N° 110, giugno 2017 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano
la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing
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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it ha collaborato Paola Furlanetto art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Andrea Parmigiani - andrea.parmigiani@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 110 giugno 2017 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: Via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2017 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di giugno 2017 da: P.F. Via A. Gramsci, 37 - 20089 Rozzano (MI)
Editoriale
Conoscenza = Trasparenza OGNI EURO investito in comunicazione digitale genera a sua volta altri 25 euro, e non a caso si parla di un indotto complessivo del digitale di 53 miliardi di euro. Lo ha ricordato nel corso della recentissima presentazione del Libro Bianco sulla Comunicazione Digitale, Carlo Noseda, presidente di IAB Italia, sottolineando una volta di più come il Digital rappresenti oggi una grande opportunità di sviluppo per il nostro Paese. Perché il mercato e l’intero ecosistema possano crescere in modo sano e virtuoso è necessario però che le istituzioni contribuiscano a creare le condizioni necessarie. Investimenti, infrastrutture all’avanguardia e una cornice normativa, concepita sì per regolamentare il settore con la massima trasparenza, ma in grado di sostenere le aziende che vi operano: queste le tre principali leve che Noseda ha indicato per una crescita organica che crei valore. Da parte loro, e dopo 10 mesi di lavoro, gli operatori dell’intera filiera del digital advertising hanno superato le divergenze di opinione e di punti di vista riuscendo a fornire proprio attraverso il Libro Bianco un insieme di indicazioni di comportamento e di ‘paletti condivisi’ su cui tutti gli attori della filiera possono d’ora in avanti contare. Non essendo previsto alcun tipo di sanzione per chi non le rispettasse, quelle elencate non si possono considerare vere e proprie ‘regole di comportamento’: ma se lo sforzo messo in campo da tutti coloro che hanno partecipato a questo lavoro ha un senso, è proprio quello di favorire una sana competizione nel mercato, uscendo finalmente dall’opacità che ha finora circondato il settore del programmatic. Vale però la pena ricordare che quella di cui stiamo parlando è semplicemente una tecnologia, e in quanto tale di per sé neutrale e pienamente trasparente: la questione nasce dall’uso che talvolta ne è stato fatto senza conoscerne fino in fondo i meccanismi, le potenzialità e anche talune criticità. Una tecnologia che avanza per di più a velocità elevatissima, andando a toccare e a sfruttare alcune delle punte più estreme dell’innovazione come il machine learning e l’intelligenza artificiale. Non dimentichiamoci mai, però, che dietro questa intelligenza ci sono comunque uomini e donne che hanno il compito di guidarla. E sono sicuro che sapranno farlo al meglio. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group
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Indice Editoriale, di Salvatore Sagone
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LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. 400 milioni di buoni motivi Capitolo 2. In attesa del ‘next step’ Capitolo 3. Under pressure Capitolo 4. Le 5 facce del programmatic Capitolo 5. Voglia di trasparenza Capitolo 6. Niente di ‘personale’
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I PROTAGONISTI comScore. Arte e scienza dei Big Data FreeWheel. Il futuro diventa presente GroupM. Innovazione ‘azionabile’ Publicis Media. Il cliente al centro Rocket Fuel. È l’ora del Predictive Marketing Zodiak Advertising. Solutions integrator
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DOVE TROVARLI Gli indirizzi 73
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la geografia del mercato
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400 milioni di buoni motivi Nonostante le critiche e le numerose polemiche degli ultimi tempi, secondo le stime dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e di IAB Italia, il mercato del Programmatic Advertising toccherà a fine anno quota 400 milioni di euro. Una crescita solida e destinata a continuare anche nei prossimi anni, trainata da formati innovativi (video e native) e device mobili
315 MILIONI di euro, tanto valeva il programmatic in Italia nel 2016, segnando un +35% sui 234 milioni del 2015, e l’incidenza sul totale Display advertising è passata dal 19% al 23%, mentre il peso sul totale Internet advertising dall’11% al 13%. Numeri destinati a crescere ancora, spiega Andrea Lamperti, direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano: “Stimiamo che quest’anno gli investimenti in programmatic possano raggiungere i 400 milioni (+25%), ovvero il 28% del totale investimenti in pubblicità display – ha dichiarato Lamperti –, con un peso sul totale Display superiore al 25% e sul totale Internet advertising superiore al 15%. Considerando che nel nostro paese il digitale catalizza il 30% degli investimenti totali in advertising, ovvero 2,4 miliardi, possiamo dire che un quarto di questi sarà costituito da programmatic advertising”. Entrando maggiormente nel dettaglio, si nota come il formato video rappresenti attualmente il 30% dell’advertising gestita in programmatic. “Si tratta di una componente in forte crescita, che potrebbe raggiungere anche il 50% del totale – sottolinea Lamperti, che prosegue evidenziando altri cambiamenti rilevanti che hanno interessato recentemente il mercato –. “Innanzitutto è stata finalmente superata l’idea che gli spazi disponibili siano solo di bassa qualità; in secondo luogo, gli editori stanno prestando sempre maggiore attenzione alle soluzioni di header 10
Andrea Lamperti, Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano
bidding; si nota un ampliamento nell’offerta di formati, che oggi include anche video e native; c’è un maggior utilizzo del canale mobile, dovuto principalmente al fatto che gli utenti effettuano gran parte del traffico da dispositivi mobili”. A questi elementi si aggiungono poi la crescita dei Private MarkePlace e l’avvio dell’Automated Guaranteed, oltre all’importanza data agli strumenti di misurazione e
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01. IL MERCATO DELL’ADVERTISING IN ITALIA
Fonte: Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e IAB Italia
valutazione dell’investimento. Inoltre, è importante sottolineare che il programmatic non è più utilizzato soltanto per le campagne a performance ma anche per obiettivi di branding. “Mentre fino a qualche tempo fa gli investimenti in programmatic erano pianificati per andare ad agire solo sulle ultime fasi del marketing funnel – aggiunge Lamperti –, oggi, proprio grazie ai nuovi formati e spazi disponibili, ad alto tasso di engagement, il programmatic advertising viene utilizzato anche per fare branding”. Per quanto riguarda la misurazione, inizia a diffondersi sul mercato la consapevolezza che sia importante misurare come impatta il singolo touchpoint nel percorso di acquisto del cliente, senza limitarsi a valutare soltanto l’ultimo punto di contatto. Nonostante i passi avanti compiuti dal mercato, restano sul tavolo ancora dei temi importanti da risolvere: “Il primo è quello della trasparenza, in particolare in merito a brand safety, viewability e
Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano
post-valutazione delle campagne programmatic – dichiara Lamperti –. Il secondo è la data strategy, che va impostata diversamente a seconda degli obiettivi che la campagna vuole raggiungere e che porta con sé l’annoso problema della proprietà delle informazioni”. 11
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02. IL PROGRAMMATIC ADVERTISING IN ITALIA: LE DINAMICHE DEL MERCATO
Fonte: Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e IAB Italia
Internet Advertising al giro di boa Alzando lo sguardo sul digitale nel suo complesso, sempre attraverso la lente dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico e IAB Italia, che ha da poche settimane rilasciato i suoi dati annuali relativi all’andamento del mercato nel 2016, emerge come dopo diversi anni di contrazione – dal 2010 al 2014 – e un 2015 in stallo, il mercato italiano dei Media (pay e advertising) ha chiuso il 2016 in crescita (+3%) raggiungendo quota 15,8 miliardi di euro. L’incremento si deve principalmente alla Tv (+8%) e agli Internet Media, che fanno segnare complessivamente un aumento dell’11% per la maggior parte legato a un incremento dei ricavi pubblicitari. Concentrandosi sulla componente advertising, il mercato pubblicitario complessivo nel 2016 valeva 7,75 miliardi di euro, in crescita del +4% rispetto al 2015. Con un valore di 2,36 miliardi di euro, Internet si è confermato quindi il secon12
do mezzo pubblicitario con il 30% di share (rispetto al 29% dell’anno precedente), alle spalle della Televisione (50%, un punto sopra al 2015) e sempre davanti a Stampa (in calo dal 17% all’attuale 15% nel passaggio dal 2015 al 2016) e Radio (stabile al 5%). Le previsioni per il 2017 indicano che il mercato dell’Internet advertising crescerà ancora con un tasso intorno al +10% e supererà così i 2,6 miliardi di euro; tuttavia, si rafforzerà ulteriormente il peso dei grandi Over The Top, che porteranno la loro quota dall’attuale 67% a oltre il 75%. “Siamo al giro di boa per il mercato della pubblicità online – afferma Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio –. Da quattro anni è ormai il secondo mezzo in Italia, ma proprio perché i numeri in gioco iniziano a essere significativi, è ora chiamato ad affrontare alcune prove per dimostrare la propria efficacia e il proprio impatto sugli obiettivi di business
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03. IL PROGRAMMATIC ADVERTISING IN ITALIA: IL PESO SUL MERCATO MEDIA COMPLESSIVO
* Dati stimati a preconsuntivo 2016 Fonte: Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e IAB Italia
delle aziende. Le sfide più importanti riguardano il tema della misurazione, che passa sia attraverso l’identificazione di un sistema di currency riconosciuto e condiviso per la valutazione delle diverse iniziative pubblicitarie online, sia dalla risoluzione delle problematiche legate alla media transparency, sia da una visione strategica delle imprese a investimenti in marketing e comunicazione che contemplino a 360 gradi e in maniera integrata tutti i canali. Le aziende per crescere non possono infatti permettersi di non adottare un approccio customer centric e omnicanale”. USA: l’80% degli investimenti display sarà programmatico entro il 2017 Nonostante le numerose discussioni e polemiche che hanno accompagnato il programmatic negli ultimi mesi, sulle quali ci soffermeremo in
un capitolo successivo di questo Quaderno, le stime per il mercato USA del display advertising parlano chiaro: secondo eMarketer, nel 2017 le transazioni via programmatic raggiungeranno quota 33 miliardi di dollari raccogliendo l’80% degli investimenti (4 dollari ogni 5 investiti), percentuale destinata a salire all’89% entro il 2019. La ricerca di un maggior controllo sull’intero processo della compravendita per via programmatica ha già portato le aziende americane a privilegiare di gran lunga le transazioni attraverso private marketplace (il 74,5%, pari a 24,25 miliardi di dollari) e accordi diretti, mentre è conseguentemente in calo la quota degli open exchange. Secondo eMarketer, nel 2017 il programmatic direct varrà il 56% del totale investimenti display in programmatic, mentre il rimanente 44% sarà stato acquistato in real time bidding.
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04. ADV ONLINE IN EUROPA: L’ANDAMENTO DEGLI INVESTIMENTI (MLD €)
Fonte: AdEx Benchmark 2016
Lo scorso anno, per la prima volta, più di metà dei dollari destinati al digital video sono passati da piattaforme programmatiche, una quota destinata ad aumentare del +42,3% quest’anno fino a 9,13 miliardi di dollari, arrivando entro il 2018 a quasi il 75% del totale video. Per quella data, quasi l’80% di tutto il display mobile sarà programmatico, fino a superare l’85% per il 2019. Per quanto più indietro rispetto agli altri formati, gli analisti di eMarketer evidenziano la forte crescita del programmatic direct anche nel settore del native advertising: escludendo quelli pianificati sui social network, meno di metà degli annunci native sarà acquistato in programmatic nel 2017. Ma con il crescere del numero di editori che aprono le proprie piattaforme programmatiche ai formati native (in-feed, in-stream o video in-article), è destinata ad aumentare rapidamente anche la domanda degli advertiser interessati a un accesso diretto a questa inventory.
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“I numeri e i trend sono certamente impressionanti anche se spesso i pareri in proposito sono confusi – commenta Sean Buckley, Chief Revenue Officer di SpotX –. Ma credo sia inevitabile che sul lungo periodo – siano 2 anni, 5 anni o 10 anni – come accaduto in moltri altri settori vedremo che l’automazione occuperà la maggior parte delle transazioni media standard (display, rich media e pre-roll): gli investitori acquisteranno gli spazi attraverso un software, al quale i venditori dovranno rispondere con un software analogo per gestire l’inventory. Pensiamo al mercato finanziario e a com’era 20 anni fa, con un mucchio di persone agitate che urlava e gesticolava tenendo in mano pezzi di carta: ora Wall Street e tutto le borse del mondo sono completamente automatizzate. Lo stesso è accaduto, anche se meno radicalmente, nel settore dei viaggi: un tempo si andava all’agenzia sotto casa per prenotare un pacchetto vacanza o anche qualsiasi biglietto ferroviario e aereo: adesso
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05. ADV ONLINE IN EUROPA: UNA PROSPETTIVA ‘STORICA’
* Ricalcolati dai 36miliardi di euro misurati mel 2015 per il cambio di metodologia di calcolo di alcuni IAB locali Fonte: AdEx Benchmark 2016
con Priceline, Expedia e tutti i siti del genere il 90% del processo si fa dal computer di casa, dal tablet o dallo smartphone. Diciamo che sta arrivando anche per l’advertising il momento di sperimentare i cambiamenti dovuti a questo processo di automazione inarrestabile, che coinvolgerà la stragrande maggioranza delle transazioni future ma che già adesso è una realtà solida e numericamente importante”. Attenzione, avvisa Buckley: “Questo non significa che tutto sarà gestito, acquistato e venduto in open market attraverso il real time bidding. Ci saranno nuovi e diversi modelli di transazioni che abbiamo appena cominciato a vedere e che si stanno ancora sviluppando, ma il risultato è che in futuro lo scenario sarà molto diverso dall’attuale”. Crescono domanda e offerta “Premesso che i clienti sono tutti uno diverso dall’altro e quindi generalizzare non è corretto, quello che vediamo è comunque una crescita del loro know-how e quindi della loro consapevolezza nei confronti delle potenzialità del
programmatic– sostiene Cristina Ughes, Chief Programmatic Officer – Data Technology & Innovation Practice Lead di Publicis Media –. Se solo fino a due anni fa la spinta alla crescita del mercato partiva solo dagli addetti ai lavori, oggi lo scenario è cambiato ed è indubbiamente aumentata la richiesta da parte delle aziende – una richiesta che nasce dal desiderio di sfruttare le loro capabilities e i loro dati. Questo know-how e questa consapevolezza, maggiormente diffusi tanto fra le aziende quanto fra le agenzie, insieme alla voglia di sperimentare e di trovare la soluzione vincente, sono le leve che stanno permettendo al mercato del Programmatic di continuare a crescere”. Non tutte le soluzioni sono adatte a tutti i clienti, ribadisce Ughes, e quindi per ogni cliente, ma anche per ogni campagna, va trovata la soluzione giusta che permette di sfruttare i plus del programmatic e di non disperdere gli investimenti. “Il mercato italiano, rispetto a quello statunitense, è ovviamente molto più indietro – sottolinea –: ma è un mercato che negli ultimi 3 anni è cresciuto tanto, sta crescendo e crescerà ancora, 15
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06. ADV ONLINE IN EUROPA: INVESTIMENTI PER CATEGORIA (2015 E 2016 – MLD €)
* I video digitali dei broadcaster sono calcolati nella categoria ‘online’. Il dato Tv si riferisce esclusivamente all’advertising sulla Tv lineare Fonte: AdEx Benchmark 2016
anche se magari a tassi meno eclatanti del passato. Quello che serve perché questa dinamica positiva possa proseguire è un più rapido sviluppo, per altro in parte già in corso, delle piattaforme di buying e di selling, e in particolare lato publisher: perché è in questo secondo ambito che il Programmatic soffre ancora del fatto di non avere le stesse possibilità della compravendita tradizionali. Ne parleremo più avanti ma anticipo find’ora la necessità di un adeguamento e un’omogeneizzazione dei sistemi di misurazione, altrimenti il rischio è che si interpretino male i risultati delle attività intraprese e di conseguenze a giudizi negativi sul sistema del Programmatic nel suo complesso”. “C’è sicuramente ancora tanto da fare dal punto di vista dell’espansione del mercato – interviene Enrico Quaroni, Regional Director Southern Europe & MENA Region di Rocket Fuel –, ma credo che il programmatic sia comunque già oggi il modo più intelligente e più efficace per acquistare spazi display in assoluto. Il problema, dal mio punto di vista, è che c’è stato moltis-
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simo, troppo fumo negli occhi, con tantissime proposte che non avevano dietro alcun reale supporto tecnologico innovativo, e che hanno fatto per così dire ‘scottare’ molti clienti. Quello che posso dire, conoscendola a fondo, è che nella macchina di Rocket Fuel c’è davvero un prodotto, una soluzione, rispetto alle tante che circolano e che sono semplicemente strumenti di acquisto del media che però non hanno effettivamente quel quid in più per rendere le campagne davvero ottimizzate”. Tutto questo, dice Quaroni, ha danneggiato molto l’immagine del programmatic come canale di qualità: “Fortunatamente, però, negli ultimi mesi c’è stata una fortissima selezione naturale, ancora in corso, e sempre di più si consolideranno e sopravviveranno solo le soluzioni reali che gli specialisti offriranno al mercato e agli investitori. Con la giusta strategia e con il giusto approccio al mercato, posizionato e venduto nella maniera corretta, il nostro prodotto, con il suo valore aggiunto, potrà quindi avere ancora un futuro molto, molto importante”.
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07. ADV ONLINE IN EUROPA: TASSI DI CRESCITA ANNUALI (2016)
Fonte: AdEx Benchmark 2016
Anche secondo Luca Morpurgo, Sr. Regional Director Southern Europe di FreeWheel, è necessario prima di tutto fare chiarezza: “Pensiamo sia importante togliere alcune etichette appiccicate erroneamente al mondo programmatic che è tecnologia al servizio di una migliore vendita se si è editori, acquisto se si è clienti pubblicitari, pianificazione se si è agenzie. Nessuna bacchetta magica, nessun moltiplicatore di pani e pesci, solo valorizzazione ed efficienza per tutti. La condizione è che la si utilizzi correttamente, in ambiti sicuri, in modo trasparente, con competenza. Il trend è chiaro e diffuso ovunque, significa che c’è un evidente vantaggio per le parti, vince chi è in grado di sfruttare le possibilità offerte al meglio, non necessariamente a discapito delle altri parti coinvolte nel processo”. Un sistema efficiente nel rispetto delle regole “Il contesto vede diverse aree buie su cui bisogna fare luce – insiste Sasha Wijeyesekera,
Marketing Cloud Sales Executive Oracle –. Che l’approccio programmatic sia l’evoluzione di tutte le principali modalità di acquisto pubblicitario è evidente a tutti gli stakeholder, ma come in tutti i mondi in forte sviluppo c’è molta confusione. Il rischio è di tradire le altissime aspettative dei clienti, su questo le agenzie devono fare delle riflessioni importanti. L’aspetto tecnologico è naturalmente rilevante, ma ancora di più lo è la competenza delle persone che le deve portare a gestire il flusso di lavoro omni-channel del digital marketing di cui il programmatic è un fondamentale tassello. Questo tipo di competenza in questo momento non è evidente sul mercato italiano”. “Il programmatic buying – replica Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer GroupM – viene da alcuni accusato, soprattutto nell’ultimo periodo, di non garantire una gestione trasparente dei budget di comunicazione agli investitori. È evidente che il problema non dipende dalla modalità di acquisto (automatica verso manuale), ma dal rispetto di principi e regole di condotta
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08. ADV ONLINE IN EUROPA: DRIVER & OSTACOLI
Fonte: AdEx Benchmark 2016
imprescindibili nella gestione della ‘catena digitale’. In particolare diventa fondamentale l’adozione di pratiche e tecnologie volte a garantire la qualità dell’inventory, quali ad esempio: • l’utilizzo delle potenzialità del programmatic prevalentemente su acquisti effettuati in private deal e mediante accordi diretti con editori, con utilizzo puntuale di Blacklist e Whitelist, limitando la quota di open market; • l’adozione di tecnologie, quali Integral Ad Science (IAS), Doubleverify e MOAT, per la misurazione e certificazione della qualità dell’inventory messo a disposizione dei suoi clienti; • lo sviluppo di Trusted Market Place ‘proprietari’, che assicurano accesso a spazi media di publishers di qualità; • la promozione di pratiche e formati pubblicitari non invasivi Proprio per questo motivo, al fine di garantire la massima efficacia di gestione degli investimenti di comunicazione in programmatico, GroupM ha sempre puntato – e continuerà a farlo – sull’ac18
quisto di inventory di qualità operando soprattutto tramite private auction, private deal o direct integration. Operare in un ambiente protetto, infatti, permette di conoscere esattamente quali sono i siti coinvolti e di ridurre notevolmente il rischio di frode, ottenendo così il miglioramento della qualità e della viewability degli spazi pianificati. Inoltre, le Demand Side Platform impiegate da GroupM hanno intrapreso, nell’ultimo anno, una verifica puntuale dell’inventory per bloccare a priori il traffico giudicato non idoneo. Infine, come ulteriore garanzia di qualità per i nostri clienti, GroupM attua un costante controllo su tutta l’inventory disponibile, ottenendo così il più completo database di domini ‘a rischio’ o ‘idonei’ da inserire rispettivamente in Blacklist e in Whitelist, per definire il contesto di erogazione più affine a ciascun Brand”. “Il programmatic non è la panacea di tutti i mali – tira le somme Ellis Bosisio, COO & CTO Zodiak Advertising –, è semplicemente un sistema che automatizzando un processo lo
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rende potenzialmente più efficiente. Le piattaforme hanno sviluppato, e stanno continuando a sviluppare, una serie infinita di feature che consentono di monitorare ogni singolo aspetto e KPI dell’investimento in tempo reale. Aspetto fondamentale è, a mio avviso, il reale controllo
della spesa media da parte dei clienti. Attraverso le piattaforme è possibile intervenire in modo rapido sui setting di una campagna migliorandone le performance, cosa non possibile in passato; sta ora agli operatori lavorare con i nuovi strumenti sfruttandone le potenzialità”.
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In attesa del ‘next step’ Al di là del suo andamento economico e numerico, come e quanto il mercato sta crescendo da un punto di vista qualitativo? A che grado di sviluppo siamo arrivati in termini di piattaforme, sistemi, metodologie e formati (display, video, rich media e native)? Come e quanto l’automation sta davvero entrando nel mondo degli altri mezzi, ‘tradizionali’ ma già ‘digitalizzati’?
DOPO AVER visto nel capitolo introduttivo alcuni dei principali numeri relativi al mercato del programmatic, apriamo il microfono per domandare agli operatori un giudizio maggiormente qualitativo sullo stato dell’arte del settore, sulla diffusione delle diverse tecniche e metodologie di acquisto e sulle direzioni in cui sta muovendo i prossimi passi, a partire dalla richiesta degli advertiser di un maggior livello di servizio e consulenza. “Il mercato si muove nella direzione indicata dalla tecnologia, nulla di più e nulla di meno – esordisce Enrico Quaroni, Regional Director Southern Europe & MENA Region di Rocket Fuel –: sono la tecnologia e l’innovazione a imporsi e a trasformare il mercato, e non potrebbe essere diversamente. Oggi quasi tutti i player stanno cercando di adattarsi alle richieste degli investitori, ma sembra che lo scopo non sia altro che poter mettere una bandierina nell’attività di ‘media buying’ per il cliente. Per contro il vero partner e consulente è colui che invece saprà fornire all’azienda gli strumenti per valutare quale possa essere la soluzione migliore in termini di acquisto del media adatta a quel cliente. Quindi se sia più adatto comprare in private market place o in open market volta per volta, sulla base degli obiettivi”. Secondo Quaroni, perciò, “La tendenza è quella verso una regolamentazione o per meglio dire una ‘normalizzazione’ del mercato in termini di 20
funzionalità, offrendo soluzioni ‘comfort’, quelle che assomigliano di più all’acquisto del media tradizionale, ma che non sempre si rivelano le più efficaci. PMP e Open market sono strumenti differenti e che non possono essere validi per tutti e per tutto in astratto: ciò che conta è adoperare entrambe le soluzioni correttamente, facendosi aiutare dall’intelligenza del partner tecnologico che deve valutare, spiegare e razionalizzare di volta in volta”. “Quattro anni fa – racconta Sean Buckley, Chief Revenue Officer di SpotX –, praticamente il 100% del nostro business si svolgeva in open market. Oggi la percentuale è scesa sotto il 50%, e più della metà del nostro giro d’affari deriva da transazioni private: dal lato Ad Server che naturalmente mettiamo a disposizione dei publisher; dalle transazioni one-to-one gestite programmaticamente in marketplace riservati, per esempio attraverso i Deal ID; ma anche attraverso alcuni strumenti esclusivi che SpotX ha introdotto per rendere il mercato più efficiente per i buyer e al tempo stesso profittevole per i publisher: le transazioni possono essere realizzate in programmatic ma non è necessario che ogni cliente della piattaforma abbia un ID unico, secondo un concetto che abbiamo chiamato Group Deal ID e un prodotto che definiamo di ‘marketplace curato’”. Questo spostamento verso i PMP, spiega Buckley, è stato determinato dal momento in cui il busi-
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RADIO: PROGRAMMATIC AL MAX Le ricerche più recenti di IDC parlano di un volume di investimenti su ‘radio’ in programmatic superiore ai 660 milioni di euro, in crescita di oltre il 350%, considerando però si sta parlando di radio unita a streaming via web, di web radio e di piattaforme come Spotify, Deezer, Pandora, solo per citarne alcune. Parlando in senso lato di ‘audio digitale’ inizia a diffondersi un nuovo approccio al mezzo – o meglio a questo insieme di mezzi – in grado di sfruttare le tecnologie per targettizzare al meglio e pianificare in maniera programmatica. Proprio in questa direzione va MAX (Mediamond Audio Exchange), l’offerta di advertising audio digitale acquistabile anche in programmatic sulle property delle radio del portfolio Mediamond. “Con l’acquisizione delle radio del gruppo Finelco – commenta l’ad Davide Mondo –, Radiomediaset è diventato il principale polo radiofonico in Italia e Mediamond il punto di accesso a questa offerta con numeri leader nel mercato. Abbiamo quindi valorizzato un asset disponibile, sviluppandolo lungo la direttrice digitale e in coerenza e sinergia con il nostro intero network”. MAX è costituito principalmente da R101, Virgin, R105 e Radio Monte Carlo, tutte emittenti FM nazionali e con una forte identità, che hanno dato origine a oltre 50 web radio tematiche che Davide Mondo, amministratore delegato estendono la propria offerta di musica. Le web Mediamond radio sviluppano ogni mese oltre 3,7 milioni di sessioni di ascolto (fonte: Audiometrix) e, a breve, sarà possibile pianificare campagne audio anche sui podcast, sulle applicazioni e sullo streaming radiofonico. Arricchiscono il bacino di MAX anche le partnership con Adswizz e TargetSpot, player internazionali specializzati sull’audio digitale, con i quali Mediamond lavorerà in esclusiva sul mercato italiano. Come tutti i formati digitali pubblicati tramite Ad Server, MAX ha un alto livello di addressability: grazie all’utilizzo dei dati, le pianificazioni possono seguire un artista o un genere musicale, o essere definite in base alle caratteristiche dell’ascoltatore, segmentabili per sesso, età, posizione geografica, ma anche sulla base di interessi. MAX è inoltre misurabile nei risultati, ed essendo un formato nativo offre altissime percentuali di Listen Through Rate (LTR). L’offerta è acquistabile sia in maniera diretta sia in programmatic dalle principali DSP.
ness si è spostato verso aziende maggiormente Tv centriche: “La maggior parte di loro preferisce transazioni programmatiche in private market per poter mantenere una relazione comunque più diretta e il controllo totale. Il video, infatti, è molto diverso dal display classico, in cui la prio-
rità è massimizzare la resa: al contrario, il video è un asset premium, quello potenzialmente più redditizio per gli editori e verso il quale nutrono maggiori preoccupazioni dal punto di vista del pricing, della trasparenza e dell’accesso alla inventory”. 21
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Buyer più avanti dei Publisher La riflessione di Cristina Ughes, Chief Programmatic Officer – Data Technology & Innovation Practice Lead di Publicis Media, si allarga alle differenze fra buyer e seller: “Secondo la mia esperienza – afferma infatti – lo sviluppo del mercato lato buying è sicuramente il più avanzato visto che di algoritmi specifici, tecnologie e piattaforme ormai ce ne sono molte: questo vuol dire che gli investitori, e noi agenzie per conto loro, possiamo trovare a seconda della campagna da pianificare le soluzioni ad hoc più adatte e più efficaci”. Ciò non toglie, naturalmente, che anche dal lato editori siano stati fatti passi avanti nell’ultimo anno in termini di formati: “Al di là dello sviluppo dei formati desktop, mobile e native, c’è stata un’importante apertura del mercato anche nei confronti di altri formati ad alto impatto come le skin o i rich media, quindi opzioni effettivamente molto richieste per fare branding, e che fino a poco tempo fa non erano disponibili per le pianificazioni in programmatic. Non siamo ancora al 100%, perciò non si possono ancora fare paragoni con il buying tradizionale, ma diciamo che ci stiamo avvicinando molto”. Ughes sottolinea come “Uno degli aspetti più importanti che credo ancora manchi è quello della ‘prioritizzazione’ fra buying tradizionale e i diversi modelli di buying in programmatic per garantire l’effettiva competitività dei diversi metodi. In altri termini, oggi il programmatic soffre il fatto di essere considerato secondario rispetto al buying tradizionale, soprattutto da parte dei publisher e delle concessionarie che continuano a prediligere le modalità tradizionali di offerta e quindi la gestione della vendita diretta dei propri spazi. Questo non rende competitivo, e anzi penalizza, l’investitore o l’agenzia che si trova di fronte a campagne da acquistare contemporaneamente con l’uno e con l’altro sistema”. Sempre parlando del lato publisher, conclude Cristina Ughes, che pur non riguardandole
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direttamente impatta per forza sulle attività delle agenzie media, “È in fase avanzata di sviluppo e di rilascio un sistema e piattaforme SSP che permettono di mettere in competizione tutte le opzioni di acquisto della campagna indipendentemente dal modello di buying utilizzato: a quel punto il livello di automazione sarà sicuramente più elevato, e vincerà chi offre un prezzo più alto o chi troverà l’utente più ‘giusto’”. Oltre il display: solo sperimentazione o c’è di più? Buona parte di mezzi come Out Of Home, Radio e Tv possono ormai essere considerati digitali a tutti gli effetti. Ma allargando lo sguardo per verificare come e quanto gli altri media si siano avvicinati o siano già stati contaminati dal mondo dell’automation, la prima osservazione da fare è che i pur numerosi ‘lanci’ di prodotti e di vere e proprie offerte commerciali nell’area programmatica – quanto meno a livello internazionale – facciano ancora fatica a rientrare davvero sotto questa etichetta. Per contro, anche se su scala ridotta, va detto che il plus di tali è offerte è quella di conciliare i vantaggi dei diversi mezzi con la profilazione e la targettizzazione del programmatic, con l’aggiunta che si tratta di mondi safe, senza problemi di frodi nè di ad blocking o di viewability, e dunque in grado di offrire un alto tasso di efficacia. “Ci sono già diverse offerte concrete sul mercato, anche se va tenuto conto del fatto che ogni mezzo ha le sue caratteristiche e sono ognuno profondamente diverso dall’altro – osserva ancora Cristina Ughes –: se con il digital e in particolare con il display è possibile tracciare gli utenti grazie a sistemi studiati anni fa e migliorati nel corso del tempo, l’Out of Home sta dotandosi solo ora di strumenti per la misurazione delle audience validi ai fini dell’ottimizzazione delle campagne, quindi per poter sfruttare quello che è il vantaggio principale del programmatic. Anche in questo caso non si può generalizzare:
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OUT OF HOME: CLEAR CHANNEL AL VIA CLEAR CHANNEL International, la divisione internazionale di Clear Channel Outdoor, ha lanciato il primo strumento di programmatic buying per il mercato Out Of Home. L’offerta riguarda al momento l’inventory premium: clienti diretti e agenzie possono avere accesso e acquistare pacchetti, creati in funzione dell’audience, di tutto il circuito Digital OOH di Clear Channel, attraverso una piattaforma proprietria oltre che Adform e molte delle altre principali DSP. Il sistema è alimentato da una serie di dati esistenti sulle audience in ambito Out Of Home, sia di proprietà di Clear Channel che di terzi. Dopo l’avvio sul mercato belga, lo scorso anno, Clear Channel sta gradualmente effettuando il roll-out in altri paesi europei, a partire dalla Gran Bretagna, dove in William Eccleshare, Presidente e CEO di Clear una prima fase, i buyer avranno accesso a Storm, Channel International il patrimonio digitale premium di Clear Channel UK, cui seguirà successivamente l’integrazione di un portfolio digitale retail nei centri commerciali e nei supermercati e del circuito Adshel Live, il maggior network di advertising digitale Out Of Home stradale del Regno Unito. Lo strumento programmatic di CCI continuerà a svilupparsi mediante l’integrazione di funzionalità aggiuntive: la connessione a ulteriori DSP mediante il protocollo Open Direct; l’apertura al programmatic guaranteed attraverso il protocollo OpenRTB; arricchendo la propria piattaforma di nuovi dati sull’audience; e soprattutto, anche se in un futuro più distante, estendendo il suo raggio d’azione a tutti i prodotti, inclusi gli impianti tradizionali. “Con il programmatic, che ha rivoluzionato il processo di acquisto in molti settori chiave dei media e riteniamo che farà lo stesso nell’out-of-home – afferma William Eccleshare, Presidente e CEO di Clear Channel International –, stiamo facilitando la pianificazione, l’acquisto, l’ottimizzazione e la misurazione del nostro mezzo mediante tecnologie di acquisto conosciute, offrendo soluzioni basate sulle audience e supportate da dati in tempo reale. Offriamo, dunque, ai nostri clienti, siano essi nuovi o già attivi, la misurabilità, la creatività e la flessibilità di cui hanno bisogno. La soluzione Programmatic di Clear Channel International permette ai brand di trasmettere il messaggio più idoneo all’audience più appropriata nel momento più opportuno, consentendo loro, nel contempo, di ottenere una copertura e una visibilità che l’Outdoor è in grado di fornire meglio di qualsiasi altro mezzo”.
esistono canali Out Of Home che permettono questi tracciamenti ed altri che invece naturalmente non lo permettono. Un esempio concreto: se nelle stazioni è possibile dotare alcuni videototem di telecamere per tracciare le audience, questo non è invece possibile nel caso dei grandi pannelli digitali negli aeroporti”. I media diversi dal display tradizionale devono in sostanza “Dotarsi di tecnologie adeguate –
puntualizza Ughes –, in base a quelle che sono le loro caratteristiche fisiche, che possono essere certamente di alto impatto, ma che non gli permettono di essere dotate di tecnologie che gli consentono di entrare in circuiti di ottimizzazione basati sulle audience. Per quella che è la mia esperienza, da questo punto di vista Esterna e Radio sono già a uno stadio di sviluppo avanzato e di adeguamento delle loro infrastrutture rispet
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EBX: ‘UNIONE EUROPEA’ PER DIGITAL VIDEO E TV Il gruppo Mediaset (Italia e Spagna), ProSiebenSat.1 (Germania) e il gruppo TF1 (Francia) hanno annunciato a inizio giugno il lancio di EBX (European Broadcaster Exchange), un’innovativa joint venture per rispondere alla sempre crescente richiesta di brand-safety e di campagne video paneuropee di alta qualità e su larga scala. La nuova società avrà sede a Londra, base delle maggiori agenzie media specializzate nella pianificazione di campagne pan-europee. Una volta ottenuta l’approvazione delle Autorità Garanti della Concorrenza europee, EBX costruirà il proprio sales team e attiverà la piattaforma congiunta per la videopubblicità digitale. L’attività di EBX riguarderà principalmente campagne video programmatic che comportano la gestione automatizzata e su database di vendite e acquisti di pubblicità digitale. L’alleanza strategica fra i tre broadcaster permetterà di raggiungere un’audience di oltre 250 milioni di persone, Stefano Sala, membro del CdA Mediaset e Ceo una massa critica in grado di fronteggiare i colos- di Publitalia ’80 si del web mondiale. In più, la comune strategia per l’innovazione creerà nuove opportunità per gli investitori: il mercato della pubblicità video programmatica infatti sta crescendo attualmente del +45% annuo solo considerando l’Europa occidentale. E grazie al modello aperto, anche altri gruppi media europei potranno decidere in futuro di collaborare con EBX. “Questa joint venture è una risposta concreta all’attuale scenario video digitale – ha dichiarato Stefano Sala, membro del CdA Mediaset e Ceo di Publitalia ’80 –. Mediaset, Prosieben e TF1, in qualità di broadcaster leader in Europa, condividono la stessa visione strategica e gli stessi valori. Vogliamo che i nostri clienti pubblicitari raggiungano i consumatori in un ambiente di qualità e brand-safety, con la trasparenza e l’efficacia che distinguono i nostri prodotti. Siamo in una posizione unica ed esclusiva per disegnare e guidare insieme la roadmap della pubblicità premium video”.
to alle potenzialità tecnologiche disponibili, utili a farle entrare proprio nel circuito dell’automazione e dell’ottimizzazione. La Tv, invece, che ha tutte le caratteristiche di tracciabilità delle audience, si sta dotando della tecnologia per sfruttare i dati tracciabili e le potenzialità di buying. Il punto è che in questo caso entrano in gioco diversi fattori, come la gestione delle inventory e la necessità di salvaguardare la realtà dei palinsesti e delle pianificazioni tradizionali”.
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Un passo alla volta Come scrive GroupM nel suo ultimo report annuale ‘Interaction’, “La Tv programmatica su larga scala continua a rimanere una promessa lontana nel tempo. L’automazione e la delivery degli annunci dinamica e in tempo reale che definisce il termine non fa ancora parte dell’infrastruttura su cui si basa l’universo televisivo”. Sarebbe sbagliato, prosegue però il report, presumere che il planning e il buying televisivo non siano già stati radicalmente cambiati dall’utilizzo e dall’applicazione dei dati.
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Come già detto in precedenza, uno dei limiti principali del programmatic sugli ‘altri media’ resta di fatto la scalabilità: nel caso della radio (vedi box ‘Programmatic al MAX’), per esempio, si dovrebbe più precisamente parlare di audio digitale, ricomprendendo in tale definizione lo streaming via web, le web radio e le piattaforme musicali come Spotify, Deezer, Pandora e altre. Per l’Outdoor, al momento si parla solo di Digital OOH e solo delle inventory premium dei principali operatori (vedi box ‘Out Of Home: Clear Channel al via’). Allo stesso modo, anche se i broadcaster si stanno ovviamente muovendo a pieno ritmo sul fronte del digital video (vedi box ‘EBX: ‘unione europea’ per Digital Video e Tv’) la Programmatic Tv esiste ma è attualmente limitata alle offerte di Tv ‘addressable’ e al mondo legato alle Connected Tv. “La sperimentazione? È una cosa che per certi versi sta già succedendo e i casi concreti si moltiplicano – è l’opinione di un osservatore internazionale come Sean Buckley –. La verità, però, è che il video non è una casella da spuntare in una lunga lista di cose da fare, ed è un sistema sempre più complesso: si è evoluto dal pre-roll tradizionale, che solitamente anticipa filmati di breve durata, all’out-stream e ad altri nuovi formati sui quali noi per primi stiamo investendo. E ancor più di recente il focus si sta spostando sugli OTT, sulle Connected Tv e sui video di lunga durata, casi in cui la complessità del sistema aumenta ulteriormente, per esempio, rispetto al singolo annuncio programmato in pre-roll prima di una breve clip, dovendo inserire più annunci in una sorta di ‘break’ che ha problematiche differenti: dalla necessità di prendere in considerazione la ‘non competitività’ fra gli spot (evitando di programmare fianco a fianco spot di brand concorrenti), oltre a dover gestire con maggior attenzione la frequenza di esposizione (per non posizionare lo stesso annuncio più volte all’interno di un unico break). Inoltre, quando si entra nella specificità dell’ambiente delle Tv con-
nesse si lavora con tecnologie nuove e ancora meno conosciute e praticate rispetto all’ambiente web, che richiedono aggiornamento continuo e capacità di andare molto più in profondità sul lato ad server. All’aumento della complessità tecnologica, però, giustamente aumenta anche il valore percepito di quell’ambiente e delle possibili soluzioni”. “L’applicazione del programmatic trasversalmente al mondo del media è il next step che segue la digitalizzazione dei processi di pubblicazione e fruizione dei contenuti e della pubblicità – commenta Luca Morpurgo, Sr. Regional Director Southern Europe di FreeWheel –, con l’espandersi della modalità programmatica agli altri mezzi non può che esserci uno sviluppo e un adeguamento anche dal punto dei formati pubblicitari propri dei diversi media. Siamo sicuramente in fase di sperimentazione avanzata e in alcuni casi come il nostro HyLDA siamo già all’attualità della gestione di fonti diverse di domanda e di programmazione pubblicitaria integrata, come avvenuto nel corso dell’ultimo Superbowl trasmesso da Fox e visto da oltre 170 milioni di persone”. Pronti, partenza, quasi… via “Ha un senso ed è anche molto bello parlare di programmatic Tv o programmatic Out Of Home, ma credo che si sia ancora agli albori della sperimentazione – è più scettico Enrico Quaroni –: negli altri mezzi non ci sono per ora le caratteristiche e il livello di innovazione che si è già riusciti a raggiungere nell’ambito dei canali digitali tradizionali come desktop o mobile. Sicuramente c’è chi si sta muovendo più e meglio degli altri portandosi avanti e acquisendo un vantaggio competitivo. Non è detto, però, che vincerà per forza chi arriva prima: ciò che conta sarà saper fare una vera attività di programmatic, che si parli di Televisione, di Out Of Home o di Radio”. “Radio, TV e OOH sono pronte per partire – conferma Sasha Wijeyesekera, Marketing Cloud
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Sales Executive Oracle –. È ancora in fase di sviluppo un asset di normalizzazione e di confronto di questi media in un contesto più ampio. Il tema dell’omnicanalità è fondamentale per fare in modo che questi media non siano trattati come separati ma integrati al resto dell’approccio programmatico. Le tecnologie oggi disponibili vanno proprio in questa direzione, per cui nonostante la possibilità di sfruttare dei ‘renewed to Programmatic’ media, come la Tv e la Radio, oggi non sono ritenuti altamente strategici in quanto poco integrati e integrabili alle pianificazioni digital in senso più ampio”. “La display classica – dice Ellis Bosisio, COO & CTO Zodiak Advertising – resta a oggi il fattore trainante del comparto programmatic ma ben vengano le novità. Alcune di queste potrebbero scomparire nel corso degli anni, altre si consoli-
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deranno in modo diverso rispetto al presente, ma solo grazie alla sperimentazione continua degli operatori la pubblicità digitale potrà evolvere divenendo sempre più efficace per gli investitori ma anche rispettosa delle necessità degli utenti”. “Posso sbagliarmi – riprende e conclude Quaroni –, ma la mia impressione è che sia ancora tutto un mondo, un sistema da definire, e che in fondo ci sia poca chiarezza fra gli stessi operatori: ogni anno sembra che stia per arrivare qualcuno in grado di sparigliare le carte, un nuovo ‘canale’ che farà cambiar rotta agli investimenti pubblicitari, ma nessuno ha ancora valicato questa frontiera. La realtà degli ultimi 10 anni è che l’unica cosa ‘importante’ successa da questo punto di vista è stato proprio il programmatic. E che per vedere una vera e propria programmatic Tv ci vorrà ancora del tempo”.
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Under pressure La ricerca del corretto equilibrio fra il targeting ‘estremo’ e la più ampia reach possibile. Standard di misurazione e di certificazione unici condivisi da aziende, agenzie e concessionarie. Sono questi due dei problemi più caldi che il programmatic, e più in generale il digital advertising, deve risolvere al più presto. Altrimenti ogni discorso sul ROI rischia di essere vacuo
FIN DAL SUO arrivo, il programmatic ha immediatamente attirato l’attenzione delle aziende e delle agenzie per la capacità di rendere più efficace e più efficiente la comunicazione grazie a messaggi mirati e personalizzati come mai prima di allora era stato possibile fare attraverso i mezzi ‘di massa’. Alimentato dalla benzina dei dati, il motore delle piattaforme di acquisto, di vendita e di trading ha cominciato a macinare numeri e campagne, promettendo di colpire la persona giusta al momento giusto con il messaggio giusto. Che non sia andata esattamente così, o almeno non sempre, è sotto gli occhi di tutti. Complici numerosi episodi, inoltre, nell’ultimo anno la pressione sul settore del digital nel suo complesso è aumentata parecchio. Di trasparenza, frodi, viewability e quant’altro ci occuperemo approfonditamente in un capitolo successivo, ma prima di affrontare quel lato della medaglia vogliamo provare a ragionare di alcuni aspetti, se vogliamo, più strettamente ‘tecnici’. Il primo nasce e prende spunto dalle diverse occasioni in cui Marc Pritchard, Chief Brand Officer di Procter & Gamble, voce quindi autorevolissima nel panorama dell’adv globale, è recentemente intervenuto per parlare dei ‘mali’ dell’ecosistema digitale, focalizzandosi però, e questo è l’aspetto ‘professionale’ prima che etico, su una sorta di parziale ammissione di colpa da parte degli stessi marketer: a fronte di un mercato che non cresce, e in cui i problemi sono 28
Marc Pritchard, Chief Brand Officer di Procter & Gamble
numerosi, “Abbiamo targettizzato troppo – ha detto infatti Pritchard –, abbiamo ristretto troppo la nostra mira. Ora dobbiamo cominciare a domandarci qual è la strada migliore per ottenere contemporaneamente la giusta precisione con la massima reach”.
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vCE, la soluzione comScore per la misurazione delle campagne digitali, ha da sempre incluso in un unico tool la misurazione di più metriche (viewability, brand safety, invalid traffic, erogazione in geo, in-target)
Si tratta di una sfida/provocazione interessante, e abbiamo perciò provato a girare il quesito ai nostri interlocutori: targeting e reach sono effettivamente così poco conciliabili? Ad aprire il giro di opinioni è Luca Morpurgo (FreeWheel): “Targeting e reach non sono antitetici – sostiene –, semplicemente vanno considerati come due ambiti che si incontrano se non si eccede con la ricerca della perfezione e della precisione assoluta. Come avviene con gli altri mezzi, ad esempio la Tv lineare o la radio, anche nel digital bisogna pianificare tenendo presente l’universo degli utenti raggiungibili e dei relativi target. Il dato deve essere utilizzato non per andare alla ricerca dell’utente perfetto sperando che sia parte di un insieme infinito, ma per ricercare una serie di informazioni utili a pianificare al meglio la propria pubblicità, come la permanenza sul web, i device utilizzati, la fre-
quenza di consultazione, i comportamenti anche di fronte alla pubblicità, gli interessi, insomma tutte quelle informazioni che vanno oltre quelle socio-demo e che sono la grande opportunità che il digital offre rispetto agli altri mezzi. Anche qui, purchè se ne faccia un utilizzo corretto e non se ne abusi”. Pienamente d’accordo Enrico Quaroni (Rocket Fuel): “Targeting e reach non sono assolutamente antitetici. Ciò che caso mai è antitetico, ma direi di più, proprio sbagliato, è voler ottenere un risultato con degli strumenti non adeguati. Non si può pretendere di conquistare una città combattendo con gli stuzzicadenti, quindi torniamo a quanto si diceva prima: si tratta di usare i tool, i mezzi e i canali giusti per gli obiettivi precisi che, caso per caso, si vogliono raggiungere. Non conosco, e non credo che esista, un modo migliore in assoluto per arrivarci”. 29
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domande che oggi ci si deve porre quando si pianifica una campagna pubblicitaria. Il targeting e la reach, da questo punto di vista, sono dei mezzi, non il fine. Il marketing ha fatto dei passi avanti enormi: non è più ‘reclame’, ma si nutre di numeri e di intelligence”.
Luca Morpurgo, Sr. Regional Director Southern Europe di FreeWheel
Secondo Quaroni, reach e target sono due concetti che andrebbero un minimo riconsiderati: “Cominciamo a parlare di risultati e di obiettivi concreti – invita piuttosto –. Per qualsiasi azienda l’obiettivo dev’essere fatturare di più e vendere di più il proprio prodotto o il proprio servizio e generare maggior valore aggiunto per i propri clienti. Non può e non deve essere questione di parlare con un determinato target o con uno specifico numero di persone. Focalizzarsi solo su questi aspetti sarebbe come curare un mal di denti facendo una radiografia al ginocchio. Al di là della metafora azzardata, deliverare le campagne esclusivamente su un segmento specifico perché si pensa che quello sia il proprio target, perché storicamente quello è il tipo di utente che compra il prodotto, davvero dà la certezza di generare maggior fatturato? È davvero la cosa migliore per l’azienda? Queste sono le
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Questione di mix “Come le agenzie da decenni insegnano – ribadisce Sasha Wijeyesekera (Oracle) –, il tema è il media mix, al quale aggiungere una consapevolezza tecnologica in grado di guidare determinate scelte in un contesto in costante evoluzione da affiancare ai restanti media. P&G, ma presto anche altri investitori italiani, si è scontrata con l’euforia dovuta ai dati e la capacità di colloquiare con utenti in maniera estremamente profilata e quindi targettizzata (non solo su Facebook, fonte principale dei dubbi di P&G, ma anche su tutti i media digitali) che non porta sempre un miglioramento delle performance”. In altre parole, chiarisce Wijeyesekera, “Le
Cristina Ughes, Chief Programmatic Officer – Data Technology & Innovation Practice Lead di Publicis Media
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campagne narrow altamente segmentate non possono e non devono in alcun modo prendere il posto di una pianificazione che ha come obbiettivo l’awareness del consumatore. Ritenere che la somma dei segmenti possa performare come l’insieme di un macro cluster è un errore: serve differenziare gli obiettivi e i KPI ottenendo quindi risultati diversi, da non comparare tra loro in quanto ideati con assunti nettamente differenti. “Il nostro approccio – concorda Cristina Ughes (Publicis Media) – è quello di usare i diversi mezzi in funzione della loro complementarietà, non della competizione fra gli uni e gli altri: per i clienti ‘Tv centrici’, investire nel digital significa andare a cercare reach incrementale, valorizzando questa reach. Non c’è alcuna discordanza con il targeting, perché sempre di raggiungere l’audience desiderata si parla, sia on che off line. Attraverso l’integrazione e il merge di on e off line si può arrivare più efficacemente al risultato richiesto, trovando e quindi raggiungendo attraverso il digital utenti nuovi e aggiuntivi rispetto a quelli raggiunti dal mezzo televisivo”. Attenzione però, chiosa Ughes: “Perché bisogna anche tener presente che le potenzialità del programmatic vanno oltre, permettendoci non solo di cercare e trovare l’utente desiderato, ma soprattutto di seguirlo lungo tutto il funnel”. L’elemento umano Fabrizio Angelini, Ceo di Sensemakers e rappresentante di comScore per l’Italia, offre un ulteriore punto di vista sulla questione: “Escludere la pianificazione online in un mondo sempre più interconnesso e digitale significa precludersi grandi opportunità di business. L’adv digitale ha potenzialità uniche che la differenziano da ogni altra forma di advertising. Deve essere vista non come alternativa, bensì indispensabile piattaforma che arricchisce il media mix. Data la sua natura tecnologica, affidarsi a soluzioni certificate per la misurazione della viewability, dell’in-target, del traffico non umano e della
Fabrizio Angelini, Ceo di Sensemakers e rappresentante di comScore per l’Italia
brand safety aiuta nella comparazione in termini di performance tra una campagna online ed una pianificata sui canali tradizionali, o, ancora meglio, offre strumenti (come il targeting), misurazioni e dati che altri media non permettono”. E soprattutto, prosegue Angelini, “Il digitale consente di raggiungere il proprio target in ogni momento della giornata, in spazi privati non accessibili dalla pianificazione tradizionale televisiva, instaurando con le audience un tipo di comunicazione innovativo e più interattivo rispetto al tradizionale broadcasting. In tal senso, è necessario che i marketer si concentrino sulle metriche veramente rilevanti nella valutazione di una campagna pubblicitaria online, ed è in questa direzione che il recente lancio della soluzione comScore Viewability si è mossa”. Angelini sottolinea quindi che “La profilazione va poi oltre il semplice dato demografico: la ric
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LE PRIME 5 PRIORITÀ DEL MARKETING GLOBALE (2017, PER SETTORE) # TOTALE BRAND EDITORI AGENZIE 1 Content marketing ROI e responsabilità Content marketing ROI e responsabilità 2 ROI e responsabilità Personalizzazione Misurazione Content marketing delle pubblicità accurata dell’audience 3 Misurazione Misurazione Video mobile Pubblicità accurata dell’audience accurata dell’audience programmatica 4 Personalizzazione Content marketing Pubblicità Misurazione accurata delle pubblicità programmatica dell’audience 5 Pubblicità Qualità dei contenuti Personalizzazione Personalizzazione programmatica delle pubblicità delle pubblicità Fonte: ‘Marketing Priorities’ – Newbase – 2017
SECONDO IL 93% dei professionisti del marketing mondiali intervistati da Newbase (ex Publicitas) per la sua ricerca sulle ‘Marketing Priorities’ del 2017, la richiesta di ROI e di misurabilità non è mai stata così importante. Il predominio del content marketing, che lo scorso anno è stato un elemento vincente fra tutti i tipi di audience, oggi è messo in discussione dal crescente focus su responsabilità, misurazione e pubblicità mirate. La chiara differenza fra le priorità delle diverse audience (Brand, Editori e Agenzie) suggerisce che per la pubblicità essere coinvolgente è un must, ma i risultati hanno altrettanta importanza. Dal sondaggio globale annuale realizzato dalla concessionaria per valutare gli spostamenti dei budget pubblicitari e le priorità in campo tecnologico e di marketing che plasmano il settore, emerge una crescente necessità di trasparenza, con il 96% dei professionisti del marketing globale concordi nell’affermare che ‘occorrono una collaborazione e una trasparenza maggiori fra le agenzie, i brand, gli editori e la tecnologia pubblicitaria’. Aumentando il loro coinvolgimento e la loro competenza nell’ecosistema del marketing digitale, i brand nel 2017 si stanno trasformando nella forza trainante dell’innovazione e del cambiamento nel settore. Chiedono una responsabilità e una chiarezza crescenti in merito alle proprie spese multimediali. In questo contesto, ‘fiducia’ è la parola del giorno, che si tratti di fornitori di tecnologie, ambienti pubblicitari o dati. Anche l’importanza assegnata alla misurazione accurata delle audience ha avuto un rialzo significativo negli ultimi dodici mesi, passando dal 33% al 41%. Nel sottolineare la necessità di metriche affidabili, indipendenti e credibili, il 90% degli intervistati concorda sul fatto che occorrerebbe una metrica standard di parte terza per misurare le audience digitali. Inoltre, la maggioranza degli intervistati (54%) pensa che le associazioni di settore dovrebbero assumersi la responsabilità di implementare e supervisionare tale metrica.
chezza di dati disponibili in un ambiente digitale permette segmentazioni alternative basate, ad esempio, sugli interessi delle persone. Il confronto tra targeting e reach implica tutta una serie di considerazioni basate sulle esigenze specifiche di
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una campagna: quale prodotto sponsorizziamo, su quanti mercati operiamo, quale pubblico si vuole coinvolgere, etc. In definitiva, il digitale mette a disposizione dell’advertising strumenti che i media tradizionali non si possono
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Sean Buckley, Chief Revenue Officer SPotX
permettere. Ma sono appunto strumenti: l’efficienza dipende da come vengono usati, ovvero dall’elemento umano”. Dis-unità di misura Dal discorso di Angelini prendiamo spunto per andare a ad affrontare un secondo argomento, che molto probabilmente rappresenta la necessità più impellente avvertita oggi dagli inserzionisti e dall’intero mercato, che per continuare a crescere ha immediata e assoluta necessità di standard di misurazione e certificazione condivisi da tutti gli operatori. Se non si raggiungerà questo traguardo, il concetto stesso di Return On Investment rischia di rimanere puramente ‘virtuale’. “A livello globale, il mercato è ancora oggi enormemente frammentato per tutto ciò che riguarda l’area della misurabilità e della misurazione – conferma Sean Buckley (SpotX) –, con variazioni e oscillazioni molto ampie fra operatore e operatore, che a seconda dei casi e degli specifici obiettivi forniscono numeri o indici assai diversi fra loro generando confusione fra i clienti,
le agenzie e gli stessi publisher. Per quanto ci riguarda, offriamo ai clienti una varietà di opzioni all’insegna della massima flessibilità a seconda delle loro esigenze. Detto questo, siamo completamente d’accordo con la richiesta del mercato di una maggior standardizzazione, e stiamo lavorando a stretto contatto con IAB per mettere insieme tutte le componenti di questa industry e arrivare a una definizione comune e condivisa di standard precisi su tutti i diversi KPI”. Secondo Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, la capacità di individuare formati pubblicitari sempre più efficaci e di sviluppare creatività ad hoc per il digitale sono due dei fattori critici di successo per lo sviluppo del mercato nei prossimi anni, ma a tutto questo si affianca “La necessità di strutturare, all’interno delle imprese italiane, strategie evolute di misurazione delle performance della pubblicità e di valutare puntualmente il contributo del canale online ai risultati di business. Lo stadio di maturità dei top spender rispetto alla misurazione delle prestazioni dell’advertising è molto variegato. Tendenzialmente, gli attori che dispongono di touchpoint di conversione digitali (in particolare le aziende eCommerce) hanno introdotto strumenti e processi che supportano la misurazione integrata delle performance. Non stupisce che in questo scenario in cui mancano standard di mercato, sia in termini di approcci alla misurazione sia in termini di metriche condivise, le aziende più evolute che hanno sviluppato modelli sofisticati (in termini di processi, strumenti, routine e cultura aziendale) considerino tali asset aziendali come un patrimonio in grado di generare vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti”. “Esistono enti di audit internazionali che si sono mossi in questa direzione – riprende la parola Angelini –, e che si sono impegnati a fornire e aggiornare costantemente gli standard di misurazione internazionali di riferimento, quali, per esempio, quelli per la misurazione della
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viewability su formati display e video. La soluzione vCE di comScore per la post-validazione delle campagne è stata la prima a ottenere dal Media Rating Council (MRC), ossia la massima autorità di audit in ambito internazionale nella misurazione dei media, la certificazione sia per il modulo di viewability, brand safety, invalid traffic (compreso quello sofisticato), sia per il modulo di audience (http://www.comscore.com/AboutcomScore/Third-Party-Review). Le nostre misurazioni sono quindi basate su standard riconosciuti dai principali enti di audit nel mercato digitale, e sottoponiamo costantemente i nostri prodotti a processi di auditing di enti terzi. In questo modo siamo in grado di garantire la massima trasparenza al mercato, e la sicurezza ai nostri clienti che le metodologie applicate in tutti i Paesi in cui operiamo restituiscano risultati comparabili e certificati”. Misurazioni ‘olistiche’ Un’ottica meno verticale sul tema della misurazione è quella proposta da Cristina Ughes: “La struttura di cui si è dotata Publicis Media – dice infatti – è volta a soddisfare esattamente questa tipologia di esigenza, che è una necessità primaria per tutti i clienti e per tutte le agenzie. Per questo abbiamo una Practice dedicata allo sviluppo dei tool di misurazione che ci permette di valutare il ROI soprattutto quando si parla di attività integrate su tutti i media. Ovviamente il mezzo digitale è quello che più facilmente permette una misurazione ‘completa’ di ogni attività: ciò su cui abbiamo diversi progetti, anche a livello global, è proprio quello di avere uno strumento in grado di mettere insieme quelli che sono i risultati dei diversi media per calcolare il ritorno degli investimenti complessivi pianificati per conto del cliente. La nostra risposta a questa necessità è quindi riuscire a dare al cliente un tool di misurazione unico, capace di valutare l’investimento media non per canale ma indistintamente”.
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Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media
A quale stadio sono le cose da un punto di vista concreto? Sono già state realizzate soluzioni di questo tipo? “Ci sono diversi progetti realizzati per alcuni clienti – risponde Ughes –: ciò che è il ‘next step’ a livello di gruppo e globale e che richiede investimenti importanti, anche in termini di risorse che lavorano su questi tool e sulle analisi derivate, è sicuramente riuscire a rendere più facilmente ‘scalabili’ questi sistemi, che per loro stessa natura richiedono una forte customizzazione sulle esigenze del singolo cliente”. Con questa visione ‘olistica’ della misurazione è d’accordo anche Quaroni: “Oggi ci sono effettivamente gli strumenti per misurare con intelligenza i risultati di una campagna pubblicitaria – ricorda –, ma non è una cosa che si può fare dall’oggi al domani: bisogna innanzitutto avere la consapevolezza che esistono strumenti di intelligence in grado di valutare l’efficacia delle campagne di marketing, e già questo non si può dare per scontato, e poi bisogna soprattutto
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dotarsi di consulenti che lo siano davvero, che dicano a chi investe come stanno veramente le cose senza buttare fumo negli occhi. Misurare efficienza ed efficacia di una campagna, valutarne effettivamente l’impatto, vuol dire mettere nero su bianco quali sono le cose che funzionano e quelle che non funzionano”. Con gli strumenti giusti si può arrivare a livelli di precisione straordinari, ribadisce Quaroni: “Già da almeno un paio d’anni i marketer possono
dotarsi di strumenti di misurazione e di attribution evoluti, capaci di analizzare i dati delle campagne online, correlarli a quelli delle campagne offline e verificare il reale impatto sulle vendite di tutte le attività di marketing. Con un po’ di volontà e di pazienza, quindi, oggi si possono fare analisi incredibilmente dettagliate e puntuali su come spendere al meglio il proprio budget di marketing: questo vuol dire che il fine tuning non è più una chimera, sia on che off line”.
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Le 5 facce del Programmatic Appunti e riflessioni sull’evoluzione del programmatic e le necessità più impellenti per un corretto ed efficace funzionamento del sistema: in questo capitolo, Paola Furlanetto prende in considerazione i pro e i contro dell’Automated Advertising, come IAB USA ha deciso di ribattezzare il programmatic, mostrando i pre-requisiti per un utilizzo sempre più strategico di questa tecnologia
DALLO SCORSO maggio, IAB USA ha preso la decisione di rinominare le attività legate al programmatic in Automated Advertising. Un segnale forte che inquadra l’attività per quella che è: un sistema di automazione da cui non è possibile prescindere. In molte aziende ci si pone ancora la domanda sull’opportunità del programmatic. Si può scegliere se automatizzarsi o no? Non credo. La non-automazione è antistorica. Ma possiamo decidere come farlo. Mettere ‘in sicurezza’ il mercato Mercato e player dispongono di numerose leve per procedere in sicurezza, e la industry della comunicazione può decidere se dare piena libertà, regolamentazione o linee guida agli operatori. Quest’ultima strada sembra essere quella intrapresa dagli Stati Uniti e dall’Italia che, rispettivamente con la certificazione di MRC e con il Libro Bianco di UPA, indicano standard qualitativi minimi per il mercato. Nel ribadire l’importanza della legalità, sono indicati comportamenti virtuosi per uno sviluppo corretto ed efficace delle relazioni commerciali. Si tratta di prassi volte a migliorare la gestione del business digitale e che costituiscono premessa necessaria per l’automazione. I player dell’automated advertising sono molti, in continua evoluzione e interdipendenti. Affinchè la frammentazione sia gestibile e ottimizzabile, 36
Paola Furlanetto https://it.linkedin.com/in/pfurlanetto @paolafurlanetto https://twitter.com/paolafurlanetto
sono quattro le componenti chiave che ne razionalizzano l’informazione: 1. Profilo e caratteristiche dell’offerta. 2. Classificazione ‘dinamica’ delle variabili che ne determinano la qualità delle performance. 3. Identificazione delle aree di rischio. 4. Flessibilità, ossia relazione fra automazione e flussi di lavoro aziendale, capacità di adattarsi nei tempi e nei modi.
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La gestione di tutto questo può essere più semplice se inseriamo il programmatic nello scenario che gli compete, fatto di cinque variabili di natura tecnologica, politica, economica, etica, tecnica. Molte discussioni avvengono nelle sedi più appropriate sui temi tecnologico, economico ed etico. In questi appunti tralasceremo alcuni degli aspetti già molto dibattuti (come le frodi e la brand safety) o squisitamente tecnologici (peraltro centrali all’automated advertising), soffermandoci piuttosto su alcuni aspetti politici, etici, tecnici. La variabile Politica Dice Cosimo Accoto nel suo saggio più recente Il Mondo Dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale, (vedi box) che “il codice è modellare il futuro”, e che “il software trasforma in profondità il nostro concetto di ciò che è possibile”. La programmazione, e dunque l’automazione, ha un ruolo politico non indifferente. Nell’automated advertising rientra il corretto inquadramento del futuro sviluppo della comunicazione commerciale. Si tratta di definire le finalità comunicative, articolare i concetti fondamentali, fornire garanzie necessarie allo sviluppo. Come vedremo più avanti, è appannaggio del programmatic anche la futura definizione di metriche universali quali ‘copertura’ e contatto. Risiede dunque nella mancata comprensione del ruolo del codice e del software l’incapacità di dare al programmatic l’importanza che gli è propria. Chi ritiene che la programmazione sia sottomessa all’innovazione, fa torto al codice. E soprattutto chi intende il programmatic in una sola ottica problem solving fa torto alla comunicazione, ai suoi valori, alla relazione con il consumatore nel suo customer journey. Anche a livello di organigramma aziendale, la gestione del programmatic si limita spesso alle
sole figure operative. Sono invece i livelli alti delle aziende a dover segnare le direttrici di sviluppo del software, in un’ottica di relazione economica più ampia e strutturata. L’automated advertising è infatti la culla della relazione fra azienda e consumatore. Con l’intelligenza artificiale sarà probabilmente proprio l’automazione programmatica a mettere in relazione le aziende con le macchine/device. Un auspicio importante, per evitare che la industry della comunicazione imploda, sostituita dai soli quattro – o poco più – soggetti operanti. La variabile etica Due sono i temi caldi sul fronte etico: uso dei dati e conflitto di interesse. Si tratta di argomenti che in passato hanno segnato la relazione fra aziende e consumatore e che oggi riguardano la industry nel suo complesso. Nei contratti fra le parti il tema è spesso latitante o presente in modo poco strutturato. Prima ancora di entrare nei risvolti commerciali, si tratta dunque di sistematizzare l’ABC del rapporto fra le società. Utili indicazioni giungono dal sistema legislativo vigente nelle relazioni con i privati, da cui possiamo trarre quattro raccomandazioni: 1. consapevolezza dell’utenza sull’uso che può essere fatto dei propri dati; 2. sottoscrizione dei relativi accordi; 3. durata dell’agreement, possibilità di opt out anticipato e relative regole; 4. disclaimer sul conflitto di interesse (da applicarsi a tutta la filiera, e non soltanto all’arbitraggio delle agenzie che è senza dubbio il più evidente – ma non l’unico – caso di conflitto) Sarà dunque la ‘scelta consapevole’ l’orientamento più opportuno da tenere nei casi di conflitto di interesse e gestione dei dati. La variabile economica La variabile economica è la piu nota fra quelle che abbiamo citato.
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I player del mercato identificano nell’automated advertising almeno 2 aree critiche: 1. L’arbitraggio che, ricordiamo, consente alle agenzie media non solo di fare profitti ma spesso di pagare il costo del lavoro non riconosciuto dalle remunerazioni a contratto con l’utenza. 2. La lunga filiera delle piattaforme tecnologiche con i loro costi e mark up. Delle possibili soluzioni all’arbitraggio abbiamo fatto menzione nel paragrafo dedicato all’etica. Mentre per quanto attiene il canale lungo, cosi come per tutte le forme di comunicazione ‘native’ che siano publisher driven, resta importante l’evidenziazione in fattura di tutte le voci di costo, alla massima forma di dettaglio. La variabile tecnica Come ha ben sintetizzato Enrica Seregni, Media & Digital Manager Danone: “il programmatic è un ottimizzatore”. Vi sono tre aree che sollecitano il nostro interesse e sono: 1. Interfaccia e performance, dunque usabilità e feature; 2. Modelli, cioè logiche che sovraintendono agli algoritmi di ottimizzazione e i relativi vincoli impostati dagli operatori; 3. Metriche, dunque caratteristiche e limiti dei KPI d’uso comune e linee guida per il futuro. L’interfaccia è di primaria importanza per chi opera, ma è la trasparenza dei modelli che ha rilevanza in caso di arbitraggio, mentre sono le metriche a richiedere maggiore attenzione per lo sviluppo futuro del sistema. È infatti proprio dalla definizione di alcune metriche (prima fra tutte la copertura), che dipende il successo di una comunicazione, basato anche sul numero di consumatori effettivamente raggiunti. L’automated Advertising offre l’opportunità del calcolo della copertura reale, unendo touchpoint differenti. Le potenzialità sono straordinarie: si
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rendono però necessari diversi passaggi. I principali sono: 1. Definizione omogenea del periodo di tempo entro il quale viene valutata la copertura. Che si tratti di cookie o di rilevazione campionaria sulle audience, la copertura è indissolubilmente legata al time-frame. A un certo punto, l’individuo non viene più seguito: esso viene dunque considerato nuovo soggetto e i contatti da frequenza tornano a essere copertura. 2. Identificazione dello user/individuo nel percorso multi-schermo. 3. Identificazione dello user/individuo nel percorso multi-canale. Su questi temi, soprattutto sul secondo, si concentra anche parte dell’attuale dibattito sulla tecnologia. Tirando le somme Parafrasando Accoto, “Il software del programmatic trasforma in profondità il nostro concetto di ciò che è possibile”: è dunque necessaria una visione a più ampio respiro sul tema, che esca da una logica meramente problem solving e segni, strategicamente, le linee guida del futuro. L’automated advertising ha il potenziale per divenire la culla delle relazioni fra azienda e consumatore: chi ne segna le direttrici dà l’impronta al mercato. Lasciare la gestione strategica ai soli soggetti economici può aumentare la frammentazione e diminuirne l’efficacia (l’efficienza dell’automated advertising è inversamente proporzionale alle barriere). Vi sono tre aspetti tecnici chiave che costituiscono la necessaria premessa a uno sviluppo virtuoso dell’automated: uniformità del time frame di copertura, identificazione dello user nel percorso multi-screen, identificazione dello user nel percorso multicanale. Conflitto di interesse e gestione dei dati sono temi trattati poco e male nelle relazioni fra entità commerciali, e in primis nella relazione
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IL MONDO DATO UN’AUTO intelligente, Tesla, in corsa rallenta improvvisamente. Il passeggero si stupisce, tutto gli sembra in realtà tranquillo. Dopo pochi secondi, due auto che la precedono si scontrano in un incidente grave. L’auto ha ‘intuito’ quello che stava per succedere in anticipo. È solo uno degli esempi reali di un mondo in cui la comunicazione comincia a fluire dal futuro al presente e non più, come è stato finora, dal passato al presente. Dati e intelligenza artificiale stanno costruendo una nuova architettura della comunicazione anticipata, a feed-forward - come spiega Cosimo Accoto nel suo nuovo libro – Il Mondo Dato (Egea, collana ‘Cultura e Società’, 160 pagine) – uscito lo scorso gennaio. Il libro è un viaggio esplorativo dentro la nuova società tecnologica, algoritmica e artificiale, letta con la lente interpretativa della filosofia digitale più avanzata. Un approccio insolito e visionario per indagare un mondo sempre più costruito attraverso codice software, dati, sensori, algoritmi, intelligenza artificiale e piattaforme. Alla frontiera della cultura digitale internazionale più innovativa, il libro racconta, in maniera semplice ma coinvolgente, il potere creativo e generativo del codice, le nuove ecologie fatte di sensori corporei e ambientali, gli impatti tecnologici e di business dell’intelligenza artificiale, le nuove strategie e le piattaforme dell’economia algoritmica e, da ultimo, l’emergenza di nuovi protocolli di rete come la blockchain. Per chi si occupa di comunicazione, il libro offre molte nuove prospettive per riflettere su un mondo che sta cambiando velocemente: l’idea di un marketing dell’anticipazione (e non più dell’attenzione), fatto di algoritmi e intelligenze artificiali previsionali; il concetto di un’esperienza del consumatore sempre più distribuita tra oggetti intelligenti e assistenti virtuali (o ex-perienza come la definisce Cosimo); la prospettiva dei nuovi media atmosferici in cui canali e contenuti spariscono per lasciare il posto ad ambienti pervasivi senzienti. Un’analisi affascinante e inedita, ricca di stimoli e prospettive strategiche per communication, advertising e marketing manager sempre più alla ricerca di idee di innovazione d’esperienza per i propri clienti e consumatori.
fra utenza e agenzia. Ancora una volta la ‘scelta consapevole’ può essere la soluzione migliore. Disclaimer, accordi commerciali per i dati, opt out e, naturalmente, penali, possono migliorare
la natura dei contratti e strutturare in modo più efficiente il futuro dell’automated advertising. Paola Furlanetto
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Voglia di trasparenza Strade diverse, ma una sola esigenza: trasparenza e responsabilità. Mentre in Francia la Legge Macron estende alla pubblicità online (con esplicito riferimento a programmatic e real time bidding) gli obblighi di trasparenza verso gli inserzionisti stabiliti dalla Loi Sapin, in Italia arriva il Libro Bianco sul Digitale voluto e realizzato da tutti gli stakeholder del mercato
DAL CASO METHBOT – una frode che lo scorso anno ha sottratto al mercato pubblicitario qualcosa come 5 milioni di dollari al giorno per diverse settimane –, all’inconsapevole finanziamento di siti ‘sbagliati’ (dalla pornografia al terrorismo), fino al rallentato ma continuo aumento del numero di consumatori che ricorrono agli adblocker… Insieme a viewability, sicurezza e traffico non umano sono tutti argomenti sintomatici di un problema a monte: la capacità – o meno – del sistema di regolarsi o autoregolarsi, in nome di una trasparenza che non è questione meramente etica ma anche e soprattutto di valore economico. Perché “Senza trasparenza non c’è fiducia, e senza fiducia non ci sono investimenti e non c’è crescita”, come ha dichiarato il presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi. Presentando il Libro Bianco sulla Comunicazione Digitale appena pubblicato, all’interno del quale trasparenza, fiducia e responsabilità sono appunto le parole chiave. Promosso da 8 associazioni di settore – Assocom, FCP, Fedoweb, FIEG, IAB, Netcomm, Unicom e UPA – che per la prima volta hanno realizzato uno sforzo congiunto (ci sono voluti ben 10 mesi di lavori), superando le divisioni e in alcuni casi anche le rivalità, il volume ha l’intento 40
Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente UPA
di innalzare il livello di conoscenza e trasparenza che caratterizza l’universo della comunicazione digitale. “La pubblicazione – spiega Sassoli de Bianchi – vuole essere una concreta risposta alla diffusa richiesta
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sentano un universo composito dove vivono e convivono advertiser, agenzie creative e media, concessionarie, publisher, società di ad tech e merchant, ossia l’intero mondo della comunicazione – hanno infatti deciso di dar vita a un tavolo permanente di confronto, che semestralmente produrrà nuovo materiale, qualora sia necessario. A far la differenza, in termini di riuscita dell’iniziativa, è soprattutto la decisione di Google e Facebook di fornire una ‘adesione di massima’ al Libro Bianco. L’unico nodo sul quale non è stato ancora trovato un accordo, ha precisato Sassoli, è riferito alla quantificazione degli investimenti pubblicitari, sia nel loro complesso, sia per azienda. Il presidente UPA si è detto tuttavia ottimista: “Stiamo lavorando al tema e scioglieremo il nodo nei prossimi sei/nove mesi”.
di certezze, chiarezza e fiducia nel mondo digitale. Un vademecum utile, una guida solida, una mappa di indicazioni generali destinata a tutta la industry”. Il Libro Bianco propone infatti un insieme di indicazioni di comportamento (sarebbe errato definirle ‘regole’ non essendo previste sanzioni) da seguire per favorire una sana competizione nel mercato e uscire dall’opacità (soprattutto lato programmatic). Un insieme di ‘paletti condivisi’ su cui tutti gli attori della filiera devono poter contare. Ma non solo, perché il Libro Bianco (edito sia in formato cartaceo, sia online) intende rappresentare un punto di partenza e non di arrivo: le otto associazioni – che rappre-
I contenuti del Libro Bianco Entrando nel merito dei contenuti, gli argomenti che caratterizzano il Libro Bianco sono 7, anche se l’ultimo, relativo alla trasparenza nell’uso dei dati personali e legato alle nuove regole sulla privacy di futura entrata in vigore a livello europeo, sarà edito successivamente. 1. Viewability Intesa sia come regole (misuratori certi terzi indipendenti, report standard per facilitare la lettura dei dati), sia come criteri: - Necessità di società di misurazione terze, indipendenti e certificate. - Regole di ingaggio fra le parti prima di iniziare la misurazione di viewability di una campagna. - Approfondimento tecnico sui criteri di misurazione. - Riconoscimento delle limitazioni tecniche esistenti. - Riconoscimento delle certificazioni MRC e ABC, con la vo
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lontà di costituire un certificatore italiano o europeo. 2. Trasparenza della filiera Soprattutto in riferimento al programmatic (competenze media, tecnologia e gestione dati, fino alla trasparenza dei flussi finanziari): - Glossario dei termini relativi alla filiera. - Descrizione dei flussi finanziari. - Dichiarazione di quali società vengono attivate nel delivery delle campagne. - Definizione di due modelli principali di acquisto in programmatico – bundled e unbundled – con relative possibilità di reportistica dei risultati, controllo e auditing da parte dell’advertiser. - Definizione della trasparenza fra publisher/concessionarie e SSP. 3. Ad fraud Contrasto dei player che inquinano il mercato: - Tassonomia condivisa. - Impegno a monitorare le frodi con società di rilevazione certificate MRC. - Impegno a contrastare i player che inquinano il mercato. - Impegno a garantire all’advertiser trasparenza sui risultati di ad fraud. 4. Brand safety e brand policy: - Distinzione in 3 livelli: siti illegali, siti contrari alla brand policy, contenuti contrari alla brand policy. - Divieto di vendere/pianificare siti illegali, con definizione di alcune categorie particolarmente sensibili. - Accettazione di blacklist/whitelist. - Si sconsigliano le modalità di vendita/acquisto blind e senza distinzione fra traffico organico e aggregato. - Necessità di accordo preventivo sui contenuti contrari alla brand policy.
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5. User Experience: - Dati ufficiali sulla penetrazione dell’ad blocking in Italia. - Monitoraggio dei lavori della Coalition for Better Ads. 6. Trasparenza sugli investimenti pubblicitari Per offrire una sintesi e un punto di riferimento per chi investe e per disporre di informazioni attendibili e corrette: - Confronto fra dati Nielsen e Politecnico/ IAB per i dati a totale mercato. - Descrizione della metodologia Nielsen per stima degli investimenti per settore/azienda. - Invito ad ampliare il numero di publisher che dichiarano i loro fatturati. Trasparenza? Per legge! Atteso con impazienza fin dal 2015 da tutti gli operatori della media industry francese, il testo definitivo della Legge Macron, della quale è stato promotore l’attuale Presidente della Repubblica d’Oltralpe, è stato pubblicato sul Journal Officiel lo scorso febbraio ed entrerà in vigore dal 1 gennaio 2018. Per una curiosa coincidenza, o più semplicemente per i corsi e ricorsi storici ed economici, la legge è stata pubblicata e quindi controfirmata proprio mentre Ministro dell’Economia, delle Finanze e degli Affari Digitali era tornato Michael Sapin, sostituendo Emmanuel Macron in corsa per le elezioni presidenziali poi vinte. Promulgata quasi due anni fa, la legge aggiorna infatti all’era di Internet proprio la Legge Sapin del 1993 contro la corruzione e per la trasparenza nella compravendita di spazi pubblicitari, precisando le modalità di rendicontazione da parte delle concessionarie nei confronti degli inserzionisti con espliciti riferimenti alla modalità del programmatic e del Real Time Bidding. Come indica dettagliatamente il testo, le
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Emmanuel Macron, attuale Presidente della Repubblica, è stato il primo promotore della legge che porta il suo nome per la regolamentazione del mercato francese della pubblicità digitale
disposizioni si applicano “alle prestazioni di pubblicità digitale intese come quelle che hanno per oggetto la diffusione di messaggi su qualsiasi apparecchio connesso a internet, quali computer, tablet, telefoni mobili, televisori e schermi digitali”. Nel quadro di tali attività, la concessionaria dovrà precisare all’inserzionista la data e il posizionamento in cui sono stati diffusi gli annunci, il prezzo globale della campagna così come il prezzo unitario degli spazi pubblicitari fatturati. Le concessionarie dovranno altresì informare gli inserzionisti del ‘risultato delle prestazioni’, secondo i criteri convenuti insieme, come ad esempio il numero di pagine viste, le impression o il numero di clic generati.
Cosa dice esattamente la nuova legge e soprattutto come lo dice? Ecco il testo. Art.3 Per le campagne pubblicitarie digitali che fanno leva su metodi di acquisto e di prestazioni in tempo reale su spazi non garantiti, specialmente attraverso meccanismi di vendita all’asta, per le quali i criteri determinanti dell’acquisto sono il profilo degli internauti e l’ottimizzazione della performance dei messaggi, il venditore di spazi pubblicitari comunicherà all’inserzionista un r endiconto che comprenda quanto meno le informazioni seguenti:
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L.SIOTIS (SPOTX): L’INNOVAZIONE È PIÙ VELOCE DELLA LEGISLAZIONE Cosa pensa della Legge Sapin e di un tale metodo per regolamentare l’ecosistema digitale? La Legge Sapin originale è stata pensata in Francia per contrastare la mancanza di trasparenza del mercato negli anni ’90: in termini terra terra, la legge prevede che ogni qualvolta una concessionaria emette una fattura a nome dell’agenzia media per conto di un cliente, un’identica copia di quella fattura sia inviata al cliente stesso per evitare Dn o sconti ‘nascosti’. Credo però che questo tipo di iniziative e di leggi possa sempre generare una catena di conseguenze inattese perfino quando sono disegnate con le migliori intenzioni, andando a scontrarsi per di più con l’atteggiamento di chi vuole comunque nascondere Léon Siotis, Managing Director, UK & Southern dietro un velo le proprie attività. Europe SpotX In altre parole, fatta la legge, trovato l’inganno… Regole e leggi di per sé sono necessarie: ma non dimentichiamoci che le persone infrangono leggi e regolamenti tutti i giorni, quindi la garanzia di trasparenza resta un miraggio… Sarebbe molto meglio una reale volontà e un reale sforzo di autoregolamentazione che unisca e salvaguardi le esigenze di tutti gli operatori della filiera, assicurandosi al tempo stesso che ciascuno degli stakeholder giochi secondo le stesse regole. Ciò vale anche per un comparto dove le controparti non sono più due – agenzie e concessionarie – ma una lunga serie di intermediari? È vero, la frammentazione del mercato rende certamente tutto più difficile. Inoltre, l’innovazione viaggia sempre più rapida della legislazione: il mercato si svilupperà e cambierà molto velocemente, e nel tempo necessario a discutere, approvare ed applicare una legge il mercato sarà per forza di cose già andato molto più avanti.
1° Tra le informazioni che permettono di assicurarsi dell’esecuzione effettiva delle prestazioni e delle loro caratteristiche: a) l’universo della diffusione pubblicitaria, inteso come i siti o l’insieme di siti internet che potranno essere raggruppati in funzione della loro natura o dei loro contenuti editoriali; b) il contenuto dei messaggi pubblicitari diffusi; c) i formati utilizzati; d) i risultati delle prestazioni secondo gli indicatori di performance concordati al
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momento dell’acquisto, quali il numero di annunci display pubblicati (per esempio ‘impression’ o ‘page views’), il numero di interazioni avvenute fra gli utenti e gli annunci (per esempio ‘clic’, ‘azioni’) o qualsiasi altra unità di misura giustificativa dell’esecuzione delle prestazioni; e) la somma totale fatturata per una stessa campagna pubblicitaria e, se del caso, tutti gli altri elementi concordati con l’inserzionista relativi al prezzo degli spazi. 2° Tra le informazioni che permettono
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di assicurarsi della qualità tecnica delle prestazioni: a) gli strumenti tecnologici, le competenze tecniche e i fornitori tecnologici utilizzati per la realizzazione delle prestazioni; b) l’identificazione delle parti interessate, distinti dai fornitori di tecnologie digitali, coinvolte nella realizzazione delle prestazioni; c) i risultati ottenuti in rapporto agli obiettivi qualitativi definiti dall’inserzionista o dalla sua agenzia prima del lancio della campagna, quali il target, l’ottimizzazione o l’efficacia. 3° Tra le informazioni riguardanti le modalità messe in atto per proteggere l’immagine della marca dell’inserzionista, tutte le misure adoperate, compresi gli strumenti tecnologici, per evitare la diffusione di messaggi pubblicitari su supporti illeciti o all’interno di ambienti di diffusione segnalati dall’inserzionista come potenzialmente dannosi all’immagine della sua marca o della sua reputazione. 4° Se del caso, le condizioni di attuazione degli impegni sottoscritti nel quadro delle ‘buone prassi’ applicabili al settore della pubblicità digitale. Inoltre, l’inserzionista avrà accesso agli strumenti di reporting eventualmente forniti dall’agenzia. Fatti, non parole A questo punto diamo quindi la parola a chi quotidianamente si trova a fare i conti con la necessità operativa di assicurare trasparenza e guadagnarsi la fiducia dei clienti. Fides Tosoni (GroupM), va al nocciolo della questione fornendo alcuni dati: “Premettendo che, in Italia, il fenomeno della frode pubblicitaria non sembra aver raggiunto
Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer GroupM
livelli preoccupanti rispetto ad altri mercati (come quello americano), quello che osserviamo da analisi interne è che l’acquisto in programmatic mostra tassi di traffico non umano allineati a quelli dell’acquisto tradizionale, oltre a percentuali di viewability più alte rispetto alla media di mercato e in crescita nel tempo. Le campagne automatizzate gestite dalle agenzie del Gruppo registrano, infatti, tassi di traffico non umano che si aggirano intorno all’ 1% e di Viewability superiori al 60%”. GroupM mette a disposizione dei propri clienti tecnologie e principi guida in grado di assicurare la qualità del media gestito, occupando già da tempo una posizione di leadership su queste tematiche: “Siamo infatti la prima e sola advertising holding company ad avere nominato, nel 2016, un senior executive come Responsabile della gestione dei temi legati alla Brand Safety
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con l’obiettivo di guidare il miglioramento su viewability, anti-fraud, anti-piracy, ad blocking e altro ancora; inoltre, siamo membri della Coalition for Better Ads, una coalizione che include agenzie media, enti, advertiser, editori e big player del web, nata con l’obiettivo di valutare e migliorare l’esperienza online del consumatore, fornendo linee guida all’advertising online. Come ulteriore dimostrazione dell’importanza che diamo a questi temi, in Italia, Xaxis, ha investito sul monitoraggio delle campagne dei clienti attivando dall’anno scorso una collaborazione con un ente terzo, Integral Ad Science (IAS). In questo modo ogni impression servita viene monitorata salvaguardando la Brand Safety e migliorando tutte le metriche e i KPIs di qualità richiesti dai clienti”. Nel lavoro di continua ottimizzazione, osserva però Tosoni, vanno tenute in considerazione tutte le limitazioni che la tecnologia presenta ad oggi. E questo riporta parzialmente al tema già affrontato della misurazione e delle misurabilità. “Non tutti i formati digitali sono misurabili adeguatamente – afferma infatti la Chief Digital Transformation Officer di GroupM: il video necessita di protocolli specifici per poter essere misurato e gli spazi display presentano ancora delle lacune in ambienti mobile web e in-app o su formati non standard. È quindi fondamentale lavorare sulle discrepanze di misurabilità anche a livello di industry: non solo si deve adottare uno standard comune, ma diventa essenziale garantire un processo e un metodo di misurazione condivisi, agendo sull’intera supply chain. Per promuovere questo cambiamento GroupM – sia a livello globale che locale – ha deciso di assumere una chiara posizione su queste tematiche, creando e finanziando attività quali quelle
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promosse dal Trustworthy Accountability Group (TAG) o lo sviluppo del programma Ad Choices all’interno della Digital Advertising Alliance. Infine, in ottica di miglioramento della comunicazione pubblicitaria digitale, è importante rivedere le linee guida di affollamento degli spazi in pagina, identificando regole di ingombro e di frequenza, e continuare a innovare il settore, con l’obiettivo di guidare il miglioramento della user experience del consumatore. Miglioramento che è probabilmente uno dei motivi di sostanziale stabilità e contenimento del fenomeno dell’ad blocking, che, come rilevato dalla seconda edizione della ricerca Lo stato dell’arte dell’Adblocking in Italia condotta nel novembre 2016 da GroupM per le principali associazioni di categoria (Assocom, Fcp-Assointernet, Fedoweb, IAB Italia, Netcomm, UPA), rimane assestato su un 14.3% dei navigatori da pc”. Una visione integrata “Come dimostra la nostra apertura agli audit esterni, la trasparenza nell’ecosistema digitale è una questione prioritaria per comScore – conferma Fabrizio Angelini –. Questo si riflette anche sulle soluzioni che mettiamo a disposizione del mercato. Per esempio, vCE, la soluzione per la misurazione delle campagne digitali, ha da sempre incluso in un unico tool la misurazione di più metriche (viewability, brand safety, invalid traffic, erogazione in geo, in-target). Questo perché i marketer abbiano una visione complessiva dell’andamento delle campagne, non limitata a una solo metrica. D’altronde a che cosa serve una impression viewable ma consumata da un bot?”. Inoltre, aggiunge Angelini, non si tratta solo di un problema legato alla capacità del sistema di autoregolamentarsi, in quan-
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to intervengono anche altri fattori: “Esistono certamente casi di frodi, o di erogazioni inappropriate di adv. Ma il settore ha a che fare anche con l’esperienza dell’utente (il cui comportamento di navigazione impatta sui tassi di viewability), con aspetti di tipo tecnologico (l’invalid traffic, oltre a includere frodi vere e proprie, comprende anche il traffico ‘di routine’ generato da bot e spider, che frodi non sono), e con elementi di tipo contestuale (al di là di siti pornografici e inneggianti alla violenza, per un brand può essere non appropriato un contenuto che è invece ritenuto appropriato per un altro brand). E qui il settore non può far altro che adottare le misurazioni che il digitale mette a disposizione per controllare gli eventi, evitando comportamenti schizofrenici dettati dall’emergenza di turno”. Ben vengano quindi, da un lato, iniziative regolatorie o di associazioni di settore sul tema come il Libro Bianco, osserva ancora Angelini: “Ma dall’altro, se proprio vogliamo vedere una capacità del sistema di autoregolamentarsi, questa risiede proprio nell’adozione da parte di tutti gli attori della filiera di una visione integrata delle metriche e degli strumenti che permettano di tenere monitorate le campagne e intervenire in tempo reale quando emerge una criticità”. La qualità risolve ogni problema “Se posso parlare francamente – dice Enrico Quaroni (Rocket Fuel) –, dal mio punto di vista chi ha prodotti o soluzioni di scarsa qualità questi problemi deve ancora risolverli, ma nel caso di Rocket Fuel sono tutti ampiamente risolti già da tempo! La misurazione e i parametri della brand safety o della viewability dipendono dalla tecnologia che si va ad adoperare.
Enrico Quaroni, Regional Director Southern Europe & MENA Region di Rocket Fuel
E la questione del controllo è sempre spinosa: chi controlla cosa? E chi controlla i controllori? Fa tutto parte di una specie di ‘gioco delle parti’ del quale le aziende devono avere consapevolezza. Per quanto poi riguarda più in generale la cosiddetta ‘trasparenza’, a mio parere finché si assicurano al cliente risultati e valore aggiunto il problema neppure si pone. Del resto se non garantissimo loro efficacia ed efficienza giorno per giorno rischieremmo di essere divorati dai grandi colossi che nuotano nello stesso mare – Google, Facebook e così via. La piattaforma di Rocket Fuel è totalmente trasparente: i nostri clienti possono alzare il cofano della macchina quando vogliono e osservare il funzionamento del motore, senza timore di trovarci alcuna sorpresa”. “Intervenire con una legge sui rapporti commerciali fra le parti come hanno fatto
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in Francia lo troverei abbastanza assurdo e soprattutto inutile – commenta Quaroni –: il mercato italiano, e lo dico per esperienza internazionale personale, rispetto a molti altri è già estremamente regolamentato e le pratiche di uso comune sono estremamente trasparenti per tutti gli operatori coinvolti. Se nonostante tutto ciò qualcuno volesse proporre una legge simile non avrei nulla in contrario, ma la verità è che in questo settore all’Italia non servirebbero più leggi, ma ne servirebbero forse di meno. Ciò di cui avremmo bisogno è più chiarezza, più semplicità e meno burocratizzazione!”. Infine, Cristina Ughes (Publicis Media), plaude a ciò che ha fatto e sta facendo IAB Italia, in collaborazione anche con IAB Europe, per cercare di mettere tutti gli operatori del sistema attorno a uno stesso tavolo e arrivare a un’efficace autoregolamentazione: “Per le varie tematiche sono stati aperti più tavoli di lavoro che mettano a fattor comune le diverse esperienze dei diversi operatori di mercato – clienti, agenzie, editori e publisher. E posso testimoniare personalmente che in ciascuno di questi tavoli c’è l’assoluta volontà di trovare regole comuni ed effettivamente condivise e valide per tutti, che salvaguardino in primis il cliente – che come ho detto in precedenza è sempre più consapevole ed entra sempre più nel merito di queste problematiche – ma che allo stesso tempo garantiscano ad agenzie e publisher di fare business in modo sano e totalmente trasparente”. Come testimonia il Libro Bianco, in Italia, in questa fase, c’è un’attenzione larga e condivisa: “IAB si è fatta portavoce di questa necessità di regolamentare il mercato – prosegue Ughes –, e attraverso i suoi tavoli intende capire che cosa non funzio-
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na, come si possono risolvere i problemi e come si può far crescere il sistema nel suo complesso e nel modo più sano e sicuro per qualsiasi player. Il beneficio più evidente è che se il cliente sa che certe attività vengono evitate proprio per ridurre da una parte i rischi di ad blocking e dall’altra la viewability e la sua misurabilità, ovviamente si sentirà più tranquillo e continuerà a investire con maggiore fiducia. Ricordo infine che per quanto riguarda poi la legislazione italiana, grandi passi avanti sono stati fatti sul tema della ‘cookie law’: la situazione è oggettivamente ‘certa’, e pur fissando dei paletti e dei limiti consente comunque di utilizzare i dati in modo corretto. Quindi una legge valida per tutti che ha reso il mercato allo stesso tempo più attento – cosa che paradossalmente può anche essere stata un freno – ma anche più pronto allo sviluppo”.
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Niente di ‘personale’ Se molte aziende hanno avviato un processo di ‘internalizzazione’ del programmatic, a volte portando ‘in casa’ le piattaforme tecnologiche, altre semplicemente creando funzioni specializzate, contemporaneamente per agenzie, concessionarie e specialisti, si stanno aprendo importanti processi di riorganizzazione interna, creando nuovi ruoli e cercando nuove professionalità.
DATI E PROGRAMMATIC rappresentano ormai due fattori chiave per rispondere alle esigenze dei clienti nell’industry della comunicazione. Per tutti gli operatori, una delle sfide più importanti è rappresentata dalla conoscenza. Ma il livello di lettura di questa sfida è duplice: da un lato si tratta di dotarsi di strutture e di persone con le indispensabili capacità operative per far funzionare piattaforme e tecnologie, leggere, analizzare e interpretare i dati trasformandoli in veri e propri insight ‘azionabili’; dall’altro, in virtù della crescente domanda di informazione, cultura e know-how espressa dagli investitori, si tratta anche di avviare progetti consulenziali capaci di ‘formare’ a loro volta i clienti stessi. “Questo è un fortissimo trend che tocchiamo con mano quotidianamente sul mercato – conferma Sasha Wijeyesekera, (Oracle) –. Il desiderio di trasparenza e di controllo è presente negli advertiser oggi più che mai, e la tecnologia rende questo desiderio attuabile. Il rovescio della medaglia è che il mercato dell’adozione tecnologica è maturato più rapidamente di quello delle competenze necessarie per gestire questa nuova complessità. Tutto ciò ha portato quindi alcune agenzie e alcuni consulenti a correre ai ripari per colmare al più presto il gap conoscitivo. Data scientist per il marketing, campaign manager, esperti di advertising, di CRM e di comunicazione non sono più sufficienti, e lo scenario prospetta sempre più un futuro ibrido tra questi ruoli in 50
Sasha Wijeyesekera, Marketing Cloud Sales Executive Oracle
grado di governare a diversi livelli di profondità le piattaforme e i processi portando un valore concreto agli advertiser”. “Per avviare attività così specializzate, dotarsi di profili altrettanto specializzati, capaci di portare all’interno delle strutture il know-how adeguato, è stato per tutti gli operatori del mercato il
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primo, indispensabile passo – indica Cristina Ughes (Publicis Media) –. Il passo successivo, ed è quello che si sta facendo adesso, è crearne di nuovi: sia andando a inserire nuovi profili junior che affianchino i senior già presenti, sia diffondendo il know-how sulle nuove tematiche e problematiche a tutti i livelli delle nostre strutture e agenzie, trasferendo competenze dai team digitali a tutti gli altri reparti per poter sostenere lo sviluppo del mercato”. Grazie anche a IAB e ad altri operatori che organizzano eventi e summit dedicati al programmatic e ai suoi aspetti tecnologici, prosegue Ughes, “Fra i clienti continuano a crescere l’attenzione e l’interesse anche se a livelli diversi a seconda del ruolo in azienda. C’è la consapevolezza che si tratti di un mercato difficile, perché comunque è molto tecnico e da specialisti, ma proprio per questo molti ci hanno esplicitamente richiesto un aiuto sul piano della formazione operativa – cioè sull’utilizzo delle vere e proprie piattaforme –, per capire come sfruttare al meglio lo strumento in termini di mix di investimento, di utilizzo dei dati in loro possesso, di potenzialità creative e quindi, in ultima analisi, come sfruttare tutte le loro capabilities per arrivare a ottimizzare gli investimenti. Formazione di ‘valore’ “Siamo stati pionieri del programmatic in Italia – ricorda Ellis Bosisio (Zodiak Advertising) –. Siamo partiti nel 2011 quando praticamente il mercato ancora non esisteva ed ovviamente siamo stati tra i primi ‘educatori’, sviluppando competenze e formando risorse che a loro volta hanno contribuito alla crescita il mercato. La progressiva digitalizzazione delle aziende e la loro sete di consulenza è un processo naturale supportato dalla democratizzazione dell’acquisto di spazi pubblicitari mediante software (SSP/ DSP). Il nostro ruolo è quello di continuare a migliorare il prodotto offrendo agli editori un vantaggio oggettivo nell’utilizzo della nostra
Ellis Bosisio, COO & CTO Zodiak Advertising
tecnologia e lavorando ogni giorno perché tale vantaggio resti tangibile”. “Ci sembra che oggi, dopo un periodo di studio, la risposta di agenzie e concessionarie alle esigenze di ‘mutazione’ imposte dal nuovo mercato in cui la tecnologia assume un ruolo via via crescente siano molto positive – concorda Luca Morpurgo (FreeWheel) –. Riorganizzazioni e formazione sono all’ordine del giorno e tutto ciò porta all’apertura di nuove opportunità di lavoro per tutte le generazioni, dai neolaureati super tecnologici ai più esperti operatori del media tradizionale: l’importante è affrontare con apertura e propositività ciò che viene sempre più richiesto sia dalle aziende investitrici che dai produttori di contenuti. Il mondo sta cambiando e adeguarsi è un must. Chi sarà in grado di stare al passo con l’evoluzione (o la rivoluzione) del mondo media del terzo millennio sarà vincente sia come professionista che come azienda, e contribuirà a soddisfare la crescente domanda di consulenza e di competenza del mercato. Tutto sommato uno scenario molto positivo”.
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Dove e come si trovano, dunque, le persone e i profili più ‘giusti’ per lavorare in questo settore? “La risposta vera – replica Enrico Quaroni (Rocket Fuel) – è che basta trovare persone intelligenti. È un sistema completamente nuovo e talmente innovativo che non c’è bisogno di particolari profili. Ovviamente per certe funzioni un background con una certa capacità di analisi numerica è utile e ben accetto, ma la realtà delle cose è che per esempio nel mio team ci sono persone laureate in filosofia, in psicologia, in scienze della comunicazione e non solo ingegneri informatici o ingegneri matematici – e tutti loro lavorano a braccetto. Andare a cercare persone con esperienza in questo settore è, prima di tutto, sbagliato, ma soprattutto sono convinto che una persona intelligente e con delle capacità innate valga molto più di una persona mediocre anche se con tanti anni di esperienza”. Oltre il media “Il programmatic non riguarda solo il media – ha spiegato Andrew Benett, global CEO, Havas Worldwide e Havas Creative Group –, ma riflette un cambiamento totale della nostra industry le cui implicazioni e i cui riflessi impattano anche la sfera della creatività. Da molti anni adoperiamo i dati di audience e la personalizzazione dei messaggi per generare soluzioni creative: oggi possiamo farlo meglio, più velocemente e in modo scalabile grazie all’automazione”. Per questa ragione il Gruppo Havas, ha iniziato perciò a offrire ai propri dipendenti un percorso di formazione interno e trasversale, non solo cioè a chi di programmatic si occupa direttamente e operativamente, ma anche a creativi, account e a tutte le altre funzioni della società. Già oltre il 25% dei suoi addetti (circa 5.000 su 20.000) è stato formati per diventare “100% programmatic” attraverso un apposito training program, ovvero una online learning platform chiamata Havas University e diffusa in una quarantina di paesi. Tra questi anche l’Italia, dove il 50% delle
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140 persone della sede italiana che ha partecipato si è certificata. Iniziato come progetto pilota tra maggio e luglio dello scorso anno per gli addetti di Havas Media Group in 15 Paesi, dallo scorso settembre il programma ha coinvolto successivamente anche l’area creativa del Gruppo in oltre 40 Paesi offrendo tre livelli di approfondimento: • Fundamentals, per apprendere il linguaggio e I concetti alla base del programmatic • Advanced, per l’applicazione dei principi nel day by day, con moduli adeguati alla posizione e alla funzione dei diversi addeti • Elite, focalizzato sulle skill necessarie a una visione strategica del programmatic. Nuove skill e nuove professionalità Come spiega Fides Tosoni (GroupM), alla fine a guidare i processi e le attività legate al programmatic è la conoscenza del consumatore, ed è su questo aspetto che si sta concentrando lo sforzo degli operatori: “Il nuovo scenario della comunicazione vede protagonisti tecnologia, digitale e un’esplosione di touchpoint che portano con sé una quantità infinita di dati, da saper leggere e interpretare per poter essere resi azionabili. Tutto ciò richiede, a livello organizzativo, una diversa distribuzione di ruoli, nuove skills e nuove figure professionali che sappiano svolgere attività in contesti in continua evoluzione. Obiettivo comune di GroupM e delle sue Agenzie – forti del know-how e dell’expertise consulenziale nelle strategie di comunicazione e marketing – perseguire l’innovazione continua, per rendere attuabili soluzioni customizzate sulle esigenze dei clienti anche grazie alla DMP proprietaria mCore di [m]PLATFORM, un ecosistema che si basa su dati, tecnologie e competenze per affrontare proprio le nuove sfide imposte dal digitale. La piattaforma [m]PLATFORM offre a GroupM una capacità senza eguali di ottenere una più approfondita conoscenza del consumatore, e permet-
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tere ai propri clienti di raggiungere il proprio target su tutti i canali media, in maniera puntuale. Un importante investimento per trasformare il Marketing e renderlo addressable e accountable in tutte le sue sfaccettature, che consente di offrire al consumatore una comunicazione sempre più rilevante e al cliente la creazione di un’unica audience per tutti i canali. Con evidenti benefici che consistono in
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un’affinità massima, riduzione della dispersione, possibilità di arricchire i dati per una maggiore conoscenza del consumatore e l’impiego di tecnologie di machine learning per ottimizzare i risultati di business delle pianificazioni. Senza dimenticare una puntuale reportistica restituita sulla totalità del piano, per una corretta attribuzione del budget speso e del ritorno sull’investimento”.
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programmaticadv
innovationguaranteed
i protagonisti
iquadernidellacomunicazione
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Arte e scienza dei Big Data Nella crescente complessità del panorama mediatico, che si accompagna alla vertiginosa accelerazione con cui il digital è in fase di sorpasso sui mezzi tradizionali, le soluzioni comScore sono in grado di evolvere con la stessa agilità con cui evolve l’ecosistema, per offrire le migliori misurazioni person-centric in materia di consumo di media ed efficacia della pubblicità digitale
SONO anni determinanti per il settore dei media digitali. Nei mercati di tutto il mondo i dispositivi e i canali utilizzati per accedere ai contenuti si moltiplicano a un ritmo senza precedenti nella storia delle comunicazioni. Le opportunità pubblicitarie generate da innovazioni rapidissime faranno aumentare la quota di mercato degli investimenti digitali rispetto agli altri mezzi di comunicazione, mentre pianificazione e valutazione delle campagne online diventeranno sempre più complesse. La selezione di un sistema e di una piattaforma di misurazione in grado di evolvere con la stessa agilità con cui evolve l’ecosistema, abbracciando il cambiamento dei comportamenti di consumo e la diversificazione delle economie dei media, è di importanza fondamentale, poiché rappresenterà uno dei pilastri della sostenibilità del settore digitale nel prossimo futuro. Grazie a ciò che abbiamo imparato e con le soluzioni sviluppate nel corso degli anni, comScore fornisce una risposta molto evoluta alle esigenze e alle sfide comuni che affrontano colleghi e partner a livello internazionale. Con una visione chiara: offrire le migliori misurazioni person-centric in materia di consumo di media digitali e di distribuzione ed efficacia della pubblicità digitale. Presenza globale comScore ha sviluppato una presenza globale e un percorso di sviluppo unici nella misurazione 56
Fabrizio Angelini, Ceo di Sensemakers e rappresentante di comScore per l’Italia
dei media digitali. Oggi elabora dati digitali provenienti da 172 Paesi e fornisce report syndicated e insight in 75 mercati nazionali, utilizzando la stessa metodologia, la stessa tecnologia e gli stessi criteri di campionamento e reclutamento. I dati di comScore sono la currency JIC per la misurazione ufficiale del Web nel Regno Unito, in Spagna, in Finlandia, in Norvegia e in Malesia,
comscore
COMSCORE
oltre a costituire la currency di riferimento in USA e Canada. In Europa e nel resto del mondo, i dati comScore sono impiegati da media owner, inserzionisti, agenzie e altre tipologie di organizzazioni al fine di acquisire una visione completa sull’utilizzo di internet, non solo per quanto riguarda i siti che si finanziano tramite la pubblicità, ma anche per tutte le diverse destinazioni digitali, quali retail, finanza, salute e altre presenze istituzionali sul web. Le misurazioni di comScore continuano a innovarsi per includere i cambiamenti nel comportamento degli utenti e le nuove tecnologie. Grazie a questo approccio, comScore è in grado di offrire una pluralità di soluzioni modulabili, attivabili singolarmente e allo stesso tempo capaci di coprire tutto lo spettro delle rilevazioni con un impianto metodologico e tecnologico organico e coerente. La presenza in Italia comScore ha sviluppato un importante business in Italia sin dal 2009, e attualmente il numero di clienti che comprano i dati di audience relativi al mercato italiano è di circa 100, mentre i servizi di misurazione dell’efficacia delle campagne offerti da comScore in Italia sono in piena espansione. Le sole campagne misurate nell’ultimo mese sono oltre un migliaio, per un volume complessivo di impression superiore a un miliardo. In tale contesto si inserisce la capacità di comScore di sfruttare al meglio un patrimonio di dati censuari e un ambiente collaborativo cui gli editori italiani hanno già ampiamente contribuito per misurare secondo criteri omogenei e univoci tutta la catena del valore degli investimenti pubblicitari:
Via Ausonio, 19 - 20123 Milano Tel. 02 39814168 italia@comscore.com www.comscore.com/ita
Anno di fondazione: 1999 Dipendenti: 1800+ Clienti (principali): 3200+ in tutto il mondo
i) in ogni fase, dal planning alla post-valutazione; ii) in ogni modalità di negoziazione, diretta o in programmatic; iii) su ogni variabile determinante delle valutazioni di efficacia, dalla delivery (viewability, traffico non umano) al targeting. L’arte e la scienza dei Big data Il contesto di crescente complessità del panorama digitale si accompagna alla vertiginosa accelerazione con cui i media digitali sono in fase di sorpasso su quelli tradizionali. La prossima generazione di partnership sul fronte della tecnologia e della ricerca dovrà basarsi su metodi e architetture innovativi e collaudati, ma anche flessibili, stabili, aperti e affidabili. comScore è pioniere in materia di elaborazione ‘ibrida’ di dati panel e censuari per la misurazione delle audience e delle campagne digitali. Tale principio di base è stato sviluppato negli ultimi anni per mettere a disposizione dati affidabili non solo per quanto riguarda computer desktop e portatili, ma anche per smartphone e tablet, Smart Tv e altri dispositivi OTT, sia in ambienti browser che applicativi. La tecnologia di progettazione e la filosofia di comScore, l’architettura dei data center, le competenze in materia di data science e l’accurato programma per la sostenibilità e l’espansione sono un esempio fondamentale di come gestire i Big Data in questa nuova era. 57
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Il futuro diventa presente Andando oltre una classica SSP, FreeWheel propone una soluzione full-stack video agli attori chiave del settore media & entertainment, rispondendo perfettamente alle esigenze della convergenza tra televisione e video digitale, e permettendo di gestire in modo integrato la totalità della video inventory degli editori, su tutti gli schermi, sia in modalità lineare che on demand
INTERVISTA a Luca Morpurgo, Sr. Regional Director Southern Europe FreeWheel. A un anno dall’acquisizione e a sei mesi dall’ufficializzazione del cambio di nome, qual è il risultato della trasformazione di StickyAds in FreeWheel? Cosa è cambiato operativamente per la società con la ‘fusione’ fra le due piattaforme? La complementarietà tra le due società ha certamente portato i suoi frutti: abbiamo infatti incrementato il nostro portafoglio clienti firmando, negli ultimi 12 mesi, accordi multipli con i maggiori attori europei del nostro mercato, principalmente canali televisivi. L’ambizione di FreeWheel è di offrire un’indipendenza totale agli attori del mercato televisivo, smarcandosi dai grandi operatori del web come i cosiddetti GAFAS e creando sinergie all’interno del gruppo Comcast. Anche per questo siamo stati presenti a Cannes, come già l’anno scorso, in occasione dei Cannes Lions a fine giugno, per discutere e analizzare le opportunità che offre il nuovo ecosistema della televisione a livello globale. (cannes.freewheel.tv). Quali sono stati, nel corso dell’ultimo anno, i risultati in termini di revenue, nuovi clienti, nuove persone, nuove partnership? Quali le proiezioni per lo sviluppo nel semestre che arriverà? 58
Luca Morpurgo, Sr. Regional Director Southern Europe FreeWheel
In un mercato che non cresce in modo continuo e nel quale anche il mondo digital fatica a consolidare i suoi spazi e a sviluppare
freewheel
FREEWHEEL
nuove opportunità, non è facile mantenere i ritmi di crescita degli anni precedenti. Tuttavia il progressivo sviluppo del programmatic ci sta aiutando a mantenere una consistente crescita anche nel corso di quest’anno, e la capacità tecnologica che da sempre ci contraddistingue ci permette di rafforzare gli ottimi rapporti in essere con tutti i nostri partner. Nella seconda parte dell’anno ci concentreremo maggiormente sul mercato televisivo cercando di sfruttare al meglio le best practice di FreeWheel a livello global. L’ecosistema del video advertising è in costante evoluzione: Freewheel punta esplicitamente a favorire la convergenza e si potrebbe quasi dire l’unificazione delle sue componenti analogiche e digitali. Come e attraverso quali strumenti, esattamente? FreeWheel guarda più lontano di una classica SSP, proponendo una soluzione full-stack video agli attori chiave del settore dei media e dell’entertainment. La nostra soluzione risponde perfettamente alle esigenze della convergenza tra televisione e video digitale, permettendo di gestire in modo integrato la totalità della video inventory degli editori, su tutti gli schermi, sia in modalità lineare che on demand. Non a caso è utilizzata dai broadcaster e dalle concessionarie più importanti dei maggiori gruppi televisivi in tutto il mondo e in Europa, in particolare da TF1 in Francia, SKY in UK e Mediamond in Italia. Qual è la case history più significativa degli ultimi mesi e perché ne siete orgogliosi? Penso che il progetto HyLDA, acronimo di Hybrid Linear Digital Ad Scheduler, sia
Via Copernico, 38 – 20125 Milano Tel. 02 92852129 Sa-italy@freewheel.tv www.freewheel.tv
Servizi offerti: gestione e monetizzazione video inventory Dipendenti: 700 Clienti (principali): FOX, NBC, Discovery, Mediamond, TF1, SKY, AT&T, VEVO
senz’altro la più importante, interessante e innovativa. Lo scorso 5 febbraio, FOX ha trasmesso la 51a edizione del Super Bowl, e FreeWheel ne ha gestito l’inserimento della pubblicità nella trasmissione multipiattaforma di 135 diversi operatori locali e nazionali operanti su tutte le piattaforme digitali in un evento che ha raggiunto un pubblico complessivo di 172 milioni di persone – l’audience più elevata di qualsiasi altro programma negli Stati Uniti, e il quinto programma più visto nella storia televisiva degli USA con una media di 113,7 milioni di spettatori su FOX, Fox Sports Go, NFL Digital e Fox Deportes. HyLDA rappresenta per FreeWheel il passo più importante verso una vera unificazione tra ambienti digitali e televisione lineare tradizionale. La soluzione offre agli editori un livello di controllo senza precedenti sul loro ambiente digitale, facendo convivere le caratteristiche di gestione degli inserimenti pubblicitari tipiche di un sistema di Tv lineare con il naturale dinamismo del mondo digitale, migliorando la user experience dello spettatore, rispettando la compatibilità col mezzo e le priorità riservate agli sponsor del programma. Insomma un passaggio decisivo verso l’integrazione del mondo televisivo e di quello digitale, il nuovo ecosistema televisivo, il futuro che diventa presente. 59
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Innovazione ‘azionabile’ MATHilde e [m]PLATFORM sono le principali novità introdotte da GroupM: la seconda in particolare si caratterizza per l’uso del mP-ID, un identificativo unico che riconosce il singolo consumatore con una serie di informazioni – profilo socio-demo; interessi storici, ricorrenti e predittivi; device utilizzati; profilo geo; profilo di consumo media o di acquisto –, in tutela della privacy
INTERVISTA a Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer GroupM & Executive Chairman [m]PLATFORM, e Giovanna Loi, Managing Director [m]PLATFORM, GroupM Italy È stato un anno denso di cambiamenti e novità per GroupM, soprattutto nell’ambito del digitale grazie al lancio di nuovi servizi sempre più orientati all’innovazione come MATHilde nel mondo del machine learning e [m]PLATFORM. Partiamo da MATHilde, un bidder automatico che opera nel search: quali sono le sue implicazioni? Che risultati genera? Fides Tosoni – Anche in un mercato media fortemente video centrico come quello italiano, gli investimenti in Search, rappresentano una quota dominante e sempre in crescita dei budget di comunicazione. Il Machine Learning, al servizio del Search, può rendere ulteriormente efficace la gestione del costante equilibrio tra ricerche/keywords/bids di questo canale, facendo leva sull’immensa quantità di dati che lo caratterizzano. MATHilde si posiziona in quest’area, per potenziare le performance garantendo ai clienti e ai brand di sfruttare – come mai prima d’ora – tutti i benefici del Machine Learning. MATHilde è un Bidder che automatizza l’ottimizzazione delle campagne di Search, secondo tutti i KPI’s, sia di performance che di branding, anche in maniera congiunta. Tool esclusivo GroupM – frutto della partnership con Four Colour Theorem – modifica i bids di tutte le parole chiave in campa60
Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer GroupM & Executive Chairman [m]PLATFORM, GroupM Italy
gna 4 volte in un’ora, 24h/24, 7gg/7 per 365 giorni all’anno, apprendendo ed evolvendo continuamente per adattarsi ai mutamenti di scenario. Abbiamo testato MATHilde su una vasta gamma di campagne, in contesti già ottimizzati e consolidati. Una volta applicata, abbiamo raggiunto importanti ottimizzazioni su tutti i parametri tipicamente utilizzati per valutare la performance di una campagna, migliorando il costo del lead (o del click) mediamente del 35% o l’impression share del 10-15%.
groupm
GROUPM Via del Mulino, 4 – 20090 Milanofiori Assago (MI) Tel. 02 3057321 – Fax 02 30573257 pressofficeitaly@groupm.com www.groupm.com/markets/italy
È come se MATHilde facesse fare un ulteriore salto di qualità all’attività umana. Per esempio, su una campagna di un cliente Automotive – il cui obiettivo era generare test drive presso le concessionarie – dopo un mese il numero di prove in concessionaria è raddoppiato, mentre il costo di acquisizione si è ridotto del 50%, diminuendo quindi di quasi il 10% l’investimento complessivo del mese in questa attività. In un settore in cui l’innovazione viaggia a ritmi impressionanti, le novità ‘du jour’ si sprecano… Oltre MATHilde, la più importante per GroupM è sicuramente [m]PLATFORM, definita più di una piattaforma un ‘ecosistema’ per l’analisi e la conoscenza del consumatore: come funziona esattamente e perché rappresenta un punto di svolta, qualcosa di davvero diverso?
GroupM, media holding del gruppo WPP, è la più grande società di investimento media al mondo. Sono «powered by GroupM» – attraverso [m]PLATFORM, Xaxis, Research, Motion Content Group, ESP e Trading – le agenzie media globali Mec, Mindshare, Mediacom, Maxus, Mediaclub, Media Insight e la struttura specializzata nell’out of home Kinetic. GroupM, orientata all’innovazione e all’offerta di tecnologie e servizi all’avanguardia, è partner delle Agenzie media WPP in tutte le attività fondamentali all’interno del business media, con l’obiettivo primario di massimizzare le performance a favore dei propri clienti, shareholders e stakeholders. Per creare, implementare e misurare soluzioni vincenti di comunicazione al fine di aumentare la competitività dei propri clienti l’approccio delle agenzie media di GroupM prevede oggi un sistema integrato che garantisce le più innovative competenze nelle aree dell’acquisto e pianificazione pubblicitaria, delle ricerche e dei modelli econometrici, del performance marketing, del digital media, del mobile, del big data management, dell’entertainment e content, della creazione di contenuti, degli eventi, dello sport, della creatività, oltre alla puntuale analisi del ritorno degli investimenti. GroupM è presente a livello mondiale e locale, con oltre 27.500 dipendenti in più di 100 Paesi.L’HQ di GroupM Italia è ad Assago (MI). GroupM ha inoltre uffici a Milano, Roma, Verona, Firenze, Torino. CEO e Chairman di GroupM Italia è Massimo Beduschi. Anno di fondazione: 2005 Dipendenti in Italia: oltre 900 Billing 2015: 2.720 milioni di euro (Fonte RECMA)
Giovanna Loi, Managing Director [m]PLATFORM, GroupM Italy
Fides Tosoni – GroupM ha annunciato a fine 2016 il lancio globale di [m]PLATFORM, un ecosistema, appunto, che si fa forte di dati, tecnologie e competenze per affrontare le nuove sfide imposte 61
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dal digitale. Sfide che si posizionano in un contesto in cui la quota investita dai brand in pubblicità online – secondo il report annuale GroupM ‘Interaction’ – continua a crescere e proprio nel 2017 sorpasserà quella offline in altri 5 Paesi (tra cui Francia e Germania) che si aggiungono ai 10 mercati in cui ciò avviene già. La piattaforma [m]PLATFORM incrementa, quindi, la capacità di GroupM di offrire ai propri clienti una più approfondita conoscenza del consumatore, ottenuta combinando assieme centinaia di fonti di dati, siano esse on o off line, permettendo loro di rintracciare e comunicare con il proprio target su tutti i canali media, in maniera puntuale. Un importante investimento per trasformare il Marketing e renderlo sempre più personalizzato e azionabile. In concreto: quali vantaggi porterà ai clienti? Fides Tosoni – La verità è che meno del 10% degli inserzionisti ha una conoscenza completa dei propri consumatori: le aziende dispongono infatti di grandi quantità di dati provenienti da diverse fonti, ma 62
spesso non hanno la possibilità o le competenze per integrarli e giungere a una corretta lettura. [m]PLATFORM mette quindi il consumatore al centro – e questa è l’unicità dell’offerta GroupM sul mercato – partendo proprio da un unico ID, appunto l’mP-ID. La piattaforma si propone di rompere le barriere e di creare una visione unificata delle informazioni sul consumatore per renderla azionabile sui diversi media e per misurare l’efficienza e l’efficacia della comunicazione attraverso una sua rilevazione puntuale. Con evidenti benefici per i nostri clienti, che consistono in un’affinità massima, riduzione della dispersione, possibilità di arricchire i dati per una maggiore conoscenza del consumatore e l’impiego di tecnologie di machine learning per ottimizzare i risultati di business delle pianificazioni. Senza dimenticare una puntuale reportistica restituita sulla totalità del piano, per una corretta attribuzione del budget speso e del ritorno sull’investimento. Quali sono le caratteristiche esclusive della piattaforma che la differenziano dai competitor?
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Giovanna Loi – Solo in Italia, GroupM conta 70 milioni di IDs (1.1 miliardo a livello globale), ovvero i cookie e gli identificativi mobile che rappresentano digitalmente il consumatore e che registrano le interazioni eseguite. Questi identificativi digitali, gli mPIDs, corrispondono a 26 milioni di persone – circa il 50% della popolazione italiana e più dell’80% degli utenti online. Essi, attraverso il riconoscimento cross-device dell’utente (che mediamente utilizza 2-3 device), opportunamente reso anonimo nel rispetto delle tematiche di privacy, definiscono il ritratto corrispondente alla persona: il suo profilo socio demografico; le tipologie di interessi storici, ricorrenti e predittivi; il tipo di device che utilizza; il profilo geo comportamentale dedotto dai luoghi fisici che frequenta e anche il profilo di consumo media o di acquisto. Essendo un ecosistema aperto, è inoltre integrabile con dati di terze parti, come ad esempio editori di siti verticali o siti e-commerce, utilizzati per arricchire la conoscenza sempre più specifica del nostro consumatore. Questa tecnologia è integrata inoltre con Live Panel, ricerca proprietaria GroupM, che consente di aggiungere informazioni su atteggiamenti di consumo e fruizioni media derivanti dal ‘mondo fisico’. Gli mP-IDs sono racchiusi in mCore, la Data Management Platform, che nasce dalle solide e consolidate fondamenta di Turbine di Xaxis. Per supportare la creazione delle strategie saranno quindi disponibili strumenti di media planning cross-canale, creatività dinamiche, sistemi di analisi e insight sul consumatore, di data-visualization per avere informazioni sempre aggiornate in real-time e i modelli di attribuzione per misurare il ritorno sull’investimento, rilasciati nel corso del secondo semestre dell’anno. In particolare, nell’ambito dei servizi di Business Intelligence, GroupM ha già rilasciato una suite di reporting evoluta, che consente ai team di planning delle agenzie di reperire velocemente benchmark di tutti i formati advertising per concessionaria e tipologia di acquisto su tutte le principali metriche media, al fine di valutare le decisioni di buying e ottimizzare lo spending.
In un’epoca di comunicazione sempre più olistica, al cui centro c’è il consumatore, il ruolo di [m]PLATFORM in seno a GroupM è relativo sia al processo strategico, sia all’integrazione di ogni forma di comunicazione: oltre gli aspetti funzionali spiegati in precedenza, quali sono e quali saranno le implicazioni per GroupM da un punto di vista dei cambiamenti della struttura interna? Giovanna Loi – La tecnologia nasce dalla messa a fattor comune delle tecnologie che GroupM ha sviluppato nel corso degli anni in ambito Data, Digital advertising e Analytics, unendo sotto un unico cappello i team di ingegneri e data scientist di Xaxis, Connect e Data&Analytics, con l’obiettivo di creare un’offerta semplificata e accessibile a tutti i clienti del Gruppo. Grazie alla potenza dell’assetto tecnologico di [m]PLATFORM, la nuova organizzazione interna a GroupM offrirà servizi innovativi alle agenzie MEC, Mindshare, Mediacom e Maxus, e quindi ai loro clienti. Al cuore dell’operazione, un significativo rafforzamento strutturale, con la creazione di una nuova area dedicata ai servizi Data Driven, accanto alla già operativa Xaxis e ai servizi digitali del Gruppo, con un potenziamento del team e delle competenze chiave in queste aree. [m]PLATFORM si sintetizza, quindi, in 3 aree operative: la prima, Data & Insight, è il cuore nevralgico dei servizi di analisi consumer centric che vanno dalle Audience Discovery & Building, Analytics, Attribution Modeling al Marketing Mix Modeling; l’area Service rappresenta l’expertise dei servizi a valore aggiunto, con la possibilità di scegliere quale attivare e con quale modello di costo, modulare e trasparente, in ambito Programmatic, Search, Social e Ad Operations; infine, l’area Media racchiude le soluzioni data driven offerte da Xaxis, Light Reaction e Plista in ambito Branding, Performance e Native advertising, che garantiscono risultati misurabili mettendo insieme dati, tecnologia e servizio in una soluzione all inclusive che semplifica l’approccio ai clienti e ne garantisce gli outcome.
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Il cliente al centro Perfettamente integrata nella nuova struttura di cui si è dotata Publicis Media, la ‘practice’ dedicata al Programmatic è cresciuta e continua a crescere su tutti i fronti: quello delle competenze, quello del team di lavoro, e quello del ruolo sempre più strategico e di servizio. Come? Mettendo i clienti al centro di ogni attività e sviluppando per loro soluzioni ad hoc
INTERVISTA a Cristina Ughes, Chief Programmatic Officer - Data, Innovation & Tecnhology Practice Lead di Publicis Media. Un anno fa Publicis Groupe ha dato il via a una profonda riorganizzazione a livello di holding che ha toccato anche e soprattutto l’area media, formata oggi da 4 brand/agenzie e 7 differenti global practice specializzate e verticali. Una di queste è quella dedicata a Programmatic, Data, Technology&Innovation, che però rappresentano un insieme di ‘discipline’ trasversali. La domanda è dunque: cosa è cambiato nella vostra struttura organizzativa rispetto al passato? Chi e come si occupa di questi diversi aspetti in seno a Publicis Media? Nell’ambito della riorganizzazione di Publicis Media, il ruolo della nostra Practice nell’ultimo anno è cresciuto moltissimo in termini strategici: tanto è vero che al ‘semplice’ Programmatic si sono aggiunti elementi importanti come Dati, Tecnologia e Innovazione. La prima cosa che è cambiata è la dimensione stessa della unit, composta oggi da più di 20 persone. Contemporaneamente sono aumentate le responsabilità ed è stata ripensata l’organizzazione del lavoro: alle persone che si occupano della gestione 64
Cristina Ughes, Chief Programmatic Officer – Data, Innovation & Tecnhology Practice Lead di Publicis Media
delle campagne, e che lavorano a 4 mani con le agenzie formando dei team espressamente dedicati a ciascun cliente, si sono aggiunte figure dedicate all’analisi e all’utilizzo dei dati e al Business
publicismediaitaly
PUBLICIS MEDIA ITALY Via G. Borsi, 9 – 20143 Milano Tel. 02 00630501 info@publicismedia.com
Board di direzione: Luca Montani, Ceo
Le agenzie hanno pieno accesso alle nostre piattaforme, e i nostri team affiancano costantemente quelli delle agenzie per discutere le strategie più adatte e fare training di aggiornamenti continui.
Development.Dopo aver importato in Italia le attività di VivaKi e dell’hub di Amsterdam, siamo tutt’ora in una fase di ulteriore sviluppo di nuove piattaforme e nuovi servizi pensati fin dall’inizio per una integrazione volta a fornire strategie digitali uniche ai nostri clienti. Quello dell’integrazione è sicuramente un aspetto cruciale: in un’epoca di comunicazione sempre più olistica, come sono condivisi know-how ed operations con le altre agenzie e practice all’interno del gruppo? Come ricordato prima, Publicis Media è oggi una struttura guidata dai suoi 4 brand di agenzia, al servizio delle quali operano 7 diverse practice. Quella che all’apparenza potrebbe sembrare una struttura a silos, nella realtà assicura invece un’integrazione totale. L’ottica è infatti quella di concentrarsi sul servizio al cliente: in particolare per quanto riguarda le attività digital, i team delle agenzie e quelli del Programmatic lavorano a stretto contatto, condividono know-how ed operatività formando un team unico nella gestione del cliente.
Dati, tecnologia e innovazione richiedono investimenti cospicui e costanti: in quali aree e quali direzioni lo state facendo? Su quali strumenti? Con quali obiettivi e quali risultati? La possibilità di lavorare sia su progetti locali che internazionali è ciò che ci consente di recuperare gli strumenti anche finanziari per investire nelle aree in cui ciò è più necessario. Investimenti che, a loro volta, garantiscono ai clienti che siamo in grado di mettere a loro disposizione una struttura non solo tecnologicamente ‘adeguata’, ma innovativa e all’avanguardia. Entrando più nel dettaglio, sotto il profilo delle tecnologie siamo agnostici al 100%: abbiamo stretto accordi con tutte le piattaforme più importanti e più innovative a livello globale, e utilizziamo i tool di tutti i player principali a seconda degli obiettivi di ogni singola campagna. Anche per quanto riguarda l’analisi e l’utilizzo dei dati l’obiettivo non può che essere quello di soddisfare le esigenze di ogni cliente caso per caso, sia a livello locale che internazionale: possiamo farlo sia adottando le soluzioni disponibili sul mercato, sia attraverso strumenti interni sviluppati dalla nostra practice di Analytics & Insights. 65
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Come state affrontando le problematiche legate ai diversi ambiti dell’automation relativamente ai diversi mezzi e canali dal display al mobile, dal video ai media ‘legacy’ come Out Of Home, Radio e Televisione? Partiamo dal presupposto che ormai parlare di Digital vuol dire parlare di tutto: cambiano i canali di fruizione e i punti di contatto con il consumatore, ma alla fine Pc desktop e Mobile, Televisione, Radio e Out Of Home sono ormai tutti media in gran parte digitalizzati, e anche se per gradi e con velocità differenti, l’automazione della compravendita di spazi pubblicitari non potrà che essere pervasiva. Ciò non toglie che oggi per sfruttare ogni nuova opportunità è necessario un lavoro di ‘scouting’ continuo su tutti i media, vecchi e nuovi: Publicis Media ha condotto diversi test soprattutto nell’ambito del Digital Outdoor e della Radio; mi sembra che il mercato sia invece più indietro sul fronte televisivo, anche se siamo già molto attivi nell’area dell’analisi delle audience del mezzo. Il concetto alla base è che dobbiamo comunicare con un utente sempre più multimediale, utilizzando strumenti che ci permettano di individuarlo indipendentemente dai device che utilizza. Da questo punto di vista Publicis Media avrà molto presto importanti novità da annunciare. Dal punto di vista interno alla vostra struttura, quali sono state le novità più importanti? Abbiamo introdotto nel team un nuovo profilo senior, con provata esperienza e capacità, un sintomo evidente di come sta crescendo il peso del Programmatic e dell’utilizzo dei Dati all’interno del Gruppo e di come si voglia sviluppare un prodotto
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sempre innovativo e all’avanguardia, volto a soddisfare le esigenze dei nostri clienti e, possibilmente, stimolarne di nuove. È Pierluigi Cosco, Programmatic Director, responsabile di tutte le attività Programmatic dei clienti delle agenzie Starcom Italia e Mediavest|Spark, con funzione di supporto all’agenzia nello sviluppo e nell’integrazione del Programmatic all’interno delle strategie digitali. Si occupa, inoltre, del monitoraggio delle campagne nelle fasi di pre-lancio, lancio e post-lancio, attraverso il coordinamento di un team di specialisti dedicati alle due Brand. Pierluigi affianca Laert Saliaj, Programmatic Director, già parte del team e responsabile dei clienti delle agenzie Zenith e Blue 449. Stiamo inoltre ampliando l’area focalizzata sul Business Development, introducendo una nuova figura senior che a breve entrerà a far parte del team. Provando a riassumere: quali sono le caratteristiche e i punti di forza del vostro posizionamento che vi differenziano rispetto ai competitor? Con la nuova struttura che il Gruppo ha deciso di darsi l’anno scorso, le agenzie sono oggi alla guida di ogni attività, e l’organizzazione per competenze verticali ha l’obiettivo di mettere il cliente al centro: è l’agenzia che lavora con l’azienda nel day by day che può esprimere le necessità e le richieste in termini di sviluppo utili a soddisfare i nostri clienti – che sono tutti diversi uno dall’altro e richiedono quindi sviluppi spesso ad hoc. Riassumendo, perciò, il principio base del nostro ruolo è essere al servizio del cliente dando contemporaneamente alle agenzie del gruppo tutto il sostegno necessario per essere supportare le strategie del cliente in maniera innovativa e completa.
publicismediaitaly
Un’altra caratteristica importante del Gruppo che può essere considerata distintiva rispetto ad altre attività o ad altre strutture di consulenza, è sicuramente il fatto di garantire trasparenza assoluta in ogni nostra attività, e questo soprattutto in termini di modelli di brand safety, di viewability e di tutte quelle che sono le tematiche oggi più calde e per così dire ‘critiche’ sul mercato. Per esempio, alla luce degli ormai famosi casi di erogazione di banner di investitori pubblicitari su YouTube e Google Display Network (GDN) in presenza di contenuti inopportuni, in primis legati al terrorismo internazionale, Publicis Media, insieme alle agenzie parte del Gruppo, ha preso una posizione molto precisa in tema di gestione della brand safety a 360 gradi: abbiamo chiesto a Google che mettesse in atto azioni concrete prendendo una posizione più rigida riguardo ai contenuti dispregiativi e offensivi e prevedendo l’applicazione di filtri che prevengano la visione degli annunci affiancata a contenuti che possano essere offensivi riguardanti età, religione, razza, orientamento sessuale, identità e nazionalità. Nel frattempo, per garantire maggiormente gli investitori pubblicitari, Publicis Media ha deciso di intervenire direttamente con un’operazione su larga scala: tutte le agenzie del Gruppo hanno infatti attivato per i propri clienti un servizio brand safety e anti adfraud, sviluppato in partnership con alcune piattaforme tecnologiche, su tutte le campagne gestite. Il servizio mira a usare al meglio le tecnologie disponibili per ridurre al minimo il rischio di erogazione di campagne digital advertising in contesti sconvenevoli: attraverso funzioni di brand safety che sfruttano il blacklisting e un servizio di keyword sensitive e di controllo
semantico con aggiornamento giornaliero dei topic ritenuti unsafe. A questo si unisce il controllo di tutto il traffico non umano, per combattere i fenomeni di adfraud, e il non in-geo traffic. Non da ultimo, il servizio includerà di default il tracking della viewability, con l’obiettivo di garantire erogazioni di qualità. Quello che ci proponiamo, perciò, è lavorare con i clienti nella massima tranquillità di tutte le attività messe in campo, dalla fase strategica fino a quella più strettamente operativa, offrendo loro sempre e comunque il massimo del sostegno, e garantendo sia il posizionamento dei brand all’interno delle comunicazioni digitali, sia la sicurezza del buying in termini di impression reali, evitando cioè ogni rischio di non-human traffic e di dispersione dei budget.
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È l’ora del Predictive Marketing Crescita a doppia cifra del fatturato e apertura del nuovo ufficio romano: si è chiuso così il 2016 di Rocket Fuel, che prosegue il suo percorso di crescita all’insegna del Software as a Service e del Predictive Marketing, ossia la capacità unica di garantire ai clienti – grazie all’Intelligenza Artificiale – le probabilità di successo di una campagna su qualsiasi KPI
INTERVISTA a Enrico Quaroni, Regional Director Southern Europe e MENA Region di Rocket Fuel. Come e quanto siete cresciuti nel corso dell’ultimo anno in termini di revenue, clienti e persone? In Italia e Spagna, lo spending attraverso la nostra piattaforma è aumentato di oltre il +70%: nel 2016, in entrambi i Paesi, il fatturato è cresciuto a doppia cifra. Oggi il 70% delle revenue proviene dalla nostra piattaforma, ma seguendo la strategia internazionale di Rocket Fuel, nell’ultimo anno siamo andati progressivamente trasformandoci in una software company secondo un modello ‘SaaS’, cioè Software as a Service. Questo nuovo approccio ha cambiato la percezione che i grandi centri media avevano nei nostri confronti, permettendoci di entrare nella loro orbita e rendendo le sedi italiana e spagnola i driver principali, insieme alla Gran Bretagna, della crescita europea. Per quanto riguarda strettamente l’Italia, abbiamo assunto quasi 20 persone e abbiamo aperto un ufficio a Roma guidato da Massimiliano Ercole, anche in questo caso con risultati a dir poco clamorosi. Mentre per i clienti credo basti una cifra: in media gestiamo live, contemporaneamente, le campagne di oltre 200 aziende… 68
Enrico Quaroni, , Regional Director Southern Europe e MENA Region di Rocket Fuel
La vostra nuova promessa agli investitori è il ‘salto’ dal programmatic al predictive marketing: cosa vuol dire e come lo implementate?
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ROCKET FUEL Via Federico Confalonieri, 36 – 20124 Milano Tel. 02 89982328 sales-it@rocketfuel.com www.rocketfuel.com/it
Fare predictive marketing significa fornire ai clienti previsioni sulle probabilità di successo di una campagna relativamente a qualsiasi tipo di KPI, non in astratto, ma dando letteralmente i numeri: di fatto, a oggi siamo gli unici a garantire in anticipo al cliente quale sarà il Cost Per Action o quali saranno i risultati relativi alle metriche di brand delle campagne che gestiamo. Implementare questo concetto vuol dire fornire il massimo supporto al cliente per sfruttare al meglio la nostra piattaforma grazie a un team di professionisti del client service che rispondono in tempo reale a ogni problematica. Persone, non dispositivi; momenti, non segmenti; customer journey, non marketing funnel; dati freschi e di prima parte. Questi i ‘pilastri’ della vostra metodologia: potete illustrarceli nei dettagli? Partiamo dal targeting: attraverso il nostro sistema di ID matching probabilistico è possibile conoscere, riconoscere e raggiungere – in modo anonimo e rispettoso della privacy –, persone reali e non device. Questa straordinaria conoscenza dell’utente ci permette di essere più avanti rispetto ai nostri competitor. Ma non solo. Il fatto è che ragionare per cluster, come nel media si è abituati a fare, non funziona più: i modelli basati sulla pura segmentazione rappresentano un approccio ‘vintage’ potenzialmente negativo. Il ‘momento’ è ciò che fa la differenza: raggiungere l’utente più interessante nel momento sbagliato è inutile. L’unica strada efficace è contattare l’utente esattamente quando è più predisposto all’acquisto. Il nostro sistema di Moment Scoring assicura proprio questo, attraverso un’ottimizzazione in tempo reale.
Board di direzione: Enrico Quaroni, Regional Director Southern Europe e MENA Region; Alessandro Stoppa, Sales Director Italy e MENA Region; Massimo Brignole Genoni, Head of Account Management Southern Europe e MENA Region. Anno di fondazione: 2008 (in Italia dal 2013)
Anche il marketing funnel è qualcosa di precostruito e predefinito: il comportamento reale del consumatore nei confronti di una marca è rappresentato dal sempre più complesso customer journey. Attraverso il predictive marketing attivato dall’Intelligenza Artificiale possiamo offrire al consumatore esperienze customizzate e personalizzate in tempo reale, più rilevanti per lui e in grado di premiare il brand con livelli di engagement superiori. I dati, infine, anche se e quando perfettamente organizzati, sono per loro stessa natura destinati a morire rapidamente, a scadere in fretta. Una DMP da sola è del tutto inutile se i suoi dati non vengono attivati attraverso i media. Come la benzina, che senza un auto non serve a nulla… E bisogna distinguere fra dati e dati: quelli di terza parte sono i meno utili e i più veloci a diventare obsoleti; quelli di seconda parte, raccolti durante una campagna, consentono di capire il livello della performance per cercare altri clienti dalle caratteristiche simili; quelli di prima parte sono i più importanti e gli unici adatti a costruire modelli accurati, efficaci in termini di costi, in grado di differenziare l’attività del brand e di generare un ROI più elevato. 69
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Solutions integrator Focalizzandosi sui bisogni dei clienti, attraverso una ‘meta SSP’ dedicata al 100% al mondo publisher e capace di gestire contemporaneamente differenti piattaforme mediante un’unica interfaccia integrata, Zodiak Advertising è in grado di risolvere problematiche che una singola piattaforma non potrà mai assolvere. I plus del suo servizio? Indipendenza, agilità, velocità ed efficienza
INTERVISTA a Ellis Bosisio, COO & CTO Zodiak Advertising. Quali sono stati, nel corso dell’ultimo anno, i risultati chiave in termini strategici e prodotto? Quali le proiezioni di sviluppo per il semestre che arriverà? Il mondo del programmatic viaggia senza sosta con continue evoluzioni di prodotto, funzionalità e idee che entrano a far parte dell’ecosistema, e in scenari di grande mutamento come questo, i player possono cogliere buone opportunità di crescita. Il concetto di meta SSP, da noi ideato nel 2015, ha trovato l’anno successivo un fertile terreno di sviluppo grazie anche all’avvento di soluzioni come l’header bidding. Oggi è un prodotto particolarmente apprezzato dagli editori che possono gestire contemporaneamente differenti piattaforme mediante un’unica interfaccia integrata. Obiettivo strategico è il consolidamento del prodotto display volto a garantire la vendita di ogni singola impression all’SSP più performante. Il progetto è piuttosto complesso per la mole di dati che devono essere tra loro omogenizzati e analizzati. In particolare lanceremo a breve un nuovo servizio che consentendo il consolidamento di Brand e Buyer a livello cross SSP restituirà la medesima nomenclatura, supportando significativamente il lavoro di chi analizza i numeri e genera report. 70
Ellis Bosisio, COO & CTO Zodiak Advertising
In un mercato che spesso premia specializzazione e verticalizzazione, la vostra offerta agli editori si potrebbe quasi definire ‘olistica’: un’unica piattaforma per gestire qualsiasi tipo di inventory (display, video e mobile) in qualsiasi modalità (PMP o RTB). Quali sono le caratteristiche e i punti di forza principali di questo posizionamento? Il nostro posizionamento nasce dall’aver individuato in modo chiaro e univoco il nostro cliente. Zodiak Advertising ha deciso di supportare al 100% il mondo publisher, evitando conflitti d’interesse con ‘l’altra metà del
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Anno di fondazione: 2011 Dipendenti: 25 Clienti (principali): Editori Premium cielo’. È stata una scelta precisa che ci ha consentito di focalizzare l’offerta sugli effettivi bisogni dei clienti e di sviluppare soluzioni in grado di risolvere problematiche che una singola piattaforma non sarà mai in grado di assolvere. Essere indipendenti e scegliere di restare un integratore di soluzioni terze anziché sviluppare un prodotto in toto, ci ha permesso di essere agili, veloci ed efficienti. Zodiak Advertising è stata recentemente molto attiva sul fronte delle partnership: potete riassumere i benefit più importanti dell’accordo globale siglato con Adform così come dell’ingresso nel segmento native in collaborazione con 4W MarketPlace? Quali altre iniziative avete in cantiere su questi fronti? In un mondo sempre più complesso, le necessità dei publisher si moltiplicano e ogni opportunità di monetizzazione deve essere colta. Allo stato attuale, è però molto complesso per l’editore connettersi ai deversi player presenti sul mercato, contrattualizzare la relazione, integrare la tecnologia nel delivery e monitorarne le performance in modo continuo ed efficiente. Proprio partendo da questo aspetto nascono da una parte l’accordo con l’SSP Adform e dall’altra l’ingresso nel segmento Native. Entrambe le iniziative vanno ad arricchire il nostro prodotto, ampliando le opportunità di monetizzazione dell’inventory degli editori.
Potete raccontarci una case history fra le più significative degli ultimi mesi e le ragioni per le quali ne siete orgogliosi? Sicuramente l’ampliamento dell’offerta con il Native Advertising ha rappresentato per Zodiak un obiettivo ambizioso, volto a integrare uno dei canali di comunicazione a più ampio tasso di crescita sul mercato, ma al contempo anche molto distante dai banner tradizionali. L’integrazione ha comportato la risoluzione di decine di problematiche, risolte grazie alla cooperazione delle diverse business unit: traffic & operation, front end e back end. Un lavoro di squadra di cui sono molto orgoglioso.
Il concetto di ‘meta SSP’ ideato da Zodiak si è trasformato in un prodotto particolarmente apprezzato dagli editori che possono gestire contemporaneamente differenti piattaforme mediante un’unica interfaccia integrata 71
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