I Quaderni della Comunicazione 2016 - Centri Media e Concessionarie

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i Quaderni della comunicazione

N° 108 novembre 2016 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing

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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it ha collaborato Paola Furlanetto art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Ilaria Granato - ilaria.granato@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 108 novembre 2016 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: Via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2016 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di novembre 2016 da: P.F. via Kramer, 17/19 - 20129

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Editoriale

Nessun dorma! LA SENSAZIONE, come sempre accade negli anni pari, è che anche il 2016 che sta per chiudersi sia stato un anno ‘particolare’: alle aspettative non deluse di maggiori investimenti dovuti a Olimpiadi ed Europei di Calcio hanno fatto da contraltare la Brexit e l’incertezza che fino all’ultimo ha dominato le elezioni USA, concluse come sappiamo in modo a dir poco inatteso dalla gran parte degli osservatori internazionali. Anche all’interno dei nostri confini, d’altra parte, non sono mancati fenomeni ‘atipici’: dal referendum costituzionale (il cui risultato, al momento in cui scriviamo, appare ancora in dubbio), ai devastanti fenomeni sismici che hanno nuovamente e così duramente colpito il nostro territorio… Eppure, dopo la chiusura positiva del 2015, l’anno che sta per chiudersi dovrebbe confermare e consolidare il ritorno al ‘sereno’ sul fronte degli investimenti in comunicazione. Soprattutto tenendo conto del fatto che, come non manca di sottolineare il presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi, il loro trend di crescita è di gran lunga superiore a quello del PIL. Restringendo il raggio di osservazione e focalizzandoci sul mercato dell’advertising, il fenomeno che forse più di ogni altro salta agli occhi è quello che riguarda le operazioni di merger, le fusioni e le acquisizioni che hanno caratterizzato l’universo dei media e molti dei più grandi operatori, italiani e non solo, concentrando e consolidando posizioni di leadership fra vecchi e nuovi player. Non c’è dubbio che la pervasività e il costante avanzamento del digitale abbiano costituito una leva di primo piano in gran parte dei movimenti e dei passaggi di proprietà. Le stime indicano che a partire dal prossimo anno la quota del digital raggiungerà il 25% del totale investimenti adv, continuando a fungere da traino per la crescita del settore da tutti i punti di vista, quantitativo e qualitativo insieme. Come spiegano e chiariscono i protagonisti intervistati nel Quaderno, il digital è il motore principale del cambiamento e dell’evoluzione di ruoli e modelli di business di agenzie media, editori e concessionarie. Insomma, al di là del fattore economico, stiamo assistendo a una fase di trasformazione epocale ancora lontana dalla sua conclusione, durante la quale nessuno può permettersi di, fermarsi, chiudere gli occhi o riposare sugli allori. Ma proprio per questo un momento stimolante come non mai. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Ritorno alla crescita Capitolo 2. L’anno delle fusioni Capitolo 3. Trasparenza: Italia batte USA Capitolo 4. Sotto il segno del digital Capitolo 5. Verso l’infinito... e oltre! Capitolo 6. Pay-Per-Ché? Capitolo 7. Cross-media specialists Capitolo 8. Tutti i numeri del mercato

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I PROTAGONISTI - AGENZIE MEDIA Havas Media. Agili, integrati e... in crescita! 102 Initiative. Un Dna quantitativo 106 Kinetic. Supporto strategico 108 Media Italia. Pensiero globale, azione locale 110 OMD. Dal media alla ‘performance’ 114 PHD. Human + Tech = Future 116 UM. Focus sui ‘momenti’ 118 ZenithOptimedia. Valore in tempo reale 120 I PROTAGONISTI - CONCESSIONARIE Clear Channel Italia. Cambiare per crescere Discovery. Risposte rapide ed efficaci IGPDecaux. Leadership confermata Italiaonline. Passaggio ‘obbligato’ RaiPubblicità. Pronti per le sfide future Turner. Ascolti ‘da grandi’

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DOVE TROVARLI Gli indirizzi 152

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la geografia del mercato

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Ritorno alla crescita I pareri di tutti gli operatori sono concordi: grazie in particolare ai grandi eventi sportivi, la chiusura di fine anno sarà anche questa volta positiva, con stime che variano fra un ‘pessimistico’ +2% e un più ottimista +3% e oltre. Rimandati gli iniziali timori per la Brexit, restano però abbastanza deboli le ipotesi di un ulteriore miglioramento nel futuro più prossimo

PARTIAMO, come ormai tradizione, dagli ultimi dati disponibili sugli investimenti pubblicitari rilevati da Nielsen (nel momento in cui scriviamo quelli relativi al periodo gennaio-agosto): nei primi otto mesi dell’anno, il mercato ha segnato un +3,2% rispetto allo stesso periodo del 2015. Nonostante nel mese di agosto la raccolta sia risultata in calo del 2,1%, aggiungendo anche la stima sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato avrebbe chiuso il mese di agosto quasi stabile a +0,2% e i primi 8 mesi a +4,8%. Come spiega Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director Nielsen, la stagione dei grandi eventi sportivi si è dunque chiusa con una crescita significativa in linea con le previsioni. Difficile sarà però che l’autunno prosegua sulla stessa linea: “In questi anni di grandi eventi sportivi – continua infatti Dal Sasso – l’autunno rappresenta sull’anno una quota più ridotta rispetto alle annate dispari. Già dall’andamento di settembre, potremo vedere quanto la crescita media dei budget o l’anticipo degli stessi nei mesi estivi – che sono le due componenti del trend – avranno contribuito alla variazione di fine anno”. 14

Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director Nielsen

Tanto più che, va osservato, l’ultimo quarter del 2016 si confronta con un periodo corrispondente nel 2015 già in crescita del +2,8%: “Nei prossimi mesi non ci possiamo aspettare una spinta – ribadisce quindi Dal Sasso –, ma un fisiologico trend leggermente negativo, come succede sempre negli anni pari”.


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1. STIMA DEL MERCATO PUBBLICITARIO (GENNAIO–AGOSTO 2016) Dati netti in migliaia di euro

TV 2 QUOTIDIANI 1 PERIODICI 1 INTERNET Fonte: FCP-Assointernet RADIO 3 DIRECT MAIL TRANSIT OUTDOOR Fonte: AudiOutdoor GO TV (ex OUT OF HOME TV) CINEMA TOTALE PUBBLICITA’

Gen./Ago.2015 Gen./Ago.2016 Var.% 2.194.673 2.365.434 7,8 458.211 433.241 -5,4 288.955 278.687 -3,6 282.154 277.518 -1,6 239.557 242.618 1,3 196.343 187.235 -4,6 82.491 80.277 -2,7 57.080 57.396 0,6 10.496 9.656 -8,0 7.338 8.185 11,5 3.817.298 3.940.247 3,2

L’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei Quotidiani dove vengono utilizzati i dati FCP-ASSOQUOTIDIANI solo per le tipologie: Locale, Rubricata e Di Servizio e delle Radio dove vengono utilizzati i dati FCP-ASSORADIO solo per la tipologia Extra Tabellare (comprensiva c.a.). Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP-ASSOQUOTIDIANI e FCP-ASSOPERIODICI. 1 Per i dati di Stampa Commerciale Locale, Rubricata e Di Servizio la fonte è FCP-ASSOQUOTIDIANI 2 Il dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari 3 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP-ASSORADIO Fonte: The Nielsen Company, ottobre 2016

Lo ‘spaccato’ per mezzi e settori Relativamente ai singoli mezzi, si registra ancora una performance positiva per la Tv che, grazie alle Olimpiadi, cresce ad agosto del 3,6%, chiudendo i primi otto mesi a +7,8%. Segno negativo per i quotidiani e per i periodici, che consolidano il periodo gennaio-agosto rispettivamente a -5,4% e -3,6%. Il singolo mese per la stampa si chiude a -19,1% e -11% per i magazine. Negli otto mesi la radio rimane in positivo a +1,3%, grazie alla buona performance del mese di agosto (+7%). La crescita di internet è dovuta principalmente a search e social, sulla base delle stime realizzate da Nielsen. Relativamente al perimetro attualmente monitorato in

dettaglio, invece, il web registra un decremento dell’1,6% nel periodo cumulato e un calo ad agosto del -5,2%, più che compensato dalle crescite dell’extra perimetro che portano gli otto mesi della raccolta online in terreno positivo. Seppur il mese sia stato negativo per il cinema, il mezzo continua ad assestarsi in terreno positivo nel periodo cumulato, crescendo del +11,5%. Go Tv e Transit risentono ancora della presenza di Expo nel confronto con il periodo corrispondente del 2015, attestandosi nei primi otto mesi rispettivamente a -8,0% e -2,7%. Torna a crescere l’Outdoor segnando un +0,6% nella crescita cumulata. Per quanto riguarda i settori merceologici, 15


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solo sei continuano ad avere un segno negativo. Per i primi comparti del mercato si registrano andamenti differenti nel periodo gennaio-agosto: crescono le telecomunicazioni (+10,2%), la distribuzione (+16,8%) e i farmaceutici/sanitari (+9,1%), cui si contrappongono i cali della finanza (-12,8%) e dell’abbigliamento (-7,6%). Tra gli altri che contribuiscono alla crescita, si segnalano le buone performance del mercato delle automobili (+9,7%), media/ editoria (+8%), turismo (+11,8%), tempo libero (+19,2%) e bevande (+10%). Un trend che proseguirà Alla luce della congiuntura economica e politica attuale, italiana e internazionale, chiediamo quindi a Dal Sasso cosa ci si può attendere per il finire di quest’anno e soprattutto per il prossimo: “Le previsioni di crescita dell’economia per l’Italia rimangono flebili: le ultime parlano di una crescita del +1%, che non aiuta certo le imprese a essere ottimiste per il futuro. Rimane il fatto che la crescita flebile riguarda anche la situazione internazionale: in USA e in area EU si prevede un +1,6%. Come sappiamo, il mercato della comunicazione trae le proprie risorse dai bilanci delle aziende ed è fortemente legato agli aspetti macroeconomici per lo meno nella sua componente di trend di medio periodo”. Per questa ragione, dopo la performance positiva assicurata da Europei di Calcio e Giochi Olimpici, secondo Dal Sasso “L’autunno sarà gioco forza più tranquillo, ma non vediamo una inversione di tendenza. Nel breve, l’effetto Brexit non avrà conseguenze almeno per il mercato della comunicazione, cui noi facciamo riferimento. Nelle loro linee generali, le nostre previsioni e stime rimangono ancorate ai numeri che avevamo previsto a metà anno:

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Lorenzo Sassoli de’ Bianchi, presidente UPA

a meno di debacle difficili da prevedere al momento, perciò, se il secondo semestre dovesse viaggiare in terreno appena positivo – diciamo vicino al +1% – si confermerebbe una chiusura attorno alla cifra del +3%”. Anche il presidente UPA, Lorenzo Sassoli, prevede una chiusura dell’anno sopra il +3%: “Sull’autunno gravano infatti diverse incertezze sia sul piano nazionale – esiti politici, consolidamento della ripresa e della occupazione – sia sul piano internazionale – elezioni USA, scenari di guerra e terrorismo. Tuttavia, le nostre previsioni sono positive per la chiusura dell’anno; mentre per il 2017 è prematuro intravedere indicazioni”. Avanti, ma con prudenza… “Dopo le avvisaglie del 2015 – esordisce Valentino Cagnetta, Ceo di Media Italia –, quando soprattutto sul finale il mercato


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2. INVESTIMENTI PUBBLICITARI PER SETTORE (GENNAIO–AGOSTO 2016) Settori di investimento Quota % su Δ% tot mercato ABBIGLIAMENTO 4,0 -7,6 ABITAZIONE 4,0 9,3 ALIMENTARI 14,6 0,2 AUTOMOBILI 11,3 9,7 BEVANDE/ALCOOLICI 5,7 10,0 CURA PERSONA 4,6 -1,2 DISTRIBUZIONE 6,4 16,8 ELETTRODOMESTICI 0,7 5,9 ENTI/ISTITUZIONI 1,4 16,3 FARMACEUTICl/SANITARI 6,7 9,1 FINANZA/ASSICURAZIONI 4,2 -12,8 GESTIONE CASA 4,1 2,7 GIOCHI/ARTICOLI SCOLASTICI 0,7 -14,0 INDUSTRIA/EDILIZIA/ATTIVITA’ 1,8 38,7 INFORMATICA/FOTOGRAFIA 0,4 -12,0 MEDIA/EDITORIA 4,6 8,0 MOTO/VEICOLI 0,6 3,4 OGGETTI PERSONALI 1,6 3,7 SERVIZI PROFESSIONALI 2,2 2,9 TELECOMUNICAZIONI 6,5 10,2 TEMPO LIBERO 2,9 19,2 TOILETRIES 5,6 1,1 TURISMO/VIAGGI 3,4 11,8 VARIE 2,1 -12,2 Grand Total 100,00 3,2 Fonte: The Nielsen Company 2016

aveva preso una boccata d’ossigeno, tutto sommato direi che per il mercato pubblicitario il 2016 è stato un anno complessivamente positivo, nell’ordine dei 2, massimo 3 punti percentuali di crescita, che come era forse prevedibile sono dovuti in parte, e forse principalmente, al fenomeno Europei di Calcio e in modo decisamente minoritario alle Olimpiadi. Evidentemente il mercato apettava una ‘scusa’ per tornare a investire in modo significativo, tant’è che

a parità di palinsesti e di offerta pubblicitaria gli Europei hanno aggiunto circa 80 milioni di euro al mercato, una cifra che rappresenta la metà della crescita in valore assoluto che il mercato sta registrando. Mi sembra che questa crescita si sia spalmata più o meno su molti settori che non sono quelli che per anni hanno trainato il mercato pubblicitario: la contrazione della telefonia è e rimane particolarmente visibile, mentre si confermano le auto, che

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3. LA COMUNICAZIONE? VENTO (LEGGERO) IN POPPA

Fonte: Stime Centro Studi AssoCom

in realtà si sono riaffacciate al mercato pubblicitario con maggiore interesse già nel corso degli ultimi due anni”. “Il 2015 si è chiuso positivamente con poco più del +1% reale – ricorda Luca Cavalli, Ceo di Zenith –. Diciamo che è stato salutato con felicità dopo un triennio di negatività e di decrescita importante. Non dimentichiamoci che la crisi ormai è vecchia di 8 anni – dal 2008 negli USA… Tanto è vero che mi sentirei quasi di non chiamarla più crisi, ma è un downgrading che ci ha posizionato su un livello più basso di economia e su quel livello ci stiamo muovendo. Per il 2016 abbiamo abbastanza fiducia – anche se circospetta – e speriamo che possa chiudere in positivo: le nostre stime sono sostanzialmente allineate al +3% e oltre per fine anno indicato da Nielsen, UPA e altri analisti”. A cosa è dovuta tale circospezione? “Diciamo che i dubbi da sciogliere sono in parte endogeni all’industry dell’advertising – risponde Cavalli –, e in parte sono 18

invece esogeni e fanno riferimento alla congiuntura economico-politica-sociale e non solo, visti anche i recenti tragici eventi (terremoto). Per quanto riguarda gli aspetti più ‘professionali’ siamo tutti un po’ qua a chiederci – essendo stato un anno pari, con gli Europei e le Olimpiadi – se i budget della prima parte dell’anno rispecchiano un trend anche per la seconda parte o se si è trattato di anticipi di investimento o scelte di investimento una tantum/ad hoc sulle manifestazioni… Sono anni che solitamente non è facile leggere, e in questi periodi in cui nessun trend è realmente consolidato, anche un primo semestre rispetto al secondo lascia sempre dei dubbi. Quindi siamo in attesa di verificare tutto ciò”. In maniera più allargata, prosegue Cavalli, non va dimenticato che gli spender investono in comunicazione per sostenere il business delle aziende: “La domanda è qual è il mood dei consumatori, il clima di fiducia. Clima che è stato scosso in maniera profonda negli ultimi tempi, non ultimo


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4. IL MIX 2016

Fonte: Stime Centro Studi AssoCom

dal terremoto che ha colpito l’Italia. Ma pensando a fatti più politici, dalla Brexit alla situazione interna – referendum, resistenza del governo… sono tutti elementi che pur non avendo forse una ricaduta diretta sul sistema economico e sui consumi, vanno a influenzare il clima e la propensione al risparmio delle persone variando anche sensibilmente l’indice di fiducia. Prendiamo la Brexit, per esempio: difficilmente avrà un forte impatto diretto sulla realtà italiana, ma il cambiamento che ha provocato dal punto di vista emotivo e del mood di consumatori e imprenditori potrà invece essere certamente un fattore di influenza di cui tenere conto”. Un’aria ‘diversa’ “Lo scenario che ci troviamo di fronte è più che mai incerto e influenzato da alcune prossime scadenze: il referendum costituzionale, il DPF sul fronte interno, la

questione migranti da un punto di vista europeo, e le elezioni USA – ribadisce Andrea Sinisi, General Manager Initiative –. Da un punto di vista degli investimenti, anche noi come Mediabrands stimiamo una chiusura del 2016 in crescita di circa il +3%, trainata dalle Tv, dal Digital e dall’Outdoor. I settori che a nostro parere continueranno a fare da traino anche nei mesi a venire sono di certo l’Automotive, categoria finalmente in ripresa dopo anni di crisi, ma, molto più interessante a nostro parere, la Distribuzione, che assiste a una vera e propria rivoluzione che deriva dal concetto stesso di retail, protagonista di una vero e proprio scalino evolutivo”. Sulla stessa linea Fabrizio Piscopo, amministratore delegato di Rai Pubblicità, che non esita a “Confermare che i trend ci risultano positivi e riteniamo assolutamente possibile una crescita al +3% nel corso del 2016 e forse anche qualcosa in più. E

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5. LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI IN ITALIA E NEL MONDO

Fonte: Consumer Confidence Global Survey – The Nielsen Company (settembre 2016)

proprio interpretando questi segnali positivi del mercato Rai Pubblicità ha varato nei primi mesi dell’anno una politica di pricing

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che incrementa il prezzo medio netto”. Certo lo scenario internazionale resta ‘complicato, ma a domanda specifica sulla


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6. IL PENSIERO DEGLI ITALIANI

Fonte: Consumer Confidence Global Survey – The Nielsen Company (settembre 2016)

Brexit Piscopo replica che le conseguenze saranno certamente nel medio o lungo periodo, ma proprio per questo ininfluenti sul mercato 2016. Anche Marco Girelli, Amministratore Delegato di Omnicom Media Group, conferma le proiezioni di chiusura del 2016 del totale mercato intorno al +3%: “Nella pubblicità – sottolinea quindi – quest’anno si è respirata un’aria diversa, migliore rispetto all’anno scorso. Tutto ciò che ruota intorno alla videocomunicazione presenta trend in crescita, e non è un fenomeno che riguarda solo la Tv: infatti, mentre quest’ultima mantiene le sue quote di mercato, l’utilizzo di content video sulle altre piattaforme digitali è destinato a incrementare. In particolare il mondo dei social sta diventando un territorio appetibile per le aziende che possono utilizzare queste piattaforme per

sperimentare nuove modalità di storytelling attraverso i video e avvicinare i propri brand ai consumatori”. Sul lato ‘professionale’ Girelli si attende molte interessanti novità dal mondo del digitale: “Basti pensare al programmatic, che continuerà a evolvere e i suoi sviluppi non saranno limitati al web; entro 18/24 mesi vedremo come questa modalità di acquisto e pianificazione inizierà ad interessare anche il mondo della televisione. A partire dal 2017 sarà sempre più diffusa la possibilità di diversificare e personalizzare la creatività dei messaggi pubblicitari in funzione del target da raggiungere. Girando il mondo, soprattutto nell’area asiatica, ci rendiamo già conto di quanto la comunicazione digitale applicata ad esempio all’Out of Home sia in grande fermento e di come la tecnologia ci permetta di arrivare a persona

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7. ITALIA: ASPETTATIVE ECONOMICHE

Fonte: Clima dei consumi in Europa GfK - Indagine sui consumatori della Commissione UE (settembre 2016)

lizzare la creatività video a seconda di chi abbiamo di fronte. Anche in Italia stanno avvenendo importanti sperimentazioni in questo ambito”. Aree di debolezza Nonostante i tanti cambiamenti positivi, osserva quindi l’ad di OMG, in alcuni settori la crescita è rallentata: “Ci sono mercati fragili – spiega Girelli –, nel senso che risentono sicuramente di fenomeni esogeni quali, ad esempio, la crisi finanziaria delle banche. Il settore finanziario è infatti percorso da scandali e criticità e questo crea un clima generale di sfiducia che influenza negativamente le persone e incrina la loro propensione al consumo, con effetti negativi anche dal punto di vista pubblicitario. Altro settore che sta vivendo un periodo

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abbastanza critico è quello della moda: la crescita è lenta e gli investimenti di conseguenza sono limitati”. Sul fronte opposto, “Continua invece a crescere e a svilupparsi il settore automotive grazie al lancio di nuovi modelli e all’impatto della tecnologia che sta trasformando le sfide in atto: è un comparto ricco di costanti novità tecnologiche e questo fa ben sperare anche in prospettiva per il futuro, perché si tratta di un settore in grande effervescenza – prosegue Girelli –. L’altro ambito che può essere interessante da seguire, perché è un mondo che si sta trasformando velocemente, è quello delle TLC. Ci si interroga su come evolverà il loro modello di business, se e come si entrerà in competizione per la distribuzione dei contenuti. Sono curioso di verificare cosa


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faranno i player presenti nel nostro paese”. Sui fattori esogeni ed endogeni interviene anche Stefano Spadini, CEO di Havas Media Group: “I fattori interni al settore sono legati alla capacità della industry di sapere difendere il valore dell’investimento, sia a pre sia a post: guidare i clienti a priori spiegando loro l’impatto dell’investimento sia sul business che sul brand, soprattutto dal punto di vista del digitale; rassicurare i clienti a posteriori contando sulla misurabilità dei risultati ottenuti. Per anni l’industry si è focalizzata sulla crescente complessità del media, senza mettere in evidenza come dietro queste complessità si celino delle fantastiche opportunità”. Dal punto di vista industriale, aggiunge Spadini, il 2016 ha mostrato una forte ripresa di alcuni settori chiave del mercato, e cita anche lui come primo fra tutti quello dell’Automotive, con crescite di investimento da parte di tutti i principali gruppi. “Molto vivace – ricorda però – anche la telefonia: nel 2016 il lancio dei nuovi modelli di Apple e Samsung e la crescente diffusione della fibra hanno portato a una accelerazione degli investimenti in comunicazione del settore. La fusione tra Wind e H3G, guardando in prospettiva al 2017, crediamo porterà a un particolare fermento nel settore delle TLC. In generale, l’anno chiuderà con performance molto positive sui settori dei beni durevoli: gli investimenti delle catene di distribuzione di elettronica, informatica ed elettrodomestici così come quelli dei marchi di arredamento stanno crescendo, anno su anno, in doppia cifra. Compagnie aeree e di navigazione hanno infine portato il settore dei viaggi a una notevole crescita rispetto all’anno precedente. È da segnalare anche l’ingresso sul mercato pubblicitario online di molte realtà e-commerce, un fenomeno destinato

a crescere nei prossimi anni”. OOH: flat ma all’avanguardia “Per l’Out of Home – afferma Alberto Cremaschi, Managing Director Kinetic – le previsioni di chiusura 2016 sono flat e, se così fosse, sarebbe sicuramente un gran successo vista la presenza dell’anno scorso di EXPO che ha dato una notevole spinta al comparto. La tenuta di quest’anno degli investimenti in Pubblicità Esterna dimostra che i clienti da un lato credono nelle potenzialità di brand awareness del mezzo e le concessionarie dall’altro, forti del patrimonio sempre più rivolto alla qualità, tendono a svendere sempre meno a beneficio di tutti gli operatori”. “Nei primi sette mesi dell’anno – conferma Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy – l’Out Of Home, Transit incluso, ha registrato un calo del -0,8%: il confronto è però penalizzato dagli effetti benefici portati al settore da EXPO nel 2015. La mia personale impressione è che tale risultato sarà consolidato, da qui alla fine dell’anno, senza ulteriori variazioni di rilievo: non rilevo specifiche situazioni di ‘rischio’ che possano creare problemi o invertire il trend in senso negativo. A oggi la Brexit resta una grande incognita… Credo che al di là delle chiacchiere, nessuno sia ancora in grado di prevedere quali effetti avrà davvero. Immagino che in futuro potrebbero esserci ripercussioni sul piano delle fatturazioni da parte degli headquarter delle aziende che hanno sede a Londra, ma devo dire che non si tratta di un fenomeno dal quale mi sento particolarmente intimorito. Per quel che riguarda i settori non si registrano grossi cambiamenti: sicuramente le Telecomunicazioni e il Retail restano centrali per l’Esterna, mentre Elettronica di Consumo (Samsung in primis) ed Entertainment (Sky) sono fra i brand tornati a

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8. ITALIA: PROPENSIONE ALL’ACQUISTO

Fonte: Clima dei consumi in Europa GfK - Indagine sui consumatori della Commissione UE (settembre 2016)

investire prepotentemente sul mezzo”. “Parliamoci chiaro – conclude questo primo giro di microfono Alessandro Loro, direttore marketing IGP Decaux –: se si guardano i Nielsen di Agosto, ultimi disponibili in questo momento, si vede chiaramente che non è il mercato a crescere, ma la Televisione! che segna un +7,8%. Siamo di fronte a uno scenario che è sempre lo stesso da 40 anni, un Sahara televisivo che continua a guadagnare quota lasciando agli altri mezzi classici poco più che le briciole. Anche se, a mio parere, la lente Nielsen attraverso cui osserviamo il mercato ci restituisce un quadro anacronistico, tale quadro è francamente desolante per chi, come me, continua a sperare che il nostro paese si agganci a quelli più avanzati”. Ciò premesso, Loro conferma l’andamento

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positivo di IGPDecaux: “Noi andiamo bene: siamo andati bene nel 2015 con l’Expo, ma siamo andati bene anche nel 2016 senza Expo. Per quali ragioni? Perché l’Outdoor ha una sua indiscutibile validità che continua a crescere nel tempo: più la società si ‘virtualizza’, più la ‘fisicità’ del nostro mezzo e dei nostri impianti diventa uno strumento valido e spesso insostituibile”. Questioni di fiducia Più volte, nelle pagine precedenti, è stato accennato come il tema della fiducia e della propensione al consumo rappresenti una variabile fondamentale per le decisioni di investimento delle imprese. Posto che effettuare proiezioni o stime su un tema del genere sarebbe ancor più azzardato di un forecast sugli investimenti, riteniamo


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sia utile chiudere questo capitolo iniziale verificando l’andamento di tale clima nel terzo trimestre di quest’anno attraverso le analisi e i monitoraggi di GfK e Nielsen, che registrano entrambi un sentiment in linea di massima ancora piuttosto negativo. Dove però il primo istituto mette l’accento sulle scarse speranze di ripresa riportate dagli italiani intervistati, il secondo preferisce invece puntare il dito sul miglioramento, ancorché lieve, nella propensione al consumo dei nostri connazionali. Vediamole più in dettaglio. • GfK: poche speranze di ripresa Nel complesso, tra giugno e settembre l’indice per l’area EU28 rilevato da GfK subisce una contrazione da 13,1 a 12,3 punti, anche se con un andamento tutt’altro che uniforme nei diversi paesi europei. A pesare su tale risultato, osservano i ricercatori di GfK, è stato inizialmente l’esito del referendum di fine giugno sull’appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea, che ha avuto ripercussioni sulla fiducia dei consumatori e sulle aspettative economiche, in Gran Bretagna come in quasi tutti i paesi europei. Già nel mese di agosto, tuttavia, l’intensità del dibattito sulla Brexit – le cui implicazioni e il cui impatto sugli atteggiamenti di consumo saranno valutabili con certezza solo una volta avviati i negoziati con Bruxelles e con l’avvicinarsi dell’effettiva data di ‘uscita’ – si era sensibilmente attenuata, lasciando spazio a tematiche di stampo nazionale. Mentre sul fronte economico l’Europa attraversa una positiva fase di sviluppo e quasi tutti i paesi evidenziano segnali di crescita economica (registrando in alcuni casi tassi perfino sorprendenti), tali segnali positivi – riscontrabili per esempio nei dati sulla disoccupazione –

non sembrano produrre incrementi altrettanto significativi a livello delle aspettative economiche e di reddito tra i consumatori. Anche la propensione all’acquisto non risulta sempre in linea con la crescita economica evidenziata in ciascun paese. Ciò potrebbe essere imputabile ad aspetti diversi prettamente nazionali, ma anche a fattori psicologici generali e incertezze fondamentali, quali la guerra in Siria, gli attacchi terroristici che hanno colpito Francia e Germania, l’ascesa dei movimenti politici di estrema destra alle elezioni o nei sondaggi e le imminenti elezioni presidenziali americane. Gli italiani in particolare sembrano nutrire poche speranze nella ripresa, almeno per i prossimi mesi: “A settembre – indica il report GfK –, le aspettative economiche dei consumatori hanno toccato quota -40,6 punti, ovvero il valore più basso da gennaio 2014. Nel complesso, il dato risulta in calo di 9,3 punti dal giugno di quest’anno e di ben 25,2 punti rispetto a settembre 2015. A pesare sono sicuramente il persistere della crisi economica e finanziaria e l’arrivo di un elevato numero di migranti. Appare di nuovo in calo anche la propensione all’acquisto, che nella prima parte dell’anno aveva raggiunto livelli soddisfacenti mentre nel terzo trimestre è sceso drasticamente di 13,9 punti, andandosi ad assestare a 6,8 punti a settembre. L’elevata disponibilità ad acquistare registrata negli ultimi mesi pare dunque essersi esaurita. • Nielsen: migliora la propensione al consumo Secondo la Global Survey sulla Consumer Confidence di Nielsen, la situazione di fiducia italiana appare stabile rispetto allo stesso periodo del 2015, e anzi è diminuita di 5 punti la percentuale di quanti ritengo

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Giovanni Fantasia, Amministratore Delegato Nielsen Italia

no l’Italia ancora in crisi (84% vs. 89% un anno fa). Tuttavia, solo il 13% pensa che l’Italia possa uscire dal tunnel recessivo nei prossimi 12 mesi. Come già anticipato, però, dall’indagine emergono anche segnali positivi sul fronte della propensione al consumo: cresce di 4 punti percentuali (18% vs. 14% nel settembre 2015) la quota di quanti ritengono quello presente il momento giusto per fare acquisti e, contestualmente, cala la percentuale di chi si dichiara orientato al risparmio (38% vs. 40% del periodo luglio-settembre 2015). “Nel terzo trimestre dell’anno – dichiara l’Amministratore Delegato di Nielsen Italia, Giovanni Fantasia –, in Europa l’indice dei consumi ha segnato un trend

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di crescita in 26 dei 34 mercati monitorati, e nel complesso gli indicatori della fiducia segnalano un andamento positivo nel breve periodo. Anche la posizione dell’Italia si configura in lento ma progressivo miglioramento. L’indice di fiducia in Italia – che oggi si posiziona a quota 57, in crescita di 2 punti rispetto al dato dello scorso trimestre, stabile su base tendenziale – si mantiene infatti sensibilmente al di sopra dei livelli registrati nel periodo di crisi, quando l’Italia aveva toccato quota 41, sia nel 2012 che nel 2013. Occorre d’altra parte concentrare le energie perché tale sentiment di positività si traduca in comportamento di acquisto”. L’indagine Nielsen prende inoltre in considerazione i comportamenti di consumo rispetto a determinate categorie di prodotti: da questa analisi emerge come il 30% degli italiani dichiari di spendere per comprare vestiti, il 29% per i viaggi e il 22% per gli svaghi fuori casa. Per quanto riguarda queste ultime due voci, si rileva un incremento rispettivamente di 3 e 2 punti se raffrontate al terzo trimestre 2015, dati che vanno a confermare quanto rilevato in merito a una decisa crescita nella propensione ai consumi. Sul versante, invece, delle misure messe in atto per risparmiare dalle famiglie italiane, la quota di coloro che hanno dichiarato di avere adottato particolari misure di spending review risulta in netta decrescita: è pari al 51%, in calo di 13 punti percentuali rispetto al terzo trimestre 2015 (64%). Questo risulta essere un segnale significativo del fatto che si sta iniziando un percorso rivolto più ai consumi che ai tagli di spesa. Ciononostante, sono ancora riscontrabili comportamenti volti a ridurre le spese: il 56% spende meno negli acquisti di abbigliamento, il 53%


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taglia sulla voce divertimento, il 51% ha ridotto la frequenza dei pasti fuori casa, il 42% riduce il budget per le vacanze, il 38% si dimostra attento ai consumi di gas/ elettricità e all’utilizzo dell’auto. In calo di 10 punti percentuali, invece, quanti si dichiarano propensi all’acquisto di marchi alimentari più economici (43% vs. 53% del terzo trimestre 2015). Alla domanda in merito a quali comporta-

menti di risparmio verranno mantenuti pur in presenza di uno scenario economico in via di miglioramento, il 26% degli intervistati (+5 punti percentuali vs. terzo trimestre 2015) sottolinea che userà comunque meno l’auto, il 22% intende contenere le spese per pasti fuori casa, il 21% manterrà un atteggiamento di cautela nell’acquisto di vestiario, il 20% presterà attenzione ai consumi di gas/elettricità.

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L’anno delle fusioni Acquisizioni e merger fra realtà di primo piano del panorama mediatico, italiano e non solo, sono uno dei fenomeni più importanti degli ultimi mesi che ha coinvolto editoria cartacea, televisione, radio, Out Of Home, oltre che Telefonia e TLC, che dal punto di vista industriale ai media è strettamente connessa. Quali conseguenze è lecito attendersi da tali ‘concentrazioni’?

IL 2016 sarà sicuramente un anno da ricordare per quel che riguarda le fusioni, alcune concretizzate e ufficialmente attivate, altre apparentemente sospese o evaporate, fra alcuni dei principali protagonisti dello scenario Media italiano. Ricordiamo brevemente le principali. Ai primi di settembre è arrivato il via libera della Commissione Europea alla fusione tra Wind e H3G, joint venture tra le due compagnie di telecomunicazioni (controllate rispettivamente da Vimpelcom e Hutchinson): la nuova società, alla cui guida siederà l’attuale AD di Wind, Maximo Ibarra, si posizionerà come primo operatore mobile italiano con oltre 31 milioni di clienti nel mobile e 2,8 milioni nel fisso (di cui 2,5 milioni broadband). Rispettando le condizioni poste da Bruxelles, le due aziende dovranno però cedere parte delle loro attività a Iliad, la capogruppo dell’operatore francese di Tlc Free, consentendo così a un nuovo operatore di telefonia mobile di sbarcare sul mercato italiano. Come ha commentato Margrethe Vestager, commissaria alla concorrenza per la UE, si tratta di una soluzione che “Compensa la perdita di concorrenza e assicura che l’operazione non penalizzi gli utenti italiani”. E si potrebbe aggiungere: un’operazione che lascia presagire un ‘ritorno di fiamma’ da parte dell’intero comparto verso la comunica28

Maximo Ibarra, Amministratore Delegato di Wind e AD designato per la società che nascerà dalla joint venture fra CK Hutchison e VimpelCom e la fusione di Wind e H3G

zione, vista la probabile necessità di conquistare o consolidare – a seconda dei casi – la propria quota di mercato. Si attende ancora il pronunciamento dell’Antitrust, ma alla fine di settembre è


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arrivato anche un altro via libera ufficiale: quello dell’AgCom a riguardo dell’acquisizione di Itedi, la società editoriale che pubblica La Stampa e Il Secolo XIX, da parte del Gruppo L’Espresso: l’integrazione delle due società, che nel 2015 hanno registrato complessivamente ricavi pari a circa 750 milioni di euro, dà vita al primo gruppo editoriale italiano nel settore dell’informazione multimediale, quotidiana e periodica, oltre che a uno dei principali anche a livello europei. Sempre a settembre, poi, dopo l’OPA primaverile e la conseguente vittoria di Urbano Cairo, c’è stata la prima assemblea RCS di quella che certamente sarà una nuova era: e per quanto non si sia ancora discusso di una vera e propria fusione dei due gruppi editoriali se non in un’ottica di lungo periodo, le prospettive sono sicuramente interessanti viste le possibilità di mettere in campo collaborazioni e sinergie anche in un’ottica di sviluppo digitale e televisivo (un esempio potrebbe essere quello del Giro d’Italia). Tornando indietro di qualche mese, vanno poi ricordate le operazioni realizzate da Mondadori con la duplice acquisizione della Divisione Libri di RCS MediaGroup prima e della holding ‘verticale’ Banzai Media poi: acquisizioni considerate entrambe strategiche dal gruppo di Segrate, come ha spiegato in più occasioni il suo Amministratore Delegato Ernesto Mauri, ma con un occhio di riguardo soprattutto per la seconda che consente a Mondadori di aumentare le sue competenze digitali per competere ad armi pari con i colossi europei del settore. Last but not least, la querelle che ha visto prima ipoteticamente affiancate e oggi sempre più distanti Mediaset e Vivendi: dopo aver firmato ad aprile un contratto che prevedeva la cessione del 100% di Mediaset Premium a fronte di un reciproco scambio di quote azionarie (il 3,5%) fra il colosso francese e

Monica Mondardini, amministratore delegato di Cir e del Gruppo Espresso che ha acquisito Itedi

Mediaset. L’operazione avrebbe dovuto nascere, anche in questo caso, all’insegna delle potenziali sinergie: prima di tutto sul fronte della costruzione di una piattaforma OTT di livello paneuropeo, per contrastare efficacemente l’arrivo e la diffusione di Netflix; e allo stesso tempo per sviluppare una nuova partnership per la produzione e la distribuzione di contenuti audiovisivi. Come è noto, prima dell’estate la società francese guidata da Vincent Bolloré ha deciso rinunciare all’acquisto totale di Premium proponendo in’alternativa l’acquisto del solo 20% della pay tv, affiancato dall’emissione di un prestito obbligazionario convertibile in azioni Mediaset che avrebbe permesso a Vivendi di salire fino al 15% in Mediaset. Ma la controfferta è stata respinta al mittente, con conseguenti ricorsi ordinari e d’urgenza in tribunale ma con la porta sempre aperta a eventuali accordi

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extragiudiziali fra le parti. Una vicenda, a tutti gli effetti, ancora lungi dall’essere conclusa e definita. Contenuti, audience e tecnologie È evidente che tali e tante operazioni finanziarie impatteranno sul mercato nel suo complesso: quali conseguenze è dunque lecito immaginarsi sia nel breve che nel medio termine? Che cosa si aspettano le agenzie media, le concessionarie e i clienti stessi da un mercato in cui gli operatori maggiori diventano sempre più grandi? E infine, rimarranno spazi per gli ‘indipendenti’ e su quali armi potranno fare affidamento? “Ci sono due temi da mettere in evidenza – osserva Marco Girelli, AD Omnicom Media Group –: da una parte l’investimento per aprire nuovi canali oggi è molto ridotto, c’è un’altissima diversificazione ma è sempre più centrale la questione della qualità del contenuto. Il secondo aspetto riguarda invece le audience, in termini di qualità e quantità. Grazie allo sviluppo della tecnologia oggi sappiamo molto riguardo alle caratteristiche e alle abitudini di consumo delle audience e possiamo indirizzare i contenuti e i messaggi in modo più corretto e mirato, tenendo conto dei loro reali interessi. L’altro aspetto riguarda la quantità, perché comunque questa proliferazione di contenuti e di canali ha apportato nuove frammentazioni di audience. Non è un segreto dunque che queste operazioni di fusione abbiano come obiettivo anche quello di aggregare attorno alle diverse piattaforme la maggior quantità possibile di utenti e mezzi per poi poter creare una comunicazione sempre più profilata e definita”. “Credo che la differenza non la facciano le dimensioni degli operatori ma la qualità del servizio offerto e l’attenzione rivolta a tutti i clienti, anche i più piccoli – puntualizza però Alberto Cremaschi, Managing Director

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Urbano Cairo, presidente Cairo Communication, dopo il successo dell’OPA anche presidente e AD di RCS MediaGroup

Kinetic –. A prescindere da quanto grandi si possa diventare tramite fusioni e acquisizioni non si può e non si deve trascurare il minimo dettaglio. I clienti di piccole dimensioni spesso sono spaventati dall’avvicinarsi ai grandi gruppi di marketing e comunicazione perché temono di essere gestiti con minore attenzione in confronto ai big spender pubblicitari con cui i centri media sono abituati a collaborare. Per arginare questa mentalità e per poter ‘aggredire’ anche le piccole-medie imprese, bisogna continuare ad adottare la logica del piccolo ‘bottegaio’ che segue i suoi clienti con un approccio sartoriale quasi maniacale e questo vale nel nostro business come in qualsiasi altro”. “La concentrazione cui stiamo assistendo – commenta Andrea Sinisi, General Manager Initiative – è figlia di un processo per certi versi naturale, dopo anni di riduzione degli investimenti e conseguente necessaria riorganizzazione degli operatori. Riteniamo


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però che questo fenomeno sia spinto anche dalle esigenze del mercato: la grande competizione sui budget, insieme alla pressante necessità di approcci trasversali da parte delle aziende, ha spinto le organizzazioni a dotarsi di tutte le properties che potessero renderle maggiormente competitive ed efficaci. Le proposition 360° delle concessionarie, ad esempio, sono un’opportunità per tutti, centri media inclusi, per affrontare la sfida della maturità digitale”. Differenziarsi per efficienza ed efficacia “Gli anni della globalizzazione non sono alle spalle – è la riflessione di Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen –. Anzi, la tecnologia ci porta ancora di più nella direzione delle concentrazioni. Cambiano le strutture dei business e la necessità di ripagare gli investimenti, tant’è che remunerare gli shareholders non potrà che favorire la concentrazione già nel breve periodo. Questa è una tendenza ormai consolidata che forse penalizza più l’offerta che la domanda. Le aziende dovranno lavorare sulla differenziazione dei prodotti di comunicazione offerti per evitare ‘geopardizzazioni’ dei business gestiti. Insomma, efficienza sì ma anche efficacia della proposta commerciale”. E prosegue: “I players di dimensioni internazionali possono realmente avvantaggiarsi. Per gli altri, credo che non ci possano essere rendite di posizione, quindi i vantaggi competitivi – per dirla citando Michael Porter – vanno costruiti con meticoloso scrupolo. In base alle teorie economiche sui mercati in generale, sappiamo che in situazioni oligopolistiche i profitti tendono a concentrarsi. Non mi riferisco al solo mercato della comunicazione, dal momento che in tutto il mondo questo tema è sui tavoli delle istituzioni. Queste tenderanno a regolare situazioni distorte: succede

Ernesto Mauri, presidente di Mondadori France e amministratore delegato del Gruppo Mondadori, che ha definito ‘strategiche’ le recenti acquisizioni di RCS Libri e Banzai Media

in Europa, ma se guardiamo oltre Oceano la situazione non cambia di molto”. Agli ‘indipendenti’? “Forse rimarranno le briciole – la risposta di Dal Sasso –, perché c’è poco spazio per le piccole dimensioni”. “Gli ‘indipendenti’ – osserva Stefano Spadini, CEO di Havas Media Group – potranno avere spazio se sapranno differenziarsi, giustificando dunque il loro ruolo, sia dal punto di vista editoriale sia da quello commerciale. Un aspetto positivo della concentrazione può essere una migliore razionalizzazione delle risorse, che porta a due principali vantaggi: da un lato, eliminando le duplicazioni che dovessero esserci nel portafoglio, si potrebbe ampliare l’offerta; dall’altro, il migliore impiego delle risorse porterebbe a un miglioramento del prodotto”. Una tele-visione concreta Fra tutte le varie operazioni di questa

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Il finanziere Vincent Bolloré, chairman e Ceo del Gruppo Bolloré, primo azionista Vivendi, nonché presidente Gruppo Havas, che sembra aver rinunciato alle mire su Mediaset Premium per puntare alla casa madre Mediaset

stagione ‘bollente’, il Ceo di Media Italia, Valentino Cagnetta, punta il dito su quella che, a suo parere, che vada in porto o meno, rappresenta in ogni caso una chiave di volta e uno snodo fondamentale per l’intero mercato pubblicitario italiano: “Siamo forse, per l’ennesima volta, all’alba di un ‘nuovo millennio’: a seconda di quel che succederà e dell’esito della questione Vivendi–Mediaset, nel giro di un mese o poco più sapremo quale sarà il destino dei prossimi cinque anni della televisione italiana, cosa succederà degli investimenti dei nostri clienti e, di conseguenza, quali saranno gli effetti ‘collaterali’ per l’intero mercato pubblicitario italiano…”. Per spiegare tale affermazione Cagnetta prosegue: “Premium, che è al centro di questa querelle tra il gruppo guidato da Bolloré e Mediaset, di per sé in questo momento 32

non è un soggetto così pesante o rilevante se la consideriamo dal punto di vista della sua quota di raccolta pubblicitaria. A oggi, l’ipotesi più probabile è che visto il mancato accordo fra le parti si andrà a un arbitrato e si allungheranno i tempi, e che nel frattempo Mediaset cercherà di collocare Premium altrove. Dove? Se escludiamo l’eventualità di un acquisto da parte di Telecom – di cui Bolloré è principale azionista –, ecco che si farebbe strada l’ipotesi che l’acquirente più probabile possa essere Sky”. Già lo scorso anno, del resto, quando Mediaset decise di mettere Premium sul mercato, ci furono incontri e trattative fra le due parti che non si conclusero per il mancato accordo sul prezzo. E anche nelle ultime settimane, dopo lo stop alla cessione a Vivendi, il dialogo sembra sia ripreso. Ma cosa succederebbe in un caso del genere, con Sky padrona incotrastata del mondo pay? “La nostra valutazione – risponde Cagnetta – è che circa il 60-70% degli abbonati Mediaset andrebbe sulla piattaforma unica, rendendo l’acquisizione di Premium un toccasana per il mondo Sky che diventerebbe assai più consistente. Nonostante la perdita dei diritti sulla Champions League, Sky è riuscita finora a tenere botta sul numero di famiglie abbonate, ma sono anni, ormai, che di fatto non registra una crescita sostanziale degli abbonati. A quel punto lo scenario televisivo ne uscirebbe riconfigurato anche in seguito a un possibile patto di ‘non belligeranza’ sull’advertising che lascerebbe Sky regina incontrastata del mondo pay e Mediaset di quello free. Per contro, proprio in questo momento Sky sta cominciando a utilizzare e a spingere una tecnologia significativa come AdSmart, capace di offrire servizi pubblicitari in modo più preciso e puntuale della Tv generalista classica: è ancora in una fase sperimentale, ma direi che in questo modo stia aggiun-


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Piersilvio Berlusconi, Vicepresidente Esecutivo e Amministratore Delegato del Gruppo Mediaset e Presidente e AD di RTI, che ha respinto al mittente la proposta di Bolloré di un ingresso ‘pesante’ in Mediaset.

gendo fuoco alle polveri dal punto di vista pubblicitario”. Come ricorda Cagnetta, cambierebbe poi, e non di poco, la questione dei diritti sportivi, calcio in primis: “Diritti che andrebbero a questo punto all’unico sistema pay presente, e non so quanta e quale parte potrebbe essere acquistata da una Mediaset priva di Premium. Si ridisegnerebbe perciò anche la mappa degli altri contenuti, i film, le serie, i format televisivi... A quel punto il progetto paneuropeo targato Bollorè/Vivendi troverebbe sul mercato italiano dei player molto più forti: Mediaset in un’area e Sky nell’altra, ma anche una Rai altrettanto forte, visto che la pratica canone è stata risolta, e in più un operatore come Discovery che sta investendo a livello globale sia sulla costruzione/acquisizione di nuovi canali, sia sull’acquisizione di

diritti”. Cosa succederebbe se, al contrario, Mediaset e Vivendi dovessero far pace o trovare una ‘tregua armata’ rispettando il contratto che era stato stipulato? Anche in questo caso Cagnetta ha una visione chiara del possibile scenario: “Succederebbe che quando si andrà all’asta per i diritti della Champions League e quelli del Campionato italiano Sky si troverà a fronteggiare un competitor non più di dimensione Mediaset, ma molto più consistente e strutturato, con linee di credito molto più importanti e che sicuramente cercherebbe di tenere banco sull’intero mondo del calcio – dice infatti il Ceo di Media Italia –. A quel punto ci sarebbe il rischio concreto che il calcio sparisse completamente dal sistema Sky: e se questo accadesse, la pay tv sarebbe in grado di restare in piedi contro un player che non sarebbe più Premium, ma una ‘Premium-Premium-Premium’ all’ennesima potenza? La mia risposta è probabilmente no. Si avvierebbe quindi la nascita di un nuovo soggetto sul mercato italiano e a patirne le conseguenze sarebbe dunque soprattutto Sky”. E conclude: “Ecco perché sto dicendo che si sta per ridisegnare la mappa del sistema televisivo e pubblicitario italiano, dove la televisione pesa ancora più del 50% degli investimenti e di fatto detta le regole del gioco: non è futurologia, ma un mutamento che si potrebbe verificare nel prossimo mese e mezzo!”. Esterna: terra di conquista? Non le abbiamo citate all’inizio, ma anche nel mondo così frammentato dell’Out Of Home le cose sembrano muoversi. Anzi, si sono in parte già mosse fin dal 2014/2015: in primo luogo con l’uscita dal mercato di quella che era la terza ‘Big’ del mercato, CBS Outdoor, trasformata prima in Exterion Media e successivamente messa in liquidazione; cui

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ha fatto seguito lo scorso anno l’acquisizione (a livello internazionale) di Cemusa da parte di IGPDecaux, operativa al 100 per 100 da quest’anno. Anche se non si tratta di una vera e propria ‘fusione’, vale però la pena ricordare anche l’aggregazione in Local Leader Group di alcuni dei principali operatori di esterna locali – Ergo, Icap, Pubbliesse, Quadro Advertising e Real Media – che già da qualche tempo, pur continuando a pianificare ognuna direttamente la propria area di competenza, hanno tutte insieme dato vita a una nuova realtà dell’Outdoor in grado di offrire una copertura pressoché nazionale. Proprio perché quello delle concentrazioni è un fenomeno i cui aspetti sono interessanti soprattutto da un punto di vista ‘locale’, Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy, lega il tema della nuova ondata di fusioni e concentrazioni al sempre più marcato sviluppo del digitale: “Tutto ciò sarebbe stato difficilmente immaginabile prima dello sviluppo del digital – afferma Dosi –, che sta cambiando e in parte ha già cambiato anche per noi l’ottica in cui si guarda al mercato. Anche per l’Out Of Home, infatti, potrebbero esserci operatori ‘nuovi’ che potenzialmente potrebbero decidere di affacciarsi al nostro mezzo. E questo, per noi, è forse più un rischio che un’opportunità. Va ricordato che il nostro è un mercato ancora estremamente frammentato, in cui a fianco dei due operatori leader che fanno insieme circa il 50% del mercato, ci sono una decina di aziende di dimensioni ‘medie’ che valgono il 30-35 percento, mentre il resto è suddiviso fra una foltissima schiera di piccole e piccolissime imprese di stampo locale, che perciò hanno logiche di business completamente diverse e che operano in un mercato non sovrapponibile al nostro”. Un’analisi sulla quale riflette anche Alessandro Loro, direttore marketing di IGPDecaux: “Nel settore dell’Outdoor (si badi

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Marco Girelli, Amministratore Delegato Omnicom Media Group

bene: non dell’Out of Home!!) i fenomeni di concentrazione hanno riguardato in modo importante anche la parte di mercato coperta dai big player: negli ultimi due o tre anni, per esempio, sono scomparse CBS Outdoor/Exterion Media e Cemusa. E tuttavia i principali operatori hanno sempre mantenuto, tutti insieme, una quota al di sotto del 50% del totale mercato. Il nostro è un comparto fatto anche di un gran numero di piccoli operatori, da chi gestisce i mezzi di trasporto extraurbani, all’operatore che gestisce una manciata di grandi teli su Milano o Torino, passando per chi si occupa delle insegne luminose, dei circuiti tematici e della cartellonistica sulle strade extraurbane. Non c’è da farsi illusioni: fra tutti i mezzi classici l’Esterna è da sempre e in assoluto il più frammentato”. Loro si aspetta inoltre che la situazione rimanga la stessa ancora a lungo. “Del resto l’Outdoor, parliamo complessivamente di una cifra io credo attorno ai 400 mi-


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lioni di euro, è solo una goccia nel mare della comunicazione esterna (o come si dice oggi dell’Out-of-Home): il mondo degli eventi o di quella che oggi giustamente si chiama Live Communication vale più del doppio dell’Outdoor; lo stesso se pensiamo ai Volantini, che Nielsen stima valere 1 miliardo l’anno, e che alla fine rappresentano uno dei principali concorrenti dell’Outdoor a livello locale! E se volessimo parlare seriamente di Out of Home, quindi oltre agli eventi e ai volantini ci mettessimo il cinema, buona parte della radio e il cosiddetto ‘mobile’, tutto sommato arriveremmo a un totale approssimativo di 3 miliardi”. E prosegue: “D’altra parte nelle grandi operazioni di concentrazione cui stiamo assistendo nell’ambito della stampa o della Tv (Mondadori che compra Rizzoli Libri, fino al gruppo Repubblica-Espresso che compra La Stampa, dalla scalata di Cairo a RCS alle ‘trattative’ Mediaset-Vivendi), personalmente non sempre leggo grandi disegni strategici, ma la necessità di parare il colpo e sopravvivere perché le cose vanno male”. Anche Dosi riprende il tasto delle ridotte dimensioni del mercato Outdoor, ma con un’ottica differente che si riferisci principalmente al ruolo delle concessionarie nei confronti delle agenzie media: “Nonostante la leadership nel nostro settore, partiamo sempre dal presupposto di rappresentare una goccia nell’oceano dei media: per questa ragione ritengo difficile pensare di poter ‘influenzare’ in qualche modo le strategie, i programmi o le iniziative delle agenzie. Sarà piuttosto il fenomeno della digitalizzazione e dell’automazione degli acquisti anche nell’OOH che porterà le agenzie a valutare se e come organizzarsi internamente da questo punto di vista. Il trend è senza dubbio verso l’accorpamento e l’unificazione delle procedure di buying attraverso la semplice apertura di

Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia

nuovi canali all’interno dei trading desk delle agenzie. Una volta trasferite le competenze di buying, e dal momento che oggi è sufficiente un unico file digitale per una pianificazione in esterna con copertura nazionale, serviranno ancora o come si trasformerà il ruolo degli ‘Specialist’?”. In conlusione, Dosi si dichiara convinto che “Nell’Out Of Home ci sia e ci sarà sempre spazio per operatori che vanno a soddisfare esigenze locali e georeferenziate, o che offrano competenze verticali e di nicchia. Ma sono altrettanto certo che altri segmenti – per esempio quello dei Poster – siano destinati a essere ‘ottimizzati’ sempre più”.

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Trasparenza: Italia batte USA Per gli operatori italiani la ‘questione Dn’ è ormai risolta grazie ai rapporti contrattuali fra aziende e agenzie. Non così negli USA, dove un report commissionato dall’A.N.A. (equivalente alla nostra UPA) ha ‘scoperchiato’ la pentola della Trasparenza nei processi di planning e buying digitale. Siamo sicuri che in Italia sia stato chiarito proprio tutto?

QUELLA DEI DN, per il mercato italiano, si configura come una questione ormai ‘risolta’ o, quanto meno, ampiamente chiarita fra le parti fin dal momento della sottoscrizione dei rapporti contrattuali fra azienda e agenzia: i DN sono ormai un elemento integrante delle trattative e parte della remunerazione di un’agenzia. Tutto alla luce del sole. Negli Stati Uniti, gli investitori pubblicitari – che a differenza di quelli europei e asiatici si sono sempre ritenuti estranei a questa pratica – si sono ritrovati invece una patata bollente fra le mani al momento della pubblicazione del report che l’A.N.A. (Association of National Advertisers – equivalente alla nostra UPA) aveva commissionato a K2 Intelligence ed Ebiquity alla fine del 2015. Quando a luglio sono stati resi noti i risultati dell’indagine, che ha richiesto 8 mesi e oltre 150 interviste in forma anonima a professionisti di agenzie, concessionarie e aziende, la diffusione di pratiche ‘non trasparenti’ come gli sconti ‘cash’ o in spazi gratuiti concessi dalle concessionarie alle agenzie media, o sconti strutturati come ‘corrispettivi’ per accordi e ‘servizi complementari’ e non ristornati ai clienti è emersa in tutta la sua evidenza. La pubblicazione del report ha naturalmente scatenato un forte polverone mediatico, 36

ma allo stesso tempo suscitato parecchie perplessità. I clienti si sono trovati in un certo senso spiazzati: da un lato ricorrendo a società di auditing e di consulenza (come Accenture, per esempio, ma anche le stesse K2 ed Ebiquity) pronte ad aiutarle nella ridefinizione dei termini contrattuali degli accordi con le agenzie; dall’altro, le grandi holding non hanno esitato a evidenziare che in primo luogo che l’anonimato delle fonti raccolte dallo studio ne inficia la validità, e al tempo stesso che proprio il fatto che le società incaricate dell’indagine abbiano aperto uffici e reparti ad hoc per sfruttare economicamente i risultati del report proponendosi come auditor costituisce un evidente conflitto d’interesse. Luci e ombre dei trading desk Nelle tavole che accompagnano questo capitolo abbiamo ripreso le principali pratiche ‘non-trasparenti’ illustrate dal report A.N.A., ed è opportuno specificare che gli esempi riportati si riferiscono appunto al mercato statunitense: e ciò che va altrettanto sottolineato è come sul banco degli accusati siano posizionate prima di ogni altra cosa le piattaforme di trading utilizzate dalle principali holding della comunicazione e dalle loro agenzie. Uno degli aspetti più controversi emersi


capitolo3

IL FLUSSO DI UNA TRANSAZIONE IN CUI I DN SONO VERSATI IN CONTANTI

Nell’esempio rappresentato dal grafico, la concessionaria ‘restituisce’ all’agenzia media il 10% dell’investimento del cliente: il flusso di denaro che passa dall’agenzia verso la concessionaria rappresenta il totale investimenti da parte dei suoi clienti in un determinato lasso di tempo. Non necessariamente tali investimenti sono effettuati contemporaneamente. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

dalle testimonianze raccolte da K2 Intelligence ed Ebiquity, è che in molti casi anche quando scelgono volontariamente la strada dei modelli in cui i prezzi degli spazi rimangono ‘nascosti’ (‘non disclosed’) – casi in cui l’opt-in è indispensabile a termini di legge – la consapevolezza di che cosa stia dietro a tali modelli è tutt’altro che piena, soprattutto in merito ai margini di profitto che tali metodi assicurano alle holding. Il report cita, sempre in forma anonima e quindi senza rivelarne i nomi, casi di aziende che per vederci più chiaro hanno chiesto un audit dei trading desk di agenzia maturando di conseguenza una decisione: costruire o comunque avvalersi di una piattaforma di trading proprietaria. Per contro, non mancano testimonianze

di segno opposto secondo le quali benché scarsamente trasparenti, le pratiche discusse assicurano comunque vantaggi agli investitori. Per esempio, il fatto che i clienti paghino un prezzo ‘fisso’ per raggiungere certi risultati (KPI come specifiche metriche o livelli di performance garantiti) può essere più conveniente del tradizionale sistema basato su una commissione percentuale sull’investimento totale, che incentiverebbe le agenzie a spendere di più. Se anche guadagnando di più un trading desk riesce a ottenere gli stessi risultati utilizzando un budget inferiore il vantaggio è evidente sia per l’agenzia/holding sia per l’advertiser. In pratica, quindi, i clienti possono percepire come più conveniente il modello ‘principal’, anche quando ‘non disclosed’, 37


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IL FLUSSO DI UNA TRANSAZIONE IN CUI I DN RISULTANO COME PAGAMENTI PER ‘ALTRI SERVIZI’

Anche in questo grafico la concessionaria ‘restituisce’ all’agenzia media il 10% dell’investimento del cliente, e il flusso di denaro che passa dall’agenzia verso la concessionaria rappresenta il totale investimenti da parte dei suoi clienti in un determinato lasso di tempo (non necessariamente tali investimenti sono effettuati contemporaneamente). In questo caso, però, i fee corrisposti per ‘altri servizi’ –diversi cioè da buying e planning e descritti nei contratti come ‘consulenze’ o ‘ricerche’ –, sono comunque legati al volume di investimento dell’agenzia media piuttosto che all’effettivo lavoro di consulenza o di ricerca svolto. A seconda degli accordi specifici, le frecce verdi e rosse rappresentano variazioni dello stesso pagamento da parte della concessionaria all’agenzia: rosso nel caso di rimessa diretta all’agenzia media; verde nei confronti di una società terza, affiliata alla holding di riferimento. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

perché il costo del media è inferiore e non devono sostenere la spesa aggiuntiva del fee da versare all’agenzia. Entrambi i vantaggi, spiegano però alcuni degli esperti intervistati, possono essere 38

confutati. In primo luogo, non è affatto detto che la negoziazione fra trading desk e concessionarie si riferisca inequivocabilmente a spazi premium: in altre parole, il risparmio ottenuto dal cliente non è


capitolo3

IL CENTRO MEDIA COME ‘AGENTE’

È l’esempio più standard e tradizionale del rapporto fra le tre parti: l’agenzia media, o eventualmente la sua holding di riferimento, acquista dalla concessionaria gli spazi in nome e per conto del cliente, a cui fattura il costo degli spazi stessi più il proprio fee. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

proporzionale alla qualità degli spazi pianificati. Inoltre, l’assenza di un fee d’agenzia quando l’acquisto avviene in veste di ‘principal’ contribuisce a dare la sensazione al cliente che i soldi non spesi per quella voce di costo siano automaticamente destinati all’acquisto degli spazi, anche se non è così. Infine, il volume degli sconti ottenuti dalle holding è dovuto al totale aggregato degli investimenti gestiti per conto di più clienti, e in questo modo ci sono aziende che non beneficiano pienamente di tali sconti. In un post sul proprio sito ripreso da molte testate specializzate, GroupM contro-replica con decisione a quest’ultima affermazione, ricordando come tutti i grandi gruppi della comunicazione abbiamo investito ingenti risorse in tecnologia e innovazione, assumendosi dei rischi non indifferenti: “Gli investimenti effettuati ci permettono di applicare i dati a nostra disposizione e la tecnologia al processo di acquisto delle inventory digitali – spiega GroupM –. Questa aggiunta di dati, tecnologia e

analisi è ciò che trasforma la natura della commodity che ne è alla base, trasformando i miliardi di impression disponibili in audience rilevanti e di valore per il cliente. Stiamo parlando di una nuova categoria di asset media, che noi offriamo ai clienti in due modi. Il primo è attraverso un servizio dall’alto livello di prezzo, sotto il quale rendiamo più trasparente possibile il costo dal lato dei venditori. E molti clienti lo scelgono. In alternativa, garantiamo alle aziende un livello di prezzo fisso per raggiungere gli obiettivi cui sono interessati, accorpando tutti i nostri costi di dati, tecnologia, servizio e acquisto diretto degli spazi. Questo è il modello che l’A.N.A. definisce ‘principal’. Come abbiamo più volte ripetuto, questo è un modello che richiede ai clienti un opt-in, è soggetto a continui riesami delle performance e non è in alcun modo legato allo sfruttare i volumi di spesa di clienti che non partecipano all’opt-in – perché ciò su cui si basa è proprio l’uso della tecnologia e dei dati piuttosto che il volume di investimento”.

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IL CENTRO MEDIA COME ‘PRINCIPAL’

Secondo le fonti citate dal report K2, i possibili metodi con cui le holding acquistano direttamente gli spazi dalle concessionarie (trasformandosi di fatto in broker, e non più ‘agenti’) sono principalmente quattro: (1) acquisti ‘anticipati’ (2) sconti a volume non-rivelati (3) listini ‘doppi’ (4) barter Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

Qualsiasi approccio e modello scelgano i clienti, aggiunge GroupM, “Garantiamo loro gli stessi standard di viewability e verifica che abbiamo fissato a un livello superiore a quello della media della nostra industry. Continuiamo a conquistare clienti e a vincere gare contro competitor nuovi e tradizionali sia con l’uno che con l’altro approccio, e questo perché creiamo in ogni caso una vantaggio competitivo per gli advertiser”. E conclude: “La nostra prospettiva è che i clienti e i loro advisor dovrebbe guardare ai modelli di trading ‘principal’ – nel 40

digital e negli altri media – attraverso un punto di vista centrato sul loro valore. Questi modelli sono costruiti e sviluppati sulla base di analisi e insight sulle dinamiche di domanda e offerta, e non sullo sfruttamento di una leva come il volume di investimento. Il report A.N.A. non contempla questa possibilità e suggerisce, sbagliando, che tali modelli siano un compromesso rispetto al valore che dobbiamo fornire ai clienti. Le società di servizi media si assumono già molteplici rischi, per esempio la responsabilità sulla proprietà intellettuale, per conto dei clienti. In cambio, abbia-


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IL CASO 1: ACQUISTI ‘ANTICIPATI’ E SPAZI SCONTATI

Il caso si verifica quando una holding acquista direttamente dalla concessionaria, per esempio attraverso un trading desk proprietario, un predeterminato quantitativo di spazi pagandoli anticipatamente (K2 cita un contratto in cui spazi del valore di 1 milione di dollari sono stati pre-negoziati a 500.000 dollari). Entro un arco di tempo stabilito, il trading desk rivenderà poi questi spazi all’agenzia media che li fatturerà al cliente. Tale accordo può inoltre combinarsi con diversi livelli di sconto a fronte di determinati volumi di spesa, calcolati sul totale degli investimenti della holding e non per singolo cliente dell’agenzia, sfruttando in questo modo una ‘potenza di fuoco’ assai maggiore. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

mo il diritto di prenderci ulteriori rischi a beneficio del nostro business, specialmente quando siamo ricompensati per tali rischi solo nel momento in cui ne beneficia anche il cliente”.

I fattori che ostacolano la trasparenza Il report A.N.A. si chiude analizzando i principali motivi per cui si è arrivati alla situazione attuale, e ne cita 41


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IL CASO 2: SCONTI A VOLUME E COSTI NON-RIVELATI

Come nel caso precedente, il trading desk della holding e la concessionaria negoziano uno sconto sulla base di un volume di investimento minimo garantito. Il trading desk applicherà poi un mark up prima di rivendere quegli spazi all’agenzia media appartenente alla stessa holding che poi li fatturerà al cliente. La differenza è che il costo di quegli spazi non viene rivelato al cliente finale (e spesso neppure all’agenzia media). Al cliente viene quindi data la possibilità di scegliere: se decide utilizzare gli spazi acquistati direttamente dal trading desk otterrà una tariffa più bassa di quella che avrebbe ottenuto facendo acquistare gli stessi spazi dall’agenzia media. In ogni caso, anche se il cliente decidesse di non utilizzare tale possibilità, l’investimento rientra comunque nella spesa totale e nel minimo garantito che dà diritto allo sconto negoziato fra trading desk e concessionaria. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

in particolare tre: • la pressione che i clienti esercitano da anni sui fee e sulle remunerazioni delle 42

agenzie, che ha portato queste ultime a cercare fonti di revenue alternative per recuperare i margini di un tempo;


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IL CASO 3: DOPPI LISTINI

Un altro metodo per ottenere sconti da parte dei trading desk è quello della negoziazione attraverso un ‘doppio listino’: uno dedicato alle agenzie media, e un secondo listino – a tariffe ridotte – dedicato ai trading desk. Rispetto agli esempi precedenti, non sono previsti minimi garantiti da parte delle holding. In questo caso, se un cliente decide di utilizzare il trading desk, questo applica un mark up e fornisce gli spazi all’agenzia media che poi ne fattura il costo al cliente stesso. Anche in questo caso né il cliente né l’agenzia media conoscono con esatteza il prezzo pagato dal trading desk, e il prezzo finale per l’advertiser risulterà più basso: quest’ultimo avrà perciò l’impressione di aver ottenuto uno sconto, ma è evidente che il prezzo (e i margini) sono controllati dalla holding e non dalla concessionaria. Fonte: “An Independent Study of Media Transparency in the U.S. Advertising Industry”, K2 Intelligence/A.N.A., giugno 2016

• la crescente complessità delo scenario del media buying e la corrispondente difficoltà per i clienti di tenere il passo

dei cambiamenti sempre più rapidi che lo caratterizzano; • gli attuali limiti alle pratiche di auditing 43


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definiti nei contratti (per esempio, i clienti possono chiedere un audit della propria agenzia ma non di altre società affiliate alla holding di appartenenza). Visto e considerato che questi fattori possono essere ritenuti validi non solo per gli Stati Uniti (dove peraltro l’auditing risulta meno diffuso rispetto all’Europa e ad altre zone ritenute ‘calde’ sotto il profilo della trasparenza come Giappone e Medio Oriente), abbiamo chiesto alle agenzie media italiane quanto la riflessione a livello globale in tema di trasparenza sia applicabile alla situazione del nostro paese, soprattutto nei processi legati al planning e buying digitale. È vero che le agenzie media non solo trattano e pianificano per conto dei clienti, ma acquistano e rivendono ‘in proprio’ gli spazi digital con un significativo – quanto spesso ‘non trasparente’ – mark up? Qual è la policy delle centrali media italiane in proposito? E inoltre, dopo la ‘Mediapalooza’ dello scorso anno, quando abbiamo assistito a un numero di gare media a livello globale asoluatemente straordinario, è possibile che le discussioni in corso fra gli investitori multinazionali e le grandi holding avranno riflessi anche in Italia? “Il fatto che in altri paesi, e negli Stati Uniti in primis, si punti così ‘improvvisamente’ il dito su queste tematiche mi fa sorridere… – è la prima risposta di Luca Cavalli (Zenith) –. Lo capisco, ma come in tante altre occasioni mi viene spontaneo pensare che il nostro paese è molto più pronto e preparato di quanto solitamente non si immagini. È un nostro difetto: diamo sempre l’impressione di essere o di sentirci l’ultima ruota del carro mentre, al contrario, dal punto di vista della professionalità e del grado di competenza tecnica il comparto ‘media’ italiano è di qualità

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largamente superiore alla media. Nel caso specifico della trasparenza, lo dimostra il fatto che da noi si tratta di un tema di cui non si è mai smesso di parlare e dove nessuno ha mai fatto finta di nulla: anzi, gli argomenti e i toni si sono evoluti dimostrando la grande preparazione, competenza e condivisione di tutte le parti in causa, che oggi si riflettono in una contrattualistica chiara, precisa e sempre, sempre, sempre rispettata. Per quello che ci riguarda direttamente il nostro obiettivo è portare valore ai clienti. I diritti di negoziazione sono un valore presente sul mercato tanto quanto la capacità negoziale in materia di sconti, la remunerazione delle agenzie o la remunerazione a performance. Rientrano quindi in un pacchetto di contrattazione col cliente che una volta stabilito è, per quanto ci riguarda, inviolabile nonché soggetto a diritto di audit da parte del cliente stesso in qualunque momento”. Consulenti e intermediari, non re-seller di spazi “In HMG ci poniamo innanzitutto come consulenti e come intermediari, non come re-seller di spazi pubblicitari – chiarisce Stefano Spadini (Havas Media Group) –. È da almeno un decennio che i Dn sono regolamentati in modo trasparente tra cliente e agenzia. Vero è che la filiera digitale ha aumentato gli intermediari, ma non ritengo corretto parlare di mancata trasparenza: tuttalpiù sottolineo l’incapacità della industry di rimarcare il valore che la filiera digitale genera per il cliente. I paesi anglosassoni sono stati i primi a riconoscere alle nuove piattaforme digitali la capacità di generare un maggiore valore rispetto alle pianificazioni tradizionali delle attività, riconoscendo di fatto il ruolo strategico del digitale. In HMG ci muoviamo in due dire-


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zioni: da una parte aumentando la capacità di implementazione delle nuove tecnologie, dall’altra siamo all’inizio di un processo organizzativo che ha come obiettivo ultimo la capacità di meglio articolare il valore del digitale”. E su una nuova, potensiale, Mediapalooza? “Il nostro è un mercato dove abbiamo storicamente le relazioni più lunghe con i clienti – replica Spadini –. Uno degli effetti della globalizzazione è stato il moltiplicarsi di gare a livello globale ma che impattano anche a livello locale. Se il 2016 è stato un anno tranquillo sul fronte delle gare locali, crediamo che nel 2017 ci sarà un maggiore numero di gare a livello locale”. “Non c’è dubbio che lo sviluppo della digitalizzazione e la possibilità di utilizzare tecnologie per poter indirizzare le comunicazioni in maniera più profilata siano accompagnate dalla complessità del processo che le regola – osserva Marco Girelli (Omnicom Media Group) –. Il rischio oggi è di una generica criminalizzazione del fenomeno che porta a mettere in secondo piano quelli che invece sono gli incredibili vantaggi derivanti dall’utilizzo di queste nuove tecnologie. Forse bisogna imparare a ragionare meno sulla logica dello sconto, ma sempre di più sulla corretta e chiara definizione di quanto costa raggiungere un determinato risultato. Per questo io sono molto favorevole all’iniziativa del presidente dell’UPA Sassoli, di aprire un tavolo di lavoro e creare un libro bianco sulla trasparenza con le linee guida sul tema, per far fare a tutto il sistema un concreto passo avanti nella direzione della chiarezza. Il rischio è rendere a tutti noto come funzionano queste attività, ma dobbiamo garantire a ciascuna agenzia o ciascun operatore, la libertà di operare commercialmente in modo profittevole e trasparente.

Stabilire regole a priori in modo che ciascuno si prenda la responsabilità e scelga l’operatore che convince di più, in una situazione di totale trasparenza”. Autodisciplina e performance “Quello del brokeraggio – approfondisce Cavalli – è un discorso complesso, che in Italia è regolato fondamentalmente da un’autodisciplina… Il ruolo del centro media è, come dicevo prima, portare valore ai clienti attraverso le migliori scelte strategiche e di pianificazione. La soluzione, secondo noi, è nel lavorare sempre di più a performance, quindi correlando la nostra remunerazione ai risultati ottenuti dai clienti. In tema di programmatic buying, la nostra piattaforma (Audience On Demand) è totalmente trasparente e condivisa con i clienti, che sanno come si compone il costo di acquisto in programmatic, sanno qual è la componente di costo degli acquisti in spazi media, qual è la componente di piattaforma tecnica, qual è la componente di remunerazione dell’agenzia: tutto, ripeto, in modo trasparente e condiviso. Riteniamo che questo sia il modo di lavorare più corretto e che, soprattutto nel lungo termine, sia un elemento fondamentale per costruire una relazione con i nostri clienti e per assicurargli i migliori risultati”. Se oggi gli Stati Uniti si interrogano sulla ‘profonda disconnessione’ fra aziende e agenzie (senza sottovalutare il ruolo delle concessionarie), riflettendo in modo più ampio sulla relazione fra le parti, quanto può essere giudicata solida, aperta e trasparente tale relazione all’interno dei nostri confini? “Se parliamo di ambito strategico o di capacità di interpretazione dei nuovi trend e di innovazione entriamo in un territorio davvero complicato e articolato… - rispon

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de Cavalli –. Non lo dico per difendere la categoria ma perché lo penso. Ripeto ciò che ho detto all’inizio: in Italia ci sentiamo sempre gli ultimi, i meno up to date, i meno moderni e più conservatori… In realtà io sono davvero convinto che la politica dei passi piccoli e un po’ circospetti, quella che da sempre si usa in Italia, sia quella che alla fine garantisce la costruzione di relazioni più solide. Parlando di tutta la industry e del ‘sistema Italia’, è vero che abbiamo seguito certe mode e siamo saliti sul carro di alcuni trend, ma quando lo abbiamo fatto è stato in maniera molto più accorta di tanti altri. Sono sempre stato stupito e lo sono ancora oggi per aver visto crescite mostruose, in altri paesi, di investimenti in mezzi nuovi che poi sono durati lo spazio di una stagione. In Italia è difficile che succeda”. Se adesso a livello mondo i player e le società di consulenza cominciano a interrogarsi sulla capacità reale degli specialisti del mercato – sia lato offerta, sia lato intermediazione e consulenza – di portare il ‘nuovo’ al cliente, in Italia ci stiamo ponendo la domanda già da tempo prosegue Cavalli. “E la risposta è piuttosto complessa: siamo passati da un’economia che era basata fondamentalmente su un mezzo – la televisione – e pochi altri, e quindi uno scenario tutto sommato molto semplice da pianificare, a un mondo in cui la televisione stessa, con la moltiplicazione dei canali e la frammentazione delle audience, è ormai tutt’altro che semplice!, fino ad arrivare a un mondo che semplicemente non ha più confini, non ha più un perimetro… Un mondo che si è presentato con una promessa forte, quella della totale misurabilità, della totale conoscenza e quindi totale capacità di ottimizzazione e saving: ma ci stiamo rendendo conto ogni

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giorno di più che in realtà è un mondo in cui è molto, molto difficile avere accesso alle informazioni. O meglio: i dati ci sono, ma manca quell’elemento fondamentale che trasforma un dato, in un’informazione. Ora, la differenza fra un dato ‘muto’ e un’informazione è il benchmark”. Cavalli illustra tale concetto con un esempio: “Se dico ‘40’, chi mi ascolta non ha la più pallida idea di che cosa voglia dire, se sia poco o tanto, perché non sa se parlo di età o di febbre… Non ha, cioè, uno standard di riferimento. Ecco: nel nuovo mondo senza confini e dal perimetro infinito mancano davvero gli standard di mercato, perché non ci sono rilevazioni in grado di scattare una fotografia completa. Un mondo in cui ciascuno sa quel che fa ma non sa il valore di quel che fa. Valore in termini media, naturalmente, perché ognuno sa se investe di più o di meno se investe bene o male e il suo ritorno economico. Ma in ambito media non ci sono più analisi che riportino davvero gli ascolti, che permettano di giudicare e di valutare il proprio investimento in relazione a quello dei competitor: non c’è più nessuno in grado di rilevarlo”. Parlando di disconnessione, quindi, se è in parte vero che l’industry non è più all’altezza delle aspettative dei clienti è perché la risposta a queste attese è diventata estremamente complessa. Le considerazioni di Cavalli su questo punto sono fondamentalmente due: “Primo: se dopo la vera e propria ubriacatura da digitale e la sua interpretazione in maniera fin troppo entusiastica i nostri colleghi all’estero cominciano a farsi delle domande, beh, in Italia le domande ce le siamo poste fin dal primo giorno! Secondo: in realtà questa quasi totale mancanza di rilevazioni che diano una fotografia plausibile del merca-


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NESSUN RISCHIO PER IL DIGITAL OOH “Ciò che è emerso con l’esplosione del digitale – afferma Paolo Dosi (Clear Channel Italy) – è che nella filiera della comunicazione non ci sono più ruoli rigidamente definiti. Se le agenzie media hanno deciso di focalizzare la loro attenzione in quest’area, le ragioni fondamentali sono due: la prima è che il web può essere – più o meno, a seconda dei casi –, molto efficace; la seconda è che ha reso possibili margini di profitto mai visti negli ultimi 10-15 anni. È un tema serissimo, ma sul quale non credo ci potranno mai essere un monitoraggio assoluto e un controllo stringente: basta guardare alla miriade di società nate attorno a questo fenomeno e dal ruolo a volte ‘misterioso’, fino al caso limite di certi publisher che acPaolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy quistano banner da altri publisher per poi rivenderli come propri…”. C’è il rischio che tali fenomeni possano estendersi dal web al Digital Out Of Home? “Sinceramente non credo – ribatte Dosi –, anche perché l’inventory non è neppure un’inezia rispetto a quella dell’universo online: si parla di numeri fra i 1.000 e i 3.000 impianti/schermi digitali e il problema, da questo punto di vista, non è il canale di vendita ma l’attivazione. Certamente sarà nostro compito definire le regole su cosa, come e a chi vendere questi spazi, per evitare di cadere nella trappola svendendo un simile patrimonio a qualche trader che, piazzandolo a clienti che noi non conosciamo direttamente, svaluterebbe un asset i cui punti di forza sono proprio i dati di audience e la sua misurabilità”. Flavio Biondi, Consigliere Delegato per le attività commerciali IGPDecaux, conferma la posizione dell’Italia più avanzata di quanto non si pensi solitamente: “Io posso parlare per noi – specifica –: IGPDecaux riconosce alle agenzie media i Dn per ciascun cliente ed è tutto alla luce del sole, contrattualizzato e può essere sottoposto ad audit”. In vista di uno sviluppo sempre più Digital e ‘programmatico’ dell’Outdoor, Biondi specifica che si tratta di un fenomeno ancora troppo nuovo per il nostro paese: “A Flavio Biondi, Consigliere Delegato livello globale JCDecaux si sta interrogando e preparando per le attività commerciali IGPDecaux in tal senso, ma in Italia siamo solo agli inizi. A oggi, gli impianti digitali sono venduti né più né meno come tutto il resto dell’Esterna. Con l’aumento del ‘peso’ del digitale probabilmente in futuro anche il nostro mezzo potrà passare attraverso le piattaforme programmatiche, la cui prerogativa principale è e dovrà essere però la profilazione dell’audience, non il brokeraggio. Questa, almeno fino a questo momento, è la mia impressione”.

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noi che siamo esperti del settore in un elemento importantissimo, perché sempre di più sono convinto che il mio ruolo di amministratore di budget, sia proprio quello di riuscire a fornire ai clienti una fotografia molto dettagliata, anche se dichiaratamente parziale e limitata cioè al perimetro dei budget che gestisco, in termini di benchmark. Non c’è più l’istituto di ricerca che ti dà gli sconti medi mercato, che ti dice i tuoi competitor quanto investono, ma c’è il tuo partner – l’agenzia media – che avendo un determinato perimetro di clienti, nel rispetto della confidenzialità di ognuno e lavorando su dati aggregati, è in grado di fornire al cliente una valutazione dei suoi investimenti. Di conseguenza, io mi sentirò più valutato e apprezzato per il valore che porto anche per la mia capacità di rappresentare il mercato. Se fino a oggi la dimensione di un centro media è stata rilevante soprattutto in chiave di buying – più sono grande, meglio acquisto – oggi non solo: più sono grande più rappresento e so valutare una fetta più ampia del mercato. Nessun altro lo può fare se non noi, e questo mi rasserena rispetto a ciò che negli ultimi anni non mi ha fatto dormire la notte, cioè il cosiddetto rischio di disintermediazione”. Il lato ‘oscuro’ del web A tirare le somme del discorso è Valentino Cagnetta (Media Italia), che però mette l’accento su un’ulteriore, diverso aspeto della questione trasparenza: “È vero – dice Cagnetta –: la questione della trasparenza, di questo gap di trasparenza che c’è nel nostro settore, non è più a livello italiano: nel nostro paese la questione è ormai completamente smarcata e credo che il 99% dei clienti abbia un quadro chiaro e trasparente della situazione con la propria

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agenzia media. Evidentemente, però, non è così smarcata in giro per il mondo, e in primis negli Stati Uniti, dove erano tutti pronti a puntare il dito contro l’Italia, e si sono accorti che sono molto meno trasparenti di noi”. Quello che a Cagnetta preme mettere in evidenza, molto più del discorso contrattuale sui Dn, è che “Stiamo tutti lavorando in un mercato dove esiste un’enorme parte di ciò che non ho altro modo di definire se non ‘sommerso’: è un termine forte, lo so, ma parliamo di investimenti completamente ‘invisibili’ al resto del mercato e che coincidono di fatto con gran parte di quelli del mondo digitale. In particolar modo, se è difficile per gli attori di questo mercato stimare e valutare puntualmente gli investimenti nel mondo digital, è infatti ancora più difficile valutare quali sono gli investimenti adv fatti dalle aziende italiane su Google e su Facebook – che comunque rappresentano una fetta rilevantissima del mercato pubblicitario italiano. E questo è un argomento molto caldo, perché francamente non si riesce a capire come mai, ancora oggi, proprio perché raccolgono una quota di investimenti così elevata, certi attori vogliano e possano rimanere invisibili rispetto a un sistema di valutazione ‘terza’ e indipendente. E questo sia da un punto di vista quantitativo degli investimenti pubblicitari, sia dal punto di vista delle performance sui KPI fondamentali: in termini di visualizzazioni, quante persone vedono davvero quei contenuti, non per dichiarazione del soggetto stesso ma per misurazione e certificazione di un soggetto terzo?”. Tutto ciò provoca uno scompenso evidente che non si può e non si deve sottovalutare: “Perchè gli investitori – continua Cagnetta – esigono da una parte sistemi


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di rilevazione, e da membro del consiglio di amministrazione di Auditel e credo di poterlo testimoniare, maniacalmente attenti alla precisione, alla puntualità e alla correttezza del dato, per quanto statistico; e dall’altra parte c’è invece qualcun altro che fa bellamente finta di niente, andando a raccontare al mercato quello che gli va di raccontare senza alcun controllo”. Cagnetta fa riferimento poi ai problemi registrati negli ultimi mesi da alcuni importanti operatori: “Si tratta di ‘incidenti’ che danno a questo discorso una rilevanza ancora superiore, proprio perché la maggior parte delle volte risultano causati da errori interni: e allora la cosa si fa ancora più complicata e direi quasi indisponente, perchè da un lato viene invocata la trasparenza, la rigorosità sul mondo delle agenzie media e ci si danna per fare in modo che i rapporti siano più corretti, equilibrati e trasparenti; dall’altra parte c’è invece un

mondo che vale oltre il 20% e sfiora quasi il 30% del totale mercato e che è bellamente lasciato libero di fare ciò che vuole. Se a tutto questo si aggiunge poi il livello di opacità che c’è ancora sul mondo del programmatic, ci si rende conto di quanto ci stiamo complicando la vita e di quanto sarà difficile trovare una via di uscita”. L’effetto degli scandali accaduti in Giappone nelle ultime settimane e più in generale tutto il tema della scarsa trasparenza, stanno portando un numero consistente di aziende a riconsiderare tutto quello che è il proprio rapporto con i mondo digitale e con gli intermediari: “Ecco perché alla fine di questo 2016 ci troviamo in una situazione dove sì, è vero, il mercato cresce e non va affatto male – conclude Cagnetta –: ma è difficile lasciarsi andare all’ottimismo perché all’orizzonte le nubi sono numerose e molto dense”.

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Sotto il segno del digital Anche se non più a doppia cifra, la crescita del digitale continua a ritmo sostenuto (anche quest’anno sarà superiore al +7%), e nel 2017 il ‘mezzo’ – e mai come oggi il termine appare inadeguato – supererà la quota del 25% del totale investimenti del mercato italiano. Di fronte a sé ha però tre sfide da affrontare e risolvere: Ad blocking, Viewability e Traffico non umano

TORNIAMO ad analizzare uno dei temi salienti del mercato – l’evoluzione del digitale – attraverso lo scenario degli investimenti presentato lo scorso giugno all’ormai tradizionale appuntamento di Comunicare Domani, organizzato da AssoCom. Secondo le stime del Centro Studi dell’associazione, presieduto da Guido Surci, Chief Strategy & Innovation Officer di Havas Media Group, il 2016 chiuderà con un totale investimenti pari a 7.294 milioni di euro, in crescita del +2,4% sul 2015, e un’ulteriore previsione di crescita del +2,7% per il 2017, arrivando a 7.495 milioni di euro. Nello spaccato per mezzo, lo spending nel 2016 vede ancora in testa la Televisione, con il 51,1% del mercato pari a 3.626 milioni di euro, seguita dal Web col 24% (1.752 milioni), e a ruota la Stampa (12,9%, 939 milioni), Radio (6,3%, 460 milioni), Out of Home (5,3%, 388 milioni) e Cinema (0,3%, 25 milioni). Ma se la stampa continua a soffrire, con un calo degli investimenti del -5,4% nel 2016 e del -5,3% previsto per il 2017, il prossimo anno il digitale diventerà l’unico vero grande driver di crescita, unendo ad alti tassi di sviluppo un’importante quota sul totale della spesa: nel 2017 questo settore rappresenterà infatti il 25% degli investi52

Guido Surci, Presidente Centro Studi ASSOCOM e Chief Strategy & Innovation Officer di Havas Media Group

menti complessivi (vedi Grafici 1, 2 e 3). “Oltre un quarto degli investimenti del 2017 saranno nel digital – ha commentato Surci –, in particolare su video, mobile e programmatic. Il mobile rappresenterà un terzo della spesa digital e il settore video avrà una crescita del +18%. Ma il display rimane leader nel segmento specifico e il


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1. 2016: LA CARTA STAMPATA CONTINUA A SOFFRIRE

Fonte: Stime Centro Studi AssoCom

programmatic sarà un quinto della spesa display. Questi dati ci confermano che siamo al centro di una grande trasformazione tecnologica. Ma le tecnologie sono comunque mezzi e per arrivare alle persone, coinvolgerle e portarle vicino alla marca servono le idee. E se investire nella conoscenza delle nuove tecnologie è importante, ancora più rilevante è l’esercizio delle idee e della creatività”. Misurabile per natura e per definizione, la comunicazione digitale continua dunque a crescere. E questo è un dato di fatto incontrovertibile. Allo stesso tempo, però, grazie anche alla conquista di una massa critica e di una market share sempre più consistenti, è altrettanto vero che il trend di crescita ha leggermente rallentato: intendiamoci, la crescita prosegue, ma in termini percentuali il ritmo della sua corsa è – fisiologicamente – calato di qualche punto. Come sta accadendo in diversi paesi più avanzati del nostro, USA e UK in primis, dove alcuni operatori hanno iniziato a

domandarsi se tale fenomeno non possa essere dovuto, almeno in parte, anche a quelli che oggi sono universalmente riconosciuti come le sfide più preoccupanti che il digital adv si trova ad affrontare – Ad blocking, Viewability, e Traffico ‘non valido’ – che potrebbero indurre gli advertiser a pianificarlo con maggiore attenzione e meno ‘impeto’, su questo ‘rallentamento’ è forse il caso di riflettere maggiormente. Senza freni Rallentamento? “La mia risposta è un no convinto – ribadisce Luca Cavalli, Ceo Zenith Italia –, perché in verità la crescita del digitale rimane tutto sommato stabile. Ma anche in questo caso è oggi difficilissimo definirne il perimetro: parliamo di advertising puro? di advertising e content? di attività native? La crescita in doppia cifra del comparto non è più raggiunta ormai da qualche anno. Se non sbaglio l’ultima volta è stata nel 2013 che si è segnato un +10%. Per il 2014 e 2015, così come nelle 53


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2. 2017: LA TV CEDE IL RUOLO DI TRAINO, IL DIGITAL ALLUNGA IL PASSO...

Fonte: Stime Centro Studi AssoCom

proiezioni per il 2016, l’indicazione è di una crescita fra il +7% e il +7,5% costante. E questo a fronte di un valore assoluto che ha assunto ormai dimensioni rilevanti: tassi di crescita costanti che dunque assumono un valore assoluto ancora maggiore. Nel 2016 il digitale dovrebbe superare il 25% del totale raccolta, diventando in maniera solida e consolidata il secondo mezzo dopo la televisione. A spanne, perciò, metà degli investimenti continuano ad andare alla Tv, per un quarto al digitale e per un quarto a tutti gli altri mezzi insieme... Ecco perché una situazione di ‘plateau’ sui tassi di crescita non deve sorprendere: soprattutto, ripeto, quando aumenta invece il valore assoluto”. Si tratta quindi di un ‘calo’ fisiologico, aggiunge Cavalli, “Perché non sarebbe stato plausibile mantenere una crescita esponenziale perenne. E come ho già detto più volte, in un perimetro talmente vasto e in cui qualsiasi cosa è ormai diventata digitale, se andiamo a ripercorrere la storia 54

dei media vediamo che è l’unico che ha saputo, al suo interno, alternare cicli di vita del prodotto stesso. A una prima fase di boom della pubblicità online è seguito uno sboom; poi è arrivata la fase di Google Adwords e dei motori di ricerca – ma anche questa ha rallentato; quindi si è sviluppato il social e in seguito il content; adesso l’ultimo ‘prodotto’ digitale è sicuramente il programmatic. Ciò che intendo dire è che il digitale si è sempre rinnovato: con una visione ancor più allargata, il digitale ha sempre alternato momenti di crescita e di innovazione di offerta a momenti di ‘pausa’. Conseguentemente anche le nostre organizzazioni si sono mosse: nelle fasi di crescita servivano specialisti, quindi i gruppi digitali sono stati messi al centro delle organizzazioni per star dietro, o per meglio dire governare le fasi di innovazione, e nei momenti di pausa e consolidamento, pian piano sono tornati a lavorare in maniera più integrata. Verticalità e trasversalità si sono dunque continuamente alternate e


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3. 2017: PIÙ DI UN QUARTO DEGLI INVESTIMENTI SARANNO DIGITAL

*2003, 2010: investimenti rivalutati al 2015 Fonte: Stime Centro Studi AssoCom

combinate. Oggi l’ultimo grande tema che sta appassionando tutti è quello del programmatic che si sta consolidando e siamo in attesa della prossima cosa ‘nuova’. Un’ulteriore elemento è il fatto che dagli albori dell’economia digitale a oggi stiamo quasi per tagliare il traguardo dei 20 anni! Sicuramente c’è una buona parte degli investimenti ancora dedicata all’esplorazione, all’innovazione e al tentativo di capire ancora meglio, ma uno dei vantaggi, una delle promesse mantenute dal digitale è che permette di capire e di verificare immediatamente se e cosa funziona o non funziona. Perchè non tutto funziona per tutti, e ciò che non funziona per uno può invece andar benissimo ad altri: e questo vale anche per le cose di nome, di moda, quelle che sono sulle prime pagine di tutti i giornali. L’importante è capire infatti che cosa funziona ‘per me’, e ciò deriva

dall’aumentata competenza e dall’aumentata capacità di scegliere le soluzioni davvero efficaci. Non diciamo che è finita la luna di miele e adesso comincia la vita insieme, ma di certo non è più un comparto in cui vince l’amore a prima vista, il colpo di fulmine...”. Sulla stessa linea Alberto Dal Sasso (Nielsen): “Non si può definire ‘rallentamento’ una crescita che, seppur concentrata, si attesta intorno al +8% – conferma infatti –. Il digitale e la Tv coprono insieme una quota che ormai supera i tre quarti del mercato. I social continuano a crescere in maniera importante. In questo contesto, il video nelle sue varie sfaccettature rimane il traino. In tutto il mondo le misurazioni si stanno muovendo verso il concetto di ‘total audience’ indipendentemente dal mezzo, ma spostandosi sul contenuto. Più nello specifico, crediamo che nel medio termine

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4. AD BLOCKING: FENOMENO GLOBALE

• I maschi 18-24enni hanno il 100% più probabilità di bloccare la pubblicità online desktop degli utenti medi: le ragazze 18-24enni hanno ‘solo’ il 42% di probabilità • Le persone appartenenti alle classi economiche superiori sono più interessate all’adblocking della media Fonte: comScore Custom Analytics, Global, 2015

nel business della comunicazione la qualità riprenderà a essere un punto distintivo su cui gli operatori si sfideranno, cosi come succede per i prodotti per i consumatori. L’epoca del prezzo più basso a tutti i costi potrebbe essere forse al capolinea”. I benchmark di comScore Gli ‘Advertising Benchmarks’ pubblicati da comScore a metà anno e riferiti al primo trimestre del 2016 illustravano già chiaramente come l’Ad blocking fosse un 56

fenomeno in forte crescita a livello globale: in particolare, i dati dell’istituto ne evidenziavano la diffusione in particolare fra i giovani e fra i segmenti di popolazione di classe economica più elevata. “L’Ad blocking – scrive comScore – è una ‘sveglia’ sia per i clienti che per i publisher, un invito a migliorare la qualità e la user experience dell’advertising che supporta i contenuti online. Molti editori e concessionarie stanno sperimentando opzioni meno invasive per l’accesso ai contenuti da parte


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5. TRAFFICO NON UMANO: SEMPRE PIÙ SOFISTICATO

Grazie ai CPM più alti, gli annunci video attraggono una percentuale di traffico non umano maggiore Negli USA, il 6% del traffico display e l’8% di quello video è ‘invalido’: quando l’acquisto degli spazi avviene in programmatic la percentule aumenta ulteriormente Fonte: comScore Custom Analytics, Global, December 2015; ComScore vCE Benchmarks, US, Q1 2016

dei consumatori, con o senza advertising – e molte di queste alternative si stanno dimostrando dei successi”. (vedi Grafico 4) Nel frattempo le frodi sul traffico non umano si stanno sofisticando: nel dicembre dello scorso anno, l’80% del traffico invalido

era ‘sofisticato’ e richiedeva tool e analitiche estremamente avanzate per essere riconosciuto. Secondo comScore, negli USA, il traffico ingannevole riguardava il 6% del display e l’8% dei video, e in ambedue i casi il programmatic costituiva

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6. VIEWABILITY: PIÙ DI METÀ DEGLI ANNUNCI NON PUÒ ESSERE VISTO

La Viewablity media dell’adv online sui desktop varia fra il 39% al 50%. Anche in questo caso, la viewability degli spazi acquistati direttamente è superiore a quella degli spazi acquistati attraverso piattaforme programmatiche. Fonte: comScore vCE Benchmarks, Global, Q1 2016

un moltiplicatore del problema rispeto agli acquisti diretti. (vedi Grafico 5) In tema di viewability, infine, le OTS di più della metà degli annunci a livello globale risultavano pari a zero: la viewability del display desktop variava infatti dal 39% dell’Australia al 50% del Canada (l’Italia si posizionava al 49%), e ancora una volta il tasso di visibilità degli annunci video risultava inferiore di un’altra decina di punti

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percentuali, ulteriormente aggravato nel caso degli acquisti in programmatic. (vedi Grafico 6). L’Ad blocking in Italia Secondo i primi risultati della ricerca continuativa Lo stato dell’arte dell’Ad blocking in Italia promossa da Assocom, FCP-Assointernet, Fedoweb, GroupM, IAB Italia, UPA e commissionata a comScore


capitolo4

7. THE AD FRAUD MONEY FLOW

La complessa infrastruttura del Programmatic ha esacerbato le vulnerabilità dell’ecosistema: l’analisi del flusso di denaro nella catena di una transazione esaminata dalla World Federation of Advertisers mostra la ‘distribuzione’ delle diverse quote del budget e il peso che il traffico non umano (ad fraud) può avere sul totale dell’investimento Fonte: stime interne – WFA: ‘Compendium of ad fraud knowledge for media investors’ (2016)

e Human Highway, l’impatto sul mercato pubblicitario del fenomeno nel nostro paese è attualmente contenuto: l’incidenza per l’utenza PC è del 13% ed è ancora più limitata su smartphone, dove si attesta al 7,6%. I risultati pubblicati a settembre si riferiscono ai dati rilevati a maggio 2016 attraverso tre diverse fonti di dati: il panel meterizzato ComScore per la quantifica-

zione di utenti unici e pagine viste con Ad blocker installato su PC; l’indagine CAWI sottoposta al panel di ricerca Human Highway, per la quantificazione degli utilizzatori di Ad blocker da mobile e da qualsiasi device nonché per l’analisi dettagliata di motivazioni e modalità di utilizzo degli ad blocker e relativi impatti sull’industry pubblicitaria; i dati censuari forniti dagli Associati FCP-Assointernet per la quantifi

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8. AD BLOCKING MOBILE: PIÙ DI 400 MILIONI DI UTENTI NEL MONDO

• Il 22% degli 1,9 miliardi di utenti di smartphone utilizza strumenti per bloccare i contenuti pubblicitari • Almeno 419 milioni di persone hanno un ad blocker installato sul proprio smartphone (questo numero esclude le app che bloccano contenuti, gli ad blocker ‘in app’ e i browser opt in) • Il numero degli Ad blocker mobile è il doppio di quelli per desktop • L’Ad blocking mobile è più diffuso nei mercati emergenti (Cina, India, Pakistan e Indonesia): nella regione dell’Asia-Pacifico la percentuale di chi blocca la pubblicità su smartphone è del 36% Fonte: PAGEFAIR | 2016 Mobile Adblocking Report

cazione delle pagine con Ad blocker attivo. • I numeri chiave Il 21,9% degli utenti web italiani conosce e utilizza occasionalmente l’Ad blocking, ma l’uso è nella maggioranza dei casi ‘tattico’: si attiva/disattiva l’ad blocker e/o si inseriscono i siti in whitelist secondo opportunità e secondo i diversi device utilizzati. Il risultato che ne deriva, a livello mensile, è che il 13% degli utenti desktop utilizza un Ad blocker su almeno uno dei propri browser. Il fenomeno riguarda il 15% delle pagine viste, dato che invece, nella rilevazione diretta FCP-Assointer-

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net sui siti dei propri associati, evidenzia un’incidenza media dell’11% sui volumi di pagine. A livello di smartphone il fenomeno appare limitato al 7,6% degli utenti. Il profilo degli utenti di Ad blocker è prevalentemente giovane e maschile, studenti e persone con titolo di studio elevato, abitanti nei grandi centri. Oltre agli utilizzatori attuali, il 12% degli intervistati ha dichiarato che potrebbe installare un Ad blocker in futuro. • Motivazioni e modalità di utilizzo Quali motivazioni spingono gli utenti verso


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9. AD BLOCKING MOBILE: LA CRESCITA DEGLI UTENTI MONDIALI

Browser mobili con Ad blocking attivi mensilmente Fonte: PAGEFAIR | 2016 Mobile Adblocking Report

gli Ad blocker? In primo luogo a causa dell’impatto dell’advertising sulla user experience di navigazione (formati invasivi, affollamento elevato, rallentamento nel caricamento dei contenuti). Nel caso dello smartphone invece prevalgono gli aspetti più marcatamente funzionali: consumo del traffico dati e della batteria da parte dell’adv. Seguono gli aspetti relativi al planning pubblicitario (eccessiva frequenza degli annunci, pubblicità targettizzate poco o male) e, all’ultimo posto, motivazioni legate alla sicurezza/privacy. Tuttavia, installare un Ad blocker non significa utilizzarlo sempre. Spesso gli utenti installano gli Ad blocker solo su alcuni device/browser e ben il 63% degli utenti di Ad blocker ne fa un uso tattico, utilizzando ‘whitelist’ per permettere l’erogazione di

adv da parte di alcuni siti o mettendo in pausa l’ad blocker per accedere ad alcuni siti/contenuti. E ben l’81% degli utilizzatori si dichiara disposto a rivederne il proprio utilizzo se un sito eliminasse i formati pubblicitari più invasivi. • Il valore del patto pubblicitario “Havas Media Group ha partecipato attivamente alla ricerca – interviene Stefano Spadini –, proprio con l’obiettivo di trovare un modello capace di misurare il fenomeno in modo esaustivo e di trovare le soluzioni per affrontarlo. Una delle evidenze più interessanti della ricerca è che il 55% degli utilizzatori di Ad blocking non è a conoscenza del patto pubblicitario, ovvero del ruolo dell’advertising nel finanziamento dei produttori di contenuti fruiti dagli utenti gratuitamente. Portati 61


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Stefano Spadini, Ceo Havas Media Group

a riflettere sul tema però, gli intervistati mostrano una maggiore apertura verso un modello di finanziamento legato a un’adv meno invasiva e più in linea con i propri interessi. In questo senso, per affrontare la sfida, dobbiamo cercare di creare esperienze online sempre più user friendly, utilizzare tecniche programmatiche per una comunicazione sempre più affine ai reali interessi degli utenti e lavorare al meglio per facilitare lo sviluppo di user generated content che possano creare valore intorno al brand, consolidando una relazione di fiducia con il consumatore finale”. In prospettiva, l’indagine ha evidenziato alcune problematiche: l’incidenza specifica dell’Ad blocking su alcuni target difficili da raggiungere, che potrebbe parzialmente limitare l’efficacia delle pianificazioni online delle aziende interessate a tali target;

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lo spazio di crescita del fenomeno se non saranno offerte risposte al disagio degli utenti e il rischio di un ‘contagio’ dell’ Ad blocking dal PC allo smartphone; la percezione critica da parte degli utenti di alcuni formati video, un comparto che sta trainando lo sviluppo del mercato dell’online advertising. “In questo senso – dichiarano i promotori – l’intera industry pubblicitaria è chiamata a uno sforzo di miglioramento di sistema, per darsi regole sostenibili e condivise ma che al contempo diano risposte concrete ai segnali di disagio mostrati dagli utenti. E i singoli player che sapranno raccogliere la sfida di un ambiente online più user friendly potranno contare su importanti aperture di credito da parte degli utenti, che spesso si ritrovano a installare gli Ad blocker in mancanza di alternative che ne rispettino il diritto a una navigazione piacevole”. Soluzioni ‘rilevanti’ Torniamo quindi alla domanda iniziale: questi problemi stanno giocando un ruolo di rilievo nelle decisioni di investimento delle aziende? E ancora: agenzie, concessionarie e istituti di ricerca quale contributo possono dare nel trovare una soluzione ai problemi di cui sopra? E come la mettiamo sul fronte della tecnologia e del programmatic: sono davvero la strada giusta per risolverli o non piuttosto una concausa dei problemi stessi? “Sicuramente – risponde Dal Sasso – la tecnologia per definizione risolve i problemi e lo fa anche nell’abito della comunicazione, se viene guidata nella giusta direzione. Il programmatic è uno strumento di efficienza. Il tempo ci dirà se è anche efficace per i comunicatori”. “Non credo che componenti come viewability, ad blocking e così via incidano più di


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tanto – commenta Cavalli –: se lo fanno è da un punto di vista squisitamente economico. Mi spiego: un’altra grande promessa disattesa del digitale è che sarebbe costato molto meno. In un mercato come quello italiano dominato dalla televisione e dai due grandi player televisivi, l’attesa maggiore era proprio per un mezzo alternativo, capace di garantire una grande copertura a un prezzo inferiore. Ma per come è strutturato il mezzo, la Tv è e rimane l’unico vero grande mass medium, l’unico, cioè, in grado di raggiungere in modo efficace ed efficiente le audience di massa. Tutti gli altri non ce la fanno perché sono per loro natura meno ‘generalisti’ della televisione: ed è questa caratteristica che li fa automaticamente costare di più. Certo, il mezzo digitale dà una capacità di raggiungere target non generalisti di gran lunga superiore, e questo costa comunque ancora di più rispetto alla Tv. Scoprire che ciò che noi credevamo delle impression fossero in realtà delle macchine provoca sicuramente indignazione e mette in atto meccanismi di rimborso. Scoprire che la viewability non è il 100% ma il 50%, significa che per raggiungere il target che strategicamente mi interessa devo investire il doppio. Purtroppo. Alla fine, banalmente, tutti questi elementi sono inseriti nelle nostre decisioni di investimento e nelle nostre decisioni strategiche avendo sempre chiaro l’obiettivo finale: fare cose che funzionano. E ribadisco che in Italia non ne siamo neppure tanto stupiti perché siamo abituati da sempre a muoverci con circospezione: come recita il detto, a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia!”. “Dal nostro punto di vista – aggiunge Andrea Sinisi, General Manager Initiative, ripartendo dal tema della crescita non più ‘esplosiva’ –, non rileviamo un rallenta-

Andrea Sinisi, General Manager Initiative

mento del trend digitale e della comunicazione ad esso legata: semmai assistiamo a una forte modifica delle modalità con cui si comunica attraverso il digitale. Il fenomeno dell’Ad Blocking nel nostro paese, ad esempio, non raggiunge ancora i livelli di mercati più maturi, tuttavia è diventato un tema davvero molto importante da monitorare. La risposta in mano ai centri media e ai clienti è molto semplice a nostro avviso: rilevanza”. I consumatori maturi digitali, prosegue Sinisi, sono in cerca di contenuti interessanti e rilevanti per loro, soprattutto quando a parlare è un brand: “Noi crediamo che la rilevanza dei contenuti all’interno di una strategia di comunicazione sia la chiave per superare anche le barriere tecnologiche. In questa maniera si spiega anche il successo del Native: una modalità che nasce per superare alcuni blocchi tecnologici

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e raggiungere l’attenzione dei consumatori, ma che ottiene successi molto importanti se progettato per essere davvero d’interesse per gli utenti”. Programmatic, strumento di efficienza Anche secondo le concessionarie che abbiamo interpellato la strada per risolvere questi problemi non può essere che quella della qualità. La visione più specifica non poteva essere che quella di un pure player digitale come Italiaonline: “Rispetto alla viewability – spiega infatti il suo Ceo, Antonio Converti –, siamo avvantaggiati sui concorrenti perché abbiamo un numero elevato di contenuti in orizzontale e non abbiamo bisogno di verticalizzare le pagine: questo ci consente un tasso di viewability superiore alla media di mercato. L’Ad Blocking in Italia è ancora poco diffuso. Facebook ha annunciato di voler consentire la fruizione del sito soltanto agli utenti che non hanno Ad Blocking. In altri casi, si potrebbe rendere a pagamento un sito a servizi gratuiti soltanto per gli utenti Ad Blocking. Le frodi sono invece un fenomeno soprattutto italiano. Come Italiaonline, utilizziamo DoubleClick by Google, un ad server sofisticato: attraverso il machine learning si osservano i pattern di utilizzo e i click sulle varie pubblicità, riuscendo a filtrare automaticamente quelli fasulli”. Tutto questo porta Converti a concludere che “Le piattaforme tecnologiche e le operazioni di programmatic riducono gli spazi di inefficienza e porteranno benefici per chi come noi può mettere a disposizione delle inventory di qualità. Ciò non significa la morte della vendita ‘umana’, ma soltanto un suo ripensamento verso uno sviluppo sempre maggiore di progetti

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custom per i singoli clienti, cosa che per esempio la nostra concessionaria svolge da tempo con ottimi risultati: basti pensare alle campagne che da anni realizziamo per Samsung Italia ad ogni nuova uscita di un loro prodotto, oppure alle campagne per i nostri clienti dell’automotive”. “Sul fronte digital – ricorda Fabrizio Piscopo – Rai Pubblicità ha registrato un trend molto positivo con una crescita del +27% nel periodo gennaio-settembre. Un risultato positivo evidenziato da un contenuto editoriale di qualità e da KPI pubblicitari di valore come una percentuale di VTR sul video superiore all’80%. A dimostrazione di questa profonda attenzione per gli inserzionisti, che spinge la concessionaria e l’editore a un continuo miglioramento della loro esperienza nella comunicazione digitale, arriva anche la nuova piattaforma online RaiPlay capace di coniugare in modo sempre più armonico e razionale l’eccellenza del prodotto Rai e lo spazio pubblicitario riservato ai clienti. Ecco perché consideriamo tecnologia e programmatic strumenti importanti che vanno di pari passo con un contenuto editoriale di assoluto livello”. La pubblicità deve ‘crescere’ Dove il programmatic sta ancora facendo i suoi primi, timidi passi, è nel settore dell’Out Of Home. Ma non per questo le principali concessionarie di questo mercato non hanno le idee chiare. Il modo stesso in cui è stata posta la domanda su queste problematiche porta Paolo Dosi (Clear Channel Italy) a ricordare esattamente quelli che sono i punti di forza del Digital Outdoor: “I passaggi e le impression sono certificati, Ad Blocking e frodi non esistono, e la viewability è nettamente superiore a quella del web, oltre


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che garantita… E questo spiega perché il nostro CPM è più elevato! Più che una riduzione del tasso di crescita degli investimenti – sottolinea quindi –, mi sembra che il fenomeno più importante sia l’acquisizione di una maggior consapevolezza da parte delle aziende che hanno cominciato a costruire ‘team digitali’ al proprio interno dopo aver toccato con mano che, nonostante tutte le promesse di ottimizzazione e razionalizzazione, in realtà l’impatto dei loro budget sui risultati di business lasciava spesso, diciamo così, a desiderare”. Lapidaria la risposta di Alessandro Loro (IGPDecaux): “La pubblicità deve mettere i pantaloni lunghi – afferma infatti –. È ora che cresca, che capisca una volta per tutte che deve cambiare paradigma perché quello attuale – l’interruzione – non funziona più e non potrà più funzionare. Oggi la pubblicità è nella stragrande maggioranza dei casi una rottura di scatole: pensiamo agli interstitial… Ho da poco visto una chart di eMarketer secondo cui il tempo medio di esposizione agli interstitial è inferiore ai 3 secondi, e penso a tutti i discorsi che sono state fatti ai tempi di AudiPoster quando si è parlato di visibilità minima di 3 secondi per un impianto poster, che tra l’altro sta semplicemente lì e non interrompe proprio nessuno! Mi sembra sacrosanto che, avendo a disposizione strumenti come l’AdBlocking, i Millennials si difendano: ma lo ritengo un fenomeno, per il mondo della pubblicità, assolutamente salutare, che forse gli farà finalmente prendere sul serio le persone fino a comprendere che l’unica risposta possibile è ragionare in termini di contesto, di servizio e di experience”. Per un istituto di ricerca come Nielsen la soluzione passa per una più precisa e accurata, e allo stesso tempio più ‘olistica’,

misurazione dei fenomeni: “Negli ultimi anni – conclude Alberto Dal Sasso –, Nielsen ha investito molto nella direzione della misurazione della total audience con un progetto ambizioso concepito per misurare il viewing attraverso il mobile, lo streaming e l’on demand come addendum alla Tv tradizionale: tutto ciò rappresenta una risposta importante nella era del multiscreen. Inoltre, gli investimenti si sono mossi verso la creazione di DMP come Nielsen Marketing Cloud per offrire ai clienti un sempre più veloce accesso ai dati e alle analisi in aiuto alle loro decisioni media e marketing. Questa soluzione, infatti, facilita il cross channel planning permettendo connessioni in tempo reale con database e piattaforme differenti”. Una risposta, quella di Dal Sasso, che ci introduce direttamente al prossimo capitolo e al tema di ‘big & smart’ data.

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Verso l’infinito… e oltre! Dai dati, alle informazioni, agli insight, e viceversa: grazie alla tecnologia e agli algoritmi, informazioni e insight diventano infatti ulteriori fonti di dati, che vanno a chiudere il cerchio e ad alimentare una catena pressoché inesauribile. Un processo indispensabile per misurare, interpretare e capire in tempo reale i valori e i comportamenti della ‘Total Audience’

QUANTI DATI siano i Big Data nessuno lo ha mai stabilito con precisione. E in fondo non è quello il problema. Ma ben più che la ‘buzzword du jour’, i Big Data hanno assunto un ruolo di importanza fondamentale nella catena del valore della comunicazione pubblicitaria. La chiave di lettura grazie alla quale il cambiamento di paradigma risulta più evidente è quella che riguarda il ben noto ‘approccio consumer-centrico’. Da tutti i punti di vista. A monte, nell’ideazione di contenuti editoriali dedicati a soddisfare le esigenze di audience sempre più precise e definite; a valle, nella costruzione di piani media – e insieme di messaggi e contenuti ‘pubblicitari’ – che mettano anch’essi al centro gli interessi dell’audience. I numeri, certamente, sono sempre stati importanti: ma oggi non basta più ragionare su quanti siano i lettori di un quotidiano o di una rivista, gli spettatori di un programma televisivo o gli ascoltatori di un’emittente radiofonica. Piuttosto, l’analisi in tempo reale di chi sono i destinatari dei messaggi e dei contenuti, delle loro necessità e dei loro comportamenti è diventato più che un requisito, una condizione sine qua non per costruire una strategia di comunicazione efficace. Per sua stessa natura, infatti, il digitale ha causato un vero e proprio Big Bang che ha ribaltato la prospettiva tradizionale: i big data 66

Andrea Zappia, amministratore delegato Sky Italia

sono diventati la linfa vitale sulla base dei quali si sviluppano nuovi prodotti, si pianificano contenuti, si conquistano nuovi segmenti di audience e quote di mercato. Come ha raccontato Andrea Zappia,


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L’UNIVERSO DEI MEDIA E LA TOTAL AUDIENCE

Dati USA. Numero di utenti che interagiscono mensilmente con le diverse forme di media attraverso i diversi device. Fonte: The Nielsen Company

amministratore delegato Sky Italia, durante una tavola rotonda tenutasi nel corso dell’ultimo Forum WPP-Ambrosetti, ormai “Il problema non è recuperare i dati, ma saperli analizzare in modo corretto ed efficace. Sky raccoglie numerosi dati da varie fonti e li utilizza principalmente per raggiungere quattro obiettivi: ingaggiare gli spettatori, guidarli nella scelta dei contenuti proponendo un’offerta specifica a seconda delle preferenze, costruire una strategia di comunicazione centrata sul cliente, sviluppare nuove soluzioni pubblicitarie targettizzate, come AdSmart, che consente di veicolare spot differenti a target differenti durante la messa in onda dello stesso programma televisivo”. Per realizzare correttamente tutto ciò è però necessario sviluppare nuove competenze in

ambiti come data capture, data management e data analysis: in grado di superare logiche e metriche tradizionali per offrire agli operatori strumenti altrettanto nuovi per affrontare il nuovo scenario. A che punto sono, dunque, e come si stanno attrezzando agenzie e concessionarie? E che ruolo riveste questo aspetto nel posizionamento e nel successo dei diversi player? Oltre la tecnologia “Senza alcun dubbio – dicono Carlo Messori Roncaglia e Gennaro Palma di UM –, la disponibilità del dato inizia ad essere un tema consistente anche nel nostro paese, un tema che vede coinvolti non solo gli attori consueti del mondo dell’advertising ma numerosi altri sia all’interno delle aziende 67


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clienti sia all’interno di realtà che finora erano ben lontane dalle agenzie come posizionamento. Lato cliente, sempre più l’Information Technology e il Crm sono funzioni chiamate a sedersi allo stesso tavolo del marketing e della comunicazione per rispondere a nuove esigenze e opportunità di business. Dall’altro lato, l’insieme delle tecnologie e professionalità richieste per fronteggiare la rapida evoluzione del mercato dell’advertising sta cambiando in maniera sostanziale il profilo di agenzie e concessionarie. Il fatto è che, se pensiamo al digital per esempio, non è solo un tema di modello di buying o di misurazione (entrambi aspetti che continueranno a evolversi anno dopo anno) ma un tema di approccio: oggi siamo realmente in grado di guardare all’advertising da un solo punto di vista e guidare le strategie dei nostri clienti con un livello di consapevolezza e maturità mai raggiunto prima. Questa opportunità richiede all’agenzia un sforzo in termini adeguamento dell’offerta e delle professionalità richieste per mantenere competitività sul mercato. In questo scenario credo sia più che lecito aspettarsi innovazione e flessibilità da chi si fa garante del dato e della misurazione perché parti integranti dello sviluppo di questa industry”. Stefano Spadini (Havas Media Group) sottolinea come i passi avanti dell’ultimo anno siano tutti legati ad una sempre maggiore presa di coscienza dell’importanza dell’utilizzo dei dati: “Non tanto sotto il profilo tecnologico – spiega –, quanto a livello di possibilità di integrazione e logiche di utilizzo di questi dati nei differenti processi aziendali. In Havas Media Group, ad esempio, stanno diventando sempre più frequenti i casi di piattaforme esistenti solo sulla carta un anno fa e adesso operative con dei concreti maturity model che ne delineano gli sviluppi nei prossimi 18 mesi”.

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Alessandro Loro, direttore marketing IGPDecaux

E aggiunge: “Nella nostra visione la comunicazione, e in generale qualsiasi attività legata ai contenuti, è ormai inscindibile da una profonda integrazione con l’analisi e la gestione dei dati. È da diverso tempo ormai che vediamo in data&content gli assi di sviluppo e di successo del nostro Gruppo, e sempre più agenzie e aziende devono passare da un approccio in chiave consumer journey ad un approccio content journey”. Attenzione alla privacy Per Valentino Cagnetta (Media Italia), appare quasi scontato che le piattaforme per la gestione dei dati e i dati stessi siano parte essenziale del lavoro di buyer e planner: “Ma attenzione a ciò di cui stiamo parlando – avvisa –, perché già solo il concetto di dato cambia tantissimo in giro per il mondo. La rigorosità e il livello di attenzione alla privacy che abbiamo in Europa non ha nulla a vedere


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con quello che si registra sul mercato USA: un mondo totalmente libero, quando si parla di dati, dove è possibile comprarne e venderne di grandissima qualità. Il sistema europeo molte delle cose fatte in America non le consente: e anzi, se avessimo anche qui quel tipo di normativa probabilmente saremmo tutti – agenzie e clienti – molto più ‘data-oriented’ di quanto non siamo ora. Per esempio, negli Stati Uniti i fornitori di dati principali sono le carte di credito, che vendono a chi li chiede tutti i dati possibili e immaginabili: prima di tutto perchè la diffusione e l’utilizzo della carta di credito è enorme e molto superiore a quella che abbiamo noi; secondo, perchè nei contratti e nella normativa statunitense questo tipo di vendita è concesso. Quando un’azienda o un’agenzia ha i dati della carta di credito, vede e sa quel consumatore cosa ha comprato, quanto spende mensilmente, quante volte fa benzina in un mese, quando va al supermercato e cosa compra ecc… Perciò ha un dato abbastanza preciso e puntuale: se so che va a fare la spesa solo la domenica mattina, programmo la mia comunicazione nel periodo precedente, non gli dico nulla dal lunedì al giovedì, ma il venerdì e sabato comincio a programmare la comunicazione”. La realtà italiana, lamenta quindi Cagnetta, è che fra i dati di terza parte c’è davvero di tutto: “E sono sostanzialmente poco ‘credibili’: occorre un enorme atto di fiducia nei confronti di chi li vende. Va meglio con i dati di seconda parte, quelli degli editori, che in ogni caso non sono e non possono essere esaustivi. Fondamentali sono perciò i dati di prima parte, quelli che i clienti già possiedono ‘in casa’ e sui quali è possibile avere certezze. Purtroppo la quantità di questi dati è assai esigua: un sito di configurazione auto farà 20 o 30 mila visite mensili, generando altrettanti lead di persone potenzialmente interessate all’acquisto di un auto. Ma per la tipologia di

Gennaro Palma, Digital Business Director UM

lavoro del media, 20 o 30 mila è appunto un numero molto, troppo basso, al quale vanno aggiunti per forza sia dati di seconda parte, purché molto segmentati e riguardanti un target chiaramente identificabile, sia dati di terze parti, col rischio però, come dicevo, di trovarci dentro di tutto…”. A citare le problematiche relative alla privacy è anche Alessandro Loro: “I dati rappresentano la chiave di volta per passare da una comunicazione ‘interruptive’ a una ‘contestualizzata’ – argomenta –, che consente cioè di avvicinarsi alle persone con il messaggio giusto nel posto giusto e nel momento giusto. Da questo punto di vista IGPDecaux si sta guardando attorno, e credo che il matrimonio fra grandi produttori di dati come le Telco e l’industry dell’Outdoor sarà inevitabile: sono ‘promessi sposi’ da sempre… Punto chiave sarà la capacità di trasformare i dati in informazioni, e su questo la competizione è

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Alberto Cremaschi, Managing Director Kinetic

aperta, nel senso più proprio del termine. Su tutto aleggia la grande incognita della privacy, vero fattore critico di successo, e credo che buona parte della competizione si giocherà su questo terreno con il ‘risk management’ a rappresentare la competenza chiave”. Ma Loro suggerisce anche una lettura dell’argomento ‘dati’ di diverso tipo: “Prima di quanto ci si immagini – specifica –, tutti gli operatori si cimenteranno sul terreno inesplorato della vendita dei dati: e lì si porrà la questione, centrale e ineludibile, del ‘pricing’, cioè di attribuire un valore commerciale ai dati. E ci sarà da divertirsi, perché a mio parere persino il concetto di ‘prezzo’ mostrerà qualche crepa!”. Competenze e talenti 70

Premesso che nessuno può mettere in dubbio l’importanza dei dati, secondo Marco Girelli (Omnicom Media Group), “Il vero tema oggi è avere la capacità di renderli realmente fruibili. Oggi la criticità è riuscire a sfruttare a pieno il valore che i big data, la tecnologia e la digitalizzazione possono portare nell’ottimizzazione degli investimenti in comunicazione dei nostri clienti. Dire questo apre una serie di strade che sono tutte da esplorare, perché al di là della possibilità di raccogliere i dati bisogna avere la capacità di analizzarli, di interpretarli nella maniera corretta e di saperli scaricare a terra in operazioni strategiche concrete. Mettere in fila i dati come fossero un racconto di cronaca, a noi non interessa. A noi interessa capire i dati, capire come possiamo fare meglio rispetto a prima e come poter cambiare ed operare sulle nostre attività in tempo reale. Fare questo è molto complicato, perché ha impatto sulle organizzazioni e sui processi che oggi caratterizzano le agenzie e i nostri clienti”. Un altro aspetto non banale e da non dimenticare riguarda le regole e le dinamiche con cui molti media funzionano: “Si tratta infatti ancora di modalità analogiche e non digitali – riprende Girelli –. Basta pensare ad esempio a tutta la televisione generalista: tendenzialmente la modalità di utilizzo del sistema è ancora analogica. Il tema quindi è riuscire a darsi organizzazioni e processi e portare dentro di noi tutte le competenze per poter agire in tempo reale”. Sulle competenze e sulle persone concorda Luca Cavalli (Zenith): “Le grandi promesse del digitale – ricorda infatti Cavalli – sono da sempre quella dell’automazione, del tempo reale e della grandissima conoscenza e del grande accesso alle informazioni grazie alla tecnologia. In realtà il nostro è stato, è e sarà sempre di più un business fatto fondamentalmente di persone e professionisti. Quello


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che noi facciamo è all’80-90% il frutto della nostra competenza, capacità, professionalità, creatività, fantasia e abnegazione verso il cliente. Alla domanda come si fa a lavorare in maniera davvero efficace sui big data, mettendo insieme le Audi e i dati di prima parte dei clienti, la risposta è questa: lo si fa grazie alle persone. Il segreto è l’investimento in persone competenti e capaci, in talenti che siano in grado di trasformare i dati in informazioni e le informazioni in risultati per i clienti”. Naturalmente, la componente tecnologica indispensabile per il calcolo, l’estrazione, la conservazione e l’aggregazione dei dati è necessaria: “Ma ho messo volutamente l’accento sulle persone perché è troppo semplice o semplicistico partire dalle macchine e illudersi che quello sia sufficiente o discriminante – prosegue il Ceo di Zenith –. Le macchine da sole non si guidano. È indispensabile avere delle buone tecnologie, ma è un prerequisito: qualsiasi novità tecnologica può dare un vantaggio competitivo, ma nella nostra industry, e così nel business in generale, in un mondo sempre più ‘crowdsourced’, dal punto di vista tecnologico c’è molto poco di difendibile come reale vantaggio competitivo in una finestra più lunga di 6 mesi, e forse anche meno. Ciò che è difendibile è invece la qualità delle persone che noi selezioniamo e che lavorano per i nostri clienti”. Nuove currency crossmediali Se, come dice Cavalli, estrarre, gestire e aggregare più fonti di dati per servire al meglio i clienti è diventata parte integrante del mestiere dell’agenzia, altrettanto è successo sul lato editori e concessionarie, che questi dati di audience devono essere in grado di fornirli alle stesse agenzie come pure ai clienti diretti. “Stiamo seguendo con grande attenzione, insieme a Rai, tutti gli aspetti tecnici relativi

al reperimento dei dati, al loro utilizzo, alla necessità di produrre currency condivise dal mercato ma che siano anche fotografie delle nuove fruizioni sempre più crossmediali – testimonia Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità) –. Non è semplice passare dal sistema analogico centrato sul media a quello digitale il cui focus è il contenuto. Per quanto riguarda i nostri sistemi di analisi abbiamo sviluppato con GFK e Medisoft tools per misurare campagne multimediali e stiamo proponendo pianificazioni con target di consumi, cioè il target marketing, o valoriali, cioè raggiungere persone che hanno valori coerenti a quelli del brand commerciale. Inoltre da anni con le nostre proposte ‘top event’ puntiamo alla pianificazione dei contenuti, fruibili anche attraverso più media, perché sappiamo che l’inserimento di un messaggio commerciale in un programma di interesse significa più gradimento per il brand”. “Come Italiaonline ci siamo certamente mossi in anticipo – conferma il Ceo della concessionaria Antonio Converti – , annunciando a fine 2015 la partnership con comScore per la misurazione dell’efficacia del digital adv. Noi forniamo a comScore i dati demografici per il mercato italiano, potenziando la misurazione dell’erogazione alla target audience sia di comScore Validated Campaign Essentials (vCE), sia di Validated Media Essentials (vME), permettendo così una ancor più precisa valutazione delle campagne pubblicitarie online. Il sistema vCE fornisce a Italiaonline e ai suoi clienti una verifica completa sulle campagne, misurandone audience, viewability, brand safety, erogazione geolocalizzata, engagement e traffico non umano. Essere tra i primi publisher in Italia ad aver fatto questo ribadisce la nostra strategia commerciale di vendere prodotti pubblicitari qualificati, veri e certificati e non semplicemente inferiti, come fanno altri competitor.

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siamo in grado di indirizzare le offerte a target che non sono desunti dal comportamento degli utenti, ma basati su dati puntuali forniti dagli utenti stessi”. Anche passando dal Digital Display al Digital Outdoor, la tematica dei dati riveste un’importanza essenziale. Come afferma Paolo Dosi (Clear Channel Italy) a proposito di quest’ultimo, “Se il digitale continuerà a essere venduto – come ancora facciamo oggi nella maggior parte dei casi – con metodi tradizionali, non effettuerà il salto di qualità indispensabile a dare agli advertiser tutto il valore aggiunto di cui invece potrebbe disporre. Questa è la motivazione che ci sta portando a sviluppare internamente una vera e propria DMP (Data Management Platform) capace di utilizzare sia i dati derivati direttamente dagli impianti digital (telecamere, beacon, wi-fi), sia quelli provenienti da fonti diverse (Gfk, AudiOutdoor e altri istituti terzi)”. Inutile negare, chiosa Dosi, che in questo momento ci troviamo ancora in una fase pionieristica: “La difficoltà principale è nel trasformare tutti questi dati in informazioni omogenee, combinarle insieme e renderle leggibili dai clienti e dalle agenzie media. Una volta a regime un sistema di questo tipo, potremo finalmente smettere di vendere i nostri spazi sulla base di numeri come i 40 milioni di passeggeri che transitano ogni anno dagli Aeroporti di Roma, per passare alla vendita di impression – ripeto, certificate e con il 100% di viewability garantita – sulla target audience che interessa ai pianificatori, e superando il classico slot della ‘quattordicina’ ragionando piuttosto in termini di giorni, ore o posizioni specifiche”. ‘Audi’ integrate? Interessante è anche il parere di chi, come nel caso di un istituto di ricerca, dei dati ha fatto

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il proprio core business e studia continuamente nuovi metodi e nuove soluzioni in grado di servire efficacemente gli interessi di chi dei dati, ma soprattutto delle informazioni che ne derivano, ha bisogno: “Nielsen è in prima fila su questo aspetto – conferma Alberto Dal Sasso –: le soluzioni legate alla ‘total audience’ e Marketing Cloud prevedono l’utilizzo dei big data. La statistica inferenziale sembrerebbe lasciare il posto alla statistica descrittiva, comportando sicuramente un vantaggio per la precisione dei dati e di conseguenza per la validità delle decisioni, almeno in ambito marketing. Nielsen è in prima fila nel guidare il cambiamento di paradigma, non potrebbe essere altrimenti: l’Italia, unico paese oltre agli USA dove Nielsen è presente in tutti i business (Buy e Watch) rimane uno dei primi punti di approdo per le soluzioni tecnologicamente avanzate nelle misurazioni, tenendo sempre al centro il consumatore”. Pensando alle novità recentemente introdotte da Auditel e Audiweb e a quelle che arriveranno nel prossimo futuro, al consolidamento di AudiOutdoor, alla possibile e auspicata ‘rinascita’ di Audiradio: quale evoluzione è lecito aspettarsi dai fornitori di dati ‘super partes’ verso una maggiore integrazione del ‘Sistema Audi’? “Essendo parti attuali in causa – risponde Dal Sasso – non abbiamo una posizione in merito e possiamo solo dire che Nielsen in Europa e nel mondo adatta le proprie soluzioni ‘main stream’ alle esigenze dei mercati, rispondendo ai JIC (joint industry commitee), laddove presenti, o autonomamente, come succede in USA, senza alcuna posizione aprioristica”. Attenzione, osserva Spadini: “Il cambiamento di paradigma della comunicazione di cui stiamo parlando non annulla quanto fatto sino a oggi, e il ruolo delle Audi rimane centrale nel nostro settore. Per loro natura però sono organismi che, vista la delicatezza


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INTELLIGENZA ARTIFICIALE: NUOVA FRONTIERA DEL PLANNING “L’evoluzione della tecnologia e la disponibilità di dati di maggior qualità – ha recentemente dichiarato Vittorio Bonori, Global Brand President di Zenith ai microfoni di ADVexpress –, ha aperto la possibilità di coniugare le esigenze di penetrazione dei Brand con una comunicazione personalizzata (people based marketing). Zenith ha una vision chiara e definita e l’ambizione di creare valore per i propri clienti grazie a un crescente intervento sulla ‘marketing value chain’. L’Intelligenza Artificiale è un elemento importante nell’ambito dei nostri progetti futuri e rappresenta la nuova frontiera del planning”. Il futuro del media è dunque tracciato nell’area dell’IA? “Il futuro sembra essere disegnato da algoritmi intelliVittorio Bonori, Global Brand genti e umani – risponde Bonori –, ma l’Intelligenza President Zenith Artificiale non è una scienza fredda; per avere successo richiede ‘intelligenza umana’, creatività, e un’approfondita conoscenza dei consumatori. Sono i dati che ci raccontano meglio i comportamenti dei consumatori, sono gli insight che ci permettono di progettare algoritmi performanti. Il programmatic è il futuro del digitale e dell’advertising in generale, l’Intelligenza Artificiale è il futuro del programmatic”. Come sottolinea Bonori, gli algoritmi non sostituiranno mai le persone all’interno dei centri media: “Perchè sono le menti umane che attraverso lo studio dei dati e delle caratteristiche specifiche di ciascun mercato forniscono agli ingegneri gli input necessari per elaborare algoritmi intelligenti. Questi ultimi non potranno mai prendere il posto dell’uomo, certamente potranno aiutarlo a fare meglio il proprio lavoro. Il segreto del ROI, in sintesi, si nasconde all’interno di un’alchimia tra cuore e ragione”. Emerge in maniera sempre più nitida come la tecnologia stia cambiando il ruolo dei centri media: in quali termini? “Le agenzie media avranno nel tempo un ruolo sempre più consulenziale – la risposta di Bonori –. E dopo anni caratterizzati da una pratica di gare continue sul mercato nella ricerca di efficienza e da una visione di breve termine, si ritornerà a partnership di più lunga durata e orientate alla creazione di valore nel medio-lungo termine. E questo proprio perché la progettazione di un ‘algoritmo’ di successo richiede partnership di natura diversa, una piena condivisione degli asset disponibili (dati, tecnologie, ricerche, ecc.) e modelli di collaborazione che non possono esaurirsi in un arco temporale di uno o due anni”. dei dati da gestire, hanno processi di aggiornamento e miglioramento lunghi e complessi. Ci aspettiamo delle Audi sempre più in grado di analizzare la multimedialità, di seguire le persone nei loro stili di fruizione sempre più

frammentati e in mobilità, ma dobbiamo esser realistici sui tempi e i modi con cui queste aspettative si possono realizzare”. Tempi lunghi ma non troppo, visto che, come testimonia Valentino Cagnetta, un istituto

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come Auditel è già da tempo al lavoro in questa direzione: “L’integrazione delle grandi ricerche è sicuramente uno dei temi che affronteremo, discuteremo e dibatteremo per i prossimi cinque anni – dice il Ceo di Media Italia –. Facendo parte del Cda di Auditel, per riservatezza non posso andare più in profondità, ma posso dire che siamo all’inizio di un percorso che punta a costruire un sistema, un Auditel 2.0, molto più evoluto rispetto al sistema precedente e nel quale ci sarà una fortissima attenzione a questo tipo di informazioni che diventeranno sempre più vitali. Del resto il sistema Auditel italiano, secondo quanto mi risulta, è già oggi uno dei sistemi più evoluti al mondo: sarebbe un peccato non utilizzarlo per il resto di questo business”. Altrettanto evoluta è certamente AudiOutdoor: “Come ho detto prima – riprende infatti Dosi –, AudiOutdoor rappresenta un fattore chiave per la logica in cui ci stiamo organizzando nella costruzione della nostra DMP, perché oltre ai dati di audience derivanti direttamente dai nostri impianti digitali, attraverso la ricerca Audi potremo avere anche tutti quelli relativi a chi, quando e per quanto tempo guarda gli impianti analogici come i Poster: non avremo come per i digital billboard queste informazioni in tempo reale, ma offriremo comunque ad agenzie e clienti un profilo preciso e dettagliato di chi li vede. La conseguenza principale sarà la costruzione di nuovi tipi di circuiti capaci di andare oltre la copertura geografica o sociodemografica, per offrire piuttosto segmenti di pubblico raggruppati ad esempio ‘per interessi’. “L’OOH è stato spesso considerato come un mezzo di ‘seconda categoria’ perché povero di dati qualitativi a quantitativi a supporto delle scelte di pianificazione – riflette Alberto Cremaschi (Kinetic) – . La nuova AudiOutdoor ha sicuramente messo a disposizione della media community e dei clienti i dati di base per

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una corretta pianificazione audience-based”. Ma questo, avverte Cremaschi, non basta: “Per insediare la Pubblicità Esterna nel mindset di pianificatori e clienti occorrono insight strategici strutturati che si possono ottenere solo svolgendo ricerche ad hoc. Kinetic in quanto specialist dell’OOH ha sentito l’importanza di questa esigenza e ha condotto una ricerca che andasse oltre il mezzo OOH considerato nella sua interezza analizzando i singoli formati, mettendoli in relazione fra di loro e con gli altri media. Siamo sempre più convinti che i dati, la ricerca sono indubbiamente un aspetto strategico nel posizionamento degli operatori”.


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Pay-Per-Ché? In un universo di media sempre più ‘posseduti’ (owned) o ‘guadagnati’ (earned), il ruolo di mezzi e spazi acquistati (‘paid’) resta imprescindibile. Come spiega in questo intervento Paola Furlanetto, la strada per valutare quantitativamente e qualitativamente il ROI è tutt’altro che semplice o scontata: come e quando misurare le performance e il rapporto costi-benefici?

IL DESIDERIO di misurare l’efficacia della pubblicità è vivo da molto tempo. Nel 1990 già venivano pubblicati testi sui KPI. Contemporaneamente cresceva l’uso massiccio dei modelli econometrici per il marketing e la pianificazione dei mezzi. A questi si sono aggiunti da diversi anni anche i modelli di attribuzione, il cui uso è cresciuto congiuntamente al digitale. Tutti elementi importanti per valutare le performance delle spese in comunicazione e, se possibile, anticipare le soluzioni di successo. KPI, modelli econometrici o di attribuzione sono termini tuttora in crescita fra le ricerche Google. La letteratura è infinita, e al centro di tutto è sempre il customer journey. A che punto siamo? E, soprattutto, da che parte è opportuno andare? I due approcci Agli estremi dell’analisi dell’efficacia della comunicazione vi sono due obiettivi diversi: 1. controllare se l’investimento ha davvero generato un ritorno superiore alle spese; 2. verificare l’efficienza delle singole leve. Nel mare delle tecnicità in cui il controllo della pubblicita spesso si perde, vi sono alcuni punti chiave che possono cambiare la 76

Paola Furlanetto https://it.linkedin.com/in/pfurlanetto @paolafurlanetto https://twitter.com/paolafurlanetto

prospettiva e, conseguentemente, il risultato. Sono due gli approcci principali, per ognuno di essi pochi gli elementi da tenere in considerazione. Si tratta di variabili ovvie, per questo spesso trascurate. Iniziamo, dunque dal punto di vista piu ampio ed importante: il ritorno sugli investimenti.


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1. La valutazione del ritorno sugli investimenti In un’ottica imprenditoriale, gli investimenti devono portare un ritorno superiore alle spese. Si tratti carta stampata, OOH o digitale, l’obiettivo resta dunque identico. Se ho speso 100 mi aspetto di ottenere di ritorno complessivo almeno attorno a 104106 sperando di arrivare a 115-120 finali, valori finali al netto di inevitabili incidenti di percorso. Ottenere un elevato ritorno sugli investimenti può apparire facile o, al contrario, una sfida impossibile. Tutto dipende da molti fattori, che sono ben raccontati in molti testi specialistici. Per quanto mi riguarda vorrei focalizzare l’attenzione su 3 variabili semplici, intuitive e spesso trascurate. È attorno a loro che spesso si giocano i risultati del ROI. Si tratta di: a. Investimenti (ovvero: quali costi decidiamo di inserire) b. Ritorno (qual è il risultato che aspettiamo di ottenere) c. Tempo (in quanto tempo ci proponiamo di ottenere il risultato)

a. Gli Investimenti Si raggruppano sotto il nome investimenti tutte le spese sostenute per la comunicazione. Il numero delle voci da considerare con gli anni è sensibilmente incrementato, passando dalla triade: creatività + media + produzione, a una lista articolata che include diverse aree di specializzazione. Oggi, lo sappiamo bene, fare comunicazione richiede piu velocità, ore lavoro, strumenti e conoscenze rispetto al passato. È cambiata la valutazione del ROI dell’era digiale rispetto a quella precedente? Per certi versi sì. Nelle spese che la pubblicità sostiene, oggi hanno un ruolo più

importante sia tecnologia che controllo. Come sempre avviene in periodi di veloce e continua evoluzione (fu così anche negli anni ‘80), crescono anche i costi di gestione. Salgono dunque gli investimenti necessari a ‘seguire’ la veloce evoluzione del mercato. Per raggiungere lo stesso numero di persone sono necessari, rispetto al passato, più ore lavoro, più tecnologia, più controllo e, naturalmente, maggiore rapidità. Ma possiamo raggiungere i destinatari della comunicazione meglio di prima. Abbiamo detto ‘possiamo’ farlo, e non ‘riusciamo’ a farlo. Infatti il ROI aiuta a comprendere se la possibilità si è convertita in fatti concreti: se l’investimento è stato profittevole, con risultati maggiori delle spese. KPI : ROI. Il vecchio Buzzword : Olistico. La raccomandazione : tecnologia, audit,

gestione dati di prima e terza parte, fee agenzie sono parte del le spese da includere nel ROI. Digital Basic : competenza piattaforme, uso dati proprietari per il targeting dinamico, controllo tecnologia – questi gli investimenti ‘smart’. Evergreen : TV, OOH, Stampa, Radio nelle nuove versioni versioni digitali e talvolta nomadiche. La geo-localizzazione, ovvero la comunicazione di prossimità è l’evoluzione delle vecchie pianificazioni locale con un potenziale ancora immenso.

b. Il Ritorno Per essere sintetici sino all’eccessiva semplificazione, la comunicazione commerciale efficace fornisce come risultati: • l’acquisto in tempi brevi;

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• il rafforzamento della marca (che si presume contribuisca anch’essa all’acquisto e il cui ritorno economico è solo differito nel tempo); • ambedue. La situazione che, di fatto, raccoglie il maggior numero di investimenti è la terza – e cioè quella mista – che in parte genera immediato incremento degli atti d’acquisto e in parte ne diluisce il ritorno economico nel tempo (contribuendo a ciò che siamo soliti chiamare brand equity). La valutazione completa del successo di una comunicazione commerciale prevede il monitoraggio di ambedue i sistemi, e cioè dell’incremento vendite e dei valori legati alla marca. È dunque necessario un analogo sistema di KPI che, se da una parte include metriche sull’acquisto, dall’altra non dimentica gli altri indicatori che definiscono la brand equity. Prima di avventurarci nel complesso mondo della brand equity, accontentiamoci di accompagnare agli indicatori di vendita anche quelli relativi al branding, espressi con i due KPI fondamentali: • la notorietà/brand awareness • il profilo (o immagine) di marca. KPI : Brand Awareness, Profilo/Immagine

di Marca. La raccomandazione : monitorare co-

stantemente sia vendite che branding, per qualsiasi campagna. Digital Basic : performance marketing integrato alla comunicazione, search, modelli di attribuzione sono i ‘must have’. Evergreen : modelli econometrici.

c. Il Tempo A questo punto si pone una domanda: in che arco di tempo misurare i risultati? 78

Il tempo è la metrica necessaria a circoscrivere il periodo in cui valutare i risultati. Sappiamo che la comunicazione puo agire in modo diverso in funzione delle variabili che la caratterizzano (dal touchpoint sino alla fase del customer journey, passando per contenuti, format e così via). Misurare il successo significa non solo definire obiettivi ma anche quando raggiungerli. Non chiarirlo è candidarsi a realizzare ‘campagne boh’. Cosa sono le ‘campagne boh’? Sono campagne impostate in modo arbitrario o casuale: senza obiettivi chiari e definiti nel tempo. Se vanno bene, difficilmente potremmo duplicarne il successo; se vanno male, raramente possiamo comprenderne le motivazioni. Insomma, sulle performance delle campagne boh non esistono certezze: valutate nel momento sbagliato possono convertire in fallimento anche un successo certo. Il tempo ha infatti almeno 3 connotazioni che influiscono direttamente sulle performance della comunicazione. • La prima: esperienziale. Dice Rosati “il tempo è tessuto per dare forma all’esperienza” (1) . La realtà digitale ha aumentato la possibilità di giocare con spazio e tempo. Porsi un limite di tempo significa focalizzarsi sulle opzioni idonee e sfruttarne meglio le potenzialità. • La seconda: commerciale Le capacità di acquistare a costi competitivi lo spazio pubblicitario dipende in buona misura dalla nostra flessibilità temporale. Sapere entro quando la campagna dovrà produrre i risultati riduce il numero delle opzioni da analizzare e ottimizza anche la strategia d’acquisto . • La terza: di politica aziendale Non solo lanci, stagionalità d’acquisto, riassortimenti, quotazioni in borsa, ma


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anche check point da parte degli headquarter rendono opportuno avere le prime evidenze entro date precise. Il ritorno sugli investimenti non può dunque prescindere dalla variabile temporale che di tutti è l’elemento piu rilevante. Un esempio sull’importanza del tempo? Che si tratti di lavoro, amore o sport provate a pensare quanta differenza di impatto sulla propria vita significa porsi una scadenza temporale oppure no. KPI : tutti i KPI richiedono la definizione

del periodo cui si riferiscono. Buzzword legati al tempo : Customer

Journey, Real Time Bidding. La raccomandazione : definire a priori:

- il momento in cui la campagna deve portare i risultati, - il periodo che utilizziamo per valutare le performance della comunicazione. Digital Basic : niente meglio del Real Time Bidding e del Programmatic rende chiara l’importanza del tempo: aste con valutazione e ottimizzazione in tempo reale si accompagnano alla possibilità di profilare sempre meglio i target in modo dinamico e avere risultati migliori più velocemente. 2. L’efficienza delle leve di comunicazione La misurazione dell’efficienza delle singole leve di comunicazione è prassi acquisita anche nel nostro paese. Ciò che manca è piuttosto la capacità di organizzare le informazioni e dare loro un ordine di importanza rispetto agli obiettivi. Spesso, nelle aziende e nelle agenzie (ma anche sul desktop di chi, come me, opera nel settore in modo indipendente), si è pronti per un’abbuffata di numeri che

perde di vista il fine ultimo della misurazione: capire se abbiamo raggiunto l’obiettivo. A questo si accompagna spesso una reazione opposta: l’assenza di verifica per mancanza di tempo. Se è vero dunque che aziende e agenzie dovrebbero disporre di un sistema di calcolo automatico per tutti gli indicatori di comunicazione (i Performance Indicator sono molto piu stabili di quanto si pensi), è solo la scelta dell’obiettivo che determina il KPI principale. Un indicatore che è importante ottenere velocemente e aggiornare quotidianamente per controllare in tempo reale l’efficienza della leva che stiamo utilizzando. Concludendo Misurare l’efficacia della comunicazione commerciale è un desiderio vivo da tempo. Il mercato ha capitalizzato contributi importanti, ma è solo quando la volontà di molte aziende si unisce all’uso dei big data che riusciremo ad avere risposte chiare. Intanto possiamo usare bene, molto bene, metriche e strumenti a nostra disposizione. Ecco i magnifici 4: • gli investimenti? all included; • il ritorno? monitoriamo sia vendite che branding; • il tempo? rendiamolo l’alleato migliore della nostra comunicazione. Infine: • i KPI. Ovvero, i Key Performance Indicator che, se ben scelti, controllano sia il raggiungimento dell’obiettivo globale che l’efficienza di tutte le leve utilizzate. Paola Furlanetto Sul tempo: il post di Luca Rosati, ‘Playing with time. Tempo e user experience design’ (https://goo.gl/ RhQ51L)’; Joseph Pine e Kim Korn, ‘Infinite Possibility: Creating Customer Value on the Digital Frontier’ (Berrett-Koehler Publishers, 2011). (1)

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Cross-media specialists Il punto di incrocio fra ‘orizzontalità’ delle strutture e ‘verticalità’ delle specializzazioni è il punto focale attorno al quale ruotano e si sviluppano i nuovi modelli di business delle agenzie media. Idem le concessionarie, che alla ‘verticalità’ dei mezzi originali affiancano sempre più spesso ‘orizzontalità’ e cross-medialità per tenere il passo dell’innovazione digital

“IN UN MERCATO sonline che sta diventando sempre più concentrato in termini di raccolta pubblicitaria, le media company dovrebbero ‘re-inventarsi’ e costruire strategie digitali che consentano loro di competere sugli stessi terreni di gioco dei grandi player globali, valorizzando al contempo i propri asset (contenuti e brand)”. Lo ha affermato recentemente Marta Valsecchi, Direttore Osservatori Internet Media e Mobile Strategy degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, identificando le principali direzioni di sviluppo che le media company stanno perseguendo: 1. progettazione del contenuto in chiave multi-piattaforma, ossia la definizione delle diverse declinazioni digitali del prodotto editoriale deve avvenire fin dalle fasi iniziali di realizzazione. 2. ampliamento di target e verticalizzazione di contenuto; la capacità di offrire contenuti verticali agli utenti ha un duplice beneficio, ossia attrarre – e poi trattenere – nuovi utenti e arricchire la profilazione dell’audience; a livello internazionale, alcune aziende hanno rafforzato il loro posizionamento con l’acquisizione di pubblicazioni già consolidate sul web e rivolte a un target giovane. 3. allargamento di scope geografico con l’obiettivo di fare economie di scala; le media company cercano di fare massa critica entrando 80

Marta Valsecchi, Direttore Osservatori Internet Media e Mobile Strategy degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

in altri Paesi: ne sono un esempio l’acquisto del Financial Times da parte di Nikkei Group (Media Company giapponese) e di Business Insider da parte di Axel Springer (che aveva provato anch’essa ad acquistare il Financial Times).


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4. potenziamento tecnologico; molte media company stanno stringendo partnership o stanno acquisendo realtà con elevate competenze tecnologiche, in particolare sul fronte Data Management Platform (DMP) e Programmatic Advertising. Vista l’importanza di aumentare il tempo speso agli utenti sul sito un’altra linea di lavoro è l’adattamento dei contenuti in funzione dell’utente. 5. valorizzazione dell’asset editoriale anche in chiave pubblicitaria, cavalcando il trend del native advertising. 6. introduzione di nuovi canali di diffusione; l’esempio più emblematico è l’avvicinamento degli editori al mondo dei grandi Over The Top internazionali con modelli di revenue chiari e con benefici per entrambe le parti. 7. monetizzazione del Mobile per cercare di valorizzare lo spostamento di audience su questo canale. In altre parole, potremmo dire, al centro del processo di trasformazione delle media company, c’è o ci dovrebbe essere una visione capace di conciliare due assi: affiancare cioè la verticalità dei mezzi originali all’orizzontalità imposta dall’accelerazione causata dal digitale, che porta sempre di più verso una proposta editoriale e commerciale cross-mediale. Si tratta indubbiamente di un processo complesso, in cui è necessario individuare il corretto punto di equilibrio fra ‘legacy’ e ‘new’, cioè fra tradizione consolidata e approdo a nuove aree di business. Partire dai contenuti “La grande fortuna di Rai Pubblicità – interviene l’ad della concessionaria Fabrizio Piscopo – è che propone al mercato pubblicitario i contenuti della più grande impresa culturale italiana, che è diventata, con questa ultima gestione, una digital media company. Questo significa far arrivare i contenuti alle persone quando vogliono,

Fabrizio Piscopo, amministratore delegato Rai Pubblicità

dove vogliono e come vogliono, cioè attraverso i device che preferiscono. La crossmedialità è nel Dna di Rai, i contenuti sempre più sono progettati per essere veicolati su diverse piattaforme. La centralità dell’offerta in rete ne è una prova tangibile, basta pensare alla nuova app RaiPlay. Ma l’esigenza per sopravvivere nel nuovo scenario sono innanzi tutto culturali, dobbiamo smarcarci da specializzazioni mono media e abbracciare conoscenze trasversali. Le nostre offerte pubblicitarie sono da tempo multimediali. Si parla da tempo di schermo strategy: noi siamo l’unica concessionaria a poter offrire nelle nostre pianificazioni cinema, Tv, Pc, tablet, smartphone e anche la radio”. Tenendo insieme l’eredità di Rai e le innovazioni dettate dall’era digitale, aggiunge quindi Piscopo, la sfida è quella di costruire offerte crossmediali: “I contenuti Rai, programmi, generi, ma anche format di iniziative speciali, diventano il fil rouge per costruire un’offerta sinergica tra i diversi media, tale per cui il risultato di comunicazione finale sia superiore alla somma di quello

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dei singoli media. Partire dai contenuti significa pianificare interesse, attenzione delle persone che si ripercuote anche sui messaggi commerciali. Questo ci è possibile perché Rai fa contenuti di qualità e ricchi di valori di interesse per i brand dei nostri clienti”. “La crossmedialità è ormai un dato di fatto – conferma il Ceo di Italiaonline, Antonio Converti –, e quasiasi tipo di campagna non ne può prescindere, basti pensare alla gran parte degli utenti che navigano soprattutto in mobilità, e noi lo sappiamo bene perché abbiamo risultati da primato anche nella mobile audience: è un successo che parte da lontano, quando nel 2015 abbiamo rilasciato una ad una le nuove versioni delle nostre properties perfettamente responsive. Aggiungete la forza e il bacino d’utenza di app come quelle di Libero Mail e di Pagine Gialle e il gioco è fatto. Ma per mantenere e incrementare una mobile audience di queste dimensioni occorre pianificare campagne mirate per ogni tipo di device e non invece, ad esempio, spalmare una campagna identica su desktop, smartphone e tablet, oppure riprodurre su smartphone un video per la Tv: questi sono errori ancora abbastanza comuni che noi non facciamo. Modellando al massimo l’advertising per ogni singolo device si raggiungerà un’efficienza superiore a quella delle campagne pubblicitarie tradizionali”. “Per quel che ci riguarda – dichiara Paolo Dosi (Clear Channel Italy) –, la ‘vicinanza’ fra Out Of Home e Mobile costituisce un dato di fatto consolidato e un qualcosa di già ampiamente diffuso e utilizzato soprattutto nell’area dell’engagement. Di nuovo, il discorso si lega a quello della tecnologia e dei dati che abbiamo già affrontato: trasferire sul territorio le informazioni di cui disponiamo e di cui sempre più disporremo – le abitudini e i percorsi delle persone, gli orari e i luoghi in cui sono più disponibili a essere contattati, ecc… – dà e darà un fortissimo valore aggiunto ai brand interessati a seguire il consumatore attraverso ogni suo passaggio

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Antonio Converti, Ceo Italiaonline

dal primo momento di awareness fino all’atto di acquisto”. Al di là dell’aspetto ludico, Dosi cita il caso dei Pokemon Go: “Pur senza una specifica reason why, senza promesse di premi o altro, è possibile spostare i flussi delle persone attirandole per esempio in un negozio che avrà acquistato una particolare ‘esca’ sulla piattaforma di gioco. E questo mi sembra un modo di ingaggiare i consumatori molto più coinvolgente di quelli cui siamo abituati”. “È un avanzamento inevitabile – concorda con Dosi Alberto Cremaschi (Kinetic) –. I limiti fra un media e l’altro sono sempre più labili. Nel caso specifico dell’Out of Home non possiamo esimerci dal considerare il Mobile e i Social Media come parte integrante del nostro business e delle nostre strategie. Gli approcci sono diversi: si osservano campagne Out of Home con creatività che rimandano ad applicazioni Mobile utilizzate più spesso e insieme al Mobile Advertising lavorano in frequenza


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rafforzando il messaggio; altre che puntano a un’interazione sui Social Media e, grazie ai nuovi impianti digitali, permettono di trasmettere risposte personalizzate alle persone regalando emozioni e coinvolgimento; altre ancora che utilizzano il geofencing per inviare messaggi pubblicitari in modalità push sugli smartphone degli utenti passati nell’area limitrofa a un impianto Out of Home. Il grande valore aggiunto di questa ultimo approccio è di fornire informazioni rilevanti nel posto giusto, al momento giusto generando così un maggiore ritorno degli investimenti in Pubblicità Esterna”. La trasformazione delle agenzie “In questi ultimi anni abbiamo assistito a un importate processo di evoluzione dell’offerta in senso crossmediale da parte delle media company, soprattutto in termini di prodotto editoriale – ribadiscono Carlo Messori Roncaglia e Gennaro Palma (UM) –. La progressiva affermazione dei touchpoint digitali e la moltiplicazione delle piattaforme di accesso ai contenuti ha contribuito ad accelerare questa evoluzione all’interno della industry. In questo scenario il ruolo dei centri media diventa sempre più strategico e cruciale: dobbiamo essere sempre più ‘facilitatori’ di integrazione a beneficio delle brand dei nostri clienti per realizzare progetti di comunicazione realmente innovativi e ingaggianti. Orchestrare in maniera sinergica tutti i touchpoint che intervengono nel consumer journey è la sfida alla quale sono chiamate a rispondere le agenzie”. Al processo di trasformazione delle media company si accompagna da tempo un analogo processo da parte delle agenzie media, anche in questo caso applicato sul doppio asse della specializzazioni verticali di cui le agenzie stesse si sono dotate (ad tech, programmatic, native e branded content, fashion, mobile, social, eventi, sport ed entertainment… solo per citarne alcune), e l’orizzontalità delle strutture che sono

Carlo Messori Roncaglia, General Manager UM

invece chiamate a gestire i diversi specialisti per conto del cliente. Pensiamo ai sempre più numerosi ‘team cross-agency’ che le principali holding hanno costruito negli ultimi anni per servire specifici clienti andando in un certo senso a ricomporre il modello di ‘servizio completo’ della classica agenzia di 20 anni fa. Anche in questo caso, dunque, abbiamo chiesto ai nostri interlocutori quali siano le logiche dietro queste ‘ri-strutturazioni’ e su quali leve facciano perno, e come stiano di conseguenza evolvendo le figure manageriali delle ‘nuove’ media agency. “Le variabili in gioco sono numerose – osservano Messori Roncaglia e Palma – ed è naturale che le organizzazioni complesse cerchino di adeguarsi ai cambiamenti del mercato. Il nostro si sta finalmente consacrando come un lavoro di consulenza e di coordinamento dove chi tiene il ‘conto’ del cliente è chiamato a confrontarsi con tematiche del media di complessità e natura diverse. L’asticella si alza sempre di più e i nuovi

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Luca Cavalli, Ceo Zenith

consulenti dell’advertising devono mostrare una preparazione sempre più eterogenea e al passo coi tempi, devono saper sedere al tavolo con interlocutori diversi e padroneggiare discipline che fino a ieri restavano fuori dal perimetro delle agenzie. Se da un lato in agenzia non possono mancare gli specialisti delle varie verticalità, dall’altra probabilmente l’opportunità più grande è quella di realizzare (finalmente) quella integrazione che ha mosso più di una ristrutturazione e che dovrebbe poter restituire ai clienti dei super-consulenti in grado di guidare le scelte in tema di Advertising, forti di un immenso patrimonio di dati a disposizione”. “Bisogna creare un cortocircuito tra le verticalità delle specializzazioni ed il team strategico – è la visione di Stefano Spadini (Havas Media Group) –: non c’è niente di più strategico del digitale e il dato è l’elemento comune tra il 84

digitale e lo strategico. Ma mentre le verticalità lavorano in real time, gli strategici lavorano sul medio-lungo termine. La digitalizzazione ha cambiato tutto: siamo stati tutti costretti a rinunciare a qualcosa, a dare alle relazioni e alle dinamiche tra le parti contenuti molto più di qualità: la crisi ha spinto le concessionarie a concentrarsi, a riorganizzarsi e velocizzarsi e a fare anche loro un salto di qualità; le agenzie sono state spinte verso una riorganizzazione, sia in termini di struttura che di figure professionali. Dal punto di vista della struttura, Havas Media Group condivide con la parte creativa, come con le relazioni pubbliche ed il digital, la sede stessa fisica e una filosofia di approccio al mercato molto ben definita dal nostro ceo globale, Yannick Bollorè. L’idea, tuttavia, non è quella di riproporre la tradizionale agenzia a servizio completo, ma di far funzionare una collaborazione fattiva di tutti gli specialisti, per aggiungere valore supplementare a quello che ogni singola realtà sarebbe capace di produrre senza dialogare con le altre con cui coabita. Ognuno nel Village mette a disposizione dei colleghi la propria expertise: ne deriva un miglioramento netto del livello del valore del servizio percepito dai clienti”. Secondo Spadini, la nuova figura manageriale non potrà che essere il ‘connection manager’: “Una figura trasversale rispetto ai vari dipartimenti interni all’agenzia, che si occupa di coordinare e riassumere gli output in modo da offrire un servizio più completo e migliore al cliente. Per affrontare tutto ciò ci vuole tempo ed energia, ma è una sfida che ci esalta”. Senza confini D’accordo con Spadini, anche le condiderazioni di Luca Cavalli (Zenith) prendono spunto dalla digitalizzazione: “Il mondo del digitale ha abbattuto confini che per tanti anni ci sono sembrati netti – dice infatti –. Da un punto di vista tecnologico perché ha reso accessibile a più player il mondo della produzione, nel senso che oggi


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produrre un contenuto – che sia di tipo editoriale o di advertising, la creatività per intenderci – non è più appannaggio unico delle grandi case di produzione che per girare un 30 secondi avevano bisogno di troupe, di registi e tutto il resto. Stiamo parlando di costruire produzioni molto più piccole. Da un punto di vista strategico, un mezzo che ti permette di parlare al target giusto, nel momento giusto e con la creatività giusta, sviluppata per di più in tempo reale, è la chiusura del cerchio”. Il punto, sottolinea Cavalli, è che oggi più player fanno la stessa cosa: “Target, percorso del consumatore e creatività possono risiedere nel centro media, nella digital agency piuttosto che in un’agenzia creativa. Una grande commistione dovuta al fatto che quelli che prima erano ‘owner’ di momenti diversi - che convergevano nella campagna - oggi in realtà posso fare tutte le cose”. E prosegue: “La rete ha messo a disposizione tali e tante possibilità di comunicazione per cui le frontiere sono davvero crollate: in ambito social o di attivazione, con i blogger/influencer piuttosto che nella generazione di contenuti editoriali o di native advertising... anche in tutti questi casi gli ‘owner’ di queste specialità e di questi processi non sono più così definiti. È vero dunque che tutti stanno in qualche modo cercando di fare tutto. Una risposta che nasce anche perché di fronte a una complessità divenuta quasi ingestibile, la reazione normale e legittima da parte dei clienti è stata la richiesta di semplificazione. In uno scenario così complicato, in cui agenzie e clienti sono spesso disallineati – come abbiamo discusso prima – e in cui c’è un’enorme voglia di vedere e scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo, il nostro compito è proprio quello di aiutarli a capire questa complessità, semplificandola e portando loro qualcosa di comprensibile, efficace e soprattutto attivabile”. La grande discussione su orizzontalità e verticalità sta, in questo senso, raggiungendo un acme:

“Oggi ancor di più occorrono specialisti verticali che stiano dietro alle tante sfaccettature di questo mondo – avverte Cavalli –, ma serve un’ulteriore categoria di specialisti che, al di là del gioco di parole, siano specializzati in ‘generalismo’! Saper prendere tutta questa massa di cose e sintetizzarle in una pillola da portare al cliente costituisce una vera e ulteriore specializzazione! Una professionalità nuova, più rotonda, che non esiste ancora in tutte le agenzie. Personalmente non amo il termine ‘consulente’ applicato alla nostra professione: di fatto, le aziende si affidano alla consulenza quando devono trattare materie che non sono il loro core business, per progetti di riorganizzazione, per ottimizzare sistemi informativi, ecc. Nel nostro caso, per la maggior parte dei clienti marketing e comunicazione sono parte essenziale del core business, quindi non mi delegano cose che loro non fanno ma si rivolgono a noi in quanto ‘esperti’. Noi non diciamo ai clienti che cosa dovrebbero fare e poi glielo lasciamo fare: diciamo loro cosa dovremmo fare insieme e poi, insieme, lo facciamo. È evidente che è un’ottica molto diversa”. Alla luce di questo scenario, Publicis Groupe ha messo in piedi nel 2016 un processo di riorganizzazione epocale e globale. “Il Gruppo è stato diviso in quattro sotto-aree – specifica Cavalli –: Publicis Communication, che raggruppa le agenzie creative; Publicis Media per l’area media; Publicis@Sapient, l’area dedicata alla consulenza, questa volta sì, più trasformazionale e tecnologica; e poi Publicis Healthcare, la parte più verticale e storicamente dedicata alla medicina. All’interno di Publicis Media ci sono le sigle storiche del gruppo – Zenith, Starcom, Optimedia | Blue449 e MediaVest | Spark – cioè i brand che ascoltano le esigenze del cliente, dialogano con lui e gli portano valore. La grande novità è che questi quattro brand sono supportati da sette global practice verticali – Data, Technology & Innovation; Analytics & Insight; Research & Business Intelligence; Investments;

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1. RECMA: LA CLASSIFICA 2015 PER HOLDING # Media Companies (*)

Industry Overall Overall Growth rate Staff Staff Ratio shares Activity Activity ‘15 vs. ‘14 2015 2014 OA/Staff 2015 2015 2014 2015

1 GroupM / WPP MEC Mindshare MediaCom Maxus

37,8 2.720 2.506 16,8% 1.207 1.149 8,1% 583 552 7,3% 521 395 5.7% 409 410

9% 5% 6% 32% 0%

837 305 190 204 138

752 302 190 123 137

3,3 4,0 3,1 2,6 3,0

2 Dentsu Aegis Network / Dentsu Carat Vizeum

20,6% 1.480 1.278 15,1% 1.085 990 5,5% 395 288

16% 10% 37%

316 270 242 207 74 63

4,7 4,5 5,3

3 Publicis Media / Publicis Zenith incl. Optimedia / Blue 449 Starcom incl. Mediavest / Spark

18,0% 13.7% 4,4%

1.296 983 313

1.161 856 305

12% 15% 3%

1.034 238 118

909 205 99

1,3 4,1 2,7

4 Omnicom Media Group / Omnicom 14,4% 1.034 OMD 10.6% 764 PHD 3,8% 270

909 676 233

14% 13% 16%

299 215 84

280 203 77

3,5 3,6 3,2

5 Havas Media Group / Havas Havas Media

5,0% 5,0%

358 358

280 280

28% 28%

140 140

118 118

2,6 2,6

6 Mediabrands / IPG Initiative / Mediabrands UM / Mediabrands

4,1% 2,4% 1,8%

298 171 128

273 149 124

9% 15% 3%

142 80 62

131 74 57

2,1 2,1 2,1

Total 14 brands 100% 7.187 6.407 12% 2.090 1.855 (media agency industry according to RECMA)

3,4

(*) include global agencies + other brands as well as standalone agenciesagencies Rounded Euro Millions Fonte: RECMA – Overall Activity Billings, luglio 2016

Business Development & Communications; Content; Performance – che spaziano dal digitale alla strategia, dalla tecnologia agli ambiti più commerciali, che supportano il lavoro dei brand per il cliente. Per riferirmi a quanto 86

dicevamo prima, cioè, i sette specialisti verticali fanno tutti riferimento a un’ottavo specialista - il singolo brand - che confeziona un prodotto finito, semplice e attivabile per i clienti”.


capitolo7

2. RECMA: LA CLASSIFICA 2015 PER SINGOLA MEDIA AGENCY # Media Companies (*) 1 MEC/GroupM

Industry Overall Overall Growth rate Staff Staff Ratio shares Activity Activity ‘15 vs. ‘14 2015 2014 OA/Staff 2015 2015 2014 2015 16,8% 1.207 1.149

5%

305 302 4,0

2 Carat/Dentsu Aegis Network 15,1% 1.085 990

10%

242 207 4,5

3 Zenith incl. Optimedia / Blue 449 13.7%

983

856

15%

238

205

4,1

4 OMD / Omnicom Media Group

10.6%

764

676

13%

215

203

3,6

5 Mindshare / GroupM

8,1% 583 552

6%

190 190 3,1

6 MediaCom / GroupM

7,3%

32%

204

7 Maxus / GroupM

5.7% 409 410

0%

138 137 3,0

8 Vizeum / Dentsu Aegis Network

5,5%

37%

74

9 Havas Media / Havas Media

5,0% 358 280

28%

140 118 2,6

10 Starcom incl. Mediavest / Spark 4,4% 313 305

3%

118 99 2,7

11 PHD / Omnicom Media Group 3,8% 270 233

16%

84 77 3,2

13 Initiative / Mediabrands

2,4% 171 149

15%

80 74 2,1

14 UM / Mediabrands

1,8% 128 124

3%

62 57 2,1

521

395

395

288

123

63

- Total 14 brands 100% 7.187 6.407 12% 2.090 1.855 Media agency industry according to RECMA

2,6

5,3

3,4

Rounded Euro Millions Fonte: RECMA – Overall Activity Billings, luglio 2016

Controcorrente Una posizione piuttosto distante da quelle discusse fin qui è quella di Media Italia, agenzia che fa capo al Gruppo Testa ma indipendente dalle grandi holding, che è stata fra i principali

promotori del network Local Planet, composto da strutture di tutto il mondo che la pensano nello stesso modo: ”Per quanto riguarda noi – afferma infatti il Ceo Valentino Cagnetta – e con noi mi riferisco tanto a Media Italia quanto

87


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a Local Planet, non siamo dei ‘tuttologi’ e non siamo ‘360 gradi’. Non siamo e non vogliamo essere produttori di contenuti, un’agenzia creativa o una società di placement. Non facciamo direct marketing (tranne che qualcuno lo possa offrire a livello locale), non facciamo eventi, non facciamo sport marketing. Noi siamo specializzati e vogliamo fare e facciamo media planning e buying: sappiamo fare bene questo tipo di lavoro e le altre cose preferiamo lasciarle fare ai professionisti dei rispettivi settori. All’interno di questa macro-specializzazione ci sono naturalmente altre specializzazioni tipiche di un’agenzia media, ma restiamo un ‘sistema’ che ha come proprio core business il lavoro sui mass media e che non ha alcuna intenzione di reinventarsi ogni giorno cambiando cappello di volta in volta”. Un esempio significativo è quello dell’automation: “Sul programmatic c’è talmente tanta offerta sul mercato che i clienti sono liberissimi di scegliere quello che gli pare – spiega Cagnetta –. Credo inoltre che l’utilizzo di una sola piattaforma in modo esclusivo sia un errore, perchè alcune s anno fare certe cose molto bene, ed altre ne fanno meglio delle altre. Noi stessi, a Media Italia, in questo momento ne stiamo utilizzando tre, e potremmo in futuro utilizzarne anche di più. Fondamentalmente è un discorso di specializzazione: lasciare che ognuno faccia al meglio il suo mestiere. Per i clienti e le agenzie è assai faticoso sviluppare piattaforme proprietarie oltre che terribilmente oneroso tenerle costantemente aggiornate perché non rischino di essere superate da un momento all’altro… Conviene prendere di volta in volta il meglio che c’è sul mercato: primo perchè così si è in grado di ‘saltare’ su una nuova piattaforma in qualsiasi momento e in tempi brevissimi; secondo, perchè i costi sono più bassi e quindi anche i ricarichi sui clienti sono più contenuti; terzo perchè, parliamoci molto chiaramente, molte delle piattaforme dichiarate

88

‘proprietarie’ sono di fatto delle ‘white label’ utilizzate dopo averci appiccicato un marchio sopra! Ma non ha senso, e se qualcuno lo facesse sarebbe un errore”.


capitolo7

89


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Tutti i numeri del mercato Nelle pagine seguenti pubblichiamo numerose tavole e grafici con alcuni dei principali forecast sull’andamento del mercato mondiale, europeo e italiano degli investimenti pubblicitari, realizzati e pubblicati dalle grandi agenzie media internazionali e altri istituti di ricerca accreditati.

1. CARAT: TASSI DI CRESCITA ANNUALI PER AREA GEOGRAFICA E NAZIONE 2. CARAT: TASSI DI CRESCITA ANNUALI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI 3. CARAT: TASSO DI CRESCITA ANNUALE PER MEZZO (WORLDWIDE) 4. CARAT: QUOTA DI MERCATO % DEI MEZZI SUL TOTALE ADV (WORLDWIDE) 5. CARAT: I PAESI ‘TOP 5’ PER TASSO DI CRESCITA IN EUROPA 6. GROUPM: INVESTIMENTI ADV (WORLDWIDE 2009-2017) 7. GROUPM: INVESTIMENTI ADV - PROIEZIONI DI LUNGO PERIODO (WORLDWIDE 2017-2021) 8. MAGNA GLOBAL: CRESCITA DEI FATTURATI PUBBLICITARI PER REGIONE (2016-2017) 9. MAGNA GLOBAL: TASSI DI CRESCITA DEI FATTURATI PUBBLICITARI PER MEZZO (2015-2017) 10. MAGNA GLOBAL: FATTURATI PUBBLICITARI (WORLDWIDE 2015-2017) 11. ZENITH: TASSI DI CRESCITA INVESTIMENTI ADV VS. GDP WORLDWIDE (2015-2018) 12. ZENITH: TASSI MEDI DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PER REGIONE (2015-2018) 13. ZENITH: TASSO DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PER REGIONE (2015-2016) 14. ZENITH: QUOTA DI MERCATO DEI MEZZI SUL TOTALE INVESTIMENTI ADV (2015-2018) 15. ZENITH: INVESTIMENTI ONLINE PER TIPOLOGIA (2015-2018) 16. WARC: INVESTIMENTI ADV - TASSO DI CRESCITA % PER PAESE 17. WARC: INVESTIMENTI ADV - TASSO DI CRESCITA PER MEZZO 18. PWC: SPESA PUBBLICITARIA NEL SETTORE DELL’E&M (ITALIA 2010-2019) 90


capitolo8

1. CARAT: TASSO DI CRESCITA ANNUALE PER AREA GEOGRAFICA E NAZIONE (% di crescita anno su anno a prezzi correnti)

2016f 2017f

NORTH AMERICA USA Canada

+5,0 +5,0 +3,0

+3,8 +3,8 +3,0

WESTERN EUROPE UK Germany France Italy Spain

+2,9 +5,4 +2,3 +0,9 +1,3 +5,0

+2,7 +4,6 +2,1 +1,2 +0,8 +4,4

C&EE Russia

+4,7 +6,2

+5,5 +5,2

ASIA PACIFIC Australia China India Japan

+3,9 +5,4 +5,7 +12,0 +1,8

+4,2 +4,5 +5,5 +13,9 +1,2

LATIN AMERICA Brazil

+10,0 +4,8

+9,8 +4,5

GLOBAL

+4,4 +4.7

Fonte: Carat Ad Spend Report, settembre 2016

91


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2. CARAT: TASSI DI CRESCITA ANNUALI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI (2016-2017)

Fonte: Carat Ad Spend Report, settembre 2016

92


capitolo8

3. CARAT: TASSO DI CRESCITA ANNUALE PER MEZZO (WORLDWIDE) TV QUOTIDIANI PERIODICI RADIO CINEMA OOH DIGITAL

2016f 2017f +3,0 +2,3 -7,1 -5,9 -2,5 -1,6 +2,4 +0,6 +4,5 +4,6 +3,5 +3,4 +15,6 +13,6

Fonte: Carat Ad Spend Report, settembre 2016

4. CARAT: QUOTA DI MERCATO DEI MEZZI SUL TOTALE ADV (WORLDWIDE) 2016f 2017f TV 41,1% 40,3% QUOTIDIANI 11,0% 9,9% PERIODICI 6,4% 6,0% RADIO 6,4% 6,2% CINEMA 0,6% 0,6% OOH 6,9% 6,8% DIGITAL 27,7% 30,2% Fonte: Carat Ad Spend Report, settembre 2016

5. CARAT: I PAESI ‘TOP 5’ PER TASSO DI CRESCITA IN EUROPA 2016f 2017f IRLANDA +7,5% +11,8% SVEZIA +6,4% +3,6% GRAN BRETAGNA +5,4% +4,6% SPAGNA +5,0% +4,4% GRECIA +4,2% +3,2% Fonte: Carat Ad Spend Report, settembre 2016

93


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6. GROUPM: INVESTIMENTI ADV (WORLDWIDE 2009-2017) 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016f 2017f Nord America 157.834 160.037 165.098 171.391 175.092 180.167 183.321 188.769 194.202 YOY% -7,2 1,4 3,2 3,8 2,2 2,9 1,8 3,0 2,9 America LAtina 14.730 21.334 23.685 26.964 30.051 31.717 34.224 35.798 38.349 YOY% 1,7 44,8 11,0 13,8 11,4 5,5 7,9 4,6 7,1 EU Occidentale 88.316 92.568 93.779 90.780 89.689 92.073 95.068 98.321 101.056 YOY% -11,2 4,8 1,3 -3,2 -1,2 2,7 3,3 3,4 2,8 EU Centrale & Est 9.261 10.199 11.254 11.910 12.408 12.737 12.589 13.464 14.469 YOY% -21,4 10,1 10,4 5,8 4,2 2,6 -1,2 6,9 7,5 Asia-Pacifico 109.360 119.911 129.700 139.646 149.235 1 58.072 167.378 176.295 186.686 YOY% -2,3 9,6 8,2 7,7 6,9 5,9 5,9 5,3 5,9 Nord Asia YOY% ASEAN YOY%

48.534 55.906 64.586 71.495 78.063 83.301 88.745 93.718 99.653 6,5 15,2 15,5 10,7 9,2 6,7 6,5 5,6 6,3 7.477 7,0

8.665 9.576 10.616 11.695 12.488 13.928 15.054 16.314 15,9 10,5 10,9 10,2 6,8 11,5 8,1 8,4

M. East & Africa 12.050 13.451 14.236 15.797 16.567 15.645 16.015 16.487 17.230 YOY% 6,0 11,6 5,8 11,0 4,9 -5,6 2,4 3,0 4,5 TOTALE YOY%

391.552 417.500 437.751 456.489 473.043 490.410 508.595 529.134 551.992 -6,5 6,6 4,9 4,3 3,6 3,7 3,7 4,0 4,3

Fonte: GroupM, ‘This Year Next Year’ (luglio 2016)

94


capitolo8

7. GROUPM: INVESTIMENTI ADV - PROIEZIONI DI LUNGO PERIODO (WORLDWIDE 2017-2021) Nord America YOY%

2017f 194.202 2,9

2018f 202.852 4,5

2019f 211.616 4,3

2020f 220.265 4,1

2021f 229.250 4,1

America Latina YOY%

38.349 7,1

39.505 3,0

42.417 7,4

45.413 7,1

48.486 6,8

EU Occidentale YOY%

101.056 2,8

103.484 2,4

106.627 3,0

109.656 2,8

112.588 2,7

EU Centrale & Est YOY%

14.469 7,5

15.320 5,9

16.190 5,7

17.089 5,6

17.980 5,2

186.686 5,9

197.113 5,6

209.314 6,2

222.021 6,1

235.236 6,0

Nord Asia YOY%

99.653 6,3

108.465 8,8

116.256 7,2

124.342 7,0

132.715 6,7

ASEAN YOY%

16.314 8,4

17.939 10,0

19.573 9,1

21.361 9,1

23.270 8,9

M. East & Africa YOY%

17.230 4,5

17.328 0,6

17.844 3,0

18.196 2,0

18.528 1,8

551.992 4,3

575.602 4,3

604.008 4,9

632.641 4,7

662.068 4,7

Asia-Pacifico YOY%

TOTALE YOY%

Fonte: GroupM, ‘This Year Next Year’ (luglio 2016)

95


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8. MAGNA GLOBAL: CRESCITA DEI FATTURATI PUBBLICITARI PER REGIONE (2016-2017)

Fonte: MAGNA INTELLIGENCE, giugno 2016

9. MAGNA GLOBAL: TASSI DI CRESCITA DEI FATTURATI PUBBLICITARI PER MEZZO (2015-2017)

Fonte: MAGNA INTELLIGENCE, giugno 2016

96


capitolo8

10. MAGNA GLOBAL: FATTURATI PUBBLICITARI (WORLDWIDE 2015-2017) MEZZI TRADIZIONALI 2015 2016 2017 TV 171.972 179.482 178.394 Var. % -0,3% +4,4% -0,6% Market Share 37,7% 37,3% 36,0% QUOTIDIANI 53.511 49.140 44.915 Var.% -9,1% -8,2% -8,6% Market Share 11,7% 10,2% 9,1% PERIODICI 22.627 20.905 19.059 Var.% -9,6% -7,6% -8,8% Market Share 5,0% 4,3% 3,8% RADIO 29.460 29.394 29.112 Var.% +0,5% -0,2% -1,0% Market Share 6,5% 6,1% 5,9% OUT OF HOME *** 30.137 31.279 32.329 Var.% +4,1% +3,8% +3,4% Market Share 6,6% 6,5% 6,5% CINEMA 2.690 2.782 2.862 Var.% +11,1% +3,4% +2,9% Market Share 0,6% 0,6% 0,6% TOTALE MEZZI TRAD. 307.707 310.201 303.810 Var.% -2,2% +0,8% -2,1% Market Share 67,4% 64,5% 61,3% TOTALE 456.371 480.853 495.662 Var.% +3,6% +5,4% +3,1%

MEZZI DIGITALI 2015 2016 2017 SEARCH* 73.044 83.064 92.403 Var.% +17,0% +13,7% +11,2% Market Share 16,0% 17,3% 18,6% ONLINE VIDEO* 13.135 17.682 23.775 Var.% +34,9% +34,6% +34,5% Market Share 2,9% 3,7% 4,8% DISPLAY* 26.990 25.238 25.048 Var.% +3,1% -6,5% -0,8% Market Share 5,9% 5,2% 5,1% SOCIAL* 22.607 32.427 39.499 Var.% +48,6% +43,4% +21,8% Market Share 5,0% 6,7% 8,0% ALTRI FORMATI* 12.886 12.240 11.127 Var.% +5,9% -5,0% -9,1% Market Share 2,8% 2,5% 2,2% MOBILE** 50.563 72.782 94.497 Var.% +60,7% +43,9% +29,8% Market Share 11,1% 15,1% 19,1% TOTALE DIGITAL 148.663 170.652 191.852 Var.% +18,3% +14,8% +12,4% Market Share 32,6% 35,5% 38,7%

(milioni di dollari) * Comprende i formati pubblicitari su qualsiasi piattaforma digitale (desktop, tablet, smartphone) **Comprende i formati pubblicitari sulle sole piattaforme mobili (tablet e smartphone) *** Non comprende la pubblicità cinematografica on-screen. Fonte: MAGNA INTELLIGENCE, giugno 2016

97


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11. ZENITH: TASSI DI CRESCITA INVESTIMENTI ADV VS. GDP (WORLDWIDE - 2015-2018)

Fonte: Zenith, settembre 2016

12. ZENITH: TASSI MEDI DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PER REGIONE (2015-2018)

Fonte: Zenith, settembre 2016

98


capitolo8

13. ZENITH: TASSO DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI PER REGIONE (2015-2016)

Fonte: Zenith, settembre 2016

99


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14. ZENITH: QUOTA DI MERCATO DEI MEZZI SUL TOTALE INVESTIMENTI ADV (WORLDWIDE 2015-2018)

Fonte: Zenith, settembre 2016

15. ZENITH: INVESTIMENTI ONLINE PER TIPOLOGIA (WORLDWIDE 2015-2018)

Fonte: Zenith, settembre 2016 - miliardi di dollari

100


capitolo8

16. WARC: INVESTIMENTI ADV – TASSO DI CRESCITA % PER PAESE (WORLDWIDE) 2016 vs 2015 2017 vs 2016 year-on-year year-on-year % change % change INDIA +13,3% +13,4% CINA +7,8% +7,1% RUSSIA +5,8% +6,1% SPAGNA +5,8% +5,2% GRAN BRETAGNA +5,6% +4,3% USA +5,1% +2,8% AUSTRALIA +3,8% +3,8% BRASILE +3,3% +2,1% ITALIA +2,8% +1,6% GERMANIA +2,1% +1,8% CANADA +2,0% +2,4% GIAPPONE +1,7% +1,7% FRANCIA +1,3% +0,8% TOTALE +4,5% +4,2% Fonte: Warc’s Consensus Ad Forecast, November 2016

17. WARC: INVESTIMENTI ADV – TASSO DI CRESCITA PER MEZZO (WORLDWIDE) 2016 vs 2015 2017 vs 2016 year-on-year year-on-year % change % change MOBILE +47,1% +34,2% INTERNET +14,6% +13,0% OUT OF HOME +3,4% +3,2% CINEMA +3,1% +5,1% TV +2,8% +1,1% RADIO +0,4% +0,3% PERIODICI -5,9% -4,5% QUOTIDIANI -8,0% -6,1% Fonte: Warc’s Consensus Ad Forecast, November 2016

101


102

Fonte: PwC - Entertainment & Media Outlook in Italy (ottobre 2016)

NB: le stime e i forecast prodotti dai modelli econometrici applicati da PwC, oltre che a perimetri non totalmente coincidenti per i diversi mezzi, non sono confrontabili con i dati e le informazioni di tipo censuario raccolte da altri istituti di ricerca: nel caso dell’Outlook, infatti, ciò che conta non è il dato sul singolo anno ma il trend evolutivo che i modelli disegnano sul medio periodo. Dati in milioni di euro.

Historical data Forecast data CAGR % 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2015-20 B2B 1.683 1.356 1.182 1.087 1.076 1.056 1.048 1.049 1.058 1.076 VAr. % -19,4% -12,8% -8,1% -1,0% -1,8% -0,8% 0,1% 0,9% 1,7% 0,0% Cinema 38 34 29 24 23 25 25 25 26 26 VAr. % -10,0% -15,8% -16,6% -4,2% 7,0% 0,0% 2,1% 2,1% 2,2% 2,7% Internet 1.350 1.530 1.745 1.945 2.147 2.351 2.560 2.772 2.989 3.203 VAr. % 13,3% 14,1% 11,5% 10,4% 9,5% 8,9% 8,3% 7,8% 7,2% 8,3% Magazines 851 707 607 574 552 533 518 507 497 487 VAr. % -16,9% -14,2% -5,4% -3,8% -3,5% -2,7% -2,2% -2,0% -2,1% -2,5% Music 130 123 113 107 103 100 98 97 95 94 VAr. % -5,7% -7,7% -5,4% -3,9% -2,8% -2,0% -1,6% -1,5% -1,2% -1,8% Newspapers 1.159 971 857 781 738 702 671 645 624 607 VAr. % -16,2% -11,7% -8,9% -5,5% -4,9% -4,4% -3,8% -3,3% -2,8% -3,8% Out-of-home 205 180 170 165 182 185 186 190 195 201 VAr. % -12,3% -5,3% -2,8% 10,2% 1,9% 0,1% 2,4% 2,7% 3,0% 2,0% Radio 433 389 354 345 373 388 402 414 423 429 VAr. % -10,2% -9,1% -2,4% 8,0% 4,2% 3,5% 2,9% 2,2% 1,5% 2,9% TV and video 3.352 3.290 3.071 3.055 3.092 3.233 3.392 3.609 3.763 3.982 VAr. % -1,8% -6,7% -0,5% 1,2% 4,6% 4,9% 6,4% 4,3% 5,8% 5,2% Video games 30 32 29 26 27 29 30 31 33 35 VAr. % 6,3QA% -8,8% -8,5% 3,2% 4,5% 4,8% 4,2% 5,7% 6,7% 5,2% TOTAL 8.442 7.934 7.513 7.482 7.626 7.854 8.116 8.454 8.742 9.098 VAr. % -6,0% -5,3% -0,4% 1,9% 3,0% 3,3% 4,2% 3,4% 4,1% 3,6%

18. PWC: SPESA PUBBLICITARIA NEL SETTORE DELL’E&M (ITALIA 2010-2019)

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Agili, integrati e… in crescita! Nella visione di Havas Media Group il binomio dati-contenuti rappresenta il principale asse di sviluppo e di successo, e al servizio di tale impostazione si è adattata la struttura stessa dell’agenzia media. Fattore altrettanto e forse ancora più importante, sostiene il CEO Stefano Spadini, è la motivazione delle persone che ne fanno parte.

INTERVISTA a Stefano Spadini, CEO Havas Media Group. Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, di cui abbiamo parlato in precedenza, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno da Havas fino a questo momento? Quali sono stati i driver principali di tali risultati? Anche nel 2016 stiamo mantenendo un trend molto positivo di acquisizioni che era già iniziato nel gennaio 2015: riusciamo a conquistare circa un budget nuovo al mese. Anche quest’anno, dunque, cresceremo molto rispetto a quello precedente. I driver principali? Avere in azienda persone motivate: le persone ‘felici’ restano più a lungo in agenzia e conoscono meglio il cliente: è dunque più probabile riuscire a prevenire e soddisfare le sue esigenze, o superare i momenti di crisi. Infine, tra gli obiettivi raggiunti quest’anno e di cui sono particolarmente orgoglioso l’apertura dei nostri uffici a Roma alla cui guida c’è Annalisa Spuntarelli, Managing Director Roma. Quali proiezioni avete fatto sulla seconda parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Stiamo crescendo oltre la media del mercato, continuando così il percorso intrapreso dall’agenzia. 104

Stefano Spadini , CEO di Havas Media Group

Facendo un punto più articolato della situazione, attraverso quali sigle, divisioni e unit opera oggi Havas Media Group nel nostro paese? Quali le peculiarità, le specializzazioni, i posizionamenti e i tool operativi di ciascuna?


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HAVAS MEDIA GROUP

Tra i tool proprietari di Havas Media Group sviluppati più recentemente: Connect, lo strumento per misurare l’efficacia dei touchpoints durante il percorso d’acquisto, in grado di fornire informazioni precise per Industry e per target; Magellano, una dashboard per l’analisi in real time dei trend delle audience televisive, sviluppata su oltre 150 canali e 50 target televisivi, accessibile anche in mobilità tramite browser, e Content.IO, lo strumento di data driven content management. Fanno parte di Havas Media Group i brand specialistici come DataInsight, Ecselis Socialyse, Mobext, e LuxHub. DataInsight è la sigla dedicata alle ricerche, con metodologie proprietarie e partnership con i principali istituti di ricerca, è in grado di affrontare per conto dei propri clienti tutte le tematiche qualitative e quantitative relative alle indagini di marketing; Ecselis è la unit che offre soluzioni digitali di performance marketing; Socialyse comprende tutte le attività di Social Media quali Strategy, Community Management, Conversion Intelligence, Social Analysis/Insight, Content Creation, Social SEO, Mobile Marketing e Blogger Outreach; Mobext è un team dedicato allo sviluppo di strategie e consulenze in ambito mobile, alla creazione e allo sviluppo di applicazioni studiate per qualsiasi piattaforma, pianificazioni, buying e implementazione; LuxHub è la practice di consulenza strategica che offre expertise ed insight in tutte le aree di marketing e comunicazione per il settore della Moda e del Lusso. Dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state le novità di maggior rilievo nel corso dell’ultimo anno?

Via San Vito, 7 – 20123 Milano Tel. 02 67443201 - Fax 02 67443222 alessandra.quatti@havasmg.com www.havasmediagroup.it

Board di direzione: Stefano Spadini, CEO Havas Media Group; Nicola Thellung, Chief Financial Officer; Guido Surci, Chief Strategy & Innovation Officer; Maurizio Bertoli, Managing Director - Media Division; Annalisa Spuntarelli, Managing Director Roma; Raffaele Calia, Managing Director Havas Sports & Entertainment; GianMario Motta, Global Business Director LuxHub. Servizi offerti: Strategy, media planning and buying; market, brand and consumer consultancy; performance marketing, search & data analytics; social media strategies & community management; mobile communication; brand engagement, sport, fashion, luxury & retail expertise. Anno di fondazione: 2001 Addetti: 135 Fatturato 2014: 374 milioni di euro (Fonte: RECMA) Clienti (principali): Axa, CheBanca!, Chiquita, Compass, Coyote, Disney, Emirates, Federazione Italiana Rugby, Fendi, Friuli Venezia Giulia, Gruppo Generali, Hugo Boss, Heineken, Hermès, Hyundai, JDE, Kia, LG, Mediobanca, Paypal, Puig, RCS Sport, Secret Escapes, Skybet, Star, Swarovski, Universal Music Group e Vueling.

Havas Media Group continua a investire per offrire un servizio migliore anche in termini di integrazione del Gruppo. Fedeli al binomio dati-contenuti, come accennavamo nella parte di scenario, abbiamo creato quindi due direzioni generali, Media e Contenuti, guidate rispettivamente da Maurizio Bertoli e Raffaele Calia. Sotto la direzione di quest’ultimo è da poco arrivato Federico Fantini in qualità di Head of Sport, con l’obiettivo di rispondere alle crescenti 105


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Havas Sports & Entertainment è stata scelta da RCS Sport come partner digitale per il Giro d’Italia per la sua capacità di sviluppare un’App in grado di connettere gli appassionati della Corsa Rosa alle esigenze degli investitori

richieste in ambito sportivo di Havas Sports & Entertainment. Havas SE opera già attivamente in quattro ambiti principali: insight & strategy, partnership, attivazione e contenuti – i pilastri alla base della creazione di relazioni significative tra i brand e le community di fan che fanno leva sulla capacità emozionale dello sport e dell’entertainment. Siamo convinti che lo sport marketing sia un investimento distintivo, che potrà darci grandi opportunità di dialogo sia con i nostri clienti sia con un mercato in continua evoluzione e sempre più complesso. Siamo altresì molto soddisfatti degli investimenti nell’area ricerca e benchmarking dove possiamo 106

vantare un team completamente rinnovato negli ultimi 12 mesi e continueremo ad investire in questa area. Infine, come accennavo riguardo all’apertura della sede romana, Annalisa Spuntarelli – MD Roma – si è unita al Board ormai da qualche mese. Volete raccontarci una o due case history particolarmente significative per illustrare i plus del vostro servizio? Con RCS Sport per il Giro d’Italia abbiamo dimostrato di essere il partner in grado di mettere in relazione le esigenze degli appassionati del ciclismo con quelle delle aziende sponsor. La competizione poteva essere se-


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Per integrare la campagna mass-media e raggiungere fisicamente i potenziali clienti, CheBanca!, con il supporto del team di Havas Media Group, ha trasformato il Natale 2015 in ‘Yellow Christmas’, diventando il primo brand sponsor delle luminarie natalizie sull’intero Corso Buenos Aires di Milano, la più lunga via dello shopping italiano

guita sul sito del Giro e con le rispettive app, il cui sviluppo è stato affidato ad Havas SE. L’agenzia è stata scelta non solo per la capacità di gestione grafica e narrativa dell’enorme flusso di contenuti che il Giro d’Italia produce e sono stati trattati in real time sul sito dell’evento e sulle app, ma anche e soprattutto per la sensibilità di Havas SE nell’ambito sportivo e la sua capacità di accompagnare RCS Sport nello sviluppo di un prodotto che mettesse in connessione gli appassionati della Corsa Rosa alle esigenze degli investitori. È stata molto apprezzata la nostra capacità nella gestione e distribuzione multimediale dei contenuti, consentendo a chi non poteva seguire l’evento in Tv di non perdersi nessuna notizia rilevante e di seguire attraverso l’aggiornamento delle infografiche di sito ed app, lo stato della gara. Diversa ma altrettanto significativa la case CheBanca!, che per integrare la campagna mass-media e raggiungere fisicamente i potenziali clienti, ha lanciato a Dicembre 2015 ‘Yellow Christmas’, diventando il primo brand sponsor

delle luminarie di Natale sull’intero Corso Buenos Aires, la più lunga via dello shopping italiano. Autorità pubbliche e ambasciatori comunali hanno partecipato all’evento di lancio, illuminando tutto il percorso e inaugurando la stagione natalizia. I 300 negozi del Corso hanno sostenuto l’iniziativa e due pop-up store sono stati posizionati centralmente per attirare i potenziali clienti invitati a lasciare i propri dati per vincere gadget come tablet e smartphone. A supporto dell’attività, 10 totem per una copertura totale di oltre 100mq e il media partner Radio RDS che, ogni giorno, trasmetteva live con Petra Reggian all’interno di uno dei pop up store. CheBanca! ha raggiunto grandi risultati di business: oltre il 93% dei non-clienti che hanno partecipato al concorso Instant Win è diventato active prospect; ‘Yellow Christmas’ ha goduto di buona risonanza sui social, che hanno amplificato il progetto raggiungendo un livello record di buzz e commenti positivi – oltre 3 volte superiore a quello dei mesi precedenti. 107


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Un Dna quantitativo I successi di Initiative nel 2016 derivano da un profondo processo di riorganizzazione, portato avanti da tempo, in cui le competenze specialistiche (il programmatic, l’audience management, i sistemi di analytics e dashboarding) collaborano in maniera sempre più stretta alla definizione di strategie multicanale che consentono nei fatti un abbattimento dei silos funzionali

INTERVISTA a Andrea Sinisi, General Manager Initiative. Il 2015 ha finalmente segnato il ritorno degli investimenti in comunicazione a un segno positivo, e si prevede un consolidamento del trend anche per il 2016: quali sono le vostre previsioni da questo punto di vista? Messi almeno temporaneamente da parte i timori relativi alla Brexit, ci prepariamo a un ‘autunno caldo’ sotto il profilo politico-economico interno: quali i fattori che a vostro avviso potrebbero da un lato consolidare il trend positivo degli investimenti o dall’altro invertirne la rotta? E dal punto di vista industriale? Quali settori e aziende si distingueranno nel panorama degli investimenti? Lo scenario che ci troviamo di fronte è più che mai incerto e influenzato da alcune prossime scadenze: il referendum costituzionale, il DPF sul fronte interno, la questione migranti da un punto di vista europeo, e le elezioni USA. Da un punto di vista degli investimenti, come Mediabrands noi stimiamo una chiusura del 2016 in crescita di circa il 3%, trainata dalle Tv, dal Digital e dall’Outdoor. I settori che continueranno a fare da traino anche nei mesi a venire sono di certo l’Automotive, categoria finalmente in ripresa dopo anni di crisi, ma, molto più interessante 108

Andrea Sinisi, General Manager Initiative

a nostro parere, la Distribuzione, che assiste a una vera e propria rivoluzione che deriva dal concetto stesso di retail, protagonista di un vero e proprio scalino evolutivo.


initiative

INITIATIVE Via Valtellina, 15/17 – 20159 Milano Tel. 02 725251 – Fax 02 866406 initiative.milano@initiative.com www.initiativeitalia.it

Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti da Initiative fino a questo momento? Quali proiezioni avete fatto sull’ultima parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Quali sono stati i driver principali di tali risultati? Il 2016 è stato un anno decisamente positivo per Initiative. Prevediamo di chiudere in rialzo, grazie a una crescita organica della nostra base clienti e a una buona performance di new business che stiamo consolidando in queste settimane. I successi che stiamo raccogliendo derivano da un processo profondo di riorganizzazione che stiamo portando avanti da qualche tempo, in cui le competenze specialistiche collaborano in maniera sempre più stretta alla definizione di strategie multicanale che consentono nei fatti un abbattimento dei silos funzionali. Abbiamo avuto la conferma che questo nuovo modo di approcciare in maniera orizzontale il business è ritenuto di grande valore dai nostri clienti. Come sta procedendo l’evoluzione delle attività media in seno a IPG Mediabrands e quali sono i riflessi diretti su Initiative? Dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state le novità di maggior rilievo nel corso dell’ultimo anno? Oltre alle recenti nomine in seno di Initiative, nell’ultimo anno abbiamo consolidato un processo già in atto da tempo di creazione

Board di direzione: Andrea Sinisi, General Manager; Sandra Amar, Managing Partner Clients and New Business; Lorena Bragotto, Client Director. Clienti (principali): IKEA, Red Bull, Alfa Wassermann, Pandora, Max Mara

di gruppi di lavoro vocati alla creazione di sinergie orizzontali fra le business unit con competenze verticali. Questo ci ha consentito di rinforzare sempre di più la nostra posizione di leadership in settori quali il Retail, dove queste capacità portano ampi benefici in termini di efficacia ed efficienza. Facendo un punto più articolato sulla vostra offerta, attraverso quali sigle, divisioni o unit opera oggi Initiative nel nostro paese? Quali le peculiarità, le specializzazioni, i posizionamenti e i tool operativi di ciascuna? Da sempre, Initiative ha un Dna molto quantitativo, basato sulle evidenze e sui numeri. Il nostro modello prevede che il cuore strategico e di gestione del cliente rimanga ben saldo all’interno di Initiative, che tuttavia ha abbracciato in maniera sempre più forte discipline quali il programmatic, l’audience management e ha sviluppato sistemi di analytics e dashboarding sempre più capaci di leggere in maniera integrata la customer journey. Questo sia in un’ottica di ottimizzazione delle performance di campagna, sia attraverso l’utilizzo delle evidenze in un circolo virtuoso di base concettuale per un nuovo processo strategico. 109


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Supporto strategico Nonostante il difficile raffronto con l’anno di Expo, per Kinetic anche il 2016 chiuderà in positivo: da un lato per la rinnovata fiducia nell’Esterna da parte di molti investitori; dall’altro per il supporto strategico che lo specialist offre ai clienti grazie agli insight ottenuti dalle sue ricerche sul ruolo e il percepito dei formati OOH e la loro relazione con gli altri media

INTERVISTA ad Alberto Cremaschi, Managing Director Kinetic. Dopo un primo semestre positivo, l’Outdoor è andato via via decrescendo per il raffronto con il ‘periodo EXPO’ dello scorso anno: qual è il vostro polso sulla situazione? Quali i trend di investimento – quantitativi e qualitativi – da parte dei vostri principali clienti? Il confronto con un anno particolarmente positivo come quello dell’anno scorso non è facile sia per noi specialist sia per le concessionarie: lo si affronta con determinazione ma anche con molta cautela consapevoli del fatto che è raro ripetere performance di quel calibro. Da questi primi 9 mesi sembra però che l’Out of Home stia tenendo il passo dell’anno scorso. Non tutti i segmenti del comparto hanno lo stesso passo, stazioni e aeroporti sembra stiano scontando un po’ l’effetto EXPO, ma stiamo assistendo anche a una forte tenuta dei Grandi Formati, dell’Arredo Urbano e della Dinamica. Qual è stato l’andamento di Kinetic fino a questo momento e come prevedete di chiudere il 2016? Anche se l’anno scorso EXPO non ha impattato in modo significativo sul nostro andamento, il 2016 non si prospettava come uno dei più facili da affrontare. Mantenere lo stesso passo di questi tempi non è da poco, eppure fino a questo momento stiamo ottenendo buoni risultati e riteniamo di chiudere con una buona performance. Questo pensiamo sia dovuto, da un lato, a una rinnovata fiducia nella Pubblicità Esterna 110

Alberto Cremaschi, Managing Director Kinetic

e, dall’altro, dal supporto strategico che Kinetic offre ai suoi clienti grazie agli insight ottenuti dalle ricerche condotte quest’anno sul ruolo e sul percepito dei diversi formati OOH e sulla loro relazione con gli altri media. Gli investimenti in ricerca sono, senza dubbio, un asset fondamentale per rispondere alle richieste sempre più esigenti del mercato. In termini di new business, quali sono state i principali movimenti di budget dell’ultimo anno? Quali i clienti acquisiti e per quali tipologie di servizi? Il new business è da tempo uno degli obiettivi principali di Kinetic e ogni anno riusciamo ad acquisire clienti di pregio. Quest’anno abbiamo collaborato con Assocalzaturifici, l’associazione che rappresenta a livello nazionale le imprese industriali operanti nel


kinetic

KINETIC Viale del Mulino, 4 - 20090 Assago (MI) Tel. 02 4335951 – Fax 02 433595595 italia@kineticww.com www.kineticitalia.it

Board di direzione: Alberto Cremaschi, Managing Director; Carlo Grillo, Chief Financial Officer. Servizi offerti: Out of Home/Strategia, Planning, Buying, Controlli, Creatività. Anno di fondazione: 2001 settore della produzione di calzature, per cui abbiamo curato la comunicazione per la promozione di The Micam, il salone internazionale leader del settore calzaturiero. Abbiamo sviluppato una strategia declinata esclusivamente in OOH rivolta a fare conoscere la fiera sul territorio milanese con formati classici ed impattanti, come la dinamica urbana/extra urbana e la metropolitana, e impianti digitali e innovativi in stazione e in città. Quali sono state negli ultimi mesi le novità ‘interne’ a Kinetic più rilevanti? Per arricchire le strategie di comunicazione OOH con contenuti innovativi e creativi, all’inizio dell’anno abbiamo costituito la unit Kinetic Innovation con la finalità di comunicare in modo diverso e accattivante e di attivare le audience ‘on the move’. La unit è anche l’hub interno a Kinetic in grado di realizzare progetti ‘around the line’ utilizzando elementi più esperienziali tipici di eventi e attività BTL. Le diverse leve attivabili da Kinetic Innovation ci aiutano a parlare col consumatore sia nel mondo reale sia in quello digitale creando un coinvolgimento multi-piattaforma e integrato. Concludiamo come sempre chiedendovi di raccontare una history particolarmente significativa e capace di illustrare la portata e la qualità del servizio offerto da Kinetic ai suoi clienti… I clienti con cui lavoriamo realizzando campagne di successo sono innumerevoli. Sky è sicuramente uno di questi: da anni crede nel nostro mezzo, è attento alle innovazioni ed è stato fra i primi a investire nel Digital

Addetti: 35 Fatturato 2015: 16,4 milioni di euro Clienti (principali): TIM, Vodafone, Ritter Sport, SKY, Unilever, FCA Group, Coca-Cola, Lavazza, Enel, Nestlè OOH. Dietro a ogni campagna Sky c’è un’attenta selezione dei formati che supportano al meglio gli obiettivi di comunicazione e delle posizioni grazie alla nostra conoscenza del territorio. Ne è un esempio la campagna Sky Box Sets che ha visto l’utilizzo di un media mix fortemente variegato - dinamica decorata, arredo urbano, grandi e medi formati, metropolitana, impianti digitali, videocomunicazione - arricchito da soluzioni impattanti quali la domination della banchina della metropolitana di Milano Duomo e la decorazione totale di alcune pensiline a Milano e Roma.

Per promuovere The Micam, Kinetic ha sviluppato una strategia OOH con formati classici e impattanti: dinamica urbana/extra urbana e metro, impianti digitali e innovativi in stazione e in città

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Pensiero globale, azione locale Attraverso la creazione del network Local Planet, Media Italia ha fatto proprio l’antico adagio ‘Think global, act local’ e ha unito le proprie forze e le proprie caratteristiche di indipendenza, specializzazione e trasparenza a quelle di 50 agenzie media di tutto il mondo con un approccio ‘bottom up’ che le consente di rivolgersi ad aziende di rilevanza internazionale

INTERVISTA a Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia. Media Italia è entrata da pochi mesi nel network media globale Local Planet: quali le ragioni che vi hanno portato a farlo e quali gli obiettivi? In un momento in cui a livello globale il mercato si confronta sui grandi issue della trasparenza, della veridicità dei dati e della viewability, siamo stati tra i soci promotori e fondatori di Local Planet perché volevamo dare una risposta a quella che in una parola si può definire una crisi di fiducia nei confronti delle agenzie media tradizionali. La ragione è quindi presto detta: non ci siamo riuniti in una ‘associazione’, ma insieme ad agenzie di 50 paesi abbiamo creato una nuova società, investendo ciascuno in una quota del suo capitale, la cui ottica e finalità è esattamente la stessa con cui l’agenzia media del Gruppo Armando Testa si muove in Italia fin dalla sua fondazione: fortissima specializzazione sui media, indipendenza, e lavoro dedicato interamente al risultato per i clienti. A novembre si terrà a Cuba – siamo il primo network ad aver aperto una società media in quell’isola – la prima conference globale da quando è stata fondata Local Planet: sarà l’occasione per fare il punto, ma posso dire che dal momento della nascita a oggi ci è venuta a cercare un’altra ventina di agenzie che non 112

Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia

conoscevamo dal Giappone, dalla Cina, dalla Nuova Zelanda e soprattutto dal Sud America dove siamo cresciuti e ci siamo rinforzati moltissimo, tanto che è stato addirittura creato un board che coordina tutte le attività dell’America Latina e che comprende Argentina, Cuba, Porto Rico ecc.. Complessivamente, ciò vuol dire che oggi più di 50 paesi sono presenti e attivi nel network Local Planet, che al interno lavorano più di 4.000


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MEDIA ITALIA

persone gestendo in totale oltre 10 miliardi di euro di billing. La forza del network è proprio quella di avere a disposizione le voci di 50 mercati, ognuna delle quali può dire la sua e può portare la propria esperienza. Un approccio bottom-up, al contrario di quello top-down delle holding: questo vuo dire che non c’è una visione centristica delle cose, e che ognuno di questi 50 soggetti ha già affrontato e risolto problemi di questo tipo e può dare il suo contributo, che una volta preso, analizzato e sedimentato tornerà utilissimo ad altri paesi che quei problemi non li ha ancora affrontati. Quali sono stati i risultati dell’iniziativa fino a questo momento? Nell’arco di pochissimi mesi Local Planet si è costruita una grande visibilità in tutto il mondo mettendo ‘a sistema’ il capitale di credibilità ed esperienza accumulato su base locale da ciascuna delle agenzie che ne fanno parte. Local Planet, inoltre, arriva realmente ‘vergine’ sul mercato, senza alcun tipo di ‘peccato originale’, potendo così presentarsi ai clienti a testa alta. È indicato chiaramente nella nostra proposition: nasciamo trasparenti e i clienti sanno e vedono esattamente dove e come investiamo i loro soldi in ogni mercato e su ogni mezzo. Ecco perché sono arrivati e stanno arrivando in tempi molto più rapidi del previsto anche risultati concreti: basti pensare che in questi mesi siamo stati invitati a partecipare a 16 gare internazionali, vincendone 3. E che attualmente siamo in finale in altre 4. Ciò vuol dire che abbiamo dato una ‘scossa’ al

Via Luisa del Carretto, 58 – 10131 Torino Tel. 011 8109311 – Fax 011 8109501 Via Washington, 17 – 20146 Milano Tel. 02 480821 – Fax 02 460637 Via Della Zecca, 1 – 40121 Bologna Tel. 051 273080 – Fax 051 235482 info@mediaitalia.it www.mediaitalia.it

Board di direzione: Eugenio Bona, presidente; Valentino Cagnetta, Ceo; Roberto Roseano, Paola Allais, Direttori Centrali; Valerio Tutore, Head of Research; Elisabetta Furcht, Direttore Strategico; Andrea Marcolin, Head of Digital; Enrica Gloria, International Director. Servizi offerti/Mezzi in concessione: media insight, media intelligence, media intuition, media interactivity, media information, media instreet. Anno di fondazione: 1982 Addetti: 75

mercato, un segnale che ha sollevato l’interesse per l’iniziativa Local Planet ed è stato recepito soprattutto da parte delle aziende più attente al tema della trasparenza e alla ricerca di come colmare il gap di fiducia nei confronti dei

Il Board di Local Planet, il network globale di agenzie media indipendenti co-fondato e promosso da Media Italia 113


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La campagna “Il mito si colora di te”, realizzata in co-marketing da Unieuro e adidas, pianificata da Media Italia su Tv, Radio, Cinema e Web

network tradizionali: Da questo punto di vista, i diversi ‘incidenti’ – chiamiamoli così – avvenuti nel corso di quest’anno in qualche modo hanno sicuramente portato acqua al nostro mulino, aumentando evidentemente la sensibilità e la disponibilità da parte del mercato a considerare un approccio come il nostro una reale e concreta opportunità. La vittoria nelle gare citate si traduce ‘automaticamente’ in new business per Media Italia? Non necessariamente, e non potrebbe essere altrimenti: oggi stiamo dialogando con questi clienti vinti a livello internazionale, ma chiaramente ci dobbiamo interfacciare con la loro realtà Italiana. Diciamo che per noi si

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trasformano nei lead ‘aggiuntivi’ di cui tutti i network hanno sempre goduto e che a noi sono invece mancati, una serie di nuove opportunità che si aggiungono all’azione di new business che facciamo localmente. Sottolineo inoltre che Local Planet non si proponeo ancora come partner per i big e top client: non siamo pronti per lavorare sui primi cinquanta brand al mondo, e ne siamo consapevoli. Per ora continuiamo semplicemente a consolidarci e ad allenarci, puntando a lavorare con le aziende i cui marchi hanno una rilevanza internazionale pur non essendo le Procter & Gamble della situazione… Anche se fra i marchi in portfolio alle nostre agenzie non mancano momi importanti come Ikea, Nike, H&M, Viacom, Burger King, Pfizer e altri ancora…


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Dal punto di vista interno alla vostra struttura, come è cambiata o pensate che cambierà Media Italia in seguito alla nascita di Local Planet? Non parlerei di cambiamenti strutturali o di organico, ma in un’ottica di medio-lungo termine avremo sicuramente la necessità di incorporare persone che conoscano le regole, i meccanismi, i funzionamenti e i flussi di questo modo di relazionarci e dialogare con gli altri soci di Local Planet. Persone che saranno sostanzialmente dedicate, come ne abbiamo già ma ancora di più, a interfacciarsi con la parte internazionale, pur essendo supportate poi dalla capacità operativa italiana. Di fatto, però, l’esperienza Local Planet sta già portando delle novità importanti, nel senso che proprio attraverso l’interfaccia del network abbiamo una visibilità pressochè totale su quello che è lo scenario media mondiale in termini di modi di approcciare il business, di case history, di capire cosa potrebbe succedere: abbiamo cioè la possibilità di confrontarci direttamente con l’esperienze di fenomeni magari ristretti o caratteristici di certi paesi che qualche nostro collega ha già vissuto e che potrebbe anticipare in qualche modo ciò che potrebbe succedere anche qui da noi. In sostanza, quindi, abbiamo forse recuperato il gap di ‘visibilità’ che avevamo sul resto del mondo. Ma attenzione: la vera potenzialità di Local Planet è quella di poter valutare questa visibilità ma poi reinterpretarla a livello locale, perché la pura e semplice trasposizione tout court di determinati fenomeni si rivela nel 99% dei casi assolutamente farlocca. Di caso in caso, quindi, giudichiamo a nostro buon senso e in base alla nostra esperienza

quello che può funzionare e quello che non può funzionare nel nostro paese. Provo a spiegarmi con un esempio: di Netflix si parla sempre come di un fenomeno dal successo planetario. Ma chi ne parla così parte da un’ottica americana, perché lì davvero Netflix ha sconvolto lo scenario Tv. In Italia, e noi lo abbiamo detto fin dall’inizio, non poteva succedere la stessa cosa: non perché l’offerta di Netflix non fosse buona, ma perché l’offerta già presente sul mercato è ancora perfettamente sufficiente e adeguata alle abitudini di fruizione televisiva. Dunque, se ci fossimo limitati a guardare il fenomeno a livello globale, senza applicare know how ed esperienza locale, avremmo rischiato di dare ai nostri clienti indicazioni completamente sbagliate, suggerendo magari di spostare investimenti dalla Tv ‘classica’ paventando un colpo di teatro e un crollo di audience che non c’è stato! Per concludere, Media Italia presta da sempre particolare attenzione all’area delle ricerche: Stampa, Esterna, Tv digitale… fino all’ultimo studio lanciato all’inizio di quest’anno e dedicato all’E-commerce. Come e quanto queste analisi ‘di settore’ si traducono in tool e strumenti concreti al servizio dei clienti? Avete in programma novità in questo senso? Ricerche e tools esclusivi permettono a Media Italia di garantire ai clienti il meglio in termini di strategia e planning e di offrire alta consulenza e risposte veloci ed efficaci in ogni campo. Le nostre ricerche sono fra le più conosciute e sono ritenute le più affidabili dal mercato e dalla stampa di settore ed economica. Non posso ancora scendere nei dettagli, per i quali do appuntamento alla presentazione che faremo nel prossimo mese di gennaio, se non anticipare che la nostra nuova e come sempre approfonditissima indagine è relativa all’universo dell’Out Of Home…

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Dal media alla ‘performance’ Non più solo un centro media, ma un’agenzia di comunicazione e di marketing performance capace di proporre strategie integrate che mettono al centro il business dei clienti e attivano tutte le soluzioni più innovative nel panorama della comunicazione. Questa, insieme al successo nel new business, la ragione per cui OMD chiuderà il 2016 con una crescita a doppia cifra

INTERVISTA a Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD. Quali sono stati, a oggi, i risultati più importanti raggiunti da OMD e quali i driver principali? Quali proiezioni avete fatto sull’ultima parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? È stato un anno molto positivo per OMD: la crescita è stata guidata sia dall’incremento di investimento di alcuni clienti – in parte dovuto alla presenza di due importanti eventi sportivi come Europei e Olimpiadi – sia dalle nuove acquisizioni. Per citarne alcune: Momondo, Audible, Lay’s, Tonno Mare Aperto e Poste Italiane. Tra gli altri driver c’è sicuramente la nostra capacità di proporre strategie integrate, che mettono al centro il business dei clienti e attivano tutte le soluzioni più innovative nel panorama della comunicazione. Le previsioni dell’ultimo quarter ci portano verso una chiusura anno con incremento a doppia cifra rispetto al 2015. Quali sono stati i riflessi su OMD del ‘nuovo corso’ intrapreso da Omnicom Media Group nel corso dell’ultimo anno? Dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state le novità di maggior rilievo? OMD è allineata ai cambiamenti che Omnicom Media Group sta affrontando. La strategia che ha messo in atto è delineata in cinque punti che vanno dall’utilizzo di Vision, l’approccio strategico con cui 116

Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD

OMD legge i bisogni e i desideri dei consumatori e trova gli insight utili per il business dei clienti, fino al focus sulle risorse umane e sulla formazione. A questo proposito è stato messo a punto un Master in collaborazione con l’Università Bocconi che avrà lo scopo di accrescere le competenze delle nuove figure professionali dei Client Business Director. Queste e altre iniziative sorgono non solo dall’esigenza di cambiare in un mondo che cambia, ma anche e soprattutto dalla volontà di valorizzare maggiormente il nostro lavoro e far percepire ai clienti il valore di un’agenzia di comunicazione come la nostra e l’investimento che dedichiamo per poter fornire un servizio eccellente. Per valorizzare al meglio OMD abbiamo costituito anche un reparto Marketing che si occupa di tutte le iniziative di


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comunicazione interna ed esterna che servono a raccontare meglio il nostro brand, non solo a chi già lavora con noi ma anche a chi vorrà farlo in futuro, che siano nuovi clienti o nuovi talenti da portare a bordo. Qual è oggi il posizionamento di OMD e quali plus vi contraddistinguono in un panorama sempre più competitivo e allargato? Non siamo più solo un centro media ma una agenzia di comunicazione e di marketing performance. Il media è solo uno dei nostri ambiti di intervento e c’è un maggiore coinvolgimento nel rapporto e nella gestione del business dei clienti. Questo cambiamento ci viene riconosciuto, al punto che molti clienti ci chiedono consulenze anche sul fronte creativo, grazie alla capacità che abbiamo di individuare gli insight più interessanti attraverso le ricerche condotte con il nostro panel. C’è una recente case history che può illustrare con chiarezza i plus del vostro servizio? Sicuramente Business Booster per Renault è una delle case history di cui siamo più fieri: la campagna è stata gestita da OMD Roma in collaborazione con Publicis e ci ha permesso di vincere un Leone di Bronzo a Cannes lo scorso giugno. Si tratta di un ottimo esempio di campagna integrata, nata da un insight forte: spesso le aziende a conduzione famigliare, gestite da padri e figli, hanno problemi di gestione e comunicazione che mettono a repentaglio i rapporti personali e ostacolano il business. Per lanciare la nuova gamma di veicoli commerciali Renault, abbiamo sviluppato in collaborazione con Google un’app per rendere più agile il lavoro quotidiano delle piccole imprese e abbiamo raccontato le storie di alcune di loro attraverso una mini serie in collaborazione con Mediaset/Mediamond. Tutto questo ci ha permesso di costruire un sistema integrato per promuovere la diffusione dell’app, attraverso video, web, canali social, stampa e azioni di direct marketing. Un esempio di come l’utilizzo della tecnologia permetta di estrarre dai dati insight

OMD Via Giovanni Spadolini, 5 – 20141 Milano Tel. 02 833071 infoitaly@omd.com www.omd.com/Italy

Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Graziana Pasqualotto, Managing Director; Francesco Blini, General Manager Roma. Servizi offerti: Servizi integrati di comunicazione, marketing e media. Media planning & buying, data driven marketing, branded content, eventi, DMP, CRM, Research & Strategy. Anno di fondazione: 1997 Addetti: 220 Fatturato 2015: 764 milioni di euro (billing RECMA 2015) Clienti (principali): marchi nelle seguenti categorie merceologiche: alimentare, ristorazione veloce, abbigliamento, automotive, homecare, personal care, giocattoli, tecnologia, turismo, servizi pubblici, trasporti, luxury goods più strategici per costruire campagne che diano un reale valore aggiunto al brand e che allo stesso tempo permettano di accrescere i risultati di business dei clienti.

Partita da un’app e una mini serie (realizzate in collaborazione con Google e Mediaset/Mediamond), la campagna integrata Renault Business Booster – Leone di Bronzo a Cannes lo scorso giugno – ha utilizzato video, web, canali social, stampa e azioni di direct marketing

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Human + Tech = Future Per PHD, la combinazione delle componenti ‘Tech’ e ‘Human’ è alla base della reale creazione di valore e dello sviluppo del potenziale competitivo del futuro: un approccio che apre le porte all’Intelligenza Artificiale ma che allo stesso tempo è utile per attrarre talenti e formare i nuovi manager. E i cui risultati in termini di business si possono toccare quotidianamente con mano

INTERVISTA a Vittorio Bucci, Managing Director PHD. Quali sono stati i risultati più importanti raggiunti da PHD fino a questo momento e quali i driver principali di tali risultati? Quali proiezioni avete fatto sull’ultima parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Stiamo vivendo un momento indiscutibilmente positivo e di grandissima crescita, sia a livello globale che locale. È stato un anno straordinario per noi: siamo stati premiati Media Network of the Year e abbiamo non solo consolidato ma fortemente potenziato la nostra posizione sul mercato attraverso un’acquisizione, l’ultima, molto significativa. Si tratta del budget media del Gruppo Volkswagen, azienda leader in termini di vendite e investimenti pubblicitari. È dunque un periodo particolarmente fertile che ci consentirà di chiudere il 2016 con una crescita del billing a doppia cifra. Quali sono stati i riflessi su PHD del ‘nuovo corso’ intrapreso da Omnicom Media Group nel corso dell’ultimo anno? Dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state le novità di maggior rilievo? Omnicom Media Group è la nostra piattaforma per l’innovazione. Ci garantisce l’accesso costante alle principali tecnologie disponibili sul mercato e ci coadiuva nello sviluppo di soluzioni di marketing technology per i nostri clienti. 118

Vittorio Bucci, Managing Director PHD

Il gruppo rappresenta anche il nostro viatico per l’attrazione dei talenti e la formazione manageriale: la costruzione di un’Alta Scuola di Formazione OMG pone le basi per lo sviluppo dei Client Business Director di PHD, consulenti in grado di incidere significativamente sul business dei nostri clienti. Ciò che conta oggi per una reale creazione di valore è proprio la combinazione delle componenti ‘Tech’ e ‘Human’. È qui che si custodisce tutto il potenziale competitivo del futuro. Infine, lo scambio continuo tra holding e agenzia permette di essere sempre aggiornati sulle principali


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tendenze e novità e di incubare e sperimentare soluzioni destinate a cambiare radicalmente il nostro lavoro. Come descrivereste oggi il posizionamento della vostra agenzia media e quali sono i plus che vi contraddistinguono in un panorama sempre più competitivo e allargato? Per essere vincenti bisogna sempre puntare sul cambiamento, nessun brand può competere se non abbraccia questa dimensione. Il mondo va veloce, il mercato è in continua evoluzione, ma è proprio la sfida a spingerci oltre, alla ricerca di nuove strade e opportunità. La propulsione all’innovazione è il nostro imperativo categorico, la nostra originalità è la capacità di anticipare la comprensione dei reali bisogni delle aziende. Recentemente abbiamo trasformato il nostro costante lavoro di analisi e comprensione dei fenomeni sociali e di business in un laboratorio, ‘Evolutionary Lab’, centro di ricerca e di sviluppo, hub da cui nascono molte delle nostre strategie. Uno dei temi cui stiamo dedicando molte delle nostre energie è l’attuale convergenza tra marketing e A.I. (Artificial Intelligence) perché crediamo che il nostro business sarà presto e per buona parte automatizzato e ciò imporrà una trasformazione dei processi decisionali e del ruolo stesso di chi opera nel settore. Altro motore di sviluppo è la nostra piattaforma collaborativa globale ‘Source’, usata per ideare, progettare e implementare le strategie di planning e buying per i nostri clienti attraverso un’amichevole competizione tra colleghi in tutto il mondo. Ultima e classica domanda: c’è una recente case history che può illustrare con chiarezza i plus del servizio offerto da PHD ai propri clienti? A proposito di A.I., abbiamo curato l’attività The Invisible Kitchen di Miele, cliente per il quale ci occupiamo di tutta la comunicazione, incluse le attività di PR e gli eventi. Ideato per il Fuorisalone 2016, il progetto celebra e anticipa la cucina del

PHD Via G. Spadolini, 5 Tel. 02 833071 – Fax 02 83307201 infoitaly@phdmedia.com www.phdmedia.com/italy

Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Vittorio Bucci, Managing Director; Paola Aureli, General Manager Verona. Servizi offerti: Planning, buying, digital marketing, branded content, consumer insight & research, data analysis, events, sponsorship Anno di fondazione: 2000 Addetti: 84 Fatturato 2015: 270 milioni di euro (billing RECMA 2015) Clienti (principali): marchi nelle seguenti category merceologiche: alimentare, abbigliamento, automotive, homecare, personalcare, tecnologia, turismo futuro, super tecnologica, invisibile, touch e in grado di supportarci in tutte le fasi della cottura, un vero e proprio assistente intelligente che ci aiuterà ad utilizzare tutti gli ingredienti rimasti nel frigorifero, a conservare e pianificare il consumo degli avanzi per evitare gli sprechi. Per farlo, abbiamo sviluppato un piano integrato di comunicazione in cui Brand Ambassador, attività in store e marketing diretto si fondevano perfettamente.

Ideato per il Fuorisalone 2016, il progetto The Invisible Kitchen curato da PHD per Miele celebra e anticipa la super tecnologica cucina del futuro

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Focus sui ‘momenti’ UM chiude il 2016 con 10 nuovi clienti, un +10% nel billing, una continua crescita della ‘talent base’, il lancio anche in Italia di UM Studios, unit dedicata al Branded Entertainment. Driver primario di questi successi è soprattutto il nuovo approccio strategico all’insegna del ‘Moments Planning’, il cui obiettivo è aiutare i clienti a essere più efficaci sul mercato

INTERVISTA a Carlo Messori Roncaglia, General Manager UM. Quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno da UM? Quali i driver principali? E come chiuderete il 2016? Il 2016 è ad oggi un anno molto positivo: abbiamo acquisito 10 nuovi clienti e consolidato le relazioni con quelli esistenti. Prevediamo di chiudere con un impatto positivo sul billing del +10%. Un driver fondamentale per la nostra crescita è l’approccio del Moments Planning: focalizzarsi sui ‘momenti’ più rilevanti nella relazione con la marca significa pensare in primis al business e alla crescita dei clienti e a realizzare operazioni di comunicazione realmente strategiche ed efficaci. Quali le novità di maggior rilievo dal punto di vista di struttura, organico e management? La prima area sulla quale stiamo investendo è la crescita della nostra ‘talent base’. Diventiamo più forti quando le nostre persone crescono, diventano più abili e consapevoli. Siamo inoltre concentrati sull’essere sempre più dinamici: la proattività è parte della nostra proposition e del nostro Dna e questo significa, da una prospettiva interna, essere agili e veloci, aiutando i clienti a essere più efficaci sul mercato e portando un contributo concreto alla loro crescita attraverso la nostra consulenza. La novità di cui vado particolarmente orgoglioso è aver portato a bordo un talento come Gennaro Palma nel ruolo di 120

Da sinistra, Carlo Messori Roncaglia, General Manager, e Gennaro Palma, Digital Business Director UM

Digital Business Director, con l’obiettivo di superare la dicotomia on-off line e fare dell’integrazione una condizione necessaria e insostituibile della relazione tra brand cliente e agenzia. Nel 2016 avete lanciato anche in Italia la nuova unit UM Studios: di cosa si occupa esattamente e come è organizzata? È la nostra unit globale dedicata ai progetti che hanno il Contenuto al centro. In UM abbiamo sempre creduto nel Branded Entertainment, e ora operiamo sul mercato italiano con un brand forte e riconosciuto a livello internazionale, attingendo a un network ramificato di competenze, punti di vista e


um-universalmccann

UM – UNIVERSAL MCCANN Via Valtellina, 15 – 20159 Milano Tel. 02 0066041 – Fax 02 00660405 Viale Libano, 68/74 – 00144 Roma info@universalmccann.it www.universalmccann.it

case study d’eccellenza. Sono convinto che i brand capaci di creare storie rilevanti entrano di diritto nella vita del target: per i consumatori, e non solo per i Millennials, i contenuti di valore sono un vera social currency. Ciò che vogliamo fare nel prossimo anno è dedicarci a progetti che interpretino al meglio la contaminazione tra canali e linguaggi. Adattare il contenuto televisivo per il digital non basta più: oggi il contenuto deve essere concepito ‘tailor made’ sui vari canali per essere convincente e intercettare i bisogni espressi dal target in momenti differenti, nello sviluppo di uno storytelling di marca univoco. Attraverso quali altre sigle, divisioni e unit opera oggi UM nel nostro paese? IPG Mediabrands ha da poco lanciato Rapport, specializzata in soluzioni Out of Home innovative,per portare i nostri clienti nel futuro della pubblicità esterna, realizzando campagne di ‘out of home rich media’, altamente innovative e integrate con digital e mobile. In termini di prodotto puntiamo al rafforzamento dell’offerta digital in piena sinergia con gli altri mezzi, continuando a costruire valore per i nostri clienti attraverso due leve fondamentali: tecnologia e talenti. Una recente case history che illustri i plus del servizio offerto da UM ai propri clienti? La brand integration realizzata per Piz Buin, brand iconica di solari di Johnson & Johnson, è nata in risposta a un’analisi dei trend emergenti presso il target dei giovani adulti, tra i quali spicca il mondo del surf, con i suoi miti e le sue location da sogno. Così abbiamo ideato insieme a Publitalia ’80 un

Board di direzione: Carlo Messori Roncaglia, General Manager; Gennaro Palma, Digital Business Director; Elisabetta Clementi, Strategy And Research Director. Servizi offerti: Analisi e strategia, creazione di contenuti, pianificazione e acquisto degli spazi, valutazione dei risultati Anno di fondazione: 1992 Addetti: 62 progetto multimediale di inserimento del brand all’interno di Italian Pro Surfer, il primo talent televisivo dedicato al mondo dei surfisti, andato in onda su Italia 1 e supportato da R105 e Facebook. È stato un grande successo, e ha contribuito a innovare l’immagine della marca, per riconnetterla al mondo valoriale del target in un anno di grande rilancio per Piz Buin.

Moments Planning: il percorso strategico di UM

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Valore in tempo reale Portare quotidianamente maggior valore ai clienti: è questo il mantra che guida ogni attività di Zenith Italia, alla cui guida è oggi Luca Cavalli, nuovo Ceo dopo la nomina di Vittorio Bonori a Global President dell’agenzia media. Un mantra che funziona e che ha reso Zenith il brand più dinamico degli ultimi anni, confermandone il posizionamento di agenzia del Live ROI.

INTERVISTA a Luca Cavalli, Ceo Zenith Italia. Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno da Zenith? Quali i driver principali di tali risultati? Fino a questo momento ci siamo mossi sinceramente molto bene, performando meglio del mercato come sempre il nostro gruppo ci chiede. Stiamo crescendo su tutti i fronti: sia da un punto di vista organico, grazie ai nostri clienti che tutto sommato dimostrano di credere abbastanza nella ripresa: sia grazie alla costante attività di new business attraverso l’acquisizione di nuovi clienti. Una crescita che si attesta attorno al +10%, quindi anche con un mercato che viaggia attorno al +3% il nostro risultato è decisamente superiore alla media. Quali proiezioni avete fatto sulla seconda parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Tipicamente, quando si arriva all’ultimo quarter c’è tutta una componente di budget che è in un certo qual modo, come si dice in gergo, ‘congelato’: una quota che i clienti si tengono in tasca per fare il 122

Luca Cavalli, Ceo Zenith Italia

conto sull’andamento del primo semestre e capire se e come quei soldi andranno spesi, se per recuperare un risultato negativo o piuttosto se per proseguire un trend di


zenithitalia

ZENITH ITALIA Via Giosuè Borsi, 9 - 20143 Milano Tel. 02 752991 - Fax 02 7012957 info@zenithoptimedia.it www.zenithoptimediagroup.it

Board di direzione: Luca Cavalli, CEO; Daniela Schnellinger, COO; Gianluca Dibilio, CFO.

andamento positivo del business. In questa occasione posso dire che siamo abbastanza fiduciosi, e che mentre aspettiamo che si concretizzino gli investimenti dell’ultimo trimestre, in vista di dicembre e del Natale, in realtà siamo già proiettati non solo ai budget e agli investimenti dell’anno prossimo ma anche esoprattutto a disegnare le strategie per i nostri clienti nel 2017. Tutto ciò premesso, credo che i numeri che ho già citato – il +3% del mercato e il +10% di Zenith - siano sostanzialmente gli stessi con i quali si andrà a chiudere questo 2016. Come sta procedendo la riorganizzazione di tutte le attività media in seno a Publicis Groupe avviata nella prima metà dell’anno? Quali sono state le sigle e le attività coinvolte? In riferimento alla complessità dello scenario di cui abbiamo parlato e delle nuove richieste da parte degli investitori in termini di competenze, semplificazione e capacità di trasformare i dati in informazioni e insight, Publicis Groupe ha messo in piedi nell’ultimo anno un processo di riorganizzazione epocale e globale, dividendo il Gruppo in quattro ‘sotto-aree’: Publicis Communication, che raggruppa le agenzie creative; Publicis

Servizi offerti: Comunicazione a 360° per il miglior ritorno sull’investimento possibile, consulenza strategica, media planning & buying e servizi specializzati col supporto delle global practice di Publicis Media: Data, Technology & Innovation; Investments; Content; Business Development & Communications; Analytics & Insight; Performance; Research & Business Intelligence. Anno di fondazione: 1988 Addetti: 238 Clienti (principali): L’Oréal, Mercedes-Benz, poltronesofà, Toyota, eni, Lactalis, Sanofi, Chefaro Pharma Media per l’area media; Publicis@Sapient, l’area dedicata alla consulenza più trasformazionale e tecnologica; e infine Publicis Healthcare, la più ‘verticale’, storicamente dedicata alle aree della medicina e della salute. All’interno di Publicis Media ci sono le sigle storiche del gruppo (Zenith, Starcom, Blue449 e MediaVest Spark) cioè i brand il cui compito è ascoltare le esigenze del cliente, dialogare con lui e portargli un valore concreto. La novità più grande è che tutti e quattro questi brand sono supportati da sette global practice verticali: • Data, Technology & Innovation • Content • Trading & Buying • Performance • Business Development & Communications • Business Transformation • Analytics, Research & Insight 123


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Il ruolo delle practice, che spaziano dal digitale alla strategia, dalla tecnologia agli ambiti più commerciali, è quello di supportare le quattro agenzie media nel confezionare un prodotto finito, semplice e soprattutto ‘attivabile’ per i clienti. Nello specifico, come si posiziona oggi Zenith in questo nuovo quadro e su quali specializzazioni puntate maggiormente? Nel Gruppo Publicis ogni brand, quindi ogni agenzia ha le proprie caratteristiche distintive: dal 2003 il posizionamento di Zenith Media è quello di ‘the ROI agency’. Con l’avvento dell’economia digitale, che permette l’analisi in tempo reale dei risultati, ci siamo trasformati in ‘Live ROI agency’, dove live sta appunto per real time. Come ci hanno indicato alcune recenti ricerche che abbiamo commissionato, quello di Zenith Media è il posizionamento che risulta più distintivo in assoluto dell’intero panorama, non solo sul mercato italiano ma anche a livello globale. Ciò ci pone di fatto come l’agenzia che più di ogni altra mette l’accento sul risultato consegnato ai clienti, e quindi su tutta la componente di analisi, misurazione, modellistica e gestione dei dati che porta a garantire i risultati richiesti. Naturalmente intendiamo continuare a lavorare in questo senso per andare avanti, migliorare e continuare a crescere. Dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, ci sono state novità di rilievo? Quali? A diversi mesi di distanza ormai non è più una notizia, ma all’interno del processo di trasformazione del Gruppo Publicis, che ha portato alla nomina di Vittorio Bonori a Global President di Zenith, la novità principale è naturalmente che il ruolo di

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Ceo dell’agenzia italiana è stato affidato a me, come sempre affiancato da Daniela Schnellinger che ha assunto il ruolo di Coo. Oltre a questo, ricorderei anche la nomina di Luca Montani a Ceo di Publicis Media Italia.


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Cambiare per Crescere Nel 2016 Clear Channel ha rafforzato la sua leadership e si avvia a chiudere l’anno con una crescita fra il +7% e il +8% grazie a un ‘nuovo’ mix delle proprie revenue, in cui gli asset digitali valgono ormai oltre il 20% del totale. Con una nuova organizzazione a partire dai primi mesi del 2017, la concessionaria punta a ridurre il ‘churn’ e aumentare la quota di clienti fidelizzati.

INTERVISTA a Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy. Il risultato del primo semestre per l’Out Of Home è stato positivo, anche se è andato via via decrescendo per il raffronto con il ‘periodo EXPO’ dello scorso anno. Quali sono stati i vostri risultati rispetto all’andamento complessivo del totale mercato? Quali proiezioni avete fatto sulla seconda parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Quali differenze ci sono state rispetto ai vostri diversi asset? Quali i driver principali di tali andamenti? Premetto che anche per noi Expo ha costituito un fattore sicuramente positivo, ma non si è trattato di un evento ‘decisivo’ sotto il profilo media, tanto quanto lo è stato il Bike sharing. Infatti, in occasione di Expo, è stato realizzato il primo sistema di Bike sharing integrato al mondo e, dopo quasi un anno dal suo lancio, possiamo dire che è stato, e continua ad essere, un successo straordinario. Va detto, altresì, che per altri operatori, Expo ha indubbiamente rappresentato l’opportunità di sfruttare al meglio un patrimonio che, negli ultimi anni, non risultava performante, e ora, come prevedibile, queste realtà hanno evidenziato un calo, soprattutto nel secondo e terzo trimestre. In ogni caso, nei primi 9 mesi di quest’anno Clear Channel è cresciuta fra il +7% e il +8%, e contiamo di mantenere questo trend di crescita fino alla fine dell’anno. Gli aspetti più importanti sono due: da 128

Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy

un lato che nel 2016 è cresciuta la nostra quota di mercato e si è rafforzata la nostra leadership; dall’altro che si tratta di un risultato raggiunto grazie a un nuovo ‘mix’ fra i nostri vari asset. Molto bene sono andati per esempio i Mall (Centri Commerciali), così come l’Arredo Urbano, nostro core business che ha performato meglio del mercato nel suo complesso. Non abbiamo registrato a parità di perimetro alcuna crescita del segmento aeroportuale e questo ci ha sorpreso tenuto conto che nel 2015 Expo aveva


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CLEAR CHANNEL ITALIA

favorito gli scali milanesi e inoltre sempre nel 2015 c’è stato l’incendio in ADR. Ottimi, invece, i riscontri del Bike sharing: ad oggi siamo arrivati complessivamente a quasi 55.000 abbonati e l’utilizzo delle biciclette è cresciuto del +35% da un anno all’altro. È un mezzo che ci sta dando davvero molte soddisfazioni – anche per un fatturato nel below the line – e che intendiamo continuare a sviluppare. La ‘nuova’ organizzazione interna di Clear Channel ha ormai un anno di vita: quali benefici ne avete tratto fino a questo momento e su quali linee proseguirà il vostro ‘approccio al cambiamento’? Ritenete cioè di essere arrivati a una situazione ‘ottimale’ o avete ulteriori aggiustamenti in programma? Negli ultimi anni abbiamo cambiato molto e continueremo ancora a farlo: trasformare il nostro business, guidare il cambiamento, innovare, in particolare nell’area digitale sono fattori critici di successo e anche fortemente insiti nel nostro dna culturale. Ciò esige una rifocalizzazione continua su nuove aree di business, tanto è vero che per l’inizio del 2017 abbiamo previsto un’ulteriore riorganizzazione dell’organico e delle sue principali funzioni. A proposito di digitale, a che punto è la ‘trasformazione’ del vostro patrimonio di impianti? Quale percentuale vale sul totale del vostro business e quali sono gli sviluppi più recenti sul fronte dell’offerta più innovativa (sia dal punto di vista tecnologico che da quello strettamente commerciale)? Stiamo andando avanti molto velocemente, e nel 2016 possiamo parlare di un fatturato realizzato attraverso questa tipologia di impianti superiore al 20%. Per chiarire, il riferimento è al numero

Via G. Giulini, 2 - 20123 Milano Tel. 02 802791 - Fax 02 72010592 info@clearchannel.it www.clearchannel.it

Board di direzione: Paolo Dosi, CEO; Maurizio Pafundi, CFO; Alessia Luciani, HR & Communications Director; Sergio Verrecchia, Contracts Management & Development Director; Enrico Milani, Direct Clients Division Director; Andrea Belli, Division Director Specialists&Media Buyers, Malls&Milano Digital; Pierpaolo Nave, Marketing & Strategy Director; Jonathan Goldsmid, Airports Director; Massimo Da Ros, Technical & Operations Director. Servizi offerti/mezzi in concessione: Out-of-Home Media Company Dipendenti: Addetti 170 e Agenti 50 Anno di fondazione: 1963 Fatturato 2015: 120 milioni di euro Clienti (principali): Telefonia, Moda, Distribuzione e Auto

La campagna SKY declinata sui digitotem (FSU digitali) di Milano in cui la creatività cambia nel tempo seguendo il palinsesto nel corso dell’anno

complessivo degli schermi digitali che fanno parte del nostro patrimonio, disseminati fra i circuiti attivati su Milano, quelli degli Aeroporti, il network dei Centri Commerciali e, non ultimo, quello delle Autostrade. 129


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Il Diginetwork dell’Aeroporto di Fiumicino, parte dell’offerta digital di Clear Channel nel 2016 ha realizzato attraverso questa tipologia di impianti una quota superiore al 20% del suo fatturato

Sempre parlando di offerta commerciale, quali politiche proporrete nel corso di questo autunno? Oggi il nostro principale obiettivo è andare a ridurre il cosiddetto ‘churn’, ovvero quella quota di clienti che ‘perdiamo’ annualmente. È vero che siamo bravi a trovarne ogni anno di nuovi, ma se riuscissimo a incrementare il tasso di fidelizzazione la ricaduta sul nostro fatturato sarebbe notevolissima. Detto ciò, le politiche commerciali non sono e non possono essere standardizzate e generalizzate: negli ultimi anni Clear Channel pone la massima attenzione alle esigenze di ogni singolo cliente anche attraverso un approccio differenziato sia come value proposition e sia in base agli obiettivi di comunicazione del cliente. Sempre più l’aspetto quantitativo, dei dati a supporto dei nostri circuiti e la maggior flessibilità nella composizione dei prodotti proprio per soddisfare specifiche esigenze di target audience dei nostri clienti sono alcune delle iniziative commerciali che stiamo iniziando a mettere a terra.

stagione invernale e per il futuro prossimo? Ricollegandomi a quanto dicevo poco fa, l’asset sicuramente più importante e capace di giocare un ruolo chiave nella fidelizzazione dei clienti è il digital: la copertura nazionale è assicurata dalla nostra inventory, che conta ormai oltre 1.500 schermi, in Italia non ha eguali (i competitor più vicini non arrivano a 500). I 30 centri commerciali che gestiamo, con un footfall annuo di 250 milioni di consumatori, rappresentano il principale circuito digitale italiano, perfetto per clienti di settori come Fast Moving Consumer Goods ed Elettronica di consumo, ma anche Automotive e Banche/Assicurazioni. Allo stesso modo, il network di 7 aeroporti italiani (Fiumicino, Venezia, Bologna, Bari, Ciampino, Treviso e Brindisi), nei quali transitano annualmente circa 70 milioni di passeggeri, offre ai clienti alcuni fra gli spazi di comunicazione esterna più flessibili, esclusivi ed efficaci.

Quali altre iniziative avete in cantiere per la

Concludiamo come sempre chiedendovi di raccontare una o due case history particolarmente

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significative e capaci di illustrare la portata e la qualità del servizio offerto da Clear Channel agli investitori Dal 2015, SKY sta investendo in maniera significativa nei nostri asset. Il primo investimento è stato realizzato sul nostro Citynetwork digitale da Giugno 2015 a Marzo 2016, iniziato in pieno periodo EXPO, declinando la creatività di SKY su 60 facce. La flessibilità del Digital ci ha permesso di cambiare creatività seguendo il palinsesto di SKY che variava nel corso dell’anno. Verso la fine del 2015, abbiamo prospettato a SKY l’allettante possibilità di diventare la televisione ufficiale degli Aeroporti di Roma presentandogli un progetto, sempre in collaborazione con ADR, che prevede, a partire dai primi di novembre, la trasmissione di SKYTG24 sui monitor posizionati nelle immediate vicinanze dei gate. In questo modo, abbiamo convinto SKY a sposare il progetto e si è così riavvicinata all’asset aeroportuale, cosa che non avveniva dal 2009. Oltre a questo, SKY metterà in atto un piano di comunicazione che contemplerà l’utilizzo di impianti digitali all’interno degli scali aeroportuali romani per la stessa durata del deal dei monitor. A breve, partirà un’altra operazione importante sui nostri digitotem (FSU digitali) di Milano: su 9 FSU sarà declinata una campagna SKY per 8 mesi che grazie a ‘Create’ (attività di Clear Channel nata per offrire la possibilità di realizzare Progetti Speciali personalizzando, in modo innovativo, l’impianto di affissione) rivestirà l’impianto per essere più impattante e colpire in modo più efficace la sua target audience (possibilità di realizzare progetti speciali con Twittering sull’impianto o Streaming di alcuni programmi). Altri progetti, ancora agli albori, potranno essere di sicuro interesse come le Food Court dei Centri Commerciali o il Telepass Premium. Se Sky sta, di fatto, diventando per Clear Channel il cliente di punta in termini di investimenti, vorrei però segnalare anche una seconda case di rilievo: domenica 19 Giugno 2016, Moncler Gamme Bleu ha trasmesso live, per la prima volta, lo show della

Uno schermo digitale del Centro Commerciale Vulcano, parte del network di 30 Mall gestito da Clear Channel che conta su un footfall annuo di 250 milioni di consumatori

collezione Primavera-Estate 2017 su una ventina dei nostri digitotem posizionati nel cuore di Milano. Ricerca e tecnologia, da sempre parole chiave per Moncler, hanno trovato in questo progetto digitale una nuova forma di comunicazione, che ha visto, per la prima volta in assoluto, un brand di moda offrire un’esperienza unica e innovativa di live streaming: grazie alla collaborazione con Clear Channel, i cittadini milanesi – turisti compresi – hanno potuto assistere in diretta dalle strade della città, come se fossero ‘in prima fila’, a un evento solitamente dedicato alla stampa e agli addetti ai lavori. La view experience è stata amplificata dall’opzione di client engagement (via QR Code), che ha consentito agli utenti di accedere ai contenuti interattivi anche su smartphone e tablet.

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Risposte rapide ed efficaci Discovery propone una forma di intrattenimento originale, con un respiro internazionale ma forti radici locali e con un linguaggio sempre connesso alla realtà per creare una relazione sempre più solida con il pubblico: grazie a questa strategia, unita alla capacità e alla velocità nel rispondere alle esigenze dei clienti, anche nel 2016 Discovery Media crescerà a doppia cifra

INTERVISTA a Giuliano Cipriani, SVP, Direttore Generale Discovery Media. Nel primo semestre i risultati di Discovery Media sono stati ampiamente superiori alla media del totale mercato, e anche le previsioni di chiusura d’anno parlano di un incremento a doppia cifra rispetto al 2015: potete darci qualche dettaglio in più su tale andamento? E quali sono stati i driver principali di questo successo? È un momento molto positivo per Discovery Media e siamo contenti, anno dopo anno, di confermarci tra le concessionarie che crescono a un ritmo superiore rispetto a quello del mercato. Per policy non possiamo dare dettagli sulle performance economiche ma, anche per il 2016, si tratterrà di una crescita a doppia cifra. Gli ingredienti del successo sono tanti: la forza di un portfolio sempre più ricco e in continua evoluzione, la capacità di rispondere alle richieste dei nostri clienti e costruire attorno ai loro brand una comunicazione davvero efficace. La velocità nel dare risposte ai differenti bisogni di ciascun investitore, poi, sta diventando un elemento sempre più imprescindibile. Nuovi canali, nuovi posizionamenti e restyling di quelli già consolidati, nuovi servizi, nuove produzioni: non vi chiediamo di raccontarle tutte perché sarebbero sicuramente troppe, ma potete spiegarci qual è il filrouge strategico che 132

Giuliano Cipriani, SVP, Direttore Generale Discovery Media

vi ha guidato nel corso del 2016? La nostra strategia durante il 2016 è stata quella di rafforzare tutte le nostre aree di business proponendo una forma di intrattenimento originale con un respiro internazionale ma con forti radici locali, con un linguaggio sempre connesso alla realtà per creare una relazione sempre più solida con il pubblico. Un approccio ben rappresentato dal NOVE, attraverso la sua formula di ‘original entertainment’ che intercetta un pubblico aperto al cambiamento con titoli come Top Chef Italia,


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DISCOVERY MEDIA

Ninja Warrior Italia, Untraditional con Fabio Volo, Imagine con Roberto Saviano e dalle conferme di Real Time, DMax, degli altri canali free e di tutto il portfolio pay, che può contare sui programmi-evento targati Discovery e anche sul nuovo ID – Investigation Discovery, appena lanciato su Mediaset Premium. E poi c’è Eurosport, con un’offerta di eventi in esclusiva molto appealing per pubblico e investitori. Pensiamo agli sport invernali, al ciclismo, al tennis, ai motori. Anche sul fronte OTT abbiamo consolidato il nostro posizionamento, potenziando e ampliando l’offerta di Dplay con contenuti originali inediti e sbarcando sulla Vodafone Tv, dove saranno disponibili i nostri canali free to air. Quello di Maurizio Crozza è probabilmente il nome più atteso, ma quali ulteriori novità avete in cantiere per il 2017 sotto il profilo editoriale e allo stesso tempo commerciale? Il nostro team editoriale è al lavoro per confezionare una nuova stagione televisiva ricca di novità assolute, grandi ritorni e attesi debutti, fra i quali, sicuramente, Maurizio Crozza rappresenta la punta di diamante. Il famoso comico e conduttore arriva nel 2017 sul NOVE con uno show tutto suo per raccontare l’attualità con il suo sguardo originale e il suo linguaggio ficcante. Ma non solo, l’anno prossimo vedrà anche il ritorno dell’amatissimo chef Antonino Cannavacciuolo che dopo aver salvato le cucine di mezza Italia ora è pronto a lanciarsi in una nuova avventura: scrivere la prima guida dedicata ai piatti di mare. Questo per dare solo un piccolo assaggio di quello che sarà il 2017 per Discovery Italia, e va da se che contenuti di questo profilo possano offrire nuove e interessanti opportunità anche dal punto di vista commerciale.

Via U. Visconti di Modrone, 11 – 20122 Milano Tel. 02 36006400 Via Rubicone, 11 – 00198 Roma Tel. 06 84408701 info@discoverymedia.com www.discoverymedia.com

Board di direzione: Giuliano Cipriani, SVP, Direttore Generale; Claudio Costa, Sales Agencies Senior Director; Giulia De Carli, Sales Clients Senior Director; Graziano Ferrari, Ad Sales Strategy Senior Director; Francesca Sorge, Brand Solutions Director; Mauro Salvemini, Ad Sales Operations Director. Direttore Generale Servizi offerti/Mezzi in concessione: Canali Free: NOVE, Real Time, DMAX, Giallo, Focus. Canali Pay: Discovery Channel, Discovery Science, Discovery Travel&Living, Animal Planet, Eurosport 1, Eurosport 2, ID–Investigation Discovery. Web: realtimetv.it, dmax.it, nove.tv, it.dplay.com, eurosport.com. Anno di fondazione: 2012 Torniamo a DPlay, che ha ormai compiuto un anno: quali sono state le sue performance sia dal punto di vista della fruizione che da quello pubblicitario? Come si evolveranno le sue caratteristiche e il suo posizionamento? E come l’offerta commerciale relativa? Nel corso del primo anno Dplay, il nostro servizio OTT gratuito, ha raggiunto numeri di tutto rilievo di cui siamo particolarmente soddisfatti: oltre 11 milioni di utenti, con punte vicine ai 2 milioni al mese. I risultati a Settembre 2016 vedono la piattaforma crescere del +30% anno su anno nel numero di utenti e del +40% in termini di videoviews. Oltre a contare 470.000 download dell’applicazione. Dplay offre molteplici potenzialità, ovviamente, anche in ottica commerciale che possono arrivare fino alla creazione di canali verticali dedicati per gli inserzionisti con contenuti originali. Dal punto di vista delle evoluzioni future, sicuramente a livello editoriale punteremo sempre più sulle 133


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I protagonisti dei principali successi Discovery: in alto a sinistra, Benedetta Parodi e gli altri giudici della quarta edizione di ‘Bake Off Italia’, Ernst Knam, Clelia d’Onofrio e Antonio Lamberto Martino (ogni venerdì alle 21.10 su Real Time); a destra, Massimiliano Rosolino, Federico Russo, Carolina Di Domenico, Gabriele Corsi, conduttori di ‘Ninja Warrior Italia’ (ogni domenica alle 21.15 sul NOVE); sotto a sinistra, i giudici di ‘Top Chef Italia’ (sul NOVE ogni mercoledì alle 21.15), Giuliano Baldessari, Annie Fèolde, Mauro Colagreco e Moreno Cedroni, e alle loro spalle i 15 concorrenti

produzioni targate Dplay Original, la linea di contenuti originali prodotti in esclusiva per la piattaforma, che ha lanciato nel suo primo anno 2 serie: Eities - Ottanta mi da tanto con Geppi Cucciari e Il terzo Segreto di Satira e presto vedrà il debutto di una serie originale di Fabio Volo, Untraditional, in un progetto sinergico tra OTT e il canale NOVE. Allo stesso modo, dal punto di vista della tecnologia, è previsto un rilancio della piattaforma che prevede una forte ottimizzazione delle performance e un potenziamento della user experience, con l’introduzione di funzioni di personalizzazione unite a un forte incremento della distribuzione. 134

La vostra divisione Brand Solutions si occupa di tutte le iniziative di branded content e product placement che accompagnano sempre più spesso i programmi del gruppo Discovery: potete raccontarci più nei dettagli com’è organizzata, che ruolo gioca e che peso ha all’interno della vostra concessionaria? Queste iniziative rappresentano per Discovery Media una parte sempre più rilevante e strategica del proprio business e sono seguite da una divisione dedicata. L’offerta di Discovery Brand Solutions è crossmediale: comprende televisione, web, social media, eventi sul territorio, oltre a includere progetti


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Effetto Rally, progetto di Branded Entertainment realizzato con Peugeot in onda su Dmax a Settembre: nella foto Paolo Andreucci, membro del team rally di Peugeot Italia

Fabio Volo, protagonista di Untraditional, un progetto sinergico fra il canale NOVE e la piattaforma Dplay

di branded content e branded entertainment, in forte crescita presso gli inserzionisti. Un’offerta completa che garantisce valore aggiunto per i nostri clienti con l’obiettivo di proporre contenuti adv di qualità che raccontino storie ed emozioni. E questo approccio ci ha premiato: le iniziative di Brand Solutions valgono il 20% dei nostri ricavi e nel 2016 produrremo ben 70 ore di branded content grazie all’eccezionale lavoro di squadra con il nostro team editoriale. Per concludere, dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state negli ultimi mesi le novità più rilevanti ‘interne’ a Discovery Media? In Discovery Media, continuiamo a lavorare sul capitale umano, unica vera risorsa a nostra disposizione a fare la differenza nel raggiungere i

La grande stagione degli sport invernali al via su Eurosport

nostri ambiziosi traguardi. E altrettanto ambiziosa è la ricerca delle persone che compongono la nostra squadra, sia dall’esterno, sia all’interno, dove la crescita e la valorizzazione dei talenti è la nostra prima priorità. Quest’anno la stuttura si è ulteriormente rafforzata con l’arrivo di Giulia De Carli come Sales Clients Senior Director, solida professionista con un’esperienza ventennale nell’advertising in Italia e all’estero. Sono un fortunato allenatore di un team affiatato, e il mio compito è sviluppare quel senso di appartenenza a un progetto fatto di idee e persone che renda possibile ciò che fino a ieri sembrava impossibile. Sono orgoglioso di avere così tanto valore a disposizione. 135


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Leadership confermata Pur confrontandosi con l’anno d’oro di Expo, il fatturato di IGPDecaux è rimasto stabile a perimetro costante, ed è complessivamente cresciuto grazie all’inserimento nel proprio portfolio degli impianti ex Cemusa, confermando la leadership sul mercto italiano. Cresce anche la unit LIVE, dedicata alla costruzione di eventi e brand experience rivolti ai consumatori on the go

INTERVISTA a Flavio Biondi, Consigliere Delegato per le attività commerciali IGPDecaux. Il risultato del primo semestre per l’Outdoor è stato positivo, anche se è andato via via decrescendo per il raffronto con il ‘periodo EXPO’ dello scorso anno. Quali sono stati i vostri risultati rispetto all’andamento complessivo del totale mercato? Quali differenze ci sono state rispetto ai vostri diversi asset? Quali i driver principali di tali andamenti? Posso confermare che per noi il 2016 è stato ancora una volta un anno positivo e siamo in crescita rispetto al fatturato del 2015 che aveva superato i 125 milioni di euro. Una crescita che si spiega grazie a due ragioni: da un lato perché, anche senza Expo, siamo riusciti a consolidare il risultato del 2015; dall’altro perché in seguito all’acquisizione di Cemusa si è ampliato il perimetro dei nostri mezzi, e questo ci ha garantito la crescita. Attenzione, però, perché un maggior numero di impianti non vuol dire automaticamente più spazi riempiti: devi essere bravo a venderli e credo che IGPDecaux sia stata da questo punto di vista premiata. Grazie alla più estesa presenza sul territorio e al più ampio e migliore parco prodotti a disposizione – dal ‘vecchio’ 6x3 agli aeroporti, dalle metropolitane all’arredo urbano – oggi siamo a tutti gli effetti la concessionaria 136

Flavio Biondi, Consigliere Delegato per le attività commerciali IGPDecaux

nazionale leader del mezzo a 360 gradi. Quali proiezioni avete fatto sulla seconda parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016?


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IGPDECAUX

Confidiamo che l’anno possa chiudersi confermando l’andamento del 2015 che ho appena descritto con una crescita leggermente superiore alle ultime previsioni e stime indicate da UPA che parlano di un +3,5%. All’inizio di quest’anno IGPDecaux si è arricchita di una nuova unit dedicata alla ‘Demand Generation’, a sua volta comprendente tre sotto-unità: In-Bound Marketing, Creative Solutions e LIVE. Quali risultati hanno raggiunto tali divisioni in questi primi mesi e su quali linee proseguirete nell’evoluzione della vostra struttura? Se il buongiorno si vede dal mattino possiamo ritenere che il nostro investimento potrà presto dare buoni frutti, e direi che i risultati sono stati fino a questo momento più che soddisfacenti: in particolare la unit dedicata alla Live Communication, guidata da Benedetta Arlati, è stata accolta con grande interesse da parte del mercato, raccogliendo numerose richieste e brief di clienti e mettendo in cantiere alcuni progetti con i quali ha partecipato a diverse gare. E ai primi di ottobre ha dato vita al suo primo ‘evento’ in occasione del lancio del film Inferno avvenuto a Firenze, sulle rive dell’Arno. Va in ogni caso chiarito che si tratta di una struttura che non è non sarà mai in concorrenza con le agenzie di eventi, e il cui obiettivo non riguarda l’organizzazione di meeting, incentive o congressi: la sua particolarità è quella di saper progettare e realizzare iniziative capaci di coinvolgere il pubblico sfruttando la specifica expertise sui mezzi locali e soprattutto sul territorio che è nel Dna di IGPDecaux. A che punto è il vostro portfolio di impianti

Centro Direzionale Milano ori, Strada 3, Palazzo B10 – 20090 Assago (MI) Tel. 02 624981 – Fax 02 6599037 servizioclienti@igpdecaux.it www.igpdecaux.it

Board di direzione: Fabrizio du Chène, Flavio Biondi, Alessandro Loro. Servizi offerti/Mezzi in concessione: Concessionaria Out-Of-Home Anno di fondazione: 2001 Addetti: 280 collaboratori Fatturato 2015: 125 milioni di euro Clienti (principali): Esselunga Lombardia, Tim-Telecom Italia Mobile S.p.A, Sky Italia, Vodafone Omnitel, Alfred Ritter GMBH & CO KG, Giorgio Armani, Ferrero, LVMH Italia S.p.A digitali? Quale percentuale vale sul totale del business di IGPDecaux, e quali sono gli sviluppi più recenti sul fronte dell’offerta più innovativa (sia dal punto di vista tecnologico che da quello strettamente commerciale)? Non posso dare una cifra percentuale, ma non ho difficoltà ad ammettere che la quota del digital sul totale giro d’affari è ancora tutto sommato modesta. Lentamente, però, le cose stanno cominciando a muoversi. Sul fronte dell’offerta, oggi digital per noi vuol dire esclusivamente schermi ‘indoor’: il network comprende infatti gli aeroporti di Milano e Torino, la metropolitana di Milano e, l’abbiamo appena implementata, quella di Roma. La grande novità arriverà nel 2017, quando installeremo per la prima volta circa 50 schermi outdoor in altrettante pensiline bus e tram milanesi. A crescere è anche la richiesta di schermi, sempre più diffusa, e le aziende interessate, sempre più numerose e diversificate, che non appartengono a tipologie o settori particolari 137


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Grandissimo successo per il primo evento della nuova business unit LIVE di IGPDecaux: un imponente Water Screen di 30 per 10 metri ha acceso le acque del Lungarno di Firenze con la proiezione 3D di una serie di immagini e frame tratti dal film ‘Inferno’ tratto dal bestseller di Dan Brown, presentato in anteprima mondiale lo scorso ottobre nel capoluogo toscano

– la domanda viene dal largo consumo, dalla tecnologia e da tutti gli altri... Il vero handicap è che non tutti hanno ancora imparato a utilizzare il Digital Outdoor nel modo corretto: anzi, al momento chi ne fa un uso maggiore continua in massima parte ad adoperarlo per la sua possibilità di mostrare immagini in movimento, mentre sono pochissimi quelli che ne sfruttano l’intelligenza, cioè la possibilità di rendere gli schermi e la comunicazione dei brand interattivi.

Grazie all’acquisizione di Cemusa (nella foto una pensilina di Genova), il perimetro dei mezzi a disposizione di IGPDecaux si è ampliato garantendo la crescita anche nel 2016

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Parlando di novità nell’offerta, quali avete in cantiere per questo autunno e per la prossima stagione invernale? Ho appena citato la digitalizzazione di 50 pensiline su Milano che partirà nel secondo trimestre del prossimo anno, ma nel frattempo la divisione Creative Solutions ha messo a punto un’offerta che ha al centro il tema natalizio e che comprende diverse opportunità, dai tram brandizzabili con luminarie ad hoc alla decorazione e personalizzazione delle pensiline, anche con impianti hi-tech. Sempre sul tema del Natale, anche LIVE ha confezionato una gamma di proposte ampia e diversificata che punta ad agganciare i consumatori ‘on the go’ con idee da brandizzare e calare nelle location (città/piazza) più idonee, mirate a realizzare azioni di comunicazione sul territorio. Fra le possibili iniziative, il Natale LIVE prevede: • un punto di esposizione e visibilità presso una delle zone più esclusive di Milano, frequentatissima sotto le feste, come via Montenapoleone; • una performance aerea per creare un’azione di entertainment che ci riporta alla magia del Natale; • proposte di performace teatrali che ripropongono


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Il network digitale di IGPDecaux comprende gli aeroporti di Milano e Torino, la metropolitana di Milano e quella di Roma (nella foto)

La campagna Ray Ban sviluppata attraverso la domination della stazione del metro di Milano Duomo

la marca e il suo messaggio in modo inusuale; • un’azione diffusa sul territorio, che utilizza le Apecar e tocca diversi touch point cittadini; • una proposta di schermo d’acqua a caduta da collocare in un punto di visibilità. Tutte le soluzioni LIVE sono pensate come azioni di comunicazione da coordinare con gli altri prodotti IGPDecaux, e naturalmente possono vivere anche in diverse città, facendo leva sulla conoscenza approfondita del territorio che ci permette di trasformare gli spazi pubblici come strade e piazze in un nuovo asset per la comunicazione fuori casa.

Abbiamo progettato uno show suggestivo nel cuore della città d’ambientazione del film: a ridosso del Ponte Vecchio è stato posizionato con grande perizia uno Schermo ad Acqua che ha mostrato un video 3D prodotto ad hoc e alcune immagini chiave del film, facendole emergere dalle acque dell’Arno e accompagnandole da un coinvolgente sottofondo musicale. Sono state necessarie 60 ore di intenso lavoro per la costruzione di una piattaforma galleggiante posizionata direttamente sull’Arno che dava origine, una volta azionati gli augelli laterali, a uno schermo d’acqua vaporizzata lungo 30 metri ed alto 10. Il risultato è stato mozzafiato e senza precedenti: dal Corridoio Vasariano e da tutto il Lungarno lo spettacolo ha attratto non solo i media internazionali presenti per l’occasione, ma anche e soprattutto i cittadini di Firenze che hanno potuto partecipare all’incanto dell’acqua che si tramuta in fuoco. Senza contare la diretta live sui social – sotto l’hashtag #InfernoIlFilm – che abbiamo curato direttamente. In questo modo uno dei luoghi più rappresentativi d’Italia è diventato, grazie ad IGPDecaux, a Warner Bros. Pictures e al Comune di Firenze, un vero e proprio medium di comunicazione.

Concludiamo come sempre chiedendovi di raccontare una case history particolarmente significativa e capace di illustrare la portata e la qualità del servizio offerto da IGPDecaux agli investitori… Come ho già in parte anticipato, in occasione della presentazione dell’anteprima internazionale di Inferno, l’ultimo film di Warner Bros. Pictures tratto dal romanzo di Dan Brown che vede Tom Hanks protagonista, IGPDecaux LIVE ha ideato un evento realmente sorprendente, che ha riproposto le atmosfere del film nel magico contesto del Lungarno a Firenze.

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Passaggio ‘obbligato’ Per pianificare il proprio successo in Rete gli investitori, e in particolare le PMI, ‘devono’ passare da Italiaonline: questo è il messaggio con cui la nuova realtà, nata dopo l’integrazione con SEAT Pagine Gialle, offre i propri servizi e le proprie soluzioni su misura: IOL Audience per il media planning, IOL Connect per la ‘presenza’ digitale, e IOL Website per la comunicazione

INTERVISTA ad Antonio Converti, CEO Italiaonline. Focus su PMI e pubblicità online: è su questi assi che si è posizionata la nuova realtà nata dall’integrazione fra SEAT Pagine Gialle e Italiaonline. Attraverso quali pratiche e quali modelli aiuterete le Piccole e Medie imprese a sfruttare tutte le potenzialità che il digitale offre oggi al loro business? Con quali obiettivi commerciali? La fusione conclusasi a giugno 2016 ha unito due aziende con due leadership importanti: quella nei servizi alle PMI – in particolare a livello commerciale, con una rete di vendita di oltre 1.000 consulenti che è la più capillare d’Italia – e quella a livello internet conquistata da anni. Le PMI in Italia producono il 67% del valore aggiunto nazionale. Italiaonline ha ad oggi il 6% di penetrazione, pari a 234.000 aziende già clienti sulle PMI. Ci sono ampi spazi di crescita che sapremo cogliere con le soluzioni B2B che abbiamo lanciato, fondamentali per far comprendere alle aziende l’importanza di essere presenti e ricercabili in Rete, con delle campagne mirate che permettono anche ai ‘piccoli’ di spendere al meglio il budget che decidono di investire. Le prime novità dell’offerta commerciale ‘integrata’ hanno visto la luce fra luglio e 140

Antonio Converti, CEO Italiaonline

settembre. Parliamo di IOL Audience, IOL Connect e IOL Website. Volete descrivercele più nel dettaglio? IOL Audience è una piattaforma di gestione degli investimenti pubblicitari con cui Italiaonline diventa un media planner per le


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ITALIAONLINE

aziende, a cui offriamo un servizio chiavi in mano che cura tutti gli aspetti di una campagna di marketing online: lo studio della strategia di comunicazione, la realizzazione dei contenuti editoriali, la negoziazione degli spazi pubblicitari, il controllo e la misurazione dei risultati. IOL Audience fornisce le migliori soluzioni di maketing online oggi disponibili, dal social advertising, alla search, al display adv, e in particolare Google AdWords, Google Display Network e il nostro Italiaonline Display Network, il più grande in Italia che include i principali siti italiani tra cui Libero, Virgilio, PagineGialle e le web properties Sky. IOL Audience è gestita da Moqu Adv – società controllata da Italiaonline che con il suo team di esperti di performance marketing gestisce attualmente più di 30.000 campagne – e realizzata con Matchcraft, la cui partnership comprende lo sviluppo e l’evoluzione di un database di parole chiave e annunci personalizzati per tutti i dispositivi, Advisor for Italiaonline, sviluppato in esclusiva per noi. IOL Connect permette alle aziende farsi trovare in ogni momento dai propri clienti nel network digitale che conta. Tutti i dati rilevanti perché un’azienda sia immediatamente reperibile in Rete e in mobilità sono sincronizzati su un vastissimo circuito di touchpoint: le nostre properties Pagine Gialle, Pagine Bianche, Tuttocittà e Virgilio; Google, con la creazione o rivendicazione della propria pagina Google My Business aggiornata insieme con Google Maps e Google+; Bing, con la creazione e sincronizzazione automatica della scheda azienda su Bing places for business e le sue mappe; Facebook e Instagram, con la submission della pagina azienda Facebook e

Via del Bosco Rinnovato, 8 - 20090 Assago Milanofiori Nord (MI) Tel. 02.29047001 info@italiaonline.it www.italiaonline.it

Board di direzione: Khaled Bishara, Chairman; Antonio Converti, CEO. Servizi offerti/Mezzi in concessione: portali e servizi internet, soluzioni digitali per imprese, digital advertising. Anno di fondazione: 2013 Addetti: >2.000 dipendenti, >1.000 agenti Ricavi: 449,6 milioni di euro (media 2015) Clienti (principali): Microsoft, Samsung, Fiat, Nestlé, Alitalia, Trenitalia, Rai, Sky. la geo localizzazione delle foto su Instagram; il network di Foursquare; l’app di navigazione mobile Waze e i navigatori Here e Tom Tom. IOL Connect è realizzato in partnership con la newyorkese Yext, leader di settore che consente alle aziende la gestione dei dati di localizzazione su tutti i propri siti web, applicazioni mobili, sistemi interni e sul più grande ecosistema del settore di mappe, applicazioni, social network, directory e motori di ricerca. Ma non è finita qui: se un imprenditore vuol far conoscere la sua azienda al maggior numero di clienti possibile e sceglie di investire su un sito, IOL Website è la soluzione di Italiaonline che fa al suo caso. Con IOL Website è possibile avere in meno di un mese un nuovo sito internet perfettamente responsive, quindi con la massima user experience per ogni tipo di dispositivo. Il servizio mette a disposizione un client manager dedicato, che segue con cura ogni passo del sito, dalla scelta della grafica alla selezione di foto professionali e contenuti ad hoc che possono essere anche tradotti in 141


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Tutti i touchpoint di IOL Connect, il servizio Italiaonline che permette alle aziende la massima ricercabilità e presenza online

IOL Audience, la piattaforma di gestione degli investimenti pubblicitari a 360 gradi pensata apposta per le PMI

svariate lingue. Inoltre, c’è un numero verde per ogni richiesta di modifica (gratuita e in tempi rapidi). Anche per la realizzazione di IOL Website abbiamo definito una partnership di rilievo con Spotzer, azienda olandese che offre soluzioni di marketing digitale e siti internet per le PMI a livello worldwide.

Uno sviluppo recente riguarda la search engine di Libero e Virgilio, che ora è ‘powered by Bing’ grazie a un accordo con Microsoft. Bing fornirà ai nostri due portali sia i risultati organici di ricerca sia i link sponsorizzati, oltre alle funzioni di ricerca immagini, suggestion e delle ricerche correlate.

Sul lato ‘editoriale’, i numeri Audiweb incoronano Italiaonline prima Internet Company Italiana. Quali sono i dati più recenti? E dopo il recente restyling di Virgilio, quali altri programmi di sviluppo ha messo a punto la società in quest’area? A giugno 2016 abbiamo oltre 4 milioni di utenti unici giornalieri e soprattutto oltre 2 milioni da mobile, dati da primato che inoltre assocerei al tempo speso nel giorno medio, 10 minuti come total digital audience e 7 minuti su mobile. Quindi, non soltanto gli utenti ci scelgono, ma lo fanno perché proponiamo contenuti di interesse. PagineGialle, Libero e Virgilio hanno una media di utenti unici rispettivamente di 5,5, 9,7 e 12,4 milioni. Insomma, per pianificare il proprio successo in Rete gli investitori devono passare da noi: questo è il messaggio, anche per le PMI, con le soluzioni su misura che ho descritto prima.

Altra area in fase di crescita è quella relativa alle app, tra cui Libero Mail e PagineGialle – primo importante risultato della nuova Italiaonline: nuove iniziative programmate in questo ambito? L’app PagineGialle, rinnovata con funzioni come la richiesta di preventivi da pare di professionisti, la prenotazione dei ristoranti e il disegno su mappa 3D dell’area di interesse, è quasi a 4 milioni di download, mentre a oltre 2 milioni viaggiano le app di Virgilio e Libero, in particolare la Libero Mail app, che si distingue dalle app di posta con la sua funzione multiaccount, per gestire tutti i propri account mail in un unico punto. Le previsioni però danno le app in declino, sia per il numero incredibile in rapporto a quante ne utilizziamo – 6 milioni in totale negli store per un uso pro capite di 5-6 app al massimo - sia per i costi di sviluppo. La soluzione html5 che proponiamo per IOL Website è sicuramente una valida alternativa.

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Pronti per le sfide future La raccolta Rai nel periodo gennaio-luglio è cresciuta del +13,3% rispetto all’anno precedente: grazie alle iniziative crossmediali in occasione degli Europei di Calcio e dei Giochi Olimpici di Rio, ma anche alla capacità, dinamismo e tempismo della concessionaria, che è stata la prima a intravedere i segnali di ripresa del mercato interpretandoli al meglio.

INTERVISTA a Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità. Nel primo semestre avete annunciato risultati record e un andamento migliore di quello del totale mercato: potete quantificare questi risultati nel complesso e mezzo per mezzo? Quali sono stati i driver principali di questo successo? I dati hanno confermato pienamente le previsioni: con la recente pubblicazione del consolidato Nielsen di luglio, possiamo dire che nel periodo gennaio-luglio 2016 la concessionaria mette a segno una variazione di raccolta netta rispetto l’anno precedente del +13,3%, a fronte di un mercato che si attesta su un +8%. Un dato senz’altro molto positivo che appare anche più significativo se calcoliamo che da maggio abbiamo interrotto la vendita dei canali Rai Yoyo, Rai Storia e Rai 5. Anche mezzo per mezzo, come anticipato, le cose vanno molto bene: nel periodo gennaio-agosto 2016 abbiamo la Tv generalista che performa un ottimo +15,2%, Tv specializzate +2%, Radio +8,4% e Web +28,6%. Abbiamo ottenuto questi risultati grazie alla qualità dell’offerta editoriale della Rai, ma anche per capacità, dinamismo e tempismo della concessionaria, che è stata la prima a intravedere i segnali di ripresa del mercato interpretandoli al meglio. Le nostre proiezioni ci indicano che la 144

Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità

performance rispetto l’anno precedente sarebbe stata positiva anche al netto dei grandi eventi sportivi ma senza dubbio parte del successo e soprattutto dei volumi 2016 deriva dal fatturato


raipubblicità

RAI PUBBLICITÀ Via Giovanni Carlo Cavalli 6, Torino Tel. 011 7441111 Fax 011 7441200 Ufficio.StampaRaiPubblicita@raipubblicita.it www.raipubblicita.it

di Europei di Calcio e Giochi Olimpici. Eventi che abbiamo ben valorizzato segnando un vero e proprio euro goal: +8,7% di rispetto gli europei del 2012 e portando il fatturato di Rio 2016 a livelli molto vicini a quelli di Londra 2012 nonostante le 6 ore di fuso orario che hanno ridotto la finestra di copertura in diretta ‘vendibile’. Quali proiezioni avete fatto sulla seconda parte dell’anno e come prevedete di chiudere il 2016? Il nostro obiettivo per il Q4 è avvicinarci al pareggio rispetto l’omologo periodo 2015. Si tratta di un obiettivo particolarmente sfidante, infatti Rai Pubblicità nel Q4 del 2015 è cresciuta del +13%, con un ottobre strepitoso al +18% pari al doppio del mercato. Nonostante l’obiettivo sia molto ambizioso le prime indicazioni del Q4 2016 sono positive. Attualmente viaggiamo assolutamente coerenti con il progressivo di budget pianificato e contiamo di traguardare l’obiettivo di 700 milioni di euro assegnatoci dalla Capogruppo Rai. Obiettivo reso ancora più sfidante, come detto, dal taglio della vendita dei canali Yoyo, Storia e Rai 5. Per Euro2016 il dispiego di mezzi (e spazi) è stato enorme: Tv generalista e specializzata, radio, web, un’App dedicata... Tirando le somme, quale è stato l’insegnamento di questo evento sul fronte della cross-medialità, da un punto di vista degli ascolti ma anche e soprattutto pubblicitario? Abbiamo fatto vedere un prodotto realmente cross-mediale e innovativo, in Tv siamo stati i

Board di direzione: Antonio Marano, Presidente; Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato; Luciano Flussi, Direttore Generale. Servizi offerti/Mezzi in concessione: Televisione, Radio, Cinema, Digitale Anno di fondazione: 1926 (ex Sipra) Clienti (principali): tutti i principali top spender primi a servire degli euro match in 4K UltraHD. Sul fronte dei contenuti, abbiamo fornito una doppia versione della telecronaca sia in Tv che in radio – la canonica cronaca sportiva dei colleghi di Rai 1 e Rai Radio 1 e le telecronache semiserie della Gialappa’s su Rai 4 e Radio 2. Una app dedicata dava la possibilità di vedere in mobilità i match e offriva highlights e contenuti esclusivi per il pubblico digital. Insomma, una grande offerta corale che gli orchestrali di Rai Pubblicità hanno eseguito alla perfezione rendendola un successo di mercato. Dal punto di vista dell’efficacia dell’offerta pubblicitaria credo che sia senz’altro notevole il risultato, frutto di una grande sinergia fra editore e concessionaria: abbiamo prodotto una offerta completa e sempre molto coerente, riuscendo ad offrire prodotti complementari e profilati su più target. Una vera offerta nativamente cross-mediale capace di ottimizzare i budget creando complementarietà e sinergia fra i nostri mezzi (Tv, Tv specializzate, Radio e Digital) senza ingenerare alcun meccanismo di auto-competizione, consentendoci di offrire pacchetti completi e allo stesso tempo complementari su più mezzi e più target contemporaneamente. 145


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L’home page di Open Square, la ‘community’ creata da Rai Pubblicità e dedicata al mercato pubblicitario per condividere in modo semplice e immediato con clienti e planner i dettagli e le novità dell’offerta e gli aggiornamenti dell politiche commerciali.

Quali sono le attese in vista del lancio di ‘Rai Play’, la Tv non lineare che dopo il test di agosto dovrebbe partire definitivamente a settembre? Quali sono le sue caratteristiche e il suo posizionamento? Le sue principali caratteristiche sono tre: è free, completamente gratuita; funziona molto bene ed

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è al livello delle migliori offerte di OTT television internazionali; ha una collezione di contenuti unica, valorizzata dalla disponibilità immediata di tutto il nuovo prodotto Rai, più il patrimonio delle Teche che per la prima volta si apre al grande pubblico della Rete restituendoci degli evergreen imperdibili. Notevoli anche la funzione


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di prenotazione dei contenuti, le migliorie al servizio di Catch Up Tv per rivedere i propri programmi preferiti, e, infine, importante la feature super tecnologica che rende possibile vedere anche offline i contenuti, rendendo agevole la visione dei programmi e delle serie preferiti anche in situazioni di completa mancanza di connettività internet. Insomma non una semplice application ma una vera e propria killer application. Avete anticipato per il prossimo autunno un aumento dei listini con una variazione tariffaria media per le reti generaliste del +5% e per le specializzate del +20%: su quali basi avete deciso questi aumenti? Quali altre iniziative avete in cantiere per il prosieguo dell’anno? Il mercato della pubblicità ha attraversato una recessione che è durata 7 anni. La perdita complessiva dal 2008 è pari a 3,1 miliardi di euro, di cui 1 miliardo relativo alla sola Tv. In un recente passato, in questo contesto di crisi generalizzato, tutte le concessionarie sono state costrette ad abbassare i listini. Rai Pubblicità, dati alla mano, è quella che in questi anni è riuscita a garantire una forte tenuta del prezzo medio lordo. Siamo stati, inoltre, anche i primi a cogliere i segnali di ripresa tornando per primi ad aumentare i prezzi. Attualmente Rai Pubblicità è l’unica concessionaria che aumenta significativamente i listini, mentre tutti gli altri competitor li stanno abbassando, in alcuni casi anche sensibilmente. La qualità del prodotto Rai unita al bacino ridotto – calmierato dai tetti di affollamento imposti dalla legge – ci porta inevitabilmente a non fare una politica di pricing ‘al ribasso’. Nonostante gli incrementi di prezzo, l’affollamento è molto buono, sempre sulla soglia dell’overbooking e questo ci fa intendere che siamo andati nella giusta direzione. Guardando al futuro, anche per gestire al meglio gli spazi a nostra disposizione, ci siamo attrezzati

con strumenti di ausilio alla pianificazione molto innovativi come Open Square: si tratta di una piattaforma che mette a disposizione ai centri media e ai nostri clienti la visibilità della nostra offerta e consente di ottimizzare le pianificazioni offrendo strumenti di profilazione molto avanzati e allo stesso tempo semplici da usare. Nello studiare le features di Open Square siamo partiti dalle esigenze dei centri media e abbiamo creato una community tra Rai Pubblicità e il mercato, abilitando la comunicazione Social-Style e vi abbiamo veicolato, attraverso uno strumento agile ed innovativo, le nostre migliori offerte ‘a percorso’ offrendo in più anche la possibilità di fare saving con una collezione limitata di offerte ‘last minute’. Altri tool molto innovativi offerti dal nostro marketing sono il Cross Audience Tool (CAT), che è uno strumento di misurazione certificato delle nostre offerte cross-mediali, e la nuova forma di pianificazione basata sul target di consumo (e non più esclusivamente sul canonico target socio-demo). Il marketing di Rai Pubblicità, per tutti i clienti che lo desiderano, può, infatti, produrre piani in pre e post basati sul target di consumo: uno strumento che può garantire una migliore efficienza dei piani e una significativa riduzione della dispersione dei contatti. Per concludere, dal punto di vista della struttura, dell’organico e del management, quali sono state negli ultimi mesi le novità più rilevanti ‘interne’ a Rai Pubblicità? Rai Pubblicità, ormai da un anno, è andata a regime. Quello che è aumentato in questi mesi è l’affiatamento della squadra che ormai conosce tutti gli schemi e gioca con grande agilità in ogni condizione di campo. L’editore si sta trasformando sempre più in una media company, e anche la concessionaria ha investito molto in know how digitale e in strumenti innovativi da portare al mercato: siamo pronti per le sfide future.

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Ascolti ‘da grandi’ Il 2016 si chiuderà per Turner e Boing Spa con una crescita sotto tutti i punti di vista: leader nell’offerta televisiva rivolta al target kids – e non solo –, il gruppo consolida ascolti e share e incrementa il fatturato pubblicitario del +5% nel comparto del digitale terrestre free (Boing e Cartoonito), e del +10% in quello pay (Cartoon Network e Boomerang)

INTERVISTA a Marco Rosi, Head of Channels dei canali Turner e Boing Spa. Dopo i successi mietuti lo scorso anno, come è andato fino a questo momento il 2016 e quali aspettative avete per la sua chiusura? Per gli ascolti il momento è ‘eccitante’: con una share superiore al 13% sul target di riferimento, il gruppo Turner/Boing si conferma primo editore kids in Italia. Ma attenzione, perché non siamo un canale solo per piccoli, tanto che nella fascia 7-22 raggiungiamo infatti una share del 2,3% sul target individui. Scendendo nei dettagli, quelli di Boing (canale 40 del DTT) in particolare sono numeri importanti: è il primo canale più visto dai bambini (8,2% share su target kids) con una crescita del +9% sull’anno precedente, un dato affatto scontato per un canale tematico nato 12 anni fa. Ha solo 5 anni, ma anche Cartoonito (canale 46 del DTT) segue un trend di crescita più che positivo (+2,8% vs. 2015) confermandosi il primo canale sul target prescolare (11% di share 4-7 anni). Cartoon Network (canale 607 di Sky e 350 di Mediaset Premium) conferma e consolida la sua leadership: primo canale sui maschi 4-14enni e secondo sui kids della stessa fascia età e nel corso di una giornata dello scorso settembre ha stabilito la sua miglior performance 148

Marco Rosi, Head of Channels dei canali Turner e Boing Spa

dal 2012 raggiungendo oltre 26.000 AMR bambini con il 2,7% di share, risultando il primo canale kids della piattaforma Sky.


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Questi risultati hanno chiaramente un forte impatto anche sul fronte della raccolta pubblicitaria, cresciuta quest’anno del +5% nel comparto free e del +10% in quello pay. Quali sono stati e quali sono i driver principali di tali risultati? Successo e leadership derivano da una molteplicità di fattori, primo fra tutti una library straordinaria per quantità e qualità dei contenuti per bambini e ragazzi grazie ai cataloghi Turner, Warner e RTI Mediaset. Cito solo i titoli più significativi: su Boing, Io Sono Franky, Uncle Grandpa, Teen Titans Go!, Doraemon (anche su Boomerang, canale 609 di Sky) e Adventure Time (anche su Cartoon Network); su Cartoonito, Super Wings, Paw Patrol, Tom&Jerry, Blaze e Le Mega Macchine, Dora l’Esploratrice; su Cartoon Network, Teen Titans Go!, We Bare Bears, Lo Straordinario Mondo di Gumball, Clarence; su Boomerang, Bugs!, Dragons, La Pantera Rosa. Altri driver fondamentali sono la forte sinergia fra contenuti e comunicazione, la continua proposta di novità, su tutti i canali e per tutti i brand e, infine una duplice strategia di coinvolgimento del target e dei genitori, sia sul territorio, sia attraverso il digitale. L’offerta di Turner spazia dalla Tv al web, passando per social, mobile e app: come si articola tale gamma di spazi e ‘prodotti’ nelle vostre politiche commerciali? A tenere le fila è il team creativo interno dedicato alle Iniziative Speciali, che costruisce continuamente opportunità ad hoc per le marche degli investitori, attratti non solo da numeri e share ma dal posizionamento dei nostri brand: progetti speciali che nascono inizialmente dai singoli canali, ma che viaggiano ‘oltre’ la Tv lineare e si allargano sul digitale e sul territorio. Un esempio: in contemporanea con il lancio di Yo-Kai Watch, videogioco di ruolo nato in

TURNER Via dei Magazzini Generali, 20 - 00154 Roma Tel. 06 696651 – Fax 06 6966528 www.cartoonnetwork.it www.boomerangtv.it www.boingtv.it www.cartoonito.it

Giappone nel 2013 e diventato in pochi anni un vero e proprio fenomeno di costume grazie alla serie animata e al lungometraggio del 2014, Cartoon Network ha promosso il gioco pubblicato in Italia da Nintendo attraverso un progetto speciale Tv e Web pianificato in esclusiva su Cartoon Network. Il nostro team ha creato 5 teaser da 15”, ognuno con protagonista un personaggio di Yo-Kai Watch, un countdown e uno spot da 15” per promuovere il concorso ideato da Turner insieme a Nintendo e disponibile sulla pagina web del canale (www.cartoonnetwork.it). Altra case history è quella che ha visto Boing e Cartoonito promuovere Hatchimals, il ‘misterioso’ interactive toy di Spin Master a forma d’uovo il cui contenuto è stato svelato il 7 ottobre: un progetto speciale realizzato dal team creativo di Turner e partito con una pianificazione on air ‘top & tail’, un promo teaser e un countdown. Solo dopo la reveal date è andato in onda il TG Cartoonito, un format da 45” che ha svelato ai piccoli spettatori del canale e ai loro genitori, con una vera breaking news da prima pagina, cosa nasconde il misterioso uovo. Un ultimo esempio è The Happos Family, la prima produzione ‘Boomerang Original’ realizzata da Turner EMEA: la serie è stata creata in partnership con Ferrero e con lo studio d’animazione Spider Eye, e i suoi simpatici protagonisti approderanno anche sulle diverse piattaforme digitali interattive di Boomerang, tra queste un minisito a loro dedicato dove non mancheranno giochi e video. 149


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‘Adventure Time Missione Finntastica’, in onda da novembre, è un game show ricco di avventura girato in Spagna con coppie di bambini e genitori

Come vi siete mossi nel corso di quest’anno sul piano social e mobile? Fra le principali novità spiccano il nuovo profilo Instagram di Cartoon Network, la bacheca di Cartoonito su Pinterest e il canale YouTube di Boomerang, con snack e pillole dei suoi contenuti visibili solo su Sky. Molte iniziative anche sul fronte mobile, a partire da CN Anything, l’app di Cartoon Network che offre video e giochi esclusivi dedicati ai fan del canale: all’interno del suo flusso narrativo i clienti si possono inserire con forme di native advertising in grado di veicolare contenuti editoriali realizzati ad hoc per coinvolgere gli utenti e interagire attivamente con i diversi brand. Su CN Anything abbiamo realizzato già 4 campagne - esclusive e con contenuti personalizzati. Cartoonito che idea!, è invece allo stesso tempo un sito e un’app che dà consigli ai genitori su come intrattenere i figli, e può ospitare anch’essa iniziative di native advertising come quella realizzata per Lego Duplo: il team creativo di Turner ha infatti creato 6 video tutorial ad hoc che propongono alle mamme e

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ai bambini tante attività di intrattenimento per usare Lego Duplo in modo originale e creativo, creando simpatici oggetti e giochi. L’iniziativa si lega alla campagna ‘Crea, Scatta, Carica’ che invita le mamme e i papà a caricare sul sito creascattacarica.it le foto delle costruzioni create insieme ai loro bambini. Infine, stiamo per lanciare la nuovissima app MyBoing, che permetterà ai bambini di partecipare direttamente alla vita del canale esprimendo il loro parere attraverso video-pillole che, a loro volta, appariranno in Tv.

La nuova serie Ben 10, uno dei fenomeni di animazione e licencing più importanti degli ultimi anni, da ottobre su Cartoon Network


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Partirà a breve Cucciolito, la prima produzione originale di Cartoonito costruita con i video inviati dai bambini sul tema del loro rapporto con gli animali

Bunnicula, nuovissima serie con protagonista un simpatico coniglio vampiro che si nutre di succhi di frutta è in onda su Boomerang

A proposito di Boing, quali sono le motivazioni del recente rebranding del canale? Per un brand Tv, i restyling costituiscono un’attività periodica: più che un brand, però, Boing ormai è un lovemark, e il cambiamento di tag da ‘La Tv libera tutti’ a ‘Insieme è meglio’ intende sottolineare proprio la voglia di coinvolgimento reciproco fra il canale e la sua audience, oltre la Tv. E aggiungerei anche la necessità di maggior focalizzazione dovuta all’estensione geografica del brand, che oggi è presente anche in Africa, Spagna e Francia.

Quali le principali novità che avete in cantiere sui diversi canali per i mesi a venire e il prossimo anno? Provo a dare alcuni ‘flash’ partendo da Boing, che a novembre proporrà la produzione originale Adventure Time Missione Finntastica, un game show ricco di avventura girato quest’estate in Spagna con coppie di bambini e genitori. In arrivo anche Cucciolito, la prima produzione originale di Cartoonito costruita sui video inviati dai bambini sul tema del loro rapporto con gli animali. Passando ai canali pay, su Cartoon Network è tornato con una nuova serie Ben 10, uno dei fenomeni di animazione e licencing più importanti degli ultimi anni, mentre su Boomerang è appena partito Bunnicula, nuovissima serie prodotta negli Studios di Warner Bros. Animation con protagonista un simpatico coniglio vampiro che si nutre di succhi di frutta. Infine, sempre su Sky, andranno in onda due esclusivi ‘pop-up channel’: il primo, a novembre, dedicato ad Adventure Time, mentre a dicembre sarà la volta di un canale interamente dedicato ai mitici Tom & Jerry.

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