I Quaderni della Comunicazione 2014 - Webook

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i Quaderni della comunicazione

N° 99, novembre 2014 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing

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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it hanno collaborato Cosimo Accoto, Luca Giovannetti art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 99 novembre 2014 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: via Via Privata Vasto, 1 - 20121 tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2014 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di novembre 2014 da: P.F. via Kramer, 17/19 - 20129


Editoriale

Non parliamone più “UNO SPOT radiofonico ascoltato su Spotify è un annuncio digitale, mentre se ascolto lo stesso commercial via Fm si tratta di uno spot radio. Se guardo Hulu sul televisore e vedo uno spot, si tratta di digital adv: se guardo un programma della CBS su un tablet, lo stesso spot è considerato un commercial televisivo. Ancora, se leggo Wired su un iPad le pagine pubblicitarie che ‘sfoglio’ sono considerate ‘pagine stampa’, ma se leggo Wired su un computer gli stessi annunci ‘diventano’ digitali. E allo stesso modo, se per strada vedo un poster stampato su carta è Outdoor, mentre la stessa, identica immagine veicolata da uno schermo a led è considerata Digital Out Of Home”. Prendo in prestito questo estratto di un ‘op ed’ (articolo di opinione) pubblicato da Tom Goodwin sul sito americano Mediapost, perché fornisce un interessante spunto di riflessione. Nel pezzo, Goodwin mira in un certo senso a demolire il concetto stesso di ‘digital advertising’, non perché sbagliato o inesistente, ma perché ormai irrilevante. La sua visione è quella di un futuro molto prossimo in cui, semplicemente, tutto sarà puro ‘contenuto’ e qualsiasi canale di trasmissione sarà digitale. Continueremo a guardare la Tv ma non ci saranno più ‘reti’, ‘programmi’ o ‘show’: il televisore si sarà trasformato in un ennesimo device multifunzionale grazie al quale accederemo ai contenuti che ci interessano. Esattamente come facciamo oggi con i ‘telefoni’ che abbiamo in tasca, ben più smart rispetto a quelli di meno di 10 anni fa… Se provassimo a trasferire questa visione nella realtà italiana odierna, però, sarebbe facile lasciarsi prendere da un certo sconforto. Ne parliamo in questo Webook con autorevoli protagonisti del mondo online italiano, e del resto i dati parlano chiaro: il nostro paese è in netto quanto drammatico ritardo. Le cause sono note e molteplici: ma forse, paradossalmente, anche il fatto che fra tutte le aree della comunicazione quella digitale sia l’unica che abbia mantenuto un trend di crescita positivo nonostante la crisi ha una sua parte di responsabilità. Se come scrive Goodwin “parlare di digitale è un’inutile distrazione rispetto a ciò che conta davvero”, forse vale la pena di cominciare anche da noi a ragionare in termini più ampi: smettiamo anche noi di pensare al digital come a un’entità separata da tutto il resto e chissà che così non si riesca ritrovare la giusta direzione per l’intera industry della comunicazione. Salvatore Sagone presidente ADC Group e direttore responsabile news e contenuti di ADVexpress

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Protagonisti del cambiamento Capitolo 2. Aspettando Audiweb 2.0 Capitolo 3. Andamento lento Capitolo 4. Verso il ‘Realismo Digitale’ Capitolo 5. Dalle parole ai fatti Capitolo 6. Programmatically disruptive Capitolo 7. New media & new models Capitolo 8. L’Ue avanza, l’Italia no

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I PROTAGONISTI 24Media. Il digital delle PMI Dentsu Aegis Network - iProspect. Capitale umano Dentsu Aegis Network - Simple Agency. Triplicare i risultati? Simple! Dentsu Aegis Network - Amnet Italia. L’algoritmo siamo noi EarlyMorning. Digital strategy a 360° Mamadigital. Esperti della soddisfazione MyThings. Comunicazione atomizzata RaiPubblicità. Qualità multi-device Reprise Media Italia. Strateghi dei dati TagCommander. Soluzioni data-driven

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DOVE TROVARLI Gli indirizzi

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la geografia del mercato

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Protagonisti del cambiamento Le aziende italiane si stanno finalmente avviando verso un cambio di mentalità e un nuovo approccio culturale: IAB Italia intende giocare un ruolo da protagonista per accelerare questo processo di trasformazione, mettendo a disposizione del mercato informazioni chiare e strumenti utili per supportare gli investitori pubblicitari nelle decisioni di pianificazione.

INTERVISTA a Carlo Noseda, presidente IAB Italia. Gli ultimi dati confermano il rallentamento della crescita degli investimenti pubblicitari online: non si tratta di una sorpresa, anche perché il mezzo sta forse entrando in una fase di maturità. Ma qual è lo ‘stato dell’arte’ alla fine di ottobre 2014 e quali prevede saranno i trend futuri sotto questo punto di vista? È lecito attendersi nuove ‘accelerazioni’? Da quali settori? La premessa è che bisogna fare attenzione alle parole che si utilizzano. Fino all’apertura di IAB Forum, momento in cui presenteremo i risultati del lavoro e delle analisi che stiamo facendo, preferisco essere molto cauto nel parlare di ‘rallentamento’. I dati che indicano questo fenomeno si riferiscono in realtà solo ad alcune parti del mercato: solo mettendo insieme più fonti e più misurazioni riusciremo a dare una fotografia precisa di quello che è l’attuale ‘stato dell’arte’. Per quanto riguarda la maturità, credo sia decisamente troppo presto anche solo per pensarlo: il gap da colmare con i paesi più avanzati è ancora talmente evidente che non ho dubbi su un’ulteriore crescita di tutti gli 10

Carlo Noseda, presidente IAB Italia

indicatori, sia in termini di audience (basti pensare all’indispensabile sviluppo della banda larga), sia di investimenti. Nel 2015 sono convinto che il mercato italiano dell’online advertising continuerà a crescere grazie a tre segmenti trainanti: video e mobile, che nel 2013 e nel 2014 hanno segnato il passo in maniera significativa, e programmatic buying,


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che in quest’ultimo anno ha affermato la sua crescita anche nel nostro Paese. Secondo i dati di IAB Europe relativi al 2013, la spesa italiana in online advertising ci vedeva al quarto posto in Europa dopo UK, Germania e Francia e prima di Olanda, Svezia e Spagna. L’investimento pro-capite ci mette però ancora tra gli ultimi della classe. Solo una questione di andamento economico o siamo ancora in attesa di un cambio di mentalità? Da questo punto di vista il mercato italiano è sempre stato più conservatore che innovatore. È vero che in molti casi ciò che manca è la voglia di sperimentare mezzi e strumenti che da noi sono considerati ‘nuovi’ mentre in altri paesi sono ormai più che consolidati. Ciò premesso, e indossando il mio cappello di pubblicitario, devo però dire che ormai non ci sono clienti che non chiedano alla propria agenzia una strategia online che non comprenda anche video e mobile. Non dimentichiamo che tutto dipende dagli obiettivi di quel determinato cliente e di quella determinata campagna: è solo tenendolo bene a mente che si può scegliere il corretto media mix, considerando on e off line assolutamente sinergici. Ogni mezzo, classico o nuovo, ha il suo specifico ruolo. Possiamo quindi affermare che ci stiamo avviando verso un cambio di mentalità e un nuovo approccio culturale, come dimostra il fatto che molti player del mercato e diverse aziende sono riusciti a cogliere la sfida rappresentata dal mobile, dal social e dall’utilizzo cross-device, ripensando i modelli e le loro strategie. Sono convinto che, per accelerare questo processo di trasformazione sia fondamentale mettere a disposizione informazioni chiare e strumenti utili in grado di supportare gli investitori pubblicitari

IAB ITALIA 
 Interactive Advertising Bureau Via Larga, 23 - 20122 Milano Tel. 02 58320694 info@iab.it www.iab.it

Presidente: Presidente: Carlo Noseda; Vice-Presidente: Michele Marzan; Tesoriere: Aldo Agostinelli; Consiglieri: Raffaele Cirullo, Gabriele Mirra, Virginia Pallavicini, Paolo Portioli, Stefano Portu, Roberto Silva Coronel; Project Manager: Federica Ravasi; Segreteria: Licia Guastelluccia; Presidente Onorario: Layla Pavone. Anno di fondazione: 1998

nelle decisioni di pianificazione. Com’è noto, proprio in quest’ottica IAB ha messo in campo un lavoro di confronto e collaborazione con università, istituti di ricerca, oltre che con i principali player, che ci sta portando a offrire una mappatura unica e comprensiva di tutto il mercato. In America, così come in Europa, a guidare la crescita sono il Mobile e il Video Advertising. Quali sono per l’Italia gli attuali trend per formato e da quali fattori sono spinti e/o frenati? Come già anticipato, il mercato italiano dell’online advertising continua a crescere anno dopo anno grazie a tre fattori trainanti: programmatic buying e, soprattutto, video e mobile. Da questo punto di vista siamo perfettamente allineati ai paesi più avanzati, con tassi di crescita del tutto analoghi. Come è emerso dai due Seminar su Mobile e Video Advertising che IAB Italia ha organizzato quest’anno, i numeri di entrambi i settori sono cresciuti enormemente: il video online, del

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1. TOTALE INVESTIMENTI PUBBLICITARI ONLINE 2013 (€M)

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

resto, è la forma di comunicazione che più si avvicina a ciò cui il pubblico è maggiormente abituato; mentre il mobile rappresenta oggi una prateria sconfinata, e basti pensare che la sua reach equivale ormai a quella di un prime time televisivo. Veniamo al terzo dei driver da lei indicati: a che punto siamo in Italia sul fronte del Programmatic Trading? Avete una stima recente della quota di spazi che sono transati in questo modo e/o il volume economico? Quali sono i potenziali rischi che ancora frenano molti investitori dallo scendere in campo e quali, per contro, i benefici che dovrebbero spingerli a entrare nell’arena? Il mercato del Programmatic in Europa ha fatto un balzo del 111% nel 2013 verso il 2012, arrivando a più di 2 miliardi di Euro di investimenti, e questo trend è in conferma anche nel 2014; l’Italia si allinea a questi tassi di

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crescita, di quella che si può definire una nuova formula per un advertising più efficace e più efficiente. La promessa di base, di servire la giusta creatività alla specifica audience e al tempo opportuno, oltre che al prezzo più idoneo per domanda e offerta, è un fatto quantomai importante che arricchisce il valore dell’online advertising. Le stime sul mercato italiano sono in ongoing, e non dobbiamo trascurare che i dati possono variare da quarter a quarter per via dell’alto tasso di adozione delle tecniche di programmatic advertising; in questa fase, fine anno 2014, si stimano circa 80 milioni di euro investiti nel mercato italiano. Più che di rischi parlerei di necessità da affrontare legate alla ‘learning curve’ che ognuno deve percorrere; non ci sono quindi rischi legati a fattori esterni, ma più necessità legate a quegli aspetti organizzativi e di contesto sia lato domanda sia lato offerta (inserzionisti, centri media, editori). Il lato positivo è che il


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2. LA CRESCITA DEL DISPLAY ADV 2013 VS 2012 (%)

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

nuovo approccio tecnologico coinvolge tutta la filiera e quindi il processo di cambiamento coinvolge tutti. Uno dei problemi più seri individuati nei paesi più avanzati, in particolare nel mondo anglosassone, è quello relativo alla ‘viewability’ degli annunci online di qualsiasi formato. Senza arrivare ai casi più eclatanti in cui sono state smascherate frodi e truffe, sono in molti a sostenere che questo aspetto va ad inficiare la tanto decantata promessa del digital marketing di una misurazione ‘reale’ delle audience rispetto ai metodi statistici o campionari delle rilevazioni relative agli altri media. Pensa che sia un tema sufficientemente sentito e discusso anche in Italia? IAB ha

pensato a eventuali iniziative per contrastarlo? Si tratta di uno dei punti fondamentali fra quelli inseriti nella ‘to do list’ di IAB Italia: ne abbiamo già discusso ampiamente e il Consiglio Direttivo delibererà molto presto sull’argomento e su alcune delle iniziative che intendiamo intraprendere e per le quali stiamo collaborando con IAB Europe. Altro tema ‘delicato’ è quello della trasparenza: qual è oggi e quale sarà in futuro, nel bene e nel male, l’impatto dell’automazione sull’ecosistema formato da media company, concessionarie e agenzie media? Chi controllerà le piattaforme, visti gli investimenti di tutti gli attori della filiera: i publisher, i grandi intermediari elettronici, i centri media, le società di ricerca e perfino stessi marketer? 13


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3. LA CRESCITA DEL VIDEO ONLINE 2013 VS.2012 (%)

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

Il primo e più importante obiettivo di IAB è creare cultura attraverso eventi e strumenti informativi ad hoc che diano più valore al mercato. Per questa ragione stiamo cercando di misurare con la massima precisione possibile il mercato, unendo le nostre forze a quelle dei player principali, come Nielsen e Politecnico di Milano. Allo stesso tempo sono attivi tavoli di lavoro in cui tutti i player si possono confrontare apertamente e collaborativamente perchè il mercato possa continuare a crescere in maniera forte, sana e trasparente. La maggior parte delle grandi media company sta attraversando una fase di transizione: per Stampa e Outdoor, per esempio, le revenue digitali – nonostante la crescita – sono lontane dal compensare il calo subito sul fronte tradizionale; mentre Radio e Televisioni stanno investendo sul digitale per inseguire i propri ascoltatori o spettatori su ogni 14

nuova piattaforma. Quali sono secondo voi i fattori che abilitano o frenano questo processo di ‘riconversione’ dei modelli di business in un’ottica digitale e crossmediale? A che punto sono le aziende italiane di questo settore? Sono ancora in tempo per difendersi dai giganti che dominano il mercato mondiale? Una doverosa premessa: quello che stiamo vivendo è un momento storico che si può definire un vero e proprio ‘Rinascimento Digitale’. Abbiamo a disposizione tecnologie incredibili, ma come all’epoca del Rinascimento ciò che davvero conta in questa fase sono le persone e la creatività. Una creatività che finalmente si preoccupa di mettere il consumatore al centro della comunicazione, per paralargli e dargli informazioni corrette e rilevanti nel momento più giusto per lui. La gran parte delle aziende, e sotto questa voce


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4. LA SHARE DEL VIDEO SUL TOTALE DISPLAY

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

rientrano a mio avviso anche le aziende media, stanno facendo esattamente questo: utilizzano la tecnologia per raccontare storie, raggiungendo i loro target attraverso qualsiasi piattaforma e touchpoint a disposizione. Sono convinto che non rinunceremo mai a priori alla tv o alla stampa per pianificare solo sull’online. Al contrario, si andrà a cercare la migliore possibile sinergia fra i vari mezzi, fra lo schermo televisivo e quello del device mobile – non importa quale sarà il first o il second screen. In tutto questo c’è chi è stato più veloce e chi si è mosso più cautamente, chi è in fase di ‘riconversione’ avanzata e chi deve fare ancora parecchia strada – ma sul fronte delle singole aziende non spetta certo a me giudicare. In un ecosistema digitale sempre più automatizzato e sempre più complesso, un ruolo chiave nella costruzione di valore è giocato dalle informazioni sui clienti. Come si traduce nella pratica

concreta questa mole di dati in insight ‘agibili’ (actionable)? Sono convinto che una gestione efficiente di tutti i dati a disposizione, lungi dal voler essere una violazione della privacy, non potrà che essere apprezzata dagli utenti. Finalmente sarò esposto solamente a campagne rilevanti per me: di pannolini, visto che ho figli piccoli, e non di prodotti anti calvizie, visto che fortunatamente di capelli ancora ne ho… La grande opportunità dei big data, infatti, è sapere ciò che è più affine agli interessi del consumatore per conoscerlo sempre di più e sempre più a fondo; e questa conoscenza si traduce nella formulazione e pianificazione di campagne più precise e mirate. Il lavoro di estrazione e analisi dei dati è faticoso, ma i risultati che ne derivano in termini di efficacia sono entusiasmanti. Anche su questo specifico argomento IAB Italia ha aperto un tavolo di lavoro. Quella del 2014 sarà l’edizione di 15


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5. LA SHARE DEL MOBILE SUL TOTALE DISPLAY

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

IAB Forum numero 12, la seconda con la nuova formula più ‘business & relation oriented’ avviata lo scorso anno. Quali insegnamenti avete tratto dal

successo del 2013 e quali sono gli obiettivi che vi proponete per quest’anno? La formula inaugurata nella scorsa edizione ci ha confermato che i manager, gli imprenditori e le

7. DRIVER E OSTACOLI DELL’ADV ONLINE.DOC I DRIVER • Social Media • Video • Rich Media • Penetrazione Mobile Internet • Programmatic e RTB • eCommerce

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

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GLI OSTACOLI • Attrae pochi investimenti di marca • Misurazioni • Mobile Ads di scarsa qualità • Video inventory limitata • Dominanza della Tv (in alcuni mercati) • Conoscenza dei dati • Regolamentazione


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6. LA CRESCITA DELLA SEARCH 2013 VS 2012 (%)

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

giovani startup che vogliono emergere nel nostro Paese vogliono partecipare ad eventi di alto profilo, in cui possono respirare e farsi inspirare da idee innovative utili per il loro business. In quest’ottica abbiamo previsto il coinvolgimento di ospiti internazionali del calibro di Bernardo Hernández, CEO di Flickr e VicePresident of Product Management di Yahoo!, Dan Wright, Director Amazon Media Group Europe, Josh Partridge, Director EMEA Advertising Shazam, e di Chris Anderson, ex Direttore di Wired e oggi Co-founder CEO di 3D Robotics, uno dei manager internazionali più abili nell’interpretazione del business e dei nuovi modelli economici e commerciali. A queste star internazionali si alterneranno sul palco star nazionali come FaviJ, web star con oltre 130 milioni di contatti in tutto il mondo, Roberto Saviano, a oggi lo scrittore italiano più seguito sul web, e Pif, il conduttore televisivo diventato ormai famoso anche tra il pubblico degli internauti, con l’obiettivo di parlare del digitale e

dell’innovazione come opportunità e motore di cambiamento. Per concludere, una domanda che vuole estendere la riflessione dall’adv online all’intero mondo digitale: nonostante gli indicatori nazionali di crescita siano tutto sommato positivi, rimane ancora un gap rilevante fra l’Italia e la media europa sotto il profilo degli investimenti in nuove tecnologie e del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla road map dell’UE. A cosa si deve questo gap? Quali sono le cause principali dei mancati investimenti digital nel nostro paese? Cosa sta facendo e cos’altro può fare IAB per sensibilizzare e coinvolgere chi ancora non ha fatto passi avanti in questo settore? 17


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8. LA PERFORMANCE DIGITALE DELL’ITALIA – BROADBAND Indicatori (e specifiche)

Valori Italia Valori EU28 2012 2013 2013

Copertura banda larga fissa – Totale (in % su totale popolazione) Copertura banda larga fissa in zone rurali – Totale (in % su totale popolazione) Copertura banda larga NGA – Total (in % sulle abitazioni) Abitazioni con abbonamento a banda larga – Tutte le abitazioni (in % sulle abitazioni) Quota di abbonamenti con almeno 30Mbps – (% di abbonamenti) Quota di abbonamenti con almeno 100Mbps – (%di abbonamenti) Copertura banda larga mobile 4G – (in % su totale popolazione) Penetrazione banda larga mobile – Totale (abbonamenti ogni 100 persone)

98 87 14 55 0 0 10 57

99 88 21 68 1 0 39 66

97 90 62 76 21 5 59 62

Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – Italy

9 – LA PERFORMANCE DIGITALE DELL’ITALIA/ECOMMERCE Indicatori (e specifiche) Hanno acquistato beni o servizi online – (in % sugli individui) Hanno effettuato acquisti transfrontalieri – (in % sugli individui) Grandi aziende (250+ addetti) che vendono online – (in % sul totale aziende) Piccole–Media Aziende (10-249 addetti) che vendono online – (in % sul totale aziende) Grandi aziende (250+ addetti) che acquistano online – (in % sul totale aziende) Piccole–Media Aziende (10-249 addetti) che acquistano online – (in % sul totale aziende)

Valori Italia Valori EU28 2012 2013 2013 17 5 20 4 28 14

20 7 16 5 25 15

47 12 35 14 -

Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – Italy

10 – LA PERFORMANCE DIGITALE DELL’ITALIA/EGOVERNMENT Indicatori (e specifiche)

Valori Italia Valori EU28 2012 2013 2013

Cittadini che negli ultimi 12 mesi hanno utilizzano servizi di eGovernment – (in % sugli individui) 19 Cittadini che negli ultimi 12 mesi hanno inviato moduli compilati alla P.A. – (in % sugli individui) 8 Indicatore di eGovernment User-centrico – (valore da 0 a 100) * Indicatore di eGovernment User-centrico – (valore da 0 a 100) * * Indicatori misurati su base biennale (2012/2013) Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – Italy

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Per quanto riguarda l’Italia, un problema riguarda sicuramente le infrastrutture, e mi riferisco in particolare alla velocità della banda larga. Come di recente evidenziato anche dalla Commissione Europea, se da un lato emerge un buono stato di salute delle linee mobile in Italia, i collegamenti ‘ultraveloci’ sono invece disponibili solo nel 21% delle case, contro il 62% europeo. Un dato non da poco se consideriamo ad esempio che il segmento video, che oggi traina la comunicazione digitale, necessita di standard elevati di banda per poter funzionare adeguatamente. A questo si aggiungono, come sappiamo, i ritardi dell’eGovernement e della presenza delle aziende italiane online, soprattutto sotto il profilo dell’eCommerce, ma un altro limite importante è sicuramente quello dell’accesso al

web e delle competenze digitali, che risultano ancora molto bassi rispetto alla media europea. Un problema che troviamo amplificato laddove parliamo di risorse specializzate in grado di lavorare nel settore. Dal canto nostro, oltre a promuovere l‘informazione e la cultura del digitale attraverso svariate iniziative rivolte alle aziende, stiamo da anni operando anche sul fronte della formazione, in particolare attraverso il Master universitario di primo livello in comunicazione, marketing digitale e pubblicità interattiva, che IAB organizza in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. Un’iniziativa che ci rende particolarmente orgogliosi, considerato che il 90% dei professionisti formati a oggi è entrato con successo nel mondo del lavoro e opera nel settore della comunicazione digitale.

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Aspettando Audiweb 2.0 Dopo aver ampliato la rilevazione alla Total Digital Audience, Audiweb prosegue il monitoraggio dei cambiamenti più significativi dell’online: e dopo l’estensione della ricerca mobile ai 12-17enni, si prepara a un’importante evoluzione della piattaforma a partire dal 2016, denominata Audiweb 2.0, per fornire al mercato dati sempre più ricchi e facilmente utilizzabili.

INTERVISTA a Enrico Gasperini, presidente Audiweb. Quale fotografia emerge alla fine del 2014 dell’utenza internet italiana? Il 2014 segna ufficialmente il sorpasso dei device mobili sul PC nella fruizione quotidiana di internet. Un fenomeno già previsto negli anni scorsi e registrato a partire dall’estensione della rilevazione Audiweb anche ai dati mobile. In base agli ultimi dati di rilevazione riferiti al mese di settembre, oggi l’audience totale di internet in Italia, la total digital audience, è rappresentata da 28,6 milioni di utenti unici (2+ anni) nel mese e 21,1 milioni nel giorno medio. Con 16,4 milioni di utenti unici e 1 ora e 44 minuti di tempo speso per persona, la mobile audience supera l‘accesso da PC (12,9 milioni di utenti unici, collegati in media per 1 ora e 12 minuti). La fruizione di internet da mobile (smartphone e tablet) ha generato il 64,7% del tempo totale speso online e, più in dettaglio, oltre la metà deriva dall’uso di applicazioni mobili (il 54,3% del tempo totale speso online). Nel giorno medio risultano online 11,4 milioni di uomini (il 54% degli utenti online nel giorno medio) e 9,7 milioni di donne (il 46% degli utenti online). Le donne restano online da device mobili circa 20

Enrico Gasperini, presidente Audiweb

50 ore nel mese e 1 ora e 51 minuti nel giorno medio, superando gli uomini che, invece, dedicano alla mobile experience 42 ore e 32 minuti mensili e 1 ora e 37 minuti nel giorno medio. Grazie ai device mobili, dunque, l’online cattura più donne e ‘svecchia’ l’audience interessando le fasce più giovani della popolazione. Infatti, più


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AUDIWEB

Via Larga 13 - 20122 Milano Tel. 02 58315141 – Fax. 02 58318705 audiweb@audiweb.it www.audiweb.it

del 66% dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni è online nel giorno medio (7,4 milioni), con una quota molto più importante per i device mobili. I 18-24enni preferiscono navigare dai device mobili: 2,7 milioni nel giorno medio (il 64% della popolazione di questa fascia d’età) per 2 ore e 16 minuti e 3 milioni nel mese per oltre 60 ore. Solo il 27% dei 18-24enni sceglie l’accesso a internet da PC nel giorno medio. I valori di mobile reach per questo segmento della popolazione sono pressoché simili sia nel giorno medio che nel mese, segno di un uso costante e quotidiano dei nuovi device. Il rovescio della medaglia: chi sono i ‘non utenti’ e che cosa ancora li blocca? La diffusione dell’online nel nostro Paese è ormai capillare e, pur presentando tassi di concentrazione molto elevati tra i profili più qualificati in termini di istruzione e condizione professionale, l’accesso a internet si conferma ampiamente diffuso anche tra gli altri profili socio-demografici. La disponibilità di accesso a internet presenta un tasso di penetrazione che supera il 90% per i laureati (98,5%), i diplomati (95,8%), gli occupati in generale (93,8%) e in particolare i dirigenti, quadri e docenti universitari (99,6%), gli imprenditori e liberi professionisti (98,2%) e gli impiegati e insegnanti (98,4%). Per quanto riguarda gli studenti, quelli universitari presentano un tasso di penetrazione elevatissimo (il 100% degli studenti universitari intervistati dichiara di avere accesso a internet), mentre gli studenti di scuole medie e superiori presentano

Presidente: Presidente: Enrico Gasperini; Consiglieri: Marco Caradonna, Massimo Colombo, Alberto Coperchini, Massimo Crotti, Stefano Del Frate, Olivier Dubois, Marco Girelli, Claudio Giua, Felice Invernizzi, Domenico Ioppolo, Giovanna Maggioni, Gabriele Mirra, Davide Mondo, Marco Muraglia, Luca Paglicci, Layla Pavone, Fabrizio Petrera, Elserino Piol, Andrea Portante, Alessandro Ronco, Roberto Zanaboni, Alvise Zanardi, Simonetta Zanette. Comitato tecnico: Coordinatore: Filippo Davanzo. Membri: Sandra Amar, Grazia Bettinelli, Vito Casale, Marco Catena, Alfredo Coco, Andrea Contino, Alessandro Corsini, Raffaella Di Giorgi, Romina Facchi, Marco Fillo, Alessandro Furgione, Stefano Iogan, Ivan Lodi, Alessandro Manni, Tiziana Morandi, Giorgia Nessi, Raffaele Pastore, Carlo Andrea Pattacini, Sabrina Sozio, Maurizio Spagnulo, Jacopo Umidi, Alberto Vivaldelli.

un tasso di penetrazione del 97,8%. In termini di possibilità di accesso, possiamo vedere come siano coinvolti tutti i livelli della popolazione, ad esclusione del segmento più maturo, i pensionati esposti nel 57% dei casi. I dati sulla fruizione sia mensile che quotidiana del mezzo ci danno ulteriore conferma della passione e dell’interesse degli italiani verso internet, soprattutto da mobile. Cosa manca? Occorre certamente perfezionare e dare slancio all’offerta, pensando a contenuti e formati che soddisfino la curiosità, l’interesse e le aspettative di utenti sempre più esigenti e crossmediali. L’intero settore è chiamato a gestire e rispondere in modo efficace e continuo all’evoluzione in atto, offrendo piattaforme, servizi e infrastrutture adeguati e innovativi. Una 21


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1. LA TOTAL DIGITAL AUDIENCE IN ITALIA

Fonte: Audiweb powered by Nielsen, Settembre 2014

metamorfosi continua che coinvolge non solo advertiser e investitori, ma tutti gli attori coinvolti nell’intera filiera di questo ‘ecosistema’. Secondo i dati di IAB Europe relativi al 2013, la spesa italiana in online advertising ci vedeva al quarto posto in Europa dopo UK, Germania e Francia e prima di Olanda, Svezia e Spagna, mentre l’investimento pro-capite ci mette ancora tra gli ultimi della classe… In termini di audience e di penetrazione del mezzo, quali sono i benchmark europei e come si posiziona il nostro paese rispetto agli altri? Il gap è solo una questione di andamento economico o siamo ancora in attesa di un cambio di mentalità? 22

Per quanto riguarda il trend dell’audience online, nei principali Paesi europei – Gran Bretagna, Francia e Germania, che rappresentano i nostri benchmark – rileviamo le stesse tendenze. Se da un lato la fruizione mensile dell’online da PC presenta livelli di penetrazione più elevati, come in Francia (88% della popolazione connessa a marzo), in Germania (85%) e in UK (75%), è evidente il trend conversione verso l’accesso mobile anche in questi Paesi. La crescita dell’utilizzo dei dispositivi mobili segna una svolta globale nelle abitudini di consumo. In base ai dati internazionali di Nielsen, ad esempio, negli Stati Uniti 171 milioni di persone possiedono uno smartphone, il 71% della popolazione, utilizzato ogni giorno per leggere le email, connettersi ai social network. Sono soprattutto i giovani quelli più coinvolti: tra i ragazzi americani nelle fasce 18-24 e 25-34 infatti la penetrazione sale all’85%, con oltre 5


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2. PROFILO DEGLI INDIVIDUI CON POSSIBILITÀ DI ACCEDERE A INTERNET DA ALMENO UN LUOGO/DEVICE

Fonte: Audiweb Trends, Giugno 2014 (Individui 11-74 anni)

punti percentuali di crescita nell’ultimo trimestre e senza differenze significative tra uomini e donne . In Italia registriamo la stessa tendenza e gli stessi cambiamenti in termine di audience, di flussi e di abitudini di consumo. Social, mobile, video… In una prospettiva ‘storica’, quali sono stati i cambiamenti più significativi nella fruizione di internet da

quando Audiweb ha cominciato a rilevare la web audience italiana? La diffusione dell’online nel nostro Paese è passata dal 58,5% del 2008 all’84% di quest’anno , con una crescita del 43,4% che ha toccato tutti i livelli. Il trend si è stabilizzato per quanto riguarda la diffusione della disponibilità di internet da PC, mentre mostra tassi di crescita molto elevati per i nuovi device mobili. Nel primo semestre del 2014 risultano 39,7 milioni gli italiani tra gli 11 e i 74 anni che 23


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3. IL TREND DELL’AUDIENCE DA PC NEGLI ALTRI PAESI

*digital universe reach = % di utenti attivi calcolata in relazione alla popolazione connessa Fonte Italia: Audiweb powered by Nielsen, Marzo 2014 (Pc, panel total, 2+); Fonte per gli altri Paesi: Nielsen, Marzo 2014 (DE, FR: Panel Home&Work; UK, US: Panel Total)

dichiarano di poter accedere a internet da qualsiasi strumento e luogo, 25 milioni da smartphone e 9 milioni da tablet, con una crescita, rispettivamente, del 70% e del 375% negli ultimi due anni. Per quanto riguarda la fruizione dell’online, abbiamo già avuto modo di evidenziare i principali cambiamenti in termini di modalità e di consumi. Più in dettaglio, a fronte di una continua flessione registrata nella fruizione di internet da PC sia nel mese (-5%) che nel giorno medio (-8%) , negli ultimi due anni erano già evidenti i primi segnali di una migrazione dell’audience verso i nuovi dispositivi mobili. Segnali confermati, come già illustrato, dai primi dati sull’audience da device mobili che vedono la fruizione da questi dispositivi nella fase di espansione iniziale. Adesso possiamo già individuare le prime evidenze: rispetto ai dati di fruizione da PC cui 24

eravamo abituati, con il mobile l’online diventa un’abitudine quotidiana per la popolazione più giovane (18-34 anni), e coinvolge di gran lunga le donne, mentre continua ad avere meno presa tra i 55-74enni. Dai dati mensili emergono livelli di penetrazione distribuiti in modo omogeneo su tutti i segmenti, a dimostrazione che internet comunque è un mezzo entrato a far parte della dieta mediatica degli italiani. Per quanto riguarda le abitudini di consumo emergono alcune differenze tra la fruizione da device mobili e quella ‘classica’ da PC. In mobilità si preferiscono attività più ‘social’ e legate alla sfera privata o all’intrattenimento tout-court : social network (73% del tempo totale speso online nella fruizione di contenuti della categoria), giochi online (69%), motori di ricerca (61%), mappe e contenuti legati ai viaggi e agli spostamenti (72%) e contenuti vari di intrattenimento (71%, multicategory entertainment).


capitolo2

4. LA DIFFUSIONE DELL’ONLINE IN ITALIA

Fonte: Audiweb Trends, Giugno 2014 (Individui 11-74 anni)

La fruizione di internet da PC è preferita per le attività che richiedono più attenzione, ad esempio per la gestione delle email (83% del tempo totale speso online nella fruizione di contenuti della categoria), la consultazione delle news (61%), la fruizione di servizi bancari (74%) e per i siti di lotterie e concorsi (63%). Infine, in questi primi mesi di rilevazione, possiamo già rilevare un altro elemento di novità rispetto alle ‘classiche’ abitudini di consumo dei media: la curva dei consumi dell’online non presenta più la solita flessione a cavallo dei due principali mesi estivi, luglio e agosto. Dagli ultimi dati sulla total digital audience, emerge che a luglio di quest’anno il tempo speso online in

mobilità è aumentato dell’8,7% nel mese e del 5,2% nel giorno medio , a fronte di una flessione della PC audience di 7,4 punti percentuali nel mese e 10,4 nel giorno medio. Oltre alle donne, che a luglio hanno dedicato due ore in più alla fruizione di internet da mobile rispetto al mese precedente, sono in particolare i 35-54enni e gli over 55enni che, nello stesso mese, hanno trascorso più tempo online da device mobili - da un consumo medio mensile di 36 ore e 47 minuti a persona di giugno a 41 ore e 22 minuti a luglio -, mentre gli over 55enni passano da un consumo medio di 28 ore e 48 minuti a persona a 32 ore a luglio. La mobile audience non va in vacanza! 25


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5. LA DISTRIBUZIONE DEL TEMPO TOTALE ONLINE SUI SITI DELLE CATEGORIE TOP

Fonte: IAB Europe Adex Benchmark 2013

Come Audiweb ha seguito i cambiamenti della rete e che cosa c’è in cantiere per il futuro per offrire al mercato un quadro sempre più preciso e completo di tutte le attività degli utenti in rete attraverso qualsiasi piattaforma? Abbiamo iniziato a misurare la rete nel 2008, offrendo per la prima volta al mercato stime puntuali sulla fruizione di internet in Italia. La metodologia ‘ibrida’ adottata fin dall’inizio ha rappresentato un elemento di grande novità, grazie a un sistema di rilevazione in grado di generare dati obiettivi e puntuali attraverso la fusione tra differenti fonti di dati: i dati effettivi di navigazione registrati da un panel rappresentativo della popolazione italiana

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(panel), i dati socio-demografici degli individui collegati provenienti dalla Ricerca di base e i dati censuari provenienti dai contatori dei siti (sistema censuario). Nei primi anni, come già detto, abbiamo registrato una crescita costante della fruizione di internet da PC, corrispondente alla diffusione ‘naturale’ su tutto il territorio. Già nel 2012 abbiamo iniziato a registrare i primi segnali di cambiamento derivanti, da un lato, dall’estensione dell’audience a nuovi segmenti della popolazione e, elemento ancora più determinante, dalla diffusione sempre più imponente dei device mobile, smartphone e tablet, alla base della migrazione dell’audience registrata a partire dall’anno scorso. Nel corso del 2013, dopo un’importante fase di analisi e progettazione, abbiamo dato il via allo


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sviluppo del progetto di estensione del sistema di rilevazione, con l’obiettivo di misurazione la total digital audience, ovvero il consumo di internet da PC e dai device mobili (smartphone e tablet). A partire dai dati di gennaio 2014, Audiweb offre al mercato un ‘nastro di pianificazione’, Audiweb Database, completo, con la stima del comportamento online degli italiani da PC e da device mobile e total digital audience. La nuova ricerca, basata su un modello di rilevazione ‘user centric’, consente di rilevare in modo puntuale e obiettivo quali e quanti sono gli utenti mobile, cosa fanno online, quando e come. Un risultato molto importante che ci consente di mettere a disposizione del mercato strumenti adeguati per pianificare indipendentemente dagli schermi di fruizione e effettuare le stime di reach & frequency delle campagne con i numerosi tools offerti da operatori indipendenti. Il lavoro non si è fermato, ma la nostra piattaforma ha una natura estremamente dinamica che deve necessariamente monitorare i cambiamenti più significativi al fine di poterli misurare con precisione. Sicuramente tra gli sviluppi più immediati prevediamo la diffusione dei dati mobile in forma separata, smartphone e tablet, così da fornire al mercato la più ampia gamma di dati e informazioni sull’utenza digitale nel suo complesso, conoscendo quanta parte dell’audience attribuire alla navigazione solo da PC, solo da Smartphone e solo da Tablet, oppure quanta alla sovrapposizione PC/Smartphone, PC/Tablet e PC/smartphone/tablet. Lavoreremo, inoltre, nel corso del prossimo anno al fine di estendere la ricerca mobile anche ai 12-17enni, sempre più connessi tramite i nuovi device. E infine stiamo riflettendo su una importante evoluzione della piattaforma a partire dal 2016, che abbiamo denominato Audiweb 2.0, per poter fornire dati sempre più ricchi e facilmente utilizzabili in grado di rispondere ai bisogni

di un mercato sempre più ‘data-driven’. Uno dei problemi più seri individuati dai ricercatori e ‘misuratori’ nei paesi anglosassoni è quello relativo alla ‘viewability’ degli annunci online di qualsiasi formato. Senza arrivare ai casi più eclatanti in cui sono state smascherate frodi e truffe, molti hanno cominciato a sostenere che questo aspettato va ad inficiare la tanto decantata promessa del digital marketing di una misurazione ‘reale’ delle audience e dei suoi comportamenti rispetto ai metodi puramente statistici o campionari delle rilevazioni relative agli altri media. Pensa che sia un tema sufficientemente sentito e discusso anche in Italia? In Audiweb avete pensato a eventuali iniziative per ‘pesarlo’ ed eventualmente contrastarlo? Gran parte dei problemi relativi alla viewability sono già risolti nella piattaforma odierna, disponendo di un software meter user-centric installato sul nostro campione, che scarta le impression artefatte e invisibili che pesano invece nei sistemi censuari. Ma il tema è di più portata più ampia e lo stiamo affrontando nel corso della progettazione della nuova piattaforma. Nell’ambito del digital marketing, accanto al tema dei formati è sempre più presente quello delle modalità e delle tecniche d’acquisto degli spazi pubblicitari, ormai sulla via della pressoché totale automatizzazione sotto l’egida del Real Time Bidding e del Programmatic Trading. A che

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punto siamo in Italia? Quali sono i potenziali rischi che ancora frenano molti investitori dallo scendere in campo? Quali, per contro, i benefici che dovrebbero spingerli a entrare nell’arena? IAB Europe, lo scorso settembre, ha comunicato la stima aggiornata del mercato europeo del Programmatic Adv: oltre 2 miliardi di euro nel 2013, con una crescita del 111% rispetto al 2012 (980 milioni di euro) che conferma l’importanza di questo segmento nell’ecosistema dell’online advertising. In Italia il Real Time Bidding rappresenta sicuramente un elemento di novità ed evoluzione nella distribuzione dell’online Adv, grazie all’introduzione di nuove pratiche e nuovi risultati. I sistemi ‘real time’ ottimizzano le modalità di profilazione e di pianificazione degli spazi, introducono sistemi di negoziazione automatica e danno un ulteriore slancio ai sistemi di post campaign analysis. È sicuramente un segmento in grande crescita, anche se ancora in divenire e su cui sono aperti differenti tavoli di analisi e di divulgazione nei confronti di tutto il mercato. Il rischio maggiore riguarda la scarsa trasparenza nel posizionamento delle campagne e l’uso di dati assolutamente discutibili e non certificati per la profilazione degli utenti. Anche questa è una delle opportunità che stiamo tenendo in considerazione per il nostro futuro. Parlando di trasparenza, qual è oggi e quale sarà in futuro, nel bene e nel male, l’impatto dell’automazione sull’ecosistema formato da media company, concessionarie e agenzie media? Un quesito importante riguarda il ‘controllo’ delle piattaforme, visti gli investimenti di tutti gli attori della filiera: i publisher, i grandi

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intermediari elettronici, i centri media, le società di ricerca e perfino stessi marketer? Cosa accadrà, in un futuro ormai molto vicino, con l’estensione dei processi di audience buying dal solo online all’intero spettro dell’adv anche su altri mezzi? È plausibile l’ipotesi di una ‘commoditizzazione’ dell’intero processo di media buying? ‘Commoditizzazione’ è una brutta parola! Si tratta piuttosto di un’innovazione nel settore indotta dalla rivoluzione digitale, che sta cambiando l’intera filiera. Si può essere certi che in un futuro non molto lontano ogni forma di adv, online e offline, si programmerà, comprerà e distribuirà attraverso piattaforme digitali. E, come sta avvenendo in tanti altri settori, ad esempio in quello finanziario, molti ruoli cambieranno. Emergeranno nuovi attori e chi non investe in tecnologia sarà marginalizzato. Non si va lontano dal vero affermando che in Italia editori e concessionarie dei media ‘classici’ ha impiegato molto più tempo di quanto ce ne abbiamo messo le strutture straniere a comprendere fino in fondo la portata rivoluzionaria del digitale. Molte di loro si trovano oggi ad affrontare una fase di transizione nel corso della quale, però, le revenue digitali – nonostante la crescita – sono ancora assai lontane dal compensare il calo subito sul fronte tradizionale. Quali fattori, secondo voi, stanno abilitando o frenando questo processo di ‘riconversione’ dei modelli di business in un’ottica digitale e crossmediale?


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A che punto sono le media company italiane da questo punto di vista? Sono ancora in tempo per difendersi dai giganti che dominano il mercato mondiale? Purtroppo in Italia gli investimenti della nostra media industry sul digitale sono stati fino a oggi molto esigui. In Germania, ad esempio, l’industria editoriale ha investito miliardi nell’ecosistema dell’innovazione, portando in alcuni casi le aziende a poter competere con i giganti della Silicon Valley. Nel corso dell’ultimo periodo, però, stiamo assistendo a una serie di iniziative positive, anche sul fronte pubblico, per rinvigorire il comparto del ‘made in Italy digitale’. La speranza è di accelerare il processo per recuperare un gap che si sta facendo sempre più grande.

abbiamo sempre proposto ai colleghi iniziative di integrazione e fusione. Oggi, ad esempio, c’è un tavolo di lavoro con Auditel per integrare le due currency. Il nostro auspicio è quello di poter offrire al mercato, in futuro, un sistema integrato che consenta la fusione delle varie fonti.

In un ecosistema digitale sempre più automatizzato e complesso, la comunicazione mantiene un ruolo chiave nella costruzione del valore di un brand, ma ha la necessità di informazioni sempre più precise e mirate sui propri clienti multi-mediali, multi-screen, multi-piattaforma… La richiesta degli investitori è quindi quella di poter disporre di dati di effettiva ‘total audience’ da tradurre in insight ‘agibili’ (actionable): probabilmente non si arriverà mai a una ‘AudiOmni’, ma come e quanto le diverse ricerche sui media stanno procedendo verso una effettiva ed efficace ‘integrazione’ delle proprie basi dati? Quali sono le difficoltà da superare in questo senso? Le difficoltà sono più di ordine politico, legate alla governance delle currency, che di natura tecnica. Noi siamo una ‘open-Audi’ e

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Andamento lento Seppur in maniera più contenuta rispetto ad altri mezzi, anche il digitale soffre della stagnazione dell’economia. Non per questo la crescita più lenta rispetto al passato deve far pensare a un mercato ‘maturo’ perché la strada da fare è ancora molta: il mobile è una delle principali direttrici della crescita, ed è legato alla combinazione video advertising e search.

IL DATO UFFICIALE di chiusura per il 2013 era di poco superiore ai 501 milioni di euro, con un calo rispetto al 2012 del -1,8% quando il totale degli investimenti online misurati da Nielsen (sui dati di fonte FCP-Assointernet) ammontava a poco più di 510 milioni di euro. Quest’anno, l’ultima rilevazione disponibile – relativa al periodo Gennaio/Settembre – indica un andamento praticamente flat: 327 milioni di euro contro i 326 del 2013, pari a un incremento dello 0,1%. Come è noto, questa misura non comprende in realtà l’intero plateaux dei budget – differenziati ed eterogenei per formati e piattaforme – che le aziende destinano a questo mezzo. Per studiare la quota parte mancante alle stime FCP, Nielsen ha realizzato nei mesi scorsi una survey che ha coinvolto un campione stratificato per macrosettore/fascia d’investimento composto da 900 aziende rappresentative del mercato pubblicitario. E il dato che ne è emerso è naturalmente ben più significativo: raccogliendo investimenti per circa 1,7 miliardi di euro (il che coincide con il dato, anch’esso ‘diversamente’ ufficiale, indicato per l’Italia dall’AdEx Benchmark di IAB Europe), il digital nel suo complesso raggiunge infatti una share del 23% del totale mercato pubblicitario. Al suo interno, Search e Display sono alla pari in termini di quota di mercato con il 32% ciascuna, seguite dal Video con una share del 30

Luca Bordin, general manager media sales & solutions Nielsen Italia

21%, e il rimanente 15% suddiviso fra Classified/Directories e Social Media. L’analisi degli investimenti per macrosettore mostra poi che i comparti che investono percentualmente di più in Search sono quello della Cura Persona (67% search e 14% display) e del Tempo Libero (43% search e 20% display), mentre il Largo Consumo sembra preferire di gran lunga Display (48%) e Video (27%). La survey Nielsen stima inoltre per il 2014 un incremento della market share del Digital sul totale mezzi, grazie a un 90% di risposte da


capitolo3

STIMA DEL MERCATO PUBBLICITARIO (Dati netti - Migliaia di Euro)

2013 Gen./Set.

2014 Gen./Set.

Var.%

TV1 QUOTIDIANI2 PERIODICI2 INTERNET (Fonte: FCP-Assointernet) RADIO3 DIRECT MAIL TRANSIT OUTDOOR (Fonte: AudiOutdoor) CINEMA OUT OF HOME TV TOTALE PUBBLICITÀ

2.477.854 642.267 385.956 326.915 255.239 260.199 69.122 57.437 15.360 11.865 4.502.515

2.477.839 575.968 352.363 327.123 247.401 234.952 64.993 58.270 10.850 10.277 4.360.036

0,0 -10,3 -8,7 0,1 -3,1 -9,7 -6,0 1,4 -29,4 -13,4 -3,2

Note: l’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei Quotidiani (dove vengono utilizzati i dati FCP-Assoquotidiani solo per le tipologie: Locale, Rubricata e Di Servizio) e delle Radio (dove vengono utilizzati i dati FCP-Assoradio solo per la tipologia Extra Tabellare, comprensiva c.a.). Le elaborazioni sono effettuate con il contriibuto di FCP-Assoquotidiani e FCP-Assoperiodici. 1

Il dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari

2

Per i dati di Stampa Commerciale Locale, Rubricata e Di Servizio la fonte è FCP-Assoquotidiani

3

Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di FCP-Assoradio

Fonte: Nielsen, ottobre 2014

parte delle aziende che dichiaravano di voler mantenere o aumentare (per il 49% del campione) il proprio investimento web. Un trend che dovrebbe valere per tutte le piattaforme prese in considerazione. Fatta questa lunga premessa e considerato il rallentamento del 2013 e l’apparente piattezza di quest’anno, è possibile considerare il Digital alla stregua di un mezzo ‘maturo’? È lecito attendersi ulteriori crescite (e non solo di share)? Saranno possibili nuove ‘accelerazioni’ e da parte di quali settori? Lo abbiamo chiesto a Luca Bordin, General Manager Media Sales & Solutions di Nielsen: “Non possiamo più considerare il digitale tra le sorprese o le novità del mercato – la sua

risposta –, seppur il mezzo si stia trasformando velocemente. Ma forse è prematuro parlare di maturità per un mezzo che in termini di utilizzatori e diffusione ha ancora trend di crescita sostenuti. Diciamo che anche il digitale soffre, seppur in maniera più contenuta, della stagnazione dell’economia. Mentre il mercato scenderà nel 2014 versus 2013, il digitale in ogni caso crescerà nel 2014 in una forbice tra il +5% e +7%, e in particolare per i macrosettori legati alla Persona e al Tempo Libero”. In America, così come in Europa, a guidare la crescita sono il Mobile e il Video Advertising. In particolare negli USA si stimava per 31


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2. IL PESO DELL’INVESTIMENTO DIGITAL NEL MERCATO PUBBLICITARIO 2013

Fonte: Nielsen, 2013

il 2014 un raddoppio dei budget sul comparto Mobile. In Europa la quota del Mobile era stimata a 11,3%, mentre l’Italia si fermava a un 3,4%. Quali sono i trend per formato? Il mobile è uno delle principali direttrici della crescita ed è legato alla combinazione video advertising e search. Chiaro è che la mobilità fornisce una serie di possibili nuove chance alle aziende di raggiungere il consumatore nell’ultimo miglio. Con €1.703mln di spesa in online advertising nel 2013 l’Italia è il 4° paese europeo dopo UK (€7.381mln), Germania (€4.676mln) e Francia (€3.494mln) e prima di Olanda (€1.312mln), Svezia (€955mln) e Spagna (€901mln). L’investimento 32

pro-capite ci vede però ancora tra gli ultimi della classe. Solo questione di andamento economico o siamo ancora in attesa di un cambio di mentalità? Questione di andamento economico e di evoluzone del mercato: questi ranking rispettano esattamente le classifiche riguardanti la comunicazione tradizionale, e quindi il digitale non fa eccezione alcuna. Il problema reale per una spinta ancora maggiore è la banda larga, che ci vede sfavoriti rispetto agli altri paesi d’Europa citati. A seconda del perimetro che si prende in considerazione, il mezzo televisivo in Italia assorbe una quota del 52% (perimetro classico Nielsen), o inferiore al 45% (perimetro Nielsen + Search online).


capitolo3

3. GLI INVESTIMENTI DIGITAL PER PIATTAFORMA

Fonte: Nielsen, 2013

Sebbene in riduzione, la Tv è ancora padrona. Le strategie multidevice vedono al centro il dialogo tra Tv e second screen, sia questo uno smartphone, un tablet o un pc. Con quali soluzioni Nielsen si propone di rappresentare questa realtà e qual’è la reazione del mercato? La forte innovazione tecnologica degli ultimi anni ha cambiato il modo in cui le persone si relazionano ai media. Nonostante il proliferare di device, la Tv rimane sempre il mezzo centrale non solo per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari, ma anche in termini di fruizione da parte del pubblico. Con oltre 4 ore di visione media giornaliera, l’Italia è uno dei paesi al mondo in cui si guarda più Tv. Allo stesso tempo gli italiani sono da sempre grandi utilizzatori di mobile devices con 26 milioni che si connettono via smartphone e 8 via tablet (dati secondo

trimestre 2014 – vedi tavola 4). Quello che rileviamo sempre più spesso è che l’utilizzo di questi due strumenti, Tv e Connected Device, avviene in molti casi contemporaneamente e che spesso chi usa i connected device lo fa proprio per commentare o cercare informazioni su quello che sta guardando in Tv. Stiamo parlando quindi dei due fenomeni più rilevanti per il piccolo schermo oggi: il secondscreen e la Social Tv. Si tratta di due fenomeni, ovviamente legati fra loro, che hanno a che fare con il mondo dei media, degli advertiser ma anche della evoluzione spontanea del modo di interagire delle persone con vecchi e nuovi device. Questo è uno dei motivi principali per cui Nielsen ha deciso di lanciare anche in Italia, primo paese al di fuori degli USA, Nielsen Twitter TV Ratings, una soluzione in grado di misurare il fenomono della Social Tv non solo dal punto di vista della attività (ovvero quanti autori e quanti 33


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4. PENETRAZIONE DI SMARTPHONE E TABLET IN ITALIA

Fonte: Elaborazioni Nielsen - Trend sulla diffusione dell’online in Italia: persone con possibilità di accedere a internet da smartphone e tablet. Base: totale individui 11-74 anni (=47,1 mln nel 2013)

messaggi scritti relativamente a ogni programma Tv trasmesso in Italia) ma anche dal punto di vista della reach (ovvero da quante persone e quante volte sono stati visti in Italia questi Tweet). È un servizio che risponde a un fenomeno molto nuovo ma già radicato nel mercato italiano e che suscita un forte interesse sia nel mondo media che per gli advertiser. Per tutto il mercato la Social Tv rappresenta un’opportunità importante per creare engagement con gli spettatori. Il nostro punto di vista è che delle metriche solide e condivise da tutti i player contribuiranno a creare valore per tutta la industry da questa opportunità. 34

Tutte le grandi media companies stanno attraversando una fase di transizione: per Stampa e Outdoor, per esempio, le revenue digitali – nonostante la crescita – sono lontane dal compensare il calo subito sul fronte tradizionale; mentre Radio e Televisioni stanno investendo sul digitale per inseguire i propri ascoltatori o spettatori su ogni nuova piattaforma. A che punto giudicate che sia questo processo di ‘riconversione’ dei modelli di


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5. GLI ITALIANI AMANO SIA LA TV CHE I SOCIAL

Fonte: Audiweb Trends, Giugno 2014 (Individui 11-74 anni)

business in un’ottica digitale e crossmediale? Quanto avere a disposizione strumenti di misurazione potrà permettergli di colmare il gap sviluppato con modelli di comunicazione basati sul ROI? Questa fase di transizione è cominciata da diversi anni ma è ancora lontana dal dirsi conclusa. Peraltro l’innovazione tecnologica corre così veloce che per i player del mercato è tutto molto complesso. A questo aggiungiamo che l’evoluzione tecnologica è esplosa in tutta la sua forza durante la crisi economica più drammatica del dopoguerra. Questo elemento, a volte trascurato, è fondamentale per capire e in qualche modo giustificare le difficoltà con cui le aziende stanno affrontando il cambiamento.

Diciamo che rispetto a qualche anno fa c’è sicuramente meno scetticismo rispetto al digitale, anche perchè i numeri e le metriche sottostanti sono sempre più solide, ma c’è ancora molta strada da fare, competenze, professionalità e routine lavorative da consolidare. Un altro elemento interessante rispetto al passato è che le aziende vogliono misurare il ritorno di ogni centesimo che investono. È un approccio che è il prodotto combinato della crisi economica e della evoluzione tecnologica e dal quale non si tornerà più indietro come dimostrano i paesi che hanno superato la crisi come gli USA. Dal punto di vista di un isitituto di ricerca come Nielsen, focalizzato sulla misurazione della marketing effectiveness, questa è una sfida difficile ma molto stimolante. 35


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Verso il ‘Realismo Digitale’ In uno scenario in cui sono cambiati profondamenti i modi, i tempi e la natura delle nostre capacità di fare insight e di prendere decisioni in merito all’erogazione di campagne di marketing e comunicazione, questo intervento di Cosimo Accoto propone una riflessione su cosa sono davvero i Big Data, cosa significa e come fare per trasformarli in Big Insights.

CON L’ESPRESSIONE ‘Big Data’ si intende, più comunemente, la disponibilità di dati, prodotti in quantità crescenti, a ritmi sempre più accellerati e di tipologie diverse. È sicuramente una parola di moda, oggi, ma che sottintende una profonda trasformazione nei nostri modi di comprendere la realtà, di vivere come consumatori e cittadini e per le aziende di fare marketing, advertising e comunicazione. Sono in pochi ad aver capito la portata di questa rivoluzione. Per fare un paragone, è come quando arrivò il ‘microscopio’ o il ‘telescopio’, strumenti che ci hanno consentito di vedere cose che prima non vedevamo. Diciamo, allora, che i Big Data sono come un ‘macroscopio’ puntato sulla nostra realtà sociale di persone, cittadini e consumatori, una grande lente d’ingrandimento in grado di far emergere informazione e conoscenza nuove su molti aspetti della nostra vita economica, sociale e politica. Nell’affrontare, in una maniera innovativa e multidimensionale, la relazione tra digitalità e realtà, occorre, però, superare l’hype relativo ai cosiddetti ‘Big Data’ e concentrarsi sul cambiamento in atto. In prospettiva, cambierà profondamente e sta già significativamente cambiando il nostro rapporto con brand, servizi, prodotti e mercati. Non ce ne accorgiamo solo perché abbiamo uno sguardo corto, 36

Cosimo Accoto è Partner in OpenKnowledge e si occupa di progetti di social e digital transformation per clienti internazionali focalizzandosi su audience measurement, digital e social analytics e social business intelligence. Cosimo ha maturato una profonda esperienza professionale con società internazionali leader nella ricerca e nell’analisi dei dati (Nielsen, Comscore, Kantar, Confirmit). È autore di diversi saggi ed è keynote speaker (IAB Forum, Social Business Forum, Information Architecture Summit, Better Decisions Forum).


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schiacciato sul presente. Facciamo un esempio: smartphone e tablet sono un rilevante produttore di Big Data in relazione al comportamento del consumatore e alla sua percezione dell’ambiente esterno e delle pratiche sociali. L’uso degli smarphone e dei tablet (e i dati che sono in grado di produrre e processare) ‘ transduce’, cioè trasforma, lo spazio geometrico e sociale in cui il consumatore agisce. Quando un consumatore usa il proprio smartphone stando davanti allo scaffale di un supermercato e confrontando prodotti per ricevere un’offerta personalizzata in base ai dati sulle sue preferenze o sulla sua prossimità, i Big Data e gli algoritmi connessi sono all’opera per qualificare l’offerta, suggerire alternative, offrire sconti e promozioni, invitare a condividere l’acquisto sui social network e così via. In questi processi di calcolo, i Big Data ci vedono come ‘probabilità’, cioè come risultato di un calcolo istantaneo nei database, non siamo più ‘individui’ in carne ed ossa. Al tempo stesso, i consumatori divengono ‘sensori’ mobili in grado di fornire in tempo reale i dati legati alla reazione a una promozione o a un suggerimento d’acquisto. E si tenga conto che molti di questi dati sono offerti da noi in maniera volontaria (anche se non pienamente consapevole) come quanto facciamo check-in in un bar, mettiamo un tag a una foto o aggiorniamo il nostro status sui social network. “Non entriamo più in internet, ci siamo costantemente dentro”, lo abbiamo ben chiarito nel libro Social Mobile Marketing. Il marketing nell’era dell’ubiquitous internet, della sharing economy e dei big data (Egea, 2014), alla sua seconda edizione. L’impatto profondo della Data Revolution Tuttavia, per valutare l’impatto profondo

Mandelli e Accoto, “Social Mobile Marketing” (Egea, 2014, 2e)

della data revolution, è necessario comprendere che, oggi, i Big Data sono un derivato (by-product) delle nostre attività quotidiane di consumatori e cittadini, e che impatta profondamente sulle dimensioni profonde di spazio, tempo e soggetto: quello che ho cominciato a chiamare ‘realismo digitale’ (vedi grafico). Come ho detto recentemente con un’espressione un po’ forte, ma che rende l’idea dell’impatto della data revolution, in un’era di Big Data, “i dati sono la nostra ultima, definitiva interfaccia col mondo”. E gli oggetti sempre più

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OLTRE I BIG DATA VERSO IL REALISMO DIGITALE

Fonte: Accoto 2014

diventeranno piattaforme (social machine) che avranno nella raccolta dati il loro cardine per costruire relazioni e creare valore per il consumatore. Come vedremo meglio, le nuove tecnologie 38

sono in grado di rimodulare le categorie concettuali con cui analizziamo e comprendiamo i mercati, i comportamenti dei consumatori, i modelli di business abilitati. Le nuove tecnologie sono in grado di


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La piattaforma di visual analytics di Ditto

processare i dati a livello di microsecondi (tempo anticipato e in real time che viene realizzato grazie, ad esempio, alle nuove potenzialità del computing in-memory), di raccogliere dati in maniera ubiqua (sensorializzazione dello spazio grazie ai beacon, ad esempio), di collezionare informazioni attraverso soggetti artificiali (‘internet delle cose’ e ‘intelligenza artificiale’ con uso di algoritmi di machine learning tra gli altri). «I dati sono la nostra ultima, definitiva interfaccia col mondo» (Accoto, 2014) Questo scenario cambia profondamenti i modi, i tempi e la natura delle nostre capacità di fare insight e di prendere decisioni in merito a erogazione di campagne di marketing

e comunicazione, di progettazione di servizi offerti in prossimità e in tempo reale, di utilizzo di intelligenza artificiale per fare disruption di business esistenti creandone di nuovi. Dall’analisi alla ‘Social Intelligence’ Con l’arrivo dei Big Data, dunque, le possibilità di insight delle organizzazioni e delle imprese è notevolmente incrementata. Non solo con la possibilità di attingere ai dati del consumatore (in termini di attitudini, esperienze, comportamenti nelle diverse fasi del suo customer journey) per come espressi attraverso il monitoraggio delle conversazioni nei social media (menzioni di brand o prodotti) o con l’analisi delle piattaforme mobile e location-based (check-in da luoghi o eventi) o dei dati derivanti dagli accessori intelligenti (calorie bruciate o kilometri 39


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percorsi), ma più di recente anche con la customer intelligence su tutto il materiale sociale e ubiquo user-generated di natura più visiva (visual analytics). Per fare un esempio recente, la società californiana Ditto ha attivato un servizio di tracking e intelligence delle immagini che i consumatori caricano in rete attraverso gli ubiquitous social media. Usando tecnologie di image recognition automatizzate e massive, la piattaforma di ‘social photo analytics’ è in grado di monitorare la presenza di brand, loghi e prodotti nelle foto che gli utenti caricano nei propri social network. In questo modo è possibile individuare, ad esempio, nuovi target di consumatori e nicchie di mercato, comparare visivamente i fan di brand competitor, scoprire l’abbinamento di prodotti o contesti d’uso o affinità tra brand, individuare trend di stili di vita e di consumo dei prodotti, le espressioni facciali legate al consumo e allo sharing sociale dei prodotti consumati e condivisi via immagini con i proprio social network. Le domande a cui i Big Data di Ditto rispondono sono di estrema utilità per costruire i big insight di cui dicevamo: qual è l’incidenza del mio brand nelle immagini e che trend si può ricavare?, dove sono scattate le foto che includono il mio brand e quando i consumatori usano il mio prodotto?, con quali altri prodotti o brand il mio brand si trova accompagnato?, quali foto precedono o seguono quelle del mio brand?, chi sono i consumatori che usano il mio prodotto o interagiscono con il mio brand?, che caratteristiche hanno questi consumatori?, che tipo di sentiment è associato al mio brand guardando le espressioni facciali delle persone che visualizzano il mio prodotto o brand?, quanto è grande il network degli influencer del mio brand?, come esercitano la loro influenza?, qual è il profilo della

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community legata al mio brand rispetto al profilo delle community legate ai brand concorrenti? Dalla post-analytics alla ‘premediazione’ Non è però solo la capacità di raccogliere le informazioni che fa, oggi, la differenza. Il processo di elaborazione dei dati fa riferimento anche alla modellizzazione delle capacità predittive e anticipatorie di eventi o situazioni. Finora aziende e marketing manager hanno usato, diciamo, una ‘post-analytics’: cioè hanno fatto soprattutto analisi di quello che un consumatore ha ordinato, dei prodotti che ha comprato, dei siti che ha visitato e così via, in un’ottica, quindi, di analisi del passato (descriptive analytics). Crescendo, tuttavia, la complessità dei mercati e la disponibilità dei dati di comportamento in tempo reale, si stanno lentamente muovendo su domande quali: quali prodotti comprerà, che contenuti preferirà, che negozi visiterà, cioè in una prospettiva di predire quello che accadrà in futuro e di tipo prescrittivo, alla Minority Report, per usare un esempio cinematografico noto (predictive analytics). È quello che si chiama anche ‘premediazione’, vale a dire che il nostro futuro è sempre più, in qualche misura, anticipato, modellato in base ai Big Data raccolti e processati in tempo reale, in modo sempre più dettagliato e proveniente da fonti diverse: una nostra conversazione nei social network, un’acquisto con la carta di credito, una telefonata da smartphone, un check-in fatto nel nostro bar preferito, la ripresa di una videocamera in una strada o, ancora, il sensore presente nei dispositivi di autoanalytics (quantified self) che serve a misurare i kilometri percorsi durante un allenamento e così via (non senza problematicità legata alla protezione della privacy di consumatori, clienti e cittadini).


capitolo4

La predictive analytics è in grado di modificare o distruggere modelli di business e fare, viceversa, empowerment del consumatore: faccio un ultimo esempio per far comprendere cosa significa accrescere le informazioni sulle previsioni del tempo. In Sud America, nell’ultimo decennio, il miglioramento delle capacità previsionali del meteo ha fatto diminuire del 50% le revenue degli autolavaggi. I consumatori con nuovi insights, infatti, evitano di andare a lavare

la macchina sapendo che pioverà. Un esempio semplice, ma di facile comprensione, su cosa significa l’azione dei Big Data e degli insight su comportamenti dei consumatori, sui modelli e strategie di business, sulle potenzialità per marketing e comunicazione. Cosimo Accoto Partner in OpenKnowledge

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Dalle parole ai fatti In un ecosistema digitale sempre più automatizzato e sempre più complesso, un ruolo chiave nella costruzione di valore è giocato dalle informazioni sui clienti. Big data significa anche data mining, piattaforme di data management, integrazione di Crm e business intelligence. Un mercato che a livello europeo dovrebbe raggiungere nel 2014 quota $2,9miliardi.

“Big data is like teenage sex: everyone talks about it, nobody really knows how to do it, everyone thinks everyone else is doing it, so everyone claims they are doing it.” La battuta, che risale al 2013, è di Dan Ariely professore di psicologia e behavioural economics prima al MIT, poi alla Duke University, autore del best seller Predictably Irrational e i cui discorsi su TED.com sono stati visti circa 4,8 milioni di volte. Ma siamo sicuri sia solo una battuta? Quante sono le aziende oggi che ricorrono all’analisi dei Big Data in maniera sistematica? Quante hanno sviluppato sistemi di analisi agevoli? E quante ancora fanno dialogare i propri CRM interni con quelli delle agenzie di comunicazione partner e dei publisher così da sviluppare un sistema unico di business intelligence? Big Data, big market Facendo riferimento al solo mercato europeo, secondo le stime diffuse da International Data Corporation (IDC) a settembre 2014 e riprese da eMarketer, la risposta alla domanda di cui sopra è: tante, ma non ancora abbastanza. IDC stima infatti che nel 2014 la spesa europea in tecnologie e servizi legati ai Big Data raggiungerà quota $2,9 miliardi, segnando un +26% sul 2013 (vedi fig.3). Un valore che è destinato a crescere nei prossimi quattro anni a un CAGR del 27% per raggiungere nel 2018 42

il valore di $6,8 miliardi. E proprio i manager delle aziende Italiane, secondo la ricerca IDC, sarebbero i più abituati a maneggiare i Big Data, tanto che il 34% afferma di sentirsi a proprio agio con questi, a fronte di un 25% dei manager britannici, un 20% di quelli svedesi e un 15% di quelli tedeschi. Quanto questa percentuale sia figlia di una reale familiarità con i Big Data, o, invece, frutto dell’atteggiamento psicologico tratteggiato con una battuta da Dan Ariely è difficile da stabilire. Il dato di fatto è che le aziende che introducono l’analisi dei Big Data non ne possono più fare a meno, in ragione dei vantaggi informativi, ma soprattutto del ritorno in termini di vendite. È questo quanto emerge dalla ricerca Big Success with Big Data condotta da Accenture su oltre 4.300 manager operanti in 19 paesi tra cui l’Italia. Il 96% degli intervistati si dichiara infatti soddisfatto dei risultati raggiunti con i progetti sui Big Data e il 46% afferma di aver individuato nuove e significative fonti di reddito. Better, not bigger Per dirla con Randall Beard, Global Head Advertiser Solutions di Nielsen, quello di cui le aziende e i marketer hanno bisogno sono “better, not bigger data”. Perché una gran mole di dati significa ben poco, se non si è capaci di leggerli e metterli in relazione con il contesto e con le altre informazioni a disposizione.


capitolo5

01. LA CRESCITA DEL “DIGITAL UNIVERSE” (2005-2016)

I 2/3 dei contenuti del digital universe sono consumati/creati dalle persone (guardando video, usando dei social media, condividendo immagini…) Nota: 1 petabyte = 1 milione di gigabyte. 1 zetabyte = 1 milione di petabyte Fonte: IDC Digital Universe (maggio 2014)

Un punto di vista che trova conferma nelle parole di Massimo Fontana, General Manager Amnet Italia: “Oggi il Big Data è un po’ una moda. C’è da sempre. È la capacità di analizzare i dati e di creare contatti e relazioni tra questi che fa la differenza. La vera sfida è sul data mining e sulla business intelligence”. Il dato diventa quindi un pezzo della storia del consumatore. “Le analisi statistiche e gli algoritmi di machine learning – spiega Lorenzo Castelnuovo, CEO & Partner di EarlyMorning – consentono oggi di estrapolare trend, gusti, preferenze e in genere imparare da tutta questa mole di segnali come si comportano e si comporteranno i clienti. Esistono ad esempio lambda architecture e modelli previsionali che incrociando le attività real time del cliente con il suo storico

sono in grado di ottimizzare sia l’esperienza d’uso che le proposte commerciali”. Molti gruppi guardano perciò con crescente interesse ai servizi correlati ai Big Data: dal data mining, alla business intelligence applicati alla comunicazione, passando per il tema dei CRM. Il tutto seguendo il consumatore attraverso i diversi touch point. Perché, come spiega Mariano Di Benedetto, CEO iProspect, è in questo che si è registrata l’innovazione, non tanto nella capacità di accumulare dati. “La crescita esponenziale di device connessi aumenta la possibilità di conoscere e comprendere i consumatori e, di conseguenza, porta a nuove forme di relazione – dice Di Benedetto –. Non c’è nulla di nuovo: l’analisi e l’utilizzo dei dati dei clienti, provenienti da fonti tradizionali, sono stati utilizzati per 43


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2. LE AREE MAGGIORMENTE BENEFICIATE DALL’USO DEI BIG DATA

34%

- una quota significativa sono i dati ‘utili’ Sono dati originati da sistemi ‘embedded’, data processing, social media, foto, audio, ecc…

- una quota minima dei dati è ‘taggata’ Il segmento in maggior crescita è quello dell’Internet Of Things, che grazie a miliardi di sensori e sistemi ‘intelligenti’ cattura e invia dati in tempo reale

- una percentuale insignificante dei dati è analizzata Le nuove società tecnologiche stanno rendendo più facilmente comprensibile e usabile la crescente quantità di dati

7% 1%

Fonte: IDC Digital Universe (maggio 2014)

migliorare le vendite e le performance di marketing dal primo catalogo di vendita per corrispondenza più di due secoli fa. La differenza sta nel fatto che oggi, grazie alla tecnologia e all’avvento del digitale, è possibile raccogliere ‘dati di massa’ a costi di stoccaggio bassi, elaborare informazioni grezze in tempo reale per distribuire contenuti e comunicazioni personalizzate, rilevanti e non invadenti”. È sui dati che si stanno sviluppando le nuove strategie ed è grazie ai dati, nuova unità minima della comunicazione, che si sta definendo il nuovo ecosistema. Proprio per questo la richiesta di servizi di business intelligence continua a crescere. Per fare un esempio, il mercato degli Advanced and Predictive Analytics software (APA) a livello mondo ha raggiunto quota $2,2miliardi e secondo le stime IDC dovrebbe toccare $3,4miliardi entro il 2018. A fare la parte dei leoni sono in questo caso SAS, con 44

$768.3milioni e una quota di mercato del 35.4%, IBM con $370.3milioni e 17.1% di market share e Microsoft, con $64.9milioni e una quota di mercato del 3%. Accanto ai software c’è grande attesa per i servizi di cloud business intelligence che secondo le stime diffuse da Redwood Capital dovrebbe crescere a un CAGR del +31% nei prossimi 5 anni, passando da $750milioni del 2013 a $2,94miliardi del 2018. Visto nel suo complesso, il mercato dei Big Data acquisisce quindi una dimensione consistente: nel 2013 si stima che abbia raggiunto quota $18,8 miliardi e si prevede che nel 2014 arrivi a generare $28,5miliardi. (vedi fig.4) Quali benefici? Secondo una ricerca condotta dalla A.T. Kearney e Carnegie Mellon University sui manager di 430 aziende in giro per il mondo, i vantaggi attesi a seguito dell’implementazione di servizi di


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03. EUROPA: INVESTIMENTI IN TECNOLOGIE E SERVIZI PER BIG DATA (miliardi di dollari)

Fonte: International Data Corporation (IDC). “Southern Europe Big Data Technology and Services 2011-2013 Market Size and 2014-2019 Forecast by Country and Segment” (Settembre 2014)

business intelligence possono essere ricondotti a tre aree: spingere l’innovazione, aumentare la profittabilità, e accrescere l’efficienza operativa. (vedi fig.5) Proprio questi tre benefici sono anche quelli che l’applicazione dei Big Data all’advertising promette di raggiungere alle aziende che decidono di sviluppare un approccio sempre più scientifico alla comunicazione. L’aumento di efficienza operativa legato a doppio filo con il discorso sul programmatic (vedi capitolo 4) è solo il punto di partenza del lavoro sui Big Data, che si inseriscono a pieno nelle logiche di performance marketing e, come avviene già per diverse strutture, e alimentano il lato della creatività per sviluppare campagne sempre più efficaci e cucite addosso al potenziale cliente e al suo purchasing.

Dai dati agli insight Come si traduce nella pratica questa mole di dati in insight ‘agibili’ o ‘actionable’? “La crescente mole di dati, da un lato offre ricchezza in termini di comprensione del target e dall’altro crea difficoltà crescenti in termini di monitoraggio – spiega Simone Ruscetta, CEO 24Media –. Questo spinge i clienti a richiedere strumenti che ne semplifichino la gestione. 24Media offre report che consentono di mantenere il dettaglio garantendo un colpo d’occhio immediato. Crediamo sia necessario garantire al cliente una mediazione tra profondità del dato e leggibilità dello stesso”. E proprio in direzione di una semplificazione dell’intero processo lavora Simple agency. “Rendiamola simple – dice Marco Caradonna –. Big Data, big insight nella sostanza significa 45


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04. FATTURATO BIG DATA PER TIPOLOGIA (2013) (in milioni di dollari)

estrarre informazioni dalle campagne, dai CRM aziendali, dal sito aziendale e dai siti che ospiteranno il messaggio pubblicitario, per fare in modo che quest’ultimo risulti pertinente e rilevante per la persona che viene contattata”. Come spesso accade per ottenere le risposte ricercate è necessario porre le giuste domande, e in tale senso, come ci racconta Mario Fiasconaro, Managing Director Italy myThings, a guidare l’intero processo può essere “il cliente, se parliamo di CRM, mentre diviene l’algoritmo quanto parliamo di programmatic. myThings è un’azienda israeliana con un elevatissimo livello di competenze: il 65% dei nostri dipendenti sono esperti di data mining e ha ottenuto un Phd. La capacità di gestire questo hub centrale in cui confluiscono questa miriade di dati e 46

selezionare al loro interno quelli rilevanti dipende dalla tecnologia. In questo senso il nostro elevato e continuo investimento in R&D ci consente di lavorare sempre sulla frontiera dell’innovazione, garantendo un vantaggio competitivo ai nostri clienti e certezze in termini di efficacia ed efficienza”. Nel rispetto della privacy Il discorso si complica ulteriormente quando si prende in considerazione anche il tema della privacy. La gestione dei Big Data, soprattutto quando si tratta di incrocio di informazioni provenienti sia da fonti aziendali che da piattaforme editoriali e ancor più in riferimento a strategie cross device, porta infatti a confrontarsi con questi aspetti. “Rai è servizio


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05. L’IMPATTO DELLE ANALYTICS SULLE STRATEGIE DI BUSINESS

Fonte: Leadership Excellence In Analytic Practices (Leap) Study, 2014

pubblico e proprio per questo è l’attore che più di tutti, nel mercato pubblicitario, si pone a tutela del consumatore – chiarisce Fabrizio Piscopo, AD di RaiPubblicità –. Ovviamente, pensare di sopravvivere alla concorrenza senza imparare a gestire i Big Data diventa anacronistico, ma il loro utilizzo corretto e non invadente non si scontra con le logiche etiche di Rai”. Come chiarisce Ruscetta ci si trova a fare i conti con una duplice necessità: “da un lato, come consumatore devo essere edotto su come vengono raccolti e gestiti i miei dati. In Italia si sta facendo un lavoro molto importante per il rafforzamento dei diritti sulla privacy dell’utente. Dall’altra le aziende, e in particolare le PMI, devono essere capaci di rispondere bene al bisogno del cliente. Molte PMI non sono ancora pienamente attrezzate nella gestione della privacy del cliente. È quindi necessario creare un ambiente in cui il consumatore sia tutelato e

dall’altro spiegare al consumatore che l’uso dei dati non è per tracciare i suoi consumi personali, ma per arrivare a profilare al massimo l’offerta, garantendo rispondenza ai bisogni e agli interessi del consumatore”. È un trade-off che secondo Castelnuovo può risolversi con una win-win situation. “Il cliente è aperto a condividere le proprie informazioni se in cambio riceve un miglior servizio e una miglior esperienza – dice il CEO & Partner di Early Morning –. Grazie ai sistemi Big Data è possibile estrarre valore da queste informazioni e tradurle in un chiaro beneficio per il cliente. Riteniamo che questa sia l’unica strategia duratura nel tempo”. Un punto di vista che viene condiviso da Marco Caradonna e Massimo Fontana. “Non è corretto dire che i consumatori stanno alzando le loro difese – afferma il CEO di Simple Agency –. Nel momento in cui sono in grado 47


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di derivare insight per inviare il messaggio giusto, alla persona giusta, sul mezzo giusto, nel momento giusto, io non sto disturbando l’utente; anzi, sto fornendo all’utente un’informazione commerciale utile. Lo disturbo quando gli mostro un messaggio pubblicitario non pertinente con i suoi bisogni o interessi del momento. Se riesco a capire che la persona sta cercando un’auto, e appartiene a una certa categoria di reddito, immaginiamo alta, e quindi è interessato ad auto di fascia alta, e nella sua navigazione gli propongo alcuni modelli di auto, in linea con il suo interesse, gli offro diverse opzioni, e poi gli propongo delle promozioni e soluzioni mirate, io non sto più facendo pubblicità, ma gli sto fornendo un servizio commerciale utile, accompagnandolo nel suo processo decisionale, offrendogli alternative e soluzioni. Il consumatore si difende da comunicazioni non rilevanti, ma accetta e coglie con interesse le comunicazioni commerciali coerenti con i suoi interessi e quindi potenzialmente rilevanti”. Proprio su questo punto pone l’accento Fontana: “I consumatori alzano le difese dove c’è un abuso. Diversamente è da tempo che il consumatore ha accettato il data mining quando ne trae vantaggio: dalla fidelity card al supermercato, alla dashboard personalizzata sul sito e così via. È corretto che l’autorità abbia posto il problema. A oggi però non è stato affrontato come doveva, e questo ha creato del panico attorno a degli aspetti e servizi che vanno a sostegno del cliente”. Identità cross-device Come anticipato, la questione si complica ulteriormente quando si introduce il tema del cross-device. I grandi operatori stanno infatti sviluppando soluzioni che consentano di tracciare gli utenti attraverso i diversi device apertamente e legittimamente anche senza ricorrere ai cookies.

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“Ci stiamo muovendo verso un sistema cookieless, che prende come riferimento i comportamenti specifici dell’utente sulla base del device di riferimento dell’utente stesso – spiega Fiasconaro –. Il grado di affidabilità di questi sistemi è di circa il 75%, riusciamo perciò quasi sempre in forma anonima a individuare il tipo di utente e a targettizarlo con un messaggio ad hoc. È già un buon livello di corrispondenza, ma è necessario che migliori perché possa essere utilizzato in maniera estensiva”. E la necessità di soluzioni cookieless è data dalle prospettive legislative, anche se “Il Garante in Italia ha avuto un atteggiamento ragionevole, soprattutto se confrontato con altri paesi”, afferma Caradonna, che poi prosegue puntualizzando: “Dobbiamo tenere presente che i cookie e l’evoluzione dei cookie per il multidveice, ossia l’Adv Id, sono indispensabili per erogare il giusto messaggio, alla giusta persona, sul giusto mezzo, nel giusto momento. Quando il processo va a buon fine, non rappresentano un abuso, ma un elemento per garantire servizio all’utente. Il tema è quello dell’equilibrio in termini di pertinenza e rilevanza in base agli interessi”. Quello dell’Advertising Id o Single Id “È un trend che si sta affermando velocemente e che andrebbe regolamentato, perché consegna un potere fortissimo nelle mani dei pochi player che oggi sono in grado di avere una registrazione e un auto login, o comunque login ripetuti su più device – sottolinea Fontana -. Il tema è quello di ottenere una singola Id utente cross-device. A oggi riescono a farlo soggetti come Google, Facebook, Twitter. Se, come crediamo in Amnet, il futuro è la conoscenza del cliente e la gestione cross-device, allora stiamo correndo il rischio di creare un eccesso di concentrazione del potere su pochi player, con futura ridotta concorrenza nel mercato della comunicazione”. La capacità di tracciare il comportamento del consumatore attraverso i diversi touch-pooint


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potrebbe quindi generare un enorme vantaggio competitivo per pochi player, determinando un’eccessiva concentrazione del mercato. Per questo motivo Di Benedetto tiene a sottolineare la sensibilità del tema del Single Id. “È un argomento delicatissimo; in questo momento è necessaria una presa di coscienza sui dati per evitare una battaglia sulla titolarità, perdendo di vista il primo beneficiario del sistema: il cittadino – spiega il CEO di iProspect –. Le informazioni oggi disponibili, che guarda caso permettono di usufruire gratuitamente di molti servizi e contenuti, non dovrebbero essere interpretati come patrimonio esclusivo di chi ha la tecnologia - hardware o software - o i contenuti. In Italia sotto la copertura della divisione tra guelfi e ghibellini ci si affrontò per questioni di campanile, vale a dire di interessi locali per più due secoli”. Sfruttare il potenziale di Big Data dovrebbe essere l’ordine del giorno di tutti i player del mercato, aggiunge Di Benedetto: “Ma con il primario obiettivo di mettere in condizione i consumatori di avere il diritto di scelta e un rapporto ad personam. Il desiderio di un vantaggio competitivo esclusivo non dovrebbe essere bloccante rispetto ai benefici per il consumatore”. Le implicazioni non sono circoscritte alla concentrazione di mercato, ma, come evidenzia Rogani, hanno implicazioni dirette sui fatturati e sui mercati aggredibili. “Nonostante i cookie siano il principale strumento attraverso cui tracciare il comportamento, con il pieno rispetto della privacy delle persone online, esistono oggi sistemi di tracciamento evoluti che non si avvalgono dei cookie e che consentono di riconoscere non solo l’utente multidevice, che naviga da dispositivi differenti, ma anche quello multibrowser, riuscendo ad identificare ed intercettare in questo modo anche coloro che utilizzano le app dei Brand – dice il CEO di Mamadigital –. Se si considera che il 20% del fatturato e-commerce Italiano proviene

dal Mobile, è evidente che il tracciamento multidevice assume un ruolo chiave per il monitoraggio e l’ottimizzazione costante delle azioni Digitali”. Ci troviamo quindi di fronte a una situazione liquida e in divenire. Come spiega Castelnuovo “Si tratta ad oggi di un’area grigia, che è utile conoscere ma la cui legittimità sarà sancita dalla prassi e dall’eventuale accettazione del pubblico. In mancanza di una posizione chiara bisogna comprendere i rischi reputazionali connessi, ed è consigliabile definire una propria policy dichiarata in modo trasparente, fornendo semplici opzioni di opt out. Esistono gli ETags, che sfruttano i meccanismi di caching dei browser, e tecniche cosiddette di ‘fingerprinting’ in cui si raccolgono segnali apparentemente non correlati tra loro ma che insieme identificano abbastanza univocamente un singolo cliente. Un’utile metafora è pensare ad esempio a quante persone possono essere identificate semplicemente isolando il loro tragitto tra casa e ufficio”. E l’attuale scenario risulta favorevole per quelle aziende che sapranno trasformare la crescente complessità in opportunità. “Le aziende, se sapranno selezionare gli esperti, potranno ricavarne un vantaggio grazie alla capacità di analisi e di arricchimento – conclude Di Benedetto –. Il tutto deve avvenire in un contesto che rispetti gli aspetti legali, di ownership e sicurezza. Trovare l’equilibrio tra arte e scienza è un’esigenza innegabile del marketing moderno e lo spostamento verso decisioni basate su dati scientifici va in questa direzione”.

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Programmatically disruptive Introdotto nell’ombra del Real Time Bidding, che ne è invece una singola declinazione, il Programmatic si sta facendo spazio sulle posizioni premium, per essere riconosciuto dai brand come soluzione di pianificazione votata all’efficienza. Un approccio che cambia l’intero ecosistema, ridisegnando la catena del valore e ridefinendo i ruoli di chi opera al suo interno.

È sulla bocca di tutti. E, soprattutto, è nell’agenda di tutte le aziende sotto la voce ‘to do’. A volte seguito da un punto di domanda, altre sottolineato, tre volte. È il programmatic, la ‘nuova’ metodologia technology-driven che consente di ancorare e assicurare l’acquisto di audience a specifici profili e soglie di spesa. Un tempo utilizzato principalmente per la gestione dell’invenduto, oggi il programmatic permette di selezionare spazi premium, sui siti di publisher selezionati, con crescenti livelli di trasparenza e condivisione delle informazioni relative alla pianificazione. L’obiettivo? Presto detto, aumentare l’efficienza delle pianificazioni, comprare solo profili in target, lavorando sulla giusta frequenza, in modo da evitare sovraesposizione nei confronti dell’utente finale, anzi, adattandosi al suo purchase funnel, tanto da ridefinire la creatività in base a questo, passando dalla fase di ‘visibilità’ a quella di ‘engagement’. Questa almeno la promessa. Ma facciamo un passo indietro. Cosa è? Dove nasce? A che punto siamo? E, soprattutto, quali sono le previsioni? Non è RTB Come succede in molti casi con le innovazioni, la prima risposta che si riceve quando si chiede una definizione di programmatic è una 50

negazione, basata sul termine di paragone più prossimo, quel Real Time Bidding, che era stato il tema hot del 2012 e, in parte, anche del 2013. Anche per questo motivo IAB ha pubblicato a luglio 2014 un white paper dedicato a fare chiarezza sul tema. Tanto per cominciare, è il RTB a essere una tipologia di programmatic buying (e non viceversa), con acquisti operati su base d’asta in real time nel momento in cui lo spazio advertising è visto. “Il meccanismo su cui si fonda il Real-Time Bidding fa capo alla possibilità di acquistare le impression in tempo reale sui marketplace e pianificare le proprie campagne sulla base di target mirati e selezionati in base ad esigenze, comportamenti ed abitudini mostrate in Rete – chiarisce Andrea Rogani, CEO e Co-founder Mamadigital –. La tecnologia garantisce grandi vantaggi per gli advertiser, primo fra tutti la flessibilità di pianificazione e profilazione, permettendo di raggiungere ottimi risultati in termini di Branding e ancora buoni risultati (comunque sempre migliorabili) in termini di azioni da parte delle audience raggiunte, risultati dai quali soluzioni come il Paid search sono comunque ancora lontane”. Proprio i risultati garantiti dal RTB lo hanno portato per un periodo ad assorbire tutta l’attenzione che c’era sul programmatico.


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01. 2012-2018: FATTURATO GLOBALE RTB PER REGIONE (MILIONI DI EURO)

Fonte: IDATE, Real Time Bidding (Aprile 2014)

“L’RTB è oggi l’adv online!” dice Lorenzo Castelnuovo, CEO & Partner EarlyMorning, per poi argomentare che: “I benefici in termini di riduzione dei costi sono significativi. Ancor più evidenti i risultati: il RTB consente infatti di ottenere ROI prima non immaginabili, andando di fatto a colpire solo gli utenti davvero interessati. Grazie al RTB, inoltre, si ha accesso a un enorme volume di informazioni che opportunamente rielaborate sono estremamente preziose per le aziende. Le aziende si trovano oggi nella situazione privilegiata di poter parlare a coloro che sono interessati al prodotto senza disperdere risorse colpendo le persone sbagliate. Immaginate di essere un’azienda e di poter comunicare con il vostro cliente in qualunque momento della giornata, arrivando direttamente nel suo telefonino quando è in metrò o quando si rilassa sul divano a casa.

Non vorreste farlo? Bene, non stiamo parlando del futuro, ma della realtà. Purtroppo non sono molte le realtà consapevoli delle enormi potenzialità del RTB. E tutto ciò che è nuovo e non si conosce, spaventa”. Proprio alla luce delle precisazioni offerte da Rogani e Castelnuovo appare chiaro come il programmatic non si configuri solo come un direct response tool, anzi, venga sempre più proposto, come si diceva prima, come uno strumento di pianificazione basato sull’analisi dei dati a disposizione della piattaforma, del publisher e nei casi più sofisticati, del cliente. Perché il cuore della faccenda è incrementare l’efficienza, sia del processo di acquisto degli spazi, attività solitamente dispendiosa sia da un punto di vista economico che di tempo, che della campagna stessa, migliorando la capacità di risposta ai comportamenti dei 51


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02. 2003-2018: FATTURATO PUBBLICITARIO NETTO EUROPEO PER MEZZO (MILIONI DI EURO)

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

consumatori. E questo smarca il secondo tema: il programmatic non è, o non è più, una soluzione per gestire l’invenduto, ma un nuovo approccio al mercato digital che consente la gestione e l’acquisto di spazi premium. Sotto questa luce il programmatic si configura come una ‘disruptive innovation’. Qual è stato, quindi, il suo impatto nei principali mercati? C’era una volta in America Come tutte le innovazioni digitali anche il programmatic, o per dirlo all’italiana, programmatico, nasce in US. È per questo che le stime più significative del mercato guardano proprio al territorio americano. Secondo Magna Global gli spazi display 52

acquistati in US via programmatic buying nel 2014 valgono $9,8miliardi, destinati a raggiungere quota $16,9milliardi nel 2017. Di questi nel 2014 la quota di premium programmatic display è limitata a $675milioni (fonte: IDC, International Data Corporation). Un valore destinato a crescere a ritmi serrati e che dovrebbe raggiungere $9,3miliardi nel 2018. Secondo le stime eMarketer basate sui dati IDC, a fine 2013 il peso del premium programmatic sul totale online display era quindi pari al 2%, valore che dovrebbe raggiungere quota 5,3% per la fine di quest’anno, con un tasso di crescita a 3 digit che dovrebbe proseguire per il prossimo quinquennio. Un trend che porterebbe il premium display programmatic ad assorbire


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03. PROGRAMMATIC ADV IN EUROPA: 2012 vs. 2013 (MILIONI DI EURO)

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

entro il 2017 il 27% degli investimenti in display online. Insomma, un grande spazio di mercato, che deve essere conquistato anche e soprattutto grazie a un’azione di ‘scolarizzazione’ delle aziende clienti. Secondo i dati citati da Advertising Age in un articolo del 31 marzo e diffusi da ANA (Association of National Advertisers) solo il 26% delle aziende americane a marzo 2014 aveva usato il programmatic buying, e solo un 10% in più aveva studiato il concetto, pur non avendo ancora pianificato secondo questo meccanismo. Il che, tradotto in soldoni, significa che solo uno su quattro degli advertising spender US ha effettivamente approcciato il programmatic. E tra queste aziende una quota rilevante è rappresentata

dalle aziende dell’automotive, con le complicazioni che questo comporta in un settore fatto da aziende produttrici, distributori e concessionarie locali. Un segnale per i nostri operatori locali rispetto a dove cercare i principali clienti? Può essere. Il dato di fatto è che si sta assistendo a una consistente e inarrestabile crescita del programmatic anche fuori dagli US: in Canada, dove il mercato è raddoppiato tra il 2012 e il 2013 e dovrebbe segnare un +50% quest’anno (fonte IDC), ma anche in paesi emergenti, come il Brasile, dove il fenomeno ha fatto il suo ingresso ufficiale quest’anno e già ci si lancia in stime per il 2015, immaginando crescite del +600%. E se allarghiamo il discorso a livello mondo, 53


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04. 2012-2018: TASSO AGGREGATO DI CRESCITA NEI PRIMI 5 PAESI EUROPEI

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

la stima di Magna Global per i 35 paesi monitorati porta a un transato attraverso programmatic buying nel 2014 pari a $21miliardi, di cui $9,3 miliardi in RTB. Ma qual è la situazione in Europa? Il mondo nuovo Cominciamo col dire che anche in Europa il mercato del programmatico ha fatto segnare, secondo la rilevazione IHS/IAB un +111% sul 2012, superando così nel 2013 €2miliardi. Al netto del cambio di valuta, la distanza con gli Stati Uniti rimane, ma si evidenzia comunque una crescita 3 digit che fa ben sperare. E infatti, le previsioni sui 5 grandi mercati europei – UK, Germania, Francia, Italia e Spagna – danno una crescita media annua per il periodo 2012-2018 pari al +32,8% per 54

l’intero comparto del display programmatic e del +82% per il video programmatic. Come dire, non sarà l’America, ma le previsioni appaiono rosee anche qui da noi, soprattutto in considerazione della base già acquisita: nel 2013, infatti, a livello europeo gli acquisti di display attraverso programmatico (premium e non) pesano ormai per il 21%. Parlare di Europa, come succede spesso, è però non del tutto rappresentativo. L’ingresso del programmatic è avvenuto con tempistiche differenti nei singoli paesi e anche attraverso diversi driver. L’Olanda, playground del digital in Europa, è l’early adopter del programmatic. Il suo ecosistema digitale si è sviluppato e strutturato gradualmente, secondo un approccio aperto, che ha portato alla


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05. EUROPA: FATTURATO PUBBLICITARIO DELL’ONLINE DISPLAY PER MECCANICA (%)

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

creazione di diverse piattaforme, sia sul lato acquirenti che sul lato venditori. L’effetto finale è stata una gestione anticipata degli spazi premium, lo sviluppo dei servizi correlati di data management e business intelligence applicata alla comunicazione e soluzioni di creatività dedicata. Tra i primi a importare la tecnologia si trova anche UK, grazie soprattutto alla spinta del lato buyer. Questo ha portato a uno sviluppo piuttosto rapido con focus sul mobile e su soluzioni multi schermo. Tornando sul continente, si ha il caso di successo francese. In Francia il programmatic è stato accolto con pari entusiasmo sia dal lato buyer, in particolare grazie a Orange Advertising, che da quello seller, con la formazione di due coalizioni di publisher,

Audience Square e La Place Media. Il contesto favorevole ha portato a una diffusione che risulta seconda solo a quella degli Stati Uniti. Anche in questo caso il programmatic si è presto spostato sul segmento mobile. L’altro mercato europeo ad aver abbracciato il programmatic è quello tedesco, in cui il processo di introduzione del RTB prima e dei modelli di programmatic premium poi è stato portato avanti dai publisher. Per quanto riguarda l’Italia, siamo ancora agli inizi, ma pare chiaro come il fenomeno sia stato introdotto e sostenuto dalle agenzie di comunicazione e dai centri media, che si trovano in alcuni casi a fronteggiare un’opera di alfabetizzazione sia sul lato clienti che sul lato publisher. 55


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06. I FATTORI PIÙ IMPORTANTI PER UNA CAMPAGNA PUBBLICITARIA DI SUCCESSO

Fonte: IAB Europe/WARC/Appnexus - Why and how ‘programmatic’ is emerging as key to real-time marketing success (Giugno 2014)

E proprio i publisher europei pronosticano una rapida e sostenuta diffusione del programmatic. Dal punto di vista degli editori Ed eccoci a uno dei punti caldi del programmatico. La catena del valore cambia. Gli editori, che oggi in gran parte lamentano ancora una transizione da analogico a digitale non soddisfacente, perché nella conversione si è perso gran parte del valore correlato (vedi capitolo 7), saranno a breve colpiti dal programmatico. Perché, anche se oggi in Europa e ancora più in Italia la maggior parte delle transazioni sono IO-based (insertion-order-based, ndr), la diffusione dei meccanismi di acquisto automatico one-to-one è destinata a guadagnare quote 56

mese dopo mese. E, come ripetuto anche prima, non si parla in questo caso di invenduto, ma di posizioni premium, che oggi nel 72% dei casi interessano display banner (fonte: Magna Global, media mondo, 35 nazioni monitorate 2013), ma che a tendere riguarderanno i video e il mobile advertising, ossia i principali driver di crescita del mercato negli ultimi anni. Il passaggio, come spiega Fabrizio Piscopo, AD RaiPubblicità, è obbligato, sebbene da pianificare con attenzione sia da un punto di vista finanziario, che tecnologico. “L’investimento economico nel programmatico è, almeno inizialmente, una spesa rilevante per le aziende – chiarisce Piscopo –. Tuttavia non crediamo che si possa evitare di fare un


capitolo6

07. I BENEFICI PRINCIPALI DEL PROGRAMMATIC ADVERTISING

Fonte: IAB Europe/WARC/Appnexus - Why and how ‘programmatic’ is emerging as key to real-time marketing success (Giugno 2014)

passo del genere, perché ormai nel resto del mondo il programmatico muove una grossa fetta del mercato pubblicitario non solo nel segmento digital, ma anche in altri settori come quello dei canali televisivi digitali. In questo nuovo contesto le concessionarie di pubblicità potranno non perdere il ruolo di attori principali solo se manterranno il controllo dei loro first data”. Proprio il controllo dei dati e la difesa della privacy dei propri utenti è un tema su cui è necessario fare chiarezza, perché accanto a una idea poco chiara di cosa sia il programmatic e a un suo posizionamento non ottimale ne stanno rallentando la diffusione. E con questa tutti i servizi accessori di data management e intelligence, che potrebbero

rappresentare una nuova linea di ricavo per gli editori. Luci e ombre del trading programmatico in Italia Nell’ultimo biennio, le piattaforme di programmatic e RTB hanno rivoluzionato la vendita e l’acquisto dell’online advertising. Ma nonostante l’argomento sia più che ‘hot’, sono ancora molte le aziende che non hanno fatto il grande passo. Ma quali sono i potenziali rischi o gli ostacoli che ne stanno frenando la diffusione in Italia? Un mix di complessità tecnologica, scarsa informazione, errori di posizionamento, manager non digital-native e, soprattutto, incertezza rispetto al tema della trasparenza. 57


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08. LE PRINCIPALI BARRIERE ALL’ADOZIONE DEL PROGRAMMATIC

Fonte: IAB Europe/WARC/Appnexus - Why and how ‘programmatic’ is emerging as key to real-time marketing success (Giugno 2014)

“Non ci sono rischi, né attuali né potenziali. Ci troviamo solo di fronte a un’elevata complessità tecnologica – puntualizza Marco Caradonna, CEO Simple Agency –. Il programmatic buying rappresenta oggi una palestra. Siamo agli albori e ci sono elevate complessità tecniche. Risulta quindi ancora un fenomeno per addetti ai lavori, non per tutti. La competenza e la complessità sono le leve. Il nostro ruolo di agenzia e consulente risulta centrale per ridurre la complessità ed implementare la diffusione di queste soluzioni. Oggi l’unico freno è rappresentato dal ridotto numero di consulenti a elevata professionalità e competenza, che possano lavorare a fianco delle aziende per accompagnarle in questo

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nuovo approccio di marketing”. Motivo per cui, come ci spiega Mariano Di Benedetto, iProspect e Dentsu Aegis Network stanno operando in controtendenza, assumendo a ritmo serrato nuove risorse altamente qualificate – Phd. e ingegneri – per rispondere alle richieste del mercato. “Le lacune in termini di chiarezza, competenza e flessibilità organizzativa hanno frenato la crescita – spiega il CEO di iProspect –. Da noi questo non è avvenuto. Abbiamo prima di tutto fatto ‘cultura’ per far comprendere dove e come si può creare valore e ci siamo strutturati con il meglio che il mercato italiano ed europeo può offrire, ossia le persone. Questo ci ha permesso di diventare un


capitolo6

riferimento per tutto il Gruppo Dentsu Aegis Network a livello mondiale. Sul mercato c’è ancora molta confusione tra programmatic buying e real time bidding, dando origine all’associazione primaria con remanent o adnetwork. In altri casi c’è una lacuna di trasparenza. Le realtà che meglio hanno interpretato i punti di cui sopra, oggi guidano il mercato. Noi possiamo affermare di esserci”. Un concetto che viene ripreso da Mario Fiasconaro. “Oggi la mancanza di informazioni e trasparenza frena i clienti nell’utilizzo di queste piattaforme – conferma il Managing Director Italy myThings –. Oltre alla mancanza di fiducia, il vero timore per alcune aziende è rappresentato dall’inventory utilizzata e dal livello di sicurezza del brand che molti network all’interno di queste piattaforme non sono in grado di garantire. Accade quindi che l’immagine del brand venga associata a contenuti web non propriamente safe. A questo proposito in myThings abbiamo riconosciuto l’importanza di tutelare i brand dei nostri clienti e da qualche mese lavoriamo in partnership con il programma VCE di Comscore per garantire ai nostri clienti livelli di sicurezza del proprio brand e garanzie sulla delivery superiori agli standard di mercato. Inoltre, su queste piattaforme si accede spesso con soluzioni one-fits all, ovvero prive di possibilità di personalizzazione. Un fattore molto negativo, che limita il controllo da parte del cliente. myThings si è da subito posizionata in modo differente, assicurando lo sviluppo in-house di campagne custom, non soltanto dal punto di vista della pianificazione ma soprattutto della grafica e del layout utilizzando anche formati HTML5”. Trasparenza e risorse interne capaci di comprendere il cambiamento in atto e di tradurre in risultati la tecnologia dirompente oggi a disposizione. “Una volta che conosci

il consumatore e puoi fare trading automatizzato, hai uno strumento potentissimo – dice Massimo Fontana, General Manager Amnet Italia –. Il problema oggi è che molte aziende hanno direttori marketing con grande esperienza, ma che non conoscono l’argomento e sull’altro versante ci sono direttori media che hanno sviluppato le loro esperienze al di fuori del digital. La geografia del mercato sta cambiando: nelle centrali media c’erano planner e buyer e nelle concessionarie i commerciali. Oggi si parla di DSP (Demand Side Platform, ndr) e SSP (Supply Side Platform, ndr). Senza persone queste piattaforme non fanno nulla, ma sono cambiate le competenze che le figure in un centro media e in una concessionaria devono possedere per operare nell’ambiente digitale. On top a tutto, oggi non c’è ancora la totale trasparenza rispetto quello che si sta comprando. I clienti hanno il diritto di sapere cosa comprano e perché”. Programmare i benefici 21% del display transato. Questa, come si diceva sopra, la quota del display venduto attraverso il programmatic in Europa nel 2013. Un dato che chiarisce come evidentemente, dietro tutte le complicazioni, i limiti e le incertezze, si trovino anche vantaggi consistenti che hanno spinto i buyers a scegliere questa soluzione per un quinto dei propri investimenti. Una percentuale destinata a salire, perché come chiarisce Caradonna: “I benefici sono enormi. Queste nuove tecnologie permettono di erogare il messaggio alla persona giusta, azzerando lo spreco di investimento su audience che non sono affini. Inoltre, permettono la totale tracciabilità e misurabilità del ROI. Ad esempio nel caso di Sky abbiamo aumentato del 40% l’acquisizione di prospect e relativo ARPU e migliorato

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del 30% il tasso di abbandono dei già clienti anno su anno. Il tutto a parità di budget con l’anno precedente”. Dati, quelli presentati dal CEO di Simple Agency, che descrivono i livelli di efficienza che il programmatico consente di raggiungere. Un tema che viene sottolineato più volte. “I benefici sono correlati all’efficienza e alla scalabilità dei risultati. Queste piattaforme se utilizzate con il supporto di una tecnologia all’avanguardia possono generare numeri significativi in termini di conversioni – evidenzia Fiasconaro –. Inoltre l’elevato grado di segmentazione dell’audience completa il quadro dei benefici per gli advertisers. In riferimento a myThings, con una logica di retargeting e prospecting, riusciamo a vincolare il valore dell’impression sulla base della valutazione dell’advertiser in riferimento allo specifico target, in questo modo ogni acquisto è realizzato solo se giudicato di valore. Un approccio che ci consente di preservare il value for money”. E affinché ogni acquisto generi valore è necessario, come puntualizza Di Benedetto, che le aziende investano in programmatico “Assicurandosi di avere a disposizione le migliori persone, capaci di vedere e valutare in trasparenza i diversi elementi della pianificazione e di comprendere e valorizzare adeguatamente i diversi player della nuova catena del valore. I benefici che si possono ottenere sono: incremento dell’in-target, quindi perfezionamento del planning, un’ottimizzazione della frequenza anche cross-device e cross-URL con saving diretti, miglior risposta del Consumatore e quindi efficacia della comunicazione”. Il punto di vista del cliente viene ripreso anche da Fontana che aggiunge un tassello importante alla discussione: “Il cliente che già conosce data maning, Crm e business intelligence, potrà vedere i vantaggi

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dell’applicazione di questi strumenti anche nel media buying. Oggi le aziende possono mettere a frutto nella comunicazione le conoscenze acquisite sul cliente in altri contesti. Più cresce il dialogo tra le diverse aree di azione del brand, più insight si raccolgono sul cliente, più è possibile innalzare l’efficacia e l’efficienza delle diverse azioni di marketing”. Macchina vs. Uomo Il tema è antico. Da quando è stato introdotto ci sono state altre due rivoluzioni industriali. Il timore è sempre lo stesso: l’automazione eliminerà ruoli e con questi posti di lavoro? La risposta è no, come chiarisce Di Benedetto. “La trasparenza è la condizione necessaria per fare in modo che ogni player del mercato abbia la corretta posizione nella catena del valore. Passando all’automazione, non sono così sicuro che la tecnologia possa sostituire l’essere umano. Se pensiamo all’industria automobilistica la produzione è aumentata e il livello qualitativo del prodotto ha raggiunto livelli inimmaginabili dopo l’avvento dell’ingegnerizzazione dei processi – argomenta in CEO di iProspect –. Basta leggere un testo di sociologia del lavoro per comprendere cosa è accaduto nel momento in cui si è passati da un sistema agricolo-artigianale-commerciale al sistema industriale: conoscenza, ricerca e nuove professionalità sono cresciute. Il time to market si è drasticamente ridotto. Accadrà lo stesso ingegnerizzando i processi media: aumenterà il livello qualitativo e i tempi di reazione allineati con la velocità dei tempi del real time. Non vi è dubbio che le opportunità offerte dal programmatic buying coinvolgeranno un numero crescente di aziende, ancora più velocemente nel momento in cui viene richiesto di ottimizzare il budget e di aumentare la precisione di targeting e le


capitolo6

LA CRESCITA DEL PROGRAMMATIC SECONDO MAGNA GLOBAL (2015/2018) • Nei 35 paesi analizzati da Magna Global l’inventory transato attraverso il programmatic (banner, video e social, sia desktop che mobile) raggiungerà quest’anno i 21 miliardi di dollari (+52% rispetto al 2013), 9,3 miliardi dei quali attraverso piattaforme di Real Time Bidding. • La crescita proseguirà con un tasso medio annuo del +27% fino a raggiungere i 53 miliardi di dollari entro il 2018. • I driver dellla crescita del programmatic sono: - l’opportunità di ridurre i costi delle transazioni (sia lato acquisto che vendita); - la possibilità di monetizzare un più ampio spettro di impression (la ‘lunga coda’); - l’opportunità di sfruttare su larga scala i dati sui consumatori per migliorare l’efficenza delle campagne. • A fine 2014, la quota del programmatic advertising sul totale degli investimenti display sarà del 42% (era il 33% nel 2013), raggiungendo il 48% del totale nel 2015. • La velocità con cui cresce varia second i paesi, dei formati e delle piattaforme. L’inventory Social è quella più transata ‘programmaticamente’; Display e Video, partendo da un livello molto più basso, raggiungeranno rispettivamente un tasso di penetrazione del 54% e del 43% entro il 2018. • Gli USA guidano il processo di adozione globale del programmatic: con 10,9 miliardi di dollari transati, il mercato statunitense vale il 53% di quello mondiale nel 2014. Le transazioni via programmatic rappresenteranno il 62% dei dollari investiti in display negli USA quest’anno, raggiungendo l’82% nel 2018. Fonte: MagnaGlobal Programmatic Forecast (Settembre 2014)

performance. Questo sistema porta con sé anche maggiore controllo e, di conseguenza, trasparenza”. Dello stesso avviso Castelnuovo, che prevede con l’ingresso dell’automazione, più che una riduzione delle persone impiegate nell’industry, una loro riallocazione tra i diversi attori: “Oggi – sostiene il CEO & Partner di EarlyMorning –, le agenzie media, web e digital non possono soltanto attuare l’azione di buying, ma devono inesorabilmente completarla con un creative mix che dia efficacia alla campagna e quindi si dovranno dotare di strutture numericamente superiori a

quanto c’è oggi. Le agenzie di digital communication come nel caso di EarlyMorning, dallo spunto creativo realizzano tutta la campagna pubblicitaria, dando assistenza anche alla pianificazione dei mezzi quando il cliente lo richiede. Per quanto riguarda la trasparenza sul mercato, l’impatto dell’automazione dovrebbe essere assolutamente in linea con considerazioni sull’utilità dell’investimento e dei benefici. Perché il sistema automatizzato renda trasparente e rintracciabile tutto, dovrebbe operare in un mercato pulito senza sistemi di sottobosco”.

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Maggiore controllo su cosa si compra e sulle ragioni dietro alle scelte di acquisto significa anche un dialogo ancora più serrato tra i diversi player della catena del valore. “Come già indicato, in assenza di trasparenza il programmatic è destinato a fare fatica. Il cliente ha diritto di sapere cosa compra e perché – afferma Fontana –. Il cliente deve sapere se sta comprando contenuto o tecnologia e deve poter variare questi aspetti in relazione al beneficio ricercato. La trasparenza in questo settore è fondamentale per fare sì che si sviluppi l’ecosistema di riferimento e si lavori secondo un principio di efficienza e di creazione di valore aggiunto. Questo significa anche che il cliente deve concentrarsi su questi aspetti e non sulle marginalità dei diversi player della value chain”. E proprio per assicurare trasparenza alcuni player si orientano verso un approccio technology agnostic. È il caso di Dentsu Aegis Network che “Utilizza le piattaforme dei vendor, quindi di terze parti. Scegliamo di volta in volta la migliore piattaforma per il nostro cliente. Non siamo vincolati a livello tecnologico, ma scegliamo il meglio in relazione agli obiettivi e al mercato – spiega Caradonna -. La trasparenza sarà sempre maggiore, a tendere arriveremo a comunicare ogni elemento della pianificazione: posizione, prezzo del contatto e audience che si sta comprando. Il modello è quello delle piattaforme di trading azionario, che in termini di tecnologia è totalmente trasparente. Già oggi ci sono enti che garantiscono questo tipo di processi nel contesto dell’adv buying. Questa è la direzione e non si tornerà indietro”. Un messaggio a cui fa eco quello del Managing Director Italy di myThings. “Per gli advertisers e per ogni marketer è fondamentale acquisire informazioni che

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vadano oltre le metriche standard delle campagne – dice Fiasconaro –. L’elemento della trasparenza diventerà ancora più cruciale nei prossimi mesi per l’intero ecosistema della media companies, quest’ultime dovranno essere in grado di fornire completa visibilità e accesso alla totalità delle informazioni. Questa è la direzione verso cui si muove myThings fornendo totale trasparenza e accesso a informazioni aggiuntive a livello di singolo segmento, media e canale”. Sei addressable? E cosa accadrà con l’estensione dei processi di audience buying dal desktop display al video e al mobile e, in un prossimo futuro, all’intero spettro dell’adv anche su altri mezzi? Intanto è utile puntualizzare che “oggi in realtà sul digitale c’è già stata questa espansione. Il dato sta al centro, e stiamo lavorando per far parlare tra di loro i diversi schermi con l’obiettivo di lavorare in maniera funzionale all’ecosistema”, spiega Fontana. Un punto di vista condiviso in tutta Dentsu Aegis Network. “Giusto per chiarire, stiamo già facendo attività di ad planning cross device su tutto il comparto digital – puntualizza Di Benedetto –. Già oggi il programmatc o data driven adv è diffuso . Ciò che oggi non è addressable è ciò che oggi è fuori dal digitale. Il mondo dei media tradizionali è fuori da questi giochi, ma ci sono realtà nel mondo, e in particolare in US, che fanno queste esperienze nel mondo Tv. Il programmatico non tarderà ad estendersi sugli altri mezzi”. Rispetto alle tempistiche ci sono visioni discordanti. Secondo Fiasconaro infatti “non arriveremo a breve all’estensione del programmatic su altre piattaforme. È necessario un cambiamento di queste soluzioni per adattarle ad altre piattaforme. È un processo lungo, che non coinvolge


capitolo6

solo la tecnologia ma richiede un cambio di paradigma, una nuova mentalità. La tendenza del mercato è questa. In Inghilterra si hanno già esperimenti sulla on-demand Tv. In Italia prevediamo tempi più lunghi”. A breve o nel medio termine la traiettoria sembra tracciata. “Tutta l’adv sarà comprata in questo modo – conclude Caradonna –.

Ripeto, è questa la direzione verso cui stiamo andando e i media devono comprendere che non si tratta di stravolgere il loro modello ma di realizzare una profonda rivoluzione tecnologica, passando dalla vendita di spazi, alla pianificazione di persone, di contatti reali e realmente interessati al messaggio, in quel momento e in quel contesto”.

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New media & new models Dopo 50 anni di crescita continua, dal 2000 i ricavi pubblicitari dei quotidiani USA sono crollati. In Italia, tra il 2009 e il 2013, Stampa, Tv e Radio hanno visto i propri ricavi ridursi a ritmi rispettivamente del -10%, -5% e -4,7% medio annuo. Per la crisi, certo. Ma anche per una ridotta ‘reattività’ che sembra dipendere da un fraintendimento sulla value chain.

“Il Roanoke Times, il giornale locale che si comprava nella mia famiglia, è un tipico quotidiano cittadino, con radici che risalgono al 1880. Come molti giornali simili, è entrato in crisi a metà dello scorso decennio, quando i ricavi pubblicitari sono crollati e hanno lasciato un buco nei bilanci che la pubblicità online non era in grado di riempire. Quando la recessione del 2008 ha accentuato il problema, la società proprietaria del Roanoke Times, Landmark, ha cominciato a cercare un acquirente e alla fine ha venduto la testata al Berkshire Hathaway Media Group di Warren Buffett nel 2013. L’acquisizione è stata salutata con sollievo nella redazione, visto che Buffett aveva notoriamente assicurato i dipendenti dei suoi precedenti acquisti che ‘Il vostro giornale opererà in una posizione di forza economica’. Tre mesi dopo avere comprato il Times, BH Media ha licenziato 31 dipendenti, un po’ più di un terzo del totale’. È questo l’attacco di un articolo pubblicato a fine agosto da Clay Shirky, saggista, consulente e docente presso la New York University. Non una happy ending story da cinema americano. D’altro canto qui non si sta parlando di cinema, ma di quotidiani, o se vogliamo di carta stampata. E il discorso è facilmente estendibile anche ad altri mezzi classici che, proprio a seguito dell’ingresso di internet, hanno visto i propri fatturati contrarsi molto rapidamente. Una cura dimagrante che 64

ha avuto e continua ad avere effetti deleteri sui profitti. Perché il cambio di dieta, da analogica a digitale, non è stata digerita dall’intero sistema mediale che ancora oggi, a oltre dieci anni dal fattaccio, si interroga su cosa sia successo e su come recuperare le quote perse. Non è la specie più forte che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più ricettiva ai cambiamenti. La celebre frase di Charles Darwin è stata ormai citata più volte in riferimento al cambiamento aziendale che a contesti scientifici. Il dato di fatto, però, è che il cambiamento dei mezzi classici è avvenuto, o meglio, sta avvenendo in tempi molto dilatati. L’ingresso sul web è stato visto più come un dovere che come un volere. Dover esserci a tutti i costi, per ribadire la propria esistenza, per occupare un nuovo spazio di mercato prima che lo facesse qualcun altro. Un ingresso fatto senza aver valutato adeguatamente le differenze della piattaforma e, quindi, le caratteristiche che il nuovo prodotto avrebbe dovuto avere. Un discorso che in seconda battuta si è trasferito sulle modalità di sfruttamento del prodotto stesso e, quindi, sulle voci di ricavo. Perché un cambiamento di queste dimensioni ha avuto, chiaramente, un impatto sulla catena del valore. Tanto che tutti oggi parlano di ‘nuovo ecosistema’, prendendo di nuovo concetti in prestito dalle scienze naturalistiche.


capitolo7

1. FATTURATO PUBBLICITARIO DEI QUOTIDIANI USA (1950-2010)

Milioni di dollari in valuta 2012 Fonte: Newspaper American Association

I dati di una crisi Il grafico dei ricavi da pubblicità dei quotidiani in US negli ultimi 60 anni, dal 1950 al 2010, diffuso dalla Newspaper American Association, non lascia molto spazio a dubbi: la riduzione dei fatturati iniziata nel 2000, dopo 50 anni di crescita pressoché costante, non è stata compensata dai ricavi provenienti dall’online. Il discorso, come si diceva prima, sfortunatamente, è applicabile anche ai mezzi di casa nostra e facendo riferimento a un periodo storico più prossimo. Osservando i dati riportati nell’ultima Relazione Annuale dell’AGCOM, Autorità Garante delle Comunicazioni, i mezzi classici mostrano infatti nel periodo 2009-2013 una consistente riduzione dei ricavi pubblicitari. Nello specifico: i quotidiani segnano un tasso di crescita annuale

composto (CAGR – Compound Annual Growth Rate) del -10%; un po’ meglio la televisione che negli ultimi 5 anni ha visto decrescere i propri ricavi da pubblicità a un ritmo del -5% annuo; così come la radio (CAGR: -4,7%). Come spesso accade, in ragione dell’emorragia di ricavi molte media company sono state oggetto negli ultimi anni di un processo di razionalizzazione volto a ridurre i costi e cercare di garantire ancora profittabilità a strutture in molti casi quotate sui mercati azionari e quindi necessariamente in condizione di dover rendere conto ai propri shareholder. La riduzione dei costi di struttura, non ha però bloccato gli interventi sul comparto digitale, con gli editori e i broadcaster che si sono dovuti attrezzare per inseguire i propri ascoltatori e spettatori su ogni nuova piattaforma, con fortune alterne. 65


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2. LE FONTI DI REVENUE DEI QUOTIDIANI USA (2007 vs. 2013)

Fonte: Newspaper American Association

Lo stato dell’arte Ma a che punto è questo processo di transizione in un’ottica digitale e cross mediale dei modelli di offerta e delle aree di ricavo? A giudicare dai risultati economici verrebbe da dire che il lavoro da fare è ancora parecchio. In questo quadro non è possibile dimenticare che, accanto a fattori interni all’offerta, un impatto significativo è dovuto alla contrazione della domanda determinata dalla crisi finanziaria ed economica che ha colpito il contesto produttivo internazionale all’indomani del 9 agosto 2007, quando BNPParibas annunciava in conferenza stampa di non poter assicurare la copertura di tre suoi fondi in ragione di titoli tossici correlati alla bolla immobiliare statunitense. Insomma, il contesto economico recessivo sommato a una strategia di business ancora da affinare per arrivare a uno sfruttamento 66

adeguato dell’online hanno rallentato fortemente questo processo di conversione, non tanto nell’offerta quanto nella sua piena valorizzazione. Ne è un esempio la Rai, i cui contenuti sono ormai ampiamente disponibili online. “RaiPubblicità è già crossmediale perché il contenuto di Rai è cross mediale – spiega Fabrizio Piscopo, AD RaiPubblicità –. La qualità del contenuto lo rende di successo indipendentemente dal device che lo trasmette. Un esempio per tutti la Fiction: grandi ascolti in televisione e grandi numeri anche per lo streaming”. In linea con il contributo di Piscopo è quello di Mariano Di Benedetto. “Le global company risentono meno di questo passaggio da analogico a digitale grazie all’adozione di soluzioni tecnologiche all’avanguardia, all’utilizzo dei dati e focalizzandosi sui contenuti – spiega il CEO di iProspect –.


capitolo7

3. REVENUE PUBBLICITARIE MONDIALI DEI QUOTIDIANI - STAMPA (2009-2013)

Milioni di dollari in valuta corrente Fonte: World Press Trends 2014, WAN-IFRA

Non stiamo gestendo una transizione, in realtà dobbiamo adottare nuovi modelli organizzativi e di business per riuscire a competere in un contesto completamente nuovo. Il modello tradizionale non è adeguato nemmeno aggiungendo l’elemento digitale o adattando la propria offerta alle diverse piattaforme. Se l’approccio è quello della ‘riconversione’ è difficile vedere uno sbocco o rendere scalabili business tradizionali. In questa fase serve il coraggio di chi innova, solo così sarà possibile recuperare revenue ricordando sempre che il passato non costituirà più un benchmark. Mi vengono in mente gli Stati Uniti dove alcuni player stringono alleanze per accelerare il buying programmatico per le Tv locali o i primi esperimenti citati nelle più importanti riviste di settore: in tutti questi casi non si parla di

adattamento ma di innovazione. Oggi non dovendo inseguire i consumatori, grazie ai segnali che vengono lasciati quotidianamente, è più semplice offrire contenuti rilevanti e personalizzati, siamo nel mondo degli addressable media e la disponibilità di informazioni (dati) permette di instaurare un rapporto diretto e con il singolo consumatore”. Insomma, nuovo business model, nuove aree di ricavo, nuovi meccanismi di buying degli spazi pubblicitari, e un impatto che risulta particolarmente duro se si estende lo sguardo al comparto locale. Un quadro che Mario Fiasconaro, Managing Director Italy myThings, condensa in poche parole dicendo che “Siamo lontani da una effettiva conversione dall’analogico al digitale, sia a livello di contenuti che di ricavi”. 67


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4. REVENUE PUBBLICITARIE MONDIALI DEI QUOTIDIANI - DIGITAL (2009-2013)

Milioni di dollari in valuta corrente Fonte: World Press Trends 2014, WAN-IFRA

Ma vediamo le cose punto per punto. Come evidenzia Marco Caradonna, CEO Simple Agency, il lavoro di fondo dei media, analogici o digitali che siano, rimane pur sempre quello di “Aggregare audience sotto una testata credibile e di valore per riproporle ai brand investitori. Non parlerei di riconversione dei modelli di business, perché il modello di business dei media rimane lo stesso: non c’è qualcosa da inventare in termini di business model, piuttosto si tratta di operare una profonda riconversione tecnologica. Il futuro per chi lo abbraccia è estremamente roseo. È solo per chi non vuole innovare e vuole rimanere attaccato a un’offerta inadeguata che le cose si faranno difficili. L’advertising non consiste più nella pianificazione degli spazi, ma nella pianificazione delle persone, e dico persone perché grazie al supporto di dati possiamo

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indirizzare il messaggio commerciale a soggetti effettivamante interessati al il brand, utilizzando una tecnologia di erogazione in real time”. Proprio il tema del real time e della programmazione delle audience viene affrontato da Massimo Fontana. “È necessario scalare l’approccio programmatic su tutti i mezzi. Il focus è quello di partire dal CRM, dal data mining e da tutti gli strumenti che consentono di conoscere il consumatore – spiega il General Manager di Amnet Italia –. Si sta passando dal target media al target consumatore. Sono ottimista perché vedo nuovi approcci di acquisto degli spazi. Per esempio, Sky in UK ha lanciato un meccanismo di acquisto degli spazi pubblicitari Tv sulla base delle abitudini di consumo dei propri utenti. Un approccio che oggi risulta di difficile trasposizione nel contesto


capitolo7

italiano e in generale in quello della Tv FTA lineare. Oggi il video online viene pianificato come complemento della Tv, a tendere il video online dovrebbe essere invece pianificato come punto di partenza per comprendere chi guarda cosa e come, e sviluppare successivamente la pianificazione televisiva. Il discorso è oggi direttamente applicabile ad alcuni target come nel caso dei Tv light viewer, mentre si deve tornare al web come complemento sui target più anziani ancora Tv centrici”. Detto che in US e UK si sta già lavorando a estendere i nuovi modelli di buying programmatico anche al mezzo televisivo, è importante porre l’accento sugli effetti dell’online a livello locale e sulle relazioni tra questo e a i diversi mezzi. “Un tema significativo in questo segmento riguarda il locale – conferma Simone Ruscetta, CEO 24Media –. I broadcaster locali, così come i quotidiani locali che non fanno capo a testate nazionali, sono molto lontani dal generare risultati economici significativi sul digital. Questo nei casi in cui abbiano effettivamente sviluppato delle piattaforme proprietarie. Inoltre, in alcuni casi la scelta di non sviluppare il digitale è in qualche misura tattica, perché il modello di business originario, privo di misurazione, potrebbe entrare in conflitto con l’approccio digital, misurabile in ogni sua dimensione. Siamo molto lontani da una reale convergenza. Il punto è che le testate locali non hanno ancora trovato il modo di sviluppare le community digitali che potenzialmente potrebbero sostenerle. È un elemento di riflessione attorno a cui il mercato italiano dovrebbe concentrare la propria attenzione”. Proprio la non identificazione di modelli di proposta in linea con le attese del mercato, secondo alcuni potrebbe portare mezzi un tempo centrali nelle pianificazioni a giocare un ruolo tattico, più che strategico. “Stampa e outdoor oggi si vendono sempre più grazie al fenomeno di trascinamento della vendita dei servizi web, è

5. RICAVI DEI QUOTIDIANI ITALIANI PER TIPOLOGIA E PER MEZZO (2012)

Fonte: Relazione annuale 2014, AGCOM

un’evoluzione verso il nuovo mercato – afferma Lorenzo Castelnuovo, CEO & Partner Early Morning –. Oggi il web è molto più

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efficace, sia perché agisce sul comportamento mirato dell’utente realmente interessato e non opera a spread su tutti quelli disinteressati, sia perché ha dei costi operativi minori, malgrado i cali di lettura degli utenti”. I nuovi re “È ora che questo gigante come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet, riconosca il diritto d’autore per gli articoli, le foto, i video linkabili da Google News” ha dichiarato in un’intervista pubblicata su Repubblica il 7 novembre 2014, Maurizio Costa, presidente della Fieg, riferendosi al mercato italiano, dopo l’approvazione in Spagna della tassa sui motori di ricerca. E la replica del gigante della rete non si è fatta attendere: “Gli editori, possono scegliere se essere presenti in Google News oppure no. La verità è che Google invia ogni mese 10 miliardi di clic agli editori di tutto il mondo, e che riceviamo di gran lunga più richieste di essere inclusi in Google News che non di essere esclusi. Inoltre, attraverso il programma AdSense, nel 2013 abbiamo ridistribuito 9 miliardi di dollari agli editori di tutto il mondo”. Insomma, una polemica in pieno stile glocal, che ben rende l’idea di come i meccanismi a livello globale impattino ormai direttamente su quelli locali. Intanto vale la pena notare, come fa Massimo Fontana, che “Google e Facebook non sono stati imposti sul mercato, ma è il mercato che li ha creati. Non è pensabile fare la guerra a questi colossi. Bisogna trovare un ecosistema che consenta di dialogare con loro. Il valore dell’agenzia è quello di trovare la combinazione che funziona. In Amnet facciamo leva sull’asset principale di Google, ossia il search, che ci garantisce informazioni rispetto all’intenzione di acquisto, per alimentare la DMP (data management platform ndr) e con questa operare le scelte per l’acquisto di spazi display

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premium sui siti degli editori”. Simone Ruscetta condivide il punto di vista di Fontana a invoca un cambio di mentalità da parte delle media company. “Credo si debba cambiare pelle e testa. I grandi operatori come Google raggiungono i risultati che raggiungono perché si impegnano in un processo di alfabetizzazione del mercato – dice Ruscetta –. Offrono a tutte le aziende, grandi o piccole, strumenti di stima e misurazione degli investimenti realizzati. In alcuni casi hanno sviluppato delle metriche nuove e proprietarie, come Facebook con i ‘Like’. Il problema fondamentale è dare il modo all’investitore di misurare i risultati dei propri investimenti. Per noi la misurazione del risultato è la chiave per guadagnare la fiducia del cliente. Tutti vanno alla ricerca del grande cliente, ma il tessuto imprenditoriale italiano è fatto di PMI, e i grandi player hanno offerto strumenti adeguati a queste aziende, abbattendo i costi entry level e offrendo la possibilità di disintermediare le soluzioni di comunicazione. Questo non significa tagliare fuori le agenzie o i centri media, ma dare al cliente la possibilità di entrare in contatto con il mezzo e gli strumenti per poi sviluppare una strategia con i propri partner”. Un processo quello di concentrazione del mercato nelle mani dei big player che secondo Lorenzo Castelnuovo è inarrestabile. “Così come in tutti i mercati, anche in quello dei media esistono dei colossi e la dominanza probabilmente sarà sempre crescente – afferma il CEO di EarlyMorning –. Inesorabilmente nel futuro queste grandi aggregazioni sempre più faranno da padrone e massificheranno un mercato che tenderà ad essere sempre più conveniente, col rischio però di diventare sempre meno qualitativo. Non va confusa la medialità del mezzo Internet con la creatività nel marketing mix che esso fornisce. A prescindere dalla loro dimensione, collocazione e struttura, le agenzie digital rappresentano oggi delle realtà


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che seguono il processo della comunicazione dall’inizio alla fine. Queste sono le uniche realtà con reale potenziale di redditività”. Effetti collaterali Come sempre, i grandi cambiamenti possono portare a innovazioni sia in termini di processo che di prodotto. In tale senso vanno lette le possibilità di legare sempre più le attività di digital advertising con gli acquisti offline, tema correlato al concetto di fingerprint e di Advertising Id e Single Id (vedi Capitolo 5 – Programmatically Disruptive), ma anche lo sviluppo di nuovi meccanismi creativi, che consentono alle agenzie digital di giocare un ruolo di primo piano. Proprio il legame tra online e instore rappresenta per Mario Fiasconaro un forte incentivo allo sviluppo di modelli di offerta online sempre più performanti da parte delle media company. “Una forte spinta arriverà dalla possibilità di tracciare gli effetti instore delle campagne di advertising online – afferma il CEO di myThings –. È qualcosa che creerà una sempre più forte correlazione tra vendite e campagne online, con ovvi vantaggi per i big player che già si stanno muovendo in questa direzione. Google rende già questo possibile per i retailer che condividono con i suoi sistemi i propri CRM. In tale caso i sistemi di Google consentono di correlare in maniera autonoma la ricerca operata online da un utente con il suo acquisto offline del medesimo prodotto. Questa è la frontiera per misurare la bontà degli investimenti in pubblicità e avrà impatti ad ampio raggio. Gli investitori vorranno sempre più conoscere gli effetti dei loro investimenti e questo accelererà anche la conversione al digitale dei mezzi oggi offline. È ovvio che questo in una prima fase rappresenterà piuttosto una minaccia. I media riusciranno a valorizzare queste informazioni, solo se sapranno aggiungere un valore aggiunto correlato alla loro offerta di contenuti e di

attrazione di target. Lo spazio rimane, non scompare, ma variano le quote e varia l’offerta di servizi correlati che dovranno essere garantiti ai clienti”. Come si diceva, la centralità dell’online consente alle agenzie digital di accrescere il proprio ruolo nello sviluppo delle strategie aziendali. “Oggi non esiste più una differenza tra new media e new business. L’attività di EarlyMorning ne è la testimonianza per ora nell’ambito web, ma si sta integrando attraverso il famoso fenomeno della crossmedialità: un’idea creativa unica deve essere declinata su tutte le piattaforme non soltanto sull’advertising, ma anche nell’integrazione con il mood dell’azienda, con la qualità del prodotto, con i servizi post vendita e tutte le componenti del marketing mix. I centri media, infatti, si stanno strutturando per diventare agenzie a tutto tondo, a ‘servizio completo’”. Nuove aree di ricavo “Il funnel è liquido: Google è un enabler, non farà mai contenuti, Facebook sviluppa solo contenuti attraverso i suoi utenti. Lo spazio per gli editori rimane, ma la value chain è cambiata e gli editori devono capirlo – dice Massimo Fontana –. Il punto non è alzare barricate, ma dotarsi degli strumenti per lavorare in questo nuovo ecosistema. Non puoi arginare il cambiamento, ma devi adattarti a questo, capendo qual è la nuova value chain. Per fare un esempio, se oggi il mercato al posto di 100 ti offre 80, devi capire dove recuperare quel 20, magari integrando servizi di data mining. Che la si attribuisca a John Wanamaker, a William Hesketh Lever o a Henry Ford, la frase ‘Half my advertising is a waste. Trouble is, I just don’t know which half’ non è più sostenibile, perché oggi siamo in grado di misurare i risultati generati e correggere le pianificazioni”. Il punto di vista di Fontana riporta direttamente alle prime considerazioni: è cambiato

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l’ecosistema di competizione dei media, e i media devono adattarsi a questo, perché “Il trasferimento sul digitale è inarrestabile – come sottolinea Fiasconaro – e il tema forte sta da un lato nello sviluppo del bacino di utenza digitale e dall’altro nella capacità di gestire un orizzonte temporale ampio. Il ritorno economico potrebbe arrivare in un secondo momento e per ridurre questa finestra è necessario sviluppare contenuti digitali ad-hoc in cui l’interazione giocherà un ruolo fondamentale. Finché il contenuto è una trasposizione di quello classico, l’efficacia risulta ridotta. Tutto questo vale anche in termini di servizi aggiuntivi, dalla profilazione del cliente alla fornitura di informazioni che sul lato analogico non possono essere disponibili”. Il tema del bacino di utenza viene ripreso, del resto, anche da Ruscetta. “Per riuscire ad avere successo nel mercato pubblicitario, o hai bacini pubblicitari immensi, o devi cambiare modello avvicinandoti a quelli a performance, ossia creando prodotti misurabili – dice il CEO di 24Media –. La scommessa delle media company è quella di ridare valore al proprio prodotto. In questo senso l’industria musicale, flagellata dallo sviluppo del digitale, sta in questi anni sviluppando nuovi modelli e potrebbe essere un esempio a cui guardare”. L’atteggiamento difensivo, mostrato da alcuni player all’ingresso nel mondo digitale e votato a mantenere gli approcci e le modalità di offerta caratteristiche dell’analogico, come chiarisce Di Benedetto, non ha quindi motivo di essere in questo nuovo contesto competitivo. “In un mondo che è guidato da due tensioni divergenti, Globalizzazione e Convergenza, a cosa serve alzare barriere? – domanda il CEO di iProspect –. Come consumatori abbiamo accesso a qualsiasi contenuto da qualsiasi angolo del pianeta, quindi dedicherei più tempo a garantire qualità sia di contenuto che di esperienza. A mio avviso sono tre le chiavi intorno alle quali costruire il proprio modello: reperibilità,

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contenuto e user experience. È molto più complesso perché questo nuovo sistema scardina il modello mass e fa esplodere l’era del ‘personal media’”. A questi tre ingredienti ne aggiunge un altro non meno importante Marco Caradonna. “Tv, radio, affissione e stampa devono abbracciare la tecnologia che consente la vendita dello spazio pubblicitario in tempo reale sulla base dei dati, per poter consentire di pianificare le persone e non degli spazi – suggerisce il CEO di Simple Agency –. Dovranno continuare a proporre contenuti di valore per aggregare audience attorno a un brand forte della testata che consenta di trasferire equity ai brand degli inserzionisti, ma dovranno anche consentire agli investitori di raggiungere, attraverso la tecnologia, le persone che sono i destinatari delle loro comunicazione. E sulla base di questo è possibile dividere i mezzi in addressable media e non addressable media. I primi rispondono alla domanda del mercato. Perché al contrario di quanto a volte si dice, non è un problema di domanda del mercato, ma di offerta. In questa fase è centrale il ruolo delle agenzie e questo spiega il successo di Dentsu Aegis Network e di Simple Agency. Siamo noi agenzie e consulenti a portare avanti questo cambiamento. I canali digitali rappresentano la “palestra” per i brand, e in generale per quello che tra due o tre anni sarà il modo di fare advertising. Allo stesso tempo, stiamo lavorando con gli editori per agevolarli nella trasformazione in addressable media. Negli ultimi anni le agenzie hanno rappresentato il motore del cambiamento e dell’innovazione nel comparto della comunicazione. Infatti, sia l’RTB che il programmatico sono stati portati in Italia dalle agenzie. Abbiamo una grande responsabilità in questo momento”. Come in tutte le industrie anche in quella dei media risulta cruciale il trade off tra agilità e


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dimensioni, con il primo fattore che secondo Castelnuovo potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo per le piccole e medie strutture di comunicazione. “In un mercato che è andato razionalizzandosi e grazie alla crisi ha accelerato i tempi di risposta del downgrade della redditività, e in cui non esistono nicchie di mercato e e si riscontrano invece elevati livelli di concorrenza in tutti i settori, l’unica cosa che può valere per generare

revenue nel futuro è la grande creatività e la grande elasticità della struttura, in risposta alle domande del mercato – argomenta il CEO & Partner di Early Morning –. Sono le uniche due variabili necessarie. Quindi una realtà di digital communication agency piccola come la nostra è destinata ad avere successo in futuro proprio per queste due variabili: grande elasticità e risposta veloce al mercato, grande flessibilità e possibilità di generare creatività originali”.

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L’UE AVANZA, L’ITALIA NO Investimenti digitali e produttività sono strettamente legati, ma l’Italia continua a ignorarlo. Siamo in coda in Europa per livello di digitalizzazione, e l’attuazione dell’Agenda Digitale procede a rilento con oltre 600 giorni di ritardo. 1,7 miliardi di fondi europei e un piano da 6 miliardi del Governo da qui al 2020 basteranno per farci colmare il gap?

Secondo gli ultimi dati rilasciati lo scorso maggio, la Commissione Europea è sulla buona strada per raggiungere 95 dei 101 obiettivi dell’Agenda Digitale per l’Europa entro il 2015. I cittadini e le imprese si collegano di più a internet, fanno più acquisti online e si sentono più sicuri e preparati in rete, anche se spesso fanno fatica a soddisfare il loro appetito digitale – soprattutto nelle zone rurali – per mancanza di accesso alla banda larga ad alta velocità. Come ha sottolineato la vicepresidente della Commissione, Neelie Kroes, “Oggi la maggior parte degli europei è entrata nell’era digitale e intende approfittarne pienamente. Abbiamo risolto il problema dell’accesso a Internet, ma il divario digitale non si è colmato. Senza l’impegno di tutti a fare di più, rischiano di emergere in Europa sacche di analfabetismo digitale”. Queste le principali ‘buone notizie’ a livello comunitario: • Aumenta l’uso regolare di Internet: dal 2010 a oggi la percentuale di chi usa Internet almeno una volta alla settimana è passato dal 60% al 72%. I miglioramenti più significativi si sono avuti in Grecia, Romania, Irlanda, Repubblica Ceca e Croazia, mentre i migliori risultati in assoluto (più del 90% di utilizzatori) si registrano in Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Lussemburgo. Per un confronto, negli USA gli utenti web sono l’87% della popolazione adulta. 74

Neelie Kroes, vicepresidente Commissione UE

• Notevoli progressi sono stati fatti per i gruppi svantaggiati: negli ultimi quattro anni l’uso di Internet da parte dei disoccupati, dei meno istruiti e delle persone più anziane è balzato dal 41% al 57%. A questo ritmo l’obiettivo del 60% sarà centrato già prima del 2015. • I non utilizzatori diminuiscono di un terzo: il 20% degli abitanti dell’UE non ha mai usato


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Internet (dato in diminuzione di un terzo rispetto a quattro anni fa). Se le tendenze attuali si confermeranno, l’obiettivo del 15% entro il 2015 sarà raggiunto. • Sono sempre più numerosi gli europei che fanno acquisti online: oggi il 47% dei cittadini acquista su Internet, in aumento di dieci punti sul dato del 2009, e l’obiettivo del 50% entro il 2015 è realistico. • L’accesso è universalmente garantito: il 100% degli europei ha potenzialmente accesso alla banda larga, con la possibilità di scegliere fra modalità diverse – fibra, cavo, ADSL, accesso mobile 3G/4G o via satellite – a costi accessibili. • Per quanto riguarda la diffusione delle tecnologie di banda larga veloce, la disponibilità di banda larga mobile 4G è balzata dal 26% al 59% in un anno. L’accesso a Internet a velocità di almeno 30 Mbps su linea fissa raggiunge il 62% della popolazione dell’UE, rispetto al 54% un anno fa e al 29% nel 2010. La banda larga veloce raggiunge almeno il 90% delle famiglie in Belgio, Danimarca, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Regno Unito. Nonostante questi passi avanti, rimangono alcune zone d’ombra per le quali i risultati raggiunti finora sono ritenuti dalla stessa Commissione insoddisfacenti: • Attualmente solo il 14% delle piccole e medie imprese (quelle con meno di 250 dipendenti) vende online: tutti gli Stati membri rimangono lontani dall’obiettivo del 33% (media UE) entro il 2015. • Rimane alto il rischio di non farcela per le zone rurali in quasi tutta Europa: appena il 18% delle abitazioni situate nelle zone rurali ha accesso alla banda larga veloce. • Nel 2013 i servizi di eGovernment sono rimasti al palo: ne fa uso solo il 42% della popolazione dell’UE. Al tasso di crescita attuale, gli Stati membri non riusciranno infatti a raggiungere il traguardo del 50% entro il 2015.

L’Italia? Al rallentatore Parlare di ‘digital divide’ fra nazioni può forse sembrare eccessivo: l’Italia è o non è nella Top 5 continentale? Eppure, come dimostra la Digital Agenda Scoreboard (lo strumento che misura lo stato di digitalizzazione dei diversi Paesi europei, consultabile sul sito dell’Agenda Digitale UE - https://ec.europa.eu/digital-agenda/en/ progress-country), siamo e rimaniamo fanalino di coda in Europa sui maggiori indicatori relativi alla digitalizzazione, con un divario che sembra destinato a crescere: in particolare su sviluppo di eCommerce e utilizzo di Internet (­19% rispetto alla Svezia, prima in classifica), eGovernment (­17%) e disponibilità di servizi Internet (16%). Basta del resto guardare cosa sta succedendo dal punto di vista dell’Agenda Digitale per l’Italia, visto che nonostante l’elevata attenzione mediatica e l’apparente ‘volontà politica’, per la sua effettiva attuazione è stato fatto ancora troppo poco: dal 2012 a oggi il Governo ha adottato solo 18 dei 53 provvedimenti attuativi, tra regolamenti e regole tecniche, previsti per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda, e su alcuni di questi si accumulano oltre 600 giorni di ritardo. Tutto ciò produce un impatto assai pesante sulla competitività della nostra economia: come dimostra il fatto che i Paesi con migliori performance nella Digital Agenda sono anche i primi nella classifica Doing Business della Banca Mondiale (che misura la capacità di fare impresa), esiste cioè un ‘fattore ICT’ per la competitività rispetto al quale l’Italia sconta un divario di lunga data. Lo dimostra uno studio realizzato da Confindustria Digitale, secondo il quale dal 1994 al 2012 la crisi di produttività è dovuta in buona parte alla riduzione degli investimenti in ICT sul totale rispetto agli altri Paesi. Secondo quanto emerge dalla Ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano

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(www.osservatori.net), sommando i contributi dei fondi a gestione diretta e indiretta, per i prossimi sette anni ci sono 1,7 miliardi di euro l’anno disponibili per finanziare l’Agenda Digitale. Risorse importanti che vanno però abbinate ad altre risorse nazionali e private. Ciò che manca è un piano chiaro e organico delle azioni da realizzare e delle risorse a disposizione, una definizione precisa degli obiettivi, una piena chiarezza sugli interlocutori. Si evidenzia soprattutto il problema di una governance confusa e frammentata, in cui è difficile rendere coerenti e attuabili decisioni prese a diversi livelli. “L’Agenda Digitale è una grande opportunità per il Paese, l’ultimo grande treno per la competitività e la crescita, e oggi siamo in evidente ritardo, troppo lontani da un’attuazione soddisfacente – afferma Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale .­ È necessario rilanciare il percorso di Digitalizzazione dell’Italia e per questo serve una governance informata e partecipata. Le conoscenze, infatti, sono scarse e spesso non condivise, mentre la partecipazione attiva dei decisori, degli esperti e degli stakeholder è complicata dalla frammentazione delle responsabilità e dalla distribuzione di autorità. Proponiamo di creare un ‘Forum sull’Agenda Digitale’: un luogo inclusivo, duraturo, indipendente, apartitico, riconosciuto dalle istituzioni e dal mondo politico, in cui sia possibile diffondere conoscenza e permettere la partecipazione dei diversi soggetti. Per costituirlo però servono una precisa volontà politica e una definizione esatta di obiettivi, durata, funzionamento, componenti e modalità di raccordo con altre iniziative, per garantire l’adeguato coinvolgimento di imprese e PA”. A partire dall’analisi della situazione attuale, l’Osservatorio ha individuato una serie di roadmap che descrivono percorsi realistici di attuazione nel lungo periodo in cinque ambiti

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Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano

prioritari scelti in collaborazione con il Ministero per la Semplificazione e per la PA: fatturazione elettronica, identità digitale, pagamenti elettronici, sanità digitale e giustizia digitale. Il Fattore ICT La mancata percezione dell’importanza del digitale ha prodotto effetti devastanti sulla crescita del nostro Paese. ‘Fattore ICT’, la ricerca condotta insieme a Confindustria Digitale, dimostra come da metà anni ‘90 l’Italia abbia subito una crisi di produttività: dal 1994 al 2012 il PIL italiano per occupato ha perso 15 punti percentuali rispetto a Francia e Germania, 25 rispetto al Regno Unito e 30 rispetto agli Stati Uniti. Su questo risultato ha pesantemente influito una riduzione degli investimenti in ICT, passati da un valore sostanzialmente confrontabile alla quota sostenuta da Svizzera e Germania agli inizi degli anni ’90 (il 12% del totale degli investimenti lordi in impieghi fissi non residenziali), fino a uno dei peggiori posizionamenti relativi di tutta Europa (11,1% nel 2013). Inoltre l’Italia ha dimostrato una


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1. AGENDA DIGITALE EUROPEA – RISULTATI vs. OBIETTIVI AL 2014 MEDIA UE 2014 Obiettivo Banda larga Copertura con banda larga di base 100% 100% (2013) Mercato unico digitale Popolazione che fa acquisti online 47% Commercio elettronico transfrontaliero 12% PMI che vendono online 14%

50% (2015) 20% (2015) 33% (2015)

Inclusione digitale Uso regolare di Internet 72% Uso regolare di Internet da parte di persone svantaggiate 57% Popolazione che non ha mai usato Internet 20%

75% (2015) 60% (2015) 15% (2015)

Servizi pubblici Cittadini che interagiscono online con le autorità 42% Cittadini che trasmettono moduli compilati per via elettronica 21%

50% (2015) 25% (2015)

Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – EU28

minore capacità di estrarre valore dalle tecnologie digitali, dovuta alla mancanza di investimenti complementari in organizzazione, processi, competenze e innovazione che hanno progressivamente creato un vero e proprio spread digitale con gli altri Paesi europei. “Lo spread digitale tra la nostra e le altre economie europee ha raggiunto ormai i 25 mld di euro l’anno – ha sottolineato Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale –. Si tratta di mancati investimenti in innovazione che ancorano l’economia italiana ad assetti e processi obsoleti. Non credo che oggi esista altra possibilità per tornare a crescere se non quella di riprendere a investire in ICT, puntando sulla trasformazione digitale del Paese. Azzerare lo spread in innovazione è un obiettivo che va assunto al rango di urgenza nelle strategie del Governo, delle istituzioni, delle imprese e trattato

Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale

con gli stessi livelli di attenzione e preoccupazione con cui si è affrontato lo spread dei titoli di Stato. È certamente un compito complesso che,

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2. ABBONAMENTI A RETI NGA

(% rispetto al totale di abbonamenti fissi a banda larga - gennaio 2014) include FTTH, FTTB, VDSL, Cable Docsis 3.0 e altre modalità Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – EU28

né la parte pubblica, né quella privata, possono affrontare da sole. Occorre una mobilitazione complessiva che interagisca su diversi piani: quello della PA, delle PMI, delle risorse, delle regole. Occorre creare un ambiente normativo incentivante gli investimenti, con particolare attenzione allo sviluppo delle infrastrutture di TLC, alla digitalizzazione delle PMI e alla realizzazione di partenariati pubblico­privati per il co­finanziamento dei grandi progetti di messa in efficienza e razionalizzazione della PA e creazione dei nuovi servizi online”. Banda delle mie brame Lo abbiamo già evidenziato fin dal capitolo 1 di questo Webook: parlare di sviluppo di infrastrutture per favorire la digitalizzazione del paese vuol dire in primo luogo pensare allo sviluppo di reti a banda larga e ultra larga.

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Proprio su questo punto, Antitrust e AGCom hanno appena pubblicato l’indagine congiunta sul mercato dei servizi di accesso alla rete e le sue prospettive di investimento, che si conclude con la raccomandazione di creare un piano strategico nazionale, organico e strutturato, per recuperare il ritardo fin qui accumulato a causa di investimenti insufficienti e per i quali ha finora prevalso una logica di mercato e di profitto aziendale anziché di interesse per la collettività. Il risultato è che la diffusione della banda larga assomiglia è ‘a macchie di leopardo’: ci sono città come Milano che dispongono di 4 reti di diversi operatori, mentre altre sono totalmente scoperte e, restando così le cose, rischiano di rimanerne escluse anche in futuro. Alle raccomandazioni delle Authority il Governo sta ‘rispondendo’ con un piano di finanziamenti pubblici del valore di 6 miliardi di euro da qui al


capitolo8

3. ABBONAMENTI A RETI ULTRA VELOCI (> 100 Mbps)

(% rispetto al totale di abbonamenti fissi a banda larga - gennaio 2014) Fonte: Digital Agenda Scoreboard 2014 – EU28

2020 che dovrebbe incentivare gli operatori a portare la fibra ottica fin nelle case degli italiani e non solo alle cabine/armadio di zona. Solo così, infatti, si può pensare di arrivare in futuro a reti davvero veloci (fino a 1 Gigabit) come sta avvenendo nel resto d’Europa e del mondo. Resta da vedere a chi sarà affidata la governance di questo piano, perché secondo AgCom e Antitrust il finanziamento pubblico è condizione necessaria ma non sufficiente, e occorrerebbe la creazione di un operatore ‘puro’ (che separi cioè la rete dai servizi) per coordinare lo sviluppo dell’infrastruttura in modo equilibrato. L’alternativa a questa prima ipotesi (di difficile realizzazione) potrebbe essere quella di un centro di coordinamento fra i diversi operatori del mercato, mentre lo scenario peggiore – e purtroppo il più realistico – è quello della totale assenza di collaborazione, in

cui ciascuno di essi continui sulla propria strada come fatto finora. Il rischio è infatti di ritrovarci così con alcuni, pochi, quartieri di prestigio ‘triplamente’ cablati, e altri dove della fibra non si vedrà neppure l’ombra.

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programmatiperilfuturo

i protagonisti

iquadernidellacomunicazione 81


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Il digital delle PMI Un forte sviluppo della rete commerciale che mira sopratutto a raggiungere le piccole e medie imprese e a traghettarle nel mondo digital grazie ad un’offerta a 360° che spazia dal Dem all’Ecommerce, passando per la creazione di siti istituzionali e di contenuti speciali: questo l’obiettivo 2015 di 24Media.

INTERVISTA a Simone Ruscetta, CEO 24Media. Le stime 2014 di IAB e Nielsen per il digital sono piuttosto caute. Come ha chiuso il 2013 24Media e come chiuderà il 2014? Il 2013 si è concluso con una crescita del +30%. È stato un anno molto positivo, in cui abbiamo raggiunto i risultati prefissati, con grande soddisfazione. Il 2014, per contro, è stato un anno che anche per noi ha in qualche misura riflesso la situazione di mercato, con un rallentamento nella crescita. In compenso abbiamo acquisito clienti molto importanti, sia in termini di brand che di fatturato, quali ad esempio Amarelli nel settore food, che ha scelto noi per fare un passo più deciso sul digital, o ancora Dal Negro, Dorando Service e tanti altri. È stato un anno in cui abbiamo incrementato molto l’acquisizione di clienti diretti, uno degli obiettivi che ci eravamo posti nel 2013. Complessivamente come gruppo, considerando quindi le due sigle 24Media e 24Adv.it, segniamo una crescita del +10% sul 2013. Con che umore guardate al 2015? Le sensazioni per il 2015 sono più che positive. Puntiamo a definire meglio le due anime del gruppo: 24Media, che si occupa delle attività editoriali interne, dello sviluppo di siti internet, di servizi e-commerce, e delle soluzioni social, e 24Adv, concessionaria del gruppo che raccoglie pubblicità per tutti i siti che fanno capo a 24Media. Da un punto di vista organizzativo, il 2015 ci vedrà 82

Simone Ruscetta, CEO 24Media

impegnati nel rafforzamento della struttura commerciale, con l’obiettivo di posizionarci come player di riferimento per le PMI, che oggi in molti casi non si affidano alle grandi strutture, ma che ciò non di meno presentano necessità per lo sviluppo di soluzioni digital specifiche. Contestualmente lavoriamo allo sviluppo del parco siti gestito dalla divisione 24Media e con 24Adv spingiamo l’acceleratore per incrementare la raccolta pubblicitaria sui mezzi già in gestione. Le parole chiave del 2014 sono state programmatic


24media

24MEDIA Via Mario Vellani Marchi 20 – 41124 Modena Tel. 059 8384037 – Fax 059 8384036 info@24media.it www.24media.it

e RTB. I formati su cui si accendono i riflettori sono il video e il social. Nel frattempo, però, il DEM ha raggiunto quota 12 miliardi di mail nel 2013. Qual è lo stato di salute del DEM? Anno dopo anno noi di 24Media registriamo un tasso di fidelizzazione dei clienti sempre più alto, con continui rinnovi dei budget e incremento degli stessi. Contestualmente nel 2014 abbiamo visto l’ingresso di nuovi investitori. Quest’anno abbiamo lavorato molto bene con il comparto turistico, con particolare riferimento alle strutture ricettive della riviera romagnola che ci ha richiesto di ampliare la loro base contatti riducendo il costo contatto. Risultati positivi sono arrivati anche dal comparto assicurativo e finanziario, e dal segmento salute. Nonostante ci sia una continua campagna di screditamento dell’email marketing, il numero di aziende che lo utilizzano è in continua crescita. E questa adesione è generata dai dati di apertura e di click through, elevati e in molti casi in crescita, e dai ritorni che i clienti evidentemente hanno da queste pianificazioni. Noi lavoriamo su circa 50 milioni di email/mese e in alcuni settori come il turismo abbiamo registrato incrementi di fatturato del +300%. Vi siete fatti conoscere per il T-Marketing, ma 24Media è anche altro: dal social al mobile. Quali sono i vostri punti di forza? Siamo votati alla performance. Il nostro obiettivo è quello di garantire un risultato misurabile al cliente. Creazione sito, social, campagne advertising, creazione di contenuti editoriali: in ogni ambito della nostra attività garantiamo misurazione dei risultati. L’altro punto di forza è l’estrema personalizzazione delle attività per i nostri clienti, riusciamo a lavorare

Board di direzione: Simone Ruscetta, CEO; Dario Ruscetta, Media Planner & Account Manager. Servizi Offerti: Grafica, Web design, Digital publishing & eBook, Concorsi & Lead Generation, Email e performance marketing, Display Adv, Social media marketing, Seo & Sem, Eventi, Comunicazione, Ufficio stampa e Copywriting. Anno di fondazione: 2011 Dipendenti: 9 Fatturato 2013: 682.235 euro Clienti (principali): Liquirizia Amarelli, Dorando Service, Molon Lavé, Harlequin Mondadori, Casa.it, Buy First, Vodafone, Hitany, Supermoney, Zalando, Hotel Terme Salvarola, Bidon La Scarpa, Chic4Dog, Guerzoni, Barbara Ferrari Shoes, Lovandina , Dal Negro. assicurando elevata customizzazione del prodotto, un fattore importante per il segmento di clientela che serviamo. Ci racconta una case history rappresentativa di 24Media? Il food è un settore che raggiunge grandi successi, ma che è ancora indietro sul piano del digital. Amarelli ha sposato in pieno la nostra proposta e sta sviluppando una forte strategia digital. Abbiamo creato un nuovo sito articolato, con una sezione pubblica rivolta al consumatore finale, comunicazione sui social ed eBook dedicati con ricette, e una sezione dedicata al retail, che consente ad Amarelli di entrare in contatto con il potenziale distributore. In questo modo abbiamo dotato l’azienda di uno strumento importante non solo per la comunicazione B2C, ma anche B2B, facilitando i rapporti con il retail. Il piano di comunicazione per Amarelli è partito nell’estate e continuerà per tutto il 2015. 83


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Capitale umano Mentre molte aziende lavorano alla razionalizzazione delle proprie strutture, iProspect e tutto il gruppo Dentsu Aegis Network continuano in una politica di scouting e acquisizione dei migliori talenti a livello italiano ed europeo a cui mettere in mano le migliori tecnologie . Un approccio controcorrente che negli ultimi tre anni ha garantito risultati superiori al mercato.

INTERVISTA a Mariano Di Benedetto, CEO di iProspect Italia e Chief Digital Officer di Dentsu Aegis Network Italia. Come si appresta a chiudere il 2014 iProspect? Si dice che un successo si misura a tre anni, iProspect li ha superati, ma proviamo a fare un discorso sul triennio 2013-2015. iProspect ha archiviato il 2013 con risultati soddisfacenti contribuendo ad allargare il numero di Clienti del Gruppo Dentsu Aegis Network, uscendo vincente in oltre 14 pitch in dodici mesi e rinforzando il proprio posizionamento all’interno dell’ operating model. Abbiamo cercato di mantenere i piedi ben ancorati a terra e chiuderemo il 2014 in ulteriore crescita, superiore alle medie di mercato: vogliamo dimostrare che si può fare business bene, non solo perché il mercato traina, ma perché l’eccellenza delle persone mixata alla qualità delle soluzioni determinano il risultato. Ciò di cui dobbiamo essere fieri è la squadra, raddoppiata tra la fine del 2013 e i primi sei mesi del 2014. La nostra mission è combinare smart technology e best people. Semplice da dichiarare, un po’ meno da realizzare. Interazione, ROI, digital performance. Come si traducono questi elementi della mission in realtà? iProspect è digital performance marketing, che significa Business e quindi far coincidere intento e azione, in un contesto in cui i Consumatori si muovono sempre più velocemente attraverso tre o quattro device. Per rendere la nostra mission realtà servono i migliori talenti a cui mettere a disposizione le migliori tecnologie e una 84

Mariano Di Benedetto, CEO iProspect e Chief Digital Officer di Dentsu Aegis Network Italia

grande dote informativa, leggasi Data. Siamo impegnati in una continua attività di scouting, in Italia e all’estero. Abbiamo bisogno di persone tecnicamente capaci e tenaci in grado di comprendere i Consumatori di oggi e quelli di domani, il business dei Clienti per produrre soluzioni agili, veloci, precise. Garantire la qualità di execution è uno dei nostri pilastri. Le performance dei nostri Clienti e di iProspect sono il risultato di una squadra di quasi 100 persone in grado di gestire 12 diverse specializzazioni di marketing digitale e di orchestrarle per generare business value, collaborando con circa 800 technology vendor. In un contesto in cui il diktat è la riduzione dello staff per limitare i costi, noi andiamo controtendenza con


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IPROSPECT

Driving Digital Performance una struttura forte, solida e, rischiando di risultare presuntuosi, unica. Quali le innovazioni del 2014? Nel 2014 abbiamo lanciato diverse nuove soluzioni che manifesteranno tutto il potenziale nel 2015. Stiamo creando un gruppo di lavoro cross-Brand dove amnet, iProspect, isobar e Simple Agency metteranno a disposizione le migliori risorse per mettere a terra tutto il potenziale del digitale con soluzioni innovative e all’avanguardia, alla base delle quali c’è e ci sarà la capacità analitica. iProspect ha incubato il primo data scientist team, un gruppo di venti persone provenienti dalle più prestigiose università e dal mondo della ricerca, che oggi rappresentano un punto di riferimento sul mercato italiano e che opera trasversalmente all’interno di Dentsu Aegis Network. Abbiamo sviluppato algoritmi proprietari utilizzati per gestire al meglio la nostra offerta in ambito programmatico, per sviluppare modelli di attribuzione e piattaforme di data visualization che ci consentono di soddisfare i requisiti di trasparenza che sono alla base di relazioni durature. Stiamo rilanciando isobar avvicinando creatività e dati per dare origine alla prima creative programmatic agency, con l’arrivo di nuove figure professionali. Le idee devono essere misurabili, non solo big, e gli insight uno spunto creativo. I contenuti diventano una parte centrale della performance dando origine a una reazione in grado di produrre una notevole quantità di energia. Nel 2015 dovremo passare dal modello media company a quello di data company che significa portare scienza in ogni nostra attività: buying, scheduling e ottimizzazione. Questo chiama anche nuovi modelli or-

Via Bracco, 6 – 20159 Milano Tel. 02 87334600 – Fax 02 87334017 infoitalia@iprospect.com www.iprospect.it

Board di direzione: Mariano Di Benedetto, CEO di iProspect Italia e Chief Digital Officer di Dentsu Aegis Network Italia Servizi offerti: Digital Advisory, Digital Strategy, Ebusiness and Ecommerce Consultancy, Data Driven Advertising, Dynamic Advertising, Search and Social marketing, Funnel&Content optimization, Business Intelligence, Segment Analysis, Pretargeting, Data Mining, Data Visualization, Predictive and Attribution modelling, Mobile Marketing. Anno di fondazione: 2010 Dipendenti: iProspect ha 65 uffici in 48 paesi con oltre 2.500 persone. Clienti: oltre 180 clienti. ganizzativi per essere in grado di soddisfare le esigenze del mercato di oggi e principalmente essere pronti ad affrontare le sfide di domani. Che ruolo gioca iProspect al tavolo della ‘comunicazione integrata’ gestito dal Network? Da noi non esiste più la comunicazione integrata, ragioniamo per ecosistema dove le connessioni e le relazioni hanno una forza maggiore rispetto alla capacità del singolo elemento di produrre una reazione: ogni specializzazione – digitale e non – è parte integrante del sistema. Comunicazione integrata ci porta indietro e noi guardiamo avanti. Far parte di un grande Gruppo ha i suoi vantaggi, primo tra tutti lo sharing e la possibilità di disporre di Partnership esclusive. In Italia abbiamo la fortuna di poter contare sulla migliore offerta presente sul mercato e non mi riferisco alla dimensione, ma alla qualità. Amnet, Simple Agency e iProspect insieme hanno definito un nuovo standard e, siccome questa posizione è gratificante, tutti i nostri sforzi e quelli del Gruppo vanno nella direzione del consolidamento e dello sviluppo. Un progetto digitale invitante, vero? 85


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Triplicare i risultati? Simple! Entrata in Dentsu Aegis Network nel 2013, Simple Agency si gode la scelta e ne mette a frutto i vantaggi per i clienti: servizi di internazionalizzazione, di prospecting, e focus su data management, business intelligence e integrazione dati con i sistemi di CRM. E dopo un 2014 caratterizzato dall’acquisizione del cliente Vodafone, guarda al futuro con il lancio della nuova divisione Optimize.

INTERVISTA a Marco Caradonna, CEO Simple Agency. Nielsen e IAB stimano per il 2014 un mercato Digital in cauta crescita (+3%). Già nel 2013 il due digit era un ricordo. Come ha chiuso il 2013 Simple, quali sono le previsioni per il 2014 e quali le attese per il 2015? Nel 2013 abbiamo segnato un +15%. È stato un anno caratterizzato dall’allargamento del portfolio clienti. Il 2014 continua sullo stesso trend. Registriamo una crescita considerevole, a doppia cifra. Abbiamo confermato l’ampliamento della base clienti, con l’ingresso di brand di grande rilevanza come Vodafone, e abbiamo lavorato al consolidamento delle relazioni con i clienti già acquisiti. A ottobre abbiamo introdotto la nuova piattaforma di Programmatic Video Strategy all’interno di Dentsu Aegis Network, che lavora sulla leva del video ad alto impatto e utilizza le soluzioni di programmatic buying per comprare i contatti video utili, che sono cioè in target e corrispondono alla corretta frequenza di esposizione. Da questo asset ci aspettiamo importanti risultati nel 2015. Le attese sono rosee. Inoltre, abbiamo clienti italiani come Luxottica, Canali e Ferrari che chiedono il nostro supporto per l’ingresso nei mercati internazionali. C’è un movimento verso il canale digital da parte delle aziende italiane che cercano partner italiani di eccellenza per sviluppare il proprio business online. 86

Marco Caradonna, CEO Simple Agency

Brasile, Argentina, Russia, US e Giappone, queste le nazioni target, mentre le industry che guardano più all’estero sono quelle del fashion, del lusso, dei prodotti alimentari, del turismo e del design. Supportiamo i clienti a 360° nello definizione delle strategie di marketing online in questi paesi. L’offerta è quella di Dentsu Aegis Network: alta efficienza delle campagne e corretta orchestrazione della strategia di marketing online, il tutto con un approccio ‘Simple’. Quali sono i segmenti che vi stanno dando più soddisfazioni?


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SIMPLE AGENCY

Stiamo lavorando molto sul programmatic, in ambito video e mobile, sia in termini di prospecting che di retargeting. Accanto a questo, il nostro vero valore aggiunto è rappresentato dai servizi di data mining, di business intelligence, e l’integrazione dei dati del CRM cliente con la data managemnt platform, così da renderli azionabili e utilizzabili per le campagne di marketing. Siamo in grado di differenziare i messaggi di comunicazione rivolti ai clienti attuali da quelli destinati ai prospect. Il lavoro sviluppato per Sky in questo senso dà una misura dei risultati che raggiungiamo con questo approccio: abbiamo abbattuto il tasso di abbandono dei clienti sviluppando campagne di fidelizzazione e indirizzando solo ai prospect le promozioni dedicate all’abbonamento. Tracciamo un bilancio a un anno dall’ingresso di Simple in Dentsu Aegis Network? A distanza di un anno siamo ancora più convinti di aver fatto la scelta giusta. Crediamo di aver portato in dote al gruppo una grande eccellenza di marketing digitale e abbiamo ottenuto in cambio per i nostri clienti la possibilità di accedere a un network internazionale di altrettanta eccellenza. Questo ci facilita nell’ingresso su mercati esteri e ci consente di presentare ai nostri clienti strategie integrate che partono dall’online e arrivano dall’offline. Abbiamo invertito l’ordine delle cose, ad esempio per Quixa assicurazioni ci occupiamo sia delle attività su canale digitale che tradizionale, fondendo la nostra eccellenza con l’innovazione di Dentsu Aegis Network. Potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere? Abbiamo vinto la gara italiana di Vodafone per

Via Bracco, 6 – 20159 Milano Tel. 02 87334100 – Fax 02 87334000 info@simpleagency.it www.simpleagency.it

Board di direzione: Marco Caradonna, CEO & Founder; Umberto Bottesini, Co-CEO; Sandro Moretti, Co-CEO. Servizi offerti: Digital strategy, automated e real time display advertising, search e mobile marketing, attribution modelling e conversion funnel optimisation, creative production e web development. La business Unit Simple Advisory è dedicata all’eBusiness consulting e Social Media services. Anno di fondazione: 2008 Dipendenti: 50 l’affido delle attività di marketing digitale del 2014. Ci sono stati affidati degli obiettivi molto sfidanti: triplicare le adesioni di ADSL online. È un risultato che tra luglio e ottobre abbiamo pienamente raggiunto e superato. Grazie al nuovo approccio datadriven introdotto sui canali digitali, siamo riusciti ad esempio a individuare con precisione i prospect di altre telco intenzionati a cambiare fornitore, incrementando l’efficienza dei costi di acquisizione e triplicando i volumi di clienti acquisiti. Nel 2015 lavoreremo sempre più alla valorizzazione della nostra capacità di intelligence sui dati. Stiamo assumendo nuove risorse che stiamo portando avanti come gruppo Dentsu Aegis Network attraverso la creazione di un team trasversale sul management data. Sono profili Phd, provenienti dalle facoltà di matematica, fisica e statistica. Inoltre, stiamo investendo significativamente sull’inbound marketing, con il lancio di una nuova struttura denominata Optimize che lavorerà sugli owned media per ottimizzarli, rispetto alla presenza sui motori di ricerca, sui Social Media, sui canali mobile, e sui funnel online di acquisto e di iscrizione. Sarà una divisione che lavora sul miglioramento degli asset dei brand, quindi con interventi di carattere organico. 87


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L’algoritmo siamo noi Technology agnostic, la divisione di Dentsu Aegis Network ritorna alle basi e guarda al comportamento del consumatore per garantire efficacia ed efficienza all’interno dell’intero ecosistema digitale. CRM, data mining e business intelligence applicate al mondo della comunicazione per lavorare su un purchase funnel sempre più liquido ed evitare dispersioni di target.

INTERVISTA a Massimo Fontana, General Manager Amnet Italia. Partiamo dal quadro di mercato: il digital aumenta la propria quota, ma rallenta la corsa. 2013, 2014 e 2015, come va Amnet? Amnet è un brand, una divisione di specialisti all’interno del mondo Dentsu Aegis Network. Il nostro andamento è vincolato a quello del gruppo. Ciò detto, è un periodo molto positivo per Dentsu Aegis Network e lo è anche per noi. Abbiamo vinto molte gare, segno che abbiamo imparato a interpretare come i nostri clienti desiderano investire i loro budget in uno scenario sempre più complesso. Nel 2013 abbiamo posto le basi, nel 2014 abbiamo sviluppato i volumi e nel 2015 ci focalizzeremo sulla razionalizzazione dell’ecosistema. L’obiettivo condiviso con i nostri clienti e i nostri partner editori è rendere efficiente l’intero impianto di comunicazione eliminando dispersione di valore all’interno della nuova value chain e/o l’uso esasperato della tecnologia dove questa non è un elemento necessario. Che cosa differenzia Amnet dalla concorrenza? Ci differenzia l’approccio alla tecnologia. In Amnet ‘l’algoritmo siamo noi’, le persone che lavorano in Amnet. Siamo technology agnostic. Definiamo le nostre strategie in base agli obiettivi e da lì, anche attraverso pitch, andiamo alla ricerca delle migliori 88

Massimo Fontana, General Manager Amnet Italia

tecnologie a supporto. Il nostro obiettivo è garantire valore ai nostri clienti e all’intero ecosistema digitale. Il paragone con le corse automobilistiche rende l’idea: per vincere è necessario avere una buona scuderia (squadra), una macchina veloce e dei piloti molto abili. Abbiamo cominciato dalla squadra, attraverso la re-ingegnerizzazione di Dentsu Aegis Network e la definizione di un nuovo ‘Media and Data model’. Per quanto riguarda le macchine (le tecnologie) noi non le costruiremo mai


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AMNET ITALIA

(c’è chi lo fa meglio di noi e ritengo non corretto imporre una propria tecnologia). Investiamo invece molto sulla preparazione dei piloti. Negli ultimi anni abbiamo assunto oltre 100 esperti provenienti da diverse industrie, settori ed esperienze. Un atteggiamento controcorrente. Attraverso quali soluzioni traducete questo posizionamento? Di tutta la tecnologia a disposizione ci siamo concentrati su quella che secondo noi sta alla base dello sviluppo del valore, ossia: CRM, data management, business intelligence. Partiamo dalla conoscenza del consumatore, una volta che attraverso l’analisi dei dati siamo in grado di individuare e costruire degli insight, allora li rendiamo attivabili. Non è la tecnologia che crea valore aggiunto, ma la conoscenza del consumatore. Ci aspettiamo che, sempre di più, i media oggi definiti come ‘not addressable’ possano diventare ‘addressable’. Vogliamo arrivare a pianificare anche l’acquisto di spazi Tv in programmatic o comunque su base dato, come già avviene per alcuni canali in US e UK. Come interpretate il ruolo di ‘audience buyers’? Non abbiamo tool proprietari, ogni campagna di ogni cliente è il risultato di un processo ‘customizzato’ circa scelta di tecnologie e strategia. Ci sono casi in cui sullo stesso flight media attiviamo anche 2 o 3 piattaforme differenti. Il nostro vantaggio competitivo è riuscire a guardare all’intero ecosistema, con al centro il consumatore che posso comprendere sempre meglio attraverso il data management e la cui consumer journey è variegata sia in termini di contenuti che di device. Il funnel tradizionale non esiste più, oggi è dinamico. Per questo dobbiamo

Via Bracco, 6 – 20159 Milano Tel. 02 8733.4100 – Fax 02 8733.4019 info.italia@dentsuaegis.com www.amnetgroup.com

Board di direzione: Massimo Fontana, General Manager. Servizi offerti: Data Management: audience management, audience discovery, audience extension, advanced retargeting, hypertargeting e data driven advertising; Programmatic Buying: direct deals, private marketplace public marketplace buying. Anno di fondazione: 2013 lavorare sulla combinazione corretta di formato, frequenza, fascia oraria e contesto per ogni specifico segmento di audience: il messaggio giusto alla persona giusta sullo ‘schermo’ giusto e nel contesto giusto. Entrando nel dettaglio di questo meccanismo? Il primo passo è sviluppare un ecosistema unico di comunicazione attraverso la combinazione dei diversi mezzi a disposizione (Search, Social, Display, etc.). Al centro poniamo un ‘Audience Centre’, un sistema di data management in grado di segmentare il consumatore per interessi e intenti, e di individuarlo in tutti i touchpoint dell’ecosistema: quella che definiamo la ‘single view’ dell’utente multi screen. Da qui si costruisce la strategia di comunicazione attraverso la combinazione di formati e frequenze rispetto al punto del funnel in cui si trova il consumatore in un certo momento. Creiamo uno storytelling ad hoc per ciascun profilo di consumatore, così da scivolare sempre più nella parte di engagement all’interno del purchasing funnel. A questo approccio di audience vs. formato e frequenza, che mi garantisce l’efficacia della comunicazione, affianco anche una modalità di buying in Programmatico su livelli diversi (Direct-to-Publisher, Private Deal, Public RTB) per ottenere efficienza. 89


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Digital strategy a 360° Grande competenza sugli aspetti tecnici, di marketing e di business e un network internazionale di professionisti per progettare piani di comunicazione integrata: così EarlyMorning offre ai clienti un pacchetto di servizi ampio e diversificato, ad alto livello di creatività e di grande impatto, proponendosi come un vero partner e non come semplice esecutore.

INTERVISTA a Lorenzo Castelnuovo, CEO & Partner EarlyMorning. Secondo i dati diffusi da Nielsen, il mercato dell’advertising online ha chiuso il 2013 a €1.770milioni, pari al 23,1% del totale degli investimenti pubblicitari in Italia. Il digital ha aumentato la sua quota, ma la crescita è scesa sotto i due digit. Come si è chiuso il 2013 per EarlyMorning? Il 2013 è stato un anno molto positivo per EarlyMorning. Ormai presenti dal 2010, anche quest’anno siamo riusciti a consolidare la nostra presenza nel panorama della comunicazione e del marketing, ampliando ancora una volta il portafoglio clienti che è cresciuto del 120%, con un fatturato in crescita di 1.2 milioni rispetto al 2012. Nielsen e IAB stimano per il 2014 un mercato Digital in crescita. Le stime sui primi mesi dell’anno sono state piuttosto caute con un +3% (primo trimestre). Come chiuderà il 2014 EarlyMorning e quali sono le attese per il 2015? Nel 2014 ci aspettiamo di chiudere il bilancio con un incremento del 20% sul 2013, ma con una differenziazione e un ampliamento del portafoglio clienti. La vostra struttura è attiva nel mondo digital a 360 gradi. Potete darci un quadro più 90

Lorenzo Castelnuovo, CEO & Partner EarlyMorning

preciso sui servizi che offrite e le aree coperte da EarlyMorning? Quali sono state le novità più significative introdotte nel 2014 in linea con l’evoluzione del mercato? Partendo da una profonda, viva e sempre aggiornata conoscenza delle logiche della comunicazione digital, progettiamo piani di comunicazione integrata. Il focus è sulla digital strategy a 360°, avendo sempre l’obiettivo di veicolare l’identity di un brand in maniera organica, utilizzando tutti i tasselli a disposizione, dal tech management, alla social media strategy, passando


earlymorning

EARLYMORNING

per il tone of voice e la consistenza della comunicazione su tutti i canali attivi. Questo spiega anche perché offriamo ai nostri clienti un pacchetto di servizi così ampio e diversificato che, oltre a un alto livello di creatività e capacità di sviluppare soluzioni non convenzionali e di grande impatto, ha dalla sua, una competenza profonda relativamente agli aspetti tecnici, di marketing e di business. Ci sono state diverse novità durante l’anno che sta per concludersi, ma la più significativa riguarda Digital Breakfast, una divisione di EarlyMorning nata nel 2014 con l’unica mission di pensare, sviluppare e distribuire prodotti digital ideati per rispondere a necessità specifiche dei clienti. La società si occupa della progettazione alla base di sistemi di Analisi del traffico e degli insight, reportistica social e per eventi offline, Internet of things, prodotti per l’engage offline e trasposizione online delle interazioni. Non di meno la società agisce da R&D esterno a disposizione dei nostri clienti e si occupa della creazione e prototipazione in ambiti che vanno dall’Automotive al Toys, dal Fashion al Food. I nostri prototipi possono essere usati per presentazioni interne di futuri prodotti o come fattore WOW durante eventi e digital activities. In un mondo sempre più globale, EarlyMorning si fa forza di una presenza internazionale che spazia da Milano a Valencia, da Londra a Shangai. Come è c omposto il vostro network e quali sono le specializzazioni dei suoi diversi partner? Far parte di un network internazionale sia ‘geograficamente’ che ‘culturalmente’ ci consente di avere una visione più ampia ed esperienze diversificate, oltre a molti potenziali network con cui collaborare e a cui accedere. Il tutto si traduce in un ventaglio molto più grande di servizi da offrire ai

Via del Valtorta, 5 – 20127 Milano Tel. 02.2820943 info@earlymorning.com www.earlymorning.com

Board di direzione: Lorenzo Castelnuovo, Ivan Vaghi, Alessandro Innocenti Servizi Offerti: Marketing, comunicazione digitale, social media, sviluppo ed implementazione tecnica, planning strategico ed eventi e promozioni in-store. Anno di fondazione: 2010 Clienti (principali): Ilva Saronno, Mattel, Salvatore Ferragamo, Airest, Piaggio, Spazio 11, Tod’s, Frette, Marsh, Electrocomponents, Google, F International, MTV Italia, Ogilvy One, Nintendo, Renault. nostri clienti. Il nostro network è così composto: - S2K si occupa di Digital Development e Design Foundry, - Hedera concentra la sua attività su Digital Influencers and Talents Management, - 24AMP implementa Social media Strategy & Management, - Digital Breakfast è la nostra nuova divisione che si occupa di Traffic Analysis e Insight. Quali sono gli asset principali e i punti di forza che vi permettono di differenziarvi in uno scenario estremamente competitivo? Il posizionamento di EarlyMorning si basa su ‘network liquido’ e internazionalità. Il nostro team è infatti composto da un network internazionale di professionisti che, secondo le proprie competenze, sia in generale che in riferimento al singolo progetto, collabora al di fuori di rigide gerarchie creando team di lavoro flessibili. L’internazionalità di EarlyMorning è a sua volta dovuta a due fattori: siamo internazionali perché abbiamo sedi a Milano, Londra, Valencia e partnership a Shanghai ed Hong Kong, ma lo siamo anche perché il nostro team è composto da persone 91


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Il progetto Superman, ideato da EarlyMorning in collaborazione con RS Components, Warner e Panasonic, che ha spedito il giocattolo ai bordi dell’atmosfera in un viaggio a metà tra tecnologia e fantascienza, è solo l’ultimo tassello del progetto La Scatola dei Giochi sviluppato per Mattel Italia

di diverse nazionalità. Questo indubbiamente è uno dei nostri punti di forza, perché ci consente di avere una visione più ampia e variegata, oltre a molti potenziali network con cui collaborare e a cui accedere. Un altro punto di forza di EarlyMorning è il proporsi ai clienti come partner nello sviluppo delle loro strategie invece che come semplici esecutori. Instauriamo con i nostri clienti un rapporto egualitario di partnership. Il nostro approccio non è esclusivamente tattico, ma si basa sulla profonda conoscenza delle esigenze e delle richieste del cliente, su un’attenta valutazione degli obiettivi e un continuo fine tuning grazie ad una costante misurazione dei risultati man mano che vengono ottenuti. Potete illustrarci attraverso alcune case history rappresentative come il posizionamento di EarlyMorning si traduca nella pratica? Un progetto molto interessante è senza dubbio La Scatola dei Giocattoli, ideato e sviluppato per Mattel. La Scatola dei Giocattoli è nata come piattafor92

ma creata ad hoc da EarlyMorning per offrire sia ai genitori che ai bambini un approccio diverso e nuovo al mondo dei giocattoli. L’obiettivo iniziale era il miglioramento del SEO, ma grazie ad una strategia di contenuti e digital media mix, l’avanzata tecnologia di sviluppo, il forte coinvolgimento di digital PR e il SEO placement, il sito ha migliorato la brand identity, la viralizzazione dei prodotti e contenuti Mattel e, in generale, ha incrementato notevolmente la presenza web del marchio. Il lancio ufficiale del progetto è avvenuto a Ottobre 2013 e in soli due mesi si sono ottenuti risultati eccezionali: il posizionamento delle parole giocattolo e giocattoli nei risultati di ricerca di Google è passato dalla pagine 23 alla pagina 3. Nel 2014 La Scatola dei Giocattoli ha assunto un ruolo ancora più importante all’interno dell’universo Mattel Italia permettendo di creare progetti internazionali in collaborazione con multinazionali di diversi settori. Un esempio è il viaggio nello spazio di Superman, progetto che ha visto la collaborazione di RS Components, Warner, Panasonic e Mattel per spedire un giocattolo ai bordi dell’atmosfera in un viaggio a metà tra


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EarlyMorning ha progettato per Piaggio un’app sperimentale per una guida più efficiente ed ecologica

tecnologia e fantascienza. Ad oggi Early Morning ha sviluppato per Mattel non solo una nuova e coordinata brand idendity nel digital ma anche sistemi di analytics e CRM ad-hoc, sistemi di profilazione offline, così come un progetto che ha permesso a Mattel di partecipare alla EXPO 2015. Per Piaggio è stata progettata un’app sperimentale dotata di interfaccia utente intuitiva, che fornisce informazioni complete e diagnostiche sul chilometraggio, il consumo di carburante e la

navigazione per una guida più efficiente ed ecologica. Infine, per Salvatore Ferragamo, attraverso strategie di Digital PR, Social media strategy, Concept&Creativity, Project design, Project Management, Web & Development, Optimization International Scope è stato ideato, sviluppato e gestito il progetto speciale, il microsito e-commerce e la campagna e il Digital PR management. Sono state inoltre massimizzate la Brand Awareness di Ferragamo e la sua reputation.

Il progetto speciale, il microsito e-commerce e la campagna e il Digital PR management sviluppati da Early Morning hanno massimizzato la Brand Awareness di Ferragamo e la sua reputation 93


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Esperti della soddisfazione Fatturato in espansione e Team in consolidamento: Mamadigital chiuderà con soddisfazione il 2014. Stesso sentimento per i clienti, che grazie all’Universal Optimization®, integrando in un’unica strategia SEO, Paid Search, Social Media Marketing oltre a soluzioni di RTB e Programmatic, vedono aumentare efficacia ed efficienza delle proprie campagne digitali.

INTERVISTA ad Andrea Rogani, CEO e Co-founder Mamadigital. Le stime del mercato digital 2013 ne riconoscono ormai l’importanza in termini di volumi, ma sembrano anche sancirne l’ingresso nella fase di maturità, in funzione di un rallentamento dei tassi di crescita. Come si è chiuso il 2013 per Mamadigital? Il 2013 è stato un anno intenso, ricco di soddisfazioni e di traguardi raggiunti, al termine del quale abbiamo piacevolmente confermato di essere in linea con gli obiettivi designati ad inizio anno. Nello specifico, abbiamo riscontrato la crescita significativa del fatturato, pari al +20% rispetto l’anno precedente, e il consolidamento del nostro Team, che oggi conta 23 professionisti suddivisi tra i diversi settori Digital. Anche il 2014 vedrà un mercato digital con performance positive ma distanti dai risultati passati. Che risultato ottiene Mamadigital quest’anno e quali le previsioni per il 2015? Il mercato Digital conferma una crescita rispetto agli altri, offrendo importanti opportunità da cogliere per la massimizzazione del proprio business. La nostra agenzia chiuderà l’anno in corso in linea con le aspettative, avendo soddisfatto pienamente gli obiettivi che ci eravamo posti all’inizio del 2014. 94

Andrea Rogani, CEO e Co-founder Mamadigital

La soddisfazione più grande è sicuramente quella relativa ai risultati che abbiamo raggiunto con e per i nostri clienti, oggi sempre più consapevoli delle numerose opportunità che possono e devono essere colte nell’ambito dell’universo digitale, sfruttando nel miglior modo tutte le leve del marketing e della comunicazione online innovativa all’interno di una strategia digitale integrata volta ai risultati. Questo lo spaccato di Nielsen degli investimenti


mamadigital

Mamadigital Via Carlo Emanuele I, 48 – 00185 Roma Tel. 06 70614560 – Fax 06 70614560 talktous@mamadigital.com www.mamadigital.com

Board di direzione: Andrea Rogani, Ceo & Co-founder; Simone Rinzivillo, CTO & Co-founder. Servizi Offerti: Search Engine Optimization; Online Advertising; Social media Marketing; Brand Monitoring. Anno di fondazione: 2007 sul digital nel 2013: Search, 32%; Display, 32%; Video, 21%; Directories / Classified, 8%; Social Media, 7%. Come si stanno evolvendo i diversi segmenti del digital e qual è il valore aggiunto che Mamadigital è in grado di garantire? La Search ha dato ripetutamente conferma del ruolo principe che ricopre nel panorama degli investimenti pubblicitari online, contemporaneamente all’evoluzione che ha visto e vede protagonista il segmento delle pianificazioni Display: si pensi solo alla crescita riscontrata in tutto il mondo nell’utilizzo di tecnologie quali il Real Time Bidding, nel campo del Programmatic. In questo scenario, Mamadigital si sviluppa di pari passo all’evoluzione dell’ecosistema digitale. L’approccio del management e del Team dell’agenzia si fonda, infatti, sul costante aggiornamento professionale e sulla capacità di carpire, e spesso anticipare, le innovazioni che rappresentano opportunità concrete per le aziende, attraverso le quali soddisfare le esigenze e gli obiettivi di business dei partner ancor prima che questi siano manifestati dagli stessi. In tal senso, è prestando costante ascolto e attenzione agli scenari digitali e investendo nell’aggiornamento interno al fine di affinare l’approccio all’Universal Optimization® che garantiamo alle aziende una consulenza strategica e vincente pensata per il raggiungimento

Addetti: 23 Fatturato 2013: 1.800.000 euro Clienti (principali): Meridiana, Poste Vita, Kaspersky, IULM, Università Bocconi, Fabi Shoes. di qualsiasi obiettivo di business. Il discorso sul digital si sta spostando, più che dai formati pubblicitari verso le tecniche di acquisto. A che punto siamo con il programmatic buying? Il valore di mercato del Programmatic Advertising a livello europeo è stato stimato dalla ricerca condotta da IAB Europe che ha messo in luce una crescita, nell’arco di un anno, pari al 111% con un valore di oltre 2 miliardi riscontrato nel 2013. L’Italia tiene il passo, con trend positivi che mostrano nel 2014 una crescita a tripla cifra sul 2013. Mamadigital è da sempre in prima linea nel settore del Programmatic trading: la nostra agenzia è stata pioniera, nel 2012, con il lancio del primo trading desk in Italia per le pianificazioni Display in Real-Time Bidding. Oggi, a distanza di due anni, le pianificazioni RTB sono sempre più innovative e vantaggiose consentendo la creazione di campagne di advertising altamente profilate, sfruttando le implementazioni e le grandi potenzialità di crescita di questa tecnologia. 95


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Comunicazione atomizzata Segmentazione granulare, data mining, artificial intelligence, servizi di desktop e mobile retargeting e prospecting. Ma soprattutto una nuova piattaforma CMS a totale trasparenza. Questi gli asset su cui poggia l’offerta myThings, che dopo l’ingresso sul mercato Italiano nel 2011 vede incrementare il proprio tasso di crescita, chiudendo il 2014 a +35%.

INTERVISTA a Mario Fiasconaro, Managing Director Italy myThings Partiamo dal 2013. Lo scorso è stato per myThings un anno di cambiamenti, giusto? Siamo entrati sul mercato a fine 2011, attraverso lo sviluppo della rete commerciale siamo diventati partner diretto dei nostri clienti. Nel 2013 abbiamo lanciato la nuova piattaforma CMS, che opera in totale trasparenza per il cliente. Il 2013 si è chiuso con un forte delta sul 2012, con un +20%. Il 2013 è stato l’anno in cui abbiamo realizzato il nostro riposizionamento, spostandoci da un’attività principalmente di retargeting a una di prospecting per garantire un più ampio bacino d’audience ai nostri clienti. La nuova offerta da sempre a CPA si completa oggi con l’attività di mobile retargeting e la presenza sulla piattaforma di Facebook Exchange come partner certificato. Veniamo a oggi: chiusura 2014 e attese per il 2015? Nel 2014 registriamo un incremento di fatturato del 35%. L’italia oggi rappresenta per myThings un mercato in forte crescita con segnali in controtendenza rispetto alle stime di mercato. Per il 2015 si tratta di consolidare l’offerta commerciale che abbiamo assicurato sino ad oggi ai nostri clienti. Vogliamo spingere soprattutto lato prospecting, attraverso i servizi 96

Mario Fiasconaro, Managing Director Italy myThings

di data mining e artificial intelligence che consentono di sviluppare modelli predittivi e delineare profili comportamentali attesi degli utenti.


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MYTHINGS Piazzale Biancamano 8, 20123 Milano Tel. 02 62032076 mariof@mythings.com www.mythings.com

Qual è il vostro valore aggiunto? Abbiamo un livello di segmentazione degli utenti granulare: attraverso i dati raccolti segmentiamo gli utenti in cluster dedicati e sviluppiamo per ciascuno di questi campagne ad hoc perseguendo obiettivi di marketing specifici del cliente (per esempio riattivazione di clienti dormienti, targetizzazione di utenti stagionali, geo-localizzati, inattivi etc). Questo livello di personalizzazione del messaggio e della strategia per singolo cluster di utenti genera efficienza a livello di sistema e un miglioramento significativo delle performances. Prendendo in considerazione tutte le informazioni sul comportamento degli utenti e incrociandoli con gli obiettivi dei nostri clienti superiamo la segmentazione standard di mercato basata sul semplice “stage nel funnel” e/o “categoria di prodotto”. Questo tipo di approccio consente ai brands nostri partner di gestire campagne che si concretizzano in scelte creative e di pianificazione diverse per ogni segmento specifico, con incremento dell’efficienza sui costi di acquisto. La nuova piattaforma CMS disponibile per i nostri clienti offre inoltre una totale trasparenza e visibilità delle metriche principali della campagna sia a livello media (con l’indicazione della delivery a livello di singolo dominio) che a livello di singolo segmento e singola variante creativa. Quali tra i vostri servizi giocheranno un ruolo chiave nel 2015? La vera scommessa per il 2015 sarà la possibilità di integrare i dati del CRM dei nostri clienti

Board di direzione: Benny Arbel, CEO & Founder Servizi Offerti: Advertisting programmatico personalizzato – Retargeting & Prospecting Dinamico. Anno di fondazione: 2005 Brands nostri partner: Telecom Italia, Infostrada, Ticketone, Alitalia, QVC, RTI, adidas, Wind, Walmart, Littlewoods, Very.co.uk, Zalando, Orange, Best Buy, Microsoft.

sulle campagne di adv per migliorarne complessivamente le performances. Mentre in Italia questo tema trova ancora delle resistenze da parte di alcuni operatori, In UK e in altre realtà europee la situazione è completamente diversa. In UK per Shop Direct Group, cliente myThings e secondo retailer UK, con un fatturato annuo di £1,7 miliardi, l’integrazione dei dati da CRM ha generato un +25% sul ROI. Inoltre nel 2015 un ruolo ancora più determinante verrà attribuito alle creatività dinamiche offerte ai nostri clienti. In un mercato prevalentemente “template-based” l’offerta creativa myThings -realizzata internamente con il supporto di studi grafici proprietari- viene costruita da zero in modo totalmente personalizzato sulla base delle linee guida del brand e delle indicazioni di layout, struttura fornite dai nostri clienti. Per alcuni dei nostri clienti riusciamo ad integrare parti di video all’interno di frames nello stesso banner coniugando in questo modo obiettivi di performance pura (con frames completi di indicazioni rilevanti sui prodotti) a branding e comunicazione istituzionale. 97


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Un esempio di personalizzazione avanzata per tratta, tipologia, e prezzo realizzata per un cliente del settore Travel attraverso la piattaforma CANVAS di myThings

Tra le novità 2014 si trova anche il Dynamic Creative. Quali sono i benefici di queste soluzioni? Attraverso la nostra piattaforma proprietaria ‘Canvas’ vogliamo combinare il mondo della grafica e del design a quello della tecnologia dei dati dinamici. Il risultato finale offerto dai nostri grafici è un prodotto che oltre a essere accattivante, rispondendo alle linee guida del brand dei nostri clienti, genera risultati concreti in termini di performances. Grazie alla tecnologia di integrazione dei dati in modo dinamico riusciamo a includere informazioni rilevanti per i clienti come le immagini aggiornate recuperate in tempo reale dal sito dell’advertiser, informazioni aggiuntive sul prodotto quali dimensioni, opzioni di consegna colori per categoria, etc., date personalizzate per tratta, tipologia di acquisto, prezzo, impostazioni avanzate come ad esempio la possibilità di effettuare zoom, ritagliare e/o nascondere pezzi delle immagini stesse e dinamiche per massimizzare 98

l’effetto delle immagini. I risultati parlano chiaro: +50% di CTR rispetto a banner statici e circa +30% sulle conversioni totali. Ad aprile 2014 avete pubblicato un white paper con un’analisi rispetto agli effetti del cross-device retargeting, con particolare riferimento al mobile. Ci può offrire un quadro? Mi limito ai numeri. Se a una campagna di desktop retargeting se ne affianca una di mobile gli effetti sono i seguenti: +18% delle sales totali, tempo intercorso tra l’ultima visita e la conversione per un utente mobile 13 volte più veloce rispetto a quella di un utente desktop +46% di click through sui banner, e un CPC equivalente più basso del 37%. Sufficiente?



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Qualità multi-device Fatturato in crescita in doppia cifra, 6milioni di download per l’App Rai.TV, boom di richiesta di pre-roll e spazi video, e interazione sui social network. Il digitale Rai si appresta a chiudere un 2014 di grandi soddisfazioni e apre il 2015 rafforzando la rete vendita per garantire adeguata copertura all’offerta multi-device di contenuti di alta qualità.

INTERVISTA a Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato Rai Pubblicità. Il 2013 è stato un anno di consolidamento per il digitale. Quota di mercato in espansione, ma rallentamento dei tassi di crescita. Come si è chiuso il 2013 per RaiPubblicità? Anche per RaiPubblicità il 2013 ha visto una crescita del comparto digital a una cifra solamente (+8%). È stato un anno di passaggio, dove l’editore ha rilasciato nuove piattaforme mobile (Blackberry) e Smart Tv (Samsung), creato eventi culturali come Italy in a Day, allargato il servizio di Replay al canale Rai Premium e Rai YoYo. Senza dimenticare che è stato l’anno in cui RaiPubblicità ha creato Carosello 2.0. Come chiuderà il 2014 RaiPubblicità e quali sono le attese per il 2015? Nei primi nove mesi dell’anno siamo cresciuti in double digit e speriamo di riuscire a mantenere questa tendenza per tutto l’anno. Per quanto riguarda il 2015, abbiamo grandi attese, stiamo infatti rafforzando la divisione con l’arrivo di nuove persone e stiamo preparando nuovi formati che valorizzeranno sempre di più la qualità e la forza dei nostri contenuti. Come detto, rafforzeremo ulteriormente la rete vendita. Quella di Rai è un’offerta ampia e 100

Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato RaiPubblicità

articolata che necessità di essere presentata in maniera adeguata al mercato. A guidare la crescita è di nuovo il video online, sia a livello Europeo che Italiano, con una crescita molto sostenuta del video in


raipubblicità

stream. Quali sono stati nel 2013 i formati digital più richiesti dai vostri clienti e quali la stanno facendo da padroni nel 2014? Il video continua ad essere un driver molto importante della nostra offerta, i nostri utenti passano molto tempo connessi alle nostre properties e la consultazione dei contenuti viene fatta in maniera approfondita, da qui l’attenzione degli inserzionisti verso in nostri formati preroll. La richiesta per i formati video cresce continuamente. Abbinare un contenuto di qualità elevata a una presenza multipiattaforma ci permette di avere anche un ottimo numero di contatti quotidiani. Il nostro obiettivo è rafforzare la proposta di qualità, ossia tutto ciò che si lega alle iniziative speciali. Un caso, che abbiamo già presentato in precedenza e che incarna a pieno questo tipo di opportunità, è quello di Pechino Express, su cui abbiamo sviluppato accanto alla pianificazione Tv, una fortissima strategia digital integrata, dal pre-roll al social. Una soluzione articolata e multidevice sviluppata attorno a un contenuto forte e di alta qualità. I nostri contenuti di qualità ci garantiscono infatti una forte attrattività sul mercato. Stiamo crescendo moltissimo in termini di volumi di consumo dei video online e i brand riconoscono questo trend. Dati alla mano, l’altro driver di crescita a livello italiano, così come internazionale, è legato al mondo mobile. In Italia il segmento ha fatto segnare una crescita del +41%. Mercati più sviluppati dal punto di vista digital, come quello US, prevedono addirittura un raddoppio dei fatturati da mobile per il 2014 (dati IAB). Che risultati sta generando Rai.tv? Quali novità ci sono state? Rai.tv ha ormai superato i 6 milioni di download e questa cifra è stata un segnale anche della continua crescita di interesse da parte delle

RAI PUBBLICITÀ c.so Bernardino Telesio, 25 – 10146 Torino Tel. 011.7441111 C.so Sempione, 73 – 20149 Milano Tel. 02.345731 Via degli Scialoja, 23 – 00196 Roma Tel. 06.361751 www.raipubblicita.it

Board di direzione: Lorenza Lei, Presidente; Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato; Luciano Flussi, Direttore Generale. Servizi offerti/mezzi gestiti: Tv - Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rai 4, Rai 5, Rai Storia, Rai Sport 1, Rai Sport 2, Rai News, RaiNews24, Rai Gulp, Rai Movie, Rai Premium, Rai Yoyo, Rai Italia; Radio – Radio1, Radio2, Radio3, Podcast; Web – www.rai.it, www.rai.tv, offerta mobile; Circuito Cinema; Televideo. Anno di fondazione: 1926 (Sipra) Fatturato 2013: 683 milioni di euro

aziende, sempre di più la nostra offerta viaggia su strategie multipiattaforma. A che punto è l’integrazione tra primo schermo e secondo schermo e quali soluzioni avete lanciato quest’anno per permettere ai vostri clienti di sfruttarne al meglio le potenzialità? L’integrazione tra i due schermi è in continua evoluzione, e noi già oggi proponiamo al mercato un formato che permette agli utenti dell’applicazione Rai.tv di consultare dei contenuti esclusivi legati agli inserzionisti degli spot televisivi. L’attività del secondo screen è sempre più forte durante i programmi. La sfida del 2015 sarà trovare il giusto equilibrio tra interazione sociale e contenuto di qualità. Gli utenti sono editori di se stessi a cui piace commentare e condividere. Ovviamente preferiscono farlo su prodotti di qualità e pochi

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L’app gratuita della Rai, Rai.tv permette di vedere in diretta tutti i canali Rai, i programmi degli ultimi 7 giorni e l’archivio dei video più visti. Disponibile per 5 sistemi operativi.

programmi hanno una forza di attrazione come quelli di Rai. Ormai la nostra è un offerta multi-device: per il livello di engagement raggiunto da alcuni programmi diventa quasi difficile definire quale sia il first e il second screen. Il 40% degli italiani sono connessi a un social network per oltre due ore al giorno. La maggior parte da mobile. Come si integrano i social network nella strategia Rai? Nel 2014 abbiamo lanciato un nuovo formato il Social Mirror con lo scopo di sfruttare al meglio la viralità dei nostri contenuti editoriali che, sempre più spesso, animano i social network. L’obiettivo è quello di legare l’inserzionista con i nostri contenuti, durante la diretta in modo sempre più efficace. È qualcosa che facciamo già 102

e che garantisce ottimi ritorni e grande attenzione da parte degli utenti. Proprio i social network hanno facilitato la diffusione di nuove tecniche di acquisto, quale il programmatic. Quali sono i meccanismi di acquisto più richiesti e quali i dai clienti Rai per il 2014? RaiPubblicità è sempre attenta alle nuove dinamiche del mercato per sfruttarle al meglio. Il programmatic lavora in molti casi sull’invenduto e, per quanto riguarda i preroll, che costituiscono il nostro prodotto di punta, non abbiamo problemi di scarso occupato. È un approccio a cui ci stiamo avvicinando in maniera strutturata negli ultimi tempi. Manteniamo monitorato il fenomeno e ci teniamo pronti a sviluppare soluzioni in questa direzione, quando sarà il momento.


raipubblicità

Il Second Screen è un’estensione su device mobili di campagne televisive di Spot Tabellari o Iniziative Speciali. Permette all’advertiser di entrare immediatamente in relazione con lo spettatore che interagisce attraverso il proprio dispositivo smartphone o tablet.

Potete illustrarci attraverso una case history le caratteristiche salienti del vostro posizionamento e le capacità che siete in grado di esprimere? Sicuramente lavoriamo molto bene verticalmente su alcuni programmi di punta come The Voice nella scorsa primavera o Pechino Express in quest’autunno. Il cliente può presidiare il contenuto editoriale su diverse piattaforme sia con una classica pianificazione tabellare, sia “personalizzando” il prodotto grazie a iniziative speciali create ad hoc. Programmi con un posizionamento forte come The Voice e Pechino Express sono un grande

driver per l’offerta commerciale. Abbiamo una grande richiesta su pre-roll e social per programmi di questa qualità, questo tipo di offerte sviluppano grandi volumi. La strategia è appunto questa, garantire prodotti di qualità e incrementare le possibilità per i nostri investitori di legare il proprio brand all’offerta Rai.

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Strateghi dei dati Il mercato premia l’approcio data-driven che integra servizi di marketing e di consulenza: archiviato il 2013 in crescita, la divisione di SEO, SEM e social media di IPG Mediabrands chiuderà positivamente anche il 2014. Obiettivi confermati per il 2015: espansione della struttura e investimento nello sviluppo professionale delle risorse, per garantire valore aggiunto ai clienti.

INTERVISTA a Luca Carrozza, General Manager MAP Italy e Director Reprise Media Italia. Il mercato dell’advertising online ha chiuso il 2013 a €1.770milioni. Il 32% di questo è generato dal search (€566milioni). Come si è chiuso il 2013 per Reprise Media Italia? Il 2013 è stato l’anno della rifondazione con l’obiettivo principale di far crescere il ‘prodotto’ search marketing attraverso l’ampliamento dei servizi. In 12 mesi il team è stato allargato includendo forti competenze in web e data analytics, SEO, content marketing, social marketing. I risultati sono stati una base clienti più che raddoppiata e un team rafforzato in termini quantitativi e qualitativi. Ma il risultato principale è stato di aver creato un modello di sviluppo che affianca ai servizi advertising attività di consulenza. I primi nove mesi del 2014 per il digital display potrebbero, per la prima volta, essere archiviati con un sostanziale pareggio rispetto all’anno precedente. Come prevedete di terminare il 2014 e che attese avete per il 2015? Nel 2014 stiamo lavorando per consolidare il nuovo modello di sviluppo che propone ai clienti un approccio integrato per canale, search, social, mobile e per tipologia di media, owned e paid. Il primo passo è cercare di costruire un modello di 104

Luca Carrozza, General Manager MAP Italy e Director Reprise Media Italia

misurazione dei risultati in grado di trovare il filo rosso che congiunga gli obiettivi di business con i goal e target delle singole iniziative. Dalla definizione della strategia e del digital marketing plan fino alla sua implementazione, usando strumenti che consentono misurazione e dunque ottimizzazione continua. I target del biennio 2014 e 2015 sono di conferma-


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REPRISE MEDIA ITALIA Via Valtellina, 15 - 20159 Milano Tel. 02 85291 – Fax 02 85290605 info-italy@reprisemedia.com www.reprisemedia.it

re e consolidare la crescita, puntando ad arrivare a fine anno prossimo a una struttura di 16/18 consulenti. Reprise Media è nata nel 2003 con un mandato preciso: aiutare le aziende a farsi trovare e generare fatturato. Siete arrivati in Italia nel 2009, e nel corso del tempo la vostra specializzazione si è allargata da SEM e SEO al Social Marketing: per quali ragioni e con quali risultati? Abbiamo l’obiettivo di supportare i clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di digital marketing, a partire da esperienza e competenza sui canali data-driven per eccellenza: search in primo luogo e social. Oggi tutti i canali e strumenti del marketing mix possono essere approcciati in modo guidato dai dati, cioè dalla misurazione dei risultati. L’allargamento ad altri servizi del marketing mix è quindi un’esigenza insita nell’approccio, una scelta strategica iniziale e non tattica rispetto all’evoluzione del mercato e degli utenti. Fate parte di IPG Mediabrands e rientrate quindi nel ‘sistema MAP’. Cosa significa e quali sono i vantaggi per il cliente? La Mediabrands Audience Platform è focalizzata a supportare il cliente nel raggiungimento dei propri obiettivi di business, aiutando i clienti stessi e le agenzie del gruppo a individuare, acquisire e ingaggiare in real time le audience di maggior valore, e portando valore al cliente in tempo reale, cioè nel momento migliore per massimizzare l’interazione tra brand e cliente finale, su qualsiasi canale: search, display, video, social, mobile, e

Board di direzione: Gian Paolo Tagliavia, CEO IPG Mediabrands; Luca Carrozza, General Manager di MAP Italy e Director di Reprise Media Italia. Servizi offerti attività di consulenza in Search Marketing (PPC, SEO, CRO, Web Analytics), Social Media Marketing (Adv, Social Analytics, Strategy), Content Marketing. Anno di fondazione: 2009 Dipendenti: 12

qualsiasi device. Per Reprise Media il fondamentale beneficio di appartenere a MAP è poter offrire ai clienti la possibilità di allargare l’integrazione dell’approccio data-driven insito nella search a tutti i canali del digital marketing plan. La fruizione dei media è sempre più multidevice e il consmer journey dei clienti è sempre più liquido. Come cambia il vostro lavoro? Le scelte che il cliente finale fa nel suo consumer journey impongono un approccio che non può che essere multicanale, integrato e capace di gestire il cambiamento e l’innovazione. La scommessa di Reprise Media è di costruire un gruppo in grado di affiancare i clienti nell’affrontare tale contesto in continuo cambiamento e ridefinizione sia delle tecnologie, sia soprattutto delle modalità di fruizione di queste da parte del cliente finale. Per offrire miglioramento continuo ai clienti abbiamo scelto di puntare sulla crescita professionale continua delle nostre persone, sia in verticale, nelle diverse specialità, sia in orizzontale, nella capacità di integrare i diversi canali: quello che si definisce come un profilo a ‘T’, che integra verticalità e orizzontalità. 105


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Soluzioni data-driven Sostenuta dal fondo guidato da Hi Inov, con la partecipazione di Bpifrance Digital Ambition Fund e XAnge PrivateEquity, TagCommander aprirà nel gennaio 2015 il nuovo ufficio milanese. La sua offerta specialistica è costruita attorno a soluzioni data-driven per incrementare efficacia ed efficienza delle azioni di marketing, e conta già su 250 clienti in Europa.

INTERVISTA a Carlo Baratti, Country Manager Southern Europe TagCommander. Siete già operativi sul mercato italiano ma l’inaugurazione della vostra prima sede ufficiale nel nostro paese è prevista per gennaio: lo confermate? Sì, confermiamo: anche se apriremo (fisicamente) il nostro ufficio milanese a gennaio del prossimo anno, siamo operativi in Italia dal 2012, e anzi per TagCommander l’Italia è il secondo mercato europeo grazie a delle referenze molto importanti come Intimissimi, Luisaviaroma, Allianz, Axa, Decathlon, Pixartprinting, Arcaplanet, iProspect, Subito.it, La Redoute, Web Performance, e molti altri ancora. Un ingresso sul mercato italiano che è stato supportato da un fondo di investimento sul digital, giusto? Corretto. Il nostro sviluppo internazionale ha subito un’accelerazione grazie a un’azione di fundraising che ci ha portato a raccogliere 6,5 milioni di Euro. La raccolta fondi è stata guidata da Hi Inov, con la partecipazione di Bpifrance Digital Ambition Fund e XAnge PrivateEquity. Siamo felici della fiducia che ci hanno dato, e pronti a ripagare la scelta di investimento. 106

Carlo Baratti, Country Manager Southern Europe TagCommander

Cosa ha spinto qesti gruppi di investimento a scegliere il vostro progetto? TagCommander è leader in Europa nel settore del TMS, Enterprise Tag Managament Systems. Offriamo al mercato una piattaforma in-cloud


tagcommander

TAGCOMMANDER 12, Rue Vignon – 75009 - Paris Tel. +33 01 43 12 33 70 Fax +33 1 75 57 13 63 info@tagcommander.com www.tagcommander.com

che aiuta i team marketing a gestire in modo autonomo l’insieme dei vendor-tag inseriti nelle pagine web, attraverso un’unica interfaccia di gestione. La suite di prodotti sviluppati dalla società permette inoltre di tracciare il customer journey completo dei visitatori di un sito, per monitorare le performance di ogni strumento di e-marketing singolarmente e in combinazione con gli altri. Siete appena sbarcati in Italia, ma in Europa festeggiate ormail il primo lustro. Quali sono i risultati raggiunti a oggi? Dalla sua fondazione nel 2010, più di 250 società e clienti e-commerce di 16 paesi hanno scelto TagCommander per una gestione centralizzata del digital marketing-mix, tra queste, oltre a chi avevo già citato precedentemente, Air France-KLM, Europcar, Logitravel, GDF-Suez, Groupalia, Disneyland e moltissimi altri. Il fundraising ci consentirà di accelerare la crescita in Europa e di investire in modo considerevole sullo sviluppo tecnologico. La prossima apertura dei nuovi uffici in Italia, ma anche in UK, Spagna e Germania, permetterà a TagCommander di essere ancora più vicina ai propri clienti. Quali soluzioni caratterizzano la vostra offerta? Premesso che oltre all’offerta di prodotti e servizi, uno dei nostri principali punti di forza è il team di supporto e consulting – tra l’altro, già disponibile in lingua italiana e che sarà rinforzato all’apertura degli uffici –, la

Board di direzione: Michael Froment, CEO; Francois Langrand, Head Of Consulting; Samuel Font, CTO. Servizi offerti/mezzi gestiti: TMS, AMS, DMS, PMS Anno di fondazione: 2010 Dipendenti: 50 Clienti (principali): Air France, Intimissimi, Allianz, Luisaviaroma, Logitravel, La redoute, Decathlon… tecnologia TagCommander propone quattro soluzioni complementari: TMS, DMS, AMS e PMS. Partiamo dal TMS. Ci descrive in dettaglio di cosa si tratta? L’Enterprise Tag Management Service permette di controllare tutti i tag con un unico strumento. Attraverso la piattaforma TagCommander, i servizi marketing che gestiscono siti Internet e le agenzie Web possono amministrare in autonomia e semplicità i tag e-marketing di più di 400 fornitori tecnologici internazionali. Nello specifico questa soluzione consente di incrementare significativamente le performance marketing, ridurre i costi di acquisizione dei clienti, eliminare eventuali duplicazioni nei pagamenti di programmi di affiliamento, realizzare test A/B e multi-variante, ridurre i costi operativi, identificare e riparare tag disfunzionali. Il tutto è offerto con un’interfaccia ad alta usabilità e con un supporto tecnico 24/7. 107


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Oltre all’offerta di prodotti e servizi, uno dei principali punti di forza di TagCommander è il suo team di supporto e consulting – tra l’altro, già disponibile in lingua italiana e che sarà rinforzato all’apertura degli uffici milanesi il prossimo gennaio

L’altro acronimo recita DMS… Il servizio di Digital Management System permette di consolidare il profilo di navigazione di ogni utente e combinarlo con dati offline first-party (CRM) o third-party (meteo, diffusione di campagne offline). Grazie alla possibilità di attivazione dei dati forniti dai tag e consolidati da TagCommander, si possono attuare strategie su misura, personalizzate per ogni visitatore, in tempo reale. Infatti, la soluzione permette di gestire e sfruttare i flussi di dati di iper-segmentazione sia sul sito stesso che verso tutti i vendor di tools di e-marketing (emailing, retargeting, etc ...) per attivare delle strategie di personalizzazione, che restano sotto il totale controllo dei nostri clienti. 108

Quali sono invece i benefici correlati all’AMS? Il Digital Attribution Management aiuta a migliorare l’interazione tra i vari partner. Permette di capire il modo in cui le diverse leve e-marketing interagiscono tra loro per migliorare il mix e raggiungere gli obiettivi di marketing. Consente inoltre di definire in modo obiettivo e imparziale qual è il contributo di ogni singola soluzione e-marketing rispetto al raggiungimento degli obiettivi. In pratica, i clienti che si avvalgono dei servizi di AMS riescono a identificare tutti i touch point dell’advertising che influenzano la conversione, sia con riferimento all’online che all’offline. I benefici sono evidenti: incremento degli


tagcommander

Uno screenshot del Digital Attribution Management, la soluzione di TagCommander che consente di definire in modo obiettivo e imparziale qual è il contributo di ogni singola soluzione e-marketing rispetto al raggiungimento degli obiettivi

insight, ottimizzazione delle campagne profit-based, sviluppo di un approccio customer-centric, tracking e analisi multicanali sia online che offline. Infine il PMS. Ultimo, ma non meno importante, il servizio di Privacy Management. Lo sviluppo dei big data e del marketing data-driven ha creato numerose sfide per tutti i marketer, da un lato consente alle divisioni marketing di offrire un servizio sempre più personalizzato ai propri clienti, dall’altro, ha sollevato l’attenzione delle autorità competenti rispetto alla privacy degli utenti e alla sicurezza dei dati raccolti. Il servizio di Privacy Management di TagCommander fornisce una soluzione per la gestione dei dati, al fine di preservare la privacy dell’utente e promuovere la trasparenza, aumentando la sicurezza delle informazioni sensibili.

Come sono stati recepiti dal mercato questi servizi e come pensate di poterli migliorare o rendere più efficaci? Bene, molto bene. Come accennavo prima, siamo felici che oltre 250 aziende europee abbiano deciso di utilizzare TagCommander per gestire efficacemente tutti i tag e-marketing. Il nostro obiettivo ora è quello di aiutare i nostri clienti ad aumentare le performance delle leve e-marketing, capitalizzando su informazioni preziose che permettano ai partner tecnologici di essere più efficienti. Inoltre mi fa piacere riportare le parole di Valérie Gombart, Managing Partner di Hi Inov, che ha sottolineato come la scelta di supportare la nostra internazionalizzazione sia stata fatta in relazione “All’unicità della tecnologia, al potenziale di crescita della società, e alla qualità del team manageriale di TagCommander”.

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programmatiperilfuturo

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