perciò in competizione con altri mass media come la Tv generalista, ma “Esiste comunque una profilazione del target: per esempio, la pizza è consumata prevalentemente da under 45, mentre il pane fresco è acquistato soprattutto da over 40. Dopo aver realizzato varie ricerche di mercato, posso dire che i nostri mezzi sono l’ideale per settori come il betting, l’entertainment, il beverage, il food, la telefonia o il travel. E, più in generale, per tutti coloro che abbiano l’esigenza di comunicare ‘in home’ offerte, promozioni e concorsi oppure fare brand awarness”. Focus sul target “La conoscenza della propria audience da parte di Sky è oggi estremamente elevata – considera Daniele Ottier (Sky Pubblicità) –. Nel 2012 abbiamo sviluppato con Gfk un progetto che si inserisce all’interno della loro ricerca Home Scan, sui consumi delle famiglie italiane. All’interno del campione di 8.000 famiglie di Gfk abbiamo isolato quelle con Sky e ricostruito un panel rappresentativo del mercato italiano. Da quel momento stiamo misurando cosa e come consumano le famiglie Sky e non Sky, sia in termini di confronto che in termini di consumi correlati a stimoli pubblicitari. Nel 2013 abbiamo operato un’analisi ex-post dei dati 2012 che ha confermato i maggiori volumi di consumi e la più elevata soglia di spesa da parte delle famiglie Sky. Oggi stiamo estraendo dati ogni due mesi e siamo in grado di fornire alle aziende investitrici, oltre che dati di profilo, anche dati rispetto alle abitudini di consumo dei nostri spettatori”. Restando in ambito televisivo, “La riorganizzazione verticale che abbiamo fatto della nostra offerta – ribadisce Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità) – va esattamente in direzione di una targettizzazione sempre più spinta dell’audience, per garantire il massimo di coerenza ed efficacia nella

comunicazione dei nostri clienti. I nostri ‘Pianeti’ sono il punto di atterraggio per le strategie di comunicazione delle aziende investitrici. A questo si aggiunge l’innovazione che opereremo con il ‘second screen’, una soluzione innovativa in cui lo spot che passa in Tv emette un ultrasuono che colpisce il palmare dello spettatore. Su questo compare a quel punto una pagina promozionale dedicata e caratterizzata da una fortissima call-to-action. E nel 2014 faremo ancora di più, anche se oggi è ancora troppo presto per parlarne”. Per chi opera in ambito digitale come Yahoo, naturalmente, la raccolta delle informazioni sui propri utenti è – almeno all’apparenza – se non più facile quanto meno più semplice: “Dei nostri utenti, in accordo con le più severe norme a tutela della privacy italiane ed internazionali, in Yahoo conosciamo praticamente tutto – afferma Lorenzo Montagna –. Non è solo una fotografia statica di alcune accurate caratteristiche demografiche, quanto un vero e proprio film dinamico dei loro comportamenti online che scorre fotogramma dopo fotogramma, in tempo reale, in costante aggiornamento. A questo si aggiunge una copiosa attività di ricerca alla scoperta degli insight di valore per i nostri clienti e delle nuove frontiere della comunicazione. In sintesi, non si tratta di fornire dati grezzi a piattaforme tecnologiche ma di riuscire a rendere possibile un ponte comunicativo con il target di riferimento”. Condividere le analytics Se la conoscenza del target è connaturata al mestiere stesso di editore e concessionario, venendo al lato della domanda il tutto assume un ruolo ancor più strategico. Ma occorre non farsi troppo facili illusioni: “Quella delle analytics – ritiene infatti Gian Paolo Tagliavia (IPG Mediabrands) – è un’attività di servizio al cliente enormemente complessa, e in questa fase non esistono una formula magica o un modello di interpretazione standard: noi ci siamo attrezzati

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con un grupo di specialisti locali di assoluta eccellenza e capaci di dialogare alla pari con i colleghi di realtà più avanzate della nostra come quelle spagnola, britannica e tedesca. Il punto è che mixare le fonti di informazioni più disparate è necessario ma non basta: perché occorre sedersi con i clienti, calibrando l’approccio caso per caso. In questo ambito è cruciale la disponibilità dei clienti a condividere i propri dati, in modo da poter veramente creare quel valore aggiunto che si richiede alle aziende media”. Anche Binaghi ritiene che “Un algoritmo non può ancora decodificare gli umori del consumatore – concorda infatti il chairman e ceo di Mindshare – e il fattore umano, almeno per ora, è ancora centrale. Quello da cui non si può prescindere è definire un metodo che consenta di aggregare, interpretare e mettere a frutto l’immensa mole di big data che i consumatori più o meno consapevolmente ci mettono a disposizione. In Mindshare questo metodo prende il nome di Adaptive Marketing, un approccio integrato che attiva di volta in volta le competenze e tecnologie più idonee al raggiungimento degli obiettivi definiti e condivisi con i clienti”. Pur se in un’ottica diversa, l’elemento umano è al centro della risposta anche per Vittorio Bonori (ZenithOptimedia): “Non dobbiamo mai dimenticarci – sostiene infatti – che il consumatore è una persona. Certo usa più tecnologia, è diventato multitasking, ha una dieta mediatica molto diversa da quella di solo pochi anni fa. Ma ha anche dei bisogni primari che non sono cambiati in termini di consumo o di informazioni. La differenza è che oggi proprio grazie alle tecnologie può rivelarci molto più facilmente questi bisogni ed esprimere le sue richieste, direttamente o indirettemente, attraverso i social o durante i suoi acquisti online. Così facendo lascia tracce e indicazioni sulla sua vicinanza al brand nei momenti più vicini all’acquisto e al consumo: tutto questo rende i ‘big data’ fondamentali perché ci consentono di mirare con la massima precisione possibile le

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strategie dei nostri clienti”. Quali le implicazioni nel lavoro delle agenzie media? “Da parte nostra – risponde Bonori – ciò vuol dire investire nella raccolta di questi dati, nella costruzione di dashboard e di nuovi modelli decisionali che consentano di rispondere in tempo reale al consumatore durante il suo ‘viaggio’. Quando ci si rende conto che una piattaforma non risponde, si può intervenire immediatamente lavorando sui contenuti, facendoli diventare più rilevanti, aumentando il tasso di conversione e migliorando i risultati commerciali”. Senza dimenticare, inoltre, che “Tutto ciò, per ora, si fa in rete: ma molto presto – avverte Bonori – il processo si estenderà all’intero portafoglio mediatico”. Anche Havas Media Group si prepara ad affrontare questa svolta radicale: “La nostra strategia – racconta Isabelle Harvie-Watt – è molto ben riassunta dalla frase ‘Digital, data & content at the core’, che è il nostro motto. Stiamo investendo moltissimo in questa direzione, e siamo stati i primi a tuffarci in questo oceano di dati attraverso una fitta serie di partnership e acquisizioni: ElisaDBI, è una società leader nel data analytics che ci permette di essere ancora più efficaci nella raccolta, l’organizzazione e l’utilizzo dei dati; MFG Labs, un team di matematici specializzati nelle analisi dei Big Data attraverso l’uso di algoritmi e sistemi matematici avanzati; Cognitive Match, piattaforma specializzata nell’adattamento del contenuto all’utente che ne sta usufruendo: consente cioè di modificare in tempo reale la creatività secondo il contesto, ad esempio a seconda della fascia oraria o della geolocalizzazione, e di modificarne il contenuto in base al profilo del consumatore. Tutti questi nuovi servizi passano e sono ‘filtrati’ da Artemis, la nostra piattaforma di data management proprietaria che è al centro del nostro processo di digitalizzazione e differenziazione”. Secondo Alessandro Campanini (Maxus), però,


capitolo7

MULTISCREEN: AUDIENCE/TEMPO SPESO/INVESTIMENTI

Fonti: Nielsen Auditel, Nielsen Audiweb, Nielsen Mobile Media, Nielsen BD Adex

in realtà “Siamo ancora in una fase pionieristica in cui i vecchi sistemi di rilevazione per ciascun singolo mezzo, nonostante alcune evidenti storture, hanno dalla loro parte una curva di esperienza che permette di interpretare il singolo dato. Ciò su cui ancora nessuno è preparato fino in fondo è l’analisi dei ‘multiscreener’, che in Italia sono oggi più di 15 milioni di persone, né dal punto di vista quantitativo, né da quello qualitativo”. “La misurazione e la valutazione di questo fenomeno sarà sempre più essenziale per prendere decisioni di investimento efficaci ed efficienti, ma ribadisco ancora una volta che la palla è in mano ai clienti. In quanto loro consulenti, noi agenzie siamo prontissime a fare il percorso insieme alle aziende, e se posso formulare un invito all’UPA – chiosa Campanini –, mi piacerebbe che pensassero più a queste tematiche che ai DN!”. “Noi crediamo molto in un approccio che, partendo sempre da una forte idea di comunicazione, consenta poi di quantificare le ripercussioni sui risultati di business – riflette

Marco Girelli (OMG) –. Negli ultimi anni abbiamo investito parecchio nello sviluppo e implementazione degli strumenti di misurazione. Un esempio è il nostro panel proprietario, che conta oggi 23.000 iscritti, con il quale abbiamo messo in piedi un tracking continuativo sul ricordo pubblicitario e con il quale ci è possibile fare domande su qualsiasi tema solleciti la nostra fantasia. Alcune delle ultime applicazioni comprendono la misurazione dell’impatto della comunicazione sui mezzi social sul processo di acquisto, l’interazione tra schermo e luogo fisico d’acquisto, il percorso che separa l’I like dall’I buy. E, non in ultimo, la misurazione dell’impatto della pubblicità sia in caso di pianificazione su mezzo singolo, sia in caso di pianificazione su multipiattaforma. Possiamo quindi dare un peso all’incremento di awareness generata dalle pianificazioni multischermo e di quanto questa si ripercuote sulle vendite”. Proprio alle ricerche e all’analisi dell’efficacia della comunicazione integrata e crossmediale è dedicato il prossimo capitolo.

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Misurare l’integrazione Nella nuova comunicazione, la parola chiave è sempre la stessa: integrazione. Che non riguarda solo l’uso dei mezzi, ma coinvolge ogni aspetto del processo, a partire dalle ricerche sul target per arrivare a quelle sull’efficacia delle azioni prodotte. Un fronte sul quale le agenzie media puntano a differenziarsi per conquistare un ruolo sempre più strategico verso i clienti.

L’integrazione e la multicanalità che si invocavano 10 anni fa sono ormai sotto molti punti di vista un dato di fatto, sia dal lato della domanda, sia da quello dell’offerta dei diversi media. Legata al tema precedente, ma allo stesso tempo differente, la domanda che poniamo ai nostri interlocutori riguarda infatti il punto a cui stanno le cose sotto il profilo del ‘tracciamento’ delle audience e del ROI attraverso i diversi touchpoint: quali ricerche, metriche e strumenti di analisi riescono oggi a indicare con precisione l’effettivo valore e la reale efficacia della comunicazione? Riprendiamo le fila del discorso da Marco Girelli, che come aveva già anticipato nel capitolo precedente, ribadisce che oggi è “Imprescindibile dare concretezza alle operazioni di comunicazione, misurando il loro impatto in base ai KPI che ci diamo di volta in volta con i nostri clienti. Ancora una volta – aggiunge, poi –, la parola chiave è integrazione: non solo dei mezzi, ma delle ricerche. Il mercato sta andando indubbiamente verso questa direzione, ma nel frattempo noi come gruppo ci stiamo attrezzando per mettere a punto degli strumenti di misurazione solo nostri. Abbiamo recentemente vinto lo IAB Europe Research Award proprio nella categoria Advertising Effectiveness. Un segno tangi¬bile dei nostri sforzi per portare ai clienti un ritorno non solo di immagine, ma in termini di business, al di là delle 74

promesse. Con il nostro strumento di ricerca abbiamo integrato i dati disponibili sull’ascolto Tv e quelli disponibili sul web con il tracking proprietario e i dati di vendita del cliente. E così abbiamo scoperto che la video adv ci permette di raggiungere anche il 10% di pubblico in più, quel tipo di pubblico che la sola pianificazione televisiva avrebbe difficilmente raggiunto. E che una pianificazione video integrata, al di sopra di una soglia importante, migliora notevolmente l’efficienza, traducendosi in un risparmio significativo. Anche il beneficio non è mancato, perché altre aziende si interessano al nostro metodo, vogliono saperne di più”. Anche per Vittorio Bonori, “Non c’è dubbio che con il moltiplicarsi delle piattaforme e dei touchpoint, e di conseguenza dei KPI da rilevare, la misurazione sia oggi più che mai al centro dell’attenzione. Il nocciolo è che bisogna saper affiancare da un lato il massimo dettaglio per ciascun indicatore – allinenandolo verticalmente e puntualmente agli obiettivi di ciascuna campagna – e dall’altro riuscire a trovare un punto di sintesi che permetta di capire gli effetti d’insieme, l’integrazione, appunto. Attraverso la nostra piattaforma ‘Touchpoints’, in ZenithOptimedia utilizziamo una metrica quantitativa denominata ‘brand experience’ che riassume l’impatto di una strategia integrata ed è altamente correlata alla market share. “Dalla nascita di Mindshare – è la testimonianza


capitolo8

IL TREND DEI CONSUMATORI ‘CONVERGENTI’

Fonti: elaborazioni GroupM su dati ConMe Research – Laboratorio Convergenze Mediali – Makno & PoliMi – Aprile 2013

di Roberto Binaghi –, la misurazione è parte integrante della nostra quotidianità e la maggior parte dei nostri clienti definisce il nostro successo e lega parte della nostra remunerazione in base ai risultati certificati che otteniamo. Questo significa che per noi doverci confrontare con il ROI, le previsioni di vendita, il tracciamento delle abitudini del consumatore è stata una naturale evoluzione che, anno dopo anno, ha raggiunto sofisticazioni sempre maggiori, frutto dell’investimento in ricerca e della condivisione con i clienti. In Mindshare tutto questo prende vita nel reparto business planning che comprende le aree research, strategy e analytics che quotidianamente incrociano le banche dati dei clienti e del mercato attraverso modelli econometrici e ricerche ad hoc, ottenendo output che vengono

utilizzati per guidare le pianificazioni day by day. La nostra tensione verso la ricerca prenderà corpo nel prossimo appuntamento del Purple Program, in occasione del quale presenteremo i findings di una ricerca dedicata al mezzo radio e sviluppata con i principali player radiofonici”. Secondo Isabelle Harvie-Watt, “In questo momento la ‘misurazione’ delle audience e ogni conseguente valutazione della comunicazione non possono che passare attraverso il sistema Audi, che però arriva solo fino a un certo punto e non risponde fino in fondo al bisogno di maggior freschezza e maggior granularità dei dati, soprattutto sul fronte del planning. Detto questo, comunque, in Italia abbiamo altre ottime ricerche: sul fronte delle sinergie fra televisione e online, per esempio, grazie all’eccellente lavoro di istituti come Nielsen e Gfk Eurisko siamo 75


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PLANNING IN 3D

Fonte: presentazione di Roberto Binaghi agli ‘Internet Days’, ottobre 2013

sicuramente fra i paesi più avanzati”. “Il discorso che riguarda la comprensione del ruolo di ogni impression, digitale o non digitale, ottenuta da una campagna – aggiunge Harvie-Watt – costituisce un problema separato. È improponibile attribuire una conversione solo all’ultima impression che ha fisicamente preceduto l’azione ed è certamente indispensabile misurare l’efficacia di quel che si pianifica, ma l’attribution è un fatto ‘tecnico’. Di nuovo, la raccolta dei dati e la loro analisi è fondamentale per ricostruire il consumer journey di cui parlavamo prima e di conseguenza per poter evitare di convogliare gli investimenti verso mezzi o touchpoint ‘sbagliati’ o quanto meno poco efficaci. Proprio per fare fronte a queste tematiche, Havas Media Group ha lanciato a inizio anno Ecselis, la nostra performance business unit che nasce con l’obiettivo di fare da ponte tra la raccolta e l’analisi dei dati e le attività di pianificazione media”. Anche Vittorio Bonori giudica le problematiche riguardanti l’attribution

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sostanzialmente superate, ricordando che ormai “Esistono e adoperiamo regolarmente modelli econometrici che consentono di stabilire gli effetti di ciascun mezzo e touchpoint, indicando per esempio se lo spot tv ha portato i consumatori a visitare il sito, piuttosto che la pagina Facebook o il punto vendita”. “In tema di ricerche sull’audience – afferma Gian Paolo Tagliavia –, mi sembra che quanto sta avvenendo negli Stati Uniti sia destinato a replicarsi anche nel resto del mondo: entro 5 o al massimo 10 anni l’obiettivo comune di aziende, editori e agenzie sarà quello di raggiungere la ‘Total Audience’, il che implica la misurazione integrata di tutte le piattaforme, anche se oggi siamo indietro e facciamo fatica a misurare una campagna integrata… Gli editori dei diversi mezzi dovrebbero parlarsi e confrontarsi per trovare una strada comune su cui procedere verso metriche convergenti. La misurazione crossmediale, infatti, è una sfida a lungo termine: ma se non si pone fin d’ora la questione non si arriverà mai da nessuna parte”.


capitolo8

Leggermente diverso e con qualche certezza in meno il discorso di Alessandro Campanini: “La mia considerazione di partenza – sostiene infatti – è che oggi è l’evoluzione della tecnologia a guidare l’evoluzione della dieta mediatica delle persone: presto arriveranno i Google Glasses, la iTv di Apple, l’orologio/smartwatch, e intanto i telefonini si stanno trasformando nel portafoglio di domani… Come si misura l’integrazione di tutti questi nuovi canali e touchpoint? È una domanda che ci poniamo ogni giorno ma ancora stenta a trovare una risposta. Pensiamo al mobile e al tempo infinitamente superiore che le persone ci trascorrono rispetto alla cinquantina di milioni di euro investiti su questo ‘mezzo’”. Ma non solo: “A cambiare è anche la domanda: le aziende 5 anni fa si accontentavano di mettere 10 milioni di euro in televisione e si sentivano tranquille. Oggi questo non gli basta più, e ci chiedono maggiori indicazioni e certezze su come e dove investire meglio in uno scenario assai più complesso”. Oltretutto, aggiunge l’ad di Maxus, questo discorso si innesta in una fase in cui “Le agenzie media stanno cambiando pelle, e le nuove figure che emergono, in quelle che ormai si definiscono ‘aziende media’, testimoniano chiaramente questa trasformazione in primo luogo organizzativa”. La trasformazione le sta infatti portando a potenziare la propria funzione ‘strategica’ con figure capaci di leggere e interpretare i dati attraverso tool evoluti e dashboard che consentano di prendere decisioni più rapide e più efficaci. Ma di queste figure, capaci di unire le competenze e il ruolo dei data analyst con quelli degli strategic planner, ancora ce ne sono pochissime. TV e OOH: oltre le Audi Ci può o ci dovrebbe essere un ruolo anche per le concessionarie nel favorire una misurazione integrata delle attività di comunicazione dei clienti? Che cosa possono fare sotto il profilo

delle ricerche per agevolarle nel raggiungere i loro obiettivi? E con quali benefici? “Oggi stiamo usando alcune importanti ricerche sviluppate da Rai, come il Qualitel. – risponde Fabrizio Piscopo –. Stiamo realizzando in maniera estesa la Sinottica Eurisko e inoltre stiamo lavorando su più fronti per ottimizzare i percorsi multimediali e fornire dati incrociati ai clienti di Rai Pubblicità che scelgono di sposare l’offerta multipiattaforma Rai per raggiungere il proprio target di elezione”. “Le parole integrazione e multicanalità sono le keyword principali della nostra attività – aggiunge Umberto Turri, direttore Commerciale agenzie Digitalia ’08 –. In questi mesi abbiamo lavorato molto per proporre al mercato soluzioni più che prodotti, cercando di individuare con clienti e centri media il percorso più idoneo per centrare gli obiettivi di comunicazione. Lo sforzo che abbiamo messo in questa direzione sta cominciando a dare buoni risultati e il nostro ruolo si sta modificando evolvendo rispetto al concetto della classica concessionaria di pubblicità. Abbiamo creato diversi strumenti in grado di analizzare il media mix che proponiamo su medesime metriche in modo tale da presentare al cliente proposte e soluzioni di comunicazione immediatamente valutabili. Siamo comunque sempre alla ricerca di nuovi strumenti che restituiscano informazioni per profilare e rendere sempre più efficaci le campagne di comunicazione sui nostri mezzi on e off line”. Per Sky Pubblicità la questione misurazione è duplice: da un lato concerne la necessità di adeguare la ricerca standard (auditel) alla nuova realtà multipiattaforma; dall’altro quella di aiutare le marche fornendo loro una misura sempre più significativa del ritorno sull’investimento. “Abbiamo 1 milione e 800 mila clienti che hanno SkyGo attivato, il 60% della base clienti che ha MySky, e 700 mila abbonati che guardano

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i nostri programmi in mobilità e on demand – precisa infatti Daniele Ottier –: ma tutta questa quota di ascolto non è rilevata. È un tema di metrica che abbiamo già sollecitato da tempo e che ci sta molto a cuore. Prendiamo X-Factor che al primo passaggio su Sky Uno supera i 700 mila spettatori: ma se teniamo conto dell’ascolto differito l’audience complessiva supera i 2 milioni di contatti. Sono dati rilevati, che in questo esempio specifico non tengono ancora conto della fruizione on demand o via tablet o smartphone. Per noi è importante che questo processo di integrazione degli strumenti di misurazione avvenga in tempi brevi”. Sul secondo fronte, prosegue Ottier, “Nel 2012 abbiamo sviluppato una nuova ricerca con Gfk Eurisko: la loro ricerca Home Scan, che arriva sui lap top di tutti i marketing manager delle aziende del fast moving goods, consente di misurare cosa e come consumano gli italiani, un dato rilevato ogni due settimane su un campione di 8.000 famiglie. Bene, abbiamo isolato quelle famiglie tra queste che hanno Sky facendone un gruppo rappresentativo sul campione di Gfk e abbiamo cominciato a misurarne i consumi. Quello che viene fuori è una conferma di ciò che comunicavamo da tempo: le famiglie Sky consumano di più sia in termini di volumi che di qualità. Possiamo inoltre misurare i consumi delle famiglie Sky in base alle comunicazioni pubblicitarie. Questo ci permette di misurare con una certa puntualità il ritorno sull’investimento, consentendoci di togliere ogni dubbio rispetto alla correlazione tra pubblicità e consumo. Nel 2013 abbiamo analizzato ex-post tutti i consumi del 2012. Ora stiamo realizzando dati ogni due mesi e a breve presenteremo il servizio a centri media e clienti”. Differenti, per forza di cose, le posizioni degli operatori Outdoor. Premettendo che definire con esattezza la reale efficacia della comunicazione pubblicitaria è un’operazione difficile, nonostante i numerosi

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strumenti a disposizione degli operatori, Marco Dallamano specifica che “Per quanto riguarda la nostra realtà, per sopperire all’esigenza dei clienti di conoscere più a fondo il loro target, Cemusa ha recentemente stretto una partnership con Ayuda System: si tratta di un colosso canadese che ha sviluppato una piattaforma che permette di incrociare le esigenze del cliente con il patrimonio a disposizione, focalizzandosi in particolare sui dati di georeferenziazione dei luoghi frequentati dal target di riferimento e che quindi risultano più appetibili per il cliente. Si tratta di un progetto già attivo in altri paesi, che sarà operativo in Italia dal 2014”. Il progetto Grandicentri, chiarisce invece Marco Osti, “Permette già oggi di misurare i GRP’s del nostro mezzo, contando le persone che si muovono nel centro commerciale, i loro spostamenti e quindi offrire al cliente una stima molto precisa del numero di visualizzazioni che vengono realizzate per ogni punto di comunicazione installato”. Misurare l’efficacia, secondo Lucio Bergamaschi, “Dovrebbe essere un ruolo proprio dei centri media, che dovrebbero interagire di più con le concessionarie come Neopolis nella selezione delle posizioni e non solo impostare trattative sul prezzo. Ma questa purtroppo è fantascienza…”. Per IGP Decaux, e per tutto il mercato, Alessandro Loro auspicherebbe “Uno strumento basato su una ricerca come Eurisko Media Monitor, un tool che permettesse di misurare l’audience di tutti i mezzi in un unico ambiente. D’altro canto – osserva però –, oggi qualsiasi indagine sull’audience sembra perdere di validità se messa a confronto con le rivoluzionarie misurazioni che fornisce il web”. E proprio agli specialisti del web di .Fox e Yahoo lasciamo l’ultima parola. “È un mondo in continuo divenire – rimarca Lorenzo Montagna –. Al momento una currency


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‘all media’ universalmente accettata non esiste ancora. Yahoo partecipa a diversi tavoli di ricerca per arrivare non solo a misurare il contributo numerico dei diversi touchpoint ma anche a dettagliarne il valore in base al grado di attenzione che l’utente presta allo specifico medium. Per quanto già ora ci riguarda, per ogni campagna offriamo una ampia gamma di metriche di misurazione ed offriamo la possibilità di corredarle con ricerche ad hoc in base agli obiettivi specifici di ogni cliente”. Anche in Fox, su richiesta del cliente, si

realizzano analisi ad hoc sul livello di gradimento delle nuove piattaforme da parte dell’utente: “Sono delle overview che ci consentono di dare all’inserzionista un dato qualitativo sulle pianificazioni integrate e di integrarlo con un tracking numerico – chiosa Francesco Barbarani –. Questo tipo di richieste è ancora limitato da parte degli inserzionisti, ma è sicuramente un tipo di servizio che siamo felici di erogare perché garantisce al cliente una maggiore comprensione del mezzo, delle soluzioni adottate e dei risultati raggiunti”.

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La caduta del muro Oggi, in molti casi, ciò che si definisce ‘ecosistema digitale’ è ancora un sistema frammentato e parzialmente chiuso, nettamente diviso da quello dei media ‘tradizionali’. A mantenere divisi on e off line sono vincoli di carattere strutturale e infrastrutturale: ma il muro è destinato a cadere, con profonde conseguenze anche dal punto di vista del retail.

La crescita del digitale è inarrestabile e dato che la torta complessiva, in luogo di espandersi si è piuttosto ristretta, questo corrisponde, come ovvio e sotto gli occhi di tutti, a uno spostamento dei budget di comunicazione dall’offline all’online. La scelta per i player del mercato della comunicazione appare quindi obbligata: o adeguarsi al trend cogliendo le sfide e le opportunità che il digitale porta con sé, o rassegnarsi a un inevitabile quanto progressivo down-sizing. Le implicazioni dell’integrazione dell’offline e dell’online sono molteplici, variano da player a player, e dipendendo da diverse variabili: mezzo, disponibilità economica per sostenere i necessari investimenti strutturali, diffusione di devices, sviluppo di infrastrutture, innovazione e messa a regime di nuovi modelli organizzativi interni. Ma a che punto è l’Italia in questo processo? Tra vincoli e opportunità Il vincolo è forte ed è la loro ragion d’essere: il mezzo. Ma il percorso di integrazione e ibridazione è già cominciato, seppur a ritmi differenti. Negli Stati Uniti le previsioni degli operatori dicono che tra non molto anche la Tv entrerà nel mondo del programmatic marketing. La soluzione è vincolata alla diffusione dei televisori connessi, ma il trend, secondo i guru del settore, non potrà che essere quello. Perché il mezzo 80

Umberto Turri, direttore commerciale agenzie Digitalia ’08

dominante del media landscape non può tirarsi indietro e rinunciare a sfruttare l’enorme mole di dati e informazioni sui consumatori che possiede già oggi. Il segnale che arriva dagli operatori del mercato televisivo italiano è univoco: presenti! “Siamo convinti che Mediaset Premium stia interpretando molto bene questa evoluzione – afferma Umberto Turri –. Come già detto, già oggi tutti i nostri abbonati possono accedere gratuitamente a Premium Play con la possibilità di fruire tutti i contenuti della piattaforma quando vogliono, collegandosi


capitolo9

MARKET SHARE GLOBALE DEI MEZZI (%)

Fonte: ZenithOptimedia, settembre 2013

indifferentemente dalla Tv, dal computer, dal tablet o dalla console, scegliendo il contenuto tra alcune migliaia di titoli di film, serie, programmi televisivi e partite di calcio. Il requisito tecnologico è la disponibilità di un device collegato ad internet. Inoltre, entro la fine dell’anno Mediaset proporrà un nuovo servizio, distinto da Premium, che allargherà la possibilità di accesso a contenuti on demand (soprattutto film e serie) senza la necessità di un vero e proprio abbonamento, il tutto fornito a costi molto competitivi e sempre a condizione che la fruizione avvenga mediante il protocollo IP”. Si tratta dunque di segnali molto concreti della convergenza tra i tradizionali mezzi off e on line: “Da tutto ciò le modalità di comunicazione tra azienda e clienti non potranno che beneficiarne sia in termini di quantità di contenuti trasferibili sia in termini di targettizzazione dei medesimi – prosegue Turri –. Si pensi anzitutto all’infinito numero di informazioni sul comportamento del cliente che si possono ottenere quando il medesimo utilizza device connessi, ma anche alle

possibilità di fare cross communication riuscendo a seguire il cliente anche quando il medesimo cambia mezzo”. In termini più pratici, come chiarisce il direttore commerciale agenzie di Digitalia ’08, questo significa “Integrazione, a livello di singola campagna pubblicitaria, tra la modalità di visione lineare dei contenuti (i canali televisivi che compongono il bouquet Premium) e quella non lineare (Play) con quest’ultimo che ha il compito di migliorare il ricordo della campagna stessa, in quanto la visione dello spot avviene in condizioni che potremmo definire ottimali. Questo significa che il telespettatore viene raggiunto da un unico messaggio, in un momento di grande attenzionalità (prima della partenza di un contenuto on demand da lui scelto) senza che sia seguito da altri annunci per almeno 80’ (durata media della connessione a Play). Si può inoltre ampliare la profondità della comunicazione costruendo una vera e propria Dal in cui far confluire ulteriori contenuti, anche di lunga durata, che difficilmente potrebbero 81


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TASSI DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICITARI DIGITALI IN EUROPA 2011/2017 Finlandia Germania UK Svezia Danimarca Italia Olanda Norvegia Francia Spagna Altri TOTALE EUROPA OCC,

2011 6% 11% 17,4% 14% 16% 16% 11,9% 10,6% 11,4% 12,6% 13,5% 13,9%

2012 10% 10,5% 12,6% 10% 13% 5,2% 8,4% 6,4% 5,8% -1,5% 10,8% 9,6%

2013 12% 12% 12% 11% 9% 9% 8% 6,8% 6% 1% 11,9% 10,2%

2014 7% 10% 12,5% 9% 8% 11% 7% 7% 9% 8% 11,6% 10,5%

2015 6% 6% 8% 7% 7% 12% 7% 7% 7% 9,5% 8,7% 7,7%

2016 4% 5,3% 7% 6% 7% 11% 6% 6% 6% 8,5% 7,7% 6,8%

2017 3% 5% 6% 5% 6% 10% 5,5% 5,5% 5,5% 7% 6,5% 6%

Nota: è inclusa la pubblicità che appare su pc desktop e laptop oltre che su telefoni cellulari e tablet, in qualsiasi formato: display e affiliati, banner, rich media, sponsorizzazioni, video (in stream, in banner, in text), search (annunci a pagamento, link testuali contestuali), piccoli annunci, email (solo annunci embedded); comprende anche gli investimenti pubblicitari e per lead generation nei formati disponibili su mobile, soprattutto search e banner. Fonte: eMarketer, giugno 2013 (confermati e ripubblicati ad agosto 2013)

essere ospitati sui canali lineari”. Nella stessa direzione, si sta muovendo anche Rai Pubblicità: “Abbiamo lanciato il ‘double screen’ – racconta Fabrizio Piscopo –, una soluzione che ci consente di sviluppare l’interazione con lo spettatore. Quello che stiamo scoprendo è che l’integrazione è davvero soggettiva e la stiamo testando. Credo possa funzionare particolarmente per quelle offerte che possono avere una risposta immediata e per i prodotti che esigono una piattaforma online per essere sviluppati, quali ad esempio il betting o le assicurazioni”. Questo tipo di soluzioni e interventi rappresentano però solo la punta dell’iceberg, poiché per una effettiva integrazione di on e off line è necessaria una crescita del paese in termini di infrastrutture e utilizzo dei devices. “Il processo di abbattimento delle barriere è

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già in atto, ma ha tempi estremamente lenti in Italia, in considerazione anche di limiti strutturali – conferma Francesco Barbarani di .Fox –. È lecito aspettarsi che l’abbassamento dei prezzi degli hardware e la diffusione della banda larga accelereranno questo processo. In una prima fase questo produrrà effetti sull’info-commerce, prima ancora che sull’e-commerce, che nel nostro paese è ancora vincolato sul lato consumatore alla diffusione dell’uso dei sistemi di pagamento online e sul lato retail dalla diffusione delle piattaforme di e-commerce. La finalizzazione dell’acquisto dipenderà quindi da prodotto a prodotto e si differenzierà molto per target, con particolare riferimento alle fasce di età”. Accanto al limite infrastrutturale se ne trova un altro, economicamente meno significativo ma ricorrente e vincolato a un cambio di mentalità da parte dei player del mercato pubblicitario.


capitolo9

rilevante per lo specifico utente. Una comunicazione in cui la classica divisione tra contenuto editoriale e advertising si fa più labile. Ad esempio, l’adv anche digitale riprenderà alcuni elementi testuali e discorsivi propri della stampa, li integrerà con i video, si farà notizia viva e non più adv statico. Allo stesso tempo la pubblicità classica si popolerà ancor più di rimandi digitali come link, QR code, bottoni di sharing. Penso che il canale distributivo fisico finirà per essere anch’esso permeato da elementi di esperienza digitale: addetti di punto vendita che sfogliano cataloghi su tablet, wi-fi areas dedicate, consegna materiale e prova di quanto ordinato online. In questo senso la frammentazione distributiva potrebbe assumere due connotazioni molto diverse: un bene come presidio di concorrenza e relazione, un male come inefficienza gestionale”.

Marco Dallamano, direttore generale Cemusa Italia

Stiamo parlando del contenuto, della necessità di sviluppare formati pubblicitari sempre più prossimi all’article marketing, al branded content e comunque con costante attenzione al contesto e alla personalizzazione. Perché la vita del messaggio pubblicitario e la sua efficacia sembrano strettamente correlate alla sua declinazione come utility. “Per cogliere l’attenzione dell’utente, la comunicazione dovrà sempre più offrirgli reale valore aggiunto: contenuti originali, vantaggi economici, approfondimenti, guide – dice Lorenzo Montagna –. Sarà una comunicazione sempre più personale per arrivare a diventare

Outdoor: la realtà non è ancora aumentata La situazione si complica ulteriormente quando queste tematiche sono affrontate con riferimento all’Outdoor. Il comparto ha provato negli anni con alterni risultati diverse soluzioni di integrazione del digitale nei supporti fisici dell’esterna. Alcune soluzioni sono risultate troppo innovative per il periodo in cui sono state presentate, altre poco efficaci, altre ancora prevedono investimenti strutturali molto consistenti e richiedono quindi più di una riflessione. Se a tutto questo si aggiunge la crisi che ha tagliato gli investimenti sul mezzo diviene facile comprendere perché lo sviluppo di soluzioni digital nell’OoH sia ancora, per quanto riguarda il nostro paese, in una fase embrionale. “Il mercato digitale è, da qualche anno a questa parte, in forte evoluzione, sia dal punto di vista tecnologico che economico. Già in quest’ultimo periodo si sta avviando un processo di ‘fusione’ tra mezzi tradizionali e digitali, abbattendo dunque le barriere tra l’on e l’off line – dice

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Marco Osti, direttore commerciale Grandicentri

Marco Dallamano, direttore generale di Cemusa –. In Italia il processo è più lento in quanto, da sempre, il nostro paese è legato a vecchie logiche di tradizioni clientelari, ma certamente il digital è in fase di sviluppo, grazie anche all’abbattimento dei prezzi dei dispositivi che ne rendono più accessibile la fruizione. L’eCommerce è un altro settore che sta vivendo ampi margini di crescita, guadagnandosi sempre di più la fiducia del consumatore. Grazie anche a questa tendenza di miglioramento del commercio digitale è sempre più probabile un abbattimento delle barriere digitali dove i mezzi di comunicazione tradizionali, come per esempio la pubblicità in esterna, saranno in sinergia con i dispositivi digitali, portando il consumatore a un’esperienza di Realtà Aumentata. Ne è un esempio la nostra esperienza con il progetto

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‘Smart sharing’, ancora in fase di sviluppo, che mira al coinvolgimento diretto del consumatore nell’esperienza pubblicitaria, abbattendo le barriere tra on e off line, grazie all’utilizzo dei social network come metodo di condivisione”. Anche Paolo Dosi offre una visione ottimista, ma evidenzia la presenza di vincoli ancora tutti da superare. “A mio avviso, questo muro si sta già sgretolando – dice il general manager di Clear Channel Italia –. Come già evidenziato, sono diverse le tecnologie che rendono possibile questa integrazione, ma sussiste ancora un gap da colmare dovuto alla mancanza di un vero e proprio standard su cui focalizzarsi che, a sua volta, non ha consentito lo sviluppo di efficaci modelli di ‘ingaggio’ dei consumatori per la maggior parte dei brand. Questo spiega la ragione dei successi, che si alternano agli insuccessi per carenza di contatti, delle campagne che usano le tecnologie NFC e/o QR code. Come al solito, anche la creatività, il messaggio e il contenuto giocano un ruolo determinante. Di fatto l’OoH, secondo me, consentirà di ‘ingaggiare’ il consumatore in modo diverso, a seconda del segmento (aeroporti, arredo urbano, poster, dinamica): dalla semplice interazione, agli acquisti online o allo sviluppo di traffico attraverso soluzioni mirate di geo-localizzazione e target network. Sono convinto che solo una cultura di business fortemente innovativa e flessibile potrà ‘sopravvivere’ nell’ecosistema digitale”. Oltre all’assenza di uno standard, infatti, va registrata la scarsa propensione delle aziende a sperimentare e il limitato engagement del pubblico, che appare ancora freddo rispetto a soluzioni di comunicazione individuale nel campo dell’esterna. “Abbiamo investito sul digitale con il videowall, installato ormai da 2 anni a RomaEst. In collaborazione con LT Multimedia (l’azienda che gestisce i contenuti dei canali Alice, Arturo, Marco Polo, Leonardo, Nuvolari) abbiamo creato una vera e propria ‘televisione’, sviluppando


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pillole di 5 minuti che trasmettiamo poi per le 13 ore di apertura del punto vendita, andando a definire al suo interno un vero e proprio lavoro di adattamento ai ritmi di consumo dell’utenza dei centri commerciali – racconta Marco Osti –. Il riscontro che riceviamo dagli investitori è ancora limitato, ma notiamo un interesse crescente. Accanto ai videowall abbiamo poi studiato soluzioni di digitalizzazione di grandi formati diversi dal canonico schermo, quali ad esempio lunghi bridge, con sistemi digitali innovativi. La questione, in questo caso, è trovare i contenuti adatti per formati e modalità di proiezione. Quella che stiamo vivendo oggi è una fase ancora intermedia. La verità è che per essere pienamente efficace, e quindi fortemente appetibile a livello commerciale, la digitalizzazione dei centri commerciali deve ancora svilupparsi attraverso i device mobili. Sarà, infatti, nel dialogo con gli smartphone che l’Outdoor troverà una vera nuova dimensione”. Il quadro descritto viene completato dall’esperienza di Lucio Bergamaschi: “Già oggi possiamo considerare la barriera virtualmente caduta: non c’è campagna che non preveda investimenti sull’online integrati con i media tradizionali. Sul segmento Outdoor l’integrazione è più complessa perché il mezzo è ‘rigido’, e finora i tentativi di renderlo bidirezionale (bluetooth, QR code, ecc.) non hanno incontrato più di tanto il gradimento del pubblico”. Ma allora quale può essere la soluzione per agevolare finalmente il processo di digitalizzazione dell’esterna? “Alternate Reality Games – risponde Alessandro Loro –: quello che è nato come un gioco, come un collegamento tra mondo virtuale dei videogiochi online e mondo reale, si trasformerà a breve nel nuovo modo di pianificare. Il ping pong online-offline è la p anacea e il futuro. In questo senso l’esterna ha un plus esclusivo e straordinario: la fisicità. È necessario un nuovo approccio: la

Alessandro Loro, direttore marketing IGPDecaux

comunicazione esterna non può chiudersi in un manifesto. La comunicazione in città si sviluppa intensificando le relazioni, il contatto fisico, faccia-a-faccia; e penso sia produttivo inquadrarla più come comunicazione ‘urbana’ che come comunicazione ‘esterna’. E la comunicazione urbana oggi non è più solo vista, udito, olfatto e gusto ma anche ‘sesto senso’, connettività”. E una proposta ‘out of the box’ arriva da Filippo Delia, amministratore Wake Up Enterprises: “La scatola per la pizza è un ponte perfetto per il web. Con Sponsorpizza la comunicazione arriva a ora di cena all’interno delle case dei consumatori. Questa caratteristica determina un plus fondamentale che si sposa perfettamente con le esigenze dell’online. In più, il target dei consumatori di pizza è per il 62% under 45: quindi un target che ha molta dimestichezza con internet”.

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Le sfide del ‘planning integrato’ Alessandro Campanini, ad di Maxus Milano, pone un assunto di base utile a chiarire l’approccio dei centri media alla questione: “I media, gli schermi e i device sono quelli che sono: nessuno ha una priorità e il ruolo di guidare la strategia e la creatività spetta all’uno o all’altro di caso in caso. Questo significa che on e off line non hanno già oggi più confini. I brief non sono più separati e la strategia è unica”. Fanno eco le parole di Roberto Binaghi, che sottolinea come Mindshare abbia sempre avuto un reparto digital che con gli anni si è ritagliato un ruolo via via maggiore, e che oggi rappresenta più di un quarto dei professionisti presenti in agenzia: “Nella nostra cultura, quindi –, prosegue il chairman e ceo dell’agenzia media –, il muro non c’è mai stato e questo ci ha consentito di avere sempre un approccio fluido ed integrato tra on e off line. Sul fronte clienti la cultura digitale ha subito una violenta accelerazione, frutto di una crescente consapevolezza delle potenzialità del mezzo, abbinata a misurazioni che hanno fornito sul campo il conforto di un ROI sempre più vantaggioso. Le aziende, sempre più consapevoli del modello ROPO (Research Online Purchase Offline) si devono confrontare con consumatori multitasking anche in mobilità, grazie a una comunicazione per smartphone e tablet. Non dobbiamo infatti dimenticare che l’atto d’acquisto viene ancora finalizzato prevalentemente nel negozio di strada: nel nostro mercato la quota di e-commerce, sebbene in pieno sviluppo, ricopre ancora una quota marginale nel business della maggior parte degli investitori”. Tutto questo non significa però che lo sviluppo del digitale non abbia comportato cambiamenti significativi all’interno dei centri media. Trasformazioni che ci sono state e che hanno interessato sia gli aspetti gestionali che strutturali.

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“Havas Media Group si sta già preparando a gestire il buying in maniera integrata tra online e offline: ormai non sono più mondi indipendenti; prezzi e inventory dell’offline devono essere presi in considerazione quando si valutano prezzi e inventory dell’online – spiega Isabelle Harvie-Watt –. Le logiche del Real Time Bidding si stanno affacciando anche sui media tradizionali. Nella transizione si perde il ‘real time’, visto che i media tradizionali hanno tempi tecnici di implementazione ben diversi dai pochi millisecondi del digitale, ma resta intatta la logica che i prezzi si potranno fissare con un meccanismo ad asta. Quello che è tecnologicamente ben più complesso è fare le stesse connessioni a livello di planning. Per fare davvero planning integrato serve avere una stima molto precisa di quanta audience si duplicherà tra uno spot su Striscia la notizia, in onda tra un mese, e lo stesso spot online, lo stesso giorno, sulla home page del sito di Repubblica. Per fare questo, ancora vari pezzi devono andare al loro posto: in Italia non abbiamo – per adesso - un campione congiunto tra on e off line che fornisca dati con la granularità necessaria per alimentare piattaforme prima di forecasting e poi di planning. Ma i tempi sono maturi per arrivare anche a questo punto: stimiamo che nel corso del 2014 ci si possa arrivare”. Mentre conferma la caduta del muro, anche Marco Girelli sottolinea la necessità di cambiamenti a livello strutturale: “Nelle nostre strutture – dichiara il ceo di Omnicom Media Group (cui fanno riferimento le due agenzie OMD e PHD) – sono già cambiate le organizzazioni delle unit e si sono messe a punto modalità che permettono di integrare l’utilizzo di tutti i canali in maniera virtuosa, trovando il giusto balance per ottenere la massima efficienza possibile: tutti noi ormai parliamo di videocomunicazione, superando l’approccio che proveniva da due realtà in origine distinte.


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Ciò va inserito in un approccio agli investimenti media che diventano progetti di comunicazione, su richiesta degli stessi clienti, nei quali tutte le diverse dimensioni digitali – il social prima di tutto – sono integrate l’una nell’altra. Quello che ancora è da mettere a punto è l’integrazione di queste attività con la creazione di una relazione diretta e personalizzata con il consumatore. Come innestare, cioè, l’e-Crm nelle strategie media. In questo contesto si inserisce

poi l’aspetto del retail: con le nuove tecnologie si può avere una relazione più diretta e trasparente con il consumatore. Ad esempio anche il pack di un prodotto diventerà presto una parte importante di questo percorso, grazie all’integrazione della tecnologia digitale che lo renderà un veicolo di comunicazione unico e assolutamente personalizzato a seconda del profilo del consumatore che lo approccerà”.

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Contenuti in cerca di sinergie I media sono per definizione distributori nonché creatori di contenuti, ma su quest’ultimo fronte fra agenzie e concessionarie la partnership deve essere continuamente confermata, perché il modello di comunicazione che sottostà al branded content ha rotto la triangolazione classica dell’industria della comunicazione.

Difficile da misurare in termini di investimenti pubblicitari, il mercato del branded content ha portato a un rinnovamento delle strutture e alla creazione di divisioni interne dedicate, partecipando al ripensamento di un modello di business classico che vedeva mezzo, centro media e agenzia creativa ai vertici di un ideale triangolo del settore comunicazioni. Per fare il punto su un prodotto che stimola spesso la fantasia dei clienti e dei creativi, ma che ancora presenta limiti di diffusione, abbiamo contattato Silvia Brena, Ceo di Network Comunicazione. Proviamo a ricostruire il percorso che ha portato allo sviluppo del branded content? Con l’avvento del web 2.0 e la generazione di contenuti da parte degli utenti, le aziende investitrici e i professionisti del comparto pubblicitario si sono buttati sulle content platform alla ricerca di un rapporto diretto con il consumatore. Contestualmente, i media mainstream – tv, editoria, radio – si sono trovati a perdere la loro posizione di esclusiva in quello che storicamente era stato il loro asset principale, ossia la produzione di contenuti e, in particolare, la narrazione, o come la chiamano gli americani lo storytelling. La possibilità di produrre direttamente i contenuti, sia da parte delle aziende investitrici 88

Silvia Brena, ceo di Network Comunicazione

che da parte dei loro utenti, ha scardinato gli scenari in cui i diversi player erano abituati a muoversi, riducendo i passaggi di intermediazione e le classiche ‘triangolazioni’. Un tempo c’erano due palcoscenici in cui tutti noi ci eravamo abituati ad agire: da un lato


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quello che vedeva i media mainstream operare da produttori esclusivi di contenuti, con le aziende investitrici che volevano comunicare e un’audience da raggiungere, e dall’altro il contesto pubblicitario classico con le concessionarie, i centri media e le agenzie creative. Bene, oggi questi due scenari sono stati ribaltati. Chiunque produce contenuti. E l’effetto è che il modello triangolare che prevedeva specifici meccanismi di intermediazione è saltato, è venuto meno. L’azienda comunica direttamente con gli utenti attraverso le content platform, sottraendo ai media mainstream l’esclusiva nella produzione dei contenuti, con la conseguenza che la pubblicità di tipo tradizionale ha perso il suo ruolo di leadership assoluta. Quali sono stati gli effetti di questa duplice ‘rottura’? Il tema forte resta quello della qualità, e della professionalità, nella produzione dei contenuti: qualità, che ovviamente i media mainstream garantiscono, continuando a detenere un importante expertise. Ciò che a volte manca è la capacità di produrre contenuti in modo davvero sinergico con le necessità delle aziende investitrici. Così, se da una parte si fatica a entrare nelle corde dell’azienda e a creare contenuti pienamente ibridati, dall’altra spesso ancora non si hanno né abitudine né capacità consolidate nella produzione dei contenuti. Per rispondere a questo cambiamento gli attori della comunicazione – media tradizionali, centri media e agenzie – si dotano direttamente di strutture interne o satellite che producono contenuti per loro. Un fenomeno, che ha come risultato positivo l’affermazione e diffusione del branded content. E quella di strutture agili, flessibili, come Network Comunicazione, specializzate proprio nella creazione di content platform.

I centri media nell’evoluzione del mercato sono quelli che sono stati chiamati al maggiore cambiamento e così hanno saputo posizionarsi al meglio sul branded content, dotandosi di strutture interne o partner esterni capaci. Anche le concessionarie stanno facendo questo percorso. Siamo in una situazione di passaggio e chi soffre di più in questo momento sono forse le agenzie creative. Ma quali sono le caratteristiche necessarie perché una struttura sia in condizione di produrre branded content efficaci? Come dicevo, flessibilità, capacità narrativa e di lettura dell’identità del cliente. Credo che il dna di Network Comunicazione sia in questo senso paradigmatico. Siamo una struttura composta da una quindicina di professionisti (editor, creativi, account), che ha una doppia anima: io vengo dall’editoria, ho fatto il vicedirettore di Io Donna e il direttore di Cosmopolitan di cui ho curato il lancio italiano, mentre Alessandra Toniolo, la mia socia, è stata direttore creativo in McCann Erickson. Questa duplice anima ci consente di rispondere al meglio alle necessità dei clienti che vogliono fare branded content e che non cercano un’azione di pura vendita: ci consente quindi di operare quella sinergia, di cui parlavo prima. Tra le nostre case histories, mi piace citare l’operazione di branded content di Fanta con la trasmissione Amici. Fascino Pgt, la casa di produzione dei programmi di Maria De Filippi, è tra i nostri maggiori clienti. Cosa cercano le aziende oggi? Prima la comunicazione si costruiva sul fattore emotivo e sulla capacità di richiamare universi di riferimento. Oggi ciò che siamo chiamati a fare è costruire una narrazione coerente con il Dna aziendale, in grado di sviluppare attenzione e diventare un vero e proprio format riconoscibile e replicabile.

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Quando sei in grado di raccontare il tuo brand come se fosse la tua storia non puoi tornare indietro. È questo il potenziale dei branded content e proprio per le sue caratteristiche credo che rappresenti un vero e proprio cambio di paradigma: la pubblicità classica non va a morire, ma siamo sulla soglia di un cambiamento importante del comparto pubblicitario. Quali aspetti stanno facilitando l’affermarsi del branded content? La proliferazione dei canali di distribuzione ha aumentato la necessità di contenuti. Le operazioni di branded content sviluppate dalle aziende divengono quindi funzionali alle politiche e alle scelte dei media. Questo apre alla diffusione di nuovi modelli distributivi sull’esempio di Amazon, una sorta di macro collettore di contenuti e media altrui. Un fenomeno che sta interessando i canali televisivi del digitale sempre più verticali e focalizzati su target precisi e mirati, per i quali la pubblicità massiva non funziona più. Per questi canali il branded content risulta perfetto, per le sue capacità di inserirsi senza strappi nella narrazione televisiva, parlando a audience mirate. Per fare volumi la relazione con i media mainstream rimane però fondamentale e i branded content sono funzionali e positivi perché creano valore aggiunto su entrambi i lati. Perché questo avvenga servono expertise specifiche. Bisogna saper creare contenuti originali e avere comprensione del Dna dell’azienda. Tutti i mezzi si prestano a questo tipo di operazione: dalla televisione, sino all’editoria. Il know-how dei media Sebbene gli esperimenti non manchino, il branded content rimane eminentemente una soluzione ‘televisiva’. E se l’online lo ha già integrato tra le sue soluzioni, ci sono mezzi come l’OoH che lo guardano di volta in volta con

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interesse o indifferenza. Andando con ordine non è possibile che cominciare dal mezzo televisivo e in particolare da Sky, che ne rivendica una sorta di primogenitura. “Siamo stati i primi a utilizzare il branded content e lo consideriamo uno strumento di comunicazione estremamente efficace – afferma Daniele Ottier -. Oggi tra tv e internet il consumatore è soggetto a molte forme di pubblicità. È uno spettatore selettivo, che tende a memorizzare e ricordare solo quelle comunicazioni commerciali che sono per lui rilevanti e possono portare un valore. Attraverso formati come quello del branded content e attraverso una profilazione molto elevata delle audience diviene possibile assicurare che la comunicazione si configuri come una utility per il consumatore. L’offerta di Sky è costituita da canali tematici e/o a target verticale molto specifico, questo rende il nostro

Daniele Ottier, direttore Sky Pubblicità


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bouquet ideale per il branded content e per quelle aziende che vogliono comunicare in maniera più diretta con il cliente. Sky consente all’investitore pubblicitario di inserire il prodotto nel giusto contesto senza strappi, con perfetta continuità e coerenza: in ragione del tema di elezione del prodotto possiamo infatti scegliere il contesto più adeguato, dal food, allo sport all’intrattenimento”. La flessibilità nella comunicazione commerciale e la natura dell’operatore influenzano la possibilità di sfruttare questo tipo di soluzione. Come nel caso di Rai, che nello sviluppare azioni di branded content deve sempre confrontarsi con il proprio mandato di operatore pubblico. “Abbiamo delle esperienze di branded content, è una soluzione che realizziamo, ma sempre nel rispetto del fatto che siamo una TV di servizio pubblico – spiega Fabrizio Piscopo –. Se il branded content che ci viene proposto non si sposa con le caratteristiche di Rai non lo accettiamo. Sotto questo punto di vista siamo più difficili da approcciare, perché meno flessibili”. Un tipo di riflessione, quella sulla coerenza tra mezzo e formato, che deve essere necessariamente presa in considerazione da .FOX Networks, quando adatta un contenuto televisivo all’online. “Siamo parte di una media company, quindi abbiamo tra i nostri punti di forza il know-how e l’expertise correlati alla produzione di contenuti – dice Francesco Barbarani –. Il nostro obiettivo è sempre quello di creare contenuti ad-hoc che possano essere sposati dai nostri sponsor. Cerchiamo sempre di capire cosa di un prodotto televisivo possa essere integrato o tradotto sull’online e poi lavoriamo sul formato affinché sfrutti le caratteristiche della piattaforma attraverso cui sarà diffuso e dare massima visibilità agli inserzionisti”. Anche fuori dalle industrie televisive e online si trovano realtà che con creatività lavorano quotidianamente per sviluppare soluzioni di

Fabrizio Piscopo, amministratore delegato Rai Pubblicità

branded content, è il caso di Wake Up Enterprises. “Il Brand Content è fondamentale per stimolare l’interesse dei consumatori. Creare ex novo dei contenuti significa veicolare intrattenimento, amplificare il mondo di riferimento attorno al Brand, significa quindi creare comunicazioni che abbiano un forte valore aggiunto e siano anche utili al consumatore – dice Filippo Delia –. I nostri mezzi veicolano l’annuncio attraverso dei packaging. I nostri Brand Content sono letteralmente sulla bocca di tutti: la pizza, il cibo più iconografico d’Italia e il più amato dal 49,2% degli italiani e il pane fresco acquistato ogni giorno dal 56% della popolazione. Veicolare la comunicazione sui nostri mezzi significa legarsi a dei contenuti che gli Italiani amano da sempre. I nostri media permettono inoltre di elaborare delle soluzioni

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Francesco Barbarani, head of digital .Fox Networks

creative ad hoc che coinvolgano il consumatore rendendo interattiva la comunicazione, come ad esempio il contenuto ludico che abbiamo realizzato per Gazzetta dello Sport con il fine di amplificare il tempo di esposizione del messaggio”. Se si entra nel perimetro dell’esterna, come detto, il branded content passa da soluzione praticata a opzione futuribile, a volte ricercata, talvolta considerata ancora poco confacente al mezzo, soprattutto in questo periodo di contingentamento dei budget. Per Clear Channel, ad esempio, il branded content, in questo momento, non è una priorità. “A parte l’OOH TV – argomenta Paolo Dosi –, i nostri consumatori sono ‘on the move’, attivi e motivati ad interagire con i nostri impianti digitali perché vogliono dialogare con quello specifico brand, acquistare on line quel prodotto oppure visitare quel negozio, magari anche spinti

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da un’incentivazione di sconto a tempo”. Lucio Bergamaschi ne fa invece un discorso di dimensioni della struttura, circoscrivendo la possibilità di sviluppare branded content alle grandi concessionarie. “Noi non abbiamo la possibilità di creare strutture creative interne che peraltro sarebbero vissute dalle agenzie come un’indebita ‘invasione di campo’ – spiega il procuratore generale di Neopolis Italia –. Ci basterebbe intavolare collaborazioni con le agenzie media che vadano al di là del puro buying, anche perché spesso dobbiamo ospitare campagne evidentemente inadatte al mezzo perché frutto di meri adattamenti e che alla fine scontentano il cliente”. Il tema della creatività dedicata al mezzo, capace di dialogare con il contesto è un tema ricorrente nell’OoH e sentito anche da altre strutture. È il caso di Grandicentri che attraverso Marco Osti sottolinea che “nell’outdoor non esiste un vero formato di branded content, eppure è innegabile che esista una sorta di collaborazione tra noi e il centro commerciale, che possiamo vedere come il nostro editore, che gli permette di articolare un’offerta di intrattenimento attraverso iniziative maggiormente impattanti e in continua evoluzione. È un rapporto molto complicato perché si articola in maniera diversa da centro commerciale a centro commerciale, ma è ormai un dato di fatto se teniamo conto che sovente il centro media ci richiede spunti per lo sviluppo di creatività coerenti con gli spazi fisici in cui si andranno a inserire”. E per arrivare a veri formati di branded content su un mezzo come quello dell’outdoor appare necessario cambiare l’approccio al contesto mutuando concetti da altri media. “Il nostro palinsesto è la città – esordisce Alessandro Loro –. Le iniziative di comunicazione esterna dovrebbero inscriversi nel contesto cittadino, facendosi carico dei suoi costumi, delle sue abitudini, delle sue carenze. Un cliente che decide di investire in outdoor realizza


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il ruolo dei vari attori. Un approccio che viene confermato da Lorenzo Montagna. “In Yahoo la collaborazione con agenzie e centri media è un valore a cui teniamo moltissimo – spiega l’amministratore delegato e direttore commerciale di Yahoo! Italia -. Siamo molto trasparenti e corretti nel porci e finora non abbiamo mai trovato difficoltà insormontabili nell’aprire canali di condivisione e reciproca collaborazione nell’ottica di fornire il miglior servizio al cliente finale. Prova ne sia che abbiamo una ricchissima case history di progetti, in tutti i settori, realizzati per i clienti e in collaborazione con le loro agenzie e centri media. Per quanto riguarda il mondo ‘native’, Yahoo non solo lo studia da tempo ma è già sul campo in USA con numerose iniziative che prossimamente vedremo anche in Italia!”. Filippo Delia, amministratore di Wake Up Enterprises

un’azione di branded content se usa la città come playground all’interno della quale diventare co-protagonista, entrando nella vita della città e sposando l’idea di condivisione e vicinanza su cui la città si basa. La città è la più grande invenzione dell’uomo e ne consente lo sviluppo sia in termini di creatività che di produttività. Un esempio di quest’approccio è la campagna che Mercedes ha sviluppato con IGPDecaux in occasione del Salone del Mobile di Milano 2012. In quel caso il cliente non si è limitato a cercare la visibilità ma si è preoccupato di facilitare la mobilità della design week”. Quale che sia il mezzo, come sottolineato da Silvia Brena, il Branded Content cambia la struttura classica del mercato e per questi motivi è importante che venga chiarito di volta in volta

Centri (media) creativi Che ci si trovi di fronte alla classica triangolazione o a un nuovo assetto variabile, torna utile la definizione di creatività offerta dal matematico Henri Poincaré: Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili. Che si parli di prodotto, contenuto mediale e mezzo o di agenzia creativa, centro media e concessionaria, la questione sembra sempre poggiare sulla capacità di creare connessioni tra un elemento e l’altro in maniera innovativa e utile al consumatore, sviluppando dialogo tra le parti. Un dialogo che si mantiene attivo tra le strutture, come confermano i centri media. “Il mio punto di vista è che non siamo in concorrenza: le concessionarie sono nostri partner in questo tipo di attività – dice Marco Girelli –. A noi deve rimanere in mano la strategia complessiva del branded content e il suo inserimento in un contesto più ampio di multimedialità. Ma abbiamo bisogno della partnership delle concessionarie per mettere a punto un contenuto su misura e il più corretto per le

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singole strategie. Con il recente ingresso di Gianfranco Piccolo come collaboratore della nostra struttura abbiamo ulteriormente potenziato questa area, all’interno di Fuse, già attiva nell’ambito degli eventi e delle attività di marketing non convenzionale”. E il principio di collaborazione che sta alla base di processi creativi complessi viene confermato da Isabelle Harvie-Watt: “Havas Sports & Entertainment è la nostra agenzia interna deputata interamente ai contenuti, e sta lavorando molto bene insieme ai clienti e alle concessionarie più innovative. Al suo interno c’è anche un team creativo – per il momento di dimensioni ridotte – specializzato in contenuti digitali. Specifico: contenuti media, non pubblicità. Il punto è che le aziende hanno sempre più bisogno di contenuti, e che spesso per loro è abbastanza indifferente se questi sono forniti dalle agenzie o dalle concessionarie. Queste ultime, in fondo, non sono certo nuove ad occuparsi di ‘progetti speciali’. Naturalmente generalizzare non è mai corretto: mi sembra però che dal lato editori/concessionari l’organizzazione su questo fronte non sia ancora, nella maggior parte dei casi, particolarmente avanzata…”. Un ruolo di regia che viene rivendicato da più fronti, in ragione di un’abitudine a disegnare strategie propria dei centri media. “La filosofia di Mindshare si basa sul principio di non creare divisioni dedicate che spesso si rivelano essere scatole vuote, prive di una reale expertise e create solo per rincorrere il mercato o appendere una sigla fuori dalla porta – dice Roberto Binaghi –. Il nostro approccio privilegia un ruolo di regia e coordinamento delle relazioni tra consumatore, brand, contenuto e tecnologia, attingendo dal mercato le migliori competenze e strutture in funzione del singolo progetto. In tutto questo il fatto di essere parte di un gruppo diversificato come WPP, ci mette a disposizione un ampio arsenale”.

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Regia che significa anche capacità di selezionare, come spiega il CEO di IPG Mediabrands Italia. Perché operare tagli per garantire una narrazione pulita e coerente è una delle abilità richieste a un bravo regista. “Non c’è dubbio che le aziende abbiano molte ‘storie’ da raccontare: tra i nostri clienti posso citare esempi come Microsoft per UM o Red Bull per Initiative – spiega Gian Paolo Tagliavia –. Il branded content, in fondo, è proprio il punto di incontro fra le storie di marca e le storie degli editori. A un primissimo livello, del resto, il break pubblicitario rappresenta già la forma più antica di contenuto di marca. Il suo livello più evoluto è invece quello che vede i consulenti delle aziende – quindi sia gli editori e le loro concessionarie, sia le aziende media e quelle creative – unire le proprie forze in un’ottica, ancora una volta, di integrazione. Credo che alla base di tutto ci sia la curiosità e l’amore per le storie delle aziende. Se queste sono condivise, allora nascono storie che il pubblico vuole farsi raccontare”. L’attività di regia e coordinamento strategico non richiede però per forza l’integrazione di tutti i comparti, come confermano le scelte di Maxus. “Dipende da struttura a struttura, perché è innegabile che per fare contenuti servano capacità creative – dice Alessandro Campanini –. Facendo parte di Group M noi abbiamo a disposizione le 200 persone di H-Art, e quando servono i contenuti per un progetto utilizziamo le loro risorse. In generale lo considero un elemento non fondamentale rispetto al nostro core business, che per quanto allargatosi negli ultimi anni è centrato sull’intermediazione di spazi e sulla consulenza, ed è per questo che la nostra scelta è nella maggior parte dei casi quella di appoggiarci all’esterno. È vero che nella realtà quotidiana tutti fanno un po’ di tutto, con tentativi spesso estemporanei e occasionali, ma proprio perché non si tratta di una tipologia di lavoro continuativa, invadere il campo altrui è


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per noi molto poco appealing. Detto questo, se com’è giusto che sia la strategia di comunicazione è unica, anche la responsabilità e il controllo sul suo sviluppo e sull’investimento – anche sul fronte dei contenuti – è giusto e corretto che sia unico”. A credere profondamente nel branded content e nel ruolo delle agenzie media nel gestirlo è Vittorio Bonori, che non manca di sottolineare le differenze fondamentali fra quanto fanno le centrali e il lavoro svolto da editori e concessionarie. “Partiamo dal lato editori, che viste le sempre maggiori difficoltà nella vendita di spazi tabellari si stanno attrezzando per valorizzare in altro modo i propri contenuti o la loro capacità di crearne. Naturalmente va benissimo se sono gli editori o le concessionarie a costruire eventi e contenuti per le marche, purché questi siano funzionali alla strategia complessiva del brand. Quello delle agenzie media è infatti un mestiere o quanto meno un ruolo diverso che oggi, ben

oltre il buying e il planning dei media classici, è diventato soprattutto quello di orchestrare tutti i media: dal traffico sul sito a quello sul punto vendita, dalla televisione ai social o alla viralità del word of mouth. Detto in altre parole, noi non costruiamo ma pianifichiamo ‘contenuti media’, e le due parole viaggiano insieme, allineandoli alla brand strategy, alla brand idea e al posizionamento di marca. Solo a quel punto inizia l’operatività”. Purtroppo, conclude Bonori, “Non è infrequente che la proposta delle concessionarie sia invece totalmente distonica rispetto alla nostra. E se chi produce i contenuti e chi li pianifica non condivide la strategia a monte l’orchestra stona. È vero quindi che ci vorrebbe una maggior collaborazione, lavorando insieme fin dall’inizio senza ‘primati’, progetto per progetto. Condividere le strategie è complesso quando uno qualsiasi dei partner ambisce a un ruolo dominante; ma i risultati di questa condivisione sono sempre straordinari”.

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Immaginare il futuro Per tenere il passo di un’innovazione tecnologica sempre più pervasiva, agenzie, editori e concessionarie si stanno dotando di nuove figure professionali. La sfida del recruitment si fa sempre più dura: non solo elevate competenze tecniche verticali in ambito digital, ma visione a tutto tondo. Per scovare i manager di domani.

Marketing analyst, online marketing specialist, mobile media expert, social media specialist, app developer, RTB digital planner. Sono queste le parole magiche, i titoli ancora ricercati dal mondo del marketing inglese e statunitense. Quei profili per cui c’è ancora richiesta. Aree di recruitment in cui le offerte di lavoro continuano, se non a fioccare, almeno a esserci con regolarità. E c’è posto ancora per una posizione: sales, vendite. ‘Brave new world’, verrebbe da dire. I modelli di business fordisti nell’industria della comunicazione non reggono più il passo, e i nuovi comunicatori devono essere proteiformi per riassumere in sé le caratteristiche desiderate dal mercato. Ma quali sarebbero le caratteristiche più richieste? Basta lanciare una ricerca su Google e fioccano consigli da parte di head hunter e recruiter: capacità analitiche, esperienza nello sviluppo di app per mobile, web design, brand management, creatività, competenze tecniche, abitudine al number crunching, attitudine alla vendita. Aggiungete capacità a lavorare sotto pressione, capacità di gestione del cliente, comunicatività e facilità di scrittura e otterrete la miscela del marketer ideale da inserire nelle strutture oltremanica e oltre oceano. E in Italia? 96

Dialogo digitale Premesso che, come si evince dalla tabella riassuntiva realizzata per i Quaderni da IlFAC e pubblicata in queste pagine, i ‘giri di poltrona’ nel mondo della comunicazione sono stati anche quest’anno numerosi, in Italia il comun denominatore per la selezione di un nuovo candidato sono le sue competenze tecniche, e in particolar modo digitali. Il mercato si muove in quella direzione e le risorse che entrano oggi nel mondo della comunicazione devono saper dialogare con le nuove tecnologie e i nuovi sistemi. “I profili che ricerchiamo – conferma Isabelle Harvie-Watt –, sono quelli che vanno oltre la ‘classica’ agenzia media. Le ultime persone che abbiamo portato in casa sono soprattutto specialisti nella gestione e analisi dei dati, con particolare riferimento all’RTB, il cui curriculum di studi e percorso professionale sono diversi dal passato: non più solo laureati in marketing ed economia ma statistici e matematici, spesso provenienti da agenzie molto verticali più che da altri centri media”. Se queste sono le richieste dei player del mondo della comunicazione cosa devono fare i giovani per costruirsi un profilo appetibile? “I giovani devono concentrarsi sul web e studiare informatica – spiega Fabrizio Piscopo –. Comprendere a pieno il mezzo web, parlare almeno tre lingue e saper portare le competenze


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in quei mercati dove servono e dove possono essere messe a frutto. In Rai stiamo cercando di dimostrare che una società gestita in maniera tecnica e professionale può risollevarsi. Un segnale per il comparto dei media, ma anche per l’Italia nel suo insieme”. Il dato di fatto, però, è che in natura soggetti con questo mix di competenze sono molto rari, e i corsi di specializzazione universitari presentano ancora limiti in termini di multidisciplinarietà. Come ha dichiarato qualche mese fa ai microfoni di ADVexpress il presidente Upa, Lorenzo Sassoli De Bianchi: “Negli ultimi 15 anni il nostro Paese ha perso circa 2 milioni di giovani qualificati, forse qualcosa non funziona, ed occorre riflettere su quali saranno le competenze dei professionisti della comunicazione 3.0. Purtroppo al momento abbiamo una pletora di facoltà che sfornano illusioni e offrono professionalità non sempre interessanti per un mercato già saturo. Questo significa che il sistema formativo in questo settore deve essere ripensato. Upa sta cercando di dare il proprio contributo in tal senso: quest’anno ha lanciato infatti un corso di alta formazione gratuito, ‘Comunicare l’azienda nell’era digitale’, proprio per dare la possibilità ad alcuni ragazzi di acquisire le competenze necessarie ad affrontare le sfide che il digitale impone di cogliere”. Per trovare queste competenze secondo Marco Girelli bisogna quindi guardarsi attorno e uscire dal perimetro delle agenzie media. “È finito il momento di cercare nuove figure professionali nel mercato delle agenzie media – afferma il ceo di OMG –. Esiste tutto un nuovo mondo da esplorare: dai grandi gruppi editoriali, alle realtà iper-specializzate tecnologiche più verticali. Penso in particolare al mondo del Crm, il data mining ad esempio. Noi abbiamo già un reparto Analytics da diversi anni, nel corso del 2013 ribattezzato Resolution Lab, che è totalmente specializzato in data Analytics con le attività di

Adserving e trafficking, Operation, SEO, Accuen (trading desk, Real Time Bidding) e il Technology Lab”. Le competenze da sole però non bastano. Il consumatore è oggi ‘ultra-connesso’ e quindi infedele al canale. Per raggiungerlo è necessario moltiplicare la presenza sui touchpoint sviluppando soluzioni per i diversi device. I nuovi comunicatori devono sì avere un background tecnico ma, come suggerisce Francesco Barbarani, soprattutto essere esperti di contenuti e piattaforme, perché “quale che sia l’evoluzione tecnologica e l’indirizzo che prenderà l’industria dei media e della pubblicità, credo che il mercato sarà alla costante ricerca di figure che sappiano analizzare, studiare, valutare e creare contenuti ad hoc per ciascun specifico device. L’innovazione tecnologica è un tassello fondamentale dello sviluppo di questo settore, la possibilità di raggiungere l’utente attraverso diversi device è vitale, ma è necessario che dietro ci sia qualcuno in grado di discriminare quali contenuti vadano bene per ciascun device. Servono esperti di contenuti che sappiano comprendere cosa funziona su quale piattaforma, come farli coesistere in maniera sinergica, e che abbiano sensibilità sufficiente per definirne la declinazione commerciale vincente”. Una posizione condivisa anche da Marco Osti. “Se posso permettermi una battuta, beh, consiglierei di studiare agraria – suggerisce il direttore di Grandi Centri –. Ovviamente sto scherzando e anzi mi permetto di esprimere un desiderio: vorrei che si venissero a formare delle figure capaci di pensare a sistemi di integrazione che facilitino il dialogo tra i diversi mezzi, i diversi contenuti e i device attraverso cui è possibile per il consumatore fruire il tutto. Figure professionali che, oltre a possedere conoscenze tecniche e tecnologiche profonde, possedessero grande sensibilità rispetto ai contenuti e alle soluzioni creative”.

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Chiari Colombo Conte Corbani Crocetti

Da Venezia De Vita Deho Di Norcia Fantasia Felicori Gabrielli Galante Giaquinta Lorenzini Manzari

Piemme S.P.A. Mentil Mezzanzanica Swan Group S.R.L. - Pubblicita

Alberto Simona Eliana Paola Chiara

Andrea Pierpaolo Liliana Francesco Giovanni Edoardo Giorgio Danila Alessandra Giada Renato

Guido Piero

Consulente Dataxu Inc. Gruppo Pubbliemme Havas Media Ebay Nestlè Italia S.P.A. RCS Pubblicita’ Fendi Italia S.R.L. Universal Mccann S.R.L. Essence (Uk) La Notizia.Giornale.It

ZenithOptimedia Group S.R.L. Amazon Initiative Media Milano S.P.A. Zanox S.R.L. GroupM

Discovery Pubblicita

Castellari

Andrea

SOCIETÀ ATTUALE Piemme S.P.A. Eurelab S.R.L. Visiant Technologies S.R.L. Slash - I4u S.R.L. SPE Spa - Poligrafici Editoriale Sky Italia S.R.L. - Sky Pubblicità Pensione Publitalia ‘80

COGNOME Arezzi Asinelli Baldinotti Bellinzona Bovo Brambilla Bruschi Cardani

NOME Consuelo Davide Gianfranco Andrea Alberto Paolo Pierfranco Matteo

Advertising Consultant Amministratore Delegato

JOB ATTUALE Digital Director Digital Pr & Press Office Ceo Media Planner Direttore Generale Direttore Marketing Pensione Deputy General Manager Marketing & Multimedia Advertising Direttore Generale Discovery Italia e Presidente Discovery Media Media Manager Online Marketing Manager Digital Media Planner Business Development Manager Head Of Entertainment, Content & Events e Head Of Communications Consulente Country Manager Responsabile Commerciale Nord General Manager Ecselis Managing Director Media Group Manager Vice-Direttore Generale Media Planner Amministratore Delegato Account Manager Direttore Comunicazione e Advertising

EX JOB Head Of Digital Media Marketing and Business Development Responsabile Marketing Peformance Media Manager iProspect Direttore Commerciale e Operations Buying Support and Strategic Manager Amministratore Delegato Vice Direttore Generale e Responsabile Marketing Strategico e Multimedia Advertising Vp Ad Sales & Distribution, President Discovery Pubblicità Discovery Media Omd Italia/Omnicom Media Group Media Manager Digital Business Development Manager Publicitas International S.P.A. Digital Media Supervisor Mindshare S.P.A. OMD Italia/Omnicom Media Group Digital Media Manager Head Of Entertainment, Content & Events e Mindshare S.P.A. Head Of Communications Direttore Commerciale ZenithOptimedia Group S.R.L. Mpg Italia S.R.L. - Havas Media Social & Mobile Manager Responsabile Commerciale Nuovi Spazi Pubblicitari S.N.C. Deputy Head Of Digital & Mobile Maxus Mc2 S.P.A. Direttore Generale e Coo Populis S.R.L. - Ex Goadv Media Director ZenithOptimedia Group S.R.L. Country Manager Advertising & Online Microsoft Advertising Media Supervisor Carat Italia S.P.A. Direttore Generale Universal Mccann S.R.L. OMD Italia/Omnicom Media Group Digital Communication Manager Direttore Commerciale per i Quotidiani e Class Pubblicità S.P.A. Periodici di Lazio, Toscana, Umbria E Sardegna Business Unit Manager Smart Adserver Italia S.R.L. Direttore Generale Blei S.P.A. SOCIETÀ PRIMA Mindshare S.P.A. Maxus Mc2 S.P.A. Matrix S.P.A. Aegis Media Blei S.P.A. Mindshare Roma Mediares S.R.L. RCS Pubblicità

I CAMBI DI POLTRONA DEL 2013

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Mondadori Pubblicità S.P.A. Media Lives S.R.L. CBS Outdoor S.R.L. Strategy & Media Group S.R.L. Media Lives S.R.L. Moby Tgadv S.R.L. CBS Outdoor S.R.L. Matrix S.P.A. Cesanamedia S.P.A.

Direttore Generale Ceo & Owner Socio Commercial Account Consulente Responsabile Commerciale Moda e Lusso Commerciale Managing Director Amministratore Delegato Consulente Pr Event

Mondadori Pubblicità S.P.A.

Locaserve S.R.L.

Bipcomm S.R.L.

Pes Holding S.R.L. Consulente Tg|Adv S.R.L. Veesible S.R.L. Foodlab 3zero2tv Consulente Pr Event

Salvaderi

Scarpati

Schiassi

Soncin Stragapede Tiano Tuscano Vailati Vergori Zuppelli

Paolo

Giuseppe Mauro Stefano

Claudia Daniele Samantha Chiara Daniele Giancarlo Sabrina

Fonte: TBS Italy/ILFAC – Il File degli Attori della Comunicazione, 31/10/2013

The Coca-Cola Company

Direttore Generale

Vizeum S.P.A.

Sala

Arcus Pubblicita S.R.L. CBS Outdoor S.R.L. Mindshare S.P.A. Mindshare S.P.A. Tag Advertising S.R.L. Universal Mccann S.R.L. Sport Network S.R.L. A.Manzoni & C. S.P.A.

Barbara

Vice President Sales & Business Development Klikkapromo S.P.A. Digital Marketing and New Media Consultant Freelance Managing Director The Media Gate (Uk) Client Service Director Aegis Media Direttore Generale Prime Real Time OMD Italia/Omnicom Media Group Responsabile Branded Content OMG Senior Partner Smart Work S.Rl. Direttore Commerciale Italia Clear Channel Outdoor

Morpurgo Nicoletti Oliva Pasqualotto Pianura Piccolo Rizzi Sajeva

Luca Adelechiara Giuseppe Anna Cristina Gianfranco Danila Maurizio

Responsabile Vendite Area Nord Est ed Emilia Romagna Amministratore Delegato Business Development Manager Web Marketing Manager Responsabile Marketing Direttore Franchise Direttore Generale Responsabile Marketing Operativo

Amministratore Delegato Responsabile Marketing Direttore Generale (Roma) Client Service Director Direttore Generale Amministratore Delegato Direttore Marketing Direttore Centrale Pubblicità Nazionale Stampa Connection Strategy and Media Director Central & Southern Europe Vice Direttore Generale Grandi Mercati e Key Clients Direttore Generale

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Perché i nuovi professionisti di oggi possano diventare risorse strategiche all’interno delle agenzie media è necessario che riescano ad avere una visione a tutto tondo, che, tradotto in soldoni, significa comprensione del cliente e potenzialità manageriali. “Lo scenario digitale e l’avvento dei big data offrono la possibilità di dilatare a dismisura le possibilità di comunicare – chiarisce Roberto Binaghi –. La comprensione del consumatore e del business dei clienti sono i punti centrali del nostro lavoro, pilastri senza i quali qualsiasi progetto di comunicazione sarebbe privo di consistenza. Questa premessa deve essere un approccio che prescinde dall’evoluzione della tecnologia o del mercato, per questo motivo una competenza trasversale deve essere la capacità di pensare in modo curioso e costruttivo. Non basta essere analisti in grado di digerire migliaia di dati, ma tra quei dati bisogna avere la capacita di scovare le attitudini di un consumatore. Le nuove competenze dovrebbero essere ossessionate e guidate da una domanda. ‘Perche?’ Si deve saper padroneggiare la tecnologia in ogni sua sfaccettatura con l’obiettivo di approvvigionare ed esplodere l’efficienza del media alla massima potenza. I processi decisionali e strategici sono sempre meno lineari e sempre più circolari, per questo una caratteristica fondamentale è quella di saper creare valore attraverso un’intelligenza condivisa tra più competenze e in questo caso il nome di Mindshare è di buon auspicio”. Gianpaolo Tagliavia entra ancora di più nel merito chiarendo che “Ci sono due aspetti da considerare nel recruiting di nuove forze: da una parte la capacità di ascolto e di integrazione tipica dei ruoli manageriali, dall’altra la verticalità e la specializzazione delle singole professionalità – economisti per la modellistica, specialisti per la consulenza SEO e così via. Il top sarebbe naturalmente unire l’eccellenza specialistica con la ‘rotondità’ manageriale,

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integrando i diversi background attraverso una visione a 360 gradi capace di effettuare la sintesi che oggi i clienti richiedono. Questo è sempre stato e rimane tutt’ora il paradigma per cavalcare e gestire il cambiamento continuo”. Tra le competenze di un buon manager c’è quella di saper definire i possibili scenari e immaginare soluzioni non preformate. È proprio questo che sperano di individuare i CEO e gli AD delle grandi strutture di comunicazione italiane nei nuovi profili con cui entrano in contatto. “Mi piacerebbe inserire una posizione a cavallo tra l’acquisitore e il creativo – confida Lucio Bergamaschi –, una figura in grado di ‘immaginare’ un impianto davvero innovativo partendo dalla parete o dal ponteggio ‘nudi’. In tanti anni non ne ho ancora trovato uno. Ma non demordo”. Ancora più chiara è l’indicazione che viene da Yahoo. “Le aziende cercano figure in grado di costruire un’idea di futuro. Figure che siano sì profondi conoscitori del loro ambito lavorativo, ma che conservino la capacità di allargare lo sguardo e di miscelare esperienze che vengono da più direzioni perché è il comparto stesso della comunicazione che si sta muovendo da tempo in questa direzione – afferma – Lorenzo Montagna –. Per intenderci, un’analisi di big data, per essere di reale valore, presuppone un analista capace di mettere in relazione le evidenze numeriche di stretta pertinenza con dati qualitativi, approcci, strategie che hanno un portato culturale che non si esaurisce solo nei numeri e solo nelle technicalities. L’investimento delle aziende, come accade in Yahoo, deve essere sulle potenzialità di sviluppo del candidato, non sul suo valore attuale. La formazione del collaboratore si completerà necessariamente in azienda, ma le basi saranno lasciate al suo background e alla sua curiosità”. In attesa di scovare i manager del futuro, c’è chi si sta muovendo per formare e sviluppare le proprie risorse, come nel caso di Clear Channel.


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“La business transformation, avviata ad inizio aprile, mira proprio ad aggiornare il nostro ‘patrimonio di know-how – skills – competences’, che era troppo sbilanciato sul fronte tecnico e di prodotto, e troppo poco in ambito marketing, research, innovation, digital e mobile – dice Paolo Dosi –. Stiamo finalmente iniziando a livellare queste discrepanze, anche grazie al supporto di risorse messe a disposizione di Clear Channel. Sul fronte commerciale è stata creata una Media Academy per fornire alla nostra forza vendite un approccio più strutturato e una maggiore conoscenza di tutto il mercato dei Media e di come l’OOH possa sfruttare, a proprio favore, le nuove tecnologie. Pertanto, da un lato è indispensabile strutturare ed erogare formazione alle risorse aziendali in modo costante, secondo un percorso specifico, e dall’altro occorre inserire nuove figure

professionali, principalmente provenienti dal mondo ‘digital’ per creare e stimolare nuove soluzioni per i nostri advertiser. In questo momento, per una mera questione di tempo, non abbiamo ancora avviato collaborazioni con l’Università, ma è nostra intenzione attivarle presto. Questi nuovi profili molto spesso hanno un impatto trasversale sull’organizzazione ed è per questo che abbiamo profondamente mutato la nostra cultura organizzativa favorendo la nascita di molti ‘virtual team’, formati da tre/ quattro risorse che lavorano su specifici progetti, dove in genere il principale obiettivo è sviluppare soluzioni creative/innovative indipendentemente dall’esito….in altre parole, non si deve temere di ‘fallire’. Si tratta per noi di un salto quantico rispetto ad una rigida cultura padronale, ma è fondamentale per riuscire a sfruttare tutte le potenzialità delle nostre risorse”.

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laforzadiripartire

i protagonisti centri media

iquadernidellacomunicazione


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Digital,content & data at the core Prosegue la riorganizzazione di Havas Media Group all’insegna del motto ‘Digital, content & data at the core’, per offrire più consulenza in un momento in cui i clienti chiedono proprio questo. Grazie alla forte attività di new business, alla crescita e allo sviluppo dei nuovi servizi e dei progetti di brand engagement nelle aree della moda e del digital il 2013 si chiuderà a +9%.

INTERVISTA a Isabelle Harvie-Watt, CEO e Country Manager di Havas Media Group. Rispetto all’andamento complessivo del mercato italiano, come pensate si chiuderà l’anno per voi? Nel vostro bilancio di un ulteriore anno difficile, quali sono stati i trend – emergenti o consolidati – più significativi dal punto di vista dell’andamento degli investimenti? Noi ci siamo sempre dati e continuiamo a darci obiettivi ambiziosi e molto competitivi, e forse anche per questo continuiamo a crescere: quest’anno prevediamo un risultato del +9% rispetto alla chiusura del 2012. Le ragioni di questo successo sono molteplici e credo che vadano ricercate, soprattutto, nella nuova organizzazione che si è data Havas Media Group e che sicuramente sta portando i frutti sperati. La forte attività di new business, i nuovi servizi, la crescita della consulenza, lo sviluppo dei progetti di brand engagement e quelli nelle aree della moda e del digital – soprattutto sui data insight e nel campo del Real Time Bidding – ci stanno posizionando in modo differente sul mercato, e questo va incontro alle esigenze dei clienti. Clienti che si stanno ponendo domande nuove a cui cercano risposte, e che sono pronti ad allargare il proprio impegno, anche economico, sulla parte digitale. A questa combinazione di fattori, naturalmente, va aggiunto anche il new business: non sono mancate le acquisizioni di nuovi importanti marchi – uno per 104

Isabelle Harvie-Watt, ceo e country manager Havas Media Group Italia

tutti, LG – che prima della fine dell’anno potrebbero aumentare ancora visto che stiamo prendendo parte a quasi una ventina di gare. Personalmente, quindi, vedo un futuro difficile e complicato, ma allo stesso tempo pieno di opportunità. Anche quest’anno le stime Nielsen sul periodo gennaio–luglio 2013 evidenziano una contrazione degli investimenti diffusa su tutti i settori merceologici. Rispetto al 2012, cambia la


havasmediaitalia

HAVAS MEDIA GROUP ITALIA Via San Vito, 7 – 20123 Milano 02 67443 201 - 02 67443 222 alessandra.quatti@havasmg.com www.havasmediagroup.it

classifica negativa, ma permane una situazione complicata. Qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Quali settori e/o industrie si sono distinte nel corso di quest’anno e da quali vi aspettate i risultati migliori nel prossimo futuro? È vero: tutti i settori registrano quest’anno un andamento particolarmente negativo. Si va dal -26% dell’automotive al -5% del beauty. Tutti hanno sempre e comunque un segno meno davanti. Il bilancio delle aziende con cui lavoriamo è, anche in questo caso, in linea e in qualche caso leggermente migliore rispetto all’andamento del mercato complessivo. Nel beauty, per esempio, o nel bancario/assicurativo, quella che abbiamo visto è stata non solo la continuità dell’investimento ma soprattutto un miglioramento dell’investimento stesso. D’altra parte, in questo momento, la cautela non può che essere l’atteggiamento più diffuso. Da ‘centri media’ ad ‘agenzie media’, e ora ‘aziende media’: oltre le etichette, come e quanto è cambiato e sta cambiando il vostro ruolo, vuoi nei confronti dei clienti, vuoi verso le concessionarie? Come e quanto sono cambiati i sistemi e i metodi per valutare – e remunerare – il vostro lavoro? La risposta è in parte in quanto ho già detto poco fa: sicuramente il cambiamento di Havas Media Group è stato e continua a essere a largo raggio. Per sintetizzare: il nostro lavoro non consiste più nel planning e buying degli spazi media, o per lo meno non solo. A questo si è aggiunta una vasta gamma di nuovi servizi: più marketing, più strategia, più analisi, più ricerche, più implementazione. E anche più fantasia… In un contesto di enorme frammentazione

Board di direzione: Isabelle Harvie-Watt, CEO & Country Manager; Nicola Thellung, Chief Financial Officer; Guido Surci, Chief Strategy & Innovation Officer; Maurizio Bertoli, Chief Commercial Officer & Client Management; GianMario Motta, Chief Business Development & Integration Officer; Raffaele Calia, Managing Director Havas Sports & Entertainment. Servizi offerti: strategy media planning and buying (off e online); market, brand and consumer consultancy; performance marketing, search & data analytics; social media strategies & community management; mobile communication; fashion, luxury & retail expertise; brand engagement (PR, Blogger outreach, experiential, long & short form content, sponsorship activation). Anno di fondazione: 2001 Addetti: 90 Fatturato 2012: 219 milioni di euro Clienti (principali): adidas, AirFrance, Agos, Algida, Barilla, CheBanca!, Emirates, Fendi, Federazione Italiana Rugby, Gruppo Generali, Hugo Boss, Hermès, Hyundai, Kia, LG, Mediobanca, Perfume Holding, Philips, Puig, Tory Burch, Zambon. dello scenario media, il valore di questo cambiamento stenta ancora a essere pienamente riconosciuto dai clienti. Ma anche in questo caso sono ottimista: il processo sarà lungo e complesso, ma pian piano arriveremo ad essere apprezzati, e anche remunerati, in linea con la qualità di ciò che offriamo. Come di consueto, potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere? Magnum ha incaricato Havas Sports & 105


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Entertainment, l’agenzia di brand engagement di Havas Media Group, di creare e sviluppare un piano di PR e brand engagement per la promozione del Magnum Pleasure Store di Milano, temporary store aperto per 6 mesi in Piazza San Fedele.

Eventi tematici, locandine, leaflet, creatività per la campagna Out Of Home e sui social network: Havas Sports & Entertainment ha realizzato per Magnum un piano di attività capace di creare engagement con i consumatori

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La mission era quella di creare awareness per lo store e favorire le vendite e l’ideazione di eventi e attività per il consumatore che fossero rilevanti e coerenti con l’immagine e l’universo evocato dal brand Magnum. Ci è stato richiesto un approccio strategico e un piano di attività capace di creare un forte passaparola tra consumatori. L’agenzia ha quindi ideato un piano di eventi tematici (food, cinema, music, fashion), distribuiti sui 6 mesi di apertura del Magnum Pleasure Store, che hanno permesso di creare contenuti notiziabili per diverse piattaforme e sui corrispondenti media specializzati garantendo una copertura costante. Ad ogni evento sono stati coinvolti Vip, opinion leader, giornalisti e blogger appartenenti al rispettivo universo tematico. Un esempio: la Magnum Cinema Night di maggio ha visto come protagonisti del Magnum Pleasure Store gli attori italiani Nicolas Vaporidis, Francesca Inaudi e Sergio Muniz, presentati dalla blogger Dania Farnese che ha raccontato la sua esperienza al Cannes Film Festival come inviata speciale. I fan di Magnum hanno potuto vivere in prima persona i diversi eventi in programma e le iniziative preparate per loro: concorso per vincere biglietti del cinema, foto brandizzate Magnum 5 kisses, Magnum speciali realizzati da Ernst Knam, chef pasticcere e maitre chocolatier. Ogni attività è stata promossa tramite la realizzazione di locandine e leaflet distribuiti da promoter brandizzati Magnum nel centro di Milano. La stessa creatività è stata utilizzata per la comunicazione sui social network del brand e per la realizzazione di inviti ai giornalisti e ospiti Unilever. Havas Sports & Entertainment ha inoltre realizzato la creatività per una campagna Out Of Home sulla città di Milano: total covering di tram e affissioni con protagonista il My Magnum, il gelato creato in base ai propri gusti. I risultati sono stati eccellenti: nei primi tre mesi di attività il Magnum Pleasure Store ha registrato risultati record sia in termini di notorietà che di vendite, con oltre 130.000 visitatori, più di 80.000 My Magnum venduti, e una copertura PR che ha generato un valore pari a 1,8 milioni di investimenti media.


COMPANY PROFILE Havas Havas è il 5° gruppo di comunicazione a livello internazionale. Il gruppo è specializzato nell’ideazione, sviluppo ed esecuzione operativa di strategie media, marketing e comunicazione. Havas Media Group è a capo delle agenzie di Havas Media e Arena (network di comunicazione media off e on-line), Havas Sports & Entertainment (brand engagement), e dei team di specialisti di DataInsight (market, brand & consumer consultancy), LuxHub (luxury & fashion communication), Ecselis (web performance, Search, RTB & analytics), Socialyse (social media strategies & community management) e Mobext (mobile communication).

La nostra vision e la nostra mission: Vision: La costruzione di meaningful brands che creano futuri migliori per la gente, per le aziende e per il mondo. Mission: La creazione quotidiana di meaningful connections che danno valore in tempo reale per i brand, per le persone e le loro comunità.

Havas Group:

Havas Media Group:

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Il link con l’innovazione Fondata negli Stati Uniti nel 2007, IPG Mediabrands gestisce tutti gli asset media che fanno capo al Gruppo Interpublic, fungendo da ‘ombrello’ per le sue agenzie media (Initiative e UM) e tutte le società di servizi specializzati collegate. La sede italiana, appena creata, è guidata da Gian Paolo Tagliavia, che ce ne illustra competenze, responsabilità e obiettivi.

INTERVISTA a Gian Paolo Tagliavia, ceo IPG Mediabrands Italia. Per l’Italia, l’arrivo di IPG Mediabrands è una novità importante: da quali premesse nasce e con quali obiettivi? Quale sarà esattamente il suo ruolo e quale il suo ‘modus operandi’ nel day by day? Mediabrands raggruppa tutte le realtà media di Interpublic per sostenere la crescita di ciascuna delle sue componenti: Initiative, UM e MAP. Come? In primo luogo fornendo servizi centralizzati che grazie alle economie di scala consentano di mettere insieme maggiori risorse da dedicare agli investimenti e allo sviluppo comune. Già attivo in questo senso, per esempio, è Mediabrands Research. In secondo luogo, tenendo presente che ciò che noi ‘vendiamo’ sono know-how e persone, aiutando le singole eccellenze a diventare patrimonio di tutto il gruppo. In tal senso Mediabrands rappresenta il link con lo sviluppo e l’innovazione a livello internazionale, e si occuperà di portare in Italia le numerose opportunità della casa madre. In terzo luogo, offrire proprio alle nostre persone nuove opportunità di crescita professionale oltre le singole agenzie. 108

Gian Paolo Tagliavia, Ceo IPG Mediabrands Italy

Di quale livello di ‘autonomia’ continueranno a poter disporre UM e Initiative, le sigle che a Mediabrands fanno capo? Ci sono altre società del gruppo la cui attività


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IPG MEDIABRANDS ITALY Via Valtellina, 15/17 - 20159 Milano Tel. 02 0066041 - Fax 02 85292605 info@mbww.com www.mediabrandsww.com

Board di direzione: Gian Paolo Tagliavia, Ceo IPG Mediabrands Italy; Marco Rapuzzi, CFO; Luca Carrozza, Director Mediabrands Audience Platform; Alessandra Giaquinta, Managing Director UM; Luca Montani: Amministratore Delegato Initiative Anno di fondazione: 2013

sarà implementata anche in Italia? L’autonomia delle singole agenzie non sarà minimamente toccata. Anzi. Alle modalità d’intervento che ho appena elencato si aggiunge infatti il non secondario compito di aiutare ogni agenzia che fa

capo a Mediabrands ad avere la possibilità di differenziarsi e posizionarsi ancora meglio, raccontando la specificità di ciascun fattore abilitante e quindi senza alcuna sovrapposizione operativa. Per quanto riguarda le altre società del Gruppo Interpublic che anche in Italia faranno capo a Mediabrands posso citarne tre, ciascuna delle quali fornisce i propri servizi tanto ai clienti delle nostre agenzie media quanto a clienti diretti: Reprise Media, specializzata nella consulenza nel campo del SEO, Cadreon, la nostra piattaforma proprietaria dedicata al programmatic buying, e MAP, acronimo che sta per Mediabrands Audience Platform a cui Reprise e Cadreon fanno capo. Tutte e tre insieme costituiscono i soggetti che intendono fungere da motore per la costruzione di un ambiente di Total Audience, e al quale stanno già collaborando, soprattutto negli Stati Uniti, editori e broadcaster di altissimo livello. Quali sono state le principali novità ‘interne’ alle diverse agenzie e società in termini di management, eventuali nuove divisioni, specializzazioni o tool proprietari? E facendo il punto sul 2013, 109


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sotto al quale lavorano anche gli specialisti di Reprise Media e di Cadreon. Non posso citare numeri precisi, ma arrivati quasi alla fine del 2013 possiamo dirci più che soddisfatti per la crescita di ricavi e margini a doppia cifra. Un bravo e un caloroso grazie a chi, prima che io arrivassi, ha consentito questi risultati.

Alessandra Giaquinta, Managing Director UM

rispetto all’andamento complessivo del mercato italiano, come si chiuderà l’anno per le vostre strutture? Per quanto riguarda UM, la novità principale è sicuramente la nomina di Alessandra Giaquinta a nuovo managing director dell’agenzia. Una nomina recente, effettuata in corsa ma sulla base degli ottimi risultati ottenuti nel corso di quest’anno, fra i quali mi preme sottolineare delle clients revue davvero impressionanti. Nessuna novità nel top management di Initiative, che continua a essere guidata da Luca Montani e Vita Piccinini, che continua a crescere e che può contare su un parco clienti bellissimo, con marche come Ikea o Red Bull. Altra nomina importante è stata quella di Luca Carrozza a responsabile di MAP, 110

Quali sono stati i trend più significativi dal punto di vista dell’andamento degli investimenti dei vostri clienti in termini di mantenimento, riduzione o ‘spostamento’ dei budget? Ci sono state particolari tipologie di aziende o settori merceologici che si sono discostati dall’andamento complessivo? Ribadisco che essendo arrivato da così poco tempo non posso che esprimere la

Luca Montani, Amministratore Delegato Initiative Media Milano


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sottotono, la scelta del mezzo televisivo rimane una rete di sicurezza fondamentale – e su questo punto è evidente che il paradigma non è destinato a cambiare nel breve periodo. Il terzo trend significativo riguarda la crescita del digitale sul doppio fronte dell’aumento di richiesta consulenziale da parte dei clienti, e insieme delle loro decisioni di investimento sempre più orientate al pay for performance.

Luca Carrozza, Director Mediabrands Audience Platform

Quali i vostri piani e le vostre attese per il 2014? Innanzitutto che sia UM che Initiative proseguano nel loro approccio distintivo al mercato. UM sotto il segno della curiosità e della creatività. ‘Barefoot running’ per Initiative: un concetto, quello del correre a piedi nudi, che si può esprimenere nei fatti essendo semplici e coraggiosi, veloci e decisi. Per MAP e per la stessa Mediabrands la priorità numero uno sarà quella di comunicare e farsi conoscere: le competenze non ci mancano, dobbiamo solo farle arrivare ai clienti.

massima cautela per quanto riguarda le cifre. Nel nostro caso, inoltre, non avendo ancora in portafoglio marche di diversi settori, e quindi senza un quadro complessivo, posso dire che sicuramente a far testo è lo storico di ogni cliente e che non emergono particolarità significative rispetto all’andamento generale. Spero di rispondere comunque indicando le tre principali tendenze che ho notato negli ultimi mesi. La prima è la cautela delle aziende internazionali nello spingere i propri investimenti in Italia. La seconda è che in un momento di incertezza e di vendite, diciamo così, 111


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Fra stabilità e cambiamento Per rispondere alla richiesta di partnership da parte dei clienti di un ruolo sempre più consulenziale, Maxus sta rinnovando l’organizzazione della sua struttura e punta a chiudere l’anno sotto il segno della stabilità. Grazie soprattutto alle nuove acquisizioni, alla difesa dei clienti già in portafoglio, allo spostamento del media mix verso il digitale.

INTERVISTA ad Alessandro Campanini, ceo Maxus Milano. Rispetto all’andamento complessivo del mercato italiano, come pensate si chiuderà l’anno per voi? Nel vostro bilancio di un ulteriore anno difficile, quali sono stati i trend – emergenti o consolidati – più significativi dal punto di vista dell’andamento degli investimenti? Maxus prevede di chiudere il 2013 sotto il segno della stabilità, per un billing totale di circa 500 milioni di euro. Abbiamo indubbiamente sofferto il taglio dei budget di clienti come Fiat o Telecom, i cui investimenti sono scesi in linea con l’andamento complessivo del mercato, ma ci sono sostanzialmente due fattori che ci hanno consentito di resistere: da un lato nuove e importanti acquisizioni e la difesa dei clienti già in portafoglio, dall’altro lo spostamento dei media mix e le nuove aree in cui siamo diventati operativi in ambito digitale. Per quanto riguarda i trend generali non posso che confermare l’impatto della crisi soprattutto sulle decisioni di investimento delle multinazionali, che ormai vedono l’Italia come un paese maturo in cui l’unica leva per recuperare margini e profitti è proprio il taglio degli investimenti in comunicazione sul nostro mercato dirottandoli verso quelli 112

Alessandro Campanini, ceo Maxus Milano

dove c’è una maggior crescita e vivacità, Far East in primis. Allo stesso tempo resiste la consapevolezza che l’Europa sia un territorio ricco, e il


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management, sia a livello continentale sia nazionale, cerca di difendere più che può il proprio budget, consapevole che i tagli di oggi renderanno difficilissimo risalire la china quando le cose ‘gireranno’. La scelta stessa di spingere verso il digital è in molti casi il frutto evidente di un input internazionale. Anche quest’anno le stime Nielsen sul periodo gennaio–luglio 2013 evidenziano una contrazione degli investimenti diffusa su tutti i settori merceologici. Rispetto al 2012, cambia la classifica negativa, ma permane una situazione complicata. Qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Quali settori e/o industrie si sono distinte nel corso di quest’anno e da quali vi aspettate i risultati migliori nel prossimo futuro? Per noi l’unico settore che ha mantenuto una discreta vivacità è quello del commercio elettronico, che continua segnare delle buone performance sia da parte degli ecommerce puri sia da quelli ‘misti’, che affiancano cioè i propri negozi virtuali a quelli fisici. Vista la crescita della domanda, infatti, entrambe le tipologie di aziende tendono sempre più a privilegiare le piattaforme virtuali. Da ‘centri media’ ad ‘agenzie media’, e ora ‘aziende media’: oltre le etichette, come e quanto è cambiato e sta cambiando il vostro ruolo, vuoi nei confronti dei clienti, vuoi verso le concessionarie? Nello scenario attuale la richiesta di partnership da parte dei clienti ci sta portando ad assumere un ruolo sempre più consulenziale.

Viale del Mulino, 4 - Milanofiori 20090 Assago (MI) Tel. 02 5815101 – Fax 02 58151047 Via Nizza, 262 (int 59) – 10126 Torino Tel. 011 0062212 – Fax 011 0061316 info@maxusglobal.com www.maxusglobal.it

Board di direzione: Federico de Nardis (Chairman & CEO), Alessandro Campanini (CEO Maxus Milano), Massimo De Cesare (COO Maxus Torino), Giorgio Iegiani (Consigliere Delegato), Luca Macrì (MD Maxus Milano) Servizi offerti: i servizi offerti da Maxus ai propri Clienti sono molteplici e, integrati tra loro, permettono di strutturare piani estremamente efficaci e mirati. Tra questi figurano: lo sviluppo di strategie di comunicazione, la consulenza sul marketing digitale e sui canali di marketing diretto, la gestione di database, la pianificazione e l’acquisto di tutti i mezzi di comunicazione Addetti: 138 Anno di fondazione: 2008 Fatturato 2012: > 500 milioni di euro Clienti (principali): Fiat Group Automobiles, Nestlé, Telecom Italia, Bolton Group, Coty, Zalando

A tutto tondo. La conseguenza diretta è che abbiamo cambiato l’organizzazione della nostra struttura per soddisfare questa esigenza. Alla luce di ciò e della situazione critica sul fronte economico generale, come e quanto sono cambiati i metodi per valutare e remunerare il vostro lavoro? È chiaro che in questo momento la tendenza generale è a comprimere le remunerazioni piuttosto che ad ampliarle… Per quanto posso testimoniare, i meccanismi di remunerazione si stanno spostando verso 113


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Per il 25° anniversario di Davidoff Cool Water e il lancio mondiale di Love the Ocean 2, la nuova campagna che sostiene le spedizioni Pristine Seas di National Geographic, Maxus e Coty Prestige hanno portato ‘l’oceano in città’ grazie a una straordinaria proiezione in 3D che ha fatto vivere ai partecipanti l’esperienza di un’autentica immersione oceanica

lo ‘scope of work’, il che ha una sua logica soprattutto quando si parla di digital. Per tutto il resto, ossia per la parte ‘non digital’, dato il proseguire delle difficili condizioni del mercato, la maggior parte delle aziende tende a rimanere legata al discorso del fee percentuale, assicurando alla propria azienda di poter controllare budget di investimento e fee qualora fosse necessario. Ciò che ci consente di recuperare valore aggiunto è la nascita di ‘nuovi’ mestieri e nuove specializzazioni in seno all’agenzia, dall’analisi del ROI ai consumer insight, che i clienti sono, fortunatamente, disposti a pagare. Venendo alla vostra struttura interna, quali sono state le principali novità del 2013 dal punto di vista dell’organico, delle divisioni 114

o dei tool che offrite ai clienti? Mi riallaccio a quanto appena detto: quella che è aumentata maggiormente è la domanda di comprensione dei fenomeni. In particolare stiamo facendo un uso crescente del nostro tool proprietario di Relationship Media Management, fondamentale per settare le strategie legate al consumer journey mettendo allo stesso tavolo fin dall’inizio il cliente, l’agenzia creativa e quella media. Posso anche anticipare che abbiamo introdotto su due clienti una dashboard costruita ad hoc per lavorare con molteplici variabili e mettere a sistema le diverse fonti, digitali e non, con gli investimenti aziendali in un’ottica di misurazione più precisa e puntuale del ROI. Sono convinto che questo sia il futuro anche


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dal punto di vista organizzativo, perché si tratta di tool che consentono decisioni più smart in tempi sempre più brevi: un elemento differenziante che consente di acquisire un indubbio vantaggio competitivo e sul quale stiamo puntando moltissimo per affrontare da una posizione di innovatori il 2014. Come di consueto, potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere. In concomitanza con il 25° anniversario di Davidoff Cool Water e con il lancio mondiale di Love the Ocean 2, la nuova campagna che sostiene le spedizioni Pristine Seas di National Geographic, Maxus e Coty Prestige hanno portato ‘l’oceano in città’, con un evento che ha celebrato l’attenzione del brand alla salvaguardia degli oceani. Integrazione è la parola chiave di questo progetto: da una parte, l’integrazione tra tutti i canali (Tv, Web, Sociali Network, Out Of Home, Video, Proiezioni 3D); dall’altra una forte integrazione tra tutti i soggetti coinvolti: media agency, cliente, editore, sinergia con i punti vendita. Gli obiettivi del progetto erano molto specifici: rafforzare la brand identity e la brand awareness e ringiovanire la brand perception, coinvolgendo e attraendo nuovi consumatori. L’insight dell’evento è nato dal nostro consolidato metodo di lavoro – il Relationship Media – che ha visto il diretto coinvolgimento insieme a Maxus e Coty Prestige, di Group M e H-Art. Una straordinaria proiezione in 3D ha fatto vivere l’esperienza di un’autentica immersione oceanica: un susseguirsi di visioni magnificamente realistiche ha trasformato Porta Garibaldi, dando vita a creature marine, onde, giochi di luce che hanno espresso in maniera spettacolare e non convenzionale

i valori e gli obiettivi del progetto Love The Ocean. L’evento ha vista un’ampia partecipazione e ha avuto un ampio riverbero su testate di settore ed extra settore; l’evento è stato ripreso anche da un redazionale andato in onda nell’edizione di Studio Aperto delle 12.25 di sabato 20 luglio 2013 (1 milione e 845mila ascoltatori). Molto significativo anche l’impatto dell’evento sulle vendite, che hanno avuto un deciso incremento, registrando un +2% e andando oltre le stime previste. Il video reportage della campagna, realizzato da H-Art, ha totalizzato 115.712 views su You Yube e oltre 1.250.047 impression. La campagna su FB ha generato 10.438.502 impression e un significativo incremento dei fan e delle loro interazioni con il brand.

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Persone e strategie Media Italia chiude con moderata soddisfazione un 2013 difficile. Altrettanto se non più difficile sarà anche il 2014 dato che non c’è traccia di segnali che indichino un’inversione di tendenza. Per difendersi e continuare a crescere, però, tool, piattaforme o software non sono sufficienti: lo spessore delle strategie e la componente umana e professionale restano fondamentali.

INTERVISTA a Valentino Cagnetta, Amministratore Delegato Media Italia. Come si chiuderà l’anno per Media Italia e quando pensate si potrà, realisticamente, tornare a vedere un segno positivo nel mercato pubblicitario? Il 2014 potrà davvero essere l’anno della svolta? Come avevamo previsto, il 2013 si è rivelato un altro anno molto difficile: per questo mi ritengo moderatamente soddisfatto del nostro andamento. Sono invece molto preoccupato per il 2014: da sempre, infatti, l’andamento del mercato pubblicitario amplifica, in positivo o in negativo, quello dell’economia: quando il PIL diminuisce, la pubblicità scende in proporzione ancora maggiore. Ma oggi non riesco a intravedere alcun elemento che possa far pensare a un aggiustamento del PIL, quindi a un’inversione di tendenza che indichi che l’uscita dal tunnel è vicina. Anche quest’anno le stime Nielsen sul periodo gennaio–luglio 2013 evidenziano una contrazione degli investimenti diffusa su tutti i settori merceologici. Rispetto al 2012, cambia la classifica negativa, ma permane una situazione complicata. Qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Quali settori e/o industrie si sono distinte nel corso di quest’anno e 116

Valentino Cagnetta, amministratore delegato Media Italia

da quali vi aspettate i risultati migliori nel prossimo futuro? Onestamente non vedo, in questo momento, alcun cliente o settore particolarmente votato


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alla sperimentazione. Sono tutti in attesa di segnali positivi dal loro rispettivo mercato di riferimento, prima che da quello pubblicitario, che però tardano ad arrivare. Sappiamo che l’unico mezzo con andamento positivo è il web, ma anche in questo caso oggi la voglia di investire in sperimentazione latita: siamo arrivati a un punto in cui il digital è stato ampiamente esplorato ed è ormai sufficientemente conosciuto per capire il tipo di contributo che può dare. Diciamo che il main trend di questo periodo è quello di un livellamento verso il basso, con una maggior attenzione ai numeri ma una minor valutazione della quantità. Venendo alla vostra struttura interna, ci sono state novità dal punto di vista dell’organico, delle divisioni o dei tool che offrite ai clienti? L’unica cosa da segnalare è il progressivo ringiovanimento del management di Media Italia, che dopo l’uscita del suo ex direttore clienti ha visto proseguire anche il significativo processo di crescita interna della nuova generazione. A proposito di nuove generazioni, dove e come si trovano i professionisti media del futuro? Quali gli indispensabili requisiti formativi e professionali richiesti? Quella che oggi è diventata indispensabile è la capacità di visione logica della cose, uno ‘spessore’ che si deve accompagnare a un’altrettanto approfondita capacità di analisi. Sicuramente non è ancora arrivato il momento di tradire il nostro ruolo ventennale costruito sull’esperienza di grandi planner e grandi buyer, anche se il loro ruolo non è più quello delle ‘figure d’ordine’ e ha assunto caratteristiche più strategiche. Dove trovare queste figure? Tendenzialmente andando a cercarle fra i corsi di laurea e i

MEDIA ITALIA Via Luisa del Carretto, 58 – 10131 Torino Tel. 011 8109311 – Fax 011 8109500 info@mediaitalia.it www.mediaitalia.it

Board di direzione: Eugenio Bona, Presidente e Amministratore Delegato; Valentino Cagnetta, Amministratore Delegato; Paola Allais, Consigliere Delegato; Roberto Roseano, Direttore Ricerche e Consigliere. Azionariato: Armando Testa 100%. Servizi offerti: Media Strategy, Offline Online Planning, Offline Online Buying, Research. Addetti: 85 Anno di fondazione: 1982 Clienti (principali): Reckitt Benckiser, Fater, ACRAF, Esselunga, Medusa

master in Economia e soprattutto in Statistica, che nel mondo dei Big Data cui ci stiamo affacciando saranno indispensabili. Tornando al mercato, uno degli effetti dell’avanzata del digitale è la ‘disruption’ dei modelli di business tradizionali: paradossalmente, infatti, nonostante l’aumento degli utenti e delle audience ‘complessive’, crescono le loro difficoltà a generare ritorni e margini adeguati. Qual è il vostro parere sul modo in cui questi operatori stanno reagendo alla situazione, acuita per di più dalla situazione economica a dir poco critica? Ci sono i dinosauri e ci sono le gazzelle, chi corre veloce e chi rischia di estinguersi. Diversi editori e concessionarie – un caso emblematico è quello di Publitalia – si sono attivati per portarsi in casa il know-how che mancava, attingendo a piene mani dal lato della domanda

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per essere più aggiornati, performanti e competenti su tutti i fronti della nuova comunicazione. Fino a poco tempo fa i centri media ‘pescavano’ risorse dalle concessionarie, e i vantaggi che ne hanno tratto sono evidenti: ora sta succedendo l’inverso, anche se il beneficio per le concessionarie si vedrà solo in futuro. Sono comunque certo che abbastanza presto ci troveremo di fronte a un’offerta di prodotti, di spazi e di mezzi ripensati per essere più vicini e comprensibili rispetto alle esigenze del mercato. Chi non si muoverà, e velocemente, farà la fine dei dinosauri. L’integrazione e la multicanalità che si invocavano 10 anni fa sono ormai quasi sempre un dato di fatto, sia dal lato della domanda, sia da quello dell’offerte dei diversi media. Quali sono, a vostro giudizio, i limiti e i problemi ancora da superare da questo punto di vista? A che punto stanno le cose sotto il profilo del ‘tracciamento’ delle audience e del ROI attraverso i diversi touchpoint? Quali ricerche, metriche e strumenti di analisi riescono oggi a indicare con precisione l’effettivo valore e la reale efficacia di ogni comunicazione? Il tema è complesso. Quello della misurabilità del ROI, prima ancora che una questione econometrica è un argomento che tocca da vicino i rapporti oggi ancora spesso difficili fra agenzia media e agenzia creativa: proprio la misurabilità del ritorno sull’investimento ‘impone’ al centro media il dare indicazioni strategiche sul piano di comunicazione fin dall’inizio. Il processo dovrebbe essere concordato in modo organico fra creativi e media molto più di quanto non accada adesso, perché l’unione di tutte le competenze dà risultati assai più significativi. Il punto è che alcune agenzie creative si dicono contrarie all’essere ‘misurati’ perché ignorano troppi

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aspetti del mondo media. Oggi la condivisione degli obiettivi è la realtà dei fatti: tenere separate le due ‘carriere’, media e creatività, è assurdo. Sotto questo aspetto, la nostra appartenenza al Gruppo Testa ci facilita e rappresenta un indubbio vantaggio competitivo. Come fare? Alcuni di quelli che fanno questo mestiere, non tutti, lo sanno benissimo: non si può pensare che ci siano tool, piattaforme o software capaci di risolvere il problema. La componente umana e professionale è e rimane molto più che importante: è fondamentale! E nel breve-medio periodo tutto questo non cambierà. La voglia di misurare e di misurarsi equivale alla voglia di mettersi in gioco, non per autoassolversi ma per migliorare. In tema di comunicazione integrata, poi, sarebbe certamente auspicabile avere una visione d’insieme, ma credo che difficilmente si riuscirà a ottenerla senza un intervento per così dire ‘normativo’. Perché prima di arrivare a una eventuale ‘AudiTutto’ è essenziale riuscire a superare i GRP’s per misurare il ROI di ogni singolo touchpoint. Il che è fattibile per molti ma non per tutti gli aspetti di questo business. Allo stesso tempo, però, le serie storiche di anni e anni di misurazioni consolidate ci danno un buon grado di affidabilità nell’effettuare previsioni: anziché dire che le Audi non servono più, quindi, sarebbe più corretto dire che si sono trasformate in uno strumento di navigazione, più che di effettiva misura, una bussola con la quale orientarsi sul mercato.


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Adattarsi per crescere Mindshare abbraccia l’Adaptive Marketing e, partendo dalla comprensione del consumatore traccia differenti consumer journeys che percorre nelle sue scelte. Lo sviluppo si concretizza in idee e strategie media always on in grado di generare valore per i clienti.

INTERVISTA a Roberto Binaghi, Chairman e Ceo Mindshare. Rispetto all’andamento complessivo del mercato italiano, come pensate si chiuderà l’anno per voi? Quali sono stati i trend più significativi? Prevediamo una chiusura del 2013 con un calo degli investimenti pubblicitari al -14% ma con una stima di ripresa al +1.5% del 2014, anno pari, ma che non sistema le cose. Anche la locomotiva internet comincia ad accusare il clima recessivo, rallentando il passo ma confermandosi comunque in buona salute, forte di uno scenario che fisiologicamente punta nella sua direzione. Alle difficoltà economiche, che potremmo definire esogene alla nostra industry, se ne aggiungono di endogene che, in brevissimo tempo, hanno modificato le logiche di relazione tra domanda e offerta, come l’introduzione del Real Time Bidding, rispetto al quale l’Italia è ancora in una fase di start up in confronto a mercati più evoluti. Anche quest’anno Nielsen evidenzia una contrazione degli investimenti diffusa fra tutti i settori merceologici. Qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Il polso della situazione lo monitoriamo costantemente attraverso i report di sell in e sell out dei nostri clienti, il vero termometro di 120

Roberto Binaghi, Chairman e Ceo Mindshare

come stanno andando le cose. L’anno prossimo porterà con se gli eventi sportivi e quindi è lecito aspettarsi un beneficio per tutti quei settori che tradizionalmente cavalcano sponsorizzazioni, partnership o comunque offrono prodotti a target maschile. Sul fronte mezzi tutto questo potrebbe trasformarsi in una boccata di ossigeno per una parte della stampa sportiva e per la Tv. Da ‘centri media’ ad ‘agenzie media’, e ora ‘aziende media’: oltre le etichette, come
e quanto è cambiato e sta cambiando il vostro ruolo, vuoi nei confronti dei clienti, vuoi verso le concessionarie? Come vi state


mindshare

MINDSHARE Via Viale del Mulino, 4 Edif. U15 Milanofiori Nord – 20090 Assago (MI) Tel. 02 480541 – Fax 02 48054391 benvenuti@mindshareworld.com www.mindshare.it

preparando e adeguando al nuovo scenario? La metamorfosi da centri media ad agenzie media è, come tutte le definizioni, un po’ troppo asettica e stretta, mentre noi ci consideriamo business partner dei nostri clienti. Sempre più di sovente ci accade che il brief di partenza venga stravolto alla luce delle nostre considerazioni, che non sono altro che il frutto di essere parte integrante di un processo aziendale e non semplicemente il centro media o agenzia da attivare per la prossima campagna. Mindshare abbraccia l’Adaptive Marketing e, partendo dalla comprensione del consumatore traccia differenti consumer journeys che percorre nelle sue scelte. Come e quanto sono cambiati i sistemi e i metodi per valutare – e remunerare – il vostro lavoro? Il contesto economico ci mette tutti alle strette e il fatto che ciò avvenga in un momento di crisi, ma paradossalmente di estrema evoluzione, ci impone di mantenere premuto il piede sull’acceleratore degli investimenti in ricerca e tecnologia. Questo ci porta ad essere sempre più integrati con il business dei nostri clienti che ci coinvolgono nelle loro scelte chiave ma allo stesso tempo vincolano parte del nostro compenso a una quota variabile che rende ancora più sfidante il rapporto. Tutto ciò significa che la misurazione assume un ruolo centrale, non solo quale componente tecnica del nostro lavoro, ma diventa un asset centrale sul fronte della remunerazione. Venendo alla vostra struttura interna, quali

Board di direzione: Roberto Binaghi, Chairman/Ceo; Sergio Menga, Chief Operating Officier/CFO; Carlo Momigliano, Chief Marketing Officer; Manuela Paoletti, Deputy General Manager; Stefano Spadini, Deputy General Manager; Vittoria Signorini, Commer- cial Director; Cinzia Desidera, Head of Office (Rome). Servizi offerti: Consulenza on/off line, strategia & accounting, pianificazione, buying, Attività unconventional Anno di fondazione: 1999 Addetti: 202 Fatturato 2012: 695 milioni di euro (Billing RECMA 2012) Clienti (principali): Unilever, Wind, Gruppo Ford, Danone, Campari, SC Johnson, Findomestic, Cogedi.

sono state le principali novità del 2013 dal punto di vista dell’organico, delle divisioni e dei tool che offrite ai clienti? In Mindshare sono state ridefinite le prime linee con la creazione di due direzioni generali a cui fanno capo rispettivamente Manuela Paoletti e Stefano Spadini, figure con percorsi professionali volutamente differenti ma complementari. L’area digital, che risponde a Cristian Coccia,
è stata potenziata con l’innesto di figure native digitali, focalizzate su social e big data, aree sulle quali stiamo investendo molto. Per quanto riguarda il resto del board vengono confermati Sergio Menga Chief Operating Officier & CFO, Vittoria Signorini Head of trading, Carlo Momigliano Chief Marketing Officier e Cinzia Desidera a capo della struttura di Roma. 121


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Nuove sfide, nuove opportunità In un periodo di stagnazione degli investimenti pubblicitari, i segnali positivi provengono dalla comunicazione non convenzionale: progetti digitali, eventi e attività alternative – ricerche ad hoc incluse – grazie alle quali Omnicom Media Group chiuderà il 2013 in linea con l’anno precedente, con un billing complessivo superiore agli 860 milioni di euro.

INTERVISTA a Marco Girelli, ceo Omnicom Media Group. Rispetto all’andamento complessivo del mercato italiano, come pensate si chiuderà l’anno per voi? Nel vostro bilancio di un ulteriore anno difficile, quali sono stati i trend – emergenti o consolidati – più significativi dal punto di vista dell’andamento degli investimenti? L’anno per noi finisce bene, il nostro è stato un anno positivo perché anche se nel 2013 c’è stato un rallentamento del mercato in termini di investimenti del 13%, il nostro billing complessivo come Omnicom Media Group è in linea con il 2012, superando gli 860 milioni di euro. Anche quest’anno le stime Nielsen sul periodo gennaio–luglio 2013 evidenziano una contrazione degli investimenti diffusa su tutti i settori merceologici. Rispetto al 2012, cambia la classifica negativa, ma permane una situazione complicata. Qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Quali settori e/o industrie si sono distinte nel corso di quest’anno e da quali vi aspettate i risultati migliori nel prossimo futuro? I risultati migliori in questo momento vengono da investimenti non in ambito media tradizionale: progetti digitali, eventi, attività alternative: in un 122

Marco Girelli, ceo Omnicom Media Group

periodo di stagnazione degli investimenti pubblicitari, quelli con trend più positivo sono quelli effettuati in comunicazione non convenzionale. Il 2013 è stato caratterizzato da un aumento in tutti i servizi digitali a valore aggiunto. Questo trend nella nostra struttura è confermato dalla unit Resolution, in particolare con i servizi di tutto il mondo del social, e Fuse, quindi il mondo della content strategy. Altro fenomeno da segnalare, sempre più interessante, la richiesta dei clienti di


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OMNICOM MEDIA GROUP sviluppare ricerche personalizzate, a cui possiamo rispondere grazie al nostro panel proprietario, che conta ormai 23.000 individui e al nostro centro ricerche interno guidato da Erik Rollini. Per quanto riguarda i settori merceologici, tutti quelli che rappresentano una grande quota degli investimenti si sono contratti, dall’automotive, alle TLC… Esistono alcune eccezioni, come ad esempio la grande distribuzione, che in un momento di consumi difficili è portata a comunicare tante novità lavorando sulle promozioni. Da ‘centri media’ ad ‘agenzie media’, e ora ‘aziende media’: oltre le etichette, come e quanto è cambiato e sta cambiando il vostro ruolo, vuoi nei confronti dei clienti, vuoi verso le concessionarie? Come vi state preparando e adeguando al nuovo scenario? Da un lato il tema è che non si tratta più di pianificare i mezzi, ma di realizzare dei progetti di comunicazione. Questo richiede una forte centralità strategica e una capacità di trovare Insight a partire dalle ricerche sul consumatore, utilizzando anche ricerche non convenzionali. Quindi, dall’altro lato, occorre poter aggregare un gruppo di lavoro in grado di proporre ai clienti un puzzle di iniziative che compongono il progetto, come immagine più ampia. Questo fa sì, dal nostro punto di vista, che aumentino le opportunità per offrire servizi ai clienti al di là della pianificazione media classica: essendosi alzata la qualità dei team che fanno parte della nostra squadra, oggi possiamo proporre autonomamente progetti specifici tailor made sulla base delle esigenze puntuali dei clienti. Un progetto di ricerca, un evento tramite la nostra unit Fuse… oggi circa il 20% del nostro fatturato è dato da servizi a valore aggiunto, con una crescita a doppia cifra rispetto all’anno precedente.

Via Spadolini, 5 – 20141 Milano Tel. 02 833071 – Fax 02 83307203 omgcloud@omnicommediagroup.com www.omgitaly.it www.omnicommediagroup.com

Board di direzione: Marco Girelli, CEO; Paolo Spada, CFO; Marcello Arosio, Out of Home and Fuse Director; Paola Aureli, Opera Director; Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD; Erik Rollini, Research and Strategy Director; Stefania Scopelliti, Digital Director; Vittorio Bucci, Managing Director PHD. Servizi offerti: Analisi, Strategia, Planning e Buying di tutti i mezzi offline, online e Btl. Addetti: 265 Billing 2012: 869 milioni di euro Clienti (principali): marchi nelle seguenti categorie merceologiche: alimentare, tlc, ristorazione veloce, abbigliamento, automotive, homecare, personal care, giocattoli, tecnologia, turismo, luxury goods.

Alla luce della risposta precedente e della situazione critica sul fronte economico generale, come e quanto sono cambiati i sistemi e i metodi per valutare – e remunerare – il vostro lavoro? In questo momento di difficoltà economica, assistiamo a una iper focalizzazione delle analisi e valutazioni su KPI legati agli aspetti di Trading & Accountability e di performance di Buying, sia da parte dei clienti che del mondo degli Auditor. Per operare in quest’ottica abbiamo sviluppato una struttura con persone fortemente specializzate in quest’ambito, guidata da Paola Aureli. Tuttavia io penso che sarebbe auspicabile legarsi maggiormente nella valutazione e remunerazione a quello che è il nostro apporto concreto allo sviluppo del business dei nostri clienti. A mio parere c’è ancora spazio per lavorare a modelli innovativi di remunerazione in questa direzione. 123


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PHD Evolutionary, l’evento dedicato all’innovazione, alla tecnologia e al loro imminente impatto sul nostro modo di comunicare e di fare comunicazione tenuto a fine ottobre presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

Venendo alla vostra struttura interna, quali sono state le principali novità del 2013? Le principali novità nella nostra organizzazione sono state il lancio in tutto il mondo del nuovo brand Resolution e il potenziamento della unit Fuse nell’area delle attività di Branded Content. La prima ha raggruppato sotto un unico marchio la piattaforma globale del Gruppo dedicata ai servizi di marketing e comunicazione digitale, dal Search all’ottimizzazione di dati al servizio dei clienti del gruppo. Resolution è presente attualmente in più di 40 paesi e in Italia è coordinata da Stefania Scopelliti, Head of Digital di OMG. Al suo interno operano le unit precedentemente conosciute come OMG.biz – dedicata ai servizi di marketing digitale a valore aggiunto, guidata da Consuelo Braga, ora Resolution Biz – e 124

Analytics & Technology Lab, guidata da Andrea Folcio, ora Resolution Lab – dedicata allo sviluppo dei driver dell’economia digitale sfruttando la tecnologia e l’analisi dei dati. La seconda novità è stata un potenziamento della unit Fuse, già dedicata ai progetti speciali, anche con lo sviluppo di attività di Branded Content. Si tratta del proseguimento di un percorso che stiamo portando avanti con le nostre agenzie. Le modalità di comunicazione tra le persone cambiano, così cambiano i modelli dei media. La Content Strategy è un approccio molto più ampio di quanto non sembri e comprende attività strategiche come lo sviluppo di progetti a 360°, fino ad operazioni più tattiche come le Telepromozioni, alla produzione di serie e di storie destinate a tutte le piattaforme, alla messa a punto di eventi


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sul territorio in grado di raccontare ed arricchire la storia della marca. Potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento? La nostra ambizione come Omnicom Media Group è essere il riferimento del mercato nell’innovazione e nell’utilizzo dei mezzi in maniera nuova. Con ciascuna delle nostre agenzie stiamo traducendo in maniera concreta questo concetto. Con PHD, abbiamo appena organizzato la prima edizione di Evolutionary, un evento dedicato all’innovazione, alla tecnologia e al loro imminente impatto sul nostro modo di comunicare e di fare comunicazione. Si è trattato del primo evento ufficiale di PHD su territorio italiano. Un evento di networking tra aziende, tenutosi presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, e di approfondimento di temi legati alla comunicazione e ai mezzi digitali, con il quale PHD Italia, guidata dal Managing Director Vittorio Bucci, ha dimostrato di essere una struttura orientata alla creatività e all’innovazione. La partecipazione è stata entusiastica, abbiamo riunito i decisori aziendali nell’ambito marketing e comunicazione di aziende leader in molteplici mercati e abbiamo ospitato speaker di eccezione: il fisico e futurologo Michio Kaku da New York, Matteo Cardani, Vice Direttore Generale Marketing Publitalia ’80, Mark Holden, che oltre ad essere il Worldwide Global Startegy & Planning Director di PHD, è uno stimato autore. Abbiamo parlato di progressi della tecnologia in campo medico, nei mezzi di comunicazione e nella vita di tutti i giorni, di gamification, delle nuove sfide che come operatori di questo settore ci t roviamo e ci troveremo sempre di più ad affrontare nei prossimi anni. Con OMD, guidata dalla Managing Director Graziana Pasqualotto, stiamo portando in alcune delle principali città italiane la nostra ricerca esclusiva It’s social, it’s mine. Realizzata con il nostro panel proprietario cui accennavo prima, la

PHD Italia, guidata dal Managing Director Vittorio Bucci (nella foto) si sta sempre più affermando come una struttura orientata alla creatività e all’innovazione

ricerca ha restituito degli insight di grande valore sulla comunicazione social e sul suo ruolo ed i mpatto all’interno del processo di acquisto. Il lavoro è stato presentato a Torino a settembre, con la partecipazione sia di aziende grandi investitrici che piccole realtà imprenditoriali, particolarmente interessate a questi temi; in questi giorni sarà presentata a Roma, dove la sede OMD è gestita dal General Manager Francesco Blini. A dicembre la arricchiremo e la presenteremo in occasione del prossimo IAB Forum. Ma soprattutto questi eventi sono la testimonianza di come vogliamo affrontare il nostro mercato e il nostro lavoro: con una visione sempre aperta e positiva, con curiosità e apertura verso le nuove sfide e opportunità che nascono ogni giorno. 125


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Il cuore al centro Fondendo l’esperienza più che ventennale di SMGroup nel settore dei media, con quella di For a Smile Onlus, che da tempo sviluppa progetti sociali rivolti ai bambini di tutto il mondo, Ludovica Vanni ha dato vita a Social Heart, nuovo servizio che affianca le Onlus facilitandone le media relation e semplificando la gestione operativa delle loro campagne di comunicazione.

INTERVISTA a Ludovica Vanni, Amministratore Unico Strategy & Media Group. For A Smile è la Onlus che lei ha fondato nel 2006 per dare un supporto umanitario all’infanzia in tutto il mondo: che cosa le ha insegnato, in termini di comunicazione, l’esperienza diretta su questo progetto? La prima cosa è sicuramente la centralità della comunicazione dei contenuti e la chiarezza del messaggio e, in secondo luogo, la necessità del raggiungimento di obiettivi quantitativi specifici: l’importanza di attivare donazioni mette in evidenza la reale necessità di contattare efficacemente il target.Ultimo ma non meno importante, la specificità della relazione con i media che richiede un coinvolgimento articolato su più livelli rispetto a quanto abitualmente avviene nelle relazioni mezzi/centri media, con il classico acquisto di spazi. Social Heart è il nuovo servizio interno a SMGroup specificatamente dedicato al sociale: da quali presupposti nasce? Quali le sue competenze e quali le aree della comunicazione e del media di cui si occupa? Social Heart nasce da tre fondamentali presupposti: innanzitutto dalla presa di coscienza dell’incremento del numero delle associazioni no profit sul territorio italiano e della loro crescente esigenza di relazionarsi con i media in un’ottica 126

Ludovica Vanni, Amministratore Unico Strategy & Media Group

di raggiungimento di visibilità. Poi dalla consapevolezza della necessità da parte delle Onlus di accedere ai media con tutte le expertise


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STRATEGY & MEDIA GROUP Palazzo Graneri, Via Bogino, 9 – 10123 Torino Tel. 011 8154245 – Fax 011 8125610 l.vanni@smgroup.it www.smgroup.it

Board di direzione: Ludovica Vanni, Amministratore Unico di un ‘normale’ cliente di comunicazione. E infine dalla volontà di mettere in pratica le esperienze tecniche maturate in tanti anni di attività nel mondo della comunicazione, applicandole a vantaggio di un’area, quella del sociale, che ci dà un forte stimolo a livello personale. Per tutte queste ragioni, Social Heart si pone come un facilitatore per le Onlus, affiancandole e semplificando la gestione operativa delle campagne di comunicazione, e come mediatore con i media. La sua caratteristica è quella di coprire tutte le aree di competenza di un centro media ma di poter anche andare oltre, occupandosi di ufficio stampa, product placement, ricerca testimonial e supporto nella richiesta di Sms solidali. Di fatto è una ‘piattaforma’ per gestire e coordinare le diverse aree della comunicazione alle quali le Onlus possono accedere, richiedendoci diversi livelli di intervento. Che cosa distingue il posizionamento di Social Heart da quello di altre agenzie specializzate nell’area del sociale? Il nostro posizionamento è unico: coniughiamo 20 anni di esperienza nel mondo dei media con una presenza diretta nel sociale. Come ho già indicato, il nostro approccio va oltre l’attività di pianificazione media: ha una angolatura diversa, di costruzione dell’evento, di dialogo diretto con uffici stampa, personaggi, conduttori e autori di programmi dedicati. Per il futuro avete ipotizzato di allargare il raggio d’azione alla Corporate Social

Servizi offerti: Media Buying, Specialize Outdoor, Geomarketing, Bartering, Ufficio Stampa, Product Placement & Endorsement, Digital Pr, Social Media Marketing, Csr/Cmr. Anno di fondazione: 1989 Clienti (aree): Luxury, Gioielli, Abbigliamento Moda & Sportivo, Accessori, Food&Beverage, Arredamento, Gdo non alimentare, Hi-Tech Responsibility delle aziende già vostre clienti? Certo e lo stiamo già facendo. Per i nostri clienti abbiamo realizzato progetti ad hoc per dimensione di investimento, nazione e segmento di intervento.Sempre più le aziende hanno necessità di impegnarsi in ambito CSR: vorremmo dar voce anche ai manager che spesso si attivano a livello personale. La nuova campagna di comunicazione sociale di For A Smile Onlus è stata curata da Social Heart: ci può raccontare i dettagli di questa iniziativa? La nuova campagna di comunicazione Rai per il sociale di For a Smile Onlus sarà in onda dal 10 al 24 Novembre 2013 sulle reti Rai (Tv, Radio e Web). In questa circostanza abbiamo realizzato una comunicazione istituzionale. È uno spot che fa ‘vivere’ le immagini dei tre principali progetti realizzati in Kenya, Congo, Eritrea ed Etiopia, attraverso i sorrisi dei bambini, e ha visto la collaborazione di uno speaker d’eccezione come Fabrizio Frizzi, sempre attento alle tematiche sociali, che racconta l’operato umanitario di For a Smile Onlus in aiuto all’infanzia in difficoltà nel mondo. 127


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Risolvere la complessità Prosegue il ciclo positivo di ZenithOptimedia, che nonostante le difficoltà oggettive del mercato continua a scalare posizioni nella classifica Recma: dal terzo posto del 2012 arriverà infatti, con ogni probabilità, al gradino superiore entro la fine di quest’anno. Il segreto? Dare ai clienti le risposte e le soluzioni ai problemi di business di cui hanno bisogno.

INTERVISTA a Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia. Rispetto all’andamento complessivo del mercato, come pensate si chiuderà l’anno per voi? Il nostro quadro generale è decisamente in controtendenza. Siamo arrivati al sesto anno di un ciclo straordinario, in cui ZenithOptimedia ha realizzato tutti i suoi obiettivi ben oltre le aspettative: abbiamo raddoppiato la dimensione e la market share, grazie al new business e alla progressiva espansione di Performics e di NewCast, tanto che nel 2012 Recma ci ha confermato al terzo posto della classifica dei centri media. Ma grazie alle importanti acquisizioni del 2013 siamo pressoché certi che al prossimo giro guadagneremo un’ulteriore posizione. Al di là dei meri numeri di billing o fatturato, inoltre, la stessa Recma ci valuta al primo posto, insieme a MEC, per la qualità dell’approccio e del servizio. Il tutto testimonia come anche in un mercato maturo e difficile come il nostro, se si intercettano e si danno risposte ai nuovi bisogni dei clienti si può comunque lavorare bene e con profitto.

Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia

Rispetto al 2012, cambia la classifica negativa, ma la situazione resta complicata per tutti i settori merceologici: qual è il vostro polso della situazione da questo punto di vista? Benché, giustamente, Nielsen dica che non ci sono settori il cui dato netto di investimento sia positivo, non sono affatto limitati i casi di aziende che, con

lungimiranza, hanno iniziato da tempo a modificare il proprio approccio alla comunicazione in direzione di nuovi modelli, integrando in modo sempre più efficace media e contenuti, ricercando nuovi punti di equilibrio tra branding e performance, mediante una progressiva adozione delle nuove tecnologie. Potremmo citare numerose case history che dimostrano come questi

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ZENITHOPTIMEDIA GROUP Via G. Borsi, 9 - 20143 Milano Tel. 02 752991 - Fax 02 70121957 info@zenithoptimedia.it www.zenithoptimedia.com

ingredienti possono disegnare, per le imprese più lungimiranti, nuovi percorsi di crescita per i propri Brand. Del resto se il focus si sposta sulla performance, la dimensione di investimento diventa secondaria e, particolare interessante guardando il futuro, potrebbe diventare, per certi versi, ‘illimitata’. Da ‘centri media’ ad ‘agenzie media’, e ora ‘aziende media’: come e quanto è cambiato e sta cambiando il vostro ruolo? Mi piace particolarmente il termine ‘azienda media’, perché sta a indicare che oltre alla consulenza, per la prima volta disponiamo di veri e propri prodotti ‘fisici’: dashboard, software e tool, piattaforme di trading o conversione…. Prodotti che nascono dalle nuove tecnologie, che prima non facevano parte dei nostri asset ma che oggi mettiamo a disposizione dei clienti. La conseguenza diretta è che il nostro ruolo sta effettivamente cambiando e diventando sempre più centrale: a guidarci è la domanda delle aziende, che chiedono un contributo sempre più strategico nella risoluzione della complessità che scaturisce dalle nuove tecnologie. Aggiungo inoltre che prima era difficile differenziarsi dalla concorrenza, mentre oggi una buona strategia può fornire un apporto determinante e ‘unico’ alla crescita di un brand. Sono cambiati, di conseguenza, i metodi per valutare e remunerare il vostro lavoro? La nostra esperienza e il nostro posizionamento sono da tempo quelle dell’agenzia del Live ROI: ciò vuol dire che articoliamo in modo differente le meccaniche di remunerazione, andando verso una quota sempre maggiore relativa alla performance. Il futuro è senza dubbio lì: non più compensi o quote fisse ma essere compensati per il valore aggiunto e per i risultati di business. Non sempre le aziende sono

Board di direzione: Vittorio Bonori, ceo Italy; Luca Cavalli, managing director; Daniela Schnellinger, managing director. Servizi offerti: Communication Planning, Media strategy, Media Planning & Buying, Performance Marketing, Web Strategy, Site strategy and development, Social Strategy, Brand Reputation, Brand Protection, Digital Creativity, Video Communication, Audience Planning, Affiliation, Mobile Marketing, Direct Marketing, Promotions, Shopper Marketing, Geomarketing, Co-marketing. Anno di fondazione: 2002 Addetti: 147

altrettanto pronte a sposare questi nuovi modelli di remunerazione, ma credo che il futuro sia tracciato. Venendo alla vostra struttura interna, quali sono state le principali novità del 2013? Psso citare il rinnovato modello di lavoro di Newcast (la unit dedicata ai social e ai contenuti), il lancio di Ninah, nuova brand di analytics e modellistica, l’arrivo di Alessio Angiolillo come responsabile di Performics. Ma la novità principale del 2013 è senza dubbio il lancio di VivaKi anche in Italia, che oggi conta già su una trentina di specialisti, e che si occupa di ricerca e tecnologia, di trading e di buying, oltre che, ed è forse l’aspetto più nuovo e davvero unico sul mercato, di media productivity: attraverso specialisti dedicati, cioè, misura la vera e propria produttività e l’efficienza degli investimenti del cliente. Un ruolo, se vogliamo, che migliora la capacità di dialogo con i media auditor e il purchasing del cliente e che sta registrando un grande successo. 129


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Strategia multi touchpoint Chiusura del Fiscal Year 2012-13 a +27% e inizio del nuovo anno con una crescita ancora superiore. Il network online di Fox è sbarcato ormai nel mondo mobile di IOS e BlackBerry e si appresta a fare il suo ingresso su Android con una strategia chiara: soluzioni multipiattaforma per l’investitore e lo spettatore.

INTERVISTA a Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital Fox International Channels Italy. La vostra struttura ha appena chiuso l’anno con ottimi risultati. Vogliamo ripercorrere assieme i risultati raggiunti in questo fiscal year, e fare il punto su come è cominciato il 2013-14? Il nostro fiscal year lato digital si è chiuso con un +27%, una crescita più alta del trend di mercato, che ci ripaga del lavoro sviluppato durante l’anno. La nostra squadra ha lavorato molto bene, e in particolare siamo felici dell’ampliamento della struttura, che ha visto l’ingresso in questo 2013 di una nuova risorsa con base a Roma dedicata all’online. È arrivato un profilo senior dedicato esclusivamente ai clienti del centro e del sud Italia. Una scelta che ci permette di sviluppare la nostra copertura territoriale, garantendo un contatto più prossimo ai nostri clienti e facilita le relazioni tra il comparto progetti speciali della TV e la nostra divisione web. E proprio questo secondo aspetto rappresenta un fattore fondamentale in un mercato che ci chiede sempre più progetti trasversali a tv e web. Inoltre il 2013 ha visto il rinnovo della 132

Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital Fox International Channels Italy

partnership con CityNews, un rapporto che ci ha dato e ci darà la possibilità di crescere sul segmento dell’informazione e delle notizie.


.foxnetworks

.FOX NETWORKS Via Archimede 10 20129 Milano Tel. 02/91618701 Fax 02/91618025 ficmilansales@fox.com www.foxnetworks.it

Board di direzione: Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital; Manuela Bondioli, Senior Sales Manager; Fabiola Di Giuseppe, Senior Sales Manager; Anna Squassabia, Senior Sales Manager; Federico Besnate, Business Development Manager. Una partnership, quella con CityNews, che ha dato già ottimi risultati. Quali sono gli obiettivi condivisi e che ruolo gioca l’informazione locale nelle strategie di .Fox? .Fox gestisce gli spazi nazionali di CityNews. Il modello di informazione metropolitana e citizen journalism sviluppato da Luca Lani costituisce un asset importante del nostro channel News, che ci permette di offrire una maggiore segmentazione su un bacino di utenti sempre più ampio. Da luglio a oggi siamo cresciuti a ritmi vertiginosi su CityNews, in particolare su Roma, dove prima eravamo scoperti. Aver inserito una figura di riferimento commerciale per il centro e il sud Italia ci sta dando risultati eccellenti, confermandosi un’ottima scelta. Nel 2011-12 si era evidenziata l’attrattività di .Fox per gli investitori TV. Il trend si è confermato nel FY 2012-13 e quali settori si sono distinti per investimenti? Fatico a citare un settore più che un altro. Ci sono però stati segnali molto positivi dal mondo del mass market che è di estrazione televisiva ed era presente sul web con campagne spot. Oggi le aziende della grande distribuzione investono in maniera sistematica sul nostro mezzo, è un trend che si è confermato nell’ultimo anno e mezzo e

Servizi offerti: .FOX Networks è la concessionaria online di proprietà di Fox International Channels – società multimediale di proprietà di 21st Century Fox - che si occupa della raccolta pubblicitaria per i siti Internet dei canali televisivi del gruppo Fox: Fox Sports (www.foxsports.it), Fox (www.foxtv.it), FoxLife (www.foxlife.it), FoxCrime (www.foxcrime.it), FoxRetro (www.foxretro.it), History Channel (www. historychannel.it), della webtv FlopTV (www.floptv. it) e di un ampio network di siti appartenenti ad editori terzi. I siti in concessione esclusiva del network .FOX generano 6.532.000 utenti unici e 61.035.000 pagine viste ogni mese (Fonte: Audiweb). Anno di fondazione: 2007 Addetti: 14 Clienti (principali): tutti i principali top spender del settore.

che ci aspettiamo si consolidi ulteriormente. Per quanto riguarda gli altri settori, continuano a investire su di noi. Abbiamo registrato una duplice crescita sia in termini di numero di investitori, con un allargamento della copertura dei diversi settori merceologici, sia in termini di spesa media per investitore. Inoltre abbiamo acquisito altri top spender provenienti dal mezzo televisivo, un fenomeno che lascia ben sperare. 133


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L’iniziativa Savaword che ha visto la realizzazione di un advergame dedicato alla finanziaria di Fiat Group e una campagna di comunicazione in cobranding. Un esempio della forza delle iniziative speciali digital di Fox.

Come è cominciato il nuovo anno fiscale? Molto bene. Un confronto periodo su periodo del primo trimestre evidenzia una crescita per questo nuovo fiscal year, e anche per il secondo trimestre le impressioni sono positive, dato che ottobre sta dando ottimi risultati. Stiamo mantenendo un trend più sostenuto del mercato e la crescita periodo su periodo si mantiene costante garantendoci performance sempre migliori. Quali sono state le novità principali di quest’anno in termini di offerta? Partiamo da una valutazione generale: i media verticali, intesi come comparti a se stanti con utenze ‘esclusive’, non esistono più. Esiste invece un unico medium multipiattaforma. E noi di Fox crediamo proprio in questa commistione dei mezzi che è un elemento fondante della nostra filosofia di offerta. I nostri prodotti passano dalla TV al web e viceversa in maniera fluida. La tv continua a essere il sole, ma l’offerta online gli ruota attorno come un satellite che può permettersi delle variazioni sull’orbita. E così alcuni prodotti vedono delle anticipazioni online, o danno vita a spin-off che vivono solo sul web. Il nostro posizionamento è sempre più teso 134

a sviluppare un modello multipiattaforma. Una strategia che deve essere interpretata tenendo conto e sfruttando le caratteristiche proprie di ciascun mezzo e che quindi ci porta sempre più spesso alla creazione di contenuti ad-hoc per il web. Tramite le nostre iniziative speciali continuiamo a proporre modelli di comunicazione sempre originali e innovativi, pensati specificamente per le esigenze dei singoli clienti e per raggiungere target nuovi e differenziati. Un esempio di questo approccio è il progetto SAVAWORD, un’iniziativa di gaming online sui siti web di Fox, FoxLife, FoxCrime e FoxRetro, realizzata in collaborazione con Sava, finanziaria di Fiat Group Automobiles. Grafica e contenuti del game sono stati diversificati per raggiungere target diversi in linea con i brand dei canali entertainment Fox e consentire all’utente di ottenere informazioni sulle soluzioni di finanziamento di Sava più adatte a sé in modo divertente e interattivo. Quali sono le armi che state sviluppando per fornire agli investitori pubblicitari dati sempre più precisi sulle audience? Oltre a fornire reportistica secondo le metriche più diffuse, siamo in grado di


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FoxSports.it, la ‘casa’ del calcio internazionale (www.foxsports.it)

fornire ricerche multipiattaforma qualiquantitative per misurare la percezione da parte dell’utente di uno specifico contenuto. Sono ricerche ad-hoc che realizziamo su richiesta del cliente o perché ci interessa valutare e misurare una specifica azione, al fine di offrire maggiori informazioni anche in fase di proposta. Quali saranno le strategie in termini di contenuti e formati per il 2014? Al di là dei formati classici e innovativi, il nostro punto di forza e la nostra sfida è quella di portare al massimo livello possibile l’integrazione tra la nostra offerta e l’immagine del cliente. Siamo una media company e quindi abbiamo come asset principale la capacità di sviluppare contenuti. Questo ci consente di realizzare prodotti di alta qualità per i nostri clienti secondo strategie multicanale e multi device. Un approccio che ci sta ripagando ed è seguito con interesse da parte del mercato. Per offrire una fotografia di questo basti dire che la maggior parte dei progetti speciali richiesti oggi dai clienti prevedono lo sviluppo di soluzioni anche sul digital. Abbiamo raggiunto quindi un’ottima penetrazione, ma le aree di sviluppo sono

ancora ampie, soprattutto in termini di spesa media sul web.Il dato certo è che la pianificazione coordinata su TV e web comincia a essere una soluzione preferenziale e quasi automatica per molti clienti. Non siamo però nella dimensione di un bundle, con un prodotto predefinito fisso. I clienti chiedono di sviluppare progetti ad-hoc, personalizzati, con la caratteristica comune di abbattere le barriere tra i diversi mezzi. A luglio 2013 avete lanciato l’applicazione FoxFan per il mondo Apple. Come sta rispondendo il mercato mobile? Il 2013 è stato l’anno delle conferme degli obiettivi strategici fissati nel 2012. Abbiamo trasformato in operatività tutte quelle che erano le nostre progettualità e questo è motivo di grande orgoglio, perché è stato un lavoro di squadra molto impegnativo, in cui abbiamo dimostrato grande affiatamento e capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati, portando un forte vento di innovazione all’interno dell’azienda. Una cosa di cui andiamo molto fieri è l’attività fatta sui nuovi touchpoint: tablet, smartphone, smart tv. Abbiamo lanciato le applicazioni FoxFan per il mondo Apple e Blackberry e stretto accordi con LG per le smart tv, diffondendo il mondo Fox sui nuovi device e sulle nuove piattaforme. Il passo successivo sarà sbarcare nell’universo Android, a quel punto avremo coperto tutto il mercato con soluzioni per tutti i principali operatori. In riferimento a questo, come sta procedendo l’esperienza di FlopTV? L’esperienza triennale con FlopTV è stata la base per sviluppare la strategia sugli altri canali e operare in maniera efficace ed efficiente in questi 12 mesi. Abbiamo ancora ampi spazi di sviluppo.

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Innovazione e fiducia I clienti sono frenati dalla sfiducia nel mercato. La ricetta di Cemusa? Una business unit internazionale dedicata alla pianificazione all’estero, esclusiva sugli hub spagnoli e soluzioni digitali ad elevata targettizzazione su profili a grande capacità di spesa. Tutto in attesa dello ‘Smart sharing’.

INTERVISTA a Marco Dallamano, direttore generale di Cemusa Italia. Le previsioni di chiusura d’anno per l’outdoor oscillano da un +2,9% a un -3,7%. Qual è lo scenario più verosimile e come si chiuderà il 2013 di Cemusa? Da oramai qualche anno la crisi del mercato pubblicitario è molto profonda e aggravata dal generale quadro recessivo. È perciò presumibile che il 2013 avrà una chiusura negativa. Per quanto riguarda Cemusa, il nostro posizionamento nel settore dell’arredo urbano ha resistito, nel corso degli anni, alla forte diminuzione di investimenti riuscendo ad arginare le perdite. Per il 2014 è invece prematuro fare previsioni, poiché sono molte le variabili che ad oggi non è possibile valutare. Bisognerà attendere la fine dell’anno per verificare, innanzitutto, se il paese riuscirà ad avere la stabilità politica ed economica necessaria per un rilancio degli investimenti. Nel 2012, in controtendenza con il mercato, le aziende della GDO, dell’abbigliamento e delle TLC avevano intensificato gli investimenti sui vostri circuiti. Il trend si è confermato? Abbigliamento, GDO e TLC restano anche nel 2013 i tre settori merceologici che più hanno investito sui nostri circuiti. Questo sebbene nel 136

Marco Dallamano, direttore generale di Cemusa Italia

primo semestre 2013 gli investimenti dell’abbigliamento si siano quasi dimezzati e le TLC abbiano rallentato. Contestualmente abbiamo però registrato un aumento delle vendite nel settore degli enti e delle istituzioni, dovuto alle recenti elezioni politiche, e la crescita della GDO che nel primo semestre ha quadruplicato gli investimenti. Inoltre, contrariamente ai dati di mercato, il settore assicurativo e quello finanziario hanno


cemusa

CemusA Corporaciòn Europea de Mobiliario Urbano S.A.

intensificato gli investimenti sui nostri circuiti, evidenziando un trend di forte crescita rispetto all’anno precedente. Il 2013 è stato un anno importante per Cemusa, con molte novità. Ripercorriamo le milestone di quest’anno? Oggi è necessario convincere il cliente dell’efficacia di un investimento di qualità, per questo abbiamo implementato la nostra offerta. Da gennaio 2013 Cemusa ha acquisito l’esclusiva per la pubblicità del sistema aeroportuale spagnolo e delle Isole Baleari, gestendo un totale di 41 aeroporti, fondamentali hub per il flusso di turisti e manager verso i Paesi dell’America Latina. Siamo così in grado di offrire ai clienti numerosi vantaggi in termini di visibilità: dal sistema aeroportuale spagnolo transitano infatti una media di 169 milioni di passeggeri l’anno. I clienti italiani di Cemusa che voglio pianificare all’estero hanno a loro disposizione una ‘International Unit’ con sede in Italia. Inoltre, per offrire ai clienti un servizio più efficace, puntando su nuovi spazi legati al digitale, abbiamo sviluppato il progetto ‘Digital Golf’, dedicato ai brand luxury che, tramite il posizionamento di maxischermi all’interno delle Club House dei circoli di Golf, permette di inserire spot pubblicitari studiati ad hoc per il target di riferimento. Sempre sul fronte digitale, abbiamo in serbo alcune importanti novità che riguardano lo ‘Smart sharing’, un progetto innovativo volto al coinvolgimento diretto del consumatore, che tramite l’utilizzo di smartphone può interagire con la campagna pubblicitaria attraverso i social network.

Via Boccaccio, 11 - 20123 Milano Tel. 02 465417201 Fax 02 465417216 info@cemusaitalia.it www.cemusa.es

Anno di fondazione: 1984 Addetti: 900 Il 2014 sarà un anno di consolidamento e di messa a regime o dobbiamo aspettarci delle sorprese? L’instabilità del nostro paese, sia da un punto di vista politico che economico, non ci permette di fare previsioni di consolidamento per il 2014. Ci aspetta sicuramente un altro anno di alti e bassi contornati da alcuni cambiamenti. Quel che è certo è che l’orizzonte di visibilità che il mercato ci concede è di massimo un mese, dunque, è pressoché impossibile fare affidamento su ciò che è accaduto negli anni scorsi e pensare che si ripeterà. Cemusa si mette in gioco ogni giorno per creare nuove opportunità e nuove soluzioni che abbiano appeal sui clienti. Bisogna restituire alle aziende la fiducia nel mercato per permettere loro di tornare ad investire. Il nostro obiettivo è quello di garantire ai clienti affidabilità e alti standard qualitativi.

Dettaglio di una campagna sviluppata da Cemusa negli aeroporti spagnoli del suo circuito per Bikkembergs nel 2013 137


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Media Company Revolution Dopo l’acquisizione da parte di Clear Channel Outdoor e una rivoluzione interna, che ha interessato risorse, organizzazione e prodotti, Clear Channel Italia si presenta sul mercato con una nuova missione: diventare una media company dell’OoH e rilanciare il mezzo attraverso l’innovazione tecnologica.

INTERVISTA a Paolo Dosi, amministratore delegato Clear Channel Italia. Il 2013 ha visto l’acquisizione da parte di Clear Channel Outdoor di Clear Channel Italia, con l’uscita di scena della famiglia Celentano. Ad alcuni mesi dal cambio di proprietà, quali sono i principali cambiamenti? Per Clear Channel, questa partnership, durata 14 anni, è stata molto importante. Da Aprile, la Business Unit italiana ha intrapreso una profonda trasformazione che di fatto ha impattato su tutte le componenti aziendali: nuova leadership e nuovo senior management, riorganizzazione e rilancio dell’area Commerciale con nuove risorse, nuovi processi, nuovi strumenti, nuovi prodotti e soprattutto un nuovo approccio verso il mercato. Per raccontare la nostra intensa attività di trasformazione uso spesso l’esempio dell’auto il cui cambio di motore, ruote, pilota e scocca avviene mentre è ancora in corsa. Sono fiero di quello che il mio team sta realizzando perché rivedo entusiasmo e motivazione in un’organizzazione che ha solide competenze e interessanti potenzialità, ma che non teme il confronto, la discussione e l’interazione, purché finalizzati ad ottenere un team coeso e fortemente focalizzato sui propri obiettivi. 138

Paolo Dosi, amministratore delegato Clear Channel Italia

Stiamo lavorando alacremente e questo ci sta consentendo, non solo di trasformare la nostra azienda e di porre le basi per progetti la cui realizzazione avverrà nel 2014, ma anche di continuare a performare meglio del mercato sviluppando il nostro business. Il nostro è un progetto ambizioso, che si spinge oltre i confini aziendali e che punta al rilancio del mezzo. Ed è per questo che, insieme agli altri Leader, collaboriamo al fine di rilanciare sia AudiOutdoor che la nostra Associazione di Categoria, AAPI.


clearchannelitala

CLEAR CHANNEL ITALIA Via G. Giulini, 2 - 20123 Milano Tel. 02 802791 - Fax 02 72010592 info@clearchannel.it www.clearchannel.it

La forte crisi di mercato ha infatti creato le condizioni per una vera collaborazione tra gli operatori del settore allo scopo di affrontare problematiche cruciali quali la lotta all’abusivismo, la concorrenza sleale, soprattutto sulla città di Roma, e la serietà, l’affidabilità e la misurabilità del nostro mezzo. Nel 2012 Clear Channel Italia aveva chiuso con una riduzione del fatturato inferiore alla media di mercato. Come si chiuderà il 2013 e quali sono le attese per il 2014? Come già dichiarato a luglio nella presentazione dei dati semestrali, il 2013 si chiuderà ancora con una percentuale negativa a doppia cifra per l’OoH e pure Clear Channel Italia subirà una contrazione, anche se contenuta del 50% rispetto al mercato e con un incremento in termini di quota di mercato. L’OoH rimane, comunque, uno dei mezzi che ha meglio performato nel 2013. Il 2014, in generale, è atteso con un outlook tra -0,5% e -3%, le Compagnie Telefoniche potrebbero ridurre i loro investimenti, defezione che risulterebbe difficile colmare con altri settori merceologici. Clear Channel Italia prevede un 2014 in crescita, si ipotizza un +5%, principalmente connesso alla nuova offerta commerciale. Ci sono alcuni settori/industrie che si sono distinti per investimenti sui vostri mezzi? Contrariamente all’andamento del totale advertising che ha chiuso il periodo P1-P7 2013 (sul medesimo dell’anno precedente) con un trend negativo del 17,5%, il media

Board di direzione: Paolo Dosi, Amministratore Delegato; Alessia Luciani, HR Director; Giuseppe Marchiori, CFO; Maurizio Sajeva, Commercial Director; Sergio Verrecchia, Contracts Management & Development Director; Massimo Da Ros, Technical & Operations Director. Servizi offerti: Out-of-Home Media Company Anno di fondazione: 1963 Fatturato 2012: 105 milioni di euro.

OOH ha registrato un -9,9%, con diversi settori merceologici che hanno mostrato performance positive. Ad esempio, Informatica ed Enti/Istituzioni hanno registrato crescite oltre il +40%; tra il 20-30%, sempre in termini di crescita, ritroviamo invece settori quali Elettrodomestici (+31%), Toiletries (28,7%) ed Alimentare (+23,6%). Altri settori poi si attestano sopra a un +10% come Oggetti Personali (10,3%) e Telecomunicazioni (+17,9%). Per quanto riguarda invece le

Circuito Diginet all’aeroporto Marco Polo di Venezia

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organizzativi in tutti i reparti e a tutti i livelli. Contestualmente abbiamo iniziato a sviluppare una nuova cultura aziendale allineata ai valori e agli strategic drivers di Clear Channel, brandizzando anche gli uffici e organizzando eventi interni. Dopo appena sei mesi, per molti aspetti, sembra di lavorare in un’azienda completamente diversa. Il percorso verso la creazione di una Media Company è ancora lungo, ma abbiamo imboccato la strada giusta. Un impianto pubblicitario di Clear Channel Italia 8 mq. sito in via Melchiorre Gioia angolo via Sondrio (Milano)

performance di Clear Channel in Italia, possiamo annoverare delle crescite interessanti nel settore Alimentare, in quello del Commercio al Dettaglio, nella Cosmesi e Profumi ed infine nella Moda. Un risultato reso possibile grazie a una migliore profilazione del mezzo e alla sempre più proficua e attiva collaborazione di tutti gli attori intervenuti all’interno della filiera commerciale: azienda cliente, centro media, specialist e noi. Il cambio di proprietà ha portato anche a un riassetto nell’organizzazione interna di Clear Channel. Quali i principali cambiamenti? Contestualmente alla mia nomina a CEO di Clear Channel Italia, ho formato una nuova squadra sia con risorse già presenti in azienda sia con risorse esterne. L’ ultimo ingresso nell’Executive Leadership Team è avvenuto a luglio, con Maurizio Sajeva che ha ricoperto il ruolo di Commercial Director. Abbiamo apportato molti altri cambiamenti 140

Il 2013 è stato anche l’anno in cui avete lanciato i ‘City Web Network’. Come sta procedendo quest’esperienza? A marzo è stato lanciato, di fatto, solo un concept, un’offerta commerciale è ben altra cosa. È senza dubbio un prodotto interessante basato su una ricerca molto sofisticata. Ci stiamo lavorando in queste settimane proprio per finalizzarlo in tutti i suoi aspetti e poterlo lanciare nel 2014. Il network in questione si presenta, oggi, ancora più ricco nelle sue destinazioni e progettualità. Una forte componente di innovazione vedrà una sua concreta applicazione in diverse aree del mondo Digital, cercando di cogliere al meglio le nuove opportunità offerte dall’interazione del Digitale con la tradizione della comunicazione statica. La diffusione degli smartphone apre a una nuova e diversa amplificazione del messaggio per ottenere una maggiore reciprocità tra l’advertiser e il suo consumatore finale. L’acquisizione da parte di Clear Channel Outdoor porterà novità in termini di formati e soluzioni? Proprio in queste settimane, siamo molto impegnati su questo fronte e contiamo di finalizzare il tutto entro metà novembre quando si terrà la nostra seconda Sales Conference. Sarà un importante evento in cui


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condivideremo con la nostra forza vendite e i nostri partner commerciali le novità del 2014, che saranno molteplici. Quello che posso anticipare è la collaborazione che sta avvenendo, in modo molto stretto e a livello internazionale, con i colleghi di Clear Channel per imprimere una fortissima accelerazione sul fronte dell’innovazione tecnologica e dell’offerta che punterà moltissimo sui concetti di target e geo-localizzazione. E nei prossimi anni, quali saranno i driver di crescita per il mezzo? L’innovazione tecnologica sarà certamente un driver importante. Ciò che per altri mezzi ha rappresentato un ‘killer factor’, per noi, sarà un ‘success factor’, che sostenuto da un approccio commerciale strutturato, innovativo e professionale, ci aiuterà a diventare una Media Company. Oltre ad essere i migliori consulenti di OOH dei nostri clienti, abbiamo l’ambizione di poter rispondere alle loro esigenze comunicative sul nostro mezzo, anche in ottica sinergica e complementare con gli altri media. La capacità di diventare un player proattivo nell’ambito della multimedialità costituirà un altro fondamentale driver di crescita, anche se occorrerà intraprendere, per potersi considerare leader di questo mezzo, una serie di attività finalizzate al suo riposizionamento nel mercato dell’advertising. Potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere? Tra le più rappresentative esperienze del 2013 possiamo annoverare la case history con Vodafone che non solo ha rappresentato uno dei top clients per Clear Channel Italia, ma è anche l’espressione concreta di un progetto di comunicazione dove abbiamo potuto

Pavimentazione della stazione bike sharing di piazza Duomo, a Milano, decorata con il sistema floor graphic

esprimerci al meglio sui seguenti fronti: • Flessibilità: capacità di modulare e far performare al meglio un piano di comunicazione, lavorando su singole città con proposte dedicate e distintive, senza perdere in forza ed impatto al consumo; • Gestione del Processo: coinvolgimento armonioso ed efficiente di tutti gli attori della filiera, sia negoziale che organizzativa, per esprimere un prodotto di comunicazione tangibile ed immediato; • Supporto al progetto: sviluppo di idee innovative volte a massimizzare il ROI, con un occhio all’ottimizzazione delle risorse in termini di efficacia ed efficienza. 141


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Premium audience In un contesto recessivo che non accenna a rallentare la concessionaria dei canali Pay di Mediaset si appresta a chidere l’anno con una lieve crescita grazie alla preferenza accordatagli da settori come Assicurazioni, Automotive e Pharma che hanno incrementato la spesa sul mezzo.

INTERVISTA a Umberto Turri, Direttore Commerciale Agenzie e Centri Media Digitalia ‘08 Partiamo dalle previsioni: secondo PricewaterhouseCoopers la TV dovrebbe chiudere il 2013 con una contrazione del -5,7%. Diversa la valutazione di Nielsen che nel periodo gennaio-luglio registra una contrazione del -15%. Quali sono le vostre stime per il mezzo? Dal nostro punto di vista, il dato proposto da Nielsen per il periodo gennaio-luglio dovrebbe migliorare nell’ultima parte dell’anno pur mantenendo l’ordine di grandezza di decremento a due cifre sul totale anno. Nel 2011 avete segnato una crescita del +20% e nel 2012 avete consolidato risultati e andamento. Come chiuderà il 2013 Digitalia ‘08 e quali sono le vostre attese per il 2014? Stiamo lavorando per chiudere il 2013 con un segno positivo rispetto al 2012. Rimane la grande difficoltà, crediamo diffusa nel mercato, di riuscire a prevedere con precisione gli investimenti dell’ultimo bimestre che sarà peraltro decisivo ai fini del risultato annuale. Per il 2014 non abbiamo ancora un’idea ben definita proprio perché mancano segnali chiari anzitutto sulle tendenze macro-economiche e di conseguenza su quelle specifiche del nostro settore. 142

Umberto Turri, Direttore Commerciale Agenzie e Centri Media Digitalia ‘08

Nel 2012 avevate registrato forti crescite di investimenti da parte delle TLC e del Tempo Libero in completa controtendenza con il mercato. Ci sono alcuni settori / industrie che si sono distinte per investimenti nel 2013? Nei primi 9 mesi del 2013 hanno


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DIGITALIA ’08 SRL - GRUPPO MEDIASET

mantenuto un buon livello di incremento, rispetto all’omologo periodo 2012, sia l’automotive (+7%) che il mondo della finanza e assicurazioni (+15%) due settori che vedono nei canali Premium Calcio un naturale riferimento per la loro comunicazione. Si tratta di un andamento assolutamente in controtendenza rispetto a quello di mercato, che ha visto questi settori ridurre gli investimenti in maniera consistente. Il terzo comparto di rilievo per i nostri canali, le TLC, è invece in sostanziale pareggio. Nell’ambito del largo consumo la ‘cura della persona’ (+15%), i ‘farmaceutici/sanitari’ ( +30%) e le ‘toiletries’ (+18%) sono stati i segmenti più performanti. Risultati che, soprattutto se messi a confronto con gli investimenti pubblicitari calanti di questi settori, appaiono ancor più significativi. Anche in questo caso, crediamo, per una decisione da parte dei clienti di concentrarsi su target pregiati con lo scopo principale di massimizzare l’efficacia della loro comunicazione. Il primo trimestre 2013 ha visto una crescita sostenuta (+10,2%) dei ricavi di Mediaset Premium da vendita di carte, ricariche e abbonamenti. Come sta procedendo la penetrazione sul mercato? Come si traduce tutto questo in termini di audience? Come è risaputo, il 2012 è stato il primo anno nel quale l’Europa ha registrato una flessione del numero di abbonati alla Pay TV. Ciò nonostante il numero dei nostri utenti è rimasto sostanzialmente stabile ma con un ricavo medio per utente che si sta innalzando, producendo di conseguenza un incremento dei ricavi complessivi. Sul fronte delle audience si può dire

Via Paleocapa, 3 - 20121 Milano Tel. 02 21023918 – Fax 02 21024841 commerciale@digitalia08.it www.digitalia08.it

Board di Direzione: Giuliano Adreani, presidente; Fulvio Pravadelli, vice presidente; Stefano Sala, amministratore delegato. Mezzi in concessione: Televisione digitale terrestre pay: Canali Sport: Premium Calcio, Premium Calcio HD – Canali Serie Tv: Joi, Mya, Crime, Action – Canali Cinema: Premium Cinema, Premium Cinema HD, Cinema Emotion, Cinema Energy, Cinema Comedy, Studio Universal – Canali Documentari: BBC Knowledge, Discovery World. Tv on Demand: Premium Play. Teletext: Mediavideo, il teletext di Canale 5, Italia 1 e Retequattro. Anno di fondazione: 2008 Addetti: 60 Clienti: Tutti i principali clienti televisivi.

che è avvenuta la medesima cosa. Se prendiamo il calcio, per esempio, a fronte di una sostanziale equivalenza di diritti attivi, abbiamo audience tendenzialmente in crescita. Significa che i nostri utenti guardano con più frequenza e con più fedeltà gli eventi sportivi sulla nostra piattaforma. Il 2012 era stato caratterizzato dal lancio di Premium Play, che già nel 2012 offriva una library di oltre 3.000 contenuti on demand, tra cui 800 film. Che risultati ha raggiunto ad oggi la piattaforma, con particolare riferimento al mobile? E in generale, la library è cresciuta ulteriormente e quali sono i contenuti che danno i maggiori risultati? Ad oggi le famiglie che hanno utilizzato il servizio di Premium Play registrandosi come utenti e visualizzando i contenuti proposti sono 143


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quasi 780.000. Un numero considerevole e pari a circa il 40% della nostra base abbonati. Circa 200.000 sono coloro che fruiscono dei contenuti attraverso iPad. Gli utenti sono molto soddisfatti dell’ampiezza del catalogo ed in particolare la fruizione di film registra il gradimento maggiore tra i generi offerti e per questo la durata media della fruizione per utente è oltre gli 80 minuti. Anche gli inserzionisti pubblicitari sono sempre più interessati a questo nuovo media che propone qualità dei formati e tracciabilità delle visualizzazioni, caratteristiche che riteniamo possano avere un grande valore commerciale. Su quali dei vostri canali si sono concentrate le richieste degli investitori pubblicitari nel 2013? Se valutiamo la raccolta in termini assoluti, i canali ‘calcio’ rimangono il driver fondamentale della nostra raccolta, attraendo oltre il 50% degli investimenti effettuati su Mediaset Premium. Se invece analizziamo il tema in termini relativi, nel corso del 2013, sono stati i canali intrattenimento ad aver avuto la miglior performance con una crescita nei primi 9 mesi attorno al 13%. E a livello di formati pubblicitari, quali sono quelli più richiesti? I formati più richiesti sono ovviamente quelli più qualitativi tra cui quelli ‘speciali’. Per intenderci, si tratta dei ‘superspot’ sui canali calcio, dei pacchetti di ‘prime time’ per i canali intrattenimento ed i ‘commercial’ per quanto riguarda Play, ovvero lo spot in posizione singola inserito prima della partenza del video, fruito in modalità ‘on demand’. Per quanto riguarda gli sviluppi 2014, stiamo pensando di integrare con nuove posizioni la parte più qualitativa dell’offerta sui canali intrattenimento, lavorando soprattutto sulla fasce che vanno dal preserale alla seconda serata con una particolare attenzione al Prime Time. Anche sul calcio faremo qualche piccola

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innovazione, ma trattandosi di eventi in diretta con una scansione temporale molto rigida, risulta difficile fare interventi profondi. Qual è il valore aggiunto che le aziende riconoscono a Mediaset Premium? Noi crediamo che il vero valore degli investimenti su Mediaset Premium risieda, oltre che nel target particolarmente profilato e qualitativo costituito dal nostro parco abbonati, anche nella possibilità, da parte delle aziende investitrici, di entrare in contatto diretto con i medesimi. È in questa logica che abbiamo sviluppato nel corso degli ultimi mesi, con alcune aziende che da sempre hanno creduto nella nostra offerta, azioni mirate alla nostra customer base. In buona sostanza si tratta di associare alle normali campagne pubblicitarie delle below the line tramite le quali le aziende investitrici propongono agli abbonati Premium vantaggi esclusivi. Queste azioni oltre al normale supporto degli spot vengono comunicate mediante l’utilizzo di tutti i ‘touch point’ che abbiamo a disposizione per dialogare con i ‘Premium People’. Si va dal sito Mediaset Premium, alle newsletter dedicate ai palinsesti programmi per finire con azioni di Direct Email Marketing personalizzate. L’obiettivo di tutta la comunicazione è quello di attivare una ‘call to action’ che favorisca il raggiungimento dell’obiettivo prescelto. Quest’ultimo può essere espresso in numero di form/preventivi compilati per i prodotti assicurativi e finanziari, visite presso i concessionari o test drive per le auto, e così via a seconda del settore a cui appartiene il cliente. Un approccio che abbatte ulteriormente la distanza tra offline e online. È la direzione in cui ci siamo già mossi consentendo ai nostri abbonati di accedere gratuitamente a Premium Play e di fruire così i contenuti attraverso tutti i devices a loro


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disposizione. Ed entro l’anno questa offerta si amplierà, grazie a un nuovo servizio slegato da Mediaset Premium e dalla logica di abbonamenti che consentirà l’accesso a contenuti on demand per tutti gli interessati, con l’unico vincolo della modalità di fruizione che dovrà avvenire

attraverso protocollo IP. Un’innovazione che si tradurrà anche in nuove e più flessibili modalità di comunicazione pubblicitaria e che ci metterà in condizione di acquisire crescenti informazioni sui nostri clienti e sui loro comportamenti.

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Comunicazione attention getter In un contesto di crisi e di polverizzazione delle audience e in vista di Expo 2015, Grandi Stazioni rinnova il proprio posizionamento diventando una ‘100% Consumer Community’ che offre soluzioni di comunicazione one-to-one agli investitori, per raggiungere un target ad alto profilo ed elevata capacità di spesa.

INTERVISTA a Sergio Rossi e Alfredo Ricca Grandi Stazioni Media. Nielsen da l’OoH a -2,9% nei primi sei mesi 2013, ma la sensazione è che il decremento possa essere anche più consistente. Quali sono le vostre stime? Con un PIL a-1.8% per il 2013 è molto probabile che il mercato pubblicitario chiuda come da previsioni Assocomunicazione tra -12% e -14%. In questo scenario prevediamo per il comparto OoH un decremento di pari entità, considerando che soffriranno di più le concessionarie areali non rilevate da Nielsen, che rappresentano circa il 45% del comparto. Il quadro è complicato, la crisi economica, il calo dei consumi e la conseguente contrazione dei budget pubblicitari spingono le aziende a una ricerca spasmodica dell’efficienza in ambito pubblicitario, ma la progressiva polverizzazione delle audience, dovuta all’evoluzione dei supporti e dei modelli di fruizione dei media rende sempre più difficile raggiungere il consumatore che tende a costruirsi il suo palinsesto media in base a un time budget e a un consumo multitasking, soprattutto in riferimento al mezzo televisivo. In sintesi, è sempre più importante coprire con efficienza il proprio focus target e avere una comunicazion ‘attention getter’. 146

Alfredo Ricca e Sergio Rossi, Grandi Stazioni Media

In quest’ottica diviene centrale conoscere le proprie audience? Per questo motivo Grandi Stazioni Media ha effettuato importanti investimenti in ricerche Tracking per meglio conoscere i propri frequentatori e analizzare l’evoluzione dei consumi e del time budget speso per i media. Siamo presenti in Eurisko Sinottica, Eurisko STP ed EMM (Eurisko Media Monitor), Kubik e, da agosto 2013, siamo rilevati da Nielsen. Questo al fine di consentire ai marketing manager delle aziende e ai centri media di avere informazioni e numeri a supporto delle loro decisioni di media strategy.


grandistazioni

GRANDI STAZIONI Via G. Giolitti, 34 – 00185 Roma Tel. 06 478411 – Fax 06 47841369 Piazza Luigi di Savoia, 1/23 - 21124 Milano Tel. 02 6673511 – Fax 02 66735250 pubblicita@grandistazioni.it www.grandistazioni.it

Che tipo di audience emerge da queste ricerche rispetto a Grandi Stazioni? I risultati evidenziano con chiarezza che il target di Grandi Stazioni è caratterizzato da persone che si muovono per studio o per lavoro, adulti con reddito medio alto a scolarità elevata, concentrati nelle aree metropolitane e, soprattutto, sono persone che hanno un’intensa vita sociale con consumi focalizzati su beni e servizi a valore aggiunto e non su ‘commodities’. In sintesi, sono al 100% consumatori attivi e permeabili alle novità. Inoltre sono forti utilizzatori di tablet e smartphone che hanno servizi di connettività in mobilità e nel 46% dei casi scaricano App a pagamento. L’efficacia della nostra comunicazione ne risulta amplificata perché fruita dai consumatori in prossimità dei punti vendita che le nostre stazioni ospitano a seguito delle riqualifiche. Quali sono le dimensioni di questa community? I nostri prodotti pubblicitari consentono di contattare circa 2 milioni di consumatori al giorno, con una copertura netta di 4,9 milioni nei 30 giorni e circa 8,5 milioni nei 6 mesi. Mentre per effetto della polverizzazione delle audience le coperture degli altri media calano, la community di Grandi Stazioni per effetto del grandissimo successo dell’Alta Velocità è forse l’unico media che incrementa costantemente le audience, anche su base qualitativa. E a partire da giugno 2014 crescerà vertiginosamente poiché Milano Centrale e le altre città d’Arte – Roma, Firenze e Venezia – saranno le porte

Management: Fabio Battaggia, amministratore delegato; Giovanni Raddi, amministrazione finanza pianificazione e controllo; Paolo Lo Bascio, sviluppo business e relazioni istituzionali; Guido Santocono, affari legali societari e acquisti; Stefania Ramadori, internal auditing; Marco Gotta, risorse umane e sistemi; Stefano Mereu, vendite e pubblicità; Sergio Rossi e Alfredo Ricca, vendita e gestione pubblicità; Massimo Paglialunga, gestione esercizio; Susanna Bernardini, sviluppo infrastrutture. Numeri: Nel corso del 2012 Grandi Stazioni ha effettuato investimenti per 45 milioni di euro;
i ricavi totali nell’esercizio sono stati di 200 milioni di euro e l’utile netto di 21 milioni di euro. Servizi offerti: Comunicazione integrata, Ambient media, Sponsor Flight, Engagement, Videocomunicazione, Totem Digitali Interattivi , Digital Maxi Screen nelle 14 più grandi stazioni ferroviarie in Italia (da Nord a Sud: Torino, Milano, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma Termini , Roma Tiburtina, Napoli, Bari e Palermo). Principali clienti: Grandi Stazioni ha avuto negli anni passati, e ha tutt’ora, una varietà di clienti per l’acquisizione di prodotti pubblicitari che vanno dai brand più conosciuti (Armani,
D&G, Versace, Telecom, H3G, Coca-Cola, Ferrero, Barilla, Dior, P&G, Unilever, Lottomatica, SNAI, LG, Sony, Glaxo, Menarini, RCS, FIAT, BMW, Allianz, ecc.) alle Istituzioni (Enti regionali, Ministeri, ecc.), fino ai partiti politici nei periodi di campagna elettorale. Ciò significa che Grandi Stazioni riesce esaurientemente a soddisfare le richieste di comunicazione di un target imprenditoriale assai variegato, che ravvisa nella Community di Grandi Stazioni Media il target ideale per le proprie campagne di informazione.

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I nuovi prodotti digitali di Grandi Stazioni puntano sull’interattività, per dare tutte le informazioni sui prodotti pubblicizzati ‘on demand’, sia con tecnologia Touch che con NFC

d’accesso a EXPO 2015 per tutti i visitatori, nazionali e internazionali. Che effetto avrà questo sulle vostre strategie? Opereremo un riposizionamento da media OoH a ‘100% Consumer Community’ e la nostra proposta al mercato sarà la seguente: ‘a prescindere dalla strategia media adottata, se la Community Grandi Stazioni ha un’alta penetrazione sul focus target del Brand, abbiamo prodotti pubblicitari specifici per aggiungere copertura e frequenza a target difficili da coprire con altri media’. Da questo posizionamento derivano i grandi investimenti in nuovi prodotti digitali, effettuati per consentire ai brand investitori di creare una relazione con il consumatore prospect, tale da poter essere alimentata anche in modalità ‘virale’ attraverso i social network. Abbiamo quindi selezionato gli investimenti per arrivare a una relazione one-to-one tra l’azienda e il target di riferimento.

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Quali saranno le innovazioni di prodotto e di servizio che svilupperete in relazione al nuovo posizionamento? Abbiamo investito e stiamo investendo molto in nuovi prodotti digitali. Nel 2012 e 2013, con la riqualifica delle Stazioni Alta Velocità di Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Roma Termini, Napoli Centrale, l’apertura della nuova Stazione di Bologna AV e l’acquisizione di Roma Tiburtina, sono stati installati 5 nuovi Maxi Schermi Led ad alta definizione. Altri 2 saranno installati su Bologna e Tiburtina entro la fine dell’anno. Si tratta di prodotti ad alta tecnologia che, oltre a pubblicare messaggi pubblicitari in spot o immagini fisse, consentono l’interattività con i consumatori con tecniche di Realtà Aumentata e propagazione virale su web e social network. Entro la metà del prossimo mese di dicembre, e quindi pronti per le campagne natalizie , saranno attivati i nuovi prodotti ‘Digitotem’, device che consentono di profilare il target riconoscendo se la persona che vi è davanti è maschio o femmina, e quindi trasmettere pubblicità ‘mirata’ per uomo o per donna. I Digitotem sono anche in grado di ‘contare’ i consumatori che guardano la pubblicità e sono interattivi, cioè in grado di dare tutte le informazioni sui prodotti pubblicizzati ‘on demand’, sia con tecnologia Touch che con NFC, fino a consentire l’acquisto del prodotto stesso. Tutto questo significa che siamo entrati nell’area della performance della campagna pubblicitaria con la misurazione del ROI e del ROS dell’investimento. I nuovi prodotti digitali consentono quindi alle aziende che vogliono ottimizzare gli investimenti pubblicitari di misurare, in pre e post campagna, la performance del piano in termini di copertura e frequenza, fino ad arrivare alla vendita del prodotto/servizio sia con Retail fisici tradizionali che formule innovative ed e-Commerce.


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Verso nuove frontiere Nuovi clienti provenienti da nuovi settori, la gestione di centri commerciali sotto la soglia dei sei milioni di contatti e uno spostamento dall’innovazione tecnologica a quella di processo. Perché oggi il mercato chiede ottimizzazione e riduzione dei costi.

INTERVISTA a Oreste Borri, direttore generale di Grandicentri. Le previsioni di inizio anno davano come possibile la ripartenza del mezzo, mentre le stime sul primo semestre sembrano indicare una contrazione, seppur ridotta. Come stanno le cose? Il settore è in crisi da anni, la nostra fortuna in questo momento è di essere ai margini dell’affissione, in ragione del fatto che siamo indoor e non outdoor. Proprio questo differente posizionamento ci ha facilitato, e a febbraio siamo ripartiti, ritornando a segnare una crescita rispetto al periodo precedente. È un 2013 positivo, dopo una crisi di più di due anni finalmente abbiamo avuto una ripartenza che si sta consolidando in questa coda d’anno. Abbiamo sviluppato una crescita in un mercato che è stato pulito e asciugato dalla crisi, che è intervenuta a ridurre la concorrenza. Siamo una nicchia più specializzata dell’affissione dato che garantiamo il contatto diretto con i responsabili d’acquisto. Noi siamo l’ultimo miglio prima dell’acquisto. E proprio per questo per il 2014 ci aspettiamo un consolidamento del trend positivo. Quali settori hanno facilitato questa vostra ripartenza? Diciamo che il mercato sta cambiando. Settori storici come il cinema e l’intrattenimento hanno ridotto gli investimenti, mentre sul nostro mezzo si 150

Oreste Borri, direttore generale Grandicentri

mantiene in controtendenza il comparto finanziario e, in particolare, la comunicazione dedicata alle carte di credito. È ripartito, invece (ed è anche cresciuto), il settore del largo consumo, che in passato investiva con difficoltà, identificando erroneamente i nostri circuiti con il punto vendita stesso. Nel 2013 grandi operatori come Kraft, P&G, Ferrero e Barilla ci hanno scelto per comunicare ai responsabili di acquisto.


grandicentri

GRANDICENTRI Via Mosè Bianchi, 103 - 20149 Milano Tel. 02 30356802 - Fax 02 30356803 info@grandicentri.it www.grandicentri.it

Board di Direzione: Andrea Piu, presidente; Oreste Borri, direttore generale; Marco Osti, direttore commerciale. Anno di fondazione: 2007 Collaboratori: 30 Il piano di comunicazione della campagna promozionale “Barilla, pasta con?” ha coinvolto circa 60 centri commerciale italiani, dal mese di giugno fino all’autunno

Che dati offrite a questi investitori per misurare le proprie azioni? Abbiamo sviluppato un modello di calcolo dei Grp, e siamo un mezzo certificato. È un modello preciso che si basa sui conta-persone posizionati all’ingresso dei centri commerciali. Incrociamo questi dati con quelli delle ricerche Gfk Eurisko e, anche grazie alle stime rispetto agli spostamenti interni, riusciamo a calcolare quante volte le persone che si trovano nel centro commerciale vedono una certa comunicazione commerciale. Siamo un mezzo che offre dati molto precisi, perché all’interno del centro commerciale noi presidiamo ogni varco. Questo messaggio sta finalmente passando, tanto è vero che il largo consumo ha cominciato a considerarci come un mezzo strategico per parlare a quei consumatori che sono responsabili di acquisto e che hanno la più alta disponibilità di spesa. Accanto ai sistemi di misurazione, quali sono state le innovazioni del 2013 in termini di formati pubblicitari? Negli ultimi cinque anni, abbiamo introdotto continue innovazioni ai nostri allestimenti sperimentando il bluetooth, la pubblicità olfattiva,

Servizi offerti: Circuiti indoor di advertising nei centri commerciali. Clienti (principali): Pagobancomat, Visa, Vital Dent, Universal, Warner Bros, Paramount, Medusa, Disney XD, L’Oreal, Alleanza Assicurazioni, American Express, Barilla, Hewlett Packard, Glaxo, Samsung, Kraft.

soluzioni 3D, touchscreen, videowall, scale mobili decorate, banner aerei. Abbiamo operato come innovatori sul mercato dell’outdoor, ma in un periodo di crisi come questo il cliente chiede soluzioni semplici e sicure. È un know-how che metteremo a frutto in futuro. Oggi stiamo cercando di innovare cercando soluzioni per il largo consumo, sviluppando proposte adeguate anche ai centri commerciali sotto i 6 milioni di contatti lordi. Sono centri commerciali minori, ma non per questo meno interessanti dal punto di vista della vendita, poiché in molti casi la GDO risulta più forte ed efficace in centri di medio e medio-piccole dimensioni rispetto a quelli più grandi. Aprire ai centri minori significa, però, allargare a dismisura il numero dei centri commerciali nei quali operare e per farlo è necessario lavorare in termini di efficienza e ottimizzazione. L’investimento del nostro cliente, in questi casi, diviene più mirato e noi siamo più impegnati sull’innovazione di processo rispetto a quella tecnologica. 151


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GRUPPO PUBBLIEMME

Nasce nel 2000, registrando negli anni successivi una rapida e consistente crescita in aree localizzate. Gruppo Pubbliemme risponde a tutte le esigenze delle aziende che hanno necessità di implementare, sul p.d.v., attività complesse che richiedano pianificazione, coordinamento tra le funzioni, unità d’immagine sul territorio, controllo operativo costante, monitoraggio delle attività, qualità totale. Pubbliemme investe in formazione e ricerca per migliorare la qualità e la specializzazione dei servizi, mentre lo studio e l’aggiornamento costante consentono di anticipare le esigenze di un mercato in continua evoluzione. Missione: servizi di marketing operativo; obiettivi: la soddisfazione del cliente. Pubbliemme ha creato l’unica struttura diretta, esistente in Italia, per la gestione dei servizi del comparto, articolata in quattordici sedi. Affianca i clienti nel conseguimento dei loro obiettivi di marketing e di vendita, garantendo il giusto rapporto qualità/prezzo. Uffici commerciali: Via Montecatini, 13 - Milano Tel.02 42.29.64.17 Fax 02 47.71.77.28 infomilano@pubbliemmegroup.it Sede Legale e Amministrativa: Via di S. Claudio, 69 (angolo P.za S. Silvestro) 00187 - Roma - Tel. 06.69.92.12.37 Tel. 800.08.28.18 - Fax 800.68.08.33 Sito internet: www.pubbliemmegroup.it. Servizio Clienti : info@pubbliemmegroup.it Direzione: direzione@pubbliemmegroup.it Ufficio Grafico: grafica@pubbliemmegroup.it Resp. Settore Affissioni: affissioni@pubbliemmegroup.it

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Resp. Action Marketing - Piani: marketing@pubbliemmegroup.it Resp. Amministrazione: amministrazione@pubbliemmegroup.it Segreteria Direzione: segreteria@pubbliemmegroup.it Ufficio Controllo impianti: controlli@pubbliemmegroup.it Depositi: Via Longobardi - Vibo Valentia Marina Tel. 0963 57.77.35. Uffici Vendite locali: Via Ungaretti snc Rende - Cosenza Tel.0984 46.67.55 Fax 0984 46.83.22 Vibo V. Marina (VV) - Via Stazione, 6 Tel. 0963.57.77.77 Fax 0963.57.73.53 marketing@pubbliemmegroup.it Viale Crotone 37/R - Catanzaro Tel. 0961 73.11.48 marketing@pubbliemmegroup.it Board di direzione: Domenico Maduli, pre-sidente CDA e amministratore delegato; Maria Grazia Falduto, direttore finanziario; Liliana Dehò, direttore commerciale Italia; Piera Nocciolo, responsabile piani-ficazioni Italia; Egidio Garofano, responsabile logistica; Francesco Brogna, responsabile relazioni esterne. Numeri: Addetti: 10 (personale interno); 15 (personale esterno). Fatturato: consolidato Gruppo 2011: 10.000.000 di euro Servizi Offerti: Concessionaria spazi esterna: affissioni dirette in Comunale; servizi action marketing; servizi in-store; deposito e smistamento materiali sul Centro-Sud Italia; grandi dimensioni pubblicitarie. Copertura Territorio: diretta nel Centro -Sud Italia; indiretta nel Nord Italia. Clienti: Nazionali: l’azienda opera attraverso accordi di partnership annuali con le concessionarie e centri media nazionali. Clienti con copertura georeferenziata: Auchan, Liomatic, McDonald’s, ENEL, Despar, MD Discount, Sidis, Ikea, CEPU, Decathlon,Intimissimi, Calzedonia, Piazza Italia, TIM, Clayton.


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Tra ragione e volontà L’andamento dell’outdoor non lascia spazio a troppo ottimismo. Ma i sani fondamenti del mezzo, gli spazi di sviluppo correlati all’innovazione tecnologica e il processo di snellimento del comparto porranno le basi per una ripartenza. Dal 2016. Questa l’opinione della Direzione Marketing di IGPDecaux.

INTERVISTA ad Alessandro Loro, direttore marketing IGPDecaux PwC e Nielsen hanno offerto stime opposte rispetto alla chiusura d’anno dell’Out of Home: rispettivamente positive e negative. Quale scenario è più verosimile? Direi che la previsione di PwC riflette l’ottimismo della volontà e quella di Nielsen, invece, il pessimismo della ragione. La verità è che c’è una distanza incommensurabile tra le potenzialità del mezzo e la sua realtà. E questo è ancor più vero in Italia. In tutti gli altri paesi il mezzo è sfruttato e pianificato con più continuità, i centri media e i clienti lo considerano maggiormente, e l’offerta è in generale più curata. La questione è però più ampia, il successo e la considerazione di cui gode l’outdoor dipendono dalla cultura di un popolo e dalle modalità del suo stare insieme. Finché non si sviluppa una diversa qualità del rapporto fra pubblico e privato questo mezzo non può evolversi adeguatamente. Ci sono segnali di un miglioramento in questo senso? JCDecaux rappresenta un esempio non comune di cura della cosa pubblica. IGPDecaux ha avuto il merito di tentare di introdurre in Italia questo savoir-faire. Un seme che però fatica a germinare. Ci troviamo nel 154

Alessandro Loro, direttore marketing IGPDecaux

caso in cui un investitore privato fa qualcosa che va oltre il suo ritorno economico. Ci sono dei segnali di uno sviluppo della consapevolezza del bene pubblico e del miglioramento del rapporto pubblico-privato, ma è un processo lento, che non può essere significativamente accelerato dall’intervento di un singolo operatore privato. Alcuni dati delle attività che IGPDecaux realizza a sostegno del bene pubblico dovrebbero essere


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IGPDECAUX Strada 3 Palazzo B 10 – 20090 Assago (MI) Tel. 02 654651 – Fax 02 6599037 servizioclienti@igpdecaux.it www.igpdecaux.it

comunicati alla cittadinanza, come ad esempio la continua sostituzione dei vetri vandalizzati delle pensiline di Milano, per far comprendere come la comunicazione esterna abbia anche natura di servizio pubblico. Un nuovo ruolo per la pubblicità outdoor, quindi? In questo momento ci sono in Europa campagne di pubblicità esterna che sottolineano la diretta correlazione tra salute del cittadino e utilizzo dei mezzi pubblici. ATM e UITP hanno realizzato da poco una bella campagna pubblicitaria sulle pensiline milanesi che riprende questo tema. Un cambio di paradigma su cosa sia la pubblicità in linea con le previsioni che vincolano la futura sopravvivenza della pubblicità alla sua capacità di riposizionarsi come utility. Perché la pubblicità in futuro potrà leggittimarsi ai nostri occhi solo se avrà una funzione utile. E in questo senso, scegliere di fare pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico va esattamente in questa direzione. In questo quadro, qual è stato l’andamento di IGPDecaux nel 2013 e quali sono le attese per il 2014? In questo momento viaggiamo attorno al -5%. Tutto dipende dalla chiusura di novembre e dicembre e le avvisaglie sono al momento indecifrabili. Per il 2014 è difficile offrire delle stime credibili. Tenendo conto che esiste una controintuitiva correlazione positiva tra esportazioni e spesa pubblicitaria nel paese d’origine e che per il 2014 si prevede un miglioramento del PIL

Board di direzione: Fabrizio du Chène de Vère, amministratore delegato; Flavio Biondi, presidente e direttore commerciale; Alessandro Loro, direttore marketing. Servizi offerti: concessionaria out of home Anno di fondazione: 2001 Addetti: 200 collaboratori Fatturato 2012: 109 milioni di euro determinato principalmente dall’esportazione, è verosimile immaginare una stabilizzazione. D’altro canto, perché vi sia crescita del mercato pubblicitario, la storia dice che è necessaria una crescita del PIL oltre l’1%, perciò appare difficile, almeno se si sposa un atteggiamento prudenziale, parlare di rimbalzi. Ci sono alcuni settori che si sono distinti per investimenti sui vostri mezzi? Nel 2013 si è confermato un migliore andamento delle TLC e anche della GDO, che potrei leggere come una conferma dell’attuale preminenza di connettività e territorio. Per quanto concerne l’alimentare, in Italia c’è molto autoconsumo e molti prodotti unbranded con quote di mercato rilevanti, fenomeni che potrebbero essere cresciuti di importanza in un periodo di difficoltà con un effetto depressivo sugli investimenti in pubblicità. Il comparto dell’automotive ha segnato un rallentamento in relazione alla riduzione del turnover. Stesso trend per l’abbigliamento. Considerando questi andamenti è necessario cambiare l’approccio al mercato, individuando nuovi interlocutori nei settori anticiclici e della new-economy. 155


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La campagna in esterna Vodafone in occasione della convention internazionale realizzata a Roma.

Nell’OoH il supporto è al centro della strategia. Quali soluzioni hanno dato i migliori risultati? I clienti non si concentrano sui supporti, ma ci richiedono di risolvere i loro problemi, di offrire soluzioni non preformate. Non dobbiamo più essere solo venditori di spazi in esterna, ma anche consulenti capaci di offrire soluzioni. I clienti chiedono soluzioni di comunicazione esterna che implichino l’utilizzo dei mezzi di IGP Decaux, ma all’interno di un bundle coerente e innovativo. Per fare un esempio, Vodafone ci ha detto che voleva tingere di rosso Roma in occasione di una convention internazionale. Noi gli abbiamo dato gli autobus e li abbiamo messi in contatto con l’agenzia torinese D-Wok, che li ha seguiti per un videomapping in Campidoglio. In questo caso abbiamo lavorato come consulenti per Vodafone, sposandone a pieno gli obiettivi. A proposito di innovazione. Come sta procedendo l’esperienza di Innovate? I clienti continuano a chiedere molto, ma il ricavato generato da questa divisione è ancora

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contenuto. L’interesse per le nostre soluzioni è evidente, le domande fioccano, ma solo una parte di queste si concretizzano. I budget per queste attività sono spesso ridotti. Abbiamo realizzato un accordo con Klikkapromo per lo sviluppo del billboard shopping, attività che trasforma i manifesti in scaffali virtuali da cui il cliente può prendere buoni sconto e promozioni. A breve lanceremo i manifesti profumati e la pensilina dispenser, soluzione che consente operazioni di sampling svincolate dall’obbligo di servirsi del lavoro di steward e hostess. Stiamo lavorando molto e bene. Il mercato chiede continuamente soluzioni innovative, ma come detto solo una parte di queste si concretizza. A che punto siamo rispetto all’obiettivo ‘smart city’? È ancora lontano dal concretizzarsi. Le nostre infrastrutture di pubblicità esterna devono diventare capaci di ascoltare e parlare. È una strada lunga e in salita. Ma è una strada che dobbiamo percorrere, perché nessun altro mezzo come l’esterna potrà ottenere vantaggi maggiori dall’innovazione tecnologica.


igpdecaux

L’obiettivo Augmented City è sempre più chiaramente da conseguirsi. Quanto vale oggi la componente digital sul totale dei vostri ricavi? Siamo ancora sotto il 5%, ma potremo avvicinarci a questa soglia se le iniziative sviluppate dalla divisione Innovate e gli interventi in direzione dell’obiettivo smart city lavoreranno in questa direzione. La digitalizzazione dei mezzi e l’abitudine a misurare i risultati pongono sempre più l’accento sul ROI. Che strumenti mettete a disposizione dei vostri clienti? Il web ri-insegna a tutti come vendere la pubblicità. Il real time bidding è qualcosa di spettacolare. Questa filosofia dovrebbe essere declinata opportunamente dai mezzi classici. È necessario però che anche sui media mainstream la misurazione non si riduca poi solo ad un numero. Oggi ci si interroga su quale natura debba avere la pubblicità: deve essere Sticky e appiccicarsi al destinatario, o Spreadable e generare il passaparola? Tra questi due paradigmi

il primo non è più sufficiente, mentre il secondo è diventato essenziale. La pubblicità efficace è quella che viene diffusa dai suoi destinatari. Perché questo avvenga è necessario che l’intenzione comunicativa sia onesta e che il messaggio pubblicitario sia nell’interesse del destinatario, ossia un’utility. Quando questo succede, il messaggio è ‘spreadable’ e il ritorno sull’investimento assicurato. Spingiamoci oltre il 2014. In futuro, quali saranno i driver di crescita per il mezzo? Se analizziamo il mezzo dell’outdoor attraverso le usuali categorie di billboard, arredo urbano e trasporti possiamo sperare in una stabilizzazione, perché il mercato si è ridotto, se mi si passa la metafora, pelle e ossa, così magro che potrebbe essere un buon maratoneta. Ma oggi l’esterna non è più solo questo. L’esterna è eventi, mobile, app, retail. È un mercato gigantesco, che quindi ci lascia qualche speranza. Io sono ottimista e qui esprimo un’opinione personale: è solo questione di tempo perché l’esterna possa cogliere le sfide giuste e ripartire. Un paio d’anni di stallo e poi un lenta e graduale, ma inevitabile, risalita.

La brandizzazione della stazione metro di Cairoli da parte di eBay, che dava la possibilità di comprare dal sito alcuni prodotti scontati con il proprio smartphone attraverso il QRCode 157


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Precisione e affidabilità Neopolis conferma i suoi plus mentre si appresta a chiudere il 2013 in pareggio. Un anno difficile in vista di un biennio 2014-2015 che, anche e soprattutto grazie a Expo, dovrebbe garantire una ripartenza. In attesa che gli investitori storici tornino a spendere in esterna.

INTERVISTA a Lucio Bergamaschi, procuratore generale Neopolis. Quest’anno le previsioni sono contrastanti, si va dal +3,7% di crescita previsto per l’outdoor da PricewaterhouseCoopers, alla contrazione del -2,9% stimata da Nielsen sul periodo gennaio-luglio. Quale scenario è più verosimile per il 2013? La verità è che siamo ancora in piena crisi: la domanda non riparte e anche i clienti storici dell’outdoor investono con il contagocce. Per quanto riguarda Neopolis, archiviamo il 2013 in pareggio, ma con una forte contrazione del fatturato. Per il 2014, anche in vista di Expo 2015 le prospettive sembrano migliori. Cambia la classifica negativa, ma permane una situazione complicata con la contrazione degli investimenti che appare diffusa su tutti i settori merceologici. Ci sono alcuni settori/industrie che si sono distinti per investimenti? Nella decrescita generale abbiamo notato qualche debole segnale in controtendenza. In particolare gli audiovisivi, con il cinema, le calzature e l’accessoristica. Purtroppo non si tratta di investimenti tali da compensare la decrescita, e in qualche caso la vera e propria assenza, di settori per noi storici, come ad esempio il fashion e l’automotive che si trovano ad attraversare una crisi epocale. 158

Lucio Bergamaschi, procuratore generale Neopolis

Il digitale, sia in termini di ibridazione che di declinazione in ottica Smart City, è un tema spesso citato nell’outdoor. I dati, però, continuano a confermare un ridotto sviluppo di queste soluzioni. Qual è il punto di vista di Neopolis su questo tema? La transizione delle creatività dell’outdoor dai supporti classici a quelli digital, in primis gli schermi a led, è frenata dagli alti costi di investimento e dalle incertezze regolamentari che in molti comuni impediscono di operare in un quadro normativo certo. Personalmente, considero questi vincoli in fase di lento superamento e ritengo che entro cinque o dieci anni oltre la metà degli impianti


neopolis

Neopolis Via Leopardi, 2 - 20123 Milano Tel. 02 36686831 - Fax 02 36686096 info@neopolisadv.it www.neopolisadv.it

Board di direzione: Lucio Bergamaschi, Procuratore Generale; Massimo D’Argenio, Direttore Commerciale. Servizi offerti: Maxi e medi formati Anno di fondazione: 2008 L’impianto di Piazzale Baiamonti, on air fino a dicembre

di outdoor presenti sul territorio italiano sarà digitalizzata. Del resto tutto il mondo va in questa direzione. E nel breve, quali saranno i driver di crescita per il mezzo? Se ci riferiamo ai maxi teli bisognerà spingere sempre più sulla leva della creatività e dell’evento unico e irripetibile. Del resto, il posizionamento di circuiti di arredo urbano di qualità nei centri storici, si veda ad esempio il bike sharing a Milano, sta determinando un progressivo abbandono del mezzo da parte degli investitori storici. Un abbandono che si può contrastare solo attraverso la qualità nella scelta delle location e con l’originalità del messaggio. Sui medi formati c’è ancora un piccolo margine di crescita che può essere ottenuto puntando su impianti di qualità nelle zone semicentrali, quali ad esempio muri ciechi, cartelli semipermanenti e così via, ma a prezzi neppure lontanamente paragonabili a quelli di tre o quattro anni fa. Quali sono le caratteristiche che distinguono l’offerta di Neopolis? Preferisco parlare di aspetti concreti. Ad esempio, posizioni come quella di Largo Baiamonti o quella di Corso di Porta Ticinese 62 di prossima salita sono un giusto mix tra prezzo e qualità. Non implicano

Addetti: 5 Fatturato 2012: 500.000 euro investimenti troppo onerosi e consentono di uscire con un prezzo finale davvero invitante. Fondamentale è la qualità dell’impianto anche nelle sue componenti marginali, quali teli di arredo e illuminazione, e la precisione sulle date di salita e sugli aspetti autorizzativi che sono da sempre un nostro plus. Ovviamente contiamo di tornare presto anche nelle piazze principali della città, come ad esempio Piazza Piemonte e Piazzale Baracca, diversificando la nostra offerta 2014 dal circuito ‘Monumenti’ che a seguito di gara è stato acquisito da altre concessionarie. Stiamo lavorando infine a un circuito di medi formati su cantieri in centro a Milano che si protrarranno fino al 2021, una grande operazione che realizzeremo in partnership con un’azienda non milanese che stiamo selezionando.

Il telo in Corso di Porta Ticinese con prima salita prevista nel marzo 2014

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Strategia Data Base Tra la cessione della propria quota di Seolab e l’acquisizione del 100% di Capitalclick e Videoclick Advertising previste nel piano strategico e industriale, NetMediaClick ha concentrato i propri sforzi nello sviluppo dei database, operando sia in profondità che in estensione.

INTERVISTA a Valerio Ginnasi Amministratore Delegato Mailclick e Capitalclick e Presidente Videoclick Advertising. Questo potrebbe essere l’anno della frenata dell’online. Quali sono le vostre previsioni? Per quanto concerne le stime di chiusura degli investimenti sull’online dell’anno in corso ci sono pareri discordanti. Personalmente ritengo che la previsione più ottimistica possa essere un pareggio anche se, dalle ultime indicazioni del mercato, è molto più probabile che anche il mezzo internet risenta di una contrazione. Facendo invece riferimento a NetMediaClick, il 2013 è stato ed è ancora un anno particolare che ci ha visto e ci vede concentrati nell’attuazione di un nuovo piano strategico ed industriale per il futuro. Infatti, solo a titolo di esempio, negli scorsi mesi abbiamo messo in atto una serie di operazioni discontinue all’interno di Mailclick come: vendita ad Alkemy della partecipazione che avevamo in Seolab, acquisto del 100% della società Capitalclick ed acquisizione del 100% della società Videoclick Advertising, oltre ad una prima riorganizzazione interna e all’ampliamento dei servizi e dei prodotti con il nostro ingresso anche in ambito di servizi Mobile. Nel 2012 le aziende del comparto Energia avevano premiato i vostri mezzi. Quest’anno? Francamente le aziende del comparto Energia quest’anno, almeno fino al momento, hanno con noi 160

Valerio Ginnasi, Amministratore Delegato Mailclick e Capitalclick e Presidente Videoclick Advertising

registrato un segno leggermente negativo rispetto allo scorso anno, mentre abbiamo registrato un importante incremento degli investimenti da parte delle aziende di alcuni comparti come: alimentare, cosmesi, abbigliamento, pubblica amministrazione e gdo. Un segnale significativo se considerato che va in controtendenza con il generale andamento di mercato,


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NETMEDIACLICK Mailclick/Videoclick Advertising/Capitalclick Via Pietrasanta 12 20141 Milano Tel. 02 36515010 – Fax 02 45471448 info@netmediaclick.it www.netmediaclick.it

Board di direzione: Valerio Ginnasi, Amministratore Delegato Mailclick, Amministratore Delegato Capitalclick e Presidente Videoclick Advertising; Giulio Valiante, Presidente Mailclick; Simona Perolari, Amministratore Delegato Videoclick Advertising. Servizi offerti: Dem, Newsletter, Display Adv, Videospot, Mobile, Progetti Speciali. Anno di fondazione: 2007/8 Addetti: 12 Amministrato 2012: 3 milioni di euro che ha visto una contrazione degli investimenti pubblicitari da parte di questi comparti. Entriamo nel dettaglio: quali sono state le novità principali di quest’anno? Partiamo dalle nostre aree di attività principale. Nel 2013 abbiamo incrementato le nostre attività correlate alla gestione dei Data Base qualitativi, con particolare riferimento alle soluzioni di Direct Email Marketing, sia in ambito B2C che soprattutto in ambito B2B. Una crescita che ha interessato la nostra divisione non solo in riferimento al nostro paese, ma a livello Mondo, con azioni che hanno coperto praticamente tutti i continenti. Per quanto concerne il Lato Video e quello Display abbiamo anche qui incrementato il network in concessione e ampliato ulteriormente i formati proposti con l’inserimento del nuovo formato da noi sviluppato, il Video MultiTab, e con l’ampliamento, avvenuto nell’ultimo periodo, di tutta una serie di altri formati video interattivi che permettono e garantiscono al 100% l’engagement dell’utente e l’ottimizzazione del ROI. Infine, grazie all’accordo con Hic Mobile a partire dal mese di luglio abbiamo inserito nella nostra offerta anche servizi/prodotti in ambito Mobile, raggiungendo a questo punto un’offerta Premium a 360° sul digitale.

Gettiamo uno sguardo al futuro. Cosa ci d obbiamo aspettare dal 2014? Per quanto riguarda il 2014 abbiamo una serie di progetti innovativi in cantiere ai quali stiamo lavorando e ci auguriamo che alcuni di questi possano vedere la luce già nei primi mesi del prossimo anno. Potete illustrarci sinteticamente i vostri servizi/ prodotti e i numeri generati? Come oramai tutti sanno, NetMediaClick è il brand commerciale nato dalla partnership di tre società specializzate nella comunicazione digitale: Mailclick, Videoclick Advertising e Capitalclick, che aggregano sinteticamente la seguente offerta: • DEM: o Contatti Italia - B2C 17 Milioni, B2B Professional 4,5 Milioni, B2B 600.000 o Contatti Estero - B2C 105 Milioni, B2B oltre 21 Milioni • VIDEO: 144 Siti suddivisi per aree tematiche, 13,7 Milioni di utenti/mese • DISPLAY: 95 siti, 49 Milioni di pagine viste/mese, oltre 8 Milioni di utenti/mese • MOBILE: 5 Miliardi di impression/mese e 40 Milioni di click/mese 161


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Qualcosa è cambiato Da Sipra a Rai Pubblicità per testimoniare l’integrazione con Rai. Un intervento di razionalizzazione che ha interessato la struttura e l’offerta in tutte le sue dimensioni e che ha portato a innovazioni sia in termini di proposta commerciale che di formati.

INTERVISTA a Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità. Il 2013 ha visto iniziare il nuovo corso di Rai Pubblicità: nome, logo e assetto nuovi. 8 divisioni, approccio integrato e multipiattaforma e aumenti di listino. Facciamo il quadro sui cambiamenti che hanno interessato la concessionaria di Rai? Il cambio di nome, da Sipra a Rai Pubblicità è stato fatto per assicurare un senso di integrazione con Rai. Un’integrazione che si è poi concretizzata attraverso gli interventi sulle sedi: quella di Napoli è stata ceduta, a Torino è in corso un trasloco, e a Milano ci stiamo guardando intorno per uno spazio più contenuto, rispetto ai 3.000 mq oggi a disposizione. Abbiamo dato vita a un cantiere che porterà a snellimento e integrazione. Accanto a questo abbiamo lavorato sull’offerta, producendo un listino targettizzato e multimediale, sui processi, informatizzando la società, e sul controllo interno, sviluppando un sistema di reportistica. Abbiamo razionalizzato tutto il marketing dividendolo in tre aree: ricerca, prodotto e operativo. La struttura è stata appiattita, passando da sei a tre livelli gerarchici e la rete vendita è stata 162

Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità

ridisegnata per aree. Nel mentre è stato agevolato un processo di rinnovamento del management con un’azione di esodo sviluppata senza conflitti con i sindacati. Un’operazione estremamente complessa. Parte dell’intervento ha riguardato un cambio di approccio al mercato, per accrescere l’attitudine alla vendita e sviluppare ulteriormente la cultura commerciale. Un percorso che ci ha dato la possibilità di valorizzare alcuni talenti che erano in azienda e che non avevano avuto ancora occasione di mettersi in luce.


raipubblicità

RAI PUBBLICITÀ Sede legale: Corso Bernardino Telesio, 25 – 10146 TORINO Tel. 011 7441111 – Fax 011 7441588 www.raipubblicita.it

Anche quest’anno PwC e Nielsen hanno presentato stime piuttosto distanti per la TV: ottimista quella di PwC a -5%, più negativa quella di Nielsen, con un -15%. Quali sono le vostre stime rispetto alla chiusura d’anno del mezzo? La stima corretta è quella di Nielsen. Settembre e ottobre sono stati positivi, ma il periodo gennaio-luglio è stato molto difficile, quindi è lecito aspettarsi che la TV chiuda questo 2013 con un risultato intorno al -10%. Come chiuderà Rai Pubblicità il 2013? Rai pubblicità chiuderà il 2013 leggermente meglio del mercato. Stiamo andando meglio di chiunque altro, ma presentiamo comunque un andamento negativo. Non abbiamo obiettivi particolarmente aggressivi, perché abbiamo un bacino contingentato. Ci basta recuperare un punto e mezzo l’anno rispetto alla quota di mercato. E il 2013 in questo senso è stato un anno di svolta, perché abbiamo invertito la quota di mercato che era calante, un cambio di trend molto importante. Quali sono gli obiettivi per il 2014? Nel 2014 dovremmo raggiungere come Rai nel suo complesso il pareggio di bilancio. Un obiettivo alla nostra portata e più vicino di quanto si pensi. Oggi perdiamo infatti 3 milioni di euro, mentre l’anno scorso nello stesso periodo perdevamo 129 milioni di euro, un risultato fantastico e che

Board di direzione: Lorenza Lei, presidente; Fabrizio Piscopo, amministratore delegato; Luciano Flussi, direttore generale. Anno di fondazione: 1926 Addetti: 496 potrebbe portare al pareggio addirittura nell’anno. Un risultato ottenuto in piena ristrutturazione. Quali sono i settori/industrie che si sono distinti per investimenti nel 2013? Stiamo registrando un lieve risveglio delle auto soprattutto in ragione del lancio di nuovi modelli elettrici e ibridi. Totalmente silente risulta invece la finanza, che nel corso del 2013 ha ridotto drasticamente gli investimenti. Quest’anno abbiamo avuto buone performance sugli alcoolici, con investimenti da parte di aziende che erano state deprezzate in passato. Per il resto gli andamenti ricalcano quelli degli altri operatori del comparto televisivo con una contrazione, spesso in doppia cifra, trasversale a quasi tutti i settori. Un nodo centrale del Piano Industriale 2013-15 è il processo di digitalizzazione e di offerta multipiattaforma, con un approccio transmediale volto a guadagnare appeal soprattutto sulle fasce più giovani di audience. Come si traduce questo sul mercato pubblicitario? Ci siamo verticalizzati. Abbiamo incrociato la targettizzazione con la multimedialità portando a un nuovo livello la comunicazione verso i profili di interesse 163


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La riorganizzazione di Rai Pubblicità ha portato allo sviluppo dei ‘Pianeti’: progetti verticali che consentano agli investitori di raggiungere il target di interesse attraverso tutti i mezzi di Rai.

dei nostri investitori. Una scelta che ci permette di proporre prodotti coerenti con i diversi settori. Abbiamo sviluppato dei progetti trasversali che consentono all’investitore pubblicitario di raggiungere il target di interesse attraverso tutti i mezzi di Rai: TV, Radio, Web e Cinema. Li abbiamo chiamati Pianeti: Pianeta RA, Pianeta Value, Pianeta Uomo e Pianeta Bambini. Sono progetti che escludono tutti i programmi non a target. Con noi il cliente compra solo ciò che è in target con la sua proposta e in linea con il posizionamento del prodotto pubblicizzato. E proprio la multimedialità insieme all’interattività e allo storytelling stanno 164

alla base dell’innovazione retrò di Carosello Reloaded. Che risultati ha raggiunto ad oggi? Carosello Reload è stato il caso pubblicitario di questo 2013. A oggi Carosello Reload ha raccolto 13 milioni di euro di pubblicità e ha stabilito il record di ascolto per uno spot nel giorno del suo lancio. È stato il primo modello di campagna multimediale in Italia perché andava contemporaneamente su più mezzi. Ad oggi abbiamo avuto circa 30 clienti. Il formato proposto come ovvio si discosta dal vecchio Carosello, i 210 minuti di una volta non esistono più. Abbiamo lavorato sulla qualità concentrando il lavoro in 120 secondi e garantendo ai nostri


raipubblicità

investitori altissima audience e una grafica innovativa. Nei prossimi mesi apporteremo qualche ritocco al format, che procederà nella sua crescita. Paradossalmente abbiamo avuto difficoltà a reperire formati da 60 e 70 secondi di creatività. Il mercato ci ha sempre richiesto formati più lunghi del classico 30 secondi per poter sviluppare a pieno la creatività, ma nel momento in cui abbiamo dato ai clienti la possibilità di farlo questi hanno fatto fatica a produrre materiale originale e innovativo. Considerando il buon risultato di Carosello Reloaded, state sviluppando nuovi formati pubblicitari? Abbiamo lavorato in due direzioni, da un lato innovando e sviluppando nuovi formati, dal lato categorizzandoli e mettendoli immediatamente a sistema, così da renderli formati ufficiali. È stato un lavoro che ha preso in considerazione i formati, le grafiche, la durata, e che non si ferma, infatti stiamo per lanciare due nuovi formati. I Biospot, spot di aziende e/o prodotti green, che vengono inseriti dentro programmi a tema green, contornati da una grafica dedicata, anch’essa verde. E poi il Walking, un formato con cui consentiremo ai nostri investito ridi seguire il consumatore target nel corso della sua giornata, dalle otto di mattina sino a mezzanotte, attraverso i diversi media e le diverse piattaforme di Rai. Il 2014 sarà l’anno delle novità di carattere strutturale. Faremo un roadshow per presentarli. L’obiettivo sarà creare prodotti aderenti al cliente. S olo prodotti iper-performanti e in linea con il desiderio del cliente. Inoltre, a livello personale il 2014 mi vedrà direttamente coinvolto a livello

commerciale, andrò a trovare i grandi clienti per illustrare i nuovi formati e le nuove opportunità correlate a RAI. Quali saranno le principali innovazioni per la fruizione in mobilità? In Rai abbiamo un prodotto fantastico che è Rai.tv e che ti consente di vedere Rai dappertutto. Ha dentro le teche di Rai. Credo fortemente in questo prodotto e nel grande archivio di Rai, per questo ne abbiamo sostenuto l’offerta con una campagna di due settimane che ci ha portato a oltre 1,8 milioni di download. Ora l’obiettivo è sviluppare una campagna di comunicazione fortissima e portare i download a 6-7 milioni. E poi la più grossa innovazione. Stiamo realizzando il ‘second screen’: lo spot che passa in TV emette un ultrasuono che colpisce il palmare su cui compare una pagina promozionale dedicata e caratterizzata da una fortissima call-to-action. Questo sarà il primo passaggio per assicurare una vera interazione tra i diversi devices. Chiudiamo con una costatazione in controtendenza: state per togliere la pubblicità dai canali kids. Un peccato dal punto di vista commerciale. Rai YoYo è un gioiello, un canale che va fortissimo, che fa 4,7 milioni di euro di raccolta e cresce del 32%, pur con un carico ridotto e nettamente inferiore a quello dei competitor: 42 minuti rispetto ai 67 di Mediaset e agli 83 di Discovery.

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La stagione perfetta È quella che si appresta a vivere Sky Pubblicità: Olimpiadi invernali a Sochi, Mondiali di Calcio in Brasile, Formula 1, MotoGP, l’ intrattenimento di Sky Uno e le grandi cinema produzioni originali di Sky Cinema. E per prepararsi a tutto questo la struttura di Sky ha lanciato nuovi formati pubblicitari sempre più integrati e dialoganti con il contenuto.

INTERVISTA a Daniele Ottier, direttore di Sky Pubblicità. È stato un anno negativo per il mezzo televisivo, ma le stime variano da una a due cifre. Quali sono le vostre valutazioni? I dati Nielsen relativi ai primi otto mesi del 2013 hanno rilevato una tendenza negativa del mercato televisivo che, secondo le previsioni, chiuderà l’anno con un decremento in doppia cifra. Nella seconda parte dell’anno si è apprezzato qualche segnale di lieve ripresa. E’ un fatto positivo anche se anche se ovviamente questi elementi non saranno sufficienti a coprire la contrazione del primo semestre. Come chiuderà Sky il 2013 e quali sono gli obiettivi per il 2014? Rispetto alla media del mercato l’andamento di Sky durante il 2013 è stato positivo. La nostra ripresa è iniziata a maggio ed è proseguita nei mesi successivi. Da luglio a ottobre, infatti, si è stata registrata una decisa crescita rispetto al medesimo periodo del 2012. La stima più verosimile è quella di una chiusura annuale con una lieve contrazione, dovuta soprattutto ai primi quattro mesi. Un andamento che comunque anche quest’anno ci porterà a guadagnare quote di mercato. Per il 2014 prevediamo una crescita, trainata soprattutto ai grandi eventi sportivi di cui deteniamo i diritti in esclusiva. 166

Daniele Ottier, direttore di Sky Pubblicità

Il migliore andamento del mercato è stato frutto di un trend trasversale ai diversi settori, o ci sono industrie che hanno incrementato significativamente i loro investimenti su Sky nel 2013? I risultati che abbiamo raggiunto quest’anno sono


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SKY PUBBLICITÀ Via Monte Penice, 7 - 20138 Milano Tel. 02 308012076 - Fax 02 308015824 info@skypubblicita.it www.skypubblicita.it

Board di direzione: Daniele Ottier, direttore Anno di fondazione: 2004

correlati a un miglior andamento dei comparti nel loro insieme. Questo è dovuto principalmente al fatto che gli inserzionisti, nonostante i tagli al proprio budget, tendono a salvaguardare gli investimenti verso una piattaforma come Sky, che assicura ampia visibilità presso un pubblico pregiato e il raggiungimento effettivo del proprio target di riferimento. Uno dei settori che quest’anno ha maggiormente sofferto è stato quello dell’automotive, particolarmente colpito dalla crisi e da un deciso calo delle vendite. Mentre, tra gli investimenti in crescita, ci sono il settore GDO e TLC. Negli anni ci avete abituato a continue i nnovazioni nei formati pubblicitari. Quali sono state le principali innovazioni in termini di formati e prodotti apportate nel corso del 2013 e qual è stato il riscontro da parte degli investitori? Nel 2013 abbiamo lavorato molto per inserire in modo sempre più efficace il messaggio pubblicitario all’interno del contenuto televisivo, con l’obiettivo di aumentare la coerenza della comunicazione e il suo impatto, senza ridurre la qualità dell’esperienza dello spettatore o interromperla. Abbiamo fatto un lavoro eccellente con la F1 attraverso lo sviluppo del formato Squid, in cui un messaggio pubblicitario compare a lato dell’immagine senza interrompere la visione del telespettatore e dialoga con quanto sta avvenendo sullo schermo. Altri esempi di formati pubblicitari innovativi e personalizzati riguardano una nota marca di

champagne che ha scelto di essere presente sul podio al momento della premiazione oppure un fornitore di servizi di telefonia e Adsl che ha voluto comunicare la velocità della propria connessione nel corso del pit-stop di un Gp di Formula 1 legandosi al cronometro che corre per misurare i tempi ridottissimi del cambio gomme. Sono soluzioni studiate ad hoc sulle esigenze del cliente e che lavorano sull’integrazione assoluta del messaggio pubblicitario con il contenuto televisivo creando un forte engagement. Due delle migliori best pratices sono anche quelle di Enel inserito all’interno di X Factor o Yamamay che ha dato vita a Yamamay Fashion Showb, un vero e proprio programma televisivo andato in onda la scorsa stagione su Sky Uno. Un’altra grande novità è Imprese Possibili, un nuovo formato che dedica spazio alle piccole e medie imprese, vera e propria eccellenza italiana. Un formato molto coinvolgente che dà spazio a storia e tradizione di coloro che rappresentano una parte fondamentale del tessuto socio economico italiano. E a livello di contenuti? Dal punto di vista sportivo il 2014 sarà la stagione perfetta. La nostra offerta non è mai stata così completa: dall’esclusiva delle Olimpiadi invernali a febbraio, alla copertura assoluta dei Mondiali di Brasile 2014 con 64 partite tutte in HD, passando attraverso il MotoGP. Un palinsesto sportivo incredibile. Chiaramente stiamo lavorando anche sugli altri fronti. Per l’intrattenimento si sta concludendo una stagione trionfale per quanto riguarda X Factor e 167


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I giudici di X Factor 7: Elio, Mika, Simona Ventura e Morgan

sono già pronte nuove produzioni per Sky Uno, Da Masterchef a Masterchef Junior passando per Hell’s Kitchen Italia e The Apprentice. Abbiamo anche integrato l’offerta delle migliori serie americane con produzioni italiane dedicando particolare attenzione al tema Food. In particolare, abbiamo lanciato ‘Cucina con Giallo Zafferano’, una striscia quotidiana con Sonia Peronacci, che pur non andando in diretta tv gode di una grande popolarità online. Per quanto riguarda il cinema, affiancheremo i grandi film che da sempre caratterizzano l’offerta Sky a grandi produzioni tv: ‘Gomorra’, diretto da Stefano Sollima con la supervisione di Saviano, ‘1992’ con Stefano Accorsi, ‘I delitti del BarLume’, tratto dai romanzi di Marco Malvaldi e più avanti Diabolik, il celebre fumetto popolare in tutto il mondo. E poi, proprio nelle scorse settimane abbiamo festeggiato il primo compleanno di Sky Arte, un canale con una programmazione molto raffinata, che permette di spaziare dalla musica pop all’arte. Una scelta che ha impreziosito il bouquet di Sky 168

ed è stata apprezzata dagli investitori. La nuova edizione di X Factor ha fatto segnare ottimi risultati, anche al di fuori del mezzo televisivo. In particolare si è posizionata ripetutamente ai primi posti sui social network. Quali sono le strategie e le soluzioni che state sviluppando in ambito web e social? Nel caso di X Factor l’integrazione tra Tv e web è a tutto tondo, soprattutto nella fase live in onda al giovedì. I telespettatori, infatti, hanno avuto la possibilità di votare i propri concorrenti preferiti intervenendo direttamente nella gara. L’aspetto social non vale solo per le trasmissioni in diretta come X Factor, ma è fondamentale anche per tutti quegli show che creano engagement dello spettatore, come nel caso di MasterChef. Il passaggio da ‘Cielo che Goal’ a ‘Stop & Goal’ è stato un vero e proprio contropiede calcistico. Come procede l’esperienza di Cielo? Cielo, il canale Sky disponibile anche sul digitale terrestre, è sempre più apprezzato sia dal pubblico


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Una scena da Gomorra. Nella foto, Marco D’amore e Salvatore Esposito

La selezione OnDemand di SkyGo, la app che permette di vedere il meglio della programmazione Sky in mobilità

che dagli investitori. Quest’anno il suo palinsesto è ancora più ricco grazie al rinnovato format calcistico ‘Stop & Goal’ con Federica Fontana e altri voti noti, tra cui Alessandro Bonan, Sandro Sabatini e Ciro Ferrara. Lo show punta a intercettare quel target sportivo che non può seguire le dirette delle partite, ma vuole comunque seguire con partecipazione il campionato di serie A e ascoltare i commenti tecnici e gli approfondimenti. Anche quest’anno su Cielo abbiamo trasmesso le audizioni di X Factor in contemporanea con Sky Uno e in queste settimane sta andando in onda l’inedito programma ‘Ci pensa Rocco’, un talent divertente in cui Rocco Siffredi offre consigli in maniera spiritosa e ironica alle coppie in crisi.

esso un PC, un tablet o uno smartphone. Lo spettatore, infatti, può seguire lo show su Sky Uno, mentre sul tablet può seguire le spressioni dei giudici attraverso una telecamera fissa,. Un modo per essere ancora più coinvolti nel programma. Anche quest’anno abbiamo l’applausometro, con cui gli spettatori da casa hanno la possibilità di segnalare il proprio gradimento Tutto questo, allo stesso tempo, ha una declinazione pubblicitaria, con formati interattivi veicolati attraverso i diversi device. Gli investitori pubblicitari hanno risposto con interesse a queste novità chead oggi, rappresentano un ulteriore passo in avanti dell’ampia offerta di Sky.

Il dialogo tra primo, secondo e terzo schermo è un tema sempre caldo. Quali soluzioni state sviluppando per aumentare il coinvolgimento dei vostri spettatori, anche in un’ottica pubblicitaria? La tv è sempre più collegata al mondo social. E’ una realtà di cui Sky tiene conto e per questo investente costantemente per riuscire ad soddisfare nel migliore dei modi le nuove esigenze degli abbonati. Un programma come X Factor è un grande esempio di interazione tra primo e secondo schermo, sia

La Moto Gp: dalla prossima stagione, tutte le 18 gare in diretta solo su Sky

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Una nuova ricetta È quella che propone da maggio 2012 Wake Up Enterprises. Campagne pubblicitarie sui cartoni della pizza, con Sponsorpizza, e sui sacchetti del pane, con Sponsorbakery. Risultati misurati, con un ROI che varia dall’1% al 2% e un posizionamento appetibile nel trade marketing.

INTERVISTA a Filippo Delia, amministratore Wake Up Enterprises. Da che cosa nasce Wake Up Enterprises e qual è la vostra visione? Wake Up nasce dalla visione comune di tre soci che si conoscono da molti anni e che hanno deciso di entrare nel mercato dei media per fornire un’alternativa efficacie ai mezzi tradizionali. Il periodo di contrazione economica ha messo in luce le carenze di molti mezzi che fino a poco tempo fa venivano considerati imprescindibili nelle pianificazioni. Per questo oggi occorre fare un’analisi di ciò che non funziona e di ciò che funzionerà: non funziona tutto ciò che promette visibilità senza mantenere la promessa e funzionerà la verità. E la verità è che gli annunci pubblicitari si sovrappongono sui soliti mezzi creando un rumore di fondo dal quale è difficile distinguersi; che una pubblicità funziona solo se viene vista, e non con la coda dell’occhio; e che assistiamo ad un culturismo pubblicitario che sfrutta le certificazioni come doping. I brand dovrebbero raccontarsi ai consumatori, ma per farlo hanno bisogno del tempo dei consumatori. Un annuncio sulla scatola per la pizza entra in casa e viene letto. Non può essere ignorato. In questo periodo di crisi il ROI è diventato l’ultimo appiglio degli investitori. Cosa offrite ai vostri clienti in termini di misurazione? 170

I fondatori di Wake Up: da sinistra, Jacopo Signani, Filippo Delia e Leonardo Signani

Forniamo la tracciabilità, la mappatura della distribuzione e misuriamo il risultato dei nostri servizi. Solitamente abbiniamo alle campagne specifiche promozioni che consentono a noi e al cliente di monitorare l’andamento progressivo della campagna. Per noi, la migliore certificazione possibile è quella del cliente stesso quando, a fine campagna, ci comunica i dati sulla redemption e sul ROI. Ho l’impressione che spesso si tenda a gonfiare l’audience solo per ottenere un costo-contatto più basso, al fine di proporre un investimento apparentemente più vantaggioso. Su questa base vengono poi stabilite le pianificazioni a discapito della qualità del contatto. Ad esempio, ha poco senso considerare l’impression


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Board di direzione: Filippo Delia, Jacopo Signani, Leonardo Signani. Servizi offerti: Pubblicità su packaging ad alta frequenza di utilizzo. Anno di fondazione: 2012 Addetti: 4 di un banner invasivo, che si apre eclissando la schermata, solo perché si clicca sulla ‘x’ per chiuderlo. Ne chiudo venti al giorno e non me ne ricordo uno. Così come non ha senso investire su un quotidiano pagando i contatti in relazione alla tiratura e non alle copie vendute. I clienti sono comprensibilmente ‘affamati’ di dati che dimostrino l’efficacia di un investimento, ma è soprattutto la qualità del contatto a determinare l’efficacia del mezzo. Siamo riusciti, in collaborazione con l’azienda Fratelli Carli a misurare non solo quanti ritorni ha determinato la campagna, ma anche l’efficacia in termini di vendite. Continuando a monitorare i clienti, riusciremo a sapere anche quanto l’investimento abbia fruttato in un arco temporale più lungo. Come si è sviluppata la collaborazione con Fratelli Carli? L’operazione che abbiamo pianificato sui sacchetti del pane con Fratelli Carli era mirata all’acquisizione di nuovi clienti attraverso una promozione che prevedeva un omaggio per chi si fosse presentato nello store con il sacchetto - coupon. La pianificazione rispondeva ad una logica di prossimità rispetto agli Empori e ha ottenuto un ROI del 2,13%. Un altro caso è quello della campagna Sponsorpizza di Enel, che ha fatto registrare un ROI dell’1,41% a Frosinone, dell’1,23% a Reggio Calabria o dell’1,07% a Cagliari.

Clienti (principali): Gazzetta dello Sport, Sisal, Nickelodeon, Enel, Fratelli Carli. I nostri servizi si rivolgono alle aziende che vogliono aumentare le vendite sperimentando nuove dinamiche. I nostri sono servizi rivolti a quei brand che hanno il coraggio di sperimentare nuove soluzioni a vecchi problemi. Lancerete nuovi servizi nel 2014? A breve partirà una nuova pianificazione con uno storico brand del beverage. Questa campagna è molto importante perchè sperimenteremo una nuova dinamica legata alle scatole pizza, ponendo l’accento sul trade marketing e sulla visibilità in store. Questo a conferma delle enormi potenzialità dei nostri servizi.

Una scatola della pizza ‘ludica’ realizzata per La Gazzetta dello Sport 171


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User first Mentre si appresta a chiudere il 2012 con una crescita a doppia cifra, Yahoo Italia affina i propri tool di targettizzazione per campagne integrate di content adv che mixino video, interazione e social per raggiungere il consumatore su tutti gli schermi: Pc, Mobile, Tablet e Smart-Tv.

INTERVISTA a Valeria Mazzon, Head Of Solutions Development Italy di Yahoo. Quest’anno per la prima volta l’online potrebbe dare cenni di sofferenza. Le stime Nielsen sul periodo gennaio-luglio evidenziano infatti una piccola contrazione. PwC al contrario prevedeva ancora una crescita, seppur minore rispetto agli anni scorsi. Qual è la vostra percezione, in ragione del vostro punto di vista privilegiato? Anche il mondo del web risente del momento economico generale, non potrebbe essere differente essendo Internet ormai solidamente radicato nelle abitudini dei consumatori e nei media mix delle aziende. Internet rimane però l’unico mezzo nel panorama media con un segno positivo – al punto che può vantare ancora tassi di crescita a due cifre - ed è il mezzo che meglio ha risposto alla crisi degli investimenti grazie alla sua flessibilità e capacità di innovazione. Inoltre, quando ci si approccia alla misurazione dell’andamento dell’adv sul web bisogna sempre usare prudenza perchè alcuni comparti, pensiamo alla search e a ciò che definiamo social, risultano di difficile stima o possono non essere stimati affatto, fuoriuscendo dai perimetri delle 172

Valeria Mazzon, Head Of Solutions Development Italy di Yahoo

indagini applicate. Dalla nostra prospettiva, gli investimenti online del mercato rimarranno in terreno positivo anche nel 2013, anche se con un tasso di crescita inferiore rispetto a quello di un anno fa. Un dato normale per un mezzo che giustamente non è più vissuto come ‘new media’. In particolare, il Video continuerà a fare da traino ma emergeranno bene anche Mobile, Search e Performance ed Iniziative Speciali. Nel 2012 le aziende del Fast Moving Consumer Goods, dell’automotive e della


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moda avevano investito fortemente su di voi. Il trend si è confermato nel 2013 e qualiindustrie si sono distinte per investimenti? Nel 2013 possiamo confermare l’ulteriore crescita delle aziende che si occupano di beni di largo consumo e dell’automotive. Per l’automotive è ormai un trend consolidato ma con tassi di crescita inferiori rispetto agli anni passati, complice una crisi sensibile del comparto. Per l’FMCG si tratta di un cambio di approccio alla comunicazione che dispiega i suoi effetti sul web in maniera rilevante, ma ancora non adeguata alle potenzialità del mezzo e alla capacità di fuoco dei potenziali inserzionisti. La crescita percentuale è rilevante, i volumi anche ma, se allarghiamo l’orizzonte, siamo ancora ad una frazione di quel che il comparto potrebbe generare con approccio al web più strutturato e organico. L’anno scorso avevate affiancato ai sistemi di targettizzazione comportamentale predittiva lo studio delle effettive tipologie di prodotti e servizi acquistati dai vostri utenti. Quali sono state le novità principali di quest’anno in termini di offerta? Per quanto riguarda Yahoo, abbiamo vissuto un anno decisamente entusiasmante: si sono susseguiti lanci di nuove app, redesign di canali verticali, nuove web series su base quindicinale, partnership importanti. Stiamo costruendo una nuova offerta per i nostri utenti che sia personale,

Board di direzione: Lorenzo Montagna, Amministratore Delegato e Direttore Commerciale; Davide Mitscheunig, Director, Sales Italy; Davide Corcione, Media and Search Account Director; Valeria Mazzon, Head Of Solutions Development Italy. Servizi offerti: Yahoo è impegnata in tutto il mondo nel rendere le abitudini quotidiane più stimolanti e divertenti. Sviluppando esperienze altamente personalizzabili, permettiamo agli utenti di essere sempre connessi con ciò che più conta per ognuno di loro, su qualsiasi dispositivo e su scala mondiale. Anno di fondazione: 1994 Clienti (principali): Procter & Gamble, Wind Telecomunicazioni, Sky, Fiat, Telecom Italia, Vodafone, Reckitt Benckiser, Volkswagen, Nissan, Renault, Kraft Foods, Esselunga, Fastweb, Samsung, Beiersdorf, Euronics, Lottomatica, Allianz, Citroen. rilevante e multischermo, in cui lo stesso utente contribuisce attivamente alla costruzione del contenuto e del prodotto, segnalando cosa gli interessa vedere, le notizie che sono pertinenti e quali quelle che invece non lo sono in quel momento. Pensiamo solo alla nostra app meteo, in cui le condizioni atmosferiche di tutto il mondo sono segnalate dalle foto che gli stessi utenti hanno caricato su Flickr e adeguate al meteo del momento in tempo reale. In sintesi, è l’utente il centro del nostro approccio, mentre le strategie di monetizzazione sono una derivata: cioè user first. Di qui l’ascolto di cosa ha da dirci, suggerirci, proporci, senza alcuna invasione di privacy e in ottica win-win. 173


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Il lancio di The Red, il nuovo drink di Red Bull realizzata da Yahoo. Una strategia mirata a un target giovane e dinamico con una forte call-to-action.

Filmstrip, Billboard e Shuffle Box sono stati alcuni dei formati innovativi che avete introdotto sul mercato nel 2012. Quest’anno, quali nuovi formati avete sviluppato e che novità ci dobbiamo aspettare dal 2014? I formati lanciati da Yahoo sono stati tanti e sarebbe troppo lungo elencarli. È invece importante sottolineare la filosofia di fondo che ci ha guidati. Quest’anno abbiamo curato in particolare il nostro approccio cross-device, ossia fornire formati di advertising efficaci su pc, smartphone e tablet. È infatti sempre più nevralgico per gli inserzionisti essere in comunicazione su piattaforme e schermi diversi in maniera diretta e semplice da gestire. Ci riferiamo agli stessi asset da declinare su più property, ai sistemi di targettizzazione che attraversano le barriere tecnologiche per 174

essere pienamente compatibili su desktop e in mobilità, ad uno stesso video fruibile da schermi diversi, agli strumenti a performance che esaltano le caratteristiche di mezzi diversi ma permettendo di gestirli in economia di scala e risultato. Per il 2014 avremo ancora tantissime novità, ma di più per ora non possiamo proprio aggiungere. Nel 2012 Yahoo Video Network si era confermato al secondo posto dopo YouTube in termini di Unique Viewers, divenendo uno dei prodotti di punta nell’offerta Yahoo Anche il 2013 è stato caratterizzato dal video? Sì, anche nel 2013 abbiamo osservato un’ulteriore crescita del comparto video. Come dicevamo prima, il focus di Yahoo quest’anno è stato quello di dispiegare appieno le potenzialità di pc, smartphone e tablet sia per raggiungere audience


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diverse/complementari in momenti diversi, che per fornire un’esperienza personale ma coerente nel messaggio di fondo attraverso gli schermi. Il video è al centro dell’interesse degli utenti e degli inserzionisti; il nostro investimento in questo settore è costante ed in continua evoluzione, grazie a partnership internazionali come VEVO e Daily Motion e a partnership locali, citiamo per brevità unicamente Simona Ventura TV. E... more to come! Nel 2012 il formato pubblicitario che andava per la maggiore era lo schermo. Quali sono i formati pubblicitari più richiesti per il 2013 e che sensazioni avete per il 2014? Nel 2013, il formato più richiesto è stato nuovamente il video, senza dubbio, con investimenti continui e pienamente integrati nei piani di comunicazioni delle aziende. In particolare, gli inserzionisti del largo consumo hanno trovato un terreno conosciuto e fertile, perchè simile a quello televisivo, ma con una dispersione inferiore. Particolarmente interssante è stata la richiesta di declinazione di formati video in ottica content marketing, richiesta che Yahoo ha pienamente soddisfatto grazie al lavoro di Studio. Per il 2014 la nostra sensazione è che il video continuerà a trainare il mercato, ma che ci sarà spazio per tutto ciò che è native advertising, abbattendo il classico confine tra contenuto editoriale e contenuto adv in un unico flusso rilevante per l’utente e pertanto efficace per l’inserzionista.

recentemente da Yahoo per Red Bull per la promozione di un nuovo prodotto. Il lancio di un nuovo drink, la sua scoperta, l’invito alla prova sono stati condotti rispettando in pieno il posizionamento del brand. Per un marchio giovane e che si pone in continua avanguardia, abbiamo realizzato un sistema di comunicazione su mobile, il più adatto per il target di riferimento. Gli utenti potevano non sono conoscere la caratteristiche del nuovo prodotto attraverso un mezzo di comunicazione in linea con le loro abitudini di mobilità, scoperta e condivisione, ma anche arrivare ad una prova diretta attraverso delle funzionalità di geolocalizzazione che indirizzavano al locale più vicino dove poter provare il drink. In sintesi: la comunicazione si fa servizio a valore aggiunto per chi ne fruisce, ossia diventa concretamente utile per i destinatari del messaggio.

Potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere? Pensiamo ad esempio a quanto realizzato

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