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1.8 – Smart Working Il giusto mix fra ‘presenza’ e ‘distanza

Smart Working Il giusto mix fra

‘presenza’ e ‘distanza’

L’effetto più dirompente della pandemia è spesso identificato con il balzo in avanti del processo di digitalizzazione degli italiani, che nel momento in cui è stato necessario ricorrere allo smart working non si sono fatti trovare impreparati o si sono organizzati in tempi sorprendentemente rapidi. Ma quali saranno le implicazioni di lungo periodo sull’organizzazione del lavoro nella ‘nuova normalità’?

L’ambiente della comunicazione era già profondamente cambiato negli ultimi anni: il riferimento non è tanto al ‘mood’ o al ‘sentiment’, quanto al vero e proprio ‘layout’ di gran parte delle sedi di agenzie e concessionarie. Molte di loro avevano già avuto tempo e modo di sperimentare procedure e condizioni di lavoro meno ortodosse del classico ‘9-to-5, ciascuno dietro alla sua scrivania’. Ma un conto sono test ed esperimenti, ben altro è trovarsi da un giorno all’altro obbligati a lavorare da casa. Con il sali-scendi del numero dei contagi e della diffusione del Coronavirus, risulta a tutt’oggi impossibile sapere o prevedere se e per quanto siano destinate a rimanere le misure con cui il governo ha effettivamente imposto lo smart working fin dai mesi del primo lockdown primaverile – misure inizialmente draconiane, poi allentate, poi di nuovo stringenti col susseguirsi dei DPCM. Certo è che dallo scorso mese di marzo sono ben poche le aziende che hanno riaperto ‘come prima’, e in attesa di una nuova normalità, ancora lontana dal realizzarsi, non ci si può non domandare quali saranno gli effetti di lungo periodo di un simile scenario. E se molti auspicano un pieno ritorno alla normalità ‘pre-Covid’, altrettanto numerosi sono quelli che manifestano l’intenzione di proseguire, a volte definitivamente, con la modalità di lavoro in remoto. Ma lavorare da casa è davvero così ‘smart’ per un settore che vive di relazioni e di idee che necessitano di teamwork e di confronto continuo? Sono possibili e desiderabili soluzioni ‘ibride’? Quali rischi e quali benefici ci si possono attendere da questo punto di vista? Come gli operatori si stanno adattando e quali nuove opzioni stanno considerando?

Alessandro Loro

IGPDecaux

Smart working non vuol dire semplicemente lavorare ‘da casa’ ma ‘da dove ti serve in quel preciso momento’. Qualcuno lo ha infatti più correttamente ribatttezzato ‘Everywhere working’. Inoltre, dal punto di vista della definizione giuridica, non stiamo neppure parlando di ‘telelavoro’, che è una situazione in cui non solo si lavora da casa ma in cui alle persone sono stati dati compiti definiti, le si è dotate di una strumentazione idonea, sono controllate in quello che fanno… E questo spesso non si è potuto applicare allo ‘smart working’ come è stato inteso in questi mesi. Sono convinto che si dovranno trovare per forza di cose soluzioni ibride: in un’attività di vendita come quella pubblicitaria, in cui, a volte, si parla di centinaia di

Foto di Junjira Konsang (Pixabay)

Lavorare da casa è davvero così ‘smart’ per un settore che vive di relazioni e di idee che necessitano di teamwork e di confronto continuo?

migliaia, se non di milioni di euro, il rapporto interpersonale resta indispensabile; è impensabile possa essere fatta interamente da remoto. È vero che i consulenti finanziari lo fanno da anni al telefono, ma per il nostro mercato la chimica del rapporto diretto e fiduciario è insostituibile: può essere tale, però, solo se le persone si guardano negli occhi e si stringono la mano. Si torna un po’ al discorso del brand e dei valori: il venditore di pubblicità è in buona sostanza ‘il prodotto’ che il cliente compra, in qualche modo è la personalizzazione di quel prodotto, di quel mezzo. Non è un discorso logico, ma psicologico, per certi versi anche irrazionale, in cui la capacità di vendere un mezzo è ‘traslata’ nella capacità del mezzo stesso di vendere ai clienti finali. Ma non solo: il mio auspicio che si arrivi a soluzioni ‘ibride’ nasce anche dalla considerazione che è l’unico modo davvero rispettoso delle persone e della loro professionalità. Secondo la teoria dell’evoluzione chi non si adatta muore! Adattarsi è la chiave, anche se forse è ancora presto per dire esattamente ‘come’, sicuramente giorno per giorno e senza accorgerci lo stiamo già facendo tutti quanti. Un esempio forse banale è che oggi i clienti tendono tutti a comprare e pianificare molto più sotto data, ma questo fa saltare ogni parametro e non permette più di fare calcoli o stime sul reale andamento del mercato sul breve o medio periodo, figuriamoci i confronti

Foto di Matilda Wormwood (Pexels)

Terminata la fase del primo lockdown, è rimasta la consapevolezza che il punto dello smartworking non è lavorare dalla cucina di casa, ma lavorare in autonomia e per obiettivi.

con gli anni precedenti. Del resto oggi si parla moltissimo di resilienza, un concetto che, spiegato forse in modo un po’ ‘grezzo’, mi sembra possa esprimere sia la capacità di adattamento per sopravvivere, sia quella di trasformare i nuovi vincoli in opportunità da sfruttare per riuscire a crescere. Nel momento in cui tutti cercano di adattarsi alla nuova realtà, bisogna soprattutto essere bravi a farlo velocemente e compiutamente, non solo per sopravvivere ma anche per acquisire un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

Matteo Cardani

Publitalia ‘80

Personalmente credo che in Publitalia abbiamo fatto la scelta migliore senza mai andare 100% in lockdown e lavoro da remoto, ma modulando il mix di lavoro in presenza e lavoro agile secondo le fasi della crisi. Questo ha certamente aiutato sia l’azienda che le persone con le quali si sono adottati mix variabili, a seconda delle funzioni e delle situazioni, senza rischiare la depressione da smartworking integrale. Questo perché, se è vero da un lato che un buon team e delle persone in gamba anche in remoto possono continuare in modo efficace a sviluppare produttività individuale e gestione manageriale, è anche vero che solo ‘in presenza’ – seduti alle due parti di un tavolo o davanti a un caffè – scattano quei processi creativi e di sviluppo così come la capacità di prendere decisioni anche rischiose, creatività e capacità di rischiare che ci sono sempre più richieste dalla situazione attuale, nel 2020 e anche nel 2021.

Antonio Melchionna

Rai Pubblicità

Il nostro mercato e il forte contenuto valoriale e relazionale che ci caratterizza come organizzazione necessita di lavorare in teamwork, sia da remoto che in presenza. In azienda e verso i nostri interlocutori , in primis i nostri clienti. La sfida è quindi quella di armonizzare queste due modalità, accompagnando le nostre persone a cogliere le opportunità di una e dell’altra aumentando progressivamente il senso di responsabilità di tutti: è indispensabile evolvere da una logica di risultato correlato alle ore ‘prodotte’ a risultato per ‘obiettivo conseguito’. Il sistema ibrido funziona attraverso un profondo cambiamento culturale, basato sugli obiettivi da raggiungere e la responsabilizzazione di tutti, indipendentemente dal ruolo ricoperto in azienda. A prima vista possono sembrare due modalità differenti, ma armonizzarle fino ad unificarle rende il nostro modo di lavorare veramente ‘smart’. Il lavoro in presenza non va visto come in contrapposizione al lavoro da remoto. Il beneficio principale che potremo ottenere, lavorando sia sulla tecnologia che sulla formazione, sarà quello di aumentare il livello di efficienza e di engagement di tutte le nostre persone. Lo stiamo già facendo e crediamo che il rafforzamento di una cultura digitale, orientata all’engagement, sia la miglior via anche per attrarre e trattenere i migliori talenti.

Stefano Spadini

Havas Media Group

La modalità di lavoro in smartworking, che è bene ricordare essere molto diversa dal telelavoro/lavoro da remoto, è senz’altro utile per la conciliazione della vita privata e quella professionale. In Havas Antonio Melchionna, Direttore Risorse Umane e Organizzazione Rai Pubblicità

Media 7 anni fa siamo stati scelti come paese pilota del network per l’inserimento dello smartworking come modalità di lavoro. È stato un successo e questa scelta ci ha permesso di essere più che pronti nel momento in cui tutti ci siamo ritrovati a dovere lavorare da casa. Ma lo smartworking deve essere appunto una scelta, non una risposta a un’emergenza. La vita dell’agenzia non può essere sostituita in toto da videocall o condivisioni di documenti. Le scintille che nascono dagli incontri in corridoio, una chiacchiera in area break, un saluto ai colleghi mentre passi da un ufficio all’altro, aiutano a creare lo spirito d’agenzia e al sentirsi parte di un Gruppo, con una mission e una proposizione sul mercato ben definita: aiutare i brand a essere sempre più meaningful con il valore che ogni nostro singolo professionista è in grado di dare. Non torneremo indietro, semmai intensificheremo la fluidità con cui si lavora per permettere di essere sempre più orientati ai risultati di business. L’ufficio non sarà più un luogo fisico dove avere la propria scrivania, ma un ambiente attrattivo per confrontarsi e sviluppare nuove idee e soluzioni per i nostri clienti.

Andrea Sinisi

Initiative

L’evoluzione è necessaria: è un processo cominciato tempo fa. Anche in questo caso la pandemia ha solo accelerato dei processi che erano già in atto. Molto probabilmente si andrà verso un modello ibrido. I rischi? Li vedo principalmente nella capacità della senior leadership di evolvere il proprio modo di pensare, cioè di attuare un’evoluzione culturale all’interno delle agenzie. Per contro, le opportunità sono in termini di motivazione, retention e performance dei dipendenti, che si riflettono in una più alta soddisfazione del cliente. Foto di Vlada Karpovich (Pexels)

Vittorio Bonori Publicis Groupe

Publicis Groupe si sta concentrando molto sul tema di reinventare il modo di lavorare per i propri dipendenti. Questo già dal 2018, quando abbiamo lanciato a livello globale Marcel – dal nome del fondatore del Gruppo, Marcel Bleustein-Blanchet – un’innovazione basata sull’intelligenza artificiale nata per accelerare la trasformazione dell’organizzazione creando il primo gruppo di lavoro effettivamente globale e fluido e inaugurando una nuova era di creatività e innovazione. Alla luce dell’esperienza degli ultimi mesi, possiamo affermare che non

pensiamo di essere un’azienda che

Un sistema ibrido, che mixi lavoro in presenza e lavoro in remoto, può funzionare solo attraverso un profondo cambiamento culturale, basato sugli obiettivi da raggiungere e la responsabilizzazione di tutti, indipendentemente dal ruolo ricoperto in azienda.

Publicis ha accelerato il processo di trasformazione della sua organizzazione grazie all’Intelligenza Artificiale di ‘Marcel’, dando vita a un gruppo di lavoro globale e sempre connesso, ovunque si trovi.

lavorerà definitivamente da remoto, ma nemmeno con tutti i dipendenti sempre presenti in ufficio. Per adattarci alla nuova normalità abbiamo lanciato il progetto Future of Work invitando le nostre persone a partecipare alla costruzione del futuro del Gruppo. Una task force di 60 talenti che lavorano insieme per condividere idee e trovare soluzioni trasformando il nostro modo di lavorare per sempre. Abbiamo inoltre implementato una nostra piattaforma interna che seleziona e mette a disposizione dei nostri dipendenti oltre 100 corsi online per la formazione e lo svolgimento di attività in supporto al loro benessere. Ci siamo inoltre focalizzati sull’accelerazione di Marcel in Italia, perché non è mai stato così importante come oggi essere connessi con i nostri team in tutto il mondo. Marcel dà la possibilità a tutti i dipendenti di Publicis Groupe di investire sulla propria crescita e quindi sul proprio futuro.

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