i Quaderni della comunicazione
N° 95, dicembre 2013 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano
la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing
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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it hanno collaborato Cosimo Accoto, Paolo Casti, Luca Giovannetti, Maurizio Mirandola art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa Lasergrafica Polver direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 95 dicembre 2013 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: via Via Privata Vasto, 1 - 20121 tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 415,00 I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2013 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di dicembre 2013 da: Lasergrafica Polver, via Kramer, 17/19 - 20129
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Editoriale
Oltre l’adv DAGLI INIZI in cui era considerato un investimento sperimentale o residuale, il digital marketing ha assunto nell’arco di meno di un decennio un ruolo assai più vasto. La velocità con cui si è ritagliato una share sempre più ampia, che lo porterà nel 2014 a scavalcare una volta per tutte anche la stampa e a diventare il secondo mezzo per raccolta pubblicitaria, sta a dimostrarlo. Ma oltre la raccolta c’è di più. Molto di più. Perché agli spazi media ‘paid’ dell’advertising online vanno inequivocabilmente aggiunti quelli ‘owned’ e quelli ‘earned’, anche se nessuno può ovviamente stimarli con la stessa esattezza e precisione dei primi. Al di là delle cifre, però, appare ormai sufficientemente chiaro come il digitale si sia posizionato ‘al cuore’ delle attività e delle strategie di qualsiasi marca. Perché lungi dai pochi casi sporadici di solo qualche anno fa, oggi la regola è che dal digital partono le idee di marca che si svilupperanno poi su ogni altro mezzo o piattaforma. Ecco perché, come recita il titolo di questo Quaderno, lo si può considerare il nuovo centro di gravità permanente della comunicazione. Nel corso del nuovo appuntamento con lo IAB Forum saranno ampiamente illustrate e dibattute le cifre più aggiornate che riguardano gli investimenti – per la prima volta in leggero calo nel corso dell’anno, salvo l’auspicato recupero del trimestre che sta per finire e che dovrebbe permettere una chiusura di 2013 con un segno comunque positivo. Ma in questo Webook potete già trovarne qualche anticipazione dei principali trend lungo i quali si sta sviluppando ed evolvendo il settore: dai Big Data alla vera e propria esplosione del Real Time Bidding, dalla crescente multicanalità e mobilità della rete fino al suo interfacciarsi con gli altri media, dall’attesa per la crescita dell’eCommerce all’importanza ogni giorno maggiore del social web. Come sempre, insomma, la nostra collana editoriale si arricchisce di un volume di servizio, che spera di essere soprattutto utile alla comprensione del mercato e delle dinamiche dei fenomeni ad esso collegati. Buona lettura! Salvatore Sagone presidente ADC Group e direttore responsabile news e contenuti di ADVexpress
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indice
Indice Editoriale, di Salvatore Sagone LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Avanti a piccoli passi Capitolo 2. L’audience è totale Capitolo 3. Online: verso la maturità Capitolo 4. Big Data fra hype e realtà Capitolo 5. Cavalcando l’onda Capitolo 6. Always on Capitolo 7. Pazzi per il social Capitolo 8. Tempo reale Capitolo 9. La rete per vendere Capitolo 10. Il gioco delle parti
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I PROTAGONISTI .Fox Networks. Il contenuto sempre al centro 24media. Il gusto del successo Aldo Biasi Comunicazione/WE-B. Testa digitale, anima creativa Cemit Interactive Media. Focus sull’engagement Clickpoint. Al servizio dei risultati Early Morning. La scatola dei giocattoli eGentic. Contatti per gioco Engitel. ’Haute couture’ del web IPG Mediabrands. Con i clienti, per i loro clienti Mamadigital. Una Digital PR SEO-oriented Maxus. L’arte di selezionare i dati Neomobile. Un dna Mobile al 100% Omnicom Media Group. A prova di futuro PosteMobile. Ascolto e dialogo Radio Italia. Tutti i plus dell’italianità Rai Pubblicità. Sempre protagonista Sky Italia. Nel segno dell’innovazione Softec. Chiedimi se sono ‘felice’... Webads. Accelerare l’innovazione Yahoo Italia. L’utente prima di tutto ZenithOptimedia. Performance anticrisi Zoorate. Social vuol dire fiducia
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DOVE TROVARLI Gli indirizzi
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la geografia del mercato
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Avanti a piccoli passi Rispetto agli altri paesi europei l’Italia è ancora indietro: per velocità di banda, per accessi alla rete, per digitalizzazione della PA... Per fortuna il paese si sta comunque muovendo, anche se solo a piccoli passi e grazie al coinvolgimento delle associazione e delle aziende, e si è messo in cammino per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale.
A ottobre il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha evidenziato il ritardo italiano nel digitale. Nel frattempo però l’Agenda Digitale dovrebbe aver cominciato i suo primi passi. Quando vedremo i primi risultati? Il lavoro è sicuramente lungo e complesso, gli obiettivi da raggiungere coinvolgono diverse aree di intervento e Ministeri, ma sicuramente la cosa fondamentale, come aveva già iniziato a fare il Governo Monti, e come sta egregiamente portando avanti il Governo Letta, è la presa di coscienza, l’impegno e l’espressione della forte volontà della classe governativa di porre la digitalizzazione del paese tra gli obiettivi principali da perseguire e di farlo attraverso anche il supporto, il coinvolgimento e la collaborazione delle associazioni e delle aziende. I risultati in alcune aree esistono già, si veda, per esempio, il supporto alle start-up che nel 2012 ha dato vita a 1.000 nuove aziende. Stiamo ovviamente adottando la teoria dei piccoli passi, ma sono fiduciosa che il raggiungimento degli obiettivi non tarderà ad arrivare. La diffusione della banda larga e gli acquisti online sono ancora limitati in Italia. Il digitale è sicuramente 14
Simona Zanette, Presidente IAB Italia (PH: Elena Landi; PP: Daniele Butera)
un’opportunità per il nostro paese, ma quali sono i passi che devono compiere le aziende e quali le loro necessità? Concordo pienamente, anche se è d’obbligo
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sottolineare che, per esempio nel caso della broadband, il problema italiano oggi è più legato alla velocità di trasferimento dei dati e di fruizione della rete che non alla copertura, così come invece siamo fanalino di coda in Europa per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e per l’e-commerce. Non dimentichiamo che comunque il problema fondamentale rimane l’alfabetizzazione di quel 43% circa della popolazione che non accede alla rete, principalmente perché non ne sente la necessità. A volte essere nella posizione del follower consente di fare tesoro delle esperienze altrui. Ci sono dei comparti su cui il mercato digitale italiano sta performando meglio degli altri big europei? Purtroppo se ci confrontiamo nel gruppo dei big 5 (UK – DE – ES – FR) usciamo perdenti sotto quasi tutti gli aspetti legati all’agenda digitale. Per circostanziare questo paragone è utile andare a vedere la scoreboard per paese sul sito della Digital Agenda For Europe (http:// ec.europa.eu/digital-agenda/en/scoreboard/italy). Venendo al mercato pubblicitario europeo, il 2012 ha visto il sorpasso della Russia ai danni dell’Italia nel ranking generale. Come si fa a tenere il passo dei paesi emergenti? Quali sono le leve? Se guardiamo al mercato dell’advertising, la posizione persa lo scorso anno sarà difficilmente recuperabile, non solo perché i mercati dell’est europeo partendo da zero sono in forte espansione, mentre l’Italia vive purtroppo da 3 anni una costante contrazione degli investimenti pubblicitari su tutti i mezzi, ma anche perché, nel caso specifico della Russia, ci troviamo di fronte
I.A.B. ITALIA Interactive Advertising Bureau Via Larga, 23 - 20122 Milano Tel. 02 58320694 info@iab.it – marketing@iab.it www.iab.it
Presidente: Simona Zanette, Presidente; Marco Caradonna, Vicepresidente; Consiglieri: Walter Bonanno, Amedeo Guffanti, Luca Gurrieri, Salvatore Ippolito, Daniele Mancini, Michele Marzan, Luca Paglicci (Tesoriere), Massimiliano Valente, Nereo Sciutto; Federica Gabardi, General Manager; Paolo Peronaci, Segretario Generale; Federica Ravasi, Project Manager. Layla Pavone, Presidente Onorario. Anno di fondazione: 1998 a un mercato con un potenziale sicuramente superiore al nostro in termini di spending totale. Per sostenere il confronto bisogna purtroppo che vengano dirottate online quote di investimenti che a oggi sono ancora ad appannaggio di altri mezzi, seguendo il modello di share raggiunto e consolidato per esempio in UK. Già nel 2012 e di nuovo nel 2013 il driver di crescita principale per il mercato online italiano era stato quello del video advertising. Quali saranno le leve nel 2014? Sarà il mobile, il social o entrambi? Credo sinceramente che la vera crescita in termini di investimenti pubblicitari verrà, anche per il 2014, dalla video advertising, proprio perché, come specificato precedentemente, dobbiamo sempre fare riferimento al fatto che siamo un mercato molto spostato verso la televisione da sempre, sia in termini di penetrazione del mezzo sulla popolazione italiana che in termini di investimenti pubblicitari. Il mobile potrebbe ricevere una
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1. IL RITARDO DELL’ITALIA NEL BROADBAND
Fonte: Digital Agenda For Europe (http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/scoreboard/italy)
spinta positiva di investimenti perché, a fianco alla innegabile elevata penetrazione sull’utenza italiana, il lancio di Audimobile, che consentirà il calcolo dell’audience non duplicata fra siti e loro versioni mobili, andrà sicuramente a fornire elementi maggiori per una corretta pianificazione pubblicitaria. Il comparto social continua a reggere bene sia in termini di utenza che di investimenti che riesce ad attrarre ma in Italia si traduce praticamente con un unico player di rilievo che è Facebook e che si può considerare monopolista della categoria. Il 2012 è stato l’anno in cui il Real Time Bidding ha iniziato a diffondersi in Italia. Qual è il suo peso oggi sul totale investimenti in online? Quali sono i paesi in cui si è maggiormente diffuso? Quali settori stanno sfruttando 16
maggiormente questo nuovo approccio di comunicazione? Abbiamo visto una impennata degli investimenti automatizzati soprattutto nell’ultimo trimestre del 2013 e stimiamo che il comparto chiuda con un peso pari al 3-4% del totale investimenti per quest’anno ma che il trend in crescita costante darà vita a numeri più consistenti nel 2014. Oltre al mercato americano, dove una recente ricerca pubblicata da eMarketer, dice che oltre il 70% degli investitori quest’anno ha dedicato una parte del budget a queste attività, così come oltre l’80% degli editori ha messo a disposizione inventory per queste attività, se guardiamo all’Europa, sicuramente i paesi dove sta funzionando meglio e con i maggiori tassi di crescita sono UK, Francia e Germania. In Francia ormai da oltre un anno gli editori si sono aggregati in due premium network che operano solidamente sul mercato d’oltralpe.
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2. LA PENETRAZIONE DI INTERNET IN EUROPA
Fonte: Commissione Europea, Digital Agenda Scoreboard, settembre 2012
3. 2012: TOTALE ONLINE ADVERTISING IN EUROPA (€ mld)
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
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4. 2012: TOTALE ONLINE ADVERTISING PER NAZIONE(€ MLN)
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
5. 2012: TASSI DI CRESCITA DELL’ECONOMIA E DELL’ADV
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
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6. QUOTA DI MERCATO DEI MEZZI IN EUROPA (2012)
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
Per quanto riguarda i settori, soprattutto se guardiamo al nostro paese, i principali ad avere reagito subito positivamente e colto l’opportunità sono quelli più abituati a pianificare in un’ottica di performance, e quindi le TELCO, l’IT, il travel ecc. anche se, non corprende, una presenza di aziende del comparto FMCG e automotive.
un obiettivo primario da affrontare nei prossimi mesi. Bisognerà applicare gli stessi parametri anche alla rilevazione dell’utenza. Diverse entità, IAB inclusa, sia a livello locale che internazionale stanno lavorando per raggiungere questi obiettivi e saremo sicuramente a disposizione per divulgarne metodologia e risultati appena possibile.
Il Real Time Bidding è stato uno spartiacque anche per la comunicazione offline. Oggi la misurazione è un must su tutti i mezzi, ma quali sono le ricerche e le metodologie più innovative, efficaci e interessanti oggi presenti sul mercato dell’online? Misurare ma soprattutto arrivare a una currency comune che consenta una valutazione delle campagne pubblicitarie e degli investimenti online in una situazione di fluidità e di sovrapposizione di schermi come quella attuale, dovrà essere, anche per il nostro mercato,
L’altra innovazione da cui difficilmente si potrà tornare indietro è quella correlata al performance marketing. Che dimensione ha assunto questo formato nei principali mercati europei e in Italia? Quali sono i settori che investono di più? E quali i modelli di prezzo e i canali più performanti? Il performance marketing è un modello pubblicitario ormai consolidato e l’Italia, insieme ai principali mercati europei (UK, DE e FR in testa), e al mercato Usa, ne è la riprova. 19
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7. CRESCITA DELL’ADV ONLINE (2012)
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
Le tipologie di investitori più affini all’utilizzo di questo modello sono principalmente le aziende che fanno del canale digitale una piattaforma per ottenere risultati concreti in termini di conversione dei contatti in azioni specifiche siano esse vendite di prodotto, sottoscrizioni di contratti o raccolta di database, per cui tra questi evidenziamo i retailer, i siti di e-commerce, le assicurazioni e il mondo finanziario in generale, il comparto viaggi ma anche le aziende di altri settori merceologici che dedicano una parte degli investimenti a queste attività. I modelli di acquisto/vendita utilizzati sono il cost per click e il cost per lead o action, declinati opportunamente a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.
pianificato su piattaforme digitali. Inoltre va sottolineato che sia RTB e programmatic buying che performance marketing si fondano su un utilizzo diverso dei formati standard di display adv, per cui possiamo affermare che il suo ruolo rimane fondamentale anche se in parte in modalità evolutiva rispetto a quanto visto fino a oggi. Non va altresì dimenticato che la display advertising rimane fondamentale, anche attraverso formati impattanti, per la brand e la product awareness. Non ultimo è da ricordare che la video advertising è parte integrante della display advertising, Possiamo pertanto affermare che rimane un pilastro della comunicazione online che sta solo subendo una trasformazione attraverso nuovi modelli di vendita che la stanno utilizzando.
In un quadro come questo quale sarà il ruolo del display advertising? Innanzitutto va ricordato che al momento la display advertising in Italia ricopre ancora una quota molto importante del totale investimenti, pari a circa il 45% del totale
Con l’edizione 2013, lo IABforum inaugura una ‘nuova’ stagione: qual è il nuovo modello? Quali i suoi obiettivi? E quali le ragioni che hanno portato alla ridefinizione del format? IAB Forum è e rimane l’evento principe nel
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8. TASSI DI CRESCITA ANNUALI PER FORMATO
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
9. LE DIMENSIONE DELL’ONLINE VIDEO ADV NEI DIVERSI MERCATI
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
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10. LA SHARE DEL VIDEO SUL TOTALE DEL DISPLAY ADV
Fonte: AdEx Benchmark, IAB Europe, luglio 2013
nostro paese, e il secondo in Europa, dopo il DMEXCO, per il mondo della comunicazione digitale. L’evoluzione che abbiamo incominciato ad apportare al format utilizzato con enorme successo negli ultimi dieci anni, va principalmente nella direzione di renderlo un evento completo, con l’inserimento del premio IAB Mixx volto a premiare l’eccellenza per la parte creativa e di innovazione, il premio start-up che rivolge la sua attenzione a quelle realtà nascenti nel nostro paese che vogliono portare alla luce nuove idee di business nel nostro settore, oltre a focalizzarsi maggiormente sul creare un marketplace virtuale in cui domanda e offerta si possano incontrare e creare opportunità. Le principali aggiunte in questo senso sono per esempio un tool ‘client meet supplier’ che consente di creare una propria agenda di appuntamenti ufficiali ma anche personali di incontro tra le aziende al
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momento della registrazione all’evento, un passaggio da un modello espositivo di tipo fieristico ad uno di tipo lounge che favorisca gli incontri e lo scambio di informazioni, e l’inserimento di business lunch che, anche qui, creino contatti concreti tra gli sponsor e i partecipanti con l’inserimento ad hoc e su richiesta degli speaker presenti al forum stesso. Anche lo schema e gli interventi delle due mattine in plenaria vogliono offrire un sapiente mix di nuovi trend e di approfondimento di trend già consolidati, attraverso le presentazioni di speaker internazionali che possono portarci gli esempi di mercati più evoluti dai quali trarre ispirazione, con esposizioni di realtà del nostro paese atte a supportare e consolidare quanto già accade qui. Il ruolo di IAB sarà quello di presentare i dati di mercato in maniera molto più dettagliata rispetto al passato e di condividere i
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risultati di una ricerca qualitativa che ha l’obiettivo di definire meglio qual è il profilo dell’utente pubblicitario per piattaforma e tipologia di comunicazione. Estendendo la domanda allo IAB, quale pensa possa o debba essere il ruolo dell’Associazione per il prossimo futuro? Cosa state cercando di fare per rendere la vostra presenza e i vostri interventi sempre più decisivi in favore dell’intera industry?
L’impegno dimostrato da IAB, sin dalla sua nascita, e consolidato e rafforzato nell’ultimo biennio, nel sottolineare in maniera fattiva il ruolo fondamentale che gioca e deve continuare a giocare come punto di riferimento per la industry e per le istituzioni in materia di digitale, lo si esplica attraverso il coinvolgimento ai tavoli istituzionali dove questi argomenti vengono trattati in maniera operativa, ai tavoli interassociativi al fine di poter fornire una visione univoca delle diverse tematiche e nel campo della formazione e informazione sia per i giovani talenti che per le aziende.
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L’audience è totale A partire dall’inizio del 2014 Audiweb offrirà al mercato i primi dati mobile e avremo un ‘nastro di pianificazione’ completo, con la stima del comportamento degli italiani sui tre schermi: pc, smartphone e tablet. L’Italia sarà dunque il primo paese al mondo a poter letteralmente contare su una misurazione precisa e puntuale della Total Digital Audience.
INTERVISTA a Enrico Gasperini, presidente Audiweb. A ottobre Audiweb ha completato il proprio approccio al mercato integrando la misurazione dei consumi in mobilità. Un servizio che va a completare il monitoraggio dei consumi via PC. Dopo la lunga fase beta, quando sarà attivo il servizio? Abbiamo presentato Audiweb Mobile, il nuovo sistema esteso alla misurazione dell’audience da mobile, in occasione dell’ultimo IAB Seminar. Dopo un’importante fase preparatoria di analisi e sviluppo, condotta insieme ai nostri partner Nielsen e Doxa, siamo pronti a partire per la misurazione della ‘total digital audience’, rilevando la fruizione di internet non solo da pc ma anche da smartphone e tablet. Già a partire dall’inizio del 2014 offriremo al mercato i primi dati mobile e avremo, primo paese al mondo, un ‘nastro di pianificazione’, Audiweb Database, completo, con la stima del comportamento degli italiani sui tre schermi, pc, smartphone e tablet e sulla total digital audience. La nuova ricerca, basata su un modello di rilevazione ‘user centric’, consente di rilevare in modo puntuale e obiettivo quali e quanti sono gli utenti mobile, cosa fanno online, quando, come e da dove vi accedono, 24
Enrico Gasperini, presidente Audiweb
quale uso fanno dei tablet, quanto navigano in mobilità via browser o utilizzano applicazioni. Quali sono le novità introdotte al sistema di rilevazione? Come viene rilevata la fruizione di internet anche dai cellulari e dai tablet? Le principali novità apportate alla struttura del sistema di rilevazione sono due. Da un lato l’estensione del panel ‘meterizzato’, fino ad ora disponibile solo su PC con 41.000
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AUDIWEB Via Larga 13 - 20122 Milano Tel. 02 58315141 – Fax. 02 58318705 audiweb@audiweb.it www.audiweb.it
panelisti, che ha visto l’introduzione di due nuovi panel: il panel smartphone, che consente di registrare tutte le navigazioni e l’uso di applicazioni da parte di un campione rappresentativo della popolazione italiana, composto da circa 3.000 panelisti, metà per il sistema operativo Android e metà per iOS; il panel tablet, composto da circa 1.000 panelisti (Android e iOS). Dall’altro lato, abbiamo ampliato il capitolo mobile della Ricerca di Base inserendo un nuovo set di domande sulla disponibilità dei due nuovi device e un catalogo di 1.000 telefoni cellulari, in costante aggiornamento, con foto, marca del dispositivo, modello, sistema operativo e altre caratteristiche indispensabili per individuare le caratteristiche del cellulare posseduto dall’intervistato. Questo approfondimento, insieme all’intero set di dati derivanti dalla Ricerca di Base, consentono di stimare l’universo degli utenti internet da smartphone e tablet utilizzato per l’estensione dei dati panel. Il risultato finale è rappresentato dal nastro di pianificazione, Audiweb Database, che fornirà anche i dati elementari di navigazione e di utilizzo delle applicazioni da smartphone e tablet, con tutti i dettagli sui i profili socio demografici degli utenti online dai 18 anni in su e lo spaccato per giorni della settimana, fasce orarie di 3 ore, proponendo le metriche già usate per l’audience da PC: utenti unici, reach %, pagine viste e tempo speso. L’Italia è da sempre il primo paese per uso della telefonia mobile. Già nel 2012 i dati di accesso a internet in mobilità parlavano
Board di direzione: Presidente: Enrico Gasperini; Consiglieri: Marco Caradonna, Antonio Castiglia, Alberto Coperchini, Massimo Crotti, Andrea Di Fonzo, Olivier Dubois, Giorgio Gabrielli, Marco Girelli, Claudio Giua, Felice Invernizzi, Domenico Ioppolo, Salvatore Ippolito, Giovanna Maggioni, Davide Mondo, Marco Muraglia, Luca Paglicci, Fidelio Perchinelli, Elserino Piol, Andrea Portante, Carlotta Ventura, Roberto Zanaboni, Alvise Zanardi, Simona Zanette. di 15 milioni gli italiani. A quanto siamo arrivati oggi? Quali sono i dati di accesso a internet da smartphone e mobile che rileva oggi Audiweb? E quanto incidono sul consumo della rete da PC? I dati di oggi continuano a confermare la crescita della diffusione dell’online in Italia, in particolare dai nuovi device smartphone e tablet connessi alla rete. Dalla nostra Ricerca di Base, infatti, oggi risultano 38 milioni di italiani tra gli 11 e i 74 anni che dichiarano di poter accedere a internet da qualsiasi strumento e luogo, 21 milioni da smartphone e 6 milioni da tablet, con una crescita, rispettivamente, del 28% e del 127% in un anno. Inoltre, analizzando i dati di audience da pc, da alcuni mesi emerge una flessione di questa modalità di accesso alla rete, che avvalorano l’ipotesi dello spostamento dell’audience online dal pc verso tablet. Nel solo mese di agosto, ad esempio, registriamo un calo dell’audience da pc del 3% rispetto all’anno precedente e del 5,4% nel giorno medio, con calo del 4,6% del tempo speso online per ogni utente. Mentre, dai primi dati ‘beta’ di Audiweb Mobile, nel mese di agosto 25
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LA NUOVA METODOLOGIA AUDIWEB
stimiamo un’audience di 9,2 milioni di utenti da smartphone e 4 milioni da tablet. La crescita della penetrazione di smartphone connessi, come abbiamo visto, è però talmente veloce che, utilizzando il solo ultimo trimestre per la valutazione dell’universo, il dato mobile passerebbe a 10,5 milioni per smartphone e 4,7 milioni per tablet. Audiweb ha superato il primo lustro. Come sono cambiate le modalità di consumo online degli Italiani dal 2009 a oggi? E il profilo degli utenti, come si è evoluto? Negli ultimi quattro anni l’audience online è sicuramente cambiata, sia in termini di volumi che di profili socio-demografici. La fruizione dell’online da pc è cresciuta del 34%1 nel giorno medio e del 27% nel mese, ma come abbiamo visto, con una leggera flessione 26
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proprio nell’ultimo anno, dovuta alla maggiore penetrazione dei nuovi device mobili. Cambia anche il profilo socio-demografico degli utenti online: oggi assistiamo a una maggiore disponibilità di accesso tra i target una volta più appannaggio della TV, con gli over 55 sempre più online (+58%), una crescita della quota di pensionati (+64%), operai (+49%) e casalinghe (+61%) online2. La fruizione da pc si dimostra più consistente tra questi segmenti della popolazione che iniziano ad usare questo strumento per accedere a internet, mentre i nuovi device, come vediamo dagli ultimi dati sulla diffusione dell’online in Italia, presentano tassi di concentrazione più elevati tra i giovani (circa il 70% degli individui di età compresa tra gli 11 e 34 anni) e tra profili i più qualificati in termini di istruzione e
Trend su dati Audiweb powered by Nielsen nel giorno medio, agosto 2009 – agosto 2013. Audiweb Trends sulla diffusione dell’online in Italia. Trend 2009 – 2013, popolazione italiana 11-74 anni.
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IL CALO DELL’AUDIENCE DA PC (Agosto 2011-Agosto 2013)
Fonte: Audiweb powered by Nielsen
condizione professionale. Ed è sorprendente la quota di popolazione che dichiara di usare più di un device per accedere alla rete. Sono, infatti, 19,5 milioni gli italiani che dichiarano di accedere a internet sia da pc che da smartphone, circa 5,8 milioni da pc e tablet, 4,8 milioni da smartphone e tablet, 4,7 milioni dai tre device, 1,4 milioni solo da smartphone e 100 mila solo tablet! Dati significativi che ci parlano di una popolazione sempre più connessa e da più device3. L’offerta di Audiweb si era arricchita nel 2012 con lo sviluppo di Audiweb Objects Video. A un anno dal lancio, ci sono state novità? La risposta del mercato è sempre entusiasta, anche in ragione del grande 3
successo che l’online video advertising continua a riscuotere? Audiweb Objects è il servizio, realizzato in collaborazione con Nielsen, che risponde alla costante evoluzione tecnologica di internet e alle sempre più frequenti e nuove OTS, opportunità di contatto ed esposizione pubblicitaria, alternative alle pagine viste. Consideriamo objects per esempio i videogiochi, le fotogallery, i player radio o video. Audiweb ha deciso di partire proprio dal video, visto il grande interesse del mercato per questo format, e con Audiweb Objects fornisce una misurazione dettagliata delle stream views, cioè la fruizione effettiva di un video da parte di un utente. Prima di questa rilevazione eravamo in grado
Audiweb Trends sulla diffusione dell’online in Italia. Settembre 2013, popolazione italiana 11-74 anni.
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GLI ITALIANI CONNESSI A INTERNET: USO DI UNO O PIÙ DEVICE
Base: totale individui 11-74anni (= 47,1 milioni) – Stime in mln Fonte: Audiweb Trends – Diffusione dell’online in Italia – Settembre 2013
solo di sapere se un utente atterrava in una pagina con un player video, mentre oggi offriamo al mercato report puntuali e obiettivi sulla quantità dei video visualizzati (stream views), sul tempo speso in media e tutte le informazioni socio-demografiche sugli utenti utili per una migliore comprensione delle dinamiche di fruizione del mezzo e per la sua pianificazione. Audiweb Objects ha rappresentato la base per lo studio dell’estensione della ricerca a nuove tipologie di applicazioni e agli schermi tablet e mobile. Secondo una ricerca LiveXtension su dati Pew Research e Audiweb, gli italiani sarebbero più ‘social’ degli americani. Come cresce questo comparto e quanto incide sugli investimenti pubblicitari? I social network potenziando il valore della relazione online, rivoluzionano il modo in cui gli
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utenti fruiscono la rete, interagiscono tra loro, condividono esperienze, interessi e dati. Tanto del tempo speso online è trascorso sui social network che, solo in Italia, raccolgono oltre 22 milioni di utenti unici nel mese collegati da pc, per circa 6 ore per persona4, mentre oltre il 90% degli utenti mobile accede a queste piattaforme almeno una volta nel mese5 in mobilità. Cambiano le modalità di fruizione dei contenuti, il modo in cui si prendono informazioni sui prodotti e decisioni d’acquisto, così come cambia la ricerca e selezione delle notizie. Dall’altro lato, vediamo come sempre più aziende estendano la propria presenza online sbarcando sui social network come ‘editori’ e offrendo contenuti, servizi e dialogo ai propri ‘fan’. Cambiano, dunque, ancora una volta i format di comunicazione, vengono fatte nuove scelte strategiche che modificano le quote del media mix che, nel frattempo, si arricchisce di
Dati Audiweb powered by Nielsen, settembre 2013, utenti pc dai 2 anni in su. Stime Audiweb powered by Nielsen, agosto 2013, utenti mobile 18-74 anni.
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nuove piattaforme di relazione e nuovi device. Il comparto cresce sicuramente, ma sono sempre più indispensabili nuove competenze anche nelle aziende, in grado di comprendere e gestire le potenzialità di questo nuovo canale, così come sono indispensabili metriche sempre più condivise per leggere e interpretare il fenomeno. Quali saranno i prossimi passi nella misurazione delle audience online? State lavorando a nuove soluzioni? Come anticipato, inizieremo a rilasciare i primi dati di audience per i tre device disponibili, pc, smartphone e tablet, a partire da gennaio 2014. Un grande salto verso la total digital audience che apre le porte a nuove opportunità per i pianificatori. Sarà finalmente possibile pianificare le proprie campagne conoscendo quanta parte dell’audience attribuire alla navigazione solo da Pc, solo da Smartphone e solo da Tablet, oppure quanta alla sovrapposizione Pc/Smartphone, Pc/Tablet e Pc/smartphone/tablet, massimizzando l’efficienza di copertura e frequenza. Parallelamente stiamo lavorando sul fronte degli aggregati editoriali e sulla massima trasparenza del sistema, così da offrire informazioni dettagliate non solo agli operatori specializzati del comparto della pianificazione che utilizzano il database e i relativi tool, ma a tutto il pubblico. Anche in questo caso, le novità saranno attive dal 2014. Sono previsti, dunque, da un lato un’evoluzione dei nostri sistemi di catalogazione e rappresentazione delle aggregazioni editoriali, e, dall’altro, un nuovo regolamento che consentirà di evidenziare nei dati sia le componenti di audience ‘organiche’ di un publisher che quelle ‘aggregate’ derivanti da accordi editoriali di cessione traffico (TAL - Traffic Assignment Letter). La prossima sfida di Audiweb sarà orientata ad offrire servizi evoluti e innovativi basati sulla grande miniera di dati di cui disponiamo. Una
direzione quasi naturale in un mercato sempre più data-driven. E gli altri organismi europei, stanno sviluppando nuovi prodotti o servizi? Tutti gli organismi europei si stanno organizzando per rilevare anche il mobile, qualcuno lo fa già, non tutti con un meter, ma siamo sicuramente i primi al mondo a dare il dato fuso permettendo di arrivare alla total digital audience. L’anno scorso tutti parlavano di RTB, oggi il tema caldo è quello dei big data. Ma al di là dell’hype, ci aiuta a fare il punto su entrambi questi temi? A che punto è il mercato? Quali sono le implicazioni per i diversi operatori della filiera (investitori, editori/concessionarie, agenzie)? La value-chain della distribuzione dell’advertising online si evolve costantemente grazie all’innovazione tecnologica e alla disponibilità di sistemi sempre più avanzati e interconnessi, gestiti spesso da nuovi intermediari. Il progressivo passaggio verso sistemi ‘real-time’, che ottimizzano la pianificazione degli spazi guidati da sistemi negoziazione automatica e da sistemi di profilazione basati sui ‘big data’, è un processo irreversibile per una parte del mercato. Così come stanno evolvendo i sistemi di post campaign analysis. Non è invece scontato chi controllerà tali piattaforme, visti gli investimenti di tutti gli attori della filiera: i publisher, i grandi intermediari elettronici, i centri media, le società di ricerca e perfino stessi marketer. Come Audiweb monitoriamo questi processi evolutivi e continuiamo a rilasciare dati al mercato sempre più profondi, utilizzabili dal mercato sia per la fase di pianificazione t radizionale che, in parte, per il real time. Non escludo che in futuro si possa considerare un ulteriore apertura del nostro ‘big data’ per alimentare un mercato che anche nel segmento display advertising sarà sempre più automatizzato.
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Online: verso la maturità Mentre l’online mostra un rallentamento fisiologico correlato all’ingresso nella fase di maturità del mezzo, i formati Video, Mobile e Social continuano a segnare trend positivi. Per supportare il mercato, Nielsen prepara per il 2014 il lancio di una soluzione in grado di misurare la correlazione tra Tv e Social.
INTERVISTA a Luca Bordin, general manager media sales & solutions Nielsen Italia Questo potrebbe essere il primo anno di stop per gli investimenti pubblicitari online. Quali sono le stime di Nielsen per il 2013: un rallentamento circoscritto a questi 12 mesi, o un trend che ci porteremo dietro anche nel 2014? Se pensiamo alle crescite a doppia cifra che hanno caratterizzato internet negli ultimi anni, il trend attuale può sembrare preoccupante. Il realtà, il rallentamento degli investimenti sull’online è un fenomeno che definirei fisiologico. Stiamo parlando di un mezzo che sta entrando gradualmente nella fase della maturità e che in un anno ancora difficile per il mondo pubblicitario chiuderà il 2013 con una variazione di circa 15 punti superiori alla media del mercato. Per dare dei numeri, in un contesto in cui i media principali chiuderanno con perdite tra il -10% e il -20%, noi prevediamo ancora una crescita, seppur modesta, per il web advertising. Per quanto riguarda il 2014, sebbene prevalga ancora l’incertezza tra gli operatori, diversi segnali ci inducono a pensare che il valore degli investimenti pubblicitari tornerà a crescere dopo diversi anni in calo. Anche nel 2014, Internet crescerà ad un ritmo superiore rispetto agli altri media e diventerà saldamente il secondo media alle spalle della Tv. Passando ai formati, quali hanno mostrato i migliori andamenti? È sempre il video a 30
Luca Bordin, general manager media sales & solutions Nielsen Italia
guidare il mercato? Analizzando più nel dettaglio i diversi formati pubblicitari di internet, emergono grosse differenze. Anche questo, secondo noi, rappresenta un segnale di crescita e maturazione del mezzo. Evidentemente alcune tipologie si dimostrano più efficaci, anche grazie ad una evoluzione delle modalità di misurazione, ed è li che le aziende concentrano le proprie risorse. Nel corso del 2013 la classica Display e il Search sono andati meno bene rispetto al passato e rispetto alla media del mezzo internet. Al contrario Video, Mobile e Social si sono confermate le tipologie più dinamiche. Le ultime due beneficiano
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STIMA DEL MERCATO PUBBLICITARIO (Dati netti - Migliaia di Euro) TOTALE PUBBLICITA’ QUOTIDIANI 1 PERIODICI 1 TV 2 RADIO 3 INTERNET (Fonte: FCP-Assointernet) OUTDOOR (Fonte: AudiOutdoor) TRANSIT OUT OF HOME TV CINEMA DIRECT MAIL
2012 Gen./Set. 5.310.681 819.466 509.608 2.851.096 290.518 364.218 67.405 72.246 12.082 20.170 303.872
2013 Gen./Set. 4.536.153 642.987 385.929 2.477.693 255.272 354.683 65.798 67.301 10.930 15.360 260.199
Var.% -14,6 -21,5 -24,3 -13,1 -12,1 -2,6 -2,4 -6,8 -9,5 -23,8 -14,4
L’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei Quotidiani dove vengono utilizzati i dati FCP-Assoquotidiani solo per le tipologie: Locale, Rubricata e Di Servizio, e delle Radio dove vengono utilizzati i dati FCP–Assoradio solo per la tipologia Extra Tabellare. Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP–Assoquotidiani e FCP–Assoperiodici. 1 Per i dati di Stampa Commerciale Locale, Rubricata e Di Servizio la fonte è FCP-Assoquotidiani 2 lI dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari 3 Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP–Assoradio Fonte: Nielsen
in particolare della altissima penetrazione del mobile in Italia e della crescita di utilizzo dei diversi Social Network. L’incremento del Video conferma che internet è sempre più utilizzato anche come strumento per creare awareness. A livello di settori, quali dinamiche hanno caratterizzato il mezzo online e quali settori hanno mostrato l’andamento migliore? Un fenomeno che avevamo già riscontrato nel corso del 2012 ha trovato conferma anche nel corso di quest’anno. Le aziende del fast moving consumer goods guardano sempre con più interesse al digital e continuano a spostare online porzioni rilevanti dei loro budget. Se i primi settori in termini di spesa rimangono Finanza, Automobili e Telecomunicazioni, nel corso dei primi nove mesi del 2013 abbiamo registrato crescita a doppia o tripla cifra per categorie quali Alimentari, Cura Persona, Toiletries e Gestione Casa. Una crescita meno eclatante, ma più costante nel corso degli ultimi
anni, è quella degli investimenti online del settore abbigliamento. Spostiamo lo sguardo sui social network: come si stanno sviluppando le logiche di investimento delle aziende su queste piattaforme? I social network rappresentano sempre di più una porzione rilevante del time budget dei consumatori. Un fenomeno così rilevante e con una crescita così repentina (non sono ancora passati dieci anni dal lancio di Facebook) non si era mai verificato. Per questo, secondo noi, ci è voluto un po’ di tempo per capire come usare il social ai fini della comunicazione aziendale. Oggi si sente sempre più parlare di engagement, ed effettivamente crediamo che sia questo l’approccio più corretto che le aziende possono avere sui social. Non un bombardamento di messaggi e banner, che possono risultare invasivi, ma strategie di marketing più elaborate e un approccio orientato ai Big Data per valorizzare l’enorme mole di informazioni che i social mettono a disposizione. 31
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2. ADV SHARE PER MEZZO (FORECAST 2014)
Si prospetta un anno di transizione con un ulteriore consolidamento del digital, tanto che secondo le previsioni AdEx, nel 2014 Internet sarà il secondo media * In Internet è inclusa una stima del fatturato delle concessionarie non aderenti ad FCP Fonte: elaborazioni Nielsen sulla banca dati AdEx.
Si parla sempre più spesso di performance marketing. L’Italia è però il fanalino di coda degli acquisti online, con il 29% contro l’82% in UK, il 79% in Danimarca e Svezia e il 77% in Germania. Quanto la ridotta propensione degli italiani alla spesa online rappresenta un freno a questo tipo di soluzioni? Effettivamente in tema di eCommerce siamo ancora indietro rispetto ad altri Paesi, ma guardando il bicchiere mezzo pieno questo significa semplicemente che c’è grande spazio per la crescita. Prima o dopo, l’Italia arriverà ai livelli degli altri Paesi. È con questa logica che Amazon, il principale player dell’eCommerce a livello mondiale, ha deciso di investire massicciamente in Italia qualche anno fa e continua a farlo. Se da una parte rimangono alcune difficolta tecnologiche (digital divide), da un punto di vista di propensione all’acquisto online degli italiani sono stati fatti grandi passi in avanti. Alcuni freni ‘psicologici’ stanno venendo meno e il fenomeno cresce a vista d’occhio. 32
Peraltro, per la specificità di alcune nostre industrie (per esempio moda, accessori, artigianato) l’eCommerce può rappresentare anche un ottimo canale per quanto riguarda l’export. Fatta questa premessa, credo che si continuerà a parlare a lungo di performance marketing perchè non si tratta di una moda passeggera, ma di una modalità di misurazione delle diverse fasi del processo d’acquisto che risponde perfettamente alla caretteristiche di internet. La diffusione di smartphone e in particolare tablet sta facilitando lo sviluppo di strategie di comunicazione integrate multi-device che coinvolgono soprattutto il mezzo televisivo. Avete da poco lanciato sul mercato italiano Online Campaign Raitings, che consente di estendere le logiche di misurazionetelevisive all’online. Come sta andando e quali strumenti di misurazione state sviluppando o pensate di sviluppare? Abbiamo la fortuna di lavorare per una azienda che
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3. I VANTAGGI DI UN EFFICACE UTILIZZO DEI BIG DATA
Gestire i Big Data per creare vantaggi competitivi lungo tutta la value chain
ha messo l’innovazione al centro della sua strategia. Ormai, da diverso tempo, con cadenza annuale, stiamo proponendo soluzioni nuove e aderenti alla realtà per monitorare le attività di marketing e misurarne gli effetti sui comportamenti dei consumatori. Nielsen Online Campaign Ratings è uno strumento che serviva al mercato, non solo in Italia, per fare chiarezza e lavorare con metriche condivise e universalmente riconosciute. Per questo, anche in anni non facili per l’industria dei media italiana, i risultati sono stati ottimi. Guardando al futuro, nel corso del 2014, il nostro percorso di ‘Innovazione’ proseguirà con l’arrivo sul mercato italiano di una soluzione in grado di misurare la correlazione tra Tv e Social. Anche questo è un tema molto rilevante nel mondo dei media ma non c’è ad oggi nessuna misurazione ufficiale nè riconosciuta dal mercato. La soluzione che lanceremo punta a mettere a disposizione numeri certi e condivisi che possano essere rilevanti sia per gli operatori del mondo dei media che per gli inserzionisti. Se l’anno scorso tutti parlavano di RTB, oggi il tema caldo è quello dei big data. Proviamo a fare
il punto insieme su questo tema? Le soluzioni di cui ho appena parlato nascono proprio da un approccio volto alla creazione di informazioni di valore, partendo da una mole enorme di dati. Questo, dal nostro punto di vista, significa lavorare con i Big Data. È un tema molto caldo, ma anche in questo caso non si tratta di una moda passeggera bensì di una sfida ormai ineludibile per le aziende. Sapere gestire i big data permette di creare vantaggi competitivi rispetto ai competitors. Faccio alcuni esempi: essere in grado di analizzare e trarre informazione dai Big Data permette di essere più tempestivi nel lancio o nell’implementazione di nuovi prodotti perchè si possono sfruttare spunti e idee di clienti e prospects. Misurare le attività di marketing sfruttando i Big Data permette di risparmiare risorse o di ottenere risultati migliori, perchè si può pianificare in modo più efficace ed efficiente. Infine, ma non meno importante, gestire il customer service e tutto il processo d’acquisto in un’ottica di Big Data è il più saggio investimento che un’azienda può fare per mantenere i clienti fedeli in una fase in cui il consumatore è sempre più abituato a cambiare e provare nuove marche. 33
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Big Data tra hype e realtà L’espressione Big Data è entrata velocemente e pervasivamente nell’orizzonte di marketing e communication manager. Pur al suo picco di hype, tuttavia, il termine non ha ancora un significato univoco né se ne comprende in profondità l’impatto sulle industry dell’advertising, dei media e della comunicazione. Ma quali sono potenzialità e criticità del fenomeno?
A giugno 2013 il termine ‘Big Data’ è stato incluso ufficialmente nell’aggiornamento online trimestrale della Oxford English Dictionary. La definizione descrive il fenomeno come “dati di una dimensione molto grande, in genere nella misura in cui la loro manipolazione e gestione presentano notevoli difficoltà logistiche”. Un anno prima, due delle principali fonti scientifiche e di business avevano dedicato al tema un numero speciale. Nel mese di agosto 2012, Significance (la rivista bi-mensile pubblicata sul conto della Royal Statistical Society e dell’Associazione Americana di Statistica) ha pubblicato un numero dedicato ai Big Data parlando delle dimensioni scientifiche del tema. Due mesi dopo, Harvard Business Review ha pubblicato ‘Big Data: The Management Revolution’ coinvolgendo manager ed esperti per discutere il lato di business e management del fenomeno. L’anno prima ancora (2011), due importanti report avevano acceso il dibattito: un rapporto di 156 pagine di McKinsey che analizzava i Big Data come ‘la prossima frontiera per l’innovazione, la concorrenza e la produttività’ e l’inclusione dei Big Data nell’hypecycle di Gartner per le tecnologie emergenti. Da ultimo, anche il journal accademico Marketing Science ha individuato nei Big Data una top priority emergente nei trend delle 34
Cosimo Accoto è Partner in OpenKnowledge. Director e Pratice Leader su progetti di audience measurement e digital analytics, Cosimo ha maturato una profonda esperienza professionale con società internazionali leader nella ricerca e nell’analisi dei dati (Nielsen, Comscore, Kantar, Confirmit). È autore di diversi saggi e keynote speaker (IAB Forum, WAS Conference, IA Summit).
ricerche e analisi (vedi figura 1). Eppure, come il filosofo dell’informazione Luciano Floridi ha recentemente detto “non è chiaro che cosa esattamente con il termine big data si intenda”. Ma, cosa sono allora i “Big data”?
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FIG. 1 MAPPA DELLE PRIORITÀ TOP NELLE RICERCHE DI MARKETING IN TREND
Fonte: Marketing Science 31(6), 2012
Definizioni in progress La definizione corrente più usata nel business è quella (originariamente elaborata da Doug Laney di Gartner) che indica i Big Data come quei dati che per volumi, velocità e varietà difficilmente possono essere analizzati impiegando le attuali architetture analitiche. Come si può intuire facilmente si tratta di una definizione fortemente contestuale e relativa. Cos’è un volume di dati eccessivo? Quale velocità bisogna considerare come soglia? A che genere di varietà ci si riferisce? A ben guardare, non ci sono ad oggi parametri unanimamente condivisi. Quel volume di dati che per un’impresa manifatturiera può essere ‘big’ ed eccezionale, per Google potrebbe essere niente affatto big. Una velocità quotidiana di collezione di dati è nulla
rispetto, ad esempio, alla capacità di un server di advertising online di erogare display lavorando, invece, con frazioni millesime di secondo. Per quanto concerne la varietà, anche qui, si può trattare di varietà di fonti diversissime tra di loro: dalle conversazioni in rete e nei social media dei consumatori ai dati delle comunicazioni machine-to-machine grazie a sensori e reti. Senza, qui, dire che tutte queste definizioni sono in divenire e cambiano con molta rapidità e senza eccessiva preoccupazione per la chiarezza o l’aiuto al lavoro di marketing e communication manager. In questo contesto, come si intuisce, evocare Big Data rischia di essere solo un utile strumento retorico o mediatico per indicare tutto e il suo contrario. 35
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FIG. 2 LE DIMENSIONI INFRASTRUTTURALI DEI “BIG DATA”
Fonte: Cosimo Accoto (2013)
Sentire e attuare Al di là, tuttavia di queste difficoltà definitorie e dell’hype che circonda il fenomeno Big Data, è utile comprendere che la ‘datafication’ – come viene definita – cioè la riduzione a dati della realtà quotidiana che viviamo, come consumatori e cittadini, è il risultato di due trend tecnologici di lungo periodo. Si tratta, da un lato, della diminuzione dei costi di collection e di processing dei dati e, dall’altro, dell’accellerazione della potenza di calcolo e delle reti di comunicazione. Questi trend tecnologici danno vita, oggi, a un’articolata ed emergente architettura informativa che, come si vede nella figura 2, ha 4 dimensioni
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principali: a) la capacità di ‘sentire’ la realtà (dai sensori degli ambienti ai social e mobile media); b) la capacità di ‘processare’ la realtà (con database e logiche di processamento nuove); c) la capacità di ‘comprendere’ la realtà (grazie a intelligenza artificiale e data visualization); d) la capacità di ‘attuare’ la realtà (via sistemi di attuazione e reazione in tempo reale ai dati). Se guardiamo attraverso questo framework, risulta più chiara la complessità, novità e impatto che le nuove architetture e tecnologie informative stanno producendo. Si tenga conto che questa evoluzione
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FIG. 3 DIFFICOLTÀ E PROBLEMATICHE CONNESSE AI “BIG DATA”
Fonte: Cosimo Accoto (2013)
tecnologica porta, ad esempio, a far collidere la capacità operativa di agire nei mercati con la capacità analitica di comprensione e attivazione, fin’ora tenute separate logicamente e cronologicamente. Facciamo un esempio: per una banca monitorare in tempo reale tutte le transazioni dei propri clienti (sentire la realtà) significa anche intervenire immediatamente a bloccare frodi e attività illecite (attuare la realtà). Oppure, come fa Domino’s Pizza: ascoltare in tempo reale le conversazioni dei consumatori negative sulla pizza di un competitor (sentire la realtà) e immediatamente inviare un coupon agli stessi suggerendo di provare la loro pizza (attuare la realtà). Tra sentire la realtà e attuare la realtà, il
tempo di processare e fare intelligence delle informazioni – come si comprende – diminuisce fino a ridursi in molti casi a frazioni millesime di secondo. Si pensi, per fare un altro esempio, all’erogazione di una campagna di display advertising. Tra la richiesta di una pagina web da parte di un consumatore a un server (sentire la realtà) alla erogazione del banner più giusto in termini di targeting, retargeting, deep profiling o di meccanismo d’asta (attuare la realtà), il lasso di tempo è ridotto a frazioni millesime di secondo come anticipavamo. Quindi, come si vede, tra sensing e actuating i confini vengono a sfumarsi laddove tradizionalmente siamo stati abituati a considerarli separati (nello spazio e nel tempo). 37
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Big Data come un ‘macroscopio’ Quello che le definizioni attuali mancano di rilevare è che i Big Data vanno considerati alla stregua di un nuovo strumento di conoscenza messo a disposizione di organizzazioni e business. Andrebbero equiparati a strumenti scientifici alla pari, ad esempio, del microscopio e del telescopio. Come questi strumenti ci hanno consentito di vedere il mondo dell’estremamente piccolo o il mondo dell’estremamente lontano, i ‘Big Data’ ci consentono di vedere fenomeni a scala sociale ed economica senza precedenti. Qualcuno ha suggerito di considerare i Big Data come un ‘macroscopio’, come uno strumento scientifico che, grazie alle capacità sensoriali che dicevamo prima, ci apre alla possibilità di conoscenza di realtà che prima abbiamo indagato in maniera parziale (usando dati campionari), non in tempo reale (ricevendo i dati molto tempo dopo la loro produzione) e in maniera limitata ad alcune fonti. I Big Data, ove opportunamente impiegati, ci consentono, dunque, di ‘vedere’ (o meglio di indagare) in modalità totalmente nuova fenomeni economico-sociali come ad esempio i comportamenti degli utenti rispetto alle tecnologie digitali di rete, oppure le dinamiche di ecosistemi e infrastrutture economiche, o ancora i flussi urbani usando i dati di mobilità da Gps o sensori ambientali, o ancora gli spostamenti in un negozio da parte dei consumatori e visitatori e così via. Una parte rilevante di questa nuova strumentazione è nell’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale, di machine learning e nell’applicazione di tecnologie di data visualization in grado di far emergere, in maniera non guidata, informazioni e conoscenza che possano essere di ausilio, per esempio, nella profilazione dinamica e microsegmentata di campagne di digital marketing e online advertising. Si pensi, per
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citare un caso reale, che grazie ai Big Data oggi la profilazione dei messaggi promozionali di una importante catena alberghiera è passata da 15 tipologie a 1.552 (su cluster di clienti definiti da più di 4.000 attributi di profilazione). Ma sempre più anche per molte strategie e pratiche di marketing a tutto tondo (oltre la distinzione sempre più obsoleta tra offline e online) la capacità di collezionare e analizzare i dati diventerà cruciale. Le criticità Se, come abbiamo visto, le potenzialità sono enormi e se si tratta certamente di una rivoluzione di lungo corso (ma in forte accelerazione ai nostri giorni), le criticità che le organizzazioni e i marketing manager devono affrontare non sono da poco. Come si vede in figura 3, gli aspetti critici e spinosi nell’approcciare, in maniera consapevole, il fenomeno dei Big Data sono diversi. Dal punto di vista delle aziende si tratta di approntare dei seri programmi di data governance in grado di progettare e implementare progetti di misurazione e analisi dei dati che tengano conto delle dimensioni nuove che ricordavamo (una collezione massiva condotta con regimi temporali accelerati e su uno spettro ampio di fonti, tanto strutturate quanto non strutturate). Il tutto sia in una ottica di ottimizzazione (usare i dati per migliorare gli attuali processi di business e marketing) sia, soprattutto, in un’ottica di disruption e di innovazione (usare i dati per anticipare o aprire nuovi mercati potenziali). Dal punto di vista dei cittadini e consumatori, si tratta di cominciare a ragionare, a fronte della rivoluzione che abbiamo provato a delineare, su quali debbano essere le nuove policy che sono chiamate a governare e proteggere la privacy beneficiando delle potenzialità positive insite. Per fare anche qui
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un esempio, una parte dei dati che verranno prodotti nei prossimi anni saranno legati alle applicazioni del ‘quantified self’. Si tratta di app che sono in grado di monitorare movimenti, comportamenti e fisiologia degli individui al fine di migliorarne la vita (si pensi alle applicazioni che si usano per monitorare il numero di passi fatti, i km percorsi e così via). In queste applicazioni l’obiettivo di lifelogging (tengo traccia della mia vita) sfuma in quello
di lifehacking (opero per trasformare la mia vita) come capacità che le nuove app offrono, attraverso il monitoraggio, di migliorare comportamenti e attitudini (alimentari, sportive, di salute, ecc). Un uso consapevole e protetto di questi dati può offrire molte opportunità positive, un uso inconsapevole e non protetto può generare conseguenze poco piacevoli.
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Cavalcando l’onda L’intero World Wide Web, secondo Wikipedia, ammonterebbe nel 2013 a 4 ZettaByte (4.000.000.000.000.000.000.000 di byte). Le proiezioni dicono che nel 2020 si supereranno i 38 ZettaByte di ‘Big Data’ online, il 90% dei quali ‘non-strutturato’. La loro gestione rappresenta una soluzione strategica per incrementare l’efficienza delle campagne: ma come?
Proseguiamo in queste pagine il discorso sviluppato sui Big Data nel capitolo precedente con Cosimo Accoto. Come spiega Accoto il termine Big Data fa riferimento a quei dati che per volume richiedono un cambiamento nelle tecniche e architetture di raccolta, gestione e analisi. Un ulteriore chiarimento ci viene da Alessandro Campanini, Ceo di Maxus Milano: “L’espressione Big Data cerca di dare una definizione quantitativa all’afflusso di dati che arriva oggi in azienda. La parola ‘big’ vuol dire semplicemente che questi dati sono in quantità enormemente più grande e che provengono da un numero di fonti maggiori rispetto a quanto avveniva anche solo cinque anni fa. Il concetto è molto semplice: è come se, di fronte ad un’onda, si deve decidere se cavalcarla o lasciarsi travolgere. La sfida è riuscire a cavalcarla, ovvero di trasformare questi dati in informazioni. La nostra convinzione è che, per far si che questo possa accadere, è necessario dotarsi di infrastrutture tecnologiche che siano in grado di organizzare, mettere a sistema e rendere leggibili i dati in modo che questi dati diventino delle informazioni a supporto delle decisioni. L’impatto per le aziende che decidono di affrontare questo problema in modo strutturato è che avranno bisogno, all’interno della loro organizzazione, di persone che sappiano interpretare queste informazioni e trarre delle raccomandazioni di tipo decisionale 40
al fine di migliorare le attività di marketing e media. Per quanto riguarda la parte creativa io, personalmente, non vedo un impatto particolare, mi sembra che questo riguardi maggiormente le agenzie media”. Semplificando ulteriormente, i Big Data identificano quei data set così voluminosi da richiedere una potenza di calcolo parallelo e massivo con strumenti dedicati eseguiti su decine, centinaia o anche migliaia di server. Ma qual è la dimensione a cui si fa concretamente riferimento? Secondo le principali stime nel 2020 il volume di dati raggiungerà quota 38 ZettaByte, di questi circa il 90% saranno dati non strutturati, quindi non rappresentabili con un numero, quali ad esempio i commenti sui social network. Contestualmente, il peso di video e foto crescerà sempre di più. Se si incrocia tutto questo con le ricerche che evidenziano come il 75-80% dei consumatori prendano in considerazione i suggerimenti di altri consumatori, e si tiene conto che il word-to-mouth grazie ai social, ai siti di rating dei prodotti e dei servizi e ai blog e forum è sempre più digitale, diviene difficile per non dire impossibile negare la portata del cambiamento a cui il comparto della comunicazione e in generale le divisioni marketing delle aziende si stanno preparando. La raccolta, l’estrazione, la gestione, l’analisi e l’incrocio di dati structured e unstructured
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1. LE TIPOLOGIE DI BIG DATA ADOPERATI DAL MARKETING
Fonte: ‘The Big Potential Of Big Data’, Forbes/RocketFuel, 2013
diventerà un aspetto centrale per innalzare la precisione e l’efficacia delle azioni di marketing. Come emerge da una ricerca condotta da Forbes e Rocket Fuel, secondo i direttori delle divisioni marketing delle principali aziende USA il ricorso a soluzioni di data mining e l’utilizzo dei Big Data per operazioni di targeting e per la definizione delle strategie di marketing produce infatti incrementi misurabili nelle performance delle campagne di comunicazione, con effetti diretti su vendite e ROI. L’introduzione dei Big Data nelle dinamiche di sviluppo delle strategie di comunicazione da parte delle aziende sarà, come conferma Matteo Biasi, “Una condizione obbligatoria, ma anche una grande opportunità. Le aziende avranno a disposizione più materiale di ricerca e di analisi.
È un processo inevitabile e desiderabile, e credo che per le aziende sarà l’equivalente delle attuali ricerche, ma con a disposizione una base più vasta. A livello giornaliero questo cambierà i brief, che saranno più precisi e più focalizzati sul problema, ponendoci di fronte a nuove sfide, ma dandoci anche più informazioni rispetto agli obiettivi. Per noi in questo senso sarà un vantaggio, perché il cliente arriverà con indicazioni dettagliate, ‘riducendo’ il nostro lavoro. Allo stesso tempo correremo il rischio che si riduca lo spazio per la creatività e l ’immaginazione: l’eccesso di targetizzazione potrebbe portare a colli di bottiglia in termini di comunicazione. Soprattutto sui posizionamenti di marca sarà importante mantenere vivo anche l’approccio odierno, fatto di strategia e 41
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2. LE AREE MAGGIORMENTE BENEFICATE DALL’USO DEI BIG DATA
Fonte: ‘The Big Potential Of Big Data’, Forbes/RocketFuel, 201
creatività”. Il focus rispetto ai Big Data, come sottolinea Lorenzo Montagna, non è tanto correlato alla raccolta dei dati quanto alla loro validazione, gestione e interpretazione. “Dalla prospettiva Yahoo la risposta è chiara: se non hai il modo di gestire in maniera corretta la mole di dati a disposizione, della mole di dati non te ne fai nulla. Infatti il punto nevralgico non è tanto la raccolta dei dati e il loro ammontare, quanto la loro correttezza e gestione – dice l’AD e Direttore commerciale di Yahoo Italia –. È la
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gestione e il trattamento del dato che ne determina il valore, non tanto il dato in sè. Per fare un esempio, una cosa è sapere che di un certo sito una certa percentuale dei visitatori è donna, un altro è poter dire che, di quella percentuale, un certo ammontare è effettivamente donna, con un profilo di comportamento connesso al dato di genere che effettivamente ci dice chi è e cosa fa quella donna e, di conseguenza, consente di mettere a valore per l’inserzionista il dato non più grezzo.
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3. LE ARE IN CUI I BIG DATA SONO STATI FINORA MENO UTILI
Fonte: ‘The Big Potential Of Big Data’, Forbes/RocketFuel, 2013
Per far questo ci vogliono investimenti, tecnologie, brevetti e grande capitale umano fatto di idonee professionalità. Con questi ingredienti, si è in grado di costruire progetti di comunicazione che permeano le idee creative e possono fornire una utile direzione all’invenzione narrativa. In Yahoo facciamo in modo che i lavori siano approcciati da team crossmediali, in cui le diverse competenze si fondano e l’analisi sia guida dell’intuizione creativa: quale target stiamo raggiungendo, con quale messaggio, profondità e livello di engagement, generando quali risultati. È un sistema ad apprendimento continuo, in cui tutto è sottoposto a test e verifica dalle nostre task force”. La difficoltà principale appare quindi quella
Alessandro Campanini, CEO Maxus Milano
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Lorenzo Montagna AD e Direttore Commerciale di Yahoo Italia
correlata alla trasformazione di questi volumi di dati in informazioni intellegibili. Ma come impatta tutto questo sulla capacità dei manager di prendere decisioni efficaci in tempi ridotti? “Rispondo innanzitutto con le parole di Stefano Maruzzi, ex country manager di Google Italia, che nel suo libro ‘La fine dell’era del buon senso’ scrive: ‘Per la prima volta l’umanità si trova nella condizione di analizzare processi decisionali di qualsiasi genere – dai più semplici ai più complessi – usando strumenti nuovi, accessibili a chiunque e in grado di descrivere la realtà circostante in modo molto più chiaro e preciso che in passato. Ecco perché questa fase storica potrebbe essere definita come di passaggio da uno scenario collettivo dove il buon senso era spesso l’unico strumento a disposizione verso una condizione di maggiore precisione nel modo di comportarsi e prendere decisioni’ – cita Matteo Hertel –. Raccogliere più informazioni
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possibile prima di prendere qualsiasi decisione, fa parte della nostra naturale capacità di ragionamento. Oggi disporre in tempo reale di dati su come è percepita la propria azienda o il proprio prodotto, soprattutto se raccolti direttamente dai propri consumatori, è un valore aggiunto che aiuta a prendere queste decisioni in maniera più ponderata, riducendo quindi il fattore di rischio. E a prenderle in ogni situazione, sia nell’immediato, quando in pochi secondi un commento sui social network può accendere un flame, sia sul lungo periodo, grazie alla pianificazione di strategie mirate studiate sulla base dei reali desiderata dei clienti. Non penso che ci sia da preoccuparsi troppo per la creatività: si può sempre innovare, anche in una cornice data. Infatti conoscere non significa assecondare l’esistente ma agire consapevolmente. Si può essere disruptive proprio perché in possesso di maggiori informazioni che ci indicano la strada verso i sentieri meno battuti”. Una rivoluzione che come suggerisce Francesco Barbarani deve essere estesa anche ai contenuti, perché “Lavorare sui big data consente di sviluppare e offrire prodotti e soluzioni sempre meno dispersivi, costruendo un prodotto che risponda ai bisogni degli utenti, che nel caso dei social network sono soggetti che vogliono partecipare attivamente. È chiaro che non si può più pensare ai big data solo per la pubblicità, e che la partecipazione debba essere estesa in qualche forma anche ai contenuti. Non è facile oggi immaginare questo per le tv, ma può essere un passo per il second screen”. Il tema dei Big Data porta con sé anche quello della gestione dei dati sensibili. Per questo Simone Ruscetta sottolinea l’attenzione che 24 Media pone sul rispetto della privacy dell’utente. “I grandi numeri che gestiamo nell’email marketing – dice Ruscetta – ci impongono di rispettare sempre le giuste imposizioni della legge sulla privacy che garantiscono l’utente e le
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aziende che con il canale online fanno business”. Big Data Rich Secondo un’indagine dell’Unione Europea presentata all’Interact Congress di IAB Europe di Barcellona, nel 2020 la dimensione di Internet sarà 44 volte maggiore rispetto a quella del 2009 e la capacità di storage crescerà con un fattore 30. Questo porterà a un nuovo formato di digital divide: ‘Big Data Rich’ vs. ‘Big Data Poor’. I posti di lavoro per analisti correlati alla gestione dei Big Data aumenteranno a un ritmo del 1.400% fino al 2020. A questi dati si aggiungono quelli emersi dall’indagine Forrester ‘The Big Deal About Big Data’, che evidenzia come l’acceso e la gestione dei Big Data stia diventando fattore centrale nell’engagement del cliente. Un fattore ancora più centrale se si tiene conto del crescente consumo di internet da piattaforma mobile. La situazione a oggi, come spiega Campanini, appare ancora molto fluida: “Se si considera il crescente volume in termini di Data Streaming generato dal cosiddetto RTB, il 2013 ha visto un’interessante evoluzione del mercato. Abbiamo visto sorgere moltissimi player e società che hanno popolato la filiera del Programmatic Buying. Questo non ha ancora modificato radicalmente le logiche o le modalità di pianificazione online, che deve ancora recepire a fondo le potenzialità offerte da questi strumenti. Al contempo, il ruolo della media agency rimane assolutamente centrale in quanto in grado di recepire e tradurre i reali obiettivi di marketing e comunicazione delle aziende e declinarli attraverso le modalità di planning più efficaci”. In questo quadro appare ragionevole aspettarsi grandi cambiamenti da parte delle divisioni marketing aziendali che, come prosegue a raccontare il Ceo di Maxus Milano, da qualche anno “Stanno lavorando molto all’introduzione di sistemi di Business Intelligence all’interno dei propri processi. Iniziano ad emergere sul mercato
società specializzate che forniscono piena consulenza in quest’ambito. A livello più specifico di Marketing Intelligence, al contrario, il mercato è ancora in via di definizione. In questo scenario, sono proprio le media agency che hanno il compito di fornire alle aziende lo stesso tipo di supporto e di consulenza. L’attenzione sul tema da parte delle agenzie agency è molto elevato, in quanto appare evidente che nei prossimi anni sarà una delle sfide sulle quali le varie società baseranno il loro vantaggio competitivo. In quest’ottica, Maxus, nata nell’era digitale e con un forte imprinting sui nuovi media, beneficia della consistente presenza di figure focalizzate sull’online media: i nuovi specialisti dovranno essere figure capaci di i ntegrare sia competenze tecniche, per comprendere linguaggi e caratteristiche delle nuove piattaforme, sia analitiche, per interpretare e rielaborare dati rilevanti per i clienti e per i reparti di planning”. Per fare tutto questo, come sottolineato da Campanini, è necessario che le aziende e le agenzie si dotino dei giusti profili, risorse che, come chiarisce Elena Schiaffino, non sono facili da reperire sul mercato. “Noi lavoriamo sui big data dal 2008, quando i clienti hanno cominciato a chiederci di presidiare le conversazioni sui brand e di monitorare i siti in cui si parlava di un’azienda per comprendere il posizionamento dell’azienda all’interno di questi, ma anche gli effetti in termini di indicizzazione, e ancora di individuare nel web i blog e i forum che parlavano dell’azienda o del mercato in cui questa operava e che fungevano da opinion leader – dice la Partner di Engitel –. A fine 2008 abbiamo cominciato a espandere la nostra piattaforma perché abbiamo capito che non era possibile continuare a sviluppare questo tipo di operazione esclusivamente attraverso le risorse umane. Nel 2011 abbiamo fatto una selezione per la piattaforma di ascolto della rete. È stato un processo complesso, che ci ha portato a
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Stefania Scopelliti, Digital Director Omnicom Media Group
realizzare un benchmark di 30 supplier. Non ci siamo limitati a vederle e valutarne le specifiche tecniche, ma abbiamo installato tutte queste piattaforme e le abbiamo testate sul medesimo perimetro di indagine. In questo modo abbiamo potuto misurarne efficacia e funzionalità e siamo arrivati a scegliere la nostra piattaforma, Digital Monitor. Venendo alla definizione, i big data, non sono solo tutto ciò che è pubblicato e postato dagli utenti online, ma comprendono anche il panel più ampio tra cui i dati delle carte di credito, i dati dei sistemi di CRM ed ERP. È innegabile che in un track record di 5 anni oggi il mercato dei big data sia enorme. La criticità in questo comparto è che mancano persone preparate, con skill da analista e competenze
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di marketing, di rete e di digital strategy. Non è sufficiente raccogliere il dato, è necessario avere degli specialisti capaci di leggere e interpretare questi dati. Molte piattaforme sono oggi performanti, alcune hanno prezzi più alti e non sempre questo corrisponde a una maggiore usability, ma la differenza in un comparto come quello dei big data la fanno due aspetti: il livello di customizzazione, frutto dell’esperienza e dell’uso, e la capacità di analisi dell’esperto, che deve avere competenze miste. Il futuro sarà definito da quali incroci si potranno fare tra i diversi big data, quali ad esempio le transazioni economiche operate attraverso carta di credito, bancomat e mobile con i dati di altri provider di contenuti informativi. A oggi i big data li usano veramente bene solo Google e Amazon. Questo, a tendere, dovrà estendersi a tutti i comparti. Siamo solo all’inizio”. E se c’è chi lavora già da cinque anni in questo comparto, c’è chi si sta strutturando sia internamente che attraverso partnership per garantire il servizio al cliente. “Per essere pronti a gestire i big data ci siamo strutturati rafforzando il reparto di web analytics che diventa il cuore pulsante di questa rivoluzione – dice Stefania Scopelliti –. Sicuramente la divisione di direct response è oggi quella maggiormente coinvolta e quindi è immediato e relativamente semplice parlare di creatività dinamiche e ruolo strategico del messaggio personalizzato. Nel momento in cui questo approccio diventerà tipico anche delle attività di branding probabilmente sarà necessario un modello più flessibile nelle strategie creative. Il lavoro di tutti i giorni cambia nel senso che diventa più interessante, proprio perché il tavolo di lavoro quotidiano si popola di professionalità – lato cliente – con cui in passato non avevamo opportunità di confronto”. La soluzione ‘interna’ scelta da Omnicom Media Group è solo una delle due alternative, e altre
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per la scelta efficace di una strategia vincente di comunicazione. In un quadro come questo l’impatto dei dati è determinante: l’ascolto delle conversazioni sui social insieme ai dati provenienti dalle pianificazioni sono lo scheletro su cui vengono edificati i nostri progetti di comunicazione. Questa mole di dati, oltre a inserirsi necessariamente in fase di progettazione delle soluzioni di comunicazione, ha creato la necessità di individuare nuove figure professionali con forti nozioni statistiche, una conoscenza del mondo digitale e con una capacità di lettura ed interpretazione umanistica dei dati”.
Sasha Wijeyesekera, Digital Manager On Comunicazione
agenzie, come suggerisce Sasha Wijeyesekera, possono decidere di percorrere la via opposta appoggiandosi a partner specifici per questa tipologia di servizio. “Per le agenzie di comunicazione diventa fondamentale riuscire a stringere partnership con altre realtà in grado di raccogliere, filtrare ed elaborare un grande numero di dati – dice il Digital Manager di On Comunicazione -. Il ruolo dell’agenzia s’innesta proprio nell’ultimo passaggio in cui si analizza lo scenario e lo si interpreta. Questa grande mole di dati infatti spesso è fonte di errori interpretativi che a loro volta portano a campagne di comunicazione basate su fondamenta deboli. L’esperienza nell’analisi dei dati e nella conoscenza dei media sono il punto di partenza
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Always on La penetrazione del mobile browsing ha superato quella del pc: 138,6 milioni di europei guardano la Tv con in mano un mobile device e consumano contenuti video su tre schermi. Un passaggio che si può ben definire epocale e che comporta implicazioni a tutti i livelli, ma soprattutto che rimette il contenuto al centro di qualsiasi strategia di comunicazione
La diffusione della connettività in movimento grazie a smartphone, tablet, chiavette mobile per laptop ha accelerato il cambiamento del web in termini di consumo. I siti e le campagne pubblicitarie digital sono chiamate a essere responsive per poter essere consumate da qualunque punto di accesso. Una tendenza che non riguarda solo l’Italia, da sempre paese in cui la diffusione del mobile è elevatissimo, ma si riflette a livello mondiale. Secondo la ricerca Mediascope condotta da IAB Europe, infatti, otre 138,6 milioni di europei consuma contenuti video su tre schermi (Tv, Pc, mobile/tablet), con un effetto di lieve riduzione del consumo televisivo e un incremento complessivo del tempo passato davanti a uno schermo pari al +48%. Un dato interessante per tutti i marketer e che dipinge un consumatore sempre connesso, con cui diviene finalmente possibile costruire un dialogo. I concetti di ‘rispetto della diversità’ e ‘coordinamento’ tanto in voga negli ambienti aziendali in questi anni si stanno trasferendo con un’accezione tutta tecnica al tema del multiplapform e multidevice. Il punto oggi, dopo una iniziale corsa a occupare gli spazi presenti online, non è più esserci, ma sviluppare contenuti adeguati e coerenti tra loro, al fine di dare vita a un vero e proprio dialogo con il consumatore. “Ogni canale e ogni device ha regole proprie che bisogna prendere in considerazione prima di 48
avviare qualsiasi tipo di campagna di comunicazione, da quelle informative a quelle più commerciali. Il fatto che oggi gli utenti usino un device mobile mentre ‘fanno’ altre cose (guardano la tv, sono al mare, sono in ufficio etc.) comporta lo studio di dinamiche e programmazioni che si adattino ai nuovi dispositivi, facendo attenzione a non bombardare gli utenti con troppe informazioni push che potrebbero dimostrarsi controproducenti – dice Matteo Hertel, ceo e co-founder di Zoorate –. Cercare di offrire contenuti e servizi ad alto tasso di engagement e ampia facilità d’uso, può essere invece una strada vincente, soprattutto sulla base di un’attenta analisi dei dati demografici e degli stili di vita degli utenti, per arrivare a un elevato grado di customizzazione sulla base di interessi precedenti, pagine visitate, contenuti condivisi e così via. E qui la creatività si dovrà mettere d’impegno per non scivolare nell’invasività. Per noi che ci occupiamo di raccolta e gestione delle opinioni e dei feedback degli utenti, inoltre, grande importanza hanno i tempi e gli strumenti attraverso cui vengono rilasciati poiché tanto dicono delle modalità d’uso dei prodotti e dei servizi di cui stanno usufruendo. Credo che per le aziende la scelta giusta sia quella di mettere insieme in un’unica strategia integrata le singole competenze specifiche. Questo porta inevitabilmente alla convivenza di tre player:
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1. GLI EUROPEI MULTISCREEN
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Omnibus) Tutti i rispondenti >16 anni (n=22.918)
il brand, il fornitore/provider specializzato in una determinata tecnologia e infine l’integrator che riesce a mettere insieme i pezzi in maniera ottimale”. Una posizione assolutamente condivisa da Sasha Wijeyesekera che pone l’accento sull’esperienza del consumatore. “Quello attuale è uno scenario molto interessante, in cui tutte le agenzie possono proporre soluzioni di engagement fuori dagli schemi fino ad oggi sviluppati – dice il Digital Manager di On Comunicazione –. Alcuni spot TV, dando correttamente per scontato l’utilizzo diffuso dei second screen come smartphone e tablet, mostrano a pié dei frame etichette che invitano l’utente all’utilizzo di app per interagire con lo spot. Uno spot TV che, alla stessa maniera di un banner, permette di generare traffico su siti web (quindi anche su eCommerce) non è più fantascienza. La pubblicità oggi non è più
mono-media, ma il processo di comunicazione parte da un media per vedere il suo completamento di processo su un media completamente diverso. L’esperienza integrata coinvolge e sfrutta appieno le potenzialità dei singoli device, declinazioni sempre diverse ma coerenti con il tema fondamentale della strategia comunicativa. Diverse realtà offrono i servizi che oggi sono diventati indispensabili per un’agenzia di comunicazione. Le figure di maggiore interesse sono quelle che offrono l’integrazione tra il field e il digital marketing. Figure capaci di amplificare le campagne creando un brand engagement molto forte, che passa attraverso la fruizione di diversi device e touchpoints fisici sul territorio”. In un mondo multidevice, come chiarisce Matteo Biasi, il fil rouge della comunicazione diviene il contenuto e prima ancora la strategia che sta alle spalle della sua creazione. “Il mobile a breve sostituirà la maggior parte dei computer 49
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2. IL PROFILO DEGLI UTENTI MULTI-DEVICE*
* Guardano la Tv e vanno online con Pc, e con cellulare o tablet Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Omnibus) Tutti gli utenti multi-device (n=4.730)
e device esistenti, perché è una porta di accesso più rapida a tutti gli strumenti della rete: lo abbiamo in mano è più comodo e immediato. Il focus sul device è però esagerato – dice l’AD di Aldo Biasi Comunicazione e Ceo di WE-B –. Le aziende dovrebbero riprendere in seria considerazione le basi che supportano i loro prodotti, ossia il posizionamento e la strategia, piuttosto che concentrarsi sul mezzo. Una volta che hai definito questi aspetti, infatti, si tratta solo di declinare le scelte fatte sul singolo mezzo. Volendo potremmo dire che mentre le tecnologie fanno due passi avanti nell’innovazione, le aziende dovrebbero fare un passo indietro e focalizzarsi nuovamente sugli elementi che stanno alla base della comunicazione. Nel frattempo, centri media concessionarie e agenzie creative devono smettere di rincorrere il mezzo, ma superarlo e cominciare a sfruttarlo. Non possiamo più essere neppure un secondo in ritardo: la riduzione dei cicli di innovazione ci costringe a correre in avanti e lavorare sulla soglia dell’innovazione”. 50
Matteo Biasi, Amministratore Delegato Aldo Biasi Comunicazione e CEO WE-B
Un punto di vista condiviso in pieno dal managing director di WebAds, Constantijn Vereecken, che pone l’accento sugli effetti del multidevice per i band: “Le implicazioni sono
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3. L’USO DI SMARTPHONE & TABLET
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Omnibus) Tutti i rispondenti >16 anni (n=22.918)
notevoli, perché il brand é perennemente in comunicazione. Occorre quindi che la strategia comunicativa sia costante, coerente e si adatti ai diversi device, un lavoro non certo semplice. La frammentazione delle modalità di fruizione di contenuti da parte dell’utente rende anche la pianificazione molto articolata. I consulenti avranno il ruolo di semplificare, lato offerta, questo processo offrendo i prodotti più adatti a raggiungere determinati obiettivi di comunicazione”. Per questi motivi Andrea Rogani cerca di fare chiarezza e fissare alcune regole di base per la comunicazione su più piattaforme. “Secondo una ricerca Ericsson, nel secondo trimestre 2013 il volume di traffico dati da mobile è raddoppiato rispetto un anno fa ed è cresciuto del 14% rispetto al trimestre precedente – premette il Ceo e Co-founder di Mamadigital –. La diffusione esponenziale dei mobile device incide ampiamente nella definizione di una strategia di comunicazione adeguata da parte
dei brand, strategia che deve essere necessariamente sempre più integrata, multilaterale e crossmediale. Per intercettare nel modo migliore e più efficace possibile gli utenti mobile, ossia un target molto più preparato, smaliziato, anche più maturo dal punto di vista digitale e con una specifica user experience, servono competenze specifiche, tanta creatività e contenuti diversificati oltre che utili e interessanti. Nello specifico, a voler sottolineare le risposte più pressanti e immediate che i brand dovrebbero portare avanti con il sostegno delle media agency, bisognerebbe innanzitutto adattare la fruizione del proprio sito ai dispositivi mobili e creare, dove ha senso, apposite applicazioni mobili. Inoltre, sarebbe bene predisporre una corretta ottimizzazione e rintracciabilità dei siti mobile sui motori di ricerca. Infine, pianificare campagne di advertising targettizzando solamente i dispositivi mobili, attività questa molto efficace per promuovere attività social o local”. 51
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Condiviso l’approccio generale, come chiarisce Lorenzo Montagna, appare necessario spostare l’attenzione sull’utente e sulle sue abitudini di consumo. “Un utente medio fa più cose contemporaneamente ed è bombardato da mille stimoli. Questo è il dato di fatto da cui partire – dice l’AD e Direttore commerciale di Yahoo Italia -. L’analisi conseguente, pertanto, deve puntare a capire qual è il livello di attenzione che viene dedicato a ciascun device, come cambia questo livello in base al momento della giornata e al luogo in cui l’utente si trova. Bisogna, da certi punti di vista, tornare alle basi: essere attenti osservatori dei comportamenti degli utenti, cercando di capire la loro prospettiva e il valore dato a singole azioni all’interno di un più ampio comportamento mediale. Yahoo analizza costantemente l’evoluzione del consumatore-utente sia con ricerche proprietarie, sia partecipando a tavoli di ricerca esterni in cui si mettono a frutto i contributi di più attori. Lo riteniamo fondamentale per comprendere a fondo lo scenario in cui ci muoviamo. Siamo un’azienda multi-device da sempre, con esperienze da pc, smarphone, tablet e connected tv in tutti i settori industriali e che si avvale di professionisti con expertise specifica in queste aree. Ad esempio abbiamo lavorato per Red Bull, Citroën e Kellogg’s in modo da trovare la declinazione più corretta e distintiva del messaggio proposto sullo schermo di comunicazione prescelto. Il nostro background ci permette di offrire benchmark, case histories, esperienza ma rimaniamo apertissimi all’apprendimento continuo e riteniamo che questo dovrebbe essere il giusto approccio in un percorso di reale crescita e valore per chi la pubblicità la vende e per chi la compra”. Anche Alessandro Campanini evidenzia come sia oggi necessario approfondire la conoscenza del consumatore e accompagnare le aziende in questo percorso anche in termini di misurazione dei risultati. “Affermare che il web è
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Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks and Digital Fox International Channels Italy
multiplatform significa confermare una grande verità, infatti oggi il mercato della comunicazione tende ad assumere una forma a clessidra, le cui due componenti rappresentano degli schermi: da una parte, lo schermo Tv, che continua a detenere oltre il 50% di quota; dall’altra vi sono gli schermi del web, che si declinano in Pc, tablet e smartphone – dice il CEO di Maxus Milano –. L’interazione tra questi schermi diventa sempre più alta: milioni di persone agiscono e guardano contenuti contemporaneamente su più schermi che interagiscono tra loro. Ovviamente, nel constatare che questo trend è in forte crescita, appare evidente che per gli investitori diventa più difficile leggere l’efficacia della comunicazione attraverso più piattaforme. Di fatto il mercato ha ormai ampiamente superato gli strumenti di misurazione ad oggi esistenti, strumenti che, secondo me, necessitano di una rifondazione. Ad oggi, l’interpretazione di questi dati risiede nella agenzie media che detengono l’esperienza della lettura degli schermi (lunghissima nel caso dello schermo della TV, una
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4. PIÙ SCHERMI = PIÙ TEMPO ONLINE, MENO DAVANTI ALLA TV
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Omnibus) Tutti quell che guardano la Tv (n=21.911), tutti quelli che usano internet (n=15.290)
buona esperienza per quanto riguarda il web) e che, in alcuni casi, hanno sviluppato strumenti per la misurazione dell’efficacia in termini di GRP, sia per Tv che per il web”. Proprio l’analisi dei consumi e delle pratiche di consumo sembra suggerire la ripresa del termine prosumer, parola macedonia suggerita nel 1972 da Marshall McLuhan e Barrington Nevitt nel loro libro Take Today e poi tornata in voga nel finale degli anni ’90 e inizio 2000 con la diffusione di internet. Perché oggi, come suggerisce Francesco Barbarani, lo spettatore non sta più nel suo ruolo passivo, ma diventa un po’ giornalista, un po’ blogger e un po’ editore. “Noi facciamo televisione. È uno scenario che sta cambiando molto, la cosa che mi affascina è la velocità con cui il digitale sta impattando sul modello televisivo: la diffusione della connessione mobile sta portando il modello a cambiare a velocità esponenziale. Questo ha un
impatto sul mondo dell’entertainment – dice l’Head of .Fox Networks and Digital Fox International Channels Italy –. Il telespettatore si trova oggi in una posizione ottimale per il consumo perché tra pay, VoD, catch-up e mobile può vedere ciò che vuole, quando vuole con un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. La sfida è costruire una relazione continuativa con questo spettatore. Ci sono nuovi strumenti per approfondire ed estendere il rapporto televisivo, l’obiettivo è quindi quello di ingaggiare il cliente con i nuovi strumenti, mantenendo centrale l’offerta televisiva. Allo spettatore non basta più vedere il programma, ma vuole commentare, condividere e approfondire. Lo spettatore diviene così un piccolo editore di se stesso che posta, commenta e rende virale più materiale possibile per condividere le proprie attenzioni e interessi con il resto della rete. Chi fa televisione ha oggi come obiettivo di costruire
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5. IL CONSUMATORE MULTIDEVICE È ONLINE “H24”
Il
57% degli utenti multi-device va online appena si sveglia (6.00-10.00)
89% durante il giorno (10.00-17.30) Il 90% nel corso della serata (17.30-21.00) Il 61% durante la notte (21.00-6.00) L’
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Omnibus) Tutti gli utenti multi-device (n=4.730)
un rapporto duraturo con il proprio spettatore. Per fare questo abbiamo lavorato con Microsoft, Blackberry e iOS e abbiamo creato app per il consumo mobile. La nostra fortuna è che venivamo dall’offerta di Flop.Tv che ci ha dato le competenze e un benchmark per operare in maniera efficace e presidiare le varie piattaforme, che sono fluide e richiedono attenzione costante, sia in termini di valutazione dell’uso che ne fa l’utente, sia a livello di offerta”. Sviluppo di nuovi prodotti, ma anche in alcuni casi innovazioni di processo radicali, perché il tema del consumo impatta direttamente su quello della produzione e con soluzioni come quella offerta da Engitel l’online si pone al centro del meccanismo. “Ormai già dal 2009 abbiamo trasformato il nostro sistema editoriale, con cui giravano 200-300 portali, in un sistema di generazione di contenuti digitali sfogliabili e accessibili da diversi devices – racconta Elena Schiaffino, Partner della società –. L’aspetto innovativo della nostra piattaforma è che elimina i classici passaggi su Word ed Excel per poi passare alla creazione di un PDF, e consente di 54
Elena Schiaffino, Sales Marketing & Communications director e Partner Engitel
lavorare direttamente sul back office e governare la carta stampata facendo data entry online. È direttamente dalla piattaforma online che si genera il PDF che poi viene passato su InDesign o su qualsiasi altra piattaforma editoriale si abbia. A oggi non ci sono quotidiani in Italia che lavorano con questo sistema, ma la nostra piattaforma è stata scelta da UBI,
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6. GLI UTENTI MULTI-DEVICE SONO MULTI-SCREENER ATTIVI
L’
84% degli utenti multi-device naviga online mentre guarda la Tv
Il
59% naviga da cellulare o tablet mentre guarda la Tv
Il
34% naviga per un terzo del tempo trascorso davanti alla Tv
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Online) Tutti gli utenti multi-device (n=9.609), Tutti gli utenti multi-device che navigano online mentre guardano la Tv (n=8.183)
Mediobanca, A2A: alcuni la usano per gestire tutta la comunicazione online, altri la hanno implementata solo per alcune sezioni, in ragione dei vincoli pre-esistenti. Per chiarire con un esempio, oggi A2A genera direttamente online il proprio annual report”. Personalizzare il contesto Secondo la ricerca Forrester ‘2013 Interactive marketing Predictions’, a fine 2012 il 42% degli americani accedevano a internet più volte al giorno, da diversi devices e da differenti luoghi. Entro la fine del 2013 questa quota supererà il 50%. Un dato che identifica un nuovo tipo di cliente, ‘sempre raggiungibile’ (always addressable: n.d.r.) da parte dei marketer, ma che allo stesso tempo non presenta alcuna fedeltà al canale e che vuole ricevere risposte e soluzioni ai propri bisogni quanto e dove lo desidera. Tutto questo, sempre secondo gli analisti di Forrester, avrà una serie di effetti sul comparto della comunicazione. In particolare faciliterà il passaggio dei budget delle aziende dall’offline all’online, agevolerà lo sviluppo del contextual targeting, accelererà la creazione di
piattaforme trasversali di direct marketing e advertising e cambierà una volta per tutte il modo di lavorare delle agenzie media con i creativi che lavoreranno gomito a gomito con gli analisti, macinando dati e idee. In un quadro come questo, i marketer si trovano di fronte a una delle sfide più grandi, con il passaggio dai ‘vecchi’ media che supportavano la creatività ‘one to many’ ai nuovi media ‘one to one’. Secondo Nicola Schiapparelli, Responsabile Rete Vendite Web Rai Pubblicità, ci sono “Tre grandi driver che spingono in direzione di un passaggio dei budget dall’offline all’online: le aziende producono prodotti/servizi sempre meno mass e sempre più niche; l’overload cognitivo dei cittadini di fronte all’enorme affollamento pubblicitario; la crisi che spinge verso il massimo dell’accountability negli investimenti di comunicazione. I media che permetteranno di mettere in contatto il target giusto al momento giusto nel luogo giusto, saranno molto digital, ma non solo. I Mondiali di Calcio (che Rai avrà in diretta anche su Pc e Mobile) sono un territorio di comunicazione tale da poter rappresentare 55
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7. LE ATTIVITÀ MULTISCREEN NELL’ARCO DELLA GIORNATA
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Online) Tutti gli utenti multi-device che vanno online mentre guardano la Tv (n=8.183)
Nicola Schiapparelli, Responsabile Rete Vendite Web Rai Pubblicità
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tutto questo”. Più che a un passaggio, secondo Barbarani ci troviamo di fronte a un processo di commistione tra i diversi mezzi, le loro audience e di conseguenza i budget. “Ormai il contenuto è dovunque e in qualunque momento, questo rafforza la posizione del consumatore che aumenta sempre più le sue aspettative – premette Barbarani –. Non credo però che ci sia un passaggio definitivo dell’audience e dei budget dall’offline all’online, c’è piuttosto una commistione sempre più integrata tra un mezzo e l’altro. Non cambia il consumo televisivo, cambiano le modalità di approfondimento. In un panorama come questo il driver sarà sempre di più il contenuto. I budget andranno sempre di più dove c’è il contenuto di qualità e a tendere non si pianificherà più per mezzo, ma per contenuto, coprendo tutti i touchpoint che mettono in contatto quel contenuto
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8. GLI UTENTI MULTI-DEVICE E LE MARCHE
Il
45% sostiene che il modo in cui una marca comunica in rete influenza la sua opinione
L’
50% è spinto a ricercare informazioni su un prodotto se pubblicizzato in rete
Il
54% visita spesso il sito web delle sue marche preferite
Il
33% è più propenso ad acquistare i prodotti di una marca che segue sui social network
Fonte: Mediascope Europe, giugno 2013 - Base: (Online) Tutti gli utenti multi-device (n=9.609)
con lo spettatore”. Passaggio o commistione rimane il fatto che in un contesto di comunicazione multidevice l’elemento di continuità diviene il contenuto. “Quando si parla di accessi da mobile si parla di smartphone, di tablet ma anche di laptop connessi con chiavetta mobile. E questo tipo di accesso alla rete oggi è sempre più importante, con un peso che cresce sul totale della connettività giorno dopo giorno – dice Elena Schiaffino –. Una volta che si realizzano siti responsive a quel punto si è certi che la qualità di fruizione è garantita. Questo significa che il focus si sposta in maniera totale sul contenuto che torna a guidare la comunicazione. La pianificazione sui device diviene perciò solo un fatto strumentale. Il contenuto pubblicitario è però chiamato a cambiare, si parla così di article marketing piuttosto che di advertising classico. Per chi vive di sola pubblicità questo è un
dramma, ma oggi, in un panorama affollato come quello attuale, questo è il formato che performa e colpisce realmente l’attenzione del potenziale cliente. Questo è un passaggio che supera il contextual targeting, un passaggio necessario”. Tutto questo, come spiega Matteo Biasi, cambia il modo di lavorare dell’agenzia e la tipologia di profili professionali che devono essere messi a disposizione dei clienti. “Il passaggio da una comunicazione verticale, uno a molti, pressoché monodirezionale, a una comunicazione orizzontale, che tende a configurarsi come one-to-one e che nel caso dei social passa attraverso diversi utenti prima di raggiungere il target porterà sicuramente con sé l’ibridazione delle varie competenze, con l’ingresso della creatività in ambiti che oggi non le appartengono – dice Biasi –. Del resto questo è un processo che ci interessa già, ad esempio 57
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abbiamo sostituito la figura classica del copy con quella del giornalista e del blogger. È una situazione fluida e l’ingresso di figure un tempo lontane dalla comunicazione è elemento di crescita e un cambiamento funzionale al nostro settore perché aumenta la varietà dei profili che lavorano in agenzia, arricchendo le nostre aree di competenza. Molte di queste figure operano oggi nel digitale. A oggi per l’azienda è stato più importante essere presente che avere un’idea creativa alle spalle, a breve però il contenuto tornerà ad essere importante quanto la presenza e a quel punto tutte le strutture si riorganizzeranno per rispondere a 360° alle esigenze dei clienti e la creatività tornerà a giocare un ruolo centrale”. Accanto ai cambiamenti dei team si avranno anche e soprattutto quelli delle strategie, con il contextual advertising che, secondo Andrea Rogani, “Si svilupperà nell’ottica della prossimità tanto geografica quanto contenutistica. In altre parole, le campagne adv saranno sempre più diversificate a seconda della geolocalizzazione e del contenuto specifico che verrà sviluppato in linea con la tipologia di device utilizzato dall’utente. Le campagne potenziate, introdotte da qualche mese da Google, che consentono di esporre degli annunci pubblicitari ottimizzati a seconda del dispositivo, confermano questa tendenza così come il fatto che anche i publisher abbiano iniziato a vendere gli spazi differenziandoli tra mobile e desktop. D’altra parte, il primo fattore da considerare quando si vuole definire una campagna adv è l’obiettivo della stessa pianificazione. Facciamo il caso di un’azienda che voglia accrescere le vendite. È necessario mettere in pratica una campagna integrata che preveda sia search che display: oltre ad aumentare le vendite grazie ad una forte call to action e una geolocalizzazione mirata, è bene puntare anche su una parallela attività di branding per far conoscere diffusamente il marchio”. Invadenza digitale La condizione di ‘raggiungibilità permanente’ correlata 58
a sistemi complessi ed evoluti di contextual targeting può facilmente trasformarsi da sogno a incubo. In quest’ottica diviene centrale modellare l’approccio all’utente per evitare l’effetto ‘invadenza’. Il tema che potrebbe sembrare a un primo sguardo significativo ma non centrale si configura invece come un potenziale elemento di innovazione, perché come afferma Nicola Schiapparelli “riguarda la pubblicità così come l’abbiamo concepita fono ad ora”. “Il tema è oggetto di riflessione: tanto più è vicino il device, tanto più può stridere ‘l’interferenza’ di un banner o un preroll – aggiunge infatti Schiapparelli –. La cosa cambia se io produco un contenuto che, in modo alto e intelligente, faccia vivere il brand: da qualunque device lo si fruisca, si ha un mindset accogliente”. Ancora più decisa la posizione di Elena Schiaffino: “Anni fa c’erano delle previsioni americane che dicevano che arriveremo al giorno in cui si pagherà per non avere più pubblicità. È importante spostare l’attenzione dall’advertising tradizionale, quale che sia il meccanismo con cui raggiunge l’utente, a un advertising che si fonda sul contenuto. Non importa con quale mezzo mi metto in comunicazione con il mio utente, ma il format di advertising: il centro sarà l’informazione e quindi la partita si giocherà sul contenuto. Lavorare sul contenuto consente di evitare l’effetto di invadenza generato dall’hyper targeting del Real Time Bidding: uno strumento potentissimo, ma il cui utilizzo eccessivo porta a derive assolutamente negative. Nel 2005 avevamo fatto per Virgilio una soluzione di hypertargeting sui contenuti per gli utenti, che consentiva di variare la pagina visualizzata dall’utente in relazione ai suoi precedenti interessi e consumi. Un anno dopo ci hanno chiesto di eliminare questo tipo di servizio, perché quel livello di personalizzazione era inutile, eccessivo. Gli advertiser dovranno andare verso una comunicazione sempre più distante dalla pubblicità classica e sempre più vicina all’informazione, perché il
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consumatore ha ormai difese molto forti che gli consentono di saltare automaticamente tutto quello che viene ‘sparato’ in inbound”. Torna quindi prepotentemente alla ribalta il tema della coerenza ed efficacia dei contenuti. “Sul comparto televisivo questo tipo di rischio non esiste ancora. C’è, però, un esperimento interessante che è stato fatto in USA con MTV – racconta Francesco Barbarani –. Durante la messa in onda di un programma tutte le piattaforme avevano un unico sponsor. Lo spettatore si ritrovava ‘ingabbiato’ in questo contesto di promozione. Credo che questi formati più che avere effetti di invasività, se collegati a contenuti di qualità e costruiti in maniera coerente e utile, saranno molto efficaci per incrementare la brand awareness”. Advertising e direct marketing È facile immaginare che con il cliente sempre raggiungibile si vada verso l’unificazione di direct marketing e advertising. A oggi però non ci sono piattaforme che uniscono sistemi di advertising online a sistemi di direct marketing. “Forse non c’è oggi, ma con ogni probabilità ci sarà domani; dico ‘forse’ perché da un certo punto di vista Twitter è già una piattaforma che va in questa direzione – dice Nicola Schiapparelli -. Esemplifico con un po’ di fantasia: una catena di abbigliamento potrebbe produrre contenuti (esempio: una modella che sfila per 30” con un nuovo capo), dimostrarsi interessante, ‘agganciare’ i clienti nel punto vendita, facendoli diventare follower; a questo punto dov’è il confine tra Direct e Adv? È solo un’ipotesi, ma il ‘Sistema Rai’ è già in grado di raggiungere una vastissima audience con tutti i device possibili (abbiamo anche una community e 150.000 followers) e ha una potenza produttiva enorme: magari un domani la concessionaria sarà produttrice e distributrice mirata di contenuti pubblicitari. Ortogonale a questa mia prospettiva c’è un fenomeno chiaro: a lavorare sul branded content sono i player globali, assistiti da agenzie globali che hanno una cultura unica, non diffusa in Rai ma
nemmeno in molte televisioni nazionali; ritengo invece fattibile (e lo stiamo facendo) lavorare di più sulle iniziative speciali che permettono di mediare tra un contenuto che nasce ‘libero’ e le esigenze di marketing dei Clienti; per il digital io sogno di poter lavorare in postproduzione col product placement virtuale che consente di sfruttare un contenuto con la flessibilità temporale delle campagne di comunicazione! I tempi sono maturi per metà perché l’esigenza c’è, magari latente ma esiste; manca l’altra metà della questione e qui, come sempre, il gioco lo guiderà chi saprà offrire la soluzione più semplice e convincente; noi abbiamo tutti gli ingredienti: la sfida è trovare la ricetta giusta!”. Punto di vista condiviso da Andrea Rogani che però puntualizza: “Per quanto non siano ancora presenti delle piattaforme simili, esistono tuttavia degli strumenti che permettono di avere un sistema di advertising talmente completo da raggiungere risultati affini. L’adv online sta concentrando sempre più la propria attenzione all’audience, cosa che permette di riuscire a calibrare in maniera più netta la scelta dei mezzi da utilizzare. Esistono già molti AdNetwork e Ad Exchange che permettono di pianificare campagne estremamente in target, sia a livello socio-demografico che in maniera verticale, con moltissimi dati a disposizione e possibilità di ottimizzazione praticamente infinite. Basti pensare alle pianificazioni via Real Time Bidding, al retargeting, ossia alla possibilità di intercettare un utente che è già stato sul sito di un brand, ma non ha completato l’azione, così come alle campagne crossmediali. Quindi, anche se non siamo ancora arrivati al momento in cui advertising online e direct marketing si uniscono, con gli strumenti che abbiamo a disposizione siamo molto vicini a ottenere gli stessi risultati. La vera sfida è riuscire a trovare la soluzione più efficace nell’integrazione di questi mezzi al fine di ottimizzare al meglio l’investimento del brand”.
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Pazzi per il Social 21,1 milioni di persone in Italia usano un social network. Il dato non può che impattare sulle dinamiche e sulle strategie di comunicazione delle aziende intenzionate ad aprirsi al dialogo con il consumatore. Per farlo, però, occorrono credibilità, rispetto e autenticità. Ma soprattutto la capacità di relazionarsi davvero ‘alla pari’ con i propri utenti.
secondo le le stime eMarketer di novembre 2013, l’Italia è il quarto paese europeo per numero di utenti dei Social Network e in particolare di Facebook: 21,1 milioni di user per il mondo social e 18,0 milioni per il solo Facebook, con un trend di crescita medio annuo che in previsione dovrebbe essere nei prossimi cinque anni del +5,1% per il comparto nel suo insieme e del +6,3% per la testa di serie. Insomma, gli italiani sono fra i più alti ‘consumatori’ di social media al mondo, e le aziende hanno cominciato a inserire con sempre maggiore frequenza il social nelle loro strategie di comunicazione. Le stime, però, presentano divergenze se si cambia la fonte. Come racconta Simone Rinzivillo facendo riferimento ai dati Deloitte, gli utenti di Facebook attivi ogni mese sono 23 milioni, 15 quelli giornalieri, con 5 milioni di accessi mobile. “Dati impressionanti che mostrano quanto i social media siano entrati completamente nelle abitudini degli utenti – prosegue il CTO e Co-Founder di Mamadigital –. Per questo motivo l’immagine di un brand, ormai, si gioca principalmente sui Social, un canale di comunicazione imprescindibile con il proprio target che non solo è disposto a dialogare, ma lo pretende, lo esige. Anzi, proprio la mancanza di dialogo e confronto con gli utenti è alla base di diversi e noti casi 60
di epic fail sui social. Ovviamente, ogni canale necessita di una specifica strategia, con obiettivi, piani editoriali, tone of voice differenti. Un approccio più professionale e istituzionale su LinkedIn, improntato alla discussione e al confronto soprattutto con i propri peer, non è certo adatto al tono informale e assolutamente friendly di Facebook che può essere invece utilizzato come canale di CRM”. “Il mondo dei Social Media è cresciuto in fretta nel nostro Paese – osserva Gennaro Palma, Social Media Manager di Resolution, la piattaforma globale di Omnicom Media Group dedicata ai servizi di marketing e comunicazione digitale – probabilmente anche grazie a una certa attitudine degli Italiani alla conversazione e alla condivisione. In questo processo di amplificazione della voce del singolo (vedi Facebook e Twitter che permettono di interagire direttamente anche con vip e celebrità) e dei gruppi di aggregazione (vedi la fortuna, tutta italiana, di alcuni forum divenuti nel giro di qualche anno il punto di riferimento di numerosi mercati), i brand sono stati chiamati a interagire per due ragioni principali: la prima, quella di poter cogliere nuove opportunità di business entrando in relazione diretta con i consumatori; la seconda, la necessità di prendere parte alle conversazioni che si
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1. UTENTI DI SOCIAL NETWORK IN EUROPA OCCIDENTALE (2012–2017) 2012 Germania 29,9 UK * 30,2 Francia 23,9 Italia 19,6 Spagna 16,0 Olanda 9,9 Svezia 4,7 Norvegia 2,8 Danimarca 2,7 Finlandia 2,5 Altri 18,8 EUROPA OCCIDENTALE 160,9
2013 33,1 32,1 25,4 21,1 17,6 10,7 5,1 3,0 3,0 2,7 20,5 174,2
2014 35,4 33,9 26,8 22,8 18,9 11,1 5,5 3,2 3,2 2,9 22,0 185,5
2015 37,2 35,0 28,3 23,6 20,1 11,5 5,7 3,3 3,3 3,0 23,0 194,0
2016 38,9 36,0 29,2 24,6 21,3 11,9 5,9 3,4 3,5 3,2 24,0 201,7
2017 40,1 36,7 30,1 25,1 22,2 12,1 6,0 3,5 3,6 3,3 24,7 207,4
CAGR 6,1% 4,0% 4,7% 5,1% 6,8% 4,1% 5,0% 4,8% 5,8% 5,9% 5,6% 5,2%
Nota: utenti internet che usano un sito di social networking attraverso qualsiasi device almeno una volta al mese; le cifre dei totali possono non corrispondere a causa degli arrotondamenti; * previsioni ad agosto 2013. Fonte: eMarketer, novembre 2013
2. UTENTI FACEBOOK IN EUROPA OCCIDENTALE (2012–2017) UK* Francia Germania Italia Spagna Olanda Svezia Norvegia Danimarca Finlandia Altri EUROPA OCCIDENTALE
2012 28,3 20,4 20,0 16,3 15,0 8,9 4,3 2,5 2,3 2,2 16,5 136,9
2013 29,9 22,1 22,1 18,0 16,5 9,3 4,7 2,7 2,6 2,4 18,2 148,5
2014 31,4 23,4 23,6 19,3 17,8 9,6 5,0 2,9 2,7 2,6 19,5 157,8
2015 32,2 24,4 24,9 20,3 19,0 10,0 5,1 3,0 2,9 2,7 20,6 165,1
2016 33,0 25,2 26,0 21,3 20,2 10,2 5,3 3,1 3,0 2,8 21,5 171,6
2017 33,6 25,9 26,9 22,1 21,3 10,4 5,4 3,2 3,1 2,9 22,4 177,2
CAGR 3,4% 4,9% 6,1% 6,3% 7,2% 3,1% 4,7% 4,5% 5,9% 5,6% 6,3% 5,3%
Nota: utenti internet che usano un sito di social networking attraverso qualsiasi device almeno una volta al mese; le cifre dei totali possono non corrispondere a causa degli arrotondamenti; * previsioni ad agosto 2013. Fonte: eMarketer, novembre 2013
creano in merito alla loro ‘reputation’ e ai loro prodotti indipendentemente dalla volontà dei brand”. In questo scenario, secondo Palma, i brand che si sono dotati degli strumenti più idonei
hanno scoperto, non senza qualche dissapore e attraverso un processo di ‘trial and error’, che all’interno dei social media relazionarsi con i consumatori con successo significa stabilire una relazione, il più delle volte tra pari. 61
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3. I NUMERI CHIAVE DEI SOCIAL MEDIA IN ITALIA
Fonte: GroupM su dati Audiweb, marzo 2013, ed Eurisko New Media 2012
“La marca – afferma perciò Palma – non è più un concetto astratto e separato dal resto del mondo ma assume un volto umano attraverso la voce dei community manager e si ‘apre’ al consumatore cercando di parlare il suo linguaggio, prestando maggiore attenzione alle sue esigenze e rispondendo sempre, anche quando quello che le viene comunicato può sembrare poco lusinghiero. La relazione unita alla conoscenza delle dinamiche e dei ruoli specifici di questo nuovo scenario, tutt’altro che scontati, possono fare la differenza e stimolare non solo l’interazione con i consumatori ma soprattutto l’endorsement, la raccomandazione, alla quale un nostro recentissimo studio attribuisce un valore fondamentale nella costruzione dell’intenzione di acquisto da parte dei consumatori”. 62
Ad oggi ci troviamo però ancora in una fase di scoperta, e alcune aziende devono imparare a utilizzare lo strumento per le possibilità di dialogo che questo offre. Perché, come spiega Matteo Biasi, “lo strumento del social non nasce per l’azienda, nasce per socializzare, risulta importante nel rapporto one to one. Il percorso azienda/individuo è però ancora oggi un percorso un po’ forzato. L’azienda dovrebbe personalizzarsi: meno insegna e più persona, perché i risultati sono fortemente correlati all’umanizzazione che viene data a queste pagine. Oggi, sui social network risulta molto forte il customer care aziendale, ma è necessario che le aziende si dimostrino audaci e cerchino di allargare l’approccio, perché il centro di tutto è la relazione che si riesce a instaurare con il cliente”.
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Gennaro Palma, Social Media Manager di Resolution (Omnicom Media Group)
Il dialogo non basta Dialogare con l’utente, però, non è di per sé sufficiente, ed è necessario comprendere le motivazioni alla base dei suoi comportamenti, spiega Lorenzo Montagna: “Ancora una volta, dal punto di vista di Yahoo, l’elemento nevralgico non deve essere descrittivo, ma di comprensione del fenomeno – dice l’AD e Direttore commerciale di Yahoo Italia –. Ossia la questione fondamentale è capire perché l’utente fa qualcosa, non solo cosa fa e come lo fa. Se si comprende il perché e quindi il bisogno dell’utente, si può declinare un approccio che fornisca valore all’esperienza di navigazione con un tono di voce che si sposa con l’esperienza social. Se ci si ferma solo al cosa e al come, il rischio di offrire messaggi distonici, ripetitivi e banali, in
un ambiente che l’utente per definizione sente come personale, è altissimo. E di conseguenza diventa altissimo il rischio che non solo il messaggio venga ignorato, ma che il brand venga attaccato per la sua non pertinenza/invasività. Viceversa, se il messaggio diventa esso stesso valore per l’inserzionista grazie al suo essere in linea con i gusti dell’utente, al suo raggiungerlo sul device e nel momento più idoneo senza interrompere la sua esperienza di navigazione, all’offrire un vantaggio tangibile, allora le risposte che si ottengono sono spesso di ottimo livello in termini di partecipazione, contributi, consigli, condivisione. In Yahoo abbiamo una ampia expertise di progetti social e la valutazione dei parametri prima evidenziati è alla base di quel che costruiamo. Ad esempio possiamo citare quanto realizzato per Kimberly-Clark. L’analisi dei comportamenti del target e lo studio dei suoi bisogni, ci ha portati ad integrare nella comunicazione la community di Yahoo Answers, riuscendo a fare in modo che fossero gli stessi utenti a discutere e proporre consigli su un tema delicato come quello della cura dei più piccoli. In questo modo, il brand si è posto naturalmente vicino al vissuto dell’audience, facendolo proprio e dimostrando attenzione nei confronti delle mamme e della loro esperienza sul campo”. Anche Matteo Hertel, ceo di Zoorate, pone l’accento sul dialogo e la comprensione: “l’apertura al dialogo dipende in larga misura da come i brand si presentano sui social stessi. Innanzitutto il cliente fidelizzato vi deve ritrovare la stessa identità che ha conosciuto nell’offline: in questo senso le aziende devono essere capaci di veicolare gli stessi messaggi attraverso contenuti diversi, che sono propri dei social. In secondo luogo devono imparare ad ascoltare e a prendere parte attivamente a una conversazione, evitando di scivolare nella
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semplice comunicazione a due tempi ‘segnalazione del problema’ e ‘indicazione della soluzione’”. Una abitudine al dialogo che secondo Francesco Barbarani, dovrebbe essere estesa anche agli altri mezzi. “C’è un libro illuminante di Kevin Roberts, worldwide ceo di Saatchi & Saatchi, che si intitola LoveMarks, in cui l’autore agli albori dei social network diceva quanto fosse importante per un brand dialogare con i consumatori – dice Barbarani –. Il dialogo trasforma il brand in un punto di riferimento. È chiaro che il social network è l’ambiente ideale per dialogare. Chiarisco questo aspetto con un esempio: questa estate abbiamo lanciato FoxSports e il lavoro sui social network, in un contesto calcistico caldo come quello italiano, ha richiesto un grosso lavoro di sensibilità per i contenuti e le scelte di comunicazione. È a questa attenzione al dialogo che tutti noi dobbiamo tendere per dare una nuova dimensione alla comunicazione. Prendiamo ad esempio Dell: l’azienda di PC e lap-top ha sviluppato i propri processi di rinnovamento del prodotto sui commenti negativi. Questo ci insegna che bisogna garantire il feed-back a tutti”. “Non conosco nessun consumatore che non voglia dire la sua su un prodotto o servizio acquistato – ribadisce Alessandro Bonaccorsi, Managing Director Market di Softec –: tutti hanno un’opinione e vogliono poterla esprimere. In tal senso i Social Network hanno amplificato la voglia di comunicare il proprio parere e, onestamente, non vedo aspetti negativi in questo. Anche il commento polemico, il parere controcorrente, l’opinione poco carina (sempre nei limiti dell’educato e in linea con la netiquette) rappresentano un vera e propria miniera di informazioni per i brand e il loro percepito fra i consumatori. Il fatto che gli
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Matteo Hertel, Ceo Zoorate
Italiani siano ai primi posti al mondo non deve sorprendere: è una caratteristica naturale, siamo famosi internazionalmente per questo. E nei loro confronti bisogna utilizzare un linguaggio naturale e trasparente. Gli utenti sanno perfettamente che stanno parlando con un’azienda e non dispiace anche la comunicazione commerciale, se questa è contestualizzata in un concetto di dialogo. Il vero punto è che i Social Network rischiano di colpire l’azienda in uno dei suoi storici punti deboli: saper produrre contenuti. Ma se si riesce a dare agli utenti contenuti di alto livello, condivisibili e in qualche modo ‘utili’, anche solo al proprio divertimento, Facebook, Twitter, Instagram o YouTube diventano il miglior mezzo per la comunicazione possibile”.
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4. L’USO QUOTIDIANO DEI SOCIAL NETWORK
57%
gli utenti che si connettono ogni giorno a un social network
42%
gli utenti che lo fanno più di una volta al giorno Fonte: GroupM su base Eurisko New Media 2012
Il Branding si fa social Come sottolinea Rinzivillo l’attività di branding si gioca ormai in massima parte sui social network, con un crescente livello di rischio: perché l’azienda è in questo caso costretta ad abbandonare la propria comfort zone. “I clienti vogliono sentirsi riconosciuti, non amano attendere, pretendono che i prodotti/servizi rispondano perfettamente a quanto promesso e promosso, tanto da potersi organizzare in maniera molto efficace per combattere vere e proprie campagne contro i brand (basti pensare al caso ‘United breaks Guitars’) – riprende Hertel –. Ma questo non significa tuttavia che abbiano sempre ragione. Tanto che oggi si inizia a parlare, soprattutto in America, di strategie per la difesa da attacchi da parte dei consumatori. I clienti sono i primi detentori della nostra reputation e l’ascolto è il primo passo verso una vera collaborazione win–win. Quando un cliente si lamenta è perché gli interessa il
prodotto o il servizio. L’azienda che lo mette a tacere o non lo fa parlare perde quel feedback utile a renderla un’azienda migliore. Il passaparola è un fenomeno che, una volta digitalizzato, esplode in termini di eco e raggio di azione, e quindi di impatto diretto sul business. Non è più sufficiente ascoltare e dare voce ai consumatori, ma serve avere gli strumenti e le competenze professionali adatti per veicolare questo flusso a proprio favore, sia in termini positivi (e quindi fare leva sul passaparola positivo) che negativi (tamponare e gestire situazioni critiche sollevate dai consumatori). È una delle chiavi del successo, soprattutto in ambito e-commerce”. Il punto, come spiega Constantijn Vereecken è quello di costruire fiducia tra il brand online e il consumatore: “una fiducia che deve essere coltivata coinvolgendo il consumatore con contenuti a lui affini, premiarlo per la sua f iducia, e utilizzare i suoi dati personali nel pieno rispetto della privacy. In questo modo,
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Alessandro Bonaccorsi, Managing Director Market di Softec
i risultati a lungo termine che si possono ottenere a livello di credibilitá saranno, a mio avviso, molto importanti”. Perché solo attraverso la fiducia reciproca è possibile sfruttare la disponibilità al dialogo tra brand e utente che, come sottolinea Alessandro Campanini, “è molto alta, perché oggi non esiste più un atteggiamento fideistico nei confronti della marca, ma il consumatore pretende che ci sia un rapporto alla pari, stabilendo un ‘contratto’ in cui la marca deve dare vantaggi reali, percepibili, concreti ed emozionali ai suoi utilizzatori. Il linguaggio che si deve utilizzare con gli utenti dei social network è un linguaggio che, da un punto di vista creativo, deve essere capace di stimolare l’engagement e che quindi non può più basarsi sugli stessi codici di comunicazione che vengono utilizzati nei commercial, ma
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deve far riferimento ai linguaggi del target a cui ci si rivolge, relativamente a quella specifica piattaforma. I risultati che si possono ottenere sono legati alla consapevolezza che la promozione della marca in un ambiente social deve essere strategica e non occasionale. Essendo strategico, le aziende devono essere consapevoli che, affinché l’investimento sui social porti dei reali vantaggi al brand, deve essere un investimento di medio–lungo periodo”. In generale del resto, come spiega Alessandro Volanti, responsabile marketing Radio Italia, “possiamo dire di aver riscontrato da parte degli utenti una grande disponibilità al dialogo. Sicuramente linguaggio, contenuti e velocità di risposta fanno la differenza e la faranno sempre: più si è vicini all’utente e lo si coinvolge in maniere intelligente e stimolante, più si riuscirà ad instaurare un dialogo tra le parti e di rimanere quotidianamente in contatto reciproco. Si riuscirà così, come siamo riusciti noi con le nostre pagine social, ad avere un seguito enorme restando sempre in contatto con i propri utenti”. La propensione degli utenti al dialogo con il brand viene confermata dalle principali ricerche di sentiment analysis. “Le conversazioni si focalizzano su aspetti legati alla customer satisfaction ed è da qui che i brand devono costruire le loro campagne sul social – spiega Sasha Wijeyesekera – Digital Manager On Comunicazione –. Infatti è proprio dall’analisi della propria brand reputation sul social che si riescono a cogliere i bisogni e le aspettative dei consumer. Identificando un trend con strumenti più prossimi alla statistica che alla comunicazione è possibile fornire alle agenzie un importante strumento di valutazione delle scelte strategiche da sviluppare in fase progettuale. Diviene perciò
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Alessandro Volanti, Responsabile Marketing Radio Italia
fondamentale restare costantemente in ascolto per riuscire ad anticipare e prevedere il maggior numero di scenari utili ai brand e poi tenere presente che il tone of voice sui social non è unico, ma varia in base al social network. Del resto il mezzo è potente, e una scelta attenta permette di ottenere il massimo dell’ingaggio ottimizzando per i clienti gli investimenti e per le agenzie gli sforzi per ottenere un determinato risultato in termini numerici”. Risultati che, come testimonia Simone Ruscetta, con i social media non tardano ad arrivare. “L’obiettivo dei nostri clienti è quello di ottenere redemption dalle proprio campagne e Facebook ci ha permesso di raggiungere risultati significativi e di misurarli – spiega il Ceo di 24media –. Abbiamo gestito uno spettacolo teatrale di Carlo Gozzi
che abbiamo promosso attraverso i social network. I risultati sono stati notevoli, come nel caso della promozione degli eventi ‘Come ti vesto Modena’ e ‘Let’s cake Modena’. In questi due casi abbiamo misurato le prevendite della biglietteria in relazione alle azioni di comunicazione realizzate sui social network. Abbiamo registrato una correlazione diretta tra picchi di acquisto e comunicazione sui social network, per un valore generato stimabile attorno al 30% dell’incasso totale, un impatto estremamente soddisfacente. Inoltre, durante gli eventi abbiamo somministrato un questionario per comprendere dove gli intervenuti avessero avuto notizia degli eventi e oltre il 40% a segnalato i social network come fonte della notizia. Il valore aggiunto dell’operazione non sta però nei numeri ma nel fatto che è stato costruito un dialogo che ha fatto crescere l’attesa e l’informazione attorno al prodotto”. Social credibility Customer care, dialogo, brand reputation, ascolto. Tutti temi fondamentali, che però sembrano messi in crisi dai risultati del la ricerca ‘Click Here’ realizzata da Edelman/Berland per Adobe, in cui si evidenzia uno scarso livello di fiducia dei consumatori nei confronti della pubblicità online che viene considerata invasiva e fastidiosa e ancor meno nei confronti dell’advertising sui social network, eletti come ‘fonte di informazione commerciale affidabile e preferita’ solo dal 3% dei consumatori e dal 7% dei marketer. Contestualmente, però, più di un consumatore su due afferma di aver cliccato ‘like’ sulla pagina di un’azienda di cui sono clienti, esprimendo pubblicamente la propria fiducia per quell’azienda. Insomma, cosa bisogna fare per essere credibili su un social network? Bonaccorsi risponde ricorrendo a sua volta ad
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alcune delle domande che Softec pone ai suoi partner nella fase di sviluppo di un progetto social: “Cosa vogliamo esprimere? Quali sono le suggestioni, i messaggi, il posizionamento che vogliamo veicolare attraverso il progetto? Da qui parte una seconda serie di domande: come possiamo far combaciare gli interessi dell’azienda e quelli degli utenti? Qual è il punto di contatto, il denominatore comune che permette di sviluppare una strategia win–win? La credibilità è tutta qui: l’azienda in maniera trasparente persegue i suoi obiettivi, ma ti fa partecipe di un’esperienza unica in cui anche tu, utente, puoi distinguere i messaggi commerciali da quelli di intrattenimento, di informazione ecc. Nessun messaggio subliminale, evitare di uscire dall’area di competenza dell’azienda, produrre testi e concetti in cui si crede veramente e non solo per mera convenienza. D’altronde, in un rapporto a due chi vorrebbe un interlocutore sospettato di fare solo i propri interessi?”. “I social network partono da un presupposto di condivisione: è credibile l’opinione di un amico, non dell’azienda – la risposta di Matteo Biasi –. L’azienda è aliena al social network, e diviene credibile quando opera in termini di passaparola e quando passa attraverso un amico”. Sulla stessa linea Francesco Barbarani: “Per superare la diffidenza è importante che l’utente veda che il brand è parte della sfera degli amici. Con i social network si entra nello spazio personale di individui che si conoscono. Se un prodotto è certificato da un amico, questo offre una garanzia sulla marca. Il meccanismo che funziona è perciò quello della virilizzazione unpush. Deve essere un word to mouth social, non una pubblicità. In un contesto come quello dei social poi, se ci si adatta alle regole di questo contesto e non si cerca di spingere con pubblicità, ma si lavora di contenuto e
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creatività è possibile raggiungere i teenager, che spesso sfuggono alla pubblicità classica”. Un approccio che come spiega Simone Rinzivillo richiede un radicale cambio di prospettiva da parte delle aziende: ”dal monologo dei media tradizionali si passa al dialogo aperto e diretto con le proprie audience. E il primo passo per instaurare un concreto e reale dialogo è ascoltare. Solo mettendosi in ascolto delle esigenze e dei bisogni del proprio target di riferimento, i Brand possono monitorare costantemente la percezione e i feedback degli utenti così come emergono dalla Rete e sapere, quindi, immediatamente rispondere e intervenire. Ecco che i canali social diventano fondamentali nel diffondere immagini e valori specifici e chiari: autenticità, reciprocità, trasparenza e coerenza diventano dei must a cui le aziende devono diligentemente attenersi. Ciò significa, e siamo al secondo cambio di paradigma, che l’attenzione va spostata dal prodotto/servizio al cliente attorno cui va forgiata una visione del mondo, uno stile di vita di cui egli si senta un attivo costruttore e ispiratore. Non si parla più di consumatore, bensì di attore, anzi del vero protagonista nel processo di ideazione e produzione delle aziende”. Nel caso dell’online ci troviamo infatti di fronte a una “continua ridefinizione del mezzo, che non prevede più necessariamente un ‘contenitore’ conosciuto ed accettato (come una pagina stampa o un break tv) e che per questo – afferma Alessandro Campanini – può generare un disorientamento agli occhi dell’utente che ad ogni modo beneficia di nuovi strumenti per instaurare un rapporto più stretto e trasparente con la Marca. La pubblicità, anche online, mantiene l’obiettivo di generare Awareness per il brand: al contempo non può più permettersi di fornire un messaggio auto–referenziale, ma deve offrire un
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contenuto rilevante per l’utente che ne fruisce”. Un cambiamento che secondo Sasha Wijeyesekera sposta l’attenzione dal mezzo e dal messaggio per concentrarsi sull’ingaggio dei consumer. “Una volta ingaggiata e una volta guadagnatane la fiducia la fanbase ci seguirà e solo allora sarà possibile fare delle ‘comunicazione di prodotto’ vera e propria – prosegue il CEO di On Comunicazione –. I video virali che sviluppiamo e le strategie social che adottiamo tutti i giorni in agenzia affondano le loro radici su questo concetto. Grazie alle agenzie di comunicazione a loro supporto, i brand diventano sempre più editori di contenuti che ruotano attorno alla comunicazione di prodotto e che creano dei microcosmi veri e propri da cui l’utente deve poter trarre un reale beneficio. Questa metodologia presenta un altro grande plus: i consumer così diventano ambassadors della marca, comunicando al proprio personalissimo target ad un livello molto più approfondito di quello che si potrebbe ottenere con una comunicazione tradizionale”. Alcune regole Quando in un sistema si verifica un cambiamento significativo è buona abitudine definire un set di regole per affrontare e gestire il nuovo contesto di riferimento. Un processo che sta interessando anche la comunicazione digitale proprio in ragione dell’affermarsi delle campagne social. “L’approccio al mondo Social di un’azienda, prima ancora che si sviluppi attraverso strategie di advertising, richiede la comprensione e l’accettazione da parte del Brand di modalità, stili e obiettivi di comunicazione capaci di adattarsi alle dinamiche del mezzo – dice Campanini –. Oggi le aziende hanno meno paura di aprirsi al dialogo con gli utenti e ne vedono al
contrario l’opportunità. La maggior parte di esse hanno integrato nei reparti comunicazione profili come quello del Social media manager capaci di gestire le relazioni. Le regole quindi riguardano prevalentemente l’approccio al mezzo, per quanto riguarda invece la definizione strategica di attività di advertising sui social media cerchiamo di non applicare regole predefinite ma analizzare nello specifico comportamenti del target e obiettivi di comunicazione: partire da un approfondito ascolto della Rete, identificare i giusti touchpoint col target – possibilmente in sinergia con i mezzi offline – e infine definire metriche di valutazione chiare e misurabili. I social media, per loro natura, offrono alla marca la possibilità di lavorare in profondità sul funnel di comunicazione, stimolando obiettivi come consideration & advocacy. Al contempo, i dati di navigazione affermano come anche a livello di audience le principali piattaforme, su tutti Facebook e YouTube, ma anche Twitter in forte crescita, diventino i bacini audience online più interessanti per raggiungere il proprio target, proprio per le potenzialità di segmentazione e profilazione offerte da questi mezzi, che permettono di abbattere al massimo i livelli di dispersione”. Proprio per queste ragioni Matteo Biasi non consiglia a tutte le aziende di cominciare questo dialogo, perché “quando si decide di comunicare sui social network si esce dal meccanismo classico della comunicazione verticale per entrare in un contesto orizzontale, dove il messaggio dell’azienda viene ripreso da più persone e veicolato e dove l’azienda riceve feedback continui. Il consumatore non riceve informazione in maniera passiva e diretta, ma è abituato a interagire. È quindi necessario evitare uno stile di comunicazione che sfoci nell’overpromise o che risulti eccessivamente auto incentrata o
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auto celebrativa. Ci vuole una comunicazione che sappia costruirsi anche attraverso i toni dell’ironia e che non pensi a un riadattamento diretto e non filtrato del modello comunicativo classico della Tv”. È una questione di preparazione, poiché “accrescere il numero di fan e follower senza prevedere degli strumenti efficaci per coinvolgere e far partecipare attivamente la propria community è totalmente inutile – dice Rinzivillo –. Il fine ultimo di una strategia social è sempre quello di creare un luogo di confronto con gli utenti, un canale attraverso cui instaurare un momento di dialogo diretto con gli utenti. Per questo motivo, un buon parametro di social media ROI di una campagna su Facebook, per esempio, può essere considerato un positivo talk about, ossia il livello di engagement dei fan nella pagina.Anche perché le logiche di Facebook si sono affiancate a quelle del passaparola: ciò che viene postato o condiviso da un fan di una pagina aziendale viene preso in considerazione dagli amici del fan, che diventano a loro volta dei potenziali clienti. Ecco perché una strategia integrata che, partendo da un’analisi precisa e attenta di obiettivi, target e strumenti, preveda diversi interventi quali attività editoriali, anche in ottica SEO, campagne Ads, brand monitoring e azioni di PR online non può che accrescere l’engagement degli utenti e, allo stesso tempo, aumentare il numero dei fan o follower di un profilo social”. Per aiutare le aziende ad arrivare preparate all’appuntamento con i social On Comunicazione ha steso un pentalogo di regole: 1) la campagna deve essere graduale: non svelare tutto da subito, creare hype ed engagement fin da subito stringendo legami a doppio filo con i fan; 2) per essere credibile la campagna deve essere redatta il più possibile da persone credibili. La scelta del Social
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Editor (come del Social Media Manager) è determinante in questa fase e la collaborazione con blogger e web copywriters affermati spesso è il migliore dei modi per cominciare; 3) la pianificazione quotidiana, settimanale, mensile e sui medi periodi delle uscite, le modalità di risposta e moderazione dei commenti ed il supporto di un Art Director al Social Media Manager sono elementi obbligatori per riuscire a generare contenuti accattivanti e con un alto potenziale di condivisione; 4) bisogna assicurare un mix corretto di condivisioni di contenuti non proprietari e la stesura di testi originali per mano di un copywriter; 5) è importante non esagerare con i contenuti pubblicati: dire troppo è come non dire nulla. Tutto questo tenendo presente che “i social operano più in profondità che in estensione – dice Wijeyesekera –. La numerica fine a se stessa non porta alcun beneficio. Parlando di Facebook, l’integrazione di Tab con fangate e altri meccanismi utili alla generazione di dati per il marketing è uno dei primi passi da fare per riuscire a scendere in profondità. Non è quanti ne conosci, ma quanto li conosci a fare la differenza. Conoscendo in maniera approfondita i propri fan, ad esempio, si riesce a generare comunicazione interessante e quindi ritenuta utile dalla fanbase”. Social privacy? “Il tema della privacy è sempre stato al centro dell’evoluzione degli strumenti online di advertising – premette Alessandro Campanini –. Le potenzialità offerte dai nuovi media ci permettono di individuare con più facilità e precisione il target d’interesse e, sempre più spesso, di proporre messaggi ad hoc. Questo genera ovviamente interesse da parte dell’azienda che riesce ad evitare dispersioni d’investimento fisiologiche sui mezzi tradizionali, ma richiede al tempo stesso un’
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attenzione particolare nel comunicare al consumatore di che dati si sta facendo utilizzo”. Nel contesto dei social cambia anche il concetto di privacy e la questione diviene, oltre che aspetto legale, anche materia di etichetta, perché, come spesso si è fatto notare per la pubblicità, una comunicazione indesiderata ha lo stesso effetto di un terzo che interrompa due intenti a chiacchierare per raccontargli qualcosa che non hanno alcun interesse di ascoltare. Ancora peggio se l’interruzione è chiaramente motivata da ragioni commerciali. Ma, come spiega Sasha Wijeyesekera trovare un giusto equilibrio tra l’invadenza di certe domande e la necessità di massimizzare l’utilità degli investimenti sui social è un tema cruciale, che spesso richiede soluzioni ad hoc, dinamiche che variano di frequente. Un percorso di conoscenza che deve essere comune: “la disponibilità del brand a condividere dati e facts che in strategie di comunciazioni
non–social non verrebbero mai comunicate – prosegue il digital manager di On – è sempre percepita come un forte plus perché permette ai consumer di conoscere meglio le marche che seguono e che prima o poi (se già non lo fanno) acquisteranno”. Il tema si complica ulteriormente quando l’azienda affida la sua comunicazione sui social a un responsabile che diviene il volto dell’azienda. “Quella persona – sottolinea Matteo Biasi – assume un ruolo centrale per l’azienda, ottenendo un potere enorme perché viene a rappresentarne la personificazione. Per fare in modo che questo rapporto non sia un semplice sfruttamento da parte dell’azienda delle possibilità messe a disposizione dai social network è necessario che venga offerto in cambio un servizio al cliente e la risposta più prossima oggi a questo è il customer care sui social. Certo l’azienda deve entrare nell’ottica che, come in ogni apertura verso il mercato, questo si porta dietro dei pro e dei contro”.
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Non solo tempo reale Un mercato mondiale stimato tra i 3,9 e i 4,6 milioni di dollari che sale a 7,5 se si passa dal RTB puro al marketing programmatico. Tema ‘hip’ del 2012, oggetto concreto nel 2013, il RTB si sta strutturando come oggetto complesso con la nascita negli USA di marketplace privati legati al singolo publisher. E in Italia?
Ben oltre le ‘semplici’ aste online per acquistare impression, il fenomeno del tempo reale riguarda l’intero processo del marketing. Le promesse, anche in questo caso, sono mirabolanti: più efficienza ed efficacia, risparmio, controllo costante, tracciamento dei risultati… Ma il fenomeno del RTB sta mutando sotto i nostri occhi prima ancora che il mercato italiano ne abbia fatta una completa esperienza. Partiamo dai dati: eMarketer prevede che il RTB assorba a livello mondo nel 2013 il 28% dell’investimento in Digital Display Advertising, contro il 19% nel 2012 e fissa il superamento di quota 50% per il 2017. Il valore del RTB a livello mondiale dovrebbe passare dagli attuali $4,6miliardi a circa $16,9miliardi. In Italia il fenomeno del RTB come chiarisce Alessio Angiolillo presenta una penetrazione tra il 7 e il 10% sul mercato del display advertising, che nel 2013 ha r aggiunto un valore complessivo di 600 milioni di euro. “Questo è il dato ufficiale, perché quello ufficioso sarebbe addirittura di qualche punto inferiore. Insomma – prosegue il responsabile di Performics (ZenithOptimedia) –, noi diamo per scontata l’affermazione del real time, 72
ma soprattutto nel nostro Paese il mercato deve ancora assorbirlo appieno. Se però interpretiamo in senso più ampio il discorso del ‘real time’ possiamo vedere come non solo il buying degli spazi avviene in tempo reale, ma anche le conversazioni, gli acquisti online, gli eventi, e così via. Questo le aziende lo sanno, ma non sanno misurarlo né gestirlo. Quindi il tempo reale, inteso in senso lato, ha un impatto fortissimo sulle organizzazioni di marketing. Abbiamo insistito molte volte nel dire che le relazioni tra aziende e consumatori sul web sono molto diverse rispetto alla comunicazione classica. L’azienda o la marca non sono più al centro dell’attenzione e i consumatori intorno, la comunicazione non è più ‘one-to-many’. La situazione si è capovolta: l’utente è al centro della scena e tu sei uno dei tanti brand che deve farsi spazio e catturare la sua attenzione e il suo interesse. La grande sfida del tempo reale, secondo me, è intercettare l’audience nel momento stesso in cui si appresta a parlare del proprio prodotto/servizio. È questo che per me significa ragionare in termini ‘programmatici’. Su questo non c’è una ricetta precisa, la soluzione non ce l’ha nessuno, e le aziende come la nostra possono aiutare con i propri strumenti a capire la complessità di questo nuovo mondo”.
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1. INVESTIMENTI IN PROGRAMMATIC DISPLAY (USA & WORLDWIDE, 2011/2017)
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
USA Δ% Share %*
2,8 - 62,2%
4,8 71,4% 63,2%
7,5 56,3% 62,5%
9,8 30,7% 59,0%
12,4 26,5% 56,6%
14,8 19,4% 54,2%
16,9 14,2% 51,8%
Worldwide** Δ%
4,5 -
7,6 68,9%
12,0 57,9%
16,6 38,3%
21,9 31,9%
27,3 24,7%
32,6 19,4%
In miliardi di dollari Include sia RTB e altre piattaforme programmatiche/automatizzate per annunci banner, social e video sia su Pc desktop che su device mobili. * sul totale Display ** include Australia, Cina, Francia, Germania, Giappone, Olanda, Spagna, UK, USA. Fonte: elaborazioni eMarketer su dati Magna Global, ottobre 2013
Come introduce Angiolillo, c’è infatti una continuità tra marketing programmatico e RTB, una prossimità che può portare a incasellare tutto in questo secondo f ormato. In realtà, come spiega Ratko Vidakovic, Senior Director di SiteScout in un articolo pubblicato su Marketingland.com, se l’industria pubblicitaria e della comunicazione continua a muoversi verso un modello in cui gli editori e i gestori dei siti utilizzano a pieno il modello programmatico per la gestione dell’intero spettro delle loro posizioni di vendita, allora la parte di ‘bidding’ del RTB potrebbe diventare ridotta. “Potremmo avere bisogno di ridefinire il RTB da ‘real-time bidding’ a ‘real-time buying’”, conclude Vidakovic. E in alcuni casi questo è già oggi così, perché il real-time buying comprende altri formati rispetto al RTB, formati correlati alla possibilità di stringere degli accordi premium o di esclusiva con il publisher, su piattaforme private in cui le aste risultano a invito. Si tratta in questi casi di assicurarsi in anticipo i profili di
utenza più coerenti rispetto alle strategie definite, e quindi quelli che presentano i migliori tassi di conversione, riducendo il fattore dell’asta a una decisione di acquisto programmata e poi realizzata in tempo reale. Per dare una dimensione del fenomeno, Magnaglobal offre una valutazione del mercato RTB US pari a 3,9 miliardi di dollari, inferiore di un 15% rispetto a quella di eMarketer, e stima che ulteriori 3,5 miliardi di dollari saranno transati quest’anno attraverso piattaforme programmatiche o automatizzate. Le differenze tra RTB e programmatic marketing risultano quindi cruciali nella definizione delle strategie di comunicazione. Un concetto che viene ampiamente sottolineato da Lorenzo Montagna: “per lavorare realmente in termini programmatici e non ridursi a speculare tout court un prezzo più basso purché sia, bisogna avere reale conoscenza del valore dei dati. Più le analisi confermano il valore di quella singola impression, maggiormente si sarà disposti 73
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2. LA SHARE DEL RTB SUL TOTALE DISPLAY (USA & WORLWIDE - 2016)
Fonte: IDC, Real-Time Bidding in the United States and Worldwide, 2011–2016, ottobre 2012
a pagare per apparire a quell’utente, in quel momento, su quel device. Questo è il ragionamento programmatico: decido la mia pianificazione in base al ritorno che un posizionamento mi può offrire perché i dati lo attestano. Non si tratta pertanto di una trattativa al ribasso sul costo CPM, né un modo per ‘piazzare’ l’invenduto. Allo stesso tempo, c’è marketplace e marketplace e la differenza la fa la cura dei dati. E, ancora una volta, dati di maggior valore vanno pagati di più perché offrono risultati attesi migliori per la pianificazione. In maniera analoga, una inventory premium avrà un valore differente rispetto a una blind. In sintesi, senza riconoscere valori diversi a elementi diversi, si cade in quello a cui accennavamo in precedenza: una mera trattativa al ribasso sul prezzo, in cui i reali bisogni del cliente finale si perdono di vista. In Yahoo assicuriamo trasparenza ai nostri inserzionisti sui dati, 74
sul delivery, sugli strumenti di ottimizzazione a disposizione e affianchiamo il tutto al supporto di professionisti in grado di analizzare a fondo le dinamiche della campagna. Riteniamo che solo così si faccia l’interesse di chi investe e solo questo sia programmatic advertising”. L’elemento di distinzione forte tra RTB e marketing programmatico è quindi, come avviene da sempre, il contenuto, la sua qualità e la sua capacità di attrarre audience profilata. Proprio su questo aspetto sofferma l’attenzione Elena Schiaffino che, pur dichiarandosi ‘entusiasta del RTB’, che allo stato dell’arte considera ‘qualcosa di molto interessante’, tiene a porre un alert, per non cadere in banalizzazioni. “Il Real Time Bidding non è la soluzione omnicomprensiva di tutti i problemi, così come non è la risposta a tutte le domande e le necessità, anzi deve essere ancora valutata –
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3. PROGRAMMATIC MKTG/RTB: LO SCENARIO ITALIANO ED EUROPEO
Nel terzo trimestre 2013 solo il 2% delle impression totali del mercato italiano era disponibile in Real Time Bidding. La crescita è stata e continua a essere rapidissima, ma l’inventory è ancora limitata. Fonte: eMarketer, 2013
dice la Partner di Engitel –. Inoltre, anche nel caso del RTB è necessario che questo tipo di soluzione sia sostenuta da una riflessione sui contenuti. Il RTB funziona molto bene, infatti, su quelle piattaforme che riescono a coordinare la vendita in bidding dello spazio pubblicitario, alla creazione e cura dei contenuti. Perché oggi più che mai ‘Content is King’ e in questo senso la professione dei pubblicitari deve evolversi, così come i quotidiani italiani sono oggi chiamati a ripensare il processo editoriale. Ancora oggi i portali sono molto omologati: nel momento in cui lavoreranno sulla qualità del contenuto, allora
ritroveranno la fedeltà del lettore e con questo la possibilità di sviluppare nuovi formati di offerta pubblicitaria”. Proprio sul lato dei contenuti lavora WE-B, come spiega il general manager Damiano Crognali. “Ci occupiamo di tutta la creatività sia dal punto di vista del contenuto testuale che della grafica, mentre non seguiamo direttamente la parte di asta – dice Crognali –. A oggi l’RTB è una soluzione interessante il cui livello di trasparenza è garantito sul lato dei costi, ma meno su quello della qualità. Esiste infatti un sistema di misurazione che pretende di valutare l’efficacia della 75
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Damiano Crognali General Manager WeBE
creatività rispetto al target, ma questo mi sembra un parametro poco funzionale”. Posizione di attesa per Fox, la cui domanda di riferimento non è ancora fortemente orientata a questo tipo di soluzioni. “Il mercato ci chiede creatività e innovazione – premette Francesco Barbarani –. Accanto a questo c’è però un mercato parallelo che lavora in RTB. È un formato di advertising display classico che comincia adesso ad avvicinarsi al preroll. Non è quello che ci chiedono oggi i nostri clienti che vogliono sempre di più progetti integrati, con soluzioni di co-branding di contenuti di qualità. Nell’insieme credo che il RTB per il contesto televisivo in Italia sia ancora parecchio lontano. Detto questo, noi seguiamo il RTB con interesse e curiosità,
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ma non lo consideriamo una soluzione prossima, perché c’è ancora distanza fra il marketing programmatico statunitense e quello sviluppatosi in Italia”. Barbarani, Crognali e Schiaffino sono concordi nel porre l’attenzione su questa importante differenza tra il marketing programmatico, con particolare riferimento all’attuale esperienza statunitense, e il puro RTB. Un distinguo che viene ripreso da Simone Rinzivillo che offre alcune chiarificazioni in merito al Real Time Bidding e ai sistemi di misurazione delle sue metriche. “L’RTB permette l’incontro di due ambiti che, fino a poco tempo fa, non potevamo collidere, ossia la display e la performance – dice il CTO e Co-Founder di Mamadigital –. Ora è possibile selezionare l’audience, per così dire, ‘migliore’ perché profilata in maniera particolarmente esatta e precisa. In altre parole, con l’RTB si raggiunge l’utente giusto, al momento giusto e con le creatività specifiche per quel singolo prospect. Di conseguenza l’acquisto è spinto al massimo della sua efficienza perché avviene a livello di singola impression e il costo, che viene scelto da chi pianifica e può essere modificato in ogni momento, diviene proporzionato al valore dell’utente contattato, in relazione agli obiettivi della campagna. Ma i vantaggi sono numerosi: la mole di dati di prima e terza parte e, quindi, la possibilità di compiere utili operazioni di retargeting, il numero altissimo di impression a disposizione, che nessun Ad Network o portale, fosse anche Google stesso, sarebbe in grado di fornirci singolarmente, ma anche le tempistiche e la flessibilità grazie a un processo buying che avviene attraverso delle piattaforme automatiche e in real-time”.
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Alessio Angiolillo, responsabile Performics (ZenithOptimedia)
Dimensione umana e tracciabilità Il modello del RTB potrebbe sembrare poggiare esclusivamente su statistiche, deprivato dal rapporto umano tra cliente, pianificatore e gestore della piattaforma di pubblicazione. Questa preoccupazione non appartiene però agli addetti al settore. “I limiti e le criticità dovuti alla perdita della gestione ‘umana’, ma anche la dubbiosa affidabilità dei dati di terze parti sono immotivati – afferma Rinzivillo –. Se l’acquisto delle impression tramite gli Ad Exchange avviene tramite piattaforme automatiche, la gestione del procedimento è però sempre nelle mani di un team dedicato di media planner che sono in stretto contatto con il cliente. Nel caso, invece, dei dati di terza parte, è sempre possibile fare affidamento sui dati di prima parte,
ossia raccolti con tecnologie proprietarie da parte delle agenzie specializzate, e testare prudentemente partner nuovi relativamente ai dati di terze parti, misurandoli frequentemente in relazione ai KPI della campagna”. I temi dell’intervento umano, anche e soprattutto in termini di valore aggiunto nel rapporto con il cliente, e delle metriche sono molto sentiti e vengono ripresi anche da Alessio Angiolillo che offre un punto di vista in linea con quello di Rinzivillo. “Il ruolo del ‘fattore umano’, in questo caso del media planner, non sarà eliminato con l’avvento delle piattaforme automatizzate, semplicemente si evolverà: non sarà più chiamato ‘media planner’ ma ‘data planner’, perché da selettore di spazi (pubblicitari) diventerà un selettore di dati – spiega il responsabile di Performics –. La tecnologia ci permetterà di non vedere più spazi pubblicitari ma di vedere dati, indipendentemente dal media su cui consegniamo”. Angiolillo prosegue offrendo rassicurazioni anche in riferimento alle metriche e ai sistemi di misurazione delle campagne in RTB. “Come abbiamo visto con le operazioni di retargeting e di behavioural marketing, che permettono di consegnare un messaggio a un utente anche su siti e piattaforme diverse tra loro, questo è un primo esempio di utilizzo delle informazioni in tempo reale. Tra un po’ di tempo sarà possibile affermare che un’informazione ‘mi segue’ ovunque vado; l’importante è che gli operatori possano tracciare il comportamento dell’utente – dice Angiolillo –. Dal nostro punto di vista di agenzia media, avendo a disposizione una ‘domanda’ molto forte, abbiamo sviluppato lo strumento ‘Audience on demand’ che permette di misurare con precisione e tracciare i comportamenti proprio al fine di
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Simone Rinzivillo, CTO e Co-Founder Mamadigital
intercettare l’utente proprio nel momento in cui è più propenso ad accettare la nostra comunicazione. Ma la nostra capacità di misurazione ha dei limiti: per esempio non possiamo entrare in Facebook, perdendo una parte significativa della capacità di tracciare i comportamenti, e la natura stessa della misurazione sul web è complessa, essendo allo stesso tempo puntuale e precisa ma estremamente dispersiva. Insomma, tracciare le azioni non non è semplice, ma con l’evoluzione delle metriche e dei modelli di analisi riusciremo a ottenere dati sempre più significativi per la pianificazione”. 78
Private Marketplace Contestualmente si sta sviluppando la tematica dei Private Marketplaces, come soluzioni tecnologiche alle attuali difficoltà riscontrate dai modelli di business degli editori online. E a conferma di questo arriva la notizia che Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon, trasformerà il Washington Post, da lui acquistato nel 2013 per $250 milioni, in un programmatic newspaper: una pubblicazione che non si adatta a quello che l’utente dice di volere, ma a quello che dimostra di volere con le sue azioni. Un modello di business molto vicino a quello dei suggerimenti di Amazon. La domanda a questo punto è se questo tipo di modello sarà o meno ripreso dagli editori italiani come risposta alternativa al difficile periodo economico che stanno attraversando e alla necessità di sviluppare nuovi modelli di business sostenibili. “Per la maturità del mercato italiano direi di no – riflette Alessio Angiolillo -, anche se effettivamente a qualche player di questo mercato farebbe bene intraprendere una strada del genere. Se si giungerà a una soluzione simile, non sarà nell’immediato ma tra qualche tempo”. Se questa non sarà la soluzione per il mercato italiano, comunque si configura come un potenziale trend per arginare, come spiega Damiano Crognali, i lati oscuri correlati alla qualità degli annunci in RTB. “Credo che Jeff Bezos abbia acquistato il Washington Post per garantire la qualità dei contenuti e quindi delle posizioni pubblicitarie – prosegue il general manager di WE-B –. Per ripetere lo sfruttamento dei big data che ha fatto la fortuna di Amazon, Bazos sa che è necessario avere diretto controllo sulla piattaforma finale. Non so se quello dei ‘private marketplace’ sarà il modello vincente, quello che è sicuro è che
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Constantijn Vereecken Managing Director, WebAds
oggi, chi se lo può permettere, fa tutto in casa”. Una riflessione che ci riporta al tema della centralità del contenuto. “La proliferazione dei device e la natura del consumo rimettono al centro il contenuto – dice Elena Schiaffino –. E credo che l’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos rappresenti una conferma di questo trend: il fondatore di Amazon ha voluto in questo modo assicurarsi il controllo della piattaforma per operare su questa in termini di article marketing, nella convinzione che proprio questo formato di comunicazione possa orientare in maniera più efficace ed efficiente il lettore verso un acquisto che sia coerente e in linea con i suoi interessi”.
E sulla bontà del modello dei private marketplace si sbilancia Constantijn Vereecken. “Il private marketplace é una delle risposte ad una richiesta di efficienza dell’acquisto nel mercato dell’online perché il cliente é sicuro di comunicare solo ed esclusivamente al target richiesto – dice il managing director di WebAds –. La trasparenza dipenderà molto probabilmente dall’affidabilità dei partner a cui ci si rivolge. A mio avviso, é un sistema efficace ma deve essere abbinato ad altre tipologie di acquisto, perché il rischio é che lavorando solo sul programmatic si perda una fetta di audience importante, che include gli influencer ad esempio”. Un modello che però, come faceva notare Angiolillo è ancora lontano dall’affermarsi in Italia. Un punto di vista condiviso da Simone Rinzivillo che sottolinea come oggi in Italia l’RTB rappresenti il 3% del mercato dell’Adv online, ma abbia delle potenzialità di crescita esponenziali. “Sicuramente il settore sta crescendo non solo dal punto di vista dei publisher, che stanno mettendo a disposizione un numero sempre maggiore di inventory, ma anche nell’ottica dei Brand che, visti gli ottimi risultati ottenuti dalle prime ‘timide’ campagne, si fidano sempre più di questa tecnologia – dice Rinzivillo –. Gradatamente anche i grossi editori si apriranno al Real Time Bidding, mettendo a disposizione le loro impression in un’ottica di performance”.
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PREMESSA A UNA CRITICA DELLA RAGIONE PROGRAMMATICA? Interrogarsi sul modo di ragionare in termini ‘programmatici’ sembra presupporre una ‘ragione programmatica’. Il programmatic marketing si basa sulla possibilità di automatizzare la presentazione di un singolo e specifico messaggio pubblicitario, a un singolo e specifico consumatore, ‘anonimo’ ma associabile o associato a un singolo e specifico profilo, sociodemografico, geografico, psicografico, comportamentale, in un contesto specifico e infine attraverso uno specifico dispositivo di fruizione del messaggio stesso. Le due caratteristiche più interessanti sono la singolarità: un messaggio, un utente, una interazione, un acquisto alla volta; e la specificità: la possibilità di definire e determinare in modo dinamico quale messaggio, a quale profilo di consumatore, in quale contesto e su quale strumento. Ogni singola volta. Per ciascuna potenziale interazione tra messaggio e fruitore. Algoritmi e big data sono gli strumenti abilita tori: consentono di avere contemporaneamente un approccio programmatico e un metodo che punta all’ottimizzazione continua. In anticipo, rispetto a una campagna o programma, possiamo definire sulla base di quali caratteristiche (o comportamenti) del consumatore innescare comunicazioni, messaggi e azioni, rilevanti proprio per quel profilo utente, e rilevanti perché specifiche. Durante campagne e programmi, possiamo monitorare misurare ogni singolo esito di ogni singola interazione. Quindi, sulla base del monitoraggio, ridefinire, modificare, adattare le strategie, le tattiche, la forma e il contenuto. Il percorso si compone quindi di due fasi. Prima una fase ‘deduttiva’, in cui date certe premesse e certe regole, ne conseguono come logicamente necessarie determinate conclusioni; poi una fase ‘induttiva’, in cui le premesse e le regole sono prima verificate o falsificate dall’osservazione e dalla misurazione di esperienze particolari, e successivamente modificate di conseguenza. Puntando a una sorta di miglioramento continuo. Apparentemente è il Sacro Graal del marketing e della comunicazione: presentare il proprio messaggio esclusivamente alla persona giusta, quella per la quale è rilevante! E l’apparenza è velata dalla grande illusione insita nel termine ‘in tempo reale’: perché lo traduciamo indebitamente con tempo minimo, tempo zero, immediatezza. Il salto logico che tempo zero implica sforzo zero, lavoro zero, è purtroppo dietro l’angolo, assieme al fatto che immediatezza dovrebbe anche implicare semplicità. Ma il ‘real-time’ – che comunque è un tempo prestabilito, non minimo – vale solo per lo scambio di informazioni tra sistemi, si applica quindi solo a una delle fasi del processo. La decisione al momento dell’evento avviene effettivamente in ‘tempo reale’, in una manciata di millisecondi per lo più. Tutto il resto invece richiede tempo, molto tempo e molto lavoro, e spesso questi non sono predeterminabili. Tempo e lavoro per conoscere, comprendere e padroneggiare la complessità del sistema. Gli approcci programmatici e di ottimizzazione continua possono essere applicati a qualsiasi media:
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online, offline, ATL, BTL. E nel solo ambito digitale a qualsiasi mezzo o canale: search, display, video, social, mobile. La filiera che unisce offerta e domanda, editori e clienti, è lunga, complessa e in costante evoluzione, composta da molteplici attori, con responsabilità e competenze diverse, ma spesso sovrapposte: editoriali, creative, tecnologiche, media, di analisi del dato, di misurazione, di controllo della qualità, legali. L’esigenza di fare sistema definendo e implementando standard e protocolli si scontra con la maggiore rapidità e il vantaggio tattico in nome dell’asimmetria informativa delle soluzioni proprietarie. Ci troviamo di fronte a un ecosistema che evolve aumentando il livello e i fattori di complessità. E lo fa ‘in tempo reale’. Il punto critico oggi è proprio lo scontro tra la complessità del sistema e l’aspettativa di semplicità suscitata da specialisti e addetti ai lavori nel mercato. Criticità particolarmente acuta nel mercato italiano che, in questo come in altri settori, si dimostra ancora una volta poco capace di ‘fare sistema’ o ‘scalare’ dal piccolo al grande. Partiamo piccoli, ma spesso non cresciamo in fretta. Diventa quindi centrale sia ridimensionare e correggere l’aspettativa di semplicità e immediatezza, sia spostare l’attenzione sui fondamentali pre-requisiti ad ogni attività programmatica: per ottimizzare in funzione dei risultati devo poter misurare correttamente i risultati e per massimizzare i benefici di sistemi multicanale devo essere in grado di poter valutare correttamente l’impatto di ciascun canale sul risultato locale e complessivo. Agenzie e clienti devono costruire un modello, un framework, che unisca gli obiettivi di business con i singoli goal di ciascuna iniziativa, di comunicazione e marketing, definendo come attribuire ai risultati di ciascuna azione l’impatto sul risultato complessivo. E possibilmente farlo ‘in tempo reale’, in un tempo prestabilito dunque. E qui l’approccio più efficace probabilmente è iniziare con un ‘K.I.S.S.’: Keep It Simply Smart! Luca Carrozza MAP Italy Lead, Head of Reprise Media & Cadreon
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La rete per vendere 11,3 miliardi di euro, il 12% generato da transazioni via smartphone e tablet. L’eCommerce in Italia segna nel 2013 una crescita del +18%, confermando la preponderanza della spesa in servizi. Tutto questo con volumi ancora contenuti rispetto agli altri grandi paesi europei. Nel frattempo si sviluppa la comunicazione a sostegno, anche in un’ottica mobile
“NEL 2013, secondo l’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano, gli eshoppers hanno raggiunto quota 14 mln. Non solo: il 92% degli acquirenti online ha dato un voto superiore al 7 (su 10) alla qualità del canale e alla soddisfazione del processo di acquisto. Sicuramente, in questo periodo di crisi, i flash sales e i couponing hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo del commercio elettronico – commenta Andrea Rogani (Mamadigital) –. Questi numeri dimostrano una maturità del mercato e, in particolare, del consumatore che richiede, innanzitutto, una maggiore trasparenza dell’intero processo. Ciò significa che le aziende devono fornire sicurezza dei pagamenti così come una maggiore chiarezza delle policy aziendali inerenti alle consegne, ai resi gratuiti, agli sconti o alle promozioni. Dall’altro lato, è necessario che le piattaforme di eCommerce siano anche funzionali e indicizzabili dai motori di ricerca. Ma questo da solo non basta. Serve un mirato piano editoriale che incrementi le informazioni sui prodotti offerti, anche in ottica SEO, e una parallela attività sui canali social al fine di promuovere gli stessi con sconti e promozioni dedicate alla community. Il tutto accompagnato da campagne Paid e Display sia in ottica di branding che di vendita”. Il dato diffuso dall’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano e ripreso da 82
Rogani evidenzia un tasso di crescita rispetto al 2012 del +18%, per un controvalore complessivo delle vendite da siti con operatività in Italia pari a 11,3 miliardi di euro. Come nel 2012, si conferma la maggiore crescita dei comparti di prodotto (+25%) rispetto a quelli che vendono servizi (+13%), anche se questo non varia la struttura del mercato, con i servizi che generano il 61% del transato complessivo, un andamento che conferma la peculiarità della situazione italiana rispetto a quella dei principali mercati stranieri, dove il peso dei prodotti è compreso tra il 65% e l’80%. Ad accelerare la diffusione dell’eCommerce concorrono la crescita della connessione in mobilità che estende le opportunità di acquisto consentendo di riempire i tempi morti e l’allargamento della base di acquirenti, a quota 14 milioni, quasi il 50% dell’utenza totale Internet. Il 90% dei loro acquisti, sempre secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce, è fatto con carta di credito o Paypal e spendono, nello scontrino medio, 490 euro nelle Assicurazioni, 280 nel Turismo, 240 nell’Informatica ed elettronica di consumo, 195 euro nell’Abbigliamento, 125 euro nel Grocery, e poco più di 40 euro nell’Editoria. La forte crescita non copre comunque il gap tra l’Italia e gli altri paesi. La penetrazione dell’eCommerce sul totale delle vendite retail, pari al 3% nel 2013, fa dell’Italia il fanalino
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01. LA DINAMICA DELLE VENDITE ECOMMERCE B2C IN ITALIA (2006-2013)
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano
di coda tra i paesi Europei, vicina, piuttosto, ai paesi emergenti. I mercati più sviluppati - UK, USA, Corea e Giappone – segnano infatti una penetrazione tra il 10 e il 14%, e mercati meno maturi come quello tedesco, francese e spagnolo presentano comunque valori tra l’8,6% e il 4,5%. Insomma, il +18% deve essere pesato con la fase di sviluppo in cui si trova tutt’oggi l’eCommerce italiano e, quindi, con la base ancora ‘ristretta’ su cui questi incrementi vanno a impattare. Le promesse dell’eCommerce sono molte e il settore sta crescendo, ma intanto si evidenzia ancora la forte diffusione di atteggiamenti opposti, come quelli del ROPO (Research Online Purchase Offline) e dello Showrooming (ricerca instore e acquisto online). Le aziende che si
avvicinano all’eCommerce si trovano quindi a confrontarsi, come spiega Matteo Biasi, con un quadro di riferimento ancora complesso e che presenta comportamenti contraddittori. “Qua ci sono due aspetti: da un lato lo showrooming, la cui ragion d’essere è dettata dalla maggior convenienza dell’acquisto online, dall’altro il ROPO, che a mio parere è generato dalla diffidenza nei confronti dei sistemi di pagamento online, e in cui l’ostacolo per molti è la paura – dice l’ad di Aldo Biasi Comunicazione e Ceo WE-B –. Questi due fenomeni riguardano due target profondamente diversi: il primo più giovane e smaliziato, che conosce il web e utilizza abitualmente sistemi di pagamento elettronico, e il secondo, spesso più maturo, ancora poco abituato a sistemi di pagamento come la carta di credito e timoroso 83
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02. L’ANDAMENTO DELLE VENDITE ECOMMERCE B2C PER I PRODOTTI E I SERVIZI
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano
dei rischi correlati al pagamento online. Questo è un problema che riguarda il rivenditore e che quindi impatta fortemente sul retail. In questo
Andrea Rogani, Ceo e Co-founder Mamadigital
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senso, credo che l’unica soluzione plausibile e possibile sia che le aziende comincino a fare una diversificazione dei canali di distribuzione dei propri prodotti. Alcune aziende vinicole, ad esempio, stanno operando in questa direzione con risultati positivi. Per far crescere l’eCommerce sarà perciò necessario lavorare in termini di percezione della sicurezza delle transazioni online. Ci sono esempi come Dell o Apple con la musica che hanno raggiunto risultati eccellenti, ma molto della fortuna di queste aziende dipende anche dal target di riferimento. Sulle fasce più giovani questo tipo di offerta, vedi Zalando, funziona”. Lorenzo Montagna inserisce i fenomeni del ROPO e dello showrooming nel costume nazionale. “Sono tendenze sociali e come tali vanno accolte e comprese, perché ostacolarle o ignorarle non avrebbe alcun senso – prosegue l’AD e Direttore commerciale di Yahoo Italia
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03. LA DISTRIBUZIONE DELLE VENDITE PER COMPARTO MERCEOLOGICO (2006-2013)
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano
-. In Yahoo da mesi le analizziamo e abbiamo sviluppato numerose ricerche sul tema, in ambito internazionale e specificamente italiano, con lo scopo di offrire insight utili e verificabili a chi si affida a noi. Ad esempio, in occasione degli Internet Days dell’ottobre scorso, abbiamo proprio presentato uno studio sullo stato dell’arte dello showrooming nel nostro Paese in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. Per offrire una statistica: sappiamo con certezza che il 79% degli utenti Yahoo che hanno visitato gli store di grandi catene ha utilizzato il proprio dispositivo mobile durante la visita e conosciamo nel dettaglio chi fa cosa, sia in store che da casa, in relazione a differenti tipologie merceologiche o se ha di fronte a sè un media/device piuttosto che un altro. In sintesi, possiamo portare esempi di chi utilizza con sagacia i comportamenti ROPO e di chi ha fatto dello showrooming un’arma in
più e non solo qualcosa da cui difendersi. Allo stesso modo il nostro dipartimento di ricerca analizza l’impatto di diversi formati e posizionamenti in termini di metriche marketing e ROI, riuscendo a dettagliare, ad esempio, il contributo del video adv e delle targeting solutions nella catena del valore della comunicazione. Siamo al fianco delle aziende nell’aiutarle a differenziarsi, a capire cosa può funzionare e cosa no, ad analizzare le esperienze di comunicazione realizzate. Di certo è un lavoro in cui un editore e professionista dell’adv come Yahoo può suggerire ma non imporre. Per definizione, l’approccio di marketing è infatti di proprietà dell’azienda e non può essere la concessionaria/editore a scegliere arbitrariamente target, prodotto, distribuzione e leve di prezzo. Da parte nostra, c’è la piena disponibilità a lavorare fianco a fianco in una direzione comune portando il nostro bagaglio di esperienze a 85
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04. LA CONCENTRAZIONE DELL’OFFERTA (2007-2013)
TOP 20 15 in ambito servizi • 8 nel Turismo (Alitalia, eDreams, Expedia, Meridiana, NTV, Trenitalia, Venere, Volagratis) • 4 nelle Assicurazioni (Directline, Genertel, Genialloyd, Quixa) • 1 nelle Ricariche (Vodafone) • 1 nel Couponing (Groupon) • 1 nel Ticketing (TicketOne) 5 in ambito prodotti • Amazon • Banzai • eBay • 2 nell’Abbigliamento (Privalia, Yoox) Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano
disposizione del cliente con casi concreti, suggerimenti, benchmark di settore, best practices e analisi”. Una sfida multicanale Accanto a questi fenomeni si segnala però anche una crescita generale delle aziende 86
nell’accostarsi all’eCommerce. “Finalmente l’approccio ‘apro un e-shop e spero di vendere’ sta svanendo - dice Matteo Hertel –. Noto che i brand e i rivenditori che si affacciano al canale online sono sempre più consapevoli delle esigenze e delle implicazioni che un e-commerce comporta: tecnologia, marketing,
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05. I TASSI DI PENETRAZIONE DELL’ECOMMERCE SUL TOTALE DELLE VENDITE RETAIL (2012)
Fonte: elaborazione Politecnico su dati ISTAT
assortimento, logistica, pagamenti, resi, privacy e legislazioni, export e così via. A dimostrazione di ciò, la crescita forte di figure ‘full-service provider’: aziende che offrono appunto la gestione a 360° del negozio online, dalla A alla Z, spesso e volentieri con un approccio a performance (remunerato quindi sulle vendite effettive). La competizione online è comunque agguerrita: se da un lato l’eCommerce offre la possibilità di rivolgersi a chiunque, dall’altro ti mette anche automaticamente in competizione con chiunque. La multicanalità è un tema fondamentale e un trend evidente: per chi vende offline e online la strategia deve essere unica e integrata, i mezzi di comunicazione gli stessi, l’osmosi tanta. A quel punto fenomeni come il ROPO o lo showrooming hanno effetto quasi
nullo sul risultato finale”. E questa crescita del comparto dell’eCommerce è frutto anche di una maggiore propensione da parte delle aziende per le soluzioni di performance marketing, che in alcuni casi aprono nuovi spazi di mercato. “Siamo nati tre anni fa nel gennaio 2011 – dice Simone Ruscetta –, eravamo in tre e abbiamo cominciato a lavorare nell’email marketing e nel marketing a performance. A settembre abbiamo aperto una nuova sigla: 24Tv. Nel giro di un anno siamo passati da tre persone a 18. Nel 2013 dovremmo chiudere intorno al milione di euro di fatturato e l’80% deriva dal performance marketing. Veniamo pagati in base ai risultati: click, lead, vendite. Aiutiamo i clienti a crescere il fatturato derivante dall’online”. 87
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06. IL CONFRONTO CON I PRINCIPALI MERCATI INTERNAZIONALI (2011-2012)
Fonte: elaborazione Politecnico su dati Forrester Research ed eMarketer
Simone Ruscetta, Ceo & Strategic Development di 24media 88
Come sottolinea Sasha Wijeyesekera, perché il trend di crescita si confermi appare necessario garantire sostegno attraverso adeguati piani di comunicazione: “È fondamentale per chi approccia il web con un’ottica eCommerce analizzare la situazione di mercato online e realizzare una strategia commerciale capace di prevedere molteplici canali di informazione/acquisto – entra nel dettaglio il Digital Manager di On Comunicazione –. Ad esempio, un brand che intende commercializzare online in maniera esclusiva un determinato prodotto dovrà affrontare la possibilità di dover competere con altri brand che vendono online e offline prodotti se non uguali, almeno simili. Serve prevedere a priori i fenomeni di ROPO e di showrooming, che non sono intrinsecamente negativi, ma che, se si vuole diventare un eCommerce a tutti gli effetti,
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07. ATTIVITÀ DI MARKETING E ADVERTISING LEGATE ALL’E-COMMERCE
Fonte: “eCommerce in Italia 2013”, Casaleggio Associati, aprile 2013
sono da tenere costantemente limitati e sotto controllo. L’eCommerce propone al consumer notevoli vantaggi rispetto al negozio tradizionale: questi vantaggi però vengono percepiti solo se il brand è capace di trasmettere fiducia attraverso la propria comunicazione. La comunicazione, quindi, deve rientrare nelle priorità dei brand, perché l’utente resta online e acquista sul nostro eCommerce solo se si fida di noi. La continua crescita numerica dei consumer che acquistano online e la sempre maggiore diffusione di piattaforme eCommerce capaci di personalizzare la user experience degli utenti tablet / mobile, faciliterà sempre più questa modalità di acquisto. Ad oggi quasi tutte le agenzie di comunicazione hanno sviluppato eCommerce andando a generare una base di conoscenza tecnica essenziale dello strumento. Il focus ora si è spostato nuovamente
sulla capacità comunicativa e la sua integrazione con le ultime tecnologie. L’esperienza e l’approccio comunicativo/strategico sono i due punti principali per la selezione di una buona agenzia con cui sviluppare il proprio eCommerce”. Accanto alla comunicazione Alessandro Campanini evidenzia almeno altri tre driver di crescita: la creazione di contenuti informativi dedicati, lo sviluppo di dinamiche di prezzo competitive e la completezza dell’offerta, in termini di estensione orizzontale. “Oggi l’eCommerce è, all’interno del mercato della comunicazione, uno dei pochi segmenti che mostra segnali di grandissima vivacità – premette il Ceo di Maxus Milano –. Gli investimenti sono in crescita, le aziende che decidono di investire nel retailing online sono sempre di più e il segmento mostra dei risultati 89
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08. ROPO/SHOWROOMING - IL RUOLO DEL MOBILE
Fonte: elaborazioni GroupM su dati Banzai – maggio 2012
estremamente promettenti. Chi intende avvicinarsi alla rete con l’obiettivo di vendere deve, prima di tutto, iniziare a sviluppare contenuti relativi alla propria marca e veicolarli sul web, facendo quello che si definisce ‘infotainment’. Dopodiché il passaggio al retailing online è naturale conseguenza. Oggi il successo di questo comparto dipende da due fattori: il primo è che la vetrina virtuale offre una gamma di prodotti molto più ampia rispetto alla vetrina fisica e il secondo è che, nella maggior parte dei casi, il prezzo d’acquisto dei prodotti negli store online è decisamente inferiore rispetto a quelli dei negozi tradizionali e, in questo particolare periodo storico, il consumatore è quindi molto più invogliato ad approcciare questo tipo di vendita”. Industrie eCommerce Come evidenziato in precedenza, la crescita degli investimenti in eCommerce è trasversale a tutti i
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settori. Un dato positivo, ma anche correlato agli ancora contenuti volumi di spesa, soprattutto se paragonati con il contesto europeo. Venendo al dettaglio dei comparti: tra i prodotti, come nel 2012, è l’abbigliamento a far registrare l’incremento più elevato (30%) grazie alla crescita strutturale di alcune Dot Com e dei club online. Significativi i risultati dell’informatica ed elettronica di consumo che, trainata dai marketplace e dai grandi retailer cresce del 20%. Più lenta invece la progressione per Editoria, musica e audiovisivi (+6%), nonostante le buone performance di alcuni player. Il Grocery segna un +11%, pari in valore assoluto a pochi milioni di euro, mentre nell’Arredamento vi è stato un incremento significativo del transato, oggi pari a 70 milioni di euro, grazie al contributo sia dei grandi retailer sia di startup innovative. Considerando l’intero comparto dei servizi, si registra una crescita sotto media: +13% per Turismo, guidato da compagnie aeree e
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hotellerie, e +14% per le Assicurazioni. Anche a fronte di una crescita più ridotta, i servizi confermano un peso sul totale vendite pari al 61%, con il Turismo che assorbe il 43% e le Assicurazioni al 10%. Il restante 39% è generato dall’Abbigliamento (12%), dall’Informatica ed elettronica (11%), dall’Editoria (3%) e dal Grocery (1%). Dati che trovano riscontro nelle esperienze di Zoorate e 24 Media. “La sfida più difficile è per i rivenditori che non hanno il brand o l’unicità dei prodotti alle spalle per potersi difendere dalla concorrenza spietata su prezzi e tempi di consegna”, spiega Matteo Hertel, mentre Simone Ruscetta sottolinea la grande collaborazione con i settori “della moda e del food, che del resto rappresentano realtà forti e radicate sul nostro territorio di origine. Operiamo principalmente sul mercato interno nazionale, ma anche con numerosi eCommerce locali che cominciano ora a investire in maniera consistente sul mercato estero. I risultati arrivano, ma per andare a vendere su mercati stranieri sono necessari margini di profitto significativamente più elevati sui propri prodotti”. eCommerce communication Nel report ‘E-Commerce in Italia 2013’, pubblicato ad aprile da Casaleggio Associati, vengono offerte delle stime della soddisfazione da parte delle aziende italiane di eCommerce rispetto alle attività di marketing realizzate: solo il 53% degli intervistati si dichiara pienamente soddisfatto, un segnale della necessità sopra evidenziata da Campanini di lavorare a tutto tondo sullo sviluppo di strategie di marketing dedicate. “Gli investimenti online sono aumentati ma sono soprattutto cambiati – dice Matteo Hertel –. In ambito eCommerce ci sono due fattori critici che ‘ossessionano’ gli store manager: il traffico e le conversioni. Sul primo il trend sta
portando a concentrarsi sul content marketing come forma di comunicazione di valore aggiunto, cercando non solo di portare traffico ma di saper raccontare storie che ingaggino il consumatore e lo fidelizzino al brand. Per quanto riguarda le conversioni, sono sempre più frequenti le adozioni di strumenti che permettono di creare una relazione con il consumatore, come sistemi di live Chat & Voip e strumenti di customer feedback”. La direzione imboccata dal comparto sembra quella corretta e i budget marketing delle aziende che fanno eCommerce, come condivide Simone Ruscetta, stanno crescendo anno dopo anno ”Lavoriamo con aziende che hanno soluzioni di eCommerce, queste aumentano i loro budget. Nessuna riduce la pressione in comunicazione. Tante aziende invece che hanno deciso di entrare sul settore eCommerce sostengono questa scelta attraverso pianificazioni che si consolidano e crescono anno dopo anno. Faccio qui riferimento non solo a big spender ma anche a PMI”. Il punto di partenza per una campagna dedicata ai player dell’eCommerce, chiarisce Matteo Hertel, è rappresentato dalla misurabilità della campagna e quindi dalla sua adattabilità in corsa. Questi due aspetti vanno però accompagnati secondo Simone Ruscetta da un cambio di paradigma: “l’azienda deve abbandonare la classica logica pubblicitaria e puntare alla costruzione di un dialogo con il cliente. L’azienda deve essere capace di fornire informazioni e cambiare il proprio modello produttivo e distributivo in funzione dell’eCommerce. Lo sviluppo del dialogo con il cliente è fondamentale, perché manca la parte del contatto fisico, ma il servizio al cliente non ne deve uscire sminuito. Bisogna rivolgersi a strutture che hanno raccolto risultati e a quelle agenzie che mettono il cliente al centro. Quando acquisiamo un cliente studiamo tutti i suoi processi, dalla produzione alla distribuzione per poi arrivare alla comunicazione, perché l’uso della rete per vendere deve tenere
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in conto tutti questi aspetti. È fondamentale che l’azienda che decidere di andare online con l’eCommerce sia pronta a gestire la comunicazione con il cliente mantenendo sempre il canale aperto e garantendo il feedback al consumatore. Questo aspetto interessa particolarmente il social. Il focus è portare le dinamiche del negozio sulla rete, garantendo un’esperienza soddisfacente per il consumatore. In generale, un’azienda per operare con efficacia sull’eCommerce deve essere in grado di competere con i prezzi offline garantendo lo stesso livello di qualità. Lavorando a performance i risultati migliori li otteniamo appunto su campagne che presentano queste dinamiche. La situazione attuale ha reso il consumatore estremamente sensibile alle dinamiche di prezzo e meno ad altri fattori”. Completa il quadro Andrea Rogani che evidenzia come per promuovere al meglio un’azienda di eCommerce sia necessaria una strategia integrata che preveda differenti attività: “interventi tecnici in ottica SEO al fine di migliorare la struttura del sito ed evitare, in questo modo, che barriere architettoniche possano inficiare l’indicizzazione dello stesso; produzione di contenuti originali e di qualità che, ottimizzati lato SEO, rafforzino la promozione dei singoli prodotti; una pianificazione Adv a trecentosessanta gradi che consti di azioni di branding (display classica e via RTB), pura vendita (Search), retargeting (andando a intercettare un pubblico interessato che ha transitato sul sito del Brand ma non ha completato l’acquisto), affiliation e promozionale. A ciò si aggiunga, ovviamente, lo sviluppo dei canali social al fine di creare e mantenere una community da coinvolgere, magari, in molteplici iniziative di fidelizzazione e contest particolari al pari di un canale di CRM diretto ed efficiente a cui rivolgersi in caso di problemi”. A completare le campagne a sostegno dei siti di eCommerce intervengono poi i servizi di web
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reputation, sempre più richiesti, come specifica Matteo Hertel “soprattutto dalle aziende più virtuose. Il bisogno scatta quando finalmente ci si rende conto che non è più tempo di tapparsi gli occhi. I canali di diffusione del passaparola sono innumerevoli: forum, portali, blog, social network. Il tema è la capacità di controllare e valorizzare per il proprio brand questi fenomeni. In Italia lavoriamo già con più di 100 merchant, ma contiamo di triplicarne la quantità entro i prossimi mesi”. Un passo importante perché, spiega Rogani, consente di sviluppare un dialogo diretto con le proprie audience. “Nonostante la tendenza da parte di molte aziende a sfruttare il monitoraggio della rete solo in casi di crisi, ossia quando il problema è già scoppiato ed è difficile tamponarlo – prosegue il CEO e Co-founder di mamadigital –, sta crescendo comunque la consapevolezza nell’importanza di utilizzare questo strumento in via preventiva per adeguare i propri servizi e prodotti oltre che per bloccare la crisi prima della sua esplosione”. Mobile commerce Da una ricerca che Duepuntozero Research, società del gruppo Doxa, ha realizzato per l’agenzia di marketing digitale FIND, emerge che un italiano su tre preferisce usare il proprio smartphone all’interno di un punto vendita piuttosto che chiedere informazioni al commesso. Un dato in linea con lo storico rapporto di amore che intercorre tra gli italiani e la telefonia mobile e con l’incoraggiante fotografia scattata dall’Osservatorio eCommerce: gli acquisti tramite smartphone sono passati in 12 mesi da 144 milioni a 510 milioni di euro, mentre quelli effettuati via Tablet raggiungono 1 miliardo di euro, per un valore aggregato pari al 12% del totale eCommerce. “L’integrazione dell’esperienza di acquisto con una soluzione mobile in ottica multicanale
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esaurito sul punto vendita, spende fino al 10-20% in più di quanto spendeva prima. Dall’altro si acquisiscono nuovi clienti grazie alla maggiore copertura geografica o grazie all’estensione degli orari di apertura (24/7) rispetto a quelli classici del negozio.Infine, crediamo che saranno sempre più determinanti nel trainare l’eCommerce tutti quei modelli di business volti a fornire al cliente un vantaggio in termine di prezzo. Se fino ad oggi abbiamo assistito al boom dei siti di Couponing, delle vendite a tempo, degli outlet online, dei comparatori di prezzo, ci sono ancora molti modelli in fase di sviluppo, come ad esempio quelli che puntano alla condivisione delle risorse (casa vacanza, auto, ecc.) o al riuso di prodotti (tipicamente nel fashion)”. Alessandro Perego, Responsabile Scientifico Osservatorio B2c Netcomm-Politecnico di Milano
costituisce quindi uno dei fattori chiave perché l’eCommerce B2c in Italia possa crescere in maniera ancora più decisa, raggiungendo valori comparabili a quelli dei mercati internazionali afferma Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio –. Chi, tra i merchant, ha attivato iniziative multicanale ben costruite ossia basate su una reale integrazione tra i diversi canali - negozi, online, mobile e social - con progetti in grado di sfruttare le peculiarità di ciascun canale e metterle a complemento dell’altro, sta conseguendo benefici importanti nella generazione di fatturato aggiuntivo. Da un lato, infatti si registra un aumento della spesa complessiva di un cliente già acquisito che, grazie alle nuove occasioni di acquisto su Web e sul Mobile, alla possibilità di acquistare online quanto non presente o andato
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Il gioco delle parti Il mix tra Web e Digital Out Of Home, grazie ai contenuti veicolabili dal primo e alla capacità d’ingaggio del secondo, potrebbe aprire orizzonti infiniti. La condizione è avere idee vincenti e obiettivi di comunicazione differenziati. Nel DOOH non si deve avere l’ossessione di raccontare tutto ma di conquistare l’attenzione della gente. Con il web si può fare tutto il resto
Parlerò di telefoni intelligenti, di quel visionario che ci ha cambiato la vita grazie alla semplificazione delle tecnologie più avanzate, di quel designer che ha evoluto la propria visione di materialità creando un nuovo modo di pensare la nostra personale relazione con le cose che conserviamo o esploriamo grazie ai nostri personal device. Lo farò per raccontarvi come tutto ciò ha influenzato la mia nuova visione di futuro e di come la comunicazione non potrà più essere sviluppata all’interno dei recinti dei singoli mezzi e distante dalle nuove tecnologie. Integrando contenuti, mezzi e tecnologie innovative con una buona idea, non occorrerà molto per ottenere risultati talvolta stupefacenti. WWWDOOH: gioco di ruoli Da quando la tecnologia ha proposto i piccoli schermi ad alta definizione e più tardi la possibilità di ricevere informazioni in mobilità, creativi e tecnici dell’industria informatica si sono concentrati sul linguaggio e sull’interattività di questi piccoli device personali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, a meno di un metro di distanza dalle pupille e a qualche centimetro in più dall’area 17 del cervello, quella deputata alla elaborazione delle immagini. Sempre più naturalmente, e sempre più spesso, i comuni mortali riescono a interagire con sufficiente disinvoltura con questi super-concentrati di tecnologia, collegandosi a satelliti, nuvole, amici e parenti, 94
Paolo Casti, architetto e urbanista, studioso e promotore dei media territoriali
probabilmente inconsapevoli di ciò che genera l’ingenuo contatto tra la superficie del loro indice e lo schermo del loro device. Sfido chiunque a dire che, meno di dieci anni fa, fosse possibile prevedere l’influenza di questo tipo di applicazioni della t ecnologia nella nostra quotidianità.
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Esteticamente l’ultima versione del sistema operativo iOS non ha nulla di ‘nuovo’, ma è sorprendentemente semplice: Jonathan Ive ha capito come le persone si siano ormai abituate al touchscreen e così, nella progettazione della nuova interfaccia, c’è stata una grande libertà nel non doversi più riferire così letteralmente al mondo fisico
Simon fu il primo… il primo telefono intelligente, lo commercializzò BellSouth dal 1993, il progetto, made in IBM, aveva appena un anno. Oltre alle comuni funzioni di telefono incorporava già calendario, rubrica, orologio, block notes, funzioni di e-mail e giochi. Ma abbiamo aspettato il BlackBerry per poter aprire allegati e per navigare in Internet con un browser mobile. Forse nemmeno lui, quel testardo di Steve Jobs, durante la conferenza di apertura del Macworld, nel gennaio 2007, mostrando al pubblico il suo primo iPhone, si rendeva conto dello tsunami che avrebbe innescato quella bellissima piastrella di vetro e metallo. Proprio lui, dopo essere rientrato nella azienda che aveva creato e che lo aveva rigettato, dandole la possibilità di sviluppare Pixar e Next, si era messo in testa di dedicare il suo tempo a una sfida che altri,
molto più grandi e ricchi di lui, stavano affrontando pensando più alla tecnologia che alla sua fruibilità. Proprio lui quella sfida l’ha vinta, insieme al tempo, purtroppo poco, per godersi i risultati della vittoria: l’attestato di miglior marchio del mondo secondo Interbrand di Omnicom Group: 98,3 miliardi di dollari; e anche quello dell’azienda più capitalizzata: 434,5 miliardi di dollari. La sua preoccupazione e la maggior parte delle sue mitiche litigate con soci e collaboratori, avvenivano perché la sua idea di ‘interfaccia’ tra uomini e tecnologie era diversa da quella degli altri, praticamente da quella di tutti, a parte Sir Jonathan Paul ‘Jony’ Ive, il designer britannico che dal 1997 aveva assunto in Apple. Dallo scorso anno Ive è responsabile della Human Interface, ovvero dell’interfaccia grafica del sistema operativo iOS. 95
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La nuova campagna #lookup di British Airways: un billboard digitale in cui un bambino si alza da terra quando scorge un aereo che passa, lo indica e lo riconosce. A dimostrare che con una sola location, e con tecnologie già disponibili, grazie a una buona idea si possono generare effetti eccezionali
Ha sostituito Scott Forstall, che si è giocato il posto per aver presentato le nuove mappe di Apple prima che fossero terminate. Il nuovo interfaccia non ha nulla di nuovo, ma è sorprendentemente più semplice, fin troppo secondo alcuni. In Apple hanno capito come le persone si siano ormai abituate al touchscreen e così, nella progettazione della nuova interfaccia c’è stata una grande libertà nel non doversi più riferire così letteralmente al mondo fisico. È quello che sta accadendo a tutti. Ci stiamo abituando a vedere tutto o quasi attraverso i nostri personal device. Sono gli oggetti con cui abbiamo più familiarità. Anche se la quasi totalità dei possessori di smartphone utilizza soltanto in piccola parte le loro potenzialità, di fatto immagini, filmati, il meteo e le news oramai passano quasi tutte da lì. Difficilmente guardiamo l’ora sull’orologio, e ancora di meno ci
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preoccupiamo di metter in borsa la macchina fotografica: anche questi oggetti stanno dentro la nostra piastrella tascabile. Molti dei mezzi di comunicazione hanno dovuto fare i conti con questo cambio, tutto sommato più repentino di quanto si è portati a pensare. Tutto o quasi è consultabile in rete e quasi tutti vi accedono dai piccoli device mobili. Lessico famigliare Adesso vi racconto come tutto ciò ha influenzato la mia visione di comunicazione. Da parecchio tempo mi occupo di pubblicità e di informazione verso la collettività. L’ho fatto progettando sistemi di comunicazione basati su oggetti collocati più o meno ovunque, in tutti gli ambienti dove le persone si muovono, sostano, attendono qualcosa o qualcuno, dai centri urbani delle grandi metropoli italiane fino agli aeroporti, alle autostrade e altro ancora, dalle fiere
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più commerciali alle mostre più esclusive. I miei riferimenti funzionali e sensoriali sono sempre stati gli oggetti d’uso comune. Ho sempre pensato che chiunque avrebbe trovato più accettabile, anche quando esce da casa, soprattutto quando si trova in ambienti pubblici con i quali ha poca confidenza, essere di fronte a qualcosa di famigliare, qualcosa che assomigliasse agli oggetti che usa o che possiede. È lo stesso motivo per cui, quando siamo in difficoltà con ciò che ci circonda, buttiamo lo sguardo sul telefonino e cerchiamo qualcosa che sappiamo di trovare, qualcosa che ci piace. Mi hanno anche insegnato che esistono dei codici che ci consentono di riconoscere istintivamente le cose buone da quelle cattive, il bene dal male, il brutto dal bello, il facile dal difficile. Fuori dalla porta di casa ci sono cose che conosciamo bene o per nulla, situazioni in cui ci riconosciamo e altre da cui stiamo distanti. Non è facile immaginare il clima sociale, il mood di un ambiente pubblico, e ancora più difficile è trovare il modo di attirare l’attenzione verso messaggi che devono risultare positivi e attraenti. La difficoltà è quella di interpretare quei codici comportamentali che ci consentono di muoverci in ambienti complessi e ricchi di stimoli che selezioniamo istintivamente, senza rendercene conto. Eppure è il lavoro che facciamo in molti e che, spesso per alcuni, più raramente per altri, non manca di successi e soddisfazioni. Mi sono interrogato se, alla luce di quanto ho raccontato poco fa riguardo il cambio della sensibilità collettiva verso la percezione di immagini e informazioni, valesse la pena riconsiderare il modo in cui, oltre ai supporti per la comunicazione non fosse utile rivedere il linguaggio, le modalità di ingaggio, verso chi si muove open-air oppure in ambienti pubblici controllati. In giro ci sono parecchie idee, inutile dire che l’interattività è l’elemento più apprezzato. Alcune sono veramente belle e per questo, i più rapidi a metterle in rete si sono guadagnati un
mucchio di like e preferenze, certamente utili alla loro notorietà social, ma anche e soprattutto ai brand, che grazie alla loro attività veicolano velocemente e a bassissimi costi i propri messaggi grazie alla viralità e all’impegno di questi benemeriti blogger. Il web spesso è il vero booster di cose che accadono e molte campagne pubblicitarie sono diventate note grazie al web. A Piccadilly Circus è stato installato un billboard che riconosce il numero di volo dell’aereo che in quel momento sta passando nelle vicinanze: non li riconosce tutti, solo quelli di British Airways, l’azienda che l’ha lanciato #lookup, la sua nuova campagna pubblicitaria, proprio lì. Sul billboard si vede un bambino che si alza da terra quando scorge un aereo che passa, lo indica e lo riconosce: “è il volo BA4475 da Barcellona”. Il messaggio, va da sé, viene modificato a seconda del volo e della provenienza. Con una sola location, e con tecnologie già disponibili, grazie a una buona idea si possono generare effetti straordinari, come quello ottenuto da British Airways. La capacità d’ingaggio dell’OOH, insieme all’utilizzo del web e delle tecnologie che è in grado di supportare, dalle applicazioni ai social, porta a risultati che possono essere sorprendentemente straordinari.Con #lookup per British Airway è andata così. Senza la necessità di occupare troppi, costosi e inutili spazi, in città diverse da quella dove questa comunicazione ha avuto senso, #lookup ha fatto parlare di sé. Meno spazi, più fantasia Il Digital Out of Home, che abbiamo incominciato a chiamare DOOH, effettivamente apre al web orizzonti infiniti, amplificando, tra l’altro, tutte le potenzialità dei personal device a favore di applicazioni ancora più interattive con il contesto fisico. Da parecchio tempo parlo di città come palinsesto della nostra quotidianità. Dal punto di vista della comunicazione, anche commerciale, trovo che alle aree metropolitane
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non manchi certo l’audience: probabilmente non è stata individuata ancora una modalità di ingaggio adeguata per sfruttare a pieno gli enormi flussi di traffico che ospita. Forse gli spazi pubblicitari convenzionali, che effettivamente un po’ di anni fa erano troppi, e che dopo essere diminuiti e migliorati hanno perso un po’ del loro appeal, hanno bisogno di essere rigenerati, nell’aspetto e nella funzionalità. È probabile che anche il web, dalle applicazioni fino ai social, dovrà uscire dai dispositivi che lo veicolano per interagire maggiormente con altre forme di comunicazione a loro volta integrabili con quelle attualmente in uso. Non è da escludere che possa nascere una nuova generazione di device, più integrati con il mondo reale, con spazi di condivisione allargati rispetto alla sfera personale o delle quattro persone a cui si può mostrare qualcosa sul proprio schermo... Contando sul fatto che dai nostri smartphone e dai tablet possiamo approfondire ogni ricerca di contenuti, agli altri mezzi non serve spiegare un gran che. Le priorità possono cambiare: gli spot in Tv e in DOOH possono fare un grande salto di qualità, abbandonando l’impegno ossessivo di raccontare tutto – dai prodotti, alla distribuzione alle offerte – pensando semplicemente a conquistare l’attenzione della gente. Al resto pensa il Web. Basta un po’ di fantasia. E questo potrà essere il problema. A questo proposito dobbiamo constatare che la creatività è la merce più rara: siamo nell’epoca in cui sono maggiori le cose che si possono fare, rispetto a quelle che si fanno. Tecnologia e infrastrutture, senza scendere nel dettaglio dei rallentamenti tipici del nostro paese, sono oramai disponibili insieme a un esercito di professionalità competenti a sostenerle.Creatività e fantasia, invece, sono state schiacciate dalla legge dei numeri. Finche i conti tornavano tutto andava; a desso che non tornano più, la situazione paradossalmente è peggiorata.
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Forse il fondo l’abbiamo toccato o comunque è molto vicino. Probabilmente basterebbe allungare i piedi in basso per trovarlo, per darci una spinta. Bene, facciamolo. Just do it. Nell’88 Dan Wieden, rubando le parole dalla bocca di Gary Gilmore un americano che ha guadagnato notorietà internazionale richiedendo l’adempimento della sua condanna a morte, ha utilizzato ‘just do it’ per Nike. La scelta non poteva avere miglior sorte: Nike ha incrementato il proprio business a livello mondiale di quasi dieci volte invitando i suoi clienti ad agire. A noi basterebbe meno. Paolo Casti architetto e urbanista, studioso e promotore dei media territoriali
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centrodigravitĂ permanente
i protagonisti
iquadernidellacomunicazione
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Il contenuto sempre al centro Fox International Channels Italy non è più solamente un broadcaster televisivo ma un editore multimediale internazionale; sta infatti crescendo la sua presenza anche sui media digitali, dove porta i propri contenuti di qualità per la gioia (anche) degli inserzionisti pubblicitari, attraverso i siti – dei canali o dei principali programmi – le pagine social o le specifiche app
“Il mio sogno – spiega Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks – è quello di non vendere al mio cliente 100 pageview del sito di una certa serie Tv o 3 passaggi pubblicitari durante il programma, ma di vendergli ‘l’appassionato’ di quella serie”: una persona che a quel punto si può raggiungere con la comunicazione attraverso qualunque device o touchpoint. Nonostante la perdurante crisi italiana che anche quest’anno produrrà numeri poco rassicuranti per il mercato dell’advertising, il gruppo Fox dimostra sempre una grande brillantezza per quanto riguarda l’offerta di contenuti (televisivi ma anche su altri media). Come è andato allora questo 2013 dal punto di vista dell’advertising, digitale e non, e cosa prevedete accadrà il prossimo anno? Dal lato digital è andata bene: noi abbiamo chiuso con un +27% sulla concessionaria web su Fox Networks. Anche globalmente l’ultimo quarter si è chiuso con un segno più, quindi il momento è certamente positivo. Per quanto riguarda il futuro è difficile fare previsioni economiche puntuali, tuttavia se parliamo di aspetti più prettamente legati alla comunicazione ritengo che nell’evoluzione del mercato occorrerà presidiare sempre nuovi touchpoint; personalmente sono convinto che 100
Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks
il mercato si stia spostando verso campagne crossmedia, e questo causerà anche lo spostamento del media-mix a favore dei media digitali. A questo punto diventa sempre più importante il contenuto, che fa da traino e porta beneficio anche alla comunicazione. Il contenuto
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.FOX NETWORKS Via Archimede, 10 – 20129 Milano Tel. 02 91618701 – Fax 02 91618025 ficmilansales@fox.com www.foxnetworks.it
Board di direzione: Francesco Barbarani, Head of .Fox Networks & Digital; Manuela Bondioli, Senior Sales Manager; Fabiola Di Giuseppe, Senior Sales Manager; Anna Squassabia, Senior Sales Manager; Federico Besnate, Business Development Manager. è il driver di tutto, e Fox lo sa bene, essendo uno dei maggiori player al mondo. Quanto pesa per .Fox Networks l’appartenenza a uno dei più grandi gruppi media mondiali? Quali sono le sinergie che potete sfruttare e quali sono i vantaggi che potete prospettare ai clienti? La sinergia naturalmente è molto spinta, si percepisce il fatto di far parte di un grande gruppo internazionale. Come dicevo i contenuti sono centrali nella nostra strategia e quando Fox propone contenuti di qualità come il nuovo canale sportivo Fox Sports, per il cui lancio abbiamo lavorato tutta l’estate, oppure le varie serie tv di culto, per esempio The Walking Dead che in Italia è un successo strepitoso, il tuo lavoro viene avvantaggiato, anche quando devi creare la app oppure offrire contenuti speciali sul sito. L’utente digitale è sempre più multidevice e multiscreen; come si sta muovendo in questo contesto di forte cambiamento un editore multimediale come Fox? Quali sono le implicazioni per una struttura di comunicazione come la vostra? Innanzitutto mi fa piacere che Fox venga definito un ‘editore multimediale’, perché normalmente viene percepito come un semplice broadcaster Tv. In realtà è molto di più, proprio perché ci siamo resi conto che la fruizione dei
Servizi Offerti: .FOX Networks è la concessionaria on line di proprietà di Fox International Channels – società multimediale di proprietà di 21st Century Fox - che si occupa della raccolta pubblicitaria per i siti Internet dei canali televisivi del gruppo Fox: Fox Sports (www.foxsports.it), Fox (www.foxtv.it), FoxLife (www.foxlife.it), FoxCrime (www.foxcrime. it), FoxRetro (www.foxretro.it), Nat Geo Fan (www. natgeofan.it), History Channel (www.historychannel. it), BabyTv (www.babytvchannel.it), della webtv FlopTV (www.floptv.it) e di un ampio network di siti appartenenti ad editori terzi. I siti in concessione esclusiva del network .FOX generano 6.532.000 utenti unici e 61.035.000 pagine viste ogni mese. (Fonte: Audiweb) Anno di fondazione: 2007 Addetti: 14 Clienti (principali): Tutti i principali top spender del settore. contenuti non avviene esclusivamente dalla Tv ma passa molto spesso da altri schermi, come quelli del PC o dello smartphone. L’anno scorso abbiamo mosso i primi passi con le app, per esempio quella di National Geographic o FoxFan, e stiamo procedendo con Fox Sports e le applicazioni per Smart Tv LG. Anche i video visti sui siti dedicati ai vari canali hanno sperimentato un aumento notevole delle visualizzazioni. Insomma, da broadcaster sappiamo che la televisione è in buona salute, ma da editore multimediale sappiamo che ormai 101
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quali stiamo conducendo degli esperimenti) o di performance marketing, non credo che possano danneggiare il nostro business; anzi, al contrario, penso che questo non faccia che aumentare il valore del contenuto di qualità. Credo inoltre che certi nostri prodotti di comunicazione basati sui contenuti, penso per esempio ai progetti speciali, non rientrino nei piani di chi affronta il mercato pubblicitario online con la logica del performance marketing. Sono proprio due piani diversi.
L’iniziativa Savaword che ha visto la realizzazione di un advergame dedicato alla finanziaria di Fiat Group e una campagna di comunicazione in co-branding: un esempio della forza delle iniziative speciali digital di Fox
l’utente è multiscreen, che utilizza diversi schermi e spesso in contemporanea, per approfondire ciò che sta vedendo in tv oppure per attività collaterali. Dal punto di vista del media buying si sta assistendo alla progressiva affermazione del programmatic marketing, con l’utilizzo sempre crescente di piattaforme di acquisto automatizzate. Per gli editori questo spesso vuol dire un livellamento dei prezzi verso il basso, e molti analisti ritengono che la soluzione migliore per i publisher più avanzati sia quello di dotarsi di marketplace privati per il proprio inventory. Cosa ne pensate? Quali sono le soluzioni che adotta .Fox Networks in questo campo? Io sono ottimista di natura, e quindi, pur riconoscendo la valenza degli strumenti RTB (sui
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Sempre in tema di marketing programmatico, quali sono le soluzioni che potete offrire per aumentare l’efficienza della comunicazione dei vostri clienti sul vostro network pubblicitario? Quali sono le soluzioni di comunicazione più innovative e performanti che mettete in campo? Anche se come detto stiamo facendo delle prove con gli strumenti RTB, quello che indubbiamente ci contraddistingue è il legame con i contenuti. Quando i contenuti sono di qualità, è più facile abbinare loro dei progetti speciali, che esaltino questi contenuti, piuttosto che venderli ‘un tanto al chilo’. Anche perché in questo modo l’attenzione è spostata sull’utente, anziché sulle page view o sui passaggi in Tv. Il mio sogno, e negli Stati Uniti lo fanno già, è quello di non vendere al mio cliente 100 pageview di The Walking Dead o 3 passaggi pubblicitari durante il programma, ma di vendergli “l’appassionato di The Walking Dead”, che a quel punto vede sì il programma, ma poi va anche sul sito o su Facebook a commentare l’episodio, si scarica l’app e così via. Secondo diverse ricerche eye-tracking, gli utenti più assidui su internet spesso sviluppano la capacità di ignorare inconsciamente il display advertising (la cosiddetta ‘banner blindness’. Questo è uno dei tanti motivi del successo del video advertising, in costante crescita. Il video del
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FoxSports.it, la ‘casa’ del calcio internazionale (www.foxsports.it)
La pagina dedicata a The Walking Dead – una delle serie di maggior successo di sempre, in Italia e nel mondo – sul sito foxtv.it
resto è uno dei punti di forza di Fox: quali sono le soluzioni che proponete ai vostri clienti, e quali sono gli obiettivi che si possono raggiungere? Per quanto riguarda il banner, nonostante tutto quello che si dice credo che goda ancora di una discreta salute, soprattutto se è utilizzato per quello che sa fare e non per obiettivi che non gli competono. Il video advertising naturalmente ha un altro grado di coinvolgimento ed è estremamente efficace: noi siamo in grado di declinarlo in diversi formati, ma la regola più importante è che il contenuto a cui si appoggia il pre-roll sia un contenuto di qualità e pertinente al messaggio che vogliamo dare. Inoltre, se vogliamo, il video ha anche un vantaggio per chi propone le soluzioni di comunicazione: rende più facile avvicinare il cliente ‘televisivo’ abituato a fare spot in Tv, perché il prodotto è molto affine (per creatività, impatto, coinvolgimento) alla tipica produzione televisiva.
giuste per consolidare la presenza di un’azienda o di un brand sul social, e voi quali strumenti offrite in proposito? Credo di avere un primato: quello di essere stato il primo Country Manager di un social network internazionale in Italia, nel 2008 con Myspace, prima che arrivassero i vari Facebook e Twitter. Quindi so perfettamente che il social è uno strumento straordinario per la comunicazione, che ti permette di dialogare con i tuoi utenti e di coinvolgerli nel mondo della tua azienda o del tuo brand. Ritengo però che sia necessaria una condizione: la partecipazione deve essere estremamente qualitativa. Solo in questo modo si può creare una relazione fruttuosa, dove a contenuti di qualità corrisponde una partecipazione di qualità. Ci sono nei social network tante persone che spesso ne sanno quanto noi o più di noi sul nostro prodotto o servizio: è fondamentale non deluderle ed essere sempre pronti ad ascoltarle, anche di fronte a situazioni sgradevoli. In questo caso noi partiamo già con un vantaggio: abbiamo i contenuti di qualità, quindi è più semplice instaurare un dialogo proficuo con l’utente. Insomma gestire un social network può essere estremamente faticoso ma anche estremamente appagante: gli utenti possono diventare i migliori alleati dell’azienda o del brand.
La presenza sui social network è una delle grandi questioni che tutte le aziende si pongono: se da un lato deve essere data per scontata sono le modalità con cui avviene che non sono sempre chiare. Fox ha avuto e ha esperienza con diverse realtà social come Myspace e Flop.Tv: quali sono le mosse
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Il gusto del successo Come i classici tortellini emiliani, il metodo di lavoro di 24Media coniuga l’arte di una realizzazione artigianale di qualità e la concretezza dei risultati. Per una comunicazione al tempo stesso ‘gustosa’ ed efficace, capace di assicurare ogni volta le soluzioni migliori ritagliate sulle esigenze del cliente e in cui ogni euro allocato deve rendere al massimo
“Il nostro modo di lavorare comporta il mettersi costantemente in discussione insieme ai nostri clienti, aiutarli a crescere e avere una relazione duratura con loro. Coltiviamo la qualità e il sapore, non ci piace molto il junk food…”: Simone Ruscetta, Ceo & Strategic Development di 24Media, illustra così il rapporto dell’agenzia con i propri clienti. Dalla vostra presentazione online: ‘abbiamo inventato il Marketing del Tortellino: un sistema integrato per promuovere la vostra attività e i vostri prodotti in maniera semplice, efficace, onesta e gustosa’. Come si traduce questa divertente affermazione in vantaggi concreti per i vostri clienti? Abbiamo utilizzato l’immagine del tortellino per diversi motivi. Il tortellino ha due caratteristiche principali: innanzitutto è un simbolo che identifica in tutto il mondo il territorio dove opera 24Media; inoltre, nella tradizione, il tortellino è sempre fatto a mano, non ce n’è uno uguale all’altro. Sono esattamente i concetti che vogliamo veicolare: siamo locali ma abbiamo una vocazione globale, guardiamo al futuro ma partendo dalla tradizione, non prepariamo soluzioni standardizzate ma viviamo ogni progetto con il cliente, predisponendo ogni volta le soluzioni migliori ritagliate sulle sue esigenze. Quali soluzioni prospettate ai vostri clienti e 104
Simone Ruscetta, Ceo & Strategic Development di 24Media
quali obiettivi si possono raggiungere con la presenza di aziende e brand sui social network? Il nostro metodo di lavoro si basa su diversi passaggi, di cui il primo è costituito dall’analisi della situazione esistente. Il secondo step è la stesura di un piano editoriale, che punti al raggiungimento degli obiettivi, che possono essere molteplici, per esempio l’aumento della fanbase, o dell’interazione dei fan o altro ancora. È a seconda di questi obiettivi che nel terzo step si scelgono gli strumenti adatti a raggiungerli. Segue infine la misurazione dei risultati. Gli obiettivi del social
24media
24MEDIA Via Mario Vellani Marchi, 20 - 41124 Modena Tel. 059 8384037 – Fax 059 8384036 ads@24media.it www.24media.it
Board di direzione: Simone Ruscetta, Ceo possono essere i più diversi: volendo citare alcuni casi, per un quotidiano online della provincia di Modena abbiamo curato tutta la parte social portando nel giro di pochi mesi la testata al secondo posto dietro la storica Gazzetta di Modena, mentre per due eventi di portata locale, uno spettacolo di Carlo Gozzi e la prima edizione del ‘Festival delle Torte’, l’obiettivo era invece la vendita di biglietti e il risultato utilizzando il social è stato lusinghiero: sold out nel primo caso e circa 3.000 biglietti nel secondo. In generale il nostro approccio non è quello di vendere degli spazi on line, ma di vendere dei risultati concreti e tangibili: ogni euro allocato deve rendere al massimo. In che modo l’evoluzione mobile modifica la comunicazione digitale? Come risponde la vostra struttura a questo cambiamento di paradigma? Per noi è una splendida opportunità, perché in questo modo si moltiplicano i touchpoint tra l’utente finale e l’azienda. Chiaramente questo implica un mercato sempre più affollato di player: la nostra risposta è investire nell’innovazione, nella ricerca e sviluppo per trovare soluzioni nuove ed efficaci. Abbiamo per esempio investito oltre 150.000 euro in un progetto in collaborazione con l’università di Modena e Reggio Emilia (coinvolgendo quindi anche il nostro territorio) che prevede l’utilizzo della realtà aumentata. Cerchiamo quindi di dare risposte a questa evoluzione, non teoriche ma concrete, per rimanere sempre al passo con i tempi. Con il digitale il flusso delle informazioni da monodirezionale è diventato bidirezionale,
Servizi Offerti: Consulenza comunicazione online, Email marketing in Italia, Europa e Brasile, Performance Marketing e Affiliation, Social Adv e Engagement, Display e Video Adv, Editoria online, Organizzazione eventi. Anno di fondazione: 2011 Dipendenti: 11 Fatturato 2012: 750.000 euro Clienti (principali): Zalando, Carla Gozzi, Kamiceria, William Hill, Voyage Privé, Casa.it, Mondadori, Molòn Lavè, Democenter Sipe, Palmanova Outlet Village. e i consumatori anziché da conquistare sono da coinvolgere e divertire... Qual è la vostra ricetta per l’engagement ottimale dei clienti? Nella mia visione la risposta è semplice: ascoltare e rispondere sempre e comunque. Il passaggio dalla monodirezionalità alla bidirezionalità della comunicazione, che implica l’interazione con i propri clienti/consumatori, ha messo in crisi molte aziende. Non dal punto di vista tecnico, visto che comunicare in modo bidirezionale sul web e sui social è facile, accedi, leggi e rispondi in qualsiasi momento e luogo. Quanto piuttosto dal punto di vista dei contenuti: il problema è cosa e come comunichi. La bidirezionalità espone l’azienda al rischio di critiche anche pesanti, ma è proprio da come si risponde anche agli interventi più duri che si può catturare l’attenzione o l’empatia degli utenti. Occorre insomma aprire molto bene le orecchie e rispondere sempre cercando di trovare le idee migliori, cercare di reagire alle critiche in positivo. 105
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Testa digitale, anima creativa WE-B è una web agency che nasce da una costola di Aldo Biasi Comunicazione, e proprio di questo fa il suo valore aggiunto: unire la comunicazione digitale con la solida filosofia creativa di un’agenzia tradizionale. Partendo da questa base per poi utilizzare tutti gli strumenti digitali, ciascuno secondo le sue peculiarità e con le soluzioni creative più adatte
MATTEO BIASI e Damiano Crognali, rispettivamente CEO e General Manager di WE-B, spiegano così i tratti distintivi della struttura: “Facciamo comunicazione e marketing online, ma, mentre altre strutture web partono dallo strumento tecnologico come asset fondamentale dei loro progetti, noi per i nostri clienti facciamo un ‘passo indietro’: studiamo prima posizionamento, strategia e creatività, un percorso progettuale forse più tipicamente pubblicitario, ma che, abbinato all’esperienza di uno staff di digital natives, ci consente a quel punto di poter declinare e usare veramente in maniera coerente ed efficace tutti i media e gli strumenti messi a disposizione dalla rete”. Aldo Biasi Comunicazione è nota per le sue numerose e brillanti campagne di advertising ‘tradizionale’; quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a creare una struttura che si occupi del digitale? MB – La struttura digital è la conseguenza naturale di un percorso che è iniziato nei primi anni del 2000: già allora avevamo intuito le potenzialità del web e mettemmo in circolazione uno dei primi video virali per La Coloreria Italiana. Ma soprattutto perché le aziende per cui da anni creiamo pubblicità tradizionale hanno iniziato a chiederci espressamente il nostro punto di vista sulla comunicazione web e quindi di proporgli progetti concreti per i loro brand. 106
Matteo Biasi, Ceo, e Damiano Crognali, General Manager di WE-B
Uno dei punti di forza di WE-B è l’attenzione al social. Quali servizi siete in grado di proporre a un’azienda che vuole portare il suo brand in rete e affermare la propria presenza sui social network? MB – Partendo sempre dai valori di posizionamento e dalla strategia di marca, utilizziamo tutti gli strumenti che la rete mette a disposizione – non solo i classici Facebook e Twitter ma anche Instagram, Wikipedia, Pinterest, LinkedIn, persino le infografiche – usandoli sempre nella maniera più inaspettata, valutando di volta in volta il percepito della marca, il linguaggio da impiegare, quali sono
aldobiasicomunicazione/we-b
ALDO BIASI COMUNICAZIONE/WE-B Via Luca Signorelli, 14 – 20154 Milano Tel. 02 89095590 welcome@we-b.it www.we-b.it
Board di direzione: Aldo Biasi, Presidente ABC; Matteo Biasi, Amministratore Delegato ABC e WE-B; Damiano Crognali, General Manager WE-B.
i meccanismi che regolano l’acquisto online: tutti fattori che vengono presi in considerazione dai nostri strategic planner che impostano la campagna di comunicazione sui social. Anche le PR hanno subito una trasformazione decisiva con l’impatto del digitale: quali servizi di Digital PR proponete ai clienti, e come riescono a fare la differenza? DC – I nostri servizi di Digital PR si basano sul fatto che abbiamo contatti molto stretti e sviluppati nel tempo con i blogger e gli influencer del web, che sono snodi importanti della rete per amplificare il messaggio di comunicazione senza che siano direttamente l’azienda o il brand a veicolarlo. Le Digital PR fanno già la differenza nel senso che sono diventate ormai fondamentali, perché da quando esiste il web occorre tenere in considerazione il fenomeno del tempo reale: quando un evento accade non ci si può permettere di aspettare un giorno o due per emettere il comunicato stampa. I giornalisti, i blogger, gli influencer o anche coloro che postano per diletto vanno seguiti 24 ore su 24: è quindi indispensabile l’aiuto di un’agenzia strutturata per raggiungere questo obiettivo. Con il moltiplicarsi dei dispositivi connessi (tablet, smartphone, wearables...) il consumatore è sempre raggiungibile. Come sfruttare questi nuovi canali, e quali sono gli errori da evitare? MB – Ogni strumento in più è una possibilità
Servizi Offerti: ABC: planning, advertising classica, che prevede marketing e creatività, Web, new media, below the line; WE-B: creatività e posizionamento, web reputation, digital pr e viral spot, web media strategy. Anno di fondazione: ABC: 2000 – WE-B: 2013 Clienti (principali): Albergo Cristallo di Cortina D’Ampezzo; Berloni Arredamenti; Conad, Conad Del Tirreno, E.Leclerc Conad; Corriere Dello Sport; Coswell (Biorepair, Biorepair Junior; Bionsen; Isomar; Prep; profumi Renato Balestra, Rockford, Patrichs, Biblos; Sekura; Fleboderm, L’Angelica, Dolorelax, Rapident, Belcane, Belgatto; Transvital); Glade Car Eurasia; Farchioni (Maestri Birrai Umbri, Olio); Gruppo Colussi (Riso Flora, Linea Misura, Agnesi, GranTurchese); Moige Onlus; Partito Democratico; Sapori; Toro Assicurazioni. di comunicazione in più, e quindi mai un impedimento. Per sfruttare tali opportunità è importante avere già un’idea di comunicazione ben definita secondo i classici parametri di posizionamento, strategia, creatività. Partendo da questa base sarà poi relativamente semplice utilizzare altri strumenti come ad esempio il mobile, sempre ciascuno secondo le sue peculiarità e con le soluzioni creative più adatte a quello specifico strumento. DC – Dal punto di vista della comunicazione pubblicitaria questi dispositivi permettono una maggiore targetizzazione del messaggio, a patto di declinarlo in modo corretto per quel dispositivo e per come è utilizzato. Tra gli errori da evitare c’è sicuramente la ridondanza del messaggio stesso, che sui dispositivi mobili risulta ancora più fastidiosa. 107
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Focus sull’engagement La messa a regime delle attività legate a Cemit Digital Solutions, realtà creata alla fine nel 2011, ha permesso a Cemit Interactive Media di integrare nella sua offerta una serie di servizi richiesti dai clienti tradizionali e di acquisirne di nuovi, definendo un’offerta commerciale che soddisfa diverse richieste di mercato in una logica di piena multicanalità
INTERVISTA a Luigi Onesti, Managing Director Cemit Interactive Media. Cemit Interactive Media è una delle aziende leader in Italia nel marketing relazionale. Quali sono i suoi punti di forza nel digitale, e quali i vostri risultati economici in questo difficile 2013? Nonostante un mercato pubblicitario in caduta verticale per tutti i mezzi, Cemit Interactive Media è riuscita nel contesto dell’annus horribilis 2013 a mantenere un livello di fatturato in linea con l’anno precedente. Inoltre, la focalizzazione su servizi a maggior valore aggiunto, permetterà, con la chiusura dell’anno, di migliorare il margine operativo globale dell’azienda. Per quanto attiene al mondo digitale, la messa a regime delle attività legate a Cemit Digital Solutions, realtà creata alla fine nel 2011, ci ha permesso di integrare nella nostra offerta una serie di servizi richiesti dai nostri clienti tradizionali e di acquisirne di nuovi. La multinazionale americana Avon, leader mondiale nel canale della vendita diretta di prodotti cosmetici è, ad esempio, un cliente che abbiamo acquisito solo sulle attività digitali. Siamo così andati a definire una offerta commerciale che soddisfa diverse richieste di mercato integrando naturalmente attività online in attività più prettamente tradizionali in una logica di vera multicanalità. 108
Luigi Onesti, Managing Director Cemit Interactive Media
Quali servizi offre Cemit Digital Solutions? I servizi di CemitDS vanno a completare, integrandola, l’offerta di Cemit Interactive Media come importante player sul mercato del marketing relazionale. In un mondo in cui tutti dicono di fare
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CEMIT INTERACTIVE MEDIA (GRUPPO MONDADORI) Corso Giulio Cesare, 268 – 10154 Torino Tel. 011 2227411 Via Lampedusa, 13 – 20141 Milano Via Sicilia, 136 – 00187 Roma cercocemit@mondadori.it www.cemit.it – www.cemitds.it Twitter: @cemitDS Facebook: CemitDS | CemitMondadori LinkedIn: company/cemit-interactive-media
tutto, abbiamo preferito concentrarci su pochi servizi, coerenti con la nostra mission e fatti bene. Il mercato sembra darci ragione. Siamo attivi nelle attività legate ai dati con la lead generation e la costruzione di database qualificati, la conseguente realizzazione di campagne di e-mail marketing evolute e su profili targettizzati, la gestione dei social media sia in ottica digital PR che social CRM e una parte consulenziale volta a disegnare a quattro mani con i clienti le migliori strategie per raggiungere gli obiettivi prefissati. Nei prossimi mesi allargheremo la nostra offerta anche alla parte di contenuti per il marketing, focalizzando l’attenzione sulle attività di marketing engagement che più sono ricercate dai nostri clienti: informazioni e dati qualificati da una parte e contenuti profilati e di valore dall’altra. Le aziende che investono sulla lead generation chiedono garanzie sulla qualità dei database: quali strategie adottate per ottenere questa qualità, e quali i vantaggi che offrite ai vostri partner? Lead generation, trattamento dati, database management e marketing analysis costituisco da anni, il nostro core business. Sia on line che off line, generiamo lead sulla base delle nostre esigenze interne o su quelle dei clienti. La nostra cultura è quella del marketing di relazione e contrariamente al ‘marketing di rapina’ purtroppo molto in voga in questi anni, costruiamo relazioni stabili con i nostri
Board di direzione: Federico Rampolla, Ceo; Luigi Onesti, Managing Director; Roberto Goia, IT & Operation Director. Servizi offerti: CRM, Digital, Direct, Social CRM, Lead Generation, Database, Marketing analysis, Content & e-Mail marketing. Anno di fondazione: 1969 Addetti: 75 Fatturato 2012: 17,3 milioni di euro Clienti (principali): FIAT, P&G, Mediamarket, Feltrinelli, Action Aid, Juventus, ENEL, Costa Crociere, Unilever, Sky, Reckitt Benckiser, Gucci, Mondadori. clienti che a loro volta le costruiscono con i loro. In sostanza abbiamo capito grazie a tanta esperienza sul campo e attraverso una continua attività di test che i canali attraverso i quali fare lead generation sono molti, performano in modo diverso a seconda del cliente, del prodotto, del periodo e di conseguenza anche il loro costo per una attività di acquisizione varia notevolmente. Un mix equilibrato di questi fattori ci permette di offrire al mercato una lead generation fatta sostanzialmente online sulla base delle preferenze espresse dai consumatori e in regola con la regolamentazione sulla privacy (a nostro modo di vedere non particolarmente rispettata da molti operatori del settore) e per questo motivo più adatta alla costruzione di attività di contatto dei consumatori in una logica relazionale. 109
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La parola ai clienti di Cemit: il caso Fnac A Jimmy Clarini chiediamo di raccontare come è stato impostato il rilancio di Fnac-Frc Group, l’azienda di cui è Managing Director: quali sono state le linee guida strategiche di comunicazione studiate per supportare questa operazione? “L’attività di ristrutturazione e rilancio di Fnac ha richiesto un grande impegno – risponde Clarini –, non solo dal punto di vista organizzativo e di ripristino dell’offerta merceologica, ma anche per ridefinire una forte strategia CRM a supporto, visto l’elevata incidenza dei ‘soci’ Fnac sul fatturato e vista la peculiarità della clientela. In tempi strettissimi abbiamo dovuto ricostruire un database, implementare una nuova piattaforma CRM ed impostare una nuova strategia di contatto integrato. Cemit aveva tutte le soluzioni per queste esigenze straordinarie e si è rivelata, a posteriori, una scelta giusta”.
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Quali sono stati gli interventi attuati, in partnership con Cemit Digital Solutions, per ottenere la massima efficacia in questa delicata operazione di rilancio? E quali sono stati fino ad oggi i risultati di queste attività online? La strategia di comunicazione è rivolta a riaffermare il posizionamento Fnac e i suoi valori. Stiamo attuando una forte campagna di riacquisizione soci con il lancio di un nuovo programma fedeltà a loro dedicato, offrendo non solo nuovi privilegi ma anche sostenendoli e premiandoli per i disagi che hanno avuto con la chiusura repentina dei vecchi negozi. Abbiamo lavorato trasversalmente sia sul canale tradizionale, sia sul digitale che su quello social, attraverso la differenziazione delle azioni e dei messaggi. Gli obiettivi che ci siamo posti sono ambiziosi e il trend di conversione che stiamo avendo ci sta dando segnali molto positivi.
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Al servizio dei risultati Clickpoint punta a rafforzare il proprio ruolo di partner e consulente per publisher e advertiser attraverso una serie di servizi efficaci in qualsiasi contesto, caratterizzati da una remunerazione basata sui risultati, dalla definizione di target estremamente profilati e dalla possibilità di effettuare monitoraggi in tempo reale, il tutto con budget molto contenuti
INTERVISTA a Roberto Siano, fondatore e managing director Clickpoint. Il web è un comparto che continua a crescere grazie a un mercato particolarmente vivace e innovativo. Come valutate i vostri risultati in questo contesto e quale evoluzione del mercato vi aspettate per il prossimo futuro? Il 2013 è un anno molto positivo per noi: nei primi tre trimestri – e lo faremo anche nell’ultimo – abbiamo consolidato il successo dei servizi offerti, sviluppato nuove soluzioni e confermato l’ottimo rapporto con partner e clienti. In futuro lo sviluppo tecnologico e il sempre più ampio accesso ai dati relativi agli utenti apriranno scenari del tutto inediti e sicuramente avvincenti per la comunicazione di aziende e brand. Tutto ciò però, inevitabilmente, pone importanti sfide, volte soprattutto a comprendere e soddisfare abitudini e necessità di clienti sempre più esigenti. Questo è lo scenario in cui Clickpoint opera puntando a rafforzare il proprio ruolo di partner e consulente per publisher e advertiser attraverso una serie di servizi efficaci per ottenere risultati anche in contesti mutevoli, perché caratterizzati da una remunerazione basata sui risultati, dalla definizione di target estremamente profilati e dalla possibilità di effettuare monitoraggi in tempo reale, il tutto con budget molto contenuti. Il mercato della lead generation è oggi uno dei più considerati dai marketer. Quali sono 112
Roberto Siano, fondatore e managing director Clickpoint
le metodologie che applicate per mantenere alti standard di qualità, e quali i vantaggi che offrite ai vostri partner? Per realizzare una corretta ed efficace campagna di lead generation è necessario mettere in campo adeguati processi di lead qualification, per determinare la motivazione di un contatto a trasformarsi in cliente; lead scoring, per classificare i lead in ordine di interesse; lead nurturing, per
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Clickpoint
consolidare la relazione di fiducia e trasformarla in prospect e, quindi, in cliente. Non si tratta solo di indicazioni teoriche, ma delle chiavi per avviare un motore potente che soltanto un operatore specializzato può gestire al meglio. Per Clickpoint quando si parla di lead generation è fondamentale definire con precisione gli obiettivi, per poi calibrare il grado di engagement richiesto, tenendo presente che maggiore è l’impegno richiesto, minori sono i volumi, motivo per cui è sempre meglio partire con un basso commitment. Uno dei punti di forza di Clickpoint sono le campagne di e-mail marketing: quali sono le strategie corrette da seguire per organizzare una buona campagna e-mail? Qualsiasi buona campagna e-mail deve basarsi su un concetto fondamentale, ovvero il permission marketing. L’email marketing è da alcuni anni uno strumento molto apprezzato dagli advertiser, purtroppo però ultimamente abbiamo assistito al proliferare di nuovi player che offrono servizi emailing di minore qualità rispetto allo standard di mercato, su liste proprietarie e non. Tale fenomeno può compromettere seriamente il mercato dell’email, portando gli utenti a percepire sempre più spesso come ‘spazzatura’ la ricezione di email pubblicitarie. Per questo Clickpoint da tempo parla di permission marketing, ovvero la costruzione di una relazione tra azienda e consumatore basata sul consenso da parte di quest’ultimo, e sull’invio di materiale e informazioni effettivamente pertinenti agli interessi e ai bisogni del destinatario. Il fenomeno del momento è senza dubbio quello del ‘Big Data’. Ritenete che questa nuova tendenza possa rappresentare un’opportunità per brand e aziende? Sicuramente sì. Anche se nel nostro Paese siamo
Centro Direzionale Torri Bianche Via Torri Bianche, 9 - 20059 Vimercate (MI) Tel. 039 6856701 – Fax 039 6854214 it.enquiry@clickpoint.com www.clickpoint.com
Board di direzione: Roberto Siano, managing director; Marta Bettini, responsabile marketing; Andrea Benassi, responsabile commerciale. Servizi Offerti: soluzioni di marketing online multipiattaforma per advertiser e publisher: display adv, email marketing, mobile, campagne adv online e performance marketing. Anno di fondazione: 2005 Clienti (principali): Alfa Romeo, Altroconsumo, American Express, Babbel, Betfair, Blinko, BMW, Bolton (Somatoline), Buyvip, Carrefour, CEPU, Chevrolet, Compass, Difesa Debitori S.p.A., Diners, Directline, Edreams, Eminflex, Englishtown, Enel, Fastweb, Fiat, Galbani, Glamoo, Genertel, Genertel Life, Genialloyd, Gioco Digitale, H3G, Hilton, HP Snapfish, Honda, IBL Banca, Il Tuo Prestito, Jeep, Johnson&Johnson, Lancia, Lottomatica, Mastercard, Mazda, Mercedes, MINI, Musicbox, Nissan, Peugeot, Quixa, Sara Assicurazioni, Savethechildren, Seat PG, Segugio, Smart, Sisal, Sky, Skoda, Teletu, TIM, Tiscali, Unicredit, Unilever, Università Telematica Unicusano, Utet, Visa, Vodafone, Webank, William Hill, Zurich Connect... ancora lontani da un’effettiva data revolution, ovvero la capacità di fondere big data e analytics; ma ci stiamo avvicinando molto velocemente, consapevoli che il mercato globale dei big data nel 2017 varrà oltre 57 miliardi di dollari e già oggi ha un valore di oltre 5 miliardi (fonte: McKinsey). Non dimentichiamo che i dati rappresentano un vero e proprio valore economico: sono una risorsa fondamentale per la conoscenza dei consumatori, un investimento aziendale, un materiale indispensabile per indirizzare le scelte politiche dei governi. L’importante è non lasciarli giacere inermi, perché il loro valore è sempre proporzionale alla nostra capacità di analisi e attribuzione di significato. 113
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La Scatola dei Giocattoli Creare un portale multimediale per posizionare i prodotti Mattel ai primi posti dei risultati di ricerca, senza trascurare il lato brand awareness e marketing, e per comunicare le novità del brand – prodotti, eventi, impegni sociali e politiche aziendali – avvicinando la marca al consumatore: questa la sfida lanciata da Mattel e raccolta da EarlyMorning
EARLYMORNING è nata dall’esperienza dei suoi due fondatori, Lorenzo Castelnuovo e Ivan Vaghi, e in soli due anni dalla fondazione dell’agenzia è riuscita ad annoverare tra i propri clienti realtà nazionali e internazionali come Google, Disaronno, RS Components e Mattel, ottenendo riconoscimenti in Italia e UK per le strategie digital progettate e i risultati ottenuti. 7 mesi fa il team Mattel, capitanato da Giuseppe Papa, senior manager Customer Marketing&Brand Communication di Mattel Italy, congiuntamente con Andrea Ziella, Sr. Analyst Channel Development Modern Trade e Flavio di Maio, Business Unit Leader, ha lanciato a EarlyMorning una sfida importante: creare un intero ecosistema di comunicazione che contenesse e sincronizzasse al suo interno tutti i canali di comunicazione digital/social oggi a disposizione, integrandoli con le necessità di comunicazione di Mattel e di tutti i suoi brand. Una sfida raccolta e affrontata dall’agenzia attraverso la costruzione del sito e dell’app ‘La scatola dei giochi’ (www.lascatoladeigiocattoli.it), che presentano 4 principali aree di engage: Il regalo perfetto, un catalogo con più di 400 giocattoli per trovare, in modo semplice e veloce, il giocattolo perfetto per tutti i bambini (dalle Barbie alle Monster High per le bambine, dalle Hot Wheels al nuovo eroe Max Steel per i maschietti, senza dimenticare i prodotti per l’infanzia Fisher-Price – insomma, l’intera 114
offerta del brand Mattel) effettuando ricerche filtrate per sesso, età, brand; Quando ero Bambino, un salto indietro nel tempo per ritrovare i giocattoli della propria infanzia; Il Corriere dei Giocattoli, blog/magazine dedicato al mondo del giocattolo, Mattel, iniziative, articoli d’interesse e legislazione in merito; e I Giocattoli in Città, un calendario di tutte le attività in-store Mattel, Fiere ed eventi nazionali dedicati al tema dei giocattoli e ai più piccoli. Il piano e la strategia Il piano di comunicazione e la strategia digital disegnati da EarlyMorning hanno portato La Scatola Dei Giocattoli nelle prime 15 posizioni su Google.it con la ricerca delle parole ‘Giocattolo’ e ‘Giocattoli’, posizionando Mattel nelle prime due pagine della ricerca organica. Per riuscire nell’impresa è stato necessario ottimizzare in termini di SEO la programmazione del portale, attraverso un piano editoriale che riuscisse a soddisfare e saturare ogni richiesta di Google per quanto riguarda freschezza dei contenuti, densità di pubblicazione, aggiornamento della home page e utilizzo delle keyword. Per supportare il progetto dal punto di vista social, l’architettura ha previsto canali propri della Scatola all’interno di Facebook, Google+, Instagram, Tumblr e Twitter, con il rilascio di contenuti giornalieri brandizzati, targettizzati, mirati e ottimizzati SEO, ottimali per posizionare
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EARLY MORNING
il portale e comunicare il brand in modo efficace. La produzione di contenuti originali, quali ‘Il viaggio dei giocattoli’ e ‘Avventure animate’, permette poi di coinvolgere il proprio network con contenuti altamente engage, oltre a favorire la creazione organica di materiali UGC che si sommano a quelli prodotti dal team, saturando così le ricerche. Infine, le sezioni Catalogo e ‘Quando ero bambino’ permettono di condividere nei propri social i contenuti ritenuti interessanti dagli utenti. Una quinta sezione, ‘La mia scatola’, aumenta l’interazione tra utenti e portale: registrandosi al sito è infatti possibile creare una o più wishlist di regali, vere e proprie ‘scatole personalizzate’ da associare ai propri figli o ai loro eventi (compleanno, Natale, onomastico, ecc...), da stampare e usare come lista acquisti oppure da condividere sui social con chi si vuole, creando così vere e proprie liste di regali cumulativi. Il portale risponde ai dati inseriti al suo interno proponendo giocattoli adeguati ai propri figli in
Il sito/portale è accompagnato da un’app con realtà aumentata disponibile su Apple Store e Google Play
Via dei Valtorta, 5 – 20127 Milano Tel. 02 22820943 info@earlymorning.com www.earlymorning.com
Board di direzione: Lorenzo Castelnuovo, Ceo; Ivan Vaghi, partner; Alessandro Innocenti, partner. Servizi Offerti: digital strategy, social media strategy e management, sviluppo applicazioni web e mobile, ottimizzazione architetture web. Anno di fondazione: 2010 Dipendenti: 23 Fatturato 2012: 1.500.000 euro Clienti (principali): Illva di Saronno, Mattel, Google, RS Elettrocomponents, VF Group, MTV. base alla loro età, sesso e brand preferiti. Non ultimo, il progetto ha anche un lato sociale che mette in mostra l’impegno Mattel verso i bambini: il portale ospita infatti all’interno del suo social Facebook una tab dedicata alla charity, sviluppata da EarlyMorning, che ad ogni ‘like’ accresce l’ammontare della donazione che Mattel offrirà a un ente italiano per l’aiuto ai bambini meno fortunati.
Il motore di ricerca del portale www.lascatoladeigiocattoli.it
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Contatti per gioco eGentic, azienda leader nella raccolta e gestione delle anagrafiche, utilizza concorsi e giochi online come metodo preferenziale per generare lead qualificati e garantiti per attività di Telemarketing, eMail Marketing e Direct Marketing, che poi filtra in modo rigoroso per garantire ai propri clienti liste di contatti di alta qualità e senza dispersioni
Potenza del web: la struttura italiana di eGentic è in realtà è ‘virtuale’, perché per l’Europa lavorano tutti dalla sede di Francoforte. “In Italia siamo comunque presenti commercialmente dal 2007 e come Paese siamo stabilmente il terzo team per fatturato, che per inciso quest’anno ha fatto segnare un +15% sul 2012” precisa Diego Chiapella, Italy Regional Director di eGentic. Nata in Germania nel 2001, eGentic ha avuto in pochi anni un’espansione formidabile in tutto il mondo. Qual è stata la formula vincente per una crescita così rapida? Come si è verificato l’arrivo in Italia, e quali sono i risultati ottenuti nel 2013? eGentic nasce da un’idea imprenditoriale del nostro fondatore, un avvocato tedesco che ha creato l’azienda in totale autonomia, uno dei pochi casi in cui non è stato ricevuto alcun finanziamento né sono stati utilizzati incubatori o venture capital. Il fondatore, da buon avvocato, ha avuto la grande intelligenza e l’intuizione di capire gli aspetti legali della raccolta di database di contatti, che sono cruciali per non incorrere in problemi legali e di privacy. Questo fa la differenza nella qualità delle lead acquisite, soprattutto per le grandi aziende, che devono difendersi da eventuali danni d’immagine dovuti a contatti acquisiti non correttamente. Uno dei metodi che utilizziamo maggiormente 116
Diego Chiapella, Italy Regional Director di eGentic
per l’acquisizione dell’opt-in di un’anagrafica sono i concorsi e i giochi online, che a mio parere sono il sistema più efficiente perché garantiscono il massimo risultato in termini di qualità e quantità. Inoltre sono rappresentativi della popolazione reale anziché della popolazione della Rete, perché vi si trovano per esempio il 27% di over 50 (su Internet la percentuale della popolazione più anziana è minore rispetto a quella reale).
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Le aziende che investono sulla lead generation chiedono garanzie sul database, che deve essere sempre aggiornato e il più possibile esente da errori: quali metodologie applicate per mantenere alti standard di qualità? Come eGentic lavoriamo costantemente per migliorare la qualità delle nostre lead, anche a costo di perdere la nostra marginalità e profittabilità (perché ogni lead che abbandoniamo è un guadagno in meno) ma abbiamo in questo modo innalzato la qualità dei nostri database di un fattore che se dovessi misurare valuterei intorno al 20%. Un +20% che costituisce un effettivo aumento del ROI del cliente. Inoltre effettuiamo controlli particolarmente accurati sui nostri fornitori per quanto riguarda le anagrafiche che non produciamo in casa. Un’altra pratica che ci consente di avere anagrafiche di qualità è l’applicazione di filtri per individuare indirizzi email non più esistenti o anagrafiche inventate; dopodiché a seconda delle esigenze del singolo cliente possiamo applicare varie regole (ne abbiamo oltre 30) che ‘scremano’ i potenziali contatti fino a circoscrivere il target del cliente. Il risultato sono delle anagrafiche molto ‘dense’ con pochissima dispersione e quindi estremamente efficaci. La possibilità di raggiungere un potenziale cliente in ogni luogo e in ogni momento su un device mobile e personale dischiude opportunità importanti per il marketing digitale: quali strumenti utilizzate e che tipo di sviluppo prevedete in questo campo? Per noi il mobile è solo una questione di raggiungibilità dell’utente: fondamentalmente quello che abbiamo fatto è sviluppare una versione mobile dei nostri siti di giochi e di
Oberliederbacher Weg, 25 65843 Sulzbach/Ts – Germania Tel. 0049 61 9680220 – Fax 0049 61 968022100 italy@egentic.com www.egentic.com
Board di direzione: Henning Munte, Marko Reinbacher. Servizi Offerti: Lead Generation Anno di fondazione: 2001 Dipendenti: 200 concorsi online. Tra l’altro direi con un buon successo: circa il 18% delle nostre lead è stata raccolta su dispositivi mobili. Un freno all’ulteriore espansione del mercato è dato dal fatto che le campagne su mobile sono ancora piuttosto care; d’altra parte vediamo che ci sono alcuni nostri clienti le cui campagne performano meglio su mobile che su fisso. Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, stiamo cercando di capire come sfruttare il fatto che le persone da noi contattate su mobile abbiano già il telefono in mano: questo potrebbe essere un incentivo per condurli a compiere ulteriori azioni.
I concorsi e i giochi online sono il sistema più efficiente per l’acquisizione dell’opt-in di un’anagrafica 117
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‘Haute couture’ del web Esperienza, tecnologia e personalizzazione: con questi ingredienti Engitel copre l’intero ciclo digitale, dal web design allo sviluppo software, dall’hosting alla valutazione delle performance, dall’attività alla pianificazione pubblicitaria, realizzando soluzioni adatte ad aziende grandi e piccole, con un alto grado di innovazione ed eccellenti risultati di business.
“Il nostro modello di lavoro prevede lo sviluppo di progetti di altissima qualità non standardizzati, ma modellati sulle specifiche necessità e richieste di ogni cliente” afferma Elena Schiaffino, Partner di Engitel. Infatti nel corso di quasi vent’anni di vita, il ‘motore’ e le soluzioni web di Engitel sono state incorporate nei siti di diverse grandi aziende e istituzioni, così come di piccole e dinamiche realtà imprenditoriali. Engitel è presente nel campo della comunicazione online e del web design da quasi vent’anni, con centinaia di clienti che hanno adottato le vostre soluzioni. Come è cambiato il vostro lavoro dagli albori della Rete a oggi? Dagli albori di Internet a oggi il lavoro è cambiato moltissimo: non solo perché sono cambiati i software e le tecnologie di sviluppo, ma soprattutto perché sono cambiati i clienti. All’inizio, nel 1994-1995, dovevamo convincerli dell’importanza di avere un sito web. Oggi arrivano da noi clienti per restyling e re-engineering anche molto complessi, conoscono le proprie statistiche web, vogliono più conversioni, desiderano ottimi posizionamenti nelle SERP di Google, chiedono applicazioni web e mobile e progetti di viralizzazione. Insomma, in generale sono più esperti e più ‘demanding’. Quali sono stati i vostri risultati economici nel 2013, e cosa prevedete per l’anno prossimo? Chiuderemo il 2013 in linea col nostro trend: piccole 118
Elena Schiaffino, Partner di Engitel
crescite ma costanti dal 2000 a oggi. Il nostro fatturato supera i 3 milioni di euro all’anno. Per il 2014 contiamo di mantenere la crescita di un +2% annuo, ma a fronte di marginalità migliori. Il claim di Engitel recita ‘bespoke web digital company’: vi prefissate di fornire un servizio di alta qualità ritagliato sulle esigenze del cliente. Quali sono le caratteristiche principali che vi configurano come una ‘sartoria’ del web? Il termine ‘bespoke’ indica una realizzazione sartoriale su misura. Il nostro modello di lavoro prevede lo sviluppo di progetti di altissima qualità non standardizzati, ma modellati sulle specifiche necessità e richieste di ogni cliente. Usiamo metodologie di lavoro rodate, ma per
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ENGITEL Via A. Zarotto, 6 – 20124 Milano Tel. 02 6693337 – Fax 02 67077880 engitel@engitel.com www.engitel.com
Board di direzione: Alberto Schiaffino, Elena Schiaffino, Matteo Reina. Servizi offerti: Web design, sviluppo di siti, portali, e-commerce e applicazioni web based, sviluppo di app mobile, digital monitoring (ascolto della Rete), seo, hosting e housing. Anno di fondazione: 1994 Addetti: 35 Fatturato 2012: 3.200.000 euro piegare la tecnologia ai bisogni di ciascuno di loro. Quasi mai diciamo ‘no, questo non si può fare’. Il che si traduce nell’accontentare sempre i clienti, usando tecnologie evolute e soprattutto know how vero. Nel nostro settore è più bravo chi ha più esperienza. Da qualche anno ormai comunicazione digitale non significa solo web design, ma anche e sempre più marketing su dispositivi mobili, come tablet, smartphone e tra poco anche i cosiddetti ‘wearables’. Quali sono gli strumenti e le soluzioni che avete messo in campo per fornire ai vostri clienti una opportunità di comunicazione su questi nuovi canali digitali? App e web app possono essere strumenti di marketing fondamentali, ma la prima regola è una progettazione responsive del sito, affinché le pagine adattino in automatico il proprio layout per fornire una visualizzazione ottimale per ogni dispositivo: PC desktop nelle varie risoluzioni, tablet, smartphone, web TV…). Ci sono poi funzionalità, come la geolocalizzazione, che si esprimono al meglio in ambiente mobile. Oltre le tradizionali competenze di una web agency, Engitel offre ai clienti una serie di
Clienti (principali): CDP (Cassa Depositi e Prestiti), Mediobanca, ING Direct, Virgilio, Teatro alla Scala, Salini Impregilo, IDeA FIMIT, Henkel, CityLife, Affari Italiani, Moto.it, Pellegrini, John Richmond, Co.Ge.Di. (Uliveto e Rocchetta), Breil, Eni, A2A, Snam, Banca Esperia, Fondo Strategico Italiano, Caritas soluzioni che configurano un’offerta digitale completa: servizi di internet service provider, attività di system integration, creazione e gestione di database online: in che modo questi servizi rappresentano un vantaggio competitivo rispetto ad altre realtà del web? Crediamo che anche l’attività sistemistica sia fondamentale per una gestione completa e corretta dei progetti. Per questo all’interno dell’azienda copriamo tutto il ciclo digitale, dal web design allo sviluppo software, dall’hosting alla valutazione delle performance, dall’attività sistemistica alla manutenzione post on line, dalla pianificazione pubblicitaria all’ascolto della Rete. Il fatto di non dover dipendere da esterni, perché internamente le competenze non solo esistono ma sono di alto livello, velocizza i progetti, permette di rispettare i tempi anche in caso di contrattempi e ci consente di dare consigli e pareri affidabili. 119
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Con i clienti, per i loro clienti IPG Mediabrands è nata per raggruppare tutti gli asset media del gruppo Interpublic e assicurare una loro gestione coordinata ed efficiente, fornendo un servizio completo in logica di Pay per Performance. I risultati di gruppo non sono ancora disponibili, ma nel 2013 le strutture che vi fanno capo sono cresciute complessivamente, sul fronte del digitale, del +80%.
“È tempo che qualcuno si prenda finalmente la piena responsabilità dei risultati economici complessivi dei propri clienti... noi siamo quel qualcuno”. Sta racchiuso tutto in questo claim l’orientamento di IPG Mediabrands al Pay per Performance, vale a dire alla ricerca del massimo risultato in rapporto all’investimento del cliente. Secondo il suo Ceo, Gian Paolo Tagliavia, “quel claim a mio parere deve essere però integrato da un’altra affermazione, questa: ‘La nostra mission e il nostro desiderio sono quelli di essere l’estensione del dipartimento marketing dei nostri clienti’. Il nostro focus deve essere indirizzato verso i clienti dei nostri clienti: non è un gioco di parole, ma vogliamo sinceramente affiancare i nostri clienti per permettere loro di analizzare i comportamenti di chi veramente conta raggiungere: i loro clienti. Le attività di osservazione, diagnostica e implementazione delle strategie devono essere portate avanti insieme: solo quando queste attività sono realizzate ‘a quattro mani’ con i nostri clienti si può parlare veramente di performance marketing. Quali sono stati i risultati di IPG Mediabrands in questo difficile 2013, globalmente e in Italia, e in particolare qual è stata la performance economica legata al mondo digitale? A livello internazionale i risultati 120
Gian Paolo Tagliavia, CEO di IPG Mediabrands
economici di Mediabrands sono molto positivi; il modello Mediabrands, cioè l’integrazione di tutti gli asset media del gruppo Interpublic, è già attivo da due anni a livello internazionale, mentre per l’Italia questo è il primo anno. Per il nostro Paese quindi abbiamo ancora i
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IPG MEDIABRANDS ITALY Via Valtellina, 15/17 - 20159 Milano Tel. 02 0066041 - Fax 02 85292605 info@mbww.com www.mediabrandsww.com
Board di direzione: Gian Paolo Tagliavia, Ceo IPG Mediabrands Italy; Marco Rapuzzi, CFO; Luca Carrozza, Director Mediabrands Audience Platform; Alessandra Giaquinta, Managing Director UM; Luca Montani, Amministratore Delegato Initiative. Anno di fondazione: 2013 crescono dell’80% sul 2012. Siamo quindi molto soddisfatti.
dati disaggregati delle singole strutture, mentre dal 2014 avremo i risultati complessivi di Mediabrands. Posso comunque dire che le singole realtà che compongono Mediabrands in Italia sono solide, e che per quanto riguarda le attività legate al digitale nel 2013
Molto recentemente lei è stato nominato CEO di IPG Mediabrands in Italia, ratificando così l’appartenenza dell’Italia al cluster “G14” di Interpublic, un gruppo di Paesi giudicato ad alto potenziale di crescita. Cosa significa nelle strategie del Gruppo questa rinnovata attenzione verso l’Italia, nonostante le note difficoltà del Paese? Vorrei innanzitutto spiegare cos’è il cluster G14 di Interpublic. Sono i 14 Paesi del mondo al di fuori degli USA che riscuotono un particolare interesse da parte del Gruppo, e questo può avvenire principalmente per due motivi: o sono Paesi di dimensioni significative e quindi sono interessanti anche a dispetto di una crescita bassa (come l’Italia), oppure sono di dimensioni inferiori ma ad alto tasso di crescita. Perciò direi che ‘nonostante tutto’ il nostro Paese fa parte del G14. Ho però alcuni motivi per essere ottimista: nel 2014 non ci sarà il ‘rimbalzo’ dell’economia, ma tutto sommato la situazione è in stabilizzazione, dobbiamo s olo abituarci al fatto che il mercato non può crescere continuamente ma che questa è più o meno la sua dimensione. All’interno del mercato della comunicazione e del marketing 121
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occorre individuare i segmenti che cresceranno di più, ed è facile prevedere che il digitale sarà tra questi. Quindi le prospettive sono incoraggianti. IPG Mediabrands ha raggruppato le strutture e i servizi per il digital sotto il tetto della cosiddetta ‘Mediabrands Audience Platform’ o MAP. Ci può spiegare in cosa consiste e quali sono gli elementi che la compongono? In quale modo interviene la MAP per ottimizzare le campagne dei clienti IPG Mediabrands? Negli Stati Uniti questa struttura esiste già da qualche anno, e dà a chi pianifica la possibilità di raggruppare in un unico cruscotto i dati su tutte le audience che provengono dalle diverse piattaforme del Gruppo. Il sistema raccoglie e collega in modo direttamente confrontabile tutti i dati relativi alle audience e permette di gestirle come un tutt’uno. I dati arrivano dalle specialties del Gruppo come Reprise Media per il SEM e il SEO, Cadreon per il RTB, Ansible per il mobile, Spring Creek per il social. Sostanzialmente il sistema MAP raggruppa tutte le specialties e permette la gestione integrata dei loro dati. Il consumatore odierno è sempre più raggiungibile su una grande varietà di device digitali, e molti di questi device sono personali (smartphone, tablet, wearables), quindi sono ideali per una comunicazione one-to-one che vada a soddisfare i bisogni del singolo individuo. È nato il consumatore ‘sempre raggiungibile’, in ogni luogo e in ogni momento. Come si possono gestire queste nuove opportunità a favore delle aziende e dei brand? La prima domanda da porsi è questa: anche se il cliente del nostro cliente è sempre raggiungibile, lui ‘vuole’ essere raggiunto? Non dimentichiamoci mai che la relazione
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deve essere instaurata su binari paritetici, altrimenti torniamo a pensare alla comunicazione in una logica ‘one to many’, come una volta. Quando un’azienda o un brand vogliono parlare ai consumatori devono trasmettere un valore aggiunto, qualcosa che convinca gli utenti che vale la pena ascoltare il messaggio. Insomma, l’azienda deve impegnarsi molto di più per catturare l’attenzione del cliente. Il mercato del media buying digitale è ormai da alcuni anni caratterizzato dall’ascesa delle piattaforme RTB e DSP; questa tendenza, unita al cosiddetto ‘marketing programmatico’ promette di garantire più efficienza ed efficacia, risparmio, controllo costante, tracciamento dei risultati… Come vi muovete in questo ambito e quali sono gli strumenti di cui vi avvalete per assicurare il massimo rendimento agli investimenti dei vostri clienti? Vorrei fare un piccolo distinguo lessicale: non mi piace molto il termine ‘programmatico’ perché in realtà mi ricorda la parola ‘programma’, cioè qualcosa di automatico, di programmato in anticipo. In realtà è esattamente l’opposto: il ‘programmatic marketing’ è fluido e capace di adattarsi ai bisogni degli utenti, proprio come cambiano i loro comportamenti online. È basato su algoritmi, certo, ma sono algoritmi talmente sofisticati che introducono più flessibilità nel seguire fedelmente i comportamenti degli utenti, piuttosto che rigidità. Per gestire tutto ciò noi abbiamo la nostra specialty che si chiama Cadreon e che è gestita da Luca Carrozza. Si dice che per essere competitivi nel mondo del marketing digitale del prossimo futuro non si potrà fare a meno di ricorrere al cosiddetto ‘Big Data’, ossia l’impiego e
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l’integrazione dei dati di audience con tutti i dati in possesso dell’azienda, come dati di vendita, carte fedeltà, CRM, che possono e devono portare a una mappatura dei comportamenti di acquisto per creare dei modelli che possano aiutarci a ridurre la complessità di questo ecosistema al fine di porre in essere delle azioni di marketing e comunicazione che possano essere veramente efficaci e vincenti.
Luca Carrozza, Director Mediabrands Audience Platform
l’analisi approfondita di una grande mole di informazioni per identificare e raggiungere al meglio i propri potenziali clienti. Quali sono le soluzioni che mettete in campo come IPG Mediabrands riguardanti questo tema? Come IPG Mediabrands abbiamo delle soluzioni di analytics proprietarie e molto consolidate che sono all’avanguardia nella gestione del big data. Spesso però si fa confusione tra dati di audience e big data: i dati di audience, anche qualora fossero molti, fanno parte del lavoro di pianificazione media, mentre il big data è
Il social marketing è considerato ormai da tutte le aziende una strategia necessaria per mantenere e sviluppare il proprio business. Ma come sappiamo l’ambiente social è estremamente delicato e ogni passo falso può rivelarsi un vero e proprio boomerang per le aziende. Come affrontate con i vostri clienti la sfida dei social network? Quali sono le strategie più efficaci per ottenere una presenza significativa in questi ambienti? Voglio sottolineare un elemento spesso sottovalutato ma da prendere invece sempre in considerazione: dal social giunge una richiesta di autenticità. Le relazioni sui social network sono orizzontali: non è più l’azienda che sta sopra e guida le danze e i consumatori sotto ad adeguarsi. È un dialogo tra pari, quindi deve essere condotto in un clima di trasparenza e di correttezza. Se ci sono dei problemi o delle critiche a un brand o a un prodotto, è inutile nasconderli, ma vanno affrontati mettendosi in gioco, anche da parte dell’azienda. Non è detto che l’azienda debba dare ragione al consumatore, ma i consumatori apprezzano le aziende che ci mettono la faccia. A volte colpisce di più gli utenti l’attitudine con cui un’azienda affronta un problema piuttosto che la soluzione del problema stesso. Ribadisco un oncetto che molti perdono di vista nel social: è una relazione orizzontale, non può essere gerarchica.
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Una digital PR SEO-oriented Dall’Universal Optimization® di Mamadigital, in continua evoluzione, nasce la Digital Popularity: una nuova proposta che integra le logiche della digital PR con le strategie SEO, editoriali e social. L’obiettivo è sviluppare connessioni spontanee in diversi ambienti, anche Social, coinvolgendo l’audience dei Brand nella condivisione di contenuti ottimizzati
“Il cuore della proposta Mamadigital è il concetto di Universal Optimization®, che comprende l’ottimizzazione globale della presenza dei nostri clienti su Internet – racconta Andrea Rogani, Ceo e Co-founder di Mamadigital –. Tutti i tipi di contenuto sono indicizzati dai Motori di Ricerca (video, foto, profili social…), la corretta ottimizzazione di questi permette alle aziende di essere trovate più facilmente e di raggiungere gli utenti nella maniera più efficace possibile”. In un clima di perdurante crisi, l’unico mezzo che fa segnare una crescita significativa rimane Internet. Segno che finalmente le imprese hanno capito le sue potenzialità? Come si pone Mamadigital in questo scenario e quali sono stati i vostri risultati del 2013? L’online è certo il canale di comunicazione meno oneroso e al contempo più efficace. Questo i brand lo stanno gradatamente cogliendo. Alternando azioni di branding e di direct marketing è infatti possibile raggiungere le proprie audience a seconda del grado di vicinanza delle stesse al brand e perseguire, quindi, efficacemente specifici obiettivi di awareness, vendite o lead generation. Stiamo parlando di un settore in costante evoluzione, dove i continui aggiornamenti e lo sviluppo tecnologico si trasformano in nuove opportunità e innovazioni di servizio. In Mamadigital questa crescita e questo sviluppo continuo si realizzano attraverso l’Universal Optimization®, ossia l’ottimizzazione in costante 124
Andrea Rogani, Ceo e Co-founder di Mamadigital
evoluzione della presenza online dei brand, che ci ha permesso di raggiungere ottimi risultati nel 2013 e di chiudere l’anno con una crescita del 25%. Ormai tutte le aziende hanno capito che la presenza sui social network è fondamentale per la propria immagine. Quali sono gli strumenti che come specialisti fornite loro per ottenere buoni risultati? Che le aziende abbiano compreso la necessità di presenziare i canali social perché su di essi si gioca buona parte della propria immagine, è cosa scontata. Allo stesso modo, i brand sono consapevoli che questa
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Mamadigital Via Carlo Emanuele I, 48 - 00185 Roma Tel. 06 70614560 – Fax 06 70614560 talktous@mamadigital.com www.mamadigital.com
Board di direzione: Andrea Rogani, CEO e Co-founder; Simone Rinzivillo, CTO e Co-founder. Servizi Offerti: Search Engine Optimization (SEO), Paid Search, Classic Display, Real-Time Bidding (RTB), Social Media, Brand Monitoring, Email Marketing. Anno di fondazione: 2007 Addetti: 25 presenza da sola non basta e che è necessario cambiare radicalmente la prospettiva tipica del monologo dei media tradizionali a favore di un dialogo diretto e aperto con il proprio target. I social media rappresentano un luogo di incontro e confronto preferenziale attraverso cui le marche devono veicolare valori, immagini e iniziative oltre che monitorare le esigenze e le richieste espresse dagli utenti della propria community. Oltre a ciò, ogni canale social deve essere sviluppato con un preciso scopo (awareness, Crm, ecc…) e interloquire con un target specifico, attraverso contenuti e iniziative appositamente elaborate e con un tone of voice adatto. Tutto questo implica un approccio professionale che in Mamadigital è sviluppato da un team altamente specializzato che cura ogni aspetto della comunicazione del brand sui social media, dall’ottimizzazione in ottica SEO e SEO Content dell’attività di posting fino alla pianificazione di specifiche strategie di engagement per quei canali più adatti al target che si vuole intercettare. Il marketing e l’advertising sui motori di ricerca sono un settore della comunicazione digitale in costante crescita. Come si sta evolvendo il mondo del SEO e come vi state muovendo in questo senso? Il Search marketing ha subito notevoli mutamenti nel corso di questi anni. Solitamente, quando si parla di evoluzione della SEO, la mente corre immediatamente
Clienti (principali): PosteVita, Boing TV, Meridiana, Kaspersky Lab, Fabi Shoes, Fox, TeamSystem, Vaillant, Bakker Italia, F.lli Orsero. a Google e ai suoi algoritmi di punta, Panda, Penguin e Hummingbird. Ma i cambiamenti in atto sono più ampi e profondi ed è quindi necessaria una seria revisione nell’approccio al settore. Sicuramente emerge, lato search engine, la volontà di premiare la qualità e originalità dei contenuti, senza dimenticare, però, la dimensione tecnica di blog e siti che, per essere trovati, devono essere innanzitutto ben strutturati per presentare le informazioni pubblicate senza barriere architettoniche che ne possano compromettere o rallentare l’indicizzazione a scapito della visibilità dei contenuti. D’altra parte, grazie all’esperienza maturata in tanti anni nel settore, Mamadigital ha sempre anticipato le tendenze. Ecco che, sulla spinta innovatrice dell’Universal Optimization®, abbiamo rinnovato il nostro approccio alla SEO plasmando la Digital Popularity. Si tratta di una strategia innovativa che integra le logiche della Digital PR con l’ottimizzazione dei contenuti veicolati attraverso l’audience intercettata dal brand all’interno di diversi ambienti, anche social, sviluppando connessioni spontanee in grado di consolidare e migliorare la popularity nei motori di ricerca. 125
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L’arte di selezionare i dati Da agenzia media nata nell’era digitale, Maxus mette in campo una serie di strumenti – primo fra tutti la metodologia proprietaria del Relationship Media – per muoversi agevolmente nel campo della comunicazione online, soprattutto per quanto riguarda l’analisi dei dati, l’individuazione dei target e in definitiva la massimizzazione del ROI dei clienti.
‘Data‘ e ‘insight’, ossia come sapersi muovere nella grande massa di informazioni che riceviamo ogni giorno e organizzarle in modo da trarne indicazioni utili al marketing delle aziende, massimizzando così il ROI della comunicazione (non solo digitale). È questa la filosofia di Maxus, illustrata dall’Amministratore Delegato Alessandro Campanini. Maxus ha la particolarità di essere una delle poche agenzie media nate nell’era del digitale, pertanto la sua visione e il suo approccio nascono già orientati al mondo digitale che ha ormai affermato il suo predominio in tutti i campi della vita moderna. Che vantaggio dà essere ‘nativi digitali’ nel mondo della comunicazione? Essere ‘nativi digitali’ ci dà il vantaggio di non avere retaggi culturali derivanti dal passato e ci ha consentito di costruire un gruppo di persone, estremamente flessibili e orientate ai bisogni dei clienti, che sanno interagire con i mezzi di comunicazione digitali in un modo avanzato ed efficace. Maxus definisce la propria filosofia di lavoro come basata su ‘data’ e ‘insight’ oppure, come voi stessi dichiarate, su ‘emisfero destro, emisfero sinistro’. Cosa significa per voi questo nel lavoro 126
Alessandro Campanini, Amministratore Delegato Maxus
quotidiano e come siete giunti a sintetizzare questi concetti? Quali risultati dà questa filosofia ai vostri clienti? In un mondo che è diventato estremamente complesso e che ci manda stimoli e
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informazioni da tantissime fonti, sia le aziende che le agenzie media si trovano a dover gestire masse enormi di dati, la cui entità è ben superiore a quello che ci si poteva immaginare anche solo 5 anni fa. Questo, nel lavoro quotidiano, significa che bisogna essere in grado di gestire questi dati, dotandosi di piattaforme tecnologiche che siano in grado di selezionarli e ordinarli in modo razionale. Da un punto di vista organizzativo, vi devono essere figure in grado di sintetizzarli e trasformarli in informazioni. L’utilizzo di queste informazioni, ragionate e razionali, consentirà a clienti ed agenzie di prendere decisioni migliori e di far rendere al meglio gli investimenti. Per ottenere un maggiore coinvolgimento del consumatore con i brand dei propri clienti Maxus adotta una strategia che chiama ‘Relationship Media’. Ci può spiegare in cosa consiste e quali sono i vantaggi per i vostri clienti? Il Relationship Media è uno strumento proprietario del network Maxus che viene utilizzato in tutto il mondo. È un tool che mette allo stesso tavolo tutti gli attori che sono coinvolti nella costruzione e gestione di un brand: cliente, agenzia media, agenzia creativa e in alcuni casi, consumatore. All’interno del RM ci sono dei meccanismi che permettono alle singole parti di mettere in evidenza tutte le esperienze inerenti al brand, gli aspetti strategici e di sviluppare un brainstorming su quelle che sono le situazioni per migliorare o risolvere il problema legato alla marca. L’efficacia di questa metodologia
Viale del Mulino, 4 Milanofiori – 20090 Assago (MI) Tel. 02 5815101 – Fax 02 58151047 Via Nizza, 262 int. 59 – 10126 Torino Tel. 011 0062212 – Fax 011 0061316 info@maxusglobal.com www.maxusglobal.it
Board di direzione: Federico de Nardis, Chairman & CEO; Alessandro Campanini, CEO Maxus Milano; Massimo De Cesare, COO Maxus Torino; Giorgio Iegiani, Consigliere Delegato; Luca Macrì, MD Maxus Milano. Servizi Offerti: i servizi offerti da Maxus ai propri clienti sono molteplici e, integrati tra loro, permettono di strutturare piani estremamente efficaci e mirati. Tra questi figurano: lo sviluppo di strategie di comunicazione, la consulenza sul marketing digitale e sui canali di marketing diretto, la gestione di database, la pianificazione e l’acquisto di tutti i mezzi di comunicazione. Anno di fondazione: 2008 Dipendenti: 138 Fatturato 2012: oltre i 500 milioni di euro Clienti (principali): Fiat Group Automobiles, Telecom Italia, Nestlé, Bolton Group, Coty, Zalando.
è molto alta, perché il brand viene analizzato da tutti gli attori che vi interagiscono. Con una panoramica a 360°, non solo è molto difficile che sfugga qualcosa, ma vengono sempre generate opportunità per il brand. Questo rappresenta un arricchimento certo rispetto a una strategia sviluppata separatamente da ogni singolo attore. Non si può negare che il fenomeno del momento sia quello del ‘Big Data’, l’impiego e l’analisi approfondita di una grande mole di informazioni per identificare e raggiungere al meglio i 127
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Il modello di attribuzione Pistemap è il tool di Maxus che traccia l’intero ‘online journey’ del consumatore, permettendo di ottimizzare di conseguenza il piano di comunicazione
QED è lo strumento utilizzato da Maxus per analizzare secondo modelli econometrici tutti i dati relativi a una campagna, stabilendo un link immediato fra attività di comunicazione e vendite
propri potenziali clienti. In qualità di agenzia media all’avanguardia come affrontate operativamente questo argomento, e quali sono gli strumenti che utilizzate? Crediamo fortemente che questo tema diventerà sempre più d’attualità per i motivi che ho citato prima. A questo proposito, noi abbiamo sviluppato, a livello mondiale, una dashboard che attinge ad un database comune e che si pone l’obiettivo di rendere la complessità semplice. Stiamo testando la dashboard su un paio di grandi clienti e abbiamo già numerosi casi di successo, in particolare in Asia Pacific (L’Oréal). È un tool in cui crediamo molto e in cui continueremo ad investire sempre più nei prossimi mesi.
per una comunicazione one-to-one che vada a soddisfare i bisogni del singolo individuo. Come si può gestire questa complessità dal lato delle aziende e dei brand? Il web dà la possibilità di segmentare in modo estremamente preciso gli utenti (o almeno coloro che hanno dato la loro disponibilità ad essere targettizzati attraverso i cookies); esiste quindi effettivamente la possibilità di realizzare comunicazioni estremamente personalizzate e Maxus userà sempre più strumenti come il programmatic buying e il retargeting in modo da evitare il più possibile la dispersione e far rendere al meglio le risorse dei clienti.
Il consumatore odierno è sempre più raggiungibile su una grande varietà di device digitali, e non solo sul PC in collegamento al web. Inoltre molti di questi device sono personali (smartphone, tablet, wearables), quindi sono ideali
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Il fenomeno del tempo reale nel media buying digitale e il cosiddetto ‘marketing programmatico’ promettono di garantire più efficienza ed efficacia, risparmio, controllo costante, tracciamento dei risultati… Come vi muovete in questo ambito e cosa significa secondo voi ragionare in termini programmatici?
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In quest’ambito noi ci muoviamo cercando di avere le risorse più adeguate per sfruttare le nuove metodologie. Ragionare in termini programmatici significa definire al meglio, nel modo più puntuale e preciso possibile, il target di riferimento e sulla base di questo target acquistare in maniera estremamente profilata. La performance, quindi, è garantita. Spesso fare marketing e comunicazione sui social network viene indicato come una panacea per tutte le aziende. Ma è veramente così? Come ci si deve muovere in questo ambiente per ottimizzare i propri investimenti? Quali sono gli strumenti che mettete a disposizione delle aziende per ottenere una presenza efficace sul social? I social network vanno molto di moda ma, proprio per questo, il rischio è che da una parte vi sia lo spreco, o per over-spending o per la non consapevolezza che la relazione va non solo attivata, ma anche preservata nel tempo per non disperdere l’investimento iniziale. Quindi l’approccio deve essere strategico e non occasionale. Fatta questa doverosa premessa, noi identifichiamo con i clienti gli obiettivi relativi al brand e alla campagna e come questi si debbano declinare in modo ottimale sulla piattaforma social. Per esempio, per noi, i KPI’s di riferimento non possono essere solo in numero di fans ma, da lì, si parte per definire altri KPI’s come l’aumento della reach, l’engagement (numero di commenti positivi/likes), sharing dei contenuti e così via.
Lo strumento di pianificazione interattiva Relationshop Media Genius
gli strumenti che mettete in campo e quali i risultati che possono aspettarsi i vostri clienti? Maxus, nell’arco di un anno, produce oltre 50 modelli di misurazione del ROI su clienti diversi e questo ci ha consentito nel tempo di accumulare una grande curva di esperienza a riguardo inserendo nei ROI le variabili più diverse. Riteniamo che questo sia ancora uno strumento fondamentale per misurare l’efficacia delle variabili che concorrono al successo delle vendite. Noi raccomandiamo sempre ai nostri clienti, che ci chiedono di utilizzare queste metodologie, di farne grande tesoro, perché è la curva di esperienza che permette di rendere sempre più efficaci le pianificazioni.
Maxus conferisce una grande importanza alle analisi dei dati per ottimizzare le campagne di comunicazione e in definitiva per migliorare il ROI dei clienti. Quali sono
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Un dna Mobile al 100% Il dna aziendale di Neomobile è digital e mobile al 100%: questo la mette in una posizione di vantaggio rispetto ad altri player, per la capacità di offrire consulenza su tutti gli aspetti legati al contatto del cliente attraverso li cellulare: advertising (grazie all’AdNetwork NeoPowerAd), comunicazione social ed m-commerce (con la piattaforma di m-payment Onebip)
INTERVISTA a Valentina Tranquilli, Advertising Offer Director Neomobile. Quali sono stati i vostri risultati economici sotto il profilo del mobile adv per il 2013? E quali previsioni potete fare sul prossimo futuro? Quest’anno la business unit focalizzata su soluzioni di digital advertising per terze parti, che include le attività di NeoPowerAd, il nostro Mobile AdNetwork, e i progetti di consulenza media per clienti terzi provenienti dalla nostra divisione m-commerce o per prodotti innovativi (applicazioni mobile in primis) ha registrato un +250%, a dimostrazione che ormai le aziende non possono prescindere da una strategia media che includa in maniera significativa il Mobile. Per il futuro l’area dove ci aspettiamo di crescere di più è la parte Premium del nostro AdNetwork, dove gli interlocutori principali sono i centri media e i brand, che stanno progressivamente cogliendo le nuove opportunità (in termini di formati e targettizazioni) offerte dal mobile, e dove il mercato italiano, rispetto a UK o Germania, ha ancora ampi margini di crescita e territori da esplorare. La crescente diffusione dei dispositivi mobili ha reso l’utente raggiungibile sempre e ovunque, aprendo alla comunicazione digitale nuove possibilità e opportunità di 130
Valentina Tranquilli, Advertising Offer Director Neomobile
contatto: quali strumenti utilizzate in questo settore, e con quali benefici per i clienti? Il nostro dna aziendale è 100% mobile, quindi abbiamo seguito l’evoluzione del consumatore in modo progressivo negli anni, trovando diverse soluzioni e migliorando l’esperienza dell’utente sia lato advertising che di acquisto sul cellulare. Oggi quindi partiamo da una posizione di vantaggio rispetto ad altri player del mercato, in quanto siamo in grado di offrire una
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Neomobile
consulenza non solo sulla parte pubblicitaria, ma su tutti gli aspetti legati al contatto del cliente attraverso li cellulare: quindi come migliorare la user experience, l’introduzione di nuovi formati interattivi e le opzioni di targettizzazione e localizzazione che consentono di proporre esperienze di acquisto altamente profilate. Con i device mobili si diffondono sempre più anche gli atteggiamenti opposti del ROPO (Research Online Purchase Offline) e dello Showrooming (ricerca instore e acquisto online): come supportate i clienti in questi momenti cruciali per il loro marketing, e di conseguenza per le loro vendite? Abbiamo due prodotti complementari per l’m-commerce: per i clienti che necessitano una soluzione di pagamento su mobile (m-site e applicazioni) abbiamo la nostra piattaforma di m-payment Onebip, che offriamo in più di 70 paesi. Onebip permette a social network, gaming online, sviluppatori di app e altri di monetizzare i propri prodotti attraverso il mobile. Per gli utenti finali il pagamento è semplice e conveniente grazie alla soluzione ‘one-click’. Per gli stessi clienti m-commerce o advertiser che hanno la necessità di campagne mobile con obiettivi legati all’incremento della vendita di prodotti, offriamo diverse soluzioni attraverso NeoPowerAd, che generano revenue immediate per i publisher e aumenta le performance delle campagne per advertiser, con i migliori analytics. Come si gestisce la complessità del social con la velocità del mobile? Vediamo il mondo dei social su mobile come un’opportunità enorme per i nostri clienti. Quest’anno abbiamo lanciato diverse campagne
Viale Pasteur, 78 - 00144 Roma Tel. 06 98262553 info@neomobile.com www.neomobile.com
Board di direzione: Gianluca D’Agostino, Amministratore Delegato; Claudio Rossi, Direttore Generale; Alessandro Leone, Direttore Finanziario. Servizi Offerti: Mobile commerce Anno di fondazione: 2007 Addetti: 300 Clienti (principali): BMW, Intesa Sanpaolo, Enel, Kinder, Mercedes, Fastweb, Unilever, Nokia, Vodafone, Infostrada, Wind, Telecom, Unicredit, Eni. di mobile advertising su Facebook, sperimentando formati e opzioni diverse, con risultati molto buoni grazie alle opzioni di targettizazione che offre, che consentono di unire volumi e qualità di impression senza perdere l’ottica della performance. Anzi, abbassando i costi di acquisizione rispetto ad altri canali media. Per gestire la complessità e soprattutto ottimizzare l’acquisto di spazi per questo tipo di campagne a nostro avviso è fondamentale dotarsi di soluzioni tecnolgiche adeguate. Per noi l’advertising su Facebook rientra nel ‘programmatic buying’, quindi in quell’insieme di soluzioni che permettono di acquistare inventory nel modo più efficace ed efficiente possibile. Noi offriamo ai nostri clienti una gestione delle campagne di questo tipo, grazie a diverse piattaforme tecnologiche di cui ci siamo dotati, per guidare l’acquisto di advertising in maniera scientifica e analitica. È importante anche avere un team di persone con competenze molto verticali e specializzate nell’advertising sui social, che noi distinguiamo in modo netto dalla comunicazione in questi ambienti (basata su criteri, strumenti, e obiettivi diversi). 131
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A prova di futuro Partita per tempo nello sviluppare soluzioni per accompagnare i propri clienti nel mondo del marketing digitale, Omnicom Media Group raccoglie ora i frutti di questa scelta risultando uno dei gruppi più attrezzati ad affrontare le sfide della comunicazione online, grazie a una struttura recentemente rinnovata che conta su 3 divisioni e oltre 70 addetti.
“I RISULTATI economici del 2013 hanno confermato la solidità del progetto di digitalizzazione ed integrazione della comunicazione che portiamo avanti dal 2009 – esordisce Stefania Scopelliti, Digital Director di Omnicom Media Group –. Abbiamo consolidato i risultati nelle aree in cui abbiamo investito per costruire competenze distintive, soprattutto l’area di video comunicazione, social media marketing e direct response, e abbiamo messo le basi per sviluppare nuove aree di business. Ci aspettiamo una crescita interessante nel real time bidding e in generale nel programmatic buying per il 2014”. OMG è considerata una realtà media con un alto tasso di creatività e innovazione. Come avete trasferito queste qualità nel campo della comunicazione digitale? Quali sono e cosa fanno le strutture dedicate al digital del vostro Gruppo? Crediamo molto nell’innovazione come asset di sviluppo e abbiamo investito in modo molto deciso nel digital. Oggi ci sono più di 70 persone dedicate a 3 aree di competenza. La prima, Digital Strategy & Planning, fortemente integrata con la pianificazione degli altri mezzi pubblicitari, si occupa della 132
Stefania Scopelliti, Digital Director di Omnicom Media Group
strategia di comunicazione e media su Internet e Mobile, della traduzione degli obiettivi di marketing in obiettivi di digital media e della pianificazione media.
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OMNICOM MEDIA GROUP Via Spadolini, 5 – 20100 Milano Tel. 02 833071 Fax 02 83307215 omgcloud@omnicommediagroup.com www.omgitaly.it www.omnicommediagroup.com
C’è poi Resolution, divisione dedicata allo sviluppo e all’innovazione, rappresentata da due ulteriori unit: - Resolution.biz – che ha il ruolo di sviluppare business attraverso forme di comunicazione innovative, che si basano principalmente sulle attività di relationship marketing. Le aree di specializzazione sono: search engine marketing, performance based marketing, social media marketing, eCRM, mobile marketing e creativity integration. - Resolution.lab, il Technology Lab di OMG Digital dedicato allo sviluppo di tecnologia, processi e modelli per la comunicazione digitale e alla consulenza in research e tool per la comprensione del consumatore e web analytics. Negli ultimi anni si è affermato nel campo del media buying digitale il fenomeno del tempo reale, con soluzioni sempre più sofisticate in termini di Real Time Bidding e Demand Side Platform. Tutto questo allo scopo di garantire più efficienza ed efficacia, risparmio, controllo costante, tracciamento dei risultati… Quali sono le soluzioni che Omnicom Media Group ha sviluppato in questo ambito e quali sono i risultati che avete ottenuto? Il nostro approccio al digital buying si basa su due presupposti: audience intelligence e trasparenza. Le nostre competenze in media
Board e Management: Marco Girelli, Ceo; Paolo Spada, Cfo; Marcello Arosio, Out of Home and Fuse Director; Paola Aureli, Opera Director; Graziana Pasqualotto, Managing Director OMD; Erik Rollini, Research and Strategy Director; Stefania Scopelliti, Digital Director; Vittorio Bucci, Managing Director PHD. Servizi Offerti: Analisi, strategia, Planning e Buying di tutti i mezzi offline, online e Btl. Dipendenti: 265 Billing 2012: 869 milioni € Clienti (principali): marchi nelle seguenti categorie merceologiche: alimentare, Tlc, ristorazione veloce, abbigliamento, automotive, homecare, personal care, giocattoli, tecnologia, turismo, luxury goods.
analytics e le soluzioni tecnologiche di Accuen, piattaforma di Omnicom Media Group che integra dati, inventory e tecnologia da oltre 40 partner a livello globale, ci permettono di guidare i nostri clienti nello scenario del programmatic buying e dell’audience on demand. Si tratta di soluzioni per display, video, mobile, social e canali emergenti. Nel 2012 abbiamo iniziato la sperimentazione su RTB e abbiamo iniziato a sfruttare tecniche di targeting evoluto. I risultati ottenuti sono soddisfacenti sia se pensiamo alle metriche tipiche del web sia alle metriche di brand. Esiste tuttavia un impatto ancora da chiarire sulle dinamiche di buying vero e proprio. 133
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decisioni di strategia e business. Dati personali, dati legati alla localizzazione dell’utente, dati collezionati dalle attività social, dati derivanti dalle transazioni e dati leggibili dal comportamento in Rete. Il nostro ruolo, però, è anche quello di supportare i clienti nella successiva fase di analisi dei dati generati e nella fase finale di utilizzo degli stessi. Abbiamo diversi esempi di system integration per la valorizzazione dei Big Data e anche di razionalizzazione dei dati nella fase di attivazione, nella definizione dei segmenti di clienti e così via. Due esempi virtuosi sono Vodafone con le attività di direct response e system integration e Nissan con le attività di social media marketing.
It’s social, it’s mine è la ricerca realizzata tramite il panel proprietario di Omnicom Media Group per comprendere le dinamiche tra la comunicazione sui mezzi social e il processo di acquisto
Dalle ricerche emerge che spesso sono i dipartimenti marketing delle aziende a spingere con decisione per l’utilizzo dei ‘Big Data’, ovvero l’impiego e l’analisi approfondita di una grande mole di informazioni per identificare e raggiungere al meglio i propri potenziali clienti. Avete predisposto degli strumenti che vadano in questa direzione, a vantaggio dei vostri clienti? Per quanto riguarda i Big Data partiamo dal presupposto che un brand di successo oggi non possa fare a meno di dominare tutti i digital driver – da internet all’internet delle cose. Il nostro ruolo è quello di aiutare i nostri clienti a generare dati di qualità, rilevanti, che siano di supporto alle
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La presenza sui social network è ormai considerata un “must” da parte di tutte le aziende; d’altra parte però il social è anche un ambiente non semplice da gestire, e può risultare pericoloso per l’immagine delle aziende se non affrontato con i corretti strumenti e metodi. Quali sono le vostre risorse dedicate al social, e come riescono a guidare i clienti ad un approccio efficace a questo ambiente? Abbiamo investito tanto nelle attività di social media marketing dal 2009, quando si imponeva la scelta di utilizzare società esterne o internalizzare quest’area. Abbiamo deciso di gestire tutto internamente, dalla fase di comprensione e analisi fino all’attivazione dei social network rilevanti per i nostri clienti e alla gestione dell’identità del digitale del brand. Più di 15 specialisti nell’area di social media marketing utilizzano i social network come strumento di conoscenza del consumatore, come piattaforma di comunicazione e come piattaforma di lead generation.
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La scelta di creare competenze interne ci permette oggi di utilizzare sistematicamente la Rete come piattaforma di conoscenza del consumatore, certi di avere il know how per interpretare la mole di dati che ci restituiscono i social network non in superficie, ma in profondità. Abbiamo ad esempio da poco condotto una ricerca, ‘It’s social, it’s mine’, per esplorare il ruolo e il valore dei social network quando parliamo dei diversi step del processo di acquisto e gli insight di questa analisi ci confortano, se confrontati con le ricerche dei più importanti istituti a livello internazionale e, ancor più, con l’esperienza che abbiamo costruito per diversi settori e diversi clienti. Grazie ai dispositivi mobili si sta sviluppando un tipo di utente “sempre raggiungibile”, in ogni luogo e in ogni momento. Questo dischiude alla comunicazione digitale una serie di nuove possibilità di contatto con il cliente, magari proprio nel momento in cui sta decidendo un acquisto. Qual è l’approccio di OMG a questo fenomeno? Il mobile come canale di comunicazione da una parte risponde a logiche tutte proprie, dall’altra ben si inserisce nel funnel di comunicazione, con attività chiare e differenziate per rispondere ad ogni obiettivo di marketing. Abbiamo degli specialisti che approfondiscono gli aspetti legati alla tecnologia, alle nuove soluzioni di pubblicità e al ruolo del mobile nelle forme di comunicazione innovative: videocomunicazione, RTB, programmatic buying, social TV. Utilizziamo il nostro panel (23.000 panelisti, in collaborazione con Duepuntozero di Doxa) per capire meglio le esigenze del consumatore e sfruttare correttamente le potenzialità di questo
mezzo. Un esempio su tutti: abbiamo ascoltato dal nostro panel che il video come formato pubblicitario sul mobile è poco apprezzato (fonte OMG panel settembre 2013) e di conseguenza indirizziamo i nostri clienti nella pianificazione. Oltre alla forte creatività che ogni anno consente a OMG di ricevere numerosi premi internazionali, il gruppo mantiene una grande attenzione al ROI dei propri clienti. In questo contesto nasce anche il concetto di ‘marketing programmatico’ proprio per garantire risultati più consistenti a ogni investimento. Quali sono le soluzioni studiate da OMG su questo argomento? Ci aspettiamo che il marketing programmatico si imponga come modello non solo di pianificazione media e di buying, ma ancor più come sistema di utilizzo dei dati e dell’analytics per ottenere insight sui clienti, ottimizzare l’esperienza del consumatore e adattare l’offerta alle singole esigenze e comportamenti rilevati, in tempo reale. Siamo in un’era in cui non è più importante la raccolta e interpretazione dei dati, ma la capacità, sulla base dello storico degli stessi e dello studio dell’arena competitiva, di simulare gli scenari futuri e di integrare fortemente l’area di analytics con quella di business. Stiamo quindi lavorando con i nostri principali clienti con un approccio di consulenza che coinvolge Resolution.lab e il team di analytics in un primo step nella fase di system integration e Brand Science per i modelli di econometria per tutti i mezzi pianificati. L’occasione principale nasce oggi dalla necessità di ottimizzare le attività di direct response, ma sempre più queste analisi stanno coinvolgendo anche le attività di branding.
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Ascolto e dialogo L’approccio di PosteMobile alla comunicazione online è quello dell’ascolto e del dialogo con i clienti, utilizzando i differenti canali social non solo per costruire ma soprattutto per mantenere viva la relazione con loro, fornendogli servizi di assistenza e informazione e ingaggiandoli su tematiche di interesse e non solo di proposizione commerciale
INTERVISTA a Barbara Montepilli, Responsabile Comunicazione Comerciale, e Giorgio Gerardi, Responsabile Customer Experience & Operations di PosteMobile. Avete recentemente rinnovato il vostro sito nella grafica e nelle logiche di navigazione: quali sono state le linee guida di questo restyling? BM – Il restyling mira a una comunicazione più chiara e incisiva, tesa a fornire i contenuti più importanti in modo semplice e accattivante e a facilitarne la reperibilità, anche grazie all’ottimizzazione per un miglior posizionamento sui motori di ricerca. La nuova veste grafica, moderna ed essenziale e più focalizzata sulle immagini, e la diversa modulazione delle informazioni, sono il risultato di una expert review di specialisti di User Interface. Anche il nuovo design e l’architettura informativa sono frutto di un’attenta indagine sulle ricerche online del pubblico target e di un’analisi di percorsi di navigazione e ‘mappe di calore’ allo scopo di restituire agli utenti una struttura informativa più ‘user friendly’. Quale ruolo rivestono i social nella vostra strategia di comunicazione online? BM – Un ruolo di primo piano, poiché costituiscono il canale che più di ogni altro si presta a instaurare con il cliente una 136
Barbara Montepilli, Responsabile Comunicazione PosteMobile
Giorgio Gerardi, Responsabile Customer Experience & Operations PosteMobile
relazione partecipata e interattiva e a costruire una narrazione di brand condivisa. Abbiamo infatti scelto di rappresentarci quotidianamente come una marca ‘Storytelling’ sia nella composizione del piano editoriale sia attraverso iniziative innovative. È il caso di Lib, la web serie realizzata in collaborazione con Publispei per anticipare il lancio di una nuova offerta su target ‘giovane/connesso’. La diffusione della serie si è
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POSTEMOBILE Viale Europa, 190 – 00144 Roma barbara.montepilli@postemobile.it www.postemobile.it
Board di direzione: Barbara Montepilli, Responsabile Comunicazione Commerciale. basata su due assi portanti: la pagina Facebook ha rappresentato l’hub della comunicazione legata a Lib, in tutte le sue fasi, e il canale PosteMobile Tube per la diffusione dei video delle singole puntate. Il progetto ha però coinvolto tutto il nostro ecosistema social grazie allo sviluppo di un piano editoriale integrato, finalizzato a mantenere alto l’interesse del pubblico dalla prima fase teaser della serie, all’on air degli episodi, sviluppando il dialogo sull’universo Lib. Con LIB, che ha totalizzato oltre 1 milione di views durante l’on air, abbiamo inteso realizzare una forma innovativa di product placement che ha fatto parlare di noi attraverso un prodotto di comunicazione in grado di vivere svincolato dall’offerta commerciale. Quali sono i principi a cui si è attenuta PosteMobile nel costruire la relazione online con i propri clienti? Nello specifico, come viene ingaggiata la fan base? BM – Come detto, oggi i consumatori partecipano sempre più proattivamente al processo di comunicazione e percezione del brand, raccontando e condividendo la propria branding experience. In quest’ottica l’approccio che consideriamo vincente è quello dell’ascolto e del dialogo che misuriamo e monitoriamo costantemente con il supporto di strumenti specifici. Attraverso i canali social cerchiamo non solo di costruire ma soprattutto di mantenere la relazione con il cliente, fornendogli servizi di assistenza e informazione e ingaggiandolo su tematiche di interesse e non solo di proposizione commerciale. L’iniziativa più recente
Servizi Offerti: Telefonia Mobile Anno di fondazione: 2007 è il concorso “PosteMobile ti regala lo shopping”, associato a 3 applicazioni di gioco in grado di valorizzare il divertimento e le logiche di ingaggio tipiche di Facebook. La partecipazione è stata ampia anche grazie ai meccanismi di viralizzazione previsti dalla dinamica del gioco. PosteMobile utilizza i social in logica customer care, e siete stabilmente ai primi posti della classifica di Blogmeter per Response Time (tempo di risposta delle aziende alle richieste dei clienti). Avete inoltre da poco varato il progetto CEM – Customer Experience Management: in cosa consiste? GG – Consideriamo i canali social non solo una vetrina ma il tramite per una tempestiva assistenza al cliente, e i nostri risultati su Blogmeter sono il frutto della sempre maggiore sinergia tra il customer care e i social media. Questa attenzione si inserisce all’interno del progetto CEM, mirato a focalizzare l’intera azienda sulla Customer Experience del cliente, con l’obiettivo di fornire servizi e un utilizzo degli sessi sempre più vicino alle aspettative dei consumatori. Nel corso di questi ultimi anni, l’attenzione alla Customer Experience, intesa come gestione della relazione con i clienti lungo l’intero ciclo di vita, sta assumendo un ruolo fondamentale e sempre più discriminante per i consumatori nella scelta di brand e nel consolidamento dei rapporti cliente–azienda, ed è diventato un driver rilevante per le scelte aziendali. 137
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Tutti i plus dell’italianità Forte di un posizionamento unico sul mercato, Radio Italia continua a crescere anche nelle sue molteplici declinazioni online: grazie ai contenuti esclusivi presenti su tutte le piattaforme e in tutti i principali social network, ha costruito nel corso degli ultimi anni un rapporto privilegiato e bidirezionale con i suoi ascoltatori, telespettatori e ‘likers’
INTERVISTA ad Alessandro Volanti, Responsabile Marketing Radio Italia. Nonostante la perdurante crisi che ha colpito in modo significativo anche il comparto della comunicazione, i media digitali continuano la propria crescita che va parzialmente a controbilanciare il calo dei media tradizionali. Radio Italia parte da un media tradizionale ma si sta espandendo anche oltre, soprattutto verso i media digitali. La vostra presenza sul web e in TV ha portato benefici anche economici all’azienda? Quali sono stati i vostri risultati economici nel 2013, e quali specificamente legati ai media digitali? Nel 2013 abbiamo effettuato un cambio di concessionaria affidando la raccolta pubblicitaria a Mondadori Pubblicità per la radio, Publitalia ‘80 per la Tv e Mediamond per il web. I risultati si sono visti subito e sono stati da subito eccezionali: le nuove concessionarie hanno da subito saputo valorizzare le nostre caratteristiche, il nostro prodotto e le nostre audience. Come è approdata Radio Italia sul web? Quali sono gli obiettivi che si pone di ottenere con questa presenza online? Quali potranno essere gli sviluppi futuri, per esempio in ottica mobile, social, video? 138
Alessandro Volanti, Responsabile Marketing Radio Italia
Radio Italia è da sempre presente sul web. Negli ultimi 5 anni abbiamo riservato particolare attenzione a questo ambito che, sfruttato in maniera ottimale, si è dimostrato una grande opportunità. A novembre di quest’anno abbiamo lanciato il nuovo sito radioitalia.it completamente rinnovato nella sua veste grafica e ancora più ricco di contenuti esclusivi. Attraverso l’online riusciamo a contattare chiunque ami la
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RADIO ITALIA Viale Europa, 49 – 20093 Cologno Monzese (MI) Tel. 02 254441 – Fax 02 25444220 diretta@radioitalia.it www.radioitalia.it
Board di direzione: Mario Volanti, Editore e Presidente; Marco Pontini, Direttore Generale Marketing e Commerciale; Alessandro Volanti, Responsabile Marketing. Servizi offerti: : intrattenimento musicale musica italiana offrendo loro il meglio della produzione musicale nazionale (attraverso lo streaming audio e video), ma anche notizie aggiornate, gallery fotografiche, video backstage e video live esclusivi. Sul fronte mobile siamo presenti, attraverso applicazioni studiate ad hoc per ogni device esistente, su iPhone, iPad, Kindle, Windows8 e Android: chiuque voglia seguirci in mobilità, ascoltare musica ma anche fruire dei nostri contenuti esclusivi, può farlo. I social meritano un capitolo a parte: in poco più di due anni abbiamo conquistato la leadership su Facebook sia come numero di likers (siamo oltre 1,6 milioni di utenti) che come numero medio di interazioni. La nostra pagina è caratterizzata dal dialogo con gli utenti che attraverso di essa entrano a far parte della grande famiglia di Radio Italia. Siamo presenti anche su Twitter, Instagram, Pinterest e Google+. Radio Italia ha sempre puntato molto sull’italianità della propria natura: sbarcando sul web, che è un mezzo globale, questa forte caratterizzazione può essere considerata un rischio – di autoghettizzazione – o un vantaggio, in termini di presenza italiana nel mondo, in questo caso digitale? Vi sentite un po’ gli alfieri dell’italianità musicale nel mondo? Essere presenti sul web ha rappresentato per
Anno di fondazione: 1982 noi una grande opportunità e un enorme vantaggio non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale. Radio Italia infatti è l’unica radio con questa precisa identità: grazie al suo posizionamento e alle sue caratteristiche tipiche ben definite può essere ‘esportata’ senza il rischio di essere confusa nel grande calderone delle radio. Quando gli utenti cercano la nostra radio, attraverso qualunque mezzo, sanno bene cosa troveranno e questo per noi rappresenta sicuramente un plus. L’espansione di Radio Italia passa anche attraverso la Tv, anche perché è difficile rinunciare a sfruttare la potenza comunicativa delle immagini in movimento. Per lo stesso motivo Il video online è diventato uno dei settori trainanti della Rete, e in questo ambito i contenuti video di Radio Italia Tv possono fare la differenza. Li state utilizzando all’interno del sito, e come si è comportato il video online in termini di veicolo pubblicitario? Radio Italia da anni sfrutta in maniera ottimale le sue produzioni per dare ai propri utenti contenuti esclusivi e permettere loro di vivere esperienze uniche. Per questo motivo produciamo ogni anno moltissimi backstage 139
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L’homepage del nuovo sito Radio Italia, completamente rinnovato a novembre nella sua veste grafica e ancora più ricco di contenuti esclusivi
che raccontano attraverso le immagini un live, un evento, un’intervista, mostrando anche ciò che accade dietro le quinte o a microfoni spenti e regalando loro il saluto di un’artista e
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immagini esclusive. Chiunque lavori in questo settore sa che il futuro del mondo pubblicitario web ruoterà attorno alla vendita di video: da anni noi li stiamo valorizzando
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riservandogli uno spazio di visibilità e di promozione importante. La fruizione dei media, specialmente quelli digitali è sempre più mobile e sempre più multiscreen. Gli utenti utilizzano device come smartphone, tablet, e tra poco sarà la volta dei cosiddetti ‘wearables’ i dispositivi elettronici indossabili. Come vi aspettate l’evoluzione di questo settore e quali opportunità è possibile cogliere per raggiungere una sempre maggiore platea di utenti? Siamo certi che lo sviluppo di queste nuove tecnologie sarà velocissimo. Bisognerà poi capire come l’utente realmente accoglierà e utilizzerà questi nuovi dispositivi. Radio Italia è da sempre attenta agli sviluppi tecnologici: al momento giusto saremo pronti anche noi a sfruttarli al meglio. La presenza online di Radio Italia ha una forte caratterizzazione social, con numerosi riferimenti ai social network più diffusi come Facebook e Twitter direttamente in home page. Quanto sono importenti per una realtà come la vostra, costantemente a contatto col pubblico, i social network? Come pensate di sviluppare questa vostra presenza sul social? Per Radio Italia i social rappresentano un ambito molto importante. Abbiamo da subito sfruttato al meglio le opportunità che i social riservano con risultati positivissimi ed evidenti a tutti. L’obiettivo è continuare su questa strada, dando sempre più agli utenti la possibilità di dialogare con noi ed entrare in contatto con il mondo Radio Italia. Dal punto di vista pubblicitario, avete già avuto modo di sfruttare la vostra presenza online in modo originale, per esempio con iniziative social o eventi online? Credete che questa sia una strada percorribile per Radio Itaila?
La pagina Facebook di Radio Italia conta oltre 1,6 milioni di fan
Certamente, la strada è percorribile per Radio Italia. Stiamo sviluppando in queste settimane alcune iniziative che attueremo presto. Il passaggio al digitale ha avuto effetti su molti campi della vita quotidiana ma forse l’impatto maggiore riguarda proprio i contenuti multimediali e specialmente la musica. La musica ‘liquida’ e i numerosi servizi online che la supportano hanno dato uno scossone decisivo al mercato musicale mondiale. Da protagonisti del settore, dove porterà secondo voi l’evoluzione di questo mercato? Quale modello di business sarà vincente nella produzione e distribuzione della musica? La musica e chi la produce sono e saranno sempre il centro di questo business. Sono questi due aspetti che bisogna tutelare.
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Sempre protagonista Rai non è solo televisione o radio: le numerose iniziative all’avanguardia che ha portato sui media digitali, come web tv e web radio, le numerose app per tutte le piattaforme, tra cui spicca Rai.tv, la pongono come un player dominante anche sul mercato del marketing e della comunicazione online. Come dimostra la crescita a doppia cifra della raccolta pubblicitaria.
“Quest’estate sono stato nel Far East e, vedendo interi vagoni della metro colmi di persone silenziose intente a vedere video su ogni tipo di device, dopo un brivido iniziale ho pensato: quante opportunità!”. Nicola Schiapparelli, Responsabile Rete Vendite Web di Rai Pubblicità, sceglie questa immagine per indicare come la fruizione del video in mobilità sia già il presente, e non il futuro. Ma, aggiunge, Rai è ben equipaggiata per questo tipo di scenario e in Italia è già tra i leader del mercato. Nonostante la perdurante crisi che ha colpito in modo significativo anche il comparto della comunicazione, i media digitali continuano la propria crescita che va parzialmente a controbilanciare il calo dei media tradizionali. In qualità di struttura che gestisce numerosi media, sia Tv sia radio sia digitali, come avete vissuto questo 2013? Quali sono stati i risultati economici, e quali specificamente legati ai media digitali? Nielsen ci dice che a Settembre il mercato digital segna un -3,6%; per chi vive di digital è la prima volta, rappresenta un micro trauma! Noi chiuderemo l’anno ancora con una crescita in doppia cifra, dato particolarmente soddisfacente considerato che ci paragoniamo con un 2012 forte di 2 grandi eventi esclusivi sul web come Europei e Olimpiadi. Questi ottimi delta percentuali però non sono ancora sufficienti a 142
Nicola Schiapparelli, Responsabile Rete Vendite Web Rai Pubblicità
controbilanciare la minor raccolta della Tv: la fruizione della Tv online non è ancora (e non lo sarà per un po’) un’abitudine consolidata come accendere la grande, cara Tv di sempre. Il video online è senza dubbio uno dei settori trainanti della Rete, e in questo
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RAI PUBBLICITÀ Sede legale: Corso Bernardino Telesio, 25 – 10146 Torino Tel. 011 7441111 – Fax 011 7441588 www.raipubblicita.it
ambito Rai è sempre stata un player importante. Quali sono state le ultime novità di Rai in merito al video online e quali le prossime mosse? Come si è comportato il video online in termini di veicolo pubblicitario? Non posso che confermare la salute del video online: anche quest’anno siamo costantemente sold out! Noi siamo stati pionieri nel video e siamo ancora, a oggi, l’unica vera Tv online: solo noi abbiamo 15 canali in diretta streaming 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. Oggi siamo già nei bouquet delle principali over the top Tv e siamo pronti a sfruttare quel mercato che crescerà nel tempo. In occasione della nuova riorganizzazione del mondo news di Rai, anche il portale avrà una sezione dedicata che, a quello che ha previsto l’Editore, ha le carte in regola per diventare un punto di riferimento delle video news autorevoli sul web, come in Tv. La fruizione dei media, specialmente quelli digitali, è sempre più mobile e sempre più multiscreen. In questo ambito Rai è avvantaggiata perché oltre a detenere i mezzi tecnici e il know-how ha anche contenuti di qualità e i canali attraverso cui trasmetterli. Cosa vi aspettate dall’evoluzione di questo settore e quali opportunità offrite ai vostri clienti di raggiungere i fruitori di questi servizi? È una logica conseguenza di un mondo sempre più mobile e multitask; Rai lo sa e anche in questo è leader con una app eccezionale: Rai.tv. A livello macro condividiamo con i nostri clienti
Board di direzione: Lorenza Lei, presidente; Fabrizio Piscopo, amministratore delegato; Luciano Flussi, direttore generale. Anno di fondazione: 1926 Addetti: 496 che vale il discorso ‘diretta = copertura aggiuntiva’; in più, a seconda delle strategie di ogni singolo, vale la pena di approfittare di un touch point personale e ‘sempre in tasca’ come lo smartphone o il tablet. A onor del vero, ritengo che in quest’ambito, per una comunicazione efficace, bisogna selezionare il prodotto o servizio adatto e il trattamento creativo adeguato; in un mondo ideale, la Tv chiamerebbe uno spot, il tablet uno più estetico e più breve, lo smartphone un altro ancora, sicuramente brevissimo. Aggiungo che è differente lo stato d’animo di chi fruisce lo stesso contenuto su device diversi. Mi spiego: chi guarda un Tg in prime time sul tablet, forse lo fa come second best option dopo il salotto di casa; mentre chi guarda ‘Alle falde del Kilimangiaro’ on demand appena ha un’ora di tempo, è un amante entusiasta del programma, con tutte le implicazioni del caso. Il contributo che noi concessionaria possiamo dare ai clienti è proprio conoscere a fondo i comportamenti dei nostri utenti e indirizzare al meglio le scelte dei clienti. Sempre nell’ambito della fruizione su dispositivi mobili, Rai ha sviluppato numerose app per veicolare i propri contenuti in modo puntuale ai singoli utenti in mobilità. Quali risultati avete ottenuto 143
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La pagina di Carosello Reloaded sul sito Rai.tv
in termini di download, e quanto vengono utilizzate le app una volta installate? È possibile attraverso di esse veicolare contenuti di comunicazione, e l’avete già fatto? Sono orgoglioso nel dire che l’Editore ci mette a disposizione una app assolutamente unica nel mercato italiano: solo con Rai.Tv l’utente può vedere in diretta streaming, WiFi e 3G, 14 canali in diretta, come ho già detto24 ore su 24 e 365 giorni l’anno; la bontà dell’offerta è tale che, senza praticamente promozione, Comscore certifica che con 5,5 milioni di media mese siamo la tredicesima app per audience in Italia a Settembre; prima di noi quasi solo colossi come Google, Facebook, Microsoft. Anche da questo punto di vista Rai è leader. I social network sono una realtà sempre più importante con cui ogni azienda che comunica deve fare il conto; una ottima opportunità per gli editori che possono diventare il punto di incontro online tra aziende e navigatori. Quali iniziative ha messo in campo Rai in ambito social, e con quali risultati? Come ritenete si evolverà questo mercato? Come utilizzare i social network è una questione
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delicata perché possono essere utili per comunicare più che per fare pubblicità; per molte aziende è una modalità nuova a prescindere dal medium, quindi la complessità è doppia. Faccio un esempio per rispondere alla domanda: Rai ha sviluppato un’interessante social tv che permette, in occasione di alcuni programmi che si prestano particolarmente al dialogo (Ballarò, Agorà …) di vedere la diretta e, loggandosi come utente Facebook o Twitter, commentare con i propri amici. Il piacere della condivisione potrebbe far cambiare le abitudini di fruizione; certo in un contesto del genere inserire un banner mi sembrerebbe non sfruttare al meglio l’opportunità che mettiamo a disposizione di un cliente. Come migliorare? Come Rai Pubblicità selezioneremo al meglio i clienti che ci coinvolgono a fondo nelle loro strategie di comunicazione e con loro studieremo insieme il modo di lavorare. Tutto parte da una fase di ascolto: noi verso i nostri clienti e loro verso i propri consumatori.
Secondo i dati Comscore, con 5,5 milioni di media mese Rai.tv è stata la tredicesima app per audience in Italia a Settembre
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In un mondo sempre più mobile e multitask, l’app Rai.tv è disponibile per tutte le piattaforme, sia in versione smartphone che tablet
Dal punto di vista del media buying si sta assistendo alla progressiva affermazione del programmatic marketing, con l’utilizzo di piattaforme di acquisto automatizzate. Questo potrebbe potenzialmente danneggiare editori come Rai, che dispongono di contenuti di qualità. Quali sono le soluzioni che avete adottato per evitare un livellamento dei prezzi del vostro inventory verso il basso a causa dei sistemi DSP? Noi siamo un caso un po’ particolare: abbiamo un contenuto pregiato, un bassissimo affollamento e buone saturazioni. Detto questo io parto da due assunti: le battaglie di retrovia sono perdenti; meglio comprendere prima possibile le novità e cavalcarle invece che subirle; ad esempio inserendo un floor price (cosa che agli inizi non era possibile) non è detto che il DSP possa contribuire a trovare un miglior equilibrio tra saturazione e redditività. Noi abbiamo un approccio di partnership anche con i fornitori: con la società che ci fornisce il servizio di adserving ne stiamo valutando le opportunità.
spingere con decisione per l’utilizzo dei “Big Data”, ovvero l’impiego e l’analisi approfondita di una grande mole di informazioni per identificare e raggiungere al meglio i propri potenziali clienti. Qual è la vostra opinione riguardo a questa tendenza? Avete predisposto degli strumenti che vadano in questa direzione, a vantaggio dei vostri clienti? Siamo perfettamente consapevoli che quello dei Big Data è un tema caldo oggi in quanto rilevantissimo domani; noi stiamo mettendo a punto un prodotto che nel breve aumenterà l’efficacia degli spot tv e nel medio–lungo ci permetterà di avere e poi gestire a favore dei nostri clienti i BD. Al momento non posso dire altro, ma allo IAB ci saranno novità…
Il pre-roll di uno spot Baileys sulla versione iPad del sito Rai.tv
Dalle ricerche emerge che spesso sono i dipartimenti marketing delle aziende a 145
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Nel segno dell’innovazione Televisione, mobilità, app, social: Sky Italia mette a disposizione i suoi contenuti premium agli utenti ovunque si trovino e in qualunque momento decidano di volere o potere usufruirne. E di conseguenza offre agli investitori pubblicitari la possibilità di ‘agganciarsi’ a tali contenuti per sfruttare la user experience e l’engagement dello spettatore
INTERVISTA a Nicola Novellone, web & digital director Sky Italia. Con la progressiva affermazione del video sul web, Sky si trova in una posizione di grande vantaggio, essendo uno dei più grandi produttori di contenuti al mondo. Come ha influito il boom dei media digitali sulle vostre attività? Sky, da sempre è sinonimo di innovazione nel mondo televisivo. Sia sui contenuti che sulla tecnologia per una fruizione sempre all’avanguardia. Ma Sky è innanzitutto una Pay Tv e ha quindi il dovere di fornire ai propri clienti un servizio sempre migliore e sempre più accessibile. In questo contesto Sky Italia guida la crescita digitale e multiscreen focalizzandosi sulla tecnologia, ma soprattutto sull’esperienza che i nostri contenuti possono offrire su device diversi da quelli televisivi. Circa 18 mesi fa abbiamo lanciato SkyGo, e abbiamo in questo tempo migliorato la fruizione aggiungendo più canali e sempre più contenuti. È stato poi il turno di Sky On Demand e la sua integrazione su MySky e successivamente in Tv, ma anche su tutti gli altri device mobili. Abbiamo poi rivisto la nostra offerta digitale verticalizzando sempre più i nostri siti per replicare l’esperienza televisiva degli utenti. Questa roadmap di innovazione digitale ci ha portati a definire un nuovo standard di esperienza media, ma soprattutto ci ha permesso di soddisfare 146
Nicola Novellone, web & digital director Sky Italia
un nuovo target che fruisce dei nostri contenuti, digitalmente molto più avanzato, interconnesso e fruitore di contenuti su multidevice. L’utente digitale è sempre più multidevice e multiscreen; il consumatore odierno è sempre
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SKY ITALIA Via Monte Penice, 7 - 20138 Milano Tel. 02 308012076 - Fax 02 308015824 info@skypubblicita.it www.skypubblicita.it
Anno di fondazione: 2004
più raggiungibile su una grande varietà di device digitali, e non solo sul PC in collegamento al web. Inoltre molti di questi device sono personali (smartphone, tablet, wearables), quindi sono ideali per una comunicazione one-to-one che vada a soddisfare i bisogni del singolo individuo. Come si sta muovendo in questo contesto di forte cambiamento un editore multimediale come Sky, specialmente dal punto di vista dell’advertising? La crescita esponenziale dei mobile device è in linea con le nostre aspettative. Ed è per questo che tutti i nostri servizi sono usufruibili da mobile o in logica di m-site o di app. Nel prossimo futuro lanceremo una app specifica per i nostri clienti che si chiamerà Sky faidate per gestire via mobile il proprio abbonamento Sky in una logica più accessibile e user friendly. Essendo una pay Tv, la pubblicità ha un focus differente rispetto alla Tv tradizionale. Anche in questo caso pensiamo all’esperienza del cliente, al suo coinvolgimento. Un punto di svolta importante per la vostra offerta nel mondo del digitale è stato il lancio del servizio Sky Go. Cosa ha significato per voi portare Sky su altri schermi che non sono quelli del televisore? Cosa comporta dal punto di vista pubblicitario questa scelta? Avete in mente dei prodotti, ora o in futuro, che potranno essere utilizzati all’interno di Sky Go? SkyGo è il successo digitale dell’anno. È stata riconosciuta da Apple come una tra le app più
amate dagli italiani con un numero di utenti e un tasso di crescita dei download incredibilmente elevato. Naturalmente SkyGo ha una sua roadmap di innovazione con l’aggiunta di canali, di contenuti e di servizi come l’on demand, e continuerà ad arricchirsi per migliorare l’esperienza dei nostri clienti in mobilità. Ma il percorso di penetrazione è ancora in fase di evoluzione e i tassi di crescita sono sempre double digit rispetto ai periodi precedenti. Un’altra grande innovazione che sfrutta il canale digitale del web è il lancio di Sky on demand, che pone alla portata di tutti una grande library di contenuti. È l’inizio dell’era della fruizione non-lineare anche per la TV? Come vedete l’evoluzione della fruizione della TV via web? SkyOn Demand è forse l’innovazione più importante che cambia il comportamento di chi fruisce del prodotto televisivo. Grazie a questo s ervizio la visione si è fatta sempre più personalizzata ed è ormai ritagliata attorno al ‘tempo’ dell’abbonato, che può decidere in ogni momento come vivere l’offerta Sky, scegliendo, registrando, scaricando e guardando i propri programmi preferiti. Ma tutto ciò sta avvenendo senza strappi, in maniera progressiva e differenziando i contenuti. Il palinsesto televisivo è una realtà che continuerà ad avere una sua ragion d’essere, ma con logiche e pubblici molto diversi rispetto al passato. La forza del live insostituibile rimane significativa, ma la capacità di offrire ai 147
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Lanciato 18 mesi fa, SkyGo ha una sua roadmap di innovazione con l’aggiunta di canali, di contenuti e di servizi come l’on demand, e continuerà ad arricchirsi per migliorare l’esperienza dei nostri clienti in mobilità
nostri clienti più confort di visione ha dimostrato una voglia latente di guidare il palinsesto e non solo farsi guidare dalla Tv. Sky ha in gestione una buona parte di media ‘tradizionali’ come la Tv via Satellite, e contemporaneamente un’ampia scelta di media digitali interattivi; pensiamo ai siti dei canali tematici che trasmettete, ma anche ai siti ‘proprietari’ come Sky Mag, Sky Sport, Sky Formula 1, e così via. Quanto sta diventando importante la crossmedialità, sia dal punto di vista dei contenuti sia dal punto di vista dell’advertising? Ce ne può fare degli esempi? L’accesso ai contenuti per Sky non è mai stata una barriera, anzi un’opportunità. Siamo crossmediali da sempre e oggi i nostri contenuti sono veramente omnidevice. Un esempio per tutti è X Factor, in cui l’accesso non solo è crossmediale, ma differenzia
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addirittura il comportamento per tipologia di canale: a partire dal’interattività su MySky ad arrivare all’app companion in cui si può avere un’esperienza profonda e usufruire dei contenuti costruiti ad hoc, come una speciale camera sui giudici per tutta la durata dello show o l’applausometro digitale. Sono solo due esempi di allargamento dell’esperienza su device diversi. Secondo diverse ricerche eye-tracking, gli utenti più assidui su internet spesso sviluppano la capacità di ignorare inconsciamente il display advertising (la cosiddetta ‘banner blindness’. Questo è uno dei tanti motivi del successo del video advertising, in costante crescita. Nella vostra offerta di comunicazione quanto pesa il video advertising? Quali sono le soluzioni che proponete alle aziende che vogliono
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investire sui vostri siti, e quali sono gli obiettivi che si possono raggiungere? I siti digital di Sky sono video per eccellenza. Questo è sicuramente uno dei segreti del successo dei nostri siti verticali. Francamente oggi i siti Sky hanno due fattori competitivi di successo insostituibili: l’estrema qualità del target e la capacità di costruire attività comunicazionale ad hoc per i nostri clienti pubblicitari partendo dai nostri contenuti televisivi e customizzando le iniziative digitali sulle specifiche esigenze dei clienti. È un vantaggio che fa crescere le nostre revenue pubblicitarie digitali a doppia cifra in un mercato internet stabile. Spesso fare marketing e comunicazione sui social network viene indicato come una panacea per tutte le aziende. Indubbiamente tutte le aziende e i marchi vedono il social come un’opportunità, ma è anche vero che questo ambiente di comunicazione non è così semplice da affrontare con efficacia. Quali sono gli strumenti che Sky mette a disposizione dei clienti in ambito social? È un settore su cui intendete investire in futuro? Per Sky Italia i social sono elemento integrante ed integrato della strategia aziendale. L’architettura social di Sky Italia, infatti, rispecchia i contenuti e i canali on air in televisione. Ed è per questo che le nostre properties sono destinazioni incredibilmente social e Sky è leader nel mondo dei social. Più di 1 milione di follower porta SkyTG24 ad essere il primo canale allnews su Twitter. Esattamente lo stesso per SkySport su Facebook. I social crescono così come cresce la voglia delle nostre community di costruire relazione sui nostri contenuti, sui nostri talent, sul modo che abbiamo di fare spettacolo. Negli ultimi tempi si è fortemente sviluppato il fenomeno del ‘Big Data’ ovvero l’impiego e l’analisi approfondita di una grande mole di informazioni per identificare e raggiungere al meglio i propri potenziali clienti. In qualità di
I siti Sky (nell’immagine l’home page di quello SkySport) hanno due fattori competitivi di successo insostituibili: l’estrema qualità del target e la capacità di costruire attività comunicazionale ad hoc partendo dai contenuti televisivi e customizzando le iniziative digitali sulle specifiche esigenze dei clienti pubblicitari
detentori delle informazioni relative ai vostri abbonati, avete la possibilità di sviluppare azioni di comunicazione altamente targettizzate e personalizzate. State sviluppando iniziative in questo senso? I Big Data sono una realtà già in essere. Ciò non vuol dire costruire strategie e azioni di comunicazione ‘in più’, ma sicuramente più efficaci. Già oggi su tutti i nostri canali di contatto operiamo in una logica di Real Time Decisioning, consolidando a ogni singolo cliente solo le informazioni e le singole offerte su cui il cliente stesso ha dimostrato interesse. Più di big data mi piacerebbe parlare di small data, e cioè solo di quelle informazioni rilevanti a generare ancora più valore di esperienza per il singolo cliente.
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Chiedimi se sono ‘felice’… Softec si definisce una digital company che apporta valore aggiunto offrendo ai propri clienti una consulenza idonea a rendere l’azienda ‘felice’. Come? Garantendo presenza, visibilità in rete e ritorno degli investimenti grazie a tecnologie proprietarie e moderni strumenti di marketing. In crescita da 15 anni, anche nel 2013 metterà a segno un +50%
INTERVISTA a Maurizio Bottaini, Ceo & President Softec. Siete presenti sul mercato da oltre 15 anni con un portfolio di offerta integrato veramente completo: piattaforme proprietarie, adv digitale, performance marketing, social media, SEO e SEM, mobile, e-commerce…). Ma cosa siete diventati? Siamo una digital company internazionale che apporta valore aggiunto ai propri clienti, garantendo presenza, visibilità in rete e un ritorno degli investimenti grazie a tecnologie proprietarie unite a moderni strumenti di marketing. Il nostro obiettivo è quello di consentire alle aziende di crescere grazie a servizi e soluzioni correlati, tutti studiati per dare la possibilità ai clienti di sfruttare al massimo le potenzialità del digitale. Il vostro percorso di crescita è passato attraverso tappe fondamentali come la quotazione su AIM di Borsa Italiana, l’acquisizione di altre aziende specializzate (BBJ-Web Agency e Redation) e l’apertura di una sede in Brasile. Come siete riusciti a portare avanti tutti questi progetti? Un’azienda che vuole funzionare non può perdere tempo, occorre definire una buona strategia e cogliere tutte le opportunità che si incontrano nel percorso intrapreso. Per essere leader non basta essere i più bravi, occorre l’assetto imprenditoriale giusto, ottima visibilità, solidità e soprattutto una struttura aziendale forte. Le persone sono sempre state la nostra forza e 150
Maurizio Bottaini, Ceo & President Softec
per tutte le operazioni il loro contributo è stato cruciale. Ognuno con la propria competenza ha costruito la Softec di oggi. Quindi a livello economico quest’anno siete cresciuti? Anche quest’anno è stato positivo e dovremmo chiudere l’attuale esercizio con un +50% rispetto al 2012. Risultati incoraggianti che ci dimostrano che le scelte strategiche adottate hanno portato i frutti auspicati. Siete riusciti ad ottenere la qualifica di ‘eccellenza italiana nella consulenza strategica’, ma come siete riusciti a fare la differenza rispetto ai competitor? Il percorso è stato graduale, ma in linea con la nostra strategia aziendale che da sempre è orientata
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L’applicazione DesktopMate® iOS e Android, disponibile per Smartphone e Tablet, sviluppata da Softec per Conad
all’innovazione e al miglioramento continuo. Siamo cresciuti e ci siamo qualificati per essere il miglior caso di successo da raccontare al mercato: chi si affida alla nostra competenza può effettivamente valutare il buon lavoro che abbiamo fatto prima di tutto in casa nostra. Il punto di forza sta nella nostra capacità di apportare valore aggiunto offrendo ai clienti la consulenza idonea per rendere un’azienda ‘felice’, dove per felice intendiamo un’impresa proattiva, in crescita, soddisfatta di quello che fa e del riscontro che ottiene dal mercato, sia in termini economici che sociali. Il mercato dell’eCommerce si sta ormai affermando anche in Italia: Softec cosa propone a riguardo? Quali soluzioni proponete ai vostri clienti e come li guidate alla vendita online? Offriamo al mercato un servizio di eCommerce per cui sono fondamentali 3 aspetti. In primis, la capacità di realizzare una forte ‘eShop experience’, grazie alla quale il cliente riesca a maturare una forte familiarità con lo strumento di eCommerce e a mutare profondamente le sue modalità di acquisto, che diverranno sempre più online. In secondo luogo, puntiamo a un’integrazione e una gestione congiunta, di tutti gli strumenti per gestire efficacemente le vendite, per consentire al cliente di promuovere su più canali, sia online che offline, i propri prodotti. Infine, proponiamo un ‘modello di investimento’ secondo la logica ‘win-win’ che permette di costruire assieme al cliente un modello di remunerazione legato ai ricavi che si raggiungono.
Board di direzione: Maurizio Bottaini, President & CEO; Alessandro Mancini, Finance, Control & HR; Daniele Gentili, Internationalization, R&D, Quality Assurance; Alessandro Bonaccorsi, Managing Director Market; Alessio Semoli, Strategic & Operative Marketing. Servizi Offerti: Application Management, DEM, Social Intranet, Web Site, eCommerce, Mobile App, BTL, Contest, Social Engagement, Social Optimization, Reputation, Digital PR, Blog Relatioon, Search Marketing, Lead Generation, Media Audit, Co-registration, Progetti Custom. Anno di fondazione: 1997 Dipendenti: 120 Forecast 2013: >10 milioni di euro Clienti (principali): Conad, Telepass, Tennent’s Authentic Export, Segafredo, Bassilichi, MTV, Generali Assicurazioni, WIND, Lettera43, Autostrade, Decathlon, Mercedes-Benz, Autostrade per l’Italia, Mutti, Rovagnati, ecc.
Per Tennent’s Authentic Export, Softec ha elaborato una strategia multi-fase che ha previsto un sito e una Pagina Facebook in perfetta sinergia con le attività di comunicazione offline
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Accelerare l’innovazione WebAds chiuderá l’anno in crescita rispetto alla media del mercato, e guarda con ottimismo a un 2014 sempre più cross media oriented, pronta ad affrontare le nuove sfide proponendo un’offerta completa su web e mobile per rispondere alle esigenze di comunicazione di brand, audience e performance, grazie al supporto dei migliori provider tecnologici
“Con WebAds sto puntando molto sullo sviluppo tecnologico, dal programmatic buying alla costruzione di target audience – anticipa il Managing Director Constantijn Vereecken, che prosegue –: il 2014 sarà sempre più cross media oriented, ma siamo già pronti ad affrontare le nuove sfide in quest’ambito proponendo un’offerta completa su web e mobile”. Nonostante la perdurante crisi che ha colpito in modo significativo anche il comparto della comunicazione, i media digitali continuano la propria crescita che va parzialmente a controbilanciare il calo dei media tradizionali. Quali sono stati i vostri risultati economici in questo 2013? Quale sarà la tendenza del mercato nel 2014? Il 2013 è partito molto a rilento ma, in termini percentuali, chiuderemo l’anno in ampia crescita rispetto alla crescita totale del mercato. È difficile prevedere quale sarà l’evolversi della situazione economica ma guardo al futuro con profondo ottimismo: penso che come concessionaria abbiamo ampi margini di crescita e che, proprio in questo momento difficile per l’economia, per accelerare occorra spingere ancora di più sul pedale dell’innovazione. Per questo con WebAds sto puntando molto sullo sviluppo tecnologico, dal programmatic buying alla costruzione di target audience. Il 2014 sarà sempre più cross media oriented, ma siamo già pronti ad affrontare le 152
Constantijn Vereecken, Managing Director di WebAds
nuove sfide in quest’ambito proponendo un’offerta completa su web e mobile - tablet e smartphone - per rispondere alle esigenze di comunicazione di brand, audience e performance, grazie anche al supporto dei migliori provider tecnologici attivi sul mercato. La fruizione della Rete in mobilità è in costante espansione, e il mobile sarà certamente il metodo di connessione privilegiato nel futuro. La possibilità di raggiungere un potenziale
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Board di direzione: Constantijn Vereecken, Managing Director Servizi offerti: soluzioni di pubblicitá interattiva per campagne con obiettivi di brand, audience e performance Anno di fondazione: 2003 cliente in ogni luogo e in ogni momento su un dispositivo personale dischiude opportunità importanti per il marketing digitale. Quali sono gli strumenti che utilizzate per la comunicazione mobile, e che tipo di sviluppo prevedete in questo campo? Lo smarthphone è un mezzo molto versatile dal punto di vista della comunicazione. Il suo essere sempre a portata di mano offre numerose opportunità alle aziende. Tutte le funzionalità di targeting possono essere combinate per raggiungere il mobile surfer al momento giusto, in uno specifico luogo, con un messaggio pertinente e noi aiutiamo l’inserzionista a definire il giusto mix. Attualmente il nostro network mobile è la declinazione online del nostro network web, e anch’esso suddiviso in canali tematici. Le possibilità creative sono molteplici, si parla non solo di banner, ma anche di rich media, contenuti, gallery, da utilizzare per i più diversi obiettivi di comunicazione. Il video online è senza dubbio uno dei settori trainanti della Rete, e anche in questo ambito Webads dispone di diverse soluzioni di comunicazione. Quali sono i benefici dei formati video online per la comunicazione di aziende e brand? Come si è comportato il video online in termini di veicolo pubblicitario? Il video è un formato molto utile agli obiettivi dei nostri clienti, perché assicura visibilità, cattura l’attenzione dell’utente e in pochi secondi riesce
Dipendenti: 18 a comunicare il proprio messaggio. Inoltre, può essere condiviso e, se ben fatto, diventare virale, aggiungendo valore alla strategia di comunicazione dell’inserzionista. Tutti i nostri formati display, rich media, rising star e custom possono essere arricchiti con contenuti video. I social network sono una realtà sempre più importante con cui ogni azienda che comunica deve fare il conto; una ottima opportunità per gli editori che possono diventare il punto di incontro online tra aziende e navigatori. Sono però un terreno particolarmente delicato perché possono amplificare sensibilmente gli errori di comunicazione. Quali soluzioni social proponete ai clienti e come si integrano all’interno della strategia complessiva di comunicazione? Prima di proporre una soluzione social cerchiamo di capire quali sono gli obiettivi di comunicazione che il cliente intende raggiungere e quale tipologia di pubblico desidera coinvolgere nella sua attività. Noi affianchiamo il cliente nella creazione e nello sviluppo del progetto nella sua totalità. Il social media, infatti, a differenza di altre campagne pubblicitarie, non si esaurisce in un arco temporale definito, ma anzi, una volta partito, necessita di un esperto che ne guidi il percorso. 153
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L’utente prima di tutto ‘User first’: questa la filosofia e l’approccio al mercato che ha portato Yahoo ai primi posti di molti paesi, come USA e Giappone, ed è stata ulteriormente ravvivata grazie all’innesto di nuovi servizi che intendono seguire l’utente nelle sue attività quotidiane, attraverso i diversi dispositivi digitali che utilizza in qualsiasi momento della giornata
Molti servizi e app recentemente introdotti da Yahoo nella sua offerta derivano da acquisizioni di aziende di giovani talenti emergenti: “Ritengo che una delle cifre della ‘nuova’ Yahoo di Marissa Mayer sia proprio la voglia di puntare su nuovi talenti e di dimostrare che sul web c’è ancora molto spazio per l’innovazione” commenta Valeria Mazzon, Head of Solutions Development di Yahoo Italia. Il mondo del web è in continua evoluzione e ha ridefinito il concetto di velocità di cambiamento; sebbene sia uno dei media più giovani i suoi protagonisti sono cambiati più volte nel corso degli anni. In tutto questo Yahoo è un’eccezione, essendo nata praticamente con il web e nonostante ciò rimanendo uno dei principali player del mercato. Qual è il segreto di questa longevità e di questo successo? È certamente vero che Yahoo è sempre stato un player innovativo nel mondo digitale, anche se devo dire che questo fatto è percepito un po’ meno nettamente in Europa che nel resto del mondo. La situazione europea è infatti particolare, e possiamo dire che guardando i numeri a livello worldwide si può notare come l’Europa abbia un ‘peso’ minore rispetto a realtà come gli USA o il Sud Est asiatico. In questi mercati Yahoo è sempre stato ai primi posti nelle classifiche di utilizzo: per esempio, lo scorso settembre Yahoo ha superato Google come n° 1 negli Stati Uniti (secondo dati Comscore), e ha il primato anche in Giappone. Credo che il principale ‘segreto’ del successo duraturo 154
Valeria Mazzon, Head of Solutions Development di Yahoo Italia
di Yahoo sia nel motto user first che l’azienda ha sempre seguito, ossia ‘prima l’utente’: prima degli investitori pubblicitari, ci sono le esigenze degli utenti. Sono tante le attività che l’utente compie quotidianamente online, e Yahoo ha l’ambizione di diventare il ‘contenitore’ di tutte queste attività. Inoltre, con l’arrivo di Marissa Mayer al vertice dell’azienda si è verificata una ulteriore accelerazione verso il mondo
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delle app – per esempio abbiamo lanciato una app che unisce le immagini di Flickr al meteo, e negli Stati Uniti una app di Sport che si avvale delle numerose partnership con i media sportivi che Yahoo ha negli USA. In generale stiamo cercando di seguire gli utenti su tutti i device, soprattutto quelli mobili che rappresentano un metodo di fruizione in grande ascesa. Nel rafforzamento di Yahoo a livello internazionale hanno sempre giocato un ruolo importante le acquisizioni mirate di società con un forte potenziale nel campo web, come Flickr o il più recente Tumblr. Come si inseriscono queste operazioni nella strategia di crescita globale di Yahoo ? Naturalmente Tumblr è solo l’acquisizione più famosa degli ultimi tempi, ma negli ultimi 16 mesi Yahoo ha acquisito ben 24 società. Le acquisizioni derivano dalla nostra convinzione che nel mondo del web c’è ancora molto spazio per innovare, basta avere la volontà e la fantasia per provarci, e noi vogliamo cogliere il meglio di queste innovazioni, naturalmente se possono andare a completare la nostra offerta globale. Per esempio, il solo Tumblr ha ben 105 milioni di microblog attivi, e il 50% della sua audience accede via mobile. Insieme, Yahoo e Tumblr contano più di un miliardo di visitatori al mese in tutto il mondo. La fruizione dei contenuti digitali è ormai multidevice, La connessione alla rete è continua e ubiqua grazie a smartphone e tablet, smart tv e console di videogiochi, e perfino ai ‘wearables’. Si sta affermando con forza la figura del ‘cliente sempre raggiungibile’. Come si sta adattando la strategia di Yahoo rispetto a questi cambiamenti? Quali sono le iniziative più interessanti che avete intrapreso in questo senso?
Board di direzione: Lorenzo Montagna, Amministratore Delegato e Direttore Commerciale; Davide Mitscheunig, Director, Sales Italy; Davide Corcione, Media and Search Account Director; Valeria Mazzon, Head Of Solutions Development Italy. Servizi Offerti: Yahoo è impegnata in tutto il mondo nel rendere le abitudini quotidiane più stimolanti e divertenti. Sviluppando esperienze altamente personalizzabili, permettiamo agli utenti di essere sempre connessi con ciò che più conta per ognuno di loro, su qualsiasi dispositivo e su scala mondiale. Anno di fondazione: Yahoo! 1994 Clienti (principali): Procter & Gamble, Wind Telecomunicazioni, Sky, Fiat, Telecom Italia, Vodafone, Reckitt Benckiser, Volkswagen, Nissan, Renault, Kraft Foods, Esselunga, Fastweb, Samsung, Beiersdorf, Euronics, Lottomatica, Allianz, Citroen. La chiave di lettura vincente in questo caso è la capacità di catturare l’attenzione dell’utente, seguendolo durante tutta la giornata attraverso i diversi dispositivi digitali di cui fa uso, che noi definiamo come ‘tre schermi’: PC, tablet e smartphone.
La nuova e recentissima release dell’homepage di Yahoo 155
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che la soluzione migliore per i publisher più avanzati sia quello di dotarsi di marketplace privati per il proprio inventory. Quali sono le soluzioni che avete adottato in questo campo? Certamente non possiamo ignorare questa tendenza del mercato; per la nostra offerta pubblicitaria noi ci basiamo sulla profilazione e sui contenuti premium, quindi in una certa misura sfuggiamo alla logica del prezzo più basso. Per questo stiamo iniziando ad erogare contenuti pubblicitari con forme innovative di comunicazione, per esempio in modalità di native advertising, anche se in Europa non siamo ancora partiti con questi progetti.
L’ultima versione dell’app Flickr che trasforma lo smartphone in una vera fotocamera
I nostri dati interni confermano infatti che la fruizione di contenuti digitali sta crescendo in modo esponenziale soprattutto su tablet e smartphone. Quindi ritengo molto importante che gli investitori pubblicitari si rendano conto che la loro comunicazione vada declinata su tre schermi. Invece a me pare che il mobile sia ancora considerato dalle aziende poco più che un ‘nice to have’, o comunque un investimento residuale rispetto a quello sul web. Il mobile, poi, intrinsecamente ha una flessibilità che altre piattaforme non hanno, pensiamo per esempio alla possibilità di geolocalizzare i messaggi; anche dal punto di vista del video il mobile è in fortissima ascesa anno su anno. Ripeto, per me è un errore considerare secondario l’investimento su mobile, che non è complementare rispetto all’investimento su web ma centrale. Dal punto di vista del media buying si sta assistendo alla progressiva affermazione del programmatic marketing, con l’utilizzo di piattaforme di acquisto automatizzate. Per gli editori questo spesso vuol dire un livellamento dei prezzi verso il basso, e molti analisti ritengono
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Una delle soluzioni più comuni per sviluppare una comunicazione più coinvolgente è l’utilizzo del video advertising, che infatti è in forte e continua espansione. Cosa offrite da questo punto di vista ai vostri inserzionisti, e quali sono i risultati raggiunti? Il video è senza dubbio una delle forme di comunicazione più coinvolgenti; per quanto riguarda Yahoo, in Italia siamo concessionari del network musicale di YouTube, VEVO. Il posizionamento che vogliamo ottenere è quello di network video di qualità premium, con contenuti quali Dailymotion e le web series prodotte da professionisti; contrariamente ad altri player abbiamo pochi contenuti UGC perché vogliamo puntare soprattutto sulla qualità. Con questo non voglio dire che non esistano User Generated Content
Una schermata della ‘in box’ di Yahoo Mail
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dialogare con i brand, ma che è molto facile essere attaccati o passare inosservati. Per fare attività social devi avere qualcosa da dire, dei contenuti, e di conseguenza devi avere qualcuno che ti alimenta la pagina, che segue il progetto da vicino e costantemente; mi rendo conto che è un investimento importante, ma è necessario che un progetto integrato social sia ben studiato e preparato sia dal cliente sia dal partner di comunicazione, e soprattutto che ci sia dal principio la volontà di rispondere ai propri clienti ed essere credibili.
Un’altra app Yahoo di grande successo è quella dedicata al Meteo
di qualità anche molto alta, ma noi preferiamo avere una qualità costante in tutti i nostri contenuti video. E sembra che questa strategia e questo posizionamento abbiano pagato: negli USA Yahoo Screen è il canale numero 1. La dimensione sociale ha trasformato radicalmente il web e di conseguenza anche il modo di comunicare in e con questi media. Dal momento che Yahoo è particolarmente attenta a questo mondo (ricordiamo Answers, Messenger, Flickr, etc.) quali sono le soluzioni di comunicazione che offrite e quali risultati si possono ottenere attraverso questi strumenti; per contro, quali rischi si corrono attuando una comunicazione non corretta su questi media? In ambiente social generalmente cerchiamo di costruire progetti speciali, minisiti ed eventi sul web; l’attività social è un’esperienza che i brand non possono tralasciare, questo è certo, ma è anche vero che è importantissimo il modo in cui si affronta questa attività. Nei social network se la presenza di un brand non è credibile viene subito attaccata dalla comunità. Dobbiamo tenere presente che gli utenti vogliono
Il search advertising è sempre in ottima salute e anche secondo i dati IAB il suo utilizzo è in crescita rispetto ad altre forme di advertising online. Anche in questo settore Yahoo è particolarmente forte, quindi quali sono le soluzioni che offrite ai clienti che vogliono investire in questo strumento? Confermo che il search va molto bene e rappresenta un pilastro importante nelle revenue di Yahoo. In quest’ottica si inserisce la partenership tra Yahoo e Bing che può portare a entrambi dei benefici importanti. Naturalmente siamo ancora ‘piccoli’ rispetto a Google, ma stiamo crescendo: a settembre abbiamo fatto segnare il 49% in più di utenti unici e il 120% in più di page view. Inoltre, la sovrapposizione tra Yahoo e Google non è così forte, ma siamo piuttosto complementari.
La pagina di Yahoo Screen, parte del network video di qualità premium costruito da Yahoo anche in Italia
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Performance anticrisi Il futuro? È nella comunicazione a performance. Per questo ZenithOptimedia, attraverso strumenti di business intelligence e un team di analisti che traduce la complessità dei dati in informazioni da utilizzare strategicamente ogni giorno, fornisce le migliori soluzioni per una efficace comunicazione ‘performance based’, sempre attenta al ROI dei clienti.
“ZenithOptimedia ha la fortuna di essere in controtendenza rispetto al mercato in crisi – esordisce Luca Cavalli, Managing Director di ZenithOptimedia –: fortuna e anche un po’ di capacità dovuta al fatto di aver sviluppato negli anni strumenti in grado di ottenere risultati per i propri clienti e quindi di resistere in tempi difficili”. La crisi ha continuato a mordere anche nel 2013, con pesanti effetti anche sul mercato della comunicazione e del marketing; tuttavia, in questo scenario negativo, i media digitali hanno continuato a segnare una crescita anche se ridotta. In questo contesto, quali sono e come considerate i risultati ottenuti dalla vostra azienda? In effetti non posso che confermare che i tempi sono decisamente difficili; anche quest’anno il mercato media italiano farà segnare un segno meno, -14% a fine anno, e l’unico comparto che sembra reagire bene è quello del digitale. Soprattutto tutta l’area a performance è stata in grado di ottenere risultati che hanno bilanciato la crisi nelle aree più tradizionali della comunicazione, e come Zenith è quella che ha permesso di ottenere un buon risultato d’agenzia. Per noi, inoltre, il 2013 si chiude in modo straordinario soprattutto in termini di acquisizioni, di new business. 158
Luca Cavalli, Managing Director di ZenithOptimedia
ZenithOptimedia si autodefinisce ‘The ROI Agency’, sottolineando così la grande attenzione che pone al ROI. Quali sono gli strumenti che utilizzate per raggiungere questo risultato, anche data la complessità dell’ecosistema digitale che comprende un numero sempre crescente di canali e touchpoint? La risposta sta già nella domanda ed è nella parola ‘touchpoint’; anzi per essere precisi nel
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Touchpoints ROI Tracker che è il nostro strumento proprietario per misurare il contributo di ogni singolo punto di contatto all’immagine di marca. Uno strumento straordinario, supportato da oltre 700 studi a livello mondiale per un totale di oltre 700.000 interviste, che da quasi 10 anni ci assiste e che rappresenta il punto di partenza per la maggior parte delle nostre strategie; su questo sono stati costruiti strumenti più operativi per gestire le campagne nella quotidianità. Inoltre ci siamo dotati di strumenti di business intelligence e di un team di analisti interni che si occupa di tradurre la complessità dei dati in informazioni che possiamo utilizzare strategicamente ogni giorno. Negli ultimi anni si è affermato nel campo del media buying digitale il fenomeno del tempo reale, con soluzioni sempre più sofisticate in termini di Real Time Bidding e Demand Side Platform. Quali sono le soluzioni che ZenithOptimedia ha sviluppato in questo ambito e quali sono i risultati che avete ottenuto? Qui vorrei fare una distinzione. Ci sono due grandi mondi: uno è dedicato all’ottimizzazione dell’investimento, e per questo ci sono i meccanismi di Real Time Bidding; l’altro è quello che si occupa di raggiungere un target corretto e sempre più preciso, e qui siamo nel campo dell’audience planning. Noi uniamo questi due mondi, l’audience planning e il tempo reale, nel nostro strumento Audience on demand erogato da Vivaki. L’operazione avviene in quattro fasi: la prima è la definizione del profilo comportamentale che desideriamo raggiungere; da qui viene effettuata una segmentazione molto precisa dei target; poi viene agganciato un prezzo a ogni
Board di direzione: Vittorio Bonori, ceo Italy; Luca Cavalli, managing director; Daniela Schnellinger, managing director. Servizi offerti: Communication Planning, Media strategy, Media Planning & Buying, Performance Marketing, Web Strategy, Site strategy and development, Social Strategy, Brand Reputation, Brand Protection, Digital Creativity, Video Communication, Audience Planning, Affiliation, Mobile Marketing, Direct Marketing, Promotions, Shopper Marketing, Geomarketing, Co-marketing. Anno di fondazione: 2002 Addetti: 147 singolo segmento; infine interviene l’RTB con un bidding molto dettagliato ed efficiente, per ottimizzare i costi. Avete recentemente lanciato VideoLab, uno strumento in grado di aumentare le performance del video advertising: ci può spiegare di cosa si tratta, e quali vantaggi può dare ai clienti che utilizzano questo servizio? VideoLab ci chiama anche fuori dai confini digitali, ci permette di parlare di videocomunicazione e non solo di advertising video. Abbiamo rilevato che l’87% delle interazioni tra il consumatore e il brand avviene via video. Nel mercato dell’adv digitale molte volte si è sentito dire che la Tv è ‘morta’ o moribonda. In realtà non è così, anche perché la forza di un messaggio video rimane tuttora inarrivata. Cosa succede allora? Che ci stiamo evolvendo, e non parliamo più di tecnologie ma di contenuto (audiovideo); che poi passi su Tv, smartphone, tablet non è più importante, sono tutti schermi. Seguendo questa logica VideoLab è lo strumento che ci permette di stabilire e misurare le performance di videocomunicazione. 159
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Social vuol dire fiducia Parafrasando un notissimo slogan pubblicitario, il servizio di social commerce proposto da Zoorate consente da un lato agli acquirenti online di avere informazioni ‘certificate’ sul prodotto o servizio che desiderano acquistare, e dall’altro ai merchant di ottenere customer feedback reali da cui trarre utilissime indicazioni per sviluppare le proprie strategie
INTERVISTA a Matteo Hertel, Ceo Zoorate. Zoorate ha mosso i primi passi a fine 2012: come è stata accolta la vostra iniziativa di online reputation management? Reputazione online e gestione del passaparola digitale sono temi ormai centrali per tutti i brand e rivenditori che puntano sull’eCommerce. La nostra missione, prima ancora di proporre le nostre soluzioni, consiste nel diffondere consapevolezza, cultura e importanza di queste tematiche ancora poco diffuse nel mercato italiano. In 10 mesi i risultati sono già ottimi: più di 100 operatori di eCommerce hanno adottato le nostre tecnologie e la partnership stretta con il Consorzio Netcomm per la diffusione del Sigillo come catalizzatore della fiducia verso il commercio elettronico ne sono i principali esempi. Qual è il meccanismo alla base del funzionamento di Zoorate? Zoorate offre tecnologie e competenze per la gestione del Passaparola Digitale attraverso soluzioni Enterprise (personalizzabili) e applicazioni plug-and-play. La suite enterprise offre strumenti per gestire efficacemente tutto il processo: dalla raccolta dei contenuti alla loro diffusione sui canali più efficaci (siti web, social network, Google, …) fino a strumenti di rewarding per i consumatori e cruscotti per analisi dettagliate di trend e metriche utilissime 160
Matteo Hertel, Ceo Zoorate
per il marketing, tutto altamente integrabile con i sistemi aziendali. L’applicazione Feedaty, invece, è uno strumento semplice ma efficace per la gestione professionale del Customer Feedback. Feedaty stimola e raccoglie recensioni post acquisto per poi aggregarle e revisionarle, segnalando automaticamente le eventuali recensioni negative (per consentire al venditore una mediazione con il consumatore) e presentando infine i contenuti e i dati raccolti con tanto di analisi e trend attraverso un cruscotto riservato per una visione complessiva dell’attività.
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Le recensioni sono poi pubblicate sul sito del merchant e rese ben visibili ai motori di ricerca. Feedaty attribuisce così ai negozi online un Sigillo che garantisce l’affidabilità e la trasparenza delle opinioni rilasciate da clienti reali a favore della credibilità stessa dei contenuti pubblicati (intermediati appunto da Feedaty). Il sistema garantisce inoltre al merchant di disporre di un quantitativo di dati utile per prendere decisioni preziose in merito a strategie di sviluppo prodotto/servizio, marketing, posizionamento, allocazione risorse finanziarie, ecc. Un ‘termometro’ sempre attivo su ciò che pensano i clienti, che consente di aumentare il tasso di conversione, la fiducia degli utenti, il posizionamento del brand in ottica SEO e in generale la propria reputazione online. In un mondo dagli equilibri delicati, dove qualsiasi errore può immediatamente trasformarsi in un boomerang, come possono le aziende essere certe di affrontare i social media con la strategia corretta? L’importante è essere sempre trasparenti, attraverso un processo che garantisca a tutti gli utenti l’onestà intellettuale di fondo. Le nostre soluzioni implementano per le aziende un sistema di valutazione dei feedback, ma prima ancora un processo di raccolta di contenuti generati da utenti reali. Il passaparola digitale esiste a prescindere dal brand: il vero tema è la capacità della marca, attraverso gli strumenti e le competenze giuste, di controllarne la diffusione e valorizzarne gli impatti. Come e quanto il vostro servizio può influire sui processi di infocommerce e
Board di direzione: Matteo Hertel, CEO e co-founder; Roberto Stefanini, CTO e co-founder; Camillo Martinoni, Sales Manager; Michele Costabile, presidente. Servizi offerti: Enterprise Suite, Feedaty, Sigillo Netcomm Gold. Anno di fondazione: 2012 Clienti (principali): Dalani, AW-LAB, Private-griffe, Netcomm, 6sicuro
acquisto online? Se un utente sta visitando uno shop online, è interessato a un prodotto ma poi decide di comprarlo offline, i motivi possono essere due: o non si fida dello shopping online (timoroso, ad esempio, a inserire i dati della propria carta di credito), o le opinioni trovate non lo hanno convinto e sente l’esigenza di vedere/toccare il prodotto dal vivo. Al contrario, se un utente punta gli occhi su un prodotto in una vetrina e poi decide di cercarlo online, può darsi che abbia bisogno di ulteriori informazioni o che speri di trovarlo a un prezzo inferiore. In entrambi i casi a fare la differenza è la quantità e soprattutto la qualità del contenuto disponibile in merito a un prodotto. Un servizio di gestione professionale degli UGC può quindi influire positivamente sulle vendite.
Il ‘sigillo’ Feedaty testimonia la veridicità delle recensioni rilasciate dagli utenti 161
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