I Quaderni della Comunicazione 2018 - Programmatic Adv

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N° 114, maggio 2018 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

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Editoriale

Un cambio di paradigma I BIG DATA e le nuove prospettive delineate dalla ‘disruption’ digitale stanno provocando un cambio di paradigma epocale, in cui il business model della comunicazione disegnato dalle aziende clienti sta passando da quello dello storytelling al technology and data-driven marketing. Negli ultimi tre anni, lo scenario è stato caratterizzato dalla crescita pressoché piatta delle principali holding – WPP, Omnicom e Publicis – con la prima che nel corso del 2017 ha perso circa un terzo del suo valore in borsa. La causa? La clamorosa spendig review nelle spese di marketing messa in atto dai principali clienti, soprattutto del largo consumo, che hanno iniziato a ri-valutare seriamente l’efficacia dei propri investimenti in advertising. P&G, ad esempio, ha annunciato tagli per 400 milioni di dollari worldwide dopo averne già ‘risparmiati’ 750 nel recente passato. Un esempio seguito da altre aziende come Nestlé e Unilever, con buona pace di Sir Martin Sorrell, al quale, come è noto, tutto ciò è costato la carica di Ceo della compagnia da lui stesso creata e un’uscita di scena, diciamo così, ‘turbolenta’. Per correre ai ripari, e per rispondere all’attacco delle grandi società di consulenza come Accenture, Deloitte o IBM (il cui impatto sulle quote di mercato ‘rubate’ alle agenzie di comunicazione tradizionali si vedrà a partire da questo 2018) le holding in questione già da diversi anni hanno risposto, e continuano a farlo, acquisendo strutture digitali. L’esempio forse più noto è l’acquisizione di Sapient da parte di Publicis nel 2014, per circa 3,7 miliardi di dollari, o la messa a punto di Marcel, la piattaforma di Intelligenza Artificiale affidata dal Gruppo francese a Microsoft. Una rivoluzione copernicana, dove gli investimenti delle aziende vanno dove è assicurato che si possano raggiungere i target desiderati senza dispersioni. Soprattutto, affidandosi a partner strategici che possano indicare la strada più veloce, meno dispendiosa e più efficace. Un nuovo contesto, come bene illustra la copertina di questo nuovo Quaderno dedicato al Programmatic, in cui la creatività dovrà essere rilevante per il pubblico al quale si intende parlare, fosse anche il singolo individuo, ma in cui prima verrà la conoscenza delle abitudini delle persone, dei clienti, chiamiamoli pure consumatori, fondamentale per decidere quale contenuto veicolare e quali canali scegliere. E se il ruolo del Programmatic è stato centrale nel causare questa rivoluzione, siamo pronti a scommettere che sarà altrettanto fondamentale nel trovare una via di uscita. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group

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Creatività

Annual degli Eventi

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone

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LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. La nave va Capitolo 2. GDPR: è arrivato il momento Capitolo 3. Oltre la trasparenza Capitolo 4. Verso l’automation Capitolo 5. Programmatic Awards al via!

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I PROTAGONISTI GroupM. Smart data per il media Publicis Media. Soluzioni a 360 gradi Publitalia ‘80. La Tv in prima fila Sizmek. Dati e creatività ‘integrati’ Tradelab. Algoritmi su misura

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DOVE TROVARLI Gli indirizzi 82

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la geografia del mercato

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La nave va Proseguendo il suo trend di crescita, il mercato programmatic sfiorerà alla fine di quest’anno i 500 milioni di euro di giro d’affari, conquistando una market share sul totale investimenti digitali di quasi il 20% e del 30% sul totale display. Il suo potenziale di sviluppo è ancora elevato, ma occorrerà superare e risolvere diversi problematiche. Vediamo le principali

SECONDO le stime dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e IAB Italia, il giro d’affari raggiunto dall’advertising online nel 2017 si è chiuso con una crescita del +12% rispetto all’anno precedente toccando quota 2,65 miliardi di euro, 1,6 miliardi dei quali garantititi dal display. Come spiega Andrea Lamperti, Direttore dell’Osservatorio, “Il mercato del Programmatic in Italia, a fine 2017, valeva oltre 400 milioni di euro, nell’intorno del 30% del totale display advertising”. Alla fine di quest’anno potrebbe arrivare a sfiorare una cifra di poco sotto i 500 milioni, ossia il 20% dell’intera torta dell’internet advertising. Come sempre, con la crescita in volume e con la maturazione del mercato, i tassi di crescita tendono a diminuire (+113% nel 2015, +35% nel 2016, +30% nel 2017), ma il quasi +20% previsto per il 2018 resta un indice di ottima saluta per l’intero comparto. “La forte spinta all’incremento di questo mercato – prosegue Lamperti – proviene soprattutto dagli spazi Video, che sempre più vengono venduti in maniera importante su queste piattaforme. L’incremento della compravendita di spazi diversi dalla banneristica tradizionale, compresi quelli caratterizzati da CPM (Costo Per MilleImpressions) più elevati, è un fenomeno oramai consolidato”. 10

Andrea Lamperti, Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano

Va evidenziato, come indica Lamperti, che non solo il video costituisce uno dei driver più potenti per la crescita del programmatic sul mercato italiano, ma che la sua quota risulta addirittura superiore a quella globale (secondo i dati fornito da GroupM nel suo ultimo report


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1 – IL MERCATO DELL’INTERNET ADVERTISING IN ITALIA

Fonte: Osservatorio Internet Media Politecnico di Milano e IAB Italia – (* stima)

The State of Digital): se infatti, pur crescendo, siamo ancora indietro nel computo totale degli investimenti complessivi transati da piattaforme programmatiche (il 20% previsto nel 2018 per l’Italia si confronta con il 47% mondiale – dove era già il 31% nel 2016, e il 44% nel 2017), siamo invece decisamente oltre la media per quel che riguarda il video, tanto che l’Osservatorio stima la sua incidenza sul totale degli investimenti in programmatic superiore al 35% nel 2017, mentre GroupM parla per il global market di 22% nello stesso anno (contro il 17% del 2016) e di una previsione di crescita fino al 24% nel 2018. Escludendo il mercato USA, le percentuali globali fornite da GroupM sarebbero ancora più basse: 12% nel 2016, 13% nel 2017, 14% previsto per il 2018! Sempre in tema di stime, secondo l’ultimo Programmatic Marketing Forecast di Zenith, in tutto il mondo entro il 2019 i due terzi del digital display (67%), saranno comprati in mo-

dalità programmatica (nel 2017 la percentuale era del 59%): il valore dell’advertising venduto in programmatic passerà infatti da 57,5 miliardi di dollari nel 2017 a 84,9 miliardi di dollari nel 2019, con un tasso medio annuo di crescita del +21%. Per quanto riguarda specificatamente l’Italia, Zenith prevede che quest’anno il 26,9% del display sarà venduto in programmatic, percentuale che passerà al 36,4% nel 2019. “Ad oggi il Programmatic non ha creato ricavi aggiuntivi per il mercato complessivo dell’advertising online – osserva ancora Lamperti in un post sul blog dell’Osservatorio –. Tuttavia sono ancora molti i temi sul tavolo che possono influenzare la crescita nei prossimi anni del Programmatic advertising all’interno del mercato italiano dei new media o media digitali: • l’incremento dell’utilizzo dei dati di prima parte, che permetterebbe la clusterizzazione dei propri utenti target sulla base di informazioni più accurate e quindi migliori performance delle 11


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2 – LA DINAMICA DEL MERCATO PROGRAMMATIC ITALIA

Fonte: Osservatorio Internet Media Politecnico di Milano e IAB Italia – (* stima)

attività in programmatic (e in particolare di retargeting); • la diffusione tra gli investitori dell’utilizzo di Data Management Platform, per una più completa e corretta gestione delle informazioni e dei dati sugli utenti; • la crescente fruizione di queste piattaforme non solo per campagne con obiettivi di performance, ma sempre più anche per obiettivi di branding, in parte grazie alla disponibilità in Programmatic di formati Video e Native; • la consapevolezza degli attori di dover migliorare la transparency della filiera, attraverso soluzioni che facilitino la brand safety per gli investitori, che verifichino la validità degli attuali standard di viewability e che garantiscano un processo di post valutazione delle campagne terzo rispetto ai certificatori dei cluster precampagna; 12

• la diffusione delle piattaforme di programmatic anche su altri mezzi digitali (Out Of Home, televisione, radio…) e per altri formati (digital audio); • la misurazione puntuale dell’efficacia di queste piattaforme attraverso l’identificazione dei corretti KPI in base all’obiettivo della campagna e la loro rilevazione in modalità costante”. Focus su ROI e trasparenza Se quindi il mercato continua a crescere e appare economicamente in salute, oltre ad avere un ulteriore grande potenziale di sviluppo, non mancano al suo interno i motivi di preoccupazione, diversi a seconda che ci si ponga nell’ottica di un investitore o in quella di un operatore. Quello che sicuramente tocca da vicino tutti gli attori è quello che riguarda la media transparency: nell’ultimo anno molti clienti


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globali hanno domandato conto di dove e come i loro budget fossero stati spesi e i risultati effettivi di tali investimenti. Da qui sono nati due trend: i maggiori advertiser hanno infatti dichiarato da un lato una consistente riduzione degli investimenti (cui ha peraltro contribuito la necessità di fare ‘saving’) fino a quando la filiera dell’intero digital advertising non sarà più trasparente, e dall’altro hanno ristretto il numero di partner, spingendosi in taluni casi a portare al proprio interno decisioni e processi di acquisto e pianificazione in programmatic. In realtà, l’Advertising Forecast pubblicato a marzo di quest’anno da Zenith non rileva alcun effettivo calo negli investimenti in digital advertising, nonostante le dichiarazioni rilasciate da alcune aziende in riferimento alla scelta di tagliare i budget destinati all’online: la quota di spesa pubblicitaria online continua infatti a crescere velocemente, e secondo le previsioni (global) del centro media quest’anno le aziende investiranno il 40,2% del budget per la pubblicità online, rispetto al 37,6% investito nel 2017. Tale crescita è parte di un processo di digital transformation più ampio, che le aziende hanno intrapreso per rinnovare la relazione con il proprio consumatore grazie agli investimenti in tecnologia, dati e innovazione. “Abbiamo rilevato che la digital transformation sostiene il ROI – ha dichiarato Vittorio Bonori, Global Brand President di Zenith –.E ora siamo in prima linea in una trasformazione che vede i brand spostare i budget secondo il consumer journey, beneficiando di potenti algoritmi e tecniche avanzate di machine learning, investendo in nuove soluzioni di e-commerce. Questa trasformazione è alla base della crescita del brand”. Le preoccupazioni degli inserzionisti sull’efficacia di alcuni investimenti sui media digitali e sulla loro sicurezza sono state ampiamente affrontate. E anzi una serie di progetti di ricerca di Zenith collega l’impatto della brand expe-

Vittorio Bonori, Global Brand President, Zenith

rience e la crescita del brand proprio all’utilizzo progressivo del digitale lungo tutto il consumer journey. Riprendere il controllo Sul fenomeno dell’in-housing, il già citato report The State of Digital invita a non sopravvalutarlo, sottolineando come nella maggior parte dei casi si tratti di un tema più discusso che messo in pratica: “Molti clienti avrebbero l’intenzione di farlo ma non la possibilità – scrive GroupM –. C’è un’onda crescente di aziende interessate alla tecnologia e ai dati e a essere coinvolte nelle decisioni su quali piattaforme scegliere. Noi le incoraggiamo e siamo pronti a consigliarle, a costruirle con loro e a gestirle”. I clienti che gestiscono direttamente il lato tecnologico della performance, prosegue il report, tendono a farlo per media ‘biddabili’ come la

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search e i social. “Il trend che vediamo è quello delle piccole o medie aziende che iniziano da sole, ma che una volta cresciuto scelgono di affidare il loro investimento a un’agenzia quando si tratta di lavorare sul proprio brand”. Negli Stati Uniti, prosegue GroupM, solo pochi clienti hanno scelto di interiorizzare questa funzione: uno di questi oggi si occupa da solo di circa metà del proprio investimento programmatico, ma continua ad affidarsi all’agenzia per la strategia, il floor pricing e così via. Procter & Gamble si sta muovendo in questa direzione e alcuni clienti la stanno seguendo: resta il fatto che per il digital buying, soprattutto in programmatic, occorre trovare e trattenere personale specializzato, saper valutare pregi e difetti delle DSP, accertarsi che l’inventory acquistata sia di qualità – e ciò è tutt’altro che facile. In altri paesi il modello ‘ibrido’ funziona in senso opposto, con i clienti che si occupano delle strategie lasciando all’agenzia il compito più rischioso e costoso dell’acquisto. Unica eccezione per il momento è l’Australia, dove invece la tendenza all’in-housing appare più marcata e diversi brand di dimensioni medio-grandi hanno fatto questa scelta. Secondo GroupM, la ricerca di maggior controllo da parte delle aziende sui diversi processi – dalla relazione diretta con i clienti ai dati, fino alle tecnologie per il marketing e l’advertising e alle relazioni con editori e concessionarie – fa emergere 4 modelli: 1. un rapporto classico fra agenzie e clienti fondato su partnership contrattualmente chiare, basate sulla fiducia ma verificate; 2. quello in cui i clienti assumono il controllo di tutti i contratti con le terze parti nel settore AdTech e MarTech, ma danno in outsourcing alle agenzie (più o meno specializzate) tutto il resto delle operazioni; 3. quello di chi sceglie di assumere direttamente gli specialisti necessari a utilizzare l’AdTech per acquisti in programmatic, sulla scia di una

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pratica ormai consolidata in categorie come il retail dove l’operatività diretta dell’azienda nel search marketing è normale da anni; 4. quello di chi porta al proprio interno tutti i servizi media digitali, sviluppando in piena autonomia la capacità di gestirli (e il cui passo successivo potrebbe essere quello di portare in-house tutti i servizi media, non solo quelli digitali). “Il primo e il secondo sono di gran lunga i più comuni – scrivono gli analisti di GroupM –, il quarto è diffuso nelle aziende native digitali, mentre il terzo è destinato a crescere d’importanza man mano che le aziende inizieranno a costruire e a gestire in casa le proprie DMP”. “Il Programmatic ha in sé la semplicità di processo a cui l’inserzionista e il consumatore aspirano – ricorda Gaetano Polignano, Country Manager Tradelab –. Teoricamente chiunque potrebbe, tramite una delle numerose DSP, internalizzare le attività di pianificazione delle campagne pubblicitarie eliminando di fatto tutte le attività di intermediazione: inserzionista e consumatore legati in modo diretto e puro. Esistono già grandi realtà e media in tutta Europa che hanno intrapreso questa strada. I benefici sono innumerevoli; non c’è arbitraggio sui prezzi e sulle inventory, non c’è perdita di valore nella filiera, la conoscenza e quindi i dati passerebbero per meno mani portando a un miglioramento nella sicurezza e nell’efficienza dell’analisi dei dati e quindi dell’efficacia delle campagne. Internalizzare le attività di programmatic non è semplice, servono competenze, tecnologie e capacità di analisi e calcolo. Gli strumenti per farlo sono a disposizione di tutti, le conoscenze posso essere acquisite in modo rapido grazie alla crescente esperienza degli operatori del settore che possono traghettare queste aziende come consulenti e fornitori di tecnologia. Gestire internamente il programmatic non vuol dire però necessariamente farlo al 100%. Il più delle volte le aziende preferisco-


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no internalizzare solo specifiche attività della filiera programmatica adottando un ‘modello ibrido’, cioè gestito internamente a livello contrattuale e per quelle funzioni più nelle loro corde ma supportato dalla consulenza e dalla tecnologia da fornitori esterni”. Italia: cresce il know-how, ma non l’in-house Come e quanto i trend globali appena discussi hanno avuto dei riflessi sul mercato italiano? Come hanno risposto gli operatori all’esigenza di maggior trasparenza? “La mia sensazione – esordisce Cristina Ughes, Practice Lead di PM Precision – è che ci sia sempre più consapevolezza in particolare da parte degli investitori e che il know-how non sia più ristretto agli addetti ai lavori. È un dato di fatto che ai sempre più numerosi eventi di settore la partecipazione degli utenti e degli investitori è una costante, anche quando si tratta di eventi verticali, su tematiche specifiche e molto tecniche. Tutto questo ha aiutato e aiuta gli investitori a saperne di più e a rendersi conto di come funziona il mercato”. Nonostante ciò, però, secondo Ughes “Nel nostro Paese le aziende non appaiono ancora pronte a gestire interamente in-house decisioni e processi relativi alla sfera del programmatic. Mi sembra che in realtà questo scenario si restringa ai pochi grandi clienti global. Non va infatti dimenticato che ci sono valutazioni economiche da fare e che portarsi in casa un’attività così specializzata, che necessita di profili ad hoc, è tutt’altro che semplice”. “In Italia per fortuna si possono ancora fare molte cose senza subire l’influenza diretta dei fenomeni internazionali – è l’opinione di Enrico Quaroni, Managing Director Italy di Sizmek –. Ciò premesso, comunque, sì: di riflesso qualcosa di simile sta succedendo anche se in misura molto inferiore. Per quel che riguarda il tema della trasparenza, ormai chi non la mette in

pratica, chi non è trasparente al cento per cento semplicemente muore. Per chi non ha nulla da nascondere e fa le cose ‘per bene’, la trasparenza non è mai una cosa negativa. Anzi. Fa bene al mercato e fa bene agli stessi operatori”. Secondo Quaroni, però, occorre notare che in un mercato come quello del digital advertising, “Chi ha effettivamente maggior potere grazie alla sua posizione dominante può permettersi di non far vedere tutto dei propri processi, perché i suoi clienti sono in un certo senso ‘obbligati’ a fidarsi comunque; più in generale, chi invece non fa vedere cosa c’è sotto il cofano della macchina ha con ogni probabilità qualcosa da nascondere, e per gli investitori è molto più facile staccare la spina e rivolgersi altrove. Non a caso, qualche competitor sbarcato nel settore con atteggiamenti per così dire ‘furbetti’ è di fatto scomparso”. “Il mercato italiano – concorda Polignano – ancora non è pienamente pronto a capire e gestire i nuovi processi con quel grado di trasparenza ed indipendenza. Stiamo assistendo però all’inizio di questo cambiamento. Gli advertiser apprezzano sempre di più la trasparenza, sia in termini di delivery e strategico, sia in termini di margini e costi. È sempre più chiaro quali siano le voci che concorrono ai margini degli operatori e dei publisher. In Italia siamo lontani da una vera indipendenza o tendenza a portare in house queste attività, però la richiesta di trasparenza sta aumentando. Alcune aziende hanno i loro siti sulle piattaforme allo scopo di monitorare questi costi e margini; scambio di informazioni più precisi avvengono anche con i publisher (deal pubblici e politiche di prezzo più chiare). L’Italia è anche il paese delle agency commission, questo non fa che accelerare la richiesta di trasparenza. Questo ha portato gli operatori a rendere più chiare e strutturate le loro offerte di servizio. La tecnologia e i prodotti applicati alle campagne hanno dei costi ed è importante che siano trasparenti ma

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soprattutto condivisi. Spiegare che tecnologie o tool si usano e il perché li si usano è di vitale importanza, sia per la crescita della conoscenza sia per rendere profittevole ma giusto questo processo. Questo spinge gli operatori a creare prodotti di qualità e a investire in ricerca e sviluppo per creare nuove tecnologie e prodotti su cui fare cassa”. Anche Paola Colombo, General Manager Adtech & Business Development di Publitalia ‘80, conferma come il mercato italiano sia sempre più attento alla trasparenza nella pianificazione: “Gli investitori e i publisher hanno puntato a lavorare con modalità di private market place, dove domanda e offerta si conoscono e hanno un rapporto commerciale allargato, le basi d’asta sono negoziate e in qualche modo vengono fornite garanzie sui posizionamenti su cui gli spot vengono erogati. Nonostante questo abbiamo assistito a un proliferare di soluzioni di misurazione terze, di ‘verification’ di vari item quali brand safety, viewability, in target e addirittura affollamento in pagina che hanno l’obiettivo di facilitare la pianificazione su un portfolio di siti più allargato pur mitigando il rischio di frodi o di associazione a contenuti scovenienti. Sicuramente è fondamentale ancora l’intervento degli operatori e su questo la collaborazione tra domanda offerta è fondamentale. Attenzione, suggerisce però Quaroni: “Il rovescio della medaglia, in riferimento al mercato del programmatic, è che proprio grazie alla trasparenza oggi tutti si aspettano di poter pagare le migliori aziende e le migliori tecnologie a prezzo di costo. Questo ha provocato una brusca discesa dei prezzi e la diminuzione dei margini. Si tratta quindi di trovare un giusto equilibrio: da parte delle piattaforme nel far vedere esattamente tutti i passaggi e tutto ciò che succede, e da parte degli advertiser nel riconoscere il valore e non ‘strozzare’ le controparti sui margini. La vera difficoltà è

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essere trasparenti, far vedere quanti margini si fanno e contestualmente avere un cliente che non si lamenta. Ancora spesso, però, il trend è quello che vede molti marketer cercare una riduzione dei propri costi pagando meno di tutti: ma così facendo dimenticano che ‘pagare meno’ non equivale affatto a ‘comprare bene’, e far passare questo messaggio è sempre molto complicato”. Un’offerta sempre più strategica Quella che certamente sta crescendo, da parte dei clienti ‘nuovi entranti’ come da quella degli investitori già più esperti del mondo programmatico, è la domanda di un maggior supporto dal punto di vista strategico e consulenziale: quali risposte stanno ricevendo? “Il nostro team dedicato al programmatic – dichiara Paola Colombo – svolge un grande lavoro di consulenza e di risposte tailor made ai brief ricevuti e alle necessità dei nostri investitori: questo è il frutto della stretta collaborazione tra la forza commerciale della concessionaria, con il proprio storico di conoscenza del cliente e approccio consulenziale, e la approfondita conoscenza delle tecnologie e dei meccanismi del programmatic”. “Ciò che ha fatto e che sta facendo Publicis Media per rispondere alla domanda dei clienti è lavorare sempre più a stretto contatto con loro – chiarisce Cristina Ughes –: condividendo i piani strategici, come si è sempre fatto, ma anche i meeting con i fornitori di tecnologie e i data provider per motivare le scelte e le decisioni più tecniche, per esempio le ragioni per effettuare dei test su una piattaforma piuttosto che l’altra. Quindi un lavoro davvero più consulenziale in grado di dare al cliente – grande o piccolo che sia – una visione il più aggiornata possibile di ciò che offre il mercato, mantenendo e rafforzando il rapporto di fiducia. È essenziale infatti, in un momento in cui le tematiche sono diventate così complesse,


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lavorare costantemente a ‘quattro mani’ per garantire trasparenza e condivisione”. Per ciò che riguarda il numero dei partner coinvolti, la posizione di PM Precision vuole essere completamente ‘agnostica’ rispetto alla tecnologia. “In generale le opzioni possono essere due – puntualizza Ughes –: da un lato che le piattaforme siano gestite dai team di agenzia o, dall’altro, che siano utilizzate da team esterni, solitamente quelli dei partner tecnologici. Contrariamente a quanto mi risulta sia la prassi di altri centri media, la nostra scelta fin dall’inizio è stata quella di gestire il più possibile in ‘self-service’ le diverse piattaforme per conto dei clienti, assicurando loro una maggior tranquillità per creare un rapporto di fiducia e condividere in modo trasparente le decisioni, rendendo il cliente perfettamente consapevole di cosa succede del suo budget. Anche in termini di numero di partner, non ci vincoliamo ma attiviamo di volta in volta, a seconda del cliente, della campagna e dell’obiettivo da raggiungere, i partner che ci sembrano utili e che pensiamo possano offrire elementi distintivi rispetto agli altri”. “Una delle ragioni per cui Sizmek continua a crescere è proprio il fatto che, rispetto ad altri competitor, abbiamo puntato fin dall’inizio a un supporto assolutamente strategico: ciò significa che abbiamo fatto in modo che il cliente non ricevesse solo il minimo indispensabile per spendere i soldi con noi, ma che potesse capire al meglio come continuare a lavorare insieme, come poter migliorare le performance delle proprie attività, quali erano e quali sono i formati più attivi ed efficaci per comunicare al meglio con i propri target di riferimento. Ovviamente questo supporto strategico ha un costo, ed è il motivo per cui i clienti sono disposti a riconoscercelo, pagando un po’ di più pur di ottenere risultati oggettivamente superiori a quella che è la media di mercato. Avere un buon prodotto e un livello di supporto così

approfondito rappresenta un benchmark molto difficile da raggiungere. Tuttavia quando questo accade, quando ci si propone nella maniera più adeguata e si fanno le cose per bene, i risultati arrivano sempre”. Il ‘buco’ dell’AdTech Tax Quando tempo fa, il quotidiano britannico The Guardian annunciò che nelle sue casse entrava solamente il 30% dei soldi nominalmente investiti dai clienti sul suo sito in modalità programmatica, la rivelazione destò scalpore. Due anni dopo, la prassi è ormai consolidata ed è stata analizzata da più parti, clienti in primis: la World Federation of Advertisers (WFA, omologa mondiale della nostra UPA) ritiene infatti che il 55% degli investimenti in programmatic sia soggetto a questa Tech Tax, come è stata definita, cioè il denaro speso per i trading desk, le DSP, gli ad exchange e i servizi relativi ai dati, al targeting e alla verification. Secondo uno studio condotto dall’istituto WARC, sulla base dei dati di investimento forniti da Magna Global (Gruppo Interpublic), la percentuale indicata da WFA è molto vicina alla realtà media, nonostante ci siano ampie possibili variazioni e differenze fra mercati, agenzie e piattaforme. Il reale valore di questa imposta dovrebbe essere attorno ai 30 miliardi di dollari, specifica però Warc, perché alcune piattaforme integrano direttamente la componente ad tech (come ad esempio Trueview di YouTube) complicando i calcoli. Come mostra la Tavola 3, una volta esclusi i fee d’agenzia, dei 63,4 miliardi totali investiti dai marketer in programmatic, e considerando un tasso medio di traffico ‘fraudolento’ che la stessa WARC stima in circa il 30% (un click ogni tre!), solo 17,8 miliardi arriva a essere destinato a livello operativo all’acquisto vero e proprio degli spazi media. Non è ancora evidente se con il graduale spostamento degli investimenti dall’open market

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3 – ANALISI DEI COSTI DELLA ‘TECH TAX’

Note: Dati in miliardi di dollari. Le stime sono solo speculative, perché suppongono un’unica tipologia standard di approccio al programmatic. Gli stack tecnologici variano e tutte le cifre sono valori medi, tranne per i 25,4 miliardi di dollari relativi ai publisher (fonte: Magna Global – esclusi search e social) Fonte: WARC, Global Ad Trends, Marzo 2018

ai direct deals tale ‘tassa’ rimarrà così elevata: sicuramente una delle prime risposte da parte di editori e clienti è stata quella di ridurre il numero delle piattaforme programmatiche adoperate. Come afferma James McDonald, Data Editor di WARC, “Il boom del programmatic degli ultimi anni ha messo in luce numerose falle nel suo ecosistema, dalla scarsa viewability ai rischi per la brand reputation, alle frodi. Dover pagare una cifra complessiva di 30 miliardi di dollari alla schiera di ‘intermediari’ che affolla la filiera dell’adv online, ha portato molte aziende a rivalutare il modo in cui investono e a mettere pressione sulla industry perché si dia una regolata”. GroupM non ci sta, e in The State of Digital spiega perché: “Questa cosiddetta ‘tassa’ è

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stato calcolato possa arrivare oltre il 60% dell’investimento, mentre nella nostra esperienza è in media di circa il 30% ed è equamente suddivisa fra lato venditori e lato acquirenti. Una definizione alternativa dell’AdTech Tax è il costo di processare miliardi di transazioni con dinamiche di domanda, offerta, dati, delivery e verifica estremamente complesse. La fine del caos? È un dato di fatto che l’ecosistema del programmatic, fin dalla sua nascita, è straordinariamente affollato di società di ogni genere e dimensione che hanno allungato la filiera e reso più ‘costosi’ per le aziende gli investimenti in questo settore. Nel 2017 abbiamo assistito però a un’inversione di rotta: sia per l’uscita


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di scena di diversi piccoli operatori, sia grazie a una serie di importanti merger e acquisizioni che, si prevede, è destinata a consolidarsi ulteriormente nel 2018. Cosa ci si può aspettare da tutto ciò? Il panorama che ne verrà fuori sarà davvero più ‘semplice’? Con quali benefici per investitori e operatori (publisher, agenzie, piattaforme…)? E quali saranno le doti e le armi necessarie a sopravvivere e ad affermarsi? “Così come la complessità e la frammentazione del mercato erano frutto di uno sviluppo esplosivo del programmatic – risponde Paola Colombo –, nello stesso modo la semplificazione e il consolidamento ne segnano la maturità: in un ecosistema il cui modello di business è basato su investimenti di sviluppo sostenuti da fee tecnologiche la scalabilità dei volumi è fondamentale. Quindi, un po’ per selezione naturale darwiniana, un po’ per acquisizione le società del panorama e della famosa Lumascape del programmatic advertising stanno diminuendo. Questo porta certamente a delle riduzioni dei costi e delle inefficienze man mano che le piattaforme si integrano in maniera più profonda a seguito di acquisizioni. Di contro, il rischio è che si cada in un oligopolio, dove pochi ‘big’ finiscono con avere un grande potere di mercato in virtù del quale possano stabilire delle regole non necessariamente a favore dell’ecosistema. Per questo, con uno sguardo positivo al futuro dello scenario tecnologico programmatic, credo che si distingueranno le società capaci di rinnovarsi e sperimentare continuamente, aperte a molteplici integrazioni e che offrano soluzioni trasparenti sotto tre punti di vista: qualità di publisher e investitori, costi e algoritmi”. “Sicuramente l’ecosistema del Programmatic, a partire dagli ultimi due o tre anni, si è arricchito nel numero di player di diversa tipologia moltiplicando il numero di attori presenti sul mercato – dice Cristina Ughes –: piattaforme tecnologiche, editori, fornitori di dati. A partire dall’anno scorso stiamo assistendo a una sem-

James McDonald, Data Editor, WARC

plificazione relativamente ai tanti piccoli player, in particolare stranieri, che visto l’incremento del mercato italiano si sono precipitati ad aprire una sede italiana nonostante non ci sia spazio per tutti. Questa semplificazione del panorama va ovviamente a beneficio di chi rimane e, prima di tutto, degli investitori. Non solo oggi c’è meno confusione rispetto al passato, ma sopravvive chi riesce a offrire qualcosa di diverso rispetto agli altri. Questo soprattutto per quel che riguarda i player tecnologici e i fornitori di dati. Due anni fa sembrava di assistere a una nuova ‘corsa all’oro’, in cui tutti i nuovi entrati sembravano promettere miracoli ma alla fine le soluzioni tecnologiche proposte erano in larga parte una uguale all’altra. Solo chi porta qualcosa di nuovo e offre soluzioni specifiche, con funzionalità o con dati che altri non hanno, si rivela effettivamente utile per soddisfare le esigenze degli investitori. Le parole chiave per

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4 – LA ‘TECH TAX’ IN % SULL’INVESTIMENTO MEDIA (MEDIE DI MERCATO STIMATE) DSP SSP Canada USA 9.5 10

Total 16-35 19.5

Austria 15-20 Belgio 9 10 19 Danimarca 20 Finlandia 15 Francia 18 7-12 25-32 Germania 12 Gran Bretagna 6-12 8-10 14-22 Italia 20 Latvia 15 Lituania 14 Norvegia 15 Olanda 9-15 Polonia 10-20 Portogalllo 12-14 Repubblica Ceca 16 10 26 Russia 25 Slovacchia 20 Spagna 15-16 Svezia 15-20 Turchia 25 Ucraina 30 Ungheria 23 Europe average using midpoints Australia 10 10 Giappone Hong Kong India 9-10 10-15 Indonesia 20 Asia-Pacific average using midpoints

19 20 27 20-25 19-25

Global average using midpoints

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Fonte: GroupM, “The State Of Digital” (Maggio 2018)

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chi intende rimanere e avere successo nel mercato devono essere diversificazione dell’offerta e innovazione”. “Il consolidamento è sempre un segnale di maturità raggiunto da un settore – commenta Enrico Quaroni – e certamente nel mondo del programmatic e del digitale lo stiamo vivendo. Ma credo che purtroppo non porterà alcun beneficio al mercato, perché la realtà cui stiamo assistendo è quella di pochi giganti che alla fine divoreranno tutto. E questo non fa bene a nessuno, né al mercato, né alla competizione, né a chi ci lavora dentro. È inevitabile che in tutti gli ambiti, prima o poi, quando il mercato matura e diventa meno ‘far west’, nascano questi colossi che, consolidandosi, cannibalizzano tutto ciò che gli capita a tiro. Pensiamo a Facebook con Instagram, Whatsapp e così via. Qualsiasi cosa luccichi e di potenziale successo diventa una preda! Ed è un dato di fatto che

molto spesso ci azzeccano...”. Tutto questo funziona, e anche molto bene talvolta, per chi si occupa di transazioni e operazioni finanziarie e per chi è proprietario o azionista di maggioranza di queste società. “Ma ripeto – puntualizza Quaroni –, personalmente credo che un livello di aggregazione in continua crescita non sia mai una cosa positiva perché alla fine è il mercato nel suo complesso che rischia di perdere slancio: chi è in una posizione dominante sa benissimo di poter guadagnare comunque, e se vogliamo questo almeno in parte penalizza anche il tasso di innovazione, la creatività e la nascita di nuove soluzioni per l’intero mercato. Il monopolio, il duopolio e qualsiasi altra forma di oligopolio non fanno bene a nessuno: molto meglio quando c’è una pluralità di operatori che lottano e competono con i propri mezzi e le proprie risorse”.

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GDPR: è arrivato il momento L’entrata in vigore della nuova normativa – applicabile alle aziende di qualsiasi paese abbia a che fare con i cittadini europei – potrà avere conseguenze sostanziali sul mercato dell’advertising online, dando impulso a una nuova ‘filiera dei dati’, più sostenibile e basata sul rispetto e sulla fiducia. Resta l’incognita sui tempi della sua effettiva applicazione

CHI SIAMO: a pochi giorni dalla stampa di questo volume, il 28 maggio entrerà ufficialmente in vigore la General Data Protection Regulation, più familiarmente nota come GDPR, il primo intervento legislativo della Commissione Europea a più di 20 anni dalla precedente Direttiva Europea in tema di Privacy. 20 anni in cui è letteralmente cambiato tutto. E per di più l’entrata in vigore capita proprio in un momento in cui il tema dell’uso e dell’abuso dei dati è sotto la lente dell’opinione pubblica mondiale in seguito allo ‘scandalo’ che ha coinvolto Facebook, Cambridge Analytics e il risultato delle ultime elezioni presidenziali USA. Obiettivo dichiarato del nuovo set di normative è, nelle parole della stessa Commissione, restituire ai cittadini il controllo sui propri dati personali, semplificando allo stesso tempo l’ambiente normativo entro cui dovranno muoversi le aziende: “La riforma della Data Protection è un abilitatore fondamentale del Mercato Unico Digitale che per la Commissione rappresenta una priorità, permettendo sia ai cittadini europei che alle imprese di beneficiare a pieno della digital economy”. In un mercato interamente fondato sulla raccolta, l’analisi e l’utilizzo dei dati come quello del digital advertising, del programmatic e, in senso ancor più esteso, di tutta la comunicazione moderna, è perfino banale immaginare 22

Stephan Loerke, Ceo, World Federation of Advertisers

che l’introduzione del GDPR non potrà non avere conseguenze. “Il GDPR scardinerà totalmente l’ecosistema pubblicitario – ha scritto in un post dello


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1 - I PUNTI CHIAVE DELLA NUOVA REGOLAMENTAZIONE EUROPEA

Fonte: traduzione ed elaborazione ADC Group su infografica Reuters

scorso gennaio Stephan Loerke, Ceo della World Federation of Advertisers (WFA) –, e forse è esattamente ciò di cui la nostra industry ha bisogno. Questo perché concntrerà l’attenzione degli investitori e li incoraggerà a procedere ancor più velocemente nel prendere il controllo della loro filiera digitale”. Loerke sottolineava come oggi siano ancora troppo numerosi coloro che non capiscono fino in fondo questa filiera: “Dopo il 25 maggio – spiega –, lo stesso ecosistema assurdamente torbido e complesso che ha reso sempre più difficile la valutazione del costo reale collegato all’acquisto di video e altri formati digitali, si troverà ad affrontare un ulteriore considerevole rischio: quello di essere multati fino al 4% del proprio fatturato mondiale ol-

tre al più ovvio pericolo per la reputazione del proprio brand. La trasparenza sui dati imposta dal GDPR vuol dire che qualsiasi organizzazione, ovunque sia localizzata, per raccogliere e utilizzare dati sui cittadini europei dovrà prima ottenere da loro un consenso ‘specifico, informato e non ambiguo’. I brand più accorti esigeranno quindi d’ora in poi la certezza che qualsiasi business partner lavori per loro rispetti la legge al 100%”. Fra le conseguenze immaginabili, prosegue Loerke, che “Molti ad-network che hanno finora raccolto, comprato e venduto o utilizzato dati personali senza mai interfacciarsi con il consumatore potrebbero essere spacciati. Ciò vuol dire che si chiude l’epoca dei dati utilizzati indiscriminatamente, in cui in media 23


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2 - L’ACCESSO AI DATI

Fonte: traduzione ed elaborazione ADC Group su infografica Reuters

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3 - L’UTILIZZO DEI DATI

Fonte: traduzione ed elaborazione ADC Group su infografica Reuters

ogni annuncio servito all’utente poteva essere stato ‘toccato’ e condiviso fino a 50 volte da altrettanti intermediari, come ha evidenziato uno studio degli specialisti in programmatic di Labmatik. Nessuna società al mondo potrebbe mantenere il controllo di una filiera talmente complessa”. L’impatto del GDPR sarà ‘drammatico’ anche perché metterà finalmente tutti i protagonisti dell’advertising di fronte a una realtà di cui si parla da tempo immemore ma la cui applicazione è rimasta in gran parte sulla carta: “Il consumatore e le sue preferenze saranno davvero al centro della relazione con i brand – dichiara Loerke –. I più allarmisti e pessimisti sostengono che il GDPR sancisce la fine della comunicazione personalizzata. Al contrario, i dati personali ceduti liberamente

acquisiranno ancor più valore! Ma per convincere i consumatori a condividere i propri dati con le marche sarà necessario che lo scambio sia informato, trasparente e di valore per entramebe le parti. Quella che finirà è la pratica della ‘pesca a strascico’ per raccogliere dati, e l’inizio di un’epoca di maggior rispetto per le persone, le reali proprietarie di quei dati”. Chi non si adatta sparirà A che punto sono gli operatori italiani nel processo di adattamento al nuovo regolamento? E come prevedono che possa cambiare nel futuro prossimo il settore? “Chi non si è preparato in questi mesi – dice Enrico Quaroni, Managing Director Italy di Sizmek –, comportandosi da cicala anziché da formica, sicuramente corre grandissimi

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IL MANIFESTO WFA PER LA DATA TRANSPARENCY Come proprietari di brand, riconosciamo che è vitale fare la ‘cosa giusta’ quando si tratta dei dati delle persone. Globalmente, però, l’evidenza ci dice che il modo in cui i dati sono raccolti e utilizzati da alcuni player della nostra industria ha giocato un ruolo di primo piamo nel ridurre la fiducia delle persone per l’advertising online. I dati sono diventati parte integrante del processo di creazione, targeting e delivery della pubblicità digitale. Nonostante ciò, le persone hanno un diritto fondamentale alla privacy e se l’industria vuole assicurarsi un futuro sostenibile dobbiamo riconoscere e ricalibrare il modo in cui utilizziamo i dati per il bene del consumatore. Crediamo che questo futuro sostenibile debba essere costruito sul rispetto per i dati delle persone e sulla piena trasparenza per aiutarli a decidere dove, come e quando condividerli. Questi sono i nostri impegni: • UNA GOVERNANCE FORTE – intendiamo implementare politiche e processi dinamici e robusti per riflettere il costante cambiamento nell’uso dei dati, affinché i dati dei consumatori siano: • raccolti in modo etico e trasparente • conservati in modo sicuro grazie a meccanismi e garanzie appropriate, controlli compresi. • DATI RIDOTTI AL MINIMO – adotteremo una logica di riduzione dei dati nell’ottica di raccogliere, utilizzare e conservare solo quelli necessari a produrre un’esperienza pubblicitaria di qualità. • SCELTA E CONTROLLO DEI CONSUMATORI SUI PROPRI DATI – vogliamo creare per gli utenti esperienze che diano alle persone trasparenza, controllo e scelta su come i loro dati sono condivisi e usati nell’advertising online, in linea con questi sette principi: 1. Rendila visibile 2. Falla breve e semplice 3. Rendila più intuitiva possibile 4. Non disturbarmi 5. Permettimi di cambiare idea 6. Falla facile 7. Dimmi ciò che ne farai • CONTROLLO ATTIVO DELLA FILIERA – chiederemo responsabilità e trasparenza a tutta la filiera per avere sempre una visione chiara di quali dati saranno raccolti e come saranno utilizzati dai nostri fornitori. Ci aspettiamo da loro che mantengano i nostri stessi standard elevati quando si tratta di: • Dare alle persone il pieno controllo su dove, come e quando i loro dati saranno condivisi. • Dare loro informazioni chiare e semplici su come i loro dati saranno utilizzati. • Facilitarli quando vogliono chiamarsi fuori. • Rispettare nello spirito e alla lettera ogni regolamentazione o autoregolamentazione. Chiediamo all’intero settore dell’online advertising di adottare un cambiamento radicale verso un ecosistema costruito sulla fiducia, il controllo e il rispetto per i dati delle persone – compresi gli operatori meno trasparenti quando si tratta di raccogliere e utilizzare tali dati.

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WFA, in veste di unica organizzazione globale che rappresenta i marketer, si farà promotrice di questo cambiamento e lo guiderà sia alivello di aziende che di settore. Per questo: • fornirà alle aziende una piattaforma per lo scambio di best practice che ispirino altri ad adottare una mentalità ‘prima le persone’ anziché ‘prima i dati’. • promuoverà l’utilizzo responsabile dei dati nella nostra industry, metterà alla prova e renderà pubblici gli usi odierni, caldeggerà l’innovazione e una corretta regolamentazione che metta al primo posto la privacy delle persone. • ritiene che un futuro in cui le persone avranno piena visibilità, scelta e controllo sui propri dati porterà a una maggior fiducia nella pubblicità online, relazioni fra brand e consumatori più sostenibili e un marketing migliore. Per portare avanti questa visione, l’associazione convocherà un Advisory Board composto da leader globali del settore per lavorare insieme alla Digital Governance Exchange di WFA alla definizione di un piano di azione basato sull’evidenza e sugli insight e la conoscenza degli stessi consumatori.

rischi, giusto per usare un eufemismo… Noi francamente ci siamo preparati per tempo: abbiamo un dipartimento guidato da un Chief Privacy Officer che ha fatto in modo che tutta la compagnia, nei suoi processi e nei suoi prodotti, fosse GDPR compliant”. Anche Tradelab è ormai anni che si prepara a questo momento: “Nel 2017 – racconta il suo Country Manager, Gaetano Polignano –, abbiamo condotto un audit approfondito insieme all’organismo europeo ePrivacyseal sui nostri processi di raccolta, storage e condivisione dei dati degli utenti che si sono dimostrati conformi a quanto definito dal nuovo regolamento. Altri mercati hanno già da tempo implementato regole più ferree e standard più alti sui controlli e le garanzie di sicurezza e privacy. Il GDPR è un deciso passo in avanti, ora tutta Europa avrà le stesse regole e gli stessi standard. L’aumento dell’utilizzo di varie fonti e forme di dato nelle campagne e nelle strategie media hanno richiesto una regolamentazione più raffinata

e puntuale per proteggere gli interessi dei consumatori e dare una garanzia di sicurezza, che veniva richiesta dagli operatori per raggiungere, prima quel grado di dignità e affidabilità che non le veniva riconosciuto, e poi per dare ufficialità ai nuovi standard, all’intero processo. Dare garanzie tecniche, misurabili e oggettive è una necessità per gli operatori ma è anche un’opportunità per fare chiarezza sui processi e sulle tecnologie. Così facendo le ultimi resistenze al futuro verranno spazzate via”. “Il nostro gruppo – conferma Paola Colombo, General Manager Adtech & Business Development di Publitalia ‘80 – ha sempre prestato estrema attenzione al rispetto della privacy degli utenti. I processi interni di adeguamento sono iniziati già da tempo e ci stiamo preparando a offrire ai nostri navigatori, spettatori e lettori sistemi pratici e chiari per esercitare i propri diritti in merito alla privacy. Il GDPR obbliga l’industry pubblicitaria a un momento di riflessione e all’esercizio 27


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di un maggior controllo rispetto al trattamento dei dati: nell’applicazione si vedrà poi se questa iniziativa ha maggior successo della precedente nel proprio obiettivo di tutelare il consumatore e permettere delle scelte informate”. Le agenzie, riflette Cristina Ughes, Practice Leader PM Precision, si trovano in realtà un po’ ‘al centro’ di quelli che sono i processi toccati dal nuovo regolamento: “Noi lavoriamo di fatto con tutti player – tecnologici da un lato, publisher dall’altro – che a loro volta devono essere compliant. Premesso questo, anche noi naturalmente, come tutte le aziende europee, dobbiamo essere ‘GDPR compliant’: per questo a livello di Gruppo abbiamo una struttura dedicata e organizzata per lavorare in un ambiente completamente in regola sotto tutti gli aspetti. Il team sta procedendo pertanto alla certificazione di tutti i player terzi che utilizziamo, in Italia e in Europa, per rassicurare i nostri clienti che i partner di cui ci avvaliamo siano in regola con la normativa”. Nell’ottica degli investitori, prosegue Ughes, sta a loro dotarsi, cosa che in massima parte hanno già fatto, di un’organizzazione o un dipartimento legale che si occupi di aggiornare o modificare la policy interna dal punto di vista della raccolta e della gestione dei dati e così via: “La nostra linea è quella di supportare i clienti su queste tematiche, offrendo collaborazione e mettendo direttamente in contatto il nostro e il loro ufficio legale. Alla fine è un argomento difficile e ancora complicato nonostante se ne parli da mesi, senza contare che comunque, per ora, la normativa rimarrà parzialmente ‘zoppa’ fino a quando nel 2020 si aggiungerà la nuova direttiva sull’e-privacy”. Rischi e pericoli L’obiettivo finale da cui nasce la nuova rego-

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lamentazione, ribadisce Ughes, è rendere le cose più trasparenti e più semplici per l’utente finale, aiutandolo a essere più consapevole, proponendosi perciò di aiutare il business: “A oggi credo che in Italia si stia ancora lasciando spazio a diverse possibili interpretazioni della normativa, tanto che qualche player ha inteso l’esigenza di essere compliant in modo talmente restrittivo ed esagerato da bloccare alcune attività – per esempio limitando l’accesso alle inventory o riducendo drasticamente i tracciamenti aprendoli alle sole risorse interne –, e questo potrebbe portare la legge ad avere riscontri negativi imprevisti e quindi, in ultima analisi, a danneggiare il mercato. Il mio timore è soprattutto per il fatto che una tale ‘libertà’ di interpretazione porti al verificarsi di tante situazioni diverse l’una dall’altra, e questo ci penalizzerebbe”. Come sottolineato da Ughes, la realtà è che la maggior parte delle Authority nazionali e locali cui sarà demandato il compito di vigilare sull’applicazione del GDPR, secondo un sondaggio realizzato da Reuters e reso noto nei primi giorni di maggio, si dichiara ancora assolutamente impreparata e sottofinanziata per poter affrontare tale compito. Non solo. Molte di queste Authority, infatti, sono ancora in attesa che i rispettivi governi aggiornino la propria legislazione – è il caso dell’Italia – per renderla compatibile con il nuovo regolamento europeo: un processo che potrebbe richiedere ancora parecchi mesi. “Nel frattempo i furbi e i giganti stanno cercando di portare acqua al loro mulino essendo ‘più realisti del re’ – ribadisce e conclude Quaroni –, quindi cercando di implementare dei modelli di compliance al GDPR ancora più stringenti di quelli che dovrebbero essere: ma è risaputo che i ‘walled garden’ hanno sempre vantaggi in queste situazioni turbolente, inventandosi chiavi di lettura sempre più forti rispetto a quelle che in realtà


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sarebbero necessarie per essere adeguati alle nuove normative. Fra i più piccoli, quelli che non si sono ancora adeguati sono destinati a soffrire e sono a rischio di sparizione, e chi proverà a fare il furbo pagherà delle multe salatissime. Ci vorranno certamente diversi mesi prima che

qualcuno veramente capisca che cosa sta succedendo o che, banalmente, succeda davvero qualcosa di serio nel mercato: però quando questa cosa prenderà effettivamente piede e qualcuno comincerà seriamente a controllare, qualche ‘dolorosa’ conseguenza ci sarà di sicuro”.

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Oltre la trasparenza Anche nel 2017 si è continuato a parlare moltissimo di viewability, frodi, traffico non umano e brand safety: ma cosa è stato fatto per superare queste problematiche? E al di là dell’hype che le circonda, quale contributo potranno dare o stanno già dando gli sviluppi di nuove tecnologie e soluzioni legate alla Blockchain, all’Intelligenza Artificiale o al Machine Learning?

ALL’INIZIO dell’era Internet la relazione fra gli advertiser e i publisher era semplicissima. Nonostante, o forse proprio a causa della sua crescita vertiginosa e delle cose ‘meravigliose’ che le nuove tecnologie hanno reso possibile, oggi i modelli di business legati all’advertising online si sono complicati all’inverosimile. È proprio fra i numerosi passaggi della pubblicità dall’advertiser al suo target che si annidano le problematiche legate ai ‘finti’ siti, le ‘finte’ impression, l’inserimento di messaggi di marca in ambiti e contesti tutt’altro che desiderabili e così via. Il rapporto one-to-one di una volta ha lasciato spazio a una serie di processi e di intermediari talmente complesso che il digital marketing, come lo ha definito il Chief Marketing Officer di Procter & Gamble, Marc Pritchard, è diventato ormai un ambiente “a dir poco torbido quando non fraudolento”. Per provare a rendere meno ‘inquinate’ le acque della pubblicità online e della sua intera filiera, molti operatori di diversi settori dell’advertising industry hanno iniziato a esplorare e a sperimentare l’ecosistema della blockchain – attenzione: si tratta di un termine generico perché di blockchain ne esistono molte e continuano a nascerne di nuove in moltissimi ambiti –: pur senza addentrarsi sul piano tecnico, si può dire che le caratteristiche di sicurezza e affidabilità di questa tecno30

Cristina Ughes, Practice Lead di PM Precision

logia la rendono infatti potenzialmente adatta, almeno sul piano concettuale, a migliorare l’efficienza e la trasparenza dei processi e delle transazioni in programmatic: riducendone i


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costi, rimpiazzando i diversi layer tecnologici necessari a validare le transazioni e verificare le campagne, ed eliminando le frodi. I primi test sulla blockchain Sono numerose le aziende che negli ultimi due o tre anni hanno investigato, e investito, nel mondo della blockchain, da IBM a Google, da Microsoft ad Accenture e a molte altre ancora. Fino a questo momento, però, le applicazioni reali e funzionanti nel settore del digital marketing sono molto poche, fondamentalmente perché la velocità di trasmissione e di elaborazione dei dati dei network peer to peer su cui nasce la blockchain è ancora troppo bassa per sistemi di Real Time Bidding e programmatic, tanto è vero che le prime soluzioni sviluppate nell’area dei media riguardano principalmente quelli ‘tradizionali’ (primo fra tutti il mondo televisivo). Fra i progetti più attesi, anche se i dettagli non sono ancora stati resi noti, c’è quello in collaborazione fra IBM e Unilever, annunciato dal Chief Marketing Officer di quest’ultima, Keith Weed, per utilizzare la blockchain allo scopo di snellire il processo di acquisto dei media digitali, minimizzare il rischio di manipolazioni, garantire la trasparenza a tutte le parti in causa. A fine 2017, in Gran Bretagna, la holding The Marketing Group ha lanciato Truth, una media agency che garantisce ai clienti la totale trasparenza grazie a un trading desk proprietario basato sulla blockchain: a marzo di quest’anno Truth ha annunciato di aver realizzato per la prima volta una campagna in cui l’agenzia e tutti partner utilizzati, la DSP Avocet e l’ad exchange Sonobi, hanno siglato i cosiddetti ‘smart contract’ (inserendo cioè i termini dell’accordo fra il buyer e tutti i partner coinvolti nella transazione nel codice della blockchain), rivelando quindi fin dall’inizio al cliente in modo completamente

The State of Digital A GROUPM PUBLICATION

Seeing the forest for the trees.

APRIL 2018

Il report ‘The State Of Digital’, pubblicato da GroupM a maggio 2018

trasparente tutti i fee. Se Truth nasce come agenzia per supportare i clienti privati, Fenestra, sempre in Gran Bretagna, è invece una nuova piattaforma appena lanciata e dedicata alla compravendita di spazi media che ambisce a risolvere i problemi a livello di intera industry, proponendosi a clienti e agenzie media con un posizionamento totalmente ‘indipendente e neutrale’. Come detto poc’anzi, il presente di Fenestra è ancora focalizzato sul mercato dei media ‘tradizionali’, in attesa di aprirsi

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COME FUNZIONA LA BLOCKCHAIN

Fonte: “Blockchain for Video Advertising: A Market Snapshot of Publisher and Buyer Use Cases”, IAB USA, febbraio 2018

all’online advertising quando la tecnologia a monte della blockchain consentirà di passare dalle attuali 1.500 transazioni al minuto alle decine di migliaia al secondo richieste dal programmatic e dal real time bidding. 32

Anche GroupM, in The State of Digital, appunta solo pochi esempi di applicazioni pratiche in fase di implementazione nell’area marketing, e fra queste cita la ‘Marketing Data Chain’ annunciata da Xiaomi lo scorso


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anno, in cui la blockchain abilita il matching di diverse fonti di dati per costruire un profilo più accurato del consumatore in target, mantenendo la sua totale privacy, e la sperimentazione di Mindshare Asia Pacific che sta investigando il potenziale della piattaforma Zilliqa. La stessa GroupM, inoltre, dichiara di utilizzare la blockchain per supportare la compliance al GDPR, e di prendere in considerazione quelle che descrive come alcune ‘applicazioni simili alla blockchain’ per meglio comprendere e controllare il flusso di denaro all’interno della filiera del programmatic. “La tecnologia alla base della Blockchain è ancora lenta, macchinosa e costosa – puntualizza però il report –: per il momento sembra essere confinata a dirimere grandi problemi per i quali non si riescono a trovare altre soluzioni più semplici (di solito, da una terza parte onesta, efficiente e indipendente). È propugnata da fornitori e consulenti direttamente interessati, e nelle sue attuali applicazioni non è in grado di stare al passo con le esigenze del media e dell’advertising in tempo reale”. Viewability e brand safety Nel 2017 si è continuato a parlare moltissimo di viewability, frodi e brand safety. Ma che cosa è stato fatto per superare queste problematiche? Blockchain, intelligenza artificiale e machine learning sono solo le ‘buzzword’ del momento o c’è qualcosa di più? Quale contributo potranno dare nel migliorare l’efficacia e l’efficienza del marketing digitale? “Credo che sia necessario distinguere i due argomenti – risponde Cristina Ughes (PM Precision) –. Da una parte sì, relativamente a frodi, brand safety e viewability sono aumentati assolutamente i sistemi di controllo e il loro utilizzo a favore dei clienti. E questo indipendentemente dal discorso del dato e dell’u-

so che se ne fa. Viewability e brand safety sono infatti ormai, senza ombra di dubbio, le parole chiave che qualsiasi investitore ha in mente fin dall’inizio per le sue campagne. I clienti ci chiedono naturalmente di usare tutti i sistemi possibili per ottimizzare questi KPI, evitando di andare su siti ‘poco appetibili’ e acquistando impression legittime, non frutto di attività fraudolente. Per questa ragione noi applichiamo a ogni singola campagna tutti gli strumenti di sicurezza preventiva disponibili, che vanno dalla gestione di una white-list di Publicis Media certificata dal nostro team global, a white-list di siti dedicati al singolo cliente – ogni cliente ha differenti necessità – e, contemporaneamente, strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, nati e sviluppati per evitare l’acquisto di impression fraudolente. Ad esempio, la lista di keyword che aggiorniamo quotidianamente, e talvolta in tempo reale in caso di necessità o urgenza, per bloccare la pianificazione di posizioni ‘sgradevoli’, per esempio articoli e news anche su siti normalmente rispettabilissimi – quindi non per forza di cose illegali, violenti, pornografici o quant’altro –, che nessun sistema automatico è a oggi in grado di identificare. Se originariamente il programmatic è nato per l’ottimizzazione dei KPI e l’acquisto ad asta, oggi tutti questi sistemi hanno modificato i modelli di buying iniziali così come hanno sicuramente cambiato il processo di delivery. Ma allo stesso tempo ha reso il tutto anche più sicuro”. Per quel che attiene concetti come blockchain, intelligenza artificiale o machine learning, prosegue Ughes, “Si tratta di tecnologie di interpretazione dei big data utilizzabili per ottimizzare l’erogazione dei messaggi: non tanto per evitare le frodi, quanto per assicurarsi che il giusto messaggio raggiunga il giusto consumatore. Sono sistemi e strumenti che permettono di utilizzare

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LA BLOCKCHAIN PER IL VIDEO ADVERTISING FreeWheel, la unit di Comcast Cable che ha riunito le competenze di Strata, Visible World e Comcast Advanced Advertising, ha annunciato la creazione di una ‘Blockchain Insights Platform’ destinata alla filiera della tv digitale e lineare, che vede coinvolti nel progetto anche numerosi partner internazionali quali Mediaset, NBC Universal, Disney, Altice USA, Channel 4, Cox Communication e Groupe TF1. Obiettivo della piattaforma, denominata BlockGraph, è migliorare la pianificazione, il targeting, l’execution e la misurazione dell’efficacia della pubblicità su tutti i mezzi e gli schermi: inserzionisti e broadcaster potranno cioè combinare e condividere più efficacemente e in modo anonimo i propri dati con quelli degli altri operatori (programmisti, investitori, agenzie), senza cedere le informazioni proprietarie sui loro clienti e abbonati e quindi tutelandone al massimo la privacy. Ciò consentirà lo sviluppo e l’execution di piani pubblicitari destinati agli utenti dei loro servizi, su qualsiasi device, sulla base di segmenti di audience targettizzati con maggiore precisione ed efficienza, incrementando così il valore e la quantità degli spazi pubblicitari monetizzati. Le metriche di rendicontazione e attribuzione, inoltre, andranno a vantaggio di tutti i partecipanti, con la possibilità di monetizzare nuovi flussi di entrate grazie agli insight generati per loro stessi e per altri.

Gaetano Polignano, Country Manager Tradelab

l’enorme quantità di dati che ormai abbiamo a disposizione in maniera più intelligente: ci aiutano cioè a studiare e a comprendere più 34

in profondità i comportamenti e le attività dell’utente, consentendo quindi un’analisi più approfondita di ciò che può interessare il target e di regolare la sua esposizione alla campagna. Ma tutto questo va a cadere sempre e comunque sotto le regole già fissate e implementate di brand safety, viewability, e così via”. “Le tecnologie in questione – secondo Gaetano Polignano (Tradelab) – daranno un’ulteriore grado di sicurezza e affidabilità a tutto l’ambiente programmatic. Per esempio, la decentralizzazione del modello blockchain garantirà la reperibilità e l’indipendenza della gestione dei dati. Lo sviluppo delle intelligenze artificiali ci permetterà sempre di più di automatizzare i processi e renderli più efficienti e accessibili. Il machine learning potenzia questi processi e renderà più efficaci le strategie di marketing ma soprattutto velocizzerà la fruibilità a tutti i livelli di questi prodotti. Tecnologie più affidabili, facili da


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HAVAS GROUP LANCIA HAVAS BLOCKCHAIN FreeWheel, è la prima holding del mondo pubblicitario ad aver messo ufficialmente un piede in quella che molti definiscono ‘new economy’ con il lancio di Havas Blockchain: si tratta di un’offerta di comunicazione integrata mirata a supportare i business e gli imprenditori che utilizzano la tecnologia blockchain, concentrandosi inizialmente sul supporto per le ICO (Initial Coin Offering, ossia la forma di finanziamento utilizzata da start up o altri soggetti che intendono realizzare un determinato progetto), affiancando le aziende che operano nell’ecosistema blockchain, svolgendo attività di training, coaching e comunicazione a livello globale. L’offerta è stata sviluppata in collaborazione con Blockchain Partner, tra le più importanti società di consulenza francesi per la trasformazione attraverso blockchain, e AMO, già partner di Havas Group a livello globale per la consulenza in ambito di comunicazione corporate e finanziaria. Un team di esperti guidato da Fabien Aufrechter, consulente di Havas Paris, metterà a sistema l’esperienza dell’agenzia nella comunicazione a livello globale con il potere del network di AMO, in modo particolare in Asia (Russia, Corea, Giappone, Singapore), una zona particolarmente importante per gli investimenti ICO, e con le competenze di Blockchain Partner a livello strategico, tecnico e legale.

usare e precise renderanno le campagne adv online enormemente superiori a quelle tradizionali. La potenza di calcolo, la misurabilità, il controllo, l’indipendenza e trasparenza sono elementi necessari per adattarci e quindi gestire con successo le nuove esigenze e i comportamenti dei consumatori. In Tradelab da anni utilizziamo filtri pre-bid Adloox e IAS integrate alle nostre tecnologie che permettono di salvaguardare la reputazione online dei brand e ridurre il numero di clic fraudolenti e il traffico non umano”. Paola Colombo (Publitalia ’80) conferma la fiducia della concessionaria nelle nuove tecnologie e nuovi sistemi di automazione: “Da due anni abbiamo attivato sistemi di Artificial Intelligence per la classificazione granulare dei nostri siti, per la creazione di stime di volumi e, nell’ultimo anno, abbiamo investito in un progetto con altri broadcaster internazionali (vedi Box: ‘La blockchain per il video advertising’) per investigare le potenzia-

Paola Colombo, General Manager Adtech & Business Development di Publitalia ‘80

lità della blockchain per portare a un sistema virtuoso di scambio di informazioni tra diversi 35


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attori del mercato, investitori, editori e consumatori. Con questo sistema vogliamo arrivare a un punto tale per cui gli investitori potranno pianificare con i propri dati sulle properties degli editori senza che nessun dato, nessun valore, lasci il database di origine. Questo sistema può anche essere esteso alla certificazione dei siti dichiarati sulle piattaforme e sicuramente a garantire maggior trasparenza al sistema programmatic decentralizzando il potere da pochi player con interessi economici a un controllo distribuito sulla blockchain”. Artificial Intelligence: dai dati agli insight “Non esiste uno standard per definire con precisione cosa sia l’Intelligenza Artificiale – osserva GroupM in The State of Digital –: in questa sfera, i tool di marketing oggi più avanzati sono certamente gli algoritmi che aiutano i brand ad analizzare quale creatività e quale posizionamento del messaggio sui media performa meglio, più velocemente e su più ampia scala. Tutte le DSP stanno migliorando le strategie di asta per ottenere risultati più utili ed efficaci da questo punto di vista. Pensando più in grande, però, possiamo aspettarci che la ‘vera’ IA emerga nella sfera della lotta alle frodi capaci di superare le soluzioni convenzionali basate sulle regole, nell’aiutare gli esseri umani quando devono decidere fra opzioni troppo numerose, o nel rallentare il tasso di declino dei rendimenti decrescenti”. GroupM cita come esempio pratico di artificial intelligence Co-Pilot di Xaxis, il cui nome intende enfatizzare proprio l’importanza del suo ruolo di aiuto, non di rimpiazzo, del giudizio umano. Come spiega Erik Rosa, Managing Director di Xaxis Italy, si tratta di “Uno strumento che tramite il machine learning automatizza i processi di analisi di campagna e ottimizzazione, garantendo la gestione in

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Ilaria Zampori, General Manager di Quantcast Italia

tempo reale e 24/7 di tutte le variabili associate al raggiungimento degli obiettivi della campagna, intervenendo in modo automatico, basandosi sui dati storici raccolti e rispettando le regole di ottimizzazione impostate dai campaign manager”. Fra le altre applicazioni solitamente considerate nell’area dell’IA ci sono i chatbot, il riconoscimento delle immagini, il riconoscimento vocale e i motori di raccomandazione. Nel digital marketing, una delle start up forse più interessanti è quella di Adext, nata in Messico ma trasferitasi nella Silicon Valley, che si descrive come la prima e a oggi l’unica piattaforma completamente automatizzata, che utilizza l’Intelligenza Artificiale per pianificare, implementare e acquistare ogni genere di spazio pubblicitario digitale – search, social e display – per incrementare le vendite di Piccole e Medie imprese che dispongono


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Blockchain e Intelligenza Artificale sono le ‘buzzword du jour’: ma come recita la ‘Legge di Amara’, si tende sempre a sovrastimare gli effetti della tecnologia sul breve termine e a sottovalutarne le conseguenze in un futuro di lungo periodo

di budget molto ridotti. Adext garantisce per contratto ai clienti che la sua ‘intelligenza’ fornirà loro risultati migliori, in termini di conversioni, di qualsiasi competitor umano o software... Oggi i brand hanno a disposizione una sovrabbondanza di dati a cui però non riescono a dare un senso. “I dati non servono a nulla se non vengono trasformati in insight di valore – afferma Ilaria Zampori, General Manager di Quantcast Italia –. È proprio qui che entra in gioco l’impiego dell’intelligenza artificiale, perché offre opportunità concrete e reali di costruire strategie a lungo termine efficaci, agendo su tre aspetti: prospecting, permettendo di individuare e intercettare nuovi potenziali consumatori; personalizzazione, consentendo alle aziende di creare messaggi e offerte tagliati su misura del consumatore; prevenzione delle frodi, proteggendo i brand e fornendo un aiuto concreto alle imprese nell’individuazione dei comportamenti fraudolenti”.

Inoltre, il ricorso al machine learning e all’intelligenza artificiale ha un altro risvolto da non sottovalutare. “Utilizzando le macchine per tutte le attività in cui possono essere più abili di noi, abbiamo modo di dedicare il nostro tempo ad altre attività maggiormente strategiche – evidenzia Zampori –. Quali? Pensare alla creatività in ottica data-driven e utilizzare gli insight forniti dalla tecnologia per mettere a punto una strategia efficace può aiutare i brand a tornare a crescere”. Media e creatività: data-driven e ‘integrati’ Se è vero che siamo a pieno titolo nell’era del ‘data-driven marketing’, altrettanto vero è che fino a oggi la gestione della parte ‘dati’ è stata spesso, se non conflittuale, quanto meno disgiunta da quelle relative al planning e buying del media e, soprattutto, della creatività. Chi, come e quanto si sta preoccupando di rispondere all’esigenza delle aziende di un approccio maggiormente ‘olistico’ a questi

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Enrico Quaroni, Managing Director Italy di Sizmek

aspetti? Attraverso quali strumenti e quali innovazioni è possibile ottimizzare le performance di una campagna in quest’ottica? “Che siamo entrati nell’era del data driven marketing è vero – conferma Ughes –, anche se in Italia fino a questo momento non tutti gli investitori hanno iniziato a lavorare in questo senso. Sicuramente le aziende principali si stanno dotando di una DMP proprietaria e stanno lavorando sui propri dati per migliorare l’esperienza dell’utente. Anche dal punto di vista del messaggio qualcuno ha già fatto passi in avanti, qualcuno non ancora: affinché il messaggio data-driven sia efficace deve portarsi dietro una creatività ad hoc: è necessario infatti accompagnare l’utente nella sua esperienza con un messaggio diretto e customizzato. Per farlo ci sono diversi sistemi, e noi abbiamo un nostro tool proprietario per 38

la customizzazione dei messaggi in base al singolo utente. Qualche investitore è però ancora un po’ restio a produrre contenuti diversi per ovvi motivi di ROI”. “Sempre di più si ha l’esigenza di parlare di Data Strategy – è la riflessione di Polignano –. Le fonti di dato disponibili sono sempre di più e varie; dati di prime seconde e terze parti, capacità più raffinate di creazione di segmenti sempre più granulari ma soprattutto integrazioni dirette di queste fonti richiedono la costruzione di ambienti più raffinati per la raccolta, raffinazione e utilizzo del dato. Oggi non si può prescindere dall’utilizzo del dato: da un ambiente site-centric ora si è passati a una concezione user-centric, e quindi la qualità e spessore del dato sono fondamentali. La creazione di Data Optimisation Platform è indispensabile per gestire questa quantità ed eterogeneità di fonti e caratteristiche di dati. Prendendo come esempio i dati CRM dei clienti è possibile, da un lato, potenziare le attività di direct marketing e creare campagne di lead generation precise ottimizzando i costi, e dall’altra potenziare il CRM del cliente arricchendolo, attraverso il cookie matching, con i dati presenti della Data Optimization Platform (dati di seconde e terze parti)”. Se questo è l’anno del data-driven perché si utilizzano sempre più dati, riprende Ughes, dal punto di vista della customizzazione si stanno facendo dei piccoli passi avanti, ma al traguardo non siamo ancora arrivati: “È una strada che è stata intrapresa e piano piano porterà tutti ad avere creatività customizzate con messaggi ad hoc in base al segmento di utenza cui sono destinati. Oggi si parla molto di ‘creatività dinamica’, cosa che va oltre la semplice gestione da parte nostra: essa richiede infatti un’attività specifica, legata a particolari KPI, e disponibilità di più contenuti che vengono assemblati da noi. Si tratta di operazioni che non si adattano a qualsiasi


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tipo di campagna ma che si prestano particolarmente bene ad attività a performance, in cui gli investitori hanno la necessità di di spingere gli utenti verso la conversion”. In linea generale, prosegue Ughes, c’è sicuramente stata una forte evoluzione rispetto a qualche anno fa, “Con un sempre maggior impatto reciproco fra contenuto dei messaggi e loro veicolazione: parleremo più avanti di come tutti i media si stiano indirizzando verso il programmatic, ma anche dal punto di vista della creatività sono nati nuovi modi di contestualizzare i messaggi – vedi il native, piuttosto che i contenuti on demand. Il contenuto è, e credo continuerà a essere, comunque, nelle mani delle agenzie creative. È chiaro che per i grandi gruppi come il nostro la strada è quella della collaborazione fra i diversi hub, perché il cliente possa contare su sempre maggiori opportunità di contributo da parte dei diversi specialisti”.

“Parlare di una visione ‘olistica’ del digitale penso sia ancora piuttosto prematuro – conclude Enrico Quaroni (Sizmek), soprattutto perché oggigiorno si sta complicando molto la composizione dei media plan. Sicuramente le grandi holding company e le agenzie in generale stanno cercando di creare un modello che possa essere il più olistico possibile: si tratta tuttavia di un percorso complicato in cui sì, gli strumenti ci sono, ma al di là dell’avere ancora costi altissimi, sono ancora pochissimi quelli in grado di utilizzarli. Parliamo di un’integrazione di alto livello che richiederebbe infatti il ricorso a veri e propri ‘system integrator’, ma i costi sono tali che ben poche aziende di dimensioni medie e anche mediograndi sarebbero in grado di dotarsi di tali figure. Oggi il mercato ha fatto molti passi avanti da questo punto di vista, ma credo che sia ancora lontano dal raggiungere questo genere di servizio e questo tipo di soluzione”.

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Verso l’automation Il boom – potenziale – dell’Audio Digitale e della Radio. La partenza concreta del Digital Out Of Home. La sperimentazione televisiva. Ciascuno al proprio ritmo, con le proprie modalità e tempistiche, i mezzi classici si avvicinano all’automation e, in qualche caso, anche al ‘vero’ programmatic. Ma i ‘new media’ dal potenziale più dirompente potrebbero essere gli ‘smart speaker’

PARTITA lentamente, l’inesorabile avanzata del Programmatic verso la ‘contaminazione’ di tutti i media, anche quelli tradizionali che si sono nel frattempo ‘digitalizzati’, sta decisamente accelerando. Le esperienze si accumulano e dopo molti test e sperimentazioni si moltiplicano le realtà operative. Iniziamo questo nostro excursus su come e quanto programmatic e mezzi pubblicitari diversi dall’online abbiano iniziato a convivere partendo dal Digital Audio: se a fine 2017 il totale mercato della pubblicità online in Italia era di 2,6 miliardi di euro, tale cifra non conteneva il dato di raccolta derivante dalla vendita di spazi pubblicitari audio trasmessi su Internet. Il motivo di questa esclusione è presto detto: “Fino allo scorso anno – spiega infatti Andrea Lamperti, Direttore Osservatorio Internet Media –, questa forma era praticamente inesistente sul mercato italiano. Ma questo scenario potrebbe assolutamente cambiare. Con la sempre più ampia diffusione delle offerte di musica in streaming, sia con modelli in abbonamento che soprattutto in modalità gratuita ma con pubblicità, questi spazi saranno sempre più presenti nelle disponibilità degli investitori. Inoltre, sempre di più i consumatori tendono a utilizzare gli strumenti mobile anche senza fruire dello schermo, nobilitando così la comunicazione solo audio: basti pensare ai messaggi vocali sui sistemi di instant messaging, agli assistenti vocali, all’utilizzo delle cuffie per 40

chiamare e ascoltare musica, ecc.”. Negli Stati Uniti, dove negli ultimi 6 anni consecutivi la Radio ha visto scenderegli investimenti, il Digital Audio Advertising sta invece crescendo rapidamente e ha già conquistato un’interessante quota di mercato: IAB USA indicava in 1,1 miliardi di dollari il giro d’affari del 2016, primo anno in cui il settore è stato monitorato; secondo le stime di WARC, nel 2018 tale cifra potrebbe diventare di 1,6 miliardi – l’81,3% dei quali (pari a 1,3 miliardi) riguarderanno i device mobili. Oltre la radio Pur non avendo ancora stime sul potenziale del mercato italiano, gli operatori hanno creato insieme a IAB Italia un tavolo di lavoro, realizzando un Libro Bianco che traccia le linee guida per la pianificazione del Digital Audio Advertising (vedi box). Insomma, qualcosa bolle in pentola, e si inizia a parlare di Audio Digitale come di una soluzione editoriale e di pianificazione pubblicitaria ‘nuova’ e dalle notevoli possibilità. “Nuova – spiega Mirko Lagonegro, Ceo &Co-Founder di DigitalMDE –, in quanto sino a poco tempo fa l’audio era sinonimo di Radio, ma l’ingresso di pure player come Spotify e l’emergere di formati diversi come i podcast, hanno forzato la distinzione tra i due termini; dalle notevoli possibilità, perché nel formato digitale si uniscono tutte le caratteristiche e i vantaggi tipici del mondo digital con le prerogative dell’audio,


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Real DOOH è l’offerta digitale rivolta al mondo del Digital Out Of Home sviluppata congiuntamente da Xaxis e Kinetic, entrambe appartenenti a WPP Group.

prima tra tutte quelle di essere l’unico media fruibile mentre si sta facendo altro (guidare l’auto, jogging & fitness, vita domestica)”. I contenuti delle emittenti radiofoniche sono sempre più spesso distribuiti contemporaneamente on air, via broadcast (FM e DAB), e via IP streaming: in sostanza, quello che va on air lo si può sentire anche on line (il cosiddetto simulcast); lo stesso dicasi per le campagne pubblicitarie che, a meno di scelte specifiche dei singoli editori, rispettano sul canale digitale la programmazione impostata per la distribuzione broadcast. “Così facendo – riprende Lagonegro –, le concessionarie possono proporre ad agenzie e inserzionisti la loro ‘audience completa’, indistinta su tutti i canali, in conformità ai dati registrati dalle società di rilevazione e diffusi da TER (Tavolo Editori Radio). Per questo un prodotto come Spot+, messo a punto da DigitalMDE (vedi Box),

rende possibile a editori radiofonici e rispettive concessionarie lo sfruttamento di tttue le possibilità offerte dal canale digitale per arricchire le campagne trasmesse in streaming con molteplici opzioni”. Al via anche l’Outdoor Come dice Erik Rosa, Managing Director di Xaxis Italy, “GroupM ha iniziato già dall’anno scorso a sviluppare soluzioni di digital advertising legate a risultati garantiti rispetto a tutti i KPI del cliente – viewability, reach in target o cost per acquisition –, ma soprattutto soluzioni crossmediali: l’esperienza non si ferma quindi al digital, ma si allarga a media offline quali Audio e Digital Out of Home”. Da questo allargamento è nato Xaxis Audio, “Il primo prodotto tramite cui è possibile erogare campagne programmatic con formati audio 41


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GLI SMART SPEAKER SUGGERISCONO UN BRAND DIVERSO UNA VOLTA SU CINQUE

Fonte: comScore, “2018 State of the U.S. Online Retail Economy” (Marzo 2018)

sulle principali web radio del mercato italiano e internazionale e sulle piattaforme di streaming digitale come Spotify o Deezer, con la possibilità di agganciare le audience di [m]Core. Tramite l’efficienza del programmatic – prosegue Rosa –, abbiamo lanciato per primi anche un nuovo prodotto che sta rivoluzionando il mercato dell’affissione, garantendo un acquisto automatizzato sugli impianti outdoor digitali; frutto di un lavoro congiunto con Kinetic (outcome media company anch’essa nell’orbita del Gruppo WPP), e con i principali publisher e gli operatori più importanti del mercato (fra i quali Clear Channel, Telesia, Grandi Stazioni: ndr), supportato da un tavolo di lavoro IAB, Real DOOH è uno strumento utile ai clienti di Xaxis per raggiungere cluster di utenti nei principali aeroporti, metropolitane, stazioni italiane e centri commerciali”. Sia per l’Audio che per il Digital OOH, aggiunge Rosa, “La sfida dei prossimi mesi sarà ampliare l’inventory in termini sia di editori radiofonici sia di impianti di affissione digitale, facendo in modo che si integrino con le principali tecnologie di 42

erogazione di campagne in programmatic (SSP) per garantire agli investitori un’offerta completa, così come avviene oggi nel digital più classico”. Anche Publicis Media, conferma Cristina Ughes (PM Precision), è partita da circa un anno tanto sul fronte Outdoor come su quello Audio: “Tutti i diversi media, con la loro digitalizzazione, si stanno spostando verso le nuove tecnologie di planning e buying – nota Ughes –. Parlare però di puro programmatic è forse un po’ eccessivo e rischia di creare false aspettative. È forse meglio parlare di un mondo che si sta automatizzando. Noi abbiamo iniziato già due anni fa con il Digital Out Of Home di Grandi Stazioni, che è stata la prima concessionaria a partire con la possibilità di offrire pianificazioni automatizzate e un’ottimizzazione della delivery attraverso un messaggio one-to-many su specifici segmenti di utenza, fasce orarie o località”. E prosegue: “Dall’anno scorso siamo partiti anche sulla radio, in particolare nella sua forma di web-radio delle emittenti tradizionali, anche in questo caso attraverso forme di ottimizzazione in termini di geolocalizzazione e segmenti di


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IAB ITALIA : LA GUIDA AL DIGITAL AUDIO ADVERTISING

Daniele Sesini, Direttore Generale di IAB Italia

Sotto l’egida di IAB Italia, più di una dozzina di operatori – emittenti (RDS, Radio24, RTL 102,5), concessionarie (FCP, Mediamond, Manzoni), agenzie media (OMD), trading desk (Adform, Rubicon Project) e altre società (Spotify, comScore, DigitalMDE, Triton, Adswizz) – si sono riuniti in un tavolo di lavoro che ha pubblicato lo scorso ottobre un libro bianco sul Digital Audio Advertising, una panoramica sul settore che traccia le linee guida per la sua pianificazione pubblicitaria. “Il White Paper – spiega Daniele Sesini, Direttore Generale di IAB Italia e coordinatore del Tavolo Digital Audio – descrive la value proposition e, per la prima volta, stabilisce modalità e parametri di funzionamento, misurazione e compravendita del comparto, evidenziando le opportunità che questo nuovo framework offre al mercato italiano, coerentemente a

quanto già sta accadendo nel resto del mondo”. Fra le molteplici opportunità offerte dal Digital Audio Adv, gli operatori evidenziano: • la crescente disponibilità di audience che ne fruisce in mobilità; • i picchi di concentrazione sul target giovane, poco fedele e difficile da raggiungere con altri mezzi; • le stesse caratteristiche del formato audio: indipendenza dallo schermo, alta capacità di creare engagement (vuoi per l’ascolto in cuffia, vuoi per la scelta di effettuare un download); • la predisposizione tecnologica alla segmentazione e al programmatic planning & buying; • la crescente diffusione e l’arrivo imminente di nuove tecnologie basate su audio e voce, dalle connected cars agli home device; • il formato efficace e non intrusivo, che non presenta problemi di viewability, ad blocking o ad fraud.

utenti. La forma più avanzata nell’area dell’audio è certamente quella di Spotify, che essendo nata come soluzione digitale offre già oggi opportunità di targetizzazione molto puntuale rispetto alle web radio. Ci sono ancora molti passi da fare ma si assiste a un bel movimento un po’ su tutti i fronti”. Per quanto riguarda la televisione, infine, Ughes

sottolinea come il problema in questo momento è che “In Italia si parla di un parco televisori connettibili, ma non sempre ancora effettivamente connessi, numericamente non ancora molto rilevante. Anche questo mezzo si sta però avvicinando al mondo dell’automation: sono partiti i primi esperimenti di targetizzazione sulla base dei programmi che si vedono, del tipo di apparecchio 43


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DIGITAL AUDIO ADV: CAMPAGNE PIÙ RICCHE CON SPOT+ SPOT+ è una nuova soluzione tecnologica e commerciale per potenziare le campagne in audio digitale nelle radio lanciata poche settimane fa da DigitalMDE. Editori radiofonici e rispettive concessionarie possono così sfruttare le maggiori possibilità commerciali offerte dal canale digitale offeendo ai clienti la possibilità di arricchire le campagne pubblicitarie trasmesse in streaming con una serie di opzioni. In particolare, con Spot+ gli investitori e le agenzie che acquistano una campagna radiofonica potranno aggiungere I co-fondatori di DigitalMDE: da sinistra, Emaagli spot veicolati via streaming una serie di posnuele Donati (CTO), Mirko Lagonegro (CEO) e sibilità che solo il digitale offre: la targetizzazione Davide Panza (CMO) (per area geografica o altri criteri), la gestione di diverse creatività in funzione del target e di diversi parametri, l’inserimento di un banner cliccabile che porti a un’apposita landing page, fino alla misurazione precisa delle performance. “Questo enrichment digitale non cambia l’ampiezza dell’audience venduta e raggiunta, ma potenzia le possibilità di comunicazione – commenta Davide Panza, CMO e Co-Founder di DigitalMDE –. Essendo spot digitali, questi adottano sia le metriche del comparto (quindi impression e CPM, anziché copertura e vendita a spot), sia le possibilità di accogliere soluzioni più avanzate come l’abbinamento con una DMP o l’inserimento in campagne di retargeting”. Spot+ si presenta perciò come una soluzione ‘complementare’, che intende spingere agenzie e inserzionisti a inserire a tutti gli effetti il Digital Audio nel media mix di pianificazione digitale, integrando e aggiungendo valore alla pianificazione tradizionale broadcast senza alterarne l’audience complessiva. “Il Digital Audio – conclude Panza – sta raccogliendo ultimamente un deciso interesse da parte degli interlocutori della filiera dei media, che iniziano ad accorgersi che esiste un mondo dell’audio digitale che non è assimilabile a quello della radio. Una parte la fa Spotify, con la sua affermazione tecnologica e di modalità di fruizione on demand, l’altra la fanno le prerogative digitali del mezzo, soprattutto in chiave di possibilità di pianificazione pubblicitaria in linea con gli altri media moderni, e la nascita di nuovi device, come connected car e smart speaker di cui Google Home è il primo rappresentante, che utilizzano solo i flussi audio trasmessi in streaming”.

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o di device di cui si dispone e così via. È necessaria la crescita del numero di apparecchi connessi, ad ogni modo il mezzo potrà beneficiare degli sviluppi tecnologici e del cambio di approccio degli investitori già avvenuto sugli altri mezzi”. La Tv? È più indietro Anche Enrico Quaroni (Sizmek) e Paola Colombo (Publitalia ’80), sono abbastanza cauti nel guardare al futuro programmatico dei media classici. “Questi mercati sono ancora neonati – osserva Colombo –: abbiamo lanciato lo scorso anno il primo marketplace italiano per il digital audio grazie ai nostri asset radio (MAX – Mediamond Audio Exchange) e stiamo investigando il panorama televisivo. L’opportunità appresa sul mondo digitale ha creato appetito per l’estensione dell’automazione su altri mezzi, anche se la realtà rivela un mercato ancora non maturo: le tecnologie sono disomogenee e spesso elementari, i processi di allocazione di budget e gestione sono ancora da scrivere e le misurazioni non hanno ancora standard definiti”. “Sì, ci si sta già lavorando – concorda Quaroni –, ma è ancora tutto per così dire agli albori, a cominciare dall’Out Of Home. Si stanno indagando e sperimentando soluzioni sempre più avanzate ma non credo che tali sviluppi si possano definire ‘the next big thing’ del 2018, visto che il mercato sembra avere in questo momento diverse altre priorità prima di passare a queste innovazioni. Non avverto, cioè, uno slancio reale e concreto nei confronti della ricerca di soluzioni effettivamente nuove nell’ambito del programmatic per questi mezzi. Dirò di più: credo che qualcuna di queste non sia destinata ad arrivare se non nel medio-lungo periodo. Per esempio, già da molti anni si parla di Programmatic Tv: qualche piccola cosa si può fare ma, almeno fino a questo momento, nulla di veramente innovativo e di concreto”. Più ottimista il tono di Gaetano Polignano

(Tradelab): “In Europa – afferma – è da anni che si sperimenta per allargare il raggio di influenza e contaminazione da parte dei processi programmatic. La prima è stata la Radio: con la digitalizzazione del mezzo (web radio, podcast, e così via) si è potuto già da subito integrare il nuovo processo con i nuovi media. Ma è con Spotify che questa tendenza ha avuto la sua applicazione definitiva. La penetrazione così massiccia dei servizi di streaming musicali ha obbligato gli operatori a considerarlo come un canale importante e un partner fondamentale. Il tempo speso e l’ubiquità che circonda questi servizi danno agli operatori un’arma in più per colpire l’utente con messaggi personalizzati in varie fasi della giornata e di ‘momenti di vita’ (l’ufficio, il tempo libero, il relax…)”. Per quanto riguarda l’OOH? “Siamo agli inizi – la risposta di Polignano – ma le fondamenta sono state messe. Il circuito digitale dei billboard ormai è molto ampio, dai luoghi pubblici più affollati (stazioni, porti, aeroporti, pensiline) fino a quelli più convenzionali (negozi, centri commerciali, sale d’attesa, farmacie) quindi la possibilità di colpire gli utenti in questi momenti con processi e metodologie evolute è ormai alla portata di tutti. Creare poi campagne integrate con questi nuovi canali è fondamentale, e ha un potenziale enorme. Ora posso davvero avere un rapporto con il mio consumatore a tutte le ore del giorno e in tutti i luoghi. Questa non è una minaccia alla privacy o alla qualità dell’esperienza di vita, ma un’opportunità di poter raccontare storie più emozionanti e fornire un’esperienza al consumatore più qualitativa e utile”. Gli speaker ‘intelligenti’ Tornando a parlare di Audio, pur non rientrando sicuramente fra i mezzi ‘classici’ (anzi!), il recente fenomeno degli ‘speaker intelligenti’ viene da molti identificato proprio come il possibile punto di svolta per il Digital Audio Advertising. Amazon

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Echo è il nome di un’intera famiglia di smart speaker sviluppata da Amazon.com: i dispositivi si connettono all’assistente personale intelligente a comando vocale Alexa, e sono in grado di interagire con la voce, riprodurre musica, creare elenchi di cose da fare, impostare allarmi, streaming di podcast, riprodurre audiolibri e fornire informazioni meteorologiche, sul traffico e altre informazioni in tempo reale. Gli Echo possono anche controllare diversi smart devices casalinghi agendo da hub di domotica.

Echo, Google Home e Apple HomePod sono i principali dispositivi in grado di ascoltare i comandi vocali e rispondere – sempre vocalmente – attraverso l’accesso alle informazioni della rete. Per ora questi device ‘parlano’ solo in inglese e sono diffusi pressoché esclusivamente nel mondo anglosassone: negli Stati Uniti 39 milioni di persone adulte, il 15% delle famiglie, ha già in casa uno speaker ‘smart’; in UK si arriva quasi al 10%. “È un formato, e allo stesso tempo un mercato pubblicitario in formazione, completamente nuovo, aggiuntivo rispetto a quanto a oggi esistente in Italia – riprende Andrea Lamperti –. Uno sce-

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nario con pochi numeri ma grandi opportunità. E due interrogativi. Primo: gli spazi di digital audio porteranno una nuova spinta al mercato pubblicitario digitale? E secondo: anche questa nuova area sarà suddivisa solo tra i soliti grandi player internazionali o ci sarà spazio per altri?”. Che pubblicitariamente si tratti di un mercato appetibile è abbastanza chiaro: sempre negli USA, dove secondo Jupiter Research entro il 2022 (quindi entro 4 anni) le famiglie dotate di smart speaker saranno più di 70 milioni, due terzi dei marketer hanno dichiarato di avere in programma la creazione di campagne pubblicitarie ad hoc per


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Google Home è l’assistente personale per la casa di Google: un sistema indipendente che non necessita dello smartphone per funzionare. Può essere utilizzato dalle voci di più persone diverse per impostare promemoria, chiedere informazioni sul meteo, far squillare il proprio telefono perso o interagire con servizi di terze parti e dispositivi di domotica. Può anche riprodurre musica (tramite i servizi compatibili, come Play Musica o Spotify) e supporta account multipli in base ai vari componenti della famiglia.

questo nuovo canale già entro i prossimi 12 mesi. L’engagement vocale, secondo quanto afferma un recente report di IAB USA, è destinato infatti a modificare profondamente il ‘path to purchase’ dei consumatori e i brand non dovranno o potranno trascurarlo: oggi gli smart speaker sono usati principalmente per controllare lo stato degli ordini, compilare liste degli acquisti e cercare prodotti; ma in futuro è prevedibile diventeranno uno dei principali strumenti per l’ e-commerce, per la creazione di recensioni e commenti di prodotti o servizi acquistati, e per il loro ri-ordino. Una grande opportunità, dunque, ma anche, secondo un recente studio di comScore, un potenziale grande rischio soprattutto in termini di mantenimento della brand loyalty. Fra i risultati di una prima analisi del ‘comportamento’ degli smart speaker adoperati per effettuare acquisti, spicca come il 18% dei

consumatori intervistati abbia dichiarato come al momento in cui stavano effettuando l’acquisto i device hanno raccomandato una marca diversa da quella richiesta, mentre il 25% di chi ha provato a comprare un particolare prodotto o servizio ha ricevuto dal device uno sconto o un’offerta speciale su brand concorrenti rispetto alle sue preferenze. Inoltre, nel 42% dei casi il consumatore ha dovuto ‘correggere’ il device che dava maggior peso alla categoria di prodotto (per esempio ‘detersivo’) piuttosto che al brand (sempre ipoteticamente, ‘Dash’). Ulteriore fattore di rischio è il fatto che le piattaforme agiscano né più né meno come i ‘walled garden’ in cui sono nate e si sono sviluppate, limitando cioè la scelta a ciò che è disponibile al loro interno, qualunque sia la richiesta effettuata dai consumatori. ComScore ribadisce che siamo ancora in una fase

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HomePod è l’altoparlante intelligente wireless sviluppato, prodotto e venduto da Apple nei paesi anglofoni (Stati Uniti, Regno Unito e Australia) ma non ancora in Italia, per il momento. Utilizzabile e configurabile principalmente come sorgente musicale, HomePod offre una elevatissima qualità audio e risponde ai comandi vocali attraverso Siri, l’assistente personale già presente nel sistema operativo di Mac, iPhone, iPad e iWatch. Può anche inviare messaggi, impostare un timer, riprodurre un podcast, controllare le news, gli eventi sportivi, il traffico e il meteo, oltre a gestire un’ampia gamma di accessori HomeKit.

iniziale per quel che riguarda l’adozione degli smart speaker, la cui diffusione è sostenuta dai prezzi in linea di massima ‘popolari’ che Amazon, Apple, Google e altri operatori stanno promuovendo sul mass market: è immaginabile che sia i protocolli tecnologici, sia il comportamento dei consumatori verso questi oggetti siano destinati a cambiare ed evolversi nel tempo. Oggi la maggior parte delle persone li compra per il fattore ‘novità’ e li utilizza per ascoltare musica, porre domande generiche o sapere le previsioni meteo. Le attività di e-commerce sono invece ancora piuttosto limitate e inferiori al 30% dei casi. Il 48

dialogo con le marche (per esempio attraverso post sui social media), gli ordini di cibo da consegnare a domicilio o l’home banking sono forme d’uso ancora pressoché inesplorate. Principali freni inibitori per i consumatori sono il timore per la privacy e la paura di fornire dati finanziari e numeri di carte di credito al momento di effettuare gli ordini, ma molti citano anche la mancanza di un’interfaccia visiva attraverso cui avere prima maggiori dettagli sul prodotto/ servizio e poi una conferma immediata dell’avvenuto ordine e della sua correttezza – proprio per questo Amazon sta introducendo nuovi device


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dotati di schermo. Verso un nuovo linguaggio? “Oggi questa nuova tipologia di strumenti sta entrando nelle nostre case – commenta Cristina Ughes –, ma sicuramente manca ancora una massa critica tale per cui si possa pensare a un’evoluzione immediata. Gli investitori farebbero però bene a cominciare a pensarci perché con il passaggio da una modalità di search scritta, quindi attraverso la digitazione di keyword, a una ricerca vocale attraverso i nuovi device audio, andranno probabilmente cambiate sia l’interpretazione delle parole che saranno cercate, e che dovranno essere necessariamente più semplici, sia la costruzione linguistica dei messaggi che saranno dati come risposta e che dovranno essere più chiari: essendo la conversazione cosa ben diversa dalla scrittura/lettura, andranno utilizzati linguaggi altrettanto diversi”. Questo cambiamento riguarderà entrambi i fronti, aggiunge Ughes: “Per chi si occuperà della gestione dal punto di vista ingegneristico – per chi come noi gestirà la search attraverso le keyword come attività di advertising per i nostri clienti – sia per gli stessi investitori che per essere più chiari dovranno modificare, e semplificare, il contenuto dei loro messaggi e delle loro risposte”. “La prima cosa che mi viene in mente è ciò che è successo con i Google Glasses – ricorda Enrico Quaroni –, lanciati e magnificati come una nuova e straordinaria interfaccia utente ma che, alla fine, si sono rivelati, economicamente parlando, un colossale buco nell’acqua… Come per tutte le cose nuove lo sviluppo effettivo dipenderà quindi dal tasso di adozione e dalla velocità con cui i device di Google, Amazon, Apple e compagnia bella prenderanno davvero piede nel mercato” Non si tratta di scetticismo, chiarisce però Quaroni: “Perché anche se potremo valutarlo solo quando tutti o quasi avremo nelle nostre case questi nuovi device, audio e non solo, credo che molte cose siano effettivamente destinate a

cambiare: probabilmente useremo molto meno i testi e la scrittura e la parola prenderà predominanza, e questo provocherà degli importanti cambiamenti di scenario che riguarderanno da vicino anche gli strumenti pubblicitari, a partire dal modo di posizionare i prodotti all’interno del marketing funnel dell’utente. Quello che immagino è che la diffusione di questi device andrà di pari passo con l’innovazione nel modo di vendere e acquistare la pubblicità che da essi sarà veicolata”. Secondo Polignano, “Qui più che altro sarà importante capire qual è la dinamica alla base dei prodotti suggeriti dall’assistente vocale e come influenzare il ranking della ricerca per far ricadere il suggerimento sul proprio brand (ad esempio sfruttando la Sem)”. Proprio su questo aspetto è interessante il parere di Paola Furlanetto, appassionata di comunicazione e information architecture, esperta in metriche, KPI e media auditing, consulente UPA e advisor @ELey Consulting: “Nell’ambito della comunicazione pubblicitaria, già oggi sono stati censiti oltre 5.000 strumenti di automazione – osserva infatti –, e l’incrocio e il dialogo fra Intelligenza Artificiale, Machine Learning e Voce sta disegnando un nuovo scenario dei media che necessitano di metriche e modelli altrettanto nuovi. Soprattutto, sta diventando necessaria un’etica sottostante a questo dialogo: perché quando poniamo una domanda a Siri o ad Alexa – per esempio un suggerimento su dove andare a cena –, è non solo utile ma essenziale sapere quali siano le fonti delle sue risposte: se gli algoritmi sottostanti prendono in considerazione posti simili a quelli dove siamo già andati, noi, i nostri familiari o amici, o se l’informazione ha un’origine pubblicitaria. Lato investitori, altrettanto importante sarà il corretto utilizzo dei KPI da utilizzare per misurare il raggiungimento degli obiettivi di questa comunicazione”.

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Programmatic Awards al via! La campagna ‘Activia da bere’, firmata da Mindshare per Danone, si è aggiudicata il titolo di Best Programmatic Campaign alla prima edizione dei Programmatic Awards, manifestazione che riconosce e celebra i più alti standard di eccellenza in questo settore. Le iscrizioni alla seconda edizione del Premio si apriranno a giugno, la cerimonia di premiazione sarà a Milano il prossimo 7 novembre

GRANDE INTERESSE ha suscitato l’edizione inaugurale dei Programmatic Awards, la nuova iniziativa di ADC Group focalizzata proprio su questa nuova frontiera della comunicazione e volta a valorizzare le best pratice e a riconoscere i più alti standard di eccellenza nella pianificazione e nell’acquisto automatizzato. Le campagne in concorso, pianificate da agenzie media, aziende, editori sono state giudicate e premiate nella loro completezza in termini di ideazione, esecuzione e pianificazione, e risultati raggiunti dalla giuria degli NC Digital Awards, presieduta da Isabella Panizza, Head of Global Digital Communications di Enel, e composta da 38 professionisti di aziende investitrici in comunicazione digitale che ha giudicato le Digital Integrated Campaign giunte in shortlist. I progetti sono stati valutati secondo tre criteri: strategia gestione dati (peso del voto 25%); creatività/ customer experience (25%); risultati/efficacia dell’investimento (50%). Il Podio Quattro le campagne vincitrici dei cinque premi assegnati in questi primi NC Digital Programmatic Awards: • il primo premio assoluto dei ‘Best Programmatic Awards’ è andato al progetto ‘Activia Da Bere – Precision Marketing’, firmato da Mindshare per 50

Isabella Panizza, Head of Global Digital Communications di Enel, presidente di giuria agli NC Digital Awards 2017

Danone, che si è aggiudicato anche il premio per il ‘Best Data Management’; • al secondo posto, ‘Post Vendita Renault 2016’, firmato OMD per Renault Italia, che ha vinto anche nella categoria ‘Best Results’; • terzo assoluto si è posizionato ‘Sony Xperia XZ


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Digital

Programmatic Awards BEST PROGRAMMATIC CAMPAIGN PRIMO PREMIO Campagna: Activia Da Bere – Precision Marketing Cliente: Danone – Concorrente: Mindshare SECONDO PREMIO Campagna: Post Vendita Renault 2016 Cliente: Renault Italia – Concorrente: OMD TERZO PREMIO Campagna: Sony Xperia XZ Premium Launch Cliente: Sony – Concorrente: Mediacom

BEST DATA MANAGEMENT Campagna: Activia Da Bere – Precision Marketing Cliente: Danone – Concorrente: Mindshare

BEST CREATIVITY / CUSTUMER EXPERIENCE Campagna: UCB Contextual planning Cliente: United Colors of Benetton – Concorrente: MEC

BEST RESULTS Campagna: Post Vendita Renault 2016 Cliente: Renault Italia – Concorrente: OMD Premium Launch’, realizzato per Sony da Mediacom; • primo nella categoria ‘Best Creativity/Customer Experience’ è stato ‘UCB Contextual planning’, firmato da MEC per United Colors of Benetton. Le iscrizioni alla seconda edizione si apriranno

a brevissimo, nei primi giorni di giugno, mentre la cerimonia di premiazione si svolgerà nella cornice del Teatro Vetra di Milano, il prossimo 7 novembre. Nelle pagine seguenti, le schede con i dettagli di tutte le campagne premiate nel 2017. 51


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Best Programmatic Campaign (1° Posto) Best Data Management

Activia Da Bere - Precision Marketing Activia di Danone, con la sua esperienza biennale nel planning programmatico di campagne rivolte a target Socio-demo Donne 25-54 anni si è proposto, per il lancio del nuovo prodotto Activia da bere, di sfruttare le potenzialità del programmatic in modo innovativo. Il kpi principale della campagna è stato quello di minimizzare il Costo per Viewable completed view e misurare la percezione dei consumatori attraverso delle Brand Lift Survey, effettuate sia su panel Google, sia attraverso Kantar Milward Brown. Agenzia: Mindshare Cliente: Danone Pianificazione: Giugno 2017 Customer Experience: il gruppo A ha avuto come unica creatività il Copy Tv mentre il gruppo B ha usufruito di 3 creatività ad hoc oltre al copy Tv, erogati in maniera equa su tutti i cluster per avere la possibilità di ottimizzare, anche su base creativa, i risultati. Piattaforme Utilizzate: la piattaforma che ha reso possibile l’erogazione e l’ottimizzazione della campagna è stata quella di Google DBM. Strategia Gestione Dati: la strategia di Precision Marketing ha visto coinvolti 8 paesi, con l’Italia paese pilota sul test. Il Dato è diventato il core della campagna e per il lancio del nuovo prodotto Activia da bere siamo passati da una pianificazione in programmatic classica su base socio-demo ad una pianificazione data driven, grazie anche all’introduzione di Google Full Stack. In fase di impostazione della campagna sono stati creati due macro segmenti: - Gruppo A di controllo, con target socio-demografico Donne 25-54; - Gruppo B ‘Precision Marketing’, con 5 segmenti di target basati su affinità con il prodotto Activia da Bere: Healthy Living, Cooking Mums, Business Women, Fashionist e Yogurt Consumers. Il Gruppo B è stato supportato, nella creazione dei cluster, dai dati Google, GroupM, Crm del cliente, Facebook IQ e Google Analytics. Efficacia Risultati: le performance dei due gruppi sono state analizzate day by day, con l’obiettivo di ottimizzare la campagna. Giornalmente sono quindi stati fatti aggiustamenti in termini di target, creatività, siti o concessionarie coinvolte. I risultati raggiunti hanno evidenziato delle migliori performance sul gruppo B ‘Precision Marketing’: • vCPCV (Costo per Viewable Complete View): -15% sul gruppo B rispetto al gruppo di controllo A • Brand Lift Survey: Brand Awareness + 9% sul gruppo B rispetto al gruppo di controllo A; Ad Recall + 7% sul gruppo B rispetto al gruppo di controllo A

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Adriana Ripandelli, Chief Operating Officer e Head of Digital Mindshare “Il punto di forza di questa campagna sta nel fatto che si tratta di un brand fast moving: da una strategia di programmatic su base socio-demo, siamo passati a una su base behaviour, identificando cinque cluster sulla base di dati di prima, seconda e terza parte. Grande il successo in termini di variabili di branding perchĂŠ, rispetto a un controllo pianificato in programmatic tradizionale, abbiamo avuto significativi incrementi di awareness del nuovo prodotto e ad recall della campagnaâ€?.

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Best Programmatic Campaign (2° Posto) Best Results

Post Vendita Renault 2016 Renault ha una vasta gamma di servizi post vendita da offrire ai suoi clienti, ma per far conoscere loro tutte le possibilità e non disperdere la comunicazione ci ha chiesto di affinare, attraverso l’uso dei dati, le campagne dedicate a tutti i servizi up-selling come l’assistenza al veicolo o l’acquisto di pezzi di ricambio. Diversi gli obiettivi: integrare tutti i dati disponibili e creare una base di informazioni utili per creare messaggi mirati, aumentare le conversioni/registrazioni ai servizi post vendita, aumentare e migliorare la qualità del traffico verso le landing post vendita dedicate. Il nostro KPI: leads. Agenzia: OMD Cliente: Renault Italia Pianificazione: Luglio/Dicembre 2016 Customer Experience: l’assistenza e i servizi post vendita dedicati alle autovetture sono molteplici e per lo più legati all’età dell’auto e ai relativi diversi livelli di intervento di cui può aver bisogno, per questo motivo una comunicazione generica su canali a tema, nei quali individuare ‘utenti potenziali’ non può essere abbastanza efficace. Nel 2016 Renault ha scelto di realizzare la prima campagna post vendita nella quale l’utilizzo della DMP ha garantito completa sinergia tra la comunicazione adv, il database Crm e gli utenti loggati ai siti Renault. L’integrazione dei dati ha permesso di creare un’attivazione strutturata di campagne mirate a contattare solo gli utenti a target. Le creatività, in formato banner standard IAB, sono state declinate in funzione delle caratteristiche dell’auto e delle esigenze dei proprietari, così da colpirli con offerte e copy specifici. Al click dell’utente esposto, si veniva reindirizzati alla landing di prodotto dedicata. Piattaforme Utilizzate: DSP per l’erogazione delle campagne in programmatic: DBM (Doubleclick Manager). Adserver: DCM (DoubleClick Campaign Manager). Strategia Gestione Dati: gli utenti presenti nel Database di Renault sono stati suddivisi in cluster sulla base dei dati di Crm. Abbiamo così individuato i seguenti gruppi: • AfterSales: gli utenti che hanno visitato le seguenti landing pages: servizi/post-vendita, contatti/richiedi/ offerte-post-vendita. • Possessori 0-4 anni: utenti che hanno acquistato auto Renault non più di 4 anni fa (dato da Crm). • Possessori 5anni: utenti che hanno acquistato auto Renault più di 5 anni fa (dato da Crm Renault). • Possessori Generici: utenti presenti nel Crm di Renault. Successivamente tutti coloro che aprivano una DEM venivano intercettati attraverso l’uti54


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lizzo di cookies. La sincronizzazione dei cookies con i dati di Crm presenti nella DMP ha permesso di raccogliere informazioni utili e precise per personalizzare la comunicazione attivata in modalità Programmatic Buying. Infine, attraverso il Programmatic è stato possibile attivare di volta in volta i Publisher utili a generare i risultati attesi e massimizzare il ROI. Sulla base delle informazioni raccolte a ogni audience veniva associata la creatività ah hoc con l’offerta mirata alle sue esigenze. Efficacia Risultati: rispetto al 2015, quando gli utenti erano intercettati solo su canali esterni, senza un collegamento con i dati di prima parte, i risultati hanno superato le più rosee aspettative: Leads Volumes: +193% vs 2015 CPL 2016: -96% vs 2015 (CPL 2015 - afterSales - 408 euro/CPL 2016 - Campaign Data Driven: 15 euro) Conversion Rate (Leads/Sales): 16% (+22% vs 2016 Objective)

Chiara Tescari, client business director Renault per OMD “In questa case history abbiamo dimostrato quanto sia importante riuscire a integrare diverse fonti dati per arrivare a una comunicazione più efficace ed efficiente. In particolare, siamo riusciti a integrare i dati Crm dei clienti Renault con quelli della nostra DMP, arricchendoli con altri di seconda e terza parte, per offrire dei messaggi personalizzati post-vendita relativi ai servizi post-acquisto dell’auto, il più possibile mirati sulle necessità delle persone, individuate sulla base del modello e del tempo di acquisizione dello stesso”.

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Best Programmatic Campaign (3° Posto)

Sony Xperia XZ Premium Launch L’obiettivo di Sony era comunicare il lancio del nuovo Xperia XZ Premium, il primo smartphone con display 4K HDR, Super Slow Motion e dal design unico, generando Brand Awareness e Knowledge. La strategia è stata sviluppata in modo da raggiungere utenti interessati al mondo della tecnologia e smartphone, della fotografia e immagini di qualità, al design ma soprattutto utenti “Sony Addicted”. Agenzia: Mediacom Cliente: Sony Pianificazione: Giugno 2017 Customer Experience: a livello creativo, abbiamo scelto di basare la campagna su una vera e propria video-strategy, utilizzando i tre formati video più impattanti: Trueview by [m]Core, Preroll e Video-In-Text, perfetti per veicolare le potenzialità dello smartphone attraverso gli spot. Piattaforme Utilizzate: [m]Core, la Data Management Platform di Xaxis. Strategia Gestione Dati: la strategia è stata sviluppata secondo un approccio data driven, attraverso [m]Core, la Data Management Platform di Xaxis e l’utilizzo integrato e strategico di dati di terza parte: in questo modo, è stato possibile creare delle Custom Audiences di Sony loyal customers, Tech – Geeks, Image quality enthusiasts e Photographers, per raggiungere ed attivare tramite la campagna advertising la tipologia di utente richiesto. Il tutto è stato erogato in un contesto di brand safety, grazie al posizionamento su un Network Premium di grande qualità. Efficacia Risultati: grazie ai formati video e ad un approccio data driven, abbiamo evitato la dispersione su un target allargato e poco efficiente, registrando ottimi risultati in termini di View Through Rate (37% Trueview, 77% Preroll), di viewability (96% Trueview, 100% Video-In-Text) e di Effective Cost per View (0,07€ Video-In-Text, 0,02€ Preroll)

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Luca Piedimonte, Digital Media Manager GroupM – Mediacom “I risultati sopra il benchmark italiano di questa campagna – ad esempio, il 37% di virtual rate su YouTube e 67% su preroll – sono dimostrativi di quanto il target puntuale individuato dalla DMP [m] Core di GroupM sia efficace ed efficiente”.

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Best Creativity/Customer Experience

UCB Contextual Planning La campagna United Colors of Benetton è stata pensata per comunicare la collezione Fall Winter 2016/2017 sul mezzo digitale in modo innovativo e ingaggiante per il target. Il cliente aveva approvato e reso disponibili diversi soggetti creativi, ispirati a momenti di vita quotidiana, filtrati sulla base di interessi comuni, come la cucina, o gli animali. Agenzia: MEC Cliente: United Colors of Benetton Pianificazione: Ottobre/Novembre 2016 Customer Experience: la creatività proponeva degli outfit ad hoc in base all’interesse (ad esempio per una passeggiata con il proprio cane, una uscita con le amiche, ….), così da mostrare l’ampia gamma dei capi selezionati in linea con il target individuato e clusterizzato dalla DMP utilizzata. Ogni creatività aveva come pagina di atterraggio una pagina dedicata al ‘contesto’ e i collegamenti ai singoli prodotti in e-commerce proposti nei diversi outlet. In parallelo, abbiamo proposto di amplificare la collezione proponendo creatività sviluppate sulla base delle condizioni climatiche delle città italiane, che rispondessero a esigenze di outfit differente per giornate di pioggia, neve o sole. Piattaforme Utilizzate: [m]Core, la Data Management Platform di Xaxis e tecnologia per la gestione di creatività dinamiche. Strategia Gestione Dati: utilizzo combinato di programmatic e creatività dinamiche, un mix che ci ha consentito di sfruttare le potenzialità di quello che definiamo ‘Moment Marketing’. Il programmatic ha permesso di ottimizzare la campagna on going sulla base dei Kpi definiti, in termini di Clicks, CTR% e accessi sulla landing dedicata, garantendo oltre che awareness, rilevanza sulla collezione. Efficacia Risultati: il progetto è stato realizzato grazie alla sinergia tra Cliente, Centro media e agenzia creativa che hanno orchestrato una campagna digitale, multiscreen, contestualizzata e geoprofilata. 1 DMP, oltre 1 mese di campagna, 400 declinazioni creative e una squadra di professionisti attenti alla lettura dei dati e delle performance, per garantire efficienza ed efficacia. Un progetto unico e innovativo per il brand che ha portato a un CTR maggiore di +2,3% vs benchmark, 2,5% di Interaction rate e 6,48 di Dwell Rate

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capitolo5

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programmaticadv

artificialintelligence &humancreativity

i protagonisti

iquadernidellacomunicazione


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Smart data per il media GroupM ha recepito prima di altri il ruolo sempre più importante dei dati all’interno dei processi decisionali: per questo ha costruito un team unico, in grado di guidare gli advertiser dall’organizzazione dello stack tecnologico fino alla scelta dei sistemi di misurazione e business intelligence più adeguati, offrendo consulenza e servizi a 360° su dati e tecnologia e non solo media

INTERVISTA a Marco Brusa, Managing Director Data & Insight [m]PLATFORM, GroupM Italy, ed Erik Rosa, Managing Director Xaxis Italy. Le aziende hanno bisogno di interlocutori sempre più preparati: come è cambiata e si è adattata la struttura di GroupM per aiutare i clienti a gestire le nuove complessità di un mercato in trasformazione come quello della media industry digitale? Marco Brusa – Le più recenti ricerche condotte da top consulting firm evidenziano all’unanimità il ruolo sempre più importante dei dati all’interno dei processi decisionali dell’azienda, ma al contempo fanno emergere la piena consapevolezza, da parte dei marketer, di non essere preparati dal punto di vista delle infrastrutture tecnologiche e della capacità di analisi dei Big Data. GroupM ha recepito prima di altri questo bisogno e ha strutturato un team – unico per dimensioni fra i centri media – in grado di guidare gli advertiser dall’organizzazione dello stack tecnologico fino alla scelta dei sistemi di misurazione e business intelligence più adeguati al singolo advertiser. Data&Insight nasce proprio per colmare questo bisogno: un partner consulenziale, a 360° su dati e tecnologia – non solo media – del cliente. E a pochi mesi dalla sua nascita conta già su una squadra di oltre 50 persone con la previsione di nuove ulteriori assunzioni già nel corso di 62

Marco Brusa, Managing Director Data & Insight [m]PLATFORM, GroupM Italy

quest’anno. Il team è trasversale a tutte le agenzie del Gruppo ed è costituito da 4 aree chiave: • Data: per fornire servizi di consulenza nella scelta e nell’implementazione delle Data Management Platform (DMP) e sviluppare strumenti di business intelligence per aiutare le aziende a prendere decisioni immediate grazie al monitoraggio in tempo reale di tutti i KPI di marca; • Sviluppo Prodotto: per raccogliere le esigenze


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GROUPM Via del Mulino, 4 – 20090 Milanofiori Assago (MI) Tel. 02 3057321 – Fax 02 30573257 pressofficeitaly@groupm.com www.groupm.com/markets/italy

dei clienti con la finalità di sviluppare nuovi tool e applicativi che possano portare un reale vantaggio competitivo. Attraverso conference call settimanali con i team di sviluppo di tutta Europa del network GroupM restiamo costantemente aggiornati sui nuovi tool che vengono implementati anche all’estero; • Digital Consulting: per seguire i clienti nelle consulenze in tema di web analytics, attribution modelling e scelta delle piattaforme tecnologiche in ambito advertising e marketing; • Measurement: per fornire tutte le analisi inerenti al tema del ritorno sull’investimento, modelli econometrici evoluti e stime dei risultati di business. Profilazione dei target delle pianificazioni e misurabilità dei risultati delle campagne: queste le domande più pressanti che i clienti

Board di direzione: Massimo Beduschi, CEO e Chairman. Servizi offerti: GroupM, media holding del gruppo WPP, è la più grande società di investimento media al mondo con un amministrato media globale di oltre 108 miliardi di dollari. Sono ‘powered by GroupM’ – attraverso [m] PLATFORM, Xaxis, Research, Motion Content Group, ESP e Trading – le agenzie media globali Mindshare, MediaCom, Wavemaker, Mediaclub, Media Insight e la struttura specializzata nell’Out Of Home Kinetic. GroupM, orientata all’innovazione e all’offerta di tecnologie e servizi all’avanguardia, è partner delle agenzie media WPP in tutte le attività fondamentali all’interno del business media, con l’obiettivo primario di massimizzare le performance a favore dei propri clienti, shareholders e stakeholders. Per creare, implementare e misurare soluzioni vincenti di comunicazione al fine di aumentare la competitività dei propri clienti, l’approccio delle agenzie media di GroupM prevede oggi un sistema integrato che garantisce le più innovative competenze nelle aree dell’acquisto e pianificazione pubblicitaria, delle ricerche e dei modelli econometrici, del performance marketing, del digital media, del mobile, del big data management, dell’entertainment e content, della creazione di contenuti, degli eventi, dello sport marketing, della creatività, oltre alla puntuale analisi del ritorno degli investimenti. GroupM è presente a livello mondiale e locale, con oltre 27.500 dipendenti in più di 100 Paesi. L’HQ in Italia è ad Assago (MI), oltre a uffici a Milano, Roma, Verona, Firenze, Torino. Anno di fondazione: 2005 Dipendenti in Italia: oltre 900

Erik Rosa, Managing Director Xaxis Italy

Billing 2016: 2.948 milioni di euro (Fonte: RECMA 2017)

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rivolgono alle agenzie… Come, concretamente, GroupM è in grado di supportare le aziende, affiancandole non solo nelle sfide di oggi ma anche in quelle di domani? Erik Rosa – Nel campo della profilazione dei Big Data, GroupM ha da sempre precorso i tempi, sfruttando le più innovative tecnologie per garantire ai nostri clienti una sempre maggiore qualità di profilazione dei loro target, grazie ad [m]Core, la Data Management Platform proprietaria, che conta più di 70 milioni di mobile ID e cookie attivi, corrispondenti a più di 26 milioni di persone, tracciate quotidianamente su base interessi e comportamenti, con insight azionabili su tutti i canali di comunicazione. GroupM, e in particolare la unit digital [m]PLATFORM, si fa forte di tecnologie che sfruttano intelligenza artificiale e machine learning per migliorare concretamente l’efficacia e l’efficienza del marketing digitale, come ad esempio Co-Pilot, uno strumento che, tramite il machine learning, automatizza i processi di analisi di campagna e ottimizzazione; esso infatti garantisce la gestione in tempo reale e 24/7 di tutte le variabili associate al raggiungimento degli obiettivi della campagna, intervenendo in modo automatico, basandosi sui dati storici raccolti e rispettando le regole di ottimizzazione impostate dai campaign manager. Quali sono le caratteristiche fondamentali del posizionamento di GroupM che le permettono di distinguersi nel panorama del mercato italiano? Marco Brusa – A corredo della precisione e della misurabilità nella profilazione, i clienti si aspettano di poter avere Small Data per valutare quantitativamente i benefici della comunicazione: dati organizzati, accessibili e comprensibili per poter prendere decisioni quotidiane. Gli Small Data derivano da una corretta interpretazione dei Big Data, e questo lavoro spetta a consulenti competenti in ambito media come GroupM, che giorno

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dopo giorno è progredita – e sta continuando a farlo – nella capacità di offrire consulenza ai propri clienti nel campo dei Dati. Il vantaggio di essere una realtà dalle grandi dimensioni è quello di aver la possibilità sia di gestire centinaia di clienti con problematiche spesso analoghe tra loro, sia di imbattersi in nuove richieste che aprono la strada a nuovi sviluppi e opportunità. [m]PLATFORM ha sviluppato una vasta esperienza nella gestione dei problemi più comuni e oggi può vantare l’utilizzo delle tecnologie più avanzate sul mercato affiancate a un team interdisciplinare di data scientist, analisti, statistici e sviluppatori in grado di poter affrontare le nuove sfide proposte dal mercato e dai nostri clienti. Partita lentamente, l’inesorabile avanzata del programmatic verso la ‘contaminazione’ di tutti i media digitali, oltre il classico Display, sta notevolmente accelerando: a che punto è la sua penetrazione ‘offline’? Quali le similitudini e quali le differenze rispetto al programmatic ‘web’? Cosa manca ancora per valorizzare ulteriormente gli strumenti dell’automation in questi mercati? E qual è la vostra esperienza in questo ambito? Erik Rosa – L’intento di GroupM è quello di aiutare i clienti a raggiungere i propri consumatori in tutte le fasi del consumer journey, con risultati misurabili e sfruttando i vantaggi tecnologici del programmatic, oggi anche in ambito crossmediale. Xaxis, l’outcome media company di GroupM, ha iniziato già dall’anno scorso a sviluppare soluzioni di digital advertising legate a risultati garantiti rispetto a tutti i KPI del cliente –viewability, reach in target o cost per acquisition –, ma soprattutto soluzioni crossmediali. L’esperienza non si ferma quindi al digital, ma si allarga a media offline quali Audio e Digital Out of Home. Xaxis Audio è il primo prodotto sul mercato tramite cui è possibile erogare campagne


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programmatic con formati audio sulle principali web radio del mercato italiano e internazionale e sulle piattaforme di streaming digitale come Spotify o Deezer, con la possibilità di agganciare le audience di [m]Core. Tramite l’efficienza del programmatic, abbiamo lanciato per primi anche un nuovo prodotto che sta rivoluzionando il mercato dell’affissione, garantendo un acquisto automatizzato sugli impianti digitali; frutto di un lavoro congiunto con Kinetic e con i principali publisher e gli operatori più importanti del mercato, supportato da un tavolo di lavoro IAB, Real DOOH è uno strumento utile ai clienti di Xaxis per raggiungere cluster di utenti nei principali aeroporti, metropolitane, stazioni italiane e centri commerciali. Sia per l’audio che per il Digital OOH, la sfida dei prossimi mesi sarà ampliare l’inventory in termini sia di editori radiofonici sia impianti di affissione digitale, facendo in modo che si integrino con le principali tecnologie di erogazione di campagne in programmatic (SSP) per garantire agli investitori un’offerta completa, così come avviene oggi nel digital più classico. In che modo le ricerche sul consumatore possono essere applicate alla pianificazione digitale per rendere più efficaci le attività di comunicazione associate alle strategie dei clienti sempre più digitali e data driven? Erik Rosa – Quello fra utilizzo dei dati di fruizione media/navigazione online e tecnologie è un connubio perfetto! GroupM, grazie alla ricerca proprietaria internazionale LIVE Panel, è in grado di indagare segmenti di audience complessi e difficili da individuare, e possiamo fare un esempio concreto. Proprio recentemente, infatti, GroupM Research & Insight, in collaborazione con Xaxis e Human Highway, si è avvicinata a un segmento particolarmente prezioso per marketer e comunicazione, le giovani mamme native digitali, decifrando attraverso l’utilizzo dei dati i loro comportamenti

negli acquisti di prodotti e servizi per neonati e bambini. Live Panel Mums è l’approfondimento italiano sul mondo delle mamme ed è nato da un recontact study estensivo sulla piattaforma di ricerca internazionale LIVE Panel, sviluppato su un campione incrementale a quello già esistente nella Hub Survey di LIVE Panel di 1.000 mamme con figli 0–3 anni o donne in attesa. Grazie al panel interamente cookizzato, il segmento è stato creato ed espanso in [m]Core per esplorarne l’effettivo comportamento online, e reso azionabile a livello media per campagne addressable. Xaxis ha collaborato alla realizzazione della ricerca per dare l’opportunità ai propri clienti di raggiungere le mamme e le donne in attesa, sicuramente uno dei target più richiesti nel mondo dell’advertising. Se per i clienti è prioritario raggiungere un target specifico con una sempre maggiore affinità, riducendo al minimo la dispersione, lo è altrettanto conoscere al meglio i propri consumatori e gli utenti che navigano le loro properties digitali. La soluzione proposta da GroupM è stata già valutata e scelta da molti advertiser, con formati display e video sia desktop che mobile, per rendere possibile l’interazione con un target molto prezioso, ma anche molto complesso, difficile da intercettare senza l’utilizzo dei dati e di una pianificazione ‘audience based’.

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Soluzioni a 360 gradi PM Precision è l’hub al servizio dei clienti delle agenzie di Publicis Media dedicato alla progettazione e allo sviluppo di soluzioni customizzate, basate sull’utilizzo di dati e tecnologie, che oltre al programmatic mirano all’ottimizzazione delle attività digitali a più ampio spettro per portare valore ai clienti indirizzandoli nella pianificazione di strategie competitive

INTERVISTA a Cristina Ughes, Practice Lead di PM Precision. Partiamo dal recente lancio di Precision, l’hub di Publicis Media dedicato alla progettazione e allo sviluppo di prodotti e soluzioni digitali basate sull’utilizzo di dati e tecnologie: come è nata e quali sono gli obiettivi della nuova struttura? Precision nasce dalla necessità di ottimizzare l’intero portafoglio di prodotti digitali di Publicis Media. L’allargamento dell’universo digitale e la necessità di innovare costantemente il nostro portafoglio prodotti ha portato di conseguenza all’esigenza di semplificarlo, strutturarlo, ottimizzarlo. All’interno del mondo Precision rientra non solo il mondo programmatic ma anche tutta la nostra offerta in ambito digital che si basa sull’uso di tecnologia e dati utili al raggiungimento di tutti i KPI di campagna e quindi degli obiettivi che ci pongono gli investitori. Possiamo definire la nuova organizzazione come una forma di ottimizzazione che nasce proprio per portare maggior valore ai nostri clienti, che amplia la scelta fra programmatic e non programmatic, parlando di attività comunque data-driven, e che comprende l’attivazione di prodotti diversi, ciascuno con finalità diverse, dal branding alla performance. 66

Cristina Ughes, Practice Lead di PM Precision

Quali sono stati i risultati fino a questo momento? In termini di risultati, l’evoluzione e l’innovazione costanti che ci hanno visto


publicismediaitaly

PUBLICIS MEDIA ITALY Via G. Borsi, 9 – 20143 Milano Tel. 02 00630501 info@publicismedia.com

Board di direzione: Luca Montani, Ceo

protagonisti negli ultimi quattro anni ha indubbiamente portato a una crescita importante degli investimenti, grazie anche a un numero di clienti sempre maggiore. Direi che ormai la quasi totalità delle aziende e dei brand con cui lavoriamo dedica una quota sempre più rilevante del proprio budget al programmatic e, in generale, a prodotti digitali data-driven. La nascita di Precision ha cambiato qualcosa sotto il profilo della struttura e dell’organizzazione? Internamente, oltre ai team di campaign management, con la nascita di Precision abbiamo ampliato la squadra dedicata al product development: in precedenza se ne occupava una sola persona, oggi sono tre le risorse dedicate allo scouting di mercato per trovare soluzioni tecnologiche nel mondo DMP e implementare queste piattaforme presso i nostri clienti. Il team si occupa inoltre di mantenere aggiornato il portafoglio prodotti e integrare con quelle già esistenti le soluzioni innovative che riguardano l’Audio, l’Out Of Home, la TV, il Mobile e così via.

Precision dispone inoltre rispetto a prima di un team ancora più ricco e completo, che si occupa di valutare con precisione quella che è la miglior allocazione possibile degli investimenti digitali dei clienti e trovare di volta in volta la soluzione migliore per massimizzare la resa delle campagne. In totale oggi siamo circa una trentina di persone. Con la nascita di Precision avete dato vita a nuove partnership e collaborazioni? In tema di partnership cerchiamo di mantenere una posizione completamente ‘agnostica’: dal punto di vista tecnologico procediamo stringendo accordi con i player che ci possono dare qualcosa di diverso, selezionando e valutando quelli che effettivamente portano valore o meno alle singole campagne che andiamo a implementare. Lato editori, ormai praticamente tutti i publisher offrono una quota significativa della loro inventory in programmatic, quindi possiamo dire che lavoriamo con tutti: diciamo che in questo senso la crescita del mercato e l’ampliamento delle inventory disponibili ha semplificato il nostro lavoro permettendoci di sfruttare al meglio e più facilmente tutti i canali tech-driven, in un’ottica di ottimizzazione dei KPI e non solo di buying. Operativamente, avete implementato nuove soluzioni? Che frutti hanno dato 67


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e stanno dando? E quali sono i vostri progetti futuri che riguardano ulteriori innovazioni? Oggi le soluzioni proposte da Precision sono a 360 gradi su tutto ciò che riguarda il digitale: non più solo programmatic, ma programmatic e data-driven. Quindi una gamma di soluzioni innovative più ampia rispetto al passato, che da un lato ci permettono di acquistare in programmatic in modo sempre più qualitativo per fare attività di awareness; e dall’altro di attivare una serie di prodotti che sfruttano le inventory che acquistiamo per massimizzare il ROI dei clienti puntando a raggiungere i KPI di campagna maggiormente mirati alle performance. Tutto ciò, come dicevo, si combina infatti con l’analisi della miglior allocazione del budget in un’ottica più ampia del solo programmatic. Nel prossimo futuro credo che lo sviluppo della display proseguirà in modo abbastanza lineare. La novità principale più recente è il cambiamento dei formati impattanti in seguito agli standard definiti dalla Coalition For Better Ads, che impone agli operatori di adeguarsi alle nuove regole. In termini di scouting di mercato e di innovazione, la nostra visione e il nostro impegno per i mesi a venire riguarda invece soprattutto gli aspetti legati a tutti gli altri media al di fuori del display tradizionale: stiamo già lavorando sul Digital Out Of Home e abbiamo aperto il canale dedicato alla Radio. Quello più in salita è ancora forse il mezzo più importante, la TV: è vero che esistono già alcune offerte interessanti, ma prima di acquistarle è ancora necessario comprendere meglio su quali dati si fondano e che tipo di targetizzazione e di ottimizzazione rendono possibile. Il lavoro più importante che ci aspetta sarà dunque valutare con attenzione i nuovi

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media, capire che tipo di valore possono portare alle pianificazioni e integrarli poi nel nostro portafoglio prodotti. Infine, un altro canale destinato a crescere nei prossimi mesi riguarda il lavoro necessario da fare sui dati dei clienti per integrare le loro DMP, oltre tutta una serie di attività sempre più focalizzate sull’analisi di questi dati e su come usare gli insight che ne derivano. Fra gli obiettivi dichiarati di Precision c’è quello di fornire un servizio di consulenza qualificata, abbinata a percorsi di formazione: a quale tipologia di aziende si rivolge questa offerta e come la mettete in pratica? I consulenti delle aziende oggi sono numerosi, ciascuno propone una tipologia di consulenza diversa. Sicuramente noi siamo chiamati a tenere aggiornati i nostri clienti su tutte le opportunità offerte dal mercato, e questo per noi significa accompagnarlo in modo customizzato lungo tutto il suo percorso di digital transformation. Ciò vuol dire essere in grado di consigliarlo su quale possa essere la soluzione più adatta alle sue esigenze, su dove e come investire e se è davvero il caso di farlo: e non mi riferisco solo alle opportunità puramente media di planning e buying, ma a un modo più puntuale, più mirato e più focalizzato su tutte le tecnologie e le opportunità a disposizione. Naturalmente c’è poi anche tutta l’attività di gestione media in senso classico, valutando insieme a lui la pianificazione e l’acquisto dei mezzi più adatti a soddisfare le sue esigenze. Questa è la chiave da noi usata per interpretare il termine ‘consulenza’. A tutto ciò si accompagnano sia training operativi realizzati per i clienti dai team specializzati di Publicis Media, sia momen-


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ti di formazione in collaborazione con i diversi player di mercato: ancora una volta, quindi, percorsi ad hoc mirati a far conoscere ogni opportunità per poi valutare quale sia la soluzione migliore. Non ci sono particolari tipologie di aziende cui ci rivolgiamo: anche se il cammino da affrontare con i clienti top spender – che hanno cultura diversa, esigenze diverse e anche la possibilità di valutare scelte diverse – non può essere lo stesso di quello delle aziende di dimensioni inferiori, noi ovviamente garantiamo a tutti l’affiancamento in questo percorso. La via della digital transformation coinvolge tutti, e anzi proprio i piccoli e medi investitori possono trovare nell’innovazione un efficace strumento di crescita: non è detto che questo faccia aumentare così rapidamente i loro investimenti, ma li metterà comunque in grado di effettuare scelte più ragionate e, banalmente, di interfacciarsi al loro interno e portare avanti i loro progetti in modo più chiaro e proficuo.

ti. Le piattaforme che noi utilizziamo sono tutte verificate dal nostro Global senza alcun rischio per i nostri clienti. Abbiamo un rigoroso processo di certificazione di ogni tecnologia e solo quando siamo certi della bontà di una soluzione proponiamo ai clienti la novità, in tutta sicurezza. Infine, un’altra caratteristica peculiare di Publicis Media è la scelta di gestire il più possibile in self-service e in autonomia le diverse tecnologie e piattaforme per conto dei clienti, assicurando loro anche in questo caso la massima tranquillità.

Riassumendo, qual è, o meglio, quali sono le caratteristiche fondamentali del vostro posizionamento che vi permettono di distinguervi nel panorama del mercato italiano? Premesso che il mercato è fortemente competitivo e che ci sono naturalmente delle attività che sono comuni ed è innegabile che tutte le agenzie media stiano portando avanti i propri progetti nell’area dell’innovazione, quello che ci viene riconosciuto e che rappresenta il feedback che quotidianamente riceviamo dal mercato e dai clienti è che Publicis Media è, soprattutto nel campo del programmatic, la più aperta e la più veloce nel testare le nuove tecnologie e le nuove soluzioni per cercare di mantenere sempre aggiornato il portafoglio prodot-

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programmaticmarketing

La Tv in prima fila Nel mondo televisivo, il passaggio alla logica ‘audience buy’ tipica del programmatic non sarà immediata ma frutto di una transizione progressiva: in ogni caso, fra le responsabilità di un market leader, quale è Publitalia, c’è anche quella di essere in prima fila nei momenti di trasformazione del mercato, per comprendere le dinamiche in atto e coglierne ogni opportunità.

INTERVISTA a Guido Confalonieri, Direttore Strategie AdTech & Business Development Tv di Publitalia ’80. Per una concessionaria delle dimensioni e dell’importanza di Publitalia, quali sono le implicazioni concrete del passaggio epocale che stiamo vivendo da una vendita di pubblicità ‘rating based’ a una ‘audience based’? Come state affrontando questo cambiamento? Tra le responsabilità di un leader di mercato – quale è Publitalia – c’è anche quella di essere in prima fila nei momenti di trasformazione del mercato. Questo è, in effetti, un passaggio straordinariamente importante che ci vede impegnati su più fronti nel comprendere le dinamiche in atto e coglierne tutte le opportunità. C’è da dire che, mentre sul fronte digital e web il percorso è già stato avviato da tempo, per la Tv questi argomenti hanno da poco cominciato a essere nelle agende degli operatori. Parlo di percorso perché il passaggio a una logica ‘audience buy’ non sarà immediata ma frutto di una transizione progressiva il cui esito, in ogni caso, sarà la convivenza dei due modelli. C’è da creare una nuova cultura nell’approccio alla pianificazione che nasce dalla collaborazione tra tutti gli operatori della filiera. Il 70

Guido Confalonieri, Direttore Strategie AdTech & Business Development Tv di Publitalia ‘80

lavoro di questi ultimi 12 mesi sullo sviluppo dei formati dedicati alle Tv connesse – la linea dei prodotti ADD+plus – ci ha fatto comprendere qual è la strada da percorrere e già con il rilascio della prossima politica


publitalia’80

PUBLITALIA ’80 - Gruppo Mediaset

commerciale autunnale se ne potranno apprezzare i risultati. Conclusa la fase test del 2017, da quest’anno la Direzione AdTech TV di Publitalia ha iniziato a commercializzare i primi prodotti televisivi addressable: potete illustrarci il loro funzionamento operativo, i risultati raggiunti fino a questo momento e le future prospettive di sviluppo in questo ambito? Il primo approccio con questo tipo di vendita sta dando ottimi risultati. Abbiamo iniziato a offrire la possibilità di indirizzare comunicazioni differenziate su base territoriale costruendo macro-aree in funzione delle esigenze dei clienti. Abbiamo poi introdotto caratteristiche di clusterizzazione come la dimensione dello schermo Tv o la velocità di connessione alla rete. Per poi passare all’analisi dell’ascolto su base contenuti da cui ricavare composizione e profilo dei nuclei familiari. Il metodo che abbiamo introdotto si basa su due tipologie di macro-variabili costruite in base a due modelli di osservazione definiti user synthesis e user action synthesis. Con il primo cerchiamo di valutare le caratteristiche strutturali quali la geolocalizzazione dei Tv set o le loro caratteristiche tecnologiche; con il secondo cerchiamo di descrivere e aggregare i comportamenti di visione e di seguirne dinamicamente l’evoluzione. Lo sviluppo atteso è quello di arricchire i dati di prima parte, che le Tv connesse ci restituiscono, con altre informazioni da partner esterni per poter ulteriormente pro-

Palazzo Cellini - Milano 2 - 20090 Segrate (MI) Tel. 02 21021 – Fax 02 2102.6088 mktgtv@publitalia.it www.publitalia.it

Board di direzione: Giuliano Adreani, Presidente; Stefano Sala, Amministratore Delegato. Mezzi in concessione: Canale 5, Italia 1, Rete 4, Boing, Cartoonito, Iris, Italia 2, La5, Mediaset Extra, Tgcom24, Top Crime, 20, Focus, mezzi esteri gestiti da Publieurope. Anno di Fondazione: 1979 Addetti: 490 Fatturato (2017): 1931 milioni di euro Clienti (principali): Vodafone, Wind, Barilla, Telecom, L’Oreal Italia, Ferrero, Sky, Unilever, Volkswagen, Eni.

filare i nostri cluster. Vorrei sottolineare che tutto questo è fatto seguendo in modo rigoroso le normative introdotte dalla GDPR, cercando di rendere il più trasparente possibile le finalità di utilizzo dei dati raccolti e trattati. Quali sono i partner ai quali vi affidate per sviluppare nuove soluzioni – tecnologiche e commerciali – nell’ambito di un approccio ‘programmatico’ che possa essere sempre più cross-mediale e crossdevice? Abbiamo ormai consolidato rapporti di collaborazione sul fronte tecnologico dopo aver vagliato e valutato diverse soluzioni. Al momento lavoriamo con Freewheel per la parte di AD-serving, una cooperazione operativa da qualche mese che vede il gruppo Comcast come partner anche su altri fronti. Per quanto riguarda lo sviluppo di soluzio 71


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Sul fronte dell’addressable advertising su base territoriale, Publitalia ha già raccolto diverse esperienze positive. Una di queste è la campagna Volkswagen Golf, che pochi mesi fa ha sfruttato il prodotto ADD+inside indirizzando la comunicazione della versione a metano solo nei territori dove la rete distributiva del gas naturale ha una penetrazione più alta rispetto alla media nazionale, e la comunicazione della versione benzina sul resto del territorio, creando di fatto due macro aree di riferimento. Dopo questa prima campagna Volkswagen ha voluto ripetere lo stesso format anche per il modello Polo, probabilmente per i positivi risultati che, immaginiamo, sono stati raggiunti da Golf

ni per la raccolta ed elaborazione dei dati provenienti dai device connessi, abbiamo soluzioni custom implementate con la consulenza del Gruppo Neodata. L’obiettivo è di strutturare le informazioni per ricostruire diversi approcci alla ‘Audience Journey’ che i nostri mezzi sono in grado di generare. Tv, Internet, Radio…. Approfondendo il tema della ‘Digital Transformation’ di Publitalia, attraverso quante e quali strutture ‘coprite’ l’intero spettro della comunicazione digitale degli investitori pubblicitari? Quali delle vostre società o 72

divisioni si occupano dei diversi ambiti e, soprattutto, come è ‘orchestrato’ il loro lavoro a favore dei clienti? Oltre a Publitalia, che si occupa di connected Tv free, il gruppo Mediaset opera con Digitalia nei servizi on demand del mondo pay e Mediamond per digital e web-radio. Pur essendo strutture autonome la condivisione di un approccio olistico è utile per rispondere alle esigenze degli investitori. La direzione ADtech – guidata da Paola Colombo – coordina le attività di sviluppo tecnologico, mentre la struttura Cross-Media Lab, studia le soluzioni più


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idonee a fronte degli obiettivi di comunicazione dei singoli clienti. Da ultimo, ma non certo per importanza, vorrei citare anche i progetti internazionali che con Studio 71 ed EBX sono stati avviati negli ultimi mesi e che stanno andando a regime. Una collaborazione coi principali broadcaster continentali necessaria per fare fronte a una competizione sempre più globale. In questo contesto nessuno può permettersi di rimanere isolato nel presidio delle proprie attività. Quali sono i settori che si sono dimostrati più attenti alle vostre proposte con i nuovi

formati di Tv interattiva? Il settore che si è dimostrato più reattivo nei confronti delle nostre nuove offerte è certamente quello dell’auto. Sono diversi i marchi e i modelli che abbiamo pianificato nel corso di questi primi mesi. Importante l’apporto della cosmetica, della finanza, del turismo. Anche il food e il largo consumo stanno cominciando ad affacciarsi. Abbiamo infine molte richieste da parte del settore retail per progetti di comunicazione di continuità che sfruttino le funzionalità dei minisiti per dare più visibilità a offerte commerciali e promozioni.

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Dati e creatività ‘integrati’ Dopo l’acquisizione di Rocket Fuel completata nel 2017, Sizmek è oggi la più grande piattaforma buyside indipendente sul mercato, capace di fornire soluzioni integrate che uniscono la forza creativa e la potenza dei dati, personalizzando dinamicamente ogni messaggio, ottimizzando i risultati delle campagne durante l’intero customer journey e portando più valore all’intera pianificazione

INTERVISTA a Enrico Quaroni, Managing Director Italy di Sizmek. Partiamo da come e quanto è cresciuta la vostra struttura nel corso dell’ultimo anno: cosa è cambiato con l’acquisizione di Rocket Fuel da parte di Sizmek? L’integrazione e il consolidamento delle due società rientra in un piano strategico che prevede la costituzione di uno dei player tecnologici più grandi del mercato, che sia in grado di competere con i ‘mostri’, le realtà gigantesche della Silicon Valley, nell’area dell’ad serving e del media buying, posizionandosi quindi come un’alternativa indipendente a questi colossi, per soddisfare la richiesta di servizi e prodotti di cui le aziende hanno bisogno. Operativamente parlando, rispetto allo scorso anno è cambiato molto poco: le due società sono state confermate per intero e quindi siamo rimasti gli stessi di prima. Sia Rocket Fuel che Sizmek rappresentavano due poli di eccellenza, perciò il processo di integrazione delle due realtà è stato decisamente fluido, semplice, e anche da un punto di vista umano molto piacevole. Come si è chiuso il 2017 e come sta andando il 2018 in termini di risultati, revenues e nuovi clienti? 74

Enrico Quaroni, Managing Director Italy di Sizmek

Dopo 5 anni consecutivi di crescita, aumentare i volumi e il fatturato non è mai una cosa facile: nonostante ciò, anche il 2017 è stato per noi un anno forte e positivo, che ha visto il consolidamento


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delle nostre soluzioni tecnologiche all’interno dei centri media e del mercato in generale, grazie a nuove formule e modalità sia commerciali che operative che ci hanno permesso di mantenere un trend più che positivo e decisamente incoraggiante anche nei primi mesi del 2018. Non solo, infatti, abbiamo chiuso il primo quarter passando indenni dal pericolo di un eventuale rallentamento, ma abbiamo anzi registrato un’ulteriore crescita anno su anno in termini di fatturato. Come e quanto siete cresciuti dal punto di vista della struttura? Ci sono state nuove figure specialistiche inserite nel vostro organico? Con la fusione, lo staff è praticamente raddoppiato e oggi siamo circa una trentina di persone. Le novità da questo punto di vista riguardano in particolare l’aggiunta di alcuni profili tecnici specializzati nel gestire le problematiche più difficili da dipanare, se non si ha un’elevata conoscenza del codice e della programmazione, che ci hanno permesso di agevolare e rendere maggiormente fluido, come dicevo prima, il processo di integrazione. Negli ultimi mesi avete introdotto e presentato diverse nuove soluzioni che spaziano fra vari ambiti: Liquid Domain Manager, Dynamic Creative Optimisation, Peer39, e molte altre ancora… Quali sono le caratteristiche e le potenzialità che si nascondono dietro queste

Board di direzione: Enrico Quaroni, Managing Director Italy; Alessandro Stoppa, Sales Director Italy; Massimo Brignole Genoni, Head of Account Management Italy. Servizi offerti: DSP, Adserver, DMP e Peer39. Anno di fondazione: 2008 (in Italia dal 2013) Dipendenti: 30 etichette e sigle talvolta ‘misteriose’? Peer 39 è uno strumento di validazione e di verification utilizzato per deliverare campagne con un target contestuale: si tratta cioè di un motore semantico che consente di verificare i contenuti delle pagine nelle quali compaiono gli ad e raggiungere le persone nel momento in cui esprimono interesse per temi vicini all’azienda e sono più propense a convertire. Parlando poi di skin dinamiche e rich media, abbiamo sviluppato una soluzione specifica per l’acquisto in ambito programmatico di questi formati, fra i più richiesti oggi dagli investitori e sui quali quest’anno stiamo spingendo parecchio: Liquid Domain Manager raccoglie informazioni su oltre 1.500 siti italiani, che vengono inviate al framework Rich Programmatic Unit (RPU), che consente di realizzare con un unico tag diversi formati in grado di rispondere alle esigenze di DSP e publisher differenti, per creare l’ad con il setting corretto affinché non ci siano problemi di visualizzazione. Queste attività avvengono in modo automatizzato e possono essere gestite dai marketer senza alcun bisogno di 75


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competenze di programmazione. Le creatività dinamiche ottimizzate sono sostanzialmente dei formati che permettono di personalizzare i banner su ogni singolo utente e su ogni singolo profilo che vogliamo raggiungere con il messaggio pubblicitario: utilizzando i dati di prima e terza parte, i contenuti sono infatti gestiti tramite feed di informazioni inviati dal cliente, che comportano l’aggiornamento automatico delle creatività. L’azienda e l’agenzia creativa possono quindi controllare e approvare l’aggiornamento della campagna prima che venga pubblicata ma anche modificarla mentre è online Oltre a questi i prodotti a disposizione dei clienti sono ormai davvero numerosissimi, da quelli a performance a quelli più orientati alla brand awareness. Ciò su cui ci stiamo focalizzando è soprattutto la creazione di formati che si inseriscano nel contesto: una tipologia di soluzioni che permette di modificare la creatività in base ai contenuti della pagina su cui si trova l’utente e ad altre informazioni come la geolocalizzazione, e per attività di retargeting, in base all’interazione dell’utente con il sito del cliente. Inoltre, grazie alla ricchezza e all’ampiezza delle offerte disponibili, oggi possiamo integrare e implementare diverse strategie anche molto complesse, come soluzioni video sempre più avvincenti e brand safe, piuttosto che la composizione di altre tipologie di formati creativi che rispondano pienamente a quelle che sono le esigenze degli advertiser e ai principali trend di mercato. Il posizionamento di Sizmek sul mercato, italiano e non solo, fa perno sul cosiddetto ‘predictive marketing’: ci spiegate cosa significa esattamente, come lo

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implementate e quali sono le barriere al suo utilizzo? La proposizione del predictive marketing, ossia la capacità di acquistare media in modalità predittiva, è stata ed è fin dall’inizio il nostro cavallo di battaglia, ed è ciò che ci ha permesso di crescere in maniera così importante nel mercato italiano. Sostanzialmente significa poter analizzare, organizzare e sfruttare la grande quantità di dati in possesso degli inserzionisti per creare relazioni significative con i consumatori, riuscendo quindi a prevedere con la massima precisione quale sarà il messaggio pubblicitario che ogni utente che incontriamo online vorrà ricevere, sulla base dei suoi desideri, dei suoi comportamenti, delle sue scelte e della sua propensione all’acquisto. L’applicazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del machine learning per comprendere le abitudini e il comportamento degli utenti è infatti la migliore soluzione a disposizione dei marketer per creare esperienze personalizzate e pubblicità più significative: campagne in cui ogni minuscolo dettaglio può essere ottimizzato in base all’audience, garantendo un’esperienza in grado di convertire il consumatore. D’altro lato, tutto questo vuol dire anche che un marketing così strutturato diventa predittivo anche nel senso dei risultati: è infatti possibile prevedere con grandissima accuratezza e quali saranno i risultati che genereremo con le nostre campagne sulla base dell’analisi di tre o quattro parametri che vengono presi in considerazione.


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Algoritmi su misura Tradelab è una piattaforma che offre servizi, prodotti e tecnologie all’avanguardia per tutte le attività legate al programmatic, cui si affianca una consulenza professionale e strategica trasparente e su misura del cliente, garantendo una segmentazione precisa degli utenti e l’aumento dell’efficacia delle campagne display degli inserzionisti

INTERVISTA a Gaetano Polignano, Country Manager Tradelab. Partiamo da come e quanto è cresciuta la struttura di Tradelab nel corso dell’ultimo anno: qual è il bilancio in termini di risultati, revenues, nuovi clienti, nuove persone, nuove partnership…? L’anno è stato molto positivo per Tradelab. Ci siamo posizionati tra le prime 300 aziende che hanno registrato una forte crescita nel settore hi-tech all’interno della classifica Technology Fast500 EMEA di Deloitte e abbiamo iniziato il 2018 con un aumento del fatturato del + 80% della sede italiana. Lato risorse umane abbiamo avuto una crescita del + 53% arrivando a un totale di 200 esperti programmatic pure player a livello internazionale. Nel 2017 abbiamo chiuso anche una partnership importante con Netaddiction per il settore gaming e movie e per il 2018 stiamo lavorando a nuove collaborazioni per andare a coprire nuovi settori e arricchire la nostra offerta dati. Operativamente Tradelab ha presentato numerose soluzioni innovative: quali sono le principali? In quali ambiti sono state implementate e che frutti hanno dato? Quali le iniziative previste nei prossimi mesi? Tradelab mette a disposizione dei propri clienti tecnologie all’avanguardia per massimizzare l’impatto delle campagne display e aumentarne l’efficacia. Il 50% delle nostre risorse è di fatto dedicato alla 78

Gaetano Polignano, Country Manager Tradelab

ricerca e allo sviluppo di nuove soluzioni in grado di rispondere alle sfide di un mercato in continua evoluzione e cambiamento. Tra le diverse soluzioni innovative disponibili, due le principali: Brand Impact, il nostro algoritmo di controllo della durata


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di esposizione giudicata ottimale (25- 30 secondi circa) affinché un messaggio pubblicitario venga memorizzato dall’utente. Brand Impact introduce sul mercato anche un nuovo parametro di misurazione, il Cost per Hour, passando così da un criterio di visibilità, dominato dal CPM, a un criterio di durata di esposizione dove gli inserzionisti pagano solo per quegli annunci che sono realmente visti e sulla base dei secondi di visibilità. Applicato a un nostro cliente del settore gaming, Brand Impact ha permesso di aumentare il tasso di visita del 28% e di ridurre il CPH del 44%. La seconda è invece SmartValue: un modello di attribuzione targato Tradelab che permette di misurare il valore incrementale reale generato da una campagna pubblicitaria sul fatturato e individuare il tipo di target o il canale su cui la campagna ha avuto più effetto traendo indicazioni fondamentali per l’ottimizzazione delle future campagne dei brand. Per quando riguarda le novità stiamo lavorando a una nuova soluzione, Tradelab Intent, che permette di prevedere l’intenzionalità dell’utente attraverso una classificazione semantica delle pagine consultate. Riassumendo: qual è, o quali sono le caratteristiche fondamentali del vostro posizionamento che vi permettono di distinguervi nel panorama del mercato italiano? Tradelab è una programmatic platform, un ambiente in cui si possono trovare al suo interno servizi, prodotti e tecnologie per tutte le attività legate al programmatic, compreso un servizio di consulenza professionale basato sulla trasparenza e sull’ottimizzazione delle strategie per cliente. A differenza degli algoritmi standard ‘one size fits all’

Board di direzione: Gaetano Polignano, Country Manager. Servizi offerti/mezzi in concessione: Soluzioni tecnologiche su misura, data partnership esclusive, supporto strategico e operativo dedicato. Anno di fondazione: 2011 Dipendenti: 120 Clienti (principali): Tradelab collabora con agenzie e brand dei settori moda, travel, betting, food, finance e telecomunicazioni.

delle DSP classiche, Tradelab è in grado di offrire agli inserzionisti algoritmi su misura, costruiti in funzione del proprio target e dei propri obiettivi. Grazie alle nostre tecnologie proprietarie e a data partnership esclusive, possiamo offrire agli advertiser campagne puntuali e una segmentazione precisa degli utenti mediante l’utilizzo di fonti di dato sempre più raffinate e soluzioni costruite su misura. Una case history recente e particolarmente significativa per illustrare quanto raccontato finora? Per Tradelab i temi di Brand Safety e viewability sono molto importanti. Ed è per questo motivo che abbiamo integrato all’interno delle nostre tecnologie filtri pre-bid certificati Adloox e IAS che ci permettono di garantire un tasso di frode inferiore allo 0,8%. L’integrazione dei filtri, insieme a whitelist selezionate sia sulla base dei siti che sui contenuti delle pagine, ci ha permesso di raggiungere un tasso di viewability superiore all’80% e una percentuale di traffico non fraudolento superiore al 98% nelle campagne dei nostri clienti. 79


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