NC 76 Feb-Mar 2019

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Anno 13 numero 76 febbraio-marzo 2019 Società Editrice ADC Group

Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano

il giornale della nuova comunicazione

INCHIESTA

Retail, l’omnicanalità batte cassa



editoriale_nc

BC&E FESTIVAL, BUONA LA PRIMA Ancora una volta ADC Group ha fatto centro. Il neonato Festival del Branded Content & Entertainment, patrocinato da OBE, l’Osservatorio per il Branded Content, è stato un vero successo. Protagonisti dell’evento un comparto sempre più rilevante all’interno delle strategie di comunicazione delle aziende, e i progetti di brand capaci di emozionare e coinvolgere attraverso contenuti e intrattenimento. La kermesse (alla quale verrà dedicato un ampio reportage sul prossimo numero) si è aperta con le presentazioni ‘live’ delle campagne finaliste della IV edizione del premio dedicato al Branded Content & Entertainment, giudicate da circa 30 tra i più autorevoli marketing manager di azienda, capitanati dal presidente Simonetta Consiglio, direttore marketing e comunicazione Sisal Group, alle quali sono seguiti un networking lunch, un pomeriggio di formazione su temi rilevanti per la crescita del settore e l’attesa cerimonia di premiazione. Tra i numerosi progetti premiati al Vodafone Theatre di Milano dai frizzanti presentatori Alessio Stigliano e Alessandro Tenace (theShow) spiccano i tre vincitori del Gran Prix: ‘Operazione XFactor’ dei The Jackal per Sky (oro), ‘Fox Circus’ di Fox Networks Group Italy (argento) e ‘Tutto Può Succedere 3 - Fondazione Operation Smile’ di Rai Pubblicità per Operation Smile (bronzo). Il Premio dell’Editore Innovazione nel Branded Content & Entertainment è stato assegnato a DigitalBees. Il Festival ha rappresentato ancora una volta un’opportunità unica per accedere a contenuti esclusivi a cura di influencer, youtuber, personaggi dello spettacolo e professionisti, ciascuno dei quali ha trattato il tema in tutte le declinazioni in termini di formati e mezzi pianificati, dalla tv alla radio, dal digital ai social. Un panel composto da Paolo Iabichino, che ha aperto i lavori con un interessante inspirational speech; Giulio Golia, noto conduttore delle Iene su Italia 1; Marco Ferrarini (Show Reel Media Group, silver sponsor del festival); Germano Lanzoni e le menti fondatrici e creative del personaggio de ‘Il Milanese Imbruttito’; Matteo Caccia, autore teatrale e speaker radiofonico; Daniela Tavola (Hearst Italia); Emanuele Landi (Fox Networks Group Italy); Anna Vitiello (Obe) e Antonio Filoni (Doxa). Infine, una tavola rotonda con Barbara Bontempi (DigitalBees), Simonetta Consiglio (Sisal), Daniele Chieffi (Agi) e Giuseppe Papa (Mattel) che hanno discusso sui mezzi, contenuti, investimenti e trend del settore. Vi ricordo che i prossimi appuntamenti primaverili di ADC Group saranno dedicati al mondo della fidelizzazione e del rapporto tra brand e consumatori, grazie alla prima edizione del Brand Loyalty Awards (Milano, 16 aprile) e all’eccellenza della comunicazione made in Italy, grazie agli NC Awards (Milano Teatro Elfo Puccini, 20 maggio). Un omaggio all’innovazione, giunto alla sua tredicesima edizione, che, ancora una volta, ci fornirà una fotografia attendibile e in ‘alta definizione’ dello scenario creativo italiano. E proprio parlando di creatività non posso esimermi dal citare il neo eletto consiglio direttivo dell’Art Directors Club Italiano, l’associazione da sempre votata al riconoscimento e al sostegno del valore della creatività come elemento fondante e vantaggio competitivo della comunicazione d’impresa (vedi articolo a pag. 26). Al rieletto presidente Vicky Gitto (GB 22), alla vice presidente Stefania Siani (DlvBbdo) e al nuovo consiglio, di cui fanno parte professionisti dalle competenze diverse, auguro di riuscire nell’intento proposto dal nuovo programma ‘Adci Strategy’ che mette al centro l’importanza del lavoro sinergico tra strategia e creatività. Argomenti che da sempre fanno parte anche dell’ecosistema editoriale di ADC Group. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group

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nc_sommario

6_AGENZIA DEL MESE HOVO FABER, DESIGN EXPERIENCE IMMERSIVA E MULTIMEDIALE

III_CONTROCAMPO CABIRIA BRANDUNIVERSE, ISTINTO CREATIVO E AGILITÀ DIGITALE

8_INCHIESTA_RETAIL EXPERIENCE, PUNTO DI ARRIVO O DI PARTENZA? SEMPRE PIÙ INTEGRATO NELLE STRATEGIE DI COMUNICAZIONE, IL RETAIL STA VIVENDO UN PERIODO EFFERVESCENTE E DI GRANDE INNOVAZIONE. SCOPRIAMO QUALI SONO I TREND DEL SETTORE E LE INIZIATIVE DI COMUNICAZIONE CAPACI DI CONFERMARE PUNTO VENDITA QUALE DI LUOGO PRINCIPE PER LA SCELTA DI ACQUISTO E LA FIDELIZZAZIONE E DI COINVOLGERE IL CONSUMATORE IN UN VIAGGIO TRA STORYTELLING E MULTISENSORIALITÀ.

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sommario_nc

INCHIESTA

30_BRANDED ENTERTAINMENT,

8/25_INCHIESTA_RETAIL EXPERIENCE

DIGITAL/INTERACTIVE

LARGO A EVENTI

50_DATI E RICERCHE

E SPONSORIZZAZIONI

DIGITAL TRENDS 2019,

8_RETAIL, CHI SPERIMENTA

32_DATI & RICERCHE

VINCE

BRAND, VINCE LA COMUNICAZIONE

13_RETAIL OUTLOOK 2019,

‘GENDER-BALANCED’

I TREND DOMINANTI

34_FOCUS

14_MOLTO DIGITAL, SEMPRE PIÙ EXPERIENCE 17_PUNTO VENDITA, UNA NUOVA ERA 20_MILANO, THE PLACE TO BE

24_GRUPPO RONCAGLIA, OMNICANALITÀ IMMERSIVA

AREA STRATEGICA

26/31_PRIMO PIANO 26_GITTO (ADCI): “ECCELLENZA

54_TREND PROGRAMMATIC, DRIVER DI CRESCITA DELLA DIGITAL ADV

INFLUENCER MARKETING, 241 MILIONI NEL 2019 (+34%)

38_RUBRICA ALL 13 MINA, LEAVE YOUR MARK

22_ACQUA GROUP: INNOVAZIONE, INTEGRAZIONE E COMPETENZA

SPOPOLANO I SOCIAL

STRATEGIE INNOVATIVE 38_OCCULTI (LUXOTTICA): “FLESSIBILITÀ È LA PAROLA CHIAVE” 42_FABER, QUANDO LA COMUNICAZIONE TIRA 46_OLIMPIA SPLENDID, HOME OF STORYTELLING

STRATEGICA PER L’ECCELLENZA CREATIVA”

Pag. 46 Strategie Innovative Olimpia Splendid

ACCOUNT MANAGER

DIRETTORE RESPONSABILE

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Andrea Parmigiani andrea.parmigiani@adcgroup.it Elisabetta Zarone elisabetta.zarone@adcgroup.it Franco Trerotola franco.trerotola@adcgroup.it Elena Rossi elena.rossi@adcgroup.it Andrea Gervasi andrea.gervasi@adcgroup.it (Roma) Ilaria Granato ilaria.granato@adcgroup.it (International)

ART DIRECTION E REALIZZAZIONE

Ilaria Aguzzi ilaria.aguzzi@adcgroup.it

Salvatore Sagone salvatore.sagone@adcgroup.it

COORDINAMENTO EDITORIALE

Marina Bellantoni marina.bellantoni@adcgroup.it Ilenia La Leggia ilenia.laleggia@adcgroup.it

ABBONAMENTI

Simona Marconi s.marconigrafica@gmail.com PERIODICO MENSILE

HANNO COLLABORATO

Elena Colombo, Francesca Fiorentino, Ilaria Myr

n° 76 feb-mar 2019 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007

RESPONSABILE COMMERCIALE

SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srl

presidente: Salvatore Sagone Red. e pubbl.: via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 info@adcgroup.it Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano NC© Copyright 2019 ADC Group srl

Paola Morello paola.morello@adcgroup.it

MARKETING E COMUNICAZIONE marketing@adcgroup.it

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA

P. F. via Kramer, 17 - 20129 Milano Finito di stampare nel mese di marzo 2019 Progetto grafico: Davide Lopopolo

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HOVO FABER, DESIGN EXPERIENCE IMMERSIVA E MULTIMEDIALE EMOZIONE, CREATIVITÀ E SENSO DELLA PERFEZIONE RAPPRESENTANO GLI ELEMENTI ESSENZIALI DEL LAVORO DELLO STUDIO NATO DALLA PASSIONE E DALL’ESPERIENZA DEL REGISTA E DIRETTORE ARTISTICO STEFANO BRUNO. SPECIALIZZATO IN PROGETTI DI COMUNICAZIONE IMMERSIVI E MULTIMEDIALI, HOVO FABER CREA BRAND, RETAIL E ART EXPERIENCE CAPACI DI ESPRIMERE IL PIÙ ALTO GRADO DI ENGAGEMENT. DI MARINA BELLANTONI

Nata nel 2008 come agenzia di comunicazione/produzione video ed eventi, in occasione di Expo 2015 Hovo Faber - Design Experience Studio (info@hovofaber.com) si è specializzata nell’ideazione, progettazione e produzione di una comunicazione immersiva e multisensoriale. Diviso in business unit (adv, film, event, e web) oggi continua a essere uno studio piccolo e armonioso dove poche persone, scelte con cura e caratterizzate da una buona dose di sensibilità, entrano a far parte di processi metalinguistici e produzioni multimediali accomunate da una forte passione, cultura e curiosità, ingredienti necessari per svolgere ogni progetto in maniera versatile e con una forte attenzione al dettaglio. “Creiamo attività di comunicazioni esperienziali - spiega Stefano Bruno, ceo Hovo Faber - legati al mondo del retail, siti produttivi, exhibition. Le nostre competenze e la natura del nostro modus operandi si

presta per essere trasversale a più settori: food, complementi d’arrredo, luxury e fashion. Negli ultimi anni abbiamo avuto il piacere di mettere a disposizione il nostro know-how per Lindt e Spurgli, Bauli, Birrificio Angelo Poretti, Barilla, Thun, Giuseppe Zanotti e Pasquale Bruni”. Il retail sta vivendo un periodo effervescente e di grande innovazione. Che cosa offre la sua agenzia in questo ambito? La funzione dei negozi non è più quella

Stefano Bruno, ceo Hovo Faber

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di fornire solo un servizio ‘su strada’. Lo shopping diventa una customer experience coinvolgente e ricca di contenuti in grado di andare oltre la semplice transazione economica. I brand, necessitano di luoghi scenici e multisensoriali con un senso commerciale all’avanguardia, e si avvalgono della tecnologia per informare, profilare ed entusiasmare profondamente ‘il pubblico’ di consumatori. Hovo Faber, parte dalla creazione del Design dell’Esperienza (Fase 1, ndr) che trova applicazione in tecniche scenografiche e tecnologie immersive (Fase 2, ndr) rendendo la comunicazione di un brand o di un prodotto patrimonio culturale della persona legata a un evento emotivo vissuto e replicato nelle sue shop experience. Se un evento può essere considerato come un bellissimo film, un’experience è paragonabile a una serie tv, in grado di legare un pubblico al suo storytelling in occasione di ogni puntata. Del resto i nostri clienti ci chiedono, attività di engagement, condivisione dell’esperienza di acquisto e soprattutto fidelizzazione.


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A sinistra, attività di entertainment presso la location Villa Reale di Monza. A destra, Tour Experience nel sito produttivo di Doria

In particolare, quali innovazioni tecnologiche avete adottato e proponete alle aziende? La tecnologia è un mezzo di espressione di contenuti organizzati, la cui fruizione partecipativa assume toni immersivi, avvolgenti e condivisibili. Il nostro punto di partenza è un’analisi sociologica, psicologica e strutturale del consumo che tiene in considerazione lo spazio e la sua dinamica di fruizione.

tempo soddisfacente e personalizzata. Si tende spesso a condividere un vissuto con chi è distante da noi, dimenticando l’importanza di una condivisone sociale con chi ci sta accanto. Una brand experience trova la sua massima espressione quando in un altro tempo e un altro luogo, contributi cognitivi, vengono ricordati e rivissuti con nostalgia in grado di risvegliare ricordi e sensazioni che trasformano il cliente a tal punto da renderlo ambassador del brand.

Quali sono oggi le maggiori richieste che vi arrivano dai clienti per progetti legati al retail? Un punto vendita che offra un’esperienza d’acquisto rassicurante, emotivamente coinvolgente, innovativa e allo stesso

Come evolverà a suo avviso la comunicazione legata al retail? Solo se il brand è in grado di disegnare e interpretare nei luoghi di vendita la propria storia con pietre miliari visibili agli occhi di tutti i target, sarà in grado di trac-

‘ThunExperience’ (Bolzano, flagshipStore), un’installazione permanente, ideata da Hovo Faber, per far entrare in contatto il pubblico con il brand in modo interattivo e ludico

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ciare un percorso indelebile fatto di icone riconoscibili creando una memoria storica. Ci può raccontare una o più case history esemplificative da voi sviluppate? Una delle più affascinanti case history è la Thunexperience presso il flagship store di Bolzano, grazie alla quale abbiamo raggiunto un obiettivo importantissimo: ridare valore al rapporto tra territorio e azienda nel suo luogo di appartenenza, mediante un’installazione permanente attraverso cui il visitatore/cliente entra in contatto con il brand in modo interattivo e ludico. Un’altra case history interessante è stata la Doria Experience. Passo dopo passo, abbiamo accompagnato il nostro cliente ad aprire la fabbrica al pubblico svelando la genuinità del prodotto e l’accortezza dei processi produttivi nonché la sostenibilità del brand. Un tour esperienziale all’interno del sito produttivo con assaggio finale appena sfornato! Come è andato il 2018 in termini di fatturato e di new business? Quali gli obiettivi 2019? Abbiamo consolidato il nostro core business con un 80% di attività legate all’experience e un incremento del fatturato del + 40%. L’obiettivo 2019? Diventare lo Studio di Design Experience di riferimento per il panorama italiano e gettare le basi per la richiesta internazionale. nc


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RETAIL, CHI SPERIMENTA VINCE L’INTRODUZIONE DI INNOVAZIONI SUL PUNTO VENDITA È ORMAI UN TREND INCONTROVERTIBILE: GRAZIE ALL’INTEGRAZIONE FRA ONLINE E OFFLINE, IL RETAILER PUÒ MIGLIORARE I PROCESSI INTERNI E, AL CONTEMPO, ARRICCHIRE LA RELAZIONE CON IL CLIENTE. IN ITALIA, L’INTERESSE PER NUOVE SOLUZIONI TECNOLOGICHE È IN CRESCITA, MA GLI INVESTIMENTI RIMANGONO ANCORA BASSI, COME RIVELA L’OSSERVATORIO INNOVAZIONE DIGITALE NEL RETAIL. A CURA DI ILARIA MYR (DA PAG. 8 A PAG. 21)

Da luogo da visitare a luogo in cui stare, per passare del tempo e vivere delle esperienze di valore; da spazio di accesso fisico al prodotto a luogo più ricco di funzionalità e significati, che interagisce con la sfera offline in maniera fluida. Potremmo sintetizzare in queste poche parole l’essenza, pur complessa, dell’evoluzione del mondo retail, che sta vivendo un periodo effervescente e di grande innovazione sotto la spinta dell’e-commerce, in costante crescita, e del cambiamento continuo delle abitudini e delle esigenze del cliente, sempre più connesso e coautore delle proprie esperienze nel punto vendita. In questo quadro diventa fondamentale per i retailer sapere cavalcare l’innovazione, integrando le tecnologie digitali all’interno dell’attività di back-end - ad esempio migliorando i propri processi

interni - e arricchendo la relazione con i propri consumatori (front-end). Con l’innovazione, il punto vendita si arricchisce di nuovi significati: il negozio, svuotato del suo ruolo originario (accesso fisico al prodotto), diventa uno spazio aperto (perché integrato con gli altri canali digitali) non solo di transazione, ma anche di relazione. Intelligenza Artificiale, Internet of things, realtà virtuale sono le aree in cui sono maggiormente sviluppate soluzioni in gra-

La spesa complessiva in digitale dei top retailer in Italia nel 2018 è pari al 21% del totale degli investimenti annuali, ma solo l’1% del fatturato complessivo

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do di facilitare e velocizzare l’esperienza di acquisto, offrendo al contempo esperienze al cliente e informazioni al retailer. Italia, andamento lento All’estero (Usa e Cina in primis) questa tendenza è ormai una realtà importante. In Italia, però, la spesa in innovazione digitale è ancora contenuta: sono poche le realtà che investono in tecnologie per il retail e troppo bassa è ancora la spesa comples-


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Rispetto a quello di altri Paesi europei, il tessuto commerciale italiano si presenta molto frammentato: risulta così più difficile l’adozione dell’innovazione digitale e lo sviluppo omnicanale del retail

siva in digitale, nel 2018 pari al 21% del totale degli investimenti annuali, ma solo all’1% del fatturato complessivo. Questa è solo una delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla sua quinta edizione, che ha condotto un’analisi sui primi 300 retailer per fatturato presenti in Italia con negozi fisici, e - in collaborazione con Confesercenti - su un campione di circa 300 piccole e medie imprese del commercio al dettaglio. Un primo ostacolo all’adozione dell’innovazione digitale è rappresentato dalla particolarità del tessuto commerciale italiano, fortemente frammentato. “In Italia abbiamo circa 2,5 volte le imprese commerciali di UK, 1,2 quelle della Francia e 1,6 quelle della Germania. Numerose imprese quindi, ma di dimensioni ridotte - spiega Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano -. Da noi

mediamente un’impresa commerciale ha tre dipendenti e fattura circa 0,3 mln di euro in un anno, quando in Francia il retailer medio ha 4 dipendenti e fattura annualmente circa il doppio (0,6 mln di euro), in Germania ha 10 dipendenti e genera circa 0,8 mln di euro all’anno e in UK ha 13 dipendenti e realizza vendite annuali di 1,25 mln di euro”. L’elevata frammentazione delle imprese di commercio al dettaglio può dunque condizionare in modo importante l’adozione dell’innovazione digitale e lo sviluppo omnicanale del Retail. “Da un lato risulta più difficile avere le adeguate competenze e capacità di investimento per accompagnare questa trasformazione - continua Pontiggia -, dall’altro è necessario attivare un processo di adeguamento di soluzioni nate principalmente per rispondere alle esigenze di grandi retailer. Per finire, l’elevata capillarità può favorire l’emergere di freni al cambiamento, per timore di cannibalizzazione”.

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Sperimentare, un must Come fare, dunque, per accelerare questo processo di digital innovation nel nostro Paese? Prima di tutto sperimentando le diverse soluzioni disponibili sia sul fronte del back-end, per rendere più efficienti i processi interni, nonché raccogliere dati importanti per sviluppare una strategia di Crm, sia di front-end, per arricchire lo scambio con il cliente e offrirgli informazioni utili sul prodotto all’interno del negozio fisico. Le aree tecnologiche più utilizzate nel 2018, secondo l’Osservatorio Retail, sono l’Internet of Things (52% dei progetti mappati), applicata principalmente per il rifornimento dell’area vendita, Proximity advertising e Smart asset; l’Intelligenza Artificiale (32% dei progetti), con chatbot, image e voice recognition e robot e veicoli autonomi; e la Realtà aumentata e virtuale (16%), nell’ambito della guida all’acquisto e l’acquisto stesso. Se però nel 2018 cresce in modo importante l’interesse dei retailer italiani nello


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A sx: click&collect, concierge service e ‘Nike shopping with’ sono alcuni dei servizi offerti dal nuovo flagship Nike a Milano. A dx: nel nuovo flagship store di Woolrich di Milano la ‘extreme weather condition room’ permette di testare la reale tenuta dei capi anche in condizioni estreme

sviluppo di innovazioni digitali a supporto della customer experience nel punto vendita fisico (il 100% ha adottato almeno un’innovazione), quelle più implementate a livello più approfondito sono quelle di backend (almeno il 91% ne ha applicata una). Tecnologie più innovative come chioschi, totem e touchpoint, sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e sistemi di self check-out, sono state

(nel 41% dei casi circa) sperimentate su un numero limitato di punti vendita, senza un’estensione dell’adozione sull’intera rete. In particolare, gli investimenti nel 2018 sono stati maggiormente focalizzati su sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi con il 33% del campione, soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione con il 27%, soluzioni di Crm e sistemi di cassa evoluti

e mobile Pos con il 24%. Seguono sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e soluzioni di Wifi in store con il 22%, sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty con il 21%, sistemi di monitoraggio dei clienti in store e sistemi di business intelligence analytics con il 19% e digital signage e vetrine intelligenti e interattive con il 16%. Per il futuro l’85% dei retailer vuole potenziare l’investimento in innovazioni digitali in negozio, in continuità con il passato e con un coinvolgimento del visitatore costante rispetto agli anni precedenti. In particolar modo il 36% del campione è interessato a chioschi, totem e touchpoint

Le aree tecnologiche più utilizzate nel 2018, secondo l’Osservatorio Retail, sono l’Internet of Things (52% dei progetti mappati), l’Intelligenza Artificiale e la Realtà aumentata e virtuale (16%)

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Gli investimenti nel 2018 sono stati maggiormente focalizzati su sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (33%), soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione (27%), crm e sistemi di cassa evoluti e mobile pos (24%)

e a sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi, il 34% a sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e sistemi di cassa evoluti e mobile Pos, il 33% a sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty e il 31% a sistemi di indoor positioning. Il 70% dei retailer dichiara invece di voler concentrare gli in-

vestimenti futuri in soluzioni volte al miglioramento dei propri processi interni. In particolare, il 34% del campione mostra interesse verso soluzioni di Crm, il 27% verso sistemi di tracciamento dei prodotti tramite RFId e sistemi Erp e il 25% verso sistemi di monitoraggio dei clienti in store e soluzioni di business intelligence analytics.

“Rispetto al passato, anche in Italia cresce l’adozione di alcune innovazioni (soprattutto a supporto dei processi di front-end in negozio) e aumenta la curiosità e la consapevolezza delle opportunità che la digital transformation può offrire in termini sia difensivi sia di crescita - continua Valentina Pontiggia -. Permane però la difficoltà a passare da un piano teorico a uno pratico: l’assenza di un disegno strategico di innovazione, la presenza di un top management poco incline al cambiamento e la difficoltà nello sviluppare competenze e ruoli digitali rallentano il processo di evoluzione del Retail nel nostro Paese”.

Tra i servizi omnicanale che stanno avendo più successo in Italia c’è il Click&collect (70%), la verifica online della disponibilità dei prodotti in negozio (28%) e il reso in store degli acquisti effettuati online (26%)

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LO STORE DI DOMANI_ La prima caratteristica del negozio del futuro sarà l’omnicanalità. Lo store diventerà complementare e di supporto all’e-commerce, offrendo servizi al web shopper (da online a offline), generando ordini e-commerce (da offline a online) e fornendo supporto logistico (stock per online). Alcuni esempi? Si va dai locker refrigerati di Coop Lombardia e dei supermercati Basko al locker intelligente negli store Zara, dal drive&collect di Esselunga ai servizi del flagship Nike di Milano, che includono il click&collect e il corrispettivo buy online, return in store. Più esclusivi, il concierge service (per ricevere tutto a casa nel giro di un’ora) e il ‘Nike shopping with’ (che accoppia un cliente con un atleta Nike durante lo shopping). Lo shop del futuro sarà anche digitale: attraverso le tecnologie immersive e la raccolta dati si può far vivere un’esperienza emozionante e personalizzata. Alcune applicazioni: il self scanning e il self check-out di Auchan, il carrello intelligente (connesso all’IA) di Conad del Tirreno, la vetrina interattiva di Kasanova e camerini smart, chioschi digitali, App in store e RFId di Bershka e Marina Militare. Si devono quindi abbandonare i canoni classici di progettazione dello store. Ciò è già una realtà per Ikea (pop up store per la progettazione degli arredi), per Nespresso (shopin-shop con chioschi digitali), o per Woolrich, che nel flagship store di Milano, ha la ‘extreme weather condition room’, un locale con neve vera e temperature fino a -20 gradi, dove provare l’effettivo calore dei piumini. Infine, fondamentale sarà l’erogazione di servizi, che lavora sull’aspetto relazionale con il cliente, incrementando il tempo di ‘qualità’ che trascorre in store e creando nuove occasioni di visita, come ha fatto, ad esempio, Petit Bateau creando aree gioco interattive per bambini, Il carrello intelligente di Conad del Tirreno è collegato all’IA tramite la tecnologia AiC, che identifica ogni articolo aggiunto e tolto dal Sephora a Milano, con la consulenza professionale su trucco e capelli, carrello, elaborando automaticamente le transazioni e il pagamento al momento di lasciare il negozio o Cisalfa Sport con il digital personal shopper.

Integrazione omnicanale La seconda parola d’ordine per potenziare l’innovazione digitale è integrare: è evidente come, con la crescita dell’eCommerce, il negozio fisico non possa più essere visto come l’unico spazio in cui si praticano gli acquisti, ma come una delle opzioni. Per questo è interesse dei retailer fare dialogare il più possibile le due sfere, reale e virtuale, in un’ottica omnicanale, rendendo quindi possibile, ad esempio, iniziare una fase del processo di acquisto online e concluderla nel punto vendita. Non solo: l’integrazione dei canali digitali con quelli fisici permette l’estensione dell’esperienza di acquisto nel tempo, da una fase preliminare (pre-vendita) a una successiva (post-vendita). Tra i servizi omnicanale che stanno avendo più successo c’è il click&collect (che permette di acquistare online e ritirare in negozio), abilitato dal 70% dei top retailer con e-commerce (era il 54% nel 2017).

Molto bene anche la verifica online della disponibilità dei prodotti in negozio, sviluppato dal 28% degli operatori (era il 17% nel 2017), e il reso in store degli acquisti effettuati online, attivo per il 26% (era il 22% nel 2017). Altri modelli in via di sviluppo sono l’online selling in store, molto amato dai principali retailer internazionali, che sta iniziando a diffondersi anche in Italia (lo sta sperimentando il 9% dei top retailer), con una maggiore presenza nell’abbigliamento e nell’alimentare, e il Drive&collect, adottato soprattutto nel settore alimentare. L’unione fa la forza Tutto ciò impone ai retailer di instaurare nuovi rapporti di collaborazione con altri player, come fornitori, start-up, università, nonché associazioni di categoria e anche competitor, per raggiungere diversi obiettivi: dallo sviluppo e implementazione di nuove soluzioni tecnologiche all’arricchi-

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mento di competenze, all’esplorazione di nuovi mercati. Un esempio tutto italiano è La bottega del futuro, sviluppata da Confesercenti con Google per digitalizzare le attività commerciali italiane. Si tratta di un’iniziativa rivolta soprattutto agli esercenti che non sono online, quelli il cui pubblico di riferimento resta la persona che entra in negozio, e ai quali bisogna comunicare i vantaggi offerti dalla rete, che non esclude quelli organici della fisicità. Dal 13 dicembre, circa 20mila imprenditori hanno cominciato a iscriversi a Google My Business, una piattaforma che mira a creare il più grande progetto di digitalizzazione nel nostro paese. L’obiettivo è aumentare la visibilità online dei negozi tradizionali, segnalandone la posizione su Maps e semplificandone un’integrazione con le domande poste da chi possiede uno speaker intelligente dotato nc di Assistente Google.


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RETAIL OUTLOOK 2019, I TREND DOMINANTI ATTENZIONE AL DESIGN E LAYOUT, INTEGRAZIONE FRA ONLINE E OFFLINE, SEMPRE MAGGIORE UTILIZZO DI TECNOLOGIA E DATI E FORMAZIONE DEL PERSONALE DI VENDITA. IL TUTTO NELL’OTTICA DI RAFFORZARE LA BRAND REPUTATION. ECCO ALCUNI DEGLI ASPETTI PIÙ IMPORTANTI CHE CARATTERIZZERANNO IL SETTORE SECONDO MARCO ZANARDI, VICEPRESIDENTE DI RETAIL INSTITUTE ITALY.

Gli aspetti fino qui esaminati sono un ottimo punto di partenza per capire quali saranno i trend dominanti nel settore retail nel 2019. Secondo Marco Zanardi, vicepresidente Retail Institute Italy, il primo importante elemento sarà il Retail design e layout. “Si tratta di un aspetto la cui rilevanza è già oggi indiscutibile, ma che nel prossimo futuro acquisirà ancora maggiore centralità - spiega -. ‘Design is engage’: l’estetica del punto vendita è da considerare un fattore di successo indispensabile e fondamentale nella creazione di una retail experience efficace e indimenticabile”. A questo si legano l’atmosfera creata nel punto vendita e l’involvement del cliente (come complicità, coinvolgimento,

connessione), la cui experience deve essere unica e memorabile. Altro fattore di spicco sarà lo sviluppo di una migliore integrazione tra online e offline, prima di tutto come brand experience e poi instore come punto vendita, in un’ottica sempre più omnicanale o ‘Unified Commerce’. Elemento critico di successo sarà sempre di più la tecnologia, sia nel back-end, migliorando i processi interni dei retailer, l’organizzazione, la reattività e proattività, sia nel front-end, arricchendo la relazione con i propri consumatori, la frontline automation, la personalizzazione. E poi i dati, sia nella forma di big data (quantitativi originati da varie fonti), sia di small data (qualitativi) che, ancora, della loro

I TREND 2019_ • Retail Design e Layout • Atmosfera, Involvement, Frictionless • Migliore Integrazione Online Vs Offline, come brand e instore • Tecnologia (back-end e front-end) • Big, Small e Smart Data • Customer Experience • Personale e Formazione • Servizio: Problem Solving, Proactive, Predictive • Digital, Social Media, Video Marketing • Brand Awareness, Brand Personality, Brand Reputation

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intersezione (smart data): quello che fa la differenza è la raccolta da tutte le fonti (interne ed esterne), l’esportazione in un luogo comune (datalake) e la loro organizzazione (secondo logiche matematiche, statistiche e econometriche) e relativa analisi. Sarà poi prioritario investire sul personale di vendita e sulla sua formazione, per potere fornire un servizio sempre più attento, orientato al cliente, proattivo, predittivo e problem solving. “Importante sarà anche la formazione all’interno dell’azienda sul fronte del management - continua Zanardi - dove ancora oggi, almeno in Italia, si fa ancora un po’ fatica ad assorbire le novità del mondo retail. Siamo dentro la quarta rivoluzione industriale e ancora abbiamo difficoltà a interpretare i nuovi modelli di business, le giovani generazioni e il capovolgimento del rapporto con il cliente finale. Il ‘reskilling’ è fattore critico di successo”. Continueranno poi a farla da padroni i social media la cui funzione di engagement e di facilitatori dell’esperienza crescerà progressivamente. “Traguardo di tutti questi aspetti sarà il rafforzamento della Brand Awareness, della Brand Personality e Brand Reputation. In un’economia dell’attenzione fluida, empatica e sincretica, sono fondamentali il posizionamento, i valori e il territorio di nc ‘marca’, conclude Zanardi.


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MOLTO DIGITAL, SEMPRE PIÙ EXPERIENCE MENTRE I NEGOZI FISICI INVESTONO SEMPRE DI PIÙ IN INNOVAZIONE TECNOLOGICA, LE PRINCIPALI REALTÀ NATE PER L’E-COMMERCE RISCOPRONO IL PUNTO VENDITA. UN PARADOSSO? NO, SEMPLICEMENTE DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA. OGGI IL RETAIL È PRIMA DI TUTTO UN LUOGO DOVE VIVERE ESPERIENZE COINVOLGENTI E DOVE PASSARE IL TEMPO. UN FENOMENO, QUESTO, CHE STA AFFERMANDOSI ANCHE IN ITALIA.

Le tecnologie digitali, si è visto, abilitano esperienze sempre più immersive e fluide, in cui l’accesso al prodotto è solo un pretesto per stare in negozio. Le persone amano trascorrere un tempo sempre più ricco e più denso in store, arricchito dalla possibilità di vivere ‘momenti significativi’ in termini di relazioni, possibilità di imparare cose nuove, lavorare ai propri progetti professionali e personali. In quest’ottica vengono implementati diversi servizi che utilizzano l’online all’interno dello spazio fisico e che fanno dialogare in modo costante le due sfere, virtuale e fisica. Questo aspetto emerge in modo chiaro dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel retail, citato nell’articolo precedente. “La ricerca 2018 sull’innovazione dell’experience in the store - dichiara Emilio Bellini, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione digitale nel Retail del Politecnico di Milano - ha evidenziato come, a livello internazionale, i casi più rilevanti siano offerti dai retailer capaci di coniugare l’adozione di nuove soluzioni digitali e la proposta di

nuovi significati del servizio retail”. Strutture nate storicamente sul territorio devono quindi oggi riconsiderare il proprio business model, prima di tutto aprendosi all’innovazione e destinando a essa investimenti importanti. È quello che ha fatto il colosso americano Walmart, che nel 2018 ha stanziato 12 miliardi di dollari (pari al 3% del fatturato) per lo sviluppo di nuove soluzioni digitali, nonché nell’acquisto di start-up innovative. “Walmart ha investito moltissimo per sopravvivere all’avanzata di un gigante come Amazon - spiega Marco Zanardi, vicepresidente Retail Institute

Marco Zanardi, vicepresidente Retail Institute Italy

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Italy -; al contrario, chi non sa cogliere le opportunità è destinato a scomparire”. Per quanto riguarda l’Italia, come ha messo in luce l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, gli investimenti in innovazione tecnologica sono ancora limitati. Ci sono però dei casi di eccellenza anche da noi: uno di questi è Miroglio Fashion - società di abbigliamento femminile del Gruppo Miroglio che crea e commercializza 11 brand tra cui Motivi, Oltre, Elena Mirò e Fiorella Rubino e con oltre 1.100 negozi monomarca - che nel 2017 ha avviato il progetto Retail 4.0. Esso vede l’introduzione di casse intelligenti, sviluppate con Oracle, l’adozione di etichette Rfid nei punti vendita Fiorella Rubino (vedi box) e il lancio del ‘borsino’, un processo integrato di riassortimento dal magazzino centrale e movimentazione tra negozi, che combina dati quantitativi e sensibilità del personale di vendita, sfruttandone la capacità predittiva. Sviluppato in collaborazione con Evopricing e l’Università di Torino, si basa infatti sia sulla rilevazione oggettiva del potenziale di vendita di ciascun articolo in ogni negozio, sia sulle valutazioni personali delle singole store manager, che possono richiedere o cedere articoli in funzione delle loro aspettative di vendita.


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AMAZON GO, PRENDI E VAI_ Amazon GO è il primo negozio senza cassa che, grazie all’Intelligenza Artificiale, consente ai clienti di prendere quello che vogliono dagli scaffali e uscire dal negozio senza fare file. Ogni cliente, per accedere al punto vendita, deve identificarsi esibendo a un apposito lettore lo smartphone con il codice personale generato dalla app di Amazon GO. Da quel momento un sofisticato sistema di telecamere che copre ogni centimetro quadrato del negozio lo seguirà passo passo nel suo percorso tra gli scaffali. Gli occhi elettronici sono centinaia e utilizzano sia telecamere convenzionali che altre più evolute ad alta definizione. Le immagini raccolte vengono inviate in tempo reale a un potente software di riconoscimento, basato sull’intelligenza artificiale, che è in grado di distinguere le diverse persone presenti nel negozio e osservare che cosa prelevano dagli espositori. Ogni articolo ha una posizione ben definita che il sistema elettronico può tracciare con precisione. Gli scaffali sono, inoltre, dotati di sensori di peso integrati con tutto il sistema che riescono a determinare senza errori che cosa viene prelevato.

Oltre lo schermo Interessante però è anche il fenomeno opposto, che vede le realtà nate sul digitale avvicinarsi al mondo del retail fisico. Non è quindi soltanto il punto vendita ad avere bisogno del digitale, ma accade anche il contrario. “Ciò avviene perché, nell’ottica di offrire un’esperienza, il negozio consente di avere un contatto diretto e più caldo con il cliente rispetto all’online - continua Zanardi -. Non solo: avere anche una presenza sul territorio permette di raccogliere informazioni importanti, utili per capire come fare evolvere il prodotto, difficilmente reperibili se si è solo online”. Un esempio su tutti è Amazon che, dopo avere acquistato 500 punti vendita alimentari Whole Foods nel 2017, nel gennaio 2018 ha aperto a Seattle il primo negozio senza cassa Amazon GO.

Grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale, i clienti possono prendere dagli scaffali i prodotti e metterli direttamente in borsa. Videocamere e sensori sugli scaffali tengono traccia dei prodotti presi - e anche di quelli rimessi, in caso si cambi idea - e, una volta usciti, gli acquisti vengono addebitati sulla carta di credito registrata su Amazon (per capire come funziona vedi il box). In questo modo, l’azienda riesce a tracciare meglio i percorsi e le scelte di acquisto dei clienti. Rubare? A oggi, i test hanno dimostrato che non è possibile. Attualmente ci sono sette negozi Amazon Go negli Stati Uniti e la società sta considerando l’apertura di 3.000 punti vendita entro il 2021, uno dei quali sarà a Londra, a Oxford Circus, una delle zone commerciali più frequentate del vecchio continente. Allo studio ci sono

anche aperture nei grandi scali aeroportuali statunitensi e, forse, anche in quelli della capitale britannica. Amazon però non è l’unico: molte altre realtà nate come e-commerce hanno scelto di superare la ‘barriera dello schermo’, provando a sbarcare sul territorio inizialmente con pop-up store e, poi, in alcuni casi, aprendo dei veri e propri negozi: Zalando, ad esempio, a seguito del lancio della categoria Beauty nello shop online, il 28 luglio 2018 ha inaugurato la Beauty Station nel quartiere Mitte di Berlino, dove vende i principali brand Estée Lauder. Anche in Italia, seppure con ritmi più lenti, si assiste allo stesso fenomeno. Sempre Amazon, ad esempio, ha aperto, a novembre 2018, un pop-up store a Milano, in via Dante 14, in occasione del Black Friday:

FIORELLA RUBINO, ETICHETTE INTELLIGENTI_ Una delle grandi novità 4.0 adottate dal Gruppo Miroglio è l’introduzione di un sistema di tracciatura dei prodotti tramite etichettatura con chip Rfid nei 170 negozi della catena Fiorella Rubino su tutti i prodotti venduti, capi di abbigliamento e accessori. ‘Rfid in store’, sviluppato in collaborazione con Temera, si è aggiudicato il premio come miglior progetto business to business agli IoT Awards 2018 di Adc Group. Grazie all’adozione dell’Rfid, Fiorella Rubino ha potuto maturare considerevoli benefici in termini di produttività (riducendo i tempi di gestione della merce in-store), efficacia (grazie a giacenze impeccabili e un approccio omnicanale) e sviluppo dell’intelligence (tramite l’integrazione dei dati con gli Erp e Crm aziendali e gli Analytics dell’area fitting room).

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A sx: Zalando, a seguito del lancio della sezione beauty sul suo portale, ha inaugurato la Beauty Station nel quartiere Mitte di Berlino, dove vende i principali brand Estée Lauder. A dx: Yoox è stato protagonista (gen 2018), in collaborazione con adidas, di un’attività per il rilancio del brand adicolor: un pop-up store in cui era l’esperienza digitale a farla da padrona

nei 500 metri quadrati di ‘Loft for Xmas’ sono stati organizzati numerosi eventi, fra cui le ‘incursioni’ degli studenti della scuola di teatro Paolo Grassi, che interagivano con i clienti. Mentre il negozio online di moda Yoox è stato protagonista, nel gennaio 2018, di un’attività svolta in collaborazione con adidas per il rilancio del brand adicolor: un pop-up store in cui era l’esperienza digitale a farla da padrona.

Uno spazio esperienziale Minimo comune denominatore di questi due fenomeni, apparentemente opposti, è l’esperienza, parola d’ordine oggi di questo settore: è infatti in nome dell’esperienza che i protagonisti stanno modificando le proprie strategie. “Si pensi a Starbucks continua Zanardi -, che dopo avere, per anni, puntato sull’apertura capillare di negozi, oggi preferisce concentrarsi su in-

GUCCI WOOSTER A SOHO: UN’IMMERSIONE NEGLI ANNI ’70-‘80_ Gli anni ‘70 e ‘80 hanno reso SoHo il quartiere della libertà di espressione nella musica, nel cinema, nella letteratura, nella moda e nell’arte attirando a sé numerosi artisti, tra cui Jean Michel Basquiat, Andy Warhol, Keith Haring e i componenti della band Blondie. Quello stesso spirito si ritrova oggi negli oltre 900 mila metri quadrati di superficie del nuovo concept store Gucci Wooster, il cui design esclusivo conserva l’atmosfera del palazzo storico che ospita la boutique. All’interno gli ospiti possono interagire con i ‘Gucci Connector’, il cui obiettivo è permettere ai clienti di scoprire i prodotti e le collaborazioni della Maison in modo coinvolgente e innovativo. Gucci Wooster presenta infine uno spazio tecnologico dotato di uno speciale schermo 3D, auricolari e poltrone avvolte in velluto color curcuma.

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vestimenti di qualità nei punti vendita già esistenti o di aprirne di nuovi in cui investe dal punto di vista esperienziale, in cui si crea engagement”. L’inserimento, poi, delle torrefazioni (roastery) all’interno di alcuni punti vendita, che producono caffè per intere zone - uno di questi è quello di Milano, in piazza Cordusio, che rifornisce tutti punti vendita d’Europa -, è funzionale all’attività economica dell’azienda. Di conseguenza, nell’ottica di passare da area transazionale a relazionale, cambiano anche i formati. Una best in case internazionale è il nuovo negozio di Gucci in Wooster Street a SoHo (New York): 900.000 metri quadrati in cui il cliente si immerge nell’atmosfera degli anni ’70 e ’80, che hanno reso questo quartiere il simbolo della libertà di espressione nella musica, nel cinema, nella letteratura, nella moda e nell’arte. “Questo store è anche un luogo di aggregazione, dove vengono organizzati dibattiti e vengono proiettati film - continua il manager -. Un’altra assoluta novità, per un brand di moda luxury, è l’utilizzo di strutture modulabili, che possono essere spostate per creare nuovi ambienti, a seconda delle necessità. Lo spazio diventa dunque dinanc mico e flessibile”.


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PUNTO VENDITA, UNA NUOVA ERA SEMPLIFICARE IL PROCESSO DECISIONALE E DI ACQUISTO, MA ANCHE CREARE UN COINVOLGIMENTO EMOTIVO E POLISENSORIALE, CHE FACCIA VIVERE AL CLIENTE IL BRAND. QUESTI GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEI RETAILER OGGI. IL PUNTO VENDITA? NON PIÙ SOLO UN LUOGO DI ACQUISTO, BENSÌ UNO SPAZIO RELAZIONALE. COME DIMOSTRANO GLI STORE NIKE E AMERICAN EAGLE, NEGLI USA, MA ANCHE CONAD, COOP E JUVENTUS IN ITALIA.

Smart shopping ed engagement: si possono sintetizzare in queste due parole i trend dominanti nel mondo del retail. Due facce della stessa medaglia: la nuova retail experience. “La prima definisce un approccio che punta a semplificare il processo decisionale, l’acquisto e il post-vendita, e si traduce nell’offerta di servizi che hanno l’obiettivo di fare risparmiare tempo e stress, diventati, nella nostra società, prioritari per gli acquirenti - spiega Fabrizio Valente, founder partner e ceo Kiki Lab, esperto conoscitore del mondo retail nazionale e internazionale -. La seconda, invece, è una strategia che mira a coinvolgere il cliente in prima persona attraverso esperienze polisensoriali e puntando tutto sull’aspetto emozionale. Sempre più spesso questi due approcci sono adottati insieme, per rendere l’esperienza nel punto vendita il più possibile completa”. Nella prima categoria rientrano gli aggiornamenti in tempo reale forniti da Amazon sulla consegna dei prodotti comprati online, così come l’opportunità data da Ikea

di cambiare idea e di restituire gli acquisti entro un ampio lasso di tempo (oggi entro 365 giorni). Vi sono poi anche servizi di comunicazione in store finalizzati a semplificare l’esperienza di acquisto all’interno del punto vendita, che utilizzano le più moderne tecnologie digitali. È quello che ha fatto, ad esempio, la grande libreria storica britannica Foyles introducendo un’app web-based che non necessita di essere scaricata e che permette di localizzare i libri all’interno del negozio.

Fabrizio Valente, founder partner e ceo Kiki Lab

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Puntano invece sull’engagement tutti quei servizi che giocano sull’emozione, primo fra tutti la personalizzazione del prodotto: che sia la torta della pasticceria nel supermercato o la maglietta della propria squadra di calcio, la possibilità di realizzare il prodotto come vuole il cliente davanti ai suoi occhi è un’esperienza sempre più comune e offerta all’interno dei negozi dei più diversi settori merceologici. Si va dai negozi Camicissima, che al prezzo di 6 euro cuciono le cifre sulla camicia (servizio fino a oggi molto più costoso), a quelli di prodotti sportivi che forniscono la personalizzazione della maglietta e di altri prodotti. “Nel settore alimentare, invece, si tende sempre di più a fare vivere ai clienti l’emozione del cibo attraverso corsi, show cooking, laboratori della birra e così via - continua Valente -: basta guardare quanto è seguita l’offerta educational di Eataly per rendersi conto di quanto questo tipo di esperienze sia apprezzato”. Mentre, anche all’interno dei supermercati di medie dimensioni si sta diffondendo l’introduzione di tavolini per fare consumare seduti i propri acquisti alimentari”. A tutto ciò si aggiungano i sempre più numerosi eventi organizzati nei centri commerciali e nelle grandi superfici, che in molti casi prevedono anche l’utilizzo di


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tecnologie digitali, il cui obiettivo è uno: il coinvolgimento. Eccellenze d’oltreoceano... Gli esempi di retail experience curata in tutti i suoi aspetti e realmente efficace non mancano. Come si è detto, negli Usa si trovano diversi casi di eccellenza, in cui i due trend più gettonati fino ad ora descritti, smart shopping ed engagement, si fondono in maniera perfetta. Un caso interessante è il negozio del marchio di abbigliamento American Eagle, a New York. Situato in una zona universitaria, è interamente pensato per gli studenti: include, infatti, un servizio di lavanderia gratuito dove fare il bucato, (chi possiede la tessera univer-

sitaria riceve pure il sapone!), e posti dove rilassarsi con vista su Union Square. I clienti possono acquistare la vasta collezione di jeans di AE e creare pezzi unici nel ‘Maker’s Shop’, che offre opzioni per i clienti per personalizzare i loro Jeans AE adattandoli al loro stile distintivo. Inoltre, un team di social media di AE ha uno spazio di lavoro in-store per interagire direttamente con i clienti. Infine, grazie al servizio di Digital Concierge iPads negli spogliatoi, i clienti possono personalizzare la loro esperienza di acquisto semplicemente con il tocco del dito. House of Innovation 000, ossia la casa dell’innovazione: questo il nome eloquente dell’ultimo flagship Nike aperto a New York nella 5th avenue. Sviluppato

Nel Nova Coop di via Botticelli a Torino il totem touchscreen ‘Zero Attesa’ consente di trasmettere l’ordine che si desidera dal banco e ritirarlo una volta pronto

su un’area di oltre 6.000 mq su più livelli, offre agli avventori un’esperienza unica. Al 5° piano c’è la Basketball Trial Zone, per provare le scarpe e fare esercitazioni personalizzate, mentre al 1° piano per le donne e al 3° piano per gli uomini è presente l’area Running Trial Zone, che consente ai visitatori di testare le scarpe più adatte al jogging e alla corsa professionistica su un tapis roulant che ha di fronte un mega schermo con scene di corsa riprese nelle

JUVENTUS STORE, PASSIONE BIANCO-NERA 1.000 metri quadrati, di cui 800 dedicati al pubblico. Due vie di accesso: una diretta dallo Juventus Museum, l’altra dall’area pedonale che costeggia a est l’Allianz Stadium. Un video wall dal 330 pollici e due transparent wall dal 130 pollici l’uno. Cinque camerini, quattordici casse disposte su un banco lungo sedici metri, 10 presse a caldo per personalizzare le maglie e una ricamatrice per fare altrettanto con le scarpe da calcio. Questi sono i numeri principali dello Juventus Store, che ha aperto i battenti il 30 giugno 2017 all’interno dell’Allianz Stadium di Torino con il fine di diventare un punto di riferimento per tutti i tifosi juventini. Il design e gli allestimenti sono stati pensati non solo per rappresentare al meglio i valori del club e la nuova identità visiva ma soprattutto per realizzare un punto vendita innovativo. Non si tratta infatti solo di un negozio, ma di uno spazio multifunzionale in grado di poter ospitare diverse tipologie di eventi. Ma il vero momento da non perdere per ogni tifoso bianconero è il tradizionale Meet&Greet con i nuovi giocatori.

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La House of Innovation 000 di Nike aperta a New York si sviluppa su un’area di oltre 6.000 mq su cinque livelli, in cui offre agli avventori un’esperienza unica

strade dentro Central Park. Al primo piano il Nike Expert Studio offre una gamma di servizi che spaziano dalle sessioni one-onone prenotabili con esperti Nike per completare in toto il proprio outfit o per acce-

Situato in una zona universitaria, il negozio del marchio di abbigliamento American Eagle a New York offre un servizio di lavanderia gratuito e la possibilità di personalizzare i propri jeans

dere a prodotti stagionali esclusivi. Mentre un piano intero è dedicato allo Sneaker Lab con la più grande concentrazione di calzature Nike della stagione. ... e made in Italy Anche in Italia non mancano alcuni esempi di eccellenza, che fanno capire quanto l’innovazione sia una strada senza ritorno. Uno di questi è il Superstore Nova Coop aperto il 29 novembre 2018 a Torino in Via Botticelli 85, progettato con il concetto di

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fare la spesa ‘Presto e Bene’. Oltre al totem informativo posto all’ingresso del supermercato che permette di localizzare la corsia o il reparto in cui si trova il prodotto ricercato, i reparti della gastronomia, del corner bar e l’angolo sushi sono dotati del totem touchscreen ‘Zero Attesa’. Toccando l’immagine del prodotto oppure digitando il nome di ciò che si cerca, si trasmette l’ordine al banco, indicando la quantità desiderata e, nel caso dei salumi, se fetta fine o spessa. La lista degli ingredienti è sempre consultabile. Al termine dell’ordine viene indicato dopo quanti minuti lo si può ritirare al banco. Tipico esempio di punto vendita che gioca sull’emozione è il nuovo superstore della Juventus aperto all’interno dell’Allianz Stadium di Torino: qui il banco per la personalizzazione dei prodotti è posto al centro del negozio e i clienti possono assistere all’operazione. “In questo caso ciò che coinvolge non è solo il prodotto finale, che già in un tifoso crea una certa emozione - spiega Valente -, ma tutta l’attività di cui è protagonista”. Interessante è anche ciò che ha fatto Conad Adriatico a Pescara: un superstore che si sviluppa su una superficie di 3.300 metri quadri con un’area vendita di 2mila mq, 850 dei quali dedicati ai prodotti freschi e freschissimi, 1.150 occupati dai prodotti alimentari ed extra alimentari (nel complesso, oltre 14.500 a disposizione dei clienti). “Qui l’engagement raggiunge livelli elevatissimi: in tutti i banchi si possono assaggiare i prodotti, che vengono anche cucinati al momento grazie a una piastra dotata di cappa aspirante - spiega Valente -. Mentre se si vuole l’ananas, un’apposita macchina lo pulisce e lo affetta come si vuole, gratuitamente. Un dato su tutti: in un anno sono stati venduti talmente tanti ananas che l’investimento per la nc macchina è già stata coperto!”.


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MILANO, THE PLACE TO BE STARBUCKS, APPLE, NBA, PRIMARK E UNIQLO: SONO SOLO ALCUNI DEI BRAND INTERNAZIONALI CHE HANNO SCELTO IL CAPOLUOGO LOMBARDO COME APPRODO IN ITALIA - E, IN ALCUNI CASI, ANCHE IN EUROPA - IN VIRTÙ DEL SUO CARATTERE SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE, DI UN FACILE ACCESSO ALLE COMPETENZE E DI UN’ALTA CAPACITÀ DI INVESTIMENTO. DA SEMPRE RICONOSCIUTA MONDIALMENTE COME TEMPIO DELLA MODA, MILANO È OGGI ANCHE ‘CAPITALE DEL RETAIL’.

Ormai è un dato di fatto: nell’ultimo anno Milano ha visto l’apertura di numerosi e diversi negozi di brand internazionali di grido, che hanno scelto questa città per tentare l’avventura italiana con dei concept che in alcuni casi fanno il loro esordio in Europa proprio qui da noi. Si pensi all’Nba, che ha aperto nel dicembre 2018 in Galleria Passerella il primo negozio europeo e il secondo, dopo quello di Doha, ricalcato sul famoso store di New York nella 25th avenue. Ma anche al fast food americano Five Guys, che a settembre è sbarcato sul territorio italiano con un negozio in corso Vittorio Emanuele, al grido di ‘freschezza’: tutto ciò che viene servito nel locale, infatti, è rigorosamente preparato al momento, dagli hamburger alle patatine fritte, passando per i milkshake. Per non parlare di Starbucks, che ha aperto la prima torrefazione in Italia in piazza Cordusio (vedi box).

“Il nord Italia, e in prima battuta Milano, presentano un’infrastruttura Retail più simile a quella dei principali Paesi europei - spiega Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano -: rispetto alla media italiana, al nord abbiamo meno negozi ogni 1.000 abitanti, di dimensione media più elevata. Risulta più facile

Valentina Pontiggia, direttore Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano

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quindi introdurre innovazione (digitale e non solo) perché è più facile l’accesso a competenze ed è più elevata la capacità di investimento”. Dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano emerge poi che il capoluogo lombardo sta giocando un ruolo sempre più significativo nella trasformazione digitale del Retail: la maggior parte delle progettualità innovative verso lo store del futuro sono state sviluppate proprio in questa città. Fra i concept più innovativi fino a oggi creati a Milano, vi è il nuovo negozio omnicanale di Zara in Corso Vittorio Emanuele: la mobile App consente di fare shopping online direttamente in store, mentre il distributore intelligente installato in negozio gestisce in autonomia la consegna degli acquisti e-commerce. “Ikea ha invece lanciato il nuovo format ‘Progetta e Arreda’ - continua Pontiggia -: uno spazio di piccole dimensioni, inserito nei centri commerciali, dove il cliente segue un percorso di consulenza personalizzata, dalla progettazione degli ambienti domestici fino all’acquisto dei prodotti più adatti alle sue esigenze”.


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NBA STORE, IL TEMPIO DEL BASKET_ Il 4 dicembre 2018 è stato inaugurato in Galleria Passerella a Milano, il primo store europeo Nba, in collaborazione con Epi, licenziataria ufficiale e/o retail partner delle principali squadre italiane di calcio e basket. Il negozio (290 mq totali, di cui 250 dedicati ai più dei mille item presenti all’interno) garantisce ai fan italiani, e ai visitatori da tutta Europa, un accesso a un’ampia gamma di merchandising, memorabilia e prodotti esclusivi (abbigliamento, canotte, scarpe, articoli sportivi, giocattoli e prodotti da collezione). A disposizione degli appassionati gadget e articoli di tutte le 30 le franchigie Nba, inclusi prodotti, anche vintage, personalizzabili istantaneamente. Impreziosisce lo store un canestro che riproduce fedelmente quelli utilizzati in Nba, e due schermi, che mandano in loop le immagini delle partite.

Oltre al già citato ‘tempio del caffè’ di Starbucks, non si può non menzionare l’Apple Store aperto in piazza Liberty a Milano: non certo il primo negozio della mela aperto in Italia, ma il primo vero flagship, su suolo italiano, quintessenza della filosofia del marchio e ultima concezione del design Retail Apple. Il progetto firmato Foster + Partners, che comprende sia una grande piazza pubblica sia uno store sottostante, è stato realizzato sulla piazza Liberty e negli spazi sottoterra dell’ex cinema Apollo. Il risultato è una struttura spettacolare, di 3.500 metri quadrati in tutto, con un ingresso in vetro in cui si passa letteralmente attraverso due grandi e scenografiche fontane su cui campeggia una mela gigante: dopo aver disceso una scala a sbalzo, in pietra e metallo, che si

appoggia alla parete di beola grigia, verso il negozio sottostante, i visitatori vengono accolti da un team di 230 dipendenti, molti dei quali provenienti da Apple store di tutto il mondo. Scendendo la scalinata si arriva anche all’anfiteatro all’aperto largo quasi come l’intera piazza, aperta 24 ore su 24: qui si svolgono eventi gratuiti speciali giornalieri, raccolti nel programma Today at Apple, su temi che vanno da foto e video alla musica, dalla programmazione all’arte, fino al design. Se il 2018 è stato un anno particolarmente attivo, il 2019 non sarà certo da meno. Sono infatti attese in centro a Milano due grandi inaugurazioni: Uniqlo, catena d’abbigliamento giapponese, che in autunno aprirà le porte del suo store in Piazza Cordusio 2 - il primo in Italia, il 10° in Europa - e Primark,

nota catena irlandese specializzata in abbigliamento low cost, già presente in alcuni centri commerciali italiani (in Lombardia è ad Arese), che inaugurerà un punto vendita in via Torino, dove occuperà l’intero edificio. Il centro di Milano si arricchisce dunque, ancora una volta, di brand internazionali di grande richiamo, che scelgono di inserirsi nel tessuto commerciale della città per lo più ristrutturando palazzi storici esistenti, ma anche realizzando nuove architetture. A monte, la comune volontà di diventare, con i nuovi store, parte integrante del quotidiano della città. E, vedendo la costante fila davanti a Starbucks, l’affollamento nell’Apple Store e sui social la crescita dell’attesa per il nuovo negozio Uniqlo, possiamo dire che le attese non nc sono smentite.

STARBUCKS, IL REGNO DEL CAFFÈ_ Nello storico palazzo delle Poste in piazza Cordusio il 6 settembre scorso è stato inaugurato un nuovo negozio Starbucks con torrefazione: un Reserve Roastery, il terzo a livello mondiale (dopo quello di Seattle e di Shangai), con un look e un’esperienza totalmente unici nel panorama mondiale del food & beverage. Quello di Milano, a conferma del ruolo della città nel panorama mondiale del Retail, è lo store più grande d’Europa, uno spazio di 2.400 mq dove i clienti possono vivere un’esperienza multisensoriale del caffè, pur mantenendo viva la tradizione italiana. Al centro della sala principale è installata una tostatrice Scolari Fimt 60, con cui ogni ora è possibile tostare fino a 180 kg di caffè e che rifornisce tutti gli Starbucks caffè d’Europa. Presente anche un corner della bakery milanese Princi, con cui è stata stretta una collaborazione mondiale con la possibilità di acquistare pane, focacce e pasticceria italiana al banco.

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ACQUA GROUP: INNOVAZIONE, INTEGRAZIONE E COMPETENZA SONO QUESTE LE PAROLE CHIAVE DELL’APPROCCIO AL RETAIL DEL GRUPPO FONDATO DA DAVIDE ARDUINI E ANDREA CIMENTI CHE, ATTRAVERSO UNA STRUTTURA TRASVERSALE DI RETAIL BUSINESS DEVELOPMENT, OFFRE AGLI ATTORI DI QUESTO SETTORE IN COSTANTE FERMENTO NUMEROSI SERVIZI CHE SPAZIANO NEI DIVERSI AMBITI DELLA COMUNICAZIONE, NONCHÉ STRUMENTI TECNOLOGICI PROPRIETARI ALTAMENTE INNOVATIVI. DI ILARIA MYR

Una data driven company specializzata nella consulenza e nella comunicazione integrata omnichannel: così si definisce Acqua Group, la società fondata quasi 15 anni fa da Davide Arduini e Andrea Cimenti, che oggi presidia diversi ambiti della comunicazione attraverso una serie di realtà collegate tra loro da un flusso continuo di idee, passioni e professionalità. Un gruppo tutto italiano, che impiega oggi in tutto 70 persone e che nel 2018 ha registrato un fatturato di 17 milioni di euro. Si va dalle ricerche di mercato al media planning & buying dall’advertising e below the line al web, digital e social marketing, fino ad arrivare agli eventi e incentive, ai programmi di fidelizzazione e alle attività retail. In particolare, in quest’ultima realtà confluiscono 10 anni di tutte le expertise del gruppo in ambito retail: ricerche di mercato, media planning, creatività, eventi, digital e loyalty. I clienti di

questo settore sono sia centri commerciali, outlet, ipermercati, catene distributive presenti su tutto il territorio nazionale (come CityLife, Fiordaliso, CastelGuelfo, Carosello, Valmontone, Vicolungo, Mondovicino, Gallerie Commerciali Bennet, Bicocca Village, RomaEst, Forum Palermo, Valecenter e da quest’anno Euronics) sia brand che desiderano sfruttare il punto vendita come canale di comunicazione (ad esempio Vodafone, Eni, Fastweb, Enel, e molti altri). La parola ai

Davide Arduini e Andrea Cimenti, rispettivamente presidente e ad Acqua Group

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due fondatori del gruppo, Davide Arduini e Andrea Cimenti, rispettivamente presidente e amministratore delegato. Il retail sta vivendo un periodo effervescente e di grande innovazione. Che cosa offre la vostra agenzia in questo ambito? (Arduini) Il retail è uno degli asset strategici del Gruppo, da cui proviene il 40% del fatturato. A chi opera in questo ambito offriamo i nostri servizi di comunicazione


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All’interno di Scalo Milano Acqua Group ha ideato un’attività per Kia Motors Italia, con una spettacolare isola espositiva e dedicata al test drive di tutti i modelli della gamma Kia Niro

partendo dal valore della ricerca di mercato: con la nostra società EMG Acqua, infatti, svolgiamo indagini di base, studi sulla marca e sul posizionamento, ricerche sul marketing-mix e tutto ciò che serve per dotare il progetto di comunicazione di una solida base. Il nostro è, insomma, un approccio prima di tutto ‘scientifico’. Come vi siete organizzati internamente per far fronte a questa evoluzione del retail? (Cimenti) Abbiamo creato una struttura trasversale di retail business development che armonizza tutti i servizi dedicati a questo settore, in un’ottica di totale integra-

Per Scalo Milano Acqua Group ha sviluppato una pianificazione offline sul territorio milanese che prevede out of home, stampa e la personalizzazione di un jumbotram che attraverserà Milano per tutto il 2019

zione delle competenze e dei servizi. Se poi il cliente è un brand, raccontiamo e gestiamo il punto vendita come fosse un media unico polisensoriale. In particolare, quali innovazioni tecnologiche avete adottato e proponete alle aziende? (Arduini) Le tecnologie che sviluppiamo sono di diverso tipo. Abbiamo creato, ad esempio, un chatbot proprietario specifico per i centri commerciali, mentre per l’anno prossimo abbiamo in cantiere un progetto di formazione ed experience per i dipendenti dei retailer dei centri commerciali. Inoltre, sviluppiamo dei totem per la comunicazione interna, così come siti web che profilano gli utenti. L’obiettivo è sfruttare l’innovazione oggi a disposizione per mettere in contatto il mondo dei retailer con i brand e con l’acquirente finale.

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Quali sono, a oggi, le maggiori richieste che vi arrivano dai clienti per progetti retail? (Cimenti) In generale, oggi sono necessarie una grande conoscenza del settore e la capacità di sviluppare progetti integrati: aspetti, questi, che ci caratterizzano da sempre. In particolare i retailer hanno una maggiore esigenza di comunicazione pura (campagna adv, sito, social ed eventi nei centri commerciali), mentre i brand devono essere portati nei luoghi di maggiore traffico - ad esempio con delle isole nei centri commerciali - dove potere incontrare prospect e raccogliere lead. Ci potete raccontare una case history esemplificativa da voi sviluppata in ambito retail? (Arduini) Un nostro importante cliente, Scalo Milano Outlet & More (struttura di Locate District, Gruppo industriale Lonati), dopo una gara che ha coinvolto più agenzie, a gennaio 2019 ci ha confermato come partner pubblicitario per la creatività (atl e btl, ndr) e il media planning & buying. L’outlet dista solo 15 minuti dal centro di Milano: la città è quindi così vicina da riflettersi nelle vetrine dei negozi o negli oggetti dei protagonisti della campagna il cui claim è ‘L’outlet che riflette il tuo stile’. Il media offline si concentra sul territorio milanese e prevede out of home, stampa e la personalizzazione di un jumbotram che attraverserà Milano per tutto il 2019. L’online, invece, include formati web tradizionali, l’uso del programmatic e di piattaforme come Spotify. Sul fronte promozionale, all’interno di Scalo Milano abbiamo sviluppato un’attività di comunicazione e promozione per Kia Motors Italia, una spettacolare isola espositiva e dedicata al test drive di tutti i modelli della gamma Kia Niro, operazione comunicata in store attraverso filodiffusione, megaschermi presenti nella food court e i canali social dell’outlet. nc


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GRUPPO RONCAGLIA, OMNICANALITÀ IMMERSIVA SEGUIRE IL CUSTOMER JOURNEY DAL SUO INIZIO AL ‘MOMENT OF TRUTH’ DELL’ACQUISTO È UN PERCORSO LUNGO E ARTICOLATO, CHE NECESSITA DI STRUMENTI TECNOLOGICI SVILUPPATI AD HOC E DI UNA STRATEGIA OMNICHANNEL E INTEGRATA, IN CUI SFERA FISICA E DIGITALE DIALOGANO COSTANTEMENTE. A MONTE, UN’ATTENZIONE PARTICOLARE ALLA DATA ANALYSIS E LA VOLONTÀ DI CREARE IN STORE ESPERIENZE SEMPRE PIÙ IMMERSIVE E PROFITTEVOLI PER I CLIENTI. DI ILARIA MYR

“Il nostro è un approccio sinergico: mettendo intorno allo stesso tavolo data scientist, planner e creativi produciamo una lettura olistica dei flussi di dati, funzionale alla creazione di modelli e mappe di significati utili a orientare il lavoro creativo. Questo ci permette di mantenere una qualità competitiva e offrire le migliori soluzioni ai nostri clienti, sempre più orientati a un servizio di natura consulenziale a 360 gradi”. Così Giulia Roncaglia, direttore generale, sintetizza il metodo con cui il Gruppo Roncaglia affronta la comunicazione nel settore retail, sempre più omnichannel e integrata. Come racconta in questa intervista.

strumenti incentrati sull’esperienza di vendita, per costruire e supportare il percorso che precede, arricchisce e monitora il moment of truth dell’atto di acquisto, e anche la retention a valle dell’acquisto. Un percorso che oggi è molto articolato.

Quali servizi/strumenti offrite in questo ambito? Offriamo un’intera gamma di servizi e

Giulia Roncaglia, direttore generale Gruppo Roncaglia

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Infatti, ben prima della fase di acquisto possiamo acquisire tante informazioni sui brand e sui prodotti, cominciamo a ‘flirtare’ con loro davanti lo scaffale e, se scatta la scintilla, convogliamo a nozze alla cassa. Questo percorso è quasi sempre omnichannel e integra sia l’online sia il negozio fisico. Per questo creiamo strategie comunicative totalmente integrate e coerenti: per le diverse fasi dell’esperienza, per i diversi canali e per supportare i punti vendita nello sviluppo degli obiettivi commerciali del brand. In termini di retention, abbiamo soluzioni che arricchiscono i tradizionali programmi di loyalty per mantenere ‘il matrimonio’ sempre vivo e stimolante, come ad esempio nel programma per Hello Bank!, o Unieuro, per cui abbiamo realizzato una piattaforma di gamification che stimola un dialogo sempre più intenso con il brand in un settore come il retail di elettronica, notoriamente caratterizzato da una limitata frequenza di acquisto. Abbiamo poi implementato un


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Per Unieuro il Gruppo Roncaglia ha realizzato ‘Be Human’, una piattaforma di gamification che stimola un dialogo sempre più intenso con il brand

innovativo format proprietario di ricerca sulla customer experience, in grado di cogliere in tempo reale tutti gli elementi che impattano sulla scelta di acquisto o non acquisto e sul grado di engagement con il brand. Nei progetti già realizzati per importanti player, come Jaguar Land Rover, il format ha fornito insight utili a comprendere le motivazioni di mancato acquisto per poterlo trasformare in acquisto. Di quali strumenti tecnologici è costituita la vostra offerta? Le aziende hanno bisogno di poter monitorare, coordinare e supportare le attività della rete vendita. A questo scopo abbiamo sviluppato una serie di servizi innovativi, e specifiche piattaforme proprietarie di digital marketing, marketing

automation, formazione e retail management, come per la rete delle concessionarie Mercedes-Benz. Anche per la data analysis tutto è consultabile in real time su una piattaforma sviluppata ad hoc. Poi, il momento all’interno degli store per noi è sempre più phygital: attraverso le tecnologie digitali le esperienze reali diventano più immersive e coinvolgenti. Come quella recentemente realizzata per Dyson, dove l’applicazione AirEmotions da noi creata, che utilizza la tecnologia MorphCast, rileva le emozioni generate dalla prova dell’hair styler Dyson Airwrap, mostrandole alle partecipanti in tempo reale in un magic mirror con webcam integrata. Come evolverà la comunicazione legata al retail? E come dovranno cambiare le

La piattaforma proprietaria Media Share mette a disposizione dei singoli brand di Psa contenuti formativi e social da utilizzare sui canali dei concessionari per facilitarne la gestione e mantenere una coerenza creativa con la comunicazione di brand

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agenzie per fare fronte ai cambiamenti? Mentre i prodotti a basso coinvolgimento emotivo saranno sempre più destinati a forme di acquisto spersonalizzato (come ‘iscriviti e risparmia’ di Amazon, ndr), la comunicazione si concentrerà a rendere la customer experience sempre più arricchente, omnichannel, coerente in tutte le sue espressioni e integrata sul piano nazionale-locale. Inoltre, i punti vendita stanno diventando dei veri e propri media e le agenzie dovranno sempre più mettersi a supporto della loro profittabilità, per un ottimale rapporto euro/mq. Noi stiamo già collaborando con alcuni retailer, proponendoli come ‘fornitori di spazi e di materiali’, per attività di altri clienti con specifici obiettivi di reach e di target. Infine, ci può descrivere un progetto esemplificativo da voi sviluppato in ambito retail? Per Groupe PSA Italia abbiamo identificato strategie e attività digital per le oltre 200 concessionarie italiane, supportando i responsabili della comunicazione dei singoli store nell’armonizzazione delle proprie attività con quelle nazionali e facendo da supervisori e garanti dell’integrazione fra nazionale e locale. La piattaforma proprietaria Media Share, da noi sviluppata e implementata, mette a disposizione dei singoli brand (Peugeot, Citroen e D, ndr) sia contenuti formativi, per incrementare il know-how dei singoli retailer, sia contenuti social ‘pronti all’uso’, da utilizzare sui canali dei concessionari per facilitarne la gestione e mantenere una coerenza creativa con la comunicazione di brand. La piattaforma consente, inoltre, di gestire KPI e reporting in modo centralizzato, con una visione dei risultati sia su singola concessionaria, sia in termini dell’intera rete di vendita. nc


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GITTO (ADCI): “ECCELLENZA STRATEGICA PER L’ECCELLENZA CREATIVA” UNA PRESIDENZA ALL’INSEGNA DELLA CONTINUITÀ CON IL SUO PRECEDENTE MANDATO E DI NUMEROSE NOVITÀ CHE ARRICCHISCONO LA MISSION DEL CLUB. QUESTI GLI OBIETTIVI DEL RICONFERMATO PRESIDENTE E DEL SUO NUOVO CONSIGLIO, DI CUI FANNO PARTE PROFESSIONISTI DALLE COMPETENZE DIVERSE, UNITE DALLA VOLONTÀ DI REALIZZARE UN PROGRAMMA CHE METTE AL CENTRO L’IMPORTANZA DEL LAVORO SINERGICO TRA STRATEGIA E CREATIVITÀ. DI ILARIA MYR

“Eccellenza Strategica per l’Eccellenza Creativa”: questo il titolo del programma ‘Adci Strategy’ con il quale Vicky Gitto, durante l’Assemblea dei soci del 9 marzo, tenutasi nella sede di Google a Milano, è stato rieletto presidente dell’Adci per il prossimo triennio con 214 voti, 82 in più dei 132 avuti dall’altro candidato, Paolo Iabichino. “La nostra strategia è dare continuità a un percorso che non ha motivo di essere rivoluzionato, dati gli ottimi risultati raggiunti nel precedente mandato - spiega Vicky Gitto a NC -. A questi aggiungeremo novità e progetti importanti per la categoria

e l’associazione che la rappresenta. I soci ci hanno riconosciuto ulteriore fiducia e prenderemo con molta serietà questo nuovo mandato”. I punti più rilevanti del suo programma, come spiega il presidente, riguardano la volontà di “proseguire i progetti iniziati

Vicky Gitto (Gitto Battaglia 22), presidente Adci e Stefania Siani (DlvBbdo), vice-presidente Adci

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con successo nel suo precedente mandato, concentrarsi su un Club dal brand sempre più forte, che sia punto di riferimento per tutto il settore, che dialoghi con altri organismi come UNA e AIR3 (Associazione italiana registi), con player come Google e Facebook, che apra a professionalità ester-


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KARIM BARTOLETTI, PARTNER/MANAGING DIRECTOR INDIANA_ “Questo è il mio terzo mandato consecutivo nel consiglio dell’Adci: ho accettato di ricandidarmi, per un altro triennio, supportato da Vicky Gitto, per portare a termine i progetti che avevamo iniziato durante il precedente consiglio. Uno di questi è la rappresentanza del Cannes Festival in Italia, che dall’anno scorso è sotto la direzione dell’Adci. E poi, ‘#BestOFCannes/#bestofcosebelle/la notte delle pubblicità’, eventi itineranti in cui mostriamo le migliori creatività del mondo all’Italia. C’è poi, ovviamente, ‘IF!’ e le iniziative a esso legate, che continueremo a sviluppare. Last but not least, la formazione nelle scuole e realizzare delle lectures, per divulgare quello che è oggi la vera e la nuova creatività”.

ne al mondo dell’advertising, che si potenzi con una comunità creativa nazionale anche al di fuori dei confini milanesi, e soprattutto che rafforzi la presenza femminile sempre più necessaria e determinante. E ancora, lavoro sinergico tra strategia e creatività per innalzare il livello esecutivo dei progetti all’interno del mercato italiano, formazione dei giovani talenti e ulteriore sviluppo del premio Equal. Un programma da realizzare in team con un Consiglio Direttivo composto da grandi professionisti: Stefania Siani, vice-presidente e chief creative officer DlvBbdo, (vice-presidente Adci), e i consiglieri Luca Cinquepalmi, executive creative director Publicis, Karim Bartoletti, partner/managing director Indiana; Francesco Bozza, past chief creative officer Fcb Milan; Jack Blanga, executive

creative director EY Yello; Nicola Rovetta, chief creative officer MullenLowe Group Italy e Samanta Giuliani, strategy & data director The Big Now. Segretario generale è Caroline Yvonne Schaper. Come art ambassador c’è Giuseppe Mastromatteo, chief creative officer Ogilvy Italy. Local ambassador: per la Campania Angela Pastore, founder & creative director Antville e Vincenzo Piscopo, head of branded content Ciaopeople. Per Bologna Massimo Valeri, creative strategist Orange Media Lab. Marco Diotallevi, founder/creative director Plural, verrà proposto come delegato del Consiglio su Roma. Per la Sicilia Davide Iacono, creative director, per le Marche Andrea Foresi. Per Adci Servizi il presidente sarà Ottavio Nava, co-founder & ceo Italia e Spagna We Are Social. Il risul-

JACK BLANGA, EXECUTIVE CREATIVE DIRECTOR EY YELLO_ “In molti ci chiamano in queste ore dicendo che vogliono dare una mano: questa è la nostra più grande vittoria. Serve un’Adci che faccia ancora più squadra. Ogni contributo sarà fondamentale, soprattutto sul tema Under 30, che da sempre mi sta a cuore. Parto dall’ottimo lavoro fatto da Luca Pedrani, e insieme ai ragazzi e ai local ambassador in tutta Italia puntiamo a costruire un progetto ancora più ampio per i giovani e il loro futuro”.

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tato arriva dopo una campagna elettorale piuttosto accesa, in cui non sono mancate note polemiche, che ha però avuto il merito di richiamare una grande partecipazione dei soci del club (evidente anche nei numeri dell’assemblea) e risvegliare la discussione su temi centrali per la professione creativa. “Abbiamo vissuto tutto uno storico momento di passaggio per il club che si è profondamente interrogato sul senso del suo esistere, sulle evoluzioni del mercato e sull’importanza di evolvere la base iscritti per renderla il vero specchio dei professionisti che attualmente stanno facendo il mercato - spiega Stefania Siani, vice-presidente del nuovo consiglio dell’Adci -. Per questo al di là dei toni accesi della campagna sono molto felice della candidatura di Paolo Iabichino, poiché ha introdotto molto valore, soci e idee nuove. Personalmente sono anche molto grata per l’opportunità di essere oggi vicepresidente del club e rappresentare con il mio impegno istanze irrimandabili come quelle incarnate da Equal: molto più di un premio. Un progetto volto a sottolineare la nostra responsabilità come comunicatori rispetto all’evoluzione degli immaginari”. “Credo che sarebbe un gran peccato non ascoltare questo risultato - commenta l’altro candidato, Paolo Iabichino -, non solo per la numerosità dei tanti soci nuovi che hanno partecipato, ma anche per la proposta che abbiamo portato avanti di un club che apre alcune nuove direzioni. Personalmente io posso mettere a disposizione del nuovo consiglio un patrimonio


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FRANCESCO BOZZA, CONSIGLIERE ADCI_ “Lo scorso consiglio, sotto la presidenza di Vicky Gitto, ha fatto un ottimo lavoro e per questo ho accettato volentieri la proposta di partecipare. Ci sono molte cose da fare e decisioni da prendere e non staremo con le mani in mano. Per quanto mi riguarda, sto portando avanti la trasmissione televisiva dedicata al mondo della pubblicità, di cui sono autore e presentatore. L’obiettivo del progetto, che dovrebbe essere trasmesso a giugno o al più tardi a settembre, è fare conoscere questo mondo a un’audience allargata, con ospiti sempre diversi e contenuti interessanti, divertenti e intelligenti. Si parlerà anche di creatività italiana, dando spazio ai lavori premiati dall’Adci e alla sua mission”.

di contatti e relazioni che possono fare il bene dell’associazione”. 2018, un bilancio positivo Durante l’assemblea del 9 marzo è stato approvato il bilancio 2018 del Club chiusosi in positivo anche grazie alla gestione effettuata durante il precedente mandato di Gitto. Anche i soci sono cresciuti, superando, a marzo di quest’anno, i 450. Nello specifico, dei soci totali del 2018, il 18% sono state new entries, di cui il 30% figure professionali nuove. Per il 2019 l’8,3% dei soci sono nuove adesioni, di cui il 3,8% figure professionali nuove.

Record di iscrizioni nel 2018 anche per i Giovani Leoni con 205 progetti, come anche nella categoria ‘Studenti’ degli Adci Awards (50). L’Adci sarà anche un club sempre più rilevante non solo localmente, ma anche a livello internazionale, anche grazie alla rappresentanza italiana del Festival di Cannes che il Club detiene dall’anno scorso. Tre gli ambiti d’azione con cui Gitto intende portare il Club verso l’eccellenza creativa: creazione di cultura, networking di talenti, celebrazione dell’eccellenza. In questo contesto nasce il programma del professionista, che ha l’obiettivo di met-

LUCA CINQUEPALMI, EXECUTIVE CREATIVE DIRECTOR PUBLICIS_ “Negli ultimi anni, sotto la presidenza di Vicky Gitto, ho visto il club profondamente cambiare in meglio e riacquistare il glamour che un’associazione del genere dovrebbe avere; in particolare, nell’ultimo anno sono stati raggiunti livelli molto alti di qualità. Quello che mi piacerebbe è cercare di capire, insieme agli altri consiglieri, come rendere sempre più vivo l’If!, che è un elemento indispensabile e che ha aperto le vetrine al club. I tre giorni di questo festival devono essere un happening valido, e più saranno di valore più il club avrà seguito. Auspico che, procedendo in questa direzione, l’Adci diventi sempre più simile alle organizzazioni straniere di categoria, molto strutturate e rappresentative della ricchezza di questo mondo”.

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tere al centro della conversazione l’importanza del lavoro sinergico tra strategia e creatività per innalzare il livello esecutivo dei progetti all’interno del mercato italiano. Con la consapevolezza che l’Italia è un mercato dove occorre ancora fare cultura sul ruolo e sull’importanza di sviluppare il pensiero strategico come disciplina interna alle agenzie e anche tra aziende e agenzie, soprattutto in un contesto nel quale da anni Cannes e gli altri festival internazionali testimoniano la centralità della strategia e il suo ruolo cruciale nella generazione di idee creative outstanding. Ricordiamo peraltro che sotto la presidenza di Vicky Gitto l’Adci è subentrata a Rai Pubblicità come rappresentante per l’Italia del Festival di Cannes. Priorità per il 2019 Con un focus sulla cultura, Gitto pensa a una serie di appuntamenti e panel all’interno di eventi partner di Adci, come ad esempio IF!, e ospitati dal Club per facilitare discussioni sul ruolo della strategia in Italia. In quest’ambito verrà attivata la collaborazione con scuole Americane, come il Vcu Brand Center o la Miami Ad School, tramite Luca Vergano per generare revenue e dare visibilità alla manifestazione. Allo studio anche workshop con le aziende per discutere il ruolo e l’importanza della strategia e della creatività nella costruzione delle marche oggi. È inoltre prevista la survey annuale ‘State


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NICOLA ROVETTA, CHIEF CREATIVE OFFICER MULLENLOWE GROUP ITALY_ “Il consiglio confermato di cui faccio parte è stato accusato di essere ‘conservativo e retrogrado’: io sono la rappresentazione vivente del fatto che non è così. Ho un background 100% digitale in una fase della mia carriera, ho lavorato più di chiunque altro sull’integrazione di tutte le discipline; ho diretto creativi classici, digital, promo, Crm, PR e perfino healthcare. Il progetto che porta la mia firma nel programma dei prossimi tre anni è ‘Space Cowboys’, l’estensione dell’attenzione a quella parte di popolazione creativa che avrà un altissimo potenziale nei prossimi anni in termini numerici, ma anche di risorse, a dispetto del pensiero convenzionale, ovvero gli over 50”.

of minds’, una ricerca quali-quantitativa annuale per monitorare e tracciare lo stato dell’arte nel nostro Paese al momento zero (2019) e poi verificare l’influenza sulla percezione culturale del tema. Un elemento centrale per l’Adci sarà la formazione delle nuove generazioni, con un modello di lavoro congiunto finalizzato all’eccellenza e che sia all’altezza degli standard internazionali. A riguardo verranno attivate partnership con Ied per creare short-term courses dedicati all’argomento, aperti a soci Adci e a studenti esterni. Il programma Internazionalizzazione e diversity si pongono come capisaldi del programma

con importanti novità. La prima è il progetto ‘Space Cowboys’, curato da Nicola Rovetta, che affronta il tema dell’ageing nei mestieri creativi con la creazione di un team di lavoro dedicato e di una community. Previste, inoltre, attività ad hoc e un premio dedicato nell’ambito di IF!. Vi è poi il Branded Content Adci, affidato a Francesco Bozza, che darà visibilità al Club e ai suoi valori presso il grande pubblico generalista, attraverso una collaborazione editoriale video. Il concept del format punta a trasformare l’advertising in intrattenimento, celebrando i brand che nel corso degli anni hanno saputo evolvere la loro comunicazione in una vera e propria eccellenza creativa. Nuovo è anche Adci

SAMANTA GIULIANI, STRATEGY & DATA FIRECTOR THE BIG NOW_ “Il mio programma, Adci Strategy, nasce come ‘acceleratore culturale’ con l’obiettivo di fare cultura sul tema del pensiero strategico. Su questo tema, cruciale per il business e fondamentale quando si cerca l’eccellenza nella comunicazione, l’Italia è ancora molto arretrata rispetto agli altri Paesi. Per questo è cruciale innestare una conversazione che coinvolga da subito tutti i player coinvolti, in primis le aziende”.

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Strategy, un contenitore di strumenti di accelerazione culturale, tramite partnership con le scuole, speech e panel dedicati all’interno degli eventi patrocinati da Adci, workshop e tavole rotonde nelle aziende, condivisione di metodologie e bibliografia. Nel 2019 continua, per il terzo anno consecutivo, l’impegno del premio Equal in una modalità militante e votata alla formazione. Grazie a una partnership con la commissione pari opportunità e gli assessorati di riferimento del Comune di Milano per portare nelle scuole e agli studenti dei corsi sulla lettura delle immagini di advertising, lavorando sulla possibilità di distinguere tra quelle che creano stereotipi e quelle che evolvono gli immaginari. Con l’introduzione di un Art Ambassador, nella persona di Giuseppe Mastromatteo, Adci aprirà un dialogo con il mondo dell’arte contemporanea partendo ed evidenziando i soci attualmente iscritti che già hanno una carriera artistica avviata e riconosciuta. L’obiettivo quindi dell’Art Ambassador sarà anche quello di unire i due mondi e invitare le aziende a utilizzare uno dei più potenti dispositivi di attivazione del pensiero - l’Arte - connesso con il più potente dispositivo di trasmissione della conoscenza - la narrazione. Infine, sono allo studio progetti di spessore nazionale che vedano Adci sostenitrice e divulgatrice di tematiche e linguaggi che aiutino a comprendere e sostenere i corretti messaggi correlati allo sviluppo sostenibile. nc


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BRANDED ENTERTAINMENT, LARGO A EVENTI E SPONSORIZZAZIONI GIUNTO ALLA SUA 69° EDIZIONE, ANCHE IL FESTIVAL DI SANREMO RAPPRESENTA OGGI UNO SFIDANTE PALCOSCENICO PER L’IMMAGINE DELLE AZIENDE. OLTRE AL NUOVO RECORD DI RACCOLTA ADV, LA KERMESSE HA SEGNATO UN AUMENTO DI CONTENUTI BRANDIZZATI FINALIZZATO A INGAGGIARE, ON E OFFLINE, UN PUBBLICO SEMPRE PIÙ ‘LIQUIDO’.

DI PATRIZIA MUSSO direttore scientifico Obe Osservatorio Branded Entertainment

Il direttore di Rai1 Teresa de Santis registra per Sanremo 2019 un nuovo record della raccolta pubblicitaria: “Tra i 28 e i 29 milioni, almeno 3 più dello scorso anno”. Ecco spiegato l’oggettivo aumento di contenuti brandizzati trasmessi durante il Festival per coinvolgere attivamente un pubblico esigente e a caccia di novità. Da qui deriva la nostra scelta di analizzare la kermesse musicale come un interessante banco di prova del ricorso a progetti di branded entertainment, osservando da vicino alcuni case. Cominciamo a farlo innanzitutto attraverso lo sguardo di Radio Italia, al trentunesimo anno consecutivo di dirette dal Festival di Sanremo in ottica decisamente multicanale, tra radio, tv, sito e social. Come racconta Marco Pontini, vice presidente Radio Italia: “Rispetto allo scorso anno, i progetti

di BE sono risultati in aumento dal punto di vista quantitativo (n.d.r. si parla di un fatturato doppio rispetto al 2018) e qualitativo, con ritorni elevati, in termini di visibilità, per i brand. Sono diversi i marchi che hanno rinnovato la collaborazione con Radio Italia per la creazione di progetti ad hoc di BE. È il caso di Lancôme, Disney, Fujitsu e Sisal. Sono state attivate anche collaborazioni con

Arisa autografa un condizionatore Fujitsu per un’attività benefica a favore di due scuole di musica

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nuovi brand interessati a utilizzare logiche di BE, come ad esempio nel caso di Fastweb”. Per quanto riguarda il brand di make-up, sono stati realizzati dei ‘beauty breakfast’ con alcune influencer truccate per l’occasione con i prodotti del brand, con rilancio live su vari canali social. Lato Disney, invece, è stato coinvolto l’influencer Gordon che, per il lancio di tre film della major - Il re leone, Dumbo e Alladin - ha intervistato tutti i cantanti rispetto ai loro cult movie. Infine, nel progetto di BE ideato con Fastweb, il noto atleta velocista Filippo Tortu, attuale testimonial del brand, ma anche grande appassionato di musica italiana, si è calato nei panni di inedito intervistatore di diversi cantanti, fra cui la sua beniamina Patty Pravo. “L’elemento che accomuna questi diversi casi - afferma Pontini - riguarda proprio il Dna del BE, capace di unire i valori di ciascun brand a contenuti di intrattenimento ideati ad hoc e mettendo in contatto aziende e ascoltatori di Radio Italia in modo coerente attraverso tutte le leve di comunicazione on e offline. Ha poi gioca-


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Filippo Tortu incontra Ligabue al ‘Fuori Sanremo by Lancôme’ nella location allestita presso il Grand Hotel De Londres

to un ruolo importante il legame affettivo creatosi fra il nostro canale, il brand e il pubblico, nutrito a più livelli proprio dalla musica”. Il BE, forte della componente di intrattenimento, sembra quindi proporsi come alleato per eventi e sponsorizzazioni. Qualità verso quantità Sebbene all’interno del Monitor Obe i progetti e gli investimenti di BE legati a eventi e sponsorizzazioni siano in aumento, non raggiungono ancora quote emblematiche da un punto di vista quantitativo. Sono però meritevoli di attenzione sul versante qualitativo. Come racconta Ludovica Federighi, head of Fuse - Omnicom Media Group Italy: “Fuse ha più che raddoppiato nel 2018 le revenue derivanti da progetti di BE collegati a sponsorizzazioni di eventi tv, sportivi o musicali. Il BE, in tutte le sue molteplici declinazioni, non è più solo un valore aggiunto, una nota

colorata nella monocroma sinfonia della pianificazione classica. Sempre più spesso, si avverte in modo chiaro la necessità e la volontà forte dei brand di costruire intere strategie intorno a progetti di BE. Il problema è che intrattenere le persone significa cambiare radicalmente il pensiero che sta alla base della comunicazione di marca: non costringiamo le persone a subire i nostri messaggi, piuttosto creiamo contenuti rilevanti per le persone. Sembra tutto sommato abbastanza semplice, se non fosse che intrattenere, educare, informare un pubblico sono attività che prevedono competenze diverse da quelle tradizionalmente messe in opera dal marketing”. Nella complessità che caratterizza questo scenario, il BE mostra la sua capacità di essere, come sostiene Federighi, “la chiave di volta, utile non solo per soddisfare obiettivi di corporate equity, ma anche per miglio-

Un frame del video con il battesimo (luglio 2018) dell’Assistente Google durante l’ultima tappa della tournée di Fedez e JAx a San Siro a Milano

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rare l’immagine di marca, generare contenuti interessanti ed emozionanti. La prima attività di agenzie come la nostra è quella di fare consulenza e di offrire competenze specifiche su progetti estremamente articolati come questi. Eventi e sponsorship sono degli strumenti di marketing molto potenti, soprattutto quando l’obiettivo è associare il brand a un tema forte, una causa sociale, un mondo di riferimento: in sintesi, quando si vuole diventare rilevanti per una tribe, più che comunicare a un target. E ricordiamoci che le parole target, campagna, strategia sono usate impropriamente: la guerra ormai è persa, il pubblico ha vinto e ora sta a noi imparare un nuovo linguaggio, dove non si parli di colpire e affondare, ma di farsi amare e di diventare dei punti di riferimento positivi”. Sullo sfondo di uno scenario che vede consolidarsi lo sviluppo del BE on e offline, è presente uno snodo critico che Obe sta tenendo sotto osservazione: la valutazione dell’efficacia del BE, con Kpi ideati ad hoc. “Una sponsorship - afferma Federighi - potrebbe essere un ottimo starting point per costruire numerosi contenuti di BE e portare a terra un concept creativo che altrimenti rimarrebbe pura teoria. Mentre la sponsorship fino a poco tempo fa veniva vissuta solo come una forma di mecenatismo, oggi può essere invece sfruttata come uno degli asset più forti per un brand. Le condizioni affinché questo tipo di investimenti risulti efficace risiedono nella definizione di chiari indicatori di performance, i reali obiettivi del progetto”. La misurazione e valutazione di questi progetti diventano facili e non particolarmente costose se a monte si sono saputi definire i KPI. Oltre a ciò, serve competenza nel saper declinare tutte le possibili opportunità offerte dalla sponsorship, per creare così piattaforme integrate che uniscano un regalo ‘puro’ fatto al pubblico alla generazione di contenuti, alle occasioni di condivisione, fino ad arrivare alla lead generation o al sampling/vendita di prodotto. nc


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BRAND, VINCE LA COMUNICAZIONE ‘GENDER-BALANCED’ SECONDO UN STUDIO DI KANTAR, UNA GRANDE QUOTA DEI MARKETER (91%) RITIENE DI RAPPRESENTARE LE DONNE IN PUBBLICITÀ COME MODELLI POSITIVI, MENTRE IL PUBBLICO (45%) PENSA SIANO ANCORA RITRATTE IN MODO INAPPROPRIATO. UNA RAPPRESENTAZIONE NON CORRETTA DELLE DONNE SI TRADUCE IN UNA PERDITA DI VALORE IN MEDIA DI 9 MLD DI DOLLARI NELLA VALUTAZIONE DI QUEI BRAND CHE SONO SBILANCIATI VERSO IL GENERE MASCHILE. DI FRANCESCA FIORENTINO

L’ultimo studio AdReaction di Kantar ha integrato l’analisi di 30mila campagne pubblicitarie presenti nel database globale delle comunicazioni Link 2018, le opinioni di 450 marketer a livello globale, gli atteggiamenti verso la pubblicità di quasi 40mila consumatori in tutto il mondo e l’analisi della brand equity di oltre 9.000 brand globali: tutto questo per approfondire il ruolo del ‘genere’ in pubblicità. Questi i principali contenuti di ‘AdReaction: Getting Gender Right’. Quando entrambi i generi appaiono nelle pubblicità, gli uomini hanno il 38% in più di probabilità di essere presenti in primo piano rispetto alle donne. La rappresentazione di uomini e donne nella pubblicità rimane stereotipata, con la maggior parte degli annunci che mostrano le donne come ‘simpatiche’; o ‘premurose’; e solo il 6% rappresenta un personaggio

femminile come ‘autorevole’. Le campagne con protagoniste femminili raccontate come ‘autorevoli’ performano molto meglio rispetto alle altre. Generano più reazioni emozionali (misurate tramite la decodifica di espressioni facciali degli esposti alla pubblicità), anche perché questi ruoli sono per il pubblico una sorpresa positiva e rendono anche le pubblicità molto più credibili e persuasive, fattori noti per portare incre-

menti delle vendite a breve termine. Il settore fatica a fare grandi pubblicità avendo le donne come protagoniste. Le creatività interpretate solo da donne sono meno di impatto rispetto a quelle interpretate solo da uomini e hanno una minore probabilità di far sentire il pubblico orgoglioso o di generare emozioni. Produrre creatività gender-based è meno necessario di quanto tradizionalmente si immagini. Non si è

UGUAGLIANZA DI GENERE: PENSI CHE LA TUA AZIENDA STIA... % molto/abbastanza d’accordo Creando comunicazioni che evitino gli stereotipi di genere 76% 88%

Creando comunicazioni che presentino contenuti equilibrati a livello di genere 76% 90%

I marketer si considerano esenti da stereotipi di genere, mentre le professioniste sembrano avere una posizione meno drastica

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LA PUBBLICITÀ È PIÙ PIACEVOLE SE... È divertente o umoristica 49% 46%

È attrattiva dal punto di vista visual /design 37% 33%

Offre nuove informazioni 34% 34%

… delle comunicazioni che coinvolgono donne utilizzano humour

Succede qualcosa di intrigante

… delle comunicazioni che coinvolgono uomini utilizzano humour

33% 30%

Coinvolge una persona o un personaggio che mi interessa 23% 21%

rilevata una differenza significativa nel modo in cui uomini e donne reagiscono alla pubblicità: quelle più riuscite, di solito, lo sono per tutti e anche quelle non riuscite lo sono per tutti, indipendentemente dal genere. Le donne mostrano una leggera preferenza per le pubblicità che ritraggono scene di vita reale, bambini e una musica famosa. Ci sono pochissimi altri elementi creativi di successo specifici per uno dei due generi. L’umorismo funziona bene per entrambi i generi, ma le pubblicità in cui ci sono solo donne, usano l’umorismo meno della metà delle volte di quelle in cui ci sono solo uomini (il 22% contro il 51%). Lo studio AdReaction mette in luce alcuni importanti spunti per creativi, agenzie media e brand per ottenere un engagement più efficace per entrambi i generi: la maggior parte delle marche dovrebbe adottare un approccio ‘design to the edges’, ottimizzando cioè i copy per incontrare i bisogni di entrambi i generi e le caratteristiche all’interno della stessa idea creativa. Copy test consistenti che includano metriche sull’uguaglianza di genere possono evitare grossi errori e fornire learning su come ottimizzare i comunicati. Creatività e pianificazione media più ‘gender-balanced’ probabilmente si tradurranno in campagne più sfumate nei confronti di entrambi i generi. È importante non fermarsi

a una campagna di genere, ma includerla in un programma aziendale più ampio andando ben oltre le attività di marketing. Inoltre, i risultati relativi alla pianificazione ed efficacia media evidenziano che: i brand che comunicano in modo equilibrato verso entrambi generi hanno un valore medio più alto ($ 20,6 miliardi contro $ 16,1 miliardi dei brand sbilanciati sulle donne e $ 11,5 miliardi tra i brand sbilanciati sugli uomini); solo il 33% dei brand globali sembra raggiungere questo equilibrio. Gli approcci troppo semplicistici di alcuni brand nel fare targeting non prendono in considerazione che i ruoli decisionali si estendono a entrambi i generi nella maggior parte delle categorie. Il formato ha un ruolo importante nell’efficacia delle campagne. In particolare, gli annunci online faticano a ingaggiare le donne; nel 2018 i formati online hanno generato il 28% in meno di brand impact tra le donne rispetto agli uomini. Le donne ritengono che la pubblicità online sia rilevante e affidabile meno degli uomini e preferiscono i video online più brevi e non amano i formati pubblicitari non scippabili, perché creano un senso di ‘costrizione’ impedendo di effettuare una libera scelta. Oltre alla pubblicità, l’attività sul punto vendita e il passaparola sono i touchpoint che hanno più impatto sulle donne.

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Lo humour migliora la ricettività della comunicazione per entrambi i generi ed è più efficace di altre caratteristiche. Ma poche pubblicità che coinvolgono le donne cercano di essere spiritose

“È chiaro dai nostri dati - spiega Cristina Colombo, chief offer and expertise officer Italia Kantar, Insights Division -: che è necessaria un’autoanalisi da parte delle agenzie creative, dei media e dei loro clienti. L’incapacità di connettersi in modo significativo con il pubblico femminile sta mettendo a nudo le marche e sta limitando il valore del loro brand”. “È scoraggiante - aggiunge Stéphanie Leix, head of creative & media Kantar Millward Brown, - pensare che le caratterizzazioni femminili in pubblicità siano generalmente meno efficaci, ma è comunque positivo vedere che campagne che presentano le donne in modo più autorevole stiano portando maggior successo ai brand. Non è però un percorso semplice. I brand devono procedere con cautela e avere una buona consapevolezza di come vengono percepiti. Alcune marche più progressiste hanno maggiori possibilità di sfidare gli stereotipi di genere ma devono sempre tenere conto delle attitudini socioculturali locali”. nc


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INFLUENCER MARKETING, 241 MILIONI NEL 2019 (+34%) È UNA LEVA DI MARKETING FONDAMENTALE PER RACCONTARE I BRAND A MILLENNIALS E GEN Z, AVVALENDOSI DI FIGURE - INFLUENCER, REALFLUENCER O WOKEFLUENCER - NELLE QUALI I GIOVANI SI IDENTIFICANO. AGENZIE E CENTRI MEDIA ASSUMONO UN RUOLO CENTRALE PER COORDINARE IL PROCESSO CHE VA DALLA SCELTA DEL PERSONAGGIO PIÙ COERENTE CON IL BRAND A TUTTA LA COMUNICAZIONE SULLE PIATTAFORME DIGITALI E SUI MEDIA. A CURA DELLA REDAZIONE

Cresce il numero delle aziende che si affidano agli influencer per la comunicazione delle marche e si rafforzano le sinergie tra influencer marketing, branded content e branded entertainment. A fare chiarezza su un’industry che assorbe quote sempre maggiori degli investimenti pubblicitari delle imprese italiane è OBE - Osservatorio Branded Entertainment, che in occasione dell’incontro dal titolo‘Da Influencer Marketing a Talent Marketing’, moderato da Anna Vitiello, chief experience officer di Fuse (Omnicom Media Group) e Obe Academy director, ha riunito agenzie, aziende, content creators come i The Show, lo chef Marco Bianchi, operatori del mercato e studenti per offrire spunti e

insight su influencer, follower, community e creator, figure sempre più centrali per coinvolgere i Millennials e la Gen Z attraverso contenuti di brand efficaci. Come spiegato da Gordon Glenister, global head of influencer marketing Bcma Branded Content Marketing Association, si prevede che entro il 2021 il mercato del Branded Content valga 412 mld di dollari. L’influencer marketing, che sta a cavallo

In Italia a fine 2018 l’Influencer Marketing ha toccato i 180 milioni di euro, rappresentando il 7% del totale digital adv. Entro la fine del 2019 arriverà a 241 milioni di euro, segnando un +131% nel biennio 2017- 2019 (Fonte: Obe e Publicis Media)

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tra il brand marketing e il performance marketing, ovvero tra due discipline che fanno, rispettivamente, amare le marche e scatenare verso le stesse una reazione positiva da parte delle persone, arriverà a 412 miliardi di dollari. In Italia, a fine 2018 il Branded Content & Entertainment ha raggiunto i 420 milioni di euro e l’Influencer Marketing ha toccato i 180 milioni di euro, rappresentando


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Le attivazioni nel 2018 sono state articolate tra diverse tipologie di influencer: Vip (23%), vertical (33%), community (18%) e micro influencers (26%). Instagram si è fatto notare con il 65% delle attivazioni, Facebook ne ha registrate il 21% e YouTube il 10%. (Fonte: Obe e Publicis Media)

il 7% del totale digital adv. Entro la fine del 2019 arriverà a 241 milioni di euro, segnando un +131% nel biennio 20172019. Lo rivela un’indagine condotta da Obe con Publilcis Media, che ha dimostrato come questa disciplina stia diventando un asset fondamentale per le aziende, che devono saperlo integrare in maniera sempre più efficace nelle content strategy. I dati aggiornati sul mercato italiano del Branded Content & Entertainment nel 2019 verranno diffusi durante la prossima edizione del Summit OBE, in programma il 14 maggio presso la Fondazione Feltrinelli a Milano. Le attivazioni nel 2018 sono state articolate tra diverse tipologie di influencer: Vip (23%), vertical (33%), community (18%) e micro influencers (26%). Instagram si è fatto notare con il 65% delle attivazioni, Facebook ne ha registrate il 21% e YouTube il 10%.

L’utilizzo delle piattaforme digitali e dei social da parte delle imprese varia in base al settore merceologico. I Fmcg scommettono sui video su YouTube, il Fashion investe su Instagram, il Beauty preferisce le donne micro influencer (90%), la tecnologia punta soprattutto su figure maschili e contenuti testuali (70%), l’automotive punta sui Vip e singole operazioni e lo sport su community e collaborazioni lunghe. L’evoluzione degli influencer, da tattici a strategici Ma dietro a queste nuove forme di comunicazione ci sono precise strategie aziendali costruite attorno a figure chiave, gli influencer, i real fluencer, che hanno un talento specifico e per questo vengono seguiti dagli utenti (è il caso ad esempio il nutrizionista e chef Marco Bianchi), i newfluencer, ovvero professionisti che

non solo sanno produrre contenuti rilevanti e di qualità, ma hanno anche competenze commerciali e altre ‘doti’ che vanno oltre la reach, come la capacità di ‘bucare il video’, la credibilità, l’awareness e l’identità di trendsetter. Qualche nome? Fedez e Ghali per esempio. E ancora i wokefluencer, impegnati in cause sociali per migliorare il mondo e dunque particolarmente apprezzati dalla Gen Z che condivide con loro questo coinvolgimento attivo. Del resto, a responsabilità di un marchio oggi è quella di trasmettere valori che migliorano la società, come avviene ad esempio nelle campagne Nike. Infine, grande successo hanno i talent musicali, basti pensare che sette trai primi 10 influencer mondiali sono talenti musicali sui quali le grandi aziende investono. Un esempio? I grandi magazzini John Lewis per la campagna di Natale 2018 hanno scommesso su Elton John. Gli influencer da semplici figure tattiche sono diventati elementi sempre più strategici, anzi dei veri e propri media sui quali investire. Questo comporta che il loro utilizzo vada oltre l’ambito ristretto

COMMUNITY, BACINO CREATIVO PER BRAND E AGENZIE_ Le aziende guardano con interesse anche alle community come opportunità nelle quali investire, puntando sul passaparola dei gruppi di follower per raccontare i brand. Diversamente da quanto accade con i messaggi legati agli influencer, nei quali conta l’endorsement, nelle community è il contenuto di qualità a coinvolgere gli utenti, che trovano nell’identificazione di messaggi e linguaggi il link per avvicinarsi ai marchi. La community di follower, che grazie alla loro attività si trasformano essi stessi in influencer per le marche, diventa dunque un ecosistema attivo, nel quale ad esempio si crea engagement con la Gen Z puntando su contenuti interessanti che spaziano dallo spot all’attualità, all’intrattenimento, fino alla musica. Le prime 20 community che collaborano con ZooCom a livello mensile, ad esempio, generano 3 miliardi di impression e 45 milioni di video views. Le community diventano poi un laboratorio di creatività compartecipato dagli utenti, sempre più co-creator di contenuti per i brand. Ecco perché anche in questo caso diventa essenziale il ruolo delle agenzie e dei centri media come garanti della brand safety e della correttezza dei racconti di marca e del rispetto dei valori dei brand.

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Instagram spicca nel 2018 con il 65% di attivazioni campagne influencer (per piattaforma e tipologia di contenuto); Facebook tocca quota 21%, mentre YouTube 10%. Fanalino di coda LinkedIn con l’1% delle attivazioni

del loro profilo social per diventare sempre più parte della content strategy di marca lungo un percorso multichannel, spaziando, come nel caso ad esempio dello chef Marco Bianchi, dal web con il blog ‘Cucinare è in atto d’amore’ alla tv con il programma ‘La cucina delle emozioni’ su Food Network al publishing con l’omonimo libro. Ci sono poi brand ambassador come Bebe Vio per Sorgenia e Andrea Bocelli per illy. Alla base della buona riuscita di questo processo, anche le competenze che gli influencer devono possedere, come la

conoscenza dei target e dei loro linguaggi, la conoscenza dei brand e una grande capacità di storytelling, come sottolineato oggi da Pierfrancesco Petrosillo, head of Mba Mediacom; Pasquale Arria, fondatore e amministratore Realize Networks e Marco Bianchi, food mentor. Coerenza di valori e obiettivi e ruolo strategico di agenzie e centri media Come selezionare gli influencer più adatti per i vari brand? In base alle loro caratteristiche e alla compatibilità dei loro valori

L’utilizzo delle piattaforme digitali e dei social varia in base al settore merceologico. I Fmcg scommettono sui video su YouTube, il fashion investe su Instagram, il beauty preferisce le donne micro influencer (90%), la tecnologia punta soprattutto su figure maschili e contenuti testuali (70%), l’automotive punta sui Vip e singole operazioni e lo sport su community e collaborazioni lunghe

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e contenuti con quelli dei brand e dei consumatori a cui si rivolgono. Portandoli a diventare dei veri e propri advocates dei marchi stessi. È importante che siano in linea anche con gli obiettivi dei marchi e degli utenti di cui diventano portavoce, altrimenti, come evidenziato da uno studio dell’Obe, un influencer su due non è efficace in termini di impatto sul brand. Per questo centri media e agenzie creative assumono un ruolo fondamentale per assicurare coerenza con la strategia di marca delle aziende e per coordinare l’intero processo di comunicazione che va dalla selezione del personaggio al piano di comunicazione. A riguardo, Fuse ha presentato The Seeker, una piattaforma di valutazione strategica degli influencer basata sul principio chiave che la tecnologia non è non nulla senza intelligenza umana. The Seeker è un sistema integrato di metriche qualitative e quantitative, algoritmi proprietari, strumenti, indici, analisi ad hoc integrate con la competenza e l’expertise di un team dedicato. Ai dati quantitativi, dalla reach all’engagement rate, affianca informazioni provenienti dal Fuse Index, un indice proprietario che valuta in talent in base a parametri più qualitativi, sebbene misurati con una base statistica. La piattaforma consente di costruire misurazioni ad hoc basate sul fit rispetto a obiettivi quali/ quantitativi definiti in fase di brief. Sul tema, l’Osservatorio Branded Enter­ tainment sta da tempo collaborando con Upa per definire alcuni Kpi per la misurazione delle campagne di Branded Content e di progetti di Influencer Marketing. nc



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MINA, LEAVE YOUR MARK A SESSANT’ANNI DAL SUO DEBUTTO, MINA FA ANCORA PARLARE DI SÉ. NON SOLO COME CANTANTE, MA COME UNA ICONA CULTURALE CAPACE DI COMUNICARE ATTRAVERSO LA SUA ARTE, LA SUA IMMAGINE, I SUOI SILENZI MEDIATICI. UNA ‘OLD FASHION INFLUENCER’ CHE ANCORA OGGI È FONTE D’ISPIRAZIONE. QUARTO APPUNTAMENTO CON LE FIGURE FEMMINILI CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA STORIA DELLA COMUNICAZIONE.

DI GIULIA PARISI consulente Parisall

C’era una volta un tempo prima dei social. Un tempo in cui all’effimero si contrapponeva il duraturo. C’era una volta un tempo - neanche troppo lontano - in cui Facebook, Twitter e Instagram non esistevano, ma le influencer sì, ed erano semi-divinità da ammirare. Alcune di queste dee ci hanno insegnato che la comunicazione non deve passare per forza attraverso follower e like, ma che il silenzio e la riservatezza sono armi altrettanto efficaci, che le vere influencer non creano seguiti, ma dettano legge. E una di queste old-fashion influencer riesce ancora a darci lezioni importanti in materia di stile. A sessant’anni dal suo debutto, Mina fa ancora parlare di sé, non solo come cantante, ma, anche come icona culturale che da artiste di tutto il mondo è stata ed è ancora oggi considerata fonte d’ispirazione. La cantante ha scelto un anno significativo per il suo ritorno: il 2018 - di fatti - è stato l’anniversario di tante ricorrenze. Coincidenza? We don’t think so. Se non sei cresciuta vivendo il successo di Mina, sei cresciuta venerandone il mito e tentando di capire chi fosse e perché una

donna - che si è allontanata dalla scena pubblica nel 1978 - sia, tanti anni dopo, importante al punto che chiunque la menzioni, lo faccia con un brillio tutto particolare negli occhi. Il ritiro a vita privata della tigre di Cremona non ha smorzato il suo successo,

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piuttosto ha alimentato un mito tutto nuovo. Non è casuale che, a due anni di distanza dall’addio al palcoscenico, sia stata fondata una fanzine - che nel corso degli anni si è evoluta in un vero e proprio giornale - dedicata a Mina, che dava spazio alle lettere dei


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fan, presentava articoli di approfondimento che ripercorrevano ed esploravano le sfaccettature della carriera della cantante, dalle apparizioni in televisione a quelle in radio e alle collaborazioni instaurate nell’industria della musica. I fotografi provavano di tutto per rubare uno scatto nel suo giardino, mentre curava i fiori vestita di nero, occhiali da sole scuri e i lunghi capelli rossi raccolti in uno chignon o in una treccia. Tutti elementi che sono diventati anch’essi icone di stile. Il crescendo che ha cadenzato la carriera di Mina si è trasformato in hype. Quando tornerà? Come sarà? Cos’avrà da dire? Le speranze non sono state deluse. Nel 1998, a vent’anni dal suo ritiro, Mina è tornata dirompente con una delle partnership italiane che si è iscritta nella storia della musica del Belpaese come una delle più proficue. Grazie all’album Mina Celentano, le nuove generazioni possono sperimentare con mano ciò che ha conquistato i propri genitori. In tempi più recenti, la cantante ha trovato modi creativi ed efficaci per continuare ad alimentare il sentimento che nutriamo per lei. Ad esempio, attraverso la collaborazione con Vanity Fair nella sua esilarante rubrica, dove le risposte ai lettori non erano mai scontate. è comparsa anche sui social, con un suo account Twitter e con delle dirette Facebook in sala di registrazione. Risale allo scorso anno la partnership fra Mina e Tim.

In uno spot andato in onda durante il festival di Sanremo del 2018, si scorge Mina che guida un’astronave in direzione del festival. Del resto, Mina e Sanremo formano un connubio imprescindibile frutto del più alto e rinomato made in Italy. Con la sua esecuzione della canzone della pubblicità della Tim ‘Another Day of Sun’ Anna Maria Mazzini offre un’interpretazione familiare con uno spruzzo di contemporaneità capace di far venire la pelle d’oca. Il 2018 è stato un anno importante per un altro motivo: ricorre, infatti, il ventennale della scomparsa di un altro grande della musica italiana nonché collaboratore e amico della stessa Mina. La cantante, infatti, onora la memoria di Lucio Battisti con l’album ‘Paradiso - Lucio Battisti Songbook’ in cui l’artista cremonese raccoglie le canzoni scritte dal duo Battisti-Mogol e include i due inediti ‘Il Tempo di Morire’ e ‘Vento nel Vento’. Che il mito di Mina non sia minimamente sbiadito, lo dimostra il fatto che a sessant’anni dal debutto Vogue la celebra dedicando un intero numero alla donna e alla sua carriera con un’interpretazione della modella Gisele Bündchen esteticamente incredibile… anche se per tutti noi è sufficiente quel make up anni Settanta, perché nessuno può dimenticare quegli occhi e quella gestualità: basta rotare il polso avvicinando i polpastrelli del pollice e dell’indice per farne un’imitazione.

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A sessant’anni dal suo debutto, Mina fa ancora parlare di sé, non solo come cantante, ma come icona culturale

Non è un caso quindi che ‘Making Love’, il party che Vogue ha dedicato a Mina al cinema Manzoni, si sia tenuto durante l’ultima settimana della moda. Più che un party, è stata una celebrazione della bellezza che Mina ispira. Numerosi gli artisti che si sono cimentati nelle sue cover, dai Maneskin con ‘Mi sei scoppiato dentro il cuore’ all’Italian Gospel Choir con ‘Amore mio’ e un mix dei successi della cantante cremonese. Non sono mancati gli effetti speciali, con la modella Gisele Bündchen che ha cantato ‘Parole parole’ e la stessa Mina che - pur non essendo presente al party - ha trovato il modo di offrire un pezzetto di sé ai suoi fan adoranti. Grazie alla tecnologia offerta da Tim, un ologramma della cantante è apparso al cinema Manzoni, dove la sua voce ha emozionato i presenti con il semplice accenno di una melodia. Questa è Mina: l’idea di lei è abbastanza per mandare la folla in visibilio grazie alla sua comunicazione costruita sull’unicità, non sull’emulazione. E noi riconosciamo subito e il tempo conferma la grandezza dei pochi che sanno essere fedeli a se stessi e alla propria migliore versione di sé. nc


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OCCULTI (LUXOTTICA): “FLESSIBILITÀ È LA PAROLA CHIAVE” MEZZI E MESSAGGI COORDINATI E COERENTI, STRATEGIE FLESSIBILI, CAPACITÀ DI CREARE EMOZIONE. SONO ALCUNE DELLE CARATTERISTICHE CHE DOVREBBERO AVERE LE CAMPAGNE COMUNICAZIONE INTEGRATA PER ESSERE EFFICACI. AD AFFERMARLO È LA SVP BRANDS AND COMMUNICATION MANAGEMENT DI LUXOTTICA, PRESIDENTE DI GIURIA AGLI NC AWARDS 2019. DIGITALIZZAZIONE E INTERNALIZZAZIONE DI PROCESSI E GRUPPI DI LAVORO I FOCUS DELL’AZIENDA. DI ELENA COLOMBO

“Negli ultimi due anni ho partecipato agli NC Awards come membro della giuria ed è quindi stato per me un onore essere contattata per assumere l’incarico di Presidente. Ritengo che, soprattutto in questo momento storico, dove il ruolo della comunicazione e del marketing, in senso più ampio, è sottoposto a notevoli sfide, sia ancora più necessario un confronto aperto e stimolante tra mondi diversi. La mia aspettativa dall’incarico è quindi quella di riuscire a creare un contesto in cui questo confronto avvenga in maniera naturale e coinvolgente per tutti i membri della giuria”. Così ha esordito Chiara Occulti, SVP brands and communication management di Luxottica, alla notizia della nomina a presidente di giuria dei prossimi NC Awards (Milano, Teatro Elfo Puccini, 20 maggio 2019), il premio dedicato alla migliore comunicazione integrata e olistica Made in Italy.

Live presentation delle campagna ai giurati, contenuti, networking con gli altri professionisti del settore e occasioni di business caratterizzano il format degli NC Awards. Come considera questa esperienza? La considero estremamente utile per confrontarsi tra mondi diversi analizzando le migliori campagne di comunicazione in-

Chiara Occulti, SVP brands and communication management Luxottica

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tegrata come stimoli di riflessione e valutazione. Quali format di innovazione creativa, linguaggi e strategie media integrate si attende dalle campagne in gara? In Luxottica siete più orientati verso creatività data-driven o focalizzati su uno storytelling più televisivo? Sicuramente il mondo della tecnologia ha rivoluzionato il mondo della comunicazione e continuerà a farlo. I dati sono fondamentali, tuttavia personalmente credo ancora nella forza della creatività e delle emozioni che essa è in grado di generare. Pertanto, spero di avere l’opportunità di valutare delle campagne e delle strategie media associate che integrino questi due elementi al meglio: un mix perfetto tra cuore e cervello, un connubio perfetto tra ‘ragione e sentimento’. La conoscenza del consumatore e i dati a esso associati sono fondamentali solo se associati a un guizzo creativo che genera emozione, di qualsiasi genere esse siano.


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Luxottica parte dagli obiettivi specifici di ogni marchio e grazie alla conoscenza dei target definisce il giusto mix di mezzi per raggiungere i Kpi definiti

Veniamo a Luxottica, secondo quali logiche e obiettivi selezionate i media sui quali comunicare? Partiamo da quelli che sono gli obiettivi specifici di ognuno dei nostri marchi e grazie alla conoscenza dei consumatori target di ognuno di essi definiamo qual è il giusto mix di mezzi che ci consentano di raggiungere i KPIs definiti.

Quali caratteristiche deve avere un progetto di comunicazione integrata per essere efficace? Innanzitutto, deve essere chiaro qual è il target di consumatori a cui ci si rivolge. Questo è la base per un progetto di comunicazione integrata efficace ed efficiente. Avendo chiaro il consumatore, le sue caratteristiche, le sue esigenze e le sue richieste, diventa relativamente più ‘facile’ costruirgli intorno un piano di successo. Ovviamente in ottica di comunicazione integrata, tutti i mezzi dovranno essere coordinati, così

come i messaggi che ogni mezzo avrà il compito di portare al consumatore. Secondo il suo osservatorio, come stanno cambiando le strategie di comunicazione integrata delle aziende? Quali le logiche della nuova comunicazione? Si parla di crescenti esigenze di engagement, targettizzazione dei messaggi... Le strategie di comunicazione integrata devono essere sempre più sofisticate e flessibili. Ogni giorno i consumatori sono bombardati da milioni di messaggi che vengono fruiti in diversi modi nell’arco della giornata. Per essere rilevanti e lasciare traccia è innanzitutto necessario individuare i consumatori per i quali il messaggio è rilevante, successivamente capire come meglio veicolare questo messaggio, non solo in termini di mezzi ma anche e soprattutto in termini di contenuto del messaggio stesso. Inoltre, bisogna essere sempre pronti a rimettere tutto in discussione, flessibilità è ai giorni d’oggi un mantra irrinunciabile.

Campagna modello 23rd street, Gigi Hadid/ Vogue Eyewear (Ph. Inez & Vinoodh)

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Come vi siete strutturati internamente e di quali competenze vi siete dotati per comunicare al meglio? Negli ultimi anni Luxottica ha effettuato una vera e propria rivoluzione digitale. È stata avviata l’internalizzazione di molti processi e gruppi di lavoro che in passato erano affidati a partner esterni, con l’obiettivo di diventare più veloci e reattivi così da parlare ai consumatori in maniera sempre più efficace ed efficiente. In parallelo, è stato intrapreso un ambizioso progetto di digitalizzazione dei punti vendita, con oltre quindicimila vetrine digitali installate nei propri negozi e presso clienti ottici. Quali dei vostri brand comunicherete a breve e con quali scelte media? Su tutti i nostri marchi abbiamo una strategia ‘always on’ che ci consente di mantenere un dialogo costante con i nostri consumatori. Naturalmente con l’avvicinarsi della stagione estiva tendiamo a rafforzare la nostra presenza anche sui mezzi più tradizionali. Il futuro della comunicazione secondo lei… La sfida sarà quella di rimanere rilevanti in un mondo in continua trasformazione. Quindi, il futuro della comunicazione dipenderà dal futuro dei consumatori. Bisognerà avere occhi e orecchie ben tese e soprattutto esser sempre pronti a evolvere e cambiare, se necessario. Le tecnologie saranno un supporto fondamentale per nc intercettare i segnali deboli.


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FABER, QUANDO LA COMUNICAZIONE TIRA L’APPROCCIO ALLA COMUNICAZIONE DEL GRUPPO INDUSTRIALE, PIONIERE NEL MERCATO DELLE CAPPE PER CUCINA, DIVENTA ‘HUMAN TOUCH’. PRESENTE CON SEDI IN OTTO NAZIONI E TRE CONTINENTI, L’AZIENDA PUNTA ALL’EMPATIA CON IL CONSUMATORE E CON LE SUE EMOZIONI CONDIVIDENDO VALORI QUALI IMPEGNO, TENACIA, PASSIONE E DINAMISMO. STAMPA, RADIO, EVENTI E SPONSORIZZAZIONI I MEDA UTILIZZATI. IN CRESCITA IL DIGITAL. DI MARINA BELLANTONI

Fondata nel 1955 a Fabriano, Faber è stata la prima al mondo a produrre cappe per cucina e ancora oggi è leader di mercato nel nostro Paese. Nel 2005 il Gruppo Franke ne ha perfezionato l’acquisizione, mantenendo l’headquarter nel cuore del distretto produttivo marchigiano, che oggi produce il 70% delle cappe del mondo. Abbiamo chiesto a Serena Sorana, brand&communication manager, di raccontarci qual è l’approccio alla comunicazione dell’azienda, da sempre attenta ai propri consumatori, ma anche ai valori del territorio.

Faber e sostenere la conoscenza del brand sul grande pubblico diventa imprescindibile. In quest’ottica si inserisce anche il concept della ultima campagna di comunicazione (on air da marzo a dicembre, ndr)

che ha un approccio volutamente ‘human touch’, perché il consumatore ha bisogno di riconoscersi nelle emozioni e negli spazi mentali che l’utente ritrova e in cui si identifica. Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? L’aria è la nostra materia da oltre 60 anni. La sua centralità è sottolineata non solo dal pay-off ‘Air Matters’, lanciato nel 2016, ma soprattutto dalle tecnologie all’avanguardia che sviluppiamo nel nostro reparto R&D. Ci poniamo costantemente l’obiettivo di migliorare la qualità dell’ambiente e offrire alle persone il massimo benessere, attraverso un prodotto anche bello e non solo altamente funzionale.

Con quale approccio affrontate i progetti di comunicazione? Quali modelli e metodi avete messo a punto per comunicare il brand? Il valore del prodotto che proponiamo è il punto di partenza della comunicazione di

Le strategie degli ultimi anni convergono verso l’omnicanalità, anche in comunicazione. Qual è la posizione della vostra azienda in tal senso? La nostra comunicazione prevede l’integrazione tra i canali tradizionali e digital; la pianificazione investirà i principali magazine d’arredamento e cucina, nonché quelli femminili e d’attualità e sarà inte-

Serena Sorana, brand&communication manager Faber

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grata da campagne di digital marketing Sea e Seo e di social marketing. Al digital verrà destinata una quota crescente dello spending, quantificabile intorno al 40% del totale. Da aprile, inoltre, Faber è on air con una campagna anche sulle principali emittenti radio, mentre sono ancora in valutazione attività di product placement in televisione. A quanto è ammontato e come è stato ripartito il budget comunicazione 2018? Quali previsioni per il 2019? Per il 2019 sono previsti investimenti in comunicazione in crescita del 20% rispetto a quelli del 2018. Il 65% del budget viene dedicato a iniziative di Btl, mentre il 35% va in Atl. Quest’anno abbiamo stanziato più del 40% del budget sul digital, settore sui cui puntiamo sempre di più e che è cresciuto del 100%, così come sono cresciuti i visitatori mensili sul sito web, che hanno toccato i 50mila. Quali leve di comunicazione si sono dimostrate più efficaci per i vostri obiettivi? A partire dallo scorso anno abbiamo puntato molto sul nostro rapporto con il ter-

ritorio marchigiano, dal momento che è qui che è nata la prima produzione di cappe aspiranti ed è stata proprio Faber che ha dato vita al distretto. Abbiamo sostenuto una serie di iniziative tese a valorizzare il territorio, la bellezza dei suoi luoghi e la purezza dell’aria. In quest’ottica sono nati progetti legati a manifestazioni come ‘RisorgiMarche’, festival a favore delle comunità colpite dal sisma promosso da Neri Marcorè, e la sponsorizzazione della squadra di ginnastica ritmica di Fabriano: tutti elementi che hanno in comune il territorio e la bellezza dei nostri luoghi. Che ruolo ha il digitale all’interno delle vostre strategie di comunicazione? Faber è consapevole della fondamentale importanza di una comunicazione efficace sui canali social: per questo ha creato una struttura interna per gestire la comunicazione digitale. La collaborazione con un consulente esterno, è finalizzata alla creazione di un ecosistema digitale che favorisca il rapporto B2C dell’azienda. Questa strategia, unita alla pubblicazione di un corretto mix tra contenuti emozionali, come ad esempio le video ricette di

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Testimonial della nuova campagna Faber lo chef Andrea Mainardi, l’architetto Carlo Colombo e la ginnasta Milena Baldassarri

chef Mainardi, e altri più tecnici legati al prodotto ha permesso l’incremento del numero dei follower. Per un’azienda come la vostra, il retail assume un ruolo strategico all’interno delle strategie di comunicazione? Il focus prioritario di Faber è il canale tradizionale. Oltre alla pianificazione di testate trade dedicate al canale, organizziamo attività di comunicazione sia presso il nostro showroom sia presso i punti vendita e gli showroom dei brand di cucina con l’intento di raggiungere il target degli architetti. Faber è presente anche nella Gds con prodotti dedicati e con la realizzazione di attività di training per gli addetti al reparto cottura.


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A quali agenzie di comunicazione vi affidate per l’attuazione delle vostre campagne di comunicazione? Quali caratteristiche devono possedere tali strutture per essere validi partner? Consideriamo i nostri partner di comunicazione come veri e propri collaboratori dell’azienda; l’ultima campagna adv è stata ideata da Ldb advertising e verrà pianificata per tutto l’anno da UM, agenzie con cui Faber ha collaborazioni già consolidate. Quest’anno l’azienda ha cambiato ufficio stampa, scegliendo di affidarsi a First Class PR.

Attraverso quali parametri misurate l’efficacia di progetti di comunicazione integrata? Per quanto riguarda la comunicazione online ci sono parametri oggettivi di valutazione, mentre per quello che concerne le attività offline, noi chiediamo sempre ai nostri partner di darci dei feed-back di riferimento sulla base di analisi qualificate. Ci descrive una vostra recente campagna di comunicazione? L’attuale campagna pubblicitaria ha come

Attiva con progetti e sponsorizzazioni legati al territorio marchigiano, Faber supporta ‘RisorgiMarche’, il Festival a sostegno delle comunità colpite dal sisma

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Per comunicare i propri prodotti e i valori aziendali Faber utilizza diversi media: radio, eventi, digital adv classica

protagonisti tre brand ambassador abbinati ad altrettanti prodotti flagship del marchio. Ognuno fa proprio il concetto-chiave del modello che rappresenta: Galileo diventa uno strumento di espressione per lo chef Andrea Mainardi che ne evidenzia la portata rispetto ai comuni standard “non


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Tra le attività di comunicazione di Faber anche la sponsorizzazione della squadra di ginnastica ritmica di Fabriano

basta essere creativi, in cucina devi essere rivoluzionario”; l’architetto Carlo Colombo, interprete di Glow, la cappa lampadario da lui stesso disegnata, sottolinea la componente ispiratrice e fondante del progetto, “nell’aria disegniamo i nostri sogni” e la giovane ginnasta Milena Baldassarri esprime nella sua disciplina i punti di forza della cappa Belle scelta per il suo soggetto adv in rappresentanza della linea F-Light “leggerezza in movimento, in una parola:

l’aria”. L’elemento aria è infatti il leitmotiv dei tre soggetti, simbolo delle ultime tendenze tecnologiche ed estetiche che questo marchio ha voluto e saputo valorizzare nel rispetto della propria mission: ‘Air matters’. Attraverso questo nuovo linguaggio di comunicazione, Faber ribadisce la sua capacità di progettare e sviluppare prodotti all’avanguardia nel trattamento dell’aria, ma anche di saper cogliere le evoluzioni delle forme, e interpretare le nuove tendenze di

chi vive la cucina come parte centrale del living e della casa. La campagna ha previsto la pianificazione, gestita da McCann, sui principali magazine d’arredamento, di cucina, femminili e d’attualità, sui canali digitali, radio e materiale pubblicitario presso i punti vendita aderenti e sarà integrata da campagne di digital marketing Sea e Seo e di social marketing. Inoltre, nel mese di novembre 2018, abbiamo attivato una campagna di sensibilizzazione per promuovere la consapevolezza del cambio filtro cappa nel consumatore finale dal titolo ‘Cambia filtro. Respira aria pura’. Insieme alla nostra agenzia creativa Ldb Advertising, abbiamo sviluppato un concept creativo capace di stimolare nel consumatore finale la suggestione dell’aria pulita. Scopo della campagna è quello di invitare tutti coloro che sono in possesso di una cappa Faber, a chiamarci per prenotare un cambio filtro in maniera completamente gratuite: attività svolta in collaborazione nc con i nostri centri assistenza.

Faber sostiene una serie di iniziative tese a valorizzare il territorio. Tra queste, ‘RisorgiMarche’, festival a favore delle comunità colpite dal sisma promosso da Neri Marcorè

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OLIMPIA SPLENDID, HOME OF STORYTELLING IL BRAND DI PRODOTTI PER LA CLIMATIZZAZIONE, IL RISCALDAMENTO E IL TRATTAMENTO DELL’ARIA COMUNICA ATTRAVERSO STRATEGIE MULTICANALI E INTEGRATE. L’OBIETTIVO È ‘RACCONTARE’ IL MARCHIO, I SUOI PRODOTTI E I SUOI VALORI: INNOVAZIONE, DESIGN, RADICAMENTO AL TERRITORIO E SOSTENIBILITÀ. EVENTI, SPONSORIZZAZIONI, STAMPA, RADIO, DIGITAL, OUT OF HOME E ATTIVITÀ RETAIL SONO I MEZZI PIÙ UTILIZZATI. DI MARINA BELLANTONI

Olimpia Splendid è un’azienda italiana nata nel 1956 che si occupa di progettazione, produzione e commercializzazione di prodotti per la climatizzazione, il riscaldamento e il trattamento dell’aria. L’headquarter del Gruppo si trova a Cellatica (Brescia), mentre a Gualtieri (RE) si trova il polo logistico. La dimensione internazionale dell’azienda è rappresentata dalle sedi delle filiali commerciali in Cina, Spagna, Francia e Brasile, oltre che da un capillare network di distributori. “L’elemento chiave del nostro posizionamento - spiega Roberta Vanni, responsabile marketing di Olimpia Splendid - risiede nel payoff ‘Home of Comfort’ che descrive l’impegno nel creare prodotti che siano innovativi, efficienti, rispettosi dell’ambiente e dall’inconfondibile design made in Italy. Soddisfare in ogni momento dell’anno le esigenze dei clienti in Italia e all’estero è il suo obiettivo, ‘Comfort at Home’ il risultato, ossia portare i benefici

di un comfort completo in ambito residenziale e commerciale. Con quale approccio affrontate i progetti di comunicazione? L’azienda studia dei progetti di comunicazione annuali, mirati a far conoscere e risalta-

re il marchio e i valori di Olimpia Splendid, facendo leva sui nostri prodotti ‘eroe’, che spesso sono più conosciuti del marchio stesso, ma ne rappresentano una perfetta sintesi. Ne è un esempio Unico, il sistema di climatizzazione senza unità esterna, la cui gamma si innova e amplia ogni anno con l’introduzione di modelli più performanti e distintivi, dal punto di vista ingegneristico e del design. La nostra comunicazione, costante durante tutto il corso dell’anno, ha una maggiore concentrazione strategica nel periodo estivo, in cui vengono pianificate campagne adv su diversi media per raggiungere in maniera capillare i consumatori e il pubblico dei professionisti. Mi riferisco a radio, outdoor, stampa specializzata, blog, Ads su Google e Facebook, oltre ovviamente alla partecipazione alle principali fiere del settore. Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? Innovazione, design, radicamento al territorio, sostenibilità sono i valori strategici che hanno sostenuto e sostengono tuttora la crescita del brand e sui quali l’azienda sta progettando il proprio futuro. In particolare, è centrale per noi il tema del comfort

Roberta Vanni, responsabile marketing di Olimpia Splendid

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A sx: campagna integrata Unico, sviluppata su radio, internet, stampa e affissioni. A dx: pagina Facebook Olimpia Splendid

negli ambienti, da raggiungere attraverso un percorso di scelte più sostenibili. La sostenibilità, infatti, è uno dei valori principali del marchio, nonché un percorso mirato alla realizzazione di soluzioni efficienti che diano un contributo concreto alla riduzione dell’impatto ambientale dei nostri prodotti. Ovviamente questo non sarebbe possibile senza le persone che ogni giorno lavorano in Olimpia Splendid: l’azienda da

sempre investe sulle risorse interne consapevole che siano la chiave del proprio successo sul mercato. Le strategie degli ultimi anni convergono verso l’omnicanalità, anche in comunicazione. Qual è la posizione della vostra azienda in tal senso? Oggi, tutti noi siamo multi-tasking e multi-channel. Un marchio deve quindi

sapersi adattare alle modalità diverse con cui il target entra in contatto con i prodotti commercializzati, senza perdere coerenza di identità e valori. Olimpia Splendid ne è consapevole e per questo siamo particolarmente attenti all’esperienza che offriamo a chi interagisce con il marchio prima, durante e dopo la vendita. Il nostro linguaggio di comunicazione è volutamente semplice e univoco sul packaging, così come sul sito internet e nelle vetrine del nostro e-shop Amazon, per rendere facile riconoscere un prodotto già visto altrove e valutarne i benefit. Il web, in questo scenario, ci aiuta e ha assunto una maggiore importanza strategica nella nostra comunicazione, perché ci permette di essere in contatto immediato con professionisti e consumatori che si avvicinano al nostro marchio. A quanto è ammontato il budget comunicazione 2018? Quali previsioni per il 2019? Nel 2018 il budget destinato alla comunicazione è stato del 2% sul totale del fatturato. Nel 2019 si riconferma la stessa percentuale.

CAMPAGNA INTEGRATA UNICO

Nello showroom espositivo Unico (Stazione Centrale di Milano) i consumatori hanno potuto vedere il climatizzatore in funzione

Tra maggio e luglio 2018, Olimpia Splendid ha realizzato una campagna dedicata al climatizzatore Unico. L’obiettivo era mettere in evidenza il plus del prodotto, ovvero rinfrescare la casa senza danneggiare l’estetica esterna dell’edificio, grazie all’assenza dell’unità esterna. Il payoff della campagna ‘Casa fresca e facciata bella, senza unità esterna’ trasmetteva esattamente il concetto. La campagna è stata supportata attraverso uno spot radiofonico su alcune delle principali emittenti private a copertura nazionale, affiancato da una campagna Google Ads, affissioni e flyer nelle città di Milano e Roma. Inoltre, nella Stazione Centrale di Milano è stato allestito uno showroom espositivo in cui i consumatori hanno potuto vedere il prodotto in funzione e ricevere un supporto informativo. La campagna è stata realizzata dall’agenzia di comunicazione PG&W, mentre la parte di pianificazione è stata sviluppata dall’agenzia media Initiative. Nonostante l’estate 2018 fosse arrivata in ritardo e le temperature non incentivassero l’acquisto dei climatizzatori, la validità della campagna commerciale e di comunicazione Olimpia Splendid ha fatto ugualmente registrare un incremento delle vendite di Unico e di tutta la gamma dedicata alla climatizzazione.

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Tra le iniziative di comunicazione di Olimpia Splendid vi è anche la partecipazione a fiere. Nella foto, lo stand realizzato in occasione di Mce (Mostra Convegno Expocomfort) 2019

Quali leve di comunicazione si sono dimostrate più efficaci per i vostri obiettivi? La strategia di comunicazione condotta in questi anni, on e off line, conferma che le scelte fatte sono state vincenti e utili a diffondere la conoscenza del marchio e a fidelizzare i consumatori e gli operatori del settore. Continueremo a investire in una comunicazione multicanale e integrata, con una particolare attenzione all’aspetto digital e social. Per il periodo estivo abbiamo in programma una campagna adv multicanale che punterà sulla veicolazione dei valori del marchio e sulla novità di punta dell’anno: Unico Pro Inverter. Abbiamo intenzione di sperimentare un approccio non convenzionale alla campagna, investendo anche su media e linguaggi alternativi che consentano di uscire dall’affollamento e conquistare l’attenzione del target proprio nei luoghi in cui sarà alla ricerca di refrigerio contro il caldo estivo. Che ruolo hanno digitale e social network all’interno delle vostre strategie di comunicazione? L’azienda attribuisce un’importanza strategica alla comunicazione digitale, perché permette di entrare in contatto con il pubblico in maniera ampia e diretta. Oltre al sito internet, siamo presenti su Facebook, Linkedin e Instagram con l’obiettivo di

‘raccontare’ il marchio e i suoi prodotti attraverso i valori che li contraddistinguono. Proseguirà nel 2019 la collaborazione con blogger e digital influencer, che ha dato buoni risultati lo scorso anno, e rafforzeremo ancora di più lo storytelling del marchio, per personificarlo e incentivare l’immedesimazione del pubblico. Investiremo infine nella produzione video, uno strumento sempre più vitale sui social. Per un’azienda come la vostra, il retail assume un ruolo strategico all’interno delle strategie di comunicazione? Immediatezza, chiarezza e riconoscibi-

lità del design sono gli elementi chiave della comunicazione Olimpia Splendid sul punto vendita. Da anni lavoriamo per dare visibilità al marchio e fidelizzare i consumatori attraverso diverse attività che vengono comunicate in maniera mirata e capillare anche all’interno del canale retail. Per il 2019, ad esempio, abbiamo in progetto di realizzare degli espositori brandizzati, modulari e componibili, che possano essere utilizzati nei diversi periodi dell’anno a seconda dell’esigenza di visibilità dei prodotti e della stagionalità degli stessi. Questo rappresenta un servizio flessibile che agevola notevolmente i punti vendita e garantisce una costante visibilità e presenza del brand. Su ogni prodotto esposto, un pack sticker ne elencherà i benefit in modo chiaro e immediato, diventando anch’esso un ulteriore supporto di comunicazione. Inoltre, in alcuni punti vendita selezionati, realizzeremo delle pareti espositive brandizzate e distintive, sia per la fruibilità chiara delle informazioni, sia per la riconoscibilità dello stile Olimpia Splendid. Il marchio, infatti, farà da cornice alla descrizione del prodotto di punta presentato.

COME SI RIPARTISCE IL BUDGET DI COMUNICAZIONE_ • Eventi • Online • Radio • Attività retail • Outdoor • Stampa • Relazioni pubbliche • Sponsorizzazioni • Direct marketing • Altri mezzi

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25% 17% 15% 11% 7% 6% 5% 2% 2% 10%


strategie innovative_nc

Olimpia Splendid sponsorizza la Millenium Volley Brescia, squadra di pallavolo femminile neopromossa in Serie A1

Parliamo di Csr. Come vi ponete rispetto a quest’ambito? Olimpia Splendid ha tra i suoi valori aziendali l’attenzione alle persone e al territorio in cui opera in maniera attiva e concreta. Da diversi anni, infatti, sponsorizziamo una serie di attività che contribuiscono a valorizzarne la crescita culturale ed economica. Tra le iniziative più indicative, avviate nella seconda metà del 2018, citiamo la sponsorizzazione della Millenium Volley Brescia, squadra di pallavolo femminile neopromossa in Serie A1, con cui condividiamo molti valori, quali l’attenzione alle persone, l’impegno costante, la collaborazione e la

fiducia nella forza del gruppo. Inoltre, partecipiamo e sosteniamo da tre anni l’iniziativa ‘CidNeon’, il Festival Internazionale delle Luci che, lo scorso febbraio, ha illuminato la città di Brescia e il suo incantevole Castello. Il forte radicamento al territorio ci ha portato ad aderire anche al Fai – Fondo Ambiente Italiano. Come quest’ultimo, anche Olimpia Splendid è da anni impegnata a sostenere e investire nel proprio territorio di origine, il bresciano, partecipando attivamente alla sua crescita e contribuendo a valorizzarne arte e storia. Altro importante progetto è quello con l’associazione Esa – Educazione alla Salute Attiva di Brescia.

Da tre anni Olimpia Splendid sostiene l’iniziativa ‘CidNeon’ - il Festival Internazionale delle Luci che si svolge a Brescia

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All’interno dell’azienda viene data molta attenzione ai lavoratori, dal punto di vista dei servizi integrativi alla salute. Ne è un esempio la convenzione con questa associazione, per l’inserimento gratuito delle dipendenti donne, dai 30 ai 50 anni, nel ciclo dei controlli di prevenzione del tumore al seno. Infine, proprio in questi giorni, siamo impegnati in un’interessante collaborazione con l’Accademia Laba di Brescia, per coinvolgere gli studenti che saranno i designer di domani in un ‘brain storming’ creativo sullo sviluppo di nuovi prodotti. A quali agenzie di comunicazione vi affidate per le vostre campagne di comunicazione? Le agenzie a cui ci affidiamo sono Initiative per la pianificazione media e Aida Partners per le PR. Per supportare strategicamente e operativamente la nostra azienda è fondamentale che le agenzie siano in grado di veicolare in maniera corretta i valori chiave del nostro marchio. Occorre un approccio personalizzato che esalti le specificità della nostra realtà conoscendone i prodotti e gli interlocutori a cui l’azienda si vuole rivolgere. Attraverso quali parametri misurate l’efficacia di progetti di comunicazione integrata? L’indicatore principale per verificare l’efficacia della comunicazione sono le visite e le interazioni registrate dal nostro sito internet e dall’e-shop su Amazon. Attraverso Google Analitics possiamo analizzare in maniera dettagliata la tipologia dei visitatori, quella delle informazioni ricercate e i download dei materiali sui prodotti. Monitoriamo con la stessa attenzione anche le attività sui social network, attraverso indicatori quali la crescita della fan base, i like ai prodotti e/o nc alle campagne adv.


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DIGITAL TRENDS 2019, SPOPOLANO I SOCIAL SONO 35 MILIONI GLI ITALIANI CHE UTILIZZANO I CANALI SOCIAL COME PUNTO DI RIFERIMENTO PER INFORMAZIONE, INTRATTENIMENTO E CONVERSAZIONE. TRE MILIARDI E MEZZO INVECE LE PERSONE ATTIVE A LIVELLO GLOBALE. YOUTUBE SI CONFERMA LA PIATTAFORMA PIÙ ATTIVA. CRESCONO, ANCHE NEL NOSTRO PAESE, NUOVI SOCIAL COME TIK TOK. TRA LE TECNOLOGIE EMERGENTI, SPICCANO: VOICE TECHNOLOGY, GAMING E INTELLIGENZA ARTIFICIALE. DI FRANCESCA FIORENTINO

In Italia nel 2018 sono stati 11 milioni i nuovi utenti online, per un totale di 54.8 milioni di persone che accedono a Internet, quasi la totalità della popolazione. Questi alcuni dei dati emersi dalla ricerca ‘Digital 2019’, realizzata da We Are Social e Hootsuite e giunta alla sua ottava edizione. “In Italia, i canali social e digital si confermano un punto di riferimento per informazione, intrattenimento e conversazione commentano Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, ceo We Are Social -. In linea con i paesi occidentali, anche gli italiani stanno sviluppando grande attenzione per temi importanti legati alla vita online, come il controllo della privacy e la scelta di fonti di informazione affidabili”. Interessante notare, oltre all’aumento del numero di utenti social media, la crescita di comportamenti legati a nuovi formati di

fruizione e a tecnologie relativamente nuove, come le ricerche vocali, l’interazione con intelligenza artificiale, l’e-gaming e le sue varie declinazioni. La maggiore attenzione da parte delle persone per la comunicazione social e digital, e l’aumento dei punti di contatto, rendono fondamentale che i brand conoscano profondamente le esigenze delle persone a cui si rivolgono: l’unica via per stabilire una connessione e avere un impatto positivo attraverso la creatività.

Dallo studio ‘Digital 2019’ di We Are Social e Hootsuite emerge una crescita degli utenti Internet del +27% (+ 11 mln) e di utenti mobile del +2,9% (+ 1 mln)

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Voce e gaming Dallo studio ‘Digital 2019’ è emerso che gli utenti Internet sono quasi 55 milioni (oltre 9 italiani su 10). Il 92% delle persone guarda video online, a conferma di una tendenza che vede già dall’anno scorso la crescita continua di questo formato. La tecnologia ‘voice’ sta iniziando a diffondersi (il 30% degli utenti utilizza almeno un servizio controllato tramite la voce). “Secondo il sondaggio OC&CStrategy


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Gli utenti Internet in Italia sono quasi 55 milioni (oltre 9 italiani su 10, 92%). Sono invece 35 i milioni di utenti attivi sui social media (31 da mobile)

Consultants - spiega Sandrine Plasseraud, ceo e founder di We Are Social Parigi -, a livello globale, il commercio effettuato tramite la voce dovrebbe aumentare del 1900% fino a pesare 40 mld di dollari nel 2022 contro gli attuali 2 miliardi. Il tutto grazie all’adozione di dispositivi come Amazon Echo o Google Home. Chi si occupa di comunicazione dovrà affrontare una serie di sfide significative per comprendere come i brand potranno utilizzare queste tecnologie per raggiungere le persone in modo interessante, semplificando le necessità della vita quotidiana”. Anche il mondo gaming non è da sottovalutare: un italiano su 6 gioca in modalità

streaming live, mentre l’11% guarda altri gamer giocare online, il 5,4% in relazione a campionati di e-sports. Un trend confermato a livello globale anche da Benjamin Arnold, managing director We Are Social New York: “Il 2018 è stato un anno memorabile per il mobile gaming. Per YouTube sono stati i 12 mesi migliori di sempre con oltre 50 miliardi di ore di contenuti giocati, mentre la piattaforma Twitch di Amazon ha registrato una crescita esponenziale del numero di creator, di spettatori e del volume totale di contenuti giocati. Senza dubbio il successo del fenomeno globale Fortnite ha spinto i numeri complessivi oltre le aspettative, e sono pochissimi

quelli che nel settore prevedono un rallentamento nel 2019”. Mentre la Gen Z continua a sovvertire comportamenti e abitudini tradizionali, le piattaforme e gli eSport stanno crescendo rapidamente, diventando le piattaforme preferite. Anche le opportunità di pubblicità e partnership per i brand stanno evolvendo, così come le opportunità per i creator e gli influencer nel 2019. Star come il performer Tyler ‘Ninja’ Blevins (che ha recentemente dichiarato di guadagnare al mese somme a sei cifre solo dallo streaming) stanno diventando i beniamini delle marche che parlano ai più giovani. Di conseguenza, sia YouTube sia Twitch stanno lavorando su nuove modalità di coinvolgimento di questi influencer. “Twitch - ha spiegato Arnold - ha registrato l’aumento del numero di partner e affiliati dell’86% anno su anno, mentre YouTube sta introducendo nuove funzionalità come la super chat, la membership e il merchandising, con l’obiettivo di incoraggiare sempre più aspiranti giocatori a iscriversi,

I TREND MONDIALI_ Il numero di persone che accedono a Internet è ora pari a 4,39 miliardi, in aumento rispetto ai 4,02 miliardi dell’anno precedente. Tre miliardi e mezzo di persone sono attive sui social media, cioè il 45% della popolazione mondiale, in aumento rispetto al 2018 (42%). Di questi, 3,25 miliardi utilizza i canali social da mobile. Facebook mantiene il suo primo posto nella classifica 2019: il numero di utenti attivi mensili è cresciuto costantemente, e l’ultimo annuncio dei guadagni della piattaforma riporta una crescita degli utenti di quasi il 10% rispetto all’anno precedente. YouTube è al secondo posto e sembra destinato a essere la prossima piattaforma social che supererà i 2 miliardi di utenti. Anche WhatsApp sta crescendo velocemente e WeChat (Weixin in Cina) ha fatto segnare un altro anno forte anche nel 2018, con la prima piattaforma cinese che negli ultimi 12 mesi è entrata a far parte del prestigioso ‘billion users club’. Il club ora include anche Instagram, che ha rivelato di aver superato la pietra miliare del miliardo di account attivi nel giugno dello scorso anno, mentre Twitter ha avuto un anno deludente nel 2018, e la piattaforma inizia il 2019 con un calo di 4 milioni di utenti rispetto all’anno scorso.

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La tecnologia ‘voice’ sta iniziando a diffondersi: in Italia il 30% degli utenti italiano utilizza almeno un servizio controllato tramite la voce. In India la percentuale sale al 51%

a far crescere il proprio seguito e di conseguenza la loro influenza. Aspettatevi molto di più per il 2019”. Social media Sono 35 milioni le persone attive sulle piattaforme, di cui 31 milioni quelli che accedono da mobile, canale che conferma il suo ruolo fondamentale. Le persone trascorrono in media sui social network un tempo di poco inferiore alle due ore ogni giorno e la piattaforma social più attiva si conferma YouTube, seguita da WhatsApp e Facebook. Con la crescente attenzione delle persone per la privacy, tra le tendenze relative alle principali piattaforme social si assiste a una sempre minore condivisione dei

contenuti in pubblico: le persone stanno preferendo ai newsfeed spazi privati come gruppi e app di messaggistica. La progressiva adozione di una comunicazione social privata (dark social) - afferma Akanksha Goel, founder e managing director Socialize - favorirà lo sviluppo di funzionalità che possano offrire alle persone strumenti creativi quando comunicano nelle chat di gruppo o condividono contenuti direttamente con i loro amici”. Anche i brand investiranno quindi nella creazione di esperienze per queste dimensioni private, per esempio con i chatbot che possono offrire interessanti opzioni di personalizzazione. “In questo ambito - continua Goel -, il trend sarà proba-

SOCIAL NETWORK, LA CHIAVE È L’AUTENTICITÀ_ L’utenticità sarà uno degli elementi chiave per essere rilevanti sui canali social nel 2019. Reale ma micro. L’influenza esercitata da piccole, ma autentiche, community di micro influencer sarà sempre più importante per i brand e per le persone. In tempo reale. Le marche dovranno interagire con le persone con una strategia di risposta in tempo reale e un’attenzione particolare ai fidelizzati e appassionati della marca. Video reali. Ridotta qualità, formati verticali e un’illuminazione veritiera saranno comunque apprezzati ai fini di un output autentico. Tik-tok e le Stories ne sono un esempio. Reale ma aumentato. Grazie alla realtà aumentata le persone potranno vivere un’esperienza sempre più personalizzata e stimolante. Etica reale. Le persone sono sempre più attente alla provenienza delle info che ricevono online e alla destinazione dei propri dati.

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bilmente sostenuto dall’introduzione di WhatsApp Business in tutti i mercati che potrebbe supportare quei brand che utilizzano l’IA per dialogare con le persone”. E, mentre i marchi continuano a cercare nuovi spazi e modi per connettersi con le persone in maniera rilevante, vedremo chi si occupa di comunicazione testare piattaforme alternative. Ad esempio, TikTok, in ascesa anche nel nostro Paese, si prepara a essere la piattaforma più utilizzata del 2019 in Medio Oriente. Mobile, e-commerce e social commerce Quasi tutti gli abitanti del nostro paese possiedono un telefono cellulare (97%), il 76% ha uno smartphone. L’87% degli italiani utilizza device mobili per attività di messaggistica, mentre, lato intrattenimento, la fruizione di contenuti video da mobile interessa 4 italiani su 5 e il gaming un italiano su due. La crescita nell’utilizzo di Internet sta trascinando anche l’e-commerce: i tre quarti di tutti gli utenti di Internet ha dichiarato di aver acquistato nell’ultimo mese prodotti o servizi online, il 42% grazie a un dispositivo mobile. La spesa totale online per i beni di consumo durante il 2018 è stata di 15,63 miliardi di dollari, con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente. Il social commerce, un tempo ‘parente povero’ dell’e-commerce, è cresciuto. Le aziende che utilizzano un modello Direct-to-Consumer (Dtc) hanno dimostrato che è possibile creare da zero un brand con un prodotto di qualità e un’efficace comunicazione social. In parallelo, si stanno muovendo anche le piattaforme che stanno creando funzionalità sempre più evolute per rendere il percorso di acquisto e condivisione il più semplice possibile. “Con un numero crescente di brand che ap-


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In Italia, i canali social e digital si confermano un punto di riferimento per informazione, intrattenimento e conversazione. Sul podio delle piattaforme più attive troviamo YouTube (utilizzata dall’87%), Whatsapp (84%) e Facebook (81%). In quarta posizione Instagram (55%)

plicano il proprio modello di social commerce ai loro prodotti e servizi - precisa Nathan McDonald, co-founder e Group ceo We Are Social -, vedremo nuove modalità non solo di acquistarli, ma anche di scoprirli, provarli e raccomandarli”. Sta emergendo quindi un nuovo tipo di esperienza di vendita al detta-

La crescita nell’utilizzo di Internet sta trascinando anche l’e-commerce: i tre quarti di tutti gli utenti di Internet in Italia ha dichiarato di aver acquistato nell’ultimo mese prodotti o servizi online, il 42% grazie a un dispositivo mobile. Nel nostro Paese, il 4% della spesa in retail è destinato a questa modalità di acquisto

glio, abilitato dalle piattaforme che sembrano voler facilitare le sfide del mondo retail. “Finora - continua McDonald - l’evoluzione del marketing all’interno delle piattaforme ha dimostrato che l’equilibrio tra ‘social’ e ‘commerce’ può essere non sempre facile da raggiungere. Per creare contenuti che siano social e ‘shoppable’ chi si occupa di comunicazione deve pensare all’importanza di rimanere autentici e rilevanti. Questo offrirà vantaggi a lungo termine”. Intelligenza artificiale L’interesse per l’impatto dell’intelligenza artificiale sul content marketing sta aumentando di fianco a una progressiva comprensione

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delle potenzialità della tecnologia e del suo utilizzo da parte di chi si occupa di comunicazione. “L’evoluzione degli strumenti di IA per i social media - spiega Roberto Collazos Garcia, managing director We Are Social Monaco e Berlino - consente di comprendere meglio i comportamenti delle persone e di conseguenza di avere insight sempre più interessanti su cui far leva in tempo reale”. La velocità di apprendimento delle macchine offre grandi vantaggi in termini di comprensione del target, della mappatura dei competitor e del posizionamento dei contenuti. Grazie a queste informazioni, sarà possibile creare contenuti social rilevanti. Ad esempio, Twitter fa uso di reti neurali artificiali per ridimensionare e ritagliare le foto affinché siano maggiormente apprezzate dalle persone. Per ottenere ciò, un’IA analizza i dati di tracciamento oculare per comprendere quali elementi di un’immagine catturino maggiormente l’attenzione. I content creator stanno lavorando alla prossima generazione di influencer, i cosiddetti ‘Artificial Intelligence Influencers’, il cui manifesto è la ragazza diciannovenne Lil Miquela che conta oltre 1,5 milioni di follower. Questi personaggi virtuali appaiono straordinariamente reali: posano per gli shooting, indossano le ultime tendenze della moda e sono sensibili ai trend del beauty, proprio come gli influencer umani. E vantando un seguito e un engagement importanti, ora sono arrivati anche sulle copertine delle riviste e nelle campagne di grandi brand, quali Louis Vuitton. Nonostante la mancanza di una dimensione fisica, questi personaggi realizzati grazie all’IA sono tutt’altro che superficiali: come i prodotti di qualsiasi brand hanno i loro valori e le loro storie, e hanno la capacità di farci interrogare e coinvolgerci nel dibattito tra ciò che è reale e ciò che non lo è. nc


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PROGRAMMATIC, DRIVER DI CRESCITA DELLA DIGITAL ADV GLI INVESTIMENTI NEL COMPARTO A LIVELLO MONDIALE DOVREBBERO TOCCARE QUOTA 84 MILIARDI DI DOLLARI, PARI AL 65% DELLA SPESA IN ADV DIGITALE. IL MERCATO ITALIANO, CHE RISULTA ANCORA DOMINATO DA GOOGLE, VALE QUASI 500 MILIONI DI EURO E SI PROSPETTA CHE QUEST’ANNO IL 35,5% DEGLI INVESTIMENTI IN DISPLAY ADV SARÀ PROGRAMMATIC. CRESCITA, SEPPUR LENTA, ANCHE DEL TV PROGRAMMATIC. DI FRANCESCA FIORENTINO

sing: l’83% nel 2018. Seguono il Canada con l’82%, UK con il 76% e la Danimarca con il 75%. Entro il 2020, il comparto rappresenterà oltre l’80% dei media digitali in tutti e quattro i mercati, con il Canada che arriverà a investire fino al 99%. È solo una questione di tempo, dunque, perché il programmatic diventi la metodologia di planning prescelta per tutti i media. Il processo di transizione risulta però essere più lungo del previsto, portandoci a ridurre di due punti percentuali le previsioni rila-

sciate lo scorso anno per la quota sul totale digital adv: dal 64% nel 2018 e 67% nel 2019, passiamo rispettivamente nei due anni a una share del 62% e del 65%. Zenith stima che il comparto continuerà a crescere nei prossimi anni, ma a un ritmo rallentato, dovuto al consolidamento della modalità di planning all’interno del mercato del media digitale: l’aumento del 24% del 2018 risulta in calo rispetto alla crescita del 32% del 2017, del 19% nel 2019 e del 17% nel 2020. La percentuale

PROGRAMMATIC SHARE OF DISPLAY ADVERTISING SPEND (%) 32,1

35,5

38,5

27,0 16,9

0,8

2012

21,0

8,7

4,2

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Fonte: Programmatic Marketing Forecast di Zenith

La nuova edizione del ‘Programmatic Marketing Forecast’ di Zenith rivela che nel 2019 il 65% degli investimenti digital sarà in programmatic, con una spesa pubblicitaria di 84 miliardi di dollari, contro i 70 miliardi di dollari e una share del 62% di quest’anno. Spesa prevista in aumento anche per il 2020, con una share del 68% pari a 98 miliardi di dollari (con mezzi digitali si intende tutte le forme di pubblicità a pagamento online, inclusi video online e social media, escludendo paid search e classified adv). Aumentano anche le tipologie di formati pubblicitari disponibili, in particolar modo formati audio e video online e formati per il mobile. Sempre di più, il compito di brand e agenzie sarà quello di spingere gli editori a migliorare la qualità della propria inventory, in termini di brand safety e di viewability. In termini di valore, il mercato più importante per il programmatic adv è quello degli Stati Uniti che chiude il 2018 con una spesa intorno ai 40,6 miliardi di dollari. La Cina è al secondo posto con 7,9 miliardi di dollari, seguita da UK con 5,6 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti si confermano anche il mercato con la più alta share sul totale digital adverti-

La percentuale del Programmatic all’interno della spesa in display adv è cresciuta costantemente: si è passati dal 27% del 2017 al 32.1% del 2018 e si prospetta cresca ancora toccando il 35.5% nel 2019 e 38.5% nel 2020

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Nel 2018 l’ammontare della spesa per l’online adv in Italia ha raggiunto i 3,01 miliardi di euro. Il peso del programmatic rispetto al totale dell’online advertising è del 16%.

del Programmatic all’interno della spesa in display adv è cresciuta costantemente: si è passati dal 27% del 2017 al 32.1% del 2018 e si prospetta cresca ancora toccando il 35.5% nel 2019 e 38.5% nel 2020. L’introduzione della legislazione sulla privacy, come il Gdpr dell’UE, è uno dei fattori che ne hanno rallentato la crescita, rendendo indisponibili alcuni dati precedentemente utilizzati nelle transazioni programmatiche e reso più costosi altri dati. Per sfruttare al meglio le loro campagne programmatiche, le aziende devono riorganizzarsi internamente per offrire al trading programmatico un adeguato supporto. Le agenzie possono massimizzare l’efficacia dalle strategie programmatiche solo lavorando in partnership con le aziende clienti.

Technavio stima che nel 2018 la spesa in Programmatic Adv è arrivata a toccare i 64,0 mld di dollari, per poi salire nel 2019 a 84,1, e raggiungere nel 2022 i 210 mld

Una strategia programmatica, inoltre, sarà efficace solo se i dati alla base sono solidi. I dati più rilevanti sono quelli di prima parte, forniti dai consumatori o acquisiti monitorando la loro attività sui siti web di proprietà. Sta diventando inoltre sempre più comune utilizzare i second-party data, attraverso partnership, ad esempio, tra brand e online retailer. I third-party data, invece, non sempre offrono alle aziende vantaggi competitivi, essendo sul mercato e a disposizione di tutte le aziende per raggiungere gli stessi segmenti. Le aziende dovrebbero comunque controllare e interrogare i dati di terze parti con continuità, per assicurarsi che stiano davvero aggiungendo copertura incrementale. Combinando tutti questi dati con i propri sistemi di Crm, le

aziende possono modellare il comportamento dei consumatori; le più avanzate possono perfino prevederlo attraverso l’utilizzo del machine learning. I dati e le nuove tecnologie consentono alle aziende di spostarsi dal tracciare i cookie al comunicare agli individui. Il mercato italiano In Italia, il programmatic advertising sta crescendo, perché consente un maggiore controllo del budget, migliori Kpi e un più alto ritorno sull’investimento. Le aziende ne sono consapevoli e stanno quindi spostando parte degli investimenti su di esso. In generale, i player programmatici globali scelgono di utilizzare le tecnologie di mercato anziché il servizio completo. Le piattaforme self-ser-

PROGRAMMATIC, COME SCEGLIERE IL PARTNER GIUSTO_ ‘Testing Multiple Partners’, ovvero come valutare le performance di più partner nel programmatic adv. È questo il focus del White Paper presentato da Quantcast, che spiega come comparare più fornitori, capire quali stiano ottenendo le prestazioni migliori ed evitare le problematiche che i vari modelli di attribuzione possono comportare. Attraverso glossari ed esempi pratici punta a guidare i marketer in questa attività complessa, ma indispensabile, per una corretta destinazione dei budget nel programmatic adv. Idealmente, ogni marketer dovrebbe affidarsi a un partner specializzato in modelli di attribuzione per misurare il valore di ogni touchpoint e valutare l’efficacia di ogni fornitore sulla campagna, così da verificare chi effettivamente stia favorendo una crescita incrementale e l’acquisizione di nuovi clienti e chi invece stia semplicemente intercettando clienti che avrebbero comunque generato una conversione. Le linee guida di Quantcast definiscono alcune “buone regole’ per una corretta comparazione dei fornitori. Fondamentale è il confronto tra partner che agiscono nella stessa parte del funnel distinguendo quindi tra prospecting, retargeting o targeting full-funnel. In questo modo, sarà più facile individuare comportamenti sleali ed escamotage poco professionali. A tal proposito, entrano in gioco i cosiddetti split funnel tag, ossia dei tag che permettono di suddividere il funnel separando il prospecting dal retargeting garantendo al marketer di misurare l’impatto di ciascuna attività sulle performance della campagna e valutare il costo effettivo sostenuto per acquisire nuovi clienti attribuendo il giusto merito delle conversioni. Anche la distribuzione degli annunci è un aspetto da non sottovalutare: molto spesso si preferisce un approccio più ‘intenso’ nelle prime 24-72 ore per assicurarsi che molti cookie siano ‘toccati’ a fini di attribuzione. Ecco perché bisogna sempre controllare che copertura e frequenza siano in linea, evitando così tattiche ‘spray and pray’ o ‘cookie bombing’, in cui più annunci sono erogati allo stesso utente per ottenere il merito della conversione.

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La percentuale di aziende che acquistano, vendono o gestiscono spazi pubblicitari secondo logiche programmatic non scende sotto l’80%, e tocca quasi quota 95% nel caso dei publisher

% DI AZIENDE CHE VENDONO O TRATTANO ANNUNCI TRAMITE PROGRAMMATIC

Fonte: ‘Il Programmatic Advertising in Italia’, Iab e Bto Research

vice consentono il monitoraggio del budget, il controllo della piattaforma e una maggiore sensibilità economica con la possibilità di ottimizzare il processo di pianificazione. La maggior parte delle offerte viene ancora consegnata nel mercato aperto, ma il contributo dei mercati privati è in aumento, unitamente a contratti garantiti. Distribuendo i budget attraverso le offerte, esiste la possibilità di diversificare le strategie, indirizzare e monitorare i Kpi e soddisfare le esigenze dei clienti raggiungendo il pubblico di riferimento, a seconda degli obiettivi della campagna. Secondo Zenith, l’evoluzione del mercato lato editori è completa. Alcuni anni fa i grandi editori ‘istituzionali’ (cioè quelli con un background di media tradizionale, come tv e stampa) si sono avvicinati all’arena programmatica con difficoltà; ciò era dovuto al controllo del Cpm, che non è fisso come

per gli acquisti tradizionali. Tuttavia, ora tutti usano dati e tecnologia per spingere la propria inventory. Osservando la differenziazione tra diretto e programmatico, possiamo vedere come alcuni formati devono essere ancora acquistati in modo tradizionale, ad esempio per garantire l’esclusività in pagina. Adressable TV, Dooh e radio stanno muovendo i primi passi nelle vendite programmatiche; l’inventory di questi media sta aumentando. Si prevede dunque che nei prossimi cinque anni il programmatic sarà consolidato. Passando ai numeri, anche secondo una recente ricerca di Iab Italia e BtoResearch sull’evoluzione della pubblicità programmatica, in Italia si conferma una delle voci più dinamiche dell’adv digitale. Nel 2018 il suo valore ha raggiunto i 482 mln di euro con un Cagr 2014-2018 del 34,4%. Nonostante il ritardo rispetto ad altri paesi,

il suo grado di penetrazione all’interno del digital advertising può definirsi ‘buono’, ma soprattutto in continua espansione. La percentuale di aziende che acquistano, vendono e gestiscono spazi pubblicitari online secondo le logiche programmatic non scende sotto l’80%, e tocca quota quasi 95% nel caso dei publisher. Questo è quanto emerge in estrema sintesi dalla Più nello specifico, un advertiser su quattro spende oltre il 50% del proprio budget in programmatic, con tre advertiser su cinque che destinano almeno il 30% della spesa complessiva. Per due media agency su quattro questo business contribuisce a generale almeno il 30% del fatturato totale; tale quota supera il 50% per una media agency su cinque. Per un publisher su due la quota di inventory digitale venduta tramite logiche di programmatic non supera il 30%. Per la maggior parte di essi tale quota è compresa tra il 15% e il 30%. La fotografia scattata da Bto Research e Iab Italia evidenzia tuttavia come il livello di trasparenza percepito dai vari attori ed associato all’industria della pubblicità programmatica sia ‘medio’, deno-

MODALITÀ DI NEGOZIAZIONE PROGRAMMATICA

Il meccanismo principale attraverso cui gli spazi pubblicitari sono negoziati tramite programmatic è rappresentato dal Real Time Business (RTB). Entro il 2021 si prevede una particolare crescita per il Private Marketplace e l’Header Bidding Fonte: ‘Il Programmatic Advertising in Italia’, Iab e Bto Research

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ITALIA_LE BARRIERE PER LA DIFFUSIONE DEL TV PROGRAMMATIC

Fonte: ‘Il Programmatic Advertising in Italia’, Iab e Bto Research

Tra le barriere che rallentano la diffusione del TV programmatic spiccano: la predominanza di un approccio tradizionale al TV adv, seguita dalla scarsa diffusione di Set Top Boxes e scarsa sensibilizzazione dell’opportunità

tando l’esistenza di ampi margini di miglioramento. Margini che possono essere colmati anche grazie all’utilizzo di tecnologie come la blockchain. Tanto più essa sarà adottata in modo olistico da parte di tutti, tanto più sarà semplice ricostruire un rapporto di fiducia reciproca fra i diversi attori e, quindi, maggiori saranno i benefici percepiti dalle aziende stesse. Non solo, grazie agli sviluppi futuri di questa tecnologia e all’adozione di logiche d’asta di first-price, si riuscirà a ridurre le inefficienze presenti nel mercato sia lato dell’offerta sia lato della domanda. In ottica di

ottimizzazione sistemica del mercato, prima di arrivare a un ecosistema aperto e decentralizzato (tipico della blockchain) è necessario un passaggio intermedio, attraverso la creazione di una piattaforma di collegamento tra i sistemi esistenti di programmatic e la blockchain di riferimento. Il mercato italiano è ancora dominato da Google in termini di tecnologie programmatiche, sul lato Dsp e Ssp. Anche i principali protagonisti globali, come Brightroll e Amazon, si stanno espandendo nel mercato italiano. Un numero crescente di azien-

de ha ora le proprie tecnologie Dmp; in questo campo i tre principali player globali sono Oracle, Adobe e Salesforce. Le agenzie pubblicitarie hanno sviluppato una forte conoscenza interna sul programmatico, formando team esistenti e inserendo professionisti dedicati e specializzati, con l’obiettivo di soddisfare al meglio le esigenze dei propri clienti. La crescita nel programmatic trading è stata parzialmente guidata dai mercati più maturi, e dall’ingresso di player internazionali nel mercato italiano che hanno spinto nuove soluzioni tecnologiche per l’efficienza. nc

TV PROGRAMMATIC_ La prospettiva circa l’evoluzione del mercato del tv programmatic in Italia è molto positiva. Le stime (SpotX, 2017) indicano un Cagr del +80% (2016-2020) e un valore di mercato pari a 105 mln di dollari nel 2020. Tuttavia, tale crescita rimane vincolata e subordinata a una crescente partecipazione e a maggiori investimenti da parte dei maggiori broadcaster. La crescente diffusione delle ‘Advanced TV’ sta gradualmente cambiando le carte in tavola. A oggi, sotto l’egida del ‘Tv programmatic’ è possibile trovare tre approcci differenti: TV Broadcast lineare (questo modello tradizionale con programmazione schedulata, senza interazione con lo spettatore, presenta diverse barriere e l’implementazione di metodologie di compravendita di spazi tramite logiche programmatic risulta molto limitata); Addressable TV (in questo modello complesso, in cui i contenuti sono veicolati tramite pay TV o smart TV, gli spot sono sostituti da annunci targettizzati e customizzati sugli specifici interessi / bisogni dell’audience e l’acquisto si basa su una tecnologia di ‘ad insertion’); Brodcaster OTT (questo modello, che include i contenuti video-on-demand e video in-streaming lineare, è il più affine al programmatic in termini di processi di delivery e pone meno restrizioni e quindi anche il più dinamico). Nonostante i numeri incoraggianti, il gap rispetto ad altri paesi Europei rimane evidente, in particolare a causa dei ‘viewing behavoiur’ degli italiani: numero ridotto di potenziali target / demografia non particolarmente favorevole (popolazione che invecchia sempre più rapidamente); contenuti digitali spesso fruiti lontano dalle Tv; scarsa educazione a proposito delle potenzialità delle connected / smart TV ed esperienza di visione non valorizzata propriamente.

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CABIRIA BRANDUNIVERSE, ISTINTO CREATIVO E AGILITÀ DIGITALE LA BRAND AGENCY GUIDATA DA VALERIA RAFFA FA DI CREATIVITÀ, AGILITÀ MULTIAMBIENTE E METODO I PROPRI PUNTI DI FORZA. LA SUA MISSION? RACCONTARE I BRAND COSTRUENDO, ATTRAVERSO UN NETWORK CONSOLIDATO DI ESPERTI, ESPERIENZE CHE VANNO DAL DESIGN DI UNA DIGITAL USER EXPERIENCE AL BRANDED ENVIRONMENT, NEL RISPETTO DEI CODICI E DELLA PERSONALITÀ DI MARCA. DI MARINA BELLANTONI

Cabiria BrandUniverse, parte di The Story Group, unisce da sempre agilità a rigore, pilastri risalenti all’anno della sua fondazione, 2009, e che restano i tratti caratteristici del suo dna. Non a caso, infatti, l’agenzia si definisce una ‘tigre in giacca e cravatta’, capace di presidiare agilmente le evoluzioni del mercato, sviluppando progetti caratterizzati da grande creatività e metodo rigoroso (analisi, learning, brand idea e design dell’esperienza). “L’evoluzione fisiologica - spiega Valeria Raffa, founding partner e general manager & chief creative officer - è costituita da un’espansione delle nostre competenze in ambito digitale, social ed eventi, integrandoci con le consociate del Gruppo”. In particolare, il team si sta occupando del design dei canali social per le aziende

clienti come Gruppo Granarolo, BTicino e Made expo e dello sviluppo di siti, fra i più recenti quello di Agrofood BIC, lanciato il mese scorso. Cabiria punta a far ruggire ogni brand e la sua storia, grazie a un team di professionisti che accoglie con passione quotidiana ogni nuova sfida creativa. Nella convinzione che nella giungla dei mercati

iper competitivi i brand debbano avere la potenza e l’agilità di un felino per affrontare i molteplici cambiamenti che avvengono nella società globale. Quali servizi/strumenti offre la sua agenzia nell’ambito del retail? Uniamo le nostre capacità strategiche di presidio del brand al know-how digitale, costruendo esperienze che non tengono in considerazione solo il come, ma soprattutto chi e perché. Abbiamo un network consolidato di esperti che ci supportano nello sviluppo di esperienze che vanno dal design di una digital user experience al branded environment, nel rispetto dei codici e della personalità di marca. In portfolio abbiamo esperienze di storytelling visivo sul punto vendita (Amò Autogril, ndr), di branded environment di interi edifici (Fanuc, ndr) e di comunicazione flagship (Allianz, ndr), di advertising e comunicazione di grandi eventi (Made expo, ndr). Il settore sta vivendo un periodo effervescente e di grande innovazione. Dal

Valeria Raffa, founding partner e general manager Cabiria BrandUniverse

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smartphone. Il negozio ha cambiato pelle e con questo intendo dire che le persone devono avere ottime ragioni per recarsi in un luogo fisico, le possiamo riassumere principalmente in: ricerca di un’esperienza emozionante (un asset centrale del punto vendita detto emotional retail) e la fruizione di un servizio, quest’ultimo spesso inerente alle modalità di pagamento (si veda Amazon GO, ndr) oppure alla prossimità, come i piccoli supermercati sotto casa nei centri urbani.

Cabiria ha ideato il concept, curato la user experience, il design e il progetto editoriale del nuovo Catalogo digitale Leroy Merlin, ispirandosi all’esperienza in showroom : un esempio di retail digitale rispondente all’esperienza fisica degli showroom, diversi per concezione dai negozi

vostro osservatorio, come si è evoluta la comunicazione nel punto vendita? La comunicazione è cambiata con l’avvento del paradigma digitale, uno tsunami dall’onda lunga che ha reinventato il retail. È il digitale, infatti, il vero spartiacque fra vecchia e nuova dimensione del punto

vendita che da principale touch point del customer journey passa a essere uno dei tanti. In questo scenario, in cui dominano connessione e tecnologia, la comunicazione nel luogo fisico è spettacolarizzazione del brand o supporto a un servizio, tutte le ‘altre forme’ sono migrate nei nostri

L’ibrido, dunque, è la normalità? Gli aspetti citati, fortemente guidati dal creare un’esperienza memorabile, hanno alimentato la nascita di format ibridi dove l’esperienza è paragonabile a quella di un flagship: fra emozione e intrattenimento. Oggi, paghi le bollette al supermercato (Carrefour, ndr), ti fai la moka al bar come a casa (Pascucci, ndr), ordini a un chiosco digitale ma ti servono come al ristorante (McDonald’s), assapori lo street food seduto al mercato (Mercato Metropolitano Londra, ndr). Così, sedotti dall’esperienza, anche secondo i dati Nielsen 2019, compriamo ciò che non abbiamo pianificato (circa il 40% delle categorie, ndr) e scopriamo nuovi prodotti (circa il 63% delle persone, ndr). Secondo questi parametri, l’esperienza sembra dunque essere una vera e propria arma di seduzione… Tutto è ormai all’insegna di ‘n’ esperienze quante sono le persone che le fruiscono, perché la personalizzazione è obbligato-

CABIRIA_IL MANIFESTO CREATIVITÀ_è l’ingrediente base. Risponde alla marca e ai suoi codici, non è mai un vezzo estetico, ma un medium, deve tenere conto della molteplicità degli ambienti in cui la marca racconta se stessa e dialoga con il suo pubblico. METODO_non perde mai di vista la realtà. Gestisce le risorse del cliente come fossero le proprie e ne rende conto con precisione e puntualità. TRASFORMAZIONE_un lavoro di branding ben fatto trasforma un’azienda o un prodotto in un brand. In questo modo si genera valore, garantendosi uno spazio nella mente delle persone e la capacità di emergere nello scenario competitivo quotidiano. PARTNERSHIP_si basa sull’integrazione con il cliente e la piena condivisione della responsabilità.

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‘Your business deserves perfection - Soluzioni di automazione industriale perfette per la tua azienda’ è il claim creato da Cabiria per sottolineare la personalizzazione delle soluzioni dell’ l’azienda giapponese Fanuc

ria (secondo Ipsos aumenta le revenue dal 6% al 10% rispetto a chi offre un’esperienza standardizzata, ndr) e di conseguenza anche la comunicazione deve allinearsi, adattarsi a seconda dell’ambiente restando fedele al brand. Consumo e mi riconosco nei valori di un brand è il mantra imperante di questo nostro momento, come e dove acquisto lo decido io (il 67% resta ancora influenzato dal punto vendita fisico, secondo Nielsen, ndr).

Come vi siete organizzati internamente per fare fronte a questa evoluzione del retail? Di quali competenze vi siete dotati? Rispetto al passato ci siamo dotati di una maggior expertise digital, dalla strategia alla UX e UI, fondendo branding e digital che non sono due mondi separati - ci avvaliamo della collaborazione di sviluppatori e architetti, attivando gli specialisti giusti in base al tipo di richiesta, fluidi come la società in cui ci troviamo, agili come la nostra

Tra i siti sviluppati più di recente da Cabiria spicca quello firmato per Agrofood BIC, un polo creato da un gruppo di aziende che ruotano intorno al mondo agro alimentare per creare nuove start-up

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tigre. Il fatto che sappiamo come costruire e gestire un brand e abbiamo competenze digital ci rende appetibili per più operazioni contemporaneamente quali branding, retail, digital experience, storytelling e infographic design. In particolare, con l’integrazione sempre maggiore di online e offline nelle varie fasi del processo di acquisto, quali servizi deve offrire un’agenzia per una strategia di comunicazione retail? Per un’agenzia come la nostra il nocciolo della risposta resta nella capacità di studiare (e applicare) una strategia che tenga conto di un solo luogo possibile: la mente delle persone. Le aziende chiedono una consulenza illuminata dal faro del brand, costruita sulla ricerca (servendosi dei dati e del neuro marketing, ndr) e sulla tecnologia, elemento chiave per semplificare l’esperienza in un mondo sempre più complesso e connesso. La sfida che l’agenzia affronta sta nell’orchestrazione di una strategia omnicanale, che significa più figure coinvolte e multidisciplinarietà per garantire un customer journey fluido e soprattutto digital first. Sappiamo che è sul mobile che si stimolano il bisogno e l’acquisto, ciò che potresti volere lo trovi nel tuo feed sui social e nelle


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Cabiria ha supportato Leroy Merlin nella strategia, branding e comunicazione di Bagno Facile, progetto che lancia le soluzioni consulenziali dell’insegna leader nell’ambito del miglioramento della casa

tue comunità di riferimento, in primis quella che crei sui tuoi canali. Altra sfida importante è data dal layout degli spazi fisici: ce li aspettiamo intelligenti e sensati rispetto all’esperienza attesa e questo richiede professionalità esperte. In questi anni come è cambiata la richiesta dei clienti del mondo retail? Cercano una consulenza più ampia, basata sull’integrazione con il digitale, partecipano attivamente alla genesi dei loro proget-

ti, in partnership con le agenzie, non pensano più a un ambiente, ma a una brand experience, investono meno in operazioni tattiche sul punto vendita (compensate dalle operazioni push online, ndr) e più in quelle strategiche (per attivare un circolo virtuoso pull, ndr), per esempio a supporto delle evoluzioni di posizionamento e di offerta, come ha fatto Leroy Merlin che abbiamo affiancato per il lancio di nuovi brand di servizio, a sottolineare lo shift da DIY a consulente accessibile a tutti (a proposito di esperienza e servizio, ndr).

Per ‘Bagno Facile’, il progetto che aiuta a realizzare il proprio sogno di bagno ideale, Cabiria ha affiancato il cliente nella definizione dei messaggi dell’offerta e ha sviluppato naming, contenuti, visual identity e design system

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Come interagite con il resto del gruppo? In The Story Group Cabiria svolge il ruolo di brand guardian sui progetti delle aziende clienti, integriamo le competenze delle consociate - relation building e videostrategy - offrendo una consulenza di branding e design per ogni ambiente (fisico e digitale, ndr), in linea con il nostro payoff che parla di universo di marca. Questo significa visual ma non solo, è pensiero strategico, contenuto e creatività, lavorando in team allargati. Può raccontarci una case history, in ambito retail, esemplificativa del vostro modus operandi? Un esempio per noi significativo è costituito da Leroy Merlin. Abbiamo accompagnato il brand nel suo riposizionamento più ‘inspirational’ siglato dal payoff ‘Voglia di fare casa’ con la genesi di un luogo digitale che ispirasse le persone nei propri progetti abitativi, lo abbiamo chiamato ‘Showroom’, un esempio di retail digitale rispondente all’esperienza fisica degli showroom Leroy Merlin, diversi per concezione dai loro negozi. Parallelamente, abbiamo creato nuovi brand consulenziali come ‘Bagno Facile - Soluzioni chiavi in mano’, occupandoci del posizionamento, del naming e dell’identità. Non ci siamo fatti mancare nemmeno le operazioni lancio di nuovi servizi con le classiche attività in store che per alcuni target e settori restano sempre in auge. nc



po m ca ro nt co

il giornale della nuova comunicazione

Cabiria BrandUniverse Istinto creativo e agilitĂ digitale


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