NC Speciale Brand Communication 2014

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Allegato alla rivista NC dicembre-gennaio 2015 n°51 Società Editrice ADC Group

Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano

il giornale della nuova comunicazione

Speciale Brand Communication

Cover Story

Univisual Il brand come asset della strategia di business



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SOMMARIO COVER STORY

04_UNIVISUAL IL BRAND COME ASSET DELLA STRATEGIA DI BUSINESS

SCENARIO

07_BENVENUTI NELLA ‘AGE OF YOU’ 11_GIAPPONE, IL BRANDPAESE PIÙ FORTE DEL 2014 14_GOOGLE SUPERA APPLE E SI RIPRENDE IL MONDO 18_LA PIÙ DIGITALE È ENI. TRA LE NON QUOTATE VINCE EDISON 20_BRAND 3.0, LA MARCA COME MODO DI ESSERE I PLAYER

22_ARTEFICE NON C’È BRANDING SENZA ‘KNOWOW’

24_CABIRIA LA CREATIVITÀ CHE RUGGISCE

26_INAREA QUANDO LA SFIDA ENTUSIASMA

28_LANDOR AGILMENTE DIGITALI

30_REVERSE INNOVATION QUATTRO REGOLE PER UN BRANDING

NELL’AGE OF YOU, LA MARCA È UN MODO DI ESSERE Puntuale come ogni inizio d’anno, vi presentiamo lo Speciale Brand Communication, dedicato ad approfondire le principali tendenze in ambito di comunicazione di marca e strategie di branding. Alla base, come affermato da Gaetano Grizzanti nella cover story dedicata a Univisual, la consapevolezza che, per sopravvivere ai cambiamenti in corso, le aziende devono valorizzare il brand come asset di business, rafforzandone l’unicità e la personalità. In altre parole, la marca non può più limitarsi a identificare una ‘proprietà’ o a configurarsi come un ‘sigillo di garanzia’, deve piuttosto rappresentare un ‘modo di essere’, capace di presidiare la sfera inconscia ed emotiva dei consumatori. È iniziata l’Age of You, affermano gli esperti di Interbrand, ossia un’epoca in cui le marche, per intercettare le aspettative degli utenti e dunque farsi scegliere da loro, devono necessariamente far leva su ecosistemi di servizi, contenuti e interazioni all’insegna della ‘personalizzazione’. Non a caso, questa transizione epocale è guidata da brand come Apple, Google, Amazon e Facebook, che sono anche i protagonisti delle varie classifiche sul valore delle marche, che troverete nelle pagine di questo Speciale. Da segnalare anche il primato digitale di Eni ed Edison che, puntando su trasparenza e capacità di governare la propria reputazione, conquistano il gradino più alto del podio della classifica Webranking Italy, rispettivamente nelle categorie ‘aziende quotate’ e ‘non quotate’. Quanto ai brand-Paesi, il più forte dell’anno risulta essere il Giappone, che per la prima volta scala la vetta del Country Brand Index di FutureBrand. Male invece l’Italia, che scivola dal 15° al 18° posto a causa delle sue croniche debolezze nelle categorie ‘Sistema di Valori’, ‘Qualità della Vita’ e ‘Potenziale di Business’. Spazio, infine, ai protagonisti. Coerentemente con la vocazione della nostra testata, che punta a fare informazione sulle principali tendenze del settore, facilitando l’incontro tra domanda e offerta, non poteva mancare, nella seconda parte dello Speciale, uno spazio dedicato alle principali realtà del comparto. Strutture del calibro di Artefice, Cabiria, Inarea, Landor, Reverse Innovation e Sisal hanno raccontato sulle nostre pagine le migliori strategie da mettere in atto per progettare identità di marca vincenti. Buona lettura.

DINAMICO E SU MISURA

32_SISAL

La redazione

SOSTENIBILITÀ E IDENTITÀ

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UNIVISUAL, IL BRAND COME ASSET DELLA STRATEGIA DI BUSINESS AIUTARE LE AZIENDE A EVOLVERE, VALORIZZANDO IL BRAND COME UN ASSET DI BUSINESS DOTATO DI UN COMPITO OPERATIVO BEN PRECISO, E SUPPORTARLE NEL DEFINIRE LA STRATEGIA PIÙ CORRETTA, PUNTANDO SU PERSONALITÀ E COERENZA DELLA MARCA. QUESTI I COMPITI DELLA STRUTTURA GUIDATA DA GRIZZANTI, CHE NEL 2015 SI PREPARA A ESPORTARE IL PROPRIO KNOW-HOW A LIVELLO GLOBALE. DI SERENA PIAZZI

In un mercato sempre più affollato e concorrenziale è difficile differenziarsi dagli altri player e far sì che i propri prodotti vengano scelti dai consumatori. Per questo diventa fondamentale per un’impresa dotarsi di una marca che evochi realmente unicità e forte personalità, e che le permetta di emergere. Il fatto che il branding oggi sia una disciplina spesso integrata nelle aree marketing e comunicazione delle aziende dimostra che quest’ultime si stanno sempre più rendendo conto della sua importanza, tuttavia ancora raramente la marca viene inserita nella strategia di business da parte del top management e spesso non c’è comprensione in merito a come debba essere contestualizzata.

Proprio su questi aspetti si concentra la vision di Univisual, società specializzata nella strategia di marca e nella progettazione di sistemi d’identità, costituita nel 1996 e guidata dal ceo e fondatore, Gaetano Grizzanti, forte - quest’ultimo - di un’esperienza nel settore iniziata nel 1986. “Il brand non deve essere considerato semplicemente un’entità della comunicazione, ma un asset di business, da integrarsi nella cultura d’impresa esistente. Questo è il punto di partenza per ogni intervento di brand identity che realizziamo”, spiega Grizzanti. Mentre cerca di individuare insieme al cliente la strategia più corretta, Univisual si occupa infatti anche di effettuare un’attività di engagement interno a più livelli, per fare in modo che la marca non venga percepita come un elemento estraneo. “Vogliamo aiutare le aziende a comprendere che il brand deve avere un compito operativo ben preciso - continua Grizzanti -. Se da un lato è ormai riconosciuta la sua rilevanza dal punto di vista economico-finanziario, dall’altro non c’è ancora molta chiarezza in merito a come debba essere trattato”. Un aspetto di cui si deve

Gaetano Grizzanti, ceo e fondatore Univisual

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Dal 1980 al 2001

preoccupare non soltanto il top management, ma anche la forza vendita, per la quale Univisual organizza attività di formazione ad hoc. Tra le caratteristiche che un brand deve avere per essere efficace figurano una personalità costante nel tempo e la coerenza. Coerenza che, nell’epoca della comunicazione multicanale, non è facile da raggiungere. Basti pensare ad esempio alla Rete e ai social media, che costituiscono un’opportunità fondamentale per comunicare con il proprio target di riferimento, ma allo stesso tempo nascondono dei rischi. “Internet, un forum globale senza precedenti, oggi rappresenta il territorio numero uno per il brand, ma nasconde numerose trappole. Il digital consente una continua ed effettiva interazione tra le parti, ma non permette alle aziende di detenere il

Dal 2002 al 2014

controllo sui messaggi che emettono, e questo può rivelarsi pericoloso - mette in guardia Grizzanti -. Con l’aumento degli strumenti di comunicazione aumenta la necessità di coerenza: pur presidiando canali e mezzi diversi, modulando nel modo più appropriato i messaggi, bisogna prestare attenzione a non intervenire sulla personalità del brand senza avere una strategia di fondo”. “Osservando i vari canali di comunicazione, inoltre, si riscontra una sorta di omologazione diffusa che è in netta contraddizione con la prima direttiva che un brand deve seguire, ovvero la differenziazione”, precisa Grizzanti. Dal momento che il branding non è una pratica circoscritta entro precisi confini geografici e culturali, l’obiettivo di Univisual per il 2015 è esportare il proprio know-how a livello globale. È anche a questo scopo che la società è entra-

IL TAO DEL BRANDING_ Una curiosità. Inevitabile chiedersi com’è nato il logo di Univisual, società che si occupa di creare marchi e che ha svolto consulenze per brand come Pampers, Bancomat, Bauli, Bayer, Bertolli, Casa Modena, Grandi Navi Veloci, Imetec, Salmoiraghi & Viganò, Spontex, Star, Telecom, UniCredit. Il simbolo di Univisual vuole rappresentare un ideale concetto di ‘perfezione’ legato al modo rigoroso dell’azienda di intendere il mestiere di ‘brand advisor’. Se volete, potete approfondire la spiegazione sul sito della società (www.univisual.com/it/insights/iconbrand_univisual). Il corporate-name, composto da ‘uni’ e ‘visual’, mira a indicare che, partendo da un’ampia visuale, l’obiettivo è giungere all’unica soluzione possibile: quella più strategicamente corretta. Et voilà!

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Dal 2015

La Banca Popolare di Bari, oggi riconosciuta su tutto il territorio nazionale grazie anche all’intervento svolto da Univisual 12 anni fa, ha avviato un nuovo corso, basato su una strategia multicanale e un già collaudato approccio customer-oriented. All’insegna della nuova brand identity è stato rinnovato anche il marchio istituzionale

ta a far parte di una neonata organizzazione che ha l’obiettivo di contribuire allo sviluppo dei rapporti commerciali tra imprese operanti in Italia e in Corea del Sud, Paese che Grizzanti prevede possa diventare, nei prossimi anni, sempre più protagonista del mercato internazionale. Inoltre, per questa Associazione, Univisual si è occupata del corporate branding, sviluppando naming (Itakoa) e marchio. Progetti in corso Attualmente, tra i progetti che ha ancora in corso Univisual, vi è la messa a punto di quello per il Gruppo Banca Popolare di Bari. “Si tratta di un cliente per cui abbiamo già lavorato 12 anni fa, quando il Gruppo, leader nel Sud Italia, aveva deciso di aprire alcune filiali anche al Nord - spiega Grizzanti -. Oggi, stiamo supportando il management in un ulteriore step del processo evolutivo: è prevista l’attualizzazione dei processi e lo sviluppo di una strategia multicanale nel rispetto dell’approccio di attenzione della banca nei confronti del cliente. L’obiettivo è preservare la componente di rapporto umano in assoluta sinergia con il digital, sviluppando al contempo un approccio retail ancora più vicino alle per-


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Alcuni progetti seguiti da Univisual: 1. Product identity per Bertolli 2. Brand identity per Salmoiraghi & Viganò 3. Brand identity per una linea di guanti Spontex 4. Naming e marchio per un’azienda di servizi sul ‘digital rewarding and gifting’ 5. Corporate identity per la società di credito al consumo del Gruppo Banca Popolare di Milano 6. Evoluzione dell’identità di una società nell’ambito b2b 7. Normalizzazione dei marchi Bancomat 8. Identità per una nuova organizzazione che si occupa di scambi commerciali tra Italia e Corea del Sud 9. Brand identity e packaging per Pampers BabyDry 10. Primo libro sulla Brand Identity in Italia 11. Corporate identity per Grandi Navi Veloci

sone. Sul fronte del branding, questo ha reso necessario l’aggiornamento di alcuni codici identificativi della marca e la rielaborazione del sistema di brand identity in modo coerente con questa importante evoluzione. Tra gli altri interventi in corso, Univisual opera per interessanti startup e imprese dell’ambito business-to-business. È il caso ad esempio di una officina meccanica di precisione, prima denominata Fgr, che si è rivolta a Univisual per riuscire a sfruttare l’arma del brand allo scopo di rendere più facilmente credibile la propria eccellenza. Il suo approccio strategico al mercato è cambiato radicalmente, grazie a un intervento nel sistema generale dell’identità di impresa, che ha comportato una revisione delle logiche di proposizione dell’offerta, la ridenominazione societaria (oggi l’azienda

si chiama Alkiria, ndr) e la definizione di una brand identity emozionale completamente rivoluzionaria per il settore di riferimento. Alkiria è un nome di fantasia, creato appositamente dopo aver definito la personalità della marca: vuole rappresentare la ‘dea della precisione’, in qualità di ‘avatar’ dell’impresa. Importante anche la startup Mycott & Darin, un trader di diamanti con sede a Monza, specializzata in investimenti per la famiglia. L’idea di business è semplice: rendere il diamante un’opzione di investimento accessibile, alla portata di tutti. Univisual ha assistito la neonata azienda nello sviluppo dell’identità di marca, supportandola anche nella contestualizzazione del brand all’interno della strategia di business. Il nome individuato, Mycott & Darin appunto, è volto ad attribuire istituzionalità,

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mentre il payoff ‘La famiglia dei diamanti’ allude indirettamente alla natura originaria dell’azienda, gestita da un management famigliare, e allo stesso tempo, attraverso la parola ‘diamanti’, fa riferimento al settore merceologico. Il tutto sfruttando gli elementi associativi dei pregi propri del carbonio in forma cristallina, quali integrità e purezza, comunica solidità. Interessante anche il progetto realizzato per la società nel settore del digital rewarding che ha introdotto in Italia le gift card digitali, rivoluzionando il mercato. Nel 2014, anche allo scopo di supportarne lo sviluppo internazionale, Univisual ha rivisto naming e marchio della società - con un modello d’identità derivato rispetto al gruppo, di cui fa parte anche Ecrm Italia che oggi opera sul mercato con il nome di Amilon. nc


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BENVENUTI NELLA ‘AGE OF YOU’ LA RIVOLUZIONE DIGITALE HA TRASFORMATO LE ABITUDINI DI VITA DELLE PERSONE, INTRODUCENDO NUOVE ASPETTATIVE NEI CONSUMATORI. IN QUESTO SCENARIO, AI BRAND È RICHIESTO DI CREARE ECOSISTEMI DI SERVIZI, CONTENUTI E INTERAZIONI ALL’INSEGNA DELLA ‘PERSONALIZZAZIONE’. NON A CASO, I QUATTRO MARCHI CHE GUIDANO QUESTA TRANSIZIONE EPOCALE - APPLE, GOOGLE, AMAZON E FACEBOOK - SONO I PROTAGONISTI DELLA BEST GLOBAL BRANDS 2014. DI MARIO GARAFFA (DA PAG. 7 A PAG. 21)

È iniziata una nuova era. La diffusione delle tecnologie digitali ha rivoluzionato le abitudini di vita delle persone, rendendo tutti (o quasi) più connessi, integrati e informati. Queste trasformazioni si riflettono, ovviamente, anche nei comportamenti di consumo, influenzando le aspettative dei consumatori e di conseguenza le possibilità di successo dei brand. Si è aperta quella che in Interbrand, società specializzata in brand consultancy, definiscono ‘Age of You’, ossia un’epoca in cui i brand, per intercettare le aspettative degli utenti e dunque farsi scegliere da loro, devono necessariamente far leva su ecosistemi di servizi, contenuti e interazioni all’insegna della ‘personalizzazione’. In altre parole, come spiegato da Jez Frampton, ceo Interbrand, “i brand che vorranno cavalcare l’approccio Age of You dovranno essere in grado di creare esperienze personalizzate e particolarmente curate. Questi brand dovranno ri-umanizzare i dati, avere intuizioni genuine, e fornire servizi che possano rispondere sempre più a desideri e necessità individuali”. Ora chiudete gli occhi e pensate a quattro brand che rispondono alle

caratteristiche appena evidenziate. Quasi sicuramente avrete indovinato, perché le marche che stanno guidando questa transizione epocale sono proprio Apple, Google, Amazon e Facebook, che, non a caso, sono anche i protagonisti della Best Global Brands 2014, ossia la classifica delle marche che valgono economicamente di più al mondo, stilata ogni anno da Interbrand. Quattro brand che, come evidenziato da Manfredi Ricca, managing director della sede italiana di Interbrand, “ridefiniscono il proprio settore e rivoluzionano gli altri, abbattono il confine tra B2B e B2C, alzando continuamente l’asticella di ciò che significa oggi essere innovativi”. L’ultima edizione della classifica, aggiunge Ricca, “evidenzia un passaggio di paradigma che ha una portata non meno rivoluzionaria della comparsa dell’auto all’inizio del ventunesimo secolo. Così come quel cambiamento nella mobilità rese possibili e quotidiane cose che in precedenza erano impensabili, allo stesso modo la rivoluzione digitale oggi incide profondamente sulle nostre aspettative”. Nel momento in cui i consumatori diventano più connessi e integrati, spie-

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ga Frampton, “i dati generati creano valore per i consumatori, per i brand e per il mondo in generale. Come risultato, i brand di tutte le categorie e i settori diventano più ‘smart’: prodotti e strumenti lavorano in concerto l’uno con l’altro, attraverso catene di distribuzione e in parallelo con il nostro ‘set’ personale di dati”. Vediamo ora nel dettaglio i principali risultati della Best Global Brands 2014. Apple e Google guidano, ma la Cina cresce Per il secondo anno consecutivo, Apple e Google conquistano i gradini più alti del podio della Best Global Brands. Con un valore del brand pari a 118,9 miliardi di dollari, Apple (1° posto) ha registrato una crescita del 21%, mentre Google (2° posto) aumenta il valore del proprio brand del 15%, portandolo a 107,43 miliardi di dollari. La classifica del 2014 porta con sé due importanti novità: per la prima volta sono ben due i brand globali che riescono a sfondare quota 100 miliardi di dollari di valore. E ancora: per la prima volta tra i 100 brand a maggior valore economico si annovera an-


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LA TOP TEN CHE CONTROLLA IL MONDO

01 Apple +21% 118,863 $m 02 Google +15% 107,439 $m 03 Coca-Cola +3% 81,563 $m 04 IBM -8% 72,244 $m 05 Microsoft +3% 61,154 $m 06 GE -3% 45,480 $m 07 Samsung +15% 45,462 $m 08 Toyota +20% 42,392 $m 09 McDonald's +1% 42,254 $m 10 Mercedes-Benz +8% 34,338 $m

vrebbe costruire un brand. Questi brand leader hanno raggiunto nuove vette sia in termini di crescita sia nella storia della Best Global Brands, creando esperienze perfette, contestualmente rilevanti, e sempre più focalizzate su un ecosistema di prodotti e servizi integrati fisicamente e digitalmente”. Fonte: Interbrand ‘Best Global Brands’ 2014, valori espressi in miliardi di dollari

che un brand di origine cinese, Huawei (94° posizione), che opera nel mercato Itc. Con una quota di circa il 65% del proprio fatturato realizzato al di fuori dalla Cina e con una costante crescita in termini di risulta-

Grazie a una crescita record dell’86%, Facebook continua a superare le aspettative e conquista la 29° posizione della classifica. Il secondo brand a crescere di più è Audi (+27%, 45° posto)

ti economici in Europa, Medio Oriente e Africa, Huawei sta diventando velocemente uno dei più grandi produttori di dispositivi per la telecomunicazione nel mondo. Attualmente è il terzo produttore di smartphone al mondo dopo Samsung e Apple. Oltre a Huawei, la classifica registra altri quattro nuovi ingressi: Dhl (81° posto), Land Rover (91°), FedEx (92°) e Hugo Boss (97°). “L’ascesa stellare di Apple e Google a oltre 100 miliardi di dollari - ha affermato Frampton - è un forte indicatore di come si do-

I BRAND CHE CRESCONO DI PIÙ

29 Facebook +86% 45 Audi +27% 15 Amazon +25% 56 Nissan +23% 31 Volkswagen +23% 76 Starbucks +22%

Apple e Google sono i due brand che valgono di più al mondo. Il settore che registra il maggior valore economico è quello tecnologico (493,2 mld di dollari), con una crescita dell’11,3% rispetto all’anno precedente

Fonte: Interbrand ‘Best Global Brands’ 2014

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Italia, tanta eccellenza che non si trasforma in crescita Il nostro Paese è rappresentato in Italia da Gucci (41° posto) e Prada (70°). La prima marca, registra una crescita del 2%, portando il valore del proprio brand a 10,385 miliardi di dollari, grazie anche alla scelta di combinare italianità, forti radici artigianali e appeal verso il jet-set. Prada vede il valore del proprio brand crescere del 7%, raggiungendo quasi 6 miliardi di dollari, grazie anche alla sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, e alla forte attenzione che dedica alle tematiche legate alla cultura e all’arte. Nel complesso, il fatto che il nostro Paese riesca a portare in classifica solo due brand non è indice di una performance particolarmente positiva. “Ci sono diversi motivi, più o meno diretti e intuitivi - spiega Ricca -, per cui l’Italia, una delle principali economie mondiali, è così sottorappresentata. Le dimensioni tendenzialmente piccole delle nostre imprese, uno scarso ricorso al mercato dei capitali, un colossale ritardo del nostro sistema di istruzione e formazione, un ambiente normativo e strutturale spesso inospitale, una separazione non sempre risolta tra proprietà e management. Tutto questo fa sì che, paradossalmente, un Paese che crea eccellenza non riesca a trasformarla in crescita”. Facebook, il brand che cresce di più Il social network fondato da Mark Zucker-


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Fonte: Interbrand ‘Best Global Brands’ 2014, valori espressi in miliardi di dollari

berg continua a superare le aspettative, conquistando la 29° posizione della classifica, grazie a una crescita dell’86%. I dati riportati nel secondo report trimestrale aziendale attestano guadagni per 1,4 miliardi di dollari. L’anno precedente, nello stesso periodo, ammontavano a 562 milioni. Crescita dovuta in particolare alle attività legate al mobile: per la prima volta nella storia del social network, gli introiti ottenuti dalla pubblicità sul mobile hanno superato la metà (53%) delle entrate pubblicitarie del trimestre. Facebook sta inoltre costruendo un vasto portfolio di prodotti, servizi e app estremamente concorrenziali, che stanno facendo la differenza. Il secondo brand a crescere di più è Audi (+27%), che centra la 45° posizione della classifica. Nell’ultimo anno il brand del comparto automotive ha superato numerosi record: ha venduto il maggior numero di vetture della propria storia e ha registrato un operating profit di oltre 6 miliardi di dollari. Non solo, ha letteralmente sbalordito i visitatori dell’International Consumer Electronics Show (Ces) di Las Vegas con il mo-

dello A7 che si guida da solo. Molto importante anche la partnership con Google, che permetterà ai possessori di Audi di usare applicazioni su base Android. L’azienda, ha inoltre annunciato il lancio di ben 17 modelli tra nuovi e restyling, e di voler proseguire con la produzione di una versione elettrica della R8. Infine, ha comunicato di aver pianificato di investire più di 30 miliardi di dollari entro il 2018 per la realizzazione di nuove vetture, l’introduzione di tecnologie d’avanguardia e siti di produzione. Il terzo ‘top raiser’ del 2014 è Amazon (15° posto, +25% di crescita annua). Il brand fa dell’approccio ‘customer-centrico’ il suo punto di forza. Il core-business dell’azienda continua a crescere anche grazie a prodotti quali Amazon Prime, che è riuscito a toccare la punta di un milione di iscritti in una settimana, e agli aggiornamenti di prodotti consolidati come Kindle Paperwhite e Fire Phone, che hanno portato ad aumentare il numero dei consumatori all’interno dell’ecosistema di Amazon. Infine, importante è stato anche l’accordo per la divulgazione di contenuti siglato con Hbo, che

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ha spinto Amazon ancor di più verso il settore dell’intrattenimento. Cresce l’e-commerce, Dhl entra in classifica La diffusione del commercio elettronico ha aperto innumerevoli opportunità nel mercato della logistica. In considerazione della forte crescita dello shopping online, che, secondo le previsioni, dovrebbe aumentare del 200% nei prossimi cinque anni, brand come Dhl e FedEx hanno dovuto fare enormi passi per potenziare le loro capacità di gestione delle attività e-commerce. Dhl, che registra il valore più alto tra le new entry, circa 5 miliardi di dollari, si piazza all’81° posto della classifica e ha recentemente annunciato una strategia quinquennale volta a incrementare la propria quota nei mercati emergenti. Non a caso, fa parte di questo piano anche il rinominare la propria divisione ‘Mail’ in ‘Post - eCommerce - Parcel’, per sottolineare il nuovo approccio strategico. Anche FedEx (92° posizione) sta riallineando il proprio business per la forte espansio-


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Fonte: Interbrand ‘Best Global Brands’ 2014, valori espressi in miliardi di dollari

ne dell’e-commerce e, a tal proposito, ha lanciato anche il nuovo servizio FedEx Delivery Manager, per il monitoraggio delle consegne su diverse piattaforme digitali. Il brand ha anche sviluppato numerose applicazioni web-based, per incrementare i servizi e le vendite online dei propri punti vendita. Il settore tecnologico vale più di tutti La tecnologia guida il mondo. Il settore tecnologico è quello che registra il maggior valore economico. Tra i 100 brand globali della classifica, 13 appartengono a tale comparto, che registra una crescita dell’11,3% rispetto all’anno precedente, con un valore economico totale dei brand pari a 493,2 miliardi di dollari. Ma attenzione, se Facebook (29° posto, +86%), Apple (1°, +21%) e Google (2°, +15%) rappresentano i brand che sono più cresciuti durante il 2014, dall’altra parte appartiene al settore tecnologico anche il brand che ha registrato il maggior decremento (-44%) del suo valore. Si tratta di Nokia, che è sceso dalla 57° posizione del 2013 alla 98° del 2014, seguito da

Nintendo (100° posto, -33%). Queste performance sembrano confermare la teoria secondo cui i giganti dell’hi-tech fanno fatica a sopravvivere per più di un ciclo d’innovazioni. E l’acquisto di Nokia da parte di Microsoft (5°, +3%) nell’aprile del 2014, nonostante i cambiamenti della leadership e nella struttura delle operazioni, non pare, al momento, aver risollevato il destino del brand, a causa della troppa incertezza relativa a come Microsoft userà il marchio e come questo possa evolvere in futuro. Tra i settori della Best Global Brands spicca anche la performance dell’automotive. I principali brand automobilistici provano a reinventare il futuro della mobilità. Inoltre, il calibrato mix tra efficienza energetica e tecnologie integrate aiuta queste marche a mantenere la fedeltà dei consumatori e ad accrescere il valore dei propri brand. Nel 2014, il valore collettivo dei 14 brand del settore automotive è aumentato del 14,6%, raggiungendo un valore complessivo di 211,9 miliardi di dollari. Tra i brand automotive inclusi nella Best Global Brands 2014 spiccano Toyota (8° posto, +20%), Merce-

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des-Benz (10°, +8%), Bmw (11°, +7%), Honda (20°, +17%) e Volkswagen (31°, +23%). Trend positivo, trainato dalla ripresa economica mondiale, anche per i brand di servizi finanziari. Tutti gli 11 marchi di tale comparto inclusi nella Best Global Brands hanno, infatti, registrato un aumento del proprio valore. In generale, l’andamento positivo di questi brand è dovuto sia alla capacità di offrire ai propri clienti nuovi servizi, più convenienti e totalmente integrati, sia ai forti investimenti nel mobile marketing, nei social media e nel digital nel suo complesso. Si distinguono, in particolare, American Express (23°, +11%), Hsbc (33°, +8%), J. P. Morgan (35°, +9%) e Goldman Sachs (47°, +3%). Concludiamo con un riferimento al settore del lusso, i cui brand stanno ottenendo grandi vantaggi dalla scelta di abbracciare le piattaforme digitali. Il forte aumento delle vendite online e dell’online browsing ha portato i brand del settore lusso a reinventare il concetto di personalizzazione e di relazione con i propri clienti. nc


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GIAPPONE, IL BRAND-PAESE PIÙ FORTE DELL’ANNO SPAZIO ALL’ASIA. PER LA PRIMA VOLTA IL GIAPPONE CONQUISTA LA VETTA DEL COUNTRY BRAND INDEX, LA CLASSIFICA, REALIZZATA DA FUTUREBRAND, CHE PRESENTA I BRAND-PAESI PIÙ FORTI DEL MONDO. BENE LA SVIZZERA (SECONDA) E LA GERMANIA (TERZA). MALE L’ITALIA, CHE SCIVOLA DAL 15° AL 18° POSTO. NEW YORK, LONDRA E PECHINO LE CITTÀ PIÙ INFLUENTI DEL PIANETA.

È tempo di Giappone e di Asia. Il Paese nipponico per la prima volta scala la vetta della classifica, stilata da FutureBrand, azienda globale di consulenza di branding e innovazione, parte di Interpublic Group, relativamente ai brand-Paesi più forti del mondo. Il Giappone ha conquistato il primato della Country Brand Index 2014 (Cbi) in virtù degli ottimi punteggi registrati rispetto ai parametri ‘Potenziale di Business’, ‘Made In’ (nuova variabile introdotta in questa rilevazione), ‘Tradizione & Cultura’ e ‘Turismo’. L’ottima prestazione del Giappone è supportata dalla presenza in classifica di altri due Paesi asiatici, Singapore (14° posto) e Corea del Sud (20° posizione), confermando il ruolo strategico dell’Asia, sempre più capace di attirare l’attenzione sia degli investitori (‘Potenziale di Business’) sia degli interessati alla sfera della ‘Tecnologia Avanzata’. La top twenty resta comunque ampiamente presidiata dai Paesi europei, primi fra tutti la Svizzera e la Germania, che conquistano rispettivamente il secondo e il terzo gradino del podio globale.

Con l’aggiunta di una forte presenza di Paesi scandinavi, come già riscontrato nell’edizione 2012-2013, con la Svezia al quarto posto, la Norvegia al sesto e la Finlandia al 13°. Negativa, invece, la performance dell’Italia, che per fortuna rimane nella top twenty, ma perde tre posizioni, scendendo dal 15° al 18° posto. Ma sulle vicissitudini del nostro Belpaese torneremo tra poco. Precisiamo prima che l’ultima edizione del report ha preso in esame 75 Paesi e, di questi, solo 22 si sono qualificati come ‘veri brand’, vale a dire in possesso dei criteri necessari a essere definiti brand-Paese e di caratteristiche competitive misurabili, che li aiutino a distinguersi. Si tratta di fattori che li qualificano come destinazioni di viaggio ambite, come Paesi da consigliare ad altri viaggiatori e con cui sia proficuo intessere affari. Tratti, questi, che determinano anche la preferenza dei consumatori verso i prodotti proposti da un determinato Paese piuttosto che un altro, come dimostrato dallo studio ‘Made In’, dedicato all’analisi del valore della provenienza per merci e prodotti.

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I fattori chiave che rafforzano un brandPaese, infatti, comprendono anche la sua reputazione come luogo di origine di prodotti di qualità, la volontà di visitare quella destinazione o di studiare lì, nonché il giudizio sulle infrastrutture di cui è dotato. Per esempio, il 70% degli intervistati ritiene che la Germania (terza classificata) abbia prodotti di qualità, una percentuale altissima se paragonata al 14% assegnato in media alle nazioni che non si sono qualificate come brand-Paese. Cinque concetti chiave 1. La prima evidenza del Country Brand Index 2014 da mettere in luce è che la notorietà non fa di una destinazione un brandPaese: per esempio, l’Italia gode di un punteggio migliore del Giappone in quanto a notorietà (89% a 84%), ma si trova diciassette posizioni più in basso in classifica. 2. I brand-Paese risultano essere associati a brand di prodotto: in generale, gli intervistati hanno dimostrato di conoscere un numero maggiore di brand di prodotto appartenenti a categorie diverse se legati a un brand-Paese. Per esempio, per il Giap-


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pone sono stati citati spontaneamente i brand Toyota, Nintendo, Honda, Sony, Toshiba e Panasonic. 3. Ai brand-Paese viene riconosciuta un’expertise di categoria: per esempio, la Francia è più spesso associata al fashion (65%), la Germania all’industria dell’auto (77%) e il Giappone alla tecnologia (78%, il punteggio più alto di un Paese in una specifica categoria). 4. Ai brand-Paese della top ten è riconosciuto un maggior impulso nei settori della tecnologia, dell’innovazione e della sostenibilità/tutela dell’ambiente, indipendentemente dal loro peso politico, economico o culturale. 5. New York, Londra e Pechino sono le città più influenti del pianeta. Dall’indagine risulta che, in generale, esiste una correlazione tra la percezione dell’influenza di una città e la forza del brand-Paese che la ospita, ma non sempre. La classifica delle venti città più influenti, per esempio, non include alcuna città norvegese o danese, anche se i due Paesi sono nella top ten. L’Italia soffre ma resiste Come detto, il nostro Paese perde tre posizioni nel Country Brand Index 2014, scendendo dal 15° al 18° posto. L’Italia soffre ancora e si vede. La buona performance fatta registrare nello studio ‘Made In’ ha dimostrato come il ‘made in Italy’ sia ancora un valore rilevante e un criterio di preferenza, ma non basta. L’indagine scatta una fotografia del sistema Paese nella sua interezza e nel ritratto dell’Italia vengono raffigurate anche le sue aree di debolezza. Così, se la performance dell’Italia nelle dimensioni che attengono a ‘Tradizione & Cultura’ e ‘Turismo’ sono buone, viceversa nelle dimensioni ‘Sistema di Valori’, ‘Qualità della Vita’ e ‘Potenziale di Business’, il Belpaese mostra il fianco. L’immagine dell’Italia è quella di un Paese con forti e molteplici attrattive culturali, artistiche, naturali, gastronomiche, ma con poca attenzione all’ambiente, infrastrutture scarse, poco appealing in termini di sicurezza, salute, istruzione, tolleranza, libertà politica e standard di vita. Un Paese poco appe-

tibile dagli investitori e non particolarmente ‘smart’ per quanto riguarda la tecnologia evoluta. Quando lo studio affronta il valore riconosciuto al ‘Made In’ italiano, sebbene i risultati non siano negativi, emergono alcuni temi da non sottovalutare: i dati raccolti dimostrano, infatti, che la percezione del nostro ‘made in Italy’ reca con sé anche alcuni dubbi sull’autenticità dei nostri prodotti (“sono fatti realmente in Italia?”), nonché sulla loro alta qualità. All’Italia è ancora riconosciuta una forte expertise per la moda (65%), il cibo (65%), il lusso (47%) l’industria automobilistica (36%) e le bevande alcoliche (30%), ma in quanto a servizi finanziari, internet, media, tecnologia, energia, trasporti e retail la nostra expertise è giudicata prevedibilmente più bassa. Anche nella valutazione della nostra capacità di imprimere un forte impulso ad ambiti quali la rilevanza economica e politica (14%), la tecnologia e l’innovazione (23%), la sostenibilità e la cura dell’ambiente (22%), e la cultura (30%) i risultati sono deludenti. Tuttavia, godiamo ancora di credito nel mondo se ben il 95% (la media è l’80%) degli intervistati raccomanderebbe l’Italia a parenti e amici e il 72% (la media è il 68%) spenderebbe una buona parola nei

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Il Giappone, per la prima volta, scala la vetta della classifica Country Brand Index relativamente ai brand-Paesi più forti del mondo. Negativa la performance dell’Italia, che rimane nella top twenty, ma perde tre posizioni, scendendo dal 15° al 18° posto

nostri confronti come Paese con cui fare affari. Quasi il 40% degli intervistati ha dichiarato di provare ‘affetto’ e ‘passione’ per il nostro Paese e di averne comunque ‘fiducia’. A essere top of mind per gli intervistati sono ancora i nostri brand-icona: D&G, Gucci, Emporio Armani, Lamborghini, Prada, Illy, Vespa, Fiat, Alfa Romeo, Ferrari e Versace. Tra le parole più citate a proposito dell’Italia troviamo: ‘cultura’, ‘cibo’ e ‘bellezza’, ma compaiono anche le parole legate agli stereotipi a cui è legata la percezione del nostro Paese, come ‘mafia’ e ‘sexy’. Le città italiane più apprezzate risultano essere Venezia, Roma e Milano. “Se consideriamo l’Italia come un brand e quindi il Paese un’azienda - spiega Silvia Barbieri, head of strategy FutureBrand Italia - è sempre più urgente ripartire dalle tre parole chiave che circolano nel mondo quando si pensa a noi. ‘Cultura’, ‘cibo’,


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‘bellezza’ sono i nostri asset strategici, il core irrinunciabile e induplicabile della nostra ‘Impresa Paese’. Da questi e soltanto questi si può ripartire costruendo alleanze nuove indispensabili per competere in un mondo ad altissimo tasso di globalità. Una volta rilanciato il ‘core’ e quindi protetta la competitività strategica dell’Italia, si aprirà anche l’opportunità di diversificare e portare la nostra cifra di eccellenza in settori importanti ma ‘non core’. Attenzione a invertire le priorità, attenzione a continuare a ‘ballare’ da soli. Tutto il mondo cerca la nostra induplicabilità, impariamo a porgerla con forza”. I ‘grandi’ di domani Cina, Emirati Arabi, Corea, Israele e Qatar sono i Paesi che si muoveranno più rapidamente nei prossimi tre anni, grazie alla loro buona performance nella dimensione ‘Potenziale di Business’ e il giudizio favorevole circa la loro capacità di innovare e la loro expertise nei settori dell’energia e della tecnologia. Oltre il 50% degli intervistati ha dichiarato di voler visitare questi Paesi, Cina al primo posto, nei prossimi cinque anni. Tra gli ‘osservati speciali’, la Corea vanta la posizione più alta nella dimensione ‘Made In’ (8° assoluta), di certo non una sorpresa se si pensa alla crescita di Samsung e degli altri brand coreani negli ultimi dieci anni. “Il Country Brand Index - spiega Cristopher Nurko, global chairman FutureBrand - dimostra una volta di più la vitale importanza del ‘Made In’ per la reputazione e il valore percepito di un Paese. In tutto il mondo, i consumatori dimostrano di avere una più alta opinione dei Paesi che mostrano di avere expertise in diverse categorie e in loro riconoscono i Paesi di origine dei brand che amano. Il report dimostra inoltre che la percezione della forza di un brand-Paese è strettamente correlata anche con la sua capacità di innovare, promuovere la tecnologia e tutelare l’ambiente, e non solo con la sua rilevanza politica ed economica. Una realtà che configura un cambiamento nel modo in cui i Paesi daranno forma alla propria reputazione nel futuro a breve”.

Estremismo, migrazione, consumo consapevole Lo studio ha rilevato una crescente preoccupazione in merito all’estremismo che riguarda l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa. La crisi economica, i temi sociali, le intolleranze religiose investono tutto il pianeta, generando ansia e incertezza. Di conseguenza, valori quali ‘libertà’, ‘stabilità’ e ‘sicurezza’ costituiscono parametri quanto mai attuali per giudicare la forza di un brand-Paese. Canada, Svezia, Danimarca e Svizzera sono tra le nazioni a cui vengono assegnati i punteggi più alti in questi campi e ne fanno un benchmark a cui guardare per impostare politiche efficaci per attrarre i flussi turistici. Rilevante per l’indagine è anche il fenomeno delle migrazioni. Secondo le Nazioni Unite, il numero di persone che vive all’estero ha raggiunto i 232 milioni nel 2013, contro i 154 del 1990. Da un lato il dato si spiega con la crescita del potere di acquisto della classe media mondiale, che può spostarsi più facilmente, ma anche con le politiche di cooperazione tra i Paesi per quanto riguarda i flussi migratori in cerca di migliori condizioni di vita. I migranti sono attratti da Paesi che percepiscono come più aperti e tolleranti, i cui sistemi di welfare e istruzione sono più liberali e le

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Nonostante il primato dell’Asia, la top twenty della classifica resta ampiamente presidiata dai Paesi europei, con Svizzera e Germania al secondo e terzo posto, e con una forte presenza di Paesi scandinavi (Svezia al quarto posto, Norvegia al sesto e Finlandia al 13°)

cui infrastrutture sono migliori. In quest’ottica, il Giappone, la Germania e la Svizzera rappresentano le mete ideali insieme agli Usa e la Svezia. Infine la questione del consumo consapevole. Esiste una diffusa preoccupazione che riguarda l’impatto dei nostri stili di consumo sulle risorse del pianeta e sulle disparità di accesso a tali risorse. Le aziende stanno compiendo significativi sforzi per migliorare la trasparenza della propria catena produttiva e i consumatori sono sempre più interessati a ricevere informazioni sulla provenienza e le modalità di produzione dei prodotti che acquistano. Tutto ciò incrementa il valore del Paese di provenienza delle merci e beni, a cui è legato o meno il riconoscimento della qualità, dell’expertise, dell’affidabilità e di altri fattori cruciali a motivare l’acquisto. nc


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GOOGLE SUPERA APPLE E SI RIPRENDE IL MONDO CON UN VALORE DI 159 MILIARDI DI DOLLARI E GRAZIE A UNA CRESCITA DEL 40%, L’AZIENDA STATUNITENSE FONDATA LARRY PAGE E SERGEY BRIN SCAVALCA LA ‘MELA MORSICATA’ (148 MLD, -20%) E CONQUISTA LA VETTA DELLA CLASSIFICA BRANDZ TOP100. LE MARCHE CHE SONO CRESCIUTE DI PIÙ IN TERMINI DI VALORE SONO TENCENT (+97%) E FACEBOOK (+68%). TRA LE NEW ENTRY TWITTER E LINKEDIN.

Google sorpassa Apple e torna a essere la marca che vale di più al mondo nella classifica BrandZ Top100 - Most Valuable Global Brands, grazie a un valore di 159 miliardi di dollari e a una crescita del 40% rispetto all’anno precedente. Dopo aver guidato la classifica per tre anni consecutivi, Apple scivola in seconda posizione, a fronte di una riduzione del 20% valore del proprio brand, pari a 148 miliardi di dollari. Nel complesso, il settore tecnologico continua la sua scalata a livello mondiale, mentre l’Europa domina il comparto del lusso. Giunto al suo nono anno, lo studio BrandZ Top100, commissionato da Wpp e realizzato da Millward Brown, calcola il valore delle marche prendendo in considerazione sia il rigore delle variabili finanziarie, sia le opinioni dei consumatori, raccolte tramite interviste a più di due milioni di persone a livello globale (a differenza della classifica Best Global Brands, stilata da Interbrand, vedi articolo a pag. 8, che considera solo il valore economico dei brand). “Google ha dato prova di grande capacità innovativa - ha affermato Roberto Rossi, innovation marketing director Millward Brown

Italia -, mostrando una forte focalizzazione sull’innovazione ad ampio spettro: si pensi ai Google Glass, agli investimenti in tema di intelligenza artificiale e al proliferare di partnership che hanno visto il sistema operativo Android applicato a prodotti di vario tipo, come automobili o elettrodomestici. Tutte iniziative che comunicano in modo forte e chiaro il ruolo che il brand creato dalla coppia Larry Page e Sergey Brin vuole avere nella vita dei consumatori; e tutto questo in un anno di inconsueta calma in casa Apple”. Le parole finali di Rossi spiegano il calo di Apple. La ‘mela morsicata’ resta ancora oggi un brand dalle performance straordinarie, ma sembra diffondersi tra i consumatori la percezione che il brand non stia proseguendo nella ridefinizione della ‘consumer technology’, come ha mostrato di saper fare in modo eccellente in passato. Percezione indubbiamente rafforzata dall’assenza di significativi lanci di nuovi prodotti. All’insegna della stabilità è invece la performance di Ibm, brand leader nel mondo B2B, che conferma la sua posizione al terzo posto con un valore pari a 108 miliardi di dollari (-4% rispetto all’anno precedente).

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La crisi sta finendo, almeno per le aziende “I numeri che emergono dalla classifica del 2014 evidenziano la fine di un periodo di recessione - afferma David Roth, ceo The Store Wpp -, con una significativa ripresa nella valorizzazione degli asset intangibili delle aziende e, per la prima volta, una crescita reale su tutte le categorie, così come nella classifica complessiva. Soprattutto, è importante evidenziare come sia proprio la marca a poter assumere un ruolo determinante nel guidare la ripresa”. Nel complesso, dalla prima edizione della classifica realizzata nel 2006, il valore complessivo dei brand è quasi raddoppiato. I Top100 valgono oggi 2.900 miliardi di dollari, con una crescita del 49% rispetto al valore del 2008, anno che ha segnato l’inizio della crisi economico-finanziaria globale. La tecnologia continua la sua scalata mondiale Se c’è un settore che più di tutti sta conquistando il mondo è quello della tecnologia. Non solo le prime quattro marche della classifica globale appartengono a questa categoria (Google, Apple, Ibm e Microsoft),


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Source: Valuations include data from BrandZ™, Kantar Retail and Bloomberg. Brand contribution measures the influence of brand alone on earnings, on a scale of 1 to 5, 5 highest

ma anche tra i brand a maggior tasso di crescita rispetto all’anno precedente troviamo un’alta concentrazione di brand che offrono, appunto, servizi tecnologici. La marca che ha ottenuto il più alto incremento di valore è il technology leader cinese Tencent, +97% rispetto al 2013, raggiungendo un valore di 54 miliardi di dollari e la 21° posizione in classifica. Il secondo brand in termini di crescita è Facebook (+68%, 36 miliardi di dollari e 21° posizione). Tra le new entry nella classifica Top100 troviamo inoltre Twitter, che ottiene la 71° posizione (14 miliardi di dollari) e LinkedIn al numero 78 (12 miliardi di dollari). Nel loro insieme, i ‘technology brands’ rappresentano il 29% del valore complessivo della classifica BrandZ Top100. L’Europa domina il lusso, ma è debole sulla tecnologia Il ‘vecchio continente’ si caratterizza per una elevata forza in alcune specifiche categorie,

The Brand Value of Coca-Cola includes Lights, Diets and Zero The Brand Value of Budweiser includes Bud Light

a cominciare dal ‘lusso’, dove otto dei dieci top-brand sono, appunto, europei (spiccano in particolare le performance di Louis Vitton ed Hermès). Altre categorie ad alta presenza di marche europee sono ‘abbigliamento’ (il settore a più alta crescita) con Zara, H&M e Adidas; ‘automotive’ (seconda categoria in termini di crescita complessiva dei Top10) con Bmw, Mercedes e Volkswagen; e ‘telecomunicazioni’ con Deutsche Teelekom, Movistar e Orange. Queste categorie hanno aiutato a sostenere il rilancio di marche già consolidate dell’Europa continentale, tuttavia la il vecchio continente mostra ancora deboli performance nella categoria ‘technology services’ con solo tre marche tra le Top20. Tra le marche europee, sono Ikea e Movistar quelle che hanno registrato il più elevato tasso di crescita in termini di brand value. Il retailer svedese specializzato in arredamento ha visto crescere il valore del proprio brand del 61%, raggiungendo i 19,4 mi-

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Grazie a una crescita del 40% rispetto all’anno precedente, Google torna a essere la marca che vale di più al mondo (159 mld di dollari). Apple scivola in seconda posizione (Fonte: Millward Brown)

liardi di dollari, grazie a un anno che ha mostrato interessanti volumi di vendita in Paesi come Cina, Russia e Usa, dove il brand continua a espandere la sua presenza. Questa ottima performance ha permesso a Ikea di entrare per la prima volta nella Top10 delle marche ‘made in continental Europe’ di maggior valore, oltre a guadagnare 24 posizioni nella classifica globale, raggiungendo così la posizione 50. Quanto a Movistar, brand della iberica Telefonica, grazie a rilevanti operazioni di in-


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Source: Valuations include data from BrandZ™, Kantar Retail and Bloomberg. Brand contribution measures the influence of brand alone on earnings, on a scale of 1 to 5, 5 highest

vestimento in Sud America e a un significativo aumento dei ricavi nel Paese di origine, ha ottenuto un incremento del 56%, raggiungendo il valore di 20,8 miliardi di dollari (classifica globale scalata di 20 posti, oggi 46° posizione). Il brand dell’Europa continentale che vale di più rimane comunque Sap: il gigante dei software B2B mantiene la sua leadership con un valore di 36,4 miliardi di dollari e una crescita del 6%. Mentre Deutsche Telekom (28,8 mld, +20%) ruba il secondo posto a Bmw (25,7 mld) che, pur crescendo del 7%, scivola in quarta posizione, cedendo il passo al gigante del lusso Louis Vuitton (25,9 mld, +14%). Nel complesso, l’Europa continentale (escludendo dunque i brand made in Uk), pur rimanendo una potenza mondiale, con 23 marche presenti nella classifica globale, che rappresentano il 14% del valore complessivo dei Top100, dimostra indubbi segni di sofferenza, restando ancora sotto i livelli del pe-

The Brand Value of Pepsi includes Diets The Brand Value of Red Bull includes sugar-free and Cola

riodo pre-crisi. Nella classifica del 2008 i brand europei erano infatti 28 per un valore complessivo pari al 20% del totale Top100.

L’Europa si caratterizza per un’elevata forza in alcune specifiche categorie, a cominciare dal ‘lusso’, dove otto dei dieci top-brand sono, appunto, europei (Fonte: Millward Brown)

Due concetti chiave Chiudiamo riepilogando tre evidenze emerse con forza dall’indagine. 1. Marche entrate a far parte della nostra vita. Brand di successo come Google, Facebook, Twitter, Tencent e LinkedIn sono percepiti oggi non come semplici strumenti o servizi, ma come elementi centrali delle nostre vite. Queste marche offrono nuove forme di comunicazione che assorbono l’attenzione e l’immaginazione delle persone, contemporaneamente offrendo loro aiuto nel gestire e organizzare la quotidianità. Per conquistare quote sempre maggiori del nostro spazio mentale, marche come Google e Tencent hanno ampliato la propria offerta entrando in nuove categorie. Un trend che caratterizza anche una marca come Ni-

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ke, sempre più capace di andare oltre la categoria del semplice abbigliamento. 2. Uno scopo oltre il profitto. Marche che operano per scopi che vanno oltre l’ultima riga del bilancio hanno oggi maggiori opportunità di avere successo. Per esempio, Pampers, che affronta il tema della salute di mamme e bambini, è oggi in 39° posizione, con una crescita del 10%, raggiungendo un valore di 22 miliardi dollari. Oppure si pensi a Dove, che sta continuato a beneficiare del successo della campagna ‘real women’, ottenendo un valore pari a 4,8 miliardi di nc dollari.



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LA PIÙ DIGITALE È ENI. TRA LE NON QUOTATE VINCE EDISON PER LA PRIMA VOLTA, LA RICERCA WEBRANKING, SPECIALIZZATA NELLA VALUTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE ONLINE DELLE IMPRESE, ALLARGA IL PROPRIO CAMPO DI ANALISI ALLE AZIENDE NON QUOTATE, MOSTRANDO LA LORO ARRETRATEZZA DIGITALE. I PRIMI TRE POSTI VANNO A EDISON, SEA E SACE. IL PODIO DELLE QUOTATE È INVECE COMPOSTO DA ENI, SNAM E TELECOM.

Un panorama di sostanziale arretratezza digitale. Per la prima volta, la ricerca Webranking, realizzata da Lundquist in collaborazione con Comprend (ex Kw Digital), specializzata nella valutazione della comunicazione corporate online, si estende alle aziende non quotate in Borsa, mostrando, in tal modo, tutti i loro limiti digitali. Limiti che oggettivamente sorprendono, visto che le società non quotate hanno sfide e stakeholder simili a quelli delle società presenti sul listino azionario. Per esempio, spiega Joakim Lundquist, fondatore dell’omonima società di consulenza, spesso competono sugli stessi mercati delle quotate e si trovano a gestire situazioni simili, come dover attrarre dipendenti qualificati, mantenere buoni rapporti con la stampa, rendere conto dell’impatto sul territorio e attrarre finanziatori ed eventualmente investitori.

Le 43 aziende non quotate hanno fatto registrare, in media, poco più di un quinto del punteggio massimo (18,3 punti su 80). L’unica a distinguersi è Edison, che ottiene più della metà del punteggio totale

A conferma di una performance complessivamente insufficiente, le 43 aziende non quotate hanno fatto registrare, in media, poco più di un quinto del punteggio massimo raggiungibile (18,3 punti su 80 complessivi). L’unica a distinguersi è la prima classificata, Edison, che ottiene più della metà del punteggio massimo, totalizzando

LE 10 AZIENDE NON QUOTATE CHE COMUNICANO MEGLIO VIA WEB_ITALIA 2014_ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Azienda Edison * Sea Sace Ferrovie dello Stato Wind Sisal Expo 2015 Chiesi Gruppo Menarini Bnl

Punteggio 51 39,5 32,4 28,3 27,2 25,9 25,3 23,5 23,4 23

* Edison è considerata tra le società non quotate, poiché quotata solo con azioni di risparmio.

Fonte: Webranking Italy 2014, aziende non quotate in Borsa

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51 punti su 80. Nettamente distanziate risultano invece sia Sea (secondo gradino del podio con 39,5 punti), sia Sace (bronzo con 32,4 punti). Al quarto posto e al quinto posto troviamo rispettivamente Ferrovie dello Stato (28,3 punti) e Wind (27,2). Completano la ‘top 10’ Sisal (25,9), Expo 2015 (25,3), Chiesi (23,5), Gruppo Menarini (23,4) e Bnl (23). Nel complesso, la ricerca mostra che le aziende non quotate tendono a non utilizzare i canali digitali per creare reputazione e differenziarsi. Nemmeno le società che hanno espresso l’intenzione di collocarsi in Borsa negli ultimi due anni (alcune hanno poi interrotto l’iter di quotazione) hanno ottenuto punteggi significativamente superiori al resto del campione, raggiungendo una media di 21,8 punti rispetto ai 18,3 di tutto il campione. La comunicazione digitale non viene utilizzata da queste società come strumento per creare reputazione in vista di una possibile quotazione, per attirare investitori e per far conoscere l’azienda a un pubblico più ampio. Sono, infatti, proprio le aree relative alle informazioni finanziarie e alla governance ad aver ottenuto i punteggi più bassi.


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Le uniche a distinguersi un po’ sono le società a partecipazione pubblica, che hanno ottenuto un punteggio medio leggermente superiore (24 punti su 80). Tuttavia, tenendo conto che tali società, proprio perché a partecipazione pubblica, sono tenute a una maggiore trasparenza verso i cittadini, possiamo dire che il livello di informazione online rimane ancora basso. A deludere è, in particolare, il made in Italy. Considerando i risultati per settore, le aziende attive nel food e nel fashion non riconoscono il ruolo della comunicazione corporate digitale per differenziarsi sul mercato e ottengono i punteggi più bassi all’interno della ricerca. Ma perché, alla fin fine, le non quotate dovrebbero investire nella comunicazione digitale? Il ragionamento è semplice, sebbene queste aziende non siano tenute agli stessi obblighi informativi delle società quotate, una maggiore trasparenza dimostrerebbe l’abilità di governare la propria reputazione sui canali digitali, poiché permetterebbe di ottenere una più elevata credibilità nei confronti degli stakeholder. Quest’ultima, a sua volta, si tradurrebbe in un migliore accesso al mercato dei capitali, una maggiore fiducia presso i consumatori e una incrementata capacità di attrarre i talenti o di definire i temi chiave in un particolare settore. A risultare deboli, tuttavia, non sono solo le aree legate alle informazioni finanziarie, ossia presentazione risultati, strategia, gestione rischi, ma anche quelle legate alle informazioni sulla sostenibilità e per chi cerca lavoro (employer branding), dove le non quotate competono direttamente con le aziende quotate per attrarre dipendenti e assicurarsi la fiducia dei clienti.

Tra le aziende quotate si conferma vincitrice Eni, con 87 punti su 100. Al secondo posto si colloca Snam (86,3 punti), vincendo anche il titolo di ‘best improver’, come società che ha aumentato maggiormente il proprio punteggio rispetto all’edizione precedente

Viceversa, le aree con le migliori performance, paragonabili a quelle ottenute dalle principali aziende quotate, sono quelle relative al mobile, alla presenza sui social media e alla presentazione dell’azienda (valori, storia, aree di business). Passiamo ora alle società quotate in Borsa. Tra le quotate, la più digitali sono Eni, Snam e Telecom Se la valutazione della comunicazione online delle aziende non quotate rappresenta una novità assoluta per la ricerca Webranking, viceversa il comportamento digitale delle quotate è, da sempre, il principale focus dell’indagine che è giunta alla 18° edizione europea (oltre 800 aziende prese in considerazione) e alla 13° italiana (69 società valutate). A trionfare nell’edizione tricolore delle ricerca è Eni, che si conferma vincitrice con 87 punti su 100. Al secondo posto si colloca Snam (86,3 punti), vincendo anche il titolo di ‘best improver’, come società che ha aumentato maggiormente il proprio punteggio rispetto all’edizione precedente. Telecom Italia, con i suoi 83,3 punti, scende in terza posizione, seguita a stretta vicinanza da Hera, anche quest’ultima sopra quota 80 punti (82,4 per la precisione). Nettamente più distaccate le aziende che occupano le restanti posizioni della ‘top 10’: al quinto posto troviamo Pirelli & C. LE 10 AZIENDE QUOTATE CHE COMUNICANO MEGLIO VIA WEB_ITALIA 2014_ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Azienda Eni Snam Telecom Italia Hera Pirelli & C. Terna Mondadori Generali Ansaldo Sts Piaggio & C.

Punteggio 87,0 86,3 83,3 82,4 65,8 63,6 62,8 62,3 61,0 60,7

Fonte: Webranking Italy 2014, aziende quotate in Borsa

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(65,8 punti), seguita da Terna (63,6), Mondadori (62,8), Generali (62,3), Ansaldo Sts (61) e Piaggio & C. (60,7). In linea con la precedente edizione, considerando 50 punti come soglia per una buona comunicazione digitale, solo 20 delle 69 aziende complessive superano il test. All’altro estremo si collocano altre 20 aziende che occupano la parte bassa della classifica (sotto i 30 punti) e che non presentano i contenuti minimi richiesti dal mercato, rischiando di essere escluse della prossima edizione della ricerca. Nel complesso, si segnala uno sviluppo positivo del campione italiano delle aziende quotate: da una parte molte aziende hanno segnato decisi miglioramenti di punteggio nel corso degli anni, dall’altra la maggior parte dei nuovi siti lanciati rispondono a una logica ‘responsive’, cioè accessibilità attraverso i principali dispositivi, a cominciare dal mobile. Quanto alle ‘matricole’, sono entrate sei neo quotate all’interno di quest’ultima edizione della ricerca. Tuttavia, la performance molto bassa fatta registrare da tali società indica la scarsa considerazione attribuita al sito corporate come strumento per comunicare e attrarre investitori. La sezione ‘investor relations’ è, infatti, quella che ottiene il risultato più basso. Ragionando in termini di tendenze generali, le aziende italiane dimostrano di essere particolarmente carenti nelle aree che riguardano le informazioni sul futuro dell’azienda (strategia, innovazione, rischi) e quelle ‘non finanziarie’, come la sostenibilità e le risorse umane. Tuttavia, rispetto al passato in cui i siti corporate erano un mero copia e incolla di testi del bilancio, si segnala una maggiore attenzione alla creazione di contenuti editoriali per attrarre un pubblico più ampio di utenti (al di là di quelli professionali) e per raccontare l’azienda. Per concludere, possiamo dire che la ricerca Webranking, misurando i fondamentali della comunicazione corporate e finanziaria, e l’apertura al dialogo sui canali digitali rappresenta una sorta di stress test. Fallire il quale significa lasciare il mercato disinformato, rinunciando alla possibilità di nc governare la propria reputazione.


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BRAND 3.0, LA MARCA COME MODO DI ESSERE PER SOPRAVVIVERE AI CAMBIAMENTI, I BRAND DEVONO EVOLVERE VERSO UNO STADIO DI SVILUPPO COERENTE CON IL MODO DI FARE BUSINESS OGGI. NON POSSONO LIMITARSI A IDENTIFICARE UNA PROPRIETÀ O A CONFIGURARSI COME UN SIGILLO DI GARANZIA, DEVONO PIUTTOSTO RAPPRESENTARE UN MODO DI ESSERE, DOTANDOSI DI UNA PERSONALITÀ AUTONOMA, SVINCOLATA DAL PRODOTTO E CAPACE DI PRESIDIARE LA SFERA INCONSCIA ED EMOTIVA.

Perché i brand sono importanti per il business? E soprattutto, come deve essere una marca oggi? “Nonostante i forti cambiamenti in atto - spiega Gaetano Grizzanti, professore di branding, nonché ceo e brand strategy director di Univisual - il brand, all’interno del sistema aziendale, continua a essere considerato solo negli ambiti del marketing e della comunicazione”. Si tratta di un errore o quantomeno di una visione strategica anacronistica. Il brand, precisa Grizzanti, dovrebbe coinvolgere soprattutto l’area finanziaria e gli ideatori della proposta commerciale, perché oggi deve essere contemplato come il primo vero prodotto da vendere. Al pari della psicanalisi o della psicologia, anch’esse spesso considerate ‘deboli’ dal

punto di vista scientifico, il branding si configura come una disciplina specifica fondata sull’inconscio. “È infatti proprio il lato irrazionale della menta umana - spiega il ceo Univisual - che ci fa prendere la stragrande maggioranza delle nostre decisioni; ma, dopo aver effettuato la scelta, abbiamo inconsciamente bisogno di motivarla con ragionamenti logici consapevoli. Da alcune ricer-

I brand ‘primitivi’ esprimono una scarsa personalità e tendono a descrivere l’attività merceologica di ciò che marcano o un plus funzionale del prodotto. Al contrario, i brand ‘evoluti’ devono identificare un modo di essere, presidiando un ‘territorio mentale’ in modo emozionale

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che sulla Risonanza Magnetica Funzionale (Fmri - Functional Magnetic Resonance Imaging, ndr), emerge che il 90% delle decisioni sono irrazionali e non del tutto consapevoli”. In virtù di questo processo possiamo arrivare a confermare a noi stessi la bontà di un determinato acquisto, ritenendo migliore quel prodotto o servizio, rispetto a un altro, anche se in realtà non lo è.


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STATUS

SENSO

SINTONIA

Brand 1.0 Appartenenza e fedeltà a uno stile di vita

Brand 2.0 Sensazione derivata dal benefit del prodotto

Brand 3.0 Emozione legata a un ideale che prescinde dal prodotto

L’errore di fondo, in questo caso, consiste nel legare più del dovuto il prodotto e l’azienda al brand. “Una norma del branding - aggiunge Grizzanti - è quindi che il prodotto e l’azienda non devono essere, apparentemente o razionalmente, direttamente proporzionali alla marca. È questo l’aspetto più difficile da comprendere da parte delle aziende. Difficile perché si tratta di un cambiamento della cultura d’impresa, oppure perché parliamo di un asset complicato da quantificare finanziariamente”. Qual è dunque il compito di un brand? “Nessuna azienda - spiega il professore attribuisce una funzione operativa al brand, che dovrebbe invece essere visto come una risorsa, come qualsiasi altro asset. Il brand va considerato come un collaboratore o un partner, gli deve essere affidato un ruolo e un set di compiti, proprio come alle persone. Ma il compito del brand non può e non deve essere quello che si affida a una risorsa umana, né quello assunto dal prodotto o dal marketing. Né tantomeno può esse-

I brand, per sopravvivere ai cambiamenti del mercato, devono dotarsi di una personalità autonoma, svincolandosi dal prodotto, dalle tendenze, dai valori aziendali e dai fenomeni sociali

re solo quello di identificare e rendere riconoscibile l’emittente rappresentato, considerate ormai funzioni intrinseche. Senza contare che, automaticamente, anche quando al brand non si attribuisce in modo ponderato un compito, esso, per sua natura, fa sempre il suo corso, occupando in modo inesorabile uno spazio preciso nella mente del pubblico. In questo caso, però, senza nessun controllo da parte del detentore. Pertanto, definire il compito funzionale del brand è una necessità imprescindibile e non una mera opzione”. Per rendere l’idea dello stadio evolutivo dei brand, Grizzanti spiega come le funzioni dei primi brand fossero quelle identificare e rendere riconoscibile la proprietà e di descrivere l’attività merceologica di ciò che rappresentano. Oggi questo non basta, è necessario anche evocare un modo di essere. Un brand, per sopravvivere ai cambiamenti del mercato e dei consumi, deve dotarsi di una personalità autonoma, svincolandosi paradossalmente dal prodotto, dalle tendenze, dai valori aziendali e dai fenomeni sociali. “Per distinguersi dai competitor - spiega Grizzanti - il brand deve quindi incarnare un ideale, presidiando la sfera inconscia ed emotiva delle persone. Questo perché un brand fa parte della vita di un individuo, come un amico che la pensa allo stesso modo, anche se non su ogni cosa”.

AUTONOMIA DEL BRAND Svincolato dal prodotto

Svincolato dalle tendenze

Svincolato dai valori d’impresa

Svincolato dai fenomeni sociali

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Per distinguersi dai competitor, la marca deve incarnare un ideale, presidiando la sfera inconscia ed emotiva delle persone, evolvendo in un Brand 3.0

Arriviamo così a quelli che Grizzanti definisce i paradigmi del brand moderno, classificando quest’ultimo in tre livelli: il Brand 1.0 / Status indica l’appartenenza a uno stile di vita subordinato al prodotto; il Brand 2.0 / Senso ha a che vedere con l’emozione derivata dal benefit d’uso del prodotto; il Brand 3.0 / Sintonia rappresenta il legame stimolato da un ideale umano slegato dal prodotto. “Ancora oggi - spiega il ceo di Univisual esistono brand che soddisfano solo il livello base del suo essere, quello dello Status. In questi casi è difficile separare la marca dal prodotto, che si sovrappongono perfettamente: il prodotto è di lusso, quindi il brand è esclusivo. Poi ci sono i brand più evoluti che hanno compreso l’opportunità di occupare il mondo delle sensazioni: si può essere esclusivi anche se il prodotto non è costoso. In questi casi è difficile individuare sensazioni non derivate dalle caratteristiche del prodotto. È infatti complicato ottenere una unicità di marca quando, per esempio, si punta sul profumo di un detersivo per pavimenti, o sul piacere di guidare un’automobile, perché si rischia che brand concorrenti vengano confusi tra loro, generando vantaggi per i competitor. L’unica possibilità, quindi, è scegliere un aspetto emozionale e inerente alla natura umana, perché applicabile globalmente e indipendente dalle variabili sociali e culturali. Significa rendere il brand un mezzo per divulgare un credo che possa coinvolgere la maggior parte del target, creando una sintonia di pensiero, senza per questo essere vittima di una proposta commerciale. Essere coerenti a un ‘credo di marca’ scollegato dal prodotto/azienda non allontana dagli obiettivi di business. Consente, invece, di individuare un proprio ruolo nella società, entrando nella vita reale delle persone, che poi assoceranno positivamente il brand a ciò che propone. Questo non solo per fiducia e qualità, ma per affinità interiore”. nc


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ARTEFICE, NON C’È BRANDING SENZA ‘KNOWOW’ CREARE SISTEMI DI COMUNICAZIONE UNICI E COINVOLGENTI, IN GRADO DI INSTAURARE UNA RELAZIONE ESPERIENZIALE CON LA MARCA. L’APPROCCIO DELL’AGENZIA SI CONCRETIZZA NEL PLASMARE LA CREATIVITÀ SULL’IDENTITÀ E I VALORI DEL BRAND. L’EVENTO CHIAVE, L’EFFETTO ‘WOW’, RIMANDA ALLO SCARTO CREATIVO INATTESO CHE DETERMINA LA MEMORABILITÀ DELLA COMUNICAZIONE. DI MARIO GARAFFA

Il primo passo per una corretta operazione di ‘brand communication’ è l’individuazione e comprensione dei tratti distintivi della marca, per la definizione di un’identità forte, univocamente riconoscibile, che assicuri una sorta di resilienza nei suoi percorsi di narrazione, cioè di capacità di adattamento ai diversi media e scenari di comunicazione. A dirlo è Francesco Mastro, partner e managing director Artefice Group, che aggiunge: “È essenziale una piena conoscenza del contesto di riferimento, sia dal punto di vista dei competitor sia dell’audience, per pianificare una strategia di comunicazione efficace, in grado di raggiungere gli obiettivi prestabiliti.

L’elemento differenziante è dato poi dalla veicolazione di contenuti originali, che stimolino gli interlocutori con un percorso narrativo coinvolgente e chiaramente identificabile. L’unicità dell’identità di marca deve trasparire in maniera univoca attraverso ogni forma di comunicazione, e la creatività, in questo senso, è la chiave di volta per alimentare l’empatia tra brand e interlocutore”.

A seguito dell’evoluzione tecnologica, della rivoluzione digitale e dei cambiamenti nel comportamento dei consumatori, in che direzione sta evolvendo la brand communication? La rivoluzione digitale ha svolto un ruolo fondamentale nel modificare il rapporto tra brand e interlocutori. È una realtà in continua evoluzione, che richiede flessibilità e integrazione strategica di strumenti e media differenti. Bisogna curare luoghi e modalità d’interazione in relazione al contenuto, per renderlo interessante e significativo agli occhi delle persone a cui si vuole comunicare. Non dimentichiamoci che, di fronte a uno smartphone o a un tablet, il consumatore sceglie se e cosa approfondire, con chi e come interagire. Quali strategie adottare per far spiccare la marca all’interno dei punti vendita? Qual è il legame tra brand communication ed experiential marketing? Brand experience significa creare un legame tra il brand e le persone, in grado di influire sulle future scelte e preferenze d’acquisto. Ancor più importante, un’esperien-

Francesco Mastro, partner e managing director Artefice Group

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za d’acquisto unica e memorabile ha la potenzialità di rendere più efficace la comunicazione della marca, accrescere l’interesse da parte dei consumatori e generare un importante processo di engagement. In questo, la centralità del punto vendita gioca un ruolo ancora di assoluta importanza, accresciuto dal vissuto dei mall come luoghi di aggregazione, dai quali ci si aspetta la proposta di percorsi avvincenti e innovativi. Ripercorrendo brevemente la storia di Artefice Group, può definire gli elementi centrali della vostra mission? Artefice Group è una realtà indipendente composta da cinque società con esperienze, unicità e competenza specifiche. Fin dal 1996 si occupa di trovare soluzioni innovative e creative per la comunicazione di marca, consapevole che una comunicazione efficace si ha solo attraverso l’individuazione di codici e territori valoriali con-

divisi tra brand e consumatori. Il Gruppo si è evoluto insieme ai cambiamenti avvenuti nel mondo della comunicazione e nella moltiplicazione continua dei punti di contatto tra marca, azienda, prodotti, consumatori e persone. La nostra mission è identificare soluzioni innovative e creative per il brand, il packaging e la comunicazione digitale. Cosa rende ‘diversa’ la società per cui lavora rispetto ai concorrenti? Quali sono i servizi distintivi e il know-how professionale che offrite ai vostri clienti? Ci proponiamo di creare sistemi di comunicazione unici e coinvolgenti, in grado di instaurare una vera relazione esperienziale con la marca. Seguiamo il cliente nelle diverse fasi del processo, che vanno dalla generazione delle idee fino alla loro realizzazione. Pensiamo, progettiamo, sviluppiamo e realizziamo idee che vanno oltre l’ovvio. Il nostro approccio parte dalla comprensione e interpretazione delle esigenze dei clienti e dei mercati, e si concretizza nel plasmare la creatività sull’identità e i valori della marca. È quello che chiamiamo ‘Branding KnoWow’: guardiamo le cose da più angolazioni dando senso, corpo, struttura ed emozioni alle singole parti, senza mai dimenticare la visione d’insieme. La relazione tra cinque società diverse, ciascuna con una propria specificità e competenza, ma strutturate per mettere in relazione le proprie creatività, ci consente di condividere approcci il cui valore reciproco fa scaturire l’effetto ‘Wow’, lo scar-

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Artefice Group ha firmato per Perugina il rinnovamento delle visual identity dei brand Baci Perugina, Tablò, Cacao Perugina e Perugina Nero

to creativo inatteso che determina la memorabilità della comunicazione e l’affermazione dei valori del brand. Per concludere, ci descrive una vostra recente case history? Nell’anno appena trascorso, ci siamo occupati del rinnovamento delle visual identity dei brand Perugina, traducendo il loro riposizionamento in altrettanti coerenti sistemi di comunicazione. Per ogni marchio si è puntato a esprimere al meglio la personalità in una ottica di differenziazione, volta a presidiare i segmenti del mercato e rispondere alle richieste del target. Da Tablò, interprete del segmento mainstream per il mondo tavolette, passando per Perugina Nero, il fondente premium, per approcciare la fascia delle specialità, che ha visto la nascita della linea di tavolette ‘Perugina le Ricette Creative’. Baci Perugina, con il nuovo format studiato, mantiene inalterate le promesse di marca e si predispone a innovazioni e declinazioni di gusto. Per Cacao Perugina, oltre alla ridefinizione del system pack, abbiamo reso il prodotto capostipite di una linea che comprende materie prime e preparati dedicati a specifiche tipologie dolciarie. nc


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CABIRIA, LA CREATIVITÀ CHE RUGGISCE NELLA GIUNGLA DEI MERCATI, I BRAND DEVONO AVERE LA FORZA E L’AGILITÀ DI UNA TIGRE. MA NON UNA QUALSIASI: SERVE UNA TIGRE IN ‘GIACCA E CRAVATTA’, ELEMENTO DISTINTIVO DELLA VISUAL IDENTITY DELL’AGENZIA, CHE UNISCE ISTINTO CREATIVO E UN SERVIZIO PUNTUALE ED EFFICIENTE. COME NEL CASO DI ALLIANZ1, LA NUOVA SOLUZIONE CHE HA INTRODOTTO LA ‘FRUIZIONE DI IMPULSO’ DEI PRODOTTI ASSICURATIVI SU TOTEM PERSONALIZZATI. DI PIETRO PALMA

Ogni cliente è unico così come lo sono la sua storia e il suo percorso. Per essere allineato allo spirito del tempo, un brand dovrebbe avere come obiettivo primo il dialogo con la sua audience, facendo leva su una dimensione narrativa multicanale ben orchestrata, che risponde al brand e ai suoi obiettivi strategici. È a partire da questo concetto che Cabiria BrandUniverse elabora delle strategie di brand communication efficaci e tagliate su misura in funzione delle esigenze del singolo cliente. Ne parliamo con Valeria Raffa, partner vice president, direttore strategico e creativo Cabiria BrandUniverse.

Che peso hanno e che ruolo svolgono, nell’ambito di una corretta operazione di brand communication, la creatività, l’identità di marca e la valorizzazione del brand come asset strategico ‘differenziante’? La creatività, intesa come energia che ali-

Valeria Raffa, partner vice president, direttore strategico e creativo Cabiria BrandUniverse

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menta idee e progetti, è un concetto troppo ampio da poter essere associato a un ruolo in particolare, ha piuttosto un carattere simile alla viralità. Non si può negare che la creatività sia un ingrediente chiave della brand communication, ma da sola non basta. L’identità di marca contemporanea è vincente se ben ancorata al suo marchio come simbolo di una brand promise, un ‘signage’ che sintetizza visivamente un mondo di valori e cultura. Mi viene sempre in mente lo swoosh di Nike, così radicato da poter essere interpretato in mille modi pur rimanendo associato a un mondo che è suo, ma anche nostro, perché Nike è un eroe così ‘pop’ da appartenere a tutti. In questo contesto, il ruolo di un brand è quello di generare valore: per chi lo ha creato, per chi lo gestisce e chi lo alimenta. Se coltivato con passione, sincerità e impegno può diventare un asset strategico per un’azienda, ma deve continuare a sviluppare con costanza le sue dimensioni di marca: fisica e quindi visiva, di salienza, culturale, relazionale e sostenibile.


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Come viene declinata oggi la brand communication in chiave digitale? La comunicazione di marca oggi è ‘boundless’: si muove con noi, ovunque. Pensata a misura d’uomo ha una forte componente antropocentrica, progettata da noi professionisti, ma anche interpretata e nutrita dalle persone. È importante che racconti e condivida la sua storia. Questa è la vera chiave di volta, quella che ha la capacità di attrarre e trattenere il suo pubblico. Oggi il termine ‘consumatore’ è superato in favore di ‘persona’ e la tecnologia è diventata calda: Apple lo sapeva già anni fa e per questo ha creato strumenti pensati per l’uomo. Tenendo conto che la Csr non va solo dichiarata, ma anche praticata (e viceversa), come si approccia la sostenibilità in termini efficaci? Una marca ben costruita non può prescindere dalla sua dimensione etica, di responsabilità nei confronti degli altri e del territorio. Se un brand è seriamente impegnato lo deve comunicare o meglio ancora narrare, perché i comportamenti responsabili e virtuosi sono una componente forte di goodwill e reputation, possono farci cambiare opinione nei confronti di una marca. Se si usa la propria visione green come leva di comunicazione è però importante supportarla con azioni concrete e modulate, basandosi sui valori della trasparenza, concretezza e sincerità. Retail e branding, quali strategie adotta-

te per far spiccare la marca all’interno dei punti vendita? Il punto vendita è l’emanazione fisica ma anche virtuale - considerato l’online - di un brand, è un canale/contenitore che miscela la marca e le persone. Il punto vendita non ha solo la funzione di rendere disponibile un prodotto o un servizio, ma deve intrattenerci, avvolgerci e alimentare le ‘retail community’. I brand con una forte salienza innescano, attraverso il punto vendita e in particolare i flagship, quello che definisco l’effetto souvenir: un impulso che agisce sul nostro sistema limbico, toccando le corde affettive di ognuno, perché un brand ‘esperito’ in un luogo progettato a sua immagine stimola a portarne a casa un ricordo, un feticcio, che è poi il prodotto che acquistiamo. Soffermiamoci su Cabiria. Può descrivere gli elementi centrali del vostro posizionamento? Cabiria BrandUniverse è nata nel 2009 con il riposizionamento di Governance adv. La vocazione di Cabiria è stata sin dall’inizio quella di posizionarsi nell’ambito del branding, dal quale provenivo, offrendo alta competenza creativa unitamente a un servizio dedicato al cliente. Cosa rende ‘diversa’ Cabiria rispetto ai concorrenti? L’agilità e il focus. Come la tigre del nostro marchio sin dalla nascita ci siamo posti come obiettivo quello di creare e agire in maniera dinamica e mirata.

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Cabiria BrandUniverse ha supportato Allianz nel lancio della nuova soluzione assicurativa Allianz1. L’obiettivo primario era comunicare l’accessibilità al servizio, mantenendo fermi i punti di forza del brand, quali statura e leadership

A ciò si aggiunge la capacità di dirigere e progettare la comunicazione di marca a livello multicanale, avvalendoci della sinergia di esperti in ambito corporate, social e video storytelling, grazie alla collaborazione con le consociate Lifonti&Company e Social Content Factory, che arricchiscono il bouquet della nostra offerta. Ci descrive una case history particolarmente rappresentativa del vostro modus operandi? Nel 2013, Allianz Italia ha lanciato una nuova soluzione assicurativa, un’offerta modulare composta da 13 prodotti, da sottoscrivere in formato abbonamento: Allianz1. L’obiettivo primario era comunicare l’accessibilità dei prodotti Allianz1, mantenendo fermi i punti di forza del brand, quali statura e leadership. Si trattava quindi di creare il ‘packaging’, i contenuti e la comunicazione dei prodotti disponibili in agenzia. La comunicazione Btl è stata incentrata sulla facilità di fruizione del prodotto, ispirandosi alle ricariche telefoniche nei supermercati. Questa idea ha rivoluzionato l’esperienza del cliente in agenzia, grazie alla ‘fruizione di impulso’ dei prodotti su totem personalizzati unita alla consulenza dell’agente. nc


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INAREA, QUANDO LA SFIDA ENTUSIASMA NATA 35 ANNI FA COME ‘AVVENTURA IN SOLITARIA’ DEL SUO FONDATORE, ANTONIO ROMANO, LA SOCIETÀ HA AGGREGATO NEL TEMPO PERSONE E PROFESSIONALITÀ, EVOLVENDO, MA MANTENENDO STILE E VALORI ORIGINARI. I SUOI PUNTI DI FORZA? LA CAPACITÀ DI INTEGRARE, CON PASSIONE, IDEE ED ESPERIENZE DIVERSE ALL’INTERNO DI UN UNICO UNIVERSO E SAPER COSTRUIRE, INSIEME AL CLIENTE, PROGETTI DINAMICI IN GRADO DI DISEGNARNE E VALORIZZARNE L’IDENTITÀ. DI FRANCESCA FIORENTINO

“Il sogno che ha dato vita a Inarea è stato quello di progettare ‘dal cucchiaio alla città’, prospettiva che, nel tempo, le ha permesso di affinare approccio e metodo di progetto: qualunque sia l’ambito di intervento, leggere i fenomeni nella loro complessità e rappresentarli con semplicità. È un punto di vista che nasce dalla capacità di integrare idee ed esperienze diverse all’interno di un unico universo”, così Eduardo Salierno introduce i valori che da sempre ispirano la realtà di cui è responsabile strategia e sviluppo. Oggi, Inarea è una comunità di professionisti che unisce design, strategia, comunicazione, architettura, tecnologia, formazione, innovazione, accompagnando il cambiamento di organizzazioni, istituzioni, imprese, prodotti, servizi, territori, spazi fisici e di-

gitali, disegnandone e valorizzandone l’identità. “Credo - precisa Salierno - che i nostri principali tratti distintivi siano nella capacità di definire linguaggi unici e nello stile del servizio, che ha trasformato la maggior parte dei nostri clienti in partner progettuali. Questo ha un’evidenza straordinaria nei risultati, che sono spesso il frutto di un know-how multidisciplinare e della varietà di punti di vista messi in campo”.

Come progettare una brand communication efficace? Il vero elemento immancabile è alla fonte ed è la cultura del progetto: il saper costruire un percorso da fare insieme al cliente, attraverso un approccio in grado di individuare soluzioni sistemiche. In questo percorso, la creatività è il modo per cambiare punto di vista e definire legami nuovi tra contenuti ed espressioni di un brand; l’identità è il racconto in sintesi di questi legami; il valore differenziante e strategico del brand è l’effetto della costruzione di un buon percorso progettuale e funziona se è chiaramente riconosciuto dai pubblici con cui un brand dialoga. Il digitale amplia gli orizzonti e le possibilità della brand communication. In che direzione si sta andando? Si dice che il brand sia reputazione e oggi la reputazione si costruisce anche grazie ai contributi di chi un brand lo ‘usa’ e lo vive. Sono processi su cui non è possibile avere il controllo, ma che portano a cercare forme di relazione e dialogo che partono proprio dai valori e dai contenuti di

Eduardo Salierno, responsabile strategia e sviluppo Inarea

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cui un marchio è portatore. Il digitale offre notevoli opportunità espressive e discorsive che il brand ha l’obbligo di tenere in considerazione, in chiave di visibilità, ma, soprattutto, di profondità di rapporto con i suoi pubblici. Come tradurre la Csr in una risorsa per il brand? Il proprio modo di essere e di fare impresa non può non essere letto secondo un punto di vista che guarda alla relazione tra persona, società e ambiente. Si tratta di costruirne un racconto autentico che valorizzi la capacità di proporre e far comprendere come si viva questa consapevolezza, più che colorare di verde il proprio sito web o sottolineare le eventuali certificazioni. Brand communication e retail, come far spiccare la marca all’interno dei punti vendita? Il brand trova nel retail la dimensione fisica e materica, e la costruzione di uno spazio fisico coerente con lo spirito di una marca è la traduzione tridimensionale del modo di intendere la relazione con il pubblico. La marca ha, innanzitutto, una valore ‘preesperienziale’, proprio per il suo essere riconducibile al concetto di reputazione, per cui, il cosiddetto experiential marketing, deve far sì che le aspettative vengano soddisfatte. Il retail è per noi un settore in decisa crescita, in cui possiamo annoverare interventi importanti. Tra tutti, la realizzazione della rete di negozi Enel, immaginati per essere uno straordinario punto di contatto

con il pubblico, in cui l’esperienza di fruizione diventa, appunto, una conferma di quanto la marca ‘promette’ nella dimensione di pre-experience. Ci descrive alcune case history, particolarmente rappresentative del vostro modus operandi? Vorrei citare tre lavori. Nel caso di Salini Impregilo, con cui abbiamo iniziato a lavorare nel 2013, l’obiettivo è stato quello di creare un world class brand nel campo delle infrastrutture complesse, che valorizzasse sia il vissuto storico delle parent company, sia l’idea di futuro del nuovo soggetto. È facile immaginare come una realtà di 32mila dipendenti abbia esigenza di percepire chiaramente il nuovo orizzonte, per cui dal brand siamo passati alla progettazione di una nuova intranet, in chiave social, tuttora in fase di realizzazione. Con il Milan, sempre dal 2013, abbiamo costruito un percorso che, a partire dall’araldica calcistica, ci ha portato a dare tangibilità a un mondo di passioni e sfide, che da sempre caratterizza l’identità del club e del brand. Un progetto che ha visto nell’apertura di Casa Milan una delle prime applicazioni. Insieme alla Fondazione Maxxi abbiamo dato vita a un progetto di ‘brand aperto’, che vuole sottolineare come il museo non sia solo uno spazio statico, ma un contenitore che contribuisce a generare contenuti. Per questo, è stata definita un’identità che supera la logica del ‘marchio-firma’, per diventare racconto e relazione attraverso un linguaggio dinamico, che nel tem-

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Tra i progetti più recenti e ancora in corso di Inarea spiccano la nuova identità del Gruppo Salini Impregilo, l’identità del Museo Maxxi e il nuovo brand di Casa Milan

po potrà arricchirsi sempre di nuovi contributi, anche da parte degli utenti. Facciamo il punto sulle novità della società. Quali sono i principali successi del 2014 e quali gli obiettivi e i piani di sviluppo per il 2015? In un periodo non facile siamo riusciti, stando ai primi numeri, a realizzare un incremento di fatturato sul 2013 di oltre dieci punti percentuali. Un dato incoraggiante che speriamo di confermare per il futuro, visti i cambiamenti in programma. Dopo 26 anni a Milano, infatti, ci allarghiamo e cambiamo sede. Andremo in uno spazio più grande, che rappresenta anche un allargamento dei nostri orizzonti, aperti ancora di più alle partnership e alle sperimentazioni. Il 2014 ha visto lo sviluppo di progetti di natura più aggregativa e meno standard. Un paradigma dominante, dal momento che la linearità progettuale è stata sostituita da una complessità crescente: è il senso stesso di storytelling in sé che non è lineare e, poiché costruiamo narrazioni, questo si riverbera anche nel modo di costruirle. Resta il senso della sfida, aumenta di sicuro l’entusiasmo nell’affrontarla. nc


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LANDOR, AGILMENTE CREATIVI FONDATA NEL 1941 DA WALTER LANDOR, UNO DEI PADRI DEL BRANDING, OGGI È UN GRUPPO DI OLTRE 800 PROFESSIONISTI, DISTRIBUITI IN 28 UFFICI IN TUTTO IL MONDO, IN GRADO DI FORNIRE CONSULENZA STRATEGICA IN TEMA DI BRAND E DESIGN. L’OBIETTIVO DELLA ‘ONE COMPANY’ PER IL FUTURO? FAR CRESCERE I CLIENTI GRAZIE AL NUOVO APPROCCIO ‘AGILE’ DI GESTIONE E DI SVILUPPO DELLA MARCA NELL’ERA DIGITALE. DI MARINA BELLANTONI

“Oggi - racconta Antonio Marazza, general manager Landor Milano -, stiamo affrontando un importante momento evolutivo: vogliamo essere sempre più in grado di aiutare i clienti a usare la marca come leva strategica, attraverso un approccio innovativo e metodologie sempre più ‘agili’ e veloci, perfettamente adeguate alle sfide dell’era digitale”. Un punto di forza dell’agenzia è certamente l’essere una ‘one company’. Non essere cresciuta per acquisizioni, le consente di avere un gruppo omogeneo di professionisti che condividono la stessa filosofia, le stesse metodologie e lo stesso knowhow, che possono essere combinati in qualsiasi momento e Paese a vantaggio del cliente. “Soprattutto in Italia - precisa Marazza -, un punto chiave è la nostra capacità di adattare l’approccio Landor alle esigenze di clienti che qualche volta sono leader globali, ma spesso hanno un orizzonte nazionale”.

Quali sono gli elementi immancabili in una corretta operazione di brand communication? La brand communication ruota attorno a due criteri fondamentali: il senso e la funzionalità. La marca deve esprimere un significato preciso e differenziante raccontan-

do una storia emozionante, ma deve farlo in modo efficace ed efficiente, attraverso un sistema coerente, organizzato e interconnesso, facile da interpretare e da applicare. La creatività deve quindi esprimersi in funzione di questi obiettivi. Come viene declinata oggi la brand communication in chiave digitale? Nell’era digitale emergono tre fattori fondamentali nella costruzione della marca. Il primo è un forte ancoraggio alla catena del valore: che tipo di contributo e di valore la marca vuole proporre ai suoi consumatori e in che modo intende ottenerlo. Il secondo è la precisa definizione delle tappe dell’esperienza attraverso la quale il consumatore viene attratto, acquisisce e fruisce di questo valore. Il terzo è la costruzione di una narrativa di marca che non è più la somma di media e messaggi diversi, ma un vero e proprio dialogo corale a cui devono poter partecipare i consumatori stessi. Il tutto tende a modificare il sistema della brand communication che siamo abituati a conoscere, ma si tratta di un passaggio ineludibile che stanno vivendo quasi tutti i settori.

Antonio Marazza, general manager Landor Milano

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E per quanto riguarda la Csr? La Csr sta rapidamente lasciando spazio a un concetto di ‘shared value’: l’azienda, e quindi la marca, è vista come un soggetto a cui si chiede di creare, attraverso le proprie competenze, sia valore per sé che valore per la comunità. Il tema non è più quello del mecenatismo o della compensazione di eventuali effetti negativi della produzione, ma la misurazione precisa del contributo che l’azienda è in grado di fornire in termini di sviluppo, progresso, occupazione, innovazione, cultura. Se prima la marca era un po’ fuori dai giochi, e le attività ‘social’ tendevano a rimanere nascoste, ora le aziende si stanno rendendo conto che dare visibilità e rilevanza alla creazione di valore condiviso è uno straordinario veicolo di brand building e ci chiedono, sempre più spesso, di collaborare anche da questo punto di vista: siamo nell’era della Brand Social Responsibility. Quali strategie adottare per far spiccare la marca all’interno dei punti vendita? In primo luogo, l’impatto della rivoluzione digitale è perfettamente evidente anche da questo punto di vista: l’acquisto non avviene più solo in negozio, ma anche attraverso le piattaforme commerciali online; in secondo luogo, le informazioni accessibili attraverso lo smartphone influenzano sempre più spesso la decisione del consumatore anche direttamente sul punto vendita. Tuttavia l’esperienza diretta rimane proba-

bilmente il mezzo emotivamente più impattante. Come conseguenza, nella valutazione dei risultati di un punto vendita deve essere considerato anche il contributo alla costruzione della immagine di marca, e l’esperienza del consumatore deve essere strettamente connessa e allineata a quella disponibile online. Ci descrive una vostra recente case history, rappresentativa del vostro modus operandi? La varietà dei progetti che seguiamo è veramente notevole, spaziando dalla consulenza pura su temi di Brand Social Responsibility per marche globali a interventi di packaging per marche locali, un caso interessante è il recente re-branding di Saiagricola, un gruppo di cantine nel centro Italia acquisito da Unipol all’interno del portafoglio di attività Sai. Circa quindici mesi fa, il cliente ci ha chiesto di creare un brand unico, radicato nella tradizione, ma in grado di diventare rapidamente un importante player globale, intercettando tanto quei giovani adulti che conoscono già il vino di qualità, quanto quei consumatori che si avvicinano anche nei Paesi emergenti a questo mondo con curiosità e passione. L’intervento di Landor si è articolato nella definizione del posizionamento di marca, della brand architecture, del naming e nel design del sistema di identità dell’intera gamma, degli strumenti promozionali e dello stand fieri-

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Il nuovo look di Tenute del Cerro. Oltre al packaging di prodotto, il look&feel è stato esteso ad altri punti di contatto con il consumatore, dal company profile allo stand, fino ai materiali di comunicazione

stico. Oggi continuiamo a lavorare su nuove referenze, come il Manero, concepito per attirare i target più giovani, mentre Tenute del Cerro, il nuovo masterbrand della gamma, dopo la presentazione all’ultimo Vinitaly sta iniziando a mietere i primi significativi successi. Siamo, inoltre, orgogliosi che questo progetto sia stato selezionato tra i 250 migliori lavori creativi del 2014 tra tutte le agenzie del mondo WPP. Facciamo il punto sulle novità della vostra società. Quali sono i principali successi del 2014 e quali gli obiettivi e i piani di sviluppo per il 2015? A dispetto della situazione economica non certo florida, a un eccellente 2013 ha fatto seguito un fantastico 2014, con una crescita del fatturato a doppia cifra e l’acquisizione di una serie di clienti che ci permettono di guardare al 2015 con ottimismo. Quest’anno ci proponiamo soprattutto di portare, a quanti più clienti possibile, il nostro nuovo approccio ‘agile’ di gestione e di sviluppo della marca nell’era digitale, aiunc tandoli a crescere.


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REVERSE INNOVATION, QUATTRO REGOLE PER UN BRANDING DINAMICO E SU MISURA CAPIRE A FONDO LA NATURA DEL BRAND E LA SUA COLLOCAZIONE, INDIVIDUARE CHE COSA SERVE PER SVILUPPARLO, PENSARE IN MANIERA NON CONVENZIONALE ALLE SOLUZIONI, E ASCOLTARE ATTENTAMENTE I FEEDBACK DEI CLIENTI PER SVILUPPARE UNA SOLUZIONE SU MISURA PER LORO. SONO QUESTE LE LEVE MESSE IN ATTO, IN OGNI PROGETTO, DALLA BOUTIQUE DESIGN AGENCY. DI MARIO GARAFFA

“Nel branding, proprio come nella vita, è indispensabile mantenere un equilibrio dinamico, sospeso fra coerenza e personalità. La ricerca di elementi di differenziazione è largamente sopravvalutata: molti brand sono così tesi verso una dimensione di ‘originalità a tutti i costi’ da finire per dimenticare se stessi. Tuttavia non mancano nemmeno i casi di brand divenuti talmente monolitici da non riservare più neanche un guizzo di sorpresa ai propri clienti”. È a partire da questo spunto che si apre la nostra conversazione con Mirco Onesti, founding partner Reverse Innovation (www.reverseinnovation.com), il quale aggiunge: “Creatività, identità e valorizzazione del marchio devono essere perfettamente bilanciati, e l’unico modo per creare una miscela perfetta è una dimensione di ascolto del consumatore e di studio attento del mercato e delle sue esigenze”.

Quale strategia occorre mettere in pratica per facilitare lo sviluppo di un brand? Per far crescere un brand è indispensabile avere una conoscenza approfondita non solo del mercato e dei competitor, ma anche e soprattutto del proprio target: il consu-

matore è sempre più al centro del brand, ne va a costituire l’anima e il cuore pulsante. Ogni identità creativa sviluppata ‘in apnea’ è uno sterile esercizio di branding. Creare è fondamentale, ma prima della creatività deve venire l’ascolto: solo così si può creare una strategia davvero completa ed efficace. In che modo la diffusione delle tecnologie digitali sta influendo sulle strategie di branding? Per molti brand la ‘rivoluzione digitale’ è stata solo un cambio di contenitore, non di contenuto. L’errore consiste nel pensare che per adeguare un brand a questo nuovo sistema basti declinare quel che si diceva altrove sul mezzo digitale. I nuovi canali messi a disposizione da internet hanno una caratteristica unica: funzionano in maniera biunivoca. È morta l’era in cui la comunicazione partiva solo dal brand ed è iniziata un’epoca nuova, basata su un rapporto dialogico con i consumatori. Non si tratta quindi di dire quel che si diceva prima, con un lessico nuovo o su dei canali nuovi: si tratta proprio di creare nuo-

Mirco Onesti, founding partner Reverse Innovation

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vi rapporti e nuove dinamiche, dove l’ascolto diventa, per la prima volta, più importante della parola stessa. Il consumatore ora si aspetta qualcosa: non solo un prodotto, ma un servizio e un’esperienza. Va coinvolto e reso protagonista, non semplicemente bombardato di promozioni, messaggi e slogan. Certo, fare una comunicazione di questo tipo è molto più impegnativo, ma i ritorni sono anche infinitamente superiori: un consumatore attivo genera contenuti e attenzione, alimenta il word of mouth, anima community di fan e, in ultima istanza, può e deve diventare non uno spettatore passivo, ma un ambasciatore attivo del brand. Molte imprese stanno cominciando ad adottare una ‘visione etica’. Come si declina il rapporto tra sostenibilità e branding? La coerenza è essenziale. Sviluppare un brand davvero eco-sostenibile vuole dire, prima di tutto, progettarlo con estrema attenzione, anche e soprattutto in termini di packaging: per minimizzare i consumi, utilizzare materiali sempre più intelligenti, ridurre i rifiuti. Prima di essere un bollino sulla grafica della confezione, la sostenibilità deve esistere in ogni fase del processo produttivo. Innovazione e ricerca diventano fondamentali. Un esempio notevole è la ‘Plant Bottle’ creata da Coca-Cola a partire anche da materiali vegetali, completamente riciclabile.

Il punto vendita è ormai considerabile come un medium a tutti gli effetti. Quali regole seguire per valorizzare l’experiential marketing? La strategia su cui puntare deve essere semplice, pulita e soprattutto univoca. Il veleno del branding è la frammentarietà: un brand percepito come discontinuo diventa poco riconoscibile e perde la propria efficacia. Anche la chiarezza è un elemento fondamentale: spezzettare troppo la comunicazione porta a ridurre la forza del proprio messaggio e la portata della differenziazione competitiva. Ma occorre anche tenere gli occhi aperti in direzione delle nuove tecnologie: sempre più persone fanno ormai la spesa con uno smartphone in mano, e questo sta portando a un progressivo cambiamento delle abitudini d’acquisto. Quali sono gli elementi centrali della mission di Reverse Innovation? Nata nel 2008, Reverse Innovation è un’agenzia che crea brand, prodotti e progetti di comunicazione. Operiamo in diversi ambiti, quali consumer branding e communication, concept generation, structural packaging design, 2D-3D modelling e prototyping. Quali sono i ‘plus’ che distinguono Reverse Innovation dagli altri player del mercato? La nostra agenzia è fatta da persone diverse, con nazionalità, culture e background molto differenti: il team è strutturato in

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Reverse Innovation ha firmato Wine Pouch (R)evolution, progetto nato con l’obiettivo di sdoganare l’immagine negativa del vino in busta, tramite la creazione di una veste grafico-strutturale innovativa ed elegante

maniera molto aperta e profondamente dialogica. Ogni progetto nasce dalla confluenza di idee e metodi, ma è sempre regolato da quattro regole semplicissime: capire a fondo la natura del brand e la sua collocazione; individuare in maniera specifica che cosa serve per svilupparlo; pensare in maniera non convenzionale alle soluzioni, tecniche e non; ascoltare attentamente i feedback dei clienti, per sviluppare una soluzione su misura per loro. Ci descrive una vostra recente case history? Un progetto di cui andiamo molto fieri è Wine Pouch (R)evolution. Nato con l’obiettivo di sdoganare l’immagine negativa del vino in busta tramite la creazione di una veste grafico-strutturale innovativa ed elegante, è in poco tempo divenuto un forte argomento di interesse su scala globale, stimolando diverse riflessioni e articoli su riviste di settore e non. Non a caso per questo progetto, l’agenzia ha ricevuto cinque riconoscimenti internazionali: The Dieline, Fab, A’ Design Award, How International e, più recentemente, Good Design del Chicago Athenaeum Museum. nc


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SISAL, SOSTENIBILITÀ E IDENTITÀ OFFRIRE LA MIGLIORE PROPOSTA DI INTRATTENIMENTO E SERVIZI, IN MODO RESPONSABILE E SOSTENIBILE NEL TEMPO. È QUESTA LA MISSION CHE ANIMA LA SOCIETÀ DI GIOCHI A PRONOSTICO ATTIVA NEL NOSTRO PAESE DAL 1946, CHE HA SAPUTO, NEL CORSO DEGLI ANNI, DIVERSIFICARE IL PROPRIO BUSINESS, COGLIENDO LE NUOVE OPPORTUNITÀ DEL MERCATO DEI SERVIZI A PAGAMENTO. IL SEGRETO DEL SUCCESSO? UNA BRAND IDENTITY CHIARA, DISTINTIVA E RICONOSCIBILE. DI PIETRO PALMA

La grande sfida per i brand è costruire con i consumatori un rapporto di stima e fiducia durevole nel tempo. Questa relazione trova nell’identità di marca il primo polo di attrazione, che deriva dalla forza magnetica di una brand personality chiara, distintiva e riconoscibile. Il collante di questa relazione è la capacità di rendere la marca rilevante, attraverso uno storytelling coinvolgente che, partendo dall’insight del consumatore, racconti i valori e i benefici della marca, integrando gli aspetti più razionali e concreti con quelli più emozionali. È esattamente quello che fa Sisal, società che da quasi 70 anni è sinonimo di intrattenimento al servizio del tempo libero degli italiani.

“Nelle campagne di comunicazione, sul punto vendita, sui canali web e lungo tutte le manifestazioni di marca - spiega Simonetta Consiglio, direttore marketing e comunicazione Gruppo Sisal - il cliente deve ritrovare il carattere della marca e riconoscerlo. La creatività, in questo percorso, è il vestito con il quale il brand si presenta, si valorizza e cattura l’attenzione del consumatore, adattandosi alle diverse occasioni di incontro con il pubblico”.

Simonetta Consiglio, direttore marketing e comunicazione Gruppo Sisal

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La Csr, tanto più per una società che opera in un settore delicato come Sisal, svolge un ruolo sempre più centrale nelle strategie di branding. Come vi ponete in questo ambito? L’evoluzione più recente della Csr guarda alla realizzazione di attività di responsabilità sociale e ambientale sempre più integrate e coerenti con il business dell’azienda. Con questo approccio la sostenibilità diventa un elemento integrante del posizionamento del prodotto, a volte cosi dominante da diventare il messaggio centrale della comunicazione. Sempre più, infatti, i consumatori e tutti gli stakeholder si avvicinano e rimangono fedeli ai brand non solo per la qualità e l’affidabilità dei prodotti, ma anche per i valori che rappresentano. Le modalità di produzione, la scelta dei fornitori, l’attenzione al sociale e all’ambiente possono diventare importanti e differenzianti quanto il bene o servizio. Nel caso di Sisal, che opera in un settore delicato, un’importante regola di responsabilità parte proprio dalla comunicazione commerciale, che deve essere misurata e attenta, in un’ottica di gran-


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de trasparenza e nel rispetto del rapporto di fiducia instaurato con i consumatori e la comunità. Il digitale ha trasformato le regole della brand communication. Quali sono i principali cambiamenti in corso? Il digitale ha dato voce ai consumatori e ha moltiplicato i touchpoint e le occasioni di contatto con la marca, creando nuove opportunità e sfide per i brand. In un contesto in cui l’offerta di contenuti è in continua crescita, diventa ancora più rilevante la personalità di marca e il sapersi raccontare in modo distintivo, mentre il rapporto quotidiano con la Rete richiede forme di engagement e di relazione con gli stakholder che si allargano dal prodotto alla condivisione di idee, punti di vista, valori ed emozioni. La Rete, proprio per la sua natura interattiva e la presenza di tutti gli stakeholder, è diventata inoltre uno strumento chiave per misurare e costruire la reputazione di un brand, elemento essenziale per un futuro duraturo della marca. Quali strategie mette in pratica Sisal per valorizzare il punto vendita come occasione di experiential marketing? Il punto di vendita fisico, insieme con il canale online, è il luogo dove la relazione tra brand e consumatore si consacra con la scelta dell’acquisto.

Anche per questo in Sisal abbiamo deciso di investire su formati retail branded, in cui è possibile vivere un’esperienza della marca innovativa grazie a un servizio qualificato e a nuove soluzioni digitali. Per il canale unbranded abbiamo, invece, promosso attraverso Facebook il concorso ‘Rimettiti a nuovo’, dedicato ai ricevitori Sisal ai quali è stata offerta la possibilità di ristrutturare il proprio punto vendita con l’aiuto di un visual merchandiser. Quali sono gli elementi differenzianti che rendono ‘unico’ il brand Sisal? L’unicità di Sisal parte dalla nostra storia, che ci ricorda da dove veniamo e quali sono i valori fondanti dell’azienda, prima fra tutti la responsabilità sociale d’impresa. L’innovazione, non solo di prodotto ma anche di canale, la capacità di essere first mover sul mercato, la valorizzazione dei talenti e delle diversità sono elementi distintivi della strategia di Sisal, che ha saputo anche diversificare il proprio business per cogliere le nuove opportunità nel mercato dei servizi di pagamento. Con il brand SisalPay l’azienda ha, infatti, sviluppato nuove soluzioni di pagamento sul canale di prossimità e online, con l’obiettivo di rendere sempre più semplice la vita dei consumatori. Per fornirci un esempio ancora più chiaro del vostro approccio nei confronti del-

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Per il lancio di VinciCasa, Sisal ha trasformato la zona di corso Como (Milano) in una grande casa, con salotti, poltrone e installazioni a tema. Da segnalare anche il ‘VinciCasa Music Show’, concerto gratuito con Giuliano Palma

la brand communication, ci descrive una vostra recente case history? Un progetto esemplare è quello relativo al lancio di VinciCasa. Abbiamo creato una brand identity distintiva e innovativa con l’obiettivo di valorizzare, attraverso un linguaggio fresco e positivo, le qualità del primo gioco in Italia che mette in premio una casa. La creatività è stata declinata in modo coordinato su tutti i mezzi, dal punto vendita al sito, passando per la nuova app, e trova spazio nel progetto di branded partnership realizzato con Discovery e Paola Marella. Per il lancio, dal 3 al 9 luglio, abbiamo vestito la città di Milano con iniziative speciali di ambient media e abbiamo trasformato la zona di corso Como in una grande casa, con salotti e poltrone, installazioni a tema, musica e divertimento. Il 3 luglio, inoltre, giorno di debutto di VinciCasa in 45mila ricevitorie Sisal, abbiamo invitato la città di Milano al ‘VinciCasa Music Show’, un concerto gratuito con Giuliano Palma, che si è esibito in piazza XXV Aprile. nc


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