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anno 6 numero 36 giu-lug 2012
Anno 6 numero 36 giugno-luglio 2012 SocietĂ Editrice ADC Group
Inchiesta - Speciale CreativitĂ Cannes 2012
Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano
il giornale della nuova comunicazione
Cover Story Unione vincente tra programmazione e marketing
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10 ANNI DI COMUNICAZIONE CON ADC GROUP L’introduzione dell’Euro, lo sviluppo di internet, la nascita di Wikipedia, Skype, YouTube e Facebook. E, ancora, l’arrivo di Sky, la legge Gasparri, la risposta di Mediaset Premium. Per finire il lancio dell’iPhone, la nascita di Twitter, l’introduzione dei tablet. Sono questi, in ordine sparso, soltanto alcuni dei fatti più importanti accaduti negli ultimi dieci anni. Due lustri che hanno cambiato il mondo e la vita delle persone, e di cui ADC Group è stato, ed è, testimone attento. Quest’anno spegniamo le nostre prime 10 candeline. Un traguardo importante, raggiunto raccontando, con coinvolgimento e passione, quello che accade nel settore della comunicazione. La nostra mission è sempre stata, e sempre sarà, far conoscere i servizi proposti dall’offerta alla domanda, ossia le aziende. Il nostro ruolo, quindi, quello di far conoscere, attraverso le nostre opere editoriali, le iniziative qualitative migliori che agenzie, concessionari, mezzi e fornitori mettono a disposizione dei clienti. Su questa linea, abbiamo ispirato la nostra attività, che vede sempre coinvolte le aziende: dai premi agli approfondimenti sulle nostre testate. Facciamo un passo indietro. Tutto ebbe origine dal web quale piattaforma privilegiata, in tempi in cui l’informazione in Rete era ancora una novità, grazie al sito ADVexpress.it, nato nel 2000, prima che venisse rilevato dalla compagine di ADC Group di cui sono presidente e direttore delle testate, nonché co-fondatore, insieme a Giulio Bortolussi. ADVexpress, di cui sono stato il direttore e ideatore dei contenuti, ha precorso i tempi anticipando i propri competitor. Infatti, nel 2001 dava vita alla prima web tv dedicata alla comunicazione, il TG Cannes, una delle prime in assoluto nel panorama digitale. Con ADC Group non ci siamo però dimenticati della carta stampata. Perseguendo una strategia che abbiamo voluto chiamare Click & Paper, abbiamo lanciato i Quaderni della Comunicazione. Nel 2003 è stata la volta della rivista e20, la prima in assoluto nel mercato dell’event marketing. Mercato che abbiamo presidiato con importanti progetti editoriali come il Monitor sugli Eventi e successivamente l’Annual degli Eventi, versione italiana e inglese. Nel 2004 abbiamo lanciato il Bea Italia, seguito nel 2006 dall’ingresso sulla scena di e20express.it e dell’European Best Event Awards, a cui è stata abbinata una newsletter internazionale e l’European Events Annual nel 2011. Per poi chiudere il cerchio con l’Event Marketing Book, la prima e unica directory dedicata agli eventi. Anche nel sistema dedicato agli eventi, la cifra dell’innovazione ha segnato la nostra attività. La rivista, il Monitor, i due premi costituiscono, di fatto il benchmark di riferimento per l’event industry. L’innovazione, la volontà di seguire, e se possibile anticipare, i cambiamenti nel mercato della comunicazione, ci hanno portato a ideare e proporre, nel 2007, la rivista NC - Il giornale della Nuova Comunicazione, che si è imposta subito all’attenzione dei nostri lettori e dei nostri clienti come la testata di riferimento per meglio comprendere l’evoluzione in atto nell’advertising industry. Siamo stati i primi a lanciare un sistema editoriale dedicato alla comunicazione olistica, a un nuovo approccio alle problematiche della comunicazione. Un sistema che si è arricchito con gli NC Awards nell’operazione combinata con l’Annual della Creatività. Tra le ultime novità, gli appuntamenti e20 Relational Business, dedicati all’incontro tra domanda e offerta, e il neonato premio NC Digital Awards, dedicato alla migliore comunicazione digitale e legato alla nuova pubblicazione Annual della comunicazione digitale. Insomma, di strada ne abbiamo fatta. Anche grazie al sostegno dei nostri lettori e dei nostri clienti, siamo certi che ne percorreremo ancora tanta, portandovi su percorsi ancora inesplorati e inaspettati. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group
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PAGINA III_CONTROCAMPO MANAGER DELL’ANNO GIULIO MALEGORI_LE TRE C: CONTAMINAZIONE, CONVERGENZA E CURIOSITÀ
PAGINA 33_INCHIESTA_SPECIALE CREATIVITÀ CANNES 2012
PAGINA 18_COVER STORY FOX, UNIONE VINCENTE TRA PROGRAMMAZIONE E MARKETING
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9/15_NEWS
90_INTERNET TRENDS
NOTIZIE, FATTI E PERSONE DAL
66_PRIMO PIANO CANNES 2012
MONDO DIGITALE, MEDIA INNOVATIVI,
68_PROTAGONISTI
PUNTA SUL DIGITALE CON YAHOO!
RETAIL EXPERIENCE
LA CREATIVE INNOVATION DEL
24/30_STRATEGIE INNOVATIVE
GRUPPO RONCAGLIA
CARGLASS_EFFETTO ‘MOLTIPLICA’
70_CASE HISTORY
GRANAROLO_L’ALTA QUALITÀ PASSA
IL REAL TIME È ONLINE GRAZIE A FUN
ANCHE DAL WEB
72/75_FOCUS
94_EPPUR SI MUOVE
CON ICMOVING L’OUTDOOR TV È HD
IL BRANDING NELL’ERA DIGITALE
AREA STRATEGICA
33/65_INCHIESTA_ SPECIALE CREATIVITÀ CANNES 2012
CHANTECLAIR DI REAL CHIMICA
RETAIL EXPERIENCE
92_CASE HISTORY ‘LA TASTE’, LA PROVINCIA BATTE LE CAPITALI
SOSTENIBILITÀ, PER COMPETERE E USCIRE DALLA CRISI
76_TOOL DA QUISMA IL MODELLING PER L’ALLOCAZIONE PERFETTA DEI BUDGET
DIGITAL/INTERACTIVE
10 ANNI DA LEONI... CON ADC GROUP Y&R GROUP_VINCE LA RILEVANZA
78/87_DATI E RICERCHE
I ‘FERRI’ DEL MESTIERE
IL NUOVO INTERNET AVANZA
I NUOVI LINGUAGGI
IDENTITÀ DIGITALE, ALLA
DELL’INTEGRAZIONE
(RI)SCOPERTA DELLA PRIVACY
NIENT’ALTRO CHE LA VERITÀ
88_FOCUS
QUELLO CHE (NON) HANNO
SOCIAL E MOBILE, UNA SFIDA PER LE
THE FUTURE NOW
AZIENDE
Pag. 92_‘La Taste’, sobrio, ma elegante, locale di Seregno unisce caffè, bistrot, area shop e spazio eventi
DIRETTORE RESPONSABILE
ACCOUNT MANAGER
COORDINAMENTO EDITORIALE
Salvatore Sagone salvatore.sagone@adcgroup.it
REDAZIONE
Tiziana Cani tiziana.cani@adcgroup.it Paola Morello paola.morello@adcgroup.it Elisabetta Zarone elisabetta.zarone@adcgroup.it Andrea Gervasi andrea.gervasi@adcgroup.it (Roma) Silvia Curti silvia.curti@adcgroup.it (International)
Mario Garaffa mario.garaffa@adcgroup.it
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MARKETING E COMUNICAZIONE marketing@adcgroup.it
ART DIRECTION E REALIZZAZIONE
Marzia Bevilacqua marzia@be-studio.it PERIODICO MENSILE
HANNO COLLABORATO
n° 36 giu-lug 2012 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007
Susanna Bellandi, Maria Ferrucci, Francesca Fiorentino, Ilaria Myr, Alberto Pasquini, Tommaso Ridolfi
SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srl presidente: SALVATORE SAGONE; amm. delegato: GIULIO BORTOLUSSI tel: +39 02 94750328 info@adcgroup.it Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano NC© Copyright 2012 ADC Group srl
DIRETTORE COMMERCIALE
Maria Cristina Concari cristina.concari@adcgroup.it
ACCOUNT DIRECTOR
Andrea Parmigiani andrea.parmigiani@adcgroup.it
FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA Lasergrafica Polver via Kramer, 17/19 - 20129 Milano Finito di stampare nel mese di giugno 2012 Progetto grafico: Davide Lopopolo
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DANONE, LANCIO INTEGRATO PER ACTIVIA FRESH La nuova bevanda rinfrescante a base di frutta, latte e bifidus Activia Fresh di Danone è stata protagonista di una campagna pubblicitaria firmata da Y&R Group con testimonial le celebri Alessia Marcuzzi e Geppi Cucciari, partita il 15 aprile. Allo spot televisivo sono seguite iniziative web (su YouTube, Msn e sui siti Mediamond) e l’esterna, pianificata in affissione, cartellonistica in città. Pianificata anche una campagna instore ‘Casa Activia’ affidata all’agenzia BBoard Communication e programmata nei principali ipermercati italiani con attività di sampling per far assaggiare il prodotto nei tre gusti. L’identità visiva per il lancio del nuovo Activia Fresh è stata firmata da Artefice Group. La fragranza della frutta si tuffa nel latte al centro del pack liberando un’esplosione di freschezza e di gusto che trovano continuità nella sovrastante icona e nel logo, a garanzia di un prodotto funzionale e certificato dall’esperienza Danone. La visual identity è stata inoltre trasferita sui materiali di visibilità per i punti vendita distribuiti in tutta Italia.
L’UNITÀ, NUOVO FORMATO E CAMPAGNA A SUPPORTO Il quotidiano fondato da Antonio Gramsci è in edicola con un nuovo formato, più grande rispetto alla versione tabloid alla quale eravamo ormai abituati. La campagna multimediale a supporto, firmata da The Washing Machine, fa leva sul claim ‘Volta pagina, Italia’. Il visual della campagna è l’immagine stessa del nuovo giornale con un piccolo lembo rialzato, nell’atto del voltare pagina, appunto. Nello spot tv vediamo il giornale, le cui pagine vengono alzate e sfogliate da un leggero vento, mentre la voce fuori campo recita: “Aria di novità nell’informazione, l’Unità torna grande”. Fortemente ironica la campagna radio dove un inviato parlamentare e alcuni famosi personaggi politici (come Berlusconi e La Russa) vengono interrotti nelle loro dichiarazioni da una violento soffio di vento. Il team di lavoro è stato diretto da Mimmo Di Lorenzo, ceo e creative director dell’agenzia e da Alessandra Furfaro, client service director.
MULTIMEDIALITÀ TARGATA BIRRA MORETTI Sono on air dal 6 maggio su Sky, Discovery Media e Digitalia i nuovi soggetti Ricette dello spot Elogio di Birra Moretti, firmato dall’agenzia Armando Testa. Il 16 maggio è stato il turno del web e, a seguire, dal 18 maggio, della stampa (La Cucina del Corriere, Sale e pepe, La cucina italiana, Corriere della Sera e La Repubblica). Ingrediente fondamentale delle specialità proposte è il piacere di stare insieme e di condividere la tavola con parenti, vicini di casa e amici, sempre pronti per un’allegra improvvisata. Questi i valori che Birra Moretti si propone di celebrare dal 1859, anno della sua nascita. È infatti attorno alla tavola che si costruiscono e alimentano relazioni vere e sincere. Non manca l’elogio alla semplicità, fil rouge della nuova campagna spot. Tra le ricette proposte, ad esempio, il ‘Pollo senza fronzoli alla Dario’, così descritta: “un pollo, patate, olio, rosmarino, tanta allegria e Dario. E Birra Moretti La Rossa naturalmente”.
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EDISON E CAYENNE IN VERSIONE VIRALE PER LE OLIMPIADI 2012 Cayenne ha realizzato i video virali di lancio del nuovo canale Edison di YouTube ‘Sport Azzurro’, l’area dedicata allo sport in occasione delle Olimpiadi di Londra, all’interno di Edison Channel (www.youtube.com/edisonchannel). Il nuovo canale darà notizie e aggiornamenti in real time sulle nazionali sponsorizzate da Edison (volley e basket, rugby). Rilevante il sostegno dell’azienda anche alle discipline che per ora, alle Olimpiadi, ancora non ci sono, come il rugby. Da qui, il payoff della campagna che recita: ‘Edison. Sostiene gli azzurri che vanno alle Olimpiadi. E quelli che ci vorrebbero andare’. I video, divertenti e ironici, presentano un simpatico Martin Leandro Castogiovanni, pilone della nazionale italiana di rugby, che pur di poter partecipare, cerca di intrufolarsi, come meglio può, cimentandosi in sport non suoi. I video saranno on air fino al via delle Olimpiadi. La direzione creativa è di Giandomenico Puglisi e Stefano Tumiatti. La pianificazione è curata da UM.
IODONNA.IT, NUOVO CANALE FEMMINILE DI CORRIERE.IT Dal 7 maggio, Iodonna.it, il sito del settimanale femminile del Corriere della Sera, diretto da Diamante d’Alessio, è online completamente rinnovato, con un progetto a cura di Simona Tedesco, con una nuova elegante veste grafica, contenuti riorganizzati e arricchiti, nuovi blog e una navigazione semplice e intuitiva. Informazione, autenticità, scelta, condivisione, emozione, buoni pensieri e anima di servizio sono le parole chiave del nuovo canale femminile di Corriere.it, i cui contenuti si arricchiscono di nuove rubriche moda interattive e nuovi blog dove condividere emozioni e informazioni pratiche. La campagna di comunicazione di lancio, realizzata da H-Art, chiede all’utente di rispondere alla domanda personale ‘a cosa stai pensando?’. Coerentemente con l’anima social di Iodonna.it e con l’obiettivo di sviluppare una relazione attiva tra la community e il canale femminile di Corriere.it, è proprio sui social network, oltre che sui mezzi del gruppo Rcs, che viene concentrato l’investimento di comunicazione.
NIVEA, PROGETTO SOCIAL TARGATO BITMAMA Dopo aver portato centinaia di tifosi in tribuna allo stadio per seguire la squadra del cuore durante il campionato di calcio, con l’iniziativa virale ‘Notti Magiche’, ideata da Bitmama, Nivea for men porta lo stadio a casa dei tifosi, per tifare Italia agli Europei 2012. Per circa tre settimane prima dell’inizio del torneo, sulla fan page Facebook di Nivea for men sarà possibile creare delle tribune virtuali da 11 posti, in cui chiamare i propri amici. In palio più di 10.000 maglie ufficiali Nivea for men per tifare azzurro. Poiché la campagna digitale si ispira al concept della nuova gamma Nivea pensata per ridare la carica al mattino, cancellando i segni di stanchezza, il rush&win dell’iniziativa viene attivato alla sera, e la corsa contro il tempo per riempire la tribuna premia gli utenti più nottambuli. Il progetto, attivo anche su Bar Sport, la community digitale di Nivea for men dedicata al calcio, conferma il presidio, da parte del brand, del territorio dello sport più amato dagli italiani.
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BERETTA NEL FILM DI WOODY ALLEN ‘TO ROME WITH LOVE’ Il salumificio Fratelli Beretta torna sul grande schermo con un nuovo product placement all’interno di ‘To Rome with Love’, il nuovo film di Woody Allen interamente girato a Roma e uscito in Italia il 20 aprile 2012. Beretta è presente con alcune confezioni di salumi affettati in due momenti del film che hanno come protagonisti i personaggi Monica, Jack e John, interpretati da Ellen Page Jessie Heisenberg e Alec Baldwin. Due scene in cui emerge l’anima di Beretta come marchio internazionale simbolo di italianità e della tradizione del ‘mangiar bene’ che caratterizza il nostro Paese. Continua così la strategia di product placement cinematografico di Beretta che ancora una volta ha deciso di scommettere su una pellicola cinematografica per valorizzare i suoi prodotti.
TIM LANCIA IL CONTEST ‘WEB IS MOBILE’ È online ‘Web is mobile’, il contest video promosso da Tim per raccontare la vita nell’era degli smartphone, delle app e della rete in mobilità, con il quale l’azienda chiama a raccolta le community creative dei videomaker di tutto il mondo. ‘Mai più senza internet: web is mobile’ recita il messaggio che i video user generated dovranno valorizzare con i loro lavori per comunicare la rivoluzione della rete mobile. A lanciare la sfida per il contest, online sulla pagina ufficiale Facebook di Tim, è un video brief realizzato da Valerio Masotti, giovane talento della creatività italiana. In palio 14mila dollari suddivisi in quattro premi. Il contest è realizzato in collaborazione con Zooppa.com, community internazionale di videomaker.
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APRE A CORTINA UN NUOVO FGF STORE A Cortina d’Ampezzo, perla delle Dolomiti, in corso Italia 190, ha aperto un nuovo Fgf store. Il negozio ospita le collezioni di tutti i marchi adulto e bambino di Fgf Industry, offrendo ai frequentatori di Cortina un luogo che risponda alle loro esigenze. La superficie dello store, un open space di 120 mq, è suddivisa fra i tre brand dell’azienda veneta, Blauer, C. P. Company e Bpd Be Proud of this Dress. Poltrone in pelle personalizzate e il gioco di luci creato dai lampadari in rame completano e caratterizzano un arredamento originale ed elegante, in perfetta sintonia con le collezioni Fgf Industry. Un mix che contribuisce a creare un ambiente raffinato e ricercato che dà risalto ai capi proposti, dove ispirarsi mentre ci si lascia affascinare dai nuovi trend di stagione.
AL VIA MIRT, IL RETAIL WATCHING DI CREATTIVA Creattiva, agenzia di marketing e comunicazione, ha sviluppato MiRT (Milano Retail Tour, www.milanoretailtour.com), un servizio di formazione rivolto alle aziende teso a esplorare sul campo le realtà più innovative nel panorama del retailing per scoprire le tendenze emergenti. MiRT è basato sul metodo del research base learning, un approccio formativo non convenzionale che si sviluppa in due fasi: osservazione sul campo supportata da un kit, supervisionata da un tutor e innescata dall’assegnazione di un task che orienta la visita e la scoperta di ogni tappa e confronto in aula su quanto ‘vissuto’, seguito da un’analisi di esperti di trendwatching e analisti di tendenze che sfocia in mappe concettuali strutturate su più livelli di comunicazione (testuale, grafico e iconografico). Se l’obiettivo principale è quello di conoscere e approfondire il mondo retail e il panorama delle tendenze, l’elemento distintivo di grande forza strategica è quello di tradurre il tutto in idee spendibili sia per un brand, un prodotto o un negozio. MiRT è un progetto on demand, che può essere costruito sulla base delle esigenze specifiche di un’azienda; un modulo formativo che può divenire anche un espediente originale di team building nonché un format inedito per convention aziendali.
ORALB SUL PUNTO VENDITA CON UNA COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE Procter & Gamble ha scelto Espo&Cartotec ed Easycon, specializzati rispettivamente nell’instore marketing e nelle soluzioni interattive Pop, a supporto del nuovo piano promozionale di OralB per il canale elettro. La combinazione delle specifiche competenze delle aziende ha condotto alla progettazione e produzione di rivoluzionari espositori multimediali per l’allestimento dei punti vendita interessati, dando vita a un nuovo modo di interagire con gli shopper. Nell’arco di tre mesi, con soli 20 totem, sono stati coinvolti a rotazione più di 200 punti vendita. L’alta qualità dei materiali utilizzati e la puntuale organizzazione logistica hanno infatti permesso di ottimizzare l’impiego degli espositori, coprendo tutto il territorio nazionale, isole comprese. Ne è nata una comunicazione non convenzionale, interattiva e multisensoriale, finalizzata ad aumentare il coinvolgimento del consumatore all’interno dei punti vendita.
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FOX, UNIONE VINCENTE TRA PROGRAMMAZIONE E MARKETING NEL MODELLO FOX, I CONTENUTI VENGONO SUPPORTATI DA UN APPROCCIO MARKETING ORIENTED, CAPACE DI RISPONDERE ALLE NECESSITÀ DEI TRE PUBBLICI DI RIFERIMENTO: SKY, SUO PRINCIPALE CLIENTE, I CONSUMATORI/ TELESPETTATORI E I CLIENTI PUBBLICITARI. TRA I SUOI ASSI NELLA MANICA, ANCHE UN APPROCCIO MULTIPIATTAFORMA, IL CUI OBIETTIVO È ARRICCHIRE LA BRAND EXPERIENCE DEI PROPRI CANALI. DI MARINA BELLANTONI
La parola chiave di Fox è da sempre entertainment, ma in una cosa si distingue dai propri competitor: nella capacità di creare brand televisivi che scaturiscono da un’unione perfetta tra programmazione e marketing. Prodotti di elevata qualità televisiva che vengono promossi attraverso un processo di branding innovativo per il mercato televisivo che sposta la focalizzazione dal palinsesto all’audience, ribaltando la direzione tradizionale del processo televisivo: non più dall’interno del canale verso il pubblico, ma al contrario. “È questo che ci ha permesso - spiega Alessandro Militi, head of Marketing & Sales, Fox International Channels Italy - di lanciare canali come FoxCrime, FoxLife e FoxRetro, ma anche di produrre show di successo in tutti i campi, dal factual all’entertainment”.
Quello di Fox è un modello di azienda televisiva fondato sui contenuti (come le serie tv, le produzioni originali e i documentari, tanto per citare i tre principali asset) che vengono supportati da un approccio marketing oriented, capace cioè di ascoltare e comprendere i tre pubblici di riferimento, quelle che in azienda chiamano le 3A: Affiliates (cioè Sky, il principale cliente), Audience (i consumatori, i telespettatori) e Advertisers (i nostri clienti pubblicitari). “Per quanto il branding televisivo sia qualcosa di nuovo per l’Italia, noi in realtà ci troviamo già nel terzo stadio della sua evoluzione e quello che ora caratterizza la nostra sfida è frutto dei cambiamenti sociali e comportamentali dovuti all’ingresso di nuove tecnologie che forniscono ai telespettatori più opzioni, più controllo e più potere. E noi, queste novità, abbiamo già iniziato a cavalcarle attraverso un approccio multipiattaforma che ci vedrà a brevissimo presenti su tutti i possibili device a disposizione del consumatore, con l’obiettivo di arricchire la brand experience dei nostri canali”.
Alessandro Militi, head of Marketing & Sales Fox International Channels Italy
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Quali sono i servizi e i plus che vi contraddistinguono? Ci contraddistingue in primis il fatto di far parte del più grande gruppo media a livello mondiale, NewsCorporation, che in Italia, in tv, vuol dire Sky e Fox, poi la capacità di sviluppare luoghi di aggregazione, d’attenzione in cui i telespettatori, ciascuno con il suo canale di riferimento, si riconoscono. La televisione, a differenza dei prodotti consumer, produce una fedeltà di consumo molto più vicina all’addiction e per questo i telespettatori dei nostri canali vanno considerati nell’ottica non solo dell’ampiezza, ma anche della profondità. Nel nostro essere ‘specialisti’, perciò, abbiamo il vantaggio competitivo di avere dei posizionamenti ben precisi nella mente dei telespettatori e di poterci concentrare su una programmazione, un messaggio e un pubblico specifico. Questo focus consente ai nostri canali di mettere a fuoco un messaggio chiaro che, in quanto tale, si è sedimentato velocemente nella mente dell’audience, grazie anche all’estrema rilevanza che ha nei confronti del target stesso.
Un’altra arma dei nostri brand, di certo non meno importante, è la capacità di essere percepiti come ‘i migliori’ in quello specifico segmento di mercato e di rimanerlo nel tempo come nel caso di FoxCrime che dal 2005 è il canale più visto su Sky, una vera icona del genere.
Iniziativa di brand integration FoxLife - Revlon per la promozione del fondotinta PhotoReady
Come è organizzato il marketing di Fox? Con quale brand architecture e lungo quali linee si sviluppa la vostra strategia? A oggi, gestiamo nove brand in esclusiva su Sky, quattro di Intrattenimento (Fox, FoxLife, FoxCrime e FoxRetro, ndr), quattro di Factual (National Geographic Chan-
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Progetto di brand integration per l’App iLand sviluppato da National Geographic Channel e Land Rover
nel, NatGeoWild, NatGeoAdventure, History, ndr) e uno con target bambini 0-3 anni, BabyTv. Siamo, quindi, un’azienda che fa della brand extension per target (come nel caso di FoxLife, canale al femminile, ndr) e per tema (FoxCrime, FoxRetro e NatGeoWild rispettivamente giallo e noir, serie tv vintage e animali e natura,ndr) una vera strategia di diversificazione per la copertura del mercato e in linea a questo principio siamo organizzati con un’area dedicata al marketing dei canali Intrattenimento e una dedicata al Factual. In questo modo, abbiamo la possibilità di gestire verticalmente i nostri brand dalla comunicazione più classica all’online e social media con l’obiettivo di incrementare la reach sui canali e l’engagement.
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Perché è meglio parlare di ‘brand televisivi’ e non più, semplicemente, di ‘canali’? Quali sono gli elementi chiave della differenza tra i due termini? Quando un’emittente può ritenersi ‘brand’? Se la televisione diventa un supermercato (più di 200 canali rilevati da Auditel, nel 2007 erano sette, ndr) i telespettatori diventano consumatori e per farsi scegliere sullo scaffale virtuale del telecomando bisogna essere posizionati bene, in tutti i sensi: come riconoscibilità, valori e prodotto offerto oltre che, ovviamente, come comunicazione. Le care e vecchie 4P del marketing, che sono vive e vegete, ma hanno nuovi vestiti e hanno fatto un po’ di analisi, approdano in televisione. La domanda che dobbiamo porci in televisione quando parliamo di brand è: “perché la gente ama i prodotti di marca?”. La verità è che i consumatori, spesso, mancano di motivazione, abilità e tempo, utili a processare tutte le informazioni relative al prodotto di loro interesse: per la soddisfazione del loro bisogno, ricorrono alla soluzione più semplice e immediata, già presente nella loro memoria perché già ‘digerita’, scegliendo un prodotto già conosciuto o che utilizzano d’abitudine. I brand di prodotto, in questo caso, non fanno altro che assistere il consumatore in questo processo mentale.
Se, infatti, il consumatore riconosce le caratteristiche del prodotto che cercava in un determinato brand, a quel punto non ha bisogno di mettersi a processare informazioni aggiuntive riguardo il bisogno che vuole soddisfare e la soluzione da adottare. A livello pratico, i consumatori adorano le marche perché non fanno altro che fornire un significato già pronto, consentendo di elaborare un percorso mentale breve che renda più facile la scelta di consumo. I brand ‘forti’, inoltre, tendono a creare consuetudine di utilizzo, abitudine all’uso. Nella realtà, quando si presentano situazioni in cui prendere decisioni è un processo reiterato e ripetuto (come fare la spesa al supermercato, per esempio, o scegliere cosa guardare in tv, ndr), ricorrere alla scelta di consumo utilizzata abitualmente e scegliere il prodotto, o il brand, già noto fa risparmiare tempo e riduce lo sforzo mentale nel processo decisionale. Questo fenomeno psicologico è alla base del processo di branding e della forza del brand, ed è strettamente legato anche al concetto di fidelizzazione del consumatore. La questione in fondo è semplice: gli esseri umani sono creature abitudinarie, perché le abitudini semplificano la vita, riducendo lo stato d’ansia che procura il dover prendere decisioni.
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Screenshot dell’App iLand che vede affiancate National Geographic Channel e Land Rover
Chi fa marketing in una media company ha a che fare proprio con questo processo. L’esperienza insegna che una volta che uno spettatore si abitua alla visione di un determinato canale sarà difficilissimo, per un concorrente di quel canale, conquistarlo ‘strappandolo’ da abitudini consolidate. È quello che fa un brand come FoxCrime per esempio che riesce a creare un’abitudine forte nei propri telespettatori (tanto da diventare il terzo canale per permanenza dopo Rai1 e Canale 5, dati Auditel, ndr), facilitando la decisione di visione abituale grazie alla garanzia di qualità che il brand si è conquistato con il tempo. Parliamo di campagne pubblicitarie, a cominciare da FoxLife ‘E tu come ti senti’ e FoxCrimeMania, le due più recenti. Ce ne può parlare? Qual è la strategia nel prossimo futuro? Puntiamo a creare nuove user experience con i nostri brand e per fare questo dobbiamo coinvolgerli attivamente e far capire loro che far parte del mondo Sky vuol
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dire non solo poter usufruire della migliore televisione che c’è in Italia, ma anche di canali che sono attenti alle esigenze dei telespettatori. Per questo, con la recente campagna di FoxLife abbiamo voluto iniziare un processo di incontro e conoscenza approfondita dei nostri consumatori. La campagna perciò si è focalizzata principalmente sull’incrementare il brand recall di canale presso il pubblico di donne Sky e sul coinvolgere attivamente le telespettatrici creando interazione tra tv e social media. Il concetto su cui ci siamo basati è quello della rappresentatività del canale. FoxLife con le sue serie tv racconta gli stati d’animo di tutte le donne, perché queste ultime hanno tante facce, proprio come le protagoniste di FoxLife. Tutto ciò è stato esplicitato a livello creativo nel ‘E tu come ti senti?’, diventato in breve tempo identificativo del brand e che ha dato la possibilità alle spettatrici di FoxLife di fare un test online con gli esperti del sito AlFemminile.com attraverso il quale scoprire a quale protagonista delle serie si assomigliasse. Il nostro media mix è stato sviluppato su tv con i promo, outdoor, so-
Pagina web del sito foxcrime.it dedicata al concorso FoxCrime Mania
cial media e online classico. I risultati del tracking ci dicono che è stata la campagna più performante tra tutte quelle realizzate fino a oggi sugli elementi di storico di Fox International Channels Italy presenti nel database di GN Research che si occupa di realizzare il brand tracking dei canali, più di 30.000 donne hanno fatto il test lasciando tutti i loro dati e più di 70.000 fan si sono collegate via Facebook con un’interazione del 10%. Su FoxCrime la strategia è partita dall’analisi dei numeri Auditel e delle nostre ricerche qualitative. Il brand più specializzato sul giallo e sul noir in Italia non è soltanto
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Frame finale del PromoConcorso FoxCrime Mania e un bumper grafico con una delle domande ‘trivial’ per partecipare al concorso
il canale più visto su Sky nel giorno medio (fonte Auditel, ndr), ma anche, come detto in precedenza, il terzo canale per permanenza di tutta la televisione Italiana dopo Rai1 e Canale 5. Secondo Auditel, infatti, mediamente i telespettatori di FoxCrime passano 1 ora e 7 minuti al giorno sul canale. Questi telespettatori sono veri e propri maniaci di FoxCrime tanto da dichiararlo ‘irrinunciabile’ nell’ultima analisi qualitativa commissionata. Per questo nostro pubblico abbiamo creato la campagna FoxCrime Mania. Abbiamo girato cinque spot con il dipartimento interno di OnAir Entertainment in onda su tutti i nostri canali che rimandavano a un Trivial del crimine sul nostro sito in cui i consumatori potevano scoprire quanto fossero maniaci del crimine rispondendo a domande sulle serie tv. In sole due settimane, più di 25.000 FoxCrimeManiaci hanno partecipato a FoxCrime Mania e la pagina facebook ha raggiunto più di 80.000 fan, a dimostrazione che non ci sbagliavamo, i telespettatori di FoxCrime sono davvero dei maniaci!
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La ‘rivoluzione social’ ha trasformato lo spettatore in utente attivo. Come vi state muovendo rispetto al concetto di ‘brand engagement’? Per noi è un mantra. Da novembre a oggi abbiamo iniziato a puntare molto su Facebook come social medium di riferimento per coinvolgere i telespettatori. Non abbiamo sviluppato solo campagne adv, ma abbiamo creato un piano di live blogging su ogni canale in cui i telespettatori possono vedere le serie tv e i documentari commentandoli in diretta, in una stanza virtuale che li unisce per una passione che li accomuna e, a oggi, sono più di 20.000 le persone che guardano sintonizzandosi in contemporanea sulla pagina facebook del canale. In sei mesi, abbiamo quintuplicato il numero di fan presenti sulle pagine verticali dei nostri brand e, a oggi, abbiamo più di mezzo milione di persone che ci segue su Facebook formando una soft community che sviluppa un’interazione media molto alta al 12%, mentre sono più di 300.000 i consumatori che rappresentano per noi la hard community (quelli di cui l’azienda ha tutti i dati, ndr) e che quindi hanno partecipato alle nostre iniziative di comunicazione e possono essere raggiunti in qualsiasi momento. In cosa consistono i progetti di brand integration che Fox produce per i clienti? Può farci un esempio? Faccio una premessa, un TvBrand forte e ben posizionato è un’arma perfetta per incrementare i ricavi della raccolta pubblicitaria. I nostri brand sono il posto ideale in cui gli investitori pubblicitari non solo
trovano i consumatori più in target con la pubblicità tabellare venduta da Sky Pubblicità, ma anche un’importante affinità di posizionamento attraverso la creazione di un perfetto mix tra il brand televisivo e il consumer brand che porta ai progetti di brand integration. Ognuno di questi progetti, prodotto da Fox Factory, la nostra house agency dedicata ai clienti pubblicitari, vede schierato in prima linea uno dei nostri canali che con il suo brand si fa portavoce dei messaggi dei clienti. Il nostro brand diventa, così, un endorser, un influenzatore di acquisto per il prodotto di riferimento: un prodotto di make up acquisirà più valore associandosi con FoxLife (il canale al femminile, quello di Desperate Housewives e Grey’s Anatomy, ndr) come è stato nel caso di Maybelline, Lierac o Revlon, così come una vettura comoda per viaggiare acquisterà più benefici se spinta attraverso National Geographic Channel, come nel caso di Dacia, Land Rover, Bmw o Mercedes, che ha nel concetto di viaggio uno dei sui marker. Come nascono i progetti multimediali targati Fox, come quello di Land Rover, che unisce tv, web e app, prodotto con il brand National Geographic Channel? È un progetto nato a casa del cliente, eravamo in Land Rover per presentare i nostri canali e le possibilità di brand integration con particolare attenzione a National Geographic Channel (per via della sua affinità con Land Rover, ndr) e durante la presentazione ci è venuto in mente di proporre al cliente di non fare semplicemente un’iniziativa televisiva, ma di rinsalda-
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La campagna affissione ‘E tu come ti senti?’ di FoxLife, on air in occasione del lancio dell’ultima stagione di Desperate Housewives e della nuova serie Revenge su FoxLife
re il legame con il brand su diversi touch point comunicando il valore dell’innovazione tipico di Land Rover e National Geographic. Così abbiamo pensato di realizzare la prima app co-brandizzata da un media brand e un consumer brand ed è nata iLand che permette di avere a portata di mano una vera e propria app tutto fare, poiché integra una mappa geolocalizzata dove poter cercare i luoghi più interessanti, uno spazio dedicato alle news di Sky TG 24, un catalogo delle automobili con i punti vendita e assistenza più vicini e un accesso diretto alla pagina Facebook di National Geographic Channel. Ci parla del peso crescente delle ‘iniziative speciali’ di brand integration in termini economici e dell’andamento della raccolta pubblicitaria? A oggi, i progetti di brand integration pesano circa il 12% sul fatturato pubblicitario di Fox International Channels Italy. Chiuderemo l’anno fiscale 2012 (giu 2011lug 2012, ndr) con più di 140 progetti speciali ideati, realizzati e prodotti da Fox Factory. 2,6 progetti a settimana con un incremento dei ricavi del 42% rispetto allo scorso anno, in un mercato televisivo che negli ultimi mesi non fa altro che mostrarci forti contrazioni dell’investimento pubnc blicitario.
NIGHT AND DAY
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CARGLASS, EFFETTO ‘MOLTIPLICA’ AMPLIFICARE E MASSIMIZZARE I MESSAGGI DI COMUNICAZIONE ATTRAVERSO LA PRESENZA E L’UTILIZZO DI PIÙ MEDIA, DALLA TELEVISIONE ALL’ESTERNA, DAL WEB FINO AI SOCIAL NETWORK, PER RIUSCIRE A CONTATTARE, SEMPRE E OVUNQUE, IL PROPRIO TARGET DI RIFERIMENTO. È QUELLO CHE CARGLASS DEFINISCE L’EFFETTO ‘MOLTIPLICA’, IL RIUSCIRE A OTTENERE IL MASSIMO RITORNO, DI BUSINESS E IMMAGINE, DA UNA COMUNICAZIONE CHE SIA IL PIÙ POSSIBILE INTEGRATA E OLISTICA. DI MARINA BELLANTONI
Carglass, parte del gruppo Belron, attiva nel settore della riparazione e sostituzione dei vetri auto, è presente in 33 Paesi, con centri di assistenza gestiti, per la quasi totalità, direttamente. Nata nel 1897 con il nome di Plate Glass & Shatterprufe Industries a Capetown come distributore di vetri, nel 1970 inizia lo sviluppo internazionale con l’acquisizione di O’ Brien in Australia. Negli anni ‘80 e ‘90 si espande in Europa con l’acquisizione di Autoglass in Uk e Carglass in Francia. Da quel momento, inizia a operare come holding sotto il marchio Belron. Nel 1988 sbarca in Italia grazie alla joint venture fra Autoglass Uk e Siv (Società Italiana Vetro) e l’apertura della sede di Milano in Corso Sempione e l’acquisizione, nell’area milanese, di altri due centri.
Nel 2002, quando il network comprende 28 centri viene riacquisito dal gruppo Belron e dal 2004 l’azienda anche in Italia prende il nome di Carglass. Attraverso un importante piano di sviluppo territoriale, il network oggi è arrivato a comprendere 130 centri di assistenza nel centro-nord, 150 unità per il servizio a domicilio e, in-
fine, 50 operatori convenzionati in esclusiva nel sud. “Carglass - spiega Stella Meo, direttore marketing - crede molto nella comunicazione, e proprio per ottenere sempre il miglior risultato da ogni investimento ne misura sempre il ritorno, di business o di immagine. La volontà, infatti, è quella di essere pronti a reagire immediatamente al risultato, se un’azione è efficace viene replicata e potenziata, se una comunicazione non dà ritorno la scelta è di testare altre strade, indirizzandoci su altri tipi di investimento. Un grande valore aggiunto deriva dall’essere un brand internazionale, che ha l’opportunità di sperimentare le proprie strategie in diversi Paesi, cosa che ci dà modo di condividere e ripetere le strategie di successo e limitare gli insuccessi. Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? La nostra comunicazione si concentra sul trasmettere ai nostri interlocutori gli elementi differenzianti di Carglass, i reali punti di forza che ci rendono realmente diversi dai competitor, elementi a valore ag-
Stella Meo, direttore marketing Carglass
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La campagna di comunicazione Carglass, on air dal 9 aprile al 5 maggio su Mediaset, Premium, La7 e Sky, ha utilizzato due soggetti diversi per comunicare la propria superiorità tecnologica, la garanzia totale sugli interventi, la soddisfazione del cliente e la convenienza legata alla polizza cristalli
giunto immediatamente e facilmente comprensibili per chi usufruisce del nostro servizio, dalla sicurezza dei nostri interventi alla tecnologia impiegata, dai processi standardizzati all’efficienza e alla cura del cliente, a 360 gradi. Le strategie degli ultimi anni convergono verso l’integrazione dei media. Cosa significa per voi l’espressione comunicazione ‘olistica’? Anche le nostre strategie hanno l’obiettivo di coesione e coralità della comunicazione olistica. Cerchiamo di massimizzare l’effetto di tutto ciò che vogliamo comunicare beneficiando di quello che definiamo ‘effetto moltipica’, anche perché, al giorno d’oggi, è quasi una necessità essere presenti su più media, dalla tv al web fi-
no ai social media, per poter realmente contattare il target di riferimento. Quanti e quali strumenti sono inseriti nel budget di comunicazione? I nostri investimenti sono diversificati e rispondono alla volontà di sostenere la brand awareness attraverso i media classici, di creare relazioni con i nostri interlocutori business, le assicurazioni, soprattutto attraverso gli eventi e le sponsorizzazioni, e, infine, di comunicare con il nostro utente finale attraverso le attività sul punto vendita, le pr e il web. Quali leve di comunicazione si sono dimostrate più efficaci per i vostri obiettivi? Su quali punterete in futuro? Negli ultimi tre anni la televisione è stato
COME SI RIPARTISCE IL BUDGET 2012_ Pubblicità su mezzi classici Tv Esterna Sponsorizzazioni Ricerche Mercato Web Eventi Relazioni pubbliche Promozioni e attività sul Pdv Altri mezzi
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il nostro cavallo di battaglia, per aumentare la nostra brand awareness e far prendere coscienza al grande pubblico che nel mondo automotive esiste lo specialista per la riparazione e sostituzione dei cristalli auto. In futuro, utilizzeremo ancora la televisione, ma vorremmo anche che il consumatore potesse ‘interagire’ con noi attraverso mezzi alternativi, più relazionali, come il web e i social media. Che ruolo ha il digitale? Ritiene che sia un medium valido ed efficace? Ai fini dell’informazione e dell’interazione assolutamente sì! Il digitale è un mondo molto democratico, dove le marche entrano più in contatto con il consumatore e dove è possibile targettizzare al meglio il messaggio, facendo leva sulle ‘qualità’ del brand, disegnate ad hoc sul consumatore con cui entra in contatto. A quali agenzie di comunicazione vi affidate per l’attuazione delle vostre strategie? In realtà, Carglass beneficiando di una condivisione delle idee e delle creatività a livello internazionale, non si è mai affidata a un’agenzia di comunicazione. Riteniamo che solamente chi vive l’azienda, ogni giorno, sia davvero in grado di comprenderne il linguaggio e che, pertan-
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to, per le agenzie non sia semplice entrare, in breve tempo, in uno stile di comunicazione consolidato da anni. Credo comunque che il valore aggiunto di un’agenzia debba essere la capacità di stupire con idee innovative che però incontrino concretamente ed efficacemente le aspettative delle aziende. Un altro aspetto vincente è quello di trattare le agenzie non tanto come fornitori, ma veri e propri partner, compagni di lavoro in grado di condividere i contenuti da trasmettere, per tradurli in attività originali e innovative. Qual è il ruolo della creatività nelle vostre campagne di comunicazione? La nostra strategia prevede il racconto ‘real life’ di ciò che può accadere a ogni automobilista. Per la nostra creatività non ci siamo mai affidati ad agenzie, siamo noi a lavorare sul concept e sullo script dei messaggi pubblicitari, che desideriamo siano sempre efficaci e realistici. Così come i protagonisti delle nostre campagne: non sono attori, ma i nostri tecnici,’prestati’ per qualche giorno al ‘mestiere’ di attore.
Attraverso quali parametri misurate l’efficacia di progetti di comunicazione integrata? Non è sicuramente semplice misurare tutti gli aspetti, ovviamente il ritorno di business rimane sempre un parametro fondamentale, ma anche il ritorno di immagine nella scelta del partner con cui costruire una campagna di comunicazione integrata così come la concreta percezione del messaggio da parte del consumatore sono fattori importantissimi. Per Carglass, inoltre, sono molto importanti le ricerche di mercato al fine di misurare, oltre ai ritorni delle nostre campagne, anche la soddisfazione dei clienti relativamente al nostro servizio e la relativa ‘raccomandabilità’. Questi item ci aiutano a mettere in campo azioni costanti di miglioramento del servizio offerto dai centri. Ci descrive una vostra recente campagna di comunicazione? La nostra campagna di comunicazione più
La strategia di comunicazione Carglass prevede il racconto ‘real life’ di ciò che può accadere a ogni automobilista. Protagonisti i tecnici stessi dell’azienda, che, per l’occasione, diventano attori
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Carglass, parte del gruppo Belron, è presente in 33 Paesi, con centri di assistenza gestiti, per la quasi totalità, direttamente. In Italia, è presente con 130 centri di assistenza (centro-nord), 150 unità per il servizio a domicilio e 50 operatori convenzionati in esclusiva (sud)
recente è partita il 9 aprile ed è terminata il 5 maggio. Abbiamo scelto di essere su Mediaset, Premium, La7 e Sky. Siamo andati in onda con due soggetti diversi per poter cogliere l’opportunità di mandare più messaggi, parlando della nostra superiorità tecnologica, della garanzia totale sui nostri interventi, della soddisfazione del cliente e della convenienza legata alla polizza cristalli. La campagna è stata un vero successo, i primi ritorni li abbiamo avuti fin da subito, in termini di contatti al sito web e di chiamate al contact center. Quali saranno le vostre prossime mosse nel campo della comunicazione? Oltre alla televisione, come già anticipato, stiamo valutando le opportunità che offre il mondo della Rete, dalle campagne integrate ai social media, fino ad alcune collaborazioni con il mondo delle digital pr, utilizzando ambienti digitali rappresentativi del settore automotive. nc
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GRANAROLO, L’ALTA QUALITÀ PASSA ANCHE DAL WEB UNA COMUNICAZIONE CROSS-CATEGORY, MA ANCHE CAMPAGNE VOLTE A SOTTOLINEARE I PLUS DEI SINGOLI PRODOTTI. UTILIZZO DEI MEZZI CLASSICI, COME TV, STAMPA E RADIO, MA ANCHE, E SOPRATTUTTO, INTERNET E MEDIA INNOVATIVI. QUESTE LE STRATEGIE SCELTE DA GRANAROLO PER RACCONTARE I VALORI AZIENDALI E LE CARATTERISTICHE PECULIARI DEI DIVERSI BRAND DEL GRUPPO, A PARTIRE DA GRANAROLO ALTA QUALITÀ E YOMO. DI MARINA BELLANTONI
Sono due le principali marche sulle quale si concentra la comunicazione del Gruppo Granarolo: Granarolo Alta Qualità e Yomo. La prima, nel corso del 2009, è stata caratterizzata da un’importante evoluzione strategica: non ci si è più concentrati solo sul prodotto Latte Fresco Alta Qualità, ma su tutta la gamma, puntando su una comunicazione cross-category. Oggi, la comunicazione del marchio si concentra su tre messaggi: la distintività di filiera, costituita da 1.000 allevatori e 60.000 mucche italiane, la materia prima ‘latte fresco alta qualità’ e la bontà, tutta italiana, dei prodotti ‘yogurt, stracchino e mozzarella’. Anche per quanto riguarda Yomo, la comunicazione si fonda sulle caratteristiche di prodotto: 100% naturale, gusto distintivo e riconoscibile, senza aromi/addensan-
ti/conservanti/coloranti e una lista ristretta di ingredienti. “Il nostro approccio, gli obiettivi di comunicazione - spiega Tiziano Manco, direttore marketing - la copy strategy e la scelta del media mix partono sempre dalla definizione degli obiettivi di business della marca. Prima di sviluppare piani di comunicazione, implementiamo progetti di ricerca che, a seconda dei casi, riguardano l’analisi dei concetti/posizionamenti o direttamente la fase creativa”. Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? Quali saranno le vostre prossime mosse nel campo della comunicazione? Su Granarolo Alta Qualità i valori di marca che intendiamo comunicare e che già sono recepiti dai nostri consumatori sono alta qualità, freschezza, genuinità, sicurezza, trasparenza, italianità e affidabilità nella selezione delle materie prime e nei vari passaggi della filiera. Questi caratteristiche vengono comunicate sia con spot cross-category sia con spot dedicati più specificamente ai singoli prodotti con le relative distintività.
Tiziano Manco, direttore marketing Gruppo Granarolo
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Nel 2012, continueremo a comunicare in tv con uno spot cross-category tutti i principali prodotti realizzati con Latte Fresco Alta Qualità: yogurt, stracchino e mozzarella e, da quest’anno, anche il gelato. Inoltre, svilupperemo un importante progetto di comunicazione multimediale (tv, web, stampa, ndr) per il lancio della nuova linea di alimenti per l’infanzia Granarolo. Sulla marca Yomo sosterremo Yomino, lo yogurt 100% naturale per bambini con pack squeezable, lanciato a settembre 2011, e che a febbraio 2012 aveva già raggiunto il 10% di quota valore nel segmento: per dare maggiore impulso al brand daremo vita a un piano di comunicazione rivolto al target di consumo (bambini 4-10 anni, ndr). Sosterremo, inoltre, la marca Yomo 100% naturale ‘core’ con un messaggio tv volto a sottolinearne le distintività. Sempre su Yomo, nel corso del 2012, implementeremo, inoltre, dei nuovi progetti web. Le strategie degli ultimi anni convergono verso l’integrazione dei media. Cosa significa per voi l’espressione comunicazione ‘olistica’? Su ogni progetto valutiamo con attenzione quali sono i mezzi ideali per raggiungere il nostro target, di cui analizziamo attentamente la fruizione dei mezzi. L’approccio multimediale consente di raggiungerlo in più touch point e per questo, rappresenta per noi la scelta ottimale. Prima di optare per la divisione del budget su più mezzi bisogna però valutarne la coerenza con gli obiettivi di comunicazione e il target di riferimento, e verificare se, a fronte delle risorse a disposizione, la frammentazione garantisca efficacia/efficienza ottimali in termini di copertura/frequenza.
Che previsioni di investimento in comunicazione ci sono per il 2012? Qual è il trend rispetto all’anno precedente? Nel 2012 prevediamo di investire circa 10 milioni di euro, con un una crescita di circa il 20% rispetto al 2011. Che ruolo ha il digitale? Ritiene che sia un medium valido ed efficace? Per il lancio della nuova linea di alimenti per l’infanzia Granarolo abbiamo analizzato la fruizione dei media da parte delle mamme con bambini nella fascia d’età tra uno e tre anni. Il web è risultato il mezzo più popolare, in termini di numeri, utilizzato dal target per confrontarsi e informarsi. Per questo, la nuova linea sarà supportata da un piano di comunicazione fortemente concentrato sul web e arricchito dalla stampa specializzata. Sarà sviluppato un nuovo sito, www.granarolobimbi.it, dedicato al mondo dei bambini, dove le
COME SI RIPARTISCE IL BUDGET 2012_ Pubblicità su mezzi classici Tv Stampa Web Promozioni e attività sul pdv Relazioni pubbliche
77% 3% 12% 7% 1%
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Spot ‘Yomo 100% Naturale’ firmato da Lorenzo Marini Group per Granarolo
mamme potranno ricevere il supporto di un team di esperti, tra cui un pediatra nutrizionista e una psicopedagogista. L’idea è quella di creare un luogo virtuale ricco di contenuti utili, dove quotidianamente verranno postate ‘notizie fresche’. Oltre al sito, verranno sviluppate una serie di iniziative on e offline per informare le mamme sulla novità Granarolo e sulle caratteristiche distintive della nuova linea ‘baby’. Nell’ambito di uno stesso piano di comunicazione, media classici e innovativi svolgono spesso funzioni complementari. Quali sono, secondo lei, i rispettivi punti di forza e debolezza? I mezzi classici e in particolare la tv consentono di raggiungere un numero elevatissimo di contatti e risultano quindi fondamentali quando, parlando di prodotti/ brand che si indirizzano a un target allargato, si vuol far crescere o sostenere la notorietà di una marca, annunciare il lancio di un nuovo prodotto oppure spingere attività promozionali e/o concorsi. I mezzi innovativi, e in particolare quelli digitali, da una parte hanno la stessa funzione di
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veicolazione contenuti dei mezzi più tradizionali, dall’altra consentono di raggiungere anche altri obiettivi. Pensiamo, per esempio, alla relazione tra marca e consumatore, alla comunicazione bi-direzionale in cui la marca parla al consumatore e viceversa, alla brand experience, che difficilmente può essere rilevante in uno spot tv di 15”/30”, alle dem, che hanno reso molto più efficiente e rapido le politiche di direct marketing oppure alla possibilità di mettere a disposizione dell’utente numerose informazioni relative ai prodotti/ brand che potrà selezionare a suo piacimento. E ancora, al fatto che la Rete stessa possa generare informazioni importanti su come vengono vissuti i valori di marca, le performance di prodotto e i reali bisogni dei consumatori. A quali agenzie di comunicazione vi affidate per l’attuazione delle vostre strategie? Quali caratteristiche devono possedere tali strutture per essere validi partner? Per quanto riguarda Granarolo e i sub-brand, abbiamo partnership già consolidate da diversi anni: la creatività è affidata a Nadler
Granarolo ha scelto il web per il lancio della nuova linea di alimenti per l’infanzia
Larimer e Martinelli, mentre la pianificazione è affidata a Vizeum. Per Yomo la creatività è affidata a Lorenzo Marini Group, nostro partner dal 2011, mentre la pianificazione è affidata a Fmcg del gruppo Vivaki, nostro partner da quest’anno. Nella scelta dei partner, oltre alle competenze/expertise tecniche di ottimo livello e alla creatività di prim’ordine, valutiamo con molta attenzione la capacità di costruire progetti di comunicazione fortemente mirati al raggiungimento degli obiettivi di business: non ci interessa vincere gare/premi con campagne
Per Yomino, lo yogurt 100% naturale per bambini lanciato a settembre 2011, è stato realizzato un packaging squeezable
belle, bensì realizzare progetti di comunicazione in grado di persuadere i consumatori a scegliere le nostre marche, a far aumentare le nostre rotazioni di base a scaffale nel breve e nel medio periodo, a tener viva la notorietà delle marche e a stressare in modo rilevante e distintivo i punti di forza dei prodotti. L’obiettivo è realizzare progetti di comunicazione in grado di aiutare le marche a vincere la battaglia competitiva sullo scaffale: è questa la cosa che riteniamo più importante nella scelta dei partner. Attraverso quali parametri misurate l’efficacia di progetti di comunicazione integrata? Per valutare l’efficacia delle nostre campagne utilizziamo tre strumenti: andamento del sell-out, in termini di rotazioni/quote di base nel periodo di on air e in quello successivo, post test per comprendere grado di riconoscimento, ricordo e gradimento della campagna, con relativi profili di comunicazione e di prodotto che vengono identificati e impatto sugli indicatori nc della notorietà di marca.
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L’innovazione del vostro modello di business, passa attraverso l’individuazione di benefit comunicabili, il che comporta che il vostro partner di comunicazione sappia collocarsi a monte del processo e non a valle. Lì, è tardi.
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State affrontando il turnaround di un brand, l’attualizzazione della sua piattaforma valoriale, la ridefinizione del tuning con la nuova normalità?
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ANCHE QUEST’ANNO, GIUGNO È NEL SEGNO DEL LEONE.
Giugno è il mese del Festival di Cannes. Il momento in cui i leoni brillano alti nel firmamento della creatività internazionale. E dunque, alzate lo sguardo, non ponete limiti alle vostre ambizioni: potreste essere proprio voi, la nuova stella.
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10 ANNI DA LEONI... CON ADC GROUP FACCIAMO IL PUNTO SULLO STATO DELLA CREATIVITÀ ITALIANA IN UNA FASE DI CAMBIAMENTI TUMULTUOSI E COSTANTI DELL’INTERO SCENARIO DELLA COMUNICAZIONE, CAMBIAMENTI CHE LE TESTATE DI ADC GROUP SEGUONO, INTERPRETANO E ACCOMPAGNANO DA OLTRE 10 ANNI. PIÙ DI 20 INTERVISTE PER RACCONTARE COME SIA CAMBIATO IL ‘MESTIERE’ E I SUOI ‘ATTREZZI’, E IN QUALI DIREZIONI SI SIA SVILUPPATO IL LINGUAGGIO DELLA PUBBLICITÀ, A 360 GRADI. DI TOMMASO RIDOLFI
10 anni sono un traguardo importante. Soprattutto se il decennio in questione è stato attraversato da un’infinità di cambiamenti - tecnologici, economici, politici, sociali e quant’altro - che hanno sconvolto il contesto in cui si muovono i protagonisti della comunicazione. Le testate di Adc Group sono sempre state attente testimoni di questa evoluzione, raccontando, con coinvolgimento e passione, i fatti salienti del settore, analizzandone le radici passate, osservandone le caratteristiche presenti e cercando di intuirne i possibili sviluppi futuri. In occasione del tradizionale appuntamento con il Festival di Cannes, abbiamo quindi pensato di poter offrire ai nostri lettori un servizio utile applicando questo metodo al tema della creatività: abbiamo perciò verificato, insieme a un nutrito parterre di protagonisti, quali siano stati i cambiamenti principali del mestiere pubblicitario negli scorsi 10 anni e come la digitalizzazione dei media abbia impattato proprio sugli aspetti creativi della comunicazione, in termini di linguaggio e di tono di voce.
Fra le altre cose, abbiamo anche chiesto loro di indicarci le campagne - una del passato e una del presente - che meglio indicassero il senso del cambiamento creativo. All’insegna del ‘politically correct’, o detto più semplicemente, per non far torto a nessuno, abbiamo scelto di visualizzare nei box distribuiti lungo tutto l’arco dell’inchiesta solo i progetti internazionali citati dai diversi intervistati. L’eccezione che conferma la ‘regola’ - e quindi l’unica campagna italiana citata - è un vecchio
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Carosello scelto sia per ragioni ‘storiche’ sia perché un efficace esempio di branded entertainment per così dire ante litteram... Naturalmente, nessuno possiede una sfera di cristallo o doti di chiromanzia, ma nel capitolo finale abbiamo provato lo stesso a capire quali saranno i punti chiave sui quali si fonderà il nuovo approccio creativo per comunicare il valore dei brand. Ne è emersa una certezza: come sempre, ciò che accadrà domani dipenderà da quel che accade oggi. Perché il futuro è adesso...
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YOUNG & RUBICAM GROUP, VINCE LA RILEVANZA REDUCE DAL SUCCESSO OTTENUTO AGLI NC AWARDS 2012, CHE L’HANNO INCORONATA BEST HOLISTIC AGENCY, Y&R GROUP, ATTRAVERSO LE PAROLE DELL’EXECUTIVE VICE PRESIDENT ED EXECUTIVE CREATIVE DIRECTOR, VICKY GITTO, RACCONTA LA PROPRIA VISIONE DELLA ‘NUOVA COMUNICAZIONE’, IN CUI PASSIONE, LUNGIMIRANZA E CONDIVISIONE DEI KNOW-HOW FANNO LA PARTE DEL LEONE. DI MARINA BELLANTONI
“La creatività è, e sarà sempre, un valore aggiunto imprescindibile. Quello che la gente si ricorda sono le idee che metti in campo. E la forza di qualsiasi gruppo di successo è sempre stata correlata direttamente al valore dell’output creativo che produce. Il servizio può darlo chiunque, un prodotto creativamente outstanding no. Le leve di comunicazione attraverso le quali è possibile fare la differenza nello sviluppo dei progetti si sono moltiplicate e di conseguenza si sono aperte nuove, grandi opportunità per le marche. Non è cambiato il modo di concepire un’idea. È cambiata la modalità di veicolarne il potenziale.
E con essa, anche la sensibilità nel cogliere quali siano i mezzi più adatti da utilizzare”. Così Vicky Gitto, racconta come Young & Rubicam Group, gruppo di cui è executive vice president ed executive creative director, ha vissuto i cambiamenti del settore negli ultimi anni. Quali sono, quindi, i punti chiave per una comunicazione di successo, ma al passo con i tempi? L’integrazione reale delle expertise che si mettono in campo, le nuove tecnologie, ma soprattutto la passione e la serietà. Senza dimenticare il dialogo con il cliente e il consumatore. Come si è modificato il rapporto tra aziende e consulenti di comunicazione? Le aziende hanno compreso che il mercato e il consumatore sono cambiati e che devono essere approcciati in modo differente. L’evoluzione tecnologica e la crisi finanziaria hanno reimpostato ritmi e standard qualitativi e le aziende ricercano sempre di più nelle agenzie un partner che possa guidarle nelle scelte, in grado di comprendere e gestire le dinamiche di business e proporre progetti efficaci, in tempi
Vicky Gitto, executive vice president, executive creative director Young & Rubicam Group
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rapidi. Il segreto sta nella condivisione di linguaggi di comunicazione che non si rifanno al passato, ma si proiettano in avanti. È anche nostro compito, quindi, guidare le aziende in questo percorso. Fondamentale è che siano aperte al ‘nuovo’, al non convenzionale, come è successo per il progetto ‘Danacol adotta un paese’. In questo caso, il nostro cliente, Danone, che solitamente è orientato a un tipo di comunicazione tradizionale, ha immediatamente compreso le potenzialità di una campagna che partiva da un evento per poi svilupparsi in modo integrato, coinvolgendo più mezzi.
no. In un momento in cui la situazione socio-economica ha spesso smorzato entusiasmo e progettualità, all’interno dei nostri uffici vi è invece un’energia positiva tangibile che ci porta a realizzare progetti sempre più ‘dinamici’, non solo dal punto di vista creativo. Il coordinamento di tutte le discipline della comunicazione, fisicamente riunite in un unico luogo, una visione comune che consente di sviluppare l’idea senza più distinzione tra i mezzi utilizzati e la condivisione di expertise fanno sì che riusciamo a rispondere alle esigenze delle aziende in modo flessibile ed efficace.
Di cosa sente la mancanza oggi sul mercato italiano nella sua professione? Entusiasmo per quello che si fa e visione condivisa. È bello quando si vede che l’energia, la dedizione per il proprio lavoro viene condiviso all’interno e all’ester-
Potrebbe descrivere una campagna del passato e una del presente che secondo lei rappresentano un efficace esempio di evoluzione nella comunicazione pubblicitaria? La campagna di comunicazione ‘Gratta e
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Il claim ‘Ti piace vincere facile’, insieme al jingle tormentone degli spot, sviluppati da Y&R Group per Lottomatica (Gratta e Vinci) nel 2004, nel giro di qualche anno è entrato a far parte del nostro vocabolario quotidiano
Vinci’ è stata costruita su un forte posizionamento, che dal 2004 dà personalità al brand risultando ancora vincente. Il claim ‘Ti piace vincere facile’, insieme al jingle tormentone degli spot, nel giro di qualche anno è entrato a far parte del nostro vocabolario quotidiano. La strategia di comunicazione ha creato anche un forte payoff: ‘Vinci spesso, vinci adesso’, una frase diretta, semplice e veloce proprio come il Gratta e Vinci.
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Per raccontare l’impegno ambientale di Coop, Y&R Group ha scelto di utilizzare il mezzo radio in modo originale: l’energia necessaria per registrare e montare lo spot è stata prodotta dallo speaker (Marco Ligabue dei Rio), pedalando su una bicicletta con Bike Energy System
Nei primi due anni, gli spot televisivi hanno avuto un gradimento di pubblico dell’80% anche tra i non giocatori, rimasto costante negli anni. Per quanto riguarda la conoscenza del marchio, dal 2004 a oggi, c’è stata una crescita continua: nel 2011 la top of mind è stata del 22%, la totale spontanea del 69%. Dal 2010, la comunicazione si è focalizzata maggiormente su una nuova categoria di biglietti che promettono una rendita mensile per la durata di 20 anni. In questo caso, la strategia si è evoluta portando alla formulazione di un nuovo slogan, più legato al concetto di rendita vitalizia: ‘Ti piace vivere facile?’. Tra le case history recenti ricorderei quella realizzata nell’autunno scorso per Coop al fine di comunicarne l’impegno ambientale. È stato scelto un mezzo tradizionale come la radio, utilizzandolo in modo del tutto originale: lo speaker (Marco Ligabue dei Rio, ndr), pedalando su una bicicletta con Bike Energy System, ha infatti prodotto l’energia necessaria per registrare e montare lo spot. Dopo l’on air, numerosi ‘green’ blog e magazine hanno iniziato a parlare dell’evento. Grande il riscontro, infatti, in termini di earned media: articoli su testate online e cartacee, commenti e condivisioni del filmato di backstage su social media, speciale realiz-
zato da Mtv in occasione del Concerto dei Rio a Milano, durante il quale sono state disposte sul palco alcune biciclette affinché i fan potessero alimentare la consolle pedalando. Si è registrato, inoltre, un incremento del 2% sulla percezione dell’impegno di Coop per l’ambiente. Guardando al futuro, intorno a quali punti chiave ruoterà la comunicazione delle marche? Sicuramente intorno alla capacità di utilizzare tutti i mezzi a disposizione, digitale in primis. È un canale che offre infinite opportunità: permette di interagire con i consumatori e di ingaggiarli in ogni momento e in ogni luogo. Ha forti potenzialità e ormai non si può prescindere dall’inserirlo nelle proprie strategie di marketing e comunicazione. Noi, come Young & Rubicam Group già lo facciamo. In Italia, però, questo canale non è ancora una voce di business rilevante quanto altri mezzi di comunicazione. C’è ancora da lavorare. Altro punto cruciale, la capacità di comunicare al meglio quello che si fa. Un’idea può risultare vincente non solo se viene coerentemente ed efficacemente veicolata utilizzando i mezzi più adeguati, ma anche se è supportata da una strategia di comunicazione mirata.
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Come nel caso del progetto ‘Danacol adotta un paese’, Best Holistic Campaign agli NC Awards 2012. Al successo di questa case history ha sicuramente contribuito l’eccellente lavoro di rp di Burson-Marsteller che è riuscita a far risaltare il messaggio alla base della campagna grazie a una significativa copertura media su magazine (Gente, 2.441.000 copie, Panorama, 459.532 copie, ndr) tv (Studio Aperto 1.806.000 viewer, Uno Mattina, 1.202.00 viewer, ndr) e online. Quali consigli darebbe oggi a un giovane che desidera entrare nel mondo della comunicazione? Oggi, bisogna essere costantemente connessi con il mondo e il mercato, saper cogliere l’innovazione e trasformare tutti questi segnali in opportunità. Se fai campagne o progetti di comunicazione bellissimi, ma lontani dalla realtà e dai bisogni della gente, sei un ‘artista’ , non un uomo di comunicazione. È invece fondamentale riuscire a interpretare un marchio e tradurlo in campagne che siano efficaci e rilevanti sul target, da tutti i punti di vista. La complessità non è nella tecnologia con cui si sviluppano le idee, ma è nella semplicità dei concetti veicolati. È così che nanc scono i successi.
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I ‘FERRI’ DEL MESTIERE COME E QUANTO SONO CAMBIATE LA PROFESSIONE E IL RUOLO DEI CREATIVI NELL’ULTIMO DECENNIO? LA RISPOSTA È DUPLICE E AMBIGUA: PERCHÉ, SE È VERO CHE L’ARRIVO DEL DIGITAL HA INNESCATO UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE, ALTRETTANTO VERO È CHE I FONDAMENTALI DEL MESTIERE SONO SEMPRE GLI STESSI. O COME SCRIVEVA GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA NEL GATTOPARDO, “TUTTO CAMBIA AFFINCHÉ NULLA CAMBI”. DI TOMMASO RIDOLFI
Con l’avvento del digitale, la nascita di nuovi media e l’evoluzione di quelli classici è quasi banale dire che, nell’arco di una decina d’anni, lo scenario è profondamente mutato. Ma quello che abbiamo cercato di capire è se e come, rispetto a 10 anni fa, sia cambiato il lavoro dei creativi: cosa è successo alla loro professione con l’arrivo di nuovi attrezzi e ferri del mestiere? E come si è evoluto il loro ruolo nelle dinamiche del rapporto fra agenzie e clienti? Apriamo questa lunga inchiesta con alcuni pareri espressi da chi ritiene che, in realtà, il proprio lavoro non sia poi così diverso. “Il mestiere del creativo non è mai cambiato - esordisce, per esempio, Francesco Bozza, executive creative director Bcube -. L’idea è sempre al centro di tutto. L’unica differenza è che oggi al mercato non basta più un singolo proiettile sparato bene. Vuole tutto il caricatore. Sempre di più si cerca una big idea che possa essere declinata su tanti mezzi che dialogano tra loro”. “Non è cambiato il mestiere - concorda Stefano Tumiatti, direttore creativo e strategico Cayenne -, sono cambiate le mo-
dalità: l’area di azione si è allargata a piattaforme più vaste, a canali nuovi. Il ruolo del creativo sostanzialmente resta il medesimo: trovare posizionamenti, idee. Il rapporto tra cliente e agenzia è sempre uguale, ma tutto si svolge molto più in fretta”. “Il nostro mestiere è cambiato nella misura in cui sono cambiati i mezzi di comunicazione - osserva Paolo Pascolo, creative director Imille -. La creatività è sempre legata al mezzo con il quale viene espressa, negli ultimi 10 anni il digitale ha ampliato i punti di contatto con i consumatori. Il ruolo del creativo nel rapporto con le aziende tuttavia è sempre lo stesso: garantire idee innovative applicate a mezzi di comunicazione sempre più efficaci”. “Un creativo non è un artista - ricorda Lorenzo Marini, direttore creativo e presidente Lorenzo Marini Group - e il suo lavoro è sempre stato quello di far parlare le marche, trasformando semplici prodotti e oggetti in qualcosa che abbia uno stile, una personalità e un’anima: e questo ruolo è sempre lo stesso. È cambiato invece il ruolo dei ‘pubblicitari’, che non sono più un riferimento strategico per le
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aziende ma vengono chiamati solo alla fine, quando le decisioni di marketing sono già state prese”. Negli ultimi 10 anni, prosegue Marini, “le agenzie multinazionali hanno tagliato e i primi a essere stati licenziati sono stati i direttori creativi. Un paradosso: come se nei grandi ristoranti stellati il maitre vincesse sullo chef... Non se n’è parlato molto, ma è successo. Oggi la direzione creativa è affidata a una coppia - ambiguità tutta italiana - ma di fatto si è regalato il titolo di generale ai sottotenenti, magari anche bravi, ma non più a veri ‘comandanti’”. Il ruolo è rimasto lo stesso anche secondo Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis, “forse l’aspetto consulenziale è riemerso più forte e netto di prima. Per cui alcuni creativi, in relazione ad alcune aziende, sono emersi in ruoli e relazioni esclusivi. È insomma tornata un po’ in auge la figura del guru. Basti pensare a David Droga”. “Il mestiere è cambiato perché è diventato, appunto, un mestiere - replica invece Fabrizio Tarussio, direttore creativo White Red & Green -. Prima del nuovo millennio il pubblicitario era ancora considerato una figu-
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‘DECODE JAY-Z’, BING (DROGA5)_ Brunori (McCann Worldgroup Italia) : “‘Odissey’ di Bbh per Levi’s e ‘Decode Jay-Z’ di Droga5 per Bing hanno rappresentato, nel momento in cui sono state fatte, il punto più alto nell’utilizzo dei touchpoint usati: uno solo, del tutto verticale, per Levi’s - ma lo stesso vale per Apple 1984 (vedi box pag. successiva) -; praticamente tutti quelli disponibili, e in modo orizzontale e granulare, per Bing”. Greco (Grey Italy) : “La campagna Bing è la dimostrazione di come sia possibile mettere le persone in relazione con un oggetto, il libro di Jay Z, destrutturato e moltiplicato innumerevoli volte. Entrambi evidenziano come le cose migliori nascano sempre dalla capacità creativa di usare i media nel modo migliore possibile”. Tarussio (White Red & Green) : “La campagna con cui Droga5 ha lanciato il motore di ricerca Bing è una caccia al tesoro multimediale e interattiva basata sul funzionamento del prodotto stesso. Far apprezzare le proprie qualità al pubblico facendolo anche divertire: il miglior torture test che si possa immaginare”.
ra dotata di un potere quasi taumaturgico: il cliente aveva un problema o un desiderio o un’intuizione, e il creativo se ne faceva carico. Prendeva gli elementi, li plasmava, e alla fine portava (quasi) sempre al cliente la soluzione estratta dal cilindro. E spesso il cliente diceva: ‘Bravi. Proprio quello che volevo, ma che non sapevo spiegare’. Ora, invece, il creativo deve essere pronto a una relazione più diretta e quotidiana col cliente, deve tradurne gli spunti in idee che purtroppo, talvolta, si riducono all’applicazione di formule, alla ripetizione di meccanismi che, come i placebo, nascondono la carenza di inventiva.
L’esperienza e il mestiere stanno prendendo il posto della creatività”. Rivoluzione culturale “Quel che è successo in 10 anni - afferma Geo Ceccarelli, direttore generale e direttore creativo esecutivo della sede di Roma di TBWA\Italia -, è una vera rivoluzione culturale generata dai nuovi media, web e mobile. Dieci anni fa eravamo chiamati a gestire campagne above the line e difficilmente si usciva da quel perimetro. Il processo di lavoro e la relazione fra azienda e agenzia in realtà non si discosta molto dal passato: si riceve un brief, si discute e met-
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te a punto una strategia, si passa il brief ai creativi e si presentano le possibili soluzioni al cliente... A essere diversi sono però gli spazi di sperimentazione e di proattività, perché oggi le opportunità sono molto cresciute, e questo ha comportato un duplice cambiamento in seno alle agenzie: nei processi interni e nei linguaggi da utilizzare. Non tutte le agenzie si sono adeguate in tempo perché i processi vanno anticipati, non inseguiti: noi, fortunatamente, abbiamo cominciato da almeno tre anni”. Oggi, prosegue Ceccarelli, tutti i canali vivono di contemporaneità, di ‘instant’: “Me-
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dia relation e notiziabilità sono diventate fondamentali per generare i cosiddetti media ‘guadagnati’: occorre essere preparati sia dal punto di vista tecnico sia del linguaggio, per questo l’aggiornamento è sempre più impegnativo. Ecco perché il ruolo del creativo è cresciuto, sia internamente all’agenzia, acquisendo maggiore rilevanza, sia di fronte ai clienti, che ci ascoltano di più: questo grazie alla maturità acquisita, che ci permette non solo di cercare idee creative, ma anche razionalità ed efficienza. Parlando personalmente, non credo sia un caso se oltre alla direzione creativa mi è stata affidata anche la direzione generale della nostra sede di Roma...”. Anche Roberto Greco, oltre che direttore creativo, è direttore generale di Grey Italy. “Rispetto a 10 anni fa - è la sua considerazione - il creativo è in molti casi diventato anche un imprenditore. Non può più permettersi di lavorare solo su una parte, quella creativa, appunto, ma deve conoscere, capire e, quando il caso, intervenire anche su temi quali la vendita, i media e tutto il resto. Il suo ruolo effettivo nel rapporto con il cliente dipende, in realtà, da agenzia ad agenzia: nelle multinazionali sembra non sia successo nulla, ma avverrà presto, mentre nelle realtà più piccole è già cambiato tutto, radicalmente”. “Le cose sono cambiate totalmente - aggiungono Roberto Carcano e Massimo Bietti, rispettivamente amministratore delegato e direttore creativo di Zero-Starting Ideas -, anche se non tutti se ne sono accorti. Anche tra la generazione dei trentenni ci sono quelli che sono nativi digitali e quelli che sentono di essere nati tra i media tradizionali. E sono due sponde che faticano a dialogare: è come se ci fosse un invisibile diaframma che impedisce un incontro a metà strada, la vera multicanalità. Olistica, o Nuova Comunicazione. C’è la nuova comunicazione ma non c’è ancora il nuovo creativo. E questa lacuna deve essere quindi compensata dall’organizzazione, dal metodo, dalla composizione dei gruppi di lavoro. E da chi guida l’agenzia. Anche nelle
‘1984’, APPLE (CHIAT/DAY)_ Greco (Grey Italy): “Il film ‘1984’ di Apple, girato da Ridley Scott, ben più di 10 anni fa ha cambiato le regole e ha avuto il merito di inventare l’uso di un mezzo come il SuperBowl che prima non esisteva, e che è stato visto, rivisto e discusso all’infinito”. Robiglio (Leo Burnett): “La campagna su cui ho studiato da borsista nel 1986 fu Apple 1984, copywriter Steve Hayden che poi fu mio capo in Ogilvy. Quel film raccontava quello che stava per succedere”.
aziende spesso gli interlocutori sono divisi tra new e classic media, il che non aiuta una vera crescita culturale del comparto, un dialogo a tutto tondo a beneficio dei progetti, delle strutture e del mercato. Anche i premi professionali della nostra industry, a parte pochissime eccezioni - non solo in Italia - ricalcano percorsi culturali del secolo scorso”. Un ruolo più consulenziale Secondo Marco Tina, ceo Compass Italia, “si è invertito il flusso: dal top down si è passati al bottom up. Il creativo oggi deve
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essere ‘immerso’ tra la gente in maniera virtuale e reale. È una spugna che assorbe input e idee, contaminandole tra loro. Oggi il creativo è un trait d’union indispensabile per le aziende, perchè traduce in un linguaggio comprensibile esigenze che, spesso e purtroppo, viaggiano a velocità diverse”. Per affrontare questo nuovo scenario, Tribe Communication ha messo a punto un metodo esclusivo e interattivo con il cliente, il ‘Cerchio Creativo’: “Un metodo che codifica esplicitamente tutti i passaggi che portano a una creatività ottimale - spiega
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Lorenzo Marini, direttore creativo e presidente Lorenzo Marini Group
Alessandro Fellegara, amministratore delegato dell’agenzia -. È la nostra risposta all’aumentata sensibilità dei clienti verso l’efficienza delle campagne e alla continua richiesta di aggiornamento della professionalità dei creativi. Non basta più essere talentuosi, occorre essere un consulente del cliente in tutte le fasi della comunicazione, bisogna conoscere i mercati, i prodotti, il contesto in cui lavora una campagna”. “A mutare - chiarisce Riccardo Robiglio, executive creative director Leo Burnett è stata la società civile nel suo complesso: oggi i consumatori ‘parlano’, i brand sono diventati acceleratori nel raggiungimento di obiettivi e i creativi sono, o dovrebbero diventare, esperti di comunicazione sociale. È un cambiamento che mette i creativi nella condizione di poter fare un passo avanti nella propria professionalità trasformandoli in consulenti. E questo impone anche al ruolo dell’account un ripensamento”. “Dieci anni fa - ribadisce Alex Brunori, executive creative director McCann Worldgroup Italia -, non esisteva l’attuale proliferazione dei canali, i social network non
erano così rilevanti, la tecnologia non aveva ancora assunto un ruolo a volte addirittura fondativo rispetto all’idea. E non esisteva o quasi interazione con il pubblico. Era sufficiente acquisire padronanza dei meccanismi creativi dei canali principali (tv, stampa, radio, ndr) e rimanere aggiornati sull’eccellenza esecutiva per avere un bagaglio sufficiente ad affrontare la professione. Oggi, chiunque voglia fare il creativo deve essere preparato ad affrontare uno studio e un aggiornamento continuo, molto più intenso che in passato. Ne consegue che nel rapporto delle dinamiche tra aziende e agenzie, il creativo oggi deve comunque dimostrare di saper affiancare alla consueta capacità strategica, di visione e fascinazione anche un valore consulenziale più elevato che in passato, proprio a causa dei cambiamenti strutturali nei canali”. “I direttori creativi hanno assunto un ruolo decisamente più importante - conferma Enrico Dorizza, chief creative officer & executive vice president JWT Italia -: sono molto più coinvolti nelle decisioni gestionali e nei rapporti con i clienti, che si sono intensificati. Oggi, il cliente vuole un interlocutore di peso per condividere mol-
‘EVOLUTION’, DOVE (OGILVY & MATHER TORONTO)_
Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis
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Ghiso e Cignoni (1861united): “Una delle campagne più importanti degli ultimi anni è stata sicuramente Dove ‘Evolution’: è stato il primo caso emblematico che ha reso inequivocabile la maturità del web - e di YouTube in particolare - come nuovo mezzo di comunicazione per i brand. Un film con un’idea e una realizzazione splendide, nato per la rete, dove è letteralmente esploso, e solo successivamente trasmesso anche in tv”. Ratti (Enfants Terribles): “Una grande campagna del passato è Dove Evolution. Cito apposta una campagna del 2006, perché oggi 5 anni equivalgono a 50 degli anni ‘80”.
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Marco Tina, ceo Compass Italia
Riccardo Robiglio, executive creative director Leo Burnett
Enrico Dorizza, chief creative officer & executive vice president Jwt Italia
ti momenti che non sono solo creatività. E tutto questo è interessante e stimolante. In generale, se già prima il creativo era curioso, oggi deve esserlo all’ennesima potenza... Il lavoro non è più fatto di storyboard e layout: lo sconvolgimento tecnologico degli ultimi anni impone ormai di avere molte ‘teste’ e ampliare continuamente le proprie conoscenze per mettere le mani anche sul web, fare guerrilla... Il rovescio della medaglia è che questo ha fatto perdere un po’ di leggerezza - che non vuol dire superficialità - al nostro lavoro. Prima sicuramente si ‘giocava’ e ci si divertiva di più, c’erano meno responsabilità e meno ansia”. Sono due, secondo Dorizza, gli elementi che hanno mutato il modo di lavorare: “Il primo è il tempo, la velocità di analisi, di reazione e comprensione sotto tutti i punti di vista. E questo vale per i creativi e per tutti gli altri in agenzia. Il processo, fatto di brief-presentazione-produzione, che richiedeva settimane o mesi, non c’è più: la telefonia è stato primo settore a introdurre questa ‘urgenza’, ed era l’eccezione. Oggi è diventata la regola. Anche nel cercare nuovi talenti, la rapidità è diventata la seconda caratteristica essenziale di un crea-
tivo insieme alla sua ‘abilità’. Il secondo fattore di cambiamento è la ‘questione gare’: prima un’agenzia ‘sana’, in un anno, faceva ‘qualche’ gara; oggi in gara si vive, sia per cercare new business sia per mantenere quello già acquisito! Naturalmente, anche in questo caso la problematica è condivisa da tutta l’agenzia, ma per i creativi in particolare significa essere meno sognatori e più analitici: quando hai una sola chance per vincere devi, sì essere creativo, ma insieme più attento e anche più aggressivo e ‘guerriero’. Una volta nelle grandi agenzie c’era una forte e sana competizione fra colleghi: oggi non c’è più tempo per rivolgere la propria ‘adrenalina’ ad altro che alla gara...”.
si trovava il creativo, dandogli accesso, o perlomeno visione, della stanza del ‘canale’, o mezzo. Ieri, media chiusi, sempre uguali a se stessi che comunicavano messaggi ‘da uno a molti’. Oggi, la stanza dei giocattoli si allarga, e il creativo può essere ‘creativo’ anche nell’invenzione di un canale, di un’esperienza, di uno strumento. Il mercato gli chiede di affrontare sfide più complicate, armato sempre della stessa spada: l’idea”. “È cambiato molto nella forma e negli strumenti che si utilizzano per comunicare conferma Vincenzo Celli, direttore creativo Armando Testa -. Il digital ha aperto uno spazio inimmaginabile a tutto quello che è l’unconventional. Oggi, è tutto in movimento. Si è entrati in una vera relazione con le persone. Il creativo deve essere attento e pronto a diventare vero consulente del cliente, ispirandolo, motivandolo a intraprendere nuove strade di comunicazione”. Massimiliano Gusmeo, ceo 3Design, legge il cambiamento soprattutto in termini di ricerca: “Oggi, abbiamo a disposizione in tempo reale l’opportunità di verificare le campagne creative di tutto il mondo, confrontarci e prendere decisioni sulla crea-
Interattività e multidisciplinarietà “Il mestiere del creativo è cambiato così tanto da mettere in discussione la stessa definizione di ‘creativo’ - sostiene Nicola Rovetta, creative director di DraftFcb -. A parte le, sagge, provocazioni che vorrebbero cambiargli il nome, per passare magari a un sostantivo, la sostanza è cambiata. I muri abbattuti dalla digitalizzazione, della vita, non della comunicazione, hanno aperto la stanza del ‘messaggio’ in cui
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tività da adottare, sempre in tempo reale. Questo da un lato è positivo perché, pur stando nella propria postazione di lavoro, la mente si apre a un confronto a livello mondiale; dall’altro è negativo, perché l’eccesso di informazioni può portare confusione e la mancanza di concentrazione potrebbe rivelarsi letale per la creatività. Il creativo ha ora un ruolo fondamentale nel rapporto tra azienda e agenzia, perché la creatività oggi è quello che l’azienda cerca per distinguersi. Il creativo diventa sempre più un punto di riferimento per cogliere nuovi spunti e per la capacità di interpretare le esigenze dell’azienda”. “Al creativo - testimonia Alberto Damiani, amministratore delegato e direttore creativo Adverteam -, non si chiede più la declinazione del messaggio, ma la sua reinterpretazione alla luce di ogni mezzo sotto nuove prospettive e in modo non convenzionale. La sua caratteristica deve essere ormai la profonda conoscenza dei media unita a un pensiero multimediale all’origine, capace di collegare e integrare la ‘core creative idea’, che rimane centrale, su tutto il mix. I nostri clienti non chiedono campagne in cui non sia contemplato l’uso di qualsiasi mezzo e che non richiedano questo tipo di competenze. Per quanto riguarda il ruolo dei creativi nelle dinamiche di relazione con i clienti credo invece si tratti di un fattore soggettivo, che dipende dal modo in cui è organizzata ciascuna agenzia: dove non ci sono account, per esempio, rappresenta sempre e comunque un’interfaccia essenziale, mentre in altri casi è come una star che appare solo occasionalmente”. Lo conferma Nicola Lampugnani, direttore creativo esecutivo (insieme a Francesco Guerrera) della sede di Milano di TBWA\Italia: “Dal punto di vista del mestiere, quella che non è cambiata è la creazione delle idee. Ma sono appena stato nella giuria delle campagne integrate dell’Adci, e ciò che è emerso è che l’integrazione non si misura più nella declinazione su molteplici mezzi, ma la si valuta per la sua ‘ideocentricità’ e per la sua capacità di far dialogare fra loro i mezzi stessi. La rincor-
‘I TRE PORCELLINI’, THE GUARDIAN (BBH)_ Ghiso e Cignoni (1861united) : “Oltre a essere una forte candidata al Grand Prix di Cannes di quest’anno, la campagna The Guardian con la storia rivisitata dei Tre Porcellini probabilmente riuscirà a sdoganare ufficialmente mezzi nuovi come i blog, le community, i social network, i contenuti Ugc e così via. Ci sembra una sintesi perfetta di come dalla frammentazione possano nascere diverse realtà sulle quali chiunque può intervenire ed esercitare la propria influenza”.
sa non è più verso il maggior numero di mezzi possibile ma verso il farli propri”. “Molti dicono che il nostro sia un mestiere in crisi - asserisce Mizio Ratti, direttore creativo e partner di Enfants Terribles ed ebolaindustries -: in realtà, è un mestiere in piena evoluzione. L’avvento del digital e dei new media sta rivoluzionando la professione, rendendola più interessante e aperta a persone in grado di sviluppare competenze multidisciplinari. Ciò che sono in crisi, invece, almeno in Italia, sono le remunerazioni della professione. E le carriere. Ma credo che quest’ultima cosa dipenda soprattutto dalla miopia delle multinazionali, che sono in un momento in cui non vogliono, o non sono in grado, di investire sulle professionalità”. La linea ‘mediana’ Michelangelo Cianciosi e Luca Cortesini, direttori creativi esecutivi Verba, considerano il decennio come un termine simbolico per parlare di un processo che in realtà è cominciato qualche tempo prima: “In
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questo lasso temporale - culturale? - il mestiere del creativo è rimasto lo stesso e contemporaneamente ha subito una profonda trasformazione. Se ancora oggi ci troviamo a parlare di idee e della loro forza, per esempio, è evidente che la materia prima con cui lavoriamo è sempre la stessa: la produzione di nuovi concetti e l’esplorazione continua di nuove possibilità creative. Insomma, sotto un certo punto di vista, il problema è ancora quello di riempire il dannato foglio bianco, o lo schermo di un Mac, con qualcosa di inaspettato, che sia rilevante e accattivante al tempo stesso”. E proseguono: “Ovvio che la rivoluzione tecnologica e la diffusione di internet hanno cambiato invece profondamente il modo di fare questo mestiere, così come ha cambiato, in generale, le nostre vite. Non è stato facile per le agenzie adeguarsi ai cambiamenti. Qualche anno fa andava di moda nei reparti creativi il verbo declinare: le campagne stampa o Tv si ‘declinavano’ per que-
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‘BRIDE’, TIPP-EX (THE JUPITER DRAWING ROOM) & ‘A HUNTER… A BEAR’, TIPP-EX (BUZZMAN)_ Cianciosi e Cortesini (Verba): “Per capire esattamente come si è evoluta la comunicazione basta considerare un solo brand come il bianchetto Tippex, che, fino al 2008, ha comunicato in modo piuttosto convenzionale, per esempio attraverso la stampa: in una pagina una sposa all’altare ha accanto, invece dello sposo, un’enorme boccetta di prodotto e una headline che recita ‘Hai fatto un errore?’. Laterale, quindi, e ben congegnata. Nel 2011 Tipp-ex è venuta fuori con un’operazione che ha lasciato tutti a bocca aperta: la campagna parte come un semplice video su YouTube dal titolo ‘Cacciatore spara a orso’. Facendo partire il filmato vediamo una tenda a bordo di una radura e dove due amici sono andati a caccia e uno dei due sta riprendendo l’altro che in quel momento si lava i denti. Chi riprende sta anche parlando al suo amico, finché a un certo punto nota un orso alle sue spalle: la scena si fa concitata, l’uomo che regge la telecamera grida di sparare e il suo amico afferra il fucile, lo punta ma poi si ferma si gira verso la telecamera e dice: ‘Hey, io non voglio sparare’. Quindi la sua mano esce dal quadro del filmato e si avvicina a un banner lì accanto che nessuno avrebbe notato prima e che contiene il Tipp-ex, lo afferra e ci cancella parte del titolo del video, che ora appare così: ‘Un cacciatore... un orso’. Il cacciatore invita a riempire la casella vuota con un altro verbo per dar vita a un’altra storia ed effettivamente, riempiendo la casella, parte un film con il cacciatore e l’orso che interagiscono in base al verbo scelto dall’utente. Magnifica! Non manca nulla: concetto, sorpresa, interazione, ci si potrebbe passare un pomeriggio a giocare. Non sorprende che abbia avuto più di 19 milioni di visualizzazioni. E rispetto a questa le stampe, pur interessanti, del 2008, sembrano appartenere a un’altra epoca”.
sto strano mezzo che era il web e nulla più. Un approccio iniziale basato sulla, reciproca, diffidenza verso uno strumento completamente nuovo di cui non si conoscevano appieno le potenzialità e su cui i clienti cominciavano timidamente a investire solo perché costava meno. Poi, abbiamo cominciato a realizzare che non si tratta-
va solo di cambiare supporto, ma che la sfida era totalmente nuova e che a cambiare doveva essere anche il modo in cui impostavamo i nostri messaggi. Oggi, un’idea pubblicitaria non deve vedersela solo con altre idee dello stesso tipo, ma deve reggere il confronto in un’arena virtuale in cui competono video musi-
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cali, cinema, videogame, videoinstallazioni, performance, ecc., tutti a portata di click”. Tutto questo ridisegna completamente persino il compito stesso della comunicazione - concludono Cianciosi e Cortesini -, che, se una volta rivestiva un compito ancora molto ‘informativo’, oggi non può prescindere dall’essere anche intrat-
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Stefano Tumiatti, direttore creativo e strategico Cayenne
Vincenzo Celli, direttore creativo Armando Testa
Michelangelo Cianciosi, direttore creativo esecutivo Verba
tenimento, per essere efficace: “Sotto questo punto di vista, il creativo è l’avanguardia all’interno dell’agenzia, quello che ha le antenne giuste per captare dove va la comunicazione e che può farsene ambasciatore presso i clienti. Noi siamo convinti assertori di un rapporto diretto tra creativi e clienti”. Un’altra coppia, composta da Federico Ghiso e Giorgio Cignoni, direttori creativi 1861united, contestualizza l’evoluzione della professione con esplicito riferimento alle difficoltà dovute alla crisi, anzi ‘le’ crisi, che hanno caratterizzato come una specie di costante, trasversale e parallela a tutta la loro carriera, gli ultimi 15 anni: “Fortunatamente non è stata l’unica sottolineano -, perché altrettanto costanti sono state le doti che ogni buon creativo deve possedere: entusiasmo, curiosità e talento. In particolare, l’entusiasmo, che è ciò che permette di spingere sull’acceleratore, di tentare nuove strade, di fare la proposta in più capace di determinare la differenza. Più che il mestiere del creativo in sé, il cambiamento ha riguardato la complessità dello scenario. Con l’avvento del digitale, soprattutto, le agenzie si sono ri-
trovate disorientate: anche se mirano a offrire questo servizio, sono pochissimi i clienti disposti a remunerarle a sufficienza per tenere in piedi una struttura adeguata. E allo stesso tempo sono i clienti che continuano a chiedere il mainstream. Aziende e agenzie oggi sono molto più sullo stesso piano nello scambio di informazioni di quanto non fossero 20 o anche solo 10 anni fa. Questo vuol dire che oggi i creativi devono acquisire competenze nuove, e per questo occorre molta curiosità, che è l’unica via per un costante aggiornamento da trasferire poi al cliente”. Per descrivere lo scenario attuale, Ghiso e Cignoni scelgono la parola frammentazione: “Anche per la creatività si può parlare di sgretolamento, di realtà poliedrica, a volte di vera e propria schizofrenia: una grande idea non basta più, perché servono tante ‘piccole’ idee. Sono aumentati e si sono frammentati i media: a tv, stampa e affissioni si sono aggiunti il web - in tutte le sue declinazioni - gli eventi, l’unconventional, le rp e tutto il resto. E di conseguenza, si sono moltiplicate le possibilità di raggiungere il consumatore: su internet, sul telefonino, per strada e ovunque.
Fatto 100 un budget, ora lo si divide per 25, non più per 2 o 3”. “In fondo - riassume Fausto Nieddu, executive creative director Roncaglia & Wijkander -, il mestiere del creativo è un po’ sempre lo stesso. Sono cambiati i media, ma i percorsi mentali rimangono identici. Oggi, bisogna certamente avere molte conoscenze in più, la curiosità, che dovrebbe essere propria di ogni creativo, tocca aree sempre nuove. Tutto sommato, direi che i creativi che vengono dall’advertising tradizionale e che sono stati capaci di vivere con entusiasmo e partecipazione la cosiddetta rivoluzione digitale sono professionalmente più completi di tutti coloro che nascono professionalmente digitali. Di questo ce ne accorgeremo maggiormente tra un po’, quando sarà smaltita la sbornia digitale come soluzione buona per tutte le stagioni. Probabilmente sarà necessario ripensare i percorsi di formazione dei giovani creativi. Il mio ruolo attuale sì che è cambiato. Proprio per le specificità di certi mezzi, oggi il mio mestiere è più quello di coordinatore creativo, di vera interfaccia verso il cliente che da me vuole stranc tegia, coerenza, continuità”.
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I NUOVI LINGUAGGI DELL’INTEGRAZIONE SOTTO LA SPINTA DELLA DIGITALIZZAZIONE DEI MEZZI E DELLA CRESCITA VERTIGINOSA NELL’USO DEGLI STRUMENTI NON CONVENZIONALI, NEGLI ULTIMI ANNI LE STRATEGIE COMUNICATIVE SONO DIVENTATE SEMPRE PIÙ INTEGRATE. QUALI SONO STATE LE INNOVAZIONI SOSTANZIALI CHE HANNO CARATTERIZZATO QUESTO ULTIMO DECENNIO? QUALI LE CONSEGUENZE SOTTO IL PROFILO CREATIVO? E COME SI È EVOLUTO IL LINGUAGGIO DELLA CREATIVITÀ?
“Internet ha cambiato tutto - esordisce Nieddu (Roncaglia & Wijkander) -, perché ha cambiato il pubblico, che oggi è più consapevole. Spesso, anzi, ne sa più delle aziende stesse, è più informato nello specifico, ha modo di conoscere il parere degli altri, di chi ha già provato il servizio o il prodotto. Di conseguenza è cambiato il marketing e con esso il modo di parlare ai target, che sono molti di più e non sempre immediatamente raggiungibili. Quindi anche il linguaggio non può che adeguarsi a questa nuova realtà. Non si può più pensare a un qualcosa che parli a un macrotarget, ma tante cose, ognuna per diversi microtarget di riferimento”. “Internet è stato sicuramente uno dei protagonisti del nuovo modo di fare comunicazione - osservano Cianciosi e Cortesini (Verba) -, ma tutti i mezzi sono cambiati differenziandosi sempre di più. Basti pensare all’evoluzione che ha subito il mezzo generalista per eccellenza, la Tv, sempre più tematica e sempre più capace di veicolare i messaggi in modo mirato. O alla possibilità che strumenti come YouTube hanno dato a eventi che avvengono ‘live’, di diventare qualcosa che milioni di utenti possono
vedere, giudicare, scambiarsi diventando essi stessi attori del processo di comunicazione. Tutto questo ha permesso alla comunicazione di diventare sempre più affilata e precisa, di tarare i propri linguaggi a seconda dei canali e soprattutto delle persone a cui si rivolge”. Gusmeo (3Design) concorda e punta l’attenzione specificatamente sulla mobilità: “Basta prendere la metropolitana, un pullman oppure osservare le persone in macchina ferme al semaforo... Chiunque utilizza strumenti mobile, dagli smartphone ai tablet. Si tratta di una straordinaria opportunità per comunicare one to one con chi utilizza un mezzo in un momento specifico della giornata, e così il linguaggio della creatività si deve adeguare, deve colpire nel momento giusto con il giusto messaggio, compito difficilissimo, ma molto stimolante”. “Da Armando Testa - ricorda Marini (Lorenzo Marini Group) - ho imparato a essere sensibile alla coerenza di ogni messaggio, che deve essere moltiplicato e declinato per ogni mezzo. Ma ormai siamo andati oltre McLuhan: il mezzo non ‘è’, ma ‘crea’ il messaggio. È finito il totem del mass medium,
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perché ogni consumatore è diverso. E non è un caso se i nuovi mezzi si chiamano ‘you’, come YouTube, e ‘i’ come iPod o iPad...”. Concordano pienamente Ghiso e Cignoni (1861united), secondo i quali il ruolo chiave nell’innovazione della nostra epoca è stato quello dell’iPhone, che “ha rappresentato il cavallo di Troia grazie al quale tutto è diventato mainstream e le persone si sono iperalfabetizzate su internet. Lo si vede dall’uso che stanno iniziando a farne i politici o le celebrity: è Fiorello che ha reso popolare e di massa l’uso di Twitter in Italia. Ed è sempre dall’iPhone che è partita l’ultima rivoluzione, quella delle App, che sono diventate a loro volta un nuovo media”. ‘Declinazione’ in declino Sentimento comune è che oggi i creativi debbano conoscere molto più di prima due aspetti collegati, ma distinti, dalla creatività pura: i mezzi e le persone. “Oggi, è molto più difficile trovare idee interessanti e rilevanti - dice per esempio Dorizza (JWT Italia) -. Il rischio del ‘già fatto’ è altissimo. Siamo passati dai due o tre canali che si conoscevano a perfezione a una
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frammentazione dei mezzi che impone creatività non solo nell’idea, ma anche nella scelta del canale da utilizzare. E altrettanto frammentati sono i target: bisogna perciò prestare la massima attenzione a chi stiamo parlando. Ci si è aperto un mondo di possibilità, ma per sfruttarle devo conoscere tutto quel mondo, non basta più la conoscenza del proprio quartiere o della propria città...”. “Questo cambiamento richiede la capacità di pensare in modo più strategico a concetti e piattaforme di comunicazione prima ancora che a delle campagne - sostiene Brunori (McCann Worldgroup Italia) -. In più, la specificità tecnica di alcuni dei touchpoint implica la necessità di un aggiornamento costante e di una partecipazione in prima persona alle varie piattaforme e tecnologie per conoscerne i meccanismi e - di conseguenza - poterli utilizzare creativamente”. “Oggi - riprende Gusmeo -, un progetto creativo deve necessariamente comprendere l’analisi dei mezzi non convenzionali e, inoltre, quando il processo creativo si avvia, il focus è sul contatto one to one con il target. Diventa sempre più difficile pensare di poter colpire la massa, quindi i messaggi devono essere multicanale e colpire molteplici target in maniera differente”. “La digitalizzazione - commenta Tarussio (White Red & Green) - ha costretto le agenzie a
differenziare i propri strumenti creativi, nel nome di una specializzazione sempre più netta. Mi spiego: due o tre anni fa erano gli stessi creativi ‘traditional’ a declinare il loro concetto creativo anche per l’online, adattando la campagna al media online. Si parlava di campagna integrata anche quando si declinava semplicemente in un banner l’annuncio stampa. Oggi, invece, i progetti integrati partono da un obiettivo strategi-
Massimiliano Gusmeo, ceo 3Design
Federico Ghiso e Giorgio Cignoni, direttori creativi 1861United
‘THINK SMALL’, VOLKSWAGEN (DDB)_ Rovetta (DraftFcb): “Basta citarne una sola, che andava bene in passato e va ancora bene nel presente, e che prova come la materia prima, l’idea, non sia cambiata. Anche se poi è diventata mille campagne, questa idea è ‘Think Small’ di Bernbach per Volkswagen, ancora visibile alla base di tutta la grammatica di comunicazione della marca”.
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co discusso insieme dai planner, dagli account, dai creativi tradizionali e da quelli digital, ma poi si sviluppano in maniera specialistica secondo le relative competenze”. “Più che integrate - è la cosiderazione di Carcano e Bietti (Zero-Starting Ideas) -, le strategie comunicative si sono fatte ‘aggregate’, mettendo insieme pezzi di questo e di quello, senza quel forte e comune baricentro strategico e creativo che in Zero chia-
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‘CAROSELLI’ LAVAZZA & OLIO SASSO_ Rovetta (DraftFcb) : “Un’altra campagna del passato che è stata fatta in un modo per cui sarebbe perfetta anche oggi è Carmencita e Caballero, branded content ante litteram”. Tina (Compass Italia): “Poco tempo fa guardavo su YouTube dei vecchi filmati di Carmencita e Cynar su Carosello, e mi sembra ci sia un filo conduttore interessante con il presente. La comunicazione che fa leva sui contenuti per intrattenere e coinvolgere il consumatore è oggi sempre di più un fattore critico di successo. Mezzi diversi, ma, nella sostanza, l’esperienza non cambia”. Carcano e Bietti (Zero-Starting Ideas) : “I mitici Carosello di Olio Sasso, con ‘la pancia non c’è più’. Una campagna gloriosa, che ha fatto la storia della pubblicità, che ha messo in campo talento e arte narrativa che le ha permesso di essere ricordata ancora oggi. Bene, era falsa. L’olio d’oliva, come tutti i grassi, non ha proprietà dietetiche. Oggi, una campagna del genere sarebbe consurata dagli organi di controllo, e prima ancora sarebbe condannata dalle persone che sono decisamente più informate - e in grado di informare - di quanto non lo fossero allora”.
miamo ‘starting ideas’. Social media, social network, blog hanno tolto il microfono ai brand e lo hanno messo in mano alle persone. Questo ha scardinato i paradigmi della comunicazione monodirezionale, rendendo il linguaggio più ‘reale’, perché presuppone un dialogo alla pari”. Unica voce controcorrente quella di Tumiatti (Cayenne) che schematizza: “Sostanzialmente si è passati dalle body copy agli sms e dai visual alle skin. Ma, in fondo, sono sempre parole e immagini”. 360° non bastano Molti dei nostri intervistati concordano su
un altro concetto: quello di comunicazione integrata è un concetto ormai vecchio, soprattutto in un momento in cui nascono ogni giorno nuove specializzazioni. Una voce per tutti è quella di Celli (Armando Testa): “Oggi, bisogna avere uno sguardo più ampio, ma bisogna anche saper essere chirurgici. Basta con i soliti 360 - ribadisce infatti -. Quante volte l’abbiamo sentita? Oggi, si hanno a disposizione ‘armi’ più precise per raggiungere l’obiettivo”. Tanto che, secondo Greco (Grey Italy), “Per capire a chi e come bisogna parlare di volta in volta bisogna diventare quasi dei ‘cecchini’, utilizzando un linguaggio più sempli-
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ce e, al tempo stesso, più specifico”. Per Rovetta (DraftFcb), “La cosa più evidente è che la pubblicità è diventata un sottoinsieme. Fuori c’è la comunicazione di marca, o addirittura la Comunicazione come Servizio, e la pubblicità è la parte che riguarda l’inserzione ‘forzata’ in un sistema di interessi dell’utente. Il playground si è ampliato enormemente però, perché a fronte di quello che prima si poteva dire in uno spazio pagato e ‘interruttivo’, adesso si può dire interessando e appassionando le persone”. “La comunicazione integrata - dice invece Bertelli (Publicis) - porta con sé il fatto che l’idea di partenza debba essere molto più solida e ancorata a un insight rilevante per il target. Insomma, l’idea deve essere in grado di ‘tenere’ nel tempo, non stufare e non risultare banale o non interessante”. La risposta più esauriente è forse quella dei già citati Cianciosi e Cortesini: “Ogni marca ha un carattere, una personalità, un modo di agire e parlare che devono essere solo suoi. Al limite, bisogna poter riconoscere la comunicazione di un brand a occhi chiusi, come riconosciamo la voce di qualcuno che ci è vicino. Ciò non vuol dire che il suo modo di parlare debba essere monotono, anzi. Questo ci porterebbe a un personaggio un po’ stereotipato, a due dimensioni e privo di spessore. Facciamo l’esempio di un diciottenne che, tornato da una vacanza a Londra, racconta in modi completamente diversi la propria esperienza ai propri genitori e ai propri amici: eppure è indiscutibilmente la stessa persona, riconoscibilissima in entrambi i casi. Pensare una comunicazione integrata vuol dire riuscire a raccontare una stessa storia attraverso touchpoint differenti a soggetti diversi, coinvolgendoli proprio sul terreno che li interessa di più. Vuol dire farsi interlocutori veri e credibili delle persone a cui si vuol parlare, giocare sulle sfumature, rendere ‘vivo’ il nostro personaggio”. La creatività è integrata Spostandosi sul piano del linguaggio, ciò che emerge è che quindi non solo la comunicazione, ma la creatività stessa è ormai a 360
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Luca Cortesini, direttore creativo esecutivo Verba
Roberto Carcano, amministratore delegato Zero-Starting Ideas
Francesco Gemelli Bertieri, presidente e chief creative director Tribe Communication
gradi. “Oggi, il creativo non è più un artista della comunicazione come i cartellonisti o i parolieri del passato - chiarisce Damiani (Adverteam) -: è allo stesso tempo uno strategic planner, un utilizzatore del web e di tutte le nuove tecnologie, uno studioso delle dinamiche di interazione fra marca e consumatore. Tutto è più difficile e complicato, e l’universo delle competenza è molto più ampio. La stessa creatività deve essere a 360 gradi. Il linguaggio è diventato ‘linguaggi’: il creativo oggi deve essere poliglotta, conoscere a perfezione la radio, la Tv, la stampa, il digitale, i social, il punto vendita e tutto il resto”. “Non si può più parlare di un unico linguaggio - conferma Francesco Gemelli Bertieri, presidente e chief creative director Tribe Communication -. Certo, la tecnologia ha aperto nuovi sentieri visuali, ma la ricerca creativa del linguaggio più adatto non si ferma mai. Ogni prodotto richiede un tono di voce e contenuti specifici che dipendono dai mezzi utilizzati. I linguaggi si sono moltiplicati e la funzione dell’agenzia è diventata quella di una cabina di regia che deve assicurare l’unitarietà dei messaggi chiave e la coerenza e il rispetto del brand”.
La creatività ‘integrata’, secondo Ghiso e Cignoni, “è un’evoluzione che sta riportando i creativi al punto di partenza: essere semplici. Più si è semplici e diretti, più è facile entrare in contatto con le persone. I media sono cambiati e cambieranno, le persone no. E così si ritorna al discorso della frammentazione. La vera integrazione è quella che porta a pensare ogni campagna perché abbia la possibilità di essere esplosa su qualsiasi media. È quella in cui, a seconda del caso specifico, un film per la Tv o una App possono avere il ruolo trainante”. Merito del digital e del social in particolare, come spiega Bozza (Bcube), è aver contribuito a far quasi scomparire “la line dell’above e del below, oggi sempre meno marcata. Adesso occorre partire dagli obiettivi di comunicazione, tirare fuori una bella idea e poi farla esplodere su tutti quei mezzi che la possano mostrare al meglio. Se la pubblicità non stuzzica i bisogni delle persone, i loro sentimenti e quelli che uno reputa i propri valori, ormai non attacca più. A livello creativo è sotto gli occhi di tutti. Le cose più apprezzate adesso non sono tanto le campagne quanto le operazioni che coinvolgono la gente in prima persona, che fan-
no pensare, ridere, commuovere, partecipare e che spingono a condividere quello che si è provato e visto”. Sulla stessa linea anche Pascolo (Imille): “La digitalizzazione ha aperto le porte a opportunità molto interessanti, in particolare il social ha dato la possibilità di coinvolgere in modo sempre più stretto le persone”. Ecco perché il linguaggio della creatività “Si è evoluto e involuto, frammentato, liberalizzato e disintermediato” come sostiene Rovetta (DraftFcb), orientandosi, riprende Pascolo, “più verso strategie di engagement che di branding”. Ricordando gli incidenti di Londra della scorsa estate, Robiglio (Leo Burnett) nota come “in quei giorni, in una piazza di Tottenham, un global brand aveva un’affissione con il titolo ‘good morning’. Ebbene, in meno di un giorno quella comunicazione è stata sostituita con un forte sconto. Questo ci dice che le aziende non possono fare a meno di confrontarsi con la pressante società civile e che chi comunica deve essere sensibile e molto, molto rapido”. E proprio il confronto fra brand, società e consumatore è al centro del prossimo capitolo della nostra inchiesta. nc
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NIENT’ALTRO CHE LA VERITÀ A FRONTE DI UN CONSUMATORE SEMPRE PIÙ MULTIMEDIALE E ‘CRITICO’, GRAZIE ALLA POSSIBILITÀ DI INTERAGIRE CON I SUOI PARI E DI INTERVENIRE DIRETTAMENTE SULLA REPUTAZIONE DELLE MARCHE, LA STRADA ‘OBBLIGATA’ PER ENTRARE IN RELAZIONE E COMUNICARE IN MODO EFFICACE PASSA ATTRAVERSO UN TONO DI VOCE COSTRUITO ATTRAVERSO UN MIX DI DIALOGO, SERVIZIO E INTRATTENIMENTO.
“La comunicazione verticale, a senso unico, in cui il fruitore della comunicazione era soltanto il recettore di un messaggio, sta vacillando. Sono pochissimi i marchi forti abbastanza da potersela permettere, e anche in quei pochi casi il rischio di rigetto da parte di un pubblico ormai abituato a intervenire attivamente nel processo di comunicazione rimane forte”. Per questo Cianciosi e Cortesini (Verba) preferiscono parlare di metodo, piuttosto che di tono: “Il consumatore, ma è forse riduttivo ormai chiamarlo così, può essere un giudice spietato, ma non bisogna temerlo. Il consiglio migliore da seguire è quello che funziona sempre quando abbiamo un amico innamorato che ci chiede come approcciare una ragazza: sii te stesso. Per un brand questo vuol dire essenzialmente due cose: chiarezza e onestà nella comunicazione, tenendo presente che ormai l’obiettivo non è più quello di martellare, ma di instaurare un dialogo, un rapporto paritario con individui che hanno un cervello e vogliono essere attivi nel processo in cui li si coinvolge”. “In Italia, siamo indietro di almeno 20 anni e continuiamo a basarci sulla ripetizione della USP all’infinito - concorda Greco (Grey Italy) -. Ciò probabilmente continuerà a funzionare
ancora per un po’, ma presto non basterà più e si dovrà dire qualcosa di interessante. In fin dei conti il linguaggio avrà a disposizione sempre più spazi, più o meno ampi (da Twitter alla televisione, ndr), ma la strategia di relazione con il consumatore dovrà essere sempre più improntata alla generosità, anziché al tam tam. Tono di voce e linguaggio devono cambiare di conseguenza”. “Un terzo elemento fondamentale - riprendono Cianciosi e Cortesini -, è quello che prima abbiamo chiamato intrattenimento. È il do ut des di Hannibal Lecter nel film: io partecipo al dialogo se ne traggo un vantaggio, se è interessante per me. I marchi devono capire, e molti lo stanno già facendo, che devono offrire qualcosa di interessante ancora prima di offrire il proprio prodotto o servizio, già a livello di comunicazione. Altrimenti, il filo sottile dell’interesse, semplicemente si spezza”. Ceccarelli e Lampugnani (TBWA\Italia) approfondiscono questo aspetto ‘utilitaristico: “I nuovi mezzi hanno un plus incredibile: la risposta! Se dici qualcosa di improprio il passaparola compromette in un attimo la tua comunicazione. Vediamo la potenza di questi media nei movimenti politici che nascono dalla Rete in tutta Europa: la lezione per
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le multinazionali è che quando si entra in questo territorio lo si deve fare con le sue regole, essendo pertinenti e criticabili. Per essere notati in questo nuovo oceano devi essere rilevante e attenzionale, devi fare qualcosa non per te, ma per chi ti ascolta. La vera rivoluzione è proprio il rapporto di ‘utilità’, non solo rispetto al prodotto, e perfino di amicizia che oggi lega marche e consumatori”. La co-creazione della reputazione “Le sempre più diffuse occasioni d’interazione richiedono il coinvolgimento del consumatore in processi di co-creazione - puntualizzano Tina (Compass Italia) e Tumiatti (Cayenne) -. La partecipazione richiede semplicità nella comunicazione, un’apertura mentale e una rapidità di reazione con cui tutti dovranno prendere confidenza. La reputazione di una marca è ovviamente un enorme valore, che la comunicazione deve preservare attraverso la coerenza nella comunicazione. Questo non significa essere monocordi ma coerenti, non monotoni ma riconoscibili”. “Sei efficace se sei interessante. Che tu lo dica bene o male - sottolinea Rovetta (DraftFcb) -. Sei efficace se dici la verità, o quella parte della verità che non ti espone ad attacchi. Se mi dai un servizio o un be-
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‘RCZVIEW’, PEUGEOT (BRAZIL)_ Pascolo (Imille): “Ci sono molte campagne valide del passato, e tutte hanno in comune l’emozione che sono riuscite a trasmettere. Il digitale offre una caratteristica in più, sfruttare le potenzialità di un mezzo potente e in continua evoluzione, come per il lancio della Peugeot Rcz. RczView è infatti un tool che sfrutta Google Street View: si possono indicare il punto di partenza e il punto di arrivo (ad esempio il solito tragitto da casa a lavoro) e rivedere in passo uno tutte le immagini del percorso. Un’operazione semplice che, con un budget limitato, ha generato più di 10.000 tragitti creati e 20.000 view su YouTube in pochissimo tempo”.
neficio, e me lo dici in modo così rilevante da distinguerti. Se fai un’operazione così notevole da farti notare nell’enorme rumore di fondo dei social media e della pubblicità”. “Se si tenta di uniformare una tipologia di messaggio che possa funzionare a prescindere dall’azienda, dal consumatore e dal momento storico - commenta Gusmeo (3Design) , si rischia di fallire. Ritengo che ogni giorno il tono debba cambiare e adeguarsi al momento, al target, al canale utilizzato, all’attualità. Quindi, il tono deve essere duttile per risultare sempre efficace”. “Il tono passa per il mezzo - riprendono Ceccarelli e Lampugnani -, e quando il mezzo è la rete deve essere ulteriormente diversificato e adattato alla molteplicità dei canali: il web, i social, YouTube... Utilizzare un tono o un approccio sbagliato per uno solo di questi vuol dire essere tagliati fuori. E neppure si può usare ovunque lo stesso tono perché anche così si rischia un effetto boomerang. Questo è forse l’aspetto più innovativo della nuova comunicazione: anche in seno a una stessa ‘campagna’ si può avere la necessità di utilizzare toni di voce diversi”. In sostanza, un brand non può arrivare con leggerezza su Twitter o su Facebook, solo perché ‘ci deve essere’: “Se non c’è un elevato indice di engagement -
osserva infatti Brunori (McCann Worldgroup Italia) -, il numero di ‘liker’ diventa del tutto ininfluente, perché si tratta da parte delle persone di puro ‘brand badging’. È solo quando si crea interazione e solo con l’ascolto attivo che si riesce a trovare e mettere a punto un tono di voce che sia perfetto punto di incontro tra la brand equity di una marca e come le persone la interpretano”. Botta, risposta e passaparola “La comunicazione deve puntare a creare alleati del brand e non prede da conquistare - affermano Carcano e Bietti (Zero-Starting Ideas) -. Di conseguenza, il tono deve essere quello di chi cerca consenso non di chi impone la propria immagine. Occorre riconoscere ai propri pari capacità critiche di giudizio, diritto al dissenso e alla critica. Più che strategie assimilabili al militare, occorre corteggiare e sedurre puntando sulla lealtà. Anche nella nuova comunicazione le bugie hanno gambe corte”. Di fatto però, proseguono Carcano e Bietti, “i più scaltri cavalcano l’onda cercando di incidere nelle opinioni e di essere facilitatori di una nuova relazione tra brand e persone, mentre altri litigano con questa logica e fanno autolesionismo: per cui, dopo aver provato a dare la
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parola al consumatore, quando questi ne fa uso o si scontrano su opinioni, commenti e giudizi o chiudono il canale”. Prendendo atto che quando si raccontano storie ormai le persone hanno la facoltà di interromperti, Greco osserva che “quando lo fanno è proprio perché sono interessate! La creatività per suscitare questo interesse, però, dovrà, sempre più, risiedere nel prodotto, perché il marketing sarà molto presto sostituito da algoritmi... E per creare prodotti creativi ci vorranno storyteller e designer capaci di capire i consumatori e costruire storie che fanno la differenza”. “Oggi, i brand hanno la fortuna di poter contare su milioni e milioni di testimonial gratuiti - ricorda Tarussio (White Red & Green) -: i consumatori. Il più efficace strumento di promozione attualmente è il passaparola, meglio se online: blog, forum, siti di consumatori sono molto più letti e creduti rispetto a tutte le informazioni che si possono scrivere in una bodycopy. Non c’è più spazio per i dogmi e le promesse assolute, nessuna marca può più permettersi di guardare il proprio target dall’alto. Per questo cerchiamo sempre di usare toni che avvicinino i nostri clienti al loro pubblico: sicuri di sé sì, primi della classe no. Solo se faremo venire voglia alla gente di conoscerci meglio avremo svolto bene il nostro incarico”. “Oggi, bisogna essere sinceri, essere se stessi - riflette Marini (Lorenzo Marini Group) -. Ma ci vuole umiltà. La marca non può più essere sovrastrutturata e roboante. Non si possono più raccontare storie finte. Siamo nell’era del consumatore che non è per forza ‘critico’, ma sicuramente è intelligente, e usa la sua intelligenza. Nei suoi confronti la marca deve essere vicina, amica, ‘reachable’. Andare su Facebook vuol dire diventare umili e criticabili: ma oggi molte aziende hanno ancora paura, poche accettano davvero il dialogo non avendo capito che sono loro ad aver bisogno del consumatore, non viceversa. L’esperienza negli Stati Uniti mi ha insegnato che in ogni negozio o supermercato ‘you are the customer’, se telefoni a un servizio clienti ti ringraziano: è una mentalità di servizio in cui tutto ruota davvero intorno a te, e non per moda.
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Cosa vuol dire questo per la comunicazione, il linguaggio e il tono di voce da usare? Che servono parole che escano da una bocca profumata, che non ha più l’alito cattivo...”. “I social network hanno segnato l’inizio di una rivoluzione - è d’accordo Celli (Armando Testa) -: i consumatori non sono più compressi in profili socio-economici. Ora
sono le loro passioni a comandare. Non sono mai stati degli stupidi, e oggi più che mai hanno la forza di farsi sentire. Se sono convinti della bontà di una cosa saranno i primi a convincere i loro amici. Non esiste un tono giusto, come non esiste un unico tipo di consumatore. Vincono la verità, il coinvolgimento”.
Le bugie hanno le gambe corte “Qualche mese fa - ricorda Ratti (Enfants Terribles) -, prendendo spunto dalla vicenda Costa Concordia, ho scritto sul mio blog un post intitolato ‘Come l’impietosa forza della tecnologia e dei social network può cambiare la comunicazione’ (www.mizioblog.com, ndr) e che è stato incredibilmente condiviso in rete. In sintesi, affermavo che oggi le marche sono obbligate a essere oneste, sincere, trasparenti”. Onestà, sincerità e trasparenza sono del resto le parole più ricorrenti nelle risposte di ogni intervistato, legando a filo diretto i nuovi media alle tematiche sociali, come asserisce Bertieri (Tribe Communication): “Le informazioni che le aziende forniscono sono sempre più verificabili e i consumatori sono sempre più sensibili ai valori reputazionali dei prodotti e dei brand. Paradossalmente, molte aziende hanno prodotti ricchi di valori etici e operano già comportamenti virtuosi, ma non li comunicano sufficientemente, nonostante i prodotti diventino sempre più performanti e le aziende siano sensibili alla Corporate Social Responsibility”. “La verità è che, grazie a internet, le bugie cominciano ad avere davvero le gambe corte - ritiene Nieddu (Roncaglia & Wijkander) -. Il cliente ti dice: ho questa esigenza, vediamo se la sai soddisfare con il
Roberto Greco, direttore creativo e direttore generale Grey Italy
Nicola Lampugnani, direttore creativo esecutivo TBWA\Italia (sede di Milano)
Nicola Rovetta, creative director di DraftFcb
‘HALFTIME IN AMERICA’,CHRYSLER (WIEDEN +KENNEDY)_ Marini (Lorenzo Marini Group): “La pubblicità non ha memoria: il passato non esiste... Oggi, la comunicazione migliore è come quella di Chrysler (cioè Fiat, ndr) negli Stati Uniti: quella che dice sempre il ‘contrario’, che enfatizza il suo lato più debole. Una pubblicità industriale che si fa più artigianale. È il paradigma che caratterizza la società attuale, dove il ‘normale’ diventa ‘speciale’ (Amici, X Factor..., ndr) e lo ‘speciale’ diventa ‘normale (L’isola dei famosi..., ndr)”.
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Massimo Bietti, direttore creativo Zero-Starting Ideas
Fabrizio Tarussio, direttore creativo White Red & Green
Alberto Damiani, amministratore delegato e direttore creativo Adverteam
tuo prodotto. E tu devi dire la verità: sì o no”. “Essere trasparenti è fondamentale - insiste Bozza (Bcube) -. Per una marca il consumatore è molto più importante dell’agenzia. Riuscire a coinvolgere il consumatore fino al punto di farlo diventare il promotore del brand. Questa è la chiave per una campagna di successo”. “L’elemento determinante per le aziende è la credibilità - indica Bertelli (Publicis) -: non solo per quanto riguarda il prodotto, ma il brand stesso. Oggi, chiunque può andare a controllare cosa effettivamente fa un’azienda. Se corrisponde ai proclami che comunica. I brand devono poter sostenere fattualmente quello che affermano, soprattutto se riguarda il loro approcio ‘filosofico’”. “Chi promette ciò che non può mantenere - dice Pascolo (Imille) - rischia l’effetto boomerang, che, con le reti sociali, è devastante. Essere coerenti con ciò che si propone paga sempre, sia che si tratti di un servizio o di un prodotto”. Il parere di Dorizza (JWT Italia) è che: “Dire la verità non è neppure più sufficiente, perché bisogna comunque prepararsi ad accettare le critiche. Per chi racconta frottole gli attacchi sono fortissimi e immediati, e la gestione delle crisi nate da situazioni non chiare si è dimostrata difficilissima e costosa”.
Un freno alla creatività? “Tutto quel che sta succedendo - secondo Damiani (Adverteam) - ci richiama all’onestà, al fatto che non c’è più la possibilità di essere ‘irrealistici’, di affermare cose non vere o comunque ‘over-promising’, perché l’effetto boomerang è istantaneo”. Un esempio è il sito di Trip Advisor: un hotel o un ristorante possono avere la miglior campagna del mondo, il sito più bello, elegante e funzionale, ma alle recensioni dei consumatori basta un secondo per ‘smascherare’ chi non merita. “Non è più l’epoca del broadcasting, ma delle relazioni e della dialettica, in cui si sa fin dal principio che ci potrà essere un contraddittorio”. Questa possibilità di commentare e intervenire dei consumatori rappresenta una minaccia, o, quanto meno, un freno alla creatività della comunicazione? “Non credo - risponde Damiani -: le critiche, quando ci sono, vertono sui contenuti, non sul trattamento. Dopo aver visto la metafora della bocca che esplode nello spot Vigorsol nessuno si lamenterà mai perché la sua bocca non esplode allo stesso modo... La buona creatività sta proprio nel riuscire a rappresentare le sensazioni in modo simbolico, emozionante, spesso ironico. Ci sono migliaia di modi per
essere creativi rispettando l’intelligenza del consumatore. Dire la verità non è certo un freno: può al massimo rappresentare una scusa per la sua mancanza...”. “Il consumatore è diventato protagonista, è lui stesso che esige di essere coinvolto - gli fanno ecco Ghiso e Cignoni (1861united) -. Questo, però, non significa osare di meno dal punto di vista creativo, perché il nostro lavoro parte sempre da un insight vero, dalla verità sul prodotto. Se questo è il metodo, quindi, il nostro lavoro non cambia e non rischia una creatività ‘inferiore’ o ‘frenata’”. “Se ne parla da un secolo - nota Robiglio (Leo Burnett) -, ma mai come adesso ci servono insight. Se scopro di cosa ha bisogno una persona o un gruppo di persone per sentirsi o stare meglio, oggi ho la possibilità di parlare direttamente con loro e offrire un punto di vista diverso e una soluzione. Se sono concreto, corretto e in qualche modo stimolante, la mia azione è efficace”. Più dubbioso Dorizza: “Parlando di creatività, il pericolo che si corre è effettivamente quello di diventare blandi. Sappiamo che in Italia non brilliamo per coraggio, ma oggi questo rischia di diventare ancora più evidente se chi gestisce le marche non deciderà di premere un po’ di più sull’acceleratore”. nc
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QUELLO CHE (NON) HANNO COME NEL PROGRAMMA DI FAZIO E SAVIANO, ABBIAMO CHIESTO AI CREATIVI LE ‘PAROLE’ PER INDICARE CIÒ DI CUI OGGI SENTONO MAGGIORMENTE LA MANCANZA NELLA PROPRIA PROFESSIONE. ABBIAMO RAGGRUPPATO LE RISPOSTE, NUMEROSE E ARTICOLATE, ATTORNO AI TEMI CHIAVE, ORDINATI ALFABETICAMENTE: AZIENDE, CONSAPEVOLEZZA, CORAGGIO, CULTURA, DETERMINAZIONE, LEGGEREZZA, PROFESSIONALITÀ, TEMPO... VEDIAMOLE NEL DETTAGLIO.
AZIENDE Marini (Lorenzo Marini Group): “Si sente la mancanza di aziende... In tutto il Sud Europa quelli che mancano sono i clienti. La maggior parte delle marche non sono, o non sono più, italiane: un esempio recente è quello di Ducati, venduta ai tedeschi. Mancano gli imprenditori: c’erano gli Zoppas, ora è Electrolux. Abbiamo solo delle navi capitanate da tanti Schettino!”. Greco (Grey Italy): “Manca la possibilità di pensare in grande, perché mancano interlocutori che se ne assumano i rischi e ce lo permettano. Nessuno ha voglia di rischiare... Le idee ci sono, ma devono nascere prima da idee di impresa. La professione del pubblicitario è in fondo sempre la stessa: aiutare chi fa prodotti a venderli. In passato abbiamo avuto creativi-’artisti’ che in realtà vendevano prima di tutto se stessi. Oggi mi sembra non ci siano più personalità così forti, e stiamo tornando a un più sano livello artigianale”. Pascolo (Imille): “Mancano aziende disposte a credere in progetti che vadano al di là delle solite ricerche di mercato che indicano cosa vuole e cosa si aspetta il target.
Imprenditori coraggiosi che vogliano intraprendere progetti di crescita al fianco delle agenzie di cui si fidano, senza metterle (come accade sempre più spesso) in mera competizione fra di loro”. Bozza (Bcube): “Ci vogliono interlocutori e aziende che credano in un progetto di comunicazione e che si affidino all’agenzia per un lungo periodo. Che ci scelgano per costruire insieme un’immagine che duri nel tempo e che sappia differenziarsi dagli altri. E questo non si riesce a fare con mandati one shot”. CONSAPEVOLEZZA Cianciosi e Cortesini (Verba): “Forse ci siamo finalmente lasciati indietro tutti i complessi d’inferiorità che per anni ci hanno fatto guardare all’estero come a una sorta di Eldorado della comunicazione, mentre noi vivevamo ai margini. Oggi i creativi italiani sanno di avere gli stessi strumenti e le stesse capacità dei colleghi stranieri. Non mancano neppure clienti attenti e curiosi, pronti a scommettere su qualcosa di nuovo quando risponde alle loro esigenze di comunicazione. Se non altro per uscire dalla
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morsa soffocante di una crisi che, se costringe a forti riduzioni di budget, porta anche a esplorare nuove strade. Niente scuse, quindi. Se c’è qualcosa che ci manca ancora è forse la capacità di uscire dal nostro ambito ristretto e riconoscerci ancora una volta come produttori di cultura, riprendendoci un ruolo che abbiamo avuto in passato ma che si è via via svuotato negli anni: solo questo può renderci più forti e credibili con i nostri interlocutori”. Nieddu (Roncaglia & Wijkander): “Servirebbe un’idea chiara di dove stiamo andando. Oggi, sono tutti convinti che stiano nascendo mestieri nuovi, a volte incompatibili con il vecchio modo di fare pubblicità. Io credo che sia un’ubriacatura generale, una ricerca disordinata del nuovo per il nuovo. A me sembra sempre che sia pubblicità, solo più articolata, spezzettata, magari più divertente e più bella da fare”. CORAGGIO Tumiatti (Cayenne): “Vorrei, semplicemente, più voglia di sperimentare”. Ratti (Enfants Terribles): “Manca soprattutto il coraggio. Il coraggio di osare in comu-
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Francesco Bozza, executive creative director Bcube
Fausto Nieddu, executive creative director Roncaglia & Wijkander
Mizio Ratti, direttore creativo e partner di Enfants Terribles ed ebolaindustries
nicazione con qualcosa di veramente innovativo, di dire no ai clienti per quanto riguarda le gare super affollate e i compensi al ribasso. Dire no alle multinazionali che guardano solo agli interessi dei network e aprire agenzie proprie”. Tina (Compass Italia): “Sento la mancanza di coraggio. Si tende a rimanere nella normalità per il timore di esporsi troppo. Saranno gli effetti della crisi…”.
mazione, eccellenza e capacità di adattamento. Ci sono ancora troppe resistenze a un cambiamento che è non solo fisiologico, ma anche non più procrastinabile. Inoltre, non abbiamo una cultura della condivisione che ci permetta di dialogare in modo costruttivo tra le diverse agenzie e i rispettivi creativi per fare sistema e riuscire ad affermare in ambito internazionale - come hanno invece saputo fare gli anglo-americani prima, i latini poi e gli asiatici ora - il punto di vista della nostra industry. Sul versante dei clienti la crisi ha causato uno spostamento del focus su azioni prevalentemente tattiche e manca ancora una cultura diffusa sui nuovi touchpoint, quelli digitali in testa”. Carcano e Bietti (Zero-Starting Ideas): “Abbiamo bisogno di apertura mentale. Sembra che nessuno si senta davvero attore della nuova normalità: c’è chi sta di qui e chi di là. I nativi digitali si sentono i profeti della comunicazione d’oggi e di domani ma hanno spesso un dialogo autoriferito; guardano solo il loro ombelico. Hanno creatività e conoscenza della tecnologia ma con lacune sul fronte della psicologia e del senso reale delle cose, come se indossassero degli occhiali che fanno vedere solo la vita virtuale. Gli altri considerano
il digital e il social materia da specialisti da innestare ‘all’occorrenza’ senza capire che occorre sempre, o quasi. Ciascuno si sente detentore del verbo senza capire che uno pronuncia le vocali e quell’altro le consonanti. Deve cambiare la cultura”. Fellegara (Tribe Communication): “Abbiamo l’esigenza di professionisti cross-funzionali, che abbiano in sé esperienze in ambiti di comunicazione differenti, non solo la pubblicità pura. Tribe è un consulente di comunicazione globale, e al suo interno operano senior che fanno della contaminazione culturale tra ambiti diversi (pubblicità, pubbliche relazioni, giornalismo, cultura, ndr) una chiave di volta competitiva e consulenziale. Non si può fare pubblicità efficace senza fare cultura, e la cultura è comunicazione”.
CULTURA Robiglio (Leo Burnett):“Nelle nostre aziende non si reputa la comunicazione l’asset fondamentale del business. È un fatto culturale, che nasce dall’essere un paese di poche grandi aziende a carattere ancora fortemente famigliare e da tantissime piccole realtà a matrice artigianale e dunque legate al prodotto più che al come comunicarlo per farne crescere il valore. Però, francamente, non so cosa augurarmi: perché questa peculiarità italiana rappresenta nel contempo un grande valore, e cioè quello di essere l’unica garanzia di sopravvivenza di un certo modo di intendere l’impresa, il lavoro, la vita”. Brunori (McCann Worldgroup Italia): “Sul fronte delle agenzie mancano cultura, for-
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DETERMINAZIONE Tarussio (White Red & Green): “Ciò che oggi manca più di tutto è, secondo me, la determinazione da parte dei clienti di voler essere ricordati per qualcosa di unico e non per qualcosa di omologante. Ricordo con nostalgia gli sforzi di qualche anno per trovare un plus esclusivo, un elemento differenziante che rendesse il tal prodotto inconfondibile rispetto alla concorrenza. Oggi,
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‘GORILLA’, CADBURY (FALLON LONDON)_ Francesco Bozza (Bcube) : “A parte la campagna Volkswagen di Bernbach e lo spot Apple del 1984 (vedi box pag. 40), ci sono due case-history moderne che hanno, secondo me, cambiato il modo di fare comunicazione: la prima è il Gorilla di Cadbury, primo esempio di un uso illuminato del meccanismo virale. Il secondo è Burger King, con la campagna Whopper Sacrifice… rinunciare a 10 amici di Facebook pur di ottenere un panino è quanto di più rivoluzionario ci possa essere…”.
invece, si ha come la sensazione che i clienti vogliano appartenere a un club che prevede norme di etichetta conformi per tutti i suoi soci. Da qui, la scelta di uno stile ‘come quello di...’, di un posizionamento ‘analogo a...’, di un target ‘in comune con...’”. Bertelli (Publicis): “Ultimamente lavoro molto con l’estero, e se devo comparare con l’Italia quello che ancora manca qui sono ‘facilitatori’ dell’esecuzione creativa, sia in termini di media che di fornitori, sopratutto quando si tratta di activation o brand experience diverse da quelle classiche. In Italia chi si avventura in operazioni innovative si trova a fronteggiare molte difficoltà e risposte tipo ‘non si può fare’”. LEGGEREZZA Celli (Armando Testa): “Manca soprattutto la leggerezza. Colpa anche dei tempi che stiamo vivendo”.
Dorizza (JWT Italia): “È il Dna delle agenzie che è venuto a mancare e che va ricostruito. Il problema è anche economico, legato al denaro che prima c’era e oggi è assai meno: ma c’è il bisogno di riappropriarsi di quell’approccio più leggero e meno ansioso con cui lavoravamo qualche anno fa. Un’altra mancanza, più complessa, è la consapevolezza di star parlando di un business: all’estero clienti e creativi sono preparatissimi su questo fronte; in Italia, non c’è ancora una convinzione diffusa sul fatto che la comunicazione e la creatività possano fare la differenza in termini di marca e fatturato”. PROFESSIONALITÀ Ceccarelli (TBWA\Italia): “I creativi più ‘giovani’ hanno una grandissima voglia di fare ma mancano un po’ di lucidità. Chi entrava in agenzia 10 anni fa era assistente di qualche senior, si occupava di below the line e
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di qualche piccola campagna above. Oggi, si entra immediatamente su brief più impegnativi: una grossa opportunità, ma che rende più difficile farli maturare. Per contro, molti ‘anziani’ non si sono evoluti, e oggi mancano perciò di completezza e di capacità di affrontare a 360 gradi le problematiche di comunicazione. In assoluto, però, credo che ciò di cui più si sente la mancanza sia la professionalità. Premesso che anche per i clienti i processi si sono evoluti e ‘complicati’, in altri paesi, dove forse i pubblicitari sono stati maggiormente capaci di tutelarsi, la relazione fra le parti è all’insegna della partnership: in Italia, continuiamo a essere considerati fornitori. Siamo chiamati a colmare gli spazi indicati ma non sempre quegli spazi sono davvero quelli giusti...”. Lampugnani (TBWA\Italia): “Come dice Geo, quando lavoriamo a una campagna sappiamo già che media useremo: in altre
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‘WHASSUP?’, BUDWEISER (DDB CHICAGO)/’CHANGE’, BARACK OBAMA_ Lampugnani (TBWA\Italia) : “Una campagna di 10 anni fa ancora oggi perfettamente attuale è Budweiser ‘Whassup?’. Puro entertainment che ha avuto già a suo tempo la capacità di diventare virale. Oggi, distinguiamo fra digital e non, ma le idee sono trasversali e in qualche modo trovano da sole la loro vita e il loro media”. Ceccarelli (TBWA\Italia) : “La campagna di Obama è stata la prima campagna davvero crossmediale che è riuscita nel modo migliore a cogliere l’esigenza di utilizzare un tono ad hoc per ogni singolo mezzo, canale o touchpoint, dal dibattito televisivo al territorio. E non è un caso fra i tanti strumenti utilizzati abbia ripreso in una versione ad hoc proprio il film ‘Whassup?’”.
parole, ci troviamo ad adattare l’idea al media che lo veicolerà, anche se dovrebbe essere il contrario! È anche vero che la professionalità non è ancora abbastanza: ma anche questa si è evoluta, e per quanto il mercato italiano sia spesso bistrattato non credo il giudizio negativo sia sempre meritato. Va tenuto presente che il nostro paese vive da diversi anni una fase di rallenty: in Brasile, dove il mercato è in espansione, lo è pure la creatività”. Rovetta (DraftFcb): “Ci vogliono più considerazione e dignità professionale: dal lato di chi ci commissiona il lavoro e dal nostro,
della pubblicità come comparto. E la prima cosa dipende in parte dalla seconda. Trovo che per troppo tempo i parametri siano stati la superficialità di un giudizio più da mondo della moda che da settore professionale. Non esistono certificazioni di competenza, non esistono riconoscimenti, non dico accademici, ma neanche di ordine professionale. Se un giovane vuole formarsi per essere migliore del se stesso di dieci anni prima non fa altro che guardare Archive. Ma è tutto qua? Poi è ovvio che la regola è il precariato. Se la tua professionalità non è scalabile, un giovane costa meno di te, e ti so-
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stituisce per un banale calcolo aritmetico. Il digitale cambia in parte anche questo: si porta dietro delle discipline, delle scienze vere e proprie come l’architettura dell’informazione, lo studio dell’esperienza dell’utente, l’usabilità, che possono essere studiate e mostrate in un portfolio di competenze e non solo di campagne. La mia visione, quello che chiamo User Centered Advertising, prevede che serviranno anche per la ‘pubblicità’”. TEMPO Gusmeo (3Design): “Vorrei più opportunità per realizzare davvero delle belle cam-
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Alex Brunori, executive creative director McCann Worldgroup Italia
Alessandro Fellegara, amministratore delegato Tribe Communication
Geo Ceccarelli, direttore generale e direttore creativo esecutivo della sede di Roma di Tbwa\Italia
pagne, di tempo per sperimentare e confrontarsi con il cliente, budget sufficienti per poter remunerare il lavoro nella maniera corretta e soddisfacente per tutti ma,
in primis, più organizzazione: oggi, la frenesia e l’esigenza di realizzare campagne dell’ultimo minuto non permettono di organizzare il processo creativo in maniera
corretta, a scapito sia del cliente sia dell’agenzia”. Ghiso e Cignoni (1861united): “Oggi, ci manca soprattutto il tempo. Tutte le grandi campagne richiedono tempo: Nike ‘write the future’, o Canal+ ‘The Bear’ nascono con tempi dilatati. Se avessimo più tempo potremmo ambire anche noi a produzioni di quel livello qualitativo. Serve più tempo anche per l’analisi e la strategia. Il cambiamento c’è stato infatti anche da questo punto di vista: se una volta per un cliente si facevano una o due produzioni all’anno, oggi i ritmi di produzione, così come di consumo dei media, sono impazziti. Su YouTube c’è il filmato di un famoso esperimento in cui è stato chiesto a un gruppo di bambini di disegnare un orologio a partire da pochi punti su un foglio di carta. Quando i bimbi hanno avuto 5 minuti per farlo i risultati, pur con qualche differenza grafica, si assomigliavano tutti. Quando gli hanno dato mezz’ora, partendo dalla stessa identica traccia, sono venute fuori cose fantasiose e bellissime. Senza il tempo sufficiente si è costretti a ‘fermarsi’, e questo è un tasto che ancora i clienti non percepiscono”. nc
‘MOUNTAIN’, SONY PLAYSTATION (TBWA\LONDON)_ Ceccarelli (TBWA\Italia) : “Professionalmente, 10 anni fa la televisione era il top: un esempio in particolare è lo spot Playstation ‘Mountain’ che raccontava il gioco e la socialità con un linguaggio per l’epoca dirompente e innovativo. Oggi, è molto più difficile: la tv e la stampa sono molto più cliché, mondi con meccanismi stereotipati, sempre uguali ed egoriferiti”.
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THE FUTURE NOW COME SARÀ LA CREATIVITÀ DEL PROSSIMO FUTURO? QUALI PARADIGMI O QUALI APPROCCI SARANNO DOMINANTI NELLE STRATEGIE MESSE IN CAMPO DALLE AGENZIE PER PORTARE AL SUCCESSO I BRAND? RISPONDERE CON CERTEZZA È DIFFICILE, PERCHÉ NESSUNO POSSIEDE SFERE DI CRISTALLO O DOTI DI CHIROMANZIA, MA ALCUNI CONCETTI RITORNANO CON INSISTENZA, COME CREDIBILITÀ, SOSTENIBILITÀ DELLE PROMESSE, INTRATTENIMENTO E, OVVIAMENTE, CENTRALITÀ DELL’IDEA.
Per tirare le somme, l’ultima domanda posta ai nostri interlocutori è rivolta al futuro: quali saranno i punti chiave sui quali si dovrà fondare l’approccio creativo per comunicare il valore dei brand? “Gli ingredienti di base della comunicazione dei brand non cambieranno - sostengono Ceccarelli e Lampugnani (TBWA\Italia) -, ma quel che prenderà il sopravvento sono i suoi valori rispetto ai plus del prodotto: non più l’effimero, ma la polpa, il pensiero di marca, la credibilità per generare consenso e l’interazione per avere risposte. Far sognare ed essere utile non sono aspetti contrapposti: ma tutto dipenderà da quanto le marche saranno oneste e credibili, davvero capaci di mettersi al livello dei propri consumatori. L’importante, sia sul lato agenzia sia sul lato cliente, sarà scongiurare la paura di sbagliare che ancora blocca molti progetti: meglio fare un errore e imparare qualcosa di nuovo che non rischiare neppure”. Su questo aspetto insiste Pascolo (Imille): “Creare storie coinvolgenti come in passato. Lavorare su progetti ad ampio respiro e a lungo termine che prevedano il superamento del concetto di media pianificato pri-
ma della creatività. Credere in progetti innovativi e - alle volte - avere il coraggio di rischiare al di là delle ricerche di mercato. Divertirsi e far divertire”. “Per essere credibile - aggiunge Marini (Lorenzo Marini Group) - la pubblicità dovrà avere un messaggio, non solo un prodotto. Il futuro della marca è diventare sociale, sostenibile, filosofica”. Tarussio (White Red & Green) e Ratti (Enfants Terribles) si giocano un terno secco fatto di “interazione, vicinanza, sincerità”, uniti a “intrattenimento e capacità di coinvolgimento”. “‘Be loved, or at least be respected’ - è la massima proposta da Ghiso e Cignoni (1861united) -. Ci viene in mente il caso di McDonald’s che ha chiesto ai suoi consumatori di esprimere via Twitter cosa pensassero del brand, ricevendo una valanga di messaggi negativi! Naturalmente è difficile per qualsiasi marca essere immediatamente ‘amata’, ma per arrivarci deve essere comunque rispettata. Ma il rispetto si ottiene solo con la verità e la sincerità, ed è questo il principio che oggi e in futuro sempre di più sarà alla base di ogni comunicazione. L’enga-
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gement, altra parola che ben rappresenta il futuro della comunicazione, non funziona se non è costruito su qualcosa di vero”. Alessandro Egro, responsabile nuovi linguaggi Tribe Communication, specifica ulteriormente: “Solo i prodotti e le marche portatori di valori ben definiti e comunicati con chiarezza riusciranno a mantenere i loro consumatori. Valori sensibili, valori che toccano la gente e che costituiscono un’identità riconoscibile che tocca le corde profonde dei consumatori. Senza valori e identità, non c’è rapporto qualità/prezzo che tenga: i prodotti diventano intercambiabili”. “Il punto chiave per i brand - osserva Bertelli (Publicis) - sarà sempre più la credibilità e la sostenibilità delle loro promesse alte. Il consumatore dice: ‘Ok. Mi hai emozionato. Ora vediamo se quello che hai detto è vero’". Persone, contenuti, esperienze “Il nuovo approccio creativo - ritiene Gusmeo (3Design) - dovrebbe basarsi sulla capacità di intercettare ogni singolo utente in ogni momento del giorno, per colpire un target specifico in maniera multicanale, sia in
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Paolo Pascolo, creative director Imille
Alessandro Egro, responsabile nuovi linguaggi Tribe Communication
mobilità sia nella propria abitazione: la comunicazione deve poter parlare al destinatario secondo le sue esigenze specifiche, i suoi gusti e i suoi umori del momento. Questo è l’approccio futuro”. Secondo Cianciosi e Cortesini (Verba), “il futuro apparterrà ai brand che riusciranno a mettere in discussione alcune verità totem come ‘la comunicazione a 360 gradi’... Avranno successo quelli che capiranno che ogni mezzo presuppone delle persone differenti a cui parlare e che, trovata una platform idea forte alla base, saranno in grado di differenziare al massimo i propri messaggi, intercettando i propri interlocutori senza interrompere i loro interessi, ma per mezzo dei loro interessi. Saranno vincenti le strategie e le comunicazioni che non avranno come scopo quello di ‘colpire’ un ‘target’, ma quelle che riusciranno ad affiancarsi a degli individui peculiari, dotati sicuramente di intelligenza e probabilmente anche di ironia dicendogli: ‘Hey, sai che ci piacciono le stesse cose? Magari possiamo fare un po’ di strada insieme’. “Le persone sono il nostro orizzonte - conferma Robiglio (Leo Burnett) -. Noi dobbiamo lavorare perché chi produce e chi ac-
quista, finalmente insieme anche grazie al web, condividano e nutrano progetti, cambiamenti, soluzioni che determinano progresso per tutti nel mondo. Non a caso noi di Leo Burnett ci siamo dati uno strumento cognitivo il cui nome è Humankind”. “La prossima grande rivoluzione - è il parere di Greco (Grey Italy) - sarà quella di creare ‘prodotti’ anziché campagne: un medium, un’applicazione, un luogo dove si parla di marca, un’innovazione di prodotto. Il prodotto diventerà al tempo stesso mezzo e comunicazione. Ma a patto di capire cosa la gente si aspetta e di essere in grado di darglielo attraverso una relazione onesta, sana e trasparente, utile e capace di far vivere un’esperienza”. “Il futuro è legato al nuovo territorio delle esperienze - insiste Dorizza (JWT Italia) -, al passaggio dal ruolo passivo a quello attivo del consumatore. La chiave sarà nell’intrattenimento, che è sempre stato fondamentale, ma che d’ora in avanti dovrà essere più mirato e capace di generare engagement”. La cara, vecchia idea Una folta schiera di creativi continua a ritenere che al centro di tutto, come dice Nied-
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du (Roncaglia & Wijkander) ci sarà sempre “l’idea, la forza della vecchia e cara idea”. “Le idee, ancora le idee, saranno importanti - ribadisce Celli (Armando Testa) -. E dovremo continuare a essere ‘insightful’. Coinvolgere sempre di più e incontrare i consumatori soprattutto in momenti e in modi meno convenzionali di quelli utilizzati finora”. “L’originalità del pensiero - sintetizza Tumiatti (Cayenne) - esplosa in tutti i canali possibili”. Anche secondo Bozza (Bcube) serviranno “grandi idee. Che siano percepite come grandi dai consumatori e non solo dagli addetti ai lavori. Idee che hanno bisogno solo di una minima parte di pianificazione media. Minima e mirata. Il resto lo faranno i consumatori stessi, anche grazie alla velocità della tecnologia”. Carcano e Bietti (Zero-Starting Ideas) puntano l’indice sui partner di comunicazione delle marche, che dovranno essere capaci di “collocarsi a monte e servire vere ‘starting ideas’, grandi idee strategiche e creative capaci di creare il turnaround del brand e ricreare sintonia con la nuova normalità. Che ormai tanto nuova non è più, ma è comunque capace di stabilire chi buttare giù dalla torre”. “Ascolto attivo, engagement, storytelling, contenuti liquidi, granularità, multicanalità, crowdsourcing, contemporary art, tech-awareness... - elenca Brunori (McCann Worldgroup Italia). - Sono allo stesso tempo punti, parole chiave e modi di interpretare la nostra professione. E ovviamente, prima di tutto e come al solito, idee”. La raccomandazione conclusiva è di Rovetta (DraftFcb): “Non pensate ‘nella scatola’ - esorta -. Creativi e agenzie, non fate come le case discografiche all’inizio del secolo, nell’era dell’mp3, ostinandovi a pensare che il vostro mondo resisterà. Voi resisterete, se capirete che il vostro mondo è cambiato. Ma il vostro mondo non è più lo stesso. Non bisogna averne paura, bisogna solo capire che gli orizzonti sono più ampi, e che le opportunità all’interno del mercato pubblicitario non sono più sufficienti. Non bisogna uscirne per abbandonarlo, ma per avventurarsi anche al di fuori”. nc
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CANNES, LA CREATIVITÀ ITALIANA FA SISTEMA DALLA KERMESSE MONDIALE DELLA COMMUNICATION INDUSTRY L’OPPORTUNITÀ ANCHE PER L’ITALIA DI CREARSI UNA REPUTAZIONE CREATIVA SFIDANTE OLTRE CONFINE. L’UNIONE FA LA FORZA, A CANNES PIÙ CHE MAI, E PER LA PRIMA VOLTA ANCHE IL NOSTRO PAESE SI PRESENTA COME UN’UNICA GRANDE SQUADRA. I GIURATI ITALIANI SI SONO PREPARATI AL MEGLIO PER DIFENDERE LE CAMPAGNE TRICOLORE IN CONCORSO. 494 LE ISCRIZIONI DALLO STIVALE, OLTRE IL 50% IN PIÙ RISPETTO ALL’ANNO PASSATO. DI MARIA FERRUCCI
Con 34.301 iscrizioni da 87 paesi si alza il sipario sulla 59esima edizione del Cannes Lions International Festival of Creativity. E l’Italia non sta a guardare. Per la prima volta quest’anno anche il nostro Paese, al pari del resto del mondo, ha cercato di fare sistema per arrivare preparato a
giocare la partita più importante per la communication industry mondiale con 494 progetti iscritti. Una crescita globale del 19%, verso le 28.828 iscrizioni dell’anno passato, quella dei progetti pronti a competere nelle 15 categorie della kermesse: Creative Effectiveness, Cyber, De-
sign, Direct, Film, Film Craft, Media, Outdoor, PR, Press, Promo & Activation, Radio, Titanium & Integrated and the new Mobile and Branded Content & Entertainment Lions categories. “La communication industry si sta muovendo alla velocità della luce, così come evidenziato dal
CANNES 2012_LE CAMPAGNE ISCRITTE Categorie Creative Effectiveness Cyber Lions Design Lions Direct Lions Film Lions Film Craft Lions Media Lions Mobile Lions Outdoor Lions PR Lions Press Lions Promo & Activation Lions Radio Lions Titanium and Integrated Lions Branded Content & Entert Lions TOTALE
2009 2.205 1.139 1.364 3.453 1.840 4.498 431 5.048 1.118 1.153 403 22.652
2010 2.602 1.297 1.441 3.191 1.110 2.162 3.822 571 4.820 1.595 1.235 396 24.242
2011 142 2.835 1.774 1.858 3.310 1.322 2.895 4.490 819 5.415 2.125 1.363 480 28.828
2012 92 2.458 2.182 2.357 3.475 1.721 3.247 965 4.843 1.130 6.056 2.674 1.784 517 800 34.301
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Delta 2012 vs 2011 -35% -13% +23% +27% +5% +30% +12% n/a +8% +38% +12% +26% +31% +8% n/a +19%
Italia 2011 2 32 22 10 56 13 35 38 7 64 18 25 6 328
2012 0 21 19 32 87 24 38 11 41 37 101 42 24 5 12 494
Delta -100% -34% -13% +220% +55% +84% +8% n/a +8% +428% +58% +133% -4% -4% n/a +51%
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grande numero di iscrizioni nella nuova categoria Mobile and Branded Content & Entertainment Lions - ha dichiarato Philip Thomas, ceo del Festival -. E dalle entry di quest’anno è altrettanto interessante osservare il buono stato di salute di media più tradizionali come Radio, Film e Press. Sono sicuro che ancora una volta i vincitori del Festival ispireranno e stimoleranno l’intera industry, mostrando le infinite possibilità creative nella comunicazione di marca”. Oltre il 50% in più rispetto ai 328 del 2011 le campagne tricolore in concorso quest’anno. La Stampa è in testa con 101 entry in crescita del 58% rispetto alle 64 del 2011. Iscrizioni in calo nelle sezioni Radio, Cyber, Design, Titanium and Integrated. Un trend positivo soprattutto nelle categorie in cui è presente il giurato italiano. Esponenziale la crescita dei progetti iscritti in Rp (+428%) e raddoppiate le presenze nel Direct (+220%), come pure le campagne di Promo&Activation cresciute del 133%. Anche in Film l’Italia aumenta le iscrizioni passando dalle 56 del 2011 alle attuali 87 (+55%). Nelle due categorie al debutto quest’anno l’Italia conta 11 iscrizioni nel Mobile e 12 in Branded Content & Entertainment. Nessun iscritto invece nella categoria Creative Effectiveness. Un segnale importante quello che arriva dalla partecipazione italiana all’imminente edizione del Festival. Un maggiore numero di iscrizioni e un coinvolgimento senza precedenti dei nostri creativi per fare sistema e arrivare sulla croisette con una strategia di squadra per sostenere i progetti in gara. Le associazioni di categoria, in primis l’Adci, si sono attivate per creare le condizioni necessarie alla massima condivisione
tra gli addetti ai lavori di idee e valori che supportano le campagne in corsa per gli ambiti leoni, con lo scopo di preparare al meglio i giurati italiani che ne dovranno difendere la validità. Ne è un esempio Goodfellas, progetto promosso dall’Adci, che ha riunito in modalità reale, con incontri, e virtuale, con un profilo chiuso su Facebook, i direttori creativi delle agenzie italiane creando lo spirito di squadra che è sempre mancato al nostro Paese. Ed è solo il primo passo per Massimo Guastini, presidente Adci, una sorta di numero zero, da cui ripartire con la stessa determinazione al termine del festival realizzando una serie di attività in vista della prossima edizione di Cannes Lions che ci permettano di avere lo stesso approccio competitivo degli altri Paesi. Tante le migliorie da apportare al modo di affrontare la kermesse. Prima fra tutte un’adeguata preparazione nella realizzazione della case history. Due minuti in cui raccontare l’intero progetto dal brief ai risultati. Una presentazione che molte volte è più efficace della campagna stessa nella corsa ai leoni. Per Raffaella Bertini una buona case history promette almeno una shortlist. Filomena Rosato fa notare come anche Assorel si sia attivata organizzando workshop per i propri associati per spiegare loro l’ottica strategica con cui va preparata la presentazione dei lavori da iscrivere al festival, ricorrendo alla consulenza di ex giurati nella categoria rp come Giorgio Cattaneo o Andrea Cornelli che hanno illustrato le campagne in concorso gli anni precedenti. Da qui, la necessità di un confronto tra creativi che avvenga prima della scadenza del termine d’iscrizione del-
I GIURATI ITALIANI A CANNES_ Film_Isabella Bernardi, vice direttore creativo Y&R Group PR_Filomena Rosato, presidente FiloComunicazione Direct_Davide Boscacci, direttore creativo associato Jwt Italia Promo & Activation_Raffaella Bertini, head of digital planning Leagas Delaney Media_Isabelle Harvie Watt Clavarino, country manager Havas Media Italia
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le campagne. O ancora, come sottolinea Davide Boscacci, potrebbe essere importante prendere spunto da ciò che avviene all’estero e creare attività di promozione della creatività italiana come ha fatto il Sud America che, sponsorizzato da un editore, ha raccolto in una brochure tutte le campagne sudamericane iscritte quest’anno al Festival. Fare sistema è dunque una condizione fondamentale per essere realmente competitivi in arene internazionali come il Festival di Cannes, e anche l’Italia si sta muovendo in questa direzione. Fermo restando che alla base di tutto ci devono essere idee innovative e forti insight perchè un progetto sia meritevole di leoni, precisa Isabella Bernardi che in passato ne ha vinti due (uno dei quali con il film ‘Gandhi’ per Telecom Italia). E la categoria in cui, complice anche la rivoluzione in atto nel mercato della comunicazione, servono ora più che mai idee forti è, secondo Isabelle Harvie Watt Clavarino, il Media. Quest’anno, nonostante la spinta di AssoComunicazione, sono aumentati di poco i progetti iscritti passando dai 35 del 2011 ai 38 dell’imminente edizione. Chissà che la presenza di un presidente di giuria italiano, Mainardo De Nardis, non agevoli la corsa dei progetti tricolore proprio nella categoria Media. Molta fiducia è stata data sicuramente ai giurati italiani in partenza, visto il considerevole aumento delle campagne iscritte proprio nelle categorie dove l’Italia è rappresentata in giudizio. Tra le campagne italiane in corsa per un metallo, citate all’unanimità come potenziali leoni case history, alcune già pluripremiate, come: ‘The Beauty of a Second’ di Leo Burnett per Montblanc International, ‘Angry Birds’ per TMobile e ‘CooorDown’ per la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down entrambe di Saatchi&Saatchi, ‘Sunrise’ di Publicis per Heineken, ‘Bathroom’ di 1861united per Ikea, ‘Danacol adotta un paese’ di Y&R Group per Danone. In evidenza, anche la campagna di lancio realizzata da PianoB per Bladna Mobile o ‘Play on the way’ di AdmCom per il Casinò di Campione, ennc trambi in Promo&Activation.
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LA CREATIVE INNOVATION DEL GRUPPO RONCAGLIA PER AFFRONTARE L’EVOLUZIONE DEL MERCATO E LE SUE NUOVE ESIGENZE, RONCAGLIA & WIJKANDER HA, NEGLI ULTIMI ANNI, CAMBIATO TOTALMENTE FORMA, TRASFORMANDOSI IN UN GRUPPO, COSTITUITO DA SEI AZIENDE IN ALTRETTANTI SETTORI DELLA COMUNICAZIONE. IL GRUPPO OFFRE OGGI SOLUZIONI DI COMUNICAZIONE INTEGRATA A SECONDA DELLE ESIGENZE DEL CLIENTE. IL TUTTO ALL’INSEGNA DELL’INNOVAZIONE E DELLA CREATIVITÀ. DI ILARIA MYR
Da pura agenzia di pubblicità a gruppo di comunicazione integrato, in grado di offrire soluzioni ad ampio spettro, al passo con i tempi. È questa l’importante trasformazione che ha portato l’agenzia romana Roncaglia & Wijkander a diventare il Gruppo Roncaglia. Come spiega in questa intervista Armando Roncaglia, presidente del Gruppo.
sull’innovazione e sulla creatività, andando a caccia di professionalità giovani, spesso formate all’estero, che oggi ci permettono questo approccio differente, moderno, innovativo e interdisciplinare. Qual è il risultato di questa trasformazione? Il Gruppo Roncaglia è composto oggi da sei aziende: Roncaglia & Wijkander esiste da 37 anni e si occupa di pubblicità nel senso più ampio del termine, ha il centro media interno ed è il punto di riferimento strategico del Gruppo Roncaglia; Lindbergh è specializzata in comunicazione one-to-one (Crm, corporate, promozioni e incentive, direct, loyalty program); Endeavour, invece, è focalizzata su tutto ciò che riguarda il mondo digital, con particolare riferimento al social; Ultra si occupa di pianificazioni sui media digital, Sem e Seo; Indigo è focalizzata sulla comunicazione sul punto vendita; Hypatia, l’ultima nata, è una società di ricerche basata anch’essa sull’innovazione (web usability test, mistery shopping, eye-tracking, ottimizzazione dei siti di e-commerce, pre-test e post-test campagne, ecc.). Le aziende possono muoversi singolarmente o integrate
Negli ultimi cinque anni, la sua agenzia ha messo in atto un’evoluzione importante: ce la può raccontare? In questi anni abbiamo operato una trasformazione fondamentale: da agenzia a servizio completo Roncaglia & Wijkander, siamo diventati Gruppo Roncaglia. Abbiamo affiancato alla storica struttura altre cinque sigle che completano il bouquet di offerta, ognuna di esse infatti copre uno specifico settore della comunicazione. Abbiamo puntato
Armando Roncaglia, presidente Gruppo Roncaglia
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tra loro, a seconda delle situazioni, dei clienti, delle opportunità.
un’unità alla narrazione, nella diversità e nella polverizzazione dei mezzi.
Cosa l’ha spinta a intraprendere questo percorso? Quali sono a suo avviso le maggiori sfide che un’agenzia di comunicazione deve affrontare? Abbiamo dovuto fare i conti con un mercato che cambiava rapidamente. Si sono evoluti i consumatori e, di conseguenza, il marketing; perciò oggi dobbiamo ragionare in termini sempre più innovativi. Dovremo affrontare questo continuo cambiamento, facendo fronte con un costante adeguamento, che significa crescita obbligatoria, innovazione, pensare sempre un po’ più avanti per anticipare quello che succederà. Mutuando Darwin, nell’evoluzione, sopravvive solo chi è capace di adattarsi. La grande sfida della comunicazione sarà ridare
Quali sono gli elementi che caratterizzano il ‘nuovo’ Gruppo Roncaglia? Quanto pesa l’integrazione di competenze, approcci e mezzi? Oggi il cliente è sempre di più protagonista nella creazione del valore della marca. Le nuove frontiere dell’Ugc (User Generated Content), del crowdsourcing, dei flussi di micro blogging, impongono una totale rilettura delle vecchie strategie che vedevano il consumatore passivo spettatore di messaggi creati in luoghi distanti dalla sua esperienza. Oggi questo non è più possibile ed è quindi necessario che il presente diventi parte integrante del nostro lavoro. Questa è la nuova sfida del nostro Gruppo, che intende proporre alle aziende nuovi paradigmi comunicativi, che sappiano strategicamente bilanciare nuovi modi di coinvolgere il consumatore in un’esperienza con la marca e il prodotto in cui sia protagonista attivo.
Screenshot del sito A Class Zone realizzato per Mercedes-Benz
A sinistra, frame dalla campagna ‘A Mani Ferme’ di Save The Children. A destra, frame dal film ‘La passione per il vino siciliano’ per le Cantine Siciliane Riunite
Parliamo di clienti: quali sono i principali new business che avete guadagnato anche grazie al nuovo approccio? Mercedes-Benz e Smart, per cui curiamo la gestione di tutte le attività internet, social network, Crm, direct marketing; PlayStation, che ha visto moltiplicare i contatti sulla pagina Facebook a oltre 180.000 in poco tempo; Bulgari, che va a completare una già vasta esperienza sul luxury; nel settore assicurativo MetLife, per cui abbiamo curato un’operazione di incentivazione della rete; la prestigiosa Università Lumsa; Shenker, con cui abbiamo iniziato l’operazione di rilancio della famosa ‘Total English Experience’; Cantine Siciliane Riunite, uno dei primi produttori di vino in Italia; e poi Telepass, Telecom e Zalando, per quanto riguarda le ricerche. Sono le nostre più recenti acquisizioni, tutti clienti che abbiamo conquistato grazie all’innovazione, alla completezza, alla capacità di avere una visione unica all’interno dei mille rivoli della diversificazione. Come affronterete il futuro? Il nostro obiettivo non può che essere quello di crescere come gruppo indipendente, italiano con una visione globale. È la nostra realtà di cui andiamo orgogliosi e che è stata uno dei nostri marchi di fabbrica fin dalle origini più di trenta anni fa. Vogliamo espanderci, magari acquisendo altre realtà che possano portare all’interno del Gruppo professionalità e specificità in grado di migliorarci. nc
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IL REAL TIME È ONLINE GRAZIE A FUN L’USO DEL DIGITALE E DI APPLICAZIONI ALL’AVANGUARDIA HA PERMESSO A FUN DI ORGANIZZARE, IN TEMPI MOLTO RISTRETTI, L’EVENTO DI COMUNICAZIONE AZIENDALE UNILEVER EUROPA: UNA CONVENTION TUTTA ONLINE, CHE HA COINVOLTO I DIRETTORI E I TEAM DEI BRAND DEI DIVERSI PAESI EUROPEI DOVE È PRESENTE LA MULTINAZIONALE. UN SUCCESSO, GRAZIE A UN SAPIENTE SISTEMA DI VIDEO-COMUNICAZIONE, CHE HA FATTO SÌ CHE LA LONTANANZA FOSSE SOLO UN FATTO GEOGRAFICO. DI FRANCESCA FIORENTINO
Un evento, lo si sa, può essere un’efficace leva di comunicazione, in virtù della sua capacità di coinvolgere, in prima persona, il target. Se poi riesce a farlo, nello stesso momento, con centinaia di persone in tutta Europa, ecco che la sua capacità comunicativa si moltiplica enormemente. È il caso dell’evento di comunicazione Unilever Europa, realizzato da FUN, che si è aggiudicata l’incarico a seguito di una gara. L’obiettivo era chiaro: coinvolgere le sedi estere senza creare un evento fisico, ma un’iniziativa innovativa, differente rispetto alla classica conference call aziendale.
FUN annovera un team di professionisti del mondo delle nuove tecnologie e sistemi di comunicazione, che consente di offrire ai clienti un ventaglio sempre più esteso di ser-
vizi ad alto valore aggiunto. Partendo dal concetto che la tecnologia riduca le distanze, ecco il nostro evento: abbiamo ridotto le distanze tra le sedi estere del cliente facendo sentire tutti i partecipanti nello stesso posto pur essendo lontani migliaia di km. Il tutto, grazie a nuove tecnologie e alla realizzazione di una produzione esclusiva. Qual è stato il brief dell’azienda e quali gli obiettivi che desiderava raggiungere? L’evento di comunicazione Unilever Europa è il momento di presentazione dei lanci e delle strategie di comunicazione dei prodotti. Una vera e propria convention che si svolge ogni anno, a Roma. Il nostro cliente, da brief, chiedeva di trovare il modo di coinvolgere le proprie sedi estere senza creare però un evento fisico, nel modo più facile, sicuro e coinvolgente possibile e che uscisse dagli schemi della classica conference call. La richiesta iniziale comprendeva la realizzazione di contenuti multimediali per ogni singolo brand da condividere in real time e la possibilità di vivere dei momenti di Q&A. Ci piace sottolineare, anche se oramai non è più una novità, purtroppo, che era stato
Qual è l’idea creativa vincente che ha fatto aggiudicare a Fun la gara per l’evento di comunicazione Unilever Europa? Questa volta, la chiave di accesso sul cliente non è stata l’idea creativa, bensì l’affidabilità e la credibilità dell’agenzia che ha correttamente interpretato un’idea rivoluzionaria del top management Unilever.
Pier Paolo Roselli, partner & general manager FUN
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previsto lo ‘start’ il 5 aprile dopo aver ricevuto il brief il 26 marzo. Il nostro primo obiettivo è stato produrre e realizzare un evento di successo in meno di 20 giorni. Quale location è stata scelta per l’evento e perché? La location era l’etere. Quella fisica, da dove far partire il collegamento e da dove gestire la regia di questo evento, è stata la sede Unilever di Roma. Abbiamo pensato che dovendo realizzare per il top management qualcosa fuori dagli schemi sarebbe stato meglio far sentire i partecipanti il più possibile a proprio agio e quindi a casa propria. Un evento così innovativo richiedeva comunque la vicinanza con il cliente, per poterlo rendere il più ‘taylor made’ possibile visto anche il poco tempo a disposizione. Come è stato sviluppato nel dettaglio il progetto? A quale target era rivolto? Il target erano i direttori e i team dei diversi brand delle sedi estere Unilever. Come primo passo, abbiamo creato la regia, spalla a spalla con il cliente, una vera e propria ‘scaletta’ di quelli che normalmente, in una convention fisica, sarebbero stati gli interventi sul palco con i relativi presentatori. Poi li abbiamo trasformati in contenuti multimediali, dividendo la conference in quattro momenti di videoproiezioni. Per ognuno dei brand abbiamo realizzato ‘interviste ad hoc’ con tecnologia ‘green screen’, così da poter inserire immagini, slide di power point e animazioni grafiche. La difficoltà maggiore è stata utilizzare scenari virtuali e raggiungere lo stesso risultato di una convention live, in cui un relatore parla con contributi gestiti da una regia in real time. È stato realizzato tutto prima, come uno show televisivo preregistrato, ma gestito poi live, con un presentatore d’eccezione, VP BD Ice Cream Europe. Una volta finiti i video-shooting dei brand è iniziata la fase di montaggio e post produzione. Tre giorni non stop di editing, renderizzazioni ed esportazioni di filmati. In parallelo, è stata creata un’applicazione che avrebbe consentito, dal vivo e in tempo reale, di proiettare, condividere e gestire i contenuti da noi realizzati con i
Tommaso Fochi, creative director FUN
Manuela Nunnari, project manager FUN
Paesi collegati. Durante l’evento, durato circa cinque ore, il top management, al fine di aumentare il livello di engagement ed enjoyment, ha creato vari concept per collegare i diversi brand. Tutti i presentatori erano ‘visualizzati’ in location diverse per sottolineare il grande vantaggio del mondo digital, che permette di connettersi ovunque e con chiunque. Nel mezzo, alla fine di ogni proiezione, lo spazio per le Q&A dalle altre sedi, attraverso video chat e domande gestite in real time al pari di una classica convention. Il tutto gestito da una regia fisica e digitale con il contributo di relatori che hanno vestito i diversi colori interpretando il mood di ogni brand.
Parliamo dell’applicazione che ha consentito di mettere in videocomunicazione interattiva e multilingua utenti remoti attraverso la creazione di una ‘stanza virtuale’. Come è stata sviluppata? È stata la base su cui costruire questo evento innovativo e unico. Siamo partiti da una conference call sino ad arrivare a una vera e propria convention multimediale, interattiva e multilingua, la prima forse. Questo, grazie appunto alla consulenza dei nostri partner esclusivi per questo tipo di tecnologia e di format evento. Rigorosamente in lingua inglese, l’applicazione ha consentito anche ai presenti in sala di rispondere alle domande di chi, dall’estero, necessitava di chiarimenti, delucidazioni o curiosità da colmare.
Qual è stato il ruolo della vostra agenzia? Abbiamo lavorato a più di 360 gradi. Il nostro ruolo è stato quello di creare i contenuti e il loro flusso, in parallelo con la gestione del partner che ci ha fornito le soluzioni e la consulenza per tutto quello che riguardava l’applicazione tecnologica e il suo utilizzo. Il team FUN, supervisionato da Pier Paolo Roselli, partner & general manager, è stato formato da Manuela Nunnari, project manager e da Tommaso Fochi, direttore creativo. Fondamentale, il contributo di graphic designer e video maker coordinati da Sofia Piomboni in qualità di art director per la creazione e l’adattamento dei contenuti video ‘green screen’ realizzati nella fase di pre e post produzione in collaborazione lo Shooting Studio di Gianluca Roselli.
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Quali sono stati i risultati raggiunti? Il primo risultato è stato sicuramente la soddisfazione del cliente e nostra, per un progetto che non aveva precedenti, da cui prendere spunto. Un grande risultato, molto apprezzato dalle sedi estere e dal board Unilever. Segue di pari passo la consapevolezza di essere stati realmente consulenti spalla a spalla con il cliente e di aver sviluppato e portato a termine il progetto in un tempo così ridotto. E poi, i Paesi esteri collegati online e in contemporanea su un unico server, più di 12 ore di shooting e 36 di montaggio ed editing, oltre 150 domande gestite in real time, una squadra di 12 persone tra cui due professionisti provenienti dall’estero. Insomma, “If you have to do it, do it with Fun!”. nc
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CON ICMOVING L’OUTDOOR TV È HD ALTAMENTE FLESSIBILE, PERSONALIZZATO, SEMPRE AGGIORNATO, RICCO DI INFORMAZIONI, INTRATTENIMENTO E PUBBLICITÀ, CAPACE DI CATTURARE L’ATTENZIONE DEI VIAGGIATORI NEI PUNTI DI MAGGIORE AFFLUENZA. QUESTI I PLUS DEL PALINSESTO DI ICMOVING CHANNEL, CARATTERIZZATO, INOLTRE, DA UNA PRESENZA DI CIRCA 200 MONITOR FULL HD E QUATTRO GRANDI VIDEOWALL NEI PRINCIPALI AEROPORTI ITALIANI E DALL’UTILIZZO DI 1.600 KM DI FIBRA OTTICA. DI FRANCESCA FIORENTINO
La tv non è solo a casa. Cambiano gli stili di vita e di conseguenza cambia il modo di approcciarsi ai media, anche a quello più caro a noi italiani: la televisione. Ecco perché ICMoving Channel ha deciso di trasporre il format e la qualità della tv domestica nel ‘salotto dell’aeroporto’, realizzando un palinsesto costituito da contenuti ad hoc in relazione ai tempi medi di attesa nell’ambiente aeroportuale. La combinazione di vari elementi di comunicazione, in ambiente out of home, cambia il modo in cui i viaggiatori si relazionano al grande schermo, percepito non più come televisore tradizionale, bensì come una moderna e preziosa piattaforma di infotainment. “Il nostro principale valore aggiunto - spiega Luca Bortolami, amministratore unico è quello di fornire un palinsesto aggiornato, costituito da contenuti adattati ad hoc
in relazione ai tempi medi di attesa nell’ambient aeroportuale, con l’obiettivo di fornire il più alto livello di informazione e di intrattenimento al pubblico di riferimento. ICMoving Channel, inoltre, sfrutta soluzioni di marketing che permettano di veicolare annunci dal forte impatto comunicativo ed emozionale, offrendo agli utenti una ‘custumer experience’ realmente coinvolgente; un caso concreto può essere, ad esempio, l’implementazione ai messaggi pubblicitari del Qr code, catturabile semplicemente a distanza con il click del proprio smartphone per scoprire il link al quale è associato e di conseguenza il vantaggio guadagnato per essere andati oltre allo sguardo”. Il palinsesto di 19 ore giornaliere, dalle cinque del mattino fino a mezzanotte, è realizzato in partnership con Sky Tg24, Borsa Italiana, Lega Calcio, Gruppo Sitcom ed è arricchito dalle rubriche di intrattenimento curate dalla redazione interna. Le news, le informazioni economiche e le previsioni meteo vengono aggiornate costantemente per garantire un servizio di informazione di alta qualità nei più importanti aeroporti italiani (Roma Fiumicino, Milano
Luca Bortolami, amministratore unico ICMoving Channel
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Malpensa, Milano Linate, Bergamo Orio al Serio, Venezia Marco Polo e Treviso Canova). Soluzioni mirate Come la televisione tradizionale, anche l’outdoor tv sta diventando sempre più un importante contenitore pubblicitario in grado di sviluppare una relazione continuativa, profilata e geolocalizzata tra il viaggiatore e il prodotto pubblicizzato. Specialmente in aeroporto, ambiente in cui le persone sono costrette a lunghi tempi di attesa (lo stazionamento medio è di circa 108 minuti), l’elevata frequenza dei passaggi pubblicitari unita all’ottima risoluzione grafica permette di sviluppare operazioni di comunicazione mirate e fortemente targhettizzate. Gli schermi all’avanguardia utilizzati da ICMoving, in grado di coniugare innovazione e tecnologia, affidabilità e design, permettono di esaltare l’alta definizione dei contenuti. L’intero circuito, composto da circa 200 monitor e quattro grandi videowall, è organizzato in modo tale da coprire e catturare l’occhio dei viaggiatori nei punti di
Il palinsesto ICMoving è di 19 ore giornaliere (5 am - 12 pm) e realizzato in partnership con Sky Tg24, Borsa Italiana, Lega Calcio, Gruppo Sitcom, con la collaborazione della redazione interna (nella foto, aeroporto di Milano Linate)
maggiore affluenza (check-in, ristorazione, sale d’attesa e vie di ingresso/uscita) e lungo tutto il tragitto, sia in ambiente interno sia esterno all’aeroporto. “Per riprendere un concetto di Bauman - continua Bortolami -, in questa ‘modernità liquida’, nella quale il non luogo prevale nettamente sul luogo, l’aeroporto diventa per eccellenza il super luogo in cui si favorisce non l’interazione bensì l’azione e l’individualità rendendo, al contempo, tutti simili, cioè consumatori. Ecco perché ICMoving ha scelto di rivolgersi al mondo del ‘moving people’, offrendo un coinvolgimento emozionale durante l’esperienza del viaggio e la permanenza in
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Grazie agli schermi full Hd di ICMoving, le news vengono aggiornate costantemente per garantire un servizio di informazione di alta qualità nei più importanti aeroporti (nella foto, l’aeroporto Roma Fiumicino)
aeroporto”. A tutto ciò si aggiunge una flessibilità di programmazione a 360 gradi. Infatti, la programmazione dei contenuti e dell’advertising è adattabile a qualsiasi esigenza di tempi e location, individuando la frequenza e la trasmissione degli spot in modo ottimale per un miglior rendimento della campagna. Inoltre, grazie alla redazione interna, ICMoving Channel è in grado di offrire ai propri clienti servizi di postproduzione di contenuti ad hoc per il proprio circuito, o, in alternativa, svolgere attività di editing audio-video al fine di ottimizzare i prodotti multimediali agli standard HD del network. Il consumatore oggi necessita più che mai di comunicare e ottenere informazioni in movimento, attraverso notizie sempre aggiornate e pubblicità attraenti. “Tutto ciò è possibile - chiosa Bortolami - solo grazie all’utilizzo di una piattaforma affidabile, stabile e flessibile, in grado di mantenere un elevato standard di prestazioni, sempre e ovunque. Una piattaforma come quella di ICMoving, pioniera di un nuovo modo nc di fare e intendere la tv”.
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SOSTENIBILITÀ, PER COMPETERE E USCIRE DALLA CRISI SEMPRE PIÙ IMPRESE ADOTTANO MODELLI DI BUSINESS ORIENTATI ALLA SOSTENIBILITÀ E IL FUTURO VEDRÀ UNA DIFFUSIONE ENDEMICA DELLA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY. SE NE È PARLATO A ‘DAL DIRE AL FARE IL SALONE DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA’ SVOLTOSI A MILANO PRESSO L’UNIVERSITÀ BOCCONI, IL 30 E 31 MAGGIO. OLTRE 90 LE ORGANIZZAZIONI PRESENTI E PIÙ DI 4.000 I VISITATORI DI QUESTA OTTAVA EDIZIONE. DI MARINA BELLANTONI
Dal Dire al Fare, manifestazione dedicata alla Responsabilità Sociale d’Impresa (Milano, Università Bocconi, 30 e 31 maggio), giunta quest’anno all’ottava edizione, non è solo un luogo fisico, ma uno spazio di confronto nel quale è possibile verificare se il proprio percorso verso la sostenibilità è il migliore possibile. Due giorni di scambio di esperienze, dibattiti e numerosi interessanti appuntamenti: oltre al convegno istituzionale, quattro laboratori tematici, eventi speciali, seminari e workshop, attività dedicate ai giovani, alla pubblica amministrazione, all’impresa sociale, spazi dove le imprese si sono potute confrontare fra loro e con i visitatori. Oltre ai main sponsor (De Cecco, Dnv Business Assurance, Henkel, Sap Italia) e agli sponsor (Amiacque, Coop Lombardia,
Gruppo Dani, Milano Serravalle-Milano Tangenziali, Philips) sono oltre 90 le organizzazioni che hanno partecipato al Salone 2012, promosso da Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano, Università L. Bocconi, Bic La Fucina, Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo, Fondazione Sodalitas e Koinètica.
Rossella Sobrero, gruppo promotore Dal Dire Al Fare
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Csr, un fenomeno contagioso Sono tre le parole chiave dell’ottava edizione del Salone: responsabilità, consapevolezza, sostenibilità. Ma soprattutto è emerso il ‘fattore urgenza’: la sostenibilità non è più rimandabile e riguarda tutti, a cominciare dalle imprese che, durante la manifestazione, hanno condiviso un ‘position paper’ e ribadito il proprio impegno per una sempre più ampia diffusione. Nel documento si ricorda l’importanza per le aziende profit di lavorare per il proprio successo, ma anche per il bene comune, conciliando il business con l’attenzione all’ambiente e al sociale. Alle associazioni non profit si chiede la capacità non solo di gestire in modo corretto i fondi raccolti, ma anche di ottenere il massimo risultato per i beneficiari. La sostenibilità è un impegno continuativo per il 70% delle aziende nel mondo e per due terzi un asset della competitività. “Molte imprese - spiega Rossella Sobrero, del gruppo promotore di Dal Dire Al Fare possono già misurare il ritorno economico, e non solo di reputazione, della Csr. Tutto questo ne lascia prevedere una sempre più rapida diffusione, come conferma il report
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del MIT Sloan Management Review in collaborazione con The Boston Consulting Group, Sustainability Nears a Tipping Point, (gennaio 2012, ndr). Condizioni di lavoro ‘positive’ portano benefici per tutti perché migliorano la qualità della vita del dipendente e producono vantaggi concreti all’impresa. Un imprenditore lungimirante sa che il benessere dell’azienda è proporzionale a quello dei suoi dipendenti. L’impresa progredisce se si sviluppa in un ambiente sociale virtuoso, ricco materialmente e moralmente”. A confrontarsi sul tema ‘contagio Csr’, fenomeno al quale assisteremo nei prossimi anni, e sull’importanza di una vision sostenibile per un futuro oltre la crisi e sostenibile, esperti del settore, rappresentanti delle istituzioni e aziende. Se il contagio Csr è il fenomeno che verrà, il cambiamento e l’innovazione sono già in atto: i consumatori sono più consapevoli, le imprese più sostenibili, gli enti pubblici più responsabili. Anche per questo l’ottava edizione di Dal Dire al Fare è stata dedicata al cambiamento e all’innovazione: cambiamento nei consumi, da una mobilità che cerca di diventare più
sostenibile a scelte alimentari che si fanno più consapevoli; innovazione nei prodotti e nei servizi, dalla ricerca di maggior efficienza nei processi produttivi all’attenzione alla sostenibilità della filiera; cambiamento nelle relazioni, dalle nuove modalità di coinvolgimento degli stakeholder alla rendicontazione integrata; in-
I PARTECIPANTI_ Numerose le organizzazioni che hanno partecipato al Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa 2012: Acra, ADC Group, Adn Kronos, Affari & Finanza - La Repubblica, affaritaliani.it, Associazione Italiana Comunicatori d’Università, Aiesec, Altroconsumo, Amiacque, Anima per il Sociale, Associazione Lavoro e Integrazione Onlus, Auser Regionale Lombardia, Bcc di Sesto San Giovanni, Bic La Fucina, Bloonn, BStudents TV, BuoneNotizie.it, Camera di Commercio di Rimini, Provincia di Rimini e Figli del Mondo, Cesvi, Centro di Formazione Management del Terziario, Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo dell’Alluminio, Cisl Lombardia Comune di Milano - Assessorato Politiche del Lavoro, Sviluppo Economico, Università e Ricerca, Consorzio Nazionale Imballaggi, Confartigianato Lombardia, Coop Lombardia, Cooperazione Internazionale Fondazione, Ong Onlus, Csr Manager Network, De Cecco, Dnv Business Assurance, Ecods, Edison, e-gazette, Egea, Erg, Essent’ial, eXtrapola, Far Networks, Filca Cooperative, Fondazione Pubblicità Progresso, Fondazione Sodalitas, Fonti di Vinadio, Forum per la Finanza Sostenibile, Fratelli Branca Distillerie, Gramma - Agenzia di Comunicazione Cooperativa Sociale, Green Business, Gruppo Dani, Gruppo Generali, Gruppo Unipol, Gucci, Hagakure, Heineken Italia, Henkel, Holcim (Italia), Hub Milano, Icei Onlus, Ied - Istituto Europeo di Design, illycaffè, Istituto Tutela Produttori Italiani, Iris Network, JECoMM - Junior Enterprise, Communication & Marketing Milano, Junior Enterprise Milano Economia (Jeme), Koinètica, Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo, Milano Serravalle-Milano Tangenziali, Multiutility, Novamont, Philips, Provincia di Milano - Assessorato Moda, Eventi, Expo, Provincia di Milano Settore Provveditorato ed Economato, Radio Bocconi, Regione Liguria, Regione Lombardia, Regione Toscana, Ricoh Italia, Sap, Sarfatti 25, SC Johnson, Snam, Sony, Touring Club Italiano, UniFerpi, Unioncamere Lombardia, Unioncamere Piemonte e Regione Piemonte, Università Commerciale Luigi Bocconi, Valori, Websin, Welfare Italia Servizi, Wise Society.
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novazione nel lavoro, dallo sviluppo di sistemi di welfare aziendale a modalità di lavoro che migliorano la qualità della vita del lavoratore e le performance dell’impresa. “Oggi - continua Sobrero -, molte aziende hanno compreso che preoccuparsi per il futuro del pianeta non è una decisione rimandabile, ma una scelta strategica per numerosi motivi: i consumatori lo chiedono, i fornitori a volte lo impongono, la società nel suo complesso lo pretende. In questo senso, l’innovazione dei processi produttivi e dei prodotti in chiave ambientale non è una delle opzioni competitive disponibili ma è diventata in molti casi la ragione profonda del fare impresa. Anche per questo abbiamo deciso di dare spazio, a Dal Dire al Fare, alle testimonianze di imprese impegnate concretamente nella sostenibilità ambientale”. Nel rispetto dei principi della sostenibilità, e nella consapevolezza che sfruttare le potenzialità delle innovazioni tecnologiche significhi ridurre anche l’impatto ambientale dell’evento, l’edizione 2012 del Salone è stata ancora più digitale: il pubblico ha avuto a disposizione tablet per poter navigare, la copertina del programma e del catalogo hanno permesso di scoprire la realtà aumentata, e naturalmente sono stati sempre più coinvolti social media e social network, blogger e influencer della Rete. nc
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DA QUISMA IL MODELLING PER L’ALLOCAZIONE PERFETTA DEI BUDGET LO STRUMENTO, BASATO SUL MODELLING, PERMETTE AGLI INVESTITORI PUBBLICITARI DI AVERE INFORMAZIONI DETTAGLIATE E VERITIERE SUL CUSTOMER JOURNEY DEL CLIENTE. ALLA BASE VI È L’ANALISI DEI DATI RELATIVI ALLA FRUIZIONE MEDIATICA ON E OFFLINE, INTEGRATA CON I RISULTATI DELLE VENDITE, CHE CONSENTE ALLE AZIENDE DI CREARE PREVISIONI PER IL FUTURO, IN UN’OTTICA DI DISTRIBUZIONE IDEALE DEGLI INVESTIMENTI. DI ILARIA MYR
Quisma Customer Journey Modelling è un evoluto modello di analisi multivariata, che consente di allocare in modo ottimale e funzionale il budget di marketing pubblicitario, arrivando a diminuire la relazione tra costi e ricavi e aumentando le vendite. A realizzarlo è Quisma, agenzia internazionale all’avanguardia nel performance marketing online, fondata da Ronald Paul e Norman Nötzold nel 2001 a Monaco, e operativa in Italia dal 2011. Il tool consente di tracciare in modo esaustivo il customer journey, quel percorso, essenzialmente guidato dal cliente, che ogni azienda dovrebbe imparare a leggere per comprendere i punti di contatto sui quali intervenire per generare valore e catturare così l’attenzione del cliente. A differenza dei tradizionali sistemi di analisi, lo strumento Quisma prende in considerazione tutti i fattori online e offline che
esercitano un’influenza su un consumatore/utente: dalla pubblicità su stampa e tv, al prezzo e alla concorrenza; dalle vendite, ai trend di mercato e alle variazioni stagionali e concorrenziali. “Gli strumenti tecnici utilizzati per definire il customer journey presentano alcuni limiti - spiega Ilaria Zampori, managing director Quisma Italia -. Innanzitutto, essi non prendono in considerazione che un individuo utilizza diversi device per fare le proprie ricerche, di solito quando lavora, con il proprio pc, o è in movimento, con smartphone e tablet. Per poi effettuare, solo in un secondo momento, concretamente l’acquisto. Una fruizione, dunque, totalmente multimediale, che diventa difficile da seguire con le web analytics oggi a disposizione”. Un altro limite è insito nella cancellazione dei cookies, che consente all’utente di escludere se stesso dalla tracciabilità. Per non parlare del fatto che con l’advertising online non sempre si usa lo stesso sistema di tracking, ed è difficile mettere insieme i dati rilevati da track diversi. Ma la questione centrale riguarda l’integrazione dei punti di contatto con il cliente, sia on che
Ilaria Zampori, managing director Quisma
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Fonte: Quisma Italy (Milano, gennaio 2012)
offline. “Oggi non si può prescindere dal fatto che parte del customer journey si svolge anche nella vita reale - continua Zampori -. Con questo tool, basato sul metodo del modelling, le aziende possono avere facilmente la risposta a molte delle domande che frequentemente si pongono, come, ad esempio: qual è il ritorno sull’investimento dell’attività on e offline? Come distribuire i budget sui diversi mezzi nei piani di marketing?”. Il metodo del modelling tiene dunque in considerazione tutti i dati relativi alla fruizione mediatica del cliente anche al di fuori del web, precedentemente esaminati da consulenti specializzati di Quisma. Una volta svolta questa fase più ‘empirica’, i dati vengono elaborati da un apposito software, che li analizza tecnicamente insieme ai risultati delle vendite. Oltre a un attento monitoraggio di come si sviluppa il customer journey, lo strumento messo a punto da Quisma consente anche di creare previsioni per il futuro: dopo aver analizzato l’influenza dei singoli fattori sulle vendite, è infatti possibile proiettare i dati nel futuro in base ai calcoli del modelling che le aziende possono sfruttare per pianificare al meglio future decisioni di marketing e
di investimento massimizzando i ricavi. “In questo modo, gli investitori possono avere informazioni dettagliate importanti per raggiungere un’allocazione ottimale del budget - precisa Zampori -. Il modelling crea, infatti, una base neutrale per un’assegnazione ideale degli investimenti, poiché le vendite effettive vengono messe direttamente in relazione con tutti i dati raccolti sull’attività pubblicitaria. Il risultato è un’accurata rappresentazione dell’apporto di valore di ciascuna attività di marketing e/o advertising generata”. Il caso di studio Dall’inizio del 2009 Quisma cura tutte le attività internet di uno shop online di moda tra i più grandi in Germania. L’iniziale allocazione del budget pubblicitario per il 2009, suggerito dai tradizionali sistemi di analisi del customer journey, prevedeva che la metà di questo venisse indirizzato in ambito Sea. Inoltre, allo scopo di incrementare l’awareness, si era investito soprattutto in keyword generiche, mentre altri mezzi pubblicitari erano stati considerati solo secondariamente. L’uso della pratica del Customer Journey Modelling ha rilevato, invece, che il canale display adver-
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Il Modelling di Quisma misura il contributo di ciascun canale nel processo di vendita. L’intero percorso è tenuto in considerazione per l’ottimizzazione e vengono valutati tutti i punti di contatto con il cliente
tising ha dato inizio a vendite in altri canali, e quelli che ne hanno maggiormente giovato sono stati il retargeting, il Sea e il Seo. Attraverso gli effetti cross over identificati con l’aiuto del modelling, il budget è stato ridistribuito a favore del display advertising e il budget Sea è stato sensibilmente ridotto. Il risultato è stato che, nonostante la riduzione del budget per tutti i canali tranne il display advertising (fortemente incrementato) e il Seo (leggermente incrementato), le vendite non sono affatto diminuite. Di contro, il display advertising ha portato a un incremento di vendite nei canali Sea, Seo e retargeting. Confrontando i due ultimi quarti degli anni 2009 e 2010 si nota che le vendite, a quasi parità di budget, sono incrementate del 24%, mentre la relazione tra costi e rinc cavi è scesa al 43%.
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IL NUOVO INTERNET AVANZA NEL 2011, IN ITALIA, IL MERCATO DEI MEDIA È TORNATO A DIMINUIRE TOCCANDO QUOTA 16,7 MILIARDI DI EURO E L’INCREMENTO DEI NUOVI MEZZI DIGITALI NON È BASTATO A SOSTENERLO. IN UNO SCENARIO DI APPARENTE RECESSIONE, SMARTPHONE, TABLET, CONNECTED TV, APPLICAZIONI, SOCIAL NETWORK E VIDEO TRASCINANO IL MERCATO, PUBBLICITARIO E DEI CONSUMI, LASCIANDO INTRAVVEDERE UN NUOVO, POSSIBILE, MODELLO DI SVILUPPO. DI MARINA BELLANTONI
Nel 2011 sono cresciute raccolta pubblicitaria e ricavi pay su smartphone (+70% e +120%) e tablet (+110% e +150%). Raddoppiata la pubblicità sui social network (quasi 24 milioni di utenti), cresciuti dell’130% i ricavi generati dalle App e dell’80% il valore dell’adv sui video online, trainato dalle offerte sempre più ricche degli editori e dalle masse di utenti di YouTube. Triplicate le connected tv realmente connesse (dal 10% a oltre il 30%). Questi alcuni dei principali dati emersi dall’ultima edizione della ricerca dell’Osservatorio New Media & New Internet, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Cefriel.
“Il nuovo concetto di internet che si sta affermando - spiega Andrea Rangone, responsabile Osservatori Ict del Politecnico di Milano -, potrebbe portare al comparto italiano dei media digitali quelle soddisfazioni che solo in piccola parte (un merca-
Secondo l’Osservatorio New Media & New Internet, un ‘nuovo internet’ sembra adattarsi particolarmente bene al contesto italiano, caratterizzato da un’altissima penetrazione di smartphone, una diffusione crescente di tablet e una presenza imperturbabile del mezzo televisivo
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to pari solo al 7% per cento di quello complessivo dei Media in Italia, ndr) sono state generate dal suo predecessore. Sarà con questo nuovo volto che l’Italia potrà finalmente entrare a testa alta nell’economia digitale”.
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Internet si affranca dunque, almeno parzialmente, dal pc, che in Italia ha sempre avuto una penetrazione molto bassa (meno del 60% delle famiglie italiane possiede un personal computer) e si lega ai nuovi device, più ‘apprezzati’ dagli italiani: gli Smartphone (siamo tra i massimi utilizzatori al mondo di telefonini), i tablet (che piacciono agli italiani perché sono visti anche come strumenti di entertainment oltre che di lavoro) e le connected tv (sia-
mo da sempre un popolo tv-centrico). Contribuisce a superare il digital divide tecnologico e culturale che caratterizza il nostro Paese, facendo leva anche sul paradigma delle applicazioni (che consumando meno banda del web è efficace anche in quelle aree geografiche del nostro paese con banda limitata), sui social network (che gli italiani, primi al mondo per utilizzo, hanno dimostrato di apprezzare e di saper sfruttare molto bene) e sulla diffusione dei video, assai graditi dagli italiani per la loro immediatezza e forza comunicativa. “La sfida che le media company si trovano di fronte è estremamente complessa perché sono molteplici i cambiamenti organizzativi e culturali che gli editori devono affrontare - ha dichiarato Giovanni Toletti, responsabile della Ricerca -. In particolare, riteniamo che siano cinque i principali fattori da tenere in considerazione: maggiore integrazione strategica e organizzativa, maggior focus sul consumatore digitale e sulla sua user experience multicanale, nuove competenze e rete di colla-
Andrea Rangone, responsabile Osservatori Ict del Politecnico di Milano
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Fotografie 2011 relative alla dinamica del mercato dei media in Italia, secondo l’Osservatorio New Media & New Internet, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano (feb 2012). Il mercato è sceso sotto quota 16,7 miliardi di euro perdendo oltre 1,7 miliardi dal picco raggiunto nel 2008. Tale calo è dovuto in particolare alla flessione (-5%) dei media tradizionali, non completamente compensata dalla crescita dei new media (+7)
borazioni, diverso approccio al mercato e maggiore creatività nello sviluppo di prodotti e servizi”. Mercato dei media Dalla ricerca dell’Osservatorio New Media & New Internet è emerso che, nel 2011, il mercato complessivo dei media (considerando la pubblicità e i ricavi pay) ha fatto registrare nuovamente un segno meno calando di poco più dell’1%. Il mercato è sceso sotto quota 16,7 miliardi di euro perdendo oltre 1,7 miliardi dal picco raggiunto nel 2008. Tale calo è dovuto in particolare alla flessione (-5%) dei media tradizionali che non è stata completamente compensata dalla crescita dei new media (+7%). In particolare, sul fronte adv sono cresciute le new tv (23%), ma è calata la raccolta pubblicitaria di quelle tradizionali (8%). In discesa,
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anche stampa e radio (di oltre il 5%). Sul fronte dei ricavi pay sono cresciuti leggermente quelli delle tv (+2% per le new tv e +1% per gli introiti del canone), mentre sono calate le entrate del mondo della stampa (-4%). Aumentato il peso di mobile, pc e tablet media: nel 2011 hanno rappresentato, infatti, il 9,5% del mercato complessivo (8% nel 2010). È continuato a calare, anche se a un ritmo più ridotto, il peso della stampa (dal 34% del totale nel 2010 al 33% nel 2011), mentre è sostanzialmente stabile il mondo delle sofa tv (55%). Il mercato dei new media Capitolo a parte, nella ricerca della School of Management del Politecnico, per i new media (basati su reti distributive digitali e fruiti dagli utenti tramite terminali digitali) che nel 2011 sono cresciuti (seppur con un piccolo rallentamento: +7% nel 2011 contro +9% nel 2010), superando quota 5,3 miliardi di euro. Dato il contemporaneo calo dei media tradizionali, il peso della componente digitale è passato dal 29% del 2010 al 32% del 2011. Sono cresciute le sofa-tv digitali (+5%), anche se i ricavi pay sono diminuiti percentualmente negli anni (dal +12% del 2008 al +6% del 2009 fino al +5%
Giovanni Toletti, responsabile della Ricerca New Media & New Internet
novative (tablet e applicazioni/mobile site su smartphone). La quota degli internet media ha raggiunto così nel 2011 il 24% sul totale new media (era il 23% nel 2010).
del 2010 e al +2% del 2011). Dati positivi anche per i pc media (+15%) e soprattutto per i tablet media (cresciuti a tre cifre) anche se molto limitati in valore assoluto. + 5% anche per il mondo mobile media (fruibili tramite cellulari o smartphone, con accesso da qualunque tipologia di rete): se il mondo tradizionale (servizi di infotainment via sms e mms, musica e video in streaming, ecc.) cala circa del 3%, crescono di oltre il 70% i ricavi pubblicitari e pay su applicazioni e mobile site. Nel complesso il mondo degli internet media è cresciuto del 13%, con incrementi rapidi delle componenti più in-
Smartphone, tablet e connected tv, il ‘nuovo’ internet Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di nuove dinamiche che stanno cambiando profondamente il concetto stesso di internet: i nuovi device moltiplicano le occasioni di utilizzo di internet anche tra la popolazione storicamente meno incline all’utilizzo del pc; la crescita esponenziale dei social network (frequentati dall’86% dei navigatori italiani - primo posto per penetrazione davanti a Brasile e Usa), stanno assumendo il ruolo di traino che i motori di ricerca hanno giocato nel ‘vecchio’ internet; le applicazioni semplificano l’accesso ai contenuti e favoriscono l’affermarsi di modelli di business basati su ricavi pay e non più essenzialmente pubblicitari; la pervasiva diffusione dei video rende internet sempre più multimediale, ricco ed efficace. Un ‘nuovo internet’, insomma, sembra adattarsi particolarmente bene al contesto italiano, caratterizzato da un’altissima penetrazione di smartphone (addirittura superiore a quella degli Usa) da una diffusione crescente di tablet, visti più come strumento di entertainment che
Secondo la ricerca New Media & New Internet, nel complesso il mondo degli internet media è cresciuto nel 2011 del 13%, con incrementi rapidi delle componenti più innovative (tablet e applicazioni/mobile site su smartphone). La quota degli internet media ha raggiunto così il 24% sul totale new media (era il 23% nel 2010)
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IMPACT OF MOBILE ADVERTISING AFTER SEEING A MOBILE AD ON THEIR DEVICE_ Impact of mobile ads by tablet owners
Us
Italy
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I made a purchase on the Internet via pc
23%
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32%
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I made a purchase at a store for goods or services that I saw advertised on my connected device
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16%
I made a purchase directly through my connected device based on an ad I saw
8%
13%
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10%
I searched for more information about a business that I saw advertised on my connected device
21%
26%
23%
20%
I clicked on an ad to view the full advertisement or product offering
24%
28%
23%
23%
I used or requested a coupon through an ad I saw on my connected device
13%
12%
10%
10%
Impact of mobile ads by smartphone owners
Us
Italy
Germany
Uk
I made a purchase on the Internet via pc
20%
27%
34%
28%
I made a purchase at a store for goods or services that I saw advertised on my connected device
6%
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I made a purchase directly through my connected device based on an ad I saw
4%
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8%
7%
I searched for more information about a business that I saw advertised on my connected device
11%
27%
20%
14%
I clicked on an ad to view the full advertisement or product offering
11%
24%
19%
17%
I used or requested a coupon through an ad I saw on my connected device
7%
10%
8%
8%
Source: Nielsen (Q3 2011)
Secondo una ricerca Nielsen, i possessori di smartphone e tablet in Italia, Germania e Regno Unito sono più propensi degli americani ad acquistare online tramite pc dopo aver visto una pubblicità sul proprio device mobile
di lavoro, e da una presenza imperturbabile del mezzo televisivo. Grazie alla diffusione del paradigma del mobile internet e allo sviluppo delle applicazioni, l’adv è cresciuta in maniera sostenuta (oltre +70%). Ancora più rapida la crescita dei ricavi da contenuti pay (circa +120% rispetto al 2010), ancora marginali però rispetto a quelli pubblicitari. I ricavi pay da mobile site, infine, hanno superato di poco quelli da applicazioni, nonostante una numerosità molto inferiore dei mobile site con offerte a pagamento rispetto alle App. Il ritmo di diffusione delle applicazioni continua ad accelerare: nel 2011 il 15% delle property media ha presentato un’offerta su applicazioni per smartphone, mentre nel 2010 erano solo il 7%. Nonostante la crescita degli investimenti pubblicitari su tablet rispetto al 2010 (qua-
si +110%), il valore assoluto nel 2011 è rimasto ancora relativamente basso, ma l’ottima performance viene comunque garantita da una crescita ancora superiore (+150% circa rispetto al 2010) dei ricavi pay. A febbraio 2012 erano già 261 le applicazioni media su questo strumento: a dominare quelle della carta stampata (il 49% fa riferimento a periodici e il 32% a quotidiani), mentre il 12% derivano da editori televisivi e il 7% dal mondo della radio. Le applicazioni media, infine, sono stabilmente tra quelle che portano maggiori ricavi pay: nelle prime dieci App per ricavi pay (da in-app billing e/o da pay-per-download) dell’App Store almeno cinque sono costantemente media. Cresce l’importanza delle connected tv (internet tv, over the top tv, blu-ray, consolle, ecc.). A fine 2011, erano oltre 1,1 milioni le internet tv nelle case degli italiani e i televisori potenzialmente connettibili sono passati dal 10% del 2010 a oltre il 30% del 2011. A questi, si sono aggiunti circa 80 mila decoder, cinque milioni di Game Consolle e oltre 300 mila altri device (soprattutto blu-ray) che possono consentire di collegarli a internet. A febbraio 2012 erano oltre 1.000 le applicazioni sul-
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le internet tv dei principali produttori (Lg, Panasonic, Philips, Samsung, Sony) di cui 148 media. Grande successo in particolare per le applicazioni video (8% del totale applicazioni), di gran lunga le più utilizzate. App, social network e video, diffusione a macchia d’olio Nato nel mondo degli smartphone, il paradigma delle applicazioni si sta rapidamente diffondendo agli altri device: tablet, pc e tv. A febbraio 2012 le applicazioni legate a una property specifica del mondo dei media sono state 347 su smartphone (72% stampa, 16% tv 12% radio), 261 su tablet (81% stampa, 12% tv e 7% radio) e 148 sulle internet tv (59% video e 37% news). Dati positivi, che confermano il crescente interesse verso questo tipo di comunicazione. Cresce anche l’interesse verso i social network che, nel 2011, sempre secondo l’Osservatorio della School of Management del Politecnico, hanno visto un raddoppio dei ricavi pubblicitari, grazie a un parco utenti di quasi 24 milioni di unità. Pesano ancora poco sul mercato complessivo dei new media, ma iniziano a raggiungere percentuali rilevanti per quanto riguarda la pub-
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blicità sul web (intorno al 3%). Nei confronti dei media i social network ricoprono una duplice veste: sono essi stessi un medium che attrae una quota crescente dello share of advertisment degli investitori pubblicitari, e offrono agli altri media grandi possibilità di diffondere il proprio contenuto e di aumentare la propria visibilità. Il valore dell’adv legato a video online, invece, è cresciuto dell’80% rispetto al 2010, spinto fortemente da YouTube (su cui viene visualizzato il 50% dei video totali visti nel nostro Paese), ma crescono bene anche le offerte degli editori tradizionali (come il Corriere della Sera e La Repubblica). Il 73% dei navigatori italiani (quasi 20 milioni di persone) fruisce di contenuti video online e il tempo medio speso per utente è di un’ora e 12 minuti al mese, il 2,5% del tempo totale trascorso online (contro il 6% degli utenti Usa, con quattro ore e 55 minuti al mese). Ricavi pay, in crescita grazie ai nuovi device Crescono i ricavi pay sugli internet media grazie al contributo dei pc media (i cui ricavi pay sono in crescita di circa il 50% rispetto al 2010), delle applicazioni su tablet (circa +150%) e del mondo smartphone (i cui ricavi pay crescono complessivamente di circa il 120% grazie alle applicazioni e ai mobile site). La componente derivante dai pc media rimane la quota maggiore (pari a oltre il 40%), ma in poco tempo anche le offerte di contenuti a pagamento su smartphone e tablet hanno raggiunto valori comparabili e sono destinate quindi al sorpasso. La possibilità di vendere contenuti in una logica multi-piattaforma sta facilitando lo sviluppo dei ricavi pay nel mondo del nuovo internet. Se l’adv è mobile, i consumatori acquistano di più Secondo una recente ricerca Nielsen, i possessori di smartphone e tablet in Italia, Germania e Regno Unito sono più propensi degli americani ad acquistare online tramite il proprio pc dopo aver visto una pubblicità sul proprio device mobile. Tra i quattro
Andrea Valadé, telecom practice manager Nielsen Italia
Paesi analizzati, risulta che l’Italia è il mercato dove i possessori di device mobili hanno più probabilità di cliccare su una pubblicità e di ricercare maggiori informazioni su un prodotto pubblicizzato sui loro smartphone e tablet. Negli Stati Uniti, invece, la propensione in generale è più bassa che nei Paesi europei, ma qui notiamo che i possessori di tablet sono molto più propensi dei possessori di smartphone a cliccare su una pubblicità via mobile e ad approfondimenti sul prodotto promosso. I tablet rappresentano un nuovo ed efficace modo per gli advertiser di connettersi con il loro pubblico: generano forte engagement e, di conseguenza, alti tassi di conversione. Nonostante le differenze ancora presenti nelle diverse aree geografiche, sembra che ovunque nel mondo questi device offrano opportunità uniche. L’Italia, ancora una volta, in relazione ai device mobili mostra numeri davvero interessanti se comparati con le altre nazioni europee e con gli Stati Uniti. La penetrazione degli smartphone oggi raggiunge il 50% di chi possiede un telefono cellulare, la più alta in Europa, e cresce rapidamente anche la diffusione dei tablet: oggi, i dati confermano come entrambi questi device abbia-
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no un ruolo fondamentale nelle scelte di acquisto di tutti i giorni. Il mobile advertising, seppure meno diffuso che in altri Paesi, in Italia mostra maggiore efficacia sia tra coloro che hanno un tablet sia tra coloro che hanno uno smartphone e la visione di una pubblicità sui device mobili è percentualmente più spesso correlata ad acquisti o ad approfondimenti sul prodotto promosso. Altrettanto importante è il fenomeno delle applicazioni utilizzate per lo shopping, diffuse tra l’81% di chi scarica applicazioni da tablet e tra il 17% di chi lo fa da smartphone. “Vista la complessità del processo di acquisto, non sorprende notare che la penetrazione di utilizzo è sensibilmente diversa tra tablet e smartphone, come anche tra gli smartphone con sistema operativo Android o iOS e tutti gli altri smartphone, dove non si supera il 5%” ha dichiarato Andrea Valadé, telecom practice manager Nielsen Italia. “È infatti fondamentale l’offerta di applicazioni dedicate e ottimizzate, che proliferano soprattutto sui market targati Apple e Android, non a caso i sistemi operativi quasi esclusivamente presenti sui tablet in Italia”. Se, infine, analizziamo i bacini di utenza e cerchiamo di farci un’idea di quanti effettivamente siano gli utenti potenzialmente raggiungibili in mobilità, comprendiamo come il mobile non possa più essere escluso dalle strategie di relazione con il cliente: 25 milioni di persone hanno uno smartphone, 16 milioni accedono a internet, oltre sei milioni ne hanno uno con sistema operativo Android e iOS e quasi nove milioni di persone scaricano applicazioni. Numeri importanti già oggi, ma basta dare un breve sguardo a quanto emerso dal Mobile World Congress di Barcellona per capire che i margini di crescita sono enormi e nuove tecnologie da tutto il mondo sono in continua via di sviluppo per nc soddisfare il consumatore.
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IDENTITÀ DIGITALE, ALLA (RI)SCOPERTA DELLA PRIVACY DAI RISULTATI DI UNA RICERCA REALIZZATA DA DIENNEA-MAGNEWS EMERGE CHE GLI UTENTI INTERNET NON SONO DEL TUTTO CONSAPEVOLI DELLE DINAMICHE CHE REGOLANO IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI. ALLA DOMANDA RELATIVA ALLE PUBBLICITÀ CREATE SU MISURA A SEGUITO DELLA RACCOLTA DI DATI PERSONALI, IL 39,4% RIBADISCE DI PROVARE UN ‘SENSO DI FASTIDIO’, SEBBENE IL 31,6% NON FACCIA NIENTE PER TUTELARSI IN QUESTA SITUAZIONE. DI FRANCESCA FIORENTINO
La preoccupazione per la gestione e la tutela dei dati personali è chiaramente diffusa. Nonostante siano ancora numerose le questioni lasciate aperte dal punto di vista normativo dopo la decisione assunta da Google in merito alla privacy policy sui propri canali, sono già diverse le persone che hanno dichiarato pubblicamente di aver adottato misure preventive a tutela della propria privacy. Ma quanto, in realtà, questa preoccupazione è fondata su una reale conoscenza degli effetti di simili politiche? A fine 2011, MagNews-Diennea, in collaborazione con Human HighWay, ha condotto una ricerca, ‘Privacy & Permission marketing online’, su un campione rappre-
sentativo di utenti internet italiani, con almeno 15 anni di età, che utilizzano il web almeno una volta alla settimana. Dalle risposte fornite dagli intervistati emerge un bacino di utenza non del tutto consapevole delle dinamiche che regolano il trattamento dei dati personali.
“Obiettivo di questa ricerca, che ha preceduto di poco la rivoluzione in atto in ambito di politiche di Privacy - commenta Maurizio Fionda, ceo Diennea-MagNews - è stato cercare di capire cosa accade nel comportamento degli utenti all’aumentare delle loro conoscenze e abilità in ambito web. Quello che è emerso è che, in linea generale, più aumenta la conoscenza più c’è attenzione e consapevolezza al trattamento dei propri dati personali in rete. Ma anche tutta una serie di tendenze inaspettate e di comportamenti spesso contraddittori”. Informativa sulla privacy Innanzitutto, gli utenti dichiarano in maggior misura di non leggere il testo della normativa (41,6% degli intervistati). Ben il 20% del campione appartiene esclusivamente al gruppo di chi non legge la normativa. Solo il 13,1% salva sul pc una copia del testo della privacy a cui ha dato il consenso. Da notare che la sovrapposizione dei comportamenti più scrupolosi, cioè di chi legge sempre per intero il testo e ne conserva una copia sul pc, è passata da essere il 10,6% del campione nel 2009 al 4,4% nel 2011.
Maurizio Fionda, ceo Diennea-MagNews
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Malgrado gli intervistati conoscano abbastanza bene i propri diritti in materia di privacy e sappiano anche come muoversi qualora questi siano violati, solamente il 17% di essi si sente tutelato dalla normativa attuale (e di questi solo l’1% completamente) contro un 41% di intervistati che si sente invece poco o per nulla tutelato. Soglia di preoccupazione sui temi della privacy Dal 2009 al 2011 la preoccupazione degli italiani sulla privacy non è mutata sensibilmente, seppure sia diminuita in linea generale di qualche punto percentuale. Tra il 32% di ‘preoccupati’, lo sono ‘abbastanza’ il 18% e ‘molto’ il 10% (totale 28%), mentre preoccupa di più, conquistando i primi posti in classifica, la gestione della propria identità su Facebook: trovare foto/video postati da altri su Facebook preoccupa ‘abbastanza’ il 23% e ‘molto’ il 30% (53%, più di un utente su due), inserire dei contenuti sul social network preoccupa “molto” il 20% e ‘abbastanza’ il 19% (39%). Gli utenti dichiarano che sapere che le proprie azioni vengono tracciate influenza in qualche modo l’utilizzo che fanno di quel mezzo. Facebook e la carta di credito preoccupano molto e di conseguenza l’utiliz-
zo che l’utente fa di questi strumenti è in qualche modo tenuto sotto controllo e filtrato dall’utente stesso: il 44,1% degli utenti si dichiara ‘abbastanza’ o ‘molto’ influenzato da questo timore nelle attività di pubblicazione di foto e video su Facebook, così come il 41,2% dichiara di esserlo nella pubblicazione di contenuti sullo stesso network. Similmente, solo il 24,4% dichiara di
Secondo la ricerca Diennea-MagNews relativa alla privacy online, sono numerosi i ‘molto’ o ‘abbastanza’ preoccupati sul tema. Facebook è l’ambito che impensierisce maggiormente, per i contenuti inseriti personalmente, ma soprattutto per l’impossibilità di controllare quelli inseriti da altri
modificare i propri comportamenti nella navigazione web; il 20,8% lo fa mentre scrive email e il 20,5% lo fa durante le ricerche sul web. “In generale - commenta Fionda -, i rischi di internet non sono tanto legati al fatto che le aziende sappiano cosa ci piace comprare, ma che queste informazioni vengano utilizzate in modo improprio per deduzioni e profilazioni che non ci rispecchiano.
Dalla ricerca ‘Privacy & Permission marketing online’ (Diennea-MagNews, 2011) emerge che l’utilizzo di Facebook e della carta di credito preoccupino molto. Di conseguenza, l’utilizzo che l’utente fa di questi strumenti è in qualche modo tenuto sotto controllo e filtrato dall’utente stesso
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L’atteggiamento dell’utenza sui temi del marketing comportamentale varia significativamente in relazione all’età e alla conoscenza della Rete
Quello che preoccupa le persone è che si rendano pubblici fatti della vita privata. Da qui la grande attenzione che oggi tutti pongono ai social network, come confermato dai dati della ricerca: l’eventualità di ritrovarsi inconsapevolmente ritratti su Facebook in scatti che si preferirebbe mantenere riservati è ciò che preoccupa maggiormente gli italiani (ben il 53% della popolazione di riferimento, ndr), tanto che il 44,1% degli intervistati afferma che, a seguito di questo timore, ha modificato il modo in cui utilizza questo social network”.
cia niente per tutelarsi in questa situazione. “Gli utenti - spiega Fionda -, considerano la profilazione comportamentale a fini pubblicitari una specie di male inevitabile. Quello che non sappiamo è fino a quando durerà questa specie di ‘tolleranza’ da parte delle persone e quando invece l’utente deciderà che questo implicito do ut des vada monetizzato. Questo modello di business
Dati personali: pubblicità, siti, newsletter, form online Alla domanda relativa alle pubblicità create su misura a seguito della raccolta di dati personali sul web da parte di operatori di marketing, il 39,4% ribadisce di provare un ‘senso di fastidio’, sebbene il 31,6% non fac-
Variazione della distribuzione di preoccupazione relativa alla privacy tra segmenti diversi. Dallo studio DienneaMagNews emerge che gli utenti più esperti sono più preoccupati degli altri per la propria privacy su molti degli aspetti considerati
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non è molto diverso da quello di altri media, per esempio la televisione commerciale: oggi, quando guardiano un bel film siamo abituati alle interruzioni pubblicitarie. Su internet tutti noi usufruiamo di servizi e contenuti gratuiti. Se la pubblicità dovesse farsi troppo invadente probabilmente saremmo pronti a pagare in denaro il servizio che ora abbiamo gratis (per esempio motori di ricerca, newsletter, contenuti editoriali, ecc, ndr)”. In generale, l’informazione ritenuta più personale e dunque riconducibile alla propria identità in un sito che si visita per la prima volta è risultata la città in cui ci si trova, con il 28,2%. Segue l’indirizzo di posta elettronica con il 14,4%, i siti visitati in precedenza con il 10,8%, il paese in cui si trova con il 10,8%, il fornitore di connettività con il 10,7%. Dato che si riconferma anche nel caso di una newsletter a cui si è fornito il proprio
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Secondo gli intervistati della ricerca DienneaMagNews, dalla valutazione del ranking delle informazioni che un sito web conosce sui propri interlocutori della comunicazione via mail, risulta che, rispetto al web, la conoscenza dei meccanismi interattivi nell’email marketing è meno lucida
indirizzo e-mail. Anche in questo caso l’informazione più legata all’identità risulta essere la città in cui ci trova (21,3%) seguita dai cookie (16,4%), apertura messaggi email (14,6%) e apertura link (9,7%). Nella compilazione dei form, invece, sono tre i campi a provocare particolare fastidio: si tratta delle informazioni relative al reddito e al patrimonio (49,4%), ai conti correnti(36,8%) e alla sfera economica in generale. Tanto che è molto elevata la probabilità che l’utente, alle prime tre domande, decida di fermarsi e non procedere ulteriormente con la compilazione del form. Conoscenza delle problematiche Gli utenti non sono totalmente consapevoli degli strumenti relativi alla gestione dei dati personali. Se, da una parte, il 58% dichiara per esempio di conoscere (anche bene) i cookie e la loro funzione - il 25% ne ha sentito parlare e sa vagamente cosa siano, il 12% ne ha sentito parlare ma non sa cosa siano, il 5% non ne ha mai sentito parlare - il 52% degli intervistati ritiene che i sistemi di gestione delle newsletter non siano in grado di sapere se il destinatario apre o meno la mail, così come che non siano in grado di sapere se clicca su un link (solo il 48% pensa che potrebbero saperlo). Anco-
ra, il 54% non ha mai sentito parlare di dashboard, il 17% ne ha sentito parlare, ma non sa cosa sia, il 14% conosce per sentito dire, il 16% conosce bene cosa sia e sa cosa serve. Di questi ultimi l’81% non l’ha mai utilizzata. Scoprire quindi, a seguito dell’indagine, i contenuti relativi alle proprie attività presenti in Google dashboard, genera negli intervistati la sensazione di ‘essere osservati’ nel 28,6% del campione, ‘curiosità’ nel 26%, ‘indifferenza poiché non si ha alcunché da nascondere’ nel 19,7% e ‘fastidio’ nel 15,7%. Genere, età, studi e conoscenza Sulla base della consapevolezza che gli intervistati hanno dimostrato in merito alla funzione di cookie, indirizzi IP e Google Dashboard, sono stati definiti tre livelli di utenza: base, media ed evoluta. Gli utenti più evoluti/esperti (21% del campione) sono più probabilmente uomini (28% del totale uomini contro il 15% del totale donne) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (31%, contro il 23% di fascia 18-24, il 20% di fascia 25-34, il 18% di fascia 45-54 e il 12% di fascia over 54). L’utente medio è rappresentato dal 42% del campione (45% uomini e 37% donne), mentre l’utente base è costituito dal 37%
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degli intervistati (27% uomini e 47% donne). Dopo i 45 anni la concentrazione di utenti evoluti diminuisce progressivamente e aumenta quella di utenti medi (tra i 45-54 anni) e di utenti base (tra gli over 54). L’utente più evoluto risulta per il 56% in possesso di un diploma superiore, per il 33% in possesso di una laurea e per l’11% in possesso di un titolo di diploma inferiore. Per il 30% residente al nord-ovest. La ricerca ha anche evidenziato che al crescere dell’età l’atteggiamento verso il tema della privacy sul web diventa sempre meno severo: si è meno spaventati, cresce la consapevolezza (o la disillusione) che si possa vivere nel rispetto della propria privacy anche nel mondo fisico, si è più disponibili a rinunciarvi in cambio di servizi specifici o dei semplici vantaggi della navigazione web. Inoltre, al crescere dell’esperienza e della conoscenza della rete aumenta la convinzione che i mezzi di informazione a volte enfatizzino il rischio privacy sul web. Tuttavia anche gli utenti più esperti pensano che questo sì esista, ma che si accetti nella consapevolezza che sul web, come nel mondo fisico, non esistano posti ‘sicuri’, affermazione che trova infatti la quota più estesa di accordo nel campione. Una quota significativa (circa un terzo) dichiara che non cambierebbe il proprio comportamento sul web pur essendo maggiormente informato sul tema della privacy. Si rinuncia però a malincuore alla propria privacy e sono in pochi a percepire i vantaggi nei servizi web derivanti dalla rinuncia del proprio anonimato. Lo stile allarmistico con cui i mezzi d’informazione parlano del fenomeno trova consenso tra gli utenti: solo il 20% dei rispondenti lo trova esagerato. nc
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SOCIAL E MOBILE, UNA SFIDA PER LE AZIENDE IN UNO SCENARIO NEL QUALE I SOCIAL NETWORK E IL MOBILE LA FANNO DA PADRONE, LE AZIENDE DEVONO IMPARARE A ORIENTARSI, INDIRIZZANDO LE PROPRIE RISORSE, ANCHE ECONOMICHE, IN MODO PRODUTTIVO E SCEGLIENDO IL MEZZO PIÙ IDONEO PER COMUNICARE, STANDO AL PASSO CON LE TENDENZE DEL MERCATO E DELLA TECNOLOGIA. UN MUST? IL DIALOGO CON UN CONSUMATORE IL CUI CONTRIBUTO AI CONTENUTI È OGGI IMPRESCINDIBILE. DI FRANCESCA FIORENTINO
Social e mobile sono due parole chiave per capire l’evoluzione dell’informazione online e, di conseguenza, dell’adv. Basti pensare che, in Italia, nel 2011 si è riscontrata una presenza di 16,5 milioni di utenti da mobile, con una crescita del +37%. Di questi, ben sei milioni accedono ai social network. Proseguendo a questi ritmi, il mobile sarà, nel 2015, la prima fonte di accesso al web a livello mondiale (fonte: Nielsen, Q3 2011). Questa crescita sorprendente è legata all’aumento della popolazione connessa nell’area Asia-Pacific e verrà ulteriormente avvantaggiata dal fatto che questo mezzo, così come il tablet, ha un processo di apprendimento molto più rapido rispetto a quello che ha avuto il pc a suo tempo. Tuttavia, mentre si sta aprendo un ventaglio di nuove opportunità di dialogo con il merca-
to, le aziende stanno ancora sviluppando una cultura adeguata rispetto ai paradigmi introdotti dal digital. “La sfida odierna - afferma Walter Bonanno, director Italy Populis Engage - è far capire alle aziende come usare i social media in modo costruttivo: tutti vogliono comunicare, ma in pochi sanno veramente ascoltare la propria customer base. In molti casi, prevale una logica push, ma dal dialogo e dall’interazione con il pubblico si possono percorrere nuove strade che aiutino a comprendere meglio le esigenze del mercato”. Molte sono le opportunità, per esempio, a livello di evoluzione del Customer Service, o di sviluppo di nuove idee e prodotti in crowdsourcing, raccogliendo le opinioni che vengono scambiate in rete dagli utenti finali. Sul fronte del web l’advertising deve necessariamente adattarsi a questo nuovo scenario, che presenta nuove forme di contenuto sempre più corte e immediate. Il web 2.0 ha visto negli ultimi tempi una rapida evoluzione: siamo passati dal blog, al post su Facebook al tweet, per finire con l’ultima tendenza, i link da Pinterest. Il dilagare di queste nuove forme di informa-
Walter Bonanno, director Italy Populis Engage
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zione e di dialogo non riguarda la semplice interazione tra privati, ma produce conseguenze sempre più tangibili per le aziende e i loro prodotti. Attraverso l’Osservatorio Multicanalità, Nielsen ha rilevato che nel 2011 più di 20 milioni di persone hanno letto recensioni di prodotti su blog e social media, esponendosi in tal modo a messaggi totalmente incontrollati dalla aziende. In otto milioni hanno scritto sul web per richiedere o dare giudizi: tra queste persone si trovano gli effettivi influencer, una nicchia di pubblico strategica per le aziende, che si compone di esperti e opinion leader molto attivi online, focalizzati su temi spe-
cifici e con un forte potere di persuasione. È da notare infatti che l’informazione online segue oggi un’evoluzione diversa rispetto al passato. “Attraverso il blog - continua Bonanno - è possibile creare contenuti rilevanti e tanto più efficaci e influenti, quanto più verticalizzati per aree di interesse; il social, a un livello più profondo, permette di attivare la conversazione intorno a quei contenuti e il mobile apre le porte alla condivisione di informazioni, ovunque ci si trovi. È un modello di amplificazione della forza del messaggio mai visto prima, da cui gli advertiser potranno trarre grandi vantaggi, se saranno in grado di sfruttarlo”. Un esempio può essere quello relativo alla case history Blogo.it, firmata dalla sua concessionaria esclusiva Populis Engage. Tra febbraio e marzo, è stata lanciata per Ford una campagna virale di video seeding, diffusa sui canali Motori, Tecnologia e Sport di Blogo.it. Obiettivo del progetto era coinvolgere direttamente il pubblico sulla pagina Facebook del cliente: per creare engagement gli utenti veniva-
Campagna virale di video seeding Ford, diffusa sui canali Motori, Tecnologia e Sport di Blogo.it. Obiettivo del progetto sviluppato da Populis Engage era coinvolgere direttamente il pubblico sulla pagina Facebook del cliente
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Il progetto Ben & Jerry’s, on air sui canali Entertainment, Donna, Lifestyle e News, prevede sezione cobrand, supporto editoriale, video seeding e adv standard, con collegamenti alle pagine social per permettere agli utenti di interagire
no invitati a raccogliere la sfida di mettere alla prova le tecnologie dell’azienda in modo creativo e divertente, girando e postando video o anche solo raccontando le proprie idee per iscritto o con un apposito simulatore. In pochi giorni, la campagna ha realizzato oltre 16.000 visualizzazioni, generando un passaparola davvero significativo in rete. “L’utilizzo di un approccio verticale alla creazione di contenuti, come avviene per Blogo.it - conclude Bonanno -, possiede un enorme vantaggio per le aziende: quello di coinvolgere nicchie che condividono informazioni specifiche all’interno di veri e propri marketplace sociali. Come conseguenza, se il messaggio suscita interesse in un pubblico molto profilato e viene condiviso sui social con altri utenti accomunati dalla stessa passione o dallo stesso bisogno, è possibile generare, proprio da Facebook o Twitter, un ritorno di traffico maggiore e di qualità, in un circolo virtuoso che non ragiona solo in termini quantitativi, come il numero di ‘Like’, follower o utenti, quanto in termini di reale engagement generato”. nc
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CHANTECLAIR DI REAL CHIMICA PUNTA SUL DIGITALE CON YAHOO! CHANTECLAIR SCEGLIE YAHOO! PER COMUNICARE ONLINE LA LINEA CHANTECLAIR BEBÉ ALLE MAMME. IL PROGETTO, REALIZZATO DA M,C&A MEDIAVEST IN COLLABORAZIONE CON YAHOO! STUDIO, COMPRENDE LA CREAZIONE DI UN BLOG E DI UNA WEB SERIES DAL TITOLO ‘A CASA DI IRENE’, COMPOSTA DA SEI EPISODI ESCLUSIVI IN PRIMA VISIONE. DI FRANCESCA FIORENTINO
Dal 17 aprile è live la prima campagna digitale di Chanteclair, il famoso marchio del Gallo del Pulito di proprietà Real Chimica, realizzata da M,C&A MediaVest in collaborazione con Yahoo! Studio per promuovere la linea Chanteclair Bebè composta da tre varianti di detersivo delicato, un balsamo ammorbidente, un pretrattante scioglimacchia e uno spray igienizzante per piccole superfici, prodotti ideati appositamente per il target delle mamme e neo mamme. “Il progetto di comunicazione per Chanteclair - afferma Lorenzo Montagna, ad e direttore commerciale Yahoo! Italia -, realizzato da Yahoo! Studio in collaborazione con M,C&A MediaVest, rappresenta l’esempio di una campa-
gna integrata di content adv che include video, interazione e condivisione social e che consente di coinvolgere e fidelizzare il target di riferimento oltre la durata della campagna stessa. Il progetto mette in evidenza la proficua cooperazione tra il team editoriale e quello creativo di Yahoo! e in risalto l’efficacia del video come strumento di comunicazione su web”. Si tratta di un progetto speciale online per tre mesi sul canale verticale Yahoo! Lifestyle: al centro della strategia di comunicazione vi sono la creazione di un blog e la realizzazione di una web series dal titolo ‘A casa di Irene’, composta da sei episodi esclusivi in prima visione. Irene è una giovane mamma, molto impegnata fra
educazione e cura del proprio figlio, lavoro e le faccende casalinghe. Attraverso il suo blog e i video da lei realizzati diffonde in rete le sue esperienze e distilla consigli relativi alla gestione domestica e familiare. La campagna prevede, inoltre, sia la diffusione di ‘cleaning tips’ (piccoli consigli legati al mondo della detergenza e della pulizia utili per semplificare la gestione domestica), sia lo sviluppo di discussioni tramite domande a tema che Irene farà alla community di Yahoo! Answers. È prevista, infine, una ricerca che valuterà l’efficacia di questo progetto di comunicazione web, condotta tramite un questionario realizzato dal team di ricerca di Yahoo! ad hoc per la campagna digitale. nc
YAHOO! STUDIO_ Yahoo! Studio si occupa di iniziative speciali, di sviluppare progetti integrati e di tutto ciò che esula dalle pianificazioni di standard advertising. Online/offline e mobile si incontrano per dare vita a progetti che hanno l’obiettivo di massimizzare e amplificare la comunicazione dei partner attraverso attività mirate in grado di ingaggiare l’audience Yahoo! creando una conversazione e amplificando i risultati di comunicazione dei clienti.
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‘LA TASTE’, LA PROVINCIA BATTE LE CAPITALI SEREGNO, CITTADINA DELLA PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA, OSPITA NEL SUO TERRITORIO UN FOOD CONCEPT STORE D’ECCELLENZA, DEGNO DELLE PRINCIPALI CAPITALI EUROPEE. STIAMO PARLANDO DI ‘LA TASTE’, LOCALE SOBRIO MA ELEGANTE, DI 600 METRI QUADRI, IN CUI CONVIVONO, IN PERFETTA ARMONIA, UN CAFFÈ, UN BISTROT, UN’AREA SHOP E UNO SPAZIO EVENTI.
DI ALBERTO PASQUINI chairman Crea International alberto.pasquini@creainternational.com
Quando un caro amico di Desio mi ha comunicato che mi avrebbe portato a Seregno a cena, di certo non avrei mai pensato di scoprire un luogo così suggestivo e unico, capace di competere, per l’innovazione dello spazio, le referenze, i servizi e la ristorazione, con i locali più attraenti e unici della nostra Europa. Posso tranquillamente affermare che un format di questo tipo potrebbe essere replicato in ogni parte del mondo, come simbolo della creatività italiana nel design; la passione per la gastronomia, la cura dei dettagli e l’accuratezza dei servizi e dei prodotti selezionati per la vendita, con quella dose di amore e ricercatezza, che trasferiscono all’interno dello spazio lo spirito e l’anima dei proprietari. Appena si entra a ‘La Taste’ si sente che chi
lo ha disegnato ha seguito la voce del cuore di Riccardo Migliavada, Stefania Siragusa, Gen Ohhashi, Pietro Curti e Alberto Lorenzi che, con quella passione tipica di chi mette in un progetto la propria cultura, il proprio sapere e la dedizione, con coraggio e tenacia può creare un luogo che trasferisca ai clienti e ai visitatori i suoi sentimen-
Un’immagine degli interni di ‘La Taste’, il sobrio ma elegante locale di Seregno che unisce caffè, bistrot, area shop e spazio eventi
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ti e i suoi sogni. Qui il sogno è stato realizzato e appare a colori, bellissimo a prima vista e poi in ogni singolo dettaglio in tutti i suoi 600 metri quadri in cui vivono in armonia le varie aree - un cafè, un bistrot, un’area shop e uno spazio eventi - simboli di quell’eccellenza italiana che ci invidiano nel mondo: creatività, stile, simpatia,
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ecletticismo e cuore! Il locale è sobrio ma elegante, il legno anticato e di colore bianco crea una atmosfera rilassante, gli scaffali modulari con le doghe di legno consentono un facing modulare e finalmente non ci sono materiali ferrosi. Gli spazi per la consultazione dei prodotti sono distanziati, i packaging dei prodotti sapientemente illuminati trasferiscono al consumatore quella cura nella ricerca dei prodotti che li rende preziosi, la cassa si perde tra le esposizioni e non si impone nello spazio, come un piccolo angolo dedicato alla cura del pacchetto regalo per gli amici, che improvvisamente ti appare mentre non te lo aspetti. La zona ristorazione è aperta solo la sera e vale veramente la pena di provare le specialità che vengono suggerite dalla cucina; i tavoli e le sedie sono semplici e l’unica nota non troppo positiva sono le luci troppo basse che non illuminano direttamente i piatti, che, per la loro accurata disposizione, dovrebbero avere più importanza visiva. L’area cafè ha nella colazione il suo punto di forza: dal caffè e cappuccino, per chi ha poco tempo, alle torte sfornate ogni giorno da degustare a fette, senza contare pasticceria secca, marmellate e burro d’alpeggio e ancora yogurt naturali e frutta fresca di stagione. Il caffè è il posto giu-
sto anche per una merenda pomeridiana o per un pranzo veloce ma attento. Via libera allora ai salumi affettati al momento da assaporare con il pane fresco mentre alla sera si stapperanno bottiglie tra cui spiccano vini naturali serviti a calice e, in alternativa, birre artigianali alla spina. Il bistrot offre quattro piatti unici sempre diversi preparati espressamente per garantire ai clienti che pranzano fuori casa tutti i giorni un pasto sempre vario, fresco e a base di prodotti locali. È un luogo ideale anche per una cena elegante, ma informale, avvolti da luci soffuse e una tavola apparecchiata con cura a conferire eleganza autentica senza però rinunciare a convivialità e divertimento. Cafè e bistrot sono inseriti in un’area shop, un unico grande spazio dedicato alla vendita di prodotti alimentari selezionati secondo le caratteristiche di qualità di produzione e sensoriale, attenzione etica e territorialità. Oltre ai prodotti da scaffale lo shop offre anche una gamma di bevande e alimenti freschi come salumi e formaggi da taglio con vendita assistita, il pane a lievito madre di Davide Longoni, vini e birre artigianali. Un’ampia parte del progetto ‘La Taste’ è dedicata all’incontro, all’espressione, alla conversazione e alla cultura in generale: sia
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La cura dei dettagli, la passione per la gastronomia e l’accuratezza dei prodotti selezionati per la vendita. Questi alcuni degli ingredienti chiave di ‘La Taste’
quella tramandata attraverso il cibo sia quella scritta e stampata. ‘La Taste’ offre un tetto al book crossing e propone in consultazione libri, riviste italiane e internazionali, promuovendo così lo scambio di idee, pensieri ed esperienze personali. Lo spazio eventi è il posto ideale dove incontrarsi per divertirsi e per partecipare a concerti, presentazione di libri, degustazioni e incontri informali con i produttori. Si esce da ‘La Taste’ portandosi con sé quell’esperienza estetica e valoriale, capace di insinuarsi per sempre nei nostri ricordi e pronta a uscire di scatto appena si presenta l’occasione di parlarne. Al di fuori non ci aspetta la città di Parigi, di Londra o di Berlino, ma una tranquilla e discreta Seregno, ora anche sorridente, per avere avuto l’occasione di ospitare, e battezzare, questo locale, che molte altre città più blasonate ci invidierebbenc ro se sapessero della sua esistenza. Le fotografie pubblicate sono del fotografo MV Cervigni che gentilmente ha concesso la pubblicazione.
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“THE DIGITAL REVOLUTION IS FAR MORE SIGNIFICANT THAN THE INVENTION OF WRITING OR EVEN OF PRINTING” Douglas Engelbart .
IL BRANDING NELL’ERA DIGITALE Siamo bombardati da articoli, tabelle, grafici che raccontano i numeri, le percentuali, i tassi di crescita del digital. Sono dati davvero impressionanti, ma vanno letti, interpretati e compresi se si vuole ‘utilizzare’ bene il digital per il proprio business. La riduzione del costo dell’hardware, che ha reso tablet, notebook e smartphone alla portata di un pubblico più vasto e variegato, e la diffusione di software free (e della pirateria), hanno impresso al settore una crescita senza pari. Un altro punto di forza del digital è la sua capacità di coinvolgere gli individui rendendoli ‘creativi’, vale a dire produttori in prima persona di contenuti multimediali. Mai come oggi la creatività è condivisa da milioni di persone che fotografano, filmano, modificano e condividono su un palcoscenico globale: la Rete. Era perciò inevitabile che il digital modificasse anche l’approccio delle marche al branding, al marketing e alla comunicazione, spingendole a comportarsi in maniera più trasparente, pena la condivisione e amplificazione delle mancate promesse e la conseguente demolizione della loro reputazione. C’è però ancora molta confusione sul ruolo che il digital può giocare a favore di un brand. Sviluppare una app, aprire una pagina Facebook o un profilo su Twitter sono attività da valutare con attenzione, devono far parte di una strategia più ampia e strutturata - quella di marca - e non essere l’adattamento a ciò che fanno gli altri. Sono ancora pochi i brand che hanno saputo tracciare una strategia di marca capace di definire i termini della loro presenza digitale, vigilando che il loro messaggio resti
coerente, chiaro e autorevole anche sui nuovi media. Accade, invece, che sia il mezzo i social media, i blog, ecc. - a determinare come si esprime la marca nel mondo digitale, con il rischio di penalizzarne la distintività attraverso una passiva uniformazione ai codici digitali. Se è vero che a ogni mezzo corrisponde un linguaggio e che un brand non può usare lo stesso tono di voce su Facebook e sulla sua brochure istituzionale, resta comunque indispensabile che sia il brand stesso a scegliere con attenzione il suo linguaggio digitale, preservando così la propria unicità. Lasciare che sia il mezzo a guidare la marca, e non viceversa, è una scelta molto rischiosa.
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Per costruire un’identità digitale è necessario partire sempre dai fondamentali del branding: individuare, sintetizzare ed esprimere l’essenza della marca attraverso un posizionamento rilevante, distintivo e proprietario, in poche parole unico. Ogni marca è composta da valori specifici e ha una propria personalità, un proprio modo di esprimersi, di parlare e di agire qualunque sia il media che utilizza. In breve, il mezzo non può essere il messaggio, che è e resta una scelta strategica che ogni marca dotata di personalità deve definire a priori. Susanna Bellandi, ceo FutureBrand Milano & Paris
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to al marketing mix. Oggi, questo ruolo si è amplificato, grazie alla capacità che il consumatore ha, non solo di fruire della marca, ma anche di parlare con essa e modificarla. Su quali basi si deve costruire un rapporto ‘sano’ tra cliente e agenzia? Il delivery costante dei massimi livelli di efficienza ed efficacia all’interno di una relazione trasparente, integra, che riconosca i valori delle professionalità in campo nelle due direzioni. Il tutto condito da una forte dose di innovazione e creatività. Se dipendesse da lei a chi darebbe il Premio Miglior Manager dell’Anno nella prossima edizione? Guardando all’esterno di Aegis mi viene in mente Massimo Costa sul fronte delle agenzie. Ritengo che Massimo stia facendo un lavoro importante per il suo Gruppo, ma anche per tutta la nostra industry. Sul fronte dei mezzi e degli editori, sicuramente Urbano Cairo, perché sta perfor-
mando in maniera importante sia sul côté dell’editore sia su quello della concessionaria. Parliamo della crisi internazionale. Secondo lei, quale impatto ha avuto nel comparto e cosa suggerisce ai protagonisti del settore comunicazione? L’andamento degli investimenti in comunicazione è sempre direttamente proporzionale all’andamento dell’economia e anticipa e dilata le tendenze registrate dal Pil. In questo periodo, la crisi economico finanziaria internazionale è particolarmente persistente in Europa e accentuata nel sud dell’Ue e ha sicuramente una responsabilità non trascurabile nel determinare il calo degli investimenti pubblicitari in Italia che, nei primi mesi di quest’anno, ha superato il 7%. Ciononostante, bisogna ricordare che insieme a questa componente congiunturale opera una dimensione strutturale: il sistema delle comunicazioni in Italia è rimasto per 20 anni tecnologicamente ar-
Il modello operativo Aegis Media. Fanno parte del Gruppo: Carat e Vizeum nell’area del media, Isobar nell’area creativa e digitale, Posterscope, attiva nell’OOH, iProspect nel performance marketing & search, MenCompany nell’experiential & unconventional, deepblue nell’area delle consulenze strategiche e AE Comunicazione d’Impresa nelle pubbliche relazioni
retrato e la frammentazione del sistema televisivo si associa, oggi, a una crescita di internet rallentata rispetto alle economie più evolute. I protagonisti della comunicazione devono ridefinire il processo di comunicazione intorno a tre priorità: la trasparenza, la tecnologia e il talento. La trasparenza rimanda all’etica, alla fiducia e al ritorno sull’investimento; la tecnologia è intimamente legata all’efficienza, e il talento ci ricorda che il mondo della comunicazione ha bisogno di professionisti e che è nostro dovere favorire una nuova nc generazione di comunicatori.
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La nuova sede del Gruppo Aegis Media, all’interno del Maciachini Center a Milano, ispirata al moderno concetto di work-life balance
oggi al manager di successo per affrontare le sfide di mercati sempre più complessi e consumatori sempre meno passivi? Un approccio davvero multidisciplinare, una grande capacità di ascolto, di interpretazione dei fenomeni che caratterizzano questi anni e di tradurre tutto questo in soluzioni organizzative e di prodotto, che possano rispondere efficacemente ai nuovi bisogni dei nostri clienti. È importante, inoltre, prendere decisioni su situazioni sempre più complesse, con maggiore velocità, e implementarle efficacemente. Last but not least, saper aggregare un team di expertise diverse tra loro, che sappia però lavorare in maniera fortemente coesa e univoca. Quali consigli darebbe a un giovane manager che vuole aspirare a una carriera come la sua? Curiosità, coraggio, tanta voglia di fare, capacità di lavorare in team, mettersi sempre in discussione, partire ogni volta da un foglio bianco, integrità. mente la propria posizione di leadership e recentemente ha rinnovato il proprio modello organizzativo con l’obiettivo di migliorare significativamente la propria presenza in aree come il Pos e il presidio dei luoghi di aggregazione maggiori: piazze, mall, palestre, in un’ottica di marketing pervasivo volto a sviluppare rapporti tra pubblico e privato sempre maggiori. Impiega circa 25 persone su base permanente e movimenta un indotto sempre crescente di persone nel settore degli eventi. È di questi giorni la notizia del primo assignement sovranazionale da parte di un cliente dell’industry tlc/It: MenCompany gestirà un progetto di comunicazione
in Spagna, Francia, Germania e Italia, coordinato da Milano. A 16 mesi dal lancio iProspect, società del Gruppo focalizzata sul performance marketing, raggiunge la leadership del mercato con un amministrato di circa 50 milioni di euro; l’organico raggiunge le 22 persone (12 assunzioni nel corso del solo 2011, ndr) e un’età media di 27 anni. iProspect Italia è nominata ‘Google Beta Agency’ e rappresenta un punto di eccellenza nei Big Five Europe per la gestione di campagne search advertising. Nel 2011 Zanox le ha conferito il ‘Best Performance Programme 2011’. Quali sono le caratteristiche necessarie
Rimaniamo in tema di comunicazione. Su quali nuovi principi si fonderà lo scenario che va definendosi? Contaminazione, convergenza e integrazione. Fruiremo dei contenuti, e quindi la comunicazione commerciale, su un numero crescente di piattaforme. Di nuovo, sarà importante agire una vera contaminazione del know-how; tecniche e saperi per generare soluzioni efficaci e di impatto. Quale importanza ritiene abbia oggi la comunicazione integrata rispetto al marketing mix delle aziende? Crescente. La comunicazione integrata ha sempre avuto un ruolo importante rispet-
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biamento. Questo riflette una strategia di innovazione e di concreta risposta ai bisogni del mercato in termini di risorse umane: nuove expertise, fortemente integrate con le più tradizionali ma non meno importanti. A integrazione e completamento di questa strategia, tutte le operation di Aegis a Milano si trasferiranno, nel corso del 2012, in una nuova, unica, moderna e funzionale sede, che sarà ispirata certamente a una tecnologia evoluta, ma, soprattutto, al moderno concetto di work-life balance. Entrando nel dettaglio, quali risultati hanno raggiunto le diverse società che compongono il Gruppo Aegis? Il comparto media di Aegis con Carat e Vizeum ha messo in pratica una strategia di crescita selettiva alla ricerca prima di una corretta remunerazione, adeguata al livello di servizio implementato, e poi dei billing. Tra le acquisizioni di nuovi clienti nei primi mesi del 2012 ricordiamo Infasil (Angelini), Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), Fini, Bulgari, Costa Crociere, Ente Turismo Emilia Romagna, CoRePla. Sul fronte dei riconoscimenti, l’Istituto Internazionale Recma, nel suo ultimo report, ha attribuito a Carat Italia il massimo punteggio (A+). La valutazione è una sintesi di capacità di competere nel mercato e di capacità di innovare. Mesi fa, inoltre, Confcommercio aveva assegnato a Carat il ‘Premio eccellenza 2011’ con la seguente mo-
tivazione: “[…] riconoscere il valore delle imprese che mettono sempre passione in ciò che fanno, generando innovazione e stimolando sviluppo e crescita, ponendo le basi per una continua ricerca dell’eccellenza […]”. È la prima volta che questo importante riconoscimento viene attribuito a un’azienda nell’industry della comunicazione. Isobar registra nel corso degli ultimi due anni una crescita di turnover del 70% e la nuova divisione operante nel social media, a pochi mesi dal lancio, è operativa su oltre 15 progetti impiegando 10 collaboratori. Isobar ha continuato il proprio percorso di innovazione e ha lanciato que-
Isobar ha continuato il proprio percorso di innovazione e ha lanciato quest’anno la ‘Listening room’, un ambiente fisico esclusivo, completamente dedicato ai Social Media
st’anno una ‘listening room’ dedicata all’attività di ascolto della Rete. Isobar pone al centro di ogni sua attività il branded content, che si traduce in progetti che vivono all’interno dell’ecosistema digitale e che partono dalle property dei clienti per poi svolgersi in tutti gli ambienti social. MenCompany, società di experiential marketing ed eventi, ha consolidato ulterior-
CHI È_ Prima di assumere la guida di Aegis Media nel 2010, Giulio Malegori ha trascorso più di 10 anni in Mindshare, per la quale, nel 1999, lancia l’operation in Italia, partendo con 30 persone e 150 milioni di euro di amministrato. Nel 2000, in un solo anno, arriva a un amministrato di oltre un miliardo di euro con più di 200 persone, conquistando la leadership del mercato. Nel 2003 assume l’incarico di ceo di Mindshare Europe, che guida fino a metà del 2006. Nel 2004, sotto la sua guida, Mindshare Europe vince l’investimento europeo di Unilever, per oltre un miliardo di dollari. Dopo una breve parentesi trascorsa in Italia, Malegori riprende la strada dell’internazionale, entrando nel board mondiale di Mindshare con responsabilità di gestione e sviluppo clienti e prodotto. Prima di Mindshare, dal 1988 al 1998, Malegori ha fatto parte del core team guidato da Marco Benatti nello sviluppo del Gruppo Cia Medianetwork. Nello specifico, è stato presidente di Blumedia, consigliere delegato della holding italiana di Cia Medianetwork e membro del board europeo. Prima dell’esperienza in Cia, ha lavorato per alcuni anni in Nielsen e, prima ancora, ha trascorso cinque anni in McCann Erickson, dove ha avuto inizio la sua carriera dopo gli studi universitari in filosofia. Giulio Malegori è uno dei pochissimi manager della sua generazione ad aver avuto una rilevante carriera internazionale nella sua industry di riferimento.
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awards
Manager dell’Anno
2012
LE TRE C DI MALEGORI: CONTAMINAZIONE, CONVERGENZA E CURIOSITÀ ALLA GUIDA DEL GRUPPO AEGIS MEDIA DAL 2010, GIULIO MALEGORI HA, FIN DALL’INIZIO, DATO ALL’AZIENDA UN FORTE IMPULSO IN TERMINI DI MULTIDISCIPLINARITÀ, TRASPARENZA E INNOVAZIONE, AMPLIANDONE LE COMPETENZE E LE DISCIPLINE, ANCHE GRAZIE ALL’INGRESSO DI NUMEROSI NUOVI PROFILI. A LUI, IL PREMIO DI MANAGER DELL’ANNO IN OCCASIONE DEGLI NC AWARDS 2012. DI ILARIA MYR
Diversificazione delle competenze, specializzazioni e un grande impulso alle risorse interne. Sono queste le strategie principali che Giulio Malegori, presidente e ceo Aegis Media Italia, ha messo in atto nel Gruppo, che presiede dal 2010. Ed è proprio in virtù degli ottimi risultati ottenuti dal gruppo Aegis e dalle sue società nel 2011- elevato numero di new business in tutte le aree, traguardi economici, riconoscimenti internazionali - che Adc Group ha deciso di conferirgli il premio di Manager dell’Anno, nell’ambito degli NC Awards 2012.
Giulio Malegori, presidente e ceo Aegis Media Italia
In occasione degli NC Awards 2012 le è stato conferito il premio di Manager dell’Anno. Raggiungimento degli obiettivi, capacità di coinvolgimento e gestione delle risorse umane, innovazione nell’approccio al business, sono i criteri sulla base dei quali è stata orientata la scelta dell’Editore e degli esperti coinvolti. Può raccontare quali fatti hanno caratterizzato la sua attività professionale nel 2011 e quali sono le novità introdotte? Negli ultimi 24 mesi il turnover del personale, incluse le job rotation interne, ha riguardato circa una persona su tre del Gruppo, e il numero delle persone che lavorano in Aegis Media è passato da 350 nel 2010 a 375 nel 2012. All’interno di questo numero, i ruoli tipicamente più legati al media tradizionale sono diminuiti, mentre quelli che si occupano del media digitale sono aumentati di più del 20%. Occorre ricordare che Aegis, già due anni fa, ha integrato le funzioni, e quindi le risorse, di planning on e offline. Alcuni indicatori importanti, quali età e permanenza media in azienda, sono diminuiti a prova di un’effettiva energia orientata al cam-
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po am c o tr n co
il giornale della nuova comunicazione
NC Awards 2012 Manager dell’Anno
Giulio Malegori
Le tre C: contaminazione, convergenza e curiositĂ