N° 116 novembre 2018 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano
la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing
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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. responsabile commerciale Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Andrea Parmigiani - andrea.parmigiani@adcgroup.it Elena Rossi - elena.rossi@adcgroup.it Franco Trerotola - franco.trerotola@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 116 novembre 2018 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: Via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2018 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di novembre 2018 da: P.F. Via A. Gramsci, 37 - 20089 Rozzano (MI)
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Editoriale
Cambio di paradigma LANCIATA all’inizio di quest’anno dalle pagine online di ADVexpress, e successivamente ripresa anche da quelle cartacee di NC, abbiamo realizzato una lunga serie di interviste che ha coinvolto gli operatori della comunicazione a 360 gradi proponendosi di capire meglio il passaggio epocale che l’intera industry sta vivendo all’insegna delle Digital Transformation. Se è vero che da un modello di comunicazione basato sullo storytelling si passerà a un marketing technology & data-driven, le agenzie di comunicazione di ogni ordine e grado sono pronte a trasformarsi in consulenti strategici per il business delle aziende come queste ultime sembrano richiedere? A quasi un anno dall’avvio dell’inchiesta, le risposte ottenute e i trend di investimento mostrano che tutto è davvero già cambiato: le aziende cercano una strada che sia allo stesso tempo la più veloce, la meno costosa e la più efficace per raggiungere i propri target. Per questo ai mezzi e alle agenzie chiede di sapere tutto delle persone cui intende rivolgersi ed esige una consulenza sempre più strategica su quale strada faccia davvero al caso loro. Il ‘Paradigm Shift’ illustrato dalla copertina di questo Quaderno è assolutamente simbolico del momento in cui ci troviamo: perché la trasformazione richiede tempo, investimenti e talenti ben al di là del semplice clic sul tasto di un computer; ma allo stesso tempo la richiesta dei brand è urgente e immediata, e chi non si è già attrezzato per fare il salto rischia di perdere definitivamente il treno dello sviluppo futuro. I protagonisti le cui opinioni e testimonianze leggerete in queste pagine sembrano dimostrare che la quasi totalità delle agenzie media e delle media company ha capito per tempo questa necessità e si sta attrezzando di conseguenza. Ognuno, chiaramente, lo sta facendo e lo farà a modo suo, specializzandosi verticalmente o, al contrario, abbraciando l’orizzontalità di un servizio più ampio ma più mirato e ‘ad personam’. Infine, non va dimenticato che il 2018 che si sta per chiudere è stato l’anno che ha visto da un lato la ‘caduta’ di un leone come Sir Martin Sorrell (ma anche il suo immediato ‘ruggito’ di rinascita), e dall’altro l’arrivo di un’entità completamente nuova (e per questo ancora guardata con sospetto) come la piattaforma di Intelligenza Artificiale ‘Marcel’ creata da Publicis Groupe. Forse, dunque, anche in questo caso potremmo dire che uomo vs. macchina – o storytelling vs. tecnologia, se preferite – in realtà più che combattersi l’un l’altro dovranno imparare a convivere. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group 5
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indice
Indice Editoriale, di Salvatore Sagone
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LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Adelante, cum judicio! Capitolo 2. Si cambia o si muore Capitolo 3. Matti dalle gare? Capitolo 4. Una relazione win-win Capitolo 5. The power of data
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I PROTAGONISTI - AGENZIE MEDIA Havas Media Group. Una crescita ‘sana’ Inmediato Mediaplus. La forza dell’indipendenza OMD. Better desicions, faster PHD. Finding a better way
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I PROTAGONISTI - CONCESSIONARIE Clear Channel Italia. L’OOH mette il turbo IGPDecaux. Più digital, più smart Italiaonline. One stop shop Publitalia ‘80. Innovazione costante Rai Pubblicità. Trasoarenza e progettualità Viacom. la ‘Nuova’ Televisione
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I PROTAGONISTI - ALTRE STRUTTURE Impersive. VR experience, real engagement
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DOVE TROVARLI Gli indirizzi 106
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la geografia del mercato
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Adelante, cum juicio! Scomodiamo Manzoni per sintetizzare la visione del mercato che emerge sia dalle stime dei forecaster che dal polso dei protagonisti: in un clima caratterizzato da incertezza economica e politica, gli investimenti in advertising cresceranno ancora ma lentamente, trainati dal digital che erode quote di mercato alla Tv mentre gli altri mezzi non riescono a scalfirne l’attuale strapotere
SECONDO l’Advertising Expenditure Forecast, pubblicato da Zenith a fine settembre, i due terzi della crescita registrata dalla spesa pubblicitaria globale tra il 2017 e il 2020 deriverà da paid search e social media. Il contributo più significativo arriverà da quest’ultimo comparto che vedrà crescere gli investimenti da 48 a 76 miliardi di dollari, mentre la paid search passerà da 86 a 109 miliardi. Negli ultimi anni la paid search ha assistito a un percorso di sviluppo costante. Piattaforme, agenzie e brand utilizzano tecniche di intelligenza artificiale sofisticate per ottimizzare targeting, messaging e conversione. La search si sta sempre più integrando con il processo di vendita e acquisto sia online — i brand stanno spostando i propri budget su piattaforme e-commerce — che offline — i retailer usano i dati di posizione e di store inventory per fare incontrare gli shopper attivi direttamente con i prodotti ricercati in quel determinato momento. I brand sono pronti a scommettere sull’innovazione pianificando budget extra; si stima che tra il 2017 e il 2020 gli investimenti in paid search cresceranno a un tasso medio annuale del +8%. La voice search rappresenta il prossimo passo nell’evoluzione di questo comparto anche se dovremo ancora aspettare per vedere un significativo sviluppo della pubblicità sugli assistenti vocali. Di solito, quando gli utenti eseguono una ricerca vocale tramite smart speaker si trovano 10
davanti il primo risultato organico; le ricerche vocali su smartphone possono mostrare più risultati anche se in misura inferiore rispetto alle ricerche fatte con la tastiera. Con la crescita delle ricerche tramite voice search diventa fondamentale per i brand appropriarsi delle keyword più importanti per loro e produrre contenuti che permettano di ottenere una posizione alta nei risultati organici. Sicuramente nel prossimo futuro le piattaforme di search lavoreranno per implementare la paid search sugli assistenti vocali, ma per il momento i brand devono concentrarsi sul voice SEO. La rapida crescita del social media advertising avvenuta nell’ultimo periodo è merito soprattutto delle piattaforme che hanno sostituito la pubblicità statica con video ingaggianti. Se in un primo momento i social video sono stati pianificati in ottica di complementarità con la televisione, oggi le piattaforme sono più direttamente in competizione con la televisione, ospitando contenuti di lunga durata e inserendo annunci mid-roll simili a quelli dei break televisivi. Si stima che gli investimenti pubblicitari riservati ai social media cresceranno a un tasso annuo del 16% fino al 2020, il doppio rispetto alla paid search. In generale, stima Zenith, nei prossimi anni gli investimenti cresceranno a livello globale a un tasso annuo fra il +4 e il +5%, mantenendo costante il trend rilevato a partire dal 2011. Più precisamente, il Forecast indica in un +4.5% la crescita per quest’anno, e al +4.2% quella per il
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1 – ITALIA: TOTALE INVESTIMENTI PUBBLICITARI 2001–2019 (MLN DI EURO)
Fonte: Stime Centro Studi AssoCom
2019 e per il 2020. Passando all’andamento dei mezzi tradizionali, nei prossimi anni il cinema crescerà a un tasso annuo del +16%, grazie alla rapida crescita degli ingressi in Cina. Quella del cinema risulta essere la corsa più accelerata, anche se gli investimenti sul mezzo sono contenuti, rappresentando quest’anno solo lo 0.8% del totale della spesa pubblicitaria. Buono anche lo stato di salute dell’outdoor che presenta una crescita annuale del +3%. L’outdoor trae vantaggio dalla sua capacità di ottenere un’ampia reach e di creare awareness di massa, peculiarità che consentono un utilizzo del mezzo complementare con l’online advertising altamente profilata per i premium brand. La pubblicità online targetizzata indirizza i buyer lungo il percorso di acquisto, tuttavia i premium brand hanno bisogno di creare awareness anche presso i non-buyer in modo che tutti ne riconoscano il valore premium.
Le stime di Zenith per l’Italia L’Advertising Expenditure Forecast è stato pubblicato a fine settembre, prima quindi che fosse annunciato la frenata dell’economia italiana annunciata a ottobre. Fondamentale premetterlo perché Zenith partiva nella sua analisi sull’andamento dell’adv nel nostro paese da un presupposto diverso: “Continua la ripresa dell’economia italiana nonostante la situazione politica ancora caratterizzata da incertezze – scrive infatti il report –. Nel 2017 il Pil italiano è cresciuto dell’1,5%; nel 2018 si prevede un’ulteriore crescita dell’1.5%. In leggero aumento il tasso di inflazione (0.9% nel secondo trimestre 2018), mentre il tasso di disoccupazione è stabile intorno all’11.01%. Nel corso dell’ultimo anno è aumentata la fiducia dei consumatori (indice 115,7 nel secondo trimestre 2018 vs 106,7 nel secondo trimestre 2017), mentre l’Indice di fiducia delle aziende manifatturiere è passato da 107,4 a 107,7”. 11
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2 – ITALIA: LE QUOTE DI MERCATO DEI MEZZI 2001-2009
Fonte: Stime Centro Studi AssoCom
Venendo al mercato pubblicitario, secondo le previsioni di Zenith la sua crescita nel 2018 dovrebbe assestarsi al +1.6%. La Tv, dopo la contrazione del - 1.6% registrata nel 2017, tornerà a crescere del +0.7% grazie ai Mondiali di calcio. La radio conferma il trend positivo che dal 2015 ad oggi non ha conosciuto sosta: +4.2% nel 2018. Si prevede che anche gli investimenti sul digital continueranno a crescere (+7% nel 2018), trainati soprattutto da online video e social media. Le connessioni Internet tramite device mobili (smartphone e tablet) mantengono una crescita a doppia cifra: 34,2 milioni di utenti unici a marzo 2018 (reach mensile: 62.3%), +11.9% rispetto al 2017. In termini di utenti unici e di tempo speso il mobile raddoppia il desktop. Sempre in calo la stampa: -7% per i quotidiani, -6.8% per i magazine. Per far fronte alla forte crisi che sta attraversando il mezzo, nel 2018 il governo riserverà incentivi (tax credit) alle aziende che investiranno in pubblicità sulla stampa almeno l’1% in più rispetto all’anno
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precedente. Infine, si prevede una chiusura anno con segno positivo sia per il cinema (+1.9%) che per l’outdoor (+2%). L’ottimismo di AssoCom Più ottimistiche le stime del Centro Studi AssoCom, risalenti però a luglio in occasione dell’incontro annuale ‘Comunicare Domani’, secondo il quale il mercato pubblicitario 2018 chiuderà a +1,9%, trainato da digital e Mondiali, con una previsione di leggero rallentamento del trend, comunque positivo, che per il 2019 era stimato in un +1,3%. I dati forniti dal presidente del Centro Studi, Guido Surci, tenevano conto della crescita del Digital (+7,6%), che arriva a rappresentare il 27,2% del totale mercato, della Radio (+3,5%), grazie alla sua capacità di seguire le persone nei loro spostamenti, e della Tv (+1,2%), che nel 2018 beneficia di un grande evento sportivo come i Mondiali. Continua invece l’importante flessione della carta stampata periodica (-7,9%) e quotidiana
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Guido Surci, Presidente Centro Studi AssoCom
(-8,9%). Continua invece l’importante flessione della carta stampata, che vede sia i periodici che i quotidiani in forte negativo (-7,9% e -8,9%) rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda le quote di mercato dei mezzi, la Tv mantiene la percentuale maggiore, intorno al 50%, cifra che rimarrà stabile per quest’anno e il prossimo, mentre il comparto digitale prosegue il suo percorso di ascesa in linea con il cambiamento dei comportamenti dei consumatori, sempre più online e mobile. Se nel 2017 il digital rappresentava il 25,8% del mercato, nel 2018 arriva al 27,2% e nel 2019 la stima prevede si superi la soglia del 28,5%. Nel mondo digitale il formato che cresce senza soste è il video, per il quale si prevede un’ascesa dal 7,4% dell’anno corrente al 9,7% dell’anno venturo del totale degli investimenti media italiani. Piuttosto equa la suddivisione, all’interno del comparto online, tra video, display e search,
ciascuno dei quali pesa circa il 10% del totale. Se il digitale sale, a soffrire maggiormente sono i quotidiani che passano dal 7% del 2017 al 5,6% del 2019 passando per il 6,3% del 2018. “Soffre il device carta ma non certo i contenuti che gli editori offrono al loro pubblico – sottolinea Surci –, ma si tratta di contenuti informativi e di entertainment che gli italiani fruiscono sempre più sui device digitali e sempre meno sui giornali cartacei”. Riguardo agli altri mezzi che si spartiscono, insieme alla già citata Radio, il 21,6% del mercato, tiene l’Out Of Home (+2,8%) che, afferma Surci, potrebbe crescere nei prossimi anni grazie alla sua trasformazione digitale che consente una fruizione in real time del contenuto, mentre il cinema registra un +1,9%. Un mercato, quindi, che si conferma in crescita per il quarto anno consecutivo, ma che al suo interno sta subendo un profondo cambiamento che apre tematiche nuove. In tale scenario, l’industry della comunicazione è chiamata a saper gestire al meglio la trasformazione del comportamento dei consumatori e dello spending sui mass media generando valore. “La nostra non è un’industry low cost – osserva Surci –, a maggior ragione considerando che negli anni le agenzie hanno saputo evolvere nella struttura e nell’organizzazione per stare al passo con l’evoluzione tecnologica in atto”. L’Outlook di PwC Secondo il rapporto Entertainment & Media Outlook Italy 2018-2022 di PwC, un’analisi complessiva circa l’evoluzione della spesa nel settore basata sui dati storici dei precedenti 5 anni e sulle previsioni per il quinquennio successivo, ma il cui perimetro è differente e più ampio rispetto ai forecast di Zenith e AssoCom, il mercato pubblicitario italiano ha registrato ricavi per 8,1 miliardi di euro nel 2017, in crescita del +2,8% rispetto all’anno precedente. Nei prossimi cinque anni, i ricavi aumenteranno con un CAGR medio
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3 – ITALIA: LA MEDIA INFLATION DEI MEZZI OFFLINE
Fonte: Stime Centro Studi AssoCom; Volumi secondi/pagine; Audience: GRP medio per spot/Diffusione
del +4,0%, che porterà al superamento della soglia dei 9 miliardi di euro nel 2020. La pubblicità televisiva rimane il segmento leader in termini di fatturato anche nel 2017, ma PwC prevede un sorpasso della stessa nel 2019 da parte dell’internet advertising. I ricavi pubblicitari da internet, infatti, crescendo a un CAGR del +9,7%, raggiungeranno i 4,2 miliardi di euro nel 2022. “Nonostante il sorpasso – osserva Andrea Samaja, PwC Italian TMT Leader –, la Tv continuerà a rappresentare nel 2022 il 35,3% del mercato pubblicitario, grazie anche all’attrattività dei contenuti sportivi in diretta che resta un obiettivo premium per tutti gli inserzionisti. I dati dei Mondiali 2018 lo dimostrano. Sebbene l’Italia non sia riuscita a qualificarsi, il numero di spettatori è stato il più alto registrato negli ultimi 20 anni”. Come detto, la crescita più significativa si registra nell’internet advertising (CAGR +9,7%) grazie al contributo dei contenuti OTT che si stanno
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affacciando, anche in Italia, nel mondo dei diritti premium e sportivi. Anche la pubblicità sull’Online Tv sta avendo una buona performance, grazie agli sforzi da parte degli emittenti di attrarre il pubblico, e di conseguenza inserzionisti, con con-
Andrea Samaja, PwC Italian TMT Leader
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4 – ITALIA: LA MEDIA INFLATION DEI MEZZI ONLINE
Fonte: Stime Centro Studi AssoCom Novità dell’edizione 2018 di Comunicare Domani è stata la presentazione pubblica – per la prima volta – del dato di Media Inflation, ovvero dell’aumento del prezzo degli spazi pubblicitari. Un vero e proprio dato di inflazione anno su anno, calcolato tenendo presente anche il livello di audience che ogni inserzione è in grado di generare. Un indicatore, quindi, che ha una valenza economica e qualitativa, che può aiutare a fare chiarezza nel mercato delle gare media e che si propone come benchmark per il mercato. La Media Inflation segna +2,4% per la tv, varia tra +3,3% e +3,5% per il digitale, è più moderata per la radio, arrivando a+1,5% e scende al +0,7% per la carta stampata. Come spiega Guido Surci, “Il dato della televisione riflette gli investimenti sul palinsesto che per la prima volta dopo molti anni ha rivisto la Coppa del Mondo interamente in chiaro. Considerata la netta flessione del mercato della carta stampata, un dato del genere, per quanto inferiore all’1%, riflette anch’esso il lavoro di qualità di alcuni editori. La radio beneficia di una buona domanda per un media performante nel raggiungere le audience in movimento. Più alte le percentuali del digital, dove il display rich media si attesta sul +3,3% e i video online sul +3,9%, a fronte di una forte domanda”.
tenuti dalla costosa realizzazione. “In un clima di generale ottimismo – riprende Samaja, in riferimento all’intero mercato E&M e non al solo lato pubblicitario – la industry si trova ad affrontare grandi cambiamenti. Il modello di business tradizionale tipico degli operatori Tv, nel quale il vantaggio competitivo era determinato principalmente dall’offerta di contenuti, sta andando sgretolandosi, lasciando il posto a nuove piattaforme digitali che mirano
ad offrire una customer experience migliore ed innovativa, facendo leva sulla tecnologia o più precisamente sul mondo dei dati da affiancare ai contenuti core.” In altri termini, oggi sembra essere messo in discussione l’adagio secondo il quale ‘content is king’: “Pari se non maggior importanza rispetto ai contenuti – dice Samaja – stanno infatti acquisendo le piattaforme che permettono agli utenti di scoprire i contenuti di loro interesse. Le 15
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5 – ITALIA: SPESA PUBBLICITARIA NEL MERCATO E&M 2013-2022 Historical data Forecast data 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Business to business 1.182 1.087 1.040 1.021 1.013 1.015 1.022 1.036 1.055 1.078 y-o-y growth -8,1% -4,3% -1,8% -0,8% 0,1% 0,8% 1,4% 1,8% 2,1% Cinema 29 24 23 24 25 30 28 27 28 28 y-o-y growth -16,6% -4,2% 6,0% 2,4% 20,8% -7,4% -1,8% 0,8% 1,0% Internet 1.745 1.952 2.161 2.351 2.671 2.978 3.286 3.615 3.971 4.245 y-o-y growth 11,9% 10,7% 8,8% 13,6% 11,5% 10,3% 10,0% 9,8% 6,9% Magazines 607 574 552 564 562 551 548 549 551 552 y-o-y growth -5,4% -3,8% 2,2% -0,4% -1,9% -0,7% 0,1% 0,4% 0,2% Music and podcasts 128 133 139 145 154 164 174 185 196 208 y-o-y growth 4,1% 4,4% 4,9% 5,9% 6,4% 6,4% 6,2% 6,1% 5,8% Newspapers 857 781 728 680 638 601 572 548 530 513 y-o-y growth -8,9% -6,8% -6,7% -6,1% -5,8% -4,9% -4,2% -3,3% -3,1% Out Of Home 170 165 181 176 175 192 202 207 212 216 y-o-y growth -2,8% 9,6% -2,6% -0,5% 9,4% 5,1% 2,8% 2,0% 1,9% Radio 354 345 373 382 402 435 463 478 486 489 y-o-y growth -2,4% 8,0% 2,5% 5,4% 8,0% 6,5% 3,3% 1,5% 0,7% TV and Video 2.988 2.986 3.012 3.155 3.124 3.169 3.228 3.322 3.369 3.463 y-o-y growth -0,1% 0,9% 4,7% -1,0% 1,4% 1,9% 2,9% 1,4% 2,8% Video Games 34 36 37 39 41 43 45 47 49 52 y-o-y growth 7,5% 3,2% 4,5% 4,6% 4,7% 4,9% 5,0% 5,5% 4,4% E-Sports 0 1 1 2 2 3 5 6 7 y-o-y growth 131,1% 73,1% 65,5% 58,4% 41,6% 31,9% 26,9% 21,0% 17,9% Total Advertising 7.449 7.455 7.595 7.847 8.067 8.389 8.727 9.115 9.486 9.823 y-o-y growth 0,1% 1,9% 3,3% 2,8% 4,0% 4,0% 4,5% 4,1% 3,5%
CAGR % 2017-22 1,3% 2,3% 9,7% -0,4% 6,2% -4,3% 4,2% 4,0% 2,1% 4,9% 8 27,6% 4,0%
Il totale esclude le duplicazioni. Dati in milioni di euro. Fonte: PwC, Ovum
modalità di accesso, erogazione e fruizione sono diventate importanti tanto quanto i contenuti stessi. Ma la ricchezza e la quantità di piattaforme disponibili crea una spaccatura e frammenta ancora di più anche il mondo dell’advertising: non a caso editori e broadcaster sono alla ricerca di strade nuove e di metodi di finanziamento del proprio business alternativi alla pubblicità e alla sottoscrizione di abbonamenti”. Quali le conseguenze di questo radicale cambia-
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mento di scenario per gli operatori della filiera dell’advertising – dalle agenzie, ai centri media, alle case di produzione e le concessionarie? “Oggi, fondamentale è la percezione da parte del consumatore – risponde Samaja –. In uno scenario così ricco di offerta, acquista valore la capacità di rispondere alle esigenze delle persone e di proporre il meglio rispetto ai gusti di ciascuno di loro. Avrà successo chiunque, anche se ‘intermediario’, sarà in grado di dare valore
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6 – ITALIA: TV ADVERTISING VS. INTERNET ADVERTISING 2013-2022
Dati in milioni di euro. Fonte: PwC, Ovum
aggiunto al servizio, creando un reale customer engagement grazie alla soddisfazione di questa fortissima richiesta di individualizzazione. Per esempio raggiungendo questo obiettivo attravero i tool dell’Intelligenza Artificiale”. Italia mercato ‘periferico’ Oltre a quelli citati, la gran parte degli studi e delle ricerche sull’andamento del settore pubblicitario (WARC, Magna Global, GroupM e altri ancora) concorda nello stimare per il 2018 e anche per il prossimo anno una crescita a livello globale degli investimenti pubblicitari vicina o superiore al +4%. Anche sul fronte dei mezzi le stime corrispondono: crescita trainata dal digitale, andamento ‘piatto’ per la Tv, buone performance per Radio, Out Of Home e Cinema, che però non riescono a erodere più di tanto quote al totale mercato. Discorso a parte per la
stampa, con quotidiani in continua discesa e i periodici che pur migliorando restano in territorio negativo. Apriamo dunque un giro di microfono fra i principali operatori del nostro mercato da questo assunto: come e quanto questo quadro corrisponde alla situazione italiana? Quali sono le differenze più significative per l’andamento del nostro mercato rispetto a quello mondiale, e quali le ragioni di tali differenze? “L’Italia – – esordisce Stefano Spadini, CEO Havas Media Group – è diventata un mercato periferico per le multinazionali del Largo Consumo e dell’Automotive che sono sempre stati settori cardine per gli investimenti. Pensiamo al prodotto mass market da scaffale, dove fino a pochi anni fa il mercato era governato da una regola semplice: l’innovazione di prodotto generava upselling e consentiva di conquistare nuova
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7 – FOCUS STAMPA: TREND INVESTIMENTI ADV (TOT. STAMPA E DIGITAL - ITA MLN €)
Fonte: Publicis Media Advertising Expenditure Forecast Marzo 2018 - stima investimenti Netti Mln €. Totale Print = Quotidiani e Periodici
market share. Oggi non è più così: l’innovazione da sola non riesce più a generare un valore incrementale tale da giustificare maggiori investimenti in comunicazione. Guardiamo anche al lato audience–consumer, dove la digitalizzazione della popolazione italiana sta sì crescendo, ma a macchia di leopardo: oltre ai nativi digitali, ci sono generazioni intermedie che stanno ancora facendo un uso del digitale ‘limitato’. Crescono i Silver Surfer, ma il totale tempo speso è ancora poco significativo”. Da parte loro, aggiunge il Ceo di Havas Media, i mezzi di comunicazione stanno facendo grandi passi per innovarsi e rinnovarsi: “Pensiamo alla Radio e all’Out Of Home, ma anche alla stessa Tv, dal satellite alla free to air – nonostante il fenomeno più marcato per ora sia quello degli Over The Top che non è direttamente legato alla industry dell’advertising. Tirando le somme, mi sembra che quello che abbiamo di fronte sia uno scenario piuttosto ‘compresso’ ma assolutamente non statico: al suo interno troviamo sia le multinazionali che fanno i conti con quanto stabilito dai loro dai centri decisionali, sia le mol18
te aziende italiane che, grazie all’abbattimento delle soglie di ingresso al mercato pubblicitario, stanno rapidamente scoprendo che il valore e i benefit dell’advertising sono qualcosa di molto tangibile”. Tutto questo porta Spadini a definire la situazione in cui ci troviamo piuttosto ambigua: “Da un lato sono ottimista sul futuro dell’agenzia, dall’altro mi sento di essere più prudente sull’andamento complessivo del mercato italiano: nell’ultimo periodo c’è stata un’indubbia frenata, e temo sarà difficile chiudere l’anno con una percentuale del +1,5%. La nostra stima è che quest’anno la Tv si stia avvicinando a una quota del 50% del totale mercato, mentre il digitale si assesterà a una share del 28%. Ho già sottolineato l’innovazione che caratterizza Out Of Home e Radio, ma su quest’ultima credo valga la pena aggiungere qualche riflessione, perché è un mezzo che editorialmente e pubblicitariamente parlando sta funzionando benissimo: le radio hanno un pubblico ampio e segmentato, in cui gli ascoltatori hanno a disposizione una grande scelta fra emittenti di news, di musica, di
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8 – FOCUS STAMPA: I BRAND EDITORIALI SI TRASFORMANO IN ECOSISTEMI MULTICANALE
Fonte: Publicis Media su dati Audipress 2017/2; Audiweb View; Instagram; TSSP-EMM 2017/8 (May 2016-April 2017) Nel corso dell’ultimo decennio la quota di investimenti destinata alla stampa cartacea ha registrato una contrazione significativa, pari al 69%, che si spiega con la riduzione progressiva delle audience sul mezzo e la conseguente scelta da parte dei brand di spostare i budget sul digitale. Un trend che, secondo le stime dello Zenith Advertising Expenditure Forecasts, non conoscerà inversioni nei prossimi anni. Anche gli ultimi dati totale anno rilevano un calo della raccolta pubblicitaria del -6.8% nel 2017 rispetto all’anno precedente. Oggi, in seguito alla trasformazione digitale, le piattaforme di accesso ai contenuti informativi si sono moltiplicate e i brand editoriali si sono evoluti in veri e propri ecosistemi multicanale in cui ciascun touchpoint (versione cartacea, digital replica, sito web, social, eventi) svolge un ruolo preciso. In un contesto caratterizzato dall’estrema parcellizzazione dei contenuti e dalla sempre maggiore fruizione delle informazioni sui social network e sui siti di player nativi digitali, gli editori stanno individuando nuovi punti di contatto e di dialogo con i consumatori.
entertainment, anche a seconda del momento o del luogo in cui si trovano. E il cambiamento più grande è che da pubblico di fedelissimi sono diventati ‘poligami’, dando lo stesso valore e manifestando lo stesso attaccamento anche a contenuti diversissimi fra loro, a vantaggio delle coperture sviluppate”. Adv al ‘passo’ dell’economia “Se mettiamo a confronto il mercato italiano con quello degli altri paesi – gli fa eco Carlo Giacobbe, Commercial Director di Clear Channel Italia –, anche senza parlare di situazione globale ma limitandoci all’Europa Occidentale, più vicina in termini di dinamiche
e maturità, il nostro mercato è ancora evidentemente e fortemente sbilanciato in termini di share sulla televisione. Per contro, il motore della crescita è lo stesso degli altri paesi: l’online traina infatti ovunque la raccolta degli investimenti pubblicitari. Da questo punto di vista, quindi, per il prossimo futuro non possiamo che attenderci un maggior allineamento delle dinamiche italiane a quelle europee, dinamiche che vedono l’online come primo ‘bucket’ di raccolta pubblicitaria e non la televisione come avviene invece in Italia”. È questa è la prima grande differenza fra noi e l’Europa che, ribadisce Giacobbe, costituisce un benchmark più vicino alla nostra realtà rispetto
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a mercati più lontani, con andamenti economici assai diversi e di conseguenza anche allocazioni di budget molto differenti: “Vuoi perché c’è una maggiore sperimentazione, o vuoi perché si è addirittura saltata un’intera ‘epoca’ dell’advertising. I Paesi Emergenti, ad esempio, hanno compiuto un salto enorme passando negli ultimi anni da una comunicazione estremamente tradizionale a una comunicazione fortemente digitalizzata”. Per quanto riguarda i tempi previsti per questo allineamento tra l’Italia e il resto del mercato dell’Europa Occidentale, “Le previsioni degli specialisti più accreditati indicano il 2022 come anno in cui l’online dovrebbe diventare anche in Italia il primo mezzo per la raccolta pubblicitaria – prosegue Giacobbe –. Ciò che vale la pena sottolineare è che in questo stesso periodo l’Out Of Home dovrebbe assestarsi come terzo media: nell’ottica di una comunicazione che sta diventando sempre più profilata e one to one, proprio grazie allo sviluppo del digitale, i brand continueranno comunque ad avere l’esigenza di lavorare sulla propria awareness e quindi in condizione di ‘uno a molti’. L’OOH, da questo punto di vista, continuerà a rappresentare un importante mezzo di riferimento grazie a un’audience che crescerà di pari passo alla crescita dell’urbanizzazione e del tempo che le persone trascorrono fuori casa. Infine, non bisogna dimenticare una delle prerogative dell’OOH che rappresenterà sempre più un elemento differenziante: l’OOH è l’unico mezzo puramente ed esclusivamente pubblicitario, i contenuti sono rappresentati dalla comunicazione degli advertiser. In una dinamica che vedrà premiare sempre più l’online, l’OOH sarà quindi molto meno ‘cannibalizzabile’ dal digitale stesso rispetto agli altri media tradizionali e ai loro contenuti”. Restando nell’ambito delle concessionarie Out Of Home, Alessandro Loro, Responsabile della Direzione Innovazione e Comunicazione di IGPDecaux, avverte la sensazione che sul nostro mercato ci sia molto, probabilmente troppo ottimismo:
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“I dati Nielsen di fine agosto, pur con i limiti che conosciamo, indicavano un +0,7% al netto dei dati sul direct response, trovo quindi difficile pensare che si possa arrivare a chiudere l’anno vicini al +1,5% o +2% visto che la tendenza di questo periodo finale dell’anno è abbastanza ‘riflessiva’ e che per di più si va a scontrare con un finale di 2017 molto buono: prevedere una chiusura al +1% sarebbe già più realistico. Ragionando sui dati più strettamente ‘pubblicitari’ vediamo che la Tv raccoglie il 64% degli investimenti pubblicitari, vale a dire i due terzi del totale: una quota ‘bulgara’! E per di più continuerà a crescere del +1,5%. La sensazione, dunque, è quella di un mercato nel suo complesso abbastanza asfittico in cui si consolida ulteriormente lo strapotere televisivo”. Il passo della pubblicità, aggiunge Loro, non può che riflettere quello dell’economia di un paese: “E sappiamo bene qual è l’andamento dell’Italia ormai da decenni… Per discutere dei problemi ci vorrebbero ore e giorni e non è questa la sede adatta: ma ciò che possiamo constatare quotidianamente è che così come non cresce il paese, endemicamente soffocato dalle sue debolezze, lo stesso vale per l’industria dell’advertising, che riflette questo quadro deludente. In tutto questo trovo comunque positivo, quasi miracoloso, che l’andamento del mercato pubblicitario sia flat e anzi in territorio leggermente positivo. Più ottimista, e confortata dagli indicatori, la visione di Loro sul futuro specifico dell’OOH: “La premessa è che parliamo in ogni caso di una fetta di mercato di dimensioni ridotte e piuttosto stabili: con 145 milioni di euro circa, la market share dell’OOH arriva al 4% su un totale di 3,6 miliardi. Prendendo come benchmark la Radio, che di milioni ne vale 265 ed è oggi uno dei mezzi ritenuti più autorevoli con un vissuto estremamente positivo, non posso non pensare che una volta i due mezzi più o meno si equivalevano! Detto questo, anche per l’Out Of Home l’anno si chiuderà in positivo, anche se al suo interno le dinamiche sono differenti: nonostante il calo dell’Outdo-
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OTT AL TOP DEL DIGITAL ADV Grazie a un fatturato pubblicitario di 4,61 miliardi di dollari, alla fine di quest’anno Amazon supererà Microsoft e si posizionerà come terzo player mondiale dell’advertising digitale alle spalle di Google e Facebook. La stima è stata formulata a settembre da eMarketer che, una volta constatata la straordinaria rapidità della crescita del colosso dell’e-commerce in questo ambito, ha dovuto rivedere le previsioni di solo 6 mesi prima quando aveva ipotizzato una raccolta di 2,89 milardi di dollari. “L’attrazione per gli investitori – spiega Monica Peart, Senior Director of Forecasting di eMarketer – nasce dal fatto che Amazon beneficia del cambio di atteggiamento dei consumatori, che sempre più spesso iniziano Fonte: stime eMarketer, settembre 2018 le loro attività di ricerca sui prodotti proprio dal portale di e-commerce”. Mentre si continua a discutere di web tax e si ipotizzano misure a livello internazionale per contrastare il loro dominio assoluto, va ricordato che i ‘big’ del digitale, i cosiddetti Over The Top, continuano a rimanere al di fuori dei sistemi di misurazione ‘ufficiali’. Quanto ‘pesa’ tutto ciò sull’intero mercato? “Pesa semplicemente il fatto che esiste un 20% di risorse stimate che è totalmente ‘fuori traccia’ – risponde Matteo Cardani (Publitalia ’80) –, sia riguardo alla misurazione delle audience che alla misurazione degli investimenti: manca quindi un comune level playing field e questo danneggia sia il lato della domanda (gli investitori) che quello dell’offerta (le concessionarie)”. “Gli unici player che al momento hanno un andamento chiaramente positivo sono gli OTT – aggiunge Roberta Lucca (Rai Pubblicità) –. Dal loro punto di vista (è comprensibile) la scelta strategica; tuttavia sarebbe auspicabile che il perimetro del mercato fosse quanto mai completo, anche perché ormai rappresentano una quota di mercato decisamente rilevante e in costante crescita. Questo permetterebbe di fare analisi e di dare letture di mercato più precise. Non ci riferiamo solo agli OTT ma anche a tutte quelle forme di comunicazione below the line che hanno assorbito una grossa parte degli investimenti in comunicazione degli anni passati e che oggi ben assolvono alle nuove esigenze di comunicazione delle aziende in quanto sempre più apprezzate dai prosumer”.
or classico, Transit e GoTv crescono e bene, e il dato Nielsen complessivo indicava un +4% a fine agosto. Si tratta comunque, ma è risaputo, di un dato molto parziale, perché secondo me dell’Esterna fanno parte a pieno titolo anche buona parte del settore degli Eventi, il Retail e il Cinema”.
La resilienza della Tv “Le dinamiche dei mezzi in Italia sono del tutto simili a quelle dei maggiori paesi dell’Europa Occidentale – conferma Matteo Cardani, General Manager Marketing e Operation di Publitalia ’80 –, dove si segnalano la vitalità di radio e
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VITTORIO BONORI (ZENITH): “INCERTEZZA E PREOCCUPAZIONE NON FERMERANNO LA CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI” Secondo Vittorio Bonori, non bisogna temere che la trasformazione digitale (dei mercati e del marketing) risulti in un taglio drastico degli investimenti pubblicitari: “È chiaro che le marche si stanno preoccupando per il futuro – ha scritto alcuni mesi fa il Global Brand President di Zenith in un editoriale sulla testata britannica Campaign –, ma continuano a investire in pubblicità. La preoccupazione per la digital transformation e per la crescente competizione sui mercati non si è tradotta in un rallentamento della spesa pubblicitaria proprio perché le aziende ritengono fondamentale investire sui propri brand. Questa maggior preoccupazione è comprensibile: il rapido cambiamento nel comportamento dei consumatori e la crescita di nuovi e più agili competitor in molti settori, entrambi causati dalle nuove tecnologie, si traducono in nuovi modi di socializzare, comunicare, fare ricerche e acquisti da parte delle persone, mentre non è mai stato così facile lanciare un nuovo brand e causare disruption in settori maturi. Nonostante tutta questa incertezza, i crescenti investimenti in marketing delle start up obbligheranno anche le aziende già consolidate a rispondere, intensificando la propria comunicazione e investendo sempre di più nei loro brand per catturare la preferenza dei consumatori. Per queste ragioni Zenith continua a prevedere che, nel suo complesso, la spesa dei brand per l’advertising sia destinata a proseguire e a crescere senza sosta anche nei prossimi anni”.
digital e la resilienza della Tv. Per il nostro paese certamente pesa come fattore di inerzia una situazione macroeconomica non brillante che di certo non sostiene l’andamento degli investimenti adv. In sintesi il consenso degli operatori di mercato è per un single very low digit di crescita per il 2018 (che nettizzato del Mondiale equivarrebbe a un flat trend) e per il 2019 c’è bassa visibilità ma il barometro tende alla ‘calma piatta’ – da scontare comunque l’impatto della assenza degli eventi sportivi e la progressiva uscita dal mercato del settore betting”. Secondo Roberta Lucca, Responsabile
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Marketing Commerciale Rai Pubblicità, “Il quadro delineato sembra essere quanto mai realistico soprattutto in merito al contributo dei vari media, con un mercato sostanzialmente stabile da ormai un quinquennio. Per quanto concerne l’Italia molto dipenderà dalla capacità di saper cogliere i segnali di ripresa che in altri Paesi sono già in atto. L’attuale incertezza legata alla situazione economico-politica non consente ancora di tracciare delle previsioni attendibili sul mercato interno dell’advertising”. Certo, prosegue Lucca, la realtà italiana è da ritenersi unica: “La Tv è forte e resterà tale
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grazie anche alla fruibilità sui vari device, in cui il contenuto gioca un ruolo determinante. Se è di valore, tale contenuto non solo intrattiene un pubblico di qualità, che dal punto di vista dell’efficacia della campagna è fondamentale, ma crea ed espande nuovi mondi. È insomma il calcio d’inizio verso qualcosa di più grande. XFactor, per citare della buona concorrenza, non è solo una trasmissione e Alberto Angela non è certamente solo un divulgatore scientifico. La qualità del personaggio e la sua credibilità è così elevata da rendere credibile tutto ciò che gli sta attorno”. In Italia, ribadisce quindi Lucca, la televisione è mediamente più forte rispetto agli altri Paesi. “Tuttavia – aggiunge –, le carenze infrastrutturali dell’Italia si riflettono sulla capacità del digital di crescere allo stesso ritmo degli altri Paesi, bisognerebbe investire maggiormente sullo sviluppo della cultura digitale per poter dare una spinta all’intero comparto. Credo che il percorso storico italiano sia stato diverso e il risultato che ne consegue stia lì a dimostrarlo. È necessario cambiare l’hardware, la banda larga appunto che tutti attendiamo, e tutto cambierà anche da noi. Siamo veloci quanto e più degli altri ma bisogna avere una macchina altrettanto potente. Auspichiamo dunque di recuperare in fretta il gap. Ne va del futuro del Paese. In questo senso RAI, anche in qualità di Servizio Pubblico, sta investendo molto per superare il digital divide”. Rai Pubblicità stima una chiusura d’anno per il mezzo Tv nella sua totalità in sostanziale pareggio, o forse con un leggero segno più, grazie ai mondiali: “Per il 2019 vediamo un percorso complesso ma positivo, anche se al momento non ci sono chiari segnali di una ripresa del mercato pubblicitario. Ci auguriamo che l’economia possa fare da traino perché, come noto, Pil e mercato della comunicazione sono da sempre in stretta correlazione”. “Per la televisione – concorda Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand
Solutions –l’anno si chiuderà probabilmente con una piccola crescita intorno al +0,7%, e su questo dato mi sembra concordino diversi istituiti e analisti come per esempio Zenith. Ciò che non va dimenticato, però, è che questa crescita arriva in un anno ‘pari’, in cui ci sono stati i Mondiali di Calcio, e quindi evidentemente, ragionando in termini reali e a perimetro omogeneo, il +0,7% si avvicina molto a essere un -1% per chi dai Mondiali non ha tratto benefici: un dato in ogni caso meno negativo di quello del 2017 che come sappiamo ha chiuso con un -1,6%. Alla luce dell’incertezza di cui parlavo prima, per il 2019 è difficile pensare a un mercato in crescita e la nostra più realistica previsione è di un andamento ancora una volta flat”. Le previsioni di crescita del +4% a livello globale sono effettivamente molto più ottimistiche rispetto a quello che potrà accadere sul mercato italiano, la cui crescita sarà certamente più contenuta: “Le dinamiche all’interno dei vari mezzi – conclude però Romano –, sono tutto sommato abbastanza simili: il digitale continua a crescere, la televisione che può perdere qualche punto ma sostanzialmente flat, andamento positivo per Radio, Out Of Home e Cinema – nonostante la loro share sia comunque più piccola – e chiaramente si conferma la grande difficoltà dei quotidiani e dei periodici. Per quanto riguarda l’andamento totale del mercato, ciò che più di ogni altra cosa può influenzarlo è la situazione di incertezza economica e politica – basta vedere l’andamento dello spread e delle borse in queste ultime settimane – che obiettivamente rende molto difficile fare delle previsioni. Nel 2019 ci saranno le elezioni europee e insomma, tutto appare complicato e come un grande punto interrogativo. Ecco, senza dubbio questo clima di grande incertezza non gioverà al mercato italiano”.
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Si cambia o si muore Accerchiate dai tagli di budget dei top spender (e non solo), dall’in-housing di alcuni servizi sempre più frequentemente scelto dai clienti, e dalla ‘concorrenza’ delle società di consulenza, come stanno reagendo le agenzie media e le loro holding di riferimento? Sono davvero pronte a spiccare quel salto di qualità verso un ruolo strategico-consulenziale che il mercato chiede loro?
TRASFORMAZIONE è probabilmente uno dei termini più ricorrenti nel vocabolario del marketing e della comunicazione odierna. Trasformazione digitale ma non solo. Il cambiamento riguarda infatti l’intero ecosistema, diventato sempre più complesso e che vede gli equilibri del modello sul quale si è retto fino a pochi anni fa, basato sulla compravendita di spazi media, stanno crollando: devono cambiare le aziende, le agenzie, le loro holding, le media company e le loro concessionarie, perché a monte di tutto sono già cambiate (e cambieranno ancora, non c’è da illudersi) le tecnologie, e di conseguenza i consumatori. Impossibile affrontare e approfondire tutti gli aspetti di questa evoluzione, ma in questa sede proviamo a riflettere su come e quanto i player del nostro mercato di riferimento stiano affrontando questa fase di transizione e concentrandoci sulle agenzie media. Forrester: le sfide per le agenzie ‘Agency Holding Companies Need A Brave New Business Model’: è questo il titolo di un’analisi pubblicata da Forrester recentemente in cui esamina attentamente le principali problematiche che affliggono le holding pubblicitarie: dal crescente ricorso all’in-housing di alcuni servizi media, per esempio internalizzando la funzione del media buying, alla costante pressione sui budget e, in parallelo, sulla remunerazione delle 24
agenzie, fino alla concorrenza delle società della consulenza che stanno conquistando terreno sul fronte dei servizi tecnologici dai margini più elevati. • La diffusione delle ‘house agencies’ Le ragioni per cui molti brand hanno creato le prorprie agenzie interne, spiega Forrester, sono la ricerca di efficienza e quindi il taglio dei costi, il controllo sui dati relativi ai consumatori e, non meno importante, la trasparenza nel rapporto con le agenzie. Secondo i dati di uno studio condotto dall’istituto stesso, nel 2018 il 64% delle aziende intervistate ha utilizzato una house agency per alcuni dervizi di marketing e comunicazione, una crescita del +52% rispetto a 10 anni fa; tale percentuale include il 70% dei marketer che guidano strategie e operation nell’area del programmatic advertising. • Tagli ed efficienza a tutti costi Gli utenti pubblicitari stanno ‘forzando la mano’ alle agenzie ogni giorno di più da diversi punti di vista: tagliando i budget, riducendo i fee, e indicendo continuamente nuove gare per gestire i costi di marketing che crescono al moltiplicarsi dei touchpoint, dei contenuti, dei dati e della loro gestione e così via. Di conseguenza, costrette a loro volta a ridurre i costi, le agenzie non sono più in grado di offrire il livello e la qualità di servizio e soprattutto i risultati richiesti dai clienti.
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FORRESTER: LE STRATEGIE ‘GO-TO-MARKET’ DELLE HOLDING
Fonte: ‘Agency Holding Companies Need A Brave New Business Model’, Forrester, agosto 2018
• La sfida della consulenza I grandi management consultant globali hanno iniziato a competere direttamente con le agenzie sul terreno dei servizi di marketing a più alto margine, in particolare nell’area dell’experience marketing e delle tecnologie: Accenture Digital (che non a caso si definisce proprio una ‘experience agency’), Deloitte Digital e IBM iX hanno ormai raggiunto quote di fatturato derivanti da questi servizi pari a quelli delle principali agenzie – basti pensare che il fatturato ‘pubblicitario’ di Accenutre ha superato i 4,4 miliardi di dollari nel 2017. Altro fattore di crisi, o per meglio dire ‘disruption’ per le agenzie e le loro holding, è la globalizzazione dei mercati, aggiunge Forrester: mentre le aziende cercano di rivolgersi ai propri consumatori in più mercati e regioni, infatti, l’attuale struttura delle holding in molti casi
si scontra con l’esigenza di garantire ai loro clienti risultati coerenti e costanti in qualsiasi parte del mondo. Se negli ultimi anni la visione ‘innovativa’ delle holding è passata in moltissimi casi dall’acquisizione di altre sigle (più o meno grandi) specialmente in ambito digitale, oggi sono costrette a rivedere e probabilmente abbandonare un modello basato sulla differenziazione delle sigle e dei servizi che appare ormai insostenibile. Contemporaneamente, la trasformazione delle aziende sta portando molti dei loro reparti e delle loro funzioni interne a gestire direttamente quote di budget crescenti al di fuori del marketing, indebolendo ulteriormente la relazione con le agenzie ‘di riferimento’ e il loro potere contrattuale. ‘Consigli’ per gli acquisti Per ‘allineare’ la propria offerta alle domande del marketing aziendale, Forrester sostiene che 25
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le holding della comunicazione hanno bisogno di un nuovo modello di business che metta al centro il cliente, sia in grado di ‘scalare’ le competenze più critiche e unisca la potenza di fuoco creativa alle capacità esecutive. Per raggiungere tali obiettivi dovrebbero seguire alcune linee guida: • Costruire team dedicati ai clienti e capaci di risolvere rapidamente le situazioni più complicate nel corso dell’esecuzione di un programma, adottando l’infrastruttura e i tool necessari a identificare caso per caso le risorse e i talenti più adatti a risolvere i problemi. • Sfidare i consulenti sul loro stesso terreno, andando oltre l’organizzazione di tecnologie, dati e competenze media per creare vere e proprie ‘practice’ dedicate alla consulenza, al performance marketing e all’implementazione della marketing technology. • Costruire, o eventualmente ri-costruire, una propria brand image più coerente: i giorni delle holding con centinaia di agenzie, ciascuna con una propria ‘cultura’, sono passati. I clienti vogliono entrare in relazione con un minor numero di partner che però siano in grado di risolvere problemi più grandi. E per farlo hanno due strade: adottare un singolo brand globale – come hanno fatto Dentsu Aegis Network, Havas Group e Publicis Groupe, all’interno del quale sono assemblate le sigle sottostanti, come nel caso di ‘Power of One’ di Publicis; o, in alternativa, consolidare la propria organizzazione in un numero di brand di agenzia assai inferiore rispetto al recente passato – ed è quanto stanno facendo, anche se con modalità e tempistiche diverse, IPG, MDC Partners, Omnicom e WPP. Da parte loro, anche le aziende e i loro Chief Marketing Officer devono risolvere una buona dose di problemi.
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• Rimuovere gli ostacoli e i conflitti che rendono inefficace il lavoro delle agenzie, per esempio – e questo in alcuni casi sta già accadendo – ammorbidendo la loro posizione in tema di esclusività merceologica, permettendo così alle agenzie di costruire maggiori competenze e accrescere la propria conoscenza dei mercati. A patto, naturalmente, che le informazioni riservate restino tali. • Assumersi la responsabilità di abbattere i silos al loro interno, che danno luogo a organizzazioni complesse in cui ciascun dipartimento ha budget, decisori e agende separati. Nel momento in cui chiedono una comunicazione integrata, l’integrazione deve partire dal loro stesso interno. • Abbandonare pratiche e metodi di remunerazione che disincentivano le agenzie a dotarsi dei migliori talenti disponibili sulla piazza a causa di una gestione dei costi che pecca per eccesso di zelo: ciò richiede una più stretta collaborazione del marketing con gli uffici finanziari e il procurement dell’azienda. Se l’in-housing e la consulenza guadagnano terreno, osserva infine Forrester, nel primo caso a mancare sono i talenti di qualità almeno pari a quelli presenti nelle agenzie, nel secondo le competenze creative e media necessarie alla creazione, pianificazione e gestione di campagne di comunicazione e di marketing più strutturate. Ecco perché le holding devono cogliere l’attimo e sfruttare questa opportunità per cambiare. Mai come oggi, conclude Forrester, risulta vero l’adagio secondo cui ‘un’agenzia vale solamente quanto il cliente glielo permette’. Spadini: nessun timore Va precisato che le tinte del quadro disegnato da Forrester appaiono assai più fosche di quanto probabilmente non sia la realtà. È sicuramente vero che le agenzie debbano e vogliano
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Stefano Spadini, Ceo Havas Media Group
cambiare, ma tale necessità è avvertita da tempo così come da tempo si è avviato il loro percorso verso la digital trasformation. Quanto siano davvero pronte a spiccare il salto di qualità verso il ruolo strategico-consulenziale che il mercato sembra richiedere non è, però, ancora del tutto chiaro. Anche perché a livello mondiale, ognuno dei grandi gruppi sta effettivamente procedendo sulla propria strada, scegliendo un più preciso posizionamento per sé e per le sue sigle specializzate, dal media alla creatività, dalla tecnologia all’e-commerce… Fino a questo momento, a dire il vero, sembra che in Italia i due trend concomitanti dell’in-housing di alcuni servizi media, e della ‘concorrenza’ delle società di consulenza non destino particolare timore. “Il mercato dell’advertising è sempre stato un mercato ciclico sotto molti aspetti – replica infatti Stefano Spadini, Ceo Havas Media Group –, e credo che questo sia uno dei tanti. Lato agenzie, nessuna può veramente crescere all’infinito: gli ‘up and down’ e i conseguenti successivi rimbalzi sono all’ordine del giorno
ogni due o tre anni, legati a motivi differenti. Per esempio, alla centralizzazione o alla localizzazione di molti budget da parte dei grandi clienti. Ricordo che quando ho iniziato, gli headquarter di Londra delle agenzie letteralmente traboccavano di specialisti media al lavoro su ‘global strategy & local activation’. Poi il fenomeno si è ridimensionato ma con un ciclo quinquennale è sempre tornato”. Oggi, prosegue Spadini, “Sotto la spinta legata al tema della trasparenza mi sembra che a livello globale il trend verso l’in-housing sia indubbiamente una realtà, ma non si tratta di una vera novità e bisognerà vedere se e quanto si consoliderà, perché un’azienda che decida di muoversi in questo senso avrà due ordini di problemi. Il primo è legato ai costi, da non sottovalutare sia in termini di persone che di tecnologie e che possono ammontare a centinaia di migliaia di euro: se per una multinazionale che investe decine di milioni il gioco può valere la candela, per la maggior parte non è così”. Ma l’aspetto più problematico, evidenzia Spadini, è quello legato ai talenti necessari più che alle piattaforme tecnologiche: “Perché si tratta di trovare chi possa davvero fare questo salto non solo sul piano operativo ma culturale. Se con l’in-housing si può forse guadagnare qualcosa dal punto di vista della ‘presunta trasparenza’, per contro si rischia di perdere quello che ritengo essere uno dei principali valori del servizio di agenzia: mi riferisco alla nostra capacità di monitorare l’intero mercato con continuità, perché un’agenzia è attiva e operativa 52 settimane l’anno, su tutti i mezzi, su più mercati e su consumatori diversi; un’azienda, nella maggior parte dei casi, no. Le persone che scelgono di fare questo lavoro ambiscono a lavorare su più fronti e su più mercati: cosa che si perde quando si lavora ‘in casa’ di un cliente. Anche trattenere i talenti, quindi, diventa molto più difficile”. Come riconosce Forrester, Havas Media ha già lavorato a livello internazionale sulla riconfigu
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razione del Gruppo: e oggi, dopo un processo durato sei mesi, anche in Italia l’agenzia si presenta in una veste totalmente rinnovata e al passo con le esigenze dei clienti (ndr: Spadini illustra tutti i dettagli di questa riorganizzazione nell’intervista a pag. 60-63). Per questa ragione non nutre particolari timori nei confronti delle società di consulenza: “Stiamo parlando di aziende di caratura mondiale con manager molto attenti e preparati – chiarisce –. Ma la domanda da porsi, secondo me, è per quali ragioni si stiano avvicinando e stiano entrando nel mercato della comunicazione. La risposta non può essere solo nel fatto che cercano di conquistare quote in una industry la cui crescita a una cifra non giustificherebbe l’investimento necessario. Piuttosto, credo che la loro scelta di entrare dalla porta del digital e del programmatic trovi una ragione nell’interesse per i dati che questo mezzo consente di raccogliere, grazie ai quali possono alimentare la loro intera catena del valore. Ma se teniamo presente che il loro core business è molto diverso, questo significa che non si tratta di una reale concorrenza al comparto delle agenzie media: un approccio multidisciplinare come il nostro, che per definizione è anche una questione di disegnare scenari da trasferire al cliente su dove e come i loro messaggi e contenuti possono e devono essere veicolati, per le società di consulenza è semplicemente impossibile. Il nostro e il loro mestiere sono diversi, anche se hanno punti di contatto, e di conseguenza credo ci sia spazio per entrambi”. Girelli: la digitalizzazione è imprescindibile Anche per Omnicom Media Group i ‘suggerimenti’ di Forrester sul cambiamento possono essere in buona parte considerati superati: i risultati raggiunti sono inaffti il frutto della profonda digital trasformation attuata dal gruppo nel corso dell’ultimo anno. “Eccellere nell’ambito della digitalizzazione è
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Marco Girelli, Ceo OMG Italia
per noi un dovere imprescindibile – spiega Marco Girelli, Ceo di OMG Italia –, non solo per garantirci la competitività necessaria in questa fase storica, ma anche perché sentiamo il dovere etico di garantire ai nostri clienti la trasparenza necessaria per trasformare i loro investimenti in comunicazione in risultati di business realmente misurabili”. Anche Girelli, poi, insiste sul discorso dei talenti: “Per poter essere sempre più competitivi, in questi anni abbiamo cambiato completamente la composizione dei profili professionali che occupano posizioni di leadership in OMG – spiega –, con l’obiettivo di creare una eterogeneità e un mix di saperi realmente differenzianti, reclutando professionisti che hanno lavorato in aziende clienti, nell’area della consulenza e nel settore della creatività. Abbiamo strutturato una divisione tecnologica all’avanguardia come Annalect, e abbiamo dato un forte impulso a tutta l’area dei contenuti con Fuse. Il Gruppo ha creato le condizioni affinché tutte le sue sigle possano operare guidate dalle loro specificità di brand, nelle quali i clienti possano trovare riferimenti chiari e defi-
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niti, supportandone il lavoro con unit trasversali all’avanguardia per le diverse specializzazioni”. Non a caso, puntualizza Girelli, all’interno del network OMG, “L’Italia è considerata tra i Paesi pilota per lo sviluppo di tutti i servizi innovativi, compresa Omni, la nostra Precision Marketing Platform al cui lancio abbiamo collaborato lavorando sul prototipo. Rendere i clienti consapevoli e informati rispetto ai processi di digitalizzazione, e alle loro implicazioni in termini di trasparenza, ci aiuta a evitare le molteplici situazioni di opacità che ancora sono presenti nel nostro
business, basta guardare alle tante gare che in questo momento confondono il mercato per la loro dubbia modalità di gestione. Il digitale con la sua potenza, efficacia e misurabilità non ammette distorsioni e fornisce le basi per pratiche realmente trasparenti che implichino anche una corretta remunerazione. Prendere posizioni su questi temi è oggi necessario tanto quanto lo è avere il coraggio di cambiare per innovare”. È esattamente di questi aspetti che ci andiamo ad occupare nelle pagine successive di questo Quaderno.
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Matti dalle gare? 77 gare media nel 2017, per un valore complessivo di 550 milioni di euro. Un esplosione che trova origine nella scarsa trasparenza del passato, ma soprattutto nell’esigenza presente dei clienti di tagliare i costi di marketing e comunicazione. Il rischio è che in nome dell’efficienza si perda efficacia. Il peso degli auditor, l’importanza del tavolo AssoCom-UPA, il ruolo delle concessionarie.
MEDIAPALOOZA #2 così è stato definito il 2018, a livello mondiale, in seguito al numero di gare e ‘revisioni contrattuali’ che hanno caratterizzato i primi 9 mesi dell’anno. In Italia, dove sembrava che la prima ondata, esplosa globalmente nel 2016, avesse avuto meno strascichi, il fenomeno si è invece manifestato in tutta la sua viralità fin dallo scorso anno: nel 2017, infatti, il Media Hub di AssoCom ne ha censite ben 77, per un valore complessivo di 550 milioni di euro. E come annunciato in occasione dell’evento ‘Comunicare Domani’, l’associazione delle agenzie e UPA hanno dato vita a un tavolo di lavoro dedicato specificatamente a ‘confidenzialità, professionalità e terziarietà’ nelle gare media. L’analisi proposta durante il convegno da Marco Girelli, Vice Presidente AssoCom oltre che Ceo di OMG Italia, è stata chiarissima: “Il nostro obiettivo è riuscire ad avere delle chiare e condivise indicazioni per uno strumento essenziale come le gare media – ha dichiarato Girelli –, per fare in modo che si operi con trasparenza per ottenere il meglio per il mercato. Una corretta gestione delle gare media è un tema che coinvolge tutti gli operatori della filiera, dalle agenzie ai publisher, e mette tutti gli attori nelle condizioni di lavorare al meglio delle loro possibilità”. La trasparenza, afferma infatti Girelli, è un concetto che riguarda tutti: “Parlare di 30
trasparenza vuol dire parlare di DN, che oggi sono nella stragrande maggioranza dei casi contrattualizzati e restituiti ai clienti, e vuol dire parlare di Programmatic e di tutta la filiera del digitale. Ma vuol dire anche parlare di corretta remunerazione, non solo delle agenzie media, che è la premessa indispensabile per la creazione di un ambiente davvero trasparente”. Altrettanto chiaro è stato in tema di gare: “Dopo la crisi la loro pratica si è sempre più diffusa – ha spiegato Girelli –, e anzi lo definirei un metodo quasi doveroso e naturale per scegliere un partner. Non a caso è un fenomeno internazionale. Nel 2017, però, AssoCom ha censito 77 gare media per un ammontare complessivo di 550 milioni di euro. Stiamo parlando quindi del 10% del mercato: per dare le dimensioni, è come se fosse stato messo in gara l’investimento dell’intero settore automotive. Di queste 77, solo in 14 casi il budget è stato superiore ai 10 milioni di euro: ciò significa che le gare le fanno tutti, anche i clienti più piccoli”. Tutto ciò premesso e ‘quantificato’, Girelli ha espresso quindi l’inquietudine sua e delle agenzie associate per la piega che tale fenomeno sta prendendo: “Una prima preoccupazione è valoriale – ha detto infatti –: ormai nelle gare prevale il concetto dell’efficienza fine a se stessa. Il focus della scelta, cioè, è
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1 - IL MARKETPLACE DEL MEDIA AUDITING
Fonte: ‘Rebuilding Trust’ – Auditing: Contract Compliance & Media Benchmarking, EACA 2017
su ciò che costa meno, non su ciò che serve davvero al cliente. Questo deprime il valore che noi agenzie vogliamo e possiamo dare alle aziende. Abbiamo assistito, nel corso di quest’anno, a fenomeni a dir poco stravaganti nella misurazione di questa efficienza, con valutazioni secondo KPI che non la rappresentano affatto. Alla fine la decisione si prende sul pagare meno e non sul pagare il giusto, disconoscendo il valore delle persone, dei servizi e dei tool che sviluppiamo per dare valore agli investimenti”. Un secondo motivo di preoccupazione riguarda poi l’onerosità delle richieste perché, ha proseguito Girelli, solo pochi clienti
‘illuminati’ prevedono un rimborso: “Senza parlare della totale decontestualizzazione fra l’esercizio che ci viene richiesto di fare in gara e quelle che invece sono le effettive esigenze del piano di comunicazione reale, delle reiterate richieste di sconti e dell’incremento del fenomeno delle penali sui prezzi o sulle performance che le agenzie – che non sono broker di spazi, puntualizza il vice Presidente AssoCom – devono dichiarare ma che non possono in alcun modo controllare. Pensiamo per esempio alla rivoluzione dello scenario che riguarda il calcio e alle sue ricadute sull’offerta di spazi da parte dei diversi player”. “Io credo che le gare possano essere utili per 31
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2 - LE GARANZIE RICHIESTE DALLE AGENZIE 1 – GARANZIE DI CONFIDENZIALITÀ • I dati dovrebbero essere utilizzati solo ed esclusivamente per gli scopi della gara • I dati raccolti nel corso di una gara non dovrebbero essere condivisi durante la gara stessa per aumentare la competitività • I dati raccolti nel corso di una gara non dovrebbero essere utilizzati per stabilire benchmark o costruire ‘pool’ • Al termine del pitch tutti i dati dovrebbero essere cancellati 2 – GARANZIE PROFESSIONALI • Gli auditor dovrebbero qualificare e certificare i loro addetti, i loro tool e i loro processi • Gli auditor dovrebbero garantire la loro integrità professionale • Agli auditor dovrebbero essere riconosciuti fee non correlati al taglio dei costi generato • Le agenzie dovrebbero avere il diritto di verificare le attività degli auditor 3 – GARANZIE DI TERZIARIETÀ • L’auditor dovrebbe essere scelto attraverso un processo decisionale corretto e condiviso da agenzia e cliente • Qualsiasi possibile conflitto d’interesse andrebbe dichiarato a ciascuna delle parti prima della condivisione di qualsiasi dato Fonte: ‘Comunicare Domani’, Paolo Stucchi, Luglio 2018
dare una ‘scossa’ alle agenzie – interviene Stefano Spadini, Ceo di Havas –, a patto che non siano un termometro o una cartina di tornasole per valutarle. Tutto dipende dai motivi che inducono di volta in volta un’azienda a indire la singola gara. Mi spiego meglio: in totale trasparenza di rapporto fra agenzia e cliente, ben venga che si faccia un tentativo di ‘rinfrescare’ apertamente il rapporto stesso chiedendo di verificare e di avere la certezza di avere scelto il partner giusto. Se e quando questi tentativi non vanno a buon fine, la gara può diventare uno strumento utile, mentre oggi, troppo spesso, si tratta piuttosto di un esercizio formale per fare i ‘turni’ fra le agenzie con un gioco a costo zero (per il cliente). Ma anche quando non è così, aggiunge il Ceo di Havas Media, “La gara non può comunque
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diventare l’unico strumento di valutazione del comportamento di un’agenzia, a maggior ragione se ciò che si va a valutare è il commitment sul buying di testate, affissioni, canali satellitari o Dtt che magari un anno dopo il pitch possono cambiare radicalmente posizionamento o potrebbero addirittura essere scomparsi, e quindi rendere i contratti irrealizzabili e causare alle agenzie penali senza alcun senso”. Conflitti d’interesse? Altro aspetto che causa malessere nel mondo delle agenzie è quello degli auditor: in discussione non sono il loro ruolo e la loro funzione, perché “Sia il procurement che gli auditor hanno un ruolo importante e pienamente legittimo nella filiera delle gare – riprende Spadini –, ma con loro vorrei avere un con-
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fronto sul piano strategico – come in alcuni mercati stranieri sta già succedendo – perché le regole del gioco dovrebbero essere sempre chiare e condivise. Eppure, quando un’azienda ha bisogno con urgenza di una gara strategica, accade che si passi qualche nome di agenzia e ci si limiti a girarlo al procurement, senza uno ‘screening’ preliminare che produrrebbe invece enormi benefici: in tutto questo l’auditor potrebbe e dovrebbe aiutare il cliente sia perché ogni agenzia ha un suo preciso posizionamento che l’auditor stesso dovrebbe ben conoscere, sia perché dovrebbe conoscere le motivazioni che hanno portato quell’azienda a indire la gara e quindi intervenire fin dal momento della stesura dell’RFI (Request For Information: ndr). Per tutte queste ragioni nel 2018 Havas Media ha deciso di partecipare a meno gare, in modo molto più mirato e con risultati molto soddisfacenti: il success rate è aumentato e il billing media acquisito raddoppiato rispetto al passato”. Altra questione, aggiunge Girelli, è quella relativa a tutti i dati e le informazioni che le agenzie consegnano a clienti e auditor in fase di gara: “Noi firmiamo sempre accordi di riservatezza e confidenzialità (NDA – Non Disclosure Agreement) ma non li chiediamo, anche se consegnamo dati e informazioni, e talvolta anche contenuti, che sono il frutto di anni di lavoro e di investimenti in tool proprietari. Ma che fine fanno? – si domanda Girelli –. Io sono convinto che gli auditor facciano un lavoro delicato e importante, indispensabile nell’aiutare le aziende in fase di gara della quale sono i garanti. Ma scegliere un’agenzia vuol dire scegliere le persone con cui il cliente lavorerà, e per questo ci vogliono dei professionisti non bravi ma bravissimi! E lo devono essere tutti”. Questo rimette in gioco i ‘consultants’: ci sono infatti casi in cui una società di consu-
lenza – benché con reparti o sigle differenti, ma appartenenti allo stesso gruppo – può interpretare il doppio ruolo di competitor delle agenzie durante un pitch, e di ‘controllore’ o advisor del cliente nel corso della gara stessa. Come sottolinea Girelli, “L’Italia è all’interno di un sistema globale, complesso e talvolta frustrante. Ma anche da noi è arrivato il momento di parlare dei possibili conflitti di interesse che stanno nascendo a livello internazionale, e che non sono razionalmente accettabili!”. A questo proposito, l’EACA (European Association of Communications Agencies) ha dato vita a una Media Auditing Initiative
Il report ‘Rebuilding Trust – Auditing: Contract Compliance & Media Benchmarking’, pubblicato da EACA, è disponibile sul sito dell’associazione www.eaca.eu
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Paolo Stucchi, consigliere AssoCom e Ceo Dentsu Aegis Network Southern Europe
che, prendendo spunto da uno studio della World Federation of Advertisers (WFA), prevede la definizione di linee guida a livello europeo per le ‘best practice’ e lo sviluppo di un vero e proprio ‘codice di condotta’ nel corso delle gare, che tenga conto degli aspetti chiave che riguardano tutte le parti in causa e gli auditor in primis: 1. una garanzia ‘blindata’ di confidenzialità; 2. standard professionali elevati e consistenti; 3. la totale assenza di conflitti d’interesse. Confidenzialità, professionalità e terziarietà sono anche al centro di una lettera aperta firmata da Paolo Stucchi, consigliere AssoCom e Ceo di Dentsu Aegis Network Southern Europe, e rivolta agli associati, alle altre associazioni e alle aziende per invitare ufficialmente tutte le parti coinvolte a partecipare al tavolo di lavoro sulle gare e su tutti i temi del mercato media che AssoCom ha aperto lo scorso settembre: “L’industria della comunicazione – scrive
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Stucchi – sta affrontando un rapido processo di trasformazione, guidato soprattutto dall’evoluzione digitale. In questo scenario così dinamico occorre affrontare il cambiamento, passando anche attraverso la gestione di momenti delicati e cruciali per il business come quelli delle gare media. Le dinamiche delle gare media sono un tema sensibile per tutti: per le Agenzie, i Centri Media, le Concessionarie, gli Editori, le Organizzazioni di Settore, gli Advertiser e gli Auditor. Il mercato delle gare esiste e sta diventando sempre più grande, ma anche fortemente concentrato. Dobbiamo impegnarci per evitare il pericolo di abusi e di comportamenti scorretti. È necessario essere orientati a supportare pratiche virtuose che promuovano il valore del mercato per tutti gli operatori. Lo possiamo fare insieme, operando sulla scia di quanto suggerito a livello internazionale dalle varie associazioni globali ed europee. Abbiamo l’opportunità di stabilire in maniera condivisa delle linee guida per la gestione delle gare che possano indirizzare tutte le parti coinvolte verso una relazione solida, costruttiva e trasparente. In questo senso vogliamo da subito impegnarci perché l’auditing diventi una leva di crescita per il nostro settore, e quindi perché siano opportunamente affinati e garantiti i requisiti di professionalità, terziarietà e confidenzialità”. Maggiore equilibrio e regole certe “Le gare stanno diventando un’Industry vera e propria – ha ribadito Giorgio Tettamanti, portavoce del Media Hub di AssoCom e CEO dei media brands di Dentsu Aegis Network Italia, introducendo a Comunicare Domani una tavola rotonda che ha visto partecipare diverse concessionarie –; la nostra visione
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Giorgio Tettamanti, portavoce del Media Hub AssoCom e CEO media brands Dentsu Aegis Network Italia
è che siano utili, per ragioni diverse, ad aziende e centri media e che la presenza di un auditor (arbitro) sia cosa benvenuta per rigore del processo e visione super-partes. È altrettanto vero che rappresentano un costo molto elevato (e non coperto) per i centri media e che spesso mirano principalmente a ottenere una riduzione dei costi dei mezzi (impatto sugli editori) e della remunerazione dei consulenti (impatto sui centri media). In sintesi, vi è anche un tema di sostenibilità del sistema, infatti l’impatto delle gare a favore di una continua diminuzione dei costi della pubblicità e delle remunerazioni condurrà a un impoverimento da un lato dell’industry a livello di editori e concessionarie e dall’altro tra i centri media. Questo alla fine porterà impatti negativi anche alle stesse aziende che investono in pubblicità”. “Nei 10 anni seguiti alla crisi del 2008 – ricorda Massimo Martellini, Presidente FCP –, il mercato ha perso circa il 40% del suo valore netto, con ovvie ripercussioni sull’intera
filiera. E in questa filiera editori e concessionarie hanno un ruolo fondamentale nell’offerta non solo di spazi ma di contenuti di valore: oggi, però, le richieste arrivano alla fine di un processo che parte altrove, e il rischio è proprio quello di snaturare il valore dei mezzi”. Il presidente di FCP ha quindi auspicato che si arrivi a “Regole certe, anche nell’introduzione di nuovi attori, per mantenere la riservatezza delle trattative commerciali perché non è sempre e solo questione di proprietà dei dati: editori e concessionarie non possono non fare riferimento alla sostenibilità dei propri bilanci, e concedere una cosa a un cliente non può diventare una regola, perché farlo con uno non vuol dire poterlo fare con tutti”. D’accordo con Martellini e Tettamanti anche Matteo Cardani, Presidente FCP AssoTV e General Manager Marketing e Operation di Publitalia ’80, che sottolinea come la richiesta di pura efficienza abbia portato il mercato dei mezzi a una perdita enorme di marginalità: “Secondo i dati dell’Agcom – ha ricordato – il mercato televisivo vale 8,3 miliardi di euro, il 40% dei quali attribuibile alla pubblicità. Ma se andiamo a vedere la
Massimo Martellini, Presidente FCP
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somma dei bilanci di tutti gli operatori, gli utili del settore arrivano a una cinquantina di milioni, una quota minuscola del sistema. Ma per stare sul mercato dobbiamo investire per creare valore: in contenuti locali autoprodotti, indispensabili per differenziarci dagli Over The Top; in contenuti globali come film e serie per catturare audience; in nuove tecnologie, perché andiamo verso una ‘tv aumentata’; in dati e misurazioni, arricchendo i risultati del nuovo grande panel Auditel di dati censuari sulle nostre audience che agenzie e clienti ci chiedono sempre di più. Quello che serve è dunque un maggiore equilibrio fra efficienza, efficacia e innovazione. Chi punta solo sulla prima molto spesso finisce per pagarne lo scotto con campagne che non funzionano. E per quanto riguarda il ruolo degli auditor nelle gare, il loro compito non può essere quello di appiattire tutto al minimo comun denominatore, ma al contrario quello di selezionare mettendo in evidenza le differenze”. Cardani si dice inoltre ottimista sui lavori del tavolo di lavoro lanciato da AssoCom: “Come concessionarie di pubblicità, quindi FCP, e specificatamente come concessionarie di pubblicità Tv, quindi FCP AssoTv, abbiamo aderito con convinzione alla proposta lanciata da AssoCom e partecipiamo attivamente alle sessioni di lavoro che sono state attivate nell’autunno di quest’anno. Ci sono tutte le premesse per definire un set di regole di ingaggio e quindi framework di mercato che permetta a tutti gli operatori – aziende, agenzie, auditor e concessionarie – di gestire un processo (quello delle gare media) che fa parte della normalità del business ma che, senza questo set di regole condivise, rischia di produrre situazioni che potremmo definire eufemisticamente ‘imbarazzanti’. Le premesse del tavolo sono molto positive e la riuscita dipende dalla collaborazione attiva tra i 4 player di mercato di cui sopra”.
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Il ruolo delle media company Quale pensano possa o debba essere la strada per uscire dall’impasse attuale, e come le concessionarie potranno giocare un ruolo da protagoniste nell’affrontare il dibattito su gare e trasparenza per non ‘snaturare’ il valore dei propri mezzi? “Credo ci sia prima di tutto un problema di ruolo e di corretta terminologia – indica Alessandro Loro, Responsabile della Direzione Innovazione e Comunicazione di IGPDecaux –. Personalmente non amo la dizione ‘concessionaria’ e preferisco definirci un’azienda di mezzi. Il punto è che l’Out Of Home, il nostro specifico mezzo è oggi ancora a metà del guado: non ha ancora abbandonato del tutto le pratiche ‘antiche’, ma neanche ha abbracciato pienamente il nuovo. In questo scenario, la domanda è quale sia oggi il ruolo delle media company: quello di semplici portatori di offerta, cioè fornitori di spazi per clienti e intermediari competenti e professionali che già conoscono tutto del nostro mezzo? Io credo che invece ci sia ancora, e molto, bisogno del nostro sostegno e del nostro
Alessandro Loro, Responsabile Direzione Innovazione e Comunicazione IGPDecaux
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servizio. Un ruolo consulenziale, quindi, sia verso i clienti finali, sia verso le agenzie intermediarie che non tutte hanno una conoscenza davvero approfondita del mezzo. Un supporto sul contenitore ma spesso anche sul contenuto: non per gli aspetti puramente creativi, ma per il modo più efficace in cui declinare il contenuto creativo sul mezzo. È un servizio che IGPDecaux fornisce da anni in mancanza di campagne pensate ‘nativamente’ per l’Out Of Home – che rappresentano ancora l’eccezione piuttosto che la regola”. Secondo Loro un aspetto diverso è quello che riguarda eventuali gare che coinvolgano direttamente anche i mezzi: “Nel processo attuale mi sembra avrebbe davvero poco senso: una volta che il cliente, l’investitore, ha deciso a monte di usare l’Esterna, è in realtà l’agenzia media a ‘mettere in gara’ i mezzi eterogenei. È qui che eventualmente entra in gioco il ruolo consulenziale delle media company”. “Le concessionarie dovrebbero assolutamente partecipare al dibattito in corso fra centri media e clienti – ribadisce Flavio Biondi, Vice Presidente IGPDecaux –: fino a oggi siamo stati l’ultimo anello della catena ed è su di noi che si è scaricata la ricerca di efficienza anziché efficacia. In questi anni abbiamo visto che nelle gare tutto si riduce alla efficienza del prezzo, perché parliamoci chiaro: nella grande maggioranza dei casi la gara serve a stabilire stabilire solamente quanto un centro media sia bravo a comprare e quanti dei Dn è in grado di restituire. Noi quotidianamente lottiamo per difendere il nostro valore, per difendere gli investimenti in talenti, in tecnologie e innovazione, ma, come spesso accade, tutto ciò non viene valorizzato”. Da un punto di vista strategico, aggiunge Biondi, “I centri media come li abbiamo conosciuti fino a pochi anni fa sono stati in parte superati: i clienti cercano sempre più servizi oltre il media – come digital solution,
Flavio Biondi, Vice Presidente IGPDecaux
programmatic, promotion, eventi, PR… – e tutto ciò sta costringendo le agenzie a cambiare per sopravvivere. Come? Tornando in fin dei conti a ciò che erano una volta: consulenti del brand a tutto tondo, anche se in modo certamente più evoluto”. Dal media all’audience planning Carlo Giacobbe, Commerical Director di Clear Channel Italia, riprende il discorso sul trend degli investimenti: “Abbiamo parlato in precedenza di mercati e di economie dell’Europa Occidentale che crescono con tassi contenuti e sappiamo quali sono le dinamiche del nostro paese da questo punto di vista: contestualmente, perciò, le aziende che lavorano sul mercato italiano hanno la necessità di osservare il proprio conto economico e di ottimizzare le risorse destinate agli investimenti, pubblicitari e non solo. Una situazione, quindi, che determina la massima attenzione nel valutare ogni decisione di spesa”. Questo spiega quindi in molti casi il ricorso a
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Carlo Giacobbe, Commerical Director Clear Channel Italia
gare basate sull’efficienza. “Il nodo centrale – prosegue però Giacobbe – è che tutto ciò porta a rivedere le singole componenti d’investimento da parte delle agenzie media: in altre parole, se il budget del cliente diminuisce e l’agenzia è ‘tirata’ sulle gare, come può pensare a investire, a sua volta, in nuovi modelli che permettano di sviluppare nuove soluzioni per i clienti? In questo senso, la strada del ‘copia e incolla’ è più facile e soprattutto più sicura di quella dell’innovazione. Se per noi concessionarie è prioritario sviluppare prodotti sempre più innovativi capaci di differenziare l’offerta, nel momento in cui c’è una ‘compressione’ del valore di tutta la catena, per le agenzie media è complicato riuscire a seguirci rispetto a quelle che possono essere le nostre offerte”. Una possibile soluzione per ribaltare questo paradigma, suggerisce Giacobbe, è quello di riposizionare la comunicazione all’interno del P&L degli investitori: “Oggi infatti il media è posizionato nel P&L come una voce di costo e non di valore, tanto che gli
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investimenti adv restano nella parte bassa del conto economico e non nella parte alta: per questo ritengo sia fondamentale da parte delle concessionarie aiutare gli investitori, e anche i centri media, a fare questo ‘switch’. Come? Aiutando l’intera filiera a spostarsi da una logica di media planning a un approccio di audience planning. Lo spostamento non avverrà nel breve termine, ma la direzione è questa: non si tratterà più di costruire un piano che mette insieme Tv, radio, carta stampata, OOH e digitale e, quando ci sono problemi di budget, andare a depennare il mezzo o i mezzi che ‘rendono’ di meno; piuttosto, dato un target di riferimento che il brand intende raggiungere, si tratterà di scegliere i momenti e i touchpoint in cui poter arrivare a quell’audience indipendentemente dal media, massimizzando e ottimizzando l’intero percorso del consumer journey – al mattino, alla sera, nel fine settimana, quando è in auto o quando fa shopping… Ed è qui che il ‘dato’ assume un ruolo centrale, non in quanto tale e in senso assoluto ma come base su cui costruire valore per l’intera filiera, come elemento su cui costruire soluzioni di top e non di bottom-line”. L’adv non è una commodity Ancora più delle concessionarie che ne sono la voce e il braccio ‘commerciale’, voce in capitolo dovrebbero probabilmente averla gli editori, è la riflessione di Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions. “Sono loro per primi che andrebbero ascoltati, perché quella cui stiamo assistendo è una fortissima compressione dei margini di questa industry – e mi riferisco principalmente al mondo televisivo. Ci troviamo in una situazione in cui, da un lato, si sta verificando un aumento dei costi di produzione causato dall’ingresso nel mercato degli Over The Top, quindi dalla sempre maggior concorrenza. A quanto ho letto, sembra
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GLI AUDITOR ‘VISTI’ DALLE CONCESSIONARIE “Gli auditor fanno il loro mestiere e lo fanno perché hanno un committente che glielo chiede – afferma Roberta Lucca (Rai Pubblicità) –. Ci sono e ci saranno. Noi siamo una media company che produce qualità e riteniamo che nella misurazione del contatto sia necessario introdurre un coefficiente moltiplicatore legato appunto alla qualità. Rai5 reclama il posizionamento così come Roberto Bolle su Rai 1, che ha il coraggio di portare il balletto su una generalista e renderlo mainstream con 5 milioni di audience e ha effetti virtuosi sul mercato e sulla società”. “Gli auditor hanno un ruolo molto importante per i clienti, su questo non c’è dubbio – osserva Paolo Romano (Viacom Pubblicità & Brand Solutions) –. Ma non dimentichiamoci che fanno un lavoro estremamente specifico: ciò vuol dire che le loro valutazioni non prendono in considerazione i diversi media, ma si limitano a fare semplicemente dei confronti, all’interno di uno stesso media, rispetto a un panel di investitori. Quindi creano sì efficienza, ma a mio modo di vedere non evidenziano le opportunità rispetto al singolo mezzo, rimanendo perciò slegati da quella che invece è o dovrebbe essere l’intera strategia del cliente”. “Ho una visione degli auditor abbastanza critica – dichiara Flavio Biondi (IGPDecaux) –: i loro audit che misurano il nostro mezzo sono davvero oggettivi? In base a quali parametri giudicano chi ha comprato bene e chi male? Ogni settore merceologico ha standard differenti: il lusso è disposto ha pagare di più gli spazi a fronte di qualità, in altri casi si cerca e si predilige la massima copertura pagando il cpc il meno possibile. Ma questo ragionamento vale anche per i singoli clienti che hanno obiettivi diversi a seconda di ogni campagna. Da questo punto di vista possiamo dire che ci sia una vera trasparenza? Bisognerebbe capire come gli Auditor costruiscono i loro benchmark, perché anche se molti fenomeni sono noti e conosciuti, non è affatto detto che siano trasparenti. In tanti anni gli Auditor mai sono venuti a raccontarci come costruiscono i loro modelli di valutazione”.
che nel 2018 Netflix abbia investito qualcosa come 12 miliardi di dollari in produzioni proprie, una cifra che non ha veramente eguali. Ciò significa che chi oggi vuole fare o continuare a fare televisione si trova a competere con newcomers molto ricchi, molto aggressivi, e dalle enormi potenzialità. Dall’altro lato, lo stesso modello di business fondato sulla pubblicità si basa sulla continua richiesta di contenimento dei costi, riducendo i margini per chi opera in questa industry. Ma nel momento in cui i protagonisti del mercato, e quindi gli editori e le loro concessionarie, non avranno più la possibilità di marginalizzare, sarà l’intero sistema a rischiare di crollare. Questo non farebbe ovviamente il gioco degli utenti pubblicitari che perderebbo la possibilità di contare sul pluralismo e sulla differenziazione dei canali televisivi e dell’offerta video in generale”.
Clienti e centri media dovrebbero anche essere più attenti a mantenere quella che Romano definisce ‘diversità biologica’ all’interno degli stessi media:”Mi spiego. Nel momento in cui un cliente richiede un ‘taglio’, non può pretendere che questo sia applicato indiscriminatamente da tutti i player come un taglio lineare, perché per ragioni storiche non tutti hanno gli stessi prezzi nei loro GRP’s, pur avendo dei prodotti che di fatto forniscono lo stesso output. Tutti, cioè, offriamo a chi investe delle fasce più o meno ampie di pubblico: ma non conta solo la dimensione, perché in alcuni casi le audience raggiunte dagli editori di canali più ‘giovani’, nel senso di arrivati in un secondo momento, sono addirittura più pregiate. Quindi, se i clienti applicassero dei tagli lineari su tutta la filiera, senza differenziare fra ciò che davvero offrono le diverse reti e canali, inevitabilmente metterebbero in
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ADVISOR: OLTRE IL MEDIA AUDITING Uno studio condotto negli Stati Uniti dalla World Federation of Advertisers lo scorso marzo ha messo in luce come e quanto il ruolo degli advisor sia cambiato negli ultimi anni: le grandi multinazionali hanno infatti iniziato ad affidare loro una gamma di servizi più ampia del solo ‘price auditing’ (la comparazione dei prezzi pagati dagli investitori per gli spazi media rispetto a un ‘pool’ di altri utenti pubblicitari) o del ‘pitch counselling’ (la consulenza in fase di gara), fra i quali la consulenza strategica di lungo periodo per la gestione dei media, l’evoluzione delle strutture interne di marketing e la scelta (diretta) delle agenzie cui affidarsi. 9 aziende su 10, delle 56 intervistate da WFA, hanno dichiarato di utilizzare servizi di media auditing e di benchmark sui prezzi. La maggioranza dei clienti (73%), delle agenzie media (92%) e degli stessi advisor (87%) intervistati concorda però sul fatto che l’attuale approccio alla misurazione vada cambiato, spostandosi da un’ormai superata valutazione sul prezzo verso un maggiore focus su giudizi di valore. Il 96% dei clienti ritiene inoltre necessario differenziare la metodologia di valutazione fra media digitali e media offline: ma mentre gli advisor sostengono di aver fatto grandi passi avanti da questo punto di vista (i due terzi degli auditor intervistati sostiene che le valutazioni in ambito digital sono molto migliorate negli ultimi anni), i clienti rimangono scettici e solo il 23% concorda con loro. Secondo Matt Green, Global Lead, Media & Digital di WFA, “È evidente che il sistema di misurazione basato sui ‘pool’ non soddisfa più gli advertiser, che in uno scenario dove le aste sono la norma non hanno alcuna certezza sulla correttezza del prezzo pagato”. Fra le priorità indicate dalle aziende a proposito delle possibili aree di intervento degli advisor, spiccano infatti il programmatic, le media analytics, i servizi consulenziali in ambiti quali la scelta delle tecnologie da implementare. L’81% degli advertiser intervistati ha dichiarato di ricorrere sempre o comunque molto frequentemente ai servizi degli auditor, e il 68% concorda sul fatto che l’auditing ha contribuito a ridurre i prezzi e ottenere un maggior valore dagli investimenti media. Fra gli auditor più utilizzati spiccano Ebiquity e la sua controllata Firm Decisions, Accenture Media Management e ID Comms. Riflettendo l’esigenza di cambiamento dei propri reparti marketing, molte delle multinazionali coinvolte nel sondaggio hanno confermato il coinvolgimento degli advisor in altre aree: dal design dei reparti media interni alla gestione dell’ecosistema di agenzie di cui si servono, fino alla vera e propria consulenza media. La percentuale di aziende che lo ha fatto resta minoritaria, ma come chiosa Green, è un segno inequivocabile di quanto il ruolo degli auditor sia cresciuto e si sia fatto sempre più sofisticato.
crisi lo sviluppo dei nuovi editori e dei nuovi player di questo mercato”. E sul tasto della qualità interviene anche Roberta Lucca, Responsabile Marketing Commerciale Rai Pubblicità: “Il fenomeno ‘Mediapalooza #2’ si è spinto all’estremo, considerato che ci sono aziende che mettono in gara centri media e agenzie anche annualmente. Questa situazione rischia di snaturare completamente il valore aggiunto che le agenzie e i centri media possono dare
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alla comunicazione delle aziende, relegando la pubblicità a mera commodity. Come player della filiera ci auguriamo che il tavolo di lavoro riesca a invertire questa rotta perché a farne le spese sono tutti gli attori con una ricaduta, alla fine, anche sulla qualità del contenuto. Penso che la strada passi da una riqualificazione del nostro mercato. La parola qualità dovrebbe essere il driver principale per uscire dal guado. Le gare che hanno come obiettivo somme di contatti senza preoccu-
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USA: MEDIA TRADING SOTTO INCHIESTA Dopo le rivelazioni sulla diffusione dei ‘media rebates’ nel 2016 e il libro bianco sulla trasparenza pubblicato dall’ANA (Association of National Advertisers, omologa statunitense della nostra UPA), da molti giudicata una delle principali cause scatenanti l’onda lunga di gare media e rinegoziazioni dei contratti in essere, alla fine di settembre di quest’anno una nuova ‘tegola’ si è abbattuta sulle agenzie media americane: il Wall Street Journal ha infatti pubblicato la notizia dell’apertura di un’inchiesta dell’FBI riguardante le pratiche di media buying delle agenzie. Immediato, quanto attendibile, il rovescio in borsa di molti titoli del settore. Secondo alcuni analisti di borsa americani citati dalla stampa USA, l’indagine riguarderebbe in particolare il settore digitale, visto il ruolo che l’automazione dei rebates (i Dn) ha assunto nella filiera del programmatic, considerata più opaca di quella dei mezzi tradizionali come la Tv. Inoltre, se sul breve le attività investigative potrebbero portare gli advertiser a fidarsi ancora meno del mondo delle agenzie di quanto non sia già accaduto nell’ultimo biennio, in un’ottica di medio-lungo periodo l’impatto dei risultati dell’inchiesta potrebbe riguardare anche imargini di profitto delle holding della comunicazione, per le quali i servizi media rappresentano ancora oggi uno de motori principali – per esempio, il 45% dell’intero business per WPP e il 40% per Publicis.
parsi delle piattaforme e dei contenuti su cui atterrerà il messaggio commerciale, credo vadano nella direzione contraria allo scorrere del fiume in piena. La reputation economy, l’indirizzo sostenibile e l’integrazione, indicano la necessità di valorizzare e di scegliere con oculatezza ‘dove vado e come ci vado’. Se venisse riconosciuto il valore alla qualità si creerebbe una spinta virtuosa generale al miglioramento dei contenuti che gioverebbe al mercato e alla società tutta. La bellezza ha un effetto contagio. Nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, la gara tra mecenati ha prodotto il grande Rinascimento italiano”. Questione di metriche & KPI Quali e quante possibilità ci sono per editori e concessionarie di intervenire e invertire la rotta che vede l’utilizzo di metriche e KPI centrati esclusivamente sull’efficienza, e quindi arrivare a valutazioni che tengano conto anche dell’efficacia dei mezzi? “Per noi non solo è possibile invertire la rotta – risponde Lucca – ma ci battiamo quotidianamente affinché vicino ai tradizionali KPI quantitativi siano percepiti come importanti
anche KPI che evidenziano in maniera forte la qualità della nostra comunicazione. L’attenzione in questa giungla mediatica deve essere valorizzata, ha un valore immenso e come tale deve essergli riconosciuto. Tutte le forme di comunicazione innovative a livello di creatività, integrazione del brand nel contenuto e progettualità che Rai Pubblicità sta offrendo ai suoi clienti sono una dimostrazione che il parametro di valutazione deve cambiare e adattarsi a un mercato (in continuo mutamento), a un consumatore che è già da tempo cambiato, a un modo di percepire la comunicazione che non è più quello del passato”. Il consumatore, prosegue Lucca, è diventato sempre più parte attiva nelle scelte aziendali, le strategie di comunicazione stanno subendo veloci cambiamenti andando a lavorare in maniera differente su media classici, ampliando le forme di comunicazione e puntando molto sul brand integration. “Tali forme di comunicazione non sono misurabili con le metriche classiche – spiega –, e questo può fuorviare le valutazioni che mirano invece a riportare tutto ad un’unica misura dove l’efficienza è il KPI fondamentale. Campagne
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efficaci dove il consumatore ritrova i propri valori nei contenuti che guarda, che mirano ad aumentare la reputazione dell’azienda che comunica non possono essere valutati al pari dei classici spot pianificati in base a criteri di efficienza. Una pianificazione come sopra descritta porta a un moltiplicatore di efficacia delle campagne che non può non essere valutato”. Anche secondo Romano l’errore alla base di tutto è nella forzata ricerca di KPI di pura efficienza: “Nella comunicazione non dovrebbe essere e non è mai stato così… Sembra quasi che si sia persa la sensibilità sul contesto all’interno del quale si fa pubblicità, e in particolare sulla qualità legata a questo contesto. Parlando di Tv, sembra che qualsiasi testa, in qualsiasi contesto la si raggiunga, sia uguale: ma dovrebbe essere chiaro che non è così e che una pianificazione ‘corretta’ dovrebbe prendere in considerazione e valorizzare maggiormente anche gli aspetti qualitativi. L’unica arma a disposizione delle concessionarie, da questo punto di vista, è dare a chi pianifica più strumenti, e lo si può fare in due modi: da un lato non fermandosi a quelle che sono le currency e le metriche ‘standard’ del mercato, magari commissionando o realizzando ricerche capaci di andare oltre i dati Auditel per incrociare quelli che sono gli stili di consumo della propria audience e così profilare di più e meglio i targent raggiunti; dall’altro, cercando loro per prime di fare sempre più qualità attraverso soluzioni originali di comunicazione come format originali, eventi o branded content, perché in fin dei conti – al di là degli auditor o dei KPI da tenere sotto controllo – i clienti più attenti sanno che ci sono aspetti meno misurabili ma altrettanto importanti nella comunicazione di marca. È vero che parliamo di aspetti di per sé abbastanza poco ‘misurabili’, ma sono quelli che molto spesso fanno la fortuna di un prodotto o di un brand
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e ne determinano il successo grazie alla sensibilità di chi ha scelto come e non solo quanto comunicare”.
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Una relazione ‘win–win’ Citando David Ogilvy, Renée Bernhard, presidente di Aprais Italia, ricorda che ‘le aziende hanno l’agenzia media che si meritano’. In un sistema che ha portato alla proliferazione delle gare media focalizzate sulla sola efficienza del buying, il vero problema è la costante e quotidiana ottimizzazione della relazione fra le parti. Come? Utilizzando consapevolmente big data e consulenti
LA PROLIFERAZIONE di gare nasce da due diverse tipologie di esigenza: da un lato l’affidamento dell’incarico per un progetto completamente nuovo, dall’altro l’insoddisfazione verso l’agenzia media da parte dell’azienda committente. Tale insoddisfazione, a sua volta, è legata a fattori del servizio che riguardano aspetti legati agli output e alla competitività del buying, alla trasparenza dei prezzi, a problematiche sul planning, all’allineamento dei KPIs con i pre e post evaluation, e alla tipologia o al livello di risorse. L’evoluzione e la complessità del buying, in particolar modo nel digital, rende assai difficile conoscere con certezza se la propria agenzia ha costantemente ottimizzato gli acquisti. Ancora più problematica è la mancanza di norme e parametri affidabili e riconosciuti, nonostante la grande quantità di panel e audience research forniti da terzi. Il fenomeno dei big data, dunque, può essere letto tanto come una tirannia, quanto come una via per l’oggettività. Un libro bianco dedicato all’aggiornamento delle linee guide per le gare uscirà a breve a cura di Assocom, UNICOM e UPA. Tuttavia, è utile tener presente quanto sia dispendiosa una gara e, soprattutto, se col tempo l’incarico a una nuova agenzia media davvero risolva in maniera definitiva eventuali carenze nelle performance dell’agenzia precedente. Una gara comporta perdita di conoscenza della cultura aziendale 44
Renée Bernhard, President Aprais Italia
in agenzia, tempo sprecato per addestramento circa processi e guideline peculiari all’azienda, per apprendere quali sono i processi decisionali e capire chi davvero in azienda detiene il potere deliberativo per l’approvazione di strategie, deal, buying, KPIs e quant’altro.
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Alla luce di questa perdita di conoscenze, escludendo dolo e negligenza, gli unici casi in cui una gara per sostituire l’agenzia incombente porta un miglioramento a lungo termine sono due: nuovo incarico (e in quel caso si vuole forse stimolare un po’ di competizione tra agenzie) o se i valori dell’azienda e dell’agenzia media sono in contrasto fra loro. La reazione di indurre una gara per reagire a una prestazione d’agenzia insoddisfacente non considera due aspetti fondamentali che avrebbero potuto evitare la gara: qual è stato l’impegno reciproco – da parte sia del cliente che dell’agenzia – per migliorare il rapporto professionale? E quali sono le possibili carenze nella gestione dell’agenzia, ovvero nell’azienda? Come si potrà dimostrare inequivocabilmente che la nuova agenzia davvero sia migliore in termini di prestazioni rispetto all’agenzia incombente senza aver prima esaminato il rapporto ed esaminato se stessi? Ci vuole fiducia È facile pensare che il rapporto con la propria agenzia media sia diversa rispetto ad altri rapporti professionali o anche personali. Un buon rapporto richiede sforzo e dedizione. Ciononostante, non tutti saranno sempre felici e soddisfatti della propria agenzia media. Pochi, però, dedicano attenzione alle motivazioni sottostanti la carenza di fiducia reciproca nell’agenzia che ha portato alla gara. La carenza di fiducia è segno di un rapporto deteriorato. I big data in possesso di Aprais in questo contesto non riguardano il programmatic, bensì 19.000 performance review tra aziende clienti e le loro agenzie, in Italia e nel mondo, e dimostrano ancora una volta, come diceva David Ogilvy, che i clienti hanno le agenzie che si meritano: per ottenere un’ottima agenzia in termini di prestazioni, bisogna diventare un ottimo cliente, misurare regolarmente le reciproche aspettative, confrontarle con delle norme ossia
dei benchmark, saperle interpretare, colmare le carenze per cercare un miglioramento continuo da entrambe le parti. Le statistiche dimostrano con il 99,9% di affidabilità statistica che l’adozione di un processo di monitoraggio reciproco, ricorrente e costante tra cliente e agenzia risulta in un miglioramento delle prestazioni dell’agenzia media di fino al 21% a parità d’investimento nel fee d’agenzia. In sintesi, i migliori rapporti professionali risultano in performance migliori. Che cosa si intende per ottimi rapporti, clienti e agenzie bravi? Per le agenzie media, sono comportamenti precisi, tra i quali responsiveness al brief, efficacia ed efficienza nella pianificazione e negli acquisti, nonché conoscenza approfondita dell’azienda e dei suoi obiettivi di business, con la capacità di tradurla in propositività, piani e acquisti che rispondo ai KPIs e alle attese. Ma questa professionalità e capacità di risposta è strettamente legata a un buon rapporto collaborativo tra azienda e cliente. E il cliente ha le proprie responsabilità: approvazioni inequivoche e tempestive, capacità di cogliere situazioni del mercato per tarare meglio il brief in consultazione con l’agenzia media, brief che sono mirati, ben argomentati e realistici, con KPIs precisi concordati con l’agenzia media, e infine controllare post buy evaluation che riflettano il raggiungimento dei KPIs prefissati. La convenienza dell’acquisto non viene meno, ma sicuramente non è il fattore esclusivo che rende l’agenzia performante o no. In poche parole, i migliori clienti collaborano, coltivano e poi costruiscono un rapporto duraturo con l’agenzia media grazie anche all’investimento nel know-how e nel rapporto professionale. Coltivare un rapporto collaborativo e trasparente è dunque indispensabile per ottenere il massimo dall’agenzia. Trasparenza e piani concordati assieme per affrontare periodicamente e risolvere le varie problematiche che nascono: questa la ricetta per un matrimonio duraturo.
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Ci sono effetti collaterali altrettanto positivi: un buon rapporto aiuta immensamente a sostenere il morale dello staff nell’agenzia, che a sua volta è più propensa a rimanere concentrata sul business del cliente dedicandovi maggiori attenzioni ed energie; l’agenzia assegna al cliente ‘desiderabile’ i miglior talenti come incentivo, indipendentemente dal budget. Una situazione ‘win–win’. L’uso dei big data A dimostrazione di come i big data portino a una corretta interpretazione della capacità dell’agenzia media, possiamo citare un caso reale in cui un’agenzia è stata avvisata che il cliente era molto insoddisfatto. L’agenzia non era ritenuta performante in certe aree, nonostante i cambiamenti di risorse. Nella banca dati di Aprais, però, proprio in quelle aree la stessa agenzia risultava valutata in maniera estremamente positiva da altre aziende simili. I dati hanno suggerito quindi al management dell’azienda cliente di verificare se il problema non sussistesse nel livello di preparazione del personale incaricato nella gestione dell’agenzia media e del piano, e la qualità del rapporto in generale – criticità che un’agenzia potrebbe essere restia a sollevare in prima persona o direttamente al cliente. Con i dati in mano e una discussione tra cliente, agenzia e consulente condotta con serenità e candore, le problematiche che hanno ostacolato una buona percezione della performance dell’agenzia sono state individuate e risolte, senza l’onus della gara. Tuttavia, ci vuole tempo, gestione attiva, persistenza, monitoraggio costante e reciproco delle prestazioni. Naturalmente, in molti paesi ci sono spesso delle preclusioni culturali nelle aziende clienti, proprio perché sono loro a pagare l’agenzia, che si ritengono immuni dalla necessità di essere esse stesse oggetto di valutazione: un atteggiamento diffuso già evidenziato dall’esito
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di una ricerca condotta nel 2013 da Aprais e Assocom sui propri associati. In questa ricerca, i risultati sono stati confrontati con quelli sulla stessa tematica condotta dalla WFA (World Federation of Advertisers). L’esito: il 49% dei clienti, a livello WFA, conducono una valutazione semestrale dell’agenzia contro il 18% in Italia; le valutazioni sono unilaterali solamente nel 19% dei casi a livello mondiale, mentre lo sono per il 67% in Italia. Inoltre, nel 2011 (ultimo sondaggio WFA) a livello mondiale solo il 13% di valutazioni di clienti da parte di agenzia erano confrontati con benchmark, mentre il 31% di valutazioni di agenzie da parte di clienti erano confrontati con benchmark. Oggi anche il servizio di marketing intelligence WARC considera best practice la valutazione reciproca confrontata con benchmark. Il ruolo del consulente In questi casi, anche se le agenzie media e clienti di marketing si sentono spesso ‘assaliti’ da consulenti e advisor, un’azienda di consulenza super partes, imparziale, oggettiva può aiutare a formulare criteri oggettivi di valutazione reciproca, somministrando sondaggi rapidi e anonimi, ogni semestre, tra i protagonisti del rapporto specifico cliente-agenzia. In questo modo è più semplice individuare le aree di forza e quelle di potenziale miglioramento, e confrontando gli esiti con benchmark o norme robuste e statisticamente rilevanti per industria, settore, paese, interpretarne i risultati. Questi risultati, confrontati con le norme, sono poi presentati e discussi tra consulente moderatore, agenzia media e cliente con completa serenità per poi suggerire possibili interventi per migliorare le performance dell’agenzia media, del cliente e di entrambe assieme. Da questa discussione si concordano piani, tempi e manager incaricati di mettere in atto piani per migliorare le prestazioni ritenute meno soddisfacenti e si incorag-
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gia la diffusione di best practice nei casi di esiti molto positivi. Analizzare reciprocamente le prestazioni e i comportamenti, mantenendo questa disciplina un paio di volte all’anno, confrontandoli i con le norme rilevanti porta ad ottimizzare il rapporto e quindi le prestazioni professionali. Tra cliente e agenzia, i big data che il consulente porta per interpretare i comportamenti e
le prestazioni giocano un ruolo indispensabile per aiutare a saldare relazioni professionali performanti e incoraggiare rapporti duraturi che a medio e lungo termine sono piÚ proficui sia per clienti che per le agenzie media. It’s not all about the buy. RenÊe Bernhard President, Aprais Italia
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The power of data Siamo nell’era degli IDs e del tracking in tempo reale, on e off line. Un’era in cui i contenuti – advertising compreso – ‘fluttuano’ fra un numero di piattaforme, canali e touchpoint pressoché infinito. Ciò che ancora manca è un sistema capace di ‘conciliare’ le diverse metriche e misurazioni relative ai diversi mezzi: le piattaforme di agenzie e concessionarie
LA ‘FRATTURA’ che ancora esiste fra media on e off line, provoca non pochi grattacapi a chi vuole o deve misurare le audience per pianificare i mezzi, e le attività di comunicazione per valutarne i risultati: il primo problema è che non esistono ancora metriche condivise, e rimane altrettanto netta la distanza fra il sistema delle Audi da un lato e i dati originati e raccolti dai trading desk di cui si è ormai dotato quasi ogni attore del mercato – agenzia, cliente e concessionario. Di certo, con l’inesorabile avanzata del programmatic, le piattaforme di gestione dei dati si sono diffuse a macchia d’olio. Il nodo è però se tali piattaforme rappresentino un ‘must have’ piuttosto che un’opportunità o, come spesso si dichiara, un vero e proprio strumento di differenziazione della propria proposta al mercato. Il tema tocca da vicino tanto le agenzie media quanto le media company, in particolare quelle dei due media che più rapidamente si stanno avvicinando a una fase di piena digitalizzazione come Televisione e Out Of Home. La Tv si fa ‘addressable’ “Non saprei dire se questa diffusione delle piattaforme rappresenti un ‘must have’ o sia davvero un’opportunità aggiuntiva – esordisce Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions –: certamente nel mondo online sono ormai uno strumento indispensabile per sfruttare a pieno quello che 48
Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions
è il patrimonio del digitale, cioè la conoscenza esatta e precisa dell’utente che c’è dall’altra parte e dei suoi comportamenti. Le piattaforme rappresentano uno strumento tecnologico che si è sviluppato in modo naturale per poter sfruttare i big data: ciò non vuol dire affatto che siano perfette, e personalmente non credo affatto sia così. Il loro vero tallone d’achile è che, come tutti i robot, non riescono a valutare la qualità – e qui mi riaggancio al discorso fatto prima – perché se ci si affida solamente all’automazione si otterrà
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1. LA DIFFUSIONE DELLE PIATTAFORME ADTECH PROPRIETARIE
In questa e nelle prossime pagine, pubblichiamo alcune chart tratte dalla ricerca ‘Agents of Change’, realizzata da ExchangeWire e IPONWEB e pubblicata lo scorso luglio intervistando 129 agenzie media a proposito dell’uso di piattaforme di Adtech proprietarie. Quasi la metà (il 49%) dichiara di far ricorso a piattaforme proprietarie, con un’incidenza più significativa in Europa e in Nord America. E la maggioranza di chi adopera piattaforme proprietare per il programmatic buying dichiara di ottenere da queste alcuni vantaggi significativi: fra questi, migliori relazioni con i brand e con gli editori premium, differenziazione rispetto ai competitor, una visione più trasparente dell’ecosistema del programmatic e un miglioramento del ROI. Fonte: ‘Agents of Change: The Rise of the Programmatic Media Agency’, ExchangeWire research/IPONWEB, luglio 2018
sicuramente una grande efficienza in termini di costo, ma la qualità tenderà inevitabilmente a scomparire”. Parlando di dati e numeri, Romano cita l’esempio paradossale dei social network che non contemplano l’abbandono o persino la morte… “A molti di noi è capitato di vedersi suggerire un post o un sito da persone scomparse da
mesi che però, ‘digitalmente’ parlando, per le macchine continuano e continueranno sempre a esistere! Il tema di fondo è che le macchine sono davvero perfette per ottimizzare, ma così come ottimizzano gli aspetti positivi, altrettanto fanno per gli errori. Ed è questa la grande differenza fra macchina e uomo e la ragione per cui da sole le piattaforme non possono bastare”. 49
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Matteo Cardani, General Manager Marketing e Operation di Publitalia ’80
E prosegue: “Al di là di questa premessa per così dire ‘filosofica’, per quanto ci riguarda siamo attentissimi alle nuove tecnologie tanto è vero che siamo già partiti con un’offerta di Addressable Tv: oggi è ancora limitata alla possibilità per il cliente di differenziare il messaggio unicamente in base alla geolocalizzazione dello spettatore; ma in un domani ormai prossimo, riuscendo a raccogliere dai nostri utenti maggiori informazioni, potremo farla crescere proprio nella direzione di quanto già avvenuto con il web”. “La raccolta e l’utilizzo dei dati – soprattutto di prima parte – è ormai un valore ineludibile per ogni azienda – afferma Matteo Cardani, General Manager Marketing e Operation di Publitalia ’80 –. La novità colossale per il nostro mercato, e mi riferisco all’ambito televisivo più tradizionale, è che questi dati ora si possono raccogliere anche attraverso la Tv connessa. Se consideriamo che il consumo Tv pro-capite sfiora ancora oggi le 4 ore giornaliere abbiamo un’idea dell’immenso numero di informazioni che ogni singolo apparecchio può restituire. Senza un’adeguata
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infrastruttura tecnologica sarebbe impossibile gestire e mettere a frutto questo patrimonio. Ma non è sufficiente accedere ed elaborare i dati raccolti. Quello che fa la differenza è capire, attraverso l’osservazione dei fenomeni che i dati rappresentano, ogni sfumatura del consumo di contenuti, per intercettare e assecondare in modo puntuale le aspettative di un utente Tv sempre più esigente e trasformare questo knowhow in opportunità di comunicazione efficace per le aziende e rilevante per i consumatori”. Publitalia lavora sulle Tv connesse dal 2013, prosegue Cardani: “Nel corso di questi anni siamo stati i primi a proporre l’addressable Tv Adv, prima sui servizi on demand pay, fino ad arrivare ai canali free della Tv lineare. Oggi siamo in grado di offrire al mercato campagne mirate su numerosi parametri di segmentazione con formati display e video anche sullo schermo principale. Abbiamo un’infrastruttura tecnologica in grado di monitorare, raccogliere, elaborare dati in tempo reale ed erogare comunicazione profilata con risultati eccellenti. I nostri formati, addressable e interattivi, sono già stati utilizzati su decine di campagne di inserzionisti appartenenti a diverse categorie merceologiche. I nostri servizi rappresentano una seria e credibile alternativa alle pianificazioni su OTT e social perché garantiscono contenuti qualitativi e visibilità certa”. La qualità del ‘dato’ “Partendo dalla qualità del prodotto Rai – dice Roberta Lucca, Responsabile Marketing Commerciale Rai Pubblicità –, pensiamo che il reale valore risieda nella bontà del dato, gestito nel pieno rispetto della privacy del consumatore, piuttosto che nella tecnologia impiegata per poterlo utilizzare. Un dato di qualità permette infatti di erogare il messaggio giusto in modo rilevante per il target di riferimento. L’asset tecnologico alla base del processo è sicuramente un fattore competitivo importante, ma non il reale
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2. I VANTAGGI DELLE PIATTAFORME ADTECH PROPRIETARIE
Fonte: ‘Agents of Change: The Rise of the Programmatic Media Agency’, ExchangeWire research/IPONWEB, luglio 2018
elemento differenziante essendo sostanzialmente accessibile a tutti i Player del mercato”. Termini come programmatic, dati di prima parte e addressability sono sempre più familiari e presenti nei dialoghi tra gli operatori del settore, aggiunge Lucca: “Stiamo assistendo a una evoluzione del mondo della comunicazione che abbraccia trasversalmente tutti i mezzi, e che mira a una sintesi tra aspetti tipicamente di branding e logiche di efficienza proprie del mondo perfomance. Partendo dalla qualità dell’offerta editoriale Rai, sempre accessibile e disponibile su tutte le piattaforme, attraverso il redesign dell’infrastruttura tecnologica stiamo evolvendo la nostra offerta pubblicitaria per renderla sempre più omnicanale, rilevante e personale nel pieno rispetto dell’esperienza del consumatore. Al giorno d’oggi la conoscenza delle persone che seguono i contenuti Rai e la possibilità di poter operare in modo efficiente sulla base di informa-
zioni precise e affidabili rappresentano un fattore competitivo differenziante. Come tutte le
Roberta Lucca, Responsabile Marketing Commerciale Rai Pubblicità
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rivoluzioni ci troviamo difronte a nuove opportunità ma anche a nuove sfide e responsabilità che comportano una presa di coscienza da parte di tutta la filiera. A livello di Industry bisogna essere in grado di abbracciare il cambiamento preservando però i tratti fondamentali del nostro ecosistema e il rapporto fiduciario alla base del rapporto tra marca e consumatore”. Il tema della ‘proprietà’ dei dati non è di quelli semplici, riprende Cardani, perché finora c’è stata poca chiarezza: “La GDPR – ricorda – ha avuto il grande merito di puntualizzare che la proprietà del dato è del singolo individuo. Chi raccoglie informazioni attraverso qualunque tipo di strumento e decide di condividerle, dovrebbe considerare questo aspetto come un elemento fondamentale per ogni tipo di servizio offerto. Da sempre siamo attenti al rispetto di questo principio dichiarando, nella trasparenza più totale, le finalità di raccolta ed elaborazione dei dati. Il pubblico finora ci ha sempre premiato con percentuali di consenso favorevole largamente al di sopra della media. Proteggere i dati dei nostri interlocutori è fondamentale, e ogni deroga a questo concetto non è giustificabile. Altri forse non sono di questa opinione, e nel recente passato abbiamo avuto qualche evidenza delle conseguenze di ciò, ma noi lo riteniamo prioritario. Tuttavia l’equilibrio perfetto tra rispetto della proprietà dei dati, misurazione delle performance e determinazione degli investimenti è un esercizio parecchio complicato. Gli istituti preposti stanno svolgendo un lavoro molto complesso per dipanare la matassa”. Il vantaggio dell’OOH A proposito di dati, Carlo Rinaldi, Marketing & Innovation Director di Clear Channel Italia, suggerisce l’idea che si possa parlare di ‘democratizzazione’ dell’Out Of Home: “È un mezzo che sta imparando da quelle che sono state anche le evoluzioni di altri media, e nell’imparare si sta integrando con gli altri – spiega
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Carlo Rinaldi, Marketing & Innovation Director Clear Channel Italia
–. Si possono identificare tre fasi nel processo di pianificazione: Places, Platform e Profiling. Fino a oggi il modello tradizionale di planning è partito sempre dai primi: ci sono i Places, gli spazi, sui quali le Piattaforme permettono di fare ogni analisi necessaria, e da qui ci si muoveva verso il Profiling dell’audience. Oggi, grazie alla tecnologia, questo processo si sta, o meglio, si dovrebbe sempre più invertire. La nostra forza, infatti, proprio come recita il nostro claim, è che ‘incontriamo attraverso i brand le persone dove sono’. Non raccogliamo dati sensibili e neppure acquisiamo la parte ‘visiva’, ma lavoriamo sulla clusterizzazione dei comportamenti, il che ci consente di avere dati di prima parte presi letteralmente ‘sul posto’. Tecnicamente parlando, utilizziamo l’hardware e il software di uno strumento chiamato Digital Engagement Box (Reckon) per acquisire informazioni su dove e quando un consumatore si avvicina ai nostri impianti: dopo di che, connettendoci a qualsiasi tipo di fonte esterna attraverso un SDK (software development kit), possiamo arricchire le informa-
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3. LA DIFFERENZA RISPETTO ALLE ALTRE AGENZIE
Fonte: ‘Agents of Change: The Rise of the Programmatic Media Agency’, ExchangeWire research/IPONWEB, luglio 2018
zioni raccolte da noi con dati di terze parti”. È grazie a tutto ciò che il processo di planning oggi si è capovolto: “Possiamo partire infatti dal Profiling del consumatore, far lavorare su questa base le Piattaforme in termini di clusterizzazione, e da lì andare poi a suggerire una pianificazione in determinati luoghi, Places, e in determinati momenti – conferma Rinaldi –. E tutto questo porta chiaramente grandi vantaggi ai clienti, che possono investire con budget anche più ‘specifici’, sconfessando il falso mito dell’OOH come mezzo costoso e poco misurabile. Diventa infatti possibile pensare a flight di campagna a seconda del target che si intende raggiungere, del mo-
mento della giornata, del luogo o dei luoghi più pertinenti. In una parola: flessibilità al 100%”. Ma allo stesso tempo il vantaggio è evidente anche per la concessionaria, aggiunge Rinaldi, “Nel momento in cui dobbiamo decidere dove posizionare i nostri prodotti, per esempio andando a sistemare gli impianti nelle location più adatte a seconda dei cluster di consumatori e degli obiettivi di campagna che i clienti ci chiedono di raggiungere”. “Attenzione – mette in guardia Carlo Giacobbe, che di Clear Channel Italia è Commerical Director –: questa ‘inversione’ del processo non avverrà sicuramente dall’oggi al
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domani. Ma la linea è tracciata e noi stiamo utilizzando il dato proprio per arrivare a ciò: e ribadisco, a fare la differenza non sarà il dato in sé, ma l’utilizzo che se ne farà e il tipo di valore che gli si attribuirà”. Big data per diventare ‘smart’ Parlare solo di piattaforme di ‘gestione’ dei dati, ammonisce Michele Casali, Marketing & Data Director IGPDecaux, rischia di restringere un po’ troppo il campo, facendo perdere la visione d’insieme. Va invece approfondito il tema legato agli strumenti o alle piattaforme data-driven o più in generale a tutte le soluzioni che sfruttano il dato al loro interno. “Il primo aspetto da evidenziare – dice Casali – riguarda la necessità di automatizzare quelli che, in particolare nel mondo OOH, sono ancora processi manuali. Si sta infatti lavorando per costruire strumenti e piattaforme che grazie alle informazioni caricate al loro interno e a interfacce utente avanzate ed efficaci, semplificano la pianificazione da parte dei clienti. La quantità e la qualità delle informazioni, la semplificazione e l’automazione sono perciò gli ingredienti che ci stanno portando a un progressivo cambio di direzione, in parte simile a quanto già avvenuto nel mondo web. Questo non solo accompagnerà il media OOH verso una maggiore facilità nell’acquisto da parte dei clienti, ma ci porterà verso una semplificazione dei processi di vendita e verso una maggiore comprensione del mezzo”. Casali concorda poi con quanto detto poc’anzi da Rinaldi: “Un secondo aspetto che consegue al precedente è che si andrà verso la ‘democratizzazione’ del dato. Sino a oggi le informazioni viaggiavano su file power point, su fogli excel o su piattaforme separate dagli strumenti di pianificazione, mentre nel breve termine saremo in grado di condividere in tempo reale con il cliente o con l’agenzia media qualunque tipo di elemento di qualificazione dell’offerta”. Un terzo aspetto fondamentale, una volta
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Michele Casali, Marketing & Data Director IGPDecaux
automatizzati i processi di base, è la possibilità di utilizzare tutti i dati a disposizione per fare un fondamentale passo avanti anche nella fase di costruzione dei piani OOH: “Penso per esempio a uno schermo digitale – spiega Casali – e all’esigenza del cliente di migliorare l’efficacia della propria campagna attraverso un palinsesto mirato a specifici target, che necessita di presidiare solo determinate fasce orarie e specifici giorni della settimana. Se pensiamo a questo approccio su larga scala, è chiaro che, senza una piattaforma ad hoc unita a informazioni dettagliate, la gestione manuale di simili problematiche sarebbe critica”. Quarto importantissimo aspetto dell’approccio data-driven e delle nuove piattaforme di pianificazione è che “Quando si è in possesso di molti dati, oltre a quelli ufficialmente riconosciuti dal mercato, relativi a profili e comportamenti delle persone, si può in modo semplice e rapido migliorare il processo di targetizzazione e di planning. È un tipo di attività che nel mondo OOH si è sempre fatta, ma oggi basta poco
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4. LE NUOVE RICHIESTE DEI CLIENTI ALLE AGENZIE
Fonte: ‘Agents of Change: The Rise of the Programmatic Media Agency’, ExchangeWire research/IPONWEB, luglio 2018
tempo per ottenere risultati eccezionali che in passato potevano richiedere anche svariati giorni di lavoro”. L’ultimo elemento, non meno importante, riguarda la pertinenza del contenuto: “Pubblicare un messaggio affine al target, al luogo o al contesto temporale significa rendere più efficace la comunicazione. Oggi grazie alle piattaforme data-driven si può lavorare anche su questo aspetto. Sfruttando il Digital Out Of Home è già possibile pubblicare contenuti diversi a seconda dei momenti della giornata, degli ambienti, delle situazioni o in base a specifici data-feed. Per esempio, a livello europeo sono già state realizzate campagne negli aeroporti dove, a seconda delle destinazioni dei voli in partenza o della provenienza di quelli appena atterrati, la lingua
dell’annuncio pubblicitario varia in modo dinamico senza che vi sia alcun intervento umano. Oppure ancora, anziché pubblicizzare le tariffe praticate nello scalo una società di autonoleggio potrebbe visualizzare ai viaggiatori che transitano nei pressi dei Gate di uscita le tariffe relative alla destinazione del volo in partenza”. “Il dato dunque – tira le somme Casali – diventa un abilitatore necessario per costruire soluzioni di pianificazione molto più complesse rispetto a quelle odierne, con elevate capacità di targetizzazione e contenuti sempre più pertinenti. Questo è il futuro che credo progressivamente cambierà la comunicazione Out Of Home”. Come in concreto IGPDecaux sta affrontando questo cambiamento? “Parlando di piattaforme di automazione, IGPDe
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caux è già on air con la soluzione SmartBrics e con SmartContent – risponde Casali –: la prima è una piattaforma data-driven che lavora nel modo precedentemente descritto, sulla quale stiamo caricando tutte le informazioni relative ai nostri spazi OOH, i dati di audience provenienti da AudiOutdoor, tutti i punti di interesse in nostro possesso e tutte le caratterizzazioni territoriali oggi disponibili. La seconda soluzione (SmartContent) ci permette di presidiare le modalità di pubblicazione della comunicazione dei nostri clienti per migliorane la pertinenza e dunque l’efficacia. Una volta costruito il piano, siamo in grado di pubblicare contenuti differenti rispetto al luogo, la fascia oraria, ma anche e eventi in real-time (attraverso data-feed esterni). Un ulteriore passo sarà inoltre quello di entrare nel mondo del Programmatic attraverso la nuova piattaforma internazionale VIOOH, che nel 2019 sarà attiva anche in Italia. È un passo importante che ci permetterà di sperimentare questo nuovo canale di pianificazione”. Una proposizione unica “Un esempio tangibile del nostro impegno in quest’area – racconta Stefano Spadini, Ceo Havas Media Group – è Adcity, la piattaforma tecnologica proprietaria dedicata al settore dell’Out Of Home e la cui partnership con Olivetti ha contribuito a renderla una proposizione unica e altamente competitiva sul mercato”. Anche in linea generale, comunque, Spadini non ha alcun dubbio: “Le piattaforme danno valore aggiunto lungo tutta la filiera: in fase strategica, in fase di costruzione e attuazione dei piani, e in fase di valutazione ex-post. Una loro caratteristica è che più sono adoperate, più dati raccolgono e più utili diventano. Ma attenzione: sebbene siano un must, non sono e non potranno mai essere una panacea per curare qualsiasi male e tanto meno possono rappresentare un sostituto del lavoro di agenzia. Perché alla fine si torna a quanto abbiamo già detto più volte: senza i talenti che
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sanno manovrarle non servono praticamente a nulla. Per questo noi abbiamo deciso di investire di pari passo sulle persone e sulle tecnologie. È vero che in quest’area Havas Media non è stata tra i precursori, ma in questo caso con quello che si chiama il ‘second mover advantage’, potendo cioè imparare dagli errori commessi da chi è partito prima e, vista la recente entrata in vigore della nuova normativa europea sulla privacy, abbiamo potuto farlo in modo nativamente GDPR compliant al cento per cento.” Se come si diceva all’inizio la misurazione delle audience dei singoli mezzi attraverso le Audi resta un tassello fondamentale ma non è più sufficiente, come e quanto dovrebbe evolvere il sistema di misurazione della comunicazione? “L’evoluzione del consumatore pone sfide molto importanti all’intera industry – replica Spadini –. Le Audi si sono mosse bene e si sono evolute, in particolare il lavoro di Auditel sul Super Panel è stato davvero eccellente, pur restando ancora molti fenomeni da tracciare compiutamente in termini di audience e dei loro comportamenti. Il ruolo dell’agenzia è proprio quello di unire le diverse fonti di informazione e così facendo valorizzare queste audience. Come? Innanzitutto, considerando il Sistema Audi che è ancora oggi alla base delle scelte fondamentali di pianificazione e di allocazione del budget da parte delle agenzie per conto dei clienti. Su questa base si può poi lavorare sugli IDs – la questione non è se un sistema sia più o meno accurato dell’altro –, che una volta riparametrata la loro profondità e granularità danno origine a un valore diverso, che non riguarda la misura della reach ma l’identificazione dei comportamenti. All’agenzia spetta quindi modulare e integrare le informazioni per estrarne il massimo valore e applicarlo alle pianificazioni”. I pro e i contro di Auditel “Come gruppo di concessionarie di pubblicità, quindi Publitalia, Digitalia e Mediamond,
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in accordo con i nostri editori di riferimento, sosteniamo attivamente il sistema delle Audi, con grande profusione di impegno di tempo, competenze e risorse economiche – dochiara Cardani –. Il sistema delle Audi sta già cambiando e anche qui ci stiamo impegnando perché tutti i sistemi di misurazione delle currency di mercato (TER, Auditel, Audiweb) riescano con successo nell’attuale processo di evoluzione ed arricchimento della misurazione, nella prospettiva di arrivare a una misurazione più comprensiva degli ascolti dei mezzi sempre più articolati su più device. Essendo il nostro core business la Tv è evidente che seguiamo con particolare attenzione l’evoluzione di Auditel che, dopo la riuscita integrazione del SuperPanel che ha migliorato la qualità e la granularità della rilevazione degli ascolti multichannel, adesso affronta la sfida dell’inclusione delle audience digitali dei contenuti Tv sui secondi schermi oltre il primo schermo. Ci sono tutte le premesse per seguire una strada di successo come quella perseguita da BARB in Gran Bretagna”. Più critico verso Auditel è invece Paolo Romano: “Sappiamo tutti che l’indagine è stata pensata per valutare e monitorare quella che di fatto è una televisione del passato, che non esiste quasi più – osserva infatti –: è nata in tempi diversi e certamente sta facendo un grosso sforzo per cercare di ammodernarsi per essere uno strumento più efficace anche nel panorama della ‘nuova televisione digitale’, ma ha degli evidenti problemi congeniti che non le permettono di diventare l’unico strumento, perfetto ed esaustivo, per pianificare il mezzo. Per questa ragione, una delle caratteristiche di Viacom è proprio quella di cercare di sopperire ad alcune di queste lacune dell’indagine utilizzando le numerose ricerche che commissioniamo continuamente al nostro interno, sia in Italia che a livello internazionale: l’obiettivo è quello di proporci come veri e propri ‘esperti’ sui vari target e sulle varie tematiche che affrontiamo con i nostri prodotti”.
Più drastica ancora la posizione di Roberta Lucca, non per problemi specifici delle singole Audi ma proprio per la mancanza di una loro efficace integrazione, se così si può dire: “Riteniamo anacronistico avere delle currency legate ai singoli mezzi in modo verticale, realtà tipica del mondo analogico. Oggi che con la digitalizzazione i contenuti mediali hanno una circolarizzazione crossmultimediale anche le currency dovrebbero essere coerenti a questa fruizione. Rai Pubblicità investe ogni anno molteplici risorse in nuove ricerche e affinamento delle informazioni già esistenti. Cerchiamo anche tramite ricerche di varia natura di supportare e argomentare la valenza degli inserimenti di comunicazione nei nostri contenuti. Il problema però è quello di non essere troppo autoreferenziali. Da qui, ancora una volta, la necessità di avere un ‘Audi’ di tutti i media, super partes, condivisa e finanziata da tutti i player”. Lo sviluppo di AudiOutdoor A proposito del mix fra dati Audi, nello specifico AudiOutdoor, e dati di prima o terza parte, Casali sottolinea innanzitutto che quando si parla di dato in termini di ‘contatto’ c’è una differenza sostanziale fra un media come il web e l’OOH: “Il primo è un mezzo ‘one to one’, il secondo ‘one to many’. Semplificando, dietro la gestione di un banner c’è un motore ‘intelligente’ che riconosce chi atterra su una pagina web. Si conosce o si stima il profilo di quel singolo utente, fornendo quindi un contenuto pubblicitario ad hoc legato a quella specifica profilazione. La comunicazione esterna ha invece la possibilità di erogare il suo messaggio a più persone contemporaneamente. Di conseguenza, se confronto queste diverse modalità di comunicazione, il concetto di pertinenza non potrà che essere diverso: non può essere una questione di ID dell’utente, ma è un tema di comprensione del comportamento del target, di dove va, quando si muove, come si muove e perché si muove”.
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Audiweb è una ricerca sull’audience che non misura il banner, ma la pagina, rimarca Casali: “È una delle fonti che servono al pianificatore, ma non è la sola. Quando si crea un piano, si hanno a disposizione anche altre informazioni grazie a database interni o esterni, a dati portati dai clienti, dalle agenzie media e dagli specialist, o da fonti di terze parti. Per l’Esterna il ragionamento è simile: nella fase di pianificazione, oggi si utilizzano dati ufficiali (AudiOutdoor) ai quali si affiancano informazioni geografiche, dati ISTAT, analisi di qualificazione e profilazione degli ambienti e fonti dati di diverso tipo. AudiOutdoor stessa quattro anni fa si è rinnovata e ha aggiunto nuovi media come Autobus, Metropolitane e Aeroporti, e soprattutto ha iniziato ad aggiornare con frequenza annuale i dati di questi ambienti. Deve e dovrà necessariamente continuare ad evolversi e non potrà restare ferma: dovrà affinare le proprie informazioni per migliorare la segmentazione delle audience, fornire valori per fascia oraria, per stagionalità e probabilmente perseguire un obiettivo di post-valutazione delle campagne. Il fine deve essere quello di costruire progetti di comunicazione ancora più efficaci. Per tale ragione, l’auspicio per il futuro è una maggior adesione ad AudiOutdoor da parte di tutte le società del comparto OOH, in modo da avere una metrica di base comune a tutti, più significativa e rappresentativa dell’intero mercato”. “Parlando di pianificazioni – aggiunge Alessandro Loro, Responsabile Direzione Innovazione e Comunicazione IGPDecaux –, non dimentichiamo che l’audience è solo una delle variabili che rende una campagna efficace oppure no: non basta che ‘tutti’ la vedano, bisogna che tutti quelli che l’hanno vista si siano incuriositi o si siano sentiti coinvolti”. Ma Loro sottolinea anche un altro aspetto in cui la tecnologia dei dati può giovare all’Outdoor è quella della certificazione delle campagne pianificate: “Pensiamo al fatto che, a oggi, il cliente non ha ancora tutti i dati che gli servono per ‘provare’ che ciò che ha acquistato è stato effettivamente esposto! E già questa è un’area in cui, grazie alla tecnologia,
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possiamo, se vogliamo, arrivare a ottenere e fornire dati molto più puntuali. Occorre una trasparenza assoluta”. Quantità & Qualità Uno dei nodi del ‘sistema Audi’, interviene Carlo Giacobbe, è che “Eccezion fatta per l’Auditel, trovo sia anacronistico che tutte le indagini si muovano con ritardi di uno o anche due mesi in un mercato sempre più veloce”, mentre Rinaldi ribadisce e riassume i due differenti ma complementari tipi di approccio alla questione: “Sono evidentemente due tipi di approccio molto diversi – sostiene –, ma che oggi si vanno sempre più a integrare. Da un lato quello più quantitativo, dove le DMP accolgono dati 1st party, relativi e specifici per ogni asset che abbiamo a Portfolio. E poi questi dati vengono arricchiti (si parla infatti di ‘data enrichment’) con fonti esterne, 3rd party appunto. In questo modo la pianificazione diventa ‘intelligente’ e ‘dinamica’. Dall’altro crediamo in un approccio qualitativo, ‘complementare’ al primo. Per esempio, noi lavoriamo molto bene con molti istituti di ricerca grazie al matching fra i nostri e i loro dati, un arricchimento per così dire ‘laterale’. Quando prima parlavo di un Out Of Home che si sta ‘democratizzando’ mi riferivo anche a questo aspetto di integrazione fra le varie fonti di dati. Tutto questo processo segue le tre fasi di vita delle campagne: nella fase ‘pre’ il forecasting quantitativo e analisi dell’audience, nella fase ‘durante’ la messa in onda e l’acquisizione dei dati real-time, nella fase post la definizione qualitativa e l’apprendimento per gestire la long tail”. Al centro della questione, chiosano insieme Rinaldi e Giacobbe, è il rapporto, o per meglio dire il bilanciamento fra costi e opportunità: “E questo vale sia per noi che per i clienti che pianificano con noi. La cosa essenziale è trasformare questo costo, o la sua percezione, in un valore, avvicinando quindi il tipo di offerta che dò con il tipo di utilità che ha”.
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Una crescita ‘sana’ Gli investimenti in tecnologia e persone rappresentano la strada più efficace per dare valore al tanto spesso criticato servizio delle agenzie media: su questa base Havas Media ha riorganizzato la propria struttura in un modello a 5 hub, riuscendo a crescere in modo ‘sano’ anche in un mercato che cresce lentamente, grazie alla diversificazione dei servizi e all’eccellente new business locale
INTERVISTA a Stefano Spadini, CEO Havas Media Group. Rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso, quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno dalla vostra agenzia? Quali i principali new business conquistati? Ci troviamo in un momento di scarsa visibilità, preferisco dunque essere più prudenziale relativamente alla chiusura di quest’anno e alle previsioni generali per il prossimo; mentre sono personalmente ottimista sul futuro della nostra agenzia. Havas Media ha nei fondamentali di business la sua forza: un’agenzia sana, che ha scelto un percorso di innovazione ‘scalabile’ – pochi cantieri aperti, ma nei quali crediamo fino in fondo –, e che in questa direzione continua a investire e a raccogliere ottimi frutti. Se la domanda su quanto siamo cresciuti si riferisce al nostro billing media, potrei rispondere in due modi: stracciandomi le vesti per dire che per la prima volta non è cresciuto; o semplicemente far notare che, nonostante alcuni tagli di budget inattesi da parte di alcuni grandi clienti, la minore crescita dell’amministrato è stata compensata da un eccellente new business locale (fra le principali acquisizioni ricordo Q8, 60
Stefano Spadini, CEO Havas Media Group
UNICEF, Mabina, BKT e Lindt), da un’ottima chiusura dell’anno con le acquisizioni globali di Carrefour, Puma e Ravensburger, dalla diversificazione dei servizi – solo lo sport vale oltre 10 milioni di euro di amministrato anche se non rientra nel billing
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HAVAS MEDIA GROUP Via San Vito, 7 – 20123 Milano Via Leonida Bissolati, 76 – 00187 Roma Tel. 02 674431 – Fax 02 67443222 alessandra.quatti@havasmg.com www.havasmedia.it
media – e dal cambiamento profondo della struttura dei ricavi che ne consegue. ‘La generazione di valore per i clienti’ è, se possiamo definirlo così, il mantra di Havas Media: cosa vuol dire esattamente e come la si mette in pratica in uno scenario dove alle agenzie sono richieste competenze sempre più allargate che spaziano dai media ai contenuti alla tecnologia? Quanti e quali sono i ‘nuovi’ profili necessari? Certamente quello delle agenzie è un settore in forte trasformazione e in cui la spinta al cambiamento nasce dalla necessità e insieme dalla volontà di reinventare un modello di business che per anni è stato legato alla pura transazione: più billing voleva dire più ‘onore’, e insieme più profitti e più margini. Un’equazione che l’avvento del digitale ha costretto tutti a riformulare, facendo entrare nelle agenzie media profili completamente nuovi: come gli specialisti della data analysis e dello sport. Ma ciò va letto come un sintomo di vitalità, non di disperazione. Se come ho detto prima siamo in un mercato che per numeri non induce particolare ottimismo, l’aspetto più importante, anzi fondamentale, è proprio quello della caccia ai talenti, perché il valore che questa indu-
Board di direzione: Stefano Spadini, CEO Havas Media Group; Nicola Thellung di Courtelary, Chief Financial Officer & Head of BO; Guido Surci, Chief Sports & Intelligence Officer; Annalisa Spuntarelli, Chief Client Officer; Andrea Conte, Chief Revenue & Profitability Officer; Nadia Perolari, CEO di Grand Union Italia & Chief Design & Delivery Officer; Manuela Trentini Maggi, Head of HR & General Services. Servizi offerti: strategia, media planning & buying; consulenza su mercato, brand e consumatore, ricerca & misurazione; community management; mobile communication; sport marketing; performance marketing; search; data & analytics; cross-channel, data-driven geolocal solution; data business intelligence, branded content. Anno di fondazione: 2001 Addetti: 180 Fatturato 2017: 621 milioni di euro (RECMA) Clienti (principali): Affinity, Axa, Betsson, Best Western, BKT, CheBanca!, Chili, Chateau D’Ax, Compass, Crèdit Agricole, Cromaris, Curaden, Disney, Emirates, Friuli Venezia Giulia, Gruppo Generali, Hugo Boss, Hermès, Hyundai, JDE, Kia, LAPAM, LG, LINDT, LNPB, Mabina, Mediobanca, Meetic, Michelin, Molinari, Panini, Paypal, Philips, Puma, Q8, Ravensburger, Saldi Privati, Secret Escapes, Star, Swarovski, TIM, UNICEF, Universal Music Group, UPMC, Yamaha. stry genera per i clienti è indissolubilmente legato alle potenzialità delle persone che ne fanno parte. Talenti che vanno attratti più con la progettualità che con il ‘blasone’, e non basta: una volta inseriti vanno coltivati e fatti crescere attraverso un training costante in termini di pensiero laterale, commitment, 61
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accountability, leadership, imprenditorialità e collaborazione. Nel corso dell’ultimo anno, Havas Media ha avviato una profonda riorganizzazione della sua struttura: a che punto è questo processo? E quali sono i risultati raccolti finora? È stato un lavoro impegnativo e stimolante che ha richiesto 6 mesi. Siamo partiti da un assunto fondamentale che è poi, per riprendere la domanda precedente, il primo valore di un’agenzia: come dare al cliente il massimo del servizio ogni giorno. Quella che abbiamo disegnato nel corso di quest’anno è una struttura per hub secondo una matrice per così dire ‘aeroportuale’, in cui l’amministratore delegato svolge le funzioni di torre di controllo, dove ogni hub è autonomo ma profondamente interconnesso . Al centro di ciascuno dei 5 hub che abbiamo costituito ci sono un grande senso di accountability, un approccio imprenditoriale e una fortissima vocazione alla condivisione – perché nessuno degli hub, da solo, può colmare ogni gap e soddisfare ogni esigenza del cliente. Il primo è dedicato al Client Management ed è guidato da Annalisa Spuntarelli con la carica di Chief Client Officer che è a sua volta alla testa di 5 business unit, ciascuna responsabile del proprio P&L, guidata da un Managing Partner e dove viene coltivata e sviluppata la relazione con il cliente. All’interno di ciascuna di queste business unit sono presenti tutte le media expertise integrate, quindi sia on che off line e le figure strategiche: un’organizzazione che facilita la stimolazione nel formulare le domande più corrette per avere le risposte migliori. Le unit non ragionano più in termini di strategie annuali, ma lavorano per attivare di volta in volta i vari media e touchpoint più efficaci per gli obiettivi
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della campagna, senza tuttavia perdere di vista la visione a lungo termine. Il secondo hub è dedicato al Product Development e segue una interessante roadmap globale e locale. Un esempio è Adcity (vedi box), una proposizione sviluppata a livello globale e poi implementata localmente dedicata al mondo Out Of Home e che in meno di un anno dal lancio ci ha dato grandi soddisfazioni per essere stata scelta e utilizzata da clienti come Lindt, Hermès, Molinari, TIM e Q8. Head of Product è Mario Varriale che ha la responsabilità sulle decisioni di investimento nelle diverse tecnologie, non perché una piattaforma sia più ‘sexy’ di un’altra, ma seguendo logiche di funzionalità per il business, scegliendo di volta in volta i partner più adatti. In questo modo abbiamo abbattuto qualsiasi silos fra digital, social e programmatic, dando alla trasversalità e all’integrazione un valore concretamente strategico. Guidato da Andrea Conte, il terzo hub è il Revenue & Profitability, dedicato a massimizzare il valore dell’agenzia ma con un’idea molto chiara sul fatto che il concetto di valore non sia legato esclusivamente ai ricavi che genera. Valore vuol dire anche disegnare scenari e anticipare i trend grazie a un pool di trader che lavorano insieme sui diversi trading desk: un servizio in cui le risorse sono allocate per cliente, con più funzioni trasversali per tenere i contatti con le concessionarie e, come dicevo, individuare in anticipo i nuovi formati e le nuove proposte su cui investire i budget dei clienti. Quarto, l’hub Intelligence & Task, diretto da Guido Surci, che si occupa di diversificazione scalabile e che potremmo definire una specie di ‘SWAT Team’: è composto da figure caratterizzate da specializzazioni verticali – come engagement, performance,
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ADCITY: L’AUDIENCE PLANNING DELL’OUT OF HOME È UNA REALTÀ Adcity è la piattaforma tecnologica dedicata alla pianificazione in audience planning dell’Out Of Home, dove la partnership fra Havas Media e Olivetti, polo digitale del Gruppo TIM, ha dato un ulteriore impulso all’integrazione dei dati e a come utilizzarli: “Una proposizione nuova ed esclusiva che rappresenta per noi un reale vantaggio distintivo e competitivo – dichiara Stefano Spadini –, che dimostra come gli investimenti in tecnologia e persone, e in questo caso il circolo virtuoso che si è creato con il cliente attraverso questa partnership, siano la strada più efficace per dare valore al tanto spesso criticato servizio delle agenzie media”. L’integrazione nella piattaforma di Havas Media dei dati di mobilità forniti da Olivetti (provenienti da più di 30 milioni di carte Sim) consente di selezionare gli impianti OOH più idonei a raggiungere i target desiderati “Passando concretamente dal media planning all’audience planning – spiega Spadini –, quindi non usando più l’Esterna per ‘coprire’ un particolare territorio ma per raggiungere un determinato target di persone”. Il focus si sposta dall’impianto all’audience anche perché la pianificazione prende in considerazione nuove variabili relative al luogo: per esempio, una stessa via o zona può essere frequentata da persone diverse durante il giorno rispetto alla sera. Inoltre, la misurazione non è più statica ma diventa dinamica grazie a dati aggiornati ogni 15 minuti, consentendo di valutare anche a posteriori i risultati delle campagne. Alla base di questo nuovo modus operandi, aggiunge Spadini, è la rivoluzione innescata dalla tecnologia: “I dati sono il naturale prodotto di questa evoluzione, ma devono essere trasparenti, aggiornati e azionabili. Per questo possiamo contare su figure professionali dotate di nuove skill, data analyst in primis, capaci di estrarre dai big data le caratteristiche dei target, associandoli con precisione agli impianti disponibili. Ciò si traduce in maggiore efficienza e, soprattutto, in pianificazioni sinergiche di OOH e Mobile – anche attraverso operazioni di retargeting – che ne aumentano l’efficacia”. Q8, TIM e Lindt sono fra i primi brand ad aver utilizzato Adcity, ma Spadini sottolinea come la presentazione della piattaforma si sia rivelato un formidabile catalizzatore di interesse nel corso di ogni pitch cui l’agenzia ha partecipato.
sport, contenuti – che sono operative per tutte le business unit. In particolare, la squadra dedicata allo sport è quella che sta crescendo di più, in maniera sana oltre che esponenziale. Infine, guidato da Nadia Perolari, il quinto hub è dedicato al Design & Delivery, dove trova il suo naturale sbocco lo sviluppo di tutti i progetti data-driven. Grazie al fatto che tutti gli hub sono interconnessi fra loro, la struttura operativa dell’agenzia risulta così molto più snella,
integrata ed effettivamente utile a risolvere qualsiasi problema di comunicazione (e non solo) del cliente. Last but not least, in questo modo la ‘torre di controllo’ può avere una visione immediata di qualsiasi problematica insorga e intervenire rapidamente per risolverla. Un percorso, questo, portato avanti insieme a tutto il Management, tra cui Nicola Thellung di Courtelary, CFO & Head of BO, e Manuela Trentini Maggi, Head of HR & General Services.
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La forza dell’indipendenza Agilità, consulenza personalizzata, e indipendenza sono i plus che contraddistinguono Inmediato Mediaplus, l’agenzia media ‘integrata’ nella Casa della Comunicazione di Serviceplan: un gruppo capace di lavorare in modo sinergico, che senza rinunciare alla specializzazione garantisce competenza in qualsiasi area del business della comunicazione ed è premiato dalla fedeltà dei clienti
INTERVISTA a Vittorio Bucci, amministratore delegato Inmediato Mediaplus. Quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno e i driver che li hanno generati? È stato un anno di difesa e consolidamento. Ci siamo concentrati sullo sviluppo dei clienti ad alto potenziale e sul rafforzamento delle acquisizioni ottenute a fine 2017 e inizio 2018. Abbiamo lavorato sull’evoluzione organizzativa, sulla cultura del network e sullo sviluppo della casa dei dati. Oggi siamo più agili, internazionali, data centrici e tecnologici degli anni passati. Gestiamo clienti Italiani all’estero e iniziamo ad avere clienti a livello di network. L’approccio consulenziale ‘ad hoc’ è un punto cardine del vostro posizionamento: come si traduce nell’attività day by day? La personalizzazione della consulenza è senza dubbio un fattore di successo. Non abbiamo altra ragione di esistere se non la soddisfazione dei nostri clienti. Anelare alla massimizzazione dei risultati e generare efficacia nelle azioni di comunicazione è il nostro unico obiettivo. Tutto ciò si traduce in un approccio brand centrico e in un orientamento totale al cliente. Il modello di servizio è disegnato in funzione delle esigenze dei clienti. Il 98% dei nostri tanti clienti è con noi da sempre: tale fidelizzazione è la più grande testimonianza del nostro valore nel tempo. Cambiano le opportunità ma non il livello di soddisfazione che generiamo. 64
Vittorio Bucci, amministratore delegato Inmediato Mediaplus
Quale tipologia di clienti è maggiormente attratta dalla vostra offerta integrata di media offline, media online e creatività grazie alla partnership con il Gruppo ServicePlan? L’integrazione dell’agenzia all’interno del sistema Casa della Comunicazione di Serviceplan è un fattore critico di successo. La capacità di un gruppo di lavorare in modo sinergico senza rinunciare alla specializzazione e garantendo competenza in qualsiasi area del business della comunicazione è la risposta a un’esigenza diffusa e irrinunciabile. Tutti i clienti hanno bisogno di risposte univoche, originali e definitive a domande sempre più
immediatomediaplus
INMEDIATO MEDIAPLUS Via Solferino, 40 – 20121 Milano Tel. 02 99297600 – Fax 02 94391763 C.so Svizzera, 30 – 10143 Torino Tel. 011 0867630 – Fax 011 7732299 v.bucci@mediaplus.com www.serviceplan.it/it/media-planning.html www.inmediato.it
complesse. Il nostro compito è quello di demistificare tale complessità e porci come interlocutore in grado di portare attorno al tavolo tutte le competenze necessarie e poi attivare quelle più funzionali. Tra i clienti più in linea ci sono coloro che vivono il momento di trasformazione digitale o quelli che iniziano a prestare seriamente attenzione a come massimizzare il loro potenziale in termini di dati e valore delle informazioni sui consumatori. In generale, i clienti che stanno virando verso un modello di gestione strategica del business della comunicazione rappresentano il nostro target principale. Quali i tool che vi rendono appetibili in un mercato largamente dominato dai colossi internazionali? 2 killer app. Primo. Un sistema che abbiamo definito Casa dei dati. Sviluppato internamente – avvalendosi anche delle esperienze tedesche – è rappresentato da strumenti, tecnologie e persone con una spiccata e differenziante competenza in ambito di analisi e interpretazione dei dati. La Casa dei dati rappresenta un’incredibile Insight Machine che permette all’agenzia media e a tutte le altre agenzie Serviceplan di approcciare azioni di comunicazione in ottica realmente data centrica. Gli insight generati dalla Casa dei dati consentono agli strategic planner e ai buyer di lavorare in modo scientifico e massimizzare il potenziale umano. Secondo. L’indipendenza. L’unica soluzione in quest’era in cui l’unica costante è il cambiamento è l’agilità e la capacità di muovere organizzazione e soluzioni in funzione delle necessità del mercato. Noi siamo avvantaggiati poiché indipendenti. Possiamo
Servizi offerti: Data science, Strategia media, Media&Digital planning & buying, Performance marketing, Media research, Digital media production, Branded Content, Content marketing, Social media management, Marketing technology consultancy, CRM & Marketing automation, Adtech development. Anno di fondazione: Inmediato 2009 – Mediaplus 2017 Addetti: 35 Clienti (principali): UBI, Madel, Dentix, De Cecco, Rana, Arcaplanet, Kimbo, Decathlon, Remax. muoverci in modo flessibile e sviluppare modelli senza obblighi finanziari o di ritorno nel breve periodo, per gli azionisti. Possiamo farlo rapidamente e con i partner e le tecnologie più coerenti e adeguate, senza imposizioni e agnosticamente, con l’unica finalità di generare business per i nostri clienti. Quale case history evidenzia al meglio il valore aggiunto e i risultati concreti raggiunti per i clienti? Senza entrare nel merito di specifici clienti, mi piace sottolineare l’adozione di tecniche di targeting avanzato e personalizzazione dinamica delle creatività, che ormai sono attive su tutti i nostri principali clienti e diventano leve fondamentali nel settore sport, bancario e immobiliare. Stiamo sfruttando al meglio le più moderne opportunità di Martech e ci muoviamo nel mondo del Programmatic Advertising massimizzando il potenziale, spesso inespresso, di tecnologie, dati e marketplace. Tutto ciò senza mai dimenticare sicurezza e qualità. Per alcuni clienti siamo arrivati a costruire oltre 40 personalizzazioni di segmenti (Personas) e creatività, indipendentemente dal budget a disposizione. 65
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Better decisions, faster OMD ha rivoluzionato la sua organizzazione interna costruendo per ogni cliente team ad hoc, al cui interno operano insieme tutti i profili necessari a sviluppare nel modo migliore e più rapido possibile strategie integrate ‘end to end’, grazie anche al supporto di strumenti esclusivi come la piattaforma di intelligenza artificiale Omni, condivisa con l’intero Gruppo OMG
INTERVISTA a Francesca Costanzo, Managing Director OMD. Quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno da OMD e i principali new business conquistati? Il 2018 per OMD è stato un anno davvero storico, segnato da un profondo cambiamento di tutta la leadership globale che ha visto la nomina di Florian Adamsky a Ceo worldwide, professionista con un approccio strategico e imprenditoriale d’avanguardia, e l’ingresso come Ceo Emea di Guy Marks, manager proveniente dall’ambito del mobile. Il mio ingresso in OMD come Managing Director è parte di questo progetto di riorganizzazione, che ci ha visti tutti molto impegnati a disegnare il nuovo percorso aziendale. Anno dunque intenso, ma positivo sia in termini di diversificazione dell’offerta che di acquisizione di nuovi clienti, tra i quali Henkel, AXA e Daimler, ma anche di difesa del budget come nel caso di H&M e Levi’s. Come e quanto la riorganizzazione di cui ha parlato ha cambiato l’agenzia? Stiamo agendo prima di tutto sulla struttura aziendale che abbiamo profondamente rivoluzionato in questi mesi. Per essere ve66
Francesca Costanzo, Managing Director OMD
ramente efficaci tutto deve ruotare intorno all’ingaggio del consumatore e la nostra capacità di azione e reazione deve essere velocissima, altrimenti l’investimento in intelligence viene vanificato. Per fare questo in OMD ogni cliente ha un team costruito ad hoc al cui interno operano insieme tutti i profili necessari a sviluppare le strate-
omd
OMD Via Giovanni Spadolini, 5 – 20141 Milano Tel. 02 833071 infoitaly@omd.com www.omd.com/Italy
Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Francesca Costanzo, Managing Director; Francesco Blini, General Manager Roma.
gie. Le capability off line, programmatic, performance, digital, trafficking sono tutte nello stesso team, con la stessa mission: costruire valore grazie alla sinergia delle attivazioni, per ogni occasione di contatto. Così strutturati rappresentiamo un asset per i nostri clienti e possiamo aiutarli a fare la differenza con il nostro approccio ‘end to end’ che ci porta a pensare e agire in maniera integrata. La velocità di reazione è anche parte del vostro claim ‘Better decisions, faster’. Come traducete questa promessa in concreto nelle attività day-by-day? Better decisions, faster rappresenta il way of working del nostro network, alla cui base c’è l’anima di artful intelligence che ci differenzia rispetto a chiunque sul mercato grazie al nostro Dna creativo, che oggi più che mai possiamo sprigionare ispirati ogni giorno da un sapiente utilizzo dei dati grazie a un set tecnologico all’avanguardia. Per rendere tutto il processo fluido e dotato del corretto livello di sofisticazione tecnologica abbiamo a disposizione la piattaforma di intelligenza artificiale Omni, lanciata pochi mesi fa dal nostro network, che ci aiuta a scaricare a terra tutte le informazioni utili a completare i progetti di comunicazione. Non solo, il digitale ci ha dato la possibili-
Servizi offerti: servizi integrati di comunicazione, marketing e media; media planning & buying, data driven marketing, branded content, influencer marketing, eventi, Dmp, Crm, programmatic, research & strategy. Anno di fondazione: 1997 Addetti: 248 Fatturato 2017: 1.016 milioni di euro (RECMA) Clienti (principali): marchi nelle seguenti categorie merceologiche: alimentare, ristorazione veloce, abbigliamento, automotive, homecare, personal care, giocattoli, tecnologia, turismo, servizi pubblici, trasporti, luxury goods
tà di mettere a punto nuovi KPI e di chiedere ai nostri clienti di valutare il nostro lavoro sulla base di questi ultimi. Response, Performance, Resonance e Intention to buy sono le metriche che hanno sostituito costo per GRP’s e copertura, non più adatte da sole a giudicare la bontà di un progetto integrato. Ha citato la piattaforma Omni: quali altri tool ha in cantiere OMD per il prossimo futuro? Lavoriamo costantemente all’implementazione di tutto ciò che può aiutarci ad avere più informazioni per poterle tradurre in progetti di comunicazione sempre più mirati e personalizzati. Per questo stiamo mettendo a punto uno studio approfon 67
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‘Dacia - The Auction’ di OMD e Publicis Italia ha portato i giocatori dell’Udinese calcio in campo con 11 maglie dei precedenti campionati del club, facendone rivivere la storia. A ogni maglia era abbinato il ‘sogno nel cassetto’ del suo proprietario. In occasione della partita Udinese–Lazio, le maglie sono state messe all’asta su Catawiki.it. Chiunque poteva fare un’offerta e seguirne l’evoluzione sui maxischermi all’interno dello stadio, in Tv e sui social network
dito del customer journey per categoria merceologica e continuiamo ad affinare le proposte sulle creatività dinamiche per poter lavorare su messaggi il più possibile personalizzati, attinenti ai reali interessi delle persone, in modo da massimizzare il tasso di conversione delle campagne e raggiungere così i risultati di business desiderati dai nostri clienti. Una recente case history che evidenzi il valore aggiunto e i risultati concreti che OMD può garantire ai clienti? Fresco vincitore agli NC Digital Awards come miglior ‘Evento digitale’, Dacia ‘The Auction’ è un progetto di brand integration non convenzionale ad alto grado di coinvolgimento: la campagna è nata per lanciare la nuova strategy proposition ‘Molto più di quello che ti aspetti’ del brand Dacia, sponsor dell’Udinese Calcio. Durante il match Udinese-Lazio, per la prima volta nella storia del calcio 11 giocatori dell’Udinese sono scesi in campo con 11 68
maglie dei precedenti campionati del club, diverse tra loro e appartenenti ai tifosi. A ognuna è stato abbinato il ‘sogno nel cassetto’ del suo proprietario. Le maglie sono state quindi messe all’asta durante la partita su Catawiki.it. Chiunque poteva fare un’offerta e seguirne l’evoluzione, sui maxischermi dello stadio, in Tv e sui social network, in tempo reale. Testimonial/banditore dell’asta l’ex difensore Ciro Ferrara. Oltre alla brand experience live durante la partita, Tv, radio, social network e attività PR hanno completato lo sviluppo integrato del progetto. Risultati: 11 milioni la social reach, 55 milioni la total reach, 60.000 interazioni, 8,8 milioni di views totali in due settimane (dall’attivazione al giorno del match), 190.000 visite al sito durante il match. Ma soprattutto, tutte le maglie sono state vendute con incrementi del valore di oltre il 1000%, fornendo così ai proprietari la possibilità di realizzare i loro progetti, superando le loro aspettative.
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Finding a better way Un nuovo mix di competenze strategiche e consulenziali unite alla potenza real time del programmatic e degli analytics sta radicalmente e rapidamente trasformando l’offerta di PHD che, grazie a questo approccio data-centrico e a una nutrita serie di acquisizioni, prevede di chiudere il 2018 con una crescita record del 30%.
INTERVISTA a Alessandro Lacovara, Managing Director PHD Italy. Quali sono stati i risultati più importanti raggiunti quest’anno da PHD e i principali new business conquistati? PHD assesta e potenzia la posizione sul mercato grazie al consolidamento dei rapporti con i clienti, lo sviluppo del business e l’ampliamento del perimetro con nuove importanti acquisizioni: Iliad, Iberdrola, Vivienne Westwood, VF Corporation (tra i brand Timberland, Vans, North Face), Ducati, Lamborghini, Humanitas, Pedon, Fico, Develey, Triumph, Eburt e Agribologna. Tali risultati permetteranno all’agenzia di registrare un aumento dei ricavi intorno il +30% a fine 2018. Anche PHD, come molte agenzie, sta affrontando le nuove sfide poste dal digitale attraverso il ripensamento e la riorganizzazione della propria struttura: come, esattamente? Assistiamo al convergere di due dimensioni apparentemente antitetiche ma in realtà indissolubilmente legate, uomo e tecnologia. La prima è fatta di saghe, contenuti e ‘fun’, gli ingredienti emotivi delle strategie di marketing che, aiutati dalla tecnologia e dalle applicazioni digitali, ci guidano nello sviluppo di campagne di comunicazione vincenti. La tecnologia è oggi il motore di tutto, ma da 70
Alessandro Lacovara, Managing Director PHD Italy
sola rischia di essere sterile. Servono le persone e le loro storie per rendere uniche le campagne pubblicitarie dei nostri clienti. Spesso la differenza tra una comunicazione buona e una memorabile, e con impatti tangibili sul business, passa proprio da questa sapiente miscela di emozione, intrattenimento e tecnologia. Se l’impulso a quest’area ‘content’ è dato da Fuse – divisione di OmnicomMediaGroup dedicata al branded content marketing –, lo slancio innovativo risiede soprattutto nel nostro trading desk, cresciuto
phditalia
PHD ITALIA Via Giovanni Spadolini, 5 – 20141 Milano Tel. 02 833071 – Fax 02 83307201 infoitaly@phdmedia.com www.phdmedia.com/italy
Board di direzione: Marco Girelli, Amministratore Delegato; Alessandro Lacovara, Managing Director; Paola Aureli, General Manager Verona.
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sotto tutti i punti di vista. È proprio questa seconda dimensione – il programmatic – che grazie all’incrocio di piattaforme, dati e nuove skill dei professionisti, acquisisce una rilevanza sempre maggiore all’interno delle campagne dei nostri clienti, in termini di volumi, ma soprattutto di risultati misurabili sia top funnel (reach e awareness) sia lower funnel (lead e sales). A riprova del fatto che il programmatic non è più una modalità di buying e planning ‘eccezionale’, ma è parte dei processi di lavoro quotidiani, la trasformazione organizzativa su cui siamo stati impegnati quest’anno ha previsto l’integrazione di tutte le competenze specifiche di quest’area all’interno delle sigle. Dal punto di vista dei tool e delle piattaforme, quali sono i punti di forza di PHD e quali i futuri sviluppi in questo ambito? Source è la piattaforma collaborativa globale usata dal network per ideare, progettare e implementare le strategie di comunicazione per i clienti, attraverso una competizione tra colleghi di tutto il mondo: essa integra in un’unica soluzione l’ottimizzazione dei canali in base a reach e ROI, allocando efficacemente i budget e creando le basi per lo sviluppo di modelli predittivi. Siamo stati i primi a lanciare questo tipo di piattaforma che è in continua evoluzione: in particolare, è stato recentemente messo sul
Servizi offerti: planning, buying, strategy, digital marketing, Crm, branded content, consumer insight & research, data analysis, programmatic, events, sponsorship. Anno di fondazione: 2010 Addetti: 118 Fatturato 2017: 319 milioni di euro (RECMA) Clienti (principali): marchi nelle seguenti category merceologiche: alimentare, abbigliamento, automotive, homecare, personalcare, tecnologia, turismo, finance.
mercato ‘Source investment planner’, un tool unico e innovativo che permette sia di stimare il budget ideale sia di allocare correttamente le risorse su diverse linee di prodotto. Le curve di investimento sono basate su centinaia di modelli econometrici in cui le metriche di business e il ROI sono al centro di tutti i processi decisionali. Sono stati, inoltre, studiati percorsi strategici specifici per aumentare le performance delle campagne e-commerce e un phasing ottimizzato per adeguare anche i piani più complessi. Lo slancio innovativo sui dati arriverà a brevissimo con il lancio di Omni, la piattaforma di precision marketing di OMG che integra il meglio di Source e lo arricchisce di nuove funzionalità e strumenti: costruita su un concetto ‘people-based’, offre una visione unica del consumatore che viene tracciato in maniera dinamica e condivisibile tra tutte le practice del gruppo. Omni trasforma il modo in cui i team di Omnicom 71
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La campagna ‘L’Asteroide’ per Buondì Motta (creatività di Saatchi & Saatchi) pianificata da PHD Italy ha generato buzz e interazione, ottenendo un grande ritorno mediatico, e facendo impennare le vendite del +30%
collaborano e producono valore, dalla generazione di insight alla costruzione dei segmenti di audience, dalla pianificazione dei canali allo sviluppo creativo e alla distribuzione dei messaggi. Tutte le attività saranno costantemente misurate e ottimizzate attraverso un’attribuzione strettamente legata alle performance dei clienti a ogni step del consumer journey. Una case history in grado di evidenziare il valore aggiunto e i risultati concreti che PHD può garantire ai clienti? Citerei la campagna Buondì Motta ‘L’Asteroide’ (creatività di Saatchi & Saatchi), nata per consolidare l’awareness e il ricordo del brand soprattutto tra le famiglie giovani con una comunicazione in grado di creare un forte e ampio buzz. I 3 spot video live – parodia ‘estrema’ di una famiglia italiana ideale progressivamente 72
decimata dalla caduta di un asteroide – sono stati pianificati in Tv e online secondo una logica di storytelling e di retargeting. La campagna è stata integrata da un piano editoriale social con gif animate interattive (gli utenti potevano scegliere un oggetto o un personaggio qualsiasi su cui far cadere l’asteroide) generando migliaia di interazioni, meme e parodie. I risultati? 17,5 milioni gli utenti unici, 12% di engagement rate, 8,5 milioni di views complete dei video, 90.000 conversazioni nei primi 10 giorni, oltre 360.000 interazioni e 135.000 citazioni sui social. Il 74% degli italiani ha parlato della campagna, compreso chi non l’aveva vista. Premio YouTube come miglior commercial italiano a settembre 2017 e Best Digital Integrated Campaign agli NC Digital Awards 2018. Infine, ma certo non ultimo, il cliente ha registrato un +30% sulle vendite.
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L’OOH mette il turbo Clear Channel chiuderà brillantemente il 2018, sotto il segno della marcata spinta all’innovazione che ha caratterizzato tanto l’organizzazione interna quanto l’offerta di nuovi prodotti e servizi sempre più flessibili e veloci nell’intercettare i reali bisogni dei clienti, che oggi più che mai sono pronti a sperimentare concretamente le nuove potenzialità dell’Out Of Home
INTERVISTA a Carlo Giacobbe, Commercial Director, e Carlo Rinaldi, Director Marketing & Innovation Clear Channel. Quali sono le vostre stime per la chiusura di quest’anno e le attese per il prossimo? Carlo Giacobbe – Prevediamo una chiusura positiva per tutto il comparto OOH, e per Clear Channel in particolare l’andamento sarà superiore a quello della media del mercato. Fino a questo momento, nel 2018 le nostre performance sono state brillanti, e i segnali ricevuti fin qui ci fanno pensare a un ultimo bimestre particolarmente frizzante. Per quanto riguarda il 2019 continuiamo a prevedere una crescita che continuerà a essere guidata dallo sviluppo digitale dell’inventory perché sempre più attori stanno andando in questa direzione, come del resto sta avvenendo anche in tutti quei paesi dove l’OOH ha una market share decisamente superiore a quella che ha in Italia. Nel corso di quest’anno Clear Channel è stata particolarmente attiva sul fronte delle iniziative di comunicazione e visibilità: main sponsor agli NC Awards, sperimentazione di nuove idee e nuovi servizi coinvolgendo alcune importanti startup, e altro ancora. Con quali obiettivi e quali risultati? Carlo Rinaldi – Stiamo seguendo di fatto due trend principali: il primo creativo e il secondo tecnologico. Sul fronte della creatività abbiamo stretto e stiamo 74
Da sinistra, Carlo Giacobbe, Commercial Director, e Carlo Rinaldi, Director Marketing & Innovation, Clear Channel
tutt’ora stringendo alcune importanti partnership con l’obbiettivo di far evolvere l’OOH in modo che il suo contenuto non sia una semplice informazione pubblicitaria ma diventi anche un ‘servizio’, facendo così breccia nell’attenzione del consumatore ed entrando nel suo personale palinsesto. Per questa ragione siamo attivamente presenti in alcuni dei principali eventi e momenti di interazione legati al marketing e alla comunicazione dove si parlerà di questo: siamo Content Partner di IF – Italians Festi-
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CLEAR CHANNEL ITALIA Via Benigno Crespi, 57 - 20159 Milano Tel. 02 802791 – Fax 02 8690152 info@clearchannel.it www.clearchannel.it
val con una sessione dedicata e attività interattive, abbiamo un panel Digital al Philip Kotler Marketing Forum per parlare di ‘precision marketing’ e un workshop all’Open Summit di StartupItalia! Tutto questo per alzare il volume sul valore dell’innovazione che parte dalla creatività. Per quanto riguarda la tecnologia, è chiaro che anche in questo caso stiamo guardando al mercato e ai suoi trend con curiosità e insieme ai nostri advertiser: anche in questo ambito, quindi, stiamo stringendo accordi e partnership strategiche per integrarci con piattaforme che ci portino ad avere soluzioni sempre più flessibili e misurabili: flessibilità sui contenuti, che diventano dinamici e ci consentono di andare a comporre un palinsesto non pre-impostato ma che può cambiare a seconda di eventi non prestabiliti; misurabilità in cui i dati consentano un’ottimizzazione dei risultati e delle performance, e prima ancora delle possibilità di pianificazione. Tutto questo lo stiamo facendo puntando sulla massima semplicità, perché solo quando le cose sono semplici si può essere davvero flessibili e raggiungere la piena misurabilità dell’intero life cycle della campagna. Come sta cambiando il vostro portfolio di prodotti e asset? Quali le innovazioni più importanti da questo punto di vista? Rinaldi – Di fronte alle molteplici e quasi infinite sollecitazioni cui siamo sottoposti ogni giorno e in ogni momento, la grande sfida per l’OOH, di cui si è parlato molto a Cannes ma che resta un tema centrale anche al di fuori del Festival, è quella di lavorare creativamente – sia insieme alle agenzie creative, sia con le agenzie media – per catturare l’attenzione dell’audience e riuscire così a entrare nel loro palinsesto personalizzato. E questo oggi sta
Leadership Team: Mats Lundquist, CEO; Eszter Sallai, CFO; Carlo Giacobbe, Commercial Director; Alessia Luciani, HR Director; Erika Salvatore, Legal & Compliance Director; Maurizio Pafundi, COO. Servizi offerti/mezzi in concessione: Out Of Home Media Company Addetti: 220 Anno di fondazione: 1963 Fatturato 2017: 130 milioni di euro Clienti (principali): Telefonia, Moda, Distribuzione e Auto davvero succedendo, perché sempre più spesso non si ricorre più al semplice ‘copia e incolla’ del messaggio che va su altri mezzi: piuttosto, si sfrutta lo spazio messo a disposizione dall’OOH per arricchirlo di contenuti. In quest’ottica seguiamo con grandissima attenzione diversi trend. Il primo, in forte crescita, è quello della Virtual Reality, sul quale siamo convinti che tutto il mercato si dovrà presto interrogare per far sì che i processi creativi non arrivino solamente alla fine delle pianificazioni ma ne costituiscano un elemento di partenza. Il secondo è quello del mobile inteso come mezzo capace di integrarsi realmente con l’universo dell’OOH: per questo abbiamo sviluppato il Moohbile Real Sync, non una semplice applicazione ma un vero e proprio approccio che permette agli advertiser di amplificare il loro messaggio contenuto inizialmente sul telefono – in un’App o su un m-site – e perciò pianificato nella logica del mobile. Si tratta ancora una volta di una sfida creativa e tecnologica per far sì che quello stesso messaggio, attraverso un’interazione, continui a vivere sui nostri impianti digitali amplificandolo quindi a tutti i con 75
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TIMVISION - IL MOBILE GUIDA L’OOH Quella per il lancio della serie inglese televisiva ‘Killing Eve’, in onda su TIMvision, è stata la prima campagna di Moohbile Real Sync realizzata in Italia da Clear Channel, in collaborazione con il network Tap Tap, con la pianificazione media a cura di Havas Media Group. Inserito in una pianificazione più ampia – digital, social e affissioni su Milano, Roma e Napoli – , il mobile ha per la prima volta ‘guidato’ l’OOH. Partendo proprio dalla pianificazione mobile, dopo aver identificato e creato un circuito di impianti digitali, si è individuato il cono del raggio d’azione all’interno del quale declinare la campagna, come succede per le campagne Moohbile (50, 100, 200 metri). Quando l’utente transitava nei pressi dell’impianto, all’interno di questo cono, riceveva il banner sulle app e m-site a target sul suo smartphone: cliccando sul banner sincronizzava, come con un vero e proprio telecomando, il messaggio sull’impianto DOOH per 15” (estendibili fino a 30”), con una creatività realizzata da Havas Milan che attraeva in modo originale i passanti a guardare il video e a scoprire il sito TIMvision con gli episodi della serie.
HAZZARD – ENGAGEMENT A PORTATA DI TOUCH Per promuovere gli oltre 147 episodi della serie Tv ‘Hazzard’, in onda su Spike TV, Clear Channel e l’agenzia creativa Ogilvy hanno realizzato per il cliente Viacom un’originale activation su Milano ideando una formula insolita e fortemente engaging: il ‘Quiz’. L’activation è avvenuta attraverso un digitotem nei pressi dell’Arco della Pace (Via Agostino Bertani), il cui monitor, per l’occasione, è stato trasformato in Touch Screen grazie alla Phygital Experience resa possibile dalla piattaforma Xuniplay, che ha monitorato ogni aspetto relativo al device interattivo multi touch. I partecipanti, richiamati dal clacson di Generale Lee, la mitica Dodge Charger RT del 1969, livrea total orange e bandiera ‘sudista’ disegnata sul tetto, hanno potuto così interagire con lo schermo toccando e selezionando le risposte al quiz. Per chi rispondeva correttamente a 3 domande su Hazzard il premio a sorpresa di un giro sul Generale Lee. La videocase dell’attività è servita a produrre nuovi contenuti che hanno arricchito la viralità dei social.
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sumatori intorno ai nostri impianto. In primo luogo occorre stimolare la curiosità e l’interesse dell’utente per portarlo a cliccare e a vedere che cosa succede intorno a lui, ma soprattutto bisogna riuscire, grazie a questa interazione, a renderlo protagonista della comunicazione stessa. In pratica, quando il consumatore clicca sul banner, quello stesso contenuto (o un altro deciso ad hoc) andrà sui nostri impianti in prossimità, all’interno di una zona definita, per 30 secondi, assicurando quindi una grande visibilità del brand. In questo modo l’OOH assolve perfettamente al suo compito di amplificare il messaggio da uno a molti, creando un ‘effetto wow’ impressionante e sorprendente. Il consumatore diventa così ‘regista’ di quel tipo di comunicazione, costruendo una relazione innovativa con la marca. Terzo ambito cui ci stiamo dedicando è quello dell’interazione con i social media, ormai parte integrante della vita quotidiana che, esattamente come l’OOH, vive e interagisce in mezzo alla gente. Vogliamo rendere i nostri impianti sempre di più amplificatori dei contenuti originati dai social: in una chiave di intrattenimento, nei momenti in cui sono fermi in attesa di un mezzo o camminano per strada, oppure di interazione là dove prima questa possibilità non esisteva. Per esempio, insieme all’agenzia creativa Ogilvy e al cliente Viacom siamo partiti con un progetto molto significativo all’Arco della Pace di Milano: attraverso un impianto ‘touch’ abbiamo creato per Spike un’interazione che permetteva alle persone di rispondere a un quiz per fare un giro sul Generale Lee, la macchina della serie Hazzard. L’OOH è diventato quindi interattivo, sociale e al tempo stesso virale. Ci sono ostacoli all’adozione di questo tipo logiche innovative da parte dei clienti dell’OOH? Giacobbe – L’integrazione dell’OOH con tutti i diversi mondi – mobile e social, ma lo stesso vale anche per l’audio e il video streaming – ormai non ha più barriere: in questo processo la nostra audience diventa protagonista attiva. Se il digitale lavora sul one-to-one, noi prendiamo questo ‘uno’ e lo portia-
mo a bordo per far sì che aiuti il brand a comunicare a molti: il consumatore diventa il ‘detonatore’ di questa amplificazione, facendo in modo che l’OOH in formato digitale lavori secondo quelle che sono le sue coordinate naturali, ovverosia pura comunicazione da uno a molti. Rinaldi – La vera sfida è sperimentare attraverso nuovi linguaggi creativi e tecnologici e accelerare la trasformazione su un mezzo che ha possibilità non solo di integrarsi con gli altri media ma di essere esso stesso volano per l’intero ecosistema. Stiamo ricevendo ottime risposte dai clienti, agenzie media e mercato in generale, per cui il passaggio dalla presentazione di un’idea alla sua messa in onda avviene in tempi sempre più brevi. L’OOH, come dire, sta mettendo il turbo! Giacobbe – Fin dai prossimi mesi, e direi anzi dalle prossime settimane, l’attenzione di Clear Channel per tutti gli aspetti di cui stiamo parlando si concretizzerà nella presentazione al mercato di diversi prodotti che vanno proprio in questa direzione. Come è proseguita l’evoluzione della vostra struttura in termini di management e organizzazione? Giacobbe – Partita lo scorso anno, la nostra riorganizzazione si è praticamente chiusa con l’ultimo tassello nel momento in cui è arrivato Carlo Rinaldi, cui è stata affidata la guida del processo di innovazione di Clear Channel e del trasferimento di questo nuovo posizionamento al mercato. Negli ultimi mesi abbiamo aumentato ancora di più la nostra velocità nel riuscire ad arrivare ai clienti con proposte concrete e realizzabili. Ne è un esempio la completa riorganizzazione della forza vendita dedicata agli aeroporti, che ha dato risultati veramente incredibili. Continueremo perciò a lavorare sull’organizzazione commerciale e insieme sulla sfida sul terreno del digitale – che di per sé vuol dire velocità e opportunità – per il continuo allargamento della nostra inventory, con l’obbiettivo di essere il più precisi possibile nell’intercettare i bisogni dei clienti e il più veloci possibile nel tradurli in realtà.
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Più digital, più smart IGPDecaux crescerà del +3% del fatturato nel 2018 grazie agli ottimi risultati degli Aeroporti (+10% quest’anno), dell’Arredo Urbano e della unità Live e Creative Solution. Prosegue la digitalizzazione del patrimonio avviata nel 2017, e dall’autunno è operativa Smart Brics, prima piattaforma che consente di pianificare l’OOH in logica di audience planning anziché di circuiti
INTERVISTA a Flavio Biondi, Vice Presidente di IGPDecaux. A fine giugno pronosticavate per IGPDecaux una chiusura 2018 superiore al +3%: confermate questa ipotesi? A quali fattori è dovuta la vostra crescita nel corso di quest’anno? A tutto ottobre l’obiettivo del +3% rimane confermato. Va detto che il finale d’anno sarà particolarmente impegnativo: da un lato per le incognite geopolitiche – bisognerà vedere quali decisioni e provvedimenti prenderà il governo e come saranno recepiti dalle imprese – e dall’altro perché comunque andremo a confrontarci con l’ultimo bimestre del 2017 che è stato straordinario. Tenendo in considerazione che l’Outdoor compete nel mercato dei così detti mezzi tradizionali, i driver principali della nostra crescita sono dovuti agli investimenti fatti in Innovazione e in particolare nel Digitale. Innovazione nell’organizzazione e nei sistemi informativi, investimenti con le implementazioni già avviate lo scorso anno, negli impianti rinnovati negli Aeroporti di Milano Malpensa e Linate, Orio Al Serio, Genova e Torino (proprio dagli aeroporti è arrivata la crescita più importante: +10%), e le nuove pensiline Digital di Milano. Per quanto riguarda l’Innovazione non posso non citare la piattaforma di Pianificazione denomina78
Flavio Biondi, Vice Presidente di IGPDecaux
ta Smart Brics che stiamo presentando in questi giorni al mercato delle centrali media. Altro fattore di crescita è l’area della Live e Creative Solution che offre ai nostri clienti soluzioni che garantiscono un ‘effetto wow’ con nuovi
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format nelle Domination nelle Metropolitane di Milano, Roma e Napoli, soluzioni creative progettate ad hoc per i clienti come ad esempio i Tram Speciali, soluzioni creative sul nostro Arredo Urbano e realizzazione di eventi di comunicazione sul territorio. Queste capacità ci stanno sempre più differenziando dai competitor. Come sempre facciamo un po’ il punto sui settori e le aziende che hanno maggiormente creduto nei vostri mezzi: chi e come si è distinto per aver mostrato maggior fiducia? E chi invece manca ancora all’appello? Fortunatamente abbiamo un pool di clienti rappresentativo di tutti i vari comparti. Come nostro primo cliente si è confermata la GDO con Esselunga. Sono entrati diversi nuovi brand del settore Media, Netflix in primis, ma anche Sky continua ad usare intensamente l’OOH. Abbiamo conquistato la fiducia di clienti appartenenti al mondo delle TLC (Vodafone), della tecnologia (Huawei), del lusso (Dior) e della moda (Armani). Un altro settore è quello della ristorazione che ha visto un ritorno importante come quello di McDonalds. Sotto quota continua a rimanere il Largo Consumo , un settore che in passato investiva in OOH e che con la sola eccezione di Ferrero, tende a privilegiare la Tv. Questo non vuol dire che il comparto non ci utilizzi, ma al momento siamo per loro un mezzo tattico. Nel corso di quest’anno IGPDecaux è stata particolarmente attiva sul fronte delle iniziative di comunicazione e visibilità: potete raccontarci meglio obiettivi, sviluppo e
Centro Direzionale Milano Fiori, Strada 3, Palazzo B10 – 20090 Assago (MI) Tel. 02 624981 – Fax 02 6599037 servizioclienti@igpdecaux.it www.igpdecaux.it
Board di direzione: Fabrizio du Chène de Vère, Flavio Biondi, Alessandro Loro. Servizi offerti/mezzi in concessione: Concessionaria Out-Of-Home Anno di fondazione: 2001 Dipendenti: 320 collaboratori Fatturato 2017: 130,2 milioni di euro Clienti (principali): Esselunga Lombardia, TIM, Sky Italia, Vodafone Omnitel, Alfred Ritter, Giorgio Armani, Ferrero, LVMH Italia. risultati di queste operazioni? Si è trattato di operazioni che ci hanno permesso di cogliere diverse opportunità. Ne citerei due. La prima è Segnali d’Italia, un’iniziativa costruita sulla base della nostra conoscenza del territorio: partita da Parma e Napoli, è stata una grande campagna multi-soggetto e multiformato che si è posta l’obiettivo di valorizzare le qualità e le eccellenze diffuse nel territorio, dando risalto a luoghi, persone, mestieri che meritano di essere conosciuti, rivalutati ed emulati. E siamo andati oltre, coinvolgendo la popolazione locale per chiederle di segnalarci ulteriori storie da mettere in luce per la qualità, l’innovazione e l’efficacia dei loro interventi e realizzazioni: persone, artigiani, imprese che sono riuscite a creare qualcosa di nuovo, valido, socialmente utile, puntando sulla creatività e sul recupero di spazi inutilizzati, caratterizzandoli con una nuova fruizione, valorizzando il patrimonio esistente e facendolo scoprire a un nuovo turismo responsabile, molto spesso creando un indotto economico che significa sviluppo, occupazione e interazione. La seconda è Campus Party, di cui per il secon 79
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In occasione della sfilata/evento ‘Emporio Armani Boarding’, IGPDecaux ha realizzato un’attività di comunicazione efficace e integrata che ha visto l’impiego sia di mezzi classici, sia di progetti speciali creati ad hoc
do anno consecutivo IGPDecaux è stata media partner: si tratta di un evento internazionale nato in Spagna e dedicato a innovazione e creatività, che abbiamo deciso di supportare per dimostrare ancora una volta come la nostra società sia sempre molto attenta a recepire e diffondere le novità nel campo della tecnologia e del digitale. Una sede ideale per discutere i trend e le evoluzioni del mercato, a cominciare dalle Smart City e dalla nuova mobilità, che è stata oggetto del palinsesto di un palco tematico dedicato. Come è proseguita l’evoluzione interna della vostra struttura in termini di management e organizzazione? È recentissimo l’arrivo di Giovanni Uboldi che
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mi sostituisce nel ruolo di Direttore Commerciale e Marketing: il suo ingresso è parte di un ricambio generazionale che intende portare nuove energie grazie a risorse più giovani con esperienze in settori diversi. Uboldi proviene dal marketing di Sky Media, la concessionaria di Sky, e prima ancora da Vodafone Italia: aziende a suo tempo innovative abituate a confrontarsi in mercati molto competitivi. Come si è evoluto il vostro portfolio di prodotti e asset? Premesso che in alcuni casi gli spazi per ‘innovare’ sono ridotti ai minimi termini per limiti strutturali – pensiamo ai tram –, quello che sta sicuramente andando avanti è il processo di
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digitalizzazione del nostro patrimonio già avviato fin dal 2017 e che riguarda soprattutto il settore Aeroporti e l’Arredo Urbano. Per il 2019 abbiamo l’obiettivo di installare un’altra trentina di pensiline digitali su Milano, che aggiungendosi a quelle già presenti porteranno il totale a circa 100 impianti. E intendiamo poi proseguire anche in altre città. Si tratta di investimenti ‘importanti’ e necessari per garantire la qualità che ci contraddistingue, nel caso delle pensiline siamo nell’ordine di una quarantina di milioni l’una, che vanno fatti valutando attentamente i ritorni che possono dare. Sul fronte delle acquisizioni, le due principali del 2018 riguardano la Linea 5 della metropolitana milanese, dove stiamo completando l’allestimento delle 14 stazioni con circa 200 impianti di grande formato (300x140) e 25 Impianti Digitali 70”, e l’Aeroporto Cristoforo Colombo di Genova, dove è stato avviato un profondo restyling degli impianti pubblicitari che prevede prodotti retroilluminati e lo sviluppo di un network di schermi digitali di nuova generazione. E ricordo che a partire da questo autunno, come già detto, siamo operativi con SmartBrics, una piattaforma che offre ai clienti l’opportunità di pianificare campagne di volta in volta sul target desiderato, superando la logica del circuito predefinito. Una recente case history che ben rappresenta la capacità di dare ai clienti il valore aggiunto e l’effetto ‘wow’ che da sempre caratterizzano IGPDecaux? Sicuramente quella relativa ad Armani, che ha trasformato l’hangar di Linate, riconoscibile fin dal 1996 dalla grande insegna ‘Emporio Armani’, in una location di prestigio per la sfilata Emporio Armani Boarding dedicata alla collezione Uomo/ Donna per la Stagione S/S 2019. Un grande progetto, realizzato in collaborazione con IGPDecaux e grazie all’impegno di SEA Aeroporti di Milano che ha reso possibile l’allestimento
dell’imperdibile appuntamento, mantenendo l’operatività dello scalo. Gli spettatori della sfilata sono stati protagonisti di un vero e proprio viaggio all’interno dello scalo aeroportuale milanese, diventato il cuore dell’evento Armani per la Fashion Week. I 2.300 ospiti dello stilista sono stati accolti all’interno di Linate con la creazione di un portale decorato ad hoc prima delle porte di ingresso. Una volta entrati in aeroporto, sono stati invitati a recarsi presso i banchi check in personalizzati dove è stata effettuata la registrazione; superati i controlli di sicurezza, le persone si sono poi dirette all’area imbarchi, accompagnati dalla comunicazione digitale di IGPDecaux con la creatività dedicata alla sfilata. Attraverso il finger brandizzato, gli ospiti hanno effettuato l’accesso in pista salendo sui bus decorati verso l’hangar. L’evento si è concluso con una spettacolare performance di Robbie Williams. Un’esperienza unica, dove i partecipanti all’evento hanno avuto la possibilità di immergersi totalmente in un viaggio: destinazione Armani. In occasione dell’evento, IGPDecaux ha realizzato un’attività di comunicazione efficace e integrata che ha visto l’impiego di molti mezzi classici e progetti speciali creati ad hoc: in particolare, una serie di tram e autobus decorati, che per settimane hanno attraversato la città di Milano, la personalizzazione di tutte le aree aeroportuali sia interne che esterne di Linate e dei biglietti urbani dell’ATM per promuovere la linea Boarding.
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One stop shop Grazie al mix unico di properties che le permette di intercettare qualsiasi target e alle eccellenti performance legate alle metriche che il mercato oggi richiede – viewability, brand safety, intarget – iOL Advertising, la concessionaria di Italiaonline, è diventata un punto di riferimento per il digital adv. Un ‘one stop shop’ affidabile per i più grandi player di qualsiasi settore
INTERVISTA a Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline. A quali fattori è dovuta la vostra crescita nel corso di quest’anno? Guardando avanti, qual è la vostra visuale sul 2019? Quali saranno i fenomeni e i trend da seguire con maggior attenzione per riuscire a mantenere l’elevato livello di performance registrato fin qui? Intanto, abbiamo seminato bene dall’inizio, ossia dal 2017, quando la nostra concessionaria iOL Advertising si è rilanciata sul mercato. Siamo diventati il partner di siti importanti come 3BMeteo, il network FattoreMamma, Eleven Sports, greenMe, e abbiamo continuato a espandere le nostre partnership, arrivando a essere oggi la concessionaria pubblicitaria in Italia di realtà del calibro di Dailymotion, wetransfer, viaMichelin, che non hanno bisogno di presentazioni. La ‘ricetta’, se vogliamo trovarne una, è nel concetto di one stop shop, sul quale insisto da sempre perché ci credo fermamente. La nostra concessionaria è diventata un punto di riferimento per clienti importanti che vogliono partecipare attivamente ai progetti che costruiamo per loro. iOL Advertising ha nel proprio Dna il coinvolgimento attivo del cliente rispetto ai nostri brand e contenuti: questo è un plus rispetto a qualsiasi competitor. Se poi aggiungiamo che i contenuti dei portali Italiaonline sono visti da 82
Massimo Crotti, Direttore Sales House Italiaonline.
più di un navigatore italiano su due e garantiscono livelli di brand safety oggi imprescindibili per qualsiasi inserzionista, abbiamo fatto bingo. I nostri inserzionisti continuano a premiarci perché sanno che pianificare su Italiaonline significa poter disporre di un mix unico di audience quali-quantitativa e di una tecnologia che garantisce elevate performance adv. Guardando al futuro, viene subito da pensare al Programmatic, rispetto al quale essere stati
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pionieri ci ha ripagati e oggi siamo molto avanti rispetto al trend medio italiano. Al netto del nostro primato e nonostante abbiamo il migliore stack tecnologico che ci sia in Italia, è fondamentale continuare a perfezionarlo: diversamente, sarebbe impossibile tenere la posizione, meno che mai incrementarla. Come e quanto è cambiato e si è arricchito il vostro portfolio di prodotti e servizi? Quali le novità più importanti da questo punto di vista e quali, di pari passo, le innovazioni sotto il profilo dell’offerta commerciale? Le attività sinergiche con i partner acquisiti in concessione ci stanno permettendo di estendere il nostro potenziale a sempre più settori pregiati di mercato, potendo contare su prodotti verticali di contenuti che coinvolgono vasti target come appunto Dailymotion o wetransfer. L’unicità del mix del nostro ventaglio di properties, sia internet che partner, ci permette di intercettare audience differenti e specifiche e realizzare contenuti sempre rilevanti rispetto al target del cliente. Così è successo ad esempio con il piano di contenuti legato alla campagna #giocaredanticipo di Reale Mutua, che ci ha dato inoltre la possibilità di lavorare al servizio di un tema di importanza sociale come il welfare. Come concessionaria, sperimentiamo sempre nuove soluzioni creative, per massimizzare sia l’impatto di comunicazione delle campagne, sia gli obiettivi di engagement e performance. Mi piace citare la recente campagna web per il lancio nelle sale di Soldado, con una creatività
Board di direzione: Tarek Aboualam, Chairman; Antonio Converti, CEO. Servizi offerti/Mezzi in concessione: portali e servizi internet, soluzioni digitali per imprese, digital advertising. Anno di fondazione: 2013 Addetti: oltre 1.800 (tra dipendenti e agenti). Ricavi: 338 milioni di euro (media 2017) Clienti (principali): Ferrero, Barilla, Ford, Volkswagen, PSA Group, Samsung, Trenitalia, Coop, Reale Mutua. davvero ‘da grande schermo’ che abbiamo realizzata con 01 Distribution e veicolato in home page di Libero e di wetransfer. In poche parole, mettiamo a disposizione del cliente tutte le nostre soluzioni per agevolare il dialogo tra brand e utenti, che per noi è sempre più elemento centrale di ogni campagna di comunicazione. Tutto ciò si somma alle nostre elevate performance legate alle metriche che il mercato oggi richiede (viewability, brand safety, intarget e così via) e che ci permettono di essere partner affidabili per i più grandi player dei rispettivi settori. Come si sono evolute e continueranno a evolversi la struttura e l’organizzazione della concessionaria? Sono diventato più vecchio di un anno! Scherzi a parte, continuiamo a costruire ogni giorno una ‘sales house’ che sia il punto di riferimento per ogni inserzionista. Dal lancio di iOL Advertising a oggi sta continuando a crescere la componente di spending sui progetti speciali e sul branded 83
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Massimo Crotti durante una presentazione di iOL Advertising, la concessionaria con cui poter pianificare campagne di digital adv sull’audience vasta e segmentata dei siti Italiaonline, sia properties che in partnership
content: ciò significa che il mercato ci riconosce come un partner a tutto tondo e non soltanto come un bravo ‘erogatore’ di campagne di elevata performance. Per arrivare a ciò, serve una visione, che nel nostro caso è appunto quella del one stop shop che io ho cercato di dare dal primo mio giorno in Italiaonline. Da lì, si arriva all’organizzazione della mia struttura, che rispecchia questa visione in tutte e tre le ‘gambe’ sulle quali poggia iOL Advertising: il canale di vendita diretta puro, il canale che gestisce i rapporti con i centri media e il canale dei progetti speciali di comunicazione. Detta così sembra facile, ma ci vuole tanta passione e quella componente ‘human’ alla quale io tengo particolarmente e che, nel nostro caso, è il valore aggiunto che ci fa percepire dal mercato come interlocutori affidabili. Per concludere: una case history che ben 84
rappresenta la capacità di Italiaonline di dare sempre ai suoi clienti un reale valore aggiunto? Ce ne sarebbero molte, ma mi piace ricordare il progetto realizzato per Coop e la sua importante linea di prodotti sostenibili Viviverde: una content strategy di ben tredici mesi sviluppata da e su greenMe, il primo tra i siti green più letti in Italia, di cui come iOL Advertising curiamo la pubblicità. Gli obiettivi erano incrementare il posizionamento green di Viviverde online, nonché sensibilizzare l’audience di greenMe sui prodotti Viviverde e potenziando la cultura eco sostenibile di Coop. La campagna ha avuto un’ottima visibilità sia in termini di page views che di impression, nonché di reach dei post sulla pagina Facebook di greenMe, che è molto seguita. Un progetto di lunga durata con ottimi risultati, a conferma che investire con Italiaonline significa elevata visibilità, qualità dei contenuti e brand safety.
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Innovazione costante Offerta Tv rinnovata e sviluppo di un ‘hub’ di servizi per il telespettatore, con al centro l’applicazione Mediaset Play, sono parte del percorso di innovazione di Publitalia ’80, che ha avviato l’attività sull’Addressable Tv grazie alla raccolta e all’analisi dei dati restituiti da ogni Tv set può erogare pubblicità con caratteristiche e livelli di profilazione sempre più articolati
INTERVISTA a Paola Colombo, General Manager ADTech & Business Development di Publitalia ’80. Quali stime avete fatto per la vostra chiusura 2018? A quali fattori è dovuta la vostra crescita nel corso di quest’anno? Abbiamo una stima di chiusura positiva grazie al contributo positivo del Mondiale e al contributo delle reti tematiche, sia free to air (con il lancio di due nuovi canali) che tematiche pay (l’accordo Sky Premium ha notevolmente ampliato la base utenti dei nostri canali Cinema e Serie). A questo si aggiungono, lato Digital e Radio, le performance above the market dei colleghi di Mediamond. Come sempre facciamo il punto sui settori e le aziende che hanno maggiormente creduto nei vostri mezzi: chi e come si è distinto per aver mostrato maggior fiducia? E chi invece manca ancora all’appello? Grazie al forte rinnovamento dell’offerta Tv (tematiche e generaliste – pensiamo al rilancio di Rete4) e all’evento del Mondiale, nel 2018 è veramente difficile dire qual è il settore che non abbia creduto nella nostra offerta – direi che praticamente tutti ci 86
Paola Colombo, General Manager ADTech & Business Development di Publitalia ‘80
hanno dato soddisfazioni, con andamenti migliori della media di mercato. A proposito di fiducia dimostrata (ma comunque
publitalia’80
PUBLITALIA ’80 - Gruppo Mediaset Palazzo Cellini - Milano 2 - 20090 Segrate (MI) Tel. 02 21021 www.publitalia.it
ripagata) mi fa piacere segnalare che l’avvio della nostra attività sull’Addressable Tv ha già coinvolto diversi clienti e siamo a oltre 40 campagne veicolate per clienti appartenenti a settori molto differenti tra loro, dall’auto ai servizi, dai cosmetici al largo consumo, dall’alimentare alle TLC. Un segnale importante per chi, come noi, ha sempre nel proprio radar un percorso di innovazione costante. Guardando avanti, qual è la vostra visuale sul 2019? Quali saranno a vostro giudizio i fenomeni e i trend da seguire con maggior attenzione per riuscire a mantenere un livello di ‘performance’ soddisfacente? Il 2019 sarà un anno ‘da decifrare’ per la mancanza di forti driver positivi, ma che guardiamo con positività dal punto di vista del nostro nuovo perimetro di business. Abbiamo deciso di uscire dal calcio pay, dove il costo dei diritti ha raggiunto livelli non sostenibili e i contatti adv sono in calo, e di focalizzarci per il futuro sullo sport free. Se consideriamo il nostro nuovo perimetro di business – free to air generaliste, tematiche e kids, più tematiche pay – ci aspettiamo un andamento organico a livelli uguali o migliori del mercato di riferimento like for like, qualunque esso sia nel 2019. In più, il nostro mercato, quello televisivo, sta per compiere un passaggio cruciale. La Tv sta consolidando il suo ruolo centrale per l’utente grazie a un salto tecnologico che comincia a dare frutti. La nostra concessionaria punta ad essere in prima fila nel fornire al mercato tutto il supporto
Board di direzione: Giuliano Adreani, Presidente; Stefano Sala, Amministratore Delegato. Mezzi in concessione: Canale 5, Italia 1, Rete 4, Boing, Cartoonito, Iris, Italia 2, La5, Mediaset Extra, Tgcom24, Top Crime, 20, Focus, mezzi esteri gestiti da Publieurope. Anno di Fondazione: 1979 Addetti: 490 Fatturato (2017) 1.931 milioni di euro Clienti (principali): Vodafone, Wind, Barilla, Telecom, L’Oreal Italia, Ferrero, Sky, Unilever, Volkswagen, Eni. necessario per avere da questa evoluzione il maggiore beneficio possibile. Vogliamo allargare le nostre competenze sulla gestione dei dati di prima parte raccolti grazie alle Tv connesse, creare profili di comunicazione mirati sulle esigenze delle singole campagne, aumentare le occasioni di visibilità e interazione con la pubblicità dei nostri clienti. Il tutto attraverso lo sviluppo di prodotti semplici da pianificare ma estremamente efficaci. Proprio a questo proposito, come si è arricchito il vostro portfolio di prodotti per la connected Tv? Quali sono state e saranno le novità più importanti da questo punto di vista e quali, di pari passo, le innovazioni sotto il profilo dell’offerta commerciale? Il nostro percorso di sviluppo nell’ambito dei servizi per la Tv connessa ha avuto una forte accelerazione proprio in occasione dei Campionati Mondiali di Calcio in Russia. 87
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Mediaset Play è la nuova applicazione che rende ancora più coinvolgente l’esperienza del telespettatore
In corrispondenza dell’evento, infatti, abbiamo lanciato la nostra nuova applicazione Mediaset Play che rende ancora più coinvolgente l’esperienza del telespetta-
tore. Grazie a questo servizio è possibile far ripartire ogni contenuto dall’inizio, nel caso di sintonizzazione successiva alla partenza, rivedere spezzoni dei momenti
La nuova guida Tv interattiva permette di fruire di un vasto catalogo di contenuti raggruppati per genere – news, programmi Tv, fiction – e accedere a una galleria di applicazioni ulteriori veicolati attraverso Mediaset Play 88
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Grazie a Mediaset Play, è possibile far ripartire ogni contenuto dall’inizio, nel caso di sintonizzazione successiva alla partenza, e rivedere spezzoni dei momenti più importanti dei programmi
più importanti dei programmi, fruire di un vasto catalogo di contenuti raggruppati per genere: news, programmi Tv, fiction. Inoltre è possibile consultare una guida Tv interattiva e accedere a una galleria di applicazioni ulteriori veicolati attraverso Mediaset Play. Infine, una sezione ‘impostazioni’ da cui è possibile amministrare il consenso al trattamento dei propri dati e gestire le credenziali per la navigazione sotto registrazione. Il tutto senza lasciare il canale di sintonizzazione, in una fluida esperienza che combina contenuti lineari e non lineari. Grazie allo sviluppo di questo vero e proprio ‘hub’ di servizi per il telespettatore, siamo in grado di erogare pubblicità con caratteristiche e livelli di profilazione molto
articolati grazie alla raccolta e all’analisi dei dati restituiti da ogni singolo Tv set. Alla fine di novembre, in un evento pubblico destinato ai centri media, presenteremo il set completo di questi servizi a valore aggiunto che saranno immediatamente disponibili per le pianificazioni.
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Trasparenza e progettualità Nonostante la frenata dovuta fra l’altro a elezioni politiche e Mondiale, Rai Pubblicità punta a una fine 2018 in recupero. L’arricchimento dei palinsesti, l’apertura di nuovi canali alla comunicazione commerciale (Rai 5, Rai Storia, Isoradio), l’apertura al branded content, i KPI irraggiungibili nel mondo digital, i plus su cui la concessionaria punterà anche nel 2019
INTERVISTA a Giancarlo Cani, Direttore Commerciale Rai Pubblicità. Quali stime avete fatto per la chiusura del 2018? A quali fattori sono dovuti i vostri risultati nel corso di quest’anno? In un’annata particolarmente difficile pensiamo di atterrare a -2%. Le elezioni e il Mondiale hanno contribuito a frenare la nostra performance, ma la fine dell’anno dovrebbe riservare buoni margini di recupero. Siamo convinti di valere di più e che l’onda lunga dei nostri formidabili ascolti avrà una ricaduta sul medio periodo. Rai 1, sul mese di settembre, ha fatto registrare quasi 21% di share tornando ai valori del duopolio televisivo di molto tempo fa. Oltretutto la rete ammiraglia ha mostrato un profilo più giovane, cosa rarissima nella Tv attuale, e con la consueta maggiore capacità di spesa del nostro pubblico rispetto ai principali competitor.
Giancarlo Cani, Direttore Commerciale Rai Pubblicità
Quali i settori e le aziende che hanno maggiormente creduto nei vostri mezzi? Le aziende che credono maggiormente in noi sono quelle che vedono nella reputation un valore da perseguire e da tutelare. Una piattaforma come la nostra, autorevole e safe, è il palcoscenico ideale per qualificare e diffondere messaggi di sostenibilità e credibilità di un brand. L’inciampo nel territorio sbagliato è dietro l’angolo. Guardando al vostro interno, come si è
evoluta e continuerà a evolversi la struttura organizzativa di Rai Pubblicità in termini di management e organizzazione? La valorizzazione del proprio territorio è sempre la missione base. In Rai Pubblicità abbiamo tanti validi professionisti che hanno allargato ogni
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RAI PUBBLICITÀ Via Giovanni Carlo Cavalli, 6 – 10138 Torino Tel. 011 7441111 Fax 011 7441200 Ufficio.StampaRaiPubblicita@raipubblicita.it www.raipubblicita.it
giorno di più le proprie competenze grazie alla condivisione dei differenti linguaggi presenti nei vari media che rappresentiamo. La sintesi di tutto questo non può che essere l’area progettuale dove mettiamo insieme le varie piattaforme mediali che, attraverso un’attenta regia da parte del marketing commerciale diretto da Roberta Lucca, creano progetti comprensivi di coperture media, attività social ed eventi sul territorio in cui il protagonista è il cliente e il suo brand. Sanremo con Tim ne è stato un esempio. Vogliamo andare oltre, allargando il perimetro e trovando soluzioni innovative che rispettino il brief, ma che vengano amplificate con coerenza attraverso il linguaggio della trasmissione o del contenuto scelto. La Brand Integration in Rai Pubblicità con la Tv, il Web, la Radio, il Cinema e il Territorio a nostro avviso è la migliore offerta disponibile sul mercato. Come e quanto è cambiato e si è arricchito il vostro portfolio di prodotti e asset? Quali le novità più importanti da questo punto di vista e quali, di pari passo, le innovazioni sotto il profilo dell’offerta commerciale? L’arricchimento dei nostri palinsesti in primis ha avuto una ricaduta positiva immediata sulla nostra offerta, che da settembre vanta anche la Champions League. Un torneo che quest’anno vede quattro squadre italiane protagoniste e quindi super ascolti assicurati. Per quanto concerne le Fiction, direi che è sorprendente il livello qualitativo raggiunto e l’apprezzamento da parte del pubblico è lì a dimostrarlo, una garanzia straordinaria per l’investitore pubblicitario. L’elenco dei successi è
Board di direzione: Antonio Marano, P residente e Amministratore Delegato; Laura Paschetto, Direttore Generale. Servizi offerti/Mezzi in concessione: offerta commerciale crossmediale declinata su tutte le piattaforme Tv, Radio, Digital e Cinema. Anno di fondazione: 1926 (ex Sipra) Fatturato 2017: 650 milioni di euro Clienti (principali): tutti i principali top spender
lunghissimo e quindi citerei l’eterno Montalbano con i suoi oltre 11 milioni di telespettatori e l’Amica geniale dall’omologo romanzo di Elena Ferrante, che dopo aver fatto incetta di premi al Festival di Venezia e aver stravinto al botteghino cinematografico sta per sbarcare sui nostri palinsesti. In ultimo il progetto ambizioso appena ultimato che andrà in onda nei primi mesi del 2019, ossia il Nome Della Rosa con protagonista John Turturro. L’asticella va ancora più in alto dunque. E poi la vastissima area culturale dove gli Angela guidano il comparto: vantiamo infatti, con Alberto Angela, straordinari successi nella divulgazione, con picchi di ascolto anche su Rai 1. Novità, poi, di cui siamo orgogliosi in questo ambito, è l’apertura agli investitori dei nostri canali Rai 5 e Rai Storia. Ovviamente la comunicazione su questa piattaforma culturale sarà alternativa alla tabellare e non potrà che sposarsi coerentemente con il contenuto. E poi l’apertura al Branded Content che vede Rai protagonista anche nel territorio generalista di Rai 1 dove ci attendono dei contenuti 91
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straordinari. L’idea è di costruire insieme ai clienti un prodotto di alta sartoria di cui prenderci cura a partire dalla promozione dello stesso, che seguirà l’iter dei programmi di nostra produzione. E ancora Isoradio, che apre con proposte innovative che mirano all’esclusività merceologica attraverso la quale garantirsi il massimo impatto con accordi di lungo periodo sulla radio dell’informazione viaggiante. Infine il Web, nobile e sicuro, che garantisce KPI irraggiungibili, figli sempre del contenuto qualitativo. Chiudiamo con qualcuna delle case history più significative nel rappresentare la capacità di Rai Pubblicità di dare sempre ai suoi clienti un reale valore aggiunto… La nostra forza va oltre il contesto esclusivamente televisivo dal momento che grazie a nuovi progetti editoriali siamo in grado di raccontare in modo innovativo i valori dei brand e creare coinvolgimento tra aziende e spettatore finale. Record assoluto per le piattaforme Digitali e Social della Rai è stato Sanremo 2018, la cui offerta non lineare ha esteso i punti di contatto anche con gli utenti non televisivi, arricchendo l’offerta Tv con contenuti ad hoc per il web. Sia il live streaming che il video on demand sulle piattaforme e i canali Rai (RaiPlay e Rai@YouTube) hanno registrato un trend in forte crescita. Emblematiche sono le ormai celebri ‘Missioni impossibili’ de Il Pancio che, oltre a Sanremo, ha portato a termine un percorso di brand integration social lanciato da Rai Pubblicità e Girella Motta con un format ironico e dissacrante, che ha visto partire il celebre influencer alla volta di Mosca per portare un pizzico di italianità ai Mondiali 2018. L’estate 2018 ha visto poi protagonista Rai Pubblicità insieme a Radio 2 con l’offerta commerciale Summer Tour: sei tappe in prestigiose località turistiche italiane tra spettacoli, dirette radio e concerti live durante i quali i partner d’eccezione, Fondazione Matera, Coop
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ed Estra Energia, hanno dato visibilità ai loro brand, prodotti e servizi con attività promozionali sul territorio coerentemente integrate con i contenuti editoriali Rai. L’obiettivo di dare un valore aggiunto alla comunicazione dei nostri clienti passa anche attraverso la presenza sul territorio in un luogo magico come il cinema, per questo Rai Pubblicità ha colto l’invito di Videocittà ad organizzare insieme ad Adci, con la sponsorship di Feltrinelli, Melinda, De Rigo e Borbone, la Notte delle Pubblicità, una maratona notturna tenutasi a Roma per scoprire il meglio della produzione pubblicitaria mondiale presentata al Cannes Lions International Festival of Creativity negli ultimi anni. Infine trasparenza, credibilità e fiducia sono i pillar del format crossmediale Be Transparent ‘Lezioni di etichetta’, dedicato alle aziende che credono nella necessità di informare in maniera semplice e trasparente, per consentire ai consumatori di compiere scelte d’acquisto consapevoli. Numerose le aziende che hanno aderito al format ideato da Rai Pubblicità nell’aprile 2017, tra le ultime McDonald’s, Valsoia ed Elah.
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La ‘Nuova Televisione’ La crescita del +36% registrata da Viacom Pubblicità nell’ultimo fiscal year è il frutto da un lato di un perimetro allargato rispetto all’anno precedente, e dall’altro di un approccio unico e distintivo, sia come concessionaria che come editore, che fa perno su brand rilevanti che definiscono in maniera chiara i pubblici di consumo raggiunti per stili di vita e mondi di appartenenza
INTERVISTA a Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions. Viacom Pubblicità e Brand Solutions ha registrato una crescita del +36% nell’ultimo anno fiscale: quali sono stati i principali driver e i segmenti che hanno trainato la vostra crescita nel corso di quest’anno? Il fiscal year Viacom 2018 – che va dal 1 ottobre 2017 al 30 settembre di quest’anno – si è appena chiuso, quindi non posso che ribadire la crescita del +36% rispetto al nostro anno fiscale 2017, anche se naturalmente non a perimetro omogeneo. Posso aggiungere che per questa fine di anno solare e per l’avvio del prossimo il mood e il trend rimangono gli stessi. Il driver principale di questi risultati è certamente da individuare nella qualità dell’offerta: un portfolio vasto e completo composto da 14 canali – 8 sulla free e 6 su Sky –, tutti in crescita, e alla loro capacità di intercettare i target pubblicitari più importanti, dinamici ed evoluti del mercato. Qualche dettaglio sulle specifiche aree? È stato molto positivo l’andamento del comparto ‘Kids&Family’ – composto da Super! e Pop sulla free e dal network 94
Paolo Romano, Direttore Generale Viacom Pubblicità & Brand Solutions
Nickelodeon su Sky – la cui raccolta pubblicitaria è cresciuta complessivamente del +13% rispetto al fiscal year Viacom 2017. In ascolti, i kids registrano complessivamente una share dell’11% (NB:. Pop
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Board di direzione: Paolo Romano, Direttore Generale; Andrea Castellari, A.D. Viacom Italia. rilevato 5 mesi su 12 del nostro fiscal year) e una crescita del +23% in share rispetto lo scorso anno. Oggi la concessionaria rappresenta il 28% degli ascolti dell’intera offerta kids del mercato italiano, e siamo secondi solo a Publitalia. L’offerta rivolta agli Adulti – i 25-54enni che costituiscono il pubblico televisivo ‘giovane’, rispetto a quello delle reti generaliste – comprende 9 canali (6 free to air e 3 Sky): l’insieme dei nostri brand rivolti a questa fascia cresce del +48% in raccolta pubblicitaria, con in particolare un +13% messo a segno da Paramount Channel. Dal punto di vista degli ascolti è il comparto che ha visto la crescita più forte: +42% in share solo nel mese di settembre (2017 vs. 2018). Il target Millennials è coinvolto dalla nostra offerta ‘Young&Music’ grazie a un portfolio di 3 brand sul digitale terrestre (Radio ItaliaTv, DeeJayTv, VH1) e con l’offerta MTV in esclusiva su Sky. Quest’ultimo è un brand che vive anche e soprattutto al di fuori degli schermi Tv grazie ai 5 milioni di utenti fra sito e social. Quali i settori e le tipologie di aziende che hanno maggiormente creduto in voi? Chi invece manca ancora all’appello e quali iniziative avete in cantiere per ‘catturarlo’? Come ho appena detto, l’appeal dei nostri canali e dei loro target – kids, teen, maschi, giovani adulti, respondsabili acquisto, ecc. – è davvero a 360 gradi. Questo ci ha permesso di far crescere ulteriormente il
Servizi offerti/Mezzi in concessione: Tv, web, app, social media.
numero dei clienti (aumentato del +30% rispetto all’anno precedente) che ha ormai superato i 500, coprendo praticamente tutti i settori, tanto che dei primi 100 top spender italiani ne mancheranno forse 4 o 5… E non cè una tipologia di azienda particolare: abbiamo in portafolgio i big spender televisivi ma anche brand più piccoli, che non avevano mai provato il mezzo o che lo avevano abbandonato da tempo, che spesso ci scelgono per operazioni in esclusiva. Come si è evoluta e continuerà a evolversi la struttura organizzativa di Viacom Pubblicità e Brand Solutions in termini di management e organizzazione? Il team che lavora con me è composto da persone tutte molto capaci e motivate: oggi siamo più di 70, ma abbiamo mantenuto una struttura estremamente agile e snella che sta funzionando egregiamente. In particolare vorrei citare la ‘prima linea’ della nostra concessionaria, composta da Micaela Lodrini, responsabile area Brand Solutions, Michele Strazzera, responsabile area Operations e Sales Development, Stefano Tenca, direttore commerciale Agenzie e Centri Media, Andrea D’Alonzo, direttore commerciale Area Nord, e Gianluca Stivali, direttore commerciale Area Centro-Sud. 95
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Jovanotti è stato il protagonista di una grande puntata di Storytellers, il format di successo a livello internazionale di VH1, andato in onda anche su MTV e sugli altri canali free Viacom
La forza della nostra struttura è anche nell’offrire ai clienti un approccio consulenziale, per esempio attraverso ViacomLab: una serie di incontri indirizzati ai nostri partner e clienti dove abbiamo presentato ricerche internazionali con focus locali sul mondo kids (lo scorso aprile) e teen (a settembre). A breve, il 21 novembre durante la Music Week, parleremo di experience economy. Come e quanto si è arricchito il vostro portfolio di prodotti? Ci saranno in futuro, da questo punto di vista, aggiunte importanti? Oggi l’offerta di Viacom si caratterizza per un approccio unico e distintivo, sia come Viacom Pubblicità sia come Editore: abbiamo messo a punto un ‘sistema’ che ci per96
mette di poter contare su brand rilevanti che definiscono in maniera chiara i pubblici di consumo secondo logiche che non sono più soltanto socio-demografiche, ma più contemporanee. Non vendiamo solo canali ma mondi di appartenenza, stili di vita e prodotti complementari al mondo in cui i nostri interlocutori vivono. Cerchiamo di instaurare partnership di lungo periodo e di trovare per i nostri partner delle soluzioni di comunicazione distintive e uniche, ponendoci anche come loro consulenti. Siamo convinti che questo sia il modo migliore per smarcarci da una semplice classifica di KPI e di efficienza e per qualificare ciò che è davvero la ‘nuova televisione’. Tutto ciò premesso, siamo soddisfatti del portfolio a disposizione e per il futuro
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Due momenti della Nickelodeon Slime Fest, svoltasi a Mirabilandia lo scorso giugno, che a tutt’oggi è l’unico evento live a target kids del nostro paese
prossimo intendiamo concentrarci sulla valorizzazione delle nostre audience migliorando ulteriormente le performance pubblicitarie.
di informazioni sugli spettatori sicuramente potrà crescere e migliorare moltissimo le sue potenzialità di targetizzazione.
Quali le novità sotto il profilo dei formati e dell’offerta commerciale? Le più importanti riguardano sicuramente l’area del Branded Content e quella dell’Addressable Tv. Sul primo fronte posso citare la case history di Brain back home, realizzato in partnership con Perfetti e Personal Book, una serie in 7 puntate (andate in onda a ottobre per 5 settimane su www.mtv.it e sui social di MTV), in cui i protagonisti sono stati 6 ragazzi con un’idea o un progetto imprenditoriale che affidati a dei coach e mandati all’estero per un periodo di training sono poi rientrati in Italia arricchiti di professionalità. Siamo attentissimi agli sviluppi dell’Addressable Tv che abbiamo già iniziato ad adoperare grazie a un accordo con Smart Clip e che ha visto fra i primi clienti brand come Ferrero e Toyota: al momento consente una differenziazione del messaggio solo da un punto di vista di geolocalizzazione, ma in un futuro ormai prossimo grazie alla raccolta
Nell’ultimo anno Viacom è stata particolarmente attiva sul fronte di eventi e partnership: anche in questo caso, quali le principali iniziative su questo fronte? Fra gli eventi ne ricordo in particolare due: la Nickelodeon Slime Fest, a Mirabilandia lo scorso giugno, che è a tutt’oggi l’unico evento live a target kids; gli appuntamenti con il format televisivo Storytellers a brand VH1 (ma in onda anche su MTV e sugli altri canali free in cross), che quest’anno ha visto come grande protagonista Jovanotti, a luglio, seguito a novembre dalla puntata con un’altra grande protagonista, Elisa, in occasione dell’apertura della Milano Music Week, in onda sui canali a dicembre. Fra le partnership ricordo quella editoriale realizzata da Viacom Italia con Jovanotti e la sua Jova Tv mentre, sul lato commerciale, il progetto L’involontario in collaborazione con Fondazione Cariplo e Officine Buone: un programma sul mondo del volontariato, anche in questo caso trasmesso su www. mtv.it. 97
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i protagonisti altre strutture
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VR experience, real engagement Impersive ha sviluppato un insieme di strumenti e tecnologie proprietarie per produrre contenuti in Realtà Virtuale: una tecnica applicata a centinaia di progetti, commerciali e non, che ha dato vita a un linguaggio unico nel panorama internazionale e a una società che oggi è in grado di ideare, produrre e post-produrre vere e proprie ‘esperienze’ negli ambiti più diversi
INTERVISTA a Guido Geminiani, CEO e VR Director di Impersive. Impersive si occupa di video 360° (3D)... a 360 gradi! Al di là del gioco di parole, potete raccontarci come e quando è nata la società e con quali obiettivi? Ho iniziato a occuparmi di realtà virtuale nel 2014 e avendo un background nelle produzioni video come regista e produttore (Brandon Box) mi sono concentrato sulla realtà immersiva, termine con cui si indicano i video 360. Parallelamente alle prime produzioni VR commerciali per brand, agenzie ed editori, mi sono dedicato a sperimentare nuove soluzioni tecniche e linguaggi alternativi, arrivando per prove (tante) ed errori (altrettanti) a sviluppare un insieme di strumenti e tecnologie per produrre contenuti in POV (acronimo di point of view che identifica un’esperienza in cui l’utente indossato un visore VR si trova in soggettiva con un corpo). Si tratta di esperienze girate a 360 gradi, stereoscopiche (3D) su tutti i lati, anche a distanza ravvicinata dal soggetto (10/20 cm), in persona, dal colletto in giù, in movimento (a piedi, in auto, in bici in un campo da calcio o durante una sfilata). Queste 4 caratteristiche sono frutto di soluzioni tecniche che complicano notevolmente il lavoro sul set ma permettono tagli di montaggio serrati sull’azione, primi piani e movimenti di camera, generando così un 100
Guido Geminiani, CEO Impersive e VR Director
senso di presenza impareggiabile. È importante rispettare il tempo che l’utente ci dedica durante un’experience VR. Ci deve essere sempre una valida ragione per indossare un visore e un giusto mix tra qualità (massima) e durata (meno è meglio). Solo così l’utente accetterà di concederci la propria fiducia e accettare di trovarsi in un ‘corpo nuovo’. L’applicazione della tecnica a decine se non centinaia di progetti, commerciali e non, ha dato vita a un linguaggio unico nel panorama
impersive
IMPERSIVE Via Donatello, 11 – 20131 Milano Tel. 340 9138556 info@impersive.com www.impersive.com
Board di direzione: Guido Geminiani, CEO, e Andrea Sgaravatti. Servizi offerti: produzione in POV, Realtà Virtuale. internazionale e a una società, Impersive, che oggi è in grado di ideare, produrre e post-produrre esperienze in diversi ambiti: il settore fashion, per il suo Dna di avanguardia, è stato tra i primi ad averne compreso e sfruttato il potenziale, ma anche il calcio con le grandi della Serie A, i principali brand automotive, le applicazioni museali e le attività di engagement delle multinazionali del food, passando per i settori pharma e il training in aeronautica. In questi anni ho girato progetti VR in USA, Cina,
L’efficacia dei progetti di Impersive è garantita esclusivamente mediante l’utilizzo di un visore VR: chi ne possiede uno può chiedere la demo gratuita; in alternativa si può prenotare un incontro per provare le esperienze immersive in Realtà Virtuale
Anno di fondazione: 2015 Addetti: 9 Clienti (principali): Prada, Samsung, Hogan. Giappone, Africa, spesso in condizioni climatiche estreme da -17 a + 45 gradi. Dalla vetta dell’Etna con Hogan ai deserti del Sudan con AICS, lavorando a volte solo con un assistente o con una troupe al completo. La Realtà Virtuale è uno dei trend emergenti in tutte le aree della comunicazione e del marketing: qual è oggi il vostro mercato e quali le previsioni di crescita? La nostra unicità ha potuto crescere (nel 2018 triplichiamo il fatturato) e consolidarsi nell’ecosistema Italia grazie anche a incontri strategici con agenzie di comunicazione ed eventi con una visione comune, brand come Prada che hanno scelto di sperimentare con noi investendo in progetti pluriennali (non possiamo anticipare nulla...), e partnership strategiche con grandi player dell’innovazione come Samsung, che ci ha supportato nelle sfide tecnologiche (dal 2016 distribuiamo contenuti in 6K o superiori), ci ha ascoltato e dato voce in eventi e incontri B2B fino ad affidarci la produzione di progetti come Juventus, Teatro alla Scala e diversi prodotti Samsung sia consumer che professionali. I video 360, che restano comunque tra i nostri servizi, sono uno strumento efficace e spesso 101
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Nelle immagini in alto, alcuni progetti di realtà virtuale in POV realizzate da Impersive per applicazioni commerciali, dallo sport al food alla fiction. Sotto, alcune produzioni in campo sportivo, automotive e nel training aeronautico e chirurgico
virale di comunicazione sui social e piattaforme dedicate mobile: ad esempio abbiamo prodotto le video news del Corriere a 360 portando i lettori sui gommoni di Aquarius, e i contenuti dell’app VR di SKY sul palco di X-Factor. La scelta di un’esperienza immersiva con l’aggiunta del 3D, del corpo e del movimento, richiede l’utilizzo di un visore che da limite diviene opportunità, perché ci invita a trovare soluzioni creative, tecniche e applicazioni interattive sempre all’avanguardia. Una case history che evidenzi al me102
glio l’esperienza accumulata e il valore aggiunto che Impersive riesce a garantire ai clienti? Una delle ultime esperienze VR prodotte presenta la PF0, la prima hypercar elettrica di Automobili Pininfarina. Abbiamo girato nella cornice magica di Pebble Beach (USA) e nella storica sede di Cambiano con un team di eccellenze assolute del design e comunicazione. Più delle mie parole, però, credo che le testimonianze migliori su quanto Impersive è in grado di fare arrivino direttamente dai nostri clienti citati in queste stesse pagine.
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IL PARTNER IDEALE “Samsung guida da sempre l’innovazione nel mondo con importanti investimenti in ricerca e sviluppo ed è impegnata ad accelerare il processo di digitalizzazione, integrandosi nel sistema e sostenendo lo sviluppo del Paese. La strategia di Samsung è di offrire ai propri clienti prodotti tecnologicamente avanzati, supportati da partner in grado di esprimerne al meglio le potenzialità con contenuti e servizi di altissimo livello. Il momento storico che stiamo vivendo è affascinante anche grazie al fenomeno della ‘consumerizzazione’ delle tecnologie più sofisticate: è possibile oggi realizzare con dispositivi consumer, quindi dotati di grande economia di scala e anche di notevole affidabilità, progettualità anche sfidanti che fino a pochi anni Antonio Bosio, Product & Solutions Director di Samor sono richiedevano apparati molto complessi sung Electronics Italia e costosi. Ad esempio, nell’ambito della realtà virtuale, la continua evoluzione dell’hardware abilita la creazione di esperienze entusiasmanti, sia in ambito consumer che in ambito business. Su questi temi Samsung ha trovato in Impersive il partner ideale: la sinergia tra le tecnologie, le competenze e la creatività di entrambe le aziende rende l’esperienza indimenticabile e più che mai verosimile, aprendo nuovi scenari di utilizzo della Realtà Virtuale. Il linguaggio di comunicazione sviluppato da Impersive aiuta le aziende a raccontare se stesse e i propri prodotti in maniera differente e innovativa”.
THE BEST VR ON A GLOBAL SCALE “Impersive VR experience is definitely the best I’ve ever tried in my life, it sets apart from any other competitors on a global scale. Our customers were amazed by the emotions that Impersive’s product generates”.
Luca Rubino, Global Head of Digital Automobili Pininfarina
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Strutture presenti agenzie media HAVAS MEDIA GROUP
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