I Quaderni della Comunicazione 2017 - Centri Media e Concessionarie

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N° 112 novembre 2017 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Andrea Parmigiani - andrea.parmigiani@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 112 novembre 2017 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: Via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2017 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di novembre 2017 da: P.F. Via A. Gramsci, 37 - 20089 Rozzano (MI)

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Editoriale

L’anno che verrà IL 2017 non si è ancora chiuso, ma come sempre, nelle settimane che precedono la fine dell’anno, non si può fare a meno di interrogarsi su quello che il futuro ci riserverà. Mai come questa volta, però, appare difficile formulare stime e previsioni che abbiano un fondamento concreto. Una prima considerazione: negli Stati Uniti gli anni ‘elettorali’ sono attesi dall’industria della comunicazione per i benefici che questi portano in termini di investimenti; in Italia siamo esattamente agli antipodi, le elezioni preoccupano e non poco, non solo perché il loro contributo alla crescita del comparto è di dimensioni assai modeste, ma soprattutto perché generano un clima di incertezza che nella maggior parte dei casi ‘blocca’ letteralmente le decisioni di investimento. Vedremo se, come e quanto - oltre che quando - ciò accadrà anche nel 2018. Secondo. La Nazionale italiana non si è qualificata per i Mondiali di Russia: c’è chi parla di 60, chi di 70, chi di 100 milioni di euro di spesa pubblicitaria andati in fumo. Al di là del catastrofismo che ha contagiato molti operatori all’indomani del match contro la Svezia, si tratta di un ulteriore elemento di indeterminatezza, perché un fatto del genere non accadeva da 60 anni e, semplicemente, non c’è modo per fare raffronti con precedenti del genere. Fortunatamente, questi elementi di problematicità potrebbero essere contrastati da alcuni fattori di segno opposto: un Pil che dovrebbe proseguire il suo trend di crescita; di conseguenza l’auspicabile e auspicata ripresa sul fronte dei consumi, che invoglierebbe le aziende - in particolare del Largo Consumo - a spingere sul pedale della pubblicità; la legge sul tax credit che ‘premierà’ gli investimenti incrementali in advertising; la completa liberalizzazione del mercato dell’energia prevista per la seconda metà dell’anno; l’arrivo di un nuovo operatore di Tlc – la francese Iliad – che cercherà di conquistare rapidamente quote di mercato stimolando così la reazione dei competitor. A fronte di tutto ciò, da osservatore dei trend del mercato, non posso che registrare come agenzie media e concessionarie stiano cambiando pelle nel segno di una Digital Transformation che, ancora una volta, questo Quaderno contribuisce a rendere evidente. E non ho dubbi che fra la ‘lentezza’ e la ‘velocità’ rappresentate dagli ingranaggi in copertina, gli operatori italiani sapranno scegliere la direzione più giusta. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone

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LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Nel segno dell’incertezza Capitolo 2. Alla ricerca del ROI Capitolo 3. Sic et simpliciter Capitolo 4. The future: now? Capitolo 5. Content is still the king Capitolo 6. Trasparenza & Responsabilità

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I PROTAGONISTI - AGENZIE MEDIA Blue 449. Diversa, per forza GroupM. Soluzioni tra Big e Smart Data Havas Media. Accelerazione di valore Media Italia. Il valore della trasparenza OMD. Dati, strategia e contenuti PHD. Oggi siamo business partner Starcom. Innovazione & integrazione Zenith Italy. L’agenzia del ROI+

66 70 74 78 82 86 90 94

I PROTAGONISTI - CONCESSIONARIE Clear Channel Italy. Digital OOHriented IGPDecaux. Sulla strada del digitale Italiaonline. La scelta vincente Rai Pubblicità. Strategia e creatività Viacom. Progetti a 360 gradi

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I PROTAGONISTI - ALTRE STRUTTURE AGI–Agenzia Italia. La fabbrica dei contenuti

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DOVE TROVARLI Gli indirizzi 128

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la geografia del mercato

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Nel segno dell’incertezza Meno del previsto: il mercato pubblicitario italiano chiuderà quest’anno positivamente, ma le speranze di un nuovo +2% o +3% andranno deluse. Anche il 2018 si aprirà nel segno dell’incertezza: il Pil continuerà a crescere – come l’advertising –, ma le elezioni politiche, i Mondiali di Calcio senza Italia, e una ripresa dei consumi ancora stentata frenano, per ora, gli entusiasmi

IL MERCATO italiano degli investimenti pubblicitari ha chiuso il 2016 in crescita del +1,7% rispetto al 2015. Aggiungendo anche la stima sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), la crescita rispetto all’anno precedente risulta del +3,6%. Commentando quei dati, Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen, aveva osservato come, guardando all’andamento complessivo dell’anno, la crescita apparisse trainata da un maggior investimento medio su tutti i mezzi, anche se da parte di un numero minore di aziende rispetto al 2015. “Dopo tre anni di ‘rosso’ – notava infatti Dal Sasso –, sono tornati in positivo alcuni settori fondamentali per il mercato come le automobili e la telefonia, che storicamente sono stati motore di crescita nel periodo d’oro della pubblicità”. Sull’onda di tale risultato, e del terzo anno consecutivo chiuso con un segno positivo, gli auspici per il 2017 erano nati all’insegna dell’ottimismo. La realtà è stata piuttosto diversa, e con il passare dei mesi l’entusiasmo è andato via via smorzandosi lasciando solo a pochi operatori la speranza di chiudere anche questo 2017 con un analogo tasso di crescita. Di fatto, al momento in cui scriviamo, solo il presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi, pare non aver gettato la spugna nel prevedere comunque una chiusura di buon livello, oltre il +1,5%. Le stime delle principali agenzie media e conces10

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente UPA

sionarie sono assai più caute: nessun allarme per un anno ‘negativo’, ma una chiusura in parità o di pochissimo sopra lo zero è quanto il mercato sembra aspettarsi. A loro dunque la parola per questo primo giro di microfono.


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1 - STIMA DEL MERCATO PUBBLICITARIO (GEN-SET 2017)

L’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei Quotidiani (dove sono utilizzati i dati FCP-Assoquotidiani solo per le tipologie: Locale, Rubricata e Di Servizio), e delle Radio (dove sono utilizzati i dati FCP-Assoradio solo per la tipologia Extra Tabellare – comprensiva c.a.). 1 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP-Assoquotidiani e FCP-Assoperiodici. 2 lI dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari 3 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP - Assoradio 4 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP - Assointernet 5 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di AudiOutdoor Fonte: The Nielsen Company (Italy), novembre 2017

2017: l’analisi delle media agency “Anche quest’anno – esordisce Stefano Spadini, Ceo di Havas Media Group –, il mercato è riuscito a tenere nonostante una situazione economica incerta. La crescita del Pil in Italia, per quanto migliore delle aspettative, rimane tra le più basse d’Europa; ciò nonostante, la previsione sugli investimenti pubblicitari è che chiuderanno ancora in positivo, sebbene contenuto. Uno dei

fattori principali di questa tenuta è da imputare ad alcuni settori che avevano visto una contrazione degli investimenti tale da metterne a rischio le baseline. Oltre a questo, ci sono settori che hanno incrementato gli investimenti, come ad esempio gli Elettrodomestici e i Farmaceutici”. “Il 2017 si è rivelato un anno più difficile di quanto previsto inizialmente – conferma Norina Buscone, VP Research GroupM Italy –. Sapeva 11


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Norina Buscone, VP Research GroupM Italy

mo che avremmo dovuto scontare il trend di un anno dispari senza eventi ma il consenso generale era che il trend positivo sarebbe continuato, anche se con un gradiente più contenuto. Quello che invece stiamo vedendo ora è una tendenza più flat che non una progressione positiva. L’ultimo trimestre dell’anno, su cui erano riposte le speranze per un cambio di segno, si sta rivelando sicuramente migliore dei trimestri che l’hanno preceduto, ma non così positivo da invertire in modo significativo il trend. A oggi la nostra stima quindi è di un 2017 che chiuderà poco sopra il pari (+0,4%) con solo due media in positivo, Radio e Internet. Per entrambi possiamo dire che le performance vanno ben al di là della media del mercato, per la prima stimiamo quasi un +4% di crescita e il secondo del +9%. La performance di quest’ultimo continua ad essere guidata dalle evoluzioni positive di mobile, video e social e da un parco clienti in crescita”. Internet, aggiunge Buscone, e soprattutto i grandi player che ne determinano in larga misura le sorti, sta raccogliendo molti consensi in termini di spesa pubblicitaria nel comparto definito ‘small business’: “Stiamo parlando di piccolissime realtà imprenditoriali che utilizzano

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la comunicazione per promuovere le loro attività spesso molto locali. Sono quei player che un tempo avrebbero trovato nelle Directories o nella Stampa Specializzata i loro canali principali e che oggi invece si rivolgono a canali quali il SEM oppure, sempre di più, a Facebook e Instagram. È un comparto questo che sta crescendo molto e che, nel 2017, contribuisce a stabilizzare un trend che altrimenti avrebbe registrato una performance decisamente peggiore”. “Purtroppo, come avevo previsto fin dai primi mesi di quest’anno, il mercato chiuderà in modo tutt’altro che spumeggiante – concorda Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia –. C’è qualcuno che è comunque convinto di poter mettere un segno più al numero di fine 2017, ma confesso di non avere questo tipo di visibilità: se tutto andrà bene, ed è già una visione abbastanza ottimistica, mi accontenterei di metterci un pari… Ma ripeto, credo che i segnali fossero chiari già a inizio anno. Il primo motivo di ‘allarme’ era il confronto con i notevoli risultati del 2016, che si è rivelato penalizzante soprattutto nei primi 6-8 mesi dell’anno, cui si aggiungeva la constatazione che i dati macro-economici sostanzialmente non andavano in parallelo con

Marco Girelli, Ceo di Omnicom Media Group


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2. INVESTIMENTI PUBBLICITARI PER SETTORE (GENNAIO–SETTEMBRE 2017) TOTALE 100 -3.3 Abbigliamento 4.4 -5.5 Abitazione 4.3 1.6 Alimentari 14.2 -5.4 Automobili 12 0.8 Bevande/Alcoolici 5.5 -4.3 Cura Persona 4.6 -3.1 Distribuzione 6 -10.6 Elettrodomestici 1.1 31.7 Enti/Istituzioni 1.5 6.2 Farmaceutici/Sanitari 6.8 2.0 Finanza/Assicurazioni 3.7 -10.7 Gestione Casa 4 -3.5 Giochi/Articoli Scolastici 1 40.9 Industria/Edilizia/Attività 2.1 14.1 Informatica/Fotografia 0.4 2.1 Media/Editoria 4.1 -12.0 Moto/Veicoli 0.6 -7.0 Oggetti Personali 1.6 -1.0 Servizi Professionali 2.1 -9.1 Telecomunicazioni 6.4 -4.3 Tempo Libero 3.1 3.2 Toiletries 4.7 -16.1 Turismo/Viaggi 3.2 -6.1 Varie 2.3 6.8 Fonte: The Nielsen Company (Italy), novembre 2017

una ripresa dei consumi. Nonostante il Pil abbia infatti finalmente ripreso vivacità, per la prima volta non si riscontra un parallelismo negli investimenti pubblicitari, e la ragione è tutto sommato abbastanza semplice: oggi il Pil è fortemente influenzato dalla area Export piuttosto che dai consumi interni. Bisognerà aspettare ancora per vedere se, come è previsto, il Pil continuerà a crescere con continuità, e se a ciò farà seguito una ripresa dell’occupazione che a oggi non c’è stata: solo in quel modo si innesterà nuovamente un circolo virtuoso che permetterà la crescita dei consumi e, come diretta conseguenza, anche degli investimenti pubblicitari”.

Anche Marco Girelli, Ceo di Omnicom Media Group, riflette sul rapporto fra Pil e investimenti adv: “Il 2017 è caratterizzato da una situazione ambivalente, con due trend in contrapposizione: da un lato una crescita decisa nella prima parte dell’anno, seguita da un forte rallentamento nella seconda parte. Questo è dovuto alla divergenza tra l’andamento del Pil e gli investimenti pubblicitari. Un fenomeno che da alcuni anni sta caratterizzando il nostro mercato. I motivi che possono spiegare questo andamento sono diversi: innanzitutto le aziende durante gli anni della recessione hanno capito che si poteva investire meno in comunicazione, anche grazie a un

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3 - L’ANDAMENTO DEI MEZZI 2016

Stima AdEx del mercato pubblicitario anno 2016 vs. 2015 – incluse tutte le tipologie pubblicitarie + stima Nielsen del mezzo Digital totale (Search Adv, Social Adv, Video YT, Classified) Fonte: The Nielsen Company (Italy), febbraio 2017

contemporaneo sviluppo delle nuove opportunità provenienti dal mondo digitale (mobile, social network…) e allo svilupparsi di modalità di attivazione più efficienti come il programmatic. Inoltre, la mia opinione è che, a fronte di un continuo proporsi sul mercato di nuove opportunità, si è persa lucidità strategica da parte di clienti e agenzie. Mi riferisco alla capacità di riuscire a individuare, nel flusso dell’innovazione, gli elementi che realmente portano a una 14

maggior efficacia, al di là del ruolo che i diversi canali possono giocare all’interno di un progetto di comunicazione”. Oggi, prosegue Girelli, non è ragionevole pensare che un corretto investimento televisivo per il lancio di un brand possa essere sostituito da scorciatoie quale una brillante iniziativa attraverso i social network: “Non è serio, e sono certo che questi pensieri sono presenti nella testa di molti operatori. Alla fine il 2017 chiuderà con


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4 - LE QUOTE DEI MEZZI 2016

Nota: Digital Advertising dati Nielsen - Stima Nielsen 2016 del digitale + FCP Fonte: The Nielsen Company (Italy), febbraio 2017

una crescita degli investimenti estremamente limitata, mentre sono più fiducioso per il 2018. Nel caso il Pil mantenesse un trend positivo, alla fine l’ottimismo prevarrà e si farà più chiarezza. Aumenterà la consapevolezza rispetto la reale efficacia dell’innovazione”. Questione di perimetro “È complicato, in questo momento, dare dei numeri – sottolinea Luca Cavalli, Ceo di Zenith Italy –, nel senso che c’è un doppio binario: perché se stiamo sulla currency consolidata del mercato, che è il dato Nielsen, abbiamo un certo punto di vista, se invece andiamo ad allargare il

perimetro rispetto a quello che è oggi il nostro reale campo di gioco, il nostro business effettivo, i dati sono altri. Diciamo che nel perimetro ‘ufficiale’ sicuramente è stato un anno difficile che sconta il rimbalzo negativo tipico degli anni dispari: l’anno scorso è stato l’anno delle Olimpiadi, il 2017 non ha tenuto il passo del 2016 ed è stato negativo. Ma questo vale solo se stiamo al perimetro canonico. In realtà il segno si inverte se andiamo ad allargare il tiro: secondo le stime del Gruppo Publicis, a settembre proiettavamo ancora una crescita del 2017 intorno al +1,2% del totale mercato, o per meglio dire una forbice fra il +1,2% e il +1,5%. Parliamo di una proie

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5 – ITALIA: LA SPESA NEL MERCATO E&M PER SEGMENTO (2012 – 2021)

Milioni di euro. Il totale esclude i double counting Fonte: PwC, Ovum – “Entertainment & Media Outlook in Italy”, PwC, Settembre 2017

zione a perimetro totale e quindi includendo un perimetro largo soprattutto per quanto riguarda i mezzi digitali”.

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Per il comparto digitale, chiarisce infatti Cavalli, Nielsen ha una proiezione che in termini di crescita verso decrescita permette di far ballare una


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6 – ITALIA: TASSO DI CRESCITA % DEL MERCATO PUBBLICITARIO E&M (2013-2021)

Fonte: PwC, Ovum – “Entertainment & Media Outlook in Italy”, PwC, Settembre 2017

decina di punti percentuali: “Da un lato Nielsen dà un -5%/-6% di decrescita anche sul comparto digitale, noi proiettiamo invece un consistente +8%. Sono più di 10 punti di distacco, e questo significa che c’è sicuramente uno spostamento delle risorse”. Anche secondo Cagnetta, il perimetro ‘classico’ cui si fa riferimento per le stime sull’andamento del mercato appare largamente insufficiente: “Al di là di tutto, il dato sugli investimenti pubblicitari totali è un macro numero che serve tutto sommato a poco da un punto di vista del business quotidiano: se il mercato pubblicitario fa +1% o -1% è un qualcosa che si dice sui giornali, nei discorsi in pubblico, ma che di fatto non influenza niente e nessuno perché è una specie

di ‘media del pollo’, che nasce dall’incrocio di settori che fanno -36% o -37% e altri che fanno +4% ma che pesano molto di più in termini assoluti. Il quadro offerto da Nielsen è ormai largamente incompleto e non rispecchia più le analisi che lo stesso istituto faceva prima di un evento significativo come l’avvento del mondo digitale. Per questo in Media Italia cerchiamo di rivalutare internamente, a beneficio dei clienti, l’andamento del digital e non solo: perché anche sul’universo Out Of Home e in parte su alcune concessionarie televisive – come Viacom e Discovery, per esempio –, i numeri ricostruiti da Nielsen sono a nostro parere poco affidabili quando non addirittura fuorvianti. “Quando parliamo di trend degli investimenti

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7 - ITALIA – RICAVI PUBBLICITARI DIGITAL PER TIPOLOGIA (2012-2021)

Fonte: PwC, Ovum – “Entertainment & Media Outlook in Italy”, PwC, Settembre 2017

– ribadisce Norina Buscone –, necessariamente continuiamo ad essere focalizzati su quanto il mercato riesce a misurare, sia attraverso il monitoraggio mensile che produce Nielsen, sia attraverso stime che molti attori del mercato producono ormai sul perimetro complessivo di Internet. C’è un altro elemento che sicuramente sta pesando in modo positivo sull’evoluzione della spesa in comunicazione ma che ancora non riusciamo a valutare nella sua interezza: gli investimenti in contenuti. È ancora difficile fornire dei numeri, ma è un mercato che, nelle sue diverse sfaccettature, è in fermento e in sicura crescita. All’interno di GroupM, dove attraverso Motion Content Group le nostre agenzie sono in grado di includere il Content, sia in logica strategica che di implementazione, all’interno dell’attività di comunicazione dei clienti, stimiamo che gli investimenti cresceranno nel 2017 nell’intorno

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del +20%. Come GroupM stiamo lavorando per misurare questa voce, per evitare di continuare a parlare di trend in calo semplicemente perché stiamo osservando un perimetro che si restringe, non riuscendo a tenere conto di un mondo che sta cambiando e che vede nuovi protagonisti entrare in gioco”. Sulla sponda delle concessionarie “Secondo quanto ci risulta – afferma Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions –, la fine dell’anno non sarà certamente ‘booming’ ma neanche ci dovrebbe essere una grande frenata: diciamo che sarà un finale molto in linea con il resto dell’anno. È vero che Nielsen ci dice che il mercato registrava un forte segno negativo fino ad agosto – stimato in un -3,5% –, ma è anche vero che, al netto dell’impatto che hanno avuto lo scorso anno gli


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8 – WORLDWIDE: TASSI DI CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI GLOBALI E DEL GDP NOMINALE

Fonte: Zenith

eventi sportivi, stiamo parlando di un risultato molto vicino al pareggio”. Stessa stima per Fabrizio Piscopo, AD di Rai Pubblicità: “In linea con quanto dichiarato dalle associazioni, UPA in primis – afferma Piscopo –, a inizio 2017 anche noi avevamo messo a budget per quest’anno una crescita del +2%, al netto degli Europei e delle Olimpiadi, considerando anche la previsione di crescita del Pil, dato a +1,8%. In realtà, però, il mercato si è comportato diversamente dalle aspettative rivelandosi estremamente volatile, con salti dal +5% al -4%, smentendo la correlazione fino a oggi confermata tra crescita del Pil e crescita degli investimenti (solitamente a una crescita del Pil di 1 punto percentuale corrispondeva una crescita della raccolota di 2 punti). Nonostante infatti una crescita del Pil superiore alle previsioni, tutte le principali concessionarie, con poche eccezioni, hanno regi-

strato una brusca frenata, che per Rai Pubblicità si è rivelata particolarmente pesante a luglio ed agosto. Bisogna inoltre tenere presente che sulla nostra performance pesano anche l’eliminazione dell’advertising dal canale per bambini Rai YoYo e la scelta di togliere gli spot relativi al betting. In ogni caso stimiamo per il mercato adv nel suo complesso una chiusura in pareggio”. “Nonostante Upa mantenga un certo ottimismo e resti convinta di una chiusura d’anno fra +1% e +1,8% – riflette Paolo Dosi, Ceo di Clear Channel Italy –, comincia a diffondersi la sensazione di un anno sotto le aspettative: se guardiamo ai mezzi classici, la situazione ad agosto era attorno al -4% e a settembre non è andata molto meglio, anche se nell’ultimo quarter, e lo stiamo registrando anche noi, c’è stato senza dubbio un miglioramento. Una situazione ‘speculare’ rispetto al 2016, quando

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9 - PREVISIONI PUBBLICITARIE MONDIALI PER MEZZO (2017–2018) TOTAL MEDIA 2017F 2018F Dentsu Aegis Network 3.8% 4.3% GroupM (WPP) 3.0% 4.3% Magna Intelligence (IPG) 3.7% 4.5% Zenith (Publicis) 4.0% 4.2% Oddo BHF Securities 3.2% 4.2%

DIGITAL OUTDOOR TELEVISION RADIO NEWSPAPERS 2017F 2018F 2017F 2018F 2017F 2018F 2017F 2018F 2017F 2018F 14.7% 12.9% 2.9% 3.2% 0.5% 1.3% 0.2% 1.5% -8.3% -6.9% 11.6% 11.1% 5.9% 7.4% 0.3% 1.9% 1.9% 2.3% -6.9% -5.5% 14.1% 11.7% 4.0% 3.4% -0.9% 2.5% -2.0% -1.8% -9.1% -9.6% 13.5% 11.2% 2.2% 2.5% 0.4% 1.0% 1.0% 0.9% -7.5% -5.2% 12.0% 1.8% 3.8% 4.1% 0.0% 1.0% -0.3% -0.2% -8.5% -8.5%

Fonti: WPP (Adam Smith, GroupM), Publicis (Jonathan Barnard, Zenith), Interpublic (Vincent Letang, Magna) e Dentsu (Thomas Le Thierry, Vizeum), Oddo BHF Securities Nota: storicamente, la televisione è stata il traino della crescita degli investimenti pubblicitari globali, ma il tasso di crescita del mezzo è notevolmente diminuito, in particolare nei paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti, dove secondo Magna la spesa pubblicitaria televisiva dovrebbe addirittura calare! La ragione principale è l’importante calo di audience risultante dallo sviluppo delle piattaforme pay come Netflix.

dopo un lungo periodo positivo fu invece l’ultimo trimestre a registrare un calo inatteso per l’Out Of Home. Tenendo conto anche di Google e Facebook, oggi siamo vicini a un -1%: secondo me, questo vuol dire che con ogni probabilità il totale mercato si assesterà vicino alla crescita zero. Dosi ribadisce quindi come la misurazione dell’andamento a passo così diverso fra i diversi mezzi stia facendo venir meno il punto di riferimento che questo tipo di dati ha sempre avuto per il mercato e per i mezzi stessi. “Se una volta il Pil cresceva del +1% sapevamo che la pubblicità cresceva più o meno 2 o 3 volte tanto. E viceversa, in caso di Pil in discesa, sapevamo che l’advertising sarebbe a sua volta calato con lo stesso moltiplicatore. Questo oggi non accade più, e non possiamo che stupirci di fronte a un dato in forte calo come quello dell’Outdoor, settore in cui si è registrata una forte carenza di investitori nazionali e i top spender del mezzo, come Sky, Vodafone e Tim, hanno sicuramente investito molto meno rispetto agli anni scorsi. Il lato positivo, se vogliamo, è che il calo si deve in

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parte anche al restringimento del bacino che ha portato sicuramente a un miglioramento della qualità media degli impianti”. “Non c’è regresso – sostiene Alessandro Loro, Responsabile della Direzione Innovazione e Comunicazione di IGPDecaux –, ma la mia considerazione è che la dimensione del mercato è questa, e anche l’eventuale crescita di un punto percentuale ormai sono peanuts. Il quadro macro-congiunturale è sicuramente migliore, ma se da un lato non c’è crisi, dall’altro non vedo particolari sviluppi. In termini di dinamica complessiva, il mercato pubblicitario si adegua al contesto: il silenzio non conviene a nessuno e ‘puntellare’ il business con la comunicazione è una necessità. Tanto più oggi che le modalità espressive e i percorsi di comunicazione sono diventati più vari, meno codificati e meno omologati. Ecco: un aspetto positivo è che mi sembra stia crescendo il numero di chi cerca di battere strade diverse”. Detto questo, però, secondo Loro la ‘Galassia Italia’ continua a muoversi con esasperante lentezza: “C’è inerzia. Quando siamo riformisti


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10 - PREVISIONI PUBBLICITARIE MONDIALI PER AREA (2017–2018) Oddo BHF Securities Dentsu Aegis Media North America GroupM Magna Intelligence Zenith Oddo BHF Securities Dentsu Aegis Media Western Europe GroupM Magna Intelligence Zenith Oddo BHF Securities Dentsu Aegis Media Asia Pacific GroupM Magna Intelligence Zenith Oddo BHF Securities Dentsu Aegis Media Latin America GroupM Magna Intelligence Zenith Oddo BHF Securities Dentsu Aegis Media World GroupM Magna Intelligence Zenith

2016 4.0% 5.0% 3.1% 6.7% 4.4% 3.3% 4.0% 3.6% 3.9% 3.9% 6.1% 4.7% 5.5% 5.3% 6.3% -2.7% 11.9% -2.6% 5.2% -2.7% 4.1% 4.8% 3.7% 5.9% 4.8%

2017F 2.5% 3.6% 2.2% 1.7% 3.7% 2.3% 3.5% 2.6% 2.7% 2.0% 5.0% 4.3% 4.1% 5.6% 7.6% 2.0% 7.0% 4.3% 5.9% 2.5% 3.2% 3.8% 3.0% 3.7% 4.0%

2018F 3.2% 4.0% 3.4% 4.3% 3.7% 2.8% 3.6% 2.6% 1.9% 2.5% 6.3% 4.6% 5.3% 5.1% 6.5% 3.2% 8.9% 6.6% 6.0% 3.2% 4.2% 4.3% 4.3% 4.5% 4.2%

Fonti: WPP (Adam Smith, GroupM), Publicis (Jonathan Barnard, Zenith), Interpublic (Vincent Letang, Magna) e Dentsu (Thomas Le Thierry, Vizeum), Oddo BHF Securities

lo siamo in modo molto gradualistico, degli innovatori reticenti… In fondo c’è ancora molta paura di un’economia ‘open’, in cui confrontare quotidianamente le proprie idee con quelle degli altri. L’unica eccezione sono i giovani, forse più partecipativi, ma il cui ‘peso’ è molto relativo. Non credo che questa situazione cambierà drasticamente nel 2018, che però sarà per forza di cose un anno diverso anche se nel segno dell’incertezza fra Mondiali di Calcio senza l’Italia ed elezioni, prima delle quali il mercato è solito trattenere il fiato. Non mi sbilancio sul

segno più o meno, ma ciò cui molto probabilmente assisteremo sarà il solito spostamento dei budget da un periodo all’altro”. 2018: un ‘incerto’ ottimismo Come Loro, anche gli altri intervistati fra le concessionarie e le agenzie puntualizzano la difficoltà a fare previsioni in un clima di incertezza che è ormai il modus operandi quotidiano, esprimendo tuttavia per l’anno che verrà un cauto ottismo ed evidenziando alcuni aspetti chiave: Mondiali (senza Italia) e

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11 - CRESCITA ORGANICA VS. INVESTIMENTI GLOBALI (2000–2017) CRESCITA 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ORGANICA Havas 13.8% 0.3% -5.8% -5.7% 2.0% 2.5% 0.7% 7.0% 4.7% -7.9% 3.3% 5.8% 2.1% 2.3% 5.1% 5.1% 3.1% 3.3% Interpublic 13.0% -2.9% -7.7% -3.1% 1.2% -1.7% 1.0% 3.8% 3.8% -10.8% 7.0% 6.1% 0.7% 2.8% 5.5% 6.1% 5.0% 3.9% Omnicom 16.6% 8.5% 2.8% 5.8% 5.8% 7.3% 7.6% 7.1% 2.9% -8.7% 6.4% 6.1% 4.0% 3.5% 5.7% 5.3% 3.5% 3.3% Publicis 15.0% 3.1% -3.5% 2.0% 4.0% 6.8% 5.6% 3.1% 3.8% -6.5% 8.3% 5.7% 2.7% 2.7% 2.0% 1.5% 0.7% 1.4% WPP 15.0% -3.0% -5.9% 0.7% 4.1% 5.5% 4.7% 5.0% 2.7% -8.1% 5.3% 5.3% 2.9% 3.5% 3.3% 3.3% 3.1% 2.1% (1) Δ+ org. media 14.7% 1.2% -4.0% -0.1% 3.4% 4.1% 3.9% 5.2% 3.6% -8.4% 6.1% 5.8% 2.5% 3.0% 4.3% 4.3% 3.1% 2.8% (2) Δ+ investimenti 11.3% -3.8% 0.1% 3.3% 7.2% 5.2% 5.7% 6.9% 1.5% -9.7% 5.3% 3.9% 3.4% 3.3% 4.3% 3.9% 4.1% 3.3% Differenza*

+3.4pt +5.0pt -4.1pt -3.4pt -3.8pt -1.1pt -1.8pt -1.7pt 2.1pt 1.3pt 0.8pt 1.9pt -0.9pt -0.3pt 0.0pt 0.4pt -1.0pt -0.5pt

*differenza fra linea (1) e linea (2) Fonti: WPP (Adam Smith, GroupM), Publicis (Jonathan Barnard, Zenith), Interpublic (Vincent Letang, Magna) e Dentsu (Thomas Le Thierry, Vizeum), Oddo BHF Securities Come si evince dalla tabella, la crescita organica delle agenzie è sempre meno correlata all’andamento della spesa pubblicitaria globale: una correlazione storicamente abbastanza forte (-0,2 punti su 17 anni), che dal 2016 è però in fase di stallo. Questo trend ha due motivi di fondo: 1. il fatto che le agenzie siano passate dalla remunerazione a commissione a un modello di fee fissi, sempre più compressi; 2. i grandi player del digitale come Google e Facebook si stanno accaparrando una quota crescente dei budget pubblicitari. È probabile che questa tendenza continui, e che a una crescita del mercato pubblicitario nell’ordine del +4% o +4,5% nel 2018, possa corrispondere una crescita organica di circa il +2% per le agenzie pubblicitarie.

Olimpiadi Invernali, elezioni politiche, defiscalizzazione degli investimenti adv incrementali, l’ingresso di un nuovo operatore telefonico. “Detto che il mercato si avvia a chiudere un 2017 leggermente sopra lo zero, con un segno positivo ma meno brillante di quanto si immaginava e prevedeva all’inizio dell’anno – sostiene Andrea Di Fonzo, Ceo Blue 449 –, un po’ più positivo dovrebbe essere il 2018, almeno a giudicare dai budget dei clienti che stanno mettendo a punto le strategie per l’anno nuovo, che fino a questo momento

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sembrano essere tutti in aumento. Sarà come sappiamo un anno di eventi: da un lato i Mondiali, che con o senza Italia influenzeranno il consumo mediatico e attireranno comunque l’attenzione di molti brand; dall’altro le elezioni politiche che rappresentano invece un grosso punto di domanda. Tutto sommato mi sento di dire che l’outlook è e per il momento resta positivo”. “Inutile nascondere che l’esclusione dell’Italia dai Mondiali di Calcio in Russia mette in discussione la crescita che avevamo previsto


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– considera Norina Buscone –. Continuiamo a vedere un anno positivo, ma uno dei driver principali è oggi depotenziato e dobbiamo capire di quanto. Visto che non succedeva dal 1958 che l’Italia non partecipasse a questa competizione, mancano quindi proprio le basi storiche su cui fare le opportune considerazioni. Continuiamo a confidare in una ripresa dei consumi più trasversale sulle categorie rispetto a quanto non si sia registrato nel 2017 e che quindi anche le aziende del FMCG tornino a recitare un ruolo positivo sul trend, e ci aspettiamo che l’ingresso di nuovi player non solo apporti risorse aggiuntive ma rappresenti un boost anche per la competition. Per contro, oltre all’assenza dai Mondiali, il 2018 sarà un anno di elezioni politiche, che solitamente rappresentano un elemento di rallentamento degli investimenti nel periodo coinvolto”. Buscone conferma perciò la visione positiva dell’anno, ma chiarisce che “Va ripensata a questo punto la stima di crescita così come la performance dei singoli mezzi: la Tv, che più di altri solitamente beneficia degli investimenti incrementali portati dagli eventi sportivi, si troverà a dover affrontare un anno decisamente più nella norma. Quella sull’incentivazione fiscale agli investimenti incrementali sulla stampa (periodica e quotidiana) e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali è sicuramente una legge che potrà avere un impatto positivo sui trend di questi media, più che avere un impatto incisivo sul totale del mercato, e su cui potremo formulare stime più precise nel momento in cui saranno emanati i decreti attuativi”. La più diretta interessata alla mancata qualificazione Mondiale dell’Italia è per forza di cose Rai Pubblicità: “Guardando al 2018, i segnali macro restano rassicuranti – dice Fabrizio Piscopo –: è prevista una maggiore inflazione, molte aziende dovrebbero veder aumentare il proprio fatturato e il Pil do-

vrebbe continuare a crescere, segnando un +1,5/+2%. Grazie agli importanti eventi previsti, in primis i Mondiali di Calcio in Russia e le Olimpiadi invernali, pensavamo inizialmente a una possibile chiusura 2018 con investimenti al +2%. Con l’uscita della Nazionale, naturalmente, le cose sono cambiate: non avendo la certezza che il Paese si sarebbe qualificato avevamo comunque preparato un piano B. Certo, sulla base di una previsione di calo degli ascolti in seguito all’assenza degli Azzurri, stimiamo per l’anno prossimo una raccolta fra il 20% e il 30% inferiore, mentre per il mercato dell’adv nel suo insieme siamo in linea con quanto ipotizza UPA, ovvero che ne risentirà per circa l’1%”. Considerando che nel 2014, anno dei Mondiali in Brasile, Rai Pubblicità aveva raccolto circa 65 milioni di euro complessivi, l’ipotesi per il 2018 è che la raccolta potrebbe scendere a 40 milioni di euro, con un saldo negativo di 25 milioni. “Resta comunque il fatto – ricorda Piscopo –, che la Rai pagherà meno i diritti per i Mondiali, con un evidente vantaggio per la televisione pubblica”. Anche Piscopo ricorda poi l’incognita della tornata elettorale: “Le elezioni potrebbero influenzare l’andamento della raccolta. Se, come è probabile, si terranno a marzo, la campagna elettorale partirà a dicembre e fino a marzo l’andamento potrebbe essere altalenante perché solitamente durante i periodi di incertezza politica le persone riducono i consumi, e questo ha un effetto negativo sugli investimenti da parte delle aziende. Molto dipenderà poi dal fatto che si venga a creare successivamente un clima di stabilità. Ad oggi, comunque, rimaniamo ottimisti”. “Avendo di fronte uno scenario poco chiaro – è l’opinione di Paolo Romano – non abbiamo attese precise. Ci troviamo in un contesto macro-economico di grande incertezza, del quale è molto difficile stimare l’impatto

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NIENTE ‘FIFA’ PER IL 2018 Eventi come Olimpiadi, EXPO o Mondiali di Calcio generano un impatto tangibile nel presente e nel futuro della nazione ospitante, oltre al considerevole volume di affari per gli organizzatori della manifestazione e i suoi principali attori, in questo caso FIFA e le squadre di calcio partecipanti. Sul lato mediatico, Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen, ricorda che le trasmissioni in diretta di tutte le partite del mondiale brasiliano hanno generato un’audience globale superiore a 5 miliardi di telespettatori, e che già partecipare alla fase a gironi significa per una nazionale essere vista globalmente da circa 100 milioni di individui. Tale cifra raddoppia in caso di raggiungimento dei quarti di finale e quadruplica per le finaliste. Ma l’impatto è notevole anche sui canali digitali: il profilo Facebook della Nazionale di calcio italiana nel periodo Marzo–Ottobre 2013 in cui si sono disputate le partite decisive per la qualificazione alla fase finale dei mondiali brasiliani, i 446 post pubblicati hanno ottenuto una media per singolo post di 763 interazioni (ovvero la somAlberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di ma dei ‘mi piace’ + commenti + condivisioni). Nielsen Durante la fase finale del mondiale, nel periodo Maggio–Luglio 2014, le interazioni per post sono cresciute di circa 8 volte, passando a una media di 6.103 interazioni per ciascuno dei 203 post totali analizzati nel periodo di riferimento (dati Nielsen Sports). La grande visibilità garantita da questa competizione genera forte impatto in termini di partecipazione e seguito popolare. E di conseguenza un maggior appeal per gli sponsor e gli investitori pubblicitari. “La stima dell’apporto economico in termini di raccolta pubblicitaria per un evento mediatico come i Mondiali di calcio è intorno ai 60 milioni – spiega Dal Sasso –, che non andranno completamente persi a seguito della mancata qualificazione dell’Italia perché sussistono ugualmente alcuni fattori positivi. I Mondiali, infatti, continueranno a rappresentare una buona occasione di visibilità per le aziende investitrici. Nel 2010 e nel 2014 l’Italia giocò solo le tre partite del girone eliminatorio: le audience di massa (circa 14 milioni di telespettatori di media per i tre match degli Azzurri) si sono esaurite subito. Un confronto con la situazione attuale non è perciò così impari. Inoltre, i Mondiali si giocheranno in Europa, in un fuso orario interessante per i pubblicitari. Con l’Italia fuori dai giochi, si libereranno anche budget inizialmente diretti verso le sponsorizzazioni. Bisognerà vedere se le aziende riterranno l’evento ugualmente favorevole per i propri obiettivi di comunicazione o se prevarranno le valutazioni negative”. È innegabile che l’interesse sia minore rispetto a un Mondiale con l’Italia tra i protagonisti: “I grandi brand multinazionali potrebbero anche dirottare altrove i budget inizialmente previsti per la comunicazione in Italia – conclude Dal Sasso –. Non dimentichiamo però che i Mondiali rimarranno comunque un volano per il mercato pubblicitario del 2018, seppur di ridotto ‘appeal’ rispetto alle edizioni con l’Italia in campo”.

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che potrebbe avere nel nostro Paese. Così come ci sono alcune situazioni che potranno ovviamente avere ricadute importanti sugli investimenti pubblicitari: sicuramente le elezioni in Italia, che come sappiamo hanno sempre, storicamente, rallentato di fatto gli investimenti, e i Mondiali di Calcio senza la nostra Nazionale. In sostanza, quindi, permane il punto interrogativo”. Dinamismo ‘lento’ Come nel 2017, anche per il 2018 Stefano Spadini si dice convinto che il mercato riuscirà a tenere: “Ma non dobbiamo aspettarci delle crescite esponenziali, nonostante l’effetto degli anni pari che vedono tra i principali driver i grandi eventi sportivi, come i Mondiali e le Olimpiadi. Tra i fattori che potranno dare un impulso positivo alla crescita del mercato, si preannunciano dei lanci interessanti nel settore dell’Automotive e sul fronte delle TLC l’ingresso di nuovi player che porterà un certo dinamismo”. Sempre secondo la logica di un restringimento del perimetro ‘classico’ e di un allargamento di quello digitale, “Il prossimo anno lo vediamo fondamentalmente assestarsi fra un +1,5% e un +2% di crescita – ribadisce Luca Cavalli –, che in questo momento potrebbe essere una stima ancora poco indicativa in ragione del fatto che sarà un anno pari, ci saranno i Mondiali di Calcio, anche se purtroppo depotenziati dall’assenza dell’Italia, e quindi anche il comparto televisivo potrebbe tornare a crescere in maniera interessante”. Valentino Cagnetta ritiene che sia letteralmente impossibile formulare previsioni sul breve: “E in ogni caso, anche come prospettiva di medio-lungo periodo, mi sembra utopistico ipotizzare il ritorno a tassi di crescita a doppia cifra di cui ho sentito qualcuno parlare… Non ci sono motivi fondati per alimentare tali speranze. Nel 2018 continue-

remo come ormai siamo abituati, vivendo la mattina per la sera: sarei il primo a essere sorpreso se anche uno solo dei miei clienti mi desse una visibilità che va oltre il brevissimo periodo, e parlo di 2 o 3 mesi al massimo. E se pure lo facesse, avrei la quasi matematica certezza che i piani cambierebbero in grandissima parte dopo pochissimo tempo”. A chiudere questo primo giro di microfono è Paolo Dosi, che anticipa l’attesa per quello che dirà Upa prima della fine dell’anno: “In base a quello che sarà l’input dei suoi associati potremo infatti avere indicazioni abbastanza utili almeno a livello macro”. Dosi tira le fila di tutti i diversi elementi che avranno sicura incidenza sull’andamento dell’anno: “Primo fra tutti le elezioni politiche, a seconda di quando si faranno, come si faranno e quale sarà il clima in cui ci si arriva, perché la sensazione di incertezza che si portano dietro non rappresenta mai un aspetto positivo. È vero che per l’Out Of Home le consultazioni elettorali possono rappresentare un booster interessante, riempiendo talvolta alcune quattordicine: ma nelle ultime due o tre tornate è svanito l’effetto ‘Berlusconi’ che investiva pesantemente in Esterna e trainava anche altri partiti ed esponenti politici. Resta invece il discorso sulla governabilità del paese post-elezioni che porta soprattutto le multinazionali a rallentare, se non a fermare i propri investimenti pubblicitari. Un secondo elemento riguarda la mancata partecipazione dell’Italia ai Mondiali, il cui impatto da un punto di vista pubblicitario è stato quantificato in una cifra vicina ai 100 milioni di euro di investimenti. Terzo elemento, anche se purtroppo non riguarda il mondo dell’Out Of Home, è il discorso legato al credito di imposta sugli investimenti pubblicitari e a come e quanto le aziende lo recepiranno per incrementare i propri budget”. Più incerto ma da non sottovalutare,

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aggiunge Dosi, l’ingresso del nuovo operatore telefonico francese Iliad: “Si tratta infatti di capire in che modo decideranno di entrare col loro nuovo brand: se come sembra saranno particolarmente aggressivi sul fronte dei prezzi e della comunicazione per conquistare quote, certamente questo implicherà la necessità di una reazione anche da parte di tutti gli attuali operatori mobili dando un’ulteriore spinta positiva”. Tirando le somme, nonostante ritenga ancora

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prematuro formulare ipotesi fondate su dati realistici per il 2018, Dosi prevede ottimisticamente “Un mercato in crescita di un paio di punti: credo che l’Out Of Home continuerà a calare, ma di nuovo, in seguito a una riduzione dell’inventory complessiva. Mentre l’affissione classica continuerà a soffrire, però, ci saranno invece alcuni segmenti – fra questi in particolare aeroporti, centri commerciali e lo stesso arredo urbano – che ci aspettiamo crescano anche in modo significativo”.


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Alla ricerca del ROI Se due colossi come Procter & Gamble e Unilever decidono di ‘ottimizzare’ i propri investimenti di marketing, l’intero mercato presta attenzione: ancor di più se entrambe le multinazionali dichiarano che nonostante i tagli effettuati hanno comunque raggiunto i propri obiettivi di vendite e di fatturato. E si interroga su come e quanto l’adv debba recuperare efficacia ed efficienza

ALL’INIZIO di quest’anno, il Global Marketing and Brand Building Officer di Procter & Gamble, Marc Pritchard, ha lanciato una sfida all’intera industry: fare pulizia di tutta l’opacità che ancora circonda il mondo dell’advertising, digital in primis, per ritrovare una maggior efficacia ed efficienza degli investimenti media e recuperare il ROI che stava andando perduto. Pritchard ha dichiarato la necessità di una pubblicità ‘migliore’ che permettesse alle aziende di tornare a crescere. Il manager non ha mancato di fare autocritica per esempio sul fronte della scelta di un numero eccessivo di partner di comunicazione o sull’uso esagerato della leva promozionale – ossia tagli di prezzo che minavano la solidità dei brand dell’azienda –, suggerendo ai suoi pari diversi step per uscire dall’impasse: l’adozione di un unico standard, quello fissato dal Media Rating Council, per la misurazione della viewability; la decisione di non affidarsi più ai media che misurano o certificano da soli la propria inventory; la revisione di tutti i contratti in corso nel 2017; un feroce contrasto per ogni minima possibilità di frode o rischio per la brand safety. I risultati concreti delle sue dichiarazioni? Una revisione del pool di agenzie con cui collaborava – in verità iniziato già da almeno un biennio, nell’ottica di razionalizzare i costi di marketing – che ha portato a eliminare circa il 50% delle sigle con cui P&G collaborava; la revisione di 28

Marc Pritchard, Global Marketing and Brand Building Officer Procter & Gamble, Chairman della Association of National Advertisers (ANA)

ogni contratto in essere con le agenzie per fissare nuovi paletti di trasparenza, molto più rigidi che in passato; una riduzione del numero di campagne prodotte; un taglio del 70% nel numero di siti pianificati; il taglio di oltre 100 milioni di dollari dal proprio budget destinato al digital – e soprattutto l’annuncio che questa ‘spending review’ non ha avuto alcun impatto


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negativo sui risultati in termine di vendite e crescita del fatturato. Stimolate o meno dal discorso di Pritchard – che è anche presidente dell’ANA, l’Association of National Advertisers (omologa dell’italiana UPA) – molte altre aziende come Unilever o Mondelez hanno di fatto seguito questa strada. E anche loro non solo non hanno registrato ‘danni’ ma sono anzi tornate a crescere più rapidamente, venendo per di più premiate dal mondo finanziario e borsistico con titoli in forte rialzo. Insomma, dopo molti anni in cui ci si è per lo più focalizzati sul breve e brevissimo termine, sembra che oggi molti brand abbiano deciso di puntare a evitare gli ‘sprechi’ e tornare a concentrarsi sull’impatto di lungo termine della comunicazione. In un mercato come quello italiano dove il peso delle multinazionali è particolarmente elevato, ci sono state ripercussioni per l’allineamento delle sedi nazionali a questo trend globale? E più in generale, attraverso quali passi concreti e quali strumenti agenzie e concessionarie hanno risposto alla domanda – più o meno espressa che fosse – di una maggior efficacia ed efficienza della comunicazione pubblicitaria? Come misurano oggi i risultati delle loro attività per dimostrare ai clienti il ROI di ogni singola iniziativa? Il mercato esige efficacia “Il mercato italiano è un mercato periferico dove le scelte sono spesso dettate dagli headquarter delle multinazionali – ammette Stefano Spadini (Havas Media Group) –, dunque anche a livello locale si sarà più propensi ad allinearsi alle scelte della casa madre, piuttosto che correre dei rischi. Inoltre, il turnover manageriale rende quanto mai attuale il famoso detto popolare ‘pochi, maledetti e subito’. In linea generale quindi è corretto affermare che la situazione italiana sia allineata a questo trend. Ma non è sufficiente fotografare il presente, bisogna avere anche il coraggio di spingersi oltre all’immediato per affrontare un

Stefano Spadini, Havas Media Group

mercato sempre più complesso”. Il lavoro dell’agenzia, prosegue Spadini, è senz’altro caratterizzato da una pianificazione che va spesso da quadrimestre a quadrimestre, basato su scelte anche tattiche: “Ma per potere costruire una strategia che abbia un successo a lungo termine bisogna tenere presente la destinazione che vogliamo raggiungere insieme ai nostri clienti. Per quanto ci riguarda, posso citare almeno due esempi di campagne che hanno ottenuto ottimi risultati nel breve periodo, inserite però all’interno di una strategia più ampia costruita insieme al cliente: Chateau d’Ax con Pronta Consegna e TIM Etnico. La prima attraverso una campagna 100% in programmatico che ha portato nell’immediato a un +59% di vendite verso i negozi che non erano sati supportati dall’attività; ma questa campagna è solo un tassello del percorso che stiamo facendo insieme a Chateau d’Ax e all’agenzia creativa, Havas

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Milan: l’intera campagna di comunicazione è il frutto di un percorso di evoluzione fatto insieme, che porti da una strategia paid a un approccio di marketing organico. La seconda campagna – TIM Etnico – ha portato a una quintuplicazione delle page-view dell’offerta del cliente attraverso una pianificazione multimediale perfettamente integrata, mirata per il target specifico di riferimento ma coerente con la costruzione del valore del brand”. “Innanzitutto il mercato è tutt’altro che ‘un’ soggetto – eccepisce Valentino Cagnetta (Media Italia) –: è frammentato e direi anzi iper-frammentato. Se dovessi idealmente dividere il mercato in tre macro-categorie direi che una fascia cerca l’efficacia, un’altra insegue l’efficienza, e una terza cerca di costruire il valore della propria marca. Queste tre macro anime – per semplificare le riduco a tre, ma potrebbero essere ben di più –, lavorano con criteri e metodologie completamente differenti, e oltretutto il loro peso relativo cambia spesso e abbastanza repentinamente. Il mercato orientato all’efficacia è quello che usa la leva pubblicitaria per far girare e muovere i volumi. La fascia che insegue l’efficienza è quella che cerca il costo di acquisizione più basso possibile senza preoccuparsi più di tanto del resto: e si tratta solitamente di settori con un’alta capacità di misurazione dei risultati nell’immediato. Poi c’è la terza parte, che in passato è stata assolutamente preponderante, oggi non lo è più ma sta in qualche modo rialzando la testa, ed è quella che investe sul valore della marca”. Perché questo ‘ritorno’? “Perché il valore del brand è un qualcosa che banalmente si traduce in fiducia dei consumatori e maggior anelasticità al prezzo – risponde Cagnetta –. Non è il caso di fare una lezione di marketing, ma tutto ciò si traduce in margini più elevati e quindi più valore per l’azienda e non solo per il prodotto pubblicizzato. Attenzione però: perché lavorare sulla brand awareness e

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la notorietà non produce un immediato ritorno sull’investimento! Anzi, in alcuni settori e in particolar modo nel mass market, il ritorno sull’investimento di breve periodo può essere addirittura negativo: spendo, cioè, più di quello che ricavo grazie alla pubblicità. Il punto è che comunque questo tipo di investimento deve essere continuativo per alimentare la marca costantemente, consci del fatto che una caduta di notorietà sarebbe molto più costosa. Usando una metafora, è come quando si guida un’auto: mantenendo una velocità costante di 110 km all’ora la spesa per il carburante si minimizza; se invece si percorre un tratto di strada a 70 e poi un altro a 140 per recuperare sulla media del tragitto, alla fine il costo della benzina sarà maggiore. Il motivo per cui le aziende stanno ritornando al valore di marca è fondamentalmente questo”. Quanto al ROI, aggiunge Cagnetta, da parte delle agenzie è un tema ormai abbondantemente esplorato, analizzato e anche misurato: “Ma non esiste un ROI ‘assoluto’, e ognuno lo fa nel modo più utile al singolo cliente o alla singola campagna. Ci sono aziende Direct Response cui serve misurarlo nel quarto d’ora successivo all’uscita dello spot radiofonico o dell’uscita del banner sullo schermo del consumatore; per altre aziende occorrono tempi e metodologie completamente diverse. Si tratta di un concetto abbastanza ampio per la misura del quale, anche all’interno di Media Italia, ci sono figure specifiche che si occupano di econometria e modelli econometrici. Lo sforzo che stiamo facendo, però, è quello di andare oltre: perché oggi sta diventando fondamentale trasformare l’esperienza acquisita in capacità previsionale, passando dalla misurazione alla vera e propria previsione del ROI che sarà generato dalla campagna, dalla strategia o dalla pianificazione”. La scienza dei risultati Luca Cavalli (Zenith Italy) si dichiara perplesso


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rispetto alla domanda di maggior efficacia della comunicazione pubblicitaria: “L’efficacia dell’investimento pubblicitario è un argomento non nuovo, diciamo così – ricorda infatti –. Se ne parla fin dalla nascita dell’advertising. Conosciamo tutti la solita citazione del 50% degli investimenti sprecati e che bisognerebbe sapere quale… Ma basti pensare che già nel 1923 Claude Hopkins nel suo ‘Scientific Advertising’ diceva che la pubblicità aveva raggiunto lo status di scienza: totalmente misurabile e assolutamente compresa”. Cavalli non entra nel merito di quelle che sono le esperienze più o meno positive dei singoli operatori, ma giudica il fatto che buona parte del mercato valuti, o meglio rivaluti le proprie azioni e i propri investimenti un momento di riflessione sull’efficacia della comunicazione – e soprattutto della comunicazione digitale – assolutamente sano e normale. “Noi lo facciamo da sempre. Per noi che da sempre siamo l’agenzia del ROI non ci sono una strategia digitale e una strategia offline o analogica: per noi c’è soltanto la ‘buona’ strategia, che è quella che porta risultati e che permette di misurarli. Come dimostriamo ai clienti tutto questo è già implicito nella prima parte della risposta: misurando, misurando e misurando. Per spiegarmi meglio, misuriamo i risultati utilizzando i KPI più corretti e orientando le scelte di pianificazione sulla base di strategie chiare e data driven capaci di portare costantemente ai risultati richiesti. Ecco: la vera sfida e la grande opportunità di oggi è data dall’abbreviazione dei tempi e dalla grandissima velocità di reazione: perché non ho più bisogno di aspettare la conclusione di una campagna e non devo più aspettare una correlazione ai dati di vendita, ma ho la capacità di vedere i risultati della comunicazione e quindi il ritorno dell’investimento molto più nel breve”. In realtà, avverte Cavalli, in questa opportunità “C’è però anche un potenziale misunderstanding, che è anche il motivo da cui, secondo me, è

Luca Cavalli, Ceo Zenith Italy

partita questa rivisitazione e riflessione sull’efficacia. Questa grandissima possibilità di misurare, di agire e reagire in tempi sempre più rapidi, per non dire in tempo reale, non ha fatto altro che aumentare l’aspettativa di risultati nel breve, e anzi nell’immediato. Questo è andato a unirsi con un altro trend non nuovo che è l’accorciamento della ‘vision’ dal lungo al medio al breve al brevissimo – che conosciamo già da molti anni –, e oltretutto col fatto che misurare gli effetti dell’advertising di breve periodo è molto più facile rispetto a quelli di lungo periodo. I mezzi digitali, dalla loro comparsa quasi 20 anni fa sul mercato, sono stati interpretati fin dall’inizio come mezzi dalla grande capacità di conversione andando ad accelerare questa ossessione per il risultato a breve termine. In realtà, quindi, quando grandi clienti come Procter e come altri dicono di aver tolto 100 milioni di dollari di investimento worldwide dalla rete e di non aver visto cambiamente radicali sui risultati, si riferiscono

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a cambiamenti negativi nel breve. Ma mi viene spontaneo dire che non possiamo non interrogarci sugli effetti nel medio-lungo periodo. Secondo me, la lettura del digitale come strumento di conversione, di comunicazione orientata all’hard selling è limitante, perché non è l’unico mezzo che se spento per un breve periodo apparentemente non dà risultati. Se dovessi pensare a tutta la modellistica econometrica che ho fatto nella mia carriera, alla fine il 95% o 97% delle vendite teoricamente si fan da sé, e il restante 5% o 3% è influenzato dall’advertising. In realtà quello della comunicazione in generale, digitale o analogica che sia, anche nel medio e nel lungo ha un effetto estremamente importante che non si riflette sempre e solo direttamente sulle vendite ma soprattutto sul posizionamento di un brand, sulla sua capacità di sostenere un premium price. E solo quando una marca può proporsi con un prezzo diverso e superiore all concorrenza unbranded, può permettersi, all’occorrenza, di andare in promozione e stimolare le vendite attraverso quella leva”. Zenith, prosegue Cavalli, ha storicamente sviluppato una modellistica econometrica che è cresciuta e si è evoluta nel tempo: “La nuova frontiera è quella che chiamiamo della convergency analytics, che fondamentalmente è una modellistica 2.0 che mette insieme l’econometria e la misurazione più classica con nuovi modelli di integrazione: perché oggi i mezzi non sono più indipendenti fra di loro, non hanno più un rapporto ‘competitivo’ – cioè ognuno aggiunge un pezzo in termini di vendite, di brand awareness –, e in realtà l’effetto di ogni singolo mezzo va a ‘scaricarsi’ in parte sul prodotto e in parte proprio sugli altri mezzi. Detto in maniera molto pratica, parlando per esempio di Tv, parte dell’audience di uno spot sarà invogliata direttamente da quel prodotto fino ad acquistarlo, mentre un’altra parte di audience sarà invece stimolata a ricercare online maggiori informazioni su quello che ha visto in televisione

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iniziando da lì il suo customer journey. Ciò che facciamo noi è quindi ricerca, misurazione di tutte le nuove e diverse possibilità di comunicazione, sapendo però che la ricetta non può mai prescindere da una chiara definizione dei KPI corretti”. La misurazione dei risultati è da sempre uno degli elementi core dell’offerta di GroupM: “È una storia che parte da lontano e che negli anni si è evoluta in parallelo all’evoluzione del mondo della comunicazione e che ha contribuito anche a modificare il Dna stesso delle nostre agenzie – ricorda Norina Buscone (GroupM) –. Ormai da moltissimi anni il nostro lavoro non si ferma alla definizione ed implementazione della strategia di comunicazione ma ne misura gli effetti ed utilizza i risultati per sviluppare ed ottimizzare le strategie future. Misurare l’efficacia significa definire non solo il KPI che vogliamo misurare (sales o equity) ma anche il perimetro temporale. E rispondere ai diversi obiettivi ha significato per noi mettere in atto approcci diversi di misurazione, dai modelli econometrici a quelli di direct response, alle ricerche di brand continuative (BrandZ). Il tutto gestito da strutture dedicate che, all’interno delle agenzie, hanno sempre lavorato in modo integrato con i team client. Con il digitale l’attività di misurazione riceve un grande impulso in termini di dati e di capacità di tracciare i comportamenti di acquisto dei consumatori ma, per contro, ne rende più complesso il flusso. Non solo il funnel di acquisto è sempre meno lineare, ma anche per acquisti che si concretizzano poi sul web non è detto che l’ultimo media sia quello che ne ha generato la decisione, così come - viceversa - un acquisto che si concretizza off line non è detto che non sia stato generato da un’esposizione sul Web. E anche in questa era, caratterizzata come dicevano da un enorme disponibilità di dati, il percepito del brand, il valore che gli attribuiamo, continuano a giocare un ruolo estremamente rilevante nel processo di


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scelta, di cui dobbiamo sempre tenere conto. Questa nuova complessità richiede grandi cambiamenti nell’attività di misurazione. La gestione di una grande mole di dati provenienti da ambiti diversi rende indispensabile disporre di hardware e software che consentano la loro fruibilità immediata e cross canale. Richiede approcci che siano al contempo analitici ma integrati e che non tralascino nessuno degli indicatori rilevanti. Approcci che siano in grado di estrarre metriche che guidino le strategie future e che offrano ai nostri clienti, oltre agli insight anche dei confronti di benchmark. Per questo GroupM ha investito in questi anni nello sviluppo di piattaforme di data integration (MIRA – M Intelligence Reporting & Analytics) in grado di raccogliere i dati dei clienti e di organizzarli in modo che possano essere interrogati in logica integrata. Ha creato un team di Data & Insight, composto da oltre 40 data scientists e analysts, che lavora esclusivamente sulla misurazione e analisi dei risultati come base per le ottimizzazioni delle strategie future e che ha sviluppato modelli di misurazione proprietari sia nell’ambito dei modelli econometrici che di direct response e di attribuzione con un approccio che integra hard e soft data. Quest’attività supporta inoltre lo sviluppo di strumenti di benchmarking (database verso cui confrontare le performance delle singole misurazioni) che di tool di forecasting, quest’ultima attività imprescindibile per dare applicazione agli insight che emergono dalle analisi. In uno scenario che si presenta sempre più frammentato e dove alcuni player tendono a fornire la misurazione della ‘loro’ efficacia, quello che ci chiedono i clienti, perché per loro rilevante, è di avere una visione complessiva dell’efficacia della loro comunicazione e del valore espresso dalle singole leve. Sia questo nel misurare le vendite di breve che nel definire il valore apportato alla marca nel lungo periodo”.

Un labirinto di possibilità “La capacità di individuare la reale efficacia che le nuove possibilità del digitale offrono è un tema centrale per noi e per i nostri clienti – sostiene Marco Girelli (OMG) –. Per poterci muovere all’interno di questo labirinto di nuove possibilità abbiamo intrapreso un profondo percorso di revisione dei nostri processi interni, del nostro modo di approcciare i singoli brief del cliente e soprattutto abbiamo introdotto in agenzia i profili professionali ad alta specializzazione sui dati. Abbiamo potenziato tutta l’area dei dati (Crm, Dmp, Social e ascolto della rete…) in modo da poter accedere a tutte le risorse per profilare al meglio le persone, i loro comportamenti di consumo ed essere così in grado di restituire ai clienti non solo la conoscenza che deriva dai dati, ma anche le soluzioni per raggiungere i loro obiettivi di comunicazione e di business. Siamo soddisfatti del lavoro fatto finora ma non è finita, la tecnologia cambia in fretta, si evolve, i processi diventano sempre più veloci e avremo sempre più bisogno di profili e talenti in grado di generare valore dalla massa di informazioni che quotidianamente vengono raccolte. In Italia abbiamo ancora ampi spazi di crescita, è un momento molto importante e creativo per il mondo della comunicazione, e in questa nuova fase avere un ruolo consulenziale è necessario affinché la relazione agenzia/ cliente rimanga solida; in questo processo di cambiamento emergeranno via via anche le nuove competenze necessarie affinché questa trasformazione si completi”. Più scettica la posizione di Andrea Di Fonzo (Blue 449): “A essere sincero non credo che in realtà sia cambiato o stia cambiando un granché: la mia lettura del ‘caso’ Procter & Gamble è che si sia trattato di una grande operazione di visibilità del suo direttore marketing… Tutto ciò che hanno detto e fatto ha un valore reale limitato, perché la ricerca di efficacia e di efficienza degli investimenti è qualcosa che c’è sempre

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rare che attraverso quei modelli misuriamo continuativamente ogni singolo euro speso: è un’attività on going che riguarda tutti i tool e tutte le piattaforme, tutti i mezzi classici e nuovi, dalla Tv alla stampa, dal digitale ai social e agli influencer”.

Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy

stato, un falso problema. La dichiarazione di aver deciso di tagliare 100 milioni di investimenti nel digitale di per sé è irrilevante, ha un significato pari a zero: non potrebbe essere stata presa semplicemente perché investivano ‘male’? Tutti si sono stupiti di questo taglio, ma nessuno sembra essersi posto questa domanda. Un altro elemento che mi fa pensare a un’operazione, diciamo così, ‘di facciata’, è il fatto che 100 milioni di dollari sull’investimento complessivo globale di Procter & Gamble sono briciole. In altri termini, tanto rumore per nulla”. Che le aziende vogliano un ritorno dalla loro comunicazione è assolutamente normale, sacrosanto e giusto, prosegue Di Fonzo: “Ma non vedo alcun ‘allarme efficacia’. Posso parlare dei nostri clienti e delle nostre case history, in cui il digitale è costantemente in crescita e soprattutto il ROI di quella fetta di investimenti risulta dai nostri modelli econometrici sempre maggiore di quello della televisione e di altri mezzi. E posso assicu-

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Dalla quantità alla qualità “Il digitale, il web, Google, Facebook e tutto il resto si fondano proprio su questo assunto dell’efficacia della comunicazione – nota Alessandro Loro (IGPDecaux) –. Ma non ci dimentichiamo che già negli Anni ’80 il boom della pubblicità cominciò quando la televisione commerciale annunciò che non vendeva ‘spazi’ ma ‘vendite’. Nonostante ci fosse un po’ di mistificazione – perché il mezzo non controlla il contenuto creativo della comunicazione – sicuramente fu un importante cambio di prospettiva. L’attenzione al ROI è oggi diventata assolutamente preminente per un duplice motivo: da un lato perché la comunicazione è consumer-centrica, e secondo indagini che ho letto di recente chi mette il cliente al centro del proprio business cresce del 60% in più rispetto a chi non lo fa; dall’altro perché onestamente dopo anni di ‘ciarpame’ comunicativo in cui si è sicuramente esagerato, avendo a disposizione risorse limitate si comincia a fare molta più attenzione al risultato di come le si impiega. Non mi stupisce per niente, quindi, il progressivo dimagrimento dei budget da parte di colossi del FMCG: anzi, dopo che per anni si è stati convinti che la strada più funzionale fosse quella di martellare senza tregua le persone, lo leggo come un fattore positivo perché fa tornare la comunicazione sul giusto piano qualitativo anziché quantitativo. Cominciamo a trattare l’utente/consumatore da adulto, anziché da incapace, smettiamo di opprimerlo, e se a questo aggiungiamo una comuncazione ‘fatta bene’ i risultati non mancheranno”.


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“La grande fortuna del nostro mezzo – sottolinea Paolo Dosi (Clear Channel Italy) –, è che in questo momento la tecnologia gioca assolutamente a nostro favore: tra i chiari vantaggi, che forse dovremmo essere più bravi a comunicare, posso ricordare che la viewability dei nostri impianti è sempre al 100%, che non esiste adblocking così come non esiste il rischio di frodi, di click fatti da robot e tutto il resto. Ma non solo. La tecnologia ci supporta infatti sempre più anche nel poter misurare l’efficacia del mezzo Out Of Home: attraverso Moohbile, un nuovo prodotto lanciato quest’anno e sul quale abbiamo già sperimentato almeno 7-8 campagne, possiamo ricavare misurazioni chiare sull’efficacia delle campagne pianificate sui nostri impianti. Ed è solo il primo passo, perché ci stiamo attrezzando con nuove tecnologie che consentono di misurare il ‘drive to store’, cioè quante visite al negozio ha generato una campagna. Stiamo sperimentando quante ‘impression’ e quante opportunità di vedere i nostri impianti ci sono su ogni impianto, per ogni slot, utilizzando perciò quel linguaggio digitale che è indispensabile per essere compresi da chi opera o gestisce budget principalmente relativi al web. Abbiamo fatto delle scelte strategiche di investimento molto chiare, legate al fatto di essere in ambienti Premium o molto vicini a quello che è il momento del consumo, perché vogliamo spostare sempre di più il nostro mezzo da uno strumento che rafforza il brand a un mezzo che spinge alla call to action. Questo è la chiave del nostro investimento in ambito digitale, nei centri commerciali piuttosto che negli aeroporti o nei centri cittadini”. Secondo Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions), stiamo assistendo di fatto a due macro-trend: “Uno è quello che vede le aziende sempre più attente a quella che è la ‘conversione’ della loro comunica-

zione in consumi e in vendite. Ragion per cui c’è un’attenzione molto forte sull’efficacia dei mezzi che si vanno a selezionare. Sotto questo aspetto, occupandoci soprattutto di televisione, che è un mezzo che ‘funziona’, siamo ben posizionati. Dall’altra parte c’è però anche una forte richiesta di avere, contestualmente e sempre all’interno dello stesso mezzo, un impatto sulla brand equity. In altre parole, all’interno dei diversi mezzi c’è comunque la necessità di fare selezione per avere un ‘moltiplicatore’ del proprio messaggio pubblicitario legato alla chiarezza e alla brand equity del media che lo ospita. La nostra risposta a questa esigenza è nel nostro stesso Dna, nel senso che il nostro portfolio è composto da canali televisivi nativi digitali, che quindi sono già nati da una parte ottemperando all’esigenza di creare dei brand, e dall’altra di essere costruiti per dei target reattivi commercialmente – soprattutto per quel che riguarda la fascia 25-54 anni”. Secondo Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità) la scarsa brillantezza degli investimenti in Italia non sembra dipendere dall’allineamento al trend di ‘tagli’ determinato dalle scelte delle multinazionali: “Nonostante i buoni segnali macroeconomici – osserva infatti –, i punti chiave da cui deriva il calo degli investimenti da parte delle aziende sono però diversi. Innanzitutto bisogna considerare il fatto che in generale le aziende stanno investendo meno in pubblicità: i budget destinati all’adv classico sono utilizzati per realizzare operazioni mirate sulla GDO o per altre attività. In secondo luogo, la proliferazione di video su tutte le piattaforme e la cambiata modalità di fruizione mediatica differenziata tra i vari target ha determinato un ulteriore lieve decremento del numero di spettatori della Tv tradizionale. La sfida sarà trovare la modalità giusta per riuscire a comunicare al consumatore col giusto device, nel giusto momento

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e col giusto linguaggio. Bisogna presidiare i touchpoints dei consumatori ed essere presenti”. La risposta della concessionaria Rai a tali esigenze è stata “Offrire alle aziende una comunicazione più mirata possibile, in grado cioè di soddisfare gli obiettivi di marketing dei vari brand – specifica Piscopo –. L’utilizzo del target di consumo da questo punto di vista è stato estremamente utile e strategico al fine di ridurre la dispersione dei contatti e garantire maggior efficacia ed efficienza alle campagne. Per dimostrare la nostra capacità

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di generare ROI abbiamo deciso di abbandonare il vetusto target socio-demografico, non più in grado di rappresentare né i comportamenti dei consumi mediali, né quelli comportamentali e valoriali, né tantomeno quelli reali di prodotto. Cercando di spostarci sempre più nella selezione dei media e dei contenuti, usando il driver del ‘chi consuma cosa’, siamo riusciti a garantire alle aziende che ci hanno seguito su questa strada importanti ritorni in termini di efficacia sulle vendite”.


THE OPEN SOURCE MEDIA AGENCY

Operating at the intersaction of media, ideas, data and technology to deliver inventive, collective progress for our clients The four pillars of our startup culture OPEN, BRAVE, AGILE, POSITIVE

WWW.BLUE449.COM Milano; via Giosuè Borsi, 9 – 20143 Milano Phone: +39 02 75299.1

a Publicis Media Company

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Sic et simpliciter Semplificazione. Convergenza. Concentrazione. Consolidamento. Orizzontalità. Specializzazione… Sono queste le parole chiave e le buzzword con cui agenzie media e concessionarie solitamente descrivono le logiche e le strategie secondo cui hanno impostato la propria evoluzione in uno scenario sempre più complesso. Ma come le mettono in pratica, concretamente e giorno per giorno?

LA CORSA inarrestabile dei consumatori verso il consumo di video, la crescita frenetica del mobile e la pervaività dei social, lo sviluppo tecnologico con tutte le sue implicazioni in termini di automation, programmatic, big data: l’insieme di tutti questi fattori e trend, ormai ben delineati e in costante crescita, già da tempo spinge le holding della comunicazione e le loro agenzie a ristrutturarsi ed evolversi per fronteggiare nuovi e agguerritissimi competitor. Lo hanno fatto per esempio con merger o fusioni fra le proprie sigle, in altri casi riunendo risorse provenienti da tutte le proprie specializzazioni verticali fino a costruire business unit ‘orizzontali’ dedicate a singoli clienti, oppure ancora cercando quell’integrazione di cui si è parlato per anni ma che per altrettanti anni è stata scarsamente praticata. Processi che oggi paiono accelerati dalla concorrenza di ‘frenemies’ come Google, Amazon, Facebook e così via, ma anche dal possibile sbarco dei colossi della consulenza aziendale come Accenture, Deloitte, EY e altri ancora che sembrano avvicinarsi ogni giorno di più al settore della comunicazione. Un analogo processo di ristrutturazione è avvenuto o sta avvenendo all’interno dei grandi gruppi media e delle loro concessionarie, spinto in questo caso dalla necessità di contrastare non tanto e non solo uno o più 38

Andrea di Fonzo, Ceo Blue 449

concorrenti, ma soprattutto la disruption dei propri business model dovuta alla digitalizzazione dell’intero ecosistema della comunicazione. Vediamo insieme ai protagonisti del mercato quali sono le strade che ciascuno di loro ha scelto per esaudire, o meglio ancora anticipare, le richieste e le necessità dei clienti, prima


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fra tutte la semplificazione dell’intera catena del valore. Non è un ‘restyling’ “Publicis ha avviato già da un anno e più un processo di riorganizzazione in quattro Hub – testimonia Andrea Di Fonzo (Blue 449) –: Media, Communication, Sapient ed Health. In Italia ancora di più perché è uno dei tre paesi al mondo dove è stata creata una figura di Country Manager unico per l’intero Publicis Groupe. Inoltre, la logica su cui è strutturato l’intero Gruppo è quella del Client Leader, quindi un’unica figura di riferimento per ogni cliente a prescindere da quali siano le divisioni o le agenzie che possono essere coinvolte caso per caso. Abbiamo quindi già costruito dei team per ogni cliente in cui tutte le verticalità sono integrate. Se prima, cioè, poteva capitare di avere clienti in comune fra le varie agenzie del Gruppo in cui ogni agenzia aveva un suo leader sul cliente, oggi esiste un unico entry point, un unico responsabile che governa tutto. Su alcuni clienti, per esempio, sono stati costruiti team in cui persone del media, delle PR, dell’agenzia creativa e di quella digitale siedono assieme e lavorano assieme quotidianamente – non in occasione della riunione una volta a settimana. Ripeto: tutto questo non è sulla carta ma è già attivo e operativo. Su grandi marchi come L’Oreal, FCA, Heineken, Samsung, l’integrazione è totale ed effettiva”. Il Ceo dell’agenzia sottolinea inoltre come Publicis Groupe sia l’unico fra i grandi gruppi di comunicazione che possa vantare al suo interno, oltre alle capabilities media e creative, anche quelle consulenziali proprio grazie all’acquisizione di Sapient: “Convergenza e integrazione di tutte le capabilities sono quindi per noi la modalità di risposta al nuovo scenario già in essere”. Va ricordato che Blue 449 è in realtà una

delle sigle più ‘giovani’ del mercato, nata ufficialmente poco più di un anno fa proprio in seguito alla ristrutturazione di Publicis Media all’insegna di un posizionamento ‘open source’, fortemente orientato al digital e ‘nuovo’ fin dal suo Dna. A spiegare come il cambiamento a livello di holding trovi riscontro in un cambiamento altrettanto forte e interno all’agenzia è Luca Cavalli (Zenith Italy): “In uno scenario che si è fatto molto più complesso non c’è da stupirsi che il nostro mestiere si sia fatto altrettanto più complesso, perché sono cresciute esponenzialmente le difficoltà di ascolto, analisi e comprensione dei diversi fenomeni. Per questa ragione abbiamo radicalmente cambiato il nostro profilo di agenzia, sia dal punto di vista di ciò che facciamo sia da quello dei talenti che assumiamo: già qualche anno fa avevamo fatto un’analisi secondo cui nel giro di 10 anni siamo passati dall’avere 3 o 4 profili/ruoli sostanziali, ad averne almeno 25–30… Ma questo cambiamento non è una questione di puro ‘restyling’, non è marketing di noi stessi: è una necessità reale. E aggiungo, è stato anche un vero piacere, perché significa evoluzione del mercato e della professionalità e da un certo punto di vista è anche un’evoluzione del nostro ruolo di partner per i clienti”. Ovvio quindi, aggiunge Cavalli, che la formula vincente non sia riversare sul cliente questa complessità, ma di tenerla ‘in pancia’ e di tradurla in valore per il cliente: “Quello che deve arrivare al cliente è proprio questo valore, sotto forma di soluzioni ai suoi problemi di business – puntualizza –. Qualche anno fa, per esempio, quando l’analisi e la reportistica erano più semplici, è nata la moda per cui tutti ci siamo messi a produrre dashboard, che però da sole evidentemente non funzionano: certo, rappresentano una chiave importante di lettura e uno strumento fonda

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mentale di lavoro, ma al cliente non interessa quanto bella, elegante o affascinante sia una dashboard: ciò che gli interessa è il nostro contributo di partner che vanno a leggere ciò che c’è dentro la dashboard e glielo dicano semplicemente, in chiave operativa e strategica. Quindi sì, è vero che i clienti vogliono e chiedono semplicità, ma non è una semplicità tout-court o lineare, perché come sempre e da sempre succede sul mercato ci sono categorie e sotto-categorie che hanno esigenze diverse: a seconda del momento storico si può avere semplificazione e quindi riduzione degli interlocutori sulle aree più consolidate, ma ci sono poi delle aree in continuo sviluppo in cui in realtà l’intervento degli specialisti è ancora importante. Oggi le nostre persone, i nostri media, quando parlano di business con i clienti trattano tutto il perimetro delle nostre attività senza alcun tipo di problema, ma se e quando necessario si fanno poi aiutare e accompagnare dagli specialisti per le aree ad alto tasso di innovazione”. Il ‘villaggio’ globale Altro gruppo, altra esperienza, ma sempre in un’ottica olistica: “È ormai da diversi anni che a livello globale Havas Media Group si è mosso verso un’integrazione tra tutte le discipline della comunicazione – indica Stefano Spadini – secondo la filosofia dell’Havas Village: il modello organizzativo del Gruppo che integra divisioni, team e competenze, garantendo una fluida collaborazione interdisciplinare. La riorganizzazione in questo senso è stata possibile grazie alle dimensioni che ci rendono più agili e flessibili e, di conseguenza, più facilmente pronti a reagire ai cambiamenti e spesso ad anticipare le difficoltà che questi possono comportare, trasformando le complessità in opportunità. Le specializzazioni, parti integranti del Village, si avvalgono di professionisti il cui valore ag-

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giunto aumenta quando sono messi a sistema con tutto il resto”. “È un dato di fatto che il mondo media sia cambiato– rimarca Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer ed Executive Chairman [m]PLATFORM, GroupM Italy –: tecnologia e automazione continuano e continueranno a generare importanti cambiamenti all’interno della nostra industry, e di conseguenza le agenzie media si stanno trasformando a loro volta, per fronteggiare una serie di nuovi competitor che entrano in gioco, non più solo diretti ma anche appartenenti ad altri settori (player digitali, società di consulenza ecc.). Come di recente ha dichiarato Kelly Clark, Global Ceo di GroupM, è obiettivo di GroupM supportare la crescita del brand e la competitività dei nostri clienti, senza sovrapporci in alcun modo all’attività di Google, Facebook e Amazon, per citarne alcuni. È nostro compito, invece, quello di offrire una visione imparziale per garantire ai nostri clienti una comunicazione efficace, aiutandoli nello sviluppo del loro business. Ci stiamo impegnando a semplificare i processi organizzativi, seguendo logiche di orizzontalità che permettono non solo di rendere l’attività più agile, con team più trasversali e integrati. Il Gruppo si sta muovendo sempre di più in questa direzione e per questo motivo sono state anche nominate di recente figure – come Lindsay Pattison, Global Chief Transformation Officer GroupM – nate per facilitare l’implementazione e lo sviluppo della strategia di orizzontalità e garantire maggiore semplicità ed efficacia”. Tosoni ricorda come il digitale abbia ulteriormente spinto la trasformazione incrementando la mole di dati messi a disposizione dal consumatore, permettendo un controllo puntuale delle attività svolte e della rispettiva misurazione – e gli investimenti in acquisizioni si stanno focalizzando verso realtà e player


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tecnologici: “Questa è la specializzazione che sta coinvolgendo sempre più l’agenzia media, vista non più solo come puro planning e buying, ma come un vero e proprio consulente di comunicazione e gestore di dati, grazie alla padronanza e al know-how con cui è in grado di connettere marche ed audience, oltre alla nostra capacità di fare ricerca e consulenza per applicare insight alla comunicazione di un brand. Queste specificità rappresentano un plus che i player puramente tecnologici o le realtà più tradizionali del mondo consulenziale non offrono”. La forza dell’indipendenza “Mi sembra che in questo momento tutte le grandi holding stiano attraversando un periodo di forte sofferenza – sostiene Valentino Cagnetta (Media Italia) –: non potendo più contare sulla crescita organica, per il loro sviluppo si affidano ormai in massima parte all’acquisizione di strutture minori. Acquisizioni, fra l’altro, che in molti casi sanno un po’ di specchietto per le allodole perché non danno espandibilità o usabilità in modo trasversale. Ho letto alcuni dati provenienti dalla Gran Bretagna che fanno riflettere: secondo i dati Nielsen sugli investimenti UK, fra gennaio e settembre 2017 il business delle agenzie media indipendenti è cresciuto complessivamente di circa 140 milioni di sterline; nello stesso periodo, le holding hanno ‘perso’ circa 145 milioni di sterline. Il trend sembra essere identico anche negli Stati Uniti. Si tratta di un fenomeno evidente e particolarmente significativo: anche se, per ora, in Italia è del tutto marginale, spero e credo che questa tendenza non tarderà molto a diffondersi anche nel nostro mercato”. Questa premessa di Cagnetta è necessaria per comprendere che la scelta di Media Italia è racchiusa proprio nella parola indipendenza. “Cosa vuol dire indipendente? Fondamen-

Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer ed Executive Chairman [m]PLATFORM, GroupM Italy

talmente due cose. Prima di tutto che ogni cliente è trattato in modo completamente diverso da quanto succede nei grandi network: il livello di responsabilità del team di lavoro che si occupa della gestione del rapporto è infinitamente superiore. Perché spesso e volentieri quel cliente non è ‘eredità’ di un pitch internazionale, me lo sono andato a conquistare sul mercato, non l’ho ricevuto via mail da qualcuno che sta dall’altra parte dell’oceano. Sono stato scelto, non sono stato nominato: e questo fa sì che si crei un rapporto fra persone, fra agenzia e cliente, molto più forte, e quindi questo grado di responsabilità è totalizzante: se il cliente è contento e lavora con me è merito mio; se il cliente non lo è, la colpa è sempre mia”. E prosegue: “Il secondo elemento distintivo è quello degli obiettivi: un’agenzia indipen

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dente, che non è un’agenzia quotata, che non deve rispondere a investitori finanziari o a dei fondi, non ha obblighi di risultato di breve periodo. Il suo orizzonte temporale è il medio, medio-lungo periodo. Questo vuol dire che io non forzerò mai un mio cliente in una certa direzione, non lo devo spremere come un’arancia ma lo devo coccolare in modo che rimanga con me e con l’agenzia il più a lungo possibile. Molti clienti, alla domanda sul perché abbiano scelto un’agenzia indipendente anziché un network, rispondono proprio citando un livello di commitment infinitamente superiore”. La Tv non è poi così ‘semplice’ Passando dal lato del ‘buying’ a quello delle ‘sales’, è interessante come due concessionarie televisive leggano in modo differente il tema della semplificazione, che per la prima è un obiettivo strategico per la propria struttura interna, e per la seconda una mera illusione se la si legge in chiave di pianificazione del mezzo. “Semplificazione e specializzazione sono sicuramente fra le keyword in discussione quelle che maggiormente si avvicinano al nostro attuale orientamento strategico – riflette Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità) –. Tutto parte dalla qualità outstanding della programmazione RAI, sempre accessibile e disponibile su tutte le piattaforme, unita alla volontà di mettere al centro del nostro progetto l’utente consumatore attraverso una esperienza personale, distintiva e appagante sulle property di Gruppo. La semplificazione del modello permette una miglior focalizzazione della strategia grazie alla definizione di obiettivi precisi, che nel nostro caso si traducono nella creazione di un prodotto di qualità, sempre disponibile per il nostro pubblico e in una esperienza pubblicitaria outstanding per i nostri inserzionisti. Le parole chiave di questo

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processo sono dunque ancora una volta qualità dei contenuti, rispetto del consumatore, ottimizzazione della user experience, basso affollamento pubblicitario e KPI di comunicazione migliori rispetto alla media del marcato. Il nostro plus è la possibilità di coniugare l’intimità dell’offline con l’immediatezza dell’online, creando una sintesi tra branding e perfomance capace di coinvolgere il consumatore attraverso una relazione forte e duratura, fondata su emozioni e valori positivi”. Timori per la concorrenza? “L’affermazione di player come Amazon e Netflix, l’evoluzione del modello di aziende come Google e Facebook, il sempre più labile confine tra chi produce il contenuto e l’ambito di fruizione dello stesso – risponde Piscopo –, stanno ridisegnando l’arena competitiva sovrapponendo ruoli tradizionalmente distinti come quelli di content creator e di content distributor. In uno scenario così complesso e in forte divenire, la valorizzazione della propria tradizione editoriale e di servizio pubblico, unita alla relazione con il proprio pubblico, rappresentano un asset distintivo e fondamentale”. Diversa l’interpretazione che dà Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions) all’idea di semplificazione: “Sinceramente, nel contesto attuale, non credo che questo desiderio di semplificazione sia realizzabile o possibile fino in fondo – spiega infatti –: certo, la semplicità è un desiderio diffuso, ma parlando nel nostro caso di televisione mi sembra azzardato pensare di riuscire a semplificare più di tanto. Pianificare la Tv oggi è molto più difficile che in passato: una volta bastavano una o al massimo due concessionarie per raggiungere il 90% del proprio target di riferimento. Oggi che il target televisivo è disseminato fra tanti canali con caratteristiche e peculiarità tutte molto differenti, è importante conoscere molto bene tutte queste nuove realtà, conoscere i loro


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target, conoscere le modalità di consumo di questi nuovi mezzi e di conseguenza andare poi a mirare specificatamente. In questo senso, perciò, chi cerca la semplificazione della comunicazione Tv rischia di non fare un buon lavoro e di inseguire una chimera. Per quanto riguarda gli altri mezzi, e cito soprattutto il web, stiamo assistendo a un tentativo di semplificare attraverso gli algoritmi, che talvolta sì, aiutano a rendere la vita più facile: ma anche in questo caso ci si sta accorgendo che gli algoritmi non sono sufficienti e che non bastano soprattutto nei casi di aziende che non hanno budget pressoché illimitati. E riprendendo quanto detto in precedenza, si torna a parlare della necessità di essere efficaci”. Cambiare è una necessità “IGPDecaux sta evolvendo in una direzione sempre più consulenziale e lavorando su più livelli – racconta Alessandro Loro –. Il primo è quello della crescente attenzione ai contenuti che nasce dall’evoluzione del nostro mezzo. Ricordo che storicamente l’Esterna è diventata ‘grande’ grazie alla qualità dei suoi annunci e proprio noi italiani, abbiamo insegnato al mondo – insieme ai francesi – come andava fatta. Oggi anche l’Out Of Home deve però adeguarsi alla regola degli ‘Attention Merchants’ (titolo di un famoso saggio di Tim Wu dello scorso anno): se vuoi vendere attenzione devi prima produrla, come per qualsiasi altro prodotto. Questo vuol dire cominciare a pensare a costruire dei veri palinsesti per l’Esterna, a ‘editorializzare’ il mezzo”. Il secondo elemento di cui parla Loro è uno ‘smart program’ che rientra nella sfera della ‘semplificazione’, pur dando ai clienti un livello di servizio altamente sofisticato: “Si tratta di un grande progetto che stiamo proponendo al mercato grazie ai tool presentati

Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline

nel primo semestre 2017 – Smart Bricks e Smart Content. E poi il lavoro sul fronte della live communication con la divisione Live che rappresenta una vera e propria inversione del business model tradizionale: nell’Outdoor classico prima si acquisisce la concessione di uno spazio, in gran parte dei casi in esclusiva e a fronte di un minimo garantito al proprietario di quello spazio, e poi si cercano i clienti cui venderlo; con Live invece si parte dal cliente e solo poi, insieme a lui, andiamo a cercare o a costruire il modo e il luogo per soddisfare le sue esigenze, partecipando a una gara sapendo già a chi sarà destinato lo spazio”. La conclusione di Loro è che “Cambiare ed evolversi è una necessità per tutti, ma oggi occorre farlo sempre più rapidamente e focalizzarsi su questa accelerazione, perché se sei più lento della concorrenza resti indietro e sei spacciato”. In tema di concorrenza, Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline, nota che

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“Google e Facebook, oltre che competitor, sono per Italiaonline importanti alleati. IOL è premium partner di Google, in particolare sul mondo delle PMI, dove Italiaonline può offrire una sensibilità e conoscenza del territorio che nessun altro ha, potendo quindi fornire un’attività di consulenza capillare e approfondita”. E spiega: “La strada che abbiamo intrapreso nei mesi scorsi non poteva che essere un mix di tutte le parole chiave suggerite all’inizio: è necessario focalizzarsi e specializzarsi sulle proprie aree di maggior competenza e parallelamente allargare l’offerta. Nel caso specifico di Italiaonline, per esempio, abbiamo contemporaneamente acquisito la concessione di nuovi importanti siti, sviluppato internamente nuove soluzioni di programmatic e allargato l’offerta con un team dedicato a progetti di comunicazione integrata. L’obiettivo è offrire ai clienti nuovi servizi, anche non direttamente collegati all’area media”. La consulenza non fa paura Come accennato all’inizio di questo capitolo, all’orizzonte si vede qualche nube minacciosa e foriera di ulteriori pericoli concorrenziali per il mondo delle agenzie media e non solo. Quale opinione si sono fatti i nostri intervistati della ‘discesa in campo’ dei colossi della consulenza e del loro ingresso nell’arena della marketing communication? Come pensano di poter o dover reagire alla loro presenza? “Il trend non è chiaro e mi sembra che in questo momento ci sia una grandissima fluidità – osserva Paolo Dosi (Clear Channel) –. Accenture sta investendo in modo pesantissimo sui big data, sugli analytics e non solo: potrebbe essere, per assurdo, proprio una realtà di questo genere ad acquisire un gruppo come WPP o, a maggior ragione, un gruppo come Clear Channel – proprio in virtù del fatto che sempre di più il Digital Outdoor è un mezzo che può essere valorizzato da un

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punto di vista tecnologico. Sicuramente l’aspetto dei dati è diventato fondamentale: se fino a qualche anno fa se ne parlava e basta, adesso in concreto non si fa tanto di più ma è diventato chiaro che chi avrà la capacità di aggregare enormi database (quelli delle telco, piuttosto che quelli di Google, Amazon o Facebook), di analizzare miliardi di informazioni in tempo reale e soprattutto di rendere semplice l’interpretazione di tutti questi dati sarà in grado di rispondere alle esigenze delle aziende. Riprendendo il tema dell’efficacia, tutto questo lavoro sui big data non sarà solo sul targeting ma renderà più semplice e permetterà di misurare e portare a sintesi anche i risultati della comunicazione”. Quando si pensa alle società di consulenza, continua Dosi, si è abituati a pensare che si rivolgano a una certa fascia di aziende con un certo tipo di servizi: “La realtà è che stanno entrando abbastanza pesantemente nel settore del marketing e della comunicazione, svolgendo un ruolo attivo e acquisendo realtà importanti. Questo le porterà chiaramente in diretta competizione con le agenzie media, per le quali, in questo momento, l’unico modo di differenziarsi concretamente è proprio quello di riuscire a convincere i clienti, che sanno capire meglio e valorizzare, come andare a colpire il target nel modo più efficace. E questo attraverso un media mix che ovviamente è da reinventare, perché la televisione a certi GRP’s non è più in grado di arrivare. Sul fronte opposto, del resto, le televisioni o comunque i grandi gruppi editoriali – vedi Mediaset, RAI, Cairo – hanno risposto creando offerte bundle e crossmediali composte da televisione, internet, radio, stampa… Resta fuori l’Out Of Home che da questo trend risulta abbastanza penalizzato: il nostro coinvolgimento nei brief è scarso, e infatti siamo chiamati solitamente dagli specialist delle agenzie media solo a valle dello studio


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strategico del media mix. Ecco perché noi stiamo rispondendo con una spinta strategica verso il mondo del web, valorizzando attraverso la tecnologia e il linguaggio digitale i nostri impianti sia digital che tradizionali”. “Di barriere all’ingresso delle società di consulenza nel mondo della comunicazione non ne vedo – commenta Valentino Cagnetta – se non quelle degli investimenti comunque ragguardevoli necessari. E distinguerei il piano finanziario da quello operativo. Accenture o Deloitte si potrebbero forse anche permettere di comprare WPP o un’altra holding, ma sarebbe solo un passaggio di proprietà che interessa Wall Street o la Borsa di Londra: il controllo del gruppo passerebbe da una società A a una società B, ma prima che qualcuno ai piani di sotto se ne accorga operativamente passerebbero mesi se non anni. In secondo luogo nascerebbe un colossale problema di conflitto d’interessi: già ci si lamenta del mondo iperconcentrato a livello di holding della comunicazione, nel momento in cui queste holding passassero a un ulteriore livello di concentrazione diventerebbero contemporaneamente consulenti aziendali, revisori, consulenti di marketing e pure revisori di se stessi! Aggiungo infine che non sono nella testa di Accenture, ma che se lo fossi e decidessi di muovermi nella direzione della consulenza di marketing il primo passo che farei sarebbe quello di acquisire piuttosto un’agenzia indipendente, e un’agenzia ‘importante’. Una sigla, quattro mura e una manciata di tecnologia, sono tutte cose facilissimamente replicabili: quello che non si può ‘copiare’ è invece il know how e la specificità delle agenzie – che siano agenzie media o agenzie creative – perché questo risiede nella testa delle persone. “In un mercato così complesso e ricco di

opportunità – conclude Stefano Spadini –, non è difficile capire l’interesse che le società di consulenza stanno mostrando verso le agenzie di comunicazione. Tuttavia bisogna considerare la profonda diversità di mindset tra le due realtà: le prime sono indubbiamente capaci nella gestione del dato e sono interessate alle seconde per la quantità di dati a cui hanno accesso e, soprattutto, alle professionalità di cui dispongono; dall’altra parte le agenzie di comunicazione hanno una conoscenza del mercato, una sensibilità sul consumatore e sul brand e sulle dinamiche che legano loro, unita alla flessibilità nei processi di gestione, che non appartiene al Dna delle società di consulenza. Detto ciò, l’ingresso dei giganti della consulenza nel mondo delle holding della comunicazione, spingerà le agenzie a ripensare ai servizi offerti, ad alcuni cambi di leadership, oltre alla continua ricerca di talenti che ci permettano di confrontarci con questo nuovo scenario. Concludendo, la diversità di approccio e di Dna delle due realtà, rende difficile pensare a un assorbimento da parte delle une verso le altre, mentre può lasciare spazio a delle collaborazioni”.

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The future: now? Nel percorso verso la piena Digital Transormation di tutte le attività pubblicitarie, e non solo di quelle più strettamente connesse alla compravendita di spazi, il programmatic adv è stata una tappa fondamentale: oggi però, mentre alcuni mezzi già parlano di Intelligenza Artificiale,molti altri devono ancora implementare i ‘basics’ dell’automation e della comunicazione data driven

SI PARLA spesso dei processi legati alla Digital Trasformation come del vero motore dei cambiamenti dello scenario complessivo. Nell’ambito dell’adv, però, si prende quasi sempre in considerazione il lato aziendale, quello dei clienti, cioè, che in un certo senso dovrebbero ancora essere ‘educati’ o ‘guidati’ sulla via del digitale. In questa occasione abbiamo provato a ribaltare la prospettiva, cercando di verificare a che punto sia piuttosto lo stato di avanzamento della trasformazione ‘full digital’ di agenzie e concessionarie. Lo sviluppo del Programmatic e dell’Automation per rendere più efficienti i processi di selling e buying è certamente una parte importante di questo processo: tutto oggi parte dai dati, generatori di insight, di target e di ottimizzazione. Per poi ricominciare un circolo almeno teoricamente sempre più virtuoso. Ma in prospettiva la tecnologia digitale potrà e in un certo senso dovrà fare di più: che cosa può dunque attendersi l’industria della comunicazione dall’implementazione di quelle che oggi in realtà appaiono ancora cose piuttosto lontane come i modelli e i tool basati sull’Intelligenza Artificiale o sul Machine Learning? A che punto è l’adozione di questi strumenti? Come è ipotizzabile si sviluppino ulteriormente e per quale tipo di progetti saranno più indicati? Insomma, proviamo a fare un piccolo salto nel 46

Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità

più che prossimo futuro, partendo, in questo caso, dalla voce delle concessionarie. La sinergia fra high tech e human touch Ad aprire il dibattito è Fabrizio Piscopo (Rai Pubblicità): “L’Italia, soprattutto negli ultimi 5 anni, ha vissuto una forte accelerazione sotto


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questo profilo – osserva –. Obiettivo comune di chi acquista e di chi vende advertising è quello di rendere più efficiente il processo di compravendita di spazi pubblicitari ottimizzandone il ritorno e il rendimento. Sostanzialmente il media in questi anni sta affrontando la stessa rivoluzione che in passato ha riguardato altri settori come quello finanziario o dei trasporti. A differenza di altri mercati più propriamente tradizionali, il digital media sta vivendo una fase di cambiamento che sta ridisegnando ruoli e bisogni di chi acquista e vende advertising. La nascita di nuove esigenze da parte dei clienti presuppone la predisposizione di nuove risposte da parte delle concessionarie, che devono essere in grado di abbracciare il cambiamento preservando allo stesso tempo i propri valori distintivi”. Secondo Piscopo, “Velocità, efficienza, capacità di elaborazione di grandi moli di dati, ampliamento dello spettro decisionale e tempestività di azione. Questi potrebbero essere i principali benefici a supporto dei manager e dei team alla guida di questo momento di cambiamento. Ma componente tecnologica e ‘human touch’ devono essere intesi e vissuti come complementari e sinergici”. Per chi è ‘digital native’, come nel caso di Italiaonline, “Lo sviluppo del programmatic advertising e dell’automazione è una priorità – commenta Massimo Crotti –. Attualmente tutti i nostri prodotti sono acquistabili in programmatic: non soltanto quelli standard, ma anche i formati più evoluti come le login page oppure i prodotti in domination”. La strada è già segnata da tempo, occorre però proseguire spediti e senza fermarsi. Come? “Puntando sul continuo sviluppo di nuove soluzioni che ottimizzino le campagne – risponde Crotti –: l’header bidding è solo l’ultimo, ma importante esempio. Poter vendere l’inventario non a blocchi di milioni di impression, ma valutando e vendendo ogni singola impression per il

proprio valore, è un vantaggio non indifferente”. Impariamo a ‘sbagliare’ Per chi nasce nell’area ‘classica’ e sta solo oggi imboccando con decisione la via del digital, come nel caso dell’Out Of Home, le difficoltà sono maggiori. “Da quando mi occupo di innovazione – dichiara infatti Alessandro Loro (IGPDecaux) – ho capito che non è possibile e anzi è controproducente lanciare in continuazione operazioni innovative quando non si è ancora pronti, per una questione direi quasi biologica: la ‘pancia’ rifiuta il cibo nuovo o non lo digerisce… La Digital Transformation deve iniziare da un processo di formazione che parta dall’alto, dalla testa. E il primo passo da fare è acquisire una ‘cultura dell’errore’: si sbaglia quando non si sbaglia mai, esattamente come solo chi sta fermo non cade mai. A questo processo culturale seguirà poi il necessario impratichimento con le nuove tecnologie e i nuovi tool”. Non si deve partire dalla tecnologia in sé e per sé, precisa Loro, ma dall’uso che s’intende farne: “Gli strumenti a disposizione sono talmente tanti, e sono già talmente potenti, che ancora non abbiamo imparato ad adoperarli che in minima percentuale! Prendiamo il mondo Out Of Home, dove gli schermi digitali stanno gradualmente e progressivamente sostituendo gli impianti cartacei, mentre la filiera produttiva non è ancora pronta: i nostri schermi sono verticali e senza audio, perciò la gran parte dei video che ci arrivano – fatti per la Tv o per il Web, che sono due cose totalmente diverse – è assolutamente inadatta. Abbiamo delle macchine meravigliose ma ancora dobbiamo spiegare come usarle, e ricordare che una persona che passa davanti a una pensilina non è lì per sentirsi raccontare una ‘storia’. Tutto ciò premesso, nel Digital OOH, l’Intelligenza Artificiale è già presente: non all’interno di ogni singolo impianto (che si comporta come il terminale di antica memoria) ma nell’intero sistema (nel mio esempio il mainframe). Grazie al software e

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Alessandro Loro, Responsabile della Direzione Innovazione e Comunicazione di IGPDecaux

a questa intelligenza ‘distribuita’, i nostri ‘Smart Tool’ – Smart Bricks e Smart Content – sono in grado di dire all’impianto per esempio che tipo di persona gli sta passando davanti e quali sono le condizioni esterne, che traffico c’è e che tempo fa… E man mano sarà l’impianto stesso ad acquisire sempre più informazioni e un’intelligenza autonoma”. Come dice Loro, il mezzo si sta avvicinando a grandi passi al programmatic, ma per avviare il suo pieno sviluppo ha bisogno di fissare i ‘paletti’ che consentano all’intero sistema di poter funzionare.Per questa ragione è stato aperto un Tavolo di Lavoro IAB che riunisce tutti i principali concessionari, i rappresentanti dei clienti e dei centri media: “Clear Channel è stata fra i promotori di questo Tavolo – spiega Paolo Dosi –, che è al lavoro per definire gli standard nell’ambito del Digital OOH. La prima bozza del nostro

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documento è stata vista da IAB USA, che ha dimostrato un forte interesse: stiamo cercando perciò di definire un unico documento, validato anche da loro, che una volta definiti gli standard consenta la creazione di piattaforme e di meccanismi tali per cui la vendita automatizzata diventi un’effettiva realtà. Per questo ci stiamo preparando al momento in cui non sarà più il venditore a negoziare o cercare di convincere il cliente della bontà del prodotto: per farlo dovremo valorizzare al meglio la nostra inventory, inserendo nel database tutte le informazioni e le caratteristiche relative a ogni singolo impianto, quali target va a intercettare e in che momenti, e questi target in che modalità possono essere raggiunti e ingaggiati da determinate tipologie di brand”. Contemporaneamente, avverte Dosi, bisognerà imparare ad analizzare e a ‘semplificare’ la massa di dati che si potranno raccogliere su ogni singolo impianto, sia di carattere statistico sia in tempo reale. Ma con una precisazione: “Rispetto al web, infatti, l’automation del nostro settore non sarà mai in real time, perché noi i contenuti di ogni singolo prodotto li dobbiamo approvare prima. Questo è un aspetto importante con anche i suoi risvolti positivi: in altri termini, una marca non correrà il rischio di associare il suo messaggio pubblicitario a un contenuto semanticamente sbagliato o indesiderato – un esempio estremo e di fantasia: una compagnia aerea la cui pubblicità appare in una pagina del sito di Repubblica che parla del ‘volo’ di una persona dal quarto piano… In ogni caso, è un dato di fatto che nel Digital OOH l’automazione degli acquisti rappresenti un salto quantico ma sia ormai molto vicina, e credo che già entro la fine di quest’anno saremo in grado di erogare le prime campagne in questa modalità”. Tv: non è ancora il momento Come l’Outdoor, un altro mezzo che sta lenta-


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mente ma altrettanto inesorabilmente muovendosi in direzione del programmatic è quello televisivo, la cui scalabilità delle soluzioni più avanzate è però ancora ridotta ai minimi termini: “Siamo molto attenti a quella che potrebbe essere o diventare una Addressable Tv – afferma Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions) –, che però come sappiamo non è ancora, al momento, concretamente realizzata o realizzabile. Quanto meno, tutti i tentativi fatti finora sono stati diciamo così molto ‘basic’. Per quanto riguarda il mondo digital, da una parte sicuramente ci sono alcune proposte e alcuni algoritmi molto efficaci proprio perché riescono veramente a convertire gli investimenti pubblicitari in azioni commerciali; dall’altra, però, crediamo anche che non siano compatibili con quella che invece è la creazione di una brand equity importante, risultando perciò, da soli, assolutamente insufficienti. Va benissimo tenerli in considerazione – anche loro, certamente, stanno evolvendo in modo positivo da questo punto di vista –, per contro c’è e ci sarà sempre una parte che non può e non potrà essere gestita – almeno questa è la nostra visione – dall’intelligenza artificiale”. Pensare al programmatic, ribadisce Romano, “Per noi vuol dire fare la massima attenzione agli sviluppi internazionali e non solo italiani di quella che è l’Addressable Tv, che è ovviamente una grande opportunità per i clienti e anche per noi: ma in questo momento resta un ambito di osservazione e di studio perché mancano i presupposti soprattutto infrastrutturali per la messa a punto di un sistema che dia effettivamente e concretamente un vantaggio ai nostri utenti pubblicitari”. Un universo iper-frammentato L’auspicio di Marco Girelli (OMG), è che il mondo delle concessionarie e dei media inizi a muoversi più rapidamente. “Le agenzie – dice Girelli – non devono dimenticare che quando

si parla di digital ci si riferisce a un universo estremamente ricco e variegato: display, content, social network, mobile... Mi riferisco anche a una serie di processi e di modalità per indirizzare la comunicazione tenendo conto del comportamento e degli interessi degli individui e non più dei parametri tradizionali ormai superati, come sesso, età, scolarizzazione etc. Questa è la vera chiave della digitalizzazione. E la modalità di acquisto in programmatico andrà a influenzare la pianificazione di tutti i media: dai manifesti pubblicitari alla radio fino alla televisione”. Ma, aggiunge, “In questo momento c’è uno stridente contrasto tra il mondo della raccolta pubblicitaria, che ragiona ancora con logiche spesso analogiche, e il mondo dei media e più in generale della comunicazione, che invece è sempre più rapido e multipiattaforma. Questo crea una forte limitazione tra la necessità di operare in real time da una parte, e un sistema di distribuzione del messaggio che richiede tempi sempre più distanti dal mondo attuale dall’altra. In questo divario abbiamo ancora la maggioranza degli investimenti televisivi che sono assorbiti dalle grandi Tv generaliste, ma è uno scenario destinato a cambiare a vantaggio di chi per primo si doterà delle tecnologie più efficaci per poter profilare al meglio il pubblico e offrire messaggi mirati e perfettamente in linea con i gusti e le aspettative delle persone”. “La rapidità con cui le tecnologie si diffondono e la loro pervasività nella vita quotidiana sono due tra gli elementi che definiscono il tempo che stiamo vivendo – concorda Fides Tosoni (GroupM) –. Questo ha un impatto enorme sulla comunicazione che cambia e diventa più veloce, bidirezionale e personalizzata in funzione del target. In questo mutato contesto, l’applicazione delle nuove pratiche abilitate dalle nuove tecnologie nel modo in cui le aziende comunicano diventa sempre più rilevante e centrale per il successo competitivo delle imprese, in quanto permette di avere un forte impatto sul posiziona

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mento del brand, sulla brand reputation e brand identity, elementi vitali per i conti economici delle imprese. Quindi elemento abilitante di questo (nuovo) ruolo strategico della comunicazione è la tecnologia, che diventa un vero e proprio strumento per conoscere meglio i consumatori, i loro bisogni latenti e i loro processi decisionali, consentendo alle imprese di fornire loro contenuti personalizzati e rilevanti. Chi metterà al centro delle proprie strategie di comunicazione le nuove tecnologie risulterà vincente”. Tra le tecnologie che maggiormente influenzeranno il mondo della comunicazione, spiega Tosoni, l’Intelligenza Artificiale occupa un ruolo indubbiamente centrale. “Una delle sue maggiori declinazioni ed evoluzioni chiave è il Machine Learning, una tecnologia che abilita i computer nelle attività di apprendimento senza necessariamente programmarli per questa funzione. Per questo motivo, il Machine Learning ha occupato e occupa un ruolo sempre più centrale nell’offerta di GroupM in tutti gli ambiti della comunicazione digitale, e in particolare a partire dall’offerta programmatic e biddable. In ambito programmatic, per esempio, i data scientist di Xaxis utilizzano il Machine Learning per organizzare l’immenso quantitativo di dati a nostra disposizione per determinare quali siano rilevanti, per quali specifici clienti e quali specifici obiettivi di campagna, a partire dal macro obiettivo di comunicazione. Inoltre, Xaxis utilizza Co-Pilot, una tecnologia di Machine Learning proprietaria che ottimizza le campagne producendo importanti miglioramenti, anche superiori al 30%, su tutti i KPI di comunicazione. In ambito biddable, sempre quest’anno, GroupM ha utilizzato il Machine Learning per offrire ai suoi clienti un prodotto che automatizza l’ottimizzazione delle campagne di Search, secondo tutti i KPI sia di performance che di branding, andando a modificare le offerte di tutte le keyword in campagna 4 volte in un’ora, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per 365 giorni all’anno. Grazie all’ utilizzo di questo

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prodotto, GroupM è in grado di offrire ai clienti delle sue agenzie risultati straordinari, arrivando a ridurre i costi di acquisizione di più del 30% e migliorando l’impression share di oltre il 15%”. “Mi piace ricordare, infine, che all’intelligenza artificiale ma anche, e soprattutto, a quella umana, Mindshare ha recentemente dedicato Huddle – chiosa Tosoni –, l’incontro annuale dedicato ad analizzare i temi ‘caldi’ della nostra industry (e non solo)”. Anche Stefano Spadini riprende questo aspetto: “Innanzitutto mi piacerebbe capire se abbiamo finito di scoprire come utilizzare l’intelligenza umana e vedere quanto ancora di interessante c’è, prima di indagare quella artificiale… – scherza il Ceo di Havas Media Group –. In passato erano le dimensioni a stabilire quanto fosse in salute un’agenzia; ora gli asset sono tecnologia, dati e contenuti, dove l’elemento imprescindibile di congiunzione sono i talenti. La capacità dei professionisti, infatti, rimane fondamentale qualsiasi sia la piattaforma”. Spadini ricorda che a giugno 2016 Havas ha lanciato Adcity, un network globale cross-channel e data driven per geolocal solution, presente in 35 uffici, compresa l’Italia. “Il network si fonda principalmente su tre driver: dati & tecnologia, approccio multi-device ed esperienze interattive. Attraverso questo approccio, Adcity, con il supporto di Ad Solution – piattaforma tecnologica esclusiva che integra i dati media, residenziali e quelli di mobilità – è in grado di delineare il profilo del target di riferimento con relative abitudini e consumi. Ma anche qui, dietro a questa incredibile piattaforma ci sono i talenti, in grado di leggere i dati, gestirli e metterli a sistema con l’intera strategia. Un altro esempio di come ci stiamo muovendo in questo ambito è l’arricchimento di figure professionali che sappiano sviluppare e gestire le piattaforme tecnologiche: qualche mese fa, ad esempio, abbiamo inserito in organico la figura di un Head of Technology”.


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Il valore nasce dai dati Sia Andrea Di Fonzo (Blue 449) che Luca Cavalli (Zenith Italy), parlano di metodi e strumenti di lavoro up & running e ormai consolidati: “Gli strumenti, le informazioni e le scelte di target oggi partono tutte dai dati – afferma Di Fonzo –, e le persone usano i dati in modo del tutto naturale senza il bisogno di chiedere all’esperto o allo specialista come si deve fare una campagna in programmatic. Ciò vuol dire che non ci sono sostanzialmente più persone – perché dietro le tecnologie ciò che conta è che continuano a esserci persone – ‘divise’ fra specialisti del programmatic, del digital, della search e via dicendo. Non ci sono più differenziazioni e ruoli distinti ma c’è una figura unica che è quella del Campaign Manager. Fare uno ‘spezzatino’ del budget del cliente era un’anomalia del passato che ormai non ha più alcun senso. Poi pian piano si producono anche strumenti più evoluti di marketing automation, di gestione più smart della relazione con il cliente: si tratta però di una trasformazione o, per meglio dire, di un’evoluzione ordinaria, che richiede tempo e della quale quasi non ci si accorge, come quando si impara a stare in piedi e a camminare”. “Tutto parte dal valore che viene consegnato al cliente – commenta Cavalli –, nel senso che qualsiasi etichetta si utilizzi per il lancio di una nuova innovazione sul mercato nell’ambito del programmatic – usiamo tutti gli acronimi o definizioni che vogliamo: DMP, DSP, piuttosto che Intelligenza Artificiale, Intelligenza Aumentata, Machine Learning o qualsiasi altra… – può essere un buon veicolo di marketing, ma in realtà dura nell’interesse dei clienti meno di una stagione. Noi siamo stati pionieri sul discorso dell’intelligenza artificiale: il nostro primo progetto in questo ambito è stato nel 2016, a Londra per il cliente Aviva, e da lì siamo partiti e abbiamo progressivamente utilizzato l’intelligenza artificiale in buona parte delle nostre campagne. Però come racconto cattura interesse e affascina, ma

solo nel breve periodo. Perché immediatamente dopo i clienti lo vogliono provare, si possono rendere conto immediatamente se funziona o no, e non gli interessa più come lo chiami ma gli interessa soltanto una cosa: il valore che gli porti. Quindi, la sfida per noi è continuare a investire in capacità di produzione di valore”. Publicis Groupe ha annunciato lo scorso giugno l’intenzione di sviluppare ‘Marcel’ un tool basato sull’intelligenza artificiale e destinato a rendere più smart e più efficienti i processi di lavoro dei suoi 80.000 dipendenti, in qualsiasi settore lavorino: creatività, media, digital, RP ecc… Di cosa si tratta esattamente, chiediamo a Cavalli? “La premessa è che, come quando vai a comprare il pane non compri il forno, noi ai clienti non vendiamo strumenti ma risultati – risponde il Ceo di Zenith –: Marcel è uno strumento dal potenziale incredibile a disposizione di chi lo utilizza, cioè tutti noi, che ci è piaciuto raccontare al mercato per far vedere quanto siamo attenti a cercare di innovare, a essere rapidi a far nostre le nuove tecnologie, ma è un’idea che alla fine il cliente valuterà semplicemente per il valore che porta. Marcel, in fondo, è semplicemente uno strumento straordinario di condivisione di idee che ci permetterà di migliorare la qualità di ciò che pensiamo per i nostri clienti, abbassando contemporaneamente il tempo in cui lo pensiamo: in termini ancora più semplici, un tool per offrire ai clienti il meglio sempre più rapidamente”. Niente ‘fughe’ in avanti “La nostra strategia orientata alla Digital Transformation è quella di muoverci cercando di essere sempre leggermente in anticipo rispetto al mercato – specifica Valentino Cagnetta (Media Italia) –, perché crediamo sia fondamentale non rincorrere i fenomeni ma, appunto, anticiparli e valutarli preventivamente: al tempo stesso, però, facciamo attenzione a evitare le fughe in avanti e non ‘sperimentiamo’ sulla pelle – e con i soldi –

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dei clienti, atteggiamento tipico di molte agenzie che poi magari lo vanno pure a raccontare”. Intelligenza Artificiale è un termine di moda, che piace moltissimo e che qualcuno ha già cominciato a far suo, “Anche se nella realtà è ancora lontanissima – sostiene Cagnetta –. Perché è qualcosa che sarà utilissima in un prossimo futuro per l’analisi e l’utilizzo dei dati ‘non strutturati’, ma oggi non ha un uso concreto. Perché l’intelligenza artificiale non ha a che fare con le Analytics: i dati di cui oggi disponiamo sono tendenzialmente già molto strutturati, e il contributo dell’intelligenza artificiale al momento è nullo o marginale. Servirà piuttosto per l’analisi delle immagini, per esempio, aiutandoci a capire preventivamente quale layout di campagna

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potrà avere una maggiore possibilità di successo. Personalmente oggi come oggi ritengo molto più interessante l’utilizzo dei chatbot, proprio perché fanno riferimento a dati strutturati”.Nell’ambito del digitale se ne sentono e se ne vedono davvero di tutti i colori, conclude Cagnetta: “Molti di coloro che si riempiono la bocca con l’A.I. non sanno di cosa stanno parlando, ed è una cosa abbastanza comune in questo business che va avanti per tormentoni: i soliti noti, imbeccati da Londra, da Parigi o da New York, li ripeteranno in modo pappagallesco all’infinito finché non gli sarà detto di sostituire la parola ‘artificial intelligence’ con una nuova buzzword. E così la sequenza di termini civetta continuerà drammaticamente ad allungarsi”.


Direzione Creativa Coordinamento Immagine Mediaset

LE EMOZIONI NON ESCONO MAI DI SCENA.

Tra colpi di scena, amori impossibili e decisioni sofferte, torna la protagonista della fiction che sta tenendo col fiato sospeso milioni di telespettatori.

ogni giovedĂŹ Tra colpi di scena, amori impossibili e decisioni sofferte, in prima serata torna la protagonista della fiction che sta tenendo

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Content is still the king Si dice che ogni marca sia ormai diventata un media: ciò che la rende tale è il contenuto – pubblicitario, informativo o di entertainment – grazie al quale è in grado di interagire con i suoi consumatori e costruire con loro relazioni di successo. Un mercato, quello del content marketing, che vale nel 2017 circa 350 milioni di euro e che sta crescendo in maniera vertiginosa

LA CONVERGENZA fra mondo digitale e mondo fisico e la loro crescente interazione ha già da tempo forti ripercussioni sul modo in cui le marche approcciano la comunicazione, e la distinzione fra paid, earned e owned media non rappresenta certo una novità. Grazie alla trasformazione dei brand in media company, con la conseguente necessità di produzione di contenuti, appare in enorme fermento e in grande accelerazione il mercato del content marketing, dove si affermano nuove modalità di comunicazione centrate su qualità dei contenuti, trust verso le fonti, capacità di svolgere approfondimenti, disintermediazione nel rapporto con gli utenti/ consumatori e relativo ingaggio. In altri termini, il ruolo dei contenuti – dal video al branded content, dalla realtà ‘aumentata’ a quella ‘virtuale’, dal native alla live communication… – e il loro impatto sulle attività di marketing aumenta a ritmo sempre più vertiginoso. Secondo le stime di Publicis Media, il mercato del branded content toccherà infatti nel 2017 i 350 milioni di euro in Italia e oltre i 750 miliardi di euro a livello mondiale. La content strategy sarà dunque sempre più centrale per lo sviluppo di iniziative capaci di raggiungere e coinvolgere i consumatori, in un contesto web ormai molto affollato di informazioni e contenuti pubblicitari. 54

Salvatore Ippolito, Ceo AGI – Agenzia Italia

Si tratta peraltro di un territorio ‘di confine’, nel quale ad affiancare le marche sono strutture sempre più numerose ed eterogenee: agenzie creative e centri media, agenzie specializzate, editori, concessionarie, perfino giornalisti e altre figure professionali. Vediamo come i nostri interlocutori stanno vivendo questo nuovo approccio alla costru-


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zione di ‘brand experience’ per i consumatori, con quali strategie e quali strumenti. Il primo a intervenire sull’argomento è Salvatore Ippolito, Ceo di AGI – Agenzia Italia, che in quest’ultimo scorcio del 2017 ha intrapreso un percorso di riposizionamento del proprio modello di business attraverso una serie di iniziative di change management e di digital tranformation tecnologica e di processo: “Il 21 novembre abbiamo lanciato una nuova offerta – spiega Ippolito –. Fatta da chi lo sa fare da oltre 60 anni, da chi ha fatto della verità la propria bandiera e che oggi vuole essere il punto di riferimento nel mondo del Content Providing per le aziende e gli operatori della comunicazione di marca per qualità e profondità dei contenuti, per la varietà della propria offerta e per i modelli relazionali proposti. In un mondo dove c’è un content overload e tutti si propongono come content provider, rendendo faticoso distinguere chi fornisce qualità rispetto a chi produce solamente un fastidioso rumore di fondo, un indistinguibile garbage, oggi ci proponiamo con una nuova offerta: Truly content, insieme pay-off e approccio strategico, per orientarsi alla creazione di contenuti per i brand, in linea con il positioning della nuova AGI. La verità conta, diventa rilevante anche nel mondo del branded content e del brand journalism, perché porre al centro la qualità giornalistica è, insieme, un elemento vincente e differenziante. Tutto questo è alla base del nuovo business model di AGI che aggiunge un asset operativo: AgiFactory. Dove i fatti diventano contenuti”. L’agenzia non aggiunge al suo portafoglio una semplice content factory, chiarisce Ippolito, “Ma LA content factory in grado di creare contenuti di alta qualità sviluppati per lo storytelling di brand e aziende, per aiutarle a concretizzare le loro content marketing strategies con racconti basati sui fatti.

Dal fact checking, all’arte dello storytelling, passando per una profonda conoscenza delle piattaforme e soluzioni tecnologiche, AgiFactory si posiziona da oggi come il nuovo punto di riferimento nel mondo della content creation per i leading brand e le agenzia di comunicazione. La forza di AgiFactory sta nel proprio heritage: 60 anni di professionalità nel selezionare e trattare fatti, nel verificarli, nel raccontarli in modo puntuale, tempestivo e coinvolgente”. Strategie scalabili “Content is the king: Bill Gates ha pronunciato questa frase molto tempo fa – ricorda Norina Buscone (GroupM) – e da allora è stata ripresa moltissime volte perché sempre più attuale. È indubbio che sono i contenuti a smuovere i nostri interessi. Possiamo poi discutere sui contenuti, su come anche loro siano cambiati nel tempo e su come la frammentazione dei nostri giorni li coinvolga e ne siano in un qualche modo la determinante. La loro rilevanza, unitamente al fatto che oggi la tecnologia ci permette di fruire dei contenuti, anche e soprattutto video, in moltissimi momenti della giornata e con una fruizione estremamente personalizzata, fa sì che questa modalità di comunicazione stia diventando sempre più rilevante per i brand per entrare/ restare in contatto con i propri target”. La frammentazione e la libertà di consumo di contenuti attraverso la rete e/o altre piattaforme on demand, prosegue Buscone, ha infatti determinato veri e propri switch di fruizione tra i media. “Basti pensare che, secondo una ricerca recentemente sviluppata da GroupM, il 36,5% dei Millennial fruisce di contenuti video attraverso piattaforme di Subscribtion VOD (Netflix, SkyOnDemand, ecc.) e l’81,9% attraverso piattaforme di Free VOD (YouTube, RaiPlay, MediasetOnDemand, ecc.). E non si tratta di un fenomeno

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solo giovanile, perché le medesime piattaforme registrano una penetrazione del 28,4% e 59,1% tra gli appartenenti alla Generazione X. È evidente che la comunicazione non può restare indifferente a queste evoluzioni”. Sempre più spesso inoltre, la generazione di nuovi touchpoint richiede ai brand di dialogare al di fuori delle logiche della comunicazione tradizionale, diventando essi stessi editori, produttori e promotori di contenuti. “Come GroupM – riprende la Vice President Research di GroupM Italy – supportiamo i nostri clienti nello sviluppo di strategie di content integrate alle loro strategie di comunicazione attraverso l’attività di Motion Content Group, attiva nella definizione di partnership strategiche per lo sviluppo di contenuti e per la gestione dei diritti, ma anche di GroupM ESP - Entertainment & Sports Partnerships – unit focalizzata su attività in ambito sportivo. Queste due strutture affiancano i team di content management presenti in tutte le nostre agenzie e che lavorano in stretta sinergia con i client team. La nostra esperienza positiva testimonia che il content è un’area che suscita sempre più interesse e richieste da parte delle aziende, come evidenziato anche dall’incremento degli investimenti dedicati, a dimostrazione di quanto stia diventando un elemento imprescindibile nell’attività di comunicazione futura dei brand”. “Le agenzie – conferma Stefano Spadini (Havas Media Group) – hanno sempre cercato un modello di diversificazione, ma per costruire delle proposizioni di successo bisogna pensare alla loro scalabilità. Se si pensa ai contenuti, ormai alla base di qualsiasi strategia di comunicazione, bisogna avere le capacità e l’expertise per poterli creare, oltre che sapere come veicolarli. Come Gruppo abbiamo puntato su due aree: quella musicale e di entertainment, attraverso la partnership

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con Universal Music Group (UMG), annunciata in Italia all’inizio del 2016, e quella dello sport. In comune queste due aree sanno essere aggreganti, universali e coinvolgenti. Nell’ambito musicale abbiamo già sviluppato diversi progetti insieme a UMG, l’ultimo con Molinari per un tour che promuoveva un consumo non convenzionale della Sambuca. Nell’ambito sportivo abbiamo notato che c’è una richiesta sempre più importante di professionalità, in un mercato che è fortemente in evoluzione e con un potenziale enorme dove noi siamo già attivi in 4 aree: insight & strategy, partnership, attivazione e contenuti. Sono questi, infatti, i pilastri alla base della creazione di relazioni significative tra i brand e le community di fan, che fanno leva sulla capacità emozionale sia dell’entertainment sia dello sport”. Al servizio del branding, e non solo Per Marco Girelli (OMG) quelle relative ai contenuti sono nuove aree di opportunità: “È così che le vediamo ed è in quest’ottica che le stiamo approcciando. Ci occupiamo di branded content attraverso la nostra unit Fuse, abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione occupandoci direttamente di influencer marketing, stiamo studiando a fondo il mondo dell’e-commerce, che rappresenta il presente, ma soprattutto il futuro, di molti dei nostri clienti. In quest’ambito è fondamentale ragionare in termini di brand experience perché l’acquisto online in termini di esperienza è molto diverso dall’acquisto in store, e quindi richiamare il pubblico richiede uno sforzo strategico diverso, mirato e pensato ad hoc per il contesto. La realtà virtuale rappresenta un’opportunità incredibile per quanto riguarda lo sviluppo del content e della brand experience, e anche in questo caso stiamo monitorando le aziende che offrono le tecno-


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logie più sofisticate, perché potranno diventare partner strategici importanti per alcuni dei brand di cui ci occupiamo”. “Sui contenuti stiamo lavorando anche noi da molto tempo – racconta Valentino Cagnetta (Media Italia) – in modo molto proficuo e molto importante. Nel nostro portfolio ci sono casi di branded content di grandissimo successo come ‘La casa degli assi’, un programma televisivo prodotto da Magnolia e andato in onda su Italia Due e in replica su Italia Uno. Una case history antesignana del fenomeno, che proprio per l’enorme successo nella sua seconda stagione andò in onda direttamente su Italia Uno in seconda serata. Non posso ancora fornire dettagli ma il nostro ultimo lavoro in questo campo partirà a brevissimo”. Cagnetta osserva come le figure professionali che si occupano di contenuti – dal branded content al native advertising – siano ancora in evoluzione, rimanendo sostanzialmente estranee rispetto ai ruoli ‘tradizionali’ di un’agenzia media: “Devono comunque avere un’infarinatura di base in termini di marketing e comunicazione per evitare che si creino prodotti autoreferenziali, di bassa visibilità e quindi di scarso ritorno sull’investimento. Per contro, devono avere una più che ottima conoscenza dei linguaggi televisivi, o nel caso del native del linguaggio digitale. Se l’agenzia media, come nel nostro caso, è il motore di questo tipo di iniziative, la realizzazione e la stesura finale degli script e dei contenuti resta comunque appannaggio di figure ‘editoriali’ che possano garantire l’uso di un linguaggio coerente al contesto in cui il messaggio pubblicitario viene ospitato”. Anche per Luca Cavalli (Zenith Italy) il contenuto è un elemento straordinario di comunicazione per i consumatori: “Torno per un attimo al discorso sull’efficacia della comunicazione in cui si parlava della rivisita-

zione/rivalutazione degli investimenti digitali da parte dei big player a fronte di risultati non soddisfacenti: ecco, non si può da un lato abbracciare una strategia di contenuti, ingaggiare l’audience attraverso i contenuti, e dall’altro ritenerli responsabili dell’insuccesso della comunicazione, perché bisogna partire dal principio che il contenuto non ha e non può avere una vita breve. Quindi, nel momento in cui fisso degli obiettivi o dei KPI per misurare gli effetti e i risultati di una strategia fondata sui contenuti, non possono essere obbiettivi o KPI di breve periodo. Anzi… Sto costruendo branding, sto costruendo fidelizzazione attraverso un’esperienza e una relazione con il consumatore, quindi non posso andare a misurare in termini di vendite del giorno dopo”. Il contenuto, prosegue Cavalli, è esattamente ciò che l’utente cerca e di cui la comunicazione vive da sempre e ancor di più oggi: “Per questo deve essere un contenuto di qualità, non deve essere sfacciatamente commerciale, deve essere gestito e soprattutto deve essere ben distribuito. Oltre a quella di costruire il contenuto corretto, quindi, la sfida per le agenzie media è riuscire a distribuirlo nel modo più corretto ed efficace. Come lo facciamo? Ancora una volta partendo dai dati e dalla loro analisi, che ci permettono di capire chi vuole sentirsi raccontare che cosa, leggere che cosa, vedere o ascoltare che cosa e quando”. La fusione di media e contenuto è esattamente il modo in cui lavora Blue 449, dice Andrea Di Fonzo, orchestrando ogni inziativa e attività per abbattere le barriere fra il messaggio del brand e la sua distribuzione in qualsiasi luogo. “Come lo facciamo? Non esiste più l’idea che ogni agenzia debba avere tutto in casa: noi lavoriamo in una logica open source e abbiamo a disposizione tutta una serie di strumenti e piattaforme, per esempio per stu

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Paolo Romano, Ceo Viacom Pubblicità & Brand Solutions

diare la linguistica e la semantica, ma poi la logica è quella di costruire una sorta di team virtuali, ad hoc in funzione del progetto sul cliente. Magari insieme ad altre agenzie o con partnership editoriali, secondo la strategia di andare a pescare di volta in volta le migliori risorse per portare al cliente un risultato che è maggiore della somma dei singoli pezzi”. Oltre le ‘iniziative speciali’ “Lo sviluppo tecnologico è fondamentale – chiosa Massimo Crotti (Italiaonline) –, ma resta allo stesso tempo prioritaria l’offerta di servizi su misura del cliente: creatività, produzione di contenuto e strategia. Italiaonline ha costruito e dedicato un team allo sviluppo dei servizi ‘di agenzia’ per i brand, per accom-

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pagnarli verso iniziative di brand experience sempre più complete e all’avanguardia”. La brand experience sta entrando sempre più prepotentemente anche nel mondo dell’Out Of Home, come spiega Paolo Dosi (Clear Channel): “Posso citare un esempio che è on air proprio in questi giorni su Milano: la campagna di Mondo Convenienza che occupa gli impianti digitali, gli FSU scroller, gli 8mq, i 6 x 9 e anche le bike, in cui ogni singolo punto è presidiato anche per erogare impression sugli smartphone. Attraverso il nostro prodotto Moohbile possiamo monitorare ogni singola azione compiuta dalle persone che nelle vicinanze interagiscono con la campagna, andando a visitare il sito web, cliccando il banner e via dicendo. E questo è un modo in cui il contenuto del messaggio Out Of Home permette alle persone di vivere un certo tipo di brand experience, ingaggiandole attraverso gli strumenti tipici del digitale”. A questo si affianca poi un altro modo di far vivere al consumatore l’esperienza della marca, aggiunge Dosi: “In contesti più particolari – come possono essere gli aeroporti o i mall – è possibile da un lato creare le cosiddette ‘domination’ in cui l’intera area espositiva è dedicata al brand, sollecitandolo visivamente a entrare nel mondo di quel brand; dall’altro attraverso la creazione di eventi fuori dagli schemi e quindi fortemente impattanti. È una tipologia di comunicazione che soddisfa in particolar modo clienti come l’Automotive: posso citare l’esempio dei veri e propri test drive realizzati per Nissan Leaf facendo provare un’auto completamente elettrica direttamente all’interno dell’Aeroporto di Fiumicino”. Anche per IGPDecaux, conferma Alessandro Loro, il tema del contenuto è oggi di strettissima attualità, “Ma senza dimenticare che l’Out Of Home non può affrancarsi dal binomio content & context: perché il contesto


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è un formidabile veicolo per il contenuto, e la geografia rappresenta la cifra della nostra cultura nazionale, regionale e cittadina. Detto questo non posso che rifarmi a quanto già affermato prima sul fatto che al nostro mezzo le persone non chiedono ‘storie’, al dover produrre attenzione per poi rivenderla, così come alla necessità di un palinsesto e di un’editorializzazione dell’Esterna. Ma la strada da fare è ancora lunga”. Chi produce contenuti da sempre è il mondo televisivo e Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions) lo conferma: “Storicamente, la nostra concessionaria è stata sempre molta attenta al branded content, tanto da averne fatto una nostra importante caratteristica utilizzandola anche come un’arma in termini di competitività. Non ci siamo mai fermati al mero contenuto e

abbiamo sempre parlato di brand experience con grande familiarità: questo significa che cerchiamo di soddisfare i nostri clienti a 360 gradi, costruendo veri e propri progetti di comunicazione che utilizzano ovviamente la televisione, ma alla quale si affiancano gli eventi, il branded content, il web, i social network. Ribadisco: questo non è un ‘nuovo’ approccio ma fa parte del nostro Dna ed è sempre stato nelle nostre caratteristiche”. Come recita il nome stesso della concessionaria, in Viacom Pubblicità c’è un dipartimento che si chiama Brand Solution: “Un reparto numericamente corposo, visto che conta su 10 persone, che si dedica unicamente a questo tipo di attività e quindi all’integrazione dei progetti di comunicazione che realizziamo sia internamente a Viacom sia con gli altri vari editori con cui collaboriamo”.

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Trasparenza & Responsabilità Per anni il mercato italiano ha convissuto con pratiche discusse ma condivise, e in fondo accettate, fino a trovare un punto di equilibrio funzionale a tutti. Dall’internazionale, però, è arrivata una doccia fredda: quelle pratiche sono considerate direttamente responsabili di un ‘blocco’ del sistema la cui prima vittima è stata la fiducia reciproca fra le aziende e i suoi partner

CHIUDIAMO il cerchio di questo Quaderno riprendendo quanto già in parte discusso nel secondo capitolo a proposito delle dichiarazioni e delle provocazioni di Marc Pritchard sulla trasparenza della filiera digitale, e non solo. Ma da un’ottica differente: la domanda che abbiamo posto questa volta ai nostri intervistati verte sulla decisione di molte aziende, alla luce dei numerosi micro-scandali sollevati un po’ ovunque nel mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, di rivedere e riscrivere i contratti con i loro consulenti e fornitori, chiedendo o addirittura imponendo nuove regole e nuovi standard per misurare da un lato il successo delle iniziative di comunicazione, e dall’altra per valutare l’efficacia e l’efficienza dei propri partner. Che peso hanno avuto le decisioni internazionali su questo lato del business? Ci sono stati casi di aziende italiane che hanno seguito l’esempio dei big player? È corretto parlare di un passaggio dalla ‘trasparenza’ alla ‘responsabilità’? E infine, come e quanto sono cambiati e stanno cambiando i metodi di remunerazione per le agenzie alla luce di tutto ciò? “Ritengo che quello di cui si sta parlando molto a livello internazionale, o meglio a livello US, sia una cosa che in Italia abbiamo affrontato e superato da un po’ di tempo – risponde Massimo Beduschi, Ceo e Chairman di GroupM –: lo stesso presidente UPA ne 60

Massimo Beduschi, Ceo e Chairman GroupM

ha parlato, se non erro, all’ultimo convegno. Certo la crescita del web con tutte le nuove modalità di vendita dell’inventory continua a richiedere che il dialogo tra le parti resti aperto e franco, così come è importante continuare ad avere strumenti di comprensione comuni. In questo senso il Libro Bianco e il lavoro sui KPI fatti da UPA sono degli esempi


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virtuosi e che appoggiamo in modo deciso. Come GroupM siamo impegnati a livello di network nel contrastare tutte quelle attività che possono risultare in azioni fraudolente verso i nostri clienti e abbiamo, per primi, adottato standard più restrittivi nella misurazione della viewability”. Come abbiamo visto in tutti i precedenti capitoli, “La comunicazione sta cambiando radicalmente e con essa anche il lavoro delle agenzie media si amplia e diventa molto più articolato – ribadisce Beduschi –. Responsabilità vuol dire rendere chiari i principi che ne guidano l’evoluzione dell’offerta e condividerne i presupposti in modo trasparente per far sì che possano essere prese delle decisioni consapevoli. Questo è un principio che ha sempre guidato la nostra attività e che non può che continuare nel futuro”. “Innanzitutto sono molto d’accordo con la premessa, cioè con il fatto che in Italia siamo molto più avanti – è il parere di Luca Cavalli (Zenith Italy) –. È vero: spesso l’Italia è considerata in queste circostanze, e non solo in queste, un paese arretrato, un po’ superficiale, non esattamente chiaro, trasparente e ‘lineare’… In realtà siamo un paese che dal punto di vista dell’advertising, e in particolar modo del media, ha un livello di competenza e di professionalità di tutto il comparto da fare invidia al resto del mondo: per livello di capacità di gestione non siamo secondi a nessuno. Per noi non esiste un problema di trasparenza: ci sono delle risorse che sono sul mercato, che il mercato produce e che sono utilizzate all’interno di trattative di remunerazione nella maniera che si concorda di volta in volta con il cliente. Noi abbiamo il 100% di compliance in termini amministrativi e diamo sempre ai nostri clienti il diritto di audit in qualunque momento e a qualunque livello. Tutto qui. I risultati che generiamo per i nostri clienti

hanno un valore, il nostro lavoro è un valore. E questo valore va remunerato. Se poi in altri paesi o in qualche comparto ci sono attività nascoste o poco trasparenti, questo semplicemente non ci interessa. In fondo certe cose sono un po’ il segreto di Pulcinella: parlo per me, ma credo di poterlo dire serenamente anche per buona parte di tutto il nostro mercato, alla fine ciò che conta è il dialogo con il cliente. In conclusione, quindi, è vero che c’è una tematica diffusa di trasparenza, ma ripeto che, dal nostro punto di vista, ciò non costituisce un ‘problema’”. Performance, performance e ancora performance! Le conseguenze di tutto questo sulla remunerazione dell’agenzia, secondo Cavalli, sono presto dette: “Performance, performance e ancora performance. Perché legarsi alla performance di business del cliente è l’unico modo che abbiamo per essere un vero partner e di garantirgli le scelte più efficaci e quelle più trasparenti”. “Ancora una volta, secondo me, si tratta di un falso problema – osserva Andrea Di Fonzo (Blue 449) –, perché credo che almeno il 99% dei nostri clienti lavori con un auditor e quindi operiamo in totale trasparenza, con la restituzione di quello che viene raccolto, quindi totale serenità. Non mi pare infatti che ci siano stati cambiamenti da parte delle aziende sul mercato italiano in seguito a quanto sta avvenendo a livello internazionale. L’approccio alla trasparenza, cioè, era già evidente prima e continua a essere evidente ora. Per questo credo che sia un falso problema, chiamato in causa in taluni casi quando o non si conosce il fenomeno e non si sa di cosa si stia parlando, oppure si ha bisogno di nascondere qualcosa come ad esempio le gare al ribasso indette dai clienti stessi…”. È innegabile, aggiunge Di Fonzo, che ci sia

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uno stress verso il basso su quelli che sono i fee tradizionali: “C’è poi – e lo ritengo un elemento sano e positivo – una forte spinta verso il compensare le agenzie sulla base delle performance che portano. Cambia invece abbastanza radicalmente il modello di generazione del business, spostando la remunerazione sui servizi più all’avanguardia e a più alto valore aggiunto. Quando si ha la capacità di analizzare i dati, di effettuare misurazioni evolute, di gestire le campagne in maniera molto più proattiva e non passiva, i clienti sono pronti a riconoscere e a remunerare il valore di questa tipologia di servizi”. Secondo Stefano Spadini (Havas Media Group), “Le agenzie hanno sempre avuto una grande responsabilità nel gestire le risorse economiche dei clienti. Più che dalla trasparenza alla responsabilità quindi, parlerei del passaggio dalla trasparenza alla conoscenza. A maggio 2017 il nostro Gruppo ha annunciato il lancio del Client Trading Solution (CTS), una torre di controllo a disposizione dei clienti che mostra tutto il trading programmatico, consentendo loro di tracciare e monitorare gli acquisti in programmatico in un unico ambiente. Ciò permette al cliente di conoscere quanto accade durante le attività in programmatic, avendone piena visibilità e controllo”. Ciò di cui stiamo parlando, nota Spadini, è la fiducia che è alla base di un relazione sana e proficua tra agenzia e cliente: “Ed è importante che i clienti ci riconoscano come dei solidi partner con cui costruire insieme strategie di successo. Il fatto che l’85% dei clienti che avevamo 5 anni fa sia ancora con noi, dimostra che la direzione intrapresa è quella giusta. Inoltre, sempre più spesso le aziende comprendono il valore che le agenzie di comunicazione portano al loro business. Alla tradizionale remunerazione legata al business si affiancano ora i modelli di revenue

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share, le campagne a performance; mentre per i progetti di consulenza si sta affermando il modello FTE (Full Time Equivalent): l’investimento dunque non è legato al totale del budget disponibile ma relativo alla messa a disposizione della professionalità e del tempo delle persone che lo gestiscono. Questo è senz’altro un ulteriore passo verso la riconoscenza del valore che le agenzie portano ai clienti”. ‘Data lakes’ vs.’Data leaks’ “Bisogna intendersi bene su cosa si intende per trasparenza e chiarire di quale livello stiamo parlando – commenta Valentino Cagnetta (Media Italia) –. Il primo livello di trasparenza è quello sui prezzi e sulle procedure di acquisto, una questione non italiana ma tipicamente anglosassone: in Italia, cioè, si comprano gli spazi da pianificare in nome e per conto del cliente; in altri paesi le agenzie di fatto comprano gli spazi media per se stesse e poi li rivendono ai clienti. In altri termini, si compra da un editore garantendo un prezzo medio pari a 100, ma si rivende a un cliente a 95 e a un altro a 105. Su questo punto, globalmente, di trasparenza ce n’è ancora molto poca. Un secondo livello è quello dei ‘rebates’, dei premi di fine anno o dei diritti di negoziazione, chiamiamoli come vogliamo. In questo caso, in realtà, in Italia il problema è ormai stato superato dall’accordo fra le parti, agenzie e clienti, caso per caso. Il terzo livello di trasparenza, che secondo me sta diventando il più importante, è quello che riguarda i dati: tTanto più io raccolgo dati durante l’attività per un mio cliente, che di quei dati ha bisogno, tanto più c’è bisogno di trasparenza nell’utilizzo di questi dati. Non sto parlando di un database proprietario della mia agenzia, costruito sulla base di un mio investimento, che sarei quindi libero di andare


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a utilizzare e a vendere a tutti i clienti che mi pare. Parlo invece di dati raccolti grazie all’investimento del mio cliente e che sono e devono rimanere di sua proprietà esclusiva: quei dati io non posso utilizzarli ne tanto meno cederli a terzi”. Cagnetta racconta di aver partecipato recentemente a una gara in cui si è trovato a spiegare all’azienda che quello che qualcuno chiama ‘data lake’, cioè un grande serbatoio di dati raccolti dal centro media attraverso le campagne di molti clienti e dal quale quel centro media va ad attingere quando ne ha bisogno, è in realtà un vero e proprio ‘data leak’, una ‘fuga di dati’! “Se quei dati sono stati raccolti sulla base degli investimenti fatti dall’azienda A o B, non è pensabile che l’agenzia li rivenda o li riutilizzi a favore del cliente C – sostiene Cagnetta – anche se questo non è un competitor di A o B. I dati sono di proprietà del cliente per il quale li raccolgo e li elaboro, ed è solo a quel cliente che devo renderne conto. Ripeto: non posso cederli a nessuno, e anzi, ammesso e non concesso che siano ancora utilizzabili a distanza di tempo, glieli devo restituire se e quando il cliente decide di andare a lavorare con un’altra agenzia”. Per questo motivo afferma il Ceo dell’agenzia che fa capo al Gruppo Armando Testa, le piattaforme di programmatic non potrebbero e non dovrebbero essere di proprietà di un’agenzia media. Ma non solo. “Ogni piattaforma, infatti, performa in modo completamente diverso a seconda dei mercati di riferimento, dei paesi, dei settori. Non ha senso usarne una sola e ogni agenzia dovrebbe utilizzarne almeno due, tre, quattro diverse. Senza contare che sul mercato sono sicuramente disponibili piattaforme di maggior valore rispetto a molte soluzioni proprietarie dei network, che spesso sono delle white label, si basano cioè su tecnologie progettate da altri e sem-

Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia

plicemente ‘rivestite’. Inoltre, la piattaforma deve sempre essere utilizzabile dal cliente stesso: il cliente deve sapere e deve poter controllare sulla piattaforma tutto quello che sta succedendo, perchè altrimenti la piattaforma si trasforma in una black box. Piuttosto che vendere il servizio e l’uso di una piattaforma proprietaria, io credo che il ruolo di un’agenzia debba essere quello di raccomandare al cliente l’utilizzo dell’una o dell’altra piattaforma, cercando di evidenziare vantaggi e limiti di ciascuna, e scegliendo insieme al cliente la più adatta alle sue necessità. E una volta scelta, il cliente deve avere piena facoltà di togliere all’agenzia l’accesso ai dati contenuti nella piattaforma nel momento in cui decide di cambiare partner. Questa è la trasparenza che ancora manca, perché quasi nessuno, salvo rarissime eccezioni, ha capito questa cosa”.

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Italia fuori dalla mischia Per le concessionarie la questione si pone in modo diverso. “Credo che a oggi sia un problema esclusivamente americano o quanto meno anglosassone – dice per esempio Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions) –: ho letto che anche in UK se n’è discusso molto. Direi che sotto questo fronte in Italia il mercato non abbia subito alcuna conseguenza. Ciò detto, reputo sia un po’ forte dire che si stia passando dalla trasparenza alla responabilità. Secondo me quello che sta succedendo è che sta cambiando in modo importante lo scenario media, e in primis quello televisivo: sia sul fronte della fruizione e della produzione, sia, conseguentemente, della vendita della pubblicità. Ciò vuol dire che per esempio il rapporto fra investimenti e share – il famoso ‘power ratio’ – tenderà ad avvicinarsi sempre più alla linea mediana per tutti gli operatori. Un riallineamento che rappresenterà sicuramente una buona notizia per i più piccoli o i nuovi entrati, e molto meno per i grandi”. “Riprendo quanto detto in tema di efficacia – riprende Paolo Dosi (Clear Channel Italy) –: la trasparenza è oggi per noi un elemento molto importante di differenziazione rispetto al web, nel senso che nell’Out Of Home non esiste quella lunga filiera che ha reso ‘opaco’ il mondo digitale, tanto che l’investitore sa che il costo di ciò che ha comprato è 100, ma non sa quanto del suo budget è andato al concessionario di riferimento, all’ editore, all’agenzia e a una lunga serie di intermediari la cui proprietà è spesso altrettanto sconosciuta. Tanto è vero che spesso al concessionario arriva anche meno del 60% dell’investimento complessivo. Ciò premesso, sono convinto che demonizzare i Dn sia comunque sbagliato: la realtà è che i centri media offrono ai clienti un reale valore aggiunto e questo deve essere ricompensato. E in un momento

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in cui i pitch con l’obiettivo di ridurre costi e fee sono sempre più frequenti, i Dn rappresentano un modo per ritrovare un punto di equilibrio, una ‘valvola di compensazione’ che è ormai palesata e contrattualizzata. Da questo punto di vista credo anch’io che l’Italia sia molto più in linea con questo senso di responsabilità che deve essere dimostrato da parte di tutti, editori in primis”. Alessandro Loro (IGPDecaux) ricorda invece di aver visto personalmente e direttamente un documento Apple e i dettagli su come doveva essere certificata l’avvenuta esposizione di un manifest, riflettendo su quanto sia difficile “Parlare di responsabilità nel nostro settore, perché al di fuori delle certificazioni INPE prima e AudiOutdoor poi, abbiamo dovuto fare i conti per moltissimi anni con un mercato di ‘peones’. Un mercato sul quale le aziende, per parte loro, hanno sempre preferito, diciamo così, ‘chiudere un occhio’: con il risultato che la quota di mercato del mezzo è sempre rimasta ai minimi termini. Oggi l’area del post vendita si è molto evoluta, e i giustificativi, le certificazioni di aver eseguito il contratto, le prove fotografiche dell’avvenuta esposizione sono all’ordine del giorno – e da questo punto di vista dovremmo avere a breve delle novità interessanti”.


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i protagonisti agenzie

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Diversa, per forza Blue 449, il quarto e più nuovo network all’interno del mondo Publicis Media, in un solo anno di vita ha già ottenuto risultati importanti: grazie al suo posizionamento distintivo di ‘Open Source Media Agency’, punto di incontro tra tecnologia e contenuti, ha ottenuto la fiducia dei clienti già in portafoglio, si è fatta conoscere dal mercato ed è in corsa per numerose gare

INTERVISTA ad Andrea Di Fonzo, Ceo di Blue 449. Nella prima parte dell’intervista abbiamo parlato del mercato in generale: restringendo il focus dell’analisi al perimetro della vostra agenzia, come prevedete di chiudere il 2017 in termini di billing amministrato, revenue, new business acquisito, ecc…? Il 2017 è stato di fatto l’Anno Uno dell’agenzia, quindi non posso dare un valore in termini di crescita o di confronto col passato, ma direi che chiuderemo molto bene. In linea di massima le cose più interessanti successe quest’anno riguardano l’acquisizione di qualche prestigioso cliente, come Credit Suisse, e abbiamo partecipato e siamo in corsa su molte gare che spero si concretizzeranno entro la fine dell’anno con esito positivo: in quanto agenzia totalmente nuova, anche se all’interno di un grande gruppo, per noi la prima cosa da fare era farci conoscere sul mercato e visti gli inviti che ci sono arrivati e le consultazioni cui abbiamo partecipato direi che ci siamo riusciti. Un altro aspetto importante è che abbiamo rinnovato la fiducia dei clienti già in essere, come Puma, Disneyland Paris, Clarins e soprattutto Ferrero, nonostante a inizio anno qualche competitor avesse annunciato l’imminenza di una gara, che ci ha confermato come hub di coordinamento per tutte le sue 66

Andrea Di Fonzo, Ceo Blue 449

attività internazionali di planning e buying. Che tipo di lavoro avete fatto internamente dal punto di vista dell’organizzazione e del management della vostra struttura? Abbiamo innanzitutto cambiato decisamente il modus operandi tipico di un’agenzia media: per


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BLUE 449 Via Giosuè Borsi 9- 20143 Milano Tel. 02 752991 info@blue449.it www.blue44.com

Board di direzione: Andrea Di Fonzo, CEO Addettii: 55 Clienti (principali): Ferrero, Clarins, Puma, BigMat

esempio abbiamo sostanzialmente rivoluzionato quello che era il classico reparto strategico che nelle agenzie tradizionali faceva le strategie e i target per il cliente una o due volte l’anno. Da noi questo ruolo è assolto dalla figura del Business Leader che segue il cliente costantemente per tutto l’anno: lo segue dal punto di vista strategico, del suo business, dell’andamento delle vendite, dell’evoluzione del mercato di riferimento, quindi con un ruolo molto più ‘robusto’ e una relazione diretta 365 giorni su 365. Un aspetto che è stato particolarmente apprezzato dai clienti. Abbiamo inoltre creato delle figure di Digital Consultant che lavorano direttamente sul cliente curando per lui tutte le attività digitali, e quindi integrando di fatto quelle che erano le numerose specializzazioni verticali di questo settore. Come procede per il mercato italiano e come si posiziona Blue449 da questo punto di vista nell’implementazione della nuova organizzazione a livello internazionale del

Guppo Publicis? Due sono gli elementi fondamentali per cui Blue 449 si distingue nel panorama delle agenzie. Come ho già detto, la prima è la struttura organizzativa completamente differente, e sicuramente molto sbilanciata sulla parte digitale, che parte dal modello di business del cliente, valuta l’impatto dei cambiamenti nei comportamenti dei consumatori e definisce la strategia di comunicazione più idonea a migliorare i risultati. La seconda è il nostro posizionamento come agenzia ‘open source’: lavoriamo cioè con un modello collaborativo che prevede di integrare sui singoli progetti anche soggetti esterni. Nello Abbiamo delle persone e alcune società partner che lavorano direttamente da noi, completamente integrate nel team al quale contribuiscono con le proprie capacità per il proprio servizio specifico. La logica è proprio la stessa dei software open source, in cui si prendono piccole parti di codice e li si assemblano per costruire un programma il cui risultato è migliore della somma dei pezzi più piccoli. Questa è la peculiarità e la caratteristica abbastanza unica di Blue 449 sul mercato italiano e che ci differenzia rispetto a tutte le altre agenzie, non solo a quelle di Publicis Groupe. Di quali asset si compone, e come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? Avete sviluppato o 67


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Blue 449 ha curato per PUMA la celebrazione dei 20 anni di carriera di Gianluigi Buffon, con un progetto realizzato in collaborazione con il brand e la redazione giornalistica di SportNetwork

state sviluppando nuovi tool, nuove sigle o nuove specializzazioni? Quattro sono gli asset chiave dell’agenzia: Blue Core – i servizi media centric; The Opensource Academy – il modello di knowledge sharing rivolto ai clienti; The Blue Collective – il modello collaborativo per costruire team ‘virtuali’ al servizio del cliente; e Business Transformation – il layer di consulenza ai clienti. Detto questo, come ho spiegato in precedenza, ritengo assolutamente irrealistico al giorno d’oggi pensare di avere internamente tutte le competenze specialistiche. Piuttosto, un grande vantaggio è riuscire a integrare all’interno della struttura dell’agenzia anche figure che nor-

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malmente non c’entrano niente con il media. Posso fare diversi esempi: per un nostro cliente che doveva comunicare a un target di mamme con bambino abbiamo integrato delle figure di pedagogisti che ci hanno dato un contributo in termini di competenze specifiche sull’argomento; per la gara di un’azienda di settore, abbiamo coinvolto un architetto esperto di design di interni per avere il punto di vista di un professionista abituato a scegliere quella tipologia di prodotto nella fase di acquisto. E ancora, collaboriamo con una società che si occupa specificatamente di data management ed elaborazione dei dati con la quale collaboriamo non in una logica cliente-fornitore ma davvero di partnership.


blue499

Per concludere: quali fra le vostre più recenti case history sono in grado di evidenziare al meglio il posizionamento di Blue449 nello scenario competitivo delle agenzie media? Puma è la case più semplice per spiegare come stiamo lavorando. Sponsor tecnico degli azzurri, il brand ci ha affidato l’ideazione di un progetto di comunicazione per celebrare i venti anni di carriera di Gianluigi Buffon, portiere della Juventus e della Nazionale e suo storico testimonial. Il progetto è stato realizzato in stretta collaborazione con l’azienda e la redazione giornalistica di SportNetwork guidata da Valerio Gaviglia (Direttore Area Quotidiani). Un ‘virtual team’ creato in quell’ottica di condivisione e spirito open source di cui parlavo prima e che ha avuto come finalità la produzione di contenuti ad hoc editoriali e creativi, declinati su tutte le piattaforme (stampa, web e social network). Puma e FIGC hanno omaggiato il giocatore offrendogli in via del tutto eccezionale la possibilità di indossare una maglia di colore azzurro durante la partita del 6 ottobre Italia-Macedonia. Nello stesso incontro gli altri giocatori hanno vestito di bianco per consentire al capitano di debuttare con quel colore speciale. L’evento ha rappresentato il contesto ideale per presentare la nuova maglia, rafforzando il concetto di italianità e di appartenenza al Tricolore che essa vuole simboleggiare per tutti i tifosi. Il nuovo look è stato poi vestito dalla squadra al completo il 9 ottobre nella partita contro l’Albania. L’attività di comunicazione ha visto il coinvolgimento del famoso gruppo di artisti olandesi Kamp Seedorf per la realizzazione di alcuni murales dipinti in notturna in onore del calciatore a Parigi, Tokyo, Berlino, Johannesburg, Rio e Mosca. L’ultima opera a essere svelata è stata quella di Torino, lo scorso 5 ottobre, con la partecipazione di Buffon. Contestualmente al progetto di Kamp Seedorf, Blue 449, in collaborazione con la redazione di SportNetwork, ha realizzato specifici contenuti

editoriali sui Mondiali a cui Buffon ha partecipato. Dal 3 al 5 ottobre, seguendo l’ordine di apparizione dei murales, Corriere dello Sport e TuttoSport hanno pubblicato alcuni articoli dedicati ai Mondiali giocati dal portiere in quelle città, proposti anche sulle piattaforme digitali della redazione. L’attività ha avuto poi uno sviluppo social con la realizzazione di contenuti ad hoc veicolati su Facebook e Twitter, il cui successo in termini di buzz online è stato costantemente monitorato tramite le social platform di Publicis Media. Dal primo al 16 ottobre Gianluigi Buffon e Puma football sono stati tra gli account più citati su Instagram, mentre Azzurri e Nazionale sono stati fra i trend topic più utilizzati sulla piattaforma. Il progetto ha visto infine il coinvolgimento spontaneo di blog di settore. Lo si può definire un progetto media? Per alcune cose no. È contenuto? Alcune cose certamente sì. È stata certamente la fusione di tutti e due, l’orchestrazione dei diversi soggetti e delle diverse attività – stampa, web, murales, ecc. – rispetto ai luoghi in cui questi contenuti andavano distribuiti. In conclusione, una grande opportunità per realizzare un uso creativo e non convenzionale dei media in pieno stile Blue 449, centrato sul modello Open Source e in una nuova modalità di interpretarci agenzia media.

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Soluzioni tra Big e Smart data Leader in Italia per billing e numero di clienti gestiti, GroupM avverte la responsabilità di offrire i migliori servizi di consulenza presenti sul mercato: per questo ha creato il dipartimento Data&Insight, all’interno della realtà digital [m]PLATFORM, un team interdisciplinare di data scientist, analisti, statistici e sviluppatori in grado di affrontare le nuove sfide proposte dal mercato e dai clienti

INTERVISTA a Giovanna Loi, Managing Director [m]PLATFORM, e Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer ed Executive Chairman di [m]PLATFORM, GroupM Italy. Oggi tutti parlano di Big Data: qual è il significato di questo termine per le aziende che operano nel mondo della comunicazione dalla prospettiva di un osservatorio privilegiato come GroupM? Fides Tosoni – Oggi gli advertiser si trovano a gestire una mole di dati incommensurabilmente maggiore rispetto al passato: la crescita del digitale in tutte le sue dimensioni e la maggior attenzione che le aziende stanno ponendo nella gestione del CRM sta portando i nostri clienti a fronteggiare in modo sempre più diretto il tema dei Big Data. Pensate, per esempio, a quante possano essere le azioni che le aziende devono compiere quotidianamente solo per il monitoraggio delle attività, come controllare l’andamento delle campagne digitali, verificare cosa sta succedendo sul sito, archiviare le informazioni sui nuovi clienti e monitorare cosa viene scritto sui social per gestire eventuali criticità e rispondere nel più breve tempo possibile alle domande di utenti sempre più esigenti. Serve tempo per svolgere le analisi di causa-effetto tra le diverse attività svolte e i risultati ottenuti, perché non ci si può esimere dalla misurazione del ritorno sull’investimento. 70

Giovanna Loi, Managing Director [m]PLATFORM GroupM Italy

Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer ed Executive Chairman di [m]PLATFORM, GroupM Italy

Si contano sulle dita di una mano le aziende che hanno la possibilità di permettersi una struttura interna adeguata che li supporti nel processo di trasformazione in ottica Data Driven, sia per numero di risorse sia per skills. È chiaro che le aziende hanno quindi bisogno di interlocutori sempre più preparati: come avete modificato la vostra struttrura per aiutare i clienti a gestire le nuove complessità?


groupm

GROUPM Via del Mulino, 4 – 20090 Milanofiori Assago (MI) Tel. 02 3057321 – Fax 02 30573257 pressofficeitaly@GroupM.com www.GroupM.com/markets/italy

Giovanna Loi – Essere leader in Italia per billing e numero di clienti gestiti comporta la responsabilità di offrire i migliori servizi di consulenza presenti sul mercato: per questo motivo abbiamo creato un’area di ‘Data&Insight’ che oggi conta più di 50 persone con nuove assunzioni previste nel 2018, a testimonianza del successo che sta riscuotendo questo dipartimento. Data&Insight è trasversale a tutte le agenzie del Gruppo ed è costituita da 4 aree chiave: • Data per fornire servizi di consulenza nella scelta e nell’implementazione delle Data Management Platform e sviluppare strumenti di business intelligence per aiutare le aziende a prendere decisioni immediate grazie al monitoraggio in tempo reale di tutti i KPI di marca; • Sviluppo Prodotto per raccogliere le esigenze dei clienti con la finalità di sviluppare nuovi tool e applicativi che possano portare un reale vantaggio competitivo. Attraverso conference call settimanali con i team di sviluppo di tutta Europa del network GroupM restiamo costantemente aggiornati sui nuovi tool che vengono implementati anche all’estero; • Digital Consulting per seguire i clienti nelle consulenze in tema di web analytics, attribution modeling e scelta delle piattaforme tecnologiche in ambito advertising e marketing; • Measurement per fornire tutte le analisi inerenti al tema del ritorno sull’investimento, modelli econometrici evoluti e stime dei risultati di business. Quali sono le necessità più pressanti e che cosa vi chiedono esattamente i clienti? Giovanna Loi – I clienti ci chiedono supporto nella profilazione del target delle pianificazioni e

Board di direzione: Massimo Beduschi, Chairman e CEO; Salvatore Grasso, CFO; Adriano Corbella, Direzione Commerciale; Norina Buscone, Vice President Research. Servizi offerti: GroupM, media holding del gruppo WPP, è la più grande società di investimento media al mondo con un amministrato media globale di oltre $108 miliardi. Sono ‘powered by GroupM’ - attraverso [m]PLATFORM, Xaxis, Research, Motion Content Group, ESP e Trading - le agenzie media globali Mindshare, MediaCom, Wavemaker, Mediaclub, Media Insight e la struttura specializzata nell’out of home Kinetic. GroupM, orientata all’innovazione e all’offerta di tecnologie e servizi all’avanguardia, è partner delle agenzie media WPP in tutte le attività fondamentali all’interno del business media, con l’obiettivo primario di massimizzare le performance a favore dei propri clienti, shareholders e stakeholders. Per creare, implementare e misurare soluzioni vincenti di comunicazione al fine di aumentare la competitività dei propri clienti, l’approccio delle agenzie media di GroupM prevede oggi un sistema integrato che garantisce le più innovative competenze nelle aree dell’acquisto e pianificazione pubblicitaria, delle ricerche e dei modelli econometrici, del performance marketing, del digital media, del mobile, del big data management, dell’entertainment e content, della creazione di contenuti, degli eventi, dello sport marketing, della creatività, oltre alla puntuale analisi del ritorno degli investimenti. GroupM è presente a livello mondiale e locale, con oltre 27.500 dipendenti in più di 100 Paesi. L’HQ di GroupM Italia è ad Assago (MI). GroupM ha inoltre uffici a Milano, Roma, Verona, Firenze, Torino. CEO e Chairman di GroupM Italia è Massimo Beduschi. Anno di fondazione: 2005 Dipendenti in Italia: oltre 900 Billing 2016: 2.932 milioni di euro (Recma 2017)

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[m]PLATFORM rende la comunicazione ‘azionabile e misurabile’ garantendo una sempre maggiore profilazione dei target grazie ad [m]Core, la DMP proprietaria di GroupM che conta più di 26 milioni di persone

misurabilità dei risultati delle campagne. Proprio nel campo della profilazione dei Big Data, GroupM ha da sempre precorso i tempi, sfruttando le più innovative tecnologie per offrire ai nostri clienti una sempre maggiore garanzia di profilazione dei loro target, grazie ad [m]Core, la Data Management Platform proprietaria, che conta più di 70 milioni di mobile ID e cookie attivi, corrispondenti a più di 26 milioni di persone, tracciate quotidianamente sulla base di interessi e comportamenti, con insight azionabili su tutti i canali di comunicazione. A corredo della profilazione, i clienti si aspettano di poter avere Smart Data per misurare i benefici della comunicazione: dati organizzati, accessibili e comprensibili per poter prendere decisioni quotidiane. Gli Smart Data derivano da una corretta interpretazione dei Big Data, e questo lavoro spetta a consulenti competenti in ambito media come 72

GroupM, che giorno dopo giorno è progredita – e sta continuando a farlo – nella capacità di offrire consulenza ai propri clienti nel campo dei dati. Il vantaggio di essere una realtà dalle grandi dimensioni è quello di aver la possibilità sia di gestire centinaia di clienti con problematiche spesso analoghe tra loro, sia di imbattersi in nuove richieste che aprono la strada a nuovi sviluppi e opportunità. Data&Insight ha sviluppato una vasta esperienza nella gestione dei problemi più comuni e oggi può vantare un team interdisciplinare di data scientist, analisti, statistici e sviluppatori in grado di poter affrontare le nuove sfide proposte dal mercato e dai nostri clienti. Oltre la profilazione e la misurazione dei risultati, come e quanto state applicando nuovi modelli e tool di planning & buying basati sull’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning?


groupm

Dal tracciamento quotidiano degli [mp]ID, identificatori unici dell’utente, e dalla loro profilazione sulla base di interessi e comportamenti, nascono insight azionabili su tutti i canali di comunicazione

Fides Tosoni – Tra le tecnologie che maggiormente influenzeranno il mondo della comunicazione l’Intelligenza Artificiale occupa un ruolo indubbiamente centrale. Una delle sue maggiori declinazioni ed evoluzioni chiave è il Machine Learning, una tecnologia che abilita i computer nelle attività di apprendimento senza necessariamente programmarli per questa funzione. Per questo motivo, Il Machine Learning ha occupato e occupa un ruolo sempre più centrale nell’offerta di GroupM in tutti gli ambiti della comunicazione digitale, e in particolare a partire dall’offerta programmatic e biddable. In ambito programmatic, per esempio, i data scientist di Xaxis utilizzano il Machine Learning per organizzare l’immenso quantitativo di dati a nostra disposizione per determinare quali dati sono rilevanti per quali specifici clienti e quali specifici obiettivi di campagna, a partire dal macro obiettivo di comunicazione. Inoltre, Xaxis utilizza Co-Pilot, una tecnologia di Machine Learning

proprietaria che ottimizza le campagne producendo importanti miglioramenti, anche superiori al 30%, su tutti i KPIs di comunicazione. In ambito biddable, quest’anno GroupM ha utilizzato il Machine Learning per offrire ai suoi clienti un prodotto che automatizza l’ottimizzazione delle campagne di Search, secondo tutti i KPIs sia di performance che di branding, andando a modificare le offerte di tutte le keyword in campagna 4 volte in un’ora, 24h/24, 7gg/7 per 365 giorni all’anno. Grazie all’utilizzo di questo prodotto, GroupM è in grado di offrire ai clienti delle sue agenzie risultati straordinari, arrivando a ridurre i costi di acquisizione di più del 30% e migliorando l’impression share di oltre il 15%. Mi piace ricordare, infine, che recentemente, all’intelligenza artificiale ma anche, e soprattutto, a quella umana, Mindshare ha dedicato Huddle, l’incontro annuale dedicato ad analizzare i temi ‘caldi’ della nostra industry (e non solo). 73


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Accelerazione di valore Anche quest’anno Havas Media Group crescerà a doppia cifra: grazie al new business, all’apertura della nuova sede romana, al rafforzamento manageriale, ma anche e soprattutto alla convinzione che solo l’unione delle forze e la condivisione delle competenze media e creative, base della filosofia dell’Havas Village, possono fare la differenza in uno scenario sempre più competitivo

INTERVISTA a Stefano Spadini, CEO Havas Media Group. Come chiuderete il bilancio 2017 in termini di billing amministrato, revenue, nuovi clienti acquisiti, ecc…? Per il terzo anno consecutivo chiuderemo con una crescita a doppia cifra. A livello di new business siamo contenti ma soprattutto siamo orgogliosi delle relazioni mantenute con i clienti. Tra i NB vinti quest’anno: TIM, Best Western, Chili, Istituto Marangoni, Molinari, Betsson, Michelin, Chateau d’Ax, LNPB e il più recente Saldi Privati. Di strada da fare ce n’è ancora, ma siamo soddisfatti del percorso intrapreso. Rispetto a un anno fa, quali sono stati i principali cambiamenti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management? Una delle novità più importanti è senz’altro l’inaugurazione della sede ufficiale a Roma, che ha segnato un passo importante per l’agenzia. La prossimità fisica con i clienti dimostra di aiutare il business. Con TIM, ad esempio, ci ha permesso di gettare le basi per un’ottima relazione e ci ha consentito di aprire molte opportunità allargando lo scope of work. Un altro cambiamento è stato inserire gli specialisti di Havas Sports & Entertainment all’interno dei team, dando vita a una struttura più organica 74

Stefano Spadini , CEO di Havas Media Group

che potesse ampliare le opportunità e allargare l’offerta dei servizi. Anche per questo stiamo rafforzando la struttura manageriale e contiamo di inserire tre professionisti in altrettante aree chiave entro l’inizio del prossimo anno. Infine, continua l’integrazione concreta tra le


havasmediagroup

HAVAS MEDIA GROUP

diverse discipline del gruppo, secondo la filosofia dell’Havas Village, che ci ha già dato tante soddisfazioni sia in termini di cross selling sia di up selling. Come procede per il mercato italiano l’implementazione della nuova organizzazione a livello internazionale del Guppo Havas? Il progetto dell’Havas Village, partito ormai diversi anni fa e per il quale l’Italia è stato uno dei primi paesi a sposare la filosofia e ad attuare nel concreto l’integrazione, continua a dimostrarsi un approccio vincente. Tra i diversi progetti realizzati insieme, mi fa piacere citare quello più recente: aBCD, l’inedita alleanza Barilla, Coop e Danone presentata presso il Ministero della Salute lo scorso settembre che evidenzia la necessità di riportare uno stile di vita alimentare sano nelle abitudini delle famiglie Italiane. Per questo obiettivo così ambizioso, l’Alleanza ha scelto di affidare l’ideazione e la realizzazione del progetto proprio a Havas Village. ViviSmart, così si chiama il progetto, è un’iniziativa articolata e complessa che nasce dalla comune convinzione che solo l’unione delle forze e la condivisione delle competenze possono riuscire a fare la differenza, proprio ciò che è alla base della filosofia del Village. Lo stesso approccio sta animando il lavoro anche con altri clienti comuni all’interno del Gruppo, tra cui i più recenti TIM e Chateau d’Ax. Come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? Avete sviluppato o state sviluppando nuovi tool, nuove sigle o nuove specializzazioni anche alla luce della recente ‘incorporazione’ di Havas in Vivendi?

Via San Vito, 7 – 20123 Milano Via Leonida Bissolati, 76 – 00187 Roma Tel. 02 674431 – Fax 02 67443222 alessandra.quatti@havasmg.com www.havasmediagroup.it

Board di direzione: Stefano Spadini, CEO; Nicola Thellung, Chief Financial Officer; Guido Surci, Chief Strategy & Innovation Officer; Maurizio Bertoli, Managing Director; Annalisa Spuntarelli, Managing Director Roma. Servizi offerti: strategia, media planning & buying; consulenza su mercato, brand e consumatore, ricerca & misurazione; community management; mobile communication; sport marketing; performance marketing; search; data & analytics; cross-channel, data-driven geolocal solution; data business intelligence. Anno di fondazione: 2001 Addetti: 170 Fatturato 2016: 446 milioni di euro (Fonte: Recma) Clienti (principali): Axa, Betsson, Carglass, CheBanca!, Chili, Chateau D’Ax, Chiquita, Compass, Crèdit Agricole, Disney, Emirates, Friuli Venezia Giulia, Giro d’Italia, Gruppo Generali, Hugo Boss, Hermès, Hyundai, Istituto Marangoni, JDE, Kia, LG, LNPB, Mediobanca, Meetic, Michelin, Molinari, Panini, Piquadro, Philips, Puig, Secret Escapes, Star, Swarovski, TIM, Universal Music Group, Yamaha. Una delle aree su cui stiamo investendo da diverso tempo è quella dello sport. A ottobre del 2016 avevamo già annunciato il rafforzamento del team con la nomina di un Head of Sport: una figura professionale con oltre 20 anni di consolidata esperienza nello sport marketing. A un anno dal suo ingresso e in seguito alla positiva risposta riscontrata dal mercato, stiamo rafforzando la struttura con un’altra figura professionale con il ruolo di Sponsorship Director. Per quanto riguarda Vivendi, non solo ci dà l’ac 75


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a disposizione, e infine del contesto. Havas e Vivendi insieme dispongono di tutti gli strumenti e le expertise completandosi a vicenda e hanno in comune agilità e passione, dando vita a una forza propositiva unica sul mercato. Nella parte di scenario si è parlato di ‘Content is King’: si potrebbe parlare ancora meglio, forse, di ‘Storytelling is King’… Dobbiamo essere meaningful (si pensi per esempio che il 60% dei click sui banner da mobile sono accidentali), credibili e sapere raccontare delle belle (e vere) storie.

Sport for Breakfast è una serie di incontri dedicati agli hot trend dello sport marketing dove ogni volta uno speaker internazionale è coinvolto come ambasciatore della tematica affrontata

cessibilità alle expertise, ma anche agli strumenti e ai contenuti e ci permette di essere innovativi sia nelle produzioni sia nei format, dandoci così un grande vantaggio nel rispondere alle tre principali sfide del mercato: una customer journey sempre in evoluzione che vede i consumatori richiedere dei contenuti più puntuali, personalizzati e fruibili ovunque, sempre e in poco tempo (come degli snack); la complessità dei media, come il crescente numero di touchpoint, la richiesta di vivere il prodotto all’interno di un’esperienza sempre più unica e personale, la frammentazione e l’importanza di essere più rilevanti altrimenti il rischio è di non essere notati affatto; infine l’ecosistema dei dati, non solo nella raccolta e nella gestione, ma anche nel porre attenzione a farli propri senza rischiare di darli in pasto ad altri. Si è già discusso molto di come uno degli asset imprescindibili dell’advertising sia il contenuto. Ma oltre al contenuto, bisogna tenere conto del contenitore, ossia delle piattaforme e dei media

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Per concludere: quali fra le vostre più recenti case history sono in grado di evidenziare al meglio il posizionamento di Havas nello scenario competitivo delle agenzie media? Tra le diverse case history, voglio parlare di quella sviluppata per TIM con la campagna TIM Etnico. In primis ricordo che TIM è un cliente Havas Village: da quasi 1 anno stiamo lavorando con Havas Milan che curava già da prima la creatività del cliente. Su questa campagna la sfida più alta per TIM era quella di parlare specificatamente e con linguaggi diversi alle 8 etnie residenti in Italia, senza tuttavia perdere di vista il valore del brand e del prodotto a livello nazionale. Tim ha lanciato lo scorso maggio la nuova offerta dedicata agli stranieri residenti in Italia: TIM International 1000 Super. L’obiettivo di comunicazione è stato far conoscere l’offerta alle principali otto comunità straniere che abitano in Italia. La comunicazione si è quindi orientata su persone provenienti da Romania, Cina, India, Bangladesh, Marocco, Albania, Ucraina ed Egitto. Il focus principale è stato dunque utilizzare messaggi specifici per le diverse etnie senza disperdere il messaggio sul resto della popolazione. L’analisi del target ha evidenziato un ampio uso del telefono e dei dati per mantenere i contatti con la propria comunità locale e la propria famiglia nel Paese di origine, ma con specificità di fruizione del telefono e stili di consumo mediale diversi per ogni etnia. Abbiamo quindi perso-


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TIM International 1000Super

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La campagna creativa multi-soggetto TIM declinata per 8 diverse etnie (agenzia creativa: Havas Milan)

nalizzato la comunicazione e la pianificazione media secondo gli insight provenienti dai nostri studi per assicurare la più alta copertura dei target, la più bassa dispersione sulla popolazione italiana, garantendo quindi un approccio efficace ed efficiente. La strategia prevedeva lo sviluppo di una campagna multimediale che integrasse perfettamente creatività, tecnologia e social media. L’utilizzo del programmatic ha permesso di declinare le creatività a seconda del target di riferimento e con i social media siamo riusciti ad avere un alto livello di engagement, rafforzato dall’utilizzo degli influencer: abbiamo infatti selezionato gli YouTuber più popolari per le 8 etnie di riferimento che, reinterpretando l’ormai noto ‘Ballerino’ dello spot TIM attraverso i propri

codici culturali, si facessero ambasciatori del brand presso i propri follower. A supporto della campagna, sono state ideate anche delle attività sul territorio: attività di volantinaggio su Roma e Milano con hostess formate appositamente per coinvolgere nella lingua di origine le diverse etnie di riferimento e spingerle al negozio TIM più vicino; attività Out Of Home mirata nei luoghi di maggiore passaggio del target con pianificazione anche di cartelli statici e volanti all’interno degli autobus, questi ultimi ideati in modo che potessero essere staccati e condivisi come fossero dei leaflet informativi. I risultati sono stati più che soddisfacenti: page view dell’offerta quintuplicate rispetto all’inizio della campagna e un engagement rate del 3%.

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Il valore della trasparenza Media Person of the Year agli NC Awards di quest’anno, l’amministratore delegato di Media Italia racconta i successi ottenuti dall’agenzia media che fa capo al Gruppo Armando Testa e i driver che ne sono alla base: l’appartenenza al network globale Local Planet, l’assoluta trasparenza su tutti i fronti, la capacità di costruire valore per i clienti locali e multinazionali

INTERVISTA a Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia. Lo scorso anno ha preso vita il network internazionale Local Planet di cui siete stati fra i principali promotori: quale il bilancio e i risultati concreti ottenuti? Gli ultimi 18 mesi – Local Planet ha mosso i primi passi nell’aprile del 2016 – e in particolare l’ultimo anno ci hanno visti fra i protagonisti di questa grande avventura: abbiamo compiuto grandissimi sforzi per creare e mettere in piedi un network di agenzie veramente indipendenti: siamo partiti con 20 sigle e a ottobre di quest’anno siamo arrivati a 62, in rappresentanza di 48 paesi. La risposta perciò è molto facile: il risultato di questi sforzi è una soddisfazione enorme! Grazie a Local Planet abbiamo avuto accesso a gare e clienti internazionali cui, se non avessimo creato il network, non avremmo mai potuto ambire: solo nell’ultimo semestre Local Planet è stato invitato a partecipare a molti pitch internazionali, risultando vincitore in ben 17 occasioni, e sono 16 le gare nelle quali è ancora attualmente coinvolto. Come si è riflesso tutto ciò su Media 78

Valentino Cagnetta, Ceo Media Italia

Italia in termini di billing, revenue o nuovi clienti? Far parte di un network come Local Planet ha rappresentato indubbiamente per Media Italia un importante vantaggio competitivo.


mediaitalia

MEDIA ITALIA Via Luisa del Carretto, 58 – 10131 Torino Tel. 011 8109311 – Fax 011 8109501 Via Washington, 17 – 20146 Milano Tel. 02 480821 – Fax 02 460637 Via Della Zecca, 1 – 40121 Bologna Tel. 051 273080 – Fax 051 235482 info@mediaitalia.it www.mediaitalia.it

L’agenzia quest’anno si è aggiudicata localmente diversi incarichi, come quelli per Supercell, per l’Ente Turistico della Croazia, Hundred Rooms ed eDreams. E questi budget si sommano agli incarichi vinti a livello internazionale come quelli di Gilead Sciences (al momento attivo solo in Nord Europa) e GAC Group, Gruppo Automotive cinese che ha scelto Local Planet per le attività media nella regione MENA e nel Sud Est Asiatico. Oltre alle acquisizioni dirette o indirette, l’appartenenza al network globale ci ha consentito di coprire un ruolo strategico nell’affiancamento di alcune aziende italiane – come Ponti, Citterio, InBlu, Clementoni e Moby – per le loro strategie di investimento e di business all’estero. Complessivamente, quindi, in questo primo anno pieno di attività, il valore del new business portato dal network in Media Italia sfiora gli 8 milioni di euro. Quali sono i punti di forza di Media Italia e di Local Planet che vi hanno permesso di arrivare a tale risultato? Prima di tutto la nostra iniziativa ha riscontrato un grande interesse e una grande attenzione da parte dei clienti, e soprattutto la grandissima considerazione da parte loro per il nostro posizionamento consulenzia-

Board di direzione: Eugenio Bona, Presidente; Valentino Cagnetta, Ceo; Valerio Tutore, Head of Research; Andrea Marcolin, Head of Digital; Enrica Gloria, International Director. Servizi offerti/Mezzi in concessione: media insight, media intelligence, media intuition, media interactivity, media information, media instreet. Anno di fondazione: 1982 Addetti: 75

le nei loro confronti. Hanno riconosciuto, cioè, che il nostro primo punto di forza è quello proprio delle agenzie indipendenti: un livello di commitment, di impegno e di dedizione al cliente che solo le agenzie indipendenti sono in grado di offrire. In secondo luogo, nel mercato è diffusa una grande voglia di alternativa ai ‘soliti noti’: un’alternativa non fine a se stessa, ma capace di eliminare quei punti di insoddisfazione che le grandi holding fino a questo momento sembrano non essere state capaci di risolvere. Nasce da questa premessa il nostro approccio local-up, cioè un approccio che parta dalla profonda conoscenza dei consumatori e dei mercati a livello nazionale per giungere alla costruzione di una strategia globale ma con una grande capacità di implementazione locale. Terzo e fondamentale aspetto che in quest’ultimo anno ci ha sicuramente premiato, il significato importantissimo, 79


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rigoroso, imprescindibile che diamo al termine trasparenza. Ho già spiegato cosa intendo con questa parola, ma riassumendo posso dire che si tratta di un valore che il mercato richiede a livello globale su tutti i fronti – diritti di negoziazione, utilizzo dei dati, allocazione dei budget pubblicitari – e che spesso risulta un asset determinante anche in fase di gara. Negli ultimi tre anni è stato un susseguirsi continuo di microscandali e di microeventi che dal Giappone agli Stati Uniti hanno fortemente minato la credibilità dei network e in particolar modo la fiducia delle aziende nei loro confronti. Proprio il fatto di cui si è discusso nella prima parte del Quaderno, e cioè che Procter & Gamble abbia deciso di tagliare 100 milioni di dollari di investimento digital – senza peraltro vedere alcun tipo di effetto o impatto sulle vendite – o che altri clienti abbiano ridotto il numero di siti utilizzati da 1.000 a 100 senza la benché minima conseguenza in termini di risultati, è la dimostrazione che la credibilità dei grandi network anche in ambito digitale è seriamente compromessa. Scendendo ulteriormente nei dettagli, può chiarire meglio questo concetto di indipendenza rispetto ai grandi network che fanno capo alle holding? Essere indipendenti vuol dire fondamentalmente due cose. Prima di tutto che ogni cliente è trattato in modo completamente diverso da quanto succede nei grandi network: il livello di responsabilità del team di lavoro che si occupa della gestione del rapporto è infinitamente superiore. Perché spesso e volentieri quel cliente non è ‘eredità’ di un pitch internazionale, me lo sono andato a conquistare sul mercato, non l’ho ricevuto via mail da qualcuno che sta dall’altra

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parte dell’oceano. Sono stato scelto, non sono stato nominato: e questo fa sì che si crei un rapporto fra persone, fra agenzia e cliente, molto più forte, e quindi questo grado di responsabilità è totalizzante: se il cliente è contento e lavora con me è merito mio; se il cliente non lo è, la colpa è sempre mia. Il secondo elemento distintivo è quello degli obiettivi: un’agenzia indipendente, che non è un’agenzia quotata, che non deve rispondere a investitori finanziari o a dei fondi, non ha obblighi di risultato di breve periodo. Il suo orizzonte temporale è il medio, medio-lungo periodo. Questo vuol dire che io non forzerò mai un mio cliente in una certa direzione, non cercherò di spremerlo come un’arancia ma piuttosto lo coccolerò e sarò al suo servizio per fare in modo che rimanga con me e con l’agenzia il più a lungo possibile. Questo posizionamento di indipendenza della vosta agenzia si riflette anche sul fronte del programmatic... Riparto dall’aspetto della trasparenza che secondo me sta diventando il più importante: quello che riguarda i dati. Recentemente abbiamo partecipato a una gara in cui abbiamo provato a spiegare all’azienda che quello che qualcuno chiama ‘data lake’, cioè un grande serbatoio di dati raccolti dal centro media attraverso le campagne di molti clienti e dal quale quel centro media va ad attingere quando ne ha bisogno, è in realtà un vero e proprio ‘data leak’, una ‘fuga’ di dati! Se quei dati sono stati raccolti sulla base degli investimenti fatti dall’azienda A o B, non è pensabile che l’agenzia li rivenda o li riutilizzi a favore del cliente C – anche se questo non è un competitor di A o B. I dati sono di proprietà del cliente per il quale li raccolgo e


mediaitalia

li elaboro, ed è solo a quel cliente che devo renderne conto: non posso cederli e anzi, ammesso e non concesso che siano ancora utilizzabili a distanza di tempo, glieli devo restituire se e quando il cliente decide di andare a lavorare con un’altra agenzia. Questo è il motivo per cui sono convinto che le piattaforme di programmatic non possano essere ‘di proprietà’ di un’agenzia media. Ogni piattaforma performa in modo completamente diverso a seconda dei mercati di riferimento, dei paesi, dei settori: non ha senso usarne una sola e ogni agenzia dovrebbe utilizzarne almeno due, tre, quattro diverse. Piuttosto che vendere il servizio e l’uso di una piattaforma proprietaria, io credo che il ruolo di un’agenzia debba essere invece quello di raccomandare al cliente l’utilizzo dell’una o dell’altra piattaforma, cercando di evidenziarne vantaggi e limiti di ciascuna, e scegliendo insieme la più adatta alle sue necessità.

crescita del Pil, legata più all’export che non a una ripresa dei consumi interni, non fa da traino agli investimenti pubblicitari nostrani. Credo che le nostre expertise interne e la conoscenza profonda del mercato, sommate alle capabilities garantite da Local Planet, ci posizionino come un partner strategico per imprese italiane e multinazionali che vogliano essere veramente competitive, a livello nazionale e internazionale e in generale nei mercati chiave per trasformare un modello di business in un modello di successo.

Quali sono le vostre previsioni di chiusura per quest’anno e quale scenario disegnate per il futuro prossimo? In un’economy ancora in ralenty puntiamo a una chiusura d’anno in linea con il 2016: ma siamo ancora in attesa dell’esito di alcune gare importanti che potrebbero incidere positivamente sui risultati dell’anno in corso. Guardando al prossimo futuro, il mercato italiano appare popolato per il 70 - 80% da investimenti pubblicitari riconducibili a multinazionali e lo sarà ancora di più considerando la tendenza di molte imprese del Bel Paese a trasformarsi in realtà sempre più globali: il mercato tricolore offre infatti possibilità di crescita limitate alle nostre aziende, e anche il settore dell’advertising non mostra lo slancio sperato perchè la

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Dati, strategia e contenuti Un anno estremamente positivo, quello di OMD, che anche nel 2017 metterà a segno una crescita a doppia cifra grazie in particolar modo alla vendita dei nuovi servizi digitali e dei progetti di consulenza ad hoc: un doppio binario che vede da un lato lo sviluppo legato alle nuove piattaforme tecnologiche, e in parallelo un maggior focus sull’area del content e dell’influencer marketing

INTERVISTA a Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD. Come si chiuderà il vostro 2017 in termini di billing amministrato, revenue, nuovi clienti acquisiti, ecc…? Il 2017 per OMD è stato un anno intenso e nel complesso molto positivo, le proiezioni di chiusura vedono un incremento a doppia cifra in termini di fatturato rispetto all’anno scorso, grazie in particolar modo alla vendita dei nuovi servizi digitali e dei progetti di consulenza ad hoc, segno tangibile di come sta cambiando il nostro modello di business e di come molte aziende cerchino la nostra consulenza anche per essere guidate verso il raggiungimento di obiettivi di business specifici e mirati, sfruttando la nostra disponibilità di dati, il know-how dei nostri professionisti e la nostra capacità di far incontrare strategia media e contenuto. Rispetto a un anno fa, quali sono stati i principali cambiamenti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management e come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? In quali aree e con quali obiettivi? Il percorso di cambiamento in OMD è iniziato circa due anni fa, quando abbiamo cominciato ad introdurre tutte le nuove figure professionali specializzate nell’analisti dei dati e nello sviluppo di nuove 82

Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD

piattaforme tecnologiche per la loro elaborazione. Il 2017 ha visto da una parte il consolidamento dei servizi legati a quest’area di sviluppo e dall’altra un maggiore focus sull’area del content, grazie alla nuova struttura di Fuse - la unit di Omnicom Media Group dedicata al content marketing - che sotto la guida di Ludovica Federighi ha cominciato a sviluppare nuovi progetti creativi nell’area del brand entertainment. Nell’ottica di lavorare sui contenuti inoltre abbiamo inserito in OMD una figura specializzata nell’area dell’influencer marketing e nell’arco dell’anno sono stati diversi i progetti proposti e realizzati in questo ambito. Quest’anno i cambiamenti più eclatanti sono


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OMD Via Giovanni Spadolini, 5 – 20141 Milano Tel. 02 833071 infoitaly@omd.com www.omd.com/Italy

Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Graziana Pasqualotto, Managing Director; Francesco Blini, General Manager Roma.

avvenuti a livello internazionale, da settembre abbiamo infatti un nuovo CEO WorldWide, Florian Adamski, e sicuramente il 2018 sarà un anno all’insegna di novità per tutto il network. Quali fra le vostre più recenti case history sono in grado di evidenziare al meglio il posizionamento di OMD nello scenario competitivo delle agenzie media? Tra le case history più recenti c’è sicuramente il progetto multipiattaforma realizzato per MAC Cosmetics, in occasione del lancio del profilo Instagram di MAC Italia (@MACCosmeticsItalia). Abbiamo realizzato un video con protagonista Fedez, inaspettatamente senza tatuaggi. Prima del lancio del profilo instagram di MAC l’artista ha pubblicato sul proprio profilo un teaser e alcune instagram stories che hanno avuto una grande eco mediatica e immediato effetto viral; in seguito il video completo ha svelato l’effetto coprente del fondotinta MAC. A completare il progetto diverse attivazioni editoriali, e sul territorio, in collaborazione con Hearst, Freeda, il Teatro La Scala di Milano e X Factor, con content placement ad hoc. In questa campagna OMD ha curato con MAC tutte le fasi strategiche, dall’elaborazione del concept creativo, alla scelta insolita di legare un testimonial uomo ad un brand di cosmetica e ad un prodotto considerato femminile, fino alla strategia di comunicazione. Una case che racconta i nuovi ambiti di applicazione della nostra consulenza, che riguardano la gestione della relazione

Servizi offerti: servizi integrati di comunicazione, marketing e media. Media planning & buying, data driven marketing, branded content, influencer marketing, eventi, DMP, CRM, Programmatic, Research & Strategy. Anno di fondazione: 1997 Addetti: 248 Fatturato 2016: 868 milioni di euro (Billing Recma 2016) Clienti (principali): marchi nelle seguenti categorie merceologiche: alimentare, ristorazione veloce, abbigliamento, automotive, homecare, personal care, giocattoli, tecnologia, turismo, servizi pubblici, trasporti, luxury goods.

Fedez, testimonial per il lancio del profilo Instagram @MACCosmeticsItalia

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tra brand e influencer e in generale il rapporto tra brand, media e contenuto della comunicazione. Un’altra case interessante per noi riguarda Audible, la società del gruppo Amazon, leader nell’audio entertainment. In questo caso dovevamo costruire la strategia per il lancio del primo audiolibro della saga di Harry Potter e abbiamo dato vita ad progetto di comunicazione integrata in cui online, offline e utilizzo delle PR hanno lavorato in sinergia per raggiungere gli obiettivi dati dal cliente. Il 21 settembre abbiamo organizzato la conferenza stampa, in collaborazione con MSLGroup, nella suggestiva Sala Reale della Stazione Centrale di Milano, un luogo sconosciuto ai più e perfetto per ricreare l’atmosfera della scuola di magia più famosa al mondo. Qui Francesco Pannofino, la voce narrante scelta per interpretare i personaggi della versione italiana, ha regalato ai presenti una reading experience live molto suggestiva. Dalla Sala Reale si poteva accedere direttamente al Binario 9 ¾ (ovvero il Binario 21) dove, per l’intera giornata, ha sostato l’Hogwarts Express, il celebre treno a vapore del racconto. Qui curiosi e giornalisti hanno potuto immergersi nell’atmosfera della storia, scaricando l’app di Audible e ascoltando il libro attraverso le cuffie wireless distribuite per l’occasione. 84

L’evento di lancio del primo audiolibro della saga di Harry Potter realizzato per Audible alla Stazione Centrale di Milano da OMD in collaborazione con MSLGroup

L’evento è stato un grande successo e insieme alle altre leve di comunicazione attivate (affissione, Tv e digital), ha portato l’audiolibro in testa alla classifica nel giro di pochi giorni.


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Oggi siamo business partner Forte di una crescita record dell’amministrato di circa il +25%, grazie a una lunga serie di acquisizioni, PHD si prepara ad affrontare il 2018 con idee chiare e forti competenze analitiche, per rispondere al meglio alle esigenze dei nuovi scenari sempre più connessi e digitalizzati e garantire ai clienti soluzioni data driven totalmente su misura

INTERVISTA a Alessandro Lacovara, Managing Director PHD Italy. Come prevedete di chiudere il bilancio 2017 in termini di billing amministrato e nuovi clienti acquisiti? Stiamo per archiviare un 2017 molto importante per l’agenzia. La classifica Recma relativa al 2016 ha accreditato a PHD un billing di 318 milioni di euro, ma in chiusura anno l’amministrato si aggirerà intorno ai 400 milioni, registrando un incremento del 25% circa grazie all’acquisizione di nuovi Clienti tra cui Volkswagen Group, Trentino Marketing, Aia, Arpa, Qatar Airlines, CP Company, Eurofred, Easycoop, Gabs. Per altri clienti il mandato è di imminente ufficializzazione e siamo attualmente impegnati sul fronte di alcuni importanti pitch. Questo è solo un punto di partenza: ci stiamo preparando al nuovo anno che vedrà un grosso impegno sulle attività di new business e su quelle di marketing, per accelerare e potenziare la presenza e il posizionamento dell’agenzia sul mercato. Lei è da pochi mesi alla guida dell’agenzia: come pensa di influenzarne lo sviluppo dal punto di vista organizzativo? Quali novità significative pensa di apportare? Trasformazione e velocità sono i due imperativi categorici per crescere e competere perciò PHD è in una fase di radicale trasformazione, sia dal 86

Alessandro Lacovara, Managing Director PHD Italy

punto di vista dell’organico, che si va arricchendo di nuove professionalità, sia di posizionamento. Oggi vedo una PHD che va ben oltre la concezione tradizionale di agenzia media, che considero ormai obsoleta e in generale molto riduttiva, e sta proponendosi in una veste nuova di Full Business Partner che consenta alle aziende di utilizzare tutti i canali di comunicazione come leva di marketing misurabile in tempo reale per ottenere risultati concreti. Oggi con noi i clienti lavorano di fatto sugli assi più importanti dell’Equity e del P&L: sul valore


phditalia

PHD ITALIA Via G. Spadolini, 5 Tel. 02 833071 – Fax 02 83307201 infoitaly@phdmedia.com www.phdmedia.com/italy

Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Alessandro Lacovara, Managing Director; Paola Aureli, General Manager Verona.

della brand, sulla creazione della credibilità della marca attraverso la comunicazione integrata, sulle performance di acquisizione e sulle vendite, sulla relazione con i propri clienti e quindi sulla retention attraverso le campagne di CRM integrate alle piattaforme di data management e ai mezzi; e tutto questo con una mole di dati mastodontica che una volta ordinata, azionata e messa al servizio del business diventa il nostro vero vantaggio competitivo. Insomma la tradizionale relazione agenzia-cliente è da tempo superata, è necessario definire nuovi punti di vista e consolidare una forte identità come partner in grado di incidere significativamente sui ricavi e i margini delle compagnie. Il futuro parla di integrazione e di investimenti sull’innovazione, bisogna puntare su organizzazioni veloci, a ‘burocrazia zero’, che richiedono nuove figure professionali come quelle che PHD sta acquisendo: giovani manager con esperienza internazionale che provengono dalle start-up, gli esperti di analytics e i rarissimi data scientist, i professionisti dell’ascolto della rete e dei modelli predittivi. C’è chi pronostica che il 65% degli studenti di oggi svolgerà lavori che ancora non esistono: più che un problema di expertise si tratta dunque di attrezzarsi per quella che è di fatto una trasformazione culturale senza precedenti.. Come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? Avete svi-

Servizi offerti/Mezzi in concessione: planning, buying, strategy, digital marketing, Crm, branded content, consumer insight & research, data analysis, events, sponsorship. Anno di fondazione: 2010 Addetti: 118 Fatturato 2016: 318 milioni di euro (billing RECMA 2016) Clienti (principali): marchi nelle seguenti category merceologiche: alimentare, abbigliamento, automotive, homecare, personalcare, tecnologia, turismo, finance luppato nuovi tool o specializzazioni? In quali aree e con quali obiettivi? La tecnologia sta profondamente rivoluzionando la nostra vita, genera continue opportunità e con esse maggiori incertezze a cui dobbiamo prepararci. L’ultima pubblicazione di PHD – ‘Merge: il divario finale tra uomo e tecnologia’ – indaga questo straordinario viaggio di progressi nel campo dell’intelligenza artificiale catapultandoci in un mondo che oggi sembra pura fantascienza: ambienti virtuali e assistenti artificiali super intelligenti che organizzeranno le nostre vite e il nostro lavoro. Cosa fare oggi per prepararsi al domani? L’esplorazione delle implicazioni più immediate in termini di marketing svela nuove opportunità per i brand, e la sfida è tutta nella trasformazione dei dati in insight utili per piani di business sempre più profilati e performanti. La data driven communication è il Sacro Graal del marketing perché in un futuro 87


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Per il lancio di Audi Q5, PHD ha studiato una video strategy multipiattaforma (Tv, digital, OOH, cinema)

vicinissimo, quasi tangibile, sarà l’intelligenza artificiale a guidare i processi decisionali e per le agenzie diventerà fondamentale poter contare su strumenti di pianificazione iper-evoluti per riuscire a sfruttare i nuovi mezzi e le nuove audience che questa rivoluzione copernicana partorirà. E infatti PHD si è già mossa sul terreno dei nuovi tool: non solo vantiamo una marketing technology proprietaria eccezionalmente evoluta ma anche una piattaforma collaborativa globale, SOURCE, usata per ideare, progettare e implementare le strategie di planning e buying per i clienti attraverso la

L’ultima pubblicazione di PHD “Merge: il divario finale tra uomo e tecnologia” indaga i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale

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competizione tra i colleghi in tutto il mondo (oltre 4.000 dipendenti in più di 80 paesi): essa integra in un’unica soluzione l’ottimizzazione dei canali in base a Reach and ROI predittivo, allocando efficacemente i budget e creando le basi per lo sviluppo di modelli predittivi. Una recente case history che evidenzi al meglio caratteristiche e posizionamento di PHD? In occasione della campagna di lancio della nuova Audi Q5, la nostra idea è stata quella di rappresentare le diverse anime dell’auto raccontando – attraverso il claim creativo ‘Now is calling’– come ogni momento del giorno (mattino, pomeriggio, sera, notte) sia quello giusto per guidare il Suv compatto di casa Audi. Abbiamo strutturato il planning media come fosse il lancio di un nuovo film e, dopo una prima fase teaser, con creatività stampa e digital senza prodotto, abbiamo lanciato la nuova Audi Q5 in un giorno evento (D-Day) attraverso un’impattante video strategy su tutte le piattaforme (Tv, digital, OOH, cinema) raggiungendo una reach giorno del 65% sul totale individui. La campagna è proseguita per altre due settimane per costruire considerazione e generare conversione attraverso content marketing e data driven media planning. I risultati raggiunti sono stati rilevanti, con oltre 300.000 visite al sito web e un picco nel giorno di lancio (50.000), 30.000 configurazioni auto completate (il doppio rispetto al benchmark), 4.000 preventivi e 400 contratti.


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Innovazione & integrazione Per Starcom il 2017 è stato un anno più che positivo su tutti i fronti: molte soddisfazioni sia da parte dei clienti storici che dal new business, ma anche per il dinamismo della struttura che ha rinnovata la sua organizzazione con innesti manageriali importanti. Strategia, integrazione e trasformazione digitale sono stati i principi guida di questa fase di grandi cambiamenti

INTERVISTA a Vita Piccinini, Ceo di Starcom Italia. Come prevedete di chiudere il bilancio 2017 in termini di billing amministrato, revenue, new business acquisito, ecc…? Il posizionamento dell’agenzia è sicuramente vincente, siamo in linea con gli obiettivi che ci eravamo posti e abbiamo avuto grandi soddisfazioni sia lavorando con i nostri clienti storici, sia dal new business, su cui poniamo sempre grande attenzione. Negli ultimi due anni abbiamo acquisito nuovi importantissimi clienti che hanno portato nuova energia all’agenzia, dandoci la possibilità di puntare ancor di più su strategia e innovazione, con un 2017 fortemente positivo. Rispetto a un anno fa, quali sono stati i principali cambiamenti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management? Da cosa sono stati mossi e quali risultati hanno portato? Un anno molto dinamico dal punto di vista organizzativo! Strategia, integrazione e trasformazione digitale sono stati i principi guida dei cambiamenti interni alla nostra struttura. Segni tangibili di questo percorso di cambiamento sono gli ingressi di figure 90

Vita Piccinini, Ceo di Starcom Italia

chiave nel management di Starcom come Giuseppe Barbetta, Head of Strategy & Innovation, e Nicola Cappellani, Digital and Transformation Director.


starcomitalia

STARCOM ITALIA Via C.R. Darwin, 20 - 20143 - Milano Tel. 02 667981 – Fax 02 66981159 info@starcomitalia.com http://starcomww.com

Board di direzione: Vita Piccinini, Ceo; Boaz Rosenberg, General Manager. Addetti: 150 Clienti (principali): FCA, Samsung, E.ON, Visa, Granarolo, Valsoia

Possiamo quindi contare su un team di talenti in grado di rappresentare e accrescere il valore della nostra agenzia. In questo anno abbiamo inoltre gestito l’arrivo di FCA e l’apertura di una nuova sede a Torino. Il team di Starcom è cresciuto molto – cosa di cui siamo fieri e contenti – includendo nuovi talenti con cui condividere la nostra visione e la nostra cultura, e dando rinnovate opportunità anche ai profili più ‘storici’. I risultati concreti li possiamo vedere dai feedback dei nostri Clienti e attraverso l’interesse da parte dei potenziali prospect, che ci riconoscono un prodotto di valore, sia in termine di visione che di delivery. Questo è un primo passo da cui vogliamo procedere accelerando ulteriormente nel prossimo anno. Come procede per il mercato italiano e come si posiziona oggi Starcom da questo punto di vista nell’implementazione della nuova organizzazione a livello internazionale del Gruppo Publicis? E di nuovo, quali a oggi i risultati concreti?

La riorganizzazione internazionale del Gruppo procede speditamente anche in Italia – le recenti importanti nomine lo testimoniano. Il posizionamento di Starcom – Human Experience Company – accentua la sua naturale propensione all’integrazione e alla ‘umanizzazione’ delle sfide di marketing che condividiamo con i nostri clienti. È proprio all’interno di questo contesto di integrazione e collaborazione che abbiamo raccolto importanti frutti un esempio su tutti è FCA, cliente con il quale stiamo lavorando in un’ottica di integrazione sia con Publicis Media sia con Publicis Groupe. La proposizione di One Team, capace di rispondere a tutto l’alveo di need dei clienti in modo integrato e snello, è un modello che ambiamo a estendere e cavalcare perché rappresenta una risposta concreta ad un bisogno di soluzioni integrate. Il nostro modello, che risponde al bisogno di semplicità, specializzazione e integrazione, parte sempre dal desiderio di creare esperienze di valore per le persone. Tutto questo ci guida nelle nostre raccomandazioni e scelte in termini di communication planning e media. Crediamo fermamente nella bontà e forza del modello. 91


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Di quali asset si compone, e come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? Avete sviluppato o state sviluppando nuovi tool, nuove sigle o nuove specializzazioni? Attraverso Starcom, attraverso le Global Practices e in modo ancora più esteso nelle logiche di One Team siamo in grado di offrire ai clienti una consulenza molto ampia: dai servizi più tradizionali e attesi da una media agency a quelli più digitali e trasformazionali. Ci sono molti asset e tool in fase di sviluppo che presto metteremo a disposizione nelle strategie e approcci per i nostri clienti. Questo sia a livello di Publicis Media con le practice del gruppo con cui collaboriamo per la creazione di strategie integrate, sia a livello Starcom con lo sviluppo di uno strumento proprietario di communication planning che sarà rilasciato a breve e aumenterà ulteriormente

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la potenza del nostro processo di lavoro HX – Human Experience. Per concludere, il posizionamento ‘umano’ di Starcom va necessariamente coniugato con la necessità di un approccio sempre più data driven alla comunicazione: con quali risultati? Per molti clienti l’uso della DMP è ormai alla base della strategia di comunicazione: attraverso una data driven strategy oggi si può ricavare valore esponenziale dalle strategie di pianificazione digitale. Attraverso l’analisi e l’utilizzo dei dati di prima parte su ogni campagna riusciamo a portare in vita una segmentazione delle audience molto granulare, che viene attivata e arricchita attraverso l’impiego di diversi data provider e DSP. I risultati sono evidenti: dalle 5 alle 7 volte migliorativi rispetto ad attività non data driven.


We believe the alchemy of people and technology creates experiences people love and actions brands need We are the human experience company www.starcomww.com

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L’agenzia del ROI+ Da 15 anni ‘agenzia del ROI’, a maggio Zenith ha lanciato ROI+, un nuovo approccio progettato per risolvere le sfide di business dei clienti attraverso modelli di comunicazione avanzati. Grazie anche all’avanzamento del processo di integrazione fra media, creatività, dati e tecnologia – ‘The Power of One’ –, l’agenzia chiuderà anche il 2017 con nuovi clienti e una crescita a doppia cifra

INTERVISTA a Luca Cavalli, Ceo Zenith Italy. Nella prima parte dell’intervista abbiamo parlato del mercato in generale: restringendo il focus dell’analisi al perimetro della vostra agenzia, come prevedete di chiudere il bilancio 2017 in termini di billing amministrato, revenue, new business acquisito, ecc.? Direi che tutto sommato l’anno si sta chiudendo più che bene. Abbiamo registrato una discreta crescita organica sui nostri clienti, abbiamo sviluppato nuove attività ad alto valore aggiunto, abbiamo messo a segno diverse acquisizioni locali molto interessanti dei quali però non sono autorizzato a fare i nomi fino al momento in cui non partirà ufficialmente la loro attività di comunicazione. Il risultato complessivo sarà dunque una chiusura di 2017 con crescita a doppia cifra, e staremo a vedere cosa ci porterà il 2018: devo dire che la visibilità a questo punto è ancora abbastanza difficile, ma siamo comunque abbastanza tranquilli e ci aspettiamo un impatto positivo dato dal fatto che, come sappiamo, si tratta di un anno pari. Come procede per il mercato italiano e come si posiziona oggi Zenith dal punto 94

Luca Cavalli, Ceo Zenith Italy

di vista dell’implementazione del nuovo modello organizzativo internazionale di Publicis Groupe? Rispetto a un anno fa, quali sono stati i principali cambiamen-


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ZENITH ITALY Via Giosuè Borsi, 9 - 20143 Milano Tel. 02 752991 - Fax 02 7012957 info@zenithmedia.it www.zenithmedia.com

Board di direzione: Luca Cavalli, CEO; Daniela Schnellinger, COO. Addetti: 250 Clienti (principali): L’Oréal, Eni, Lactalis ti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management? Posso dire che siamo in continua evoluzione: implementare il modello di integrazione The Power of One, creando una totale sinergia tra le diverse aree di competenza del Gruppo, è oggi per noi una assoluta priorità alla quale stiamo lavorando tantissimo, sia all’interno di Publicis Media sia con le nostre agenzie creative. Come è noto, da un anno a questa parte il Gruppo Publicis si è riorganizzato in maniera molto snella e molto ordinata, creando quattro Solutions Hub: Publicis Media, Publicis Communication, Publicis Sapient e Publicis Healthcare. Zenith fa ovviamente parte dell’offerta media del Gruppo, che è supportata dalle diverse vertical Practice che ci aiutano in termini di prodotti, di servizi al cliente e di maggiore efficienza. La notizia più recente è che la grande famiglia di Publicis Groupe si riunisce ancor di più sotto la guida di Emanuele Saffirio, nominato President del Gruppo per l’Italia e che collaborerà con i responsabili dei quattro hub: Daniela Canegallo, Ceo di Publicis Communications (che comprende Leo Burnett, Publicis, Saatchi & Saatchi, Bcube e MSL), Luca Montani, Ceo di Publicis Media (di cui oltre a Zenith fanno

parte Starcom, Blue 449 e Spark Foundry – dopo il rebranding di MediaVest), e Roberto Leonelli, CEO di Publicis Sapient (al quale fanno capo i team digital, technology e di consulenza di Sapient Razorfish), con il compito di accelerare il processo di integrazione. Per quanto riguarda più strettamente Zenith non ci sono state novità di rilievo: dopo un anno e mezzo che sono in carica posso dire solo che sono più che contento del mio team e dei risultati raggiunti. A livello internazionale, il brand Zenith è stato oggetto quest’anno di un completo rebranding: un nuovo logo e nuovi visual, il sito www.zenithmedia.com completamente rivisitato, e soprattutto un nuovo approccio al business: di che cosa si tratta esattamente? Siamo stati per 15 anni l’agenzia del ROI: tenendo fermo questo posizionamento distintivo, abbiamo lanciato pochissimi mesi fa un nuovo approccio, ROI+, progettato per risolvere le sfide di business dei clienti attraverso modelli di comunicazione avanzati. Tre i suoi key benefit: il primo è la creazione di strategie ‘upstream’ con l’obiettivo di crescita del ROI attraverso la business transformation; il secondo è un focus sull’intero consumer journey, al 95


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fine di creare strategie di comunicazione personalizzate in ogni step; il terzo è la massimizzazione dell’efficienza della comunicazione attraverso automatismi innovativi come il machine learning. Si tratta di un’opportunità tecnologica unica per riuscire ad animare il posizionamento e fornire questo valore distintivo ai clienti: a testimonianza del successo di questo nuovo approccio al digital planning posso citare la case history del cliente Aviva, per il quale Zenith è stata la prima agenzia al mondo a disegnare un algoritmo proprietario in grado di gestire le campagne digitali in modalità real time e completamente automatica. L’algoritmo ottimizza le campagne in tempo reale andando ad allocare il budget in funzione delle performance. Ma quello di Aviva è stato solo un primo esempio: oggi stiamo applicando questo modello di machine learning su molti clienti, ed è una tra le tante innovazioni che accompagnano questo nuovo percorso di Zenith. Di quali asset si compone, e come si è evoluta, diversificata e arricchita la vostra offerta di servizi alle aziende? Avete sviluppato o state sviluppando nuovi tool, nuove sigle o nuove specializzazioni? Come dicevo, Zenith e tutte le agenzie del Gruppo possono contare sul supporto delle nostre Practice in ambito tecnologico, digitale, commerciale e tutto il resto. Ho già parlato del machine learning e del nostro nuovo approccio, ma non posso non ricordare come fra i diversi tool a nostra disposizione il fiore all’occhiello rimanga ancora oggi la ricerca Touchpoint, che dopo quasi 13 anni di vita è il database sui consumatori più grande al mondo. Fra le novità, l’iniziativa più importante è sicura-

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mente l’aver lanciato una nuova business unit di Digital Analytics che ci sta dando grandi soddisfazioni in termini di risultati per noi e soprattutto per i nostri clienti.


New Perspectives. New ROI

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un programma di ANTONIO RICCI “Striscia la notizia” festeggia la trentesima edizione del TG satirico più visto d’Italia. Alla conduzione gli affiatatissimi Greggio e Hunziker, ai balletti le affascinanti veline.

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Digital OOHriented La ‘gelata’ del mezzo Out Of Home, arrivata alla fine del 2016 e proseguita per più di metà del 2017, ha dato a Clear Channel lo spunto per riflettere sulla sua struttura organizzativa: il risultato è un nuovo e più deciso approccio marketing oriented, una maggior focalizzazione sul lato qualitativo dell’offerta e una decisa accelerazione sul fronte della propria digital transformation

INTERVISTA a Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy. Quali sono i risultati più importanti raggiunti quest’anno da Clear Channel e quali i driver principali? Rispetto a un mercato dell’Out Of Home che complessivamente calerà attorno al -7% circa, considerando i vari segmenti, noi pensiamo di arrivare circa al pareggio o, nella peggiore delle ipotesi, di scendere di circa il -1%. Nell’ultimo quarter abbiamo ripreso a crescere: settembre e ottobre sono in territorio positivo, e la previsione è di fare lo stesso a novembre e dicembre. Nonostante il segno meno finale, ritengo comunque sia un buon risultato, perché ci consente di guadagnare quote di mercato in un settore che sta man mano migliorando soprattutto da un punto di vista qualitativo dell’offerta. Le ragioni di questo risultato? Principalmente la crescita di asset come gli aeroporti, i centri commerciali e il digitale cittadino, la buona tenuta nell’ambito dell’arredo urbano e dove invece il digitale cittadino anche questo è cresciuto. Abbiamo invece sofferto sui poster, che peraltro non sono più da tempo il nostro core business e sui quali ancora una volta cerchiamo di puntare maggiormente sulla qualità che non sulla quantità. Oltretutto il numero di campagne nazionali continua a decrescere, quindi stiamo lavorando a un progressivo alleggerimento di questo asset. La strategia è quella di spostarci sempre più su un aspetto non caratteristico dell’Out Of Home, cioè la 100

Paolo Dosi, Ceo Clear Channel Italy

Call To Action piuttosto che la Brand Awareness, grazie a un contesto e a una tecnologia che oggi ci consentono di poterlo fare e, soprattutto, di misurarne i risultati. Chi ha mostrato i segnali più ‘forti’ di credere nel vostro mezzo? Per tipologia di azienda direi che quest’anno siamo riusciti ad attivare diversi nuovi brand di medie dimensioni, mentre fra i settori c’è stato un ritorno importante del Retail: Intimissimi, Calzedonia, Golden Point e Benetton così come Mondo Convenienza per l’arredo, che è uno dei nostri principali clienti. In questo ultimo scorcio di anno si


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CLEAR CHANNEL ITALIA

sta affacciando anche Apple e Huawei. Un altro settore dove si è registrata una crescita importante è anche l’Internet/E-commerce (un mezzo concorrente che investe in OOH) cito Amazon – come pure il settore dei Servizi ad Aziende – mi riferisco ad Accenture Assicurazioni. Quali iniziative avete preso per mantenere da un lato la fedeltà degli investitori ‘tradizionali’ e dall’altro per acquisire nuove fasce e segmenti di utenza? L’Outdoor è spesso percepito come un mezzo tattico: di conseguenza la rotazione della clientela – il cosiddetto ‘churn’ – è abbastanza significativo. Su circa 3.000 clienti che abbiamo ne ‘perdiamo’ ogni anno circa il 30% in numerica. Più che sulla ‘fedeltà’, in ogni caso, stiamo lavorando per migliorare la visibilità, nel senso che cerchiamo di avere un dialogo costante col cliente per capire quali sono i suoi piani di investimento e il modo migliore in cui noi possiamo supportarli. Dei nostri 3.000 clienti, 200 sono aziende rilevate da Nielsen (il cui panel è composto in totale da 3.000 investitori sui mezzi classici e su internet). Questo vuol dire che c’è ampio spazio per allargare il nostro bacino di utenza: i clienti ‘medi’ che hanno una copertura regionale o nazionale sono veramente tanti. In questo momento, quindi, sono loro il focus principale dei nostri sforzi. La riorganizzazione commerciale dell’ultimo anno è stata infatti mirata ad attivare aziende nazionali di medie dimensioni, cioè quella tipologia di clienti che ha mantenuto e talvolta leggermente incrementato in questi anni il proprio budget. Si tratta frequentemente di clienti puramente ‘televisivi’ o che investono fortemente sulla Tv e sul web: di nuovo, quindi, abbiamo puntato sulla proposizione digitale per far comprendere che la presenza del brand in contesti premium come quelli offerti dal nostro Digital Out Of Home può essere un elemento di rilievo, quando non

Via G. Giulini, 2 - 20123 Milano Tel. 02 802791 - Fax 02 72010592 info@clearchannel.it www.clearchannel.it

Board di direzione: Paolo Dosi, CEO; Eszter Sallai, CFO; Alessia Luciani, HR & Communication Director; Maurizio Pafundi, COO; Carlo Giacobbe, Commercial Director; Erika Salvatore, Legal & Compliance Director. Servizi offerti/mezzi in concessione: Out-of-Home Media Company Addettii: Addetti 170 Agenti: Addetti 50 Anno di fondazione: 1963 Fatturato 2016: oltre 125 milioni di euro Clienti (principali): Telefonia, Moda, Distribuzione e Auto addirittura fondamentale, nelle loro pianificazioni. Rispetto al discorso della fidelizzazione, lo portiamo avanti da sempre attraverso il costante miglioramento del nostro servizio qualitativo su tutta la catena dell’esecuzione: quindi qualità nell’ambito dell’affissione piuttosto che della messa in onda – nel caso degli impianti digitali –, qualità nella stampa, tempestività, fornitura di informazioni sempre più ricche e numerose sul progress della campagna. Infine, ma è una caratteristica di tutti i mezzi pubblicitari e non certo esclusiva dell’Out Of Home, la fedeltà è ancora una volta legata al ROI e all’efficacia. E ancora una volta la tecnologia ci sta aiutando, perché utilizzando Moohbile otteniamo misurazioni quali-quantitative su quante impression sono state erogate, dove, quando, su quale tipologia di device: questa crescente misurabilità non potrà quindi che portare a un naturale miglioramento dell’efficacia. Come è cambianta la vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management? Come afferma il nostro Ceo, William Eccleshare, 101


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La campagna Mondo Convenienza ha sfruttato tutti i principali asset di Clear Channel: Arredo Urbano (pensiline, bus stop, topografici stop, poster, FSU, Square Power, PrimaPagina), Digital (digitotem di Milano), Malls e BikeMi (personalizzazione di 400 bici elettriche, 3 Top Station, 10 Light Station e 150 Digital Display)

la premessa è che Clear Channel è un’azienda che guida il cambiamento e che, posso testimoniarlo personalmente, lo dimostra con i fatti. Dopo le grandi performance del mezzo per tutto il 2015 e gran parte del 2016, la gelata arrivata nell’ultimo quarter dello scorso anno ci ha colto di sorpresa, non riuscendo a reagire tempestivamente ed efficacemente, per cui ho ritento che fosse opportuno operare una profonda riorganizzazione del team commerciale. Questo discorso si è legato poi al fatto che tutta Clear Channel vive una fase che definiamo di tech-fuelled transformation, in cui l’aspetto tecnologico riveste una grande importanza rendendo necessaria una trasformazione più profonda, più a medio termine. La risposta concreta è stata, in primis, una riorganizzazione strutturale profonda e partita dalla ‘testa’: 102

per la prima volta abbiamo oggi una figura che occupa il ruolo di Direttore Commerciale, Carlo Giacobbe, il che consente a me personalmente un maggior focus sugli aspetti legati alla trasformazione digitale. In secondo luogo, vogliamo che la trasformazione sia anche culturale e a 360 gradi: per questa ragione ci sposteremo a breve in uffici open space, garantendo così una miglior comunicazione all’interno del nostro team. Infine, abbiamo in programma l’inserimento di nuove professionalità legate ovviamente all’ambito digitale. Quella che non cambierà, e anzi crescerà, è l’attenzione allo sviluppo di partnership con quelle aziende che possono aiutarci ad accelerare determinati processi, dandoci facilmente accesso al know-how e alle competenze che ci mancano.


clearchannelitalia

L’insieme di tutti questi cambiamenti cui ho accennato è stato inserito all’interno di una sorta di program management che abbiamo chiamato ‘Formula Leonardo’ e che comprende oltre 100 iniziative e progetti che da qui al 2020 sono destinati a far crescere ed evolvere la nostra azienda in ogni senso: culturale, commerciale, digitale. Nuovi asset e politica commerciale: che novità proporrete al mercato nel 2018? La nostra politica commerciale nel 2018 sarà sicuramente molto diversa rispetto al passato: siamo sempre stati un’azienda più sales oriented che non marketing oriented, ma con la nuova direzione commerciale – che viene dal mondo del largo consumo – intendiamo dare un peso molto maggiore dal punto di vista strategico alla funzione del marketing. Le vendite avranno quindi un grande focus sul fronte dell’execution, ma si muoveranno a valle a fronte di una chiara strategia definita a monte dal marketing. Da un punto di vista del product portfolio, sicuramente punteremo a svilupparci dove siamo leader e dove possiamo crescere velocemente in ambito digitale su quelli che sono in questo momento i nostri tre principali asset: arredo urbano, mall e aeroporti. Una case history che evidenzi al meglio il potenziale del mezzo e i risultati che potete garantire ai clienti? Tra i progetti realizzati con Moohbile – la soluzione crossmedia che combina la capillarità dei nostri asset con la piattaforma DSP Mobile Sonata (by TAPTAP Networks), specializzata nell’erogazione di campagne mobile iperlocalizzate (GPS) in modalità programmatica –, degno di nota è quello per Mondo Convenienza, leader nel mercato dell’Arredamento che da sempre ha una chiara strategia di comunicazione in cui l’OOH è protagonista. La campagna, durata 14 giorni, è stata declinata su 6 città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Firenze) e in 4 centri commerciali premium. Sono state erogate ben 1.087.834 impression ottenendo un totale di 569.482 unique user. 26.769 i click ottenuti,

Il nuovo network Storm, il circuito digitale composto da 9 iconici impianti LED di medi formati, è un prodotto premium che garantisce un’ottima copertura su Milano intercettando la popolazione più attiva. A partire dal 2018, il circuito sfrutterà una piattaforma tecnologica che consentirà la massima flessibilità di pianificazione

che hanno restituto al cliente non solo contatti ma anche e soprattutto preziose informazioni aggiuntive sul target coinvolto. Una performance incredibile con CTR vicini al 2,50%. L’abbinamento di Mobile e Out Of Home ha creato una sinergia vincente su due fronti: beneficiando della geolocalizzazione dell’OOH e della sua copertura capillare a livello nazionale; permettendo, attraverso il GPS, di monitorare il traffico transitato in prossimità di ogni singolo impianto identificando il numero di persone potenzialmente interessate. Attraverso la tecnologia del geofencing e gli analytics tipici di una campagna mobile, abbiamo monitorato il livello di engagement con ‘real data’, verificando il raggiungimento del target e degli obiettivi del cliente, confermando così Moohbile come uno strumento facile da pianificare, flessibile e misurabile.

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Sulla strada del digitale Dopo un anno record come il 2016 sarebbe stato difficile ripetere le stesse performance, ma IGPDecaux stima di chiudere comunque il 2017 in pareggio. Cresce l’offerta Digital (che ha superato i 400 schermi totali) e arrivano nuove soluzioni ‘smart’ per la pianificazione delle audience Outdoor, un mezzo ‘trasversale’e perfetto per qualsiasi azienda, settore o tipologia di target

INTERVISTA a Flavio Biondi, Consigliere Delegato Commerciale e Marketing di IGPDecaux. Come chiuderete il 2017 e quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno dalla vostra concessionaria? Quali i driver principali di tali risultati? Per quest’anno non prevediamo alcuna crescita: il 2017 si chiuderà in linea con il risultato del 2016 che, non dimentichiamolo, è stato per noi un anno record grazie a un fatturato di 131,5 milioni di euro. Tutti i nostri asset hanno performato in linea con le aspettative, e al calo dei poster ha fatto da contraltare l’ottimo risultato del Digital e degli Aeroporti (cresciuti fra il +4% e il +5%). Un discorso a sé merita il digitale, che è l’asset su cui abbiamo maggiormente concentrato i nostri investimenti: agli schermi da 57” già presenti nelle metropolitane e negli aeroporti abbiamo aggiunto oltre 60 nuovi impianti da 84” di ultima generazione, costruendo tra l’altro un circuito di pensiline full digital sul territorio milanese. L’offerta Digital è arrivata ormai a superare i 400 schermi totali ed è stata accolta con grande favore dal mercato, come testimonia una crescita degli investimenti in questo ambito che è stata quasi sorprendente – anche se naturalmente, partendo da una base più ristretta, la sua incidenza sul risultato complessivo e sulla crescita è ancora solo relativa. 104

Flavio Biondi, Consigliere Delegato Commerciale e Marketing di IGPDecaux

Fra i diversi settori e le diverse tipologie di azienda, chi ha mostrato i segnali più ‘forti’ di credere nel vostro mezzo? Premesso che il mezzo Outdoor è per sua stessa


igpdecaux

IGPDECAUX

natura trasversale, si presta a qualsiasi tipologia di azienda o settore ed è perfetto per parlare a qualsiasi tipologia di pubblico, la differenza principale è fatta dai diversi ambienti in cui il media è presente: negli Aeroporti, per esempio, il lusso e la moda vincono su altri settori, mentre ad esempio nelle Metropolitane sono presenti quasi tutte le Industry. Una bella conferma, nonché un segnale di ottimo auspicio per il futuro, è arrivata nell’Arredo Urbano proprio dal settore moda: durante la Settimana della Moda milanese di settembre, Armani ha pianificato in esclusiva il circuito milanese delle pensiline Full Digital. Sempre al settore Moda/Abbigliamento fa capo Miroglio, un altro dei nostri top client, mentre un altro comparto che sta investendo in maniera decisa è quello delle Tel- Broadcasting: posso citare Tim, Vodafone, Sky, Discovery, Netflix, Mediaset… Il Digital sta contribuendo ad avvicinare al mezzo nuovi clienti? Non c’è dubbio che al di là della eventuale fruizione da parte del pubblico, grazie alla possibilità di animare i messaggi pubblicitari con una creatività accattivante, il Digital offra un evidente vantaggio rispetto alla staticità dei poster. Detto questo, fino a oggi non è successo che nuovi clienti si siano avvicinati per la prima volta all’Out Of Home esclusivamente in funzione del Digital OOH, sicuramente, invece, la digital transformation del mezzo sta portando i clienti tradizionali a investire di più. Quali sono stati, nel corso dell’ultimo anno, i principali cambiamenti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management?

Centro Direzionale Milano Fiori,
Strada 3, Palazzo B10 – 20090 Assago (MI) Tel. 02 624981 – Fax 02 6599037 servizioclienti@igpdecaux.it www.igpdecaux.it

Board di direzione: Fabrizio du Chène de Vère, Flavio Biondi, Alessandro Loro. Servizi offerti/Mezzi in concessione: Concessionaria Out-Of-Home Anno di fondazione: 2001 Addetti: 310 collaboratori Fatturato 2016: 131,5 milioni di euro Clienti (principali): Esselunga Lombardia, TIM, Sky Italia, Vodafone Omnitel, Alfred Ritter , Giorgio Armani, Ferrero, LVMH Italia. Due le novità più importanti di quest’anno: prima di tutto l’unificazione della Direzione Commerciale con la Direzione Marketing, con l’obiettivo di avvicinare sempre più le due funzioni che devono lavorare insieme per il raggiungimento dei nostri obiettivi, e poi l’avviamento operativo della business unit Creative & Live Solutions affidata a Benedetta Arlati, che riporta alla Direzione Commerciale, nata per ideare e seguire progetti creativi legati ai nostri asset sul territorio e non solo, occupandosi di tutto ciò che è ‘nuovo’ al di fuori dei mezzi classici. A meno di un anno dal via ha già portato risultati concreti: due esempi recenti sono la gara vinta insieme a Sky per l’albero di Natale in Piazza Duomo e l’illuminazione di Corso Sempione insieme a Carta Sì, in entrambi i casi a Milano. Per quanto riguarda il management Filippo Gullì da inizio anno ricopre la carica di Direttore Vendite e da inizio settembre è arrivato in Italia come Direttore Commerciale Aeroporti Emmanuel Courcol, che già ricopriva lo stesso incarico per JCDecaux in Belgio, mentre continua l’attività di Raffaella Kauffmann nel promuovere l’OOH 105


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Pensilina digitale a Milano con la campagna in Smart Content per il lancio del film ‘IT’ della Warner Bros.

presso le Agenzie Media in affiancamento ai colleghi che presidiano gli Specialist. Più che cambiamenti, definirei tutto questo un segnale forte di sviluppo della nostra concessionaria attraverso un’attività continua di rinforzo dei diversi presìdi – marketing e commerciale, Live, Aeroporti e Agenzie. Come si riflette questa evoluzione dal punto di vista del vostro portfolio e dell’offerta commerciale? Della crescita del Digital abbiamo già parlato, ma credo sia importante sottolineare da un punto di vista strategico è il fatto che i nostri principali clienti principali nazionali concentrano in massima parte i loro investimenti sulle grandi città, e di conseguenza lo stesso facciamo noi, privilegiando investimenti sui grandi centri urbani. Ed è sulle infrastrutture dei grandi centri urbani che 106

faremo i nostri investimenti. Le innovazioni più importanti sono sul fronte delle piattaforme digitali, nuovi strumenti che abbiamo messo e che metteremo a disposizione dei clienti dal prossimo anno. La prima novità, già introdotta e disponibile per chi ne fa richiesta, è la soluzione ‘Smart Content’ – che consente al cliente di cambiare il contenuto del messaggio sugli schermi digitali in modo contestuale, su parametri prestabiliti come ad esempio l’orario, il meteo, il traffico ed eventuali altre variabili. E poi ‘Smart Bricks’ – che per chi lo vorrà sarà disponibile anche insieme a Smart Content –, una piattaforma che dal 2018 proporrà un nuovo modo di acquistare l’Esterna selezionando i target e i profili di audience più affini a ciò che desidera il cliente, sulla base di parametri sociodemografici e non solo, gestendo il tutto nella


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Netflix ha utilizzato l’Outdoor come base portante della sua strategia di comunicazione, scegliendo la metropolitana di Milano come hub per comunicare i propri programmi con ben quattro domination

Come già aveva fatto nel 2016, Zalando ha riconfermato l’uso dell’Esterna per promuovere il suo sito di vendite di moda online

massima libertà per ottimizzare accuratamente qualsiasi pianificazione. I classici circuiti non spariranno e continueranno a essere parte della nostra offerta, ma al loro fianco sarà disponibile questa nuova straordinaria opportunità. Per tutti questi motivi mi sento di dire che l’Out Of Home è un mezzo che più di altri ha imboccato la strada del digitale rinnovando la sua proposizione: in questo campo JCDecaux è all’avanguardia in tutto il mondo, e l’Italia è il mercato dopo Inghilterra e Francia in cui questa innovazione sta procedendo sempre più rapidamente.

metropolitana di Milano come Hub per comunicare i propri programmi pianificando quattro domination e più in generale ha utilizzato l’Outdoor come base portante della sua strategia di comunicazione. Un’altra case importante è quella di Zalando, che come già aveva fatto nel 2016, ha riconfermato l’uso dell’Esterna per promuovere il suo sito di vendite di moda online. Una case history per così dire ‘storica’ è poi quella Esselunga, che da anni è il nostro primo cliente in assoluto e che continua a privilegiare l’Out Of Home come mezzo di comunicazione. Potrei continuare a lungo a citare casi di successo, ma preferisco chiudere dicendo quello che ci raccontano i nostri clienti e cioè che l’OOH è il media che più di altri è stato capace di innovare ed è il mezzo preferito per raggiungere i target più attivi e metropolitani, i target più interessanti per le marche di successo.

Per concludere: quale fra le vostre più recenti case history è in grado di evidenziare al meglio il potenziale del vostro mezzo e i risultati che può garantire ai clienti? Le più significative e appariscenti sono quelle del settore ‘Innovate’, ma come ho già detto il nostro mezzo si sa adattare perfettamente a molteplici esigenze, quindi di case history ce ne sarebbero davvero moltissime. La prima che credo valga la pena indicare è quella di Netflix, che quest’anno ha scelto la

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La scelta vincente Varata da pochi mesi, IOL Advertising è la nuova concessionaria di pubblicità nazionale di Italiaonline, una struttura agile e completa che mette il cliente al centro partendo da tre punti chiave per garantire a ogni cliente elevate performance legate a tutte le metriche che il mercato oggi richiede: audience (grazie a una market reach del 56%), brand safety e innovazione tecnologica

INTERVISTA a Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline. Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno dalla vostra concessionaria? Quali sono stati i driver principali di tali risultati? Per Italiaonline il 2017 è stato l’anno in cui ci siamo rilanciati su un mercato, come quello del digital advertising per grandi clienti, con la nascita della nostra nuova concessionaria IOL Advertising, che come noto abbiamo varato lo scorso luglio con un evento in grande stile a Milano. In pochi mesi abbiamo piazzato sul mercato colpi davvero importanti: siamo infatti concessionaria esclusiva per un ventaglio di siti di riferimento in ognuno dei settori in cui operano: da Lettera43 a 3BMeteo, dal network FattoreMamma a Eleven Sports. Per molti di essi la partnership è inoltre anche a livello di contenuti, oltre che pubblicitaria. Questi sono soltanto i primi dei frutti che stiamo cominciando a raccogliere rispetto a quanto abbiamo seminato. Tutto ciò è imprescindibile dal ‘driver’ più rilevante, che dobbiamo sempre ricordarci di aggiungere, ossia 56. Non è un semplice numero, ma la percentuale della nostra market reach. Questo vuol dire che un navigatore italiano su due si ferma sulle nostre properties, dai portali 108

Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline.

ai verticali alla mail. I nostri inserzionisti, quindi, sanno che pianificare con noi è sinonimo di vasta audience, sia quantitativa che qualitativa. Guardando al futuro, proseguiamo nelle nostre performance positive in ambito Programmatic, settore in cui crediamo molto e rispetto al quale abbiamo il vantaggio di avere a disposizione un bacino esteso come il nostro, di grande qualità e con una brand safety totalmente tutelata.


italiaonline

ITALIAONLINE Via del Bosco Rinnovato, 8 - 20090 Assago Milanofiori Nord (MI) Tel. 02.29047001 info@italiaonline.it www.italiaonline.it

Board di direzione: Tarek Aboualam, Chairman; Antonio Converti, CEO. Fra i diversi settori e le diverse tipologie di azienda, chi ha mostrato i segnali più ‘forti’ di credere nel vostro mezzo? Quali iniziative avete preso per mantenere da un lato la fedeltà degli investitori ‘tradizionali’ e dall’altra per acquisire nuove fasce e segmenti di utenza? Uno dei punti chiave che guida la nuova IOL Advertising è il rimettere il cliente al centro di tutta la nostra attività, curando soprattutto gli aspetti di pre e post vendita. Tengo moltissimo a questo aspetto, perché è fondamentale per differenziarci in un mercato che è sempre più impalpabile e a cui invece noi proponiamo un modello di leadership differente, che renda i clienti protagonisti delle campagne per le quali investono. Un cambio di mentalità del quale i nostri clienti si stanno accorgendo, premiandoci. Partner storici come ad esempio Samsung ci aiutano a sperimentare sempre nuove soluzioni creative, per massimizzare sia l’impatto di comunicazione delle campagne, sia gli obiettivi di engagement e performance. Le attività sinergiche con i partner acquisiti in concessione ci hanno inoltre permesso di estendere il nostro potenziale a settori precedentemente meno ‘core’, ma che invece sono importantissimi: è il caso, per esempio, di tutto il mondo infanzia, come dimostra l’attività che abbiamo svolto con Original Marines e FattoreMamma in occasione della Festa dei nonni. Tutto questo si somma alle nostre elevate performance legate alle metriche che il mercato oggi richiede (viewability, brand safety,

Servizi offerti/Mezzi in concessione: portali e servizi internet, soluzioni digitali per imprese, digital advertising. Anno di fondazione: 2013 Addetti: <2.000 dipendenti, <1.000 agenti. Ricavi (media 2016): 389,5 milioni di euro Clienti (principali): Ferrero, Barilla, Ford, Volkswagen, PSA Group, Samsung, Benetton, American Express, Procter & Gamble intarget e così via) e che ci permettono di essere partner affidabili per i più grandi player del settore, siano essi Procter & Gamble o Barilla o altri ancora. Quali sono stati, nel corso dell’ultimo anno, i principali cambiamenti all’interno della vostra struttura dal punto di vista dell’organizzazione e del management? Sono stato chiamato da Italiaonline per dirigere la nuova concessionaria IOL Advertising e ne sono felice: abbiamo creato una ‘sales house’ imprescindibile per qualsiasi inserzionista, in un momento specifico del mercato dell’advertising nel quale la dimensione del network, associata sia a standard qualitativi elevati che a risultati di performance altrettanto elevati, rappresentano il fattore vincente per essere leader. Lavoriamo in grande armonia con tutta la business unit Large Account, di cui la mia area fa parte. Al mio interno, siamo strutturati in quattro canali di fondamentale importanza: il canale di vendita diretta puro, oggi particolare 109


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Massimo Crotti durante la presentazione di IOL Advertising e dell’intero ventaglio di offerte della concessionaria di digital adv nazionale di Italiaonline

oggetto della nostra attenzione per i grandi margini di sviluppo che riteniamo possa avere; il canale del programmatic, rispetto al quale Italiaonline è stata pioniera e che ci vede sempre all’avanguardia con la sperimentazione di nuove tecnologie; il canale dedicato ai progetti, che studia e realizza soluzioni di comunicazione integrata modellate sul cliente, sia dal punto di vista creativo che di ingaggio del target; il canale che gestisce i rapporti coi centri media, che da sempre trovano in noi un interlocutore di primordine. Certamente un’organizzazione efficiente è necessaria, ma oltre a ciò ci vogliono professionisti come i nostri, con cui sono felice di collaborare sin dai primi giorni di questa avventura e che costituiscono quel fattore umano indispensabile per poter raccontare al mercato tutto quanto di grande e di bello stiamo realizzando. Per concludere: quale fra le vostre più 110

recenti case history è in grado di evidenziare al meglio il potenziale del vostro mezzo e i risultati che può garantire ai clienti? Tra i molti nostri grandi clienti che toccano le più varie categorie merceologiche, l’automotive è sicuramente un settore con cui abbiamo importanti collaborazioni, ed è peraltro dagli ultimi dati di previsione il settore più in crescita come investimenti nel digital adv. Per fare un esempio recente e di successo, abbiamo da poco realizzato una importante attività progettuale con Opel, per il lancio della nuova gamma Opel X per mezzo del nostro portale verticale Virgilio Motori, con creatività impattanti ad hoc. La campagna ha avuto ottime performance, sia in termini di impression che di CTR e tempo medio speso, confermando che investire con un player come Italiaonline, che garantisce elevata visibilità, qualità dei contenuti e brand safety, è la scelta vincente.


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Strategia e creatività Nonostante la brusca frenata di luglio e agosto, la concessionaria del Servizio Pubblico chiuderà l’anno in territorio positivo grazie a un’offerta sempre più ricca – in particolare sul fronte digitale – e soprattutto capace di coniugare creatività e linguaggio con i trend emergenti per dare vita a progetti speciali multimediali coerenti con le esigenze di comunicazione dei clienti

INTERVISTA a Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità. Benché non particolarmente brillante, il mercato italiano sembra avviato a chiudere anche il 2017 con un tasso di crescita comunque positivo: in tale contesto, come è andata quest’anno per la vostra concessionaria? In linea con quanto dichiarato dalle Associazioni, UPA in primis, a inizio 2017, anche Rai Pubblicità aveva messo a budget per quest’anno una crescita del +2%, al netto degli Europei e delle Olimpiadi, considerando anche la previsione di crescita del PIL, dato a +1,8%. In realtà, però, il mercato si è comportato diversamente dalle aspettative rivelandosi estremamente volatile, con salti dal +5% al -4%, smentendo la correlazione fino ad oggi confermata tra crescita del PIL e crescita degli investimenti (solitamente a una crescita del PIL di 1 punto percentuale corrispondeva una crescita della raccolta di 2 punti). Nonostante infatti una crescita dell’economia superiore alle previsioni, tutte le principali concessionarie, con poche eccezioni, hanno registrato una brusca frenata, che per Rai Pubblicità si è rivelata particolarmente pesante a luglio ed agosto. Inoltre, va tenuto presente che sulla performance della concessionaria Rai pesano ancora anche l’eliminazione dell’advertising dal canale per bambini Rai YoYo e la scelta di togliere gli spot relativi al betting. 00 112

Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità

Per tutte queste ragioni stimiamo una chiusura in pareggio per il mercato adv nel suo complesso. Quali sono stati i driver principali dei risultati di Rai Pubblicità? I driver principali sono stati quelli di coniugare creatività, linguaggio con i trend emergenti per dare vita a progetti speciali multimediali coerenti


raipubblicità

RAI PUBBLICITÀ Via Giovanni Carlo Cavalli 6, Torino Tel. 011 7441111 Fax 011 7441200 Ufficio.StampaRaiPubblicita@raipubblicita.it www.raipubblicita.it

con le esigenze di comunicazione dei clienti che non avevano ancora trovato la modalità di espressione corretta in termini di advertising. La capacità di creare progetti speciali rivolti a diverse tipologie di clientela si è dimostrata un’arma vincente. Non dimentichiamoci inoltre l’importanza, la qualità e le performance del contenuto Rai in grado di soddisfare ogni necessità di comunicazione e capace di raggiungere chiunque. Quali sono stati, nel corso dell’ultimo anno, i principali cambiamenti dal punto di vista del vostro portfolio e dell’offerta commerciale? Quest’anno abbiamo assistito al consolidamento di RaiPlay, la piattaforma online di Rai. Una nuova frontiera di sviluppo, la linea di confine tra l’offline e l’online, un diverso orizzonte dell’advertising. L’offerta digital di Rai Pubblicità rappresenta infatti una zona di sintesi tra il branding e la performance capace di avvicinare il consumatore e di instaurare una relazione forte e duratura, fondata su emozioni e valori positivi. Che il digitale sia una carta vincente di Rai Pubblicità si evince anche dai dati di crescita della relativa raccolta in autunno: a ottobre abbiamo registrato un +54% della raccolta e un +40% del video, che vale ben l’80% della raccolta digitale della concessionaria. Buon andamento anche per le iniziative speciali, cresciute a tripla cifra dall’inizio dell’anno. Ma altre novità presto in arrivo in ambito digital. L’offerta radiofonica si è allargata, a oggi, con 4 emittenti specializzate, ma l’offerta verrà ampliata già entro l’anno: l’andamento della raccolta

Board di direzione: Antonio Marano, Presidente; Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato; Luciano Flussi, Direttore generale Servizi offerti/Mezzi in concessione: offerta commerciale crossmediale declinata su tutte le piattaforme Tv, radio, digital e cinema. Anno di fondazione: 1926 (ex Sipra) Clienti (principali): tutti i principali top spender

sul mezzo è positivo, dopo un settembre intorno al +4%, in linea con i dati FCP, a ottobre l’incremento si è attestato tra il +6% e il +7%, è già double digit a novembre e l’incremento a doppia cifra sarà confermato anche per dicembre. E a dicembre partirà anche RaiPlay Radio che avrà un politica commerciale ad hoc nel segno di una maggiore sinergia con il digitale vista la crescente fruizione della radio attraverso device mobili e digitali. Una politica che si integrerà al meglio anche con le radio specializzate che abbiamo messo a punto nel segno di un’offerta sempre più crossmediale. Non sono mancati anche quest’anno eventi sul territorio in grado di coniugare in maniera perfetta una comunicazione classica con una presenza sul territorio e quindi con una strategia di vicinanza al target di riferimento. Radio Rai è sempre molto attiva a seguirci nell’organizzazione di tali iniziative. Non dimentichiamoci infine della case history di Sanremo, una perfetta sinergia cliente-contenuto-comunicazione classica e non con evento sul territorio che ha fatto parlare di sé e del cliente per mesi e che ancora non ha esaurito i suoi effetti. 113


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‘Lezioni di etichetta’ è il nuovo format di Rai Pubblicità che eleva l’equity di marca e racconta i brand ai nuovi consumatori unendo efficacemente strategia e creatività. A poco meno di un anno dal lancio, il format ha riscosso notevole successo sul mercato, registrando l’adesione di numerose aziende, a cominciare da Colussi, che ha inaugurato il formato, seguito da Misura, Natura Ricca, Mutti, Montana (Classica e Vitello), Sant’Anna (Karma, Acqua, Santhè), Oleificio Zucchi, Conad Verso Natura (linee: Bio Veg Equo ed Eco), Caviro, Tavernello, Orogel Virtù Di Brodo, Yakult Plus

Per concludere: quale fra le vostre più recenti case history è in grado di evidenziare al meglio il potenziale del vostro mezzo e i risultati che può garantire ai clienti? La nostra concessionaria crede nell’importanza di sostenere e sviluppare la comunicazione delle aziende che fanno leva su credibilità e trasparenza per accrescere la fiducia dei consumatori nei confronti del brand. La risposta perfetta è stato il lancio di ‘Lezioni di etichetta’, il format crossmediale del progetto speciale ‘Be Transparent’, che consente alle aziende di diffondere i valori della marca e informare sulle caratteristiche dei prodotti a consumatori che desiderano operare 114

scelte consapevoli. La narrazione si sviluppa attraverso i vari media con un linguaggio coerente a mezzo, brand e prodotto. Alla base la tendenza socio-culturale che intercetta il bisogno delle imprese di informare e dei consumatori di essere informati. ‘Lezioni di etichetta’ ha fatto centro tra le aziende, che hanno risposto in maniera massiccia dimostrando piena soddisfazione. Un format che eleva l’equity di marca e racconta i brand ai nuovi consumatori unendo efficacemente strategia e creatività. Questa sarà la strada che Rai Pubblicità continuerà a seguire il prossimo anno con nuovi progetti già in fase di realizzazione.


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Progetti a 360 gradi Forte di un portfolio di 15 canali fra quelli editi da Viacom Italia e quelli gestiti per conto di altri editori, la struttura guidata da Paolo Romano offre agli utenti pubblicitari una serie di Tv brand dalla forte identità con pubblici e target ben definiti sia in ambito pay (su Sky), sia free to air. E nel complesso spicca la sua posizione di concessionaria leader sul target kids

INTERVISTA a Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions. Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, di cui abbiamo parlato in precedenza, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno dalla vostra concessionaria? Quali i driver principali di tali risultati? Viacom Pubblicità & Brand Solutions ha chiuso l’anno fiscale Viacom 2017 – che si chiude al 30 settembre – con una crescita positiva. Rispetto al 2016 è un +72% che risulta però sbilanciato in quanto non è a perimetro omogeneo. La concessionaria, infatti, ha acquisito la concessione di diversi canali terzi nel corso di quest’anno e quindi non si può fare un confronto puntuale. In ogni caso, anche considerando il perimetro omogeneo, abbiamo chiuso con segno positivo, risultati trainati sul free to air dall’ottimo andamento di Paramount Channel, che nel 2017 ha visto il suo completo sviluppo e successo, e la forza di tutti i nostri brand a cominciare da MTV, che rimane il punto di riferimento per il target giovane, senza dimenticare i canali kids sia su Sky a brand Nickelodeon, che Super! sul Fta. Viacom Pubblicità è infatti, ancor più oggi con le nuove acquisizioni, 116

Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions

la prima concessionaria sul target kids. Fra i diversi settori e le diverse tipologie di azienda, chi ha mostrato i segnali più ‘forti’ di credere nei vostri mezzi?


viacompubblicità&brandsolutions

VIACOM PUBBLICITÀ & BRAND SOLUTIONS Corso Europa, 5 – 20122 Milano Tel. 02 76211711 – Fax 02 762117227 www.viacompubblicita.it

Board di direzione: Paolo Romano, Direttore Generale; Andrea Castellari, A.D. Viacom Italia tv, web, app, social media

Quali iniziative avete preso per mantenere da un lato la fedeltà degli investitori ‘tradizionali’ e dall’altra per acquisire nuove fasce e segmenti di utenza? In Viacom Pubblicità puntiamo molto sulla rilevanza di tutti i nostri brand che hanno una identità ben precisa e si rivolgono a pubblici e target ben definiti. Questo, unito alle operazioni speciali di comunicazione costruite ad hoc per i clienti dal nostro dipartimento di Brand Solutions guidato da Micaela Lodrini, ci permette di continuare a contare sulla fedeltà dei nostri clienti storici e, ancor più, di acquisire nuovi interlocutori. Nel corso dell’ultimo anno e degli ultimi mesi avete arricchito e ampliato il vostro portfolio in maniera considerevole: ci riassumete i punti di forza essenziali della vostra offerta agli investitori? Oggi possiamo contare su 15 canali gestiti dalla concessionaria tra quelli di proprietà dell’editore Viacom Italia (i brand MTV,

Comedy Central e Nickelodoen su Sky, Paramount Channel, VH1 e Spike sul digitale terrestre) e quelli che abbiamo acquisito che ci permettono di essere presenti in maniera forte in alcune aree specifiche e di avere delle offerte distintive. Per esempio, Cinesony è complementare a Paramount Channel, così come Alpha di De Agostini è complemetare a Spike appena lanciato; Pop insieme a Super! e ai canali a brand Nickelodeon su Sky ci permette di essere la prima concessionaria kids sul mercato italiano; Radio Italia Tv completa la nostra offerta musicale sul free to air insieme a VH1 (a cui si aggiungono i canali musicali a brand MTV su Sky); e, infine, Food Network rafforza l’offerta free sul pubblico 25-54 del nostro portfolio. Quali sono i plus che caratterizzano la vostra struttura dal punto di vista dell’offerta commerciale a 360 gradi? Indubbiamente il nostro approccio e la sinergia tra i brand. Da un lato, infatti, da sempre pensiamo i progetti a 360 gradi – è una delle nostre caratteristiche distintive – in modo da integrare sempre perfettamente Tv, social, web ed eventi in progetti di comunicazione speciali costruiti insieme ai clienti per rispondere anche in maniera creativa alle loro necessità. Dall’altro, la ricchezza e varietà del nostro portfolio ci offre anche 117


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la possibilità di creare sinergie e pianificazioni cross brand. Per concludere: quale fra le vostre più recenti case history è in grado di evidenziare al meglio il posizionamento dei vostri mezzi e i risultati che possono garantire ai clienti? Sicuramente Paramount Channel che, lanciato a febbraio 2016, è ad oggi il miglior lancio di sempre per un canale nativo digitale. Paramount, che si rivolge ad un pubblico di story lovers 25-54enni, ha infatti raggiunto in pochi mesi l’1% di share sugli individui con diverse case history di programmazione che hanno superato il 2% sul prezioso target commerciale 25-54. Questi risultati sono possibili grazie al linguaggio con cui le novità e le serate speciali vengono comunicate e all’ampiezza di offerta del canale tra film, film per la Tv e serie. In ambito pay, segnalo invece il successo di #Riccanza su MTV, il docu-reality sui giovani ricchi italiani di cui si è parlato ovunque e che è stato tra i nostri principali successi social dell’anno insieme agli MTV Awards di maggio a Roma.

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In partenza la seconda serie di #Riccanza, su MTV, il docu-reality sui giovani ricchi italiani che è stato tra i principali successi social dell’anno


viacompubblicitĂ &brandsolutions

Nella foto, Francesco Gabbani, uno dei protagonisti del grande e immancabile successo degli MTV Awards, tenutisi a maggio nella Capitale.

Le voci del Trio Medusa commentano il game show ‘Wipeout - Pronti a tutto’ su Spike, lanciato da Viacom Italia a ottobre sul canale 49 e rivolto a un target 25-54 prevalentemente maschile 119


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La fabbrica dei contenuti Non solo giornalismo: AGI, da quasi 70 anni una delle principali news company italiane, vuole raccogliere la sfida di un mercato nascente che vede le aziende trasformarsi sempre più in vere e proprie media company. Per questo l’agenzia punta a rappresentare un partner ideale per la fornitura di contenuti – standard o tailor made – per i canali di comunicazione di qualsiasi brand

AGI - AGENZIA ITALIA aè una delle principali news company italiane. Notizie, interviste, inchieste, verifica dei fatti con numeri e dati certificabili, dirette streaming e servizi video per dare ai giornalisti di radio, Tv e giornali, tutti gli strumenti per andare oltre gli slogan. Perché la verità conta. Per contribuire a creare una opinione pubblica informata, il presupposto di una democrazia sana. Ma anche uno spazio privilegiato dove raccontare le storie di successo dell’italian lifestyle e condividere le idee di un’Italia che cambia. Una storia italiana e internazionale L’agenzia ‘Italia’ nasce nel 1950, in un Paese che vuole uscire dalla depressione sociale ed economica e sull’onda del ‘piano Marshall’ ideato per ridare ossigeno ad un’economia resa esangue dalla seconda guerra mondiale. Dopo due anni di lavoro faticoso per tentare di affermarsi in un mercato editoriale caratterizzato dal monopolio dell’Ansa, nel 1952 e per tutti gli Anni 60, quelli del ‘miracolo economico’, l’Agi – sotto la direzione di Adolfo Annesi – gioca la carta dell’informazione internazionale. L’obiettivo è fornire informazioni e servizi di politica internazionale per soddisfare la domanda crescente delle imprese italiane interessate ai mercati esteri. Così nella prima e storica sede, in via di Campo Marzio, a Roma, l’Agi è la prima ad 122

installare un sistema di antenne (che suscita grande curiosità nel pubblico) in grado di captare le trasmissioni della BBC, Radio Lubiana, Radio Cairo, ecc. Notizie diffuse in tutte le sedi che Agi apre in Italia e all’estero, tramite i primi, avanzati, sistemi di telescriventi. Dal 1965 è acquisita dall’Eni di Enrico Mattei: apre nuove sedi, consolida la propria vocazione internazionale, si specializza nel settore dell’informazione economica acquistando il canale americano Dow Jones per raccontare il boom economico e il made in Italy. Gli anni ‘80 e ‘90 sono quelli dell’innovazione tecnologica: nelle redazioni entra la telematica per la trasmissione computerizzata di tutti i notiziari attraverso la rete Videotel. Dopo la telematica è la volta dell’informatica e del satellite: nel 1997 AGI è tra i primi a realizzare il proprio sito Internet. Giornalismo, professionalità e innovazione E adesso? Oggi più che mai, nell’era della post verità e delle fake news – da The End of Truth a The End of Trust: con la fiducia nelle elite e nel giornalismo a picco – si affermano nuove modalità di comunicazione centrate sulla qualità dei contenuti, trust verso le fonti, capacità di svolgere approfondimenti, disintermediazione nel rapporto con gli utenti/ consumatori e relativo ingaggio. Per questo AGI ha deciso di ripartire dal


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giornalismo, coniugando professionalità e innovazione. Prima di tutto un nuovo posizionamento: La verità conta, ed è – e resta – al centro del giornalismo. Prima di tutto AGI ha iniziato a produrre una serie di inchieste di verifica dei fatti/dichiarazioni misurando l’oggetto di analisi con numeri e dati certificabili. Per dare ai giornalisti strumenti utili e insieme per contribuire a creare una opinione pubblica informata, presupposto di una democrazia sana. Così AGI è diventata una piattaforma di talenti con cui creare sempre nuovi servizi. Infatti l’agenzia pone al centro della sua attenzione lo spirito creativo di talenti e professionisti emergenti e lo fa con una fucina di innovatori versatili, cercati e selezionati con un Dna ben pensato: talento, dinamismo multimediale, ricerca del nuovo (tra gli altri, Pagella Politica, Formicablu, YouTrend, Next New Media, Tpi, Dshare). Insieme a loro sono stati costruiti una serie di nuovi prodotti, basati sul: fact checking, per cercare di capire sempre e comunque; data journalism, per raccontare e visualizzare fenomeni complessi ; video e live, dirette streaming, notiziari video per il web e la Tv, motion graphics e progetti ad hoc; book ed ebook, I Quaderni dell’Agenzia Italia, in collaborazione con il Censis, sulla cultura dell’innovazione degli italiani, che nascono con una promessa scritta in copertina: ci interessa soltanto ‘la verità dei fatti’; e ancora, una serie di nuove reti verticali: Digitale e Innovazione; Mobilità; Energia; Africa; Mediterraneo. Mobile first content solutions Ma non solo: negli ultimi mesi l’agenzia ha portato avanti un progetto di digital trasformation a 360° – che già oggi la ridefinisce come AGI 4.0, la prima agenzia ‘mobile first’ per giornalisti e utenti – incentrato sull’esten-

AGI – AGENZIA ITALIA Via Ostiense, 72 – 0010 Roma Tel. 06 519961 ufficio.stampa@agi.it www.agi.it

Board di direzione: Salvatore Ippolito, Ceo; Massimo Mondazzi, Presidente; Riccardo Luna, Direttore; Marco Pratellesi, Condirettore. Servizi offerti/Mezzi in concessione: Agenzia di stampa; Content Factory. Anno di fondazione: 1950 Addetti: 124 Fatturato 2016: 23.404.276 euro Clienti (principali): Industria, Media, PA.

sione dell’offerta di soluzioni e servizi della società, dall’attuale core business (il news gathering) a un nuovo paradigma comprensivo della fornitura al mercato di content solution a 360 gradi, incluse soluzioni tecnologiche mobile first con alto livello di specializzazione nel settore media: Agi Editor, soluzione per la creazione, l’editing e la distribuzione di contenuti long form storytelling da parte di clienti finali come i media e i brand; Agi Brand Package, soluzione per la pubblicazione di contenuti, prodotti da AGI o dai clienti, su app e altri canali online da parte di clienti finali quali i brand. Non solo giornalismo, quindi: AGI vuole raccogliere la sfida di un mercato nascente, che vede il bisogno delle aziende di diventare media company. Per esse AGI rappresenterà il partner ideale per fornire contenuti standard o tailor made per i propri canali di comunicazione. Le aziende più innovative si stanno spostando infatti dall’essere semplicemente advertiser a diventare media brand: in questo scenario le marche hanno un bisogno disperato di

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Salvatore Ippolito, ceo di AGI, durante il lancio della nuova content factory

contenuti affidabili, veritieri, al giusto costo con il supporto di piattaforme di publishing da integrare ai loro canali. La svolta di AgiFactory In un mondo caratterizzato da un content overload e dove tutti si propongono come content provider, rendendo faticoso distinguere la qualità dal garbage, dal 21 novembre 2017 AGI è pronta a lanciare una svolta ‘storica’ nel panorama della comunicazione italiana con una nuova offerta: il primo e unico esempio italiano di ‘factory di brand journalism’. Fatta da chi lo sa fare da oltre 60 anni, da chi ha fatto della verità la propria bandiera e che oggi vuole essere il punto di riferimento nel mondo del Content Providing per le aziende e gli operatori della comunicazione di marca per qualità e profondità dei 124

contenuti, per la varietà della propria offerta e per i modelli relazionali proposti. Truly content, insieme pay-off e approccio strategico, per orientarsi alla creazione di contenuti per i brand, in linea con il positioning della nuova AGI. La verità conta, diventa rilevante anche nel mondo del branded content, del brand journalism, perché porre al centro la qualità giornalistica è, insieme, vincente ed un elemento differenziante. Tutto questo è alla base del nuovo business model di AGI che aggiunge un asset operativo: AgiFactory. Fatti per creare contenuti. Agi non aggiunge al suo portafoglio una semplice content factory ma LA content factory in grado di creare contenuti di alta qualità sviluppati per lo storytelling di brand e aziende, per aiutarle a concretizzare le loro content marketing strategies con racconti


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Riccardo Luna, direttore AGI

basati sui fatti. Dal fact checking, all’arte dello storytelling, passando per una profonda conoscenza delle piattaforme e soluzioni tecnologiche, AgiFactory si posiziona da oggi come il nuovo punto di riferimento nel mondo della content

creation per i leading brand e le agenzia di comunicazione. La forza di AgiFactory sta nel proprio heritage; 60 anni di professionalitĂ nel selezionare e trattare fatti, nel verificarli, nel raccontarli in modo puntuale, tempestivo e coinvolgente.

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