display Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale – 70% - LO/MI 15 euro (4 numeri)
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BIMESTRALE DI POP - RETAIL - TRADE MARKETING | N.28 • INVERNO 2018 •
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IL RI-CICLO DI VITA DEL DISPLAY
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POP POS MATERIALS Shopfitting Papermaking design RAW MATERIALS VISUAL MERCHANDISING DIGITAL SIGNAGE RETAIL & MASS MARKET
EDITORIALE Marco Oltrona Visconti
Cicli e “ricicli” storici… per l’economia circolare In base alle nuove normative europee le aziende quotate in borsa devono indicare nella relazione di bilancio le politiche di eco-sostenibilità adottate al loro interno, pertanto il tema del riciclo dei materiali, che ricorre da anni, è tra i più sentiti questo momento storico. Una propensione etica che, credo, trovi d’accordo molti operatori del nostro settore. In vista di nuove probabili normative da parte del legislatore sovranazionale e nazionale, non sono poche le compagini industriali che stanno precorrendo i tempi modificando i propri asset con un’attenzione mirata all’impatto ambientale e all’economia circolare. Per alcuni attori è, palesemente, una forma di aggiornamento, di ricerca, di sviluppo delle competenze che determinerà un vantaggio competitivo per gli anni a venire. Da questo processo orientato all’economia circolare non sono di certo avulsi il comparto del Display e dello Shopfitting, anzi! Parte del nostro settore riguarda la cartotecnica in cui, nei casi più virtuosi, quasi il 90% della materia prima, la fibra di cartone, proviene da materiali riciclati. Nel campo delle soluzioni durevoli per l’arredo espositivo (Shopfitting), per la comunicazione di marca e per il design industriale invece, come è noto, vengono impiegate materie prime quali: metallo, legno e plastica. Ognuna identifica un settore e il relativo consorzio deputato alla gestione del riciclo in quello stesso comparto. È più o meno questo lo schema che determina la chiave di lettura del presente numero che dedichiamo ai raw material, da un lato per raccontare le dinamiche di riciclo richieste dai consorzi della galassia CONAI e dall’altro per riportare l’esperienza delle aziende che operano ai diversi livelli della nostra filiera. Qualcuno potrebbe avere l’impressione che si devi dalla consueta linea editoriale, ma ci siamo convinti del contrario quando abbiamo ravvisato l’interesse dell’industria di marca (la brand industry) che al tema è sensibile in logica di posizionamento etico e di marketing. Lo dimostrano le risposte dei rappresentanti di primarie multinazionali. Del resto spesso è la committenza a governare il processo. Grande assente di questo story telling del riciclo è la voce del retail nonostante le sollecitazioni all’intervento. A questa funzione è deputato l’articolo di apertura, dove tra le righe si intuisce, nemmeno troppo velatamente, che nel canale del dettaglio, soprattutto a catena, viene convogliata una grande porzione dell’imballaggio classificabile come Display. A questo proposito si pensi ai centri commerciali e alle sue ancore alimentari. A oggi nemmeno il CONAI è in grado di stabilire quale sia esattamente la porzione di rifiuto da imballaggio generata dal retail a catena, ossia il cosiddetto rifiuto da imballaggi commerciali. Una massa di una certa entità che, con un pizzico di lungimiranza, potrebbe essere foriera di nuove logiche di business connesse al recupero, nonché, al riciclo da parte dei “grandi utilizzatori” che la generano. Non a caso la Commissione Europea è al lavoro in questa direzione al fine di apportare una nuova ondata normativa non dissimile, per importanza, a quella che nel 2006 ha portato alla genesi del CONAI.
IL CASSONETTO INTELLIGENTE
In inglese la reverse vending machine è un dispositivo che raccoglie bottiglie vuote e restituisce denaro all’utente. Il sistema è diffuso in Paesi che hanno leggi sul riciclo obbligatorio o legislazione sui i vuoti a rendere. In alcuni posti, gli imbottigliatori contribuiscono a dei fondi comuni che poi rimborsano le persone che riciclano i contenitori. I fondi in eccesso vengono poi utilizzati finanziare la pulizia dell’ambiente. In Norvegia lo stato obbliga i venditori a pagare per il riciclo delle bottiglie, ma lascia il sistema nelle mani dell’industria privata. I prncipali venditori di questo tipo di cassonetti sono la norvegese Tomra, la tedesca Wincor Nixdorf, la stunitense ENVIPCP, l’autraliana Envirobank, l’inglese Reverse Vending Corporation e l’italiana Eurven.
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Display èMagazine
n. 8 SOMMARIO
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Marta Boggione
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LE STATISTICHE DEL RICICLO Dalla Redazione AMBIENTALE
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Il RI-CICLO DI VITA DEL DISPLAY
10| Consorzi
IL CONTRIBUTO 16| EData report
GATTO-SARNO, ESEMPIO DI
INDUSTRY SOSTENIBILE 20| DISPLAY Specialisti
Barnaba Barattieri
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TRADE MARKETING Il pensiero della brand industry
Dalla Redazione
24|
UN DISPLAY PLASTICO ECO COMPATIBILE È POSSIBILE… Materie prime
Marco Oltrona Visconti
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PALBOARD A PROVA DI BAMBINO Barnaba Barattieri Materie prime
UNA VERA ESPERIENZA DI
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28| RICICLO Materie prime
Barnaba Barattieri
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LE BUONE REGOLE... Consorzi 32| COMIECO:
Marinella Croci
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DE MEDICI: RICICLO AL TOP Barnaba Barattieri 36| RENO Materie prime
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IL DESIGN SOSTENIBILE DI LITOART Barnaba Barattieri Specialisti
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D OAR B L PA
BIOLAMINIL IL NUOVO CHE
BIODEGRADA 42| SIMaterie prime
DISPLAY ECOSOSTENIBILI:
E PROGETTUALITÀ 44| MATERIALI Specialisti RILEGNO E CONLEGNO
46| Consorzi 48| 52|
CEMAB, SPECIALISTA DEL DISPLAY DI LEGNO Specialisti ALLUMINIO A IMPATTO ZERO Consorzi
“BRACCIO DI FERRO” PER IL E LO SCAFFALE 54| ILDISPLAY Specialisti
LASTRA ALL’UNIVERSO DEL POP 56| DALLA Specialisti
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4 italia Display èMagazine
Marco Oltrona Visconti
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Barnaba Barattieri
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Lorenzo Peroni
Marta Boggione
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Barnaba Barattieri
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Marinella Croci
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Barnaba Barattieri
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Barnaba Barattieri
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COME TI ROTTAMO LO SCAFFALE Marinella Croci Specialisti
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3° PREMIO
1° PREMIO
CATEGORIA NON DUREVOLE
MENZIONE SPECIALE CATEGORIA PACKAGING
fasce in cartotecnica per raggruppamento espositivo di prodotti in diverse dimensioni
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Case History
La necessità del cliente di raggruppare prodotti di formati diversi per orientare il consumatore all’acquisto di trattamenti completi per la cura dei capelli, ha fatto nascere l’imballaggio da noi proposto. Tre fasce con agganci modulari che le possono unire, hanno creato un sistema estremamente flessibile che permette di formare gruppi di prodotti senza alcuna limitazione. Le aperture sulle fasce rendono superflua la personalizzazione aumentandone la flessibilità. La scelta della materia prima è stata veicolata dalla volontà di trasmettere concetti di naturalità (il colore avana), ecologia (la mancanza di patinature e stampe), riciclabilità (il cartoncino medesimo) e rispetto della natura (la provenienza FSC). Questi concetti sono parte integrante della marca a cominciare dal nome Napura che li racchiude.
Motivazioni della Giuria
Essenziale nella forma è di semplice esecuzione, grazie a un progetto che cura ogni particolare anche nell’ingegnerizzazione. Qui la modularità è sfruttata al meglio, collegando mediante un’estetica univoca gli item di un’intera gamma di prodotti, specifici e diversi tra loro. Come imballo, rispetta LAMINIL, gamma di pannelli in polistirolo al 100% la grafica di espanso estruso accoppiato a diverse tipologie ogni singola confezione di carta. Nelle sue numerose varianti, LAMINIL è un materiale atossico, ultra-leggero, facile da esaltandola agli occhi del stampare e sagomare ed eco-sostenibile. potenziale cliente. L’impiego di un unico materiale, in questa sede Il materiale più leggero del non trattato e di per se suo genere ideale per completamente riciclabile, articoli POP, con qualità elevate di tenuta termica garantisce un doppio per il Packaging e memoria vantaggio in termini di elastica per la fustellatura, facilmente cordonabile per eco-copatibilità: sia per una finitura precisa e pulita. quanto riguarda il contenuto di comunicazione, sia per quanto concerne l’effettivo impatto sull’ambiente, Utilizzato in cartotecnica pressoché nullo. e in stampa digitale per
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• Inse
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• Materiali POP
Dalla Redazione
NED BALUARDO DEL RICICLO
8| L’apertura
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formato
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Dalla Redazione
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3| EDITORIALE Cicli e ricicli storici
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ITALIA
BIMESTRALE DI POP - RETAIL - TRADE MARKETING | • N.28 INVERNO 2018 •
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3° PREMIO
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MENZIONE SPECIALE CATEGORIA PACKAGING
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Motivazioni della Giuria
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fasce in cartotecnica per raggruppamento espositivo di prodotti in diverse dimensioni
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Direttore Responsabile: Marco Oltrona Visconti 340 3142015 - marco@tinteunite.it Coordinamento Redazione Barnaba Barattieri 3450101366 - barnababarattieri@yahoo.it Art Director Alvise Oltrona Visconti 333 6498830 - aov@tinteunite.it http://alvise.oltronavisconti.it Progetto grafico e Copyright: Alvise e Marco Oltrona Visconti Graphic Designer Pino Saggiomo Stampa Tipografia Everest 2001 s.r.l. Postalizzazione Nuova EffeA http://www.nuovaeffea.it/ Collaborano: Barnaba Barattieri Marta Boggione Anna Cugini Marco Cruciani (UniTrento) Marinella Croci Paolo Lendaro (Mutec) Marco Maggioni (Marco Maggioni Design) Sergio Monsorno (C2C) Lorenzo Peroni Michele Preziosa Alberto Luca Stasi Responsabile Marketing Gabriella Cosso 348 7321532 - 02 4691292 gabriellacosso13@gmail.com Pubblicità marketing@displaymagazine.it
NOTIZIE DEL SETTORE
RAW MATERIAL
a cura della Redazione
Plastica a 7 miliardi Uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances a metà del 2017, che si presenta come “la prima analisi globale di tutte le plastiche prodotte”, spiega che il celebre materiale, dalla sua scoperta fino a oggi, è stato prodotto in un quantitativo pari a 9.1 miliardi di tonnellate. Lo studio rivela che il principale impiego della plastica è nel confezionamento, di contenitori usa e getta. Per tanto, la percentuale di plastiche nei rifiuti solidi urbani dei Paesi a medio e alto reddito è passata dall’1% del 1960 ad oltre il 10% nel 2005. Di conseguenza in base all’indagine, ammontano all’incirca a 7 miliardi le tonnellate di rifiuti plastici generati al 2015. Di questi, il 9% è stato riciclato, il 12% incenerito e il 79% gettato in discarica o nell’ambiente.
Vetro auto-detergente Grazie al suo rivestimento esterno, attraverso l’azione della luce solare è in grado di decomporre e sciogliere lo sporco organico, consentendo quindi alla pioggia di eliminarlo definitivamente. È questa la caratteristica principale del vetro PilkingtonActive™che aggiungere la funzione autopulente al materiale che secondo le cronache di Plinio il vecchio in Naturalis Historia avrebbe fatto la sua comparsa in Mesopotamia nel terzo millennio a.c.. Tra i brevetti Pilkington, anche Sunplus™ BIPV, un vetro in cui sono inseriti moduli per l’accumulo di energia fotovoltaica che ha superato i test KiwaNetherlands per la certificazione commerciale. Un altro prodotto nuovo molto interessante è Suncool™Dynamic, che si adatta secondo l’irraggiamento del sole sul vetro, oscurandosi quando la temperatura raggiunge un livello considerato critico.
Materiale muscolare Un nuovo materiale dinamico che risponde agli stimoli esterni, emettendo luce bianca al passaggio dell’elettricità. Ciò è possibile grazie a una tecnica scoperta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Nagoya in Giappone. Lo studio pubblicato nel 2017 sulla rivista AngewandteChemie International Edition dimostra come questa scoperta potrebbe trovare applicazione laddove ci sia necessità di materiali dinamici con qualità di reazione tali da essere paragonate a quelle di un muscolo umano agli stimoli elettrici. I materiali dinamici quindi, possono modificare le loro caratteristiche in risposta a stimoli esterni, come elettricità, calore e pressione. La luminescenza di colore bianco è un fenomeno molto raro che di solito la luce bianca si ottiene solo mescolando molti elementi di colore differente, ma mai da un unico materiale. Almeno prima d’ora.
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Legno commestibile L’albero di Yacaratià è presente solamente nelle foreste di Misiones in Argentina e la caratteristica che lo rende praticamente unico rispetto agli altri alberi è la sua corteccia commestibile. Tanto che gli aborigeni del fiume Paranà la spezzettano in frammenti per farne una specie di caramella dalle proprietà nutritive pressoché complete per il fabbisogno alimentare. Data la caratteristica della Yacaratià l’ingegner Roberto F. Pasciutti ne ha brevettato il procedimento che rende il legno di quest’albero utilizzabile per l’elaborazione di dolci e altre categorie di alimenti. Da qui l’interesse del governo argentino ad approfondire l’impiego della pianta in grande scala.
Grafene da 2 a 3D Portare il Grafene a una forma tridimensionale era fino a qualche mese fa un procedimento molto complicato che richiedeva uno stampo al cui interno si determinava un procedimento di stratificazione del materiale di diverse ore a una temperatura di 1000 gradi per ottenere un centimetro cubo di schiuma del materiale. Sennonchè grazie agli sforzi congiunti delle equipe per la ricerca sulle nanotecnologie delle università di Tanjin e di Houston (la Rice), è stato messo a punto un sistema che, a temperatura ambiente, raggiunge lo stesso risultato attraverso lo zucchero e il Nichel. Il primo si scompone in Grafene, il secondo funziona da catalizzatore per la reazione. Ricordiamo che il Grafene è un materiale nel contempo estremamente conduttivo, resistente e leggero.
Alga carta CarbonCredit La carta ecologica Shiro Alga Carta di Favini è nata negli anni ‘90 da un procedimento che trasformava in fogli le alghe infestanti della Laguna di Venezia. Certificata FSC oggi questa linea ha come materia prima le alghe infestanti delle lagune di tutto il mondo Non solo la materia prima, le alghe, ma tutto il processo produttivo di Shiro Alga Carta è virtuoso: Favini ha scelto, infatti, di neutralizzare le emissioni residue non evitabili di Shiro per aumentare il valore al prodotto e il proprio livello di Corporate ClimateResponsibility. Grazie a un’azione di Carbon Offset, le emissioni generate per produrre la carta sono interamente compensate da CarbonCredit, per finanziare attività in grado di assorbire CO2 nell’atmosfera.
World Forum on Urban Forest in Italia Per motivi di ecocompatibilità la forestazione urbana deve diventare una priorità nell’agenda internazionale dei governi e delle istituzioni internazionali e locali. A promuovere il messaggio è lo studio Boeri che ha progettato il famoso Bosco Verticale di Milano. Secondo Studio Boeri i prossimi mesi saranno decisivi per raccogliere adesioni, esperienze e progetti per la Forestazione Urbana, in previsione del primo World Forum on UrbanForest, promosso dalla FAO (Food and Agriculture Organization) con Comune di Mantova, SISEF (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale), Politecnico di Milano, che si terrà dal 28 novembre 2018 al 1 dicembre 2018 a Mantova.
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L’APERTURA
a cura della redazione
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by Eurodisplay
Il Never Ending Display (NED) è un invito a riflettere sulle potenzialità di riciclo del Display e delle soluzioni per lo Shopfitting. Una case history già realizzata qualche anno fa da Heineken con Eurodisplay. L’articolo ha lo scopo di innescare un dibattito tra diversi attori della filiera che intervengono nelle prossime pagine Never Ending Display, l’espositore riciclabile lungo tutta la filiera Che fine fanno i milioni di materiali P.O.P. (Point of Purchase) e Display espositivi prodotti dall’industria al termine del loro ciclo di vita? E le materie prime che li compongono? La risposta che tra l’altro riguarda il “sistema retail” italiano, quindi le catene, la GDO, i singoli commercianti e non di meno l’industria di marca del nostro Paese, è piuttosto semplice: spesso tutto viene regolarmente smaltito nella cosiddetta “raccolta indifferenziata”, il cosiddetto “nero”, con la conseguenza che la possibilità di riciclare i materiali risulta letteralmente vanificata o più complessa. E con tutti i risvolti ambientali ed
economici negativi facilmente intuibili. Sul piano pratico, alcune soluzioni al problema le ha ideate Luca Stella, ingegnere di Eurodisplay Design Progress, società tra le più creative nel comparto della produzione di Display e dei sistemi per il proximity marketing: «È nel cercare di analizzare questi semplici ma fondamentali punti –racconta Luca Stella- che già un paio di anni fa è stato sviluppato un progetto di Display P.O.P. costituito da materie prime nobili e soprattutto riciclabili». Il progetto è stato ribattezzato N.E.D. (Never Ending Display o Display infinito) e oggi dà vita a uno strumento espositivo versatile sostenibile e appositamente concepito con l’obbiettivo
di garantire la sostenibilità dell’intero processo produttivo. Attualmente N.E.D è disponibile in tre formati standard misuranti un quarto, un sesto e un ottavo di pallet. Dotato di vassoi in polistirolo, è stampato a iniezione e presenta una struttura in materiale cartotecnico priva di plastificazione, fustellata e certificata FSC (Forest Stewardship Council). Inoltre i componenti di N.E.D. sono tra loro assemblabili senza l’ausilio di collanti. Una caratteristica fondamentale che rende facilmente riciclabile, per tanto sostenibile, questo strumento espositivo dotato di un funzionale quanto semplice sistema di montaggio
a incastri, predisposto per sorreggere un quantitativo di prodotti che, nella versione da un ottavo di pallet, può raggiungere i 90 Kg di carico dinamico (espositore precaricato) e 130 Kg di carico statico. Sotto il profilo logistico quindi N.E.D. si presta soprattutto al posizionamento delle campagne promozionali che si svolgono in GDO. Non a caso Heineken Italia ne ha subito avviato il posizionamento nei punti di vendita di sua competenza del canale distribuzione moderna, per un test di fattibilità. Grazie ai suoi protocolli di implementazione, più che uno strumento espositivo N.E.D rappresenta di fatto un nuovo modello di
business che, oltre a essere ineccepibilmente sostenibile per l’ambiente, consente alle big company di risparmiare fino al 30% in costi logistici, cioè in relazione al supply chain management (trasporto, ingombro montaggio), laddove quando il materiale viene ripiegato in un’apposita scatola di cartone occupa meno spazio sui veicoli. La sua installazione nel punto vendita richiede un tempo medio di due minuti operando su incastri di semplice manipolazione. In termini di risparmio, il recupero delle materie prime e il loro reimpiego, la percentuale di saving arriva mediamente al 20% . «La volontà di Eurodisplay Design
Progress-conclude Stella- è di arrivare a un protocollo di intesa che veda coinvolti tutti gli attori della filiera: produttori, industria e grande distribuzione. In primo luogo con l’obbiettivo comune di riuscire a smaltire e riciclare tutti i materiali pop, implementando un servizio di ritiro presso il punto vendita nell’ambito di una “zona test”. In secondo luogo, dopo l’estensione del servizio su scala nazionale, reimmettendo nel ciclo di produzione, gran parte dei materiali già distribuiti».
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Display èMagazine
CONSORZI
di Marta Boggione
“Il RI-CICLO DI VITA DEL DISPLAY” Nell’ampio servizio che proponiamo su questo numero sono state inserite diverse interviste finalizzate all’apertura di un dibattito sul riciclo del Display e dei materiali espositivi per lo shopfitting. L’istanza che nasce su iniziativa di alcuni produttori del settore, è di forte interesse per tutta la filiera del marketing espositivo cui appartengono produttori di materiali in lastra, i retailer, l’industria di marca e appunto consorzi di riciclo. Il servizio è organizzato per materia prima: plastica, cartone, legno e alluminio CONAI il contributo all’economia circolare
Insieme a CONAI, nascono i Consorzi di filiera, ovvero il braccio operativo, ciascuno dei quali si occupa di un materiale: Rilegno per il legno, COREPLA per la plastica, Comieco per carta e cartone, Ricrea per l’acciaio e Coreve per il vetro. Il consorzio, essendo privato, senza fini di lucro, in Italia è un modello unico di gestione da parte di privati di un interesse di natura pubblica: la tutela ambientale basata sul principio di responsabilità estesa tra imprese, pubblica amministrazione e cittadini, dalla produzione dell’imballaggio alla gestione del fine vita dello stesso. Al Sistema Consortile aderiscono oltre 850.000 imprese tra produttori e utilizzatori di imballaggi, le quali versano un Contributo ambientale che rappresenta la forma di finanziamento grazie al quale CONAI sostiene gli oneri economici necessari al raggiungimento e al superamento degli obiettivi di legge di riciclo e recupero. Del sistema italiano ci parla Luca Stramare, responsabile Progetti Speciali e Rapporti con le Associazioni per COREPLA.
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Per quanto riguarda il solo dato di riciclo, nel 2018 è previsto l’avvio a riciclo di circa 9 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, pari al 68,2% del totale degli imballaggi immessi al consumo.
Secondo le prime stime, non essendo ancora disponibili i dati ufficiali, nel 2017 è stato recuperato complessivamente il 78% degli imballaggi immessi al consumo, 3 punti in più rispetto all’anno precedente.
L’effetto del riciclo dei rifiuti di imballaggio ha permesso il risparmio, solo nel 2016, di 19 TWh di energia, pari al consumo di 11 centrali termoelettriche. L’ambiente ringrazia.
Ci racconta brevemente la storia di Corepla e della sua attività?
Il consorzio COREPLA nasce insieme al sistema CONAI. È stato il Decreto Ronchi a istituire il sistema CONAI attuando in Italia il principio di responsabilità estesa che significa che un’azienda che immette sul mercato un imballaggio non possa ignorare il destino di quell’imballaggio una volta che esso ha svolto la sua funzione. Il decreto ha stabilito che le aziende dovessero farsi carico del fine vita dei propri imballaggi o personalmente o aderendo al sistema CONAI. L’azienda che decide di non aderire al sistema CONAI e quindi di non pagare il contributo ambientale sui propri imballaggi deve garantire il recupero di almeno il 60% dei propri imballaggi su tutto il territorio nazionale. Può anche organizzarsi insieme ad altre aziende per adempiere a questo impegno, al momento esistono altri due consorzi: uno che si occupa di film in polietilene, e uno che si occupa delle cassette dell’ortofrutta. Quest’ultimo opera a circuito chiuso, ovvero ritira le cassette e le ricicla ottenendo altre cassette. Il funzionamento di questi consorzi è finanziato dalle aziende che vi fanno parte. La cosa fondamentale è che le aziende che vogliono gestire autonomamente i propri rifiuti e solo i propri, sono tenute ad assicurare il recupero su tutto il territorio nazionale e non solo dove gli conviene, per evitare che si generino delle scorciatoie
Perché si paga il contributo CONAI?
Per assicurare il funzionamento del sistema. Alcuni rifiuti hanno un valore sufficiente a fare sì che chi li ha generati non abbia difficoltà a trovare un operatore privato disposto a pagare dei soldi per portarsi via quel rifiuto. Immaginiamo, per esempio, le grondaie di rame di un palazzo, sostituite perché danneggiate. Il rame ha un valore elevato e ci sono aziende che acquistano oggetti di rame per venderli alle fonderie. Qui il mercato si regola da solo. Per gli imballaggi questo non succede sempre. Per gli imballaggi in plastica, che sono molto diversi tra loro, l’avvio a riciclo deve essere preceduto da una operazione di selezione. Il contributo CONAI non è una tassa, è un
corrispettivo per un servizio. In cambio del corrispettivo, il sistema si impegna a raggiungere e superare gli obiettivi di riciclo previsti dalla normativa. Ogni materiale di imballaggio ha un obiettivo di riciclo specifico. Per gli imballaggi in plastica l’obiettivo di riciclo è il 22,5% a livello europeo e il 26% a livello nazionale. È in corso la discussione a livello europeo per l’innalzamento dell’obiettivo. Noi di COREPLA, insieme con gli operatori indipendenti, abbiamo raggiunto due anni fa, nel 2016, il 41% per la plastica. E’ un risultato di tutto rispetto.
Con il sistema dei consorzi dal 1998 ad oggi, si è passati dal riciclo di circa 190mila tonnellate a 4 milioni di tonnellate del 2016.
E una stima per il 2017?
Siamo ad inizio anno, non abbiamo ancora terminato i conteggi. Ci aspettiamo comunque un miglioramento, la percentuale di riciclo è in crescita costante dal 1997. Posso anticipare che nel 2017 è stata superata per la prima volta la soglia del milione di tonnellate di raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, effettuata dai Comuni e gestita da COREPLA .
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smaltiscono rifiuti devono essere autorizzati e l’autorizzazione è specifica per tipologia e quantità di rifiuto. Diamo per scontatissimo che i materiali che costituiscono l’imballaggio abbiano passato l’esame del REACH per questo specifico uso, altrimenti non sarebbe possibile immettere quel materiale sul mercato e quindi commercializzarli per produrre l’imballaggio in Europa o importare l’imballaggio (vuoto o pieno) da fuori Europa. E’ un regolamento di qualche centinaio di pagine che conosco molto bene per altri motivi, in una esperienza lavorativa precedente mi sono occupato del REACH, ho seguito le fasi di ideazione e stesura della normativa! Come dicevo prima: no data, no market.
A me interessava la questione in relazione al Display... L’espositore svolge un’importante funzione per presentare il prodotto, questo è uno dei motivi per cui viene realizzato normalmente in materiale misto.
Gli avanzamenti sono dovuti a quale tipo di iniziative? All’estensione della raccolta differenziata, a un servizio sempre migliore e alle nostre numerose iniziative di comunicazione per sensibilizzare a questo obbligo e beneficio per l’ambiente.
Ritornando agli imballaggi…
Le aziende che decidono di non operare in proprio aderiscono al sistema CONAI versando il contributo ambientale, che permette di far funzionare il sistema secondo una logica no profit. Ogni anno COREPLA fa un conto di entrate e uscite e comunica il risultato a CONAI, che stabilisce il contributo per tonnellata dovuto dalle aziende. Non c’è un guadagno perché il sistema è no profit.
Come si pone COREPLA nei confronti del REACH?
Il regolamento REACH (acronimo di Registration, Evaluation and Authorization of Chemicals) è un regolamento creato nel 2006, stabilisce che un’azienda non può immettere sul
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mercato una sostanza, una miscela, da sole o in un articolo, senza sapere quali saranno gli effetti per la salute delle persone e dell’ambiente. Il REACH è la più importante normativa al mondo che regola i prodotti chimici. Si tratta di una differente declinazione: mentre COREPLA opera sul principio della responsabilità estesa applicata al fine vita, il ReacH si applica a monte, le aziende devono essere a conoscenza delle caratteristiche delle sostanze che producono o importano sostanze nell’Unione Europea e dei loro usi. Senza questa conoscenza le sostanze non possono raggiungere il mercato (no data, no market). Significa che un’azienda deve essere al corrente degli eventuali effetti negativi sull’ambiente e sulla salute delle persone legati alle sostanze che immette sul mercato, li deve comunicare ai propri clienti e deve farsi dire dai propri clienti che uso intendono fare di quella sostanza. E laddove vi siano da prendere delle misure di sicurezza, deve indicarlo. Se ritiene che un particolare utilizzo non sia accettabile, perché i rischi
per l’ambiente e le persone non sono adeguatamente controllati, può rifiutarsi di supportare quello specifico uso. Se il cliente vorrà comunque utilizzare quella sostanza per quello specifico uso, dovrà farsi carico di dimostrare che è un impiego sicuro. Faccio un esempio. Una sostanza pericolosa potrà essere prodotta per essere usata in un processo di sintesi dentro un impianto chimico, che la trasforma chimicamente in un’altra sostanza non pericolosa, ma non potrà essere usata, ad esempio, per conferire il colore a un fuoco d’artificio, che nell’esplosione la spargerebbe nell’ambiente in modo incontrollato. Nel primo caso il rischio è noto ma può essere adeguatamente controllato, nel secondo la combustione potrebbe essere parziale e parte della sostanza finire nell’ambiente. Per questo secondo uso si utilizzeranno sostanze diverse. In pratica si ribalta l’onere della prova. Non sono più le autorità a dimostrare che una sostanza è pericolosa e quindi a vietarne l’uso, ma è l’azienda che la produce o la importa a fornire le prove che per poterla commercializzare, deve valutare i rischi e dimostrare che questa sostanza può essere usata in modo sicuro per usi specifici. Tutte queste informazioni confluiscono in un dossier a disposizione delle autorità, che dopo averlo valutato, possono imporre la sostituzione delle sostanze particolarmente pericolose, ad esempio perché sono cancerogene.
Non ha a che vedere dunque con l’imballaggio?
Diciamo che ha a che vedere con il materiale con cui è fatto l’imballaggio. COREPLA è un gestore di rifiuti e i rifiuti sono esenti dal REACH perché sono regolamentati da altre normative, ad esempio tutti i soggetti che raccolgono, trasportano, stoccano, riciclano o
Il sistema CONAI si occupa della gestione del fine vita degli imballaggi e COREPLA gestisce principalmente gli imballaggi di plastica provenienti dalla raccolta differenziata domestica, quella effettuata dai Comuni. Non quelli generati da commercio e industria, e i Display appartengono a questa categoria perché non arrivano al consumatore finale, ma restano nel negozio. Nel mondo commercio e industria tantissimi imballaggi in plastica vengono ceduti direttamente ai riciclatori, quelli che noi chiamiamo operatori indipendenti. Spesso hanno un valore perché non necessitano di selezione ma possono essere riciclati così come sono raccolti. È il classico esempio del centro commerciale: il film di polietilene utilizzato per avvolgere i bancali viene ceduto a un riciclatore, per il quale rappresenta un rifiuto di valore, dal quale può ricavare una materia prima seconda di qualità. Il mercato ha già trovato una soluzione e non serve che COREPLA intervenga.
Voi quindi non avete rapporti con il commercio e la grande distribuzione?
Interveniamo laddove il recupero è possibile ma il mercato non ha trovato una soluzione, ovvero in seconda battuta. I Comuni non sono obbligati a conferire la raccolta differenziata a COREPLA, in cambio di un corrispettivo e secondo le regole stabilite dall’accordo quadro ANCI-CONAI. E’ una loro scelta. Nel caso degli imballaggi in plastica, la quasi totalità dei Comuni italiani sceglie di farlo, tant’è che nel 2016 abbiamo dato circa 280 milioni di Euro ai Comuni italiani, in cambio delle 960 mila tonnellate di raccolta che ci hanno conferito. Significa che quasi tutti i Comuni ritengono più vantaggioso conferire a COREPLA la raccolta differenziata della plastica in cambio di un corrispettivo a copertura dei maggiori costi che la raccolta differenziata comporta, piuttosto che selezionare e vendere il rifiuto direttamente. Per altri materiali la
percentuale di adesione all’accordo è inferiore, può essere che alcuni Comuni preferiscano vendere direttamente la raccolta di questi materiali (ad esempio i metalli alle fonderie o la carta alle cartiere) invece che usufruire dell’opportunità offerta dal sistema consortile. Il mondo del commercio e dell’industria si gestisce principalmente da solo e noi interveniamo in seconda battuta, per esempio abbiamo delle piattaforme per il polistirolo espanso, dove interveniamo noi. Come dicevo prima, il nostro scopo, previsto dalla normativa, è intervenire laddove il mercato non ha trovato una soluzione, per garantire il raggiungimento degli obiettivi di riciclo, non sostituirci agli operatori privati. Il fatto che gli imballaggi utilizzati da commercio e industria siano relativamente standardizzati e in molti casi facili da riciclare, favorisce appunto l’attività degli operatori indipendenti. Viceversa la raccolta differenziata domestica è composta da imballaggi molto diversi tra loro, che per essere avviati a riciclo devono essere selezionati in flussi omogenei.
perché, a differenza della raccolta differenziata domestica, sulla quale effettuiamo analisi merceologiche su base regolare, nel mondo degli imballaggi gestiti da altri operatori abbiamo il dato delle quantità raccolte e riciclate (che deriva dal fatto che i rifiuti devono essere tracciati e sono identificati per categoria) ma non la suddivisione per le singole tipologie di imballaggio. È il dato che usiamo per
calcolare il totale degli imballaggi avviati a riciclo in Italia, somma di quelli gestiti da noi e di quelli gestiti appunto dagli operatori indipendenti. In questo caso il fine vita dell’imballaggio è molto influenzato dalla sua tipologia costruttiva. È probabile che se l’espositore è costituito da un solo materiale, questo materiale viene già conferito a un operatore indipendente che lo ricicla. Penso, ad esempio, ad un espositore interamente in cartone, che molto probabilmente viene avviato a riciclo insieme con gli scatoloni vuoti. Anche un espositore in plastica, ad esempio in polietilene, potrebbe confluire nella raccolta differenziata della plastica. Viceversa un espositore costituito da materiali diversi, ad esempio plastica, legno e metallo, è probabile che finisca insieme agli altri rifiuti indifferenziati. Chi progetta i Display dovrebbe prestare attenzione alla semplificazione. Meno l’elemento è complesso, costituito quindi da un solo materiale, e più facile sarà che finisca in un flusso che va a riciclo, fatte salve le comprensibili esigenze di dover presentare un prodotto. Inoltre il Display è una tipologia di imballaggio che si presta
particolarmente al riutilizzo, nel senso che può essere riempito di nuovo con il prodotto, senza doverlo buttare ogni volta, e nella gerarchia dei rifiuti, il riutilizzo, laddove possibile e sostenibile, è preferibile al riciclo, in quanto si evita la produzione di rifiuto. Infine un altro aspetto è il “dove” l’espositore diventa rifiuto. La massa critica conta, nel senso che un grande centro commerciale genera grandi quantità di imballaggi di rifiuto, spesso appartenenti a tipologie distinte. È quindi più facile che possa organizzare una raccolta differenziata separata per alcune tipologie di materiali e di imballaggi, mentre il bar o il piccolo negozio, che producono piccole quantità di rifiuti, spesso li conferiscono nella normale raccolta differenziata o indifferenziata gestita dai Comuni (si parla di rifiuti assimilati agli urbani), o, quando si tratta di rifiuti ingombranti, nelle piazzole ecologiche. Ci potranno essere casi in cui l’espositore confluisce in un flusso che viene avviato a riciclo ed altri in cui questo non è possibile, o per le caratteristiche dell’espositore stesso, o per la mancanza di un flusso similare nel quale farlo conferire.
Ma allora il Display che fine fa?
La risposta giusta è “dipende”. È una categoria molto variegata per tipologia di materiali impiegati, alcuni sono costituiti da un solo materiale, altri da più materiali e anche quelli realizzati interamente in plastica, possono essere costituiti da elementi di polimeri diversi. Non abbiamo informazioni precise
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Ma allora perché l’espositore non può essere trattato come il Tetra Pak?
Tornando all’idea di incentivare i produttori di Display a non utilizzare materiali misti al fine di favorire la raccolta e il riciclo…
Con CONAI insieme all’Università di Venezia abbiamo stilato delle linee guida per la facilitazione delle attività di selezione e riciclo e selezione degli imballaggi. È un lavoro che ho seguito personalmente, più orientato al rifiuto domestico, ma i principi fondamentali restano validi anche per tutte le altre tipologie. Le linee guida sono scaricabili a questo indirizzo: http://www.progettarericiclo.com/ Abbiamo cominciato con gli imballaggi in plastica, ma in futuro saranno realizzate le linee guida anche per gli altri materiali. È un lavoro che considero molto importante, conoscere come viene gestito un imballaggio in un impianto di selezione e riciclo aiuta le aziende a fare scelte che ne favoriscono il riciclo.
Ma a una legge per incentivare i retailer ad applicare la raccolta differenziata qualcuno sta pensando?
Noi abbiamo fatto una cosa importante: da quest’anno il contributo ambientale per gli imballaggi in plastica non è più uguale per tutti. Fino all’anno scorso le risorse economiche necessarie al funzionamento del sistema venivano raccolte facendo pagare alle aziende un contributo per tonnellata di imballaggi immessa sul mercato uguale per tutti gli imballaggi. Il calcolo sul peso è una leva di prevenzione perché meno pesa l’imballaggio e meno l’azienda paga, quindi l’azienda è spinta ad utilizzare la plastica in maniera più efficiente. Nel giro di venti anni il peso delle bottiglie per l’acqua minerale si è dimezzato. Da quest’anno al criterio quantitativo abbiamo aggiunto anche selezionabilità e riciclabilità, stabilendo che le categorie costituite da imballaggi prevalentemente selezionabili e riciclabili godano di uno sconto. Il tutto,
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ovviamente, mantenendo la logica no profit del sistema. L’ideale sarebbe poter valutare la selezionabilità e riciclabilità del singolo imballaggio, ma nella pratica il sistema sarebbe ingestibile. CONAI, con il supporto tecnico di COREPLA e il coinvolgimento della filiera, attraverso le associazioni di categoria, ha portato avanti questo progetto, iniziato tre anni fa. Abbiamo diviso gli imballaggi in circa sessanta categorie e per ciascuna di esse siamo andati a vedere se erano prevalentemente selezionabili e riciclabili oppure no. La chiave è nel principio di prevalenza. E’ chiaro che non esiste nessuna categoria costituita solamente da imballaggi selezionabili e riciclabili, così come non ne esiste una costituita da imballaggi non selezionabili e non riciclabili. E’ come a scuola, in una classe ci possono essere più o meno studenti bravi, che portano a casa voti alti nelle interrogazioni. Ecco, se mi è consentita la metafora, è come se avessimo voluto premiare le classi dove la maggior parte degli studenti ottiene ottimi risultati. Abbiamo attribuito uno sconto alle categorie in cui la maggior parte degli imballaggi sono selezionabili e riciclabili. Gli imballaggi che non appartengono a queste categorie continuano a pagare il contributo pieno. Per le categorie di imballaggi appartenenti al commercio ed industria non esiste la selezione automatica, che è una operazione che si effettua sulla raccolta differenziata domestica. In questo caso l’imballaggio viene considerato selezionabile quando può essere raccolto in un flusso omogeneo che entra tal quale in un impianto di riciclo, ad esempio in un cassone dedicato piazzato presso il centro commerciale. Per il momento gli espositori in plastica rientrano nella categoria di imballaggi che pagano il contributo pieno. Ma non è detto che sarà sempre così. In ambito
CONAI è stato previsto un comitato tecnico permanente di valutazione, il cui scopo è monitorare il sistema e proporre le eventuali modifiche. Quindi non è detto che una categoria di imballaggi che oggi è a contributo pieno debba restarci per sempre. Se gli sforzi delle aziende per rendere gli imballaggi di questa categoria più riciclabili, ma anche gli sviluppi nelle tecnologie di selezione e riciclo, forniranno evidenza che la situazione è cambiata, e che gli imballaggi che essa comprende sono prevalentemente selezionabili e riciclabili, il comitato ne proporrà lo spostamento. I produttori di espositori possono lavorare in tal senso. Ma attenzione, perché potrebbe succedere anche il contrario, e cioè che una categoria che oggi gode di agevolazione passi al contributo pieno, se le scelte delle aziende nel frattempo hanno fatto sì che gli imballaggi di questa categoria non siano più così tanto selezionabili e riciclabili come prima.
Perché Tetra Pak sì e Display cartotecnico plastificato no? Mi riferisco alla possibilità di riciclarlo insieme alla carta.
Il Tetra Pak a causa della presenza dello strato di carta non può essere riciclato insieme alla plastica ma, seppure non in tutte le cartiere, può essere invece riciclato insieme alla carta. La carta è costituita da fibre di cellulosa ed è riciclabile. Ma ad ogni passaggio di riciclo, le fibre si accorciano per effetto dello stress meccanico e diminuiscono di conseguenza le prestazioni e il valore del materiale. La componente di carta del Tetra Pak è costituita da fibre di cellulosa vergine, quindi molto lunghe, che se riciclate, permettono di ottenere carta e cartone di qualità. Alcune cartiere hanno modificato i loro impianti per recuperare queste fibre, separando la parte cellulosica da quella di plastica e di alluminio, e quindi sono in grado di riciclare gli imballaggi in Tetra Pak.
Beh, in realtà non lo sappiamo, noi di COREPLA ci occupiamo di imballaggi in plastica. Può darsi che la cartiera che recupera gli scatoloni di un centro commerciale si faccia carico anche degli espositori realizzati interamente in cartone ma, ancora una volta, molto dipende dalla struttura del singolo espositore e dalla dotazione impiantistica del riciclatore che può accettare questo imballaggio, la cartiera nel caso di un espositore in cartone, il riciclatore di materie plastiche nel caso di uno in plastica. In generale i riciclatori di materie plastiche evitano gli imballaggi che possono avere componenti che possono danneggiare gli impianti, ad esempio pezzi metallici, che possono rovinare le lame dei mulini. Evitano quelli che sono costituiti da materiali diversi (ad esempio polimeri diversi o plastica e altri materiali) non compatibili tra loro in fase di riciclo e quelli costituiti da un insieme di materiali, che, anche se in teoria permetterebbero il riciclo della componente plastica, genererebbero grandi quantità di scarti nel processo, facendo salire i costi. La semplificazione è la strada giusta, ma mi rendo conto che non sempre è possibile. Gli imballaggi esistono per una ragione e qualsiasi imballaggio deve soddisfare i famosi quattro pilastri: le normative che sono cogenti, in particolare per gli imballaggi destinati al contatto con gli alimenti, i requisiti tecnici, ovvero svolgere il compito per il quale quello specifico imballaggio è stato ideato, le esigenze di marketing e rientrare nei requisiti di costo stabiliti dall’azienda. Chiaramente il rispetto delle normative è imprescindibile, per il resto ogni azienda sceglie quello che ritiene essere il miglior compromesso tra prestazioni, marketing e costi. Ecco, mi piacerebbe che accanto a questi quattro pilastri se ne aggiungesse un quinto, la riciclabilità, cioè che le aziende, rispettando la normativa e mantenendo il giusto equilibrio tra prestazioni, marketing e costi, si preoccupassero, attraverso il “design for recycling” di far si che l’imballaggio sia anche facile da riciclare. Questo vale anche per gli espositori.
Avete pensato a degli incentivi in questo senso?
Intanto la diversificazione del contributo ambientale rappresenta una importante leva economica. Ma se guardiamo alla singola azienda, esiste una importante iniziativa CONAI, chiamata “Bando Prevenzione” che premia le aziende che hanno investito in attività di prevenzione rivolte alla sostenibilità ambientale dei propri imballaggi, agendo su almeno una delle seguenti leve: riutilizzo, risparmio di materia prima, ottimizzazione della logistica, facilitazione delle attività di riciclo, utilizzo di materie provenienti da riciclo, semplificazione del sistema di imballo e ottimizzazione dei processi produttivi. L’azienda deve presentare l’azione di miglioramento (il “prima” e il “dopo”) e, sulla base del numero di leve attivate,
ottiene un riconoscimento, in termini economici ma soprattutto di visibilità. I casi premiati rappresentano un vero e proprio elenco di “best practices”, che mostrano come gli imballaggi possano essere migliorati dal punto di vista della sostenibilità ambientale, con un ritorno in termini di immagine per le aziende, al punto che molte aziende si impegnano e presentano ogni anno casi nuovi. Le aziende che producono espositori e che hanno effettuato interventi sui propri imballaggi in questo senso sono invitate a partecipare al bando, CONAI sta per lanciare l’edizione 2018.
Iniziative previste per il 2018 e nuove leggi?
È stata pubblicata pochi giorni fa la Strategia sulle plastiche a livello europeo. Un documento di principi generali, non è una legge ma una dichiarazione d’intenti. Spiega in che direzione vuole andare l’Europa: per quanto riguarda la plastica, chiede espressamente imballaggi più facili da riciclare (il diavolo si nasconde nei dettagli, una bottiglia di plastica è un imballaggio facilissimo da riciclare ma basta un’etichetta o un tappo sbagliati per ostacolarne il riciclo). A volte scelte banali rovinano tutto, ed è il motivo per cui ho scritto quelle linee guida di cui parlavamo, proprio per evitare di vanificare con una scelta sbagliata, magari dettata da un’esigenza di marketing o per mancanza di conoscenza di ciò che succede a valle della raccolta differenziata, la possibilità di riciclare un materiale di per sé semplice.
Non potrebbero queste linee guida rientrare in un progetto di legge? No, a causa dell’estrema variabilità cui è soggetto l’imballaggio. Il legislatore può solo mettere l’asticella sul riciclo, stabilire degli obiettivi che devono essere raggiunti. Ma non è possibile intervenire puntualmente sul singolo imballaggio in un mondo come il nostro estremamente in divenire, basta un trattamento superficiale della plastica, un rivestimento piuttosto che un altro, un inchiostro, a cambiare la prospettiva di riciclo di un certo imballaggio. Ad esempio molte aziende usano diversi canali per raccogliere informazioni sui comportamenti, sulle preferenze del consumatore e sul modo in cui sceglie e usa il prodotto. Sono quindi in grado di progettare imballaggi sempre migliori dal punto di vista del consumatore. Oggi abbiamo imballaggi che ci semplificano e ci migliorano la vita, giorno dopo giorno. Mio nonno mai avrebbe immaginato di poter comprare sei fette di prosciutto in una vaschetta sigillata e tenerle in frigorifero per un mese, ai suoi tempi il prosciutto a fette si comprava dal salumiere affettato al momento e si consumava nel giro di pochissimi giorni, altrimenti lo si doveva buttare. Ecco, mi piacerebbe che anche le informazioni che permettono alle aziende di migliorare il fine vita dei propri imballaggi arrivassero alle persone che li progettano. Le linee guida vanno in questo senso. Penso anche che l’imballaggio sia destinato a cambiare, per venire
incontro a sempre nuove esigenze ed ai cambiamenti sociali, penso ad esempio al sempre maggior numero di persone che vivono da sole. Quindi le aziende devono poter innovare per soddisfare queste nuove esigenze. Il mondo cambia ed è giusto che gli imballaggi si adeguino. Gli imballaggi del futuro, in particolare quelli in plastica, potrebbero essere molto diversi da quelli di oggi. Le conoscenze sul fine vita di cui parlavo prima possono permettere alle aziende di innovare senza che l’innovazione vada a compromettere la filiera del riciclo. A livello europeo abbiamo una importante iniziativa di cui sono segretario, la piattaforma EPBP (European PET Bottle Platform), il cui scopo è aiutare le aziende a realizzare bottiglie di PET che siano compatibili con il riciclo, pubblicando linee guida specifiche e valutando, in forma confidenziale, le innovazioni anche prima che arrivino sul mercato, quando l’azienda può intervenire per risolvere eventuali criticità a livello di riciclo.
Possiamo dire allora che l’imballaggio deve contenere le nuove abitudini e gestualità dell’essere umano…
Possiamo dire tante cose, ma io vorrei citare le parole di Julian Carrol, che è stato Presidente di EUROPEN e che ha detto: “Escludendo gli imballaggi, c’è da chiedersi se esista qualche cos’altro al mondo collegato a così tanti settori economici diversi tra loro, che migliora la vita di miliardi di persone, previene la generazione di rifiuti e, nonostante tutto questo, viene considerato negativamente da molte persone”. Ecco, mi piacerebbe che attraverso gli sforzi di tutta la filiera, le persone, rendendosi conto che gli imballaggi in plastica possono essere raccolti e riciclati, possano cambiare questa percezione negativa.
LA CIRCOLARE DI CONAI Ai fini dello smaltimento e quindi del contributo stabilisce le categorie di espositori (Display) da equiparare agli imballaggi. Per molti produttori soprattutto cartotecnici resta il dubbio se sia corretto che: a) Ci sia distinzione tra cartoncino teso e accoppiato. b) In molti casi il cartone plastificato non sia smaltibile come tale, ma debba essere classificato come poliaccoppiato destinato all’indifferenziata. Diversamernte, il Tetra Pak che pure è un materiale accoppiato può essere smaltito nella carta. Una risposta ai quesiti, “in queste pagine”, la da Luca Stramare di COREPLA, consorzio parte di CONAI
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DATA REPORT
a cura della redazione su fonte rapporto CONAI
Le statistiche del riciclo e il contributo ambientale Prima che il lettore acceda alle statistiche è doveroso sottolineare che i dati riportati nelle tabelle di seguito riguardano il cosiddetto imballaggio immesso al consumo senza distinzione di identità . L’imballaggio infatti ha valenza di rifiuto solamente una volta deconfezionato e raccolto in maniera più o meno differenziata. I dati dunque non distinguono i soggetti della produzione del rifiuto che invece ha una doppià natura: domestica (quando generato dal consumatore), commerciale, quando generato da aziende, categoria in cui bisogna far convergere il retail (si immagini la quantità di rifiuti da imballaggio prodotti da un centro commerciale solo di imballi secondari e terziari) Tale distinzione è stata prevista nel d. lgs. n. 152/2006 che prevede un sistema per la gestione di imballaggi fondato sulla collaborazione tra gli operatori economici secondo il criterio della “responsabilità condivisa” (art. 219, comma 2), caratterizzato da una ripartizione di competenze tra produttori e utilizzatori di imballaggi da una parte e pubblica amministrazione dall’altra. Nonché dall’obbligo di realizzazione degli obiettivi di recupero e di riciclo disciplinati dall’art. 220 e fissati nell’allegato E del decreto, in conformità con la disciplina comunitaria. A carico dei produttori di imballaggi la legge pone: i) l’attività di ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque
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conferiti al servizio pubblico della raccolta differenziata, quest’ultima gestita dalla pubblica amministrazione, e in particolare dai Comuni (ai sensi degli artt. 198 e 222); ii) l’attività di raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari presso piattaforme private; iii) l’attività di recupero e di riciclo degli imballaggi usati. Fatte salve le distinzioni tra imballaggi commerciali e industriali e tra produttori e utilizzatori dell’imballaggio, a tali fini i produttori di imballaggio possono alternativamente: a) aderire a uno dei Consorzi di filiera costituiti per ciascuna tipologia di materiale di imballaggio (art. 221, comma 3, lett. b, e art. 223); b) “organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale” (art. 221, comma 3, lett. a); c)mettere in atto “un sistema di restituzione dei propri imballaggi” (art. 221, comma 3, lett. c). Secondo la lettera dell’ Art. 221, è previsto che le imprese produttrici di imballaggio debbano individuare i luoghi di raccolta per la consegna degli imballaggi usati, in accordo con le imprese utilizzatrici degli imballaggi medesimi. A livello operativo, gli utilizzatori di imballaggio si occupano della raccolta e del trasporto fino alla piattaforma individuata, mentre i produttori hanno
l’onere della successiva valorizzazione del materiale. In particolare, sono state predisposte 579 piattaforme distribuite su tutto il territorio nazionale (27% al Sud, 16% al Centro, 57% al Nord) per il conferimento di rifiuti d’imballaggio secondari e terziari, per i quali il sistema consortile si assume i costi delle attività di selezione e valorizzazione. L’attività delle piattaforme, che costituisce una fondamentale rete residuale di conferimento e riciclo, si è rivelata fino ad oggi assolutamente determinante con riferimento ai rifiuti di imballaggio
secondari e terziari in materiale legnoso e marginale per gli altri materiali. Va inoltre segnalato che, nell’ambito di un apposito accordo siglato nel 2012 tra CONAI, Corepla, Ricrea, Rilegno e le Imprese del settore della bonifica e del riciclo di fusti, gabbie e cisternette multimateriali, rappresentate da ARI, ANRI e Confima, il sistema supporta anche un network di piattaforme dedicate alla bonifica e rigenerazione di tali imballaggi rigidi industriali. Tale network è costituito da 35 impianti.
Chi inquina paga: contributo CONAI
Il concetto della responsabilità condivisa in plastica (che rappresenta circa il 50% individuato dal legislatore per la del mercato) e la conseguente entità del ripartizione dei doveri legati alla titolarità contributo è una mappatura nazionale dei rifiuti si può anche riassumere che COREPLA è riuscita a realizzare nell’espressione “Chi inquina paga”. Detto sul territorio nazionale in base alla ciò a carico dei produttori italiani vi è un distribuzione delle aziende e delle 60 contributo utile all’organizzazione e alla tipologie di materiali diversi da esse gestione dei rifiuti di cui beneficiano i prodotti, i quali, possono essere ricondotti consorzi. alla definizione di plastica. Sugarmedia Il Contributo ambientale CONAI selettività la sua Innovativa l’idea di Sugarmedia, realtà che operaLanel mercatodel deimateriale servizi e edei pro-facilità rappresenta la forma di finanziamento di riciclo portano alla determinazione dotti per la ristorazione esterna, che ha presentato al Viscom Sugarmix, un nuovo del attraverso la quale CONAI ripartisce di prossimità. contributo. media che massimizza la comunicazione Si tratta di un contenitore, tra produttori e utilizzatori il costo In generale a venti anni dalla fondazione unaper sorta di dispenser per bustine di zucchero e tovagliolini di un video di 8 i maggiori oneri della raccolta del Consorzio,dotato il Contributo Ambientale pollici che ne occupa la superficie e che trasmette contenuti. “Questo prodotto – ha differenziata, per il riciclaggio e per il CONAI, stabilito sin dal 1998 per ciascuna spiegato Antonio Quatraro di Sugarmedia pensato per il canale dei bar, il non è recupero dei rifiuti di imballaggi. Tali – è stato tipologia di materiale di imballaggio, luogo chesulla ha labase più dialta frequentazione in Italia ne sono 180.000”. costi, quanto previsto dalquotidiana, più unico percemateriale. Sugarmix ha un software tempo realeildei contenuti, D.lgs. 152/06, vengonodedicato ripartiti per “in la gestione Nelin2016, infatti, Consiglio di che proporzione quantità totale, al peso e informazioni Amministrazione di CONAI ha approvato possono esserealla messaggi pubblicitari o anche di pubblica utilità o no- il alla“E’ tipologia del materiale di imballaggio diversificazione contributiva a tizie. uno strumento potente perché agisce progetto a contattodivisivo con il consumatore immessi sul pausa mercato nazionale” prima favorevole cominciare dagli imballaggi in plastica. durante la sua caffè, un momento a memorizzare messaggi” ha che questi possano essere considerati un Vedi la pagina dedicata all’argomento: commentato Quatraro. rifiuto idoneo al riciclo. altamente flessibile http://www.conai.org/imprese/ Sugarmix è uno strumento in termini di pianificazione pubPer quanto riguarda la plastica, il relativo contributo-ambientale/contributoblicitaria, grazie alla possibilità di “splittare” la programmazione pubblicitaria, dal contributo è diviso in 3 fasce di impatto. diversificato/ panorama nazionale, al regionale, provinciale e locale. Questa caratteristica risulta A determinare la qualità dell’imballaggio interessante per tutti quei potenziali inserzionisti che non hanno accesso a pianificazioni pubblicitarie, poiché non in possesso di budget congrui.
Contributo Ambientale per tipologia di materiale: ACCIAIO
8,00 €/t dal 1° gennaio 2018)
ALLUMINIO
45,00 €/t (35 €/t dal 1° giugno 2018)
CARTA
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Leve strutturali
Il progetto di diversificazione contributiva degli imballaggi in plastica, approvato nel 2016, è volto a incentivare l’uso di imballaggi maggiormente selezionabili e riciclabili e si concretizzerà con l’entrata in vigore dei valori delle tre fasce contributive dal 1°gennaio 2018. I tre valori contributivi sono stati determinati mediante un approccio di Life Cycle Assessment semplificato, sottoposto a Critical Review da parte di un Ente terzo di certificazione, che ha permesso di individuare gli impatti ambientali legati al fine vita/nuova vita delle diverse tipologie di imballaggi. Sebbene il valore del CAC plastica è rimasto invariato fino al 1° gennaio 2018, è stata comunque messa a disposizione la nuova modulistica per le dichiarazioni dal 1° maggio 2017, il cui utilizzo è stato reso obbligatorio per le dichiarazioni di competenza di luglio 2017, così da facilitare l’adozione del nuovo impianto dichiarativo da parte delle aziende.
Premio alla maggiore sostenibilità
Nel 2017 è stata realizzata la quarta edizione del Bando CONAI per la prevenzione, l’iniziativa, patrocinata dal Ministero dell’Ambiente, che premia e valorizza le soluzioni di packaging (e i Display che rientrano in questa categoria) più innovative e ecosostenibili immesse sul mercato nel biennio 2015-2016. Per questa quarta edizione, è stato aumentato il montepremi, mettendo in palio 400.000 euro per premiare i progetti meritevoli, di cui 60.000 euro destinati ai 6 casi più virtuosi, rappresentativi dei materiali di imballaggio: acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro e 10.000 euro per il caso che risulterà particolarmente significativo dal punto di vista tecnico-progettuale. Dato il successo e la crescente partecipazione delle aziende al Bando del 2017 - che ha premiato 64 aziende che hanno investito nella realizzazione di 86 imballaggi a ridotto impatto ambientale con un riconoscimento economico e visibilità, attraverso specifiche iniziative (articoli, interviste, eventi dedicati, ecc.) - nel 2018 si prevede di indire una nuova edizione con ulteriori novità e incentivi per le aziende vincitrici.
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SPECIALISTI
di Barnaba Barattieri
Gatto-Sarno, esempio di Display industry sostenibile In forte rilancio dopo una serie di acquisizioni il gruppo bellunese unisce capacità industriale e artigianalità per la produzione di Display e packaging di lusso. Grazie a una divisione R&D tratta innumerevoli tipologie di materie prime. E la sua sostenibilità è volontaria e certificata Fin dalla sua nascita negli anni ‘30, il gruppo Gatto si è sempre distinto nel panorama industriale per la sua sensibilità verso le politiche di rispetto ambientale e del territorio. Non è un caso che Intertek, noto ente privato specializzato nella certificazione di sistemi e processi, abbia inserito la compagine bellunese nel suo portfolio di presentazione, quale esempio di società italiana del comparto Displaypackaging durevole capace di ottenere un ein plein di certificazioni in tutti i suoi asset: produzione, sicurezza e impatto ambientale. Una vera e propria anticipazione dei tempi che come spiega Cristian Paravano Direttore Generale della Capogruppo Gatto Stucci SpA:
“Nasce dalla ferma convinzione che una gestione strutturale,eco-compatibile ed etica, non solo migliora già da ora le nostre prestazioni economiche e finanziarie, ma nel nostro piccolo contribuirà alla creazione di un mercato globale più sostenibile. Siamo certi che questo indirizzo ci aiuterà a tenere il passo con il mercato garantendo la stabilità in termini di business per gli anni a venire”.
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Sotto il profilo ambientale ed etico il percorso di certificazione ha implementato procedure di sostenibilità ed eco compatibilità dei sistemi produttivi: In questo percorso qualitativo, il Gruppo Gatto ha condiviso la sua visione e il suo progetto con tutti gli stakeholder, inclusi i fornitori e offre ai sui clienti l’opportunità di scegliere tra una gamma di articoli realizzati con materiali e tecnologie eco-friendly. Sono prodotti progettati per ottimizzare e limitare, oltre ai costi logistici, anche l’impatto di CO2, contribuendo così alla politica di riduzione della cosiddetta Carbon Footprint secondo i parametri previsti dal protocollo di Kyoto.
Alle varie certificazioni ISO9001 conseguite dalle aziende del gruppo a partire dal 2008, si sono aggiunte quelle relative alla sicurezza sul lavoro e la responsabilità sociale (SA8000) nel 2015. Nel secondo semestre 2017 è stato portato a termine il percorso con l’ottenimento delle certificazioni ISO 14001, per la gestione ambientale e ISO / OHSAS 1800, relativa agli aspetti della sicurezza sul luogo di lavoro. Senza contare tutti gli interventi e adempimenti messi in campo al fine di soddisfare le regulatory compliance (conformità normative), necessarie per allineare l’azienda alle normative nazionali e internazionali vigenti e con i codici di condotta finalizzati alla legalità e alla reputazione dell’impresa. “La prossima sfida -conclude Paravanoriguarderà l’interpretazione delle istanze tecnologiche dettate dal’industry 4.0 che come è noto si è concretizzata in un recente piano nazionale reso attivo dallo Stato Italiano. Per questo Gatto è parte dell’Information Hub di Belluno promosso da Confindustria”.
(oggi Gatto Display) e di Sarno Display di Carnate-MB-, dapprima con il supporto di un fondo di investimento, di cui poi, nel 2015, sono state rilevate le quote per l’ottenimento della piena titolarità del gruppo che oggi vanta 47 mio di euro di fatturato nel 2017. Il Direttore della divisione Gatto Display Iuri Todesco, ha spiegato che presso la business unit padovana vengono seguiti i progetti speciali destinati alla
Gli stilisti del Display
Il Gruppo Gatto annovera tra i clienti i leader del mercato internazionale dei settori Eyewear, Cosmetics, Jewlery. Si tratta di alcuni dei più prestigiosi marchi internazionali che contano su Gatto per tutte le loro esigenze di packaging e Display, l’elenco dei settori sarebbe lungo ma stringenti accordi di riservatezza ci impongono l’”embargo”. Tra il 2000 e il 2010 la società Bellunese che fa capo alla famiglia De Silvestro ha dato il via a una sequenza di acquisizioni che ne hanno allargato le competenze, in particolare al settore del Display e dello Shopfitting. Nel 2000 e nel 2005 i vertici di Gatto hanno realizzato l’incorporazione di Modoplex di Padova
prototipazione di packaging e Display destinati a un mercato decisamente high-end e top di gamma per ricerca, design e utilizzo di materiali di pregio”. L’azienda del gruppo basata a Veggiano, è a tutti gli effetti un centro di ricerca e sviluppo, dotato di una raccolta di materiali con un campionario che supera le 1000 unità, tra materie plastiche, tessuti, velluti, metalli, pietre, accoppiati ed essenze lignee. Le 14 persone che operano presso Gatto Display sono state selezionate per le loro altissime competenze, abilità ed esperienza nel lavoro
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artigianale. La struttura infatti include una falegnameria, una camera per la verniciatura e la laccatura, un’area con moderni macchinari per la stampa, il taglio, la serigrafia e il cucito, oltre a laboratori dedicati alla realizzazione di tutti quegli effetti speciali molto ricercati dai designer che operano nel mondo del fashion e del lusso. “Tra i nostri obbiettivi non vi è mai la ricerca del prezzo - spiega Todesco - bensì una forte vocazione alla ricerca e allo sviluppo”. Per dare un’idea dell’esclusività dei prodotti che escono dalla Gatto Display, è sufficiente considerare che il quantitativo minimo per passare dal livello artigianale all’ingegnerizzazione è rappresentato da 150 unità di prodotto. In questi casi l’industrializzazione dei prototipi viene affidata alle altre divisioni del gruppo per programmare e gestire produzioni
anche presso qualificati partner esterni.
Con Sarno, l’heritage e la modernità del Display
Sarno Display è leader nel settore del marketing espositivo fin dagli anni ’60, ancor prima del suo matrimonio con il Gruppo Gatto, avvenuto nel 2015, che ha ampliato le opportunità commerciali grazie alle nuove sinergie di gruppo. La conferma di una reputazione che per decenni ha incluso la Sarno tra i trendsetter nella realizzazione dell’immagine Made in Italy. Come spiega Maurizio Rocca, decano in Sarno, oggi sales manager dell’azianda: “Gli scenari commerciali e produttivi del Display sono cambiati. Oggi gli stabilimenti produttivi sono alle prese con i tempi rapidi dettati dal web e dal mobile. Siamo passati da una filosofia di marketing at retail in cui il Display
o lo scaffale erano i terminale di un processo di acquisto che partiva dalla tv per perfezionarsi in negozio (il cosiddetto processo home to store), a un nuovo paradigma che i più definiscono di “commerce everywhere” od ominicanalità. È una logica meno previsionale e più real time in cui il Display non è più unicamente un punto di arrivo, ma uno strumento per eliminare le distanze e le distorsioni comunicazionali tra chi compra e chi vende. Un dispositivo interattivo utile a mantenere alto il livello di emozionalità, in un dialogo con il consumatore che in virtù di una connessione sempre attiva non si interrompe mai. In questo senso gli assortimenti
vengono guidati più che mai dalle vendite. In più con l’industry 4.0 e l’internet delle cose (IoT) la distanza tra la fabbrica e il consumatore è stata decisamente ridotta. In questo contesto definibile Customer Journey e in cui si prefigura un consumatore che in ogni suo spostamento è potenzialmente propenso all’acquisto, il successo delle vendite sarà ottenuto da chi riuscirà a localizzare in maniera più agile gli stock presso i suoi clienti e prospect”. Uno scenario che trova Sarno Display preparata per supportare gli attori dell’industria di marca. Una sorta di Silicon Valley del Display, quella
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di Carnate (MB), con una struttura industriale di olre 10.000 mq e linee produttive configurabili a seconda del prodotto da realizzare. Nel 2017 sono stati prodotti oltre 2 milioni di items di varia tipologia dal General Tester ad espositori da Banco.
Delocalizzazione di prossimità
Talvolta la crescita di un’impresa dipende anche da incontri decisivi e dalla capacità di riconoscere il merito e le potenzialità delle persone. Un’alchimia che nel caso di Gatto si è concretizzata nel ’92 grazie all’incontro con Roberto Fattori e il suo sogno di rilanciare l’economia nella cittadina croata di Cittanova, appena dopo la fine della guerra di Jugoslavia, quando lo spirito di ricostruzione si era appena riacceso. Già due anni dopo Roberto Fattori e Gatto inauguravano la Faisa (Fabbrica Istriana Astucci), dando il via a un polo produttivo locale ma vicinissimo al confine italiano. Oggi, con i suoi 75 addetti che lavorano su un unico turno, alle competenze e tecnologie messe
in campo, alle certificazioni di qualità, in FAISA si definisce lo standard del Made in Europe con una produzione di accessori di moda e di luxury packaging di assoluta eccellenza.
Trade marketing Il pensiero della brand industry sulla sostenibilità Rispondono i rappresentanti di Parmalat e Adidas Francesco Pino, Customer Category Manager - Trade Marketing di Parmalat Secondo lei, per Parmalat, la sostenibilità nel trade marketing è un concetto codificato? Come ormai è consuetudine, all’interno della nostra divisione Trade Marketing l’approccio sostenibile per la ricerca dei materiali è continuo. Per le nostre produzioni di materiali per la GDO viene richiesto ai fornitori di seguire standard precisi legati al rispetto dell’ambiente. Richiediamo che siano realizzati espositori soprattutto per prodotti UHT, realizzati con materiali in cartone completamente riciclabile, stampati con grafiche e colori anch’essi con composti sostenibili. Tuttavia spesso per la realizzazione delle strutture espositive è necessario l’impiego combinato di più materiali. Questo ne complica il riciclo. Come ovviare all’inconveniente? Effettivamente ci sono materiali che richiedono più resistenza per una maggiore durata al’interno dei punti di vendita. Questo vale in particolare per i progetti Display e per le caratterizzazioni della attività promozionali. Questi prodotti sono composti da plastiche e cartone, ma una volta utilizzati sono facilmente divisibili e riciclabili. Crediamo che sia importante valutare maggiormente questo aspetto e dare importanza non solo al business, ma anche all’ambiente. Secondo la filiera è pronta ad affrontare il concetto di sostenibilità? Questo è fondamentale anche per i clienti del retail che hanno rapporti con molte aziende della brand industry che producono materiali POP e quindi si trovano a dover gestire parecchie attività di questo tipo all’interno dei negozi. Ecco perché ci sforziamo di dotarli di materiali che possono essere correttamente smaltiti. Per quanto riguarda il futuro, già ora prestiamo attenzione ai fornitori che ci propongono innovazioni nei componenti, i quali vanno sempre più in una direzione di piena sostenibilità. Simone Mangiarotti, Senior Manager Wholesale Activation Omnichannel Adidas Italy Quanto pensa che conti per Adidas il criterio della sostenibilità nella selezione dei fornitori di materiali di comunicazione? Adidas è un’azienda fortemente orientata all’ecosostenibilità e sta adottando processi concreti volti a dare sostanza a questa scelta. Tali processi si traducono anche in progetti di portata mondiale, un esempio su tutti la collaborazione con il brand Parley, impegnato attivamente nella “riqualificazione” degli ambienti marini oppressi dall’inquinamento. A livello locale e nello specifico nel Trade Marketing questo si riflette in una preferenza di scelta nel contesto del parco fornitori. Scelta che ricade su quelli in grado di garantire determinate metodologie di lavoro, nonché certificazioni relative all’utilizzo di materiali ecosostenibili. Quali le azioni necessarie per realizzare operazioni di trade marketing sostenibili quindi compatibili con l’ambiente o semplicemente con le pratiche di riciclo dei materiali? Per raggiungere questi obiettivi è necessario che la richiesta sia esplicitata in fase di briefing in modo tale per cui ogni fornitore\produttore possa, sin dalla fase di progettazione, concepire i prodotti e pianificare il processo produttivo coerentemente a queste richieste. In questo modo l’impatto maggiore sarà su lead time, modularità degli elementi e costi. E solamente partendo da un progetto ecosostenibile si potrà avere un prodotto ecosostenibile. I materiali pdv in GDO spesso vengono smaltiti nell’indifferenziata. Lei preferirebbe che venissero progettati in modo che ogni elemento del materiale di comunicazione possa essere separato e smaltito in un raccoglitore dedicato? Certo, questo è fondamentale per la corretta “chiusura del cerchio”. Non solo sono importanti la progettazione e la realizzazione modulare, ma è altrettanto fondamentale l’accordo formale tra brand\fornitore e retailer\distributore. Un ambito in cui le modalità e le competenze possono essere negoziate con soluzioni diverse (smaltimento da parte del retailer vs ritiro e smaltimento da parte del brand, oppure gratuitamente vs a pagamento), ma dal punto di vista dell’ecosostenibilità una campagna si può dire conclusa solo quando quello che tra i “soggetti” sia stato incaricato dello smaltimento abbia compiuto tutte le operazioni necessarie per chiudere correttamente il processo. Lo stesso discorso va affrontato per tutti i materiali tornati o rimasti in giacenza presso i magazzini di stoccaggio. Anche in questo caso la scelta dei partner logistici è fondamentale per avere garanzie in merito.
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di Marco Oltrona Visconti
Un Display plastico ecocompatibile è possibile… ...Parola di Maurizio Adreani, con la sua azienda, fornitore storico di materia prima nel campo del Display e dello Shopfitting MAURIZIO ADREANI. Titolare dell’omonima azienda specializzata nelle materie plastiche fondata nel 1918, un riferimento per architetti e progettisti. Nel 1947 ha iniziato la distribuzione esclusiva in Italia del conosciuto marchio Perspex®, prodotto da Lucite International. Negli anni, si sono aggiunti molti altri prodotti e oggi Adreani spa dispone di una gamma tra le più ampie nel panorama nazionale, servendo settori che vanno dalla comunicazione visiva, edilizia, all’industria, alla pubblicità e l’arredamento.
Dott. Adreani. Quale la sua posizione per quanto concerne la sostenibilità dei materiali plastici? Nella nostra offerta commerciale cerchiamo di avere sempre materiali riciclabili. E, come è noto, nel mondo del polimero non sono poche le referenze riciclabili al 100%. Detto ciò il discorso è più ampio. Si tratta di una problematica di opportunità che pone l’accento sulla complessità del riciclo. Mi spiego. Sotto la denominazione di “plastica” vengono rappresentate differenti categorie di materiali, ognuna con procedimenti di recupero differenti, anche nei costi. Ci sono sostanze che, una volta scomposte, possono essere riportate al materiale originale, cioè di nuovo allo stato di monomero. Il procedimento, che si chiama cracking, riguarda gli acrilici colati i quali si prestano alla riconversione senza subire decadimento di proprietà per esempio in termini di trasparenza o brillantezza.
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Poi però bisogna fare i conti circa la convenienza dell’operazione e con un occhio all’impatto ambientale, perché si determina un’incidenza in termini di carbon footprint. Se per le lastre colate il decadimento è praticamente inesistente non si può dire lo stesso delle lastre ottenute con le tecniche di estrusione. Il riciclo di questi prodotti genera dei succedanei e ovviamente un’intrinseca perdita di valore di fronte alla quale bisogna affrontare valutazioni di carattere economico. Una seconda complessità è dettata dalla gestione dello scarto che può provocare ulteriori dispendi economici. Questa è sicuramente la problematica più importante.
Quale la soluzione?
I nostri scarti di lavorazione sono gestiti e riciclati direttamente presso la nostra
sede. Nella filiera esistono un mercato degli scarti, broker e aziende che a loro volta li commercializzano. Da parte nostra, è stato da tempo avviato un programma di recupero degli scarti presso i nostri clienti. Il problema più grosso comunque restala polvere di taglio che spesso è composta da più materiali e, allo stato attuale, va smaltita senza possibilità di riciclo: inoltre a oggi non conosco nessuno in grado di riciclare la segatura magari come filler.
Altre idee a favore dell’economia circolare...?
Un secondo espediente per innescare un circolo virtuoso a favore del riciclo potrebbe essere ottenuto inserendo a favore di chi vende una voce di ricarico, anche solo dell’1%, per impegnarlo e per metterlo in grado di avere le risorse
necessarie al recupero degli scarti. Una sorta di vuoto a rendere insomma. Tuttavia senza la disponibilità da parte di tutti gli elementi della filiera e una normativa obbligatoria in merito, mi rendo conto che l’idea è di difficile realizzazione.
Alcuni parlano di recupero del Display. Cosa ne pensa?
Molti Display e soluzioni per l’arredo espositivo sono realizzati con materie prime pregiate e hanno costi di produzione piuttosto elevati. In questi casi il recupero potrebbe risultare vantaggioso e non sarebbe una chiave banale a favore della sostenibilità, così come avviene per gli imballaggi meno complessi. Purtroppo tuttora ravviso una sensibilità molto ridotta da parte di alcuni operatori. Per esprimermi attraverso un parallelismo, le chiedo di riflettere sul mercato del biologico. Quanti per un cibo più salutare sono disposti a spendere di più?
Può indicare la tendenza rispetto alle tipologie di materiali preferiti dai produttori?
trasparenti, vanificando il lavoro fatto da chi ha seguito la progettazione e la specifica e non ripagando le attese del committente. Il problema è presente anche nel settore dell’Interior Design ma fortunatamente, in questo ambito c’è una maggiore attenzione, con una maggiore soddisfazione da parte di tutti. In generale il Perspex colato è probabilmente la scelta preferita in questi settori essendo il materiale più venduto dal dopoguerra in poi insieme al famoso Plexiglass.
Arrivano più richieste per il mondo dello Shopfitting o del Display?
In questi ultimi anni abbiamo notato un assottigliarsi del confine tra la definizione di Display e quella di Shopfitting. Nei progetti capita spesso che siano incluse entrambe. In sintesi i Display stanno diventando sempre più elementi di arredo. Per contro, il mobile di arredo sovente assume le caratteristiche di uno strumento di comunicazione.
Il 90% del materiale ordinato è costituito da metacrilato trasparente. Non di rado, il committente o i designer richiedono di inserire lastre con colori o finiture particolari nei capitolati dei progetti. La difficoltà però è che spesso le informazioni relative alla disponibilità di questi prodotti viene spesso filtrata e non arriva a chi produce il Display nei tempi e nei modi dovuti. La conseguenza è che mancano i tempi o i quantitativi per utilizzare prodotti molto belli e sicuramente di effetto e si finisce con l’utilizzare lastre standard
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di Barnaba Barattieri
PALBOARD
a prova di bambino L’impiego in una catena di negozi per l’infanzia dimostra che la lastra decorativa in materiale rigenerato e coestruso prodotto da Palram è coerente con le normative di compatibilità ambientale. La sua versatilità in fase di taglio e stampa la rendono ideale per lo Shopfitting e il Display design. Quando nel campo delle materie prime, o meglio dei semilavorati si parla di sandwich non ci si riferisce ovviamente a un succulento panino, ma come è intuibile a una lastra a più strati assemblata attraverso complessi sistemi di produzione, quali per esempio la coestrusione. Sempre per rimanere nel campo dei parallelismi gastronomici, se per estrusione intendiamo, la filatura della pasta, con il termine coestrusione ci riferiamo all’evoluzione di tale processo che prevede la fusione di diversi materiali in fase di “filatura”, grazie al calore. Qual è il vantaggio? La possibilità di fondere, in maniera inscindibile, le caratteristiche e i pregi di tali materiali. Nel caso di Palboard, l’estetica, la resistenza meccanica, la compattezza e la rigidità delle due superfici esterne in cloruro di polivinile, si completano con la leggerezza del materiale espanso interno, aprendo la strada a nuove possibilità di lavorazione. Naturalmente il frutto di tale procedimento non è commestibile, tuttavia impieghi recenti nel campo del retail per l’infanzia consentono alle lastre Palboard di essere annoverate tra i prodotti adatti alle sempre più frequenti esigenze di compatibilità ambientale. Caratteristica certa per la meticolosa osservanza del Reach (Regolamento della Comunità Europea sulle sostanze chimiche e per il loro uso sicuro), come da normativa EC1907/2006. Spiega il Worldwide Graphics Business Manager di Palram, Omer Shoham: “In base a questa disciplina, Palram ha sviluppato prodotti
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Le lastre di Palboard hanno spessori di 3, 5, 10 mm. Per quanto riguarda le dimensioni sono disponibili in 3 formati da 1220 x 2440 mm, 1500x 3000 mm e poi il ricercatissimo 2030x3050 cm, una proporzione che riduce al minimo gli sfridi.
L’avventore apprezza privi di dibutilstagno, utilizzando mescole costituite da componenti alternativi e atossici che, in ogni caso, non rilasciano alcuna sostanza nociva durante tutto il loro ciclo di vita”. L’atossicità è una caratteristica che Palram ha coltivato sin dalla sua fondazione, 55 anni fa, avendo escluso da subito metodologie produttive in cui fosse contemplata la presenza di metalli pesanti (piombo e cadmio, per esempio). Prosegue Omer Shoham: “Palram è altresi attenta all’aspetto della sostenibilità. Siamo continuamente impegnati a ridurre il quantitativo di scarti di produzione, oggi limitati a un misero 1%, di cui il 50% riutilizzato internamente per ulteriori processi produttivi. Da questo punto di vista Palboard si propone come prodotto ottimale, dato che il 50% del materiale che lo compone è a sua volta rigenerato. Inoltre Palboard nasce da un unico processo produttivo, che non prevede fasi di post lavorazione, quali l’incollaggio, evitando così sprechi di energia e con un contributo notevole alla sostenibilità.” Questo approccio ha permesso a Palram di raggiungere la leadership mondiale nel settore e ha reso Palboard “appetibile” anche per Clear Design, una realtà produttiva impegnata nel campo del Display e dello shopfitting. Nello specifico Palboard è stato utilizzato per creare i Display espositivi del marchio Doona Next Generation con i quali viene commercializzata un’ampia gamma di prodotti per l’infanzia, soprattutto all’interno di Gruppo Shilav, il retail one-stop-shop che gestisce una catena di 70 negozi specializzati per l’infanzia, tra l’altro garantendo un’offerta totalizzante che spazia dagli accessori per la cura del bambino ai giocattoli per lo sviluppo infantile, finanche all’abbigliamento per neonati. La catena è nota per la vendita di “pacchetti di nascita”, vere e proprie formule di sconto che, oltre alle referenze già citate, a prezzi accessibili, includono: camerette, carrozzine e prodotti complementari, per supportare l’intera crescita del bambino.
Per i suoi pregi estetici i Display in Palboard hanno ricevuto numerosi consensi da parte del consumatore, tanto che, come ha spiegato il managing director di Clear Design, Paz Shteinberg: “Nei nostri progetti abbiamo iniziato a proporre Palboard come alternativa ai materiali già noti, quali legno, espansi e compositi in alluminio perché questo nuovo materiale è molto facile da lavorare”. Stampa digitale, taglio su macchine a controllo numerico, fresatura a V per la piegatura a freddo fino ad angoli di 90° risultano particolarmente facilitate: “in particolare -prosegue Shteinbergsiamo rimasti impressionati dall’aggrappaggio degli inchiostri in fase di stampa, che riduce drasticamente gli scarti e i processi di preparazione”. Oggi Palboard viene offerto anche ad altri clienti, che cercano un’alternativa ai compositi in alluminio per la produzione di Display di alto livello qualitativo, anche nel luxury. Palboard, oltre alle caratteristiche di eco-sostenibilità, offre notevoli performance meccaniche e un’altissima resistenza agli agenti chimici. Può pertanto essere utilizzato in ambienti chimicamente aggressivi e deterso, incollato e siliconato con la maggior parte dei prodotti in commercio. Inoltre è particolarmente facile da lavorare con i più comuni utensili, quali trapano, fresa, ghigliottina, macchine da taglio a controllo numerico, oltre ad aprire la strada a nuove lavorazioni, quali la già citata fresatura a V per la piegatura a freddo, con possibilità di creare Display ed elementi di design tridimensionali utilizzabili più volte. È praticabile l’incisione a fresa della superficie per la realizzazione di elementi con contrasto di colore. Il tutto con un peso ridotto. Infine Palboard risponde alle più selettive norme relative alla resistenza al fuoco ed è efficiente in termini di isolamento termico ed elettrico. Essendo anche un’eccellente base per l’applicazione di pellicole, i suoi principali ambiti di applicazione sono: edilizia, fai da te, cartellonistica industriale, banconistica, POP, Display e Shopfitting.
Palram è stata fondata nel 1963 e festeggerà il suo 55 ° anniversario nel 2018. La società è tra le prime al mondo nella produzione di fogli termoplastici estrusi semilavorati, sistemi di pannelli e prodotti finiti. Nella foto Omer Shoham mostra l’affinità di Palboard con gli inchiostri di stampa
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Una vera esperienza di riciclo
Già da 7 anni Madreperla SpA commercializza metacrilati riciclati comunicandone i vantaggi In questi ultimi anni Madreperla è stata tra le prime aziende in grado di comunicare meglio le possibilità di riciclo della plastica. Quali i prodotti e le linee di punta riciclate e quali le relative caratteristiche?
Madreperla S.p.A ha creato circa 7 anni fa il marchio Green Cast – lastre acriliche colate 100% riciclate e riciclabili. La caratteristica principale di Green Cast è il punto di partenza della sua produzione, ovvero un processo che parte da materia prima 100% riciclata. Per una spiegazione più approfondita del processo vi invitiamo a visitare il nostro sito internet www.madreperlaspa.com. I nostri prodotti sono certificati sia secondo la norma ISO 7823.1, sia come processo produttivo secondo la norma ISO 9001. Tutti i prodotti presenti nel catalogo di Madreperla possono essere realizzati in versione Green Cast, ovvero 100% riciclati e riciclabili.
Del colato prodotto da Madreperla a quanto ammonta la percentuale di materiale riciclato rispetto al non riciclato? Green Cast è un prodotto che ci sta dando grandi soddisfazioni, crescendo ogni anno e ricevendo sempre più interesse.
Quante volte potenzialmente una lastra di Green Cast può essere riciclata prima di perdere qualità nella proprietà estetica e meccanica? Il processo può essere ripetuto senza fine in quanto gli scarti di PMMA vengono riportati alla materia prima, il metilmetacrilato monomero, con un solvente organico.
Quale il grado di interesse e di sensibilità della committenza rispetto ai materiali sostenibili/ riciclabili?
I paesi anglosassoni sono sempre stati i più sensibili al tema della sostenibilità, per cui per quanto riguarda il nostro campo sono stati anche i paesi più ricettivi. Il motore di questo cambiamento sono soprattutto i market leader nel settore della moda e della cosmesi, aziende che hanno al loro interno delle politiche ambientali molti forti e in cui credono fortemente
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Vi sono aziende che inseriscono il Green Cast a capitolato in ossequio a policy aziendali incentrate sulla sostenibilità?
In base alla nuova legge europea le aziende quotate in borsa devono indicare nella relazione di bilancio le politiche di eco-sostenibilità adottate al loro interno, pertanto il tema dei materiali riciclati è uno dei più sentiti in questo momento storico, pertanto alcune aziende hanno messo a capitolato Green Cast per la realizzazione dei loro prodotti.
Il recupero della plastica è diventato un business molto redditizio? Bisognerebbe regolamentarlo?
LAMINIL, gamma di pannelli in polistirolo espanso estruso accoppiato a diverse tipologie di carta. Nelle sue numerose varianti, LAMINIL è un materiale atossico, ultra-leggero, facile da stampare e sagomare ed eco-sostenibile.
Il recupero è già regolamentato in quanto sottostà alla normativa dei rifiuti. Ci sono delle proposte di legge da parte di vari governi europei che prevedono di incentivare prodotti realizzati con materiali plastici riciclati e penalizzare quelli che non lo sono.
Il materiale più leggero del suo genere ideale per articoli POP, con qualità elevate di tenuta termica per il Packaging e memoria elastica per la fustellatura, facilmente cordonabile per una finitura precisa e pulita.
Quali soluzioni proporreste per migliorare la sostenibilità della plastica ?
Bisogna continuare a informare i consumatori sulle proprietà di riciclabilità dei vari prodotti, per esempio riportare sui vari prodotti le marcature corrette, cosa che non sempre avviene e mettere a disposizione le informazioni su come e a chi effettivamente conferire i prodotti a fine vita. Per tutti i materiali al di fuori di quello che è il settore imballaggi creare consorzi più specializzati per la raccolta dei vari materiali plastici.
Utilizzato in cartotecnica e in stampa digitale per promozioni sul punto vendita, scatole termiche e di lusso (ISOLAM BOX), gadgettistica varia. Nel settore delle Belle Arti per plastici e modellistica (anche conosciuto come POLIPLAT).
La nuova gamma ISOPRINT è stata ideata per la stampa diretta con supporto più rigido, ideale per taglio a plotter.
Via Brandizzo 144 10088 Volpiano (TO) Tel. 011 9955476 Email. vendite@isonova.it www.laminil.com
IL PARERE… Intervista con Roberto Frassine, dal 2006 Presidente di Assocompositi e dal 2016 Presidente Uniplast, l’ente Italiano di normalizzazione per le materie plastiche. Frassine è Docente Ordinario in Materiali Polimerici al Politecnico di Milano e Direttore del Laboratorio di
Prove sui Materiali. Nel suo settore è consciuto in qualità di autore di oltre 70 pubblicazioni internazionali
Professor Frassine, sotto la denominazione materie plastiche si annoverano diverse categorie di materiali. Quali quelle più riciclate/riciclabili? Quali quelle più sostenibili sotto il profilo ambientale?
Certamente il prodotto “single-use” che offre maggiori possibilità da questo punto di vista è il PET, che essendo un prodotto da policondensazione si presta ad una serie di trattamenti termochimici di purificazione che ne consentono il riutilizzo, ad esempio, per il contatto con alimenti. C’è molta attesa in Italia per le autorizzazioni dell’agenzia europea EFSA che dovrebbero aprire il mercato a questi prodotti come “materie prime seconde” (MPS) cioè provenienti da materiali di riciclo. Anche per quanto riguarda il PE (polietilene), pur non essendo oggi ancora in grado di riprodurre tutte le caratteristiche del materiale originale, le aziende di riciclo hanno messo a punto metodi molto sofisticati di controllo delle caratteristiche del materiale riciclato, che può essere utilizzato a tutti gli effetti come una materia prima. Uniplast ha al riguardo pubblicato nel 2014 un importante rapporto tecnico - UNI/TR 11524 - di concerto con il Ministero della Sanità.
Qual è lo stato dell’arte del riciclo della plastica in Italia?
In Italia operano attivamente le aziende dei riciclatori e i consorzi obbligatori, rappresentati rispettivamente da Assorimap, CoRePla e PoliEco, che siedono nel consiglio direttivo di UNIPLAST. Anche dalle associazioni dei produttori di materia prima (Plastics Europe) e dei trasformatori (Federazione Gomma Plastica con il suo istituto IPPR) sono attivamente coinvolte sia sul fronte istituzionale che industriale. Possiamo senz’altro dire che il sistema del riciclo delle materie plastiche oggi in Italia è all’avanguardia non solo in Europa ma anche a livello extraeuropeo.
Futuro della ricerca nel campo riciclo e della sostenibilità in Italia: quali le tecniche più innovative o in studio? Quali i materiali più innovativi sotto questo profilo?
Abbiamo già citato gli impianti di trattamento chimico del PET (per ora solo tre in Europa, due in Austria e uno in Svizzera) dai quali entra scaglia da riciclo ed esce materiale perfettamente rigenerato. Trattamenti chimici che sono in attesa di autorizzazione da parte della Commissione Europea. Ci attendiamo che le quantità già importanti di riciclato (200 kton) su 400 kton di materiale
Pavimenti stampabili in UV
Ancora un’altra novità da parte di MONTECOLINO SPA. In occasione del Domotex di Hannover e di Homi di Milano, MONTECOLINO ha presentato la nuova collezione YOUR PERSONAL CARPET PVC che consiste in una proposta di tappeti in PVC stampati in digitale con svariati soggetti realizzabili in diverse dimensioni, integrabili nell’arredamento di soggiorni, camere e cucine. Con la nuova tecnologia di stampa digitale a raggi UU.VV., è possibile realizzare anche progetti personalizzati con foto, disegni e marchi per pavimentazioni di negozi, corner espositivi e stand fieristici.
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LE NORMATIVE PER LA PLASTRICA raccolto vedranno un importante aumento con la diffusione di questi impianti anche in Italia e con l’apertura del mercato per il contatto alimentare.
Nella filiera, le norme su sicurezza, salute e riciclo sono tendenzialmente rispettate. Il difetto sembra nell’innovazione nonostante i progressi tecnologici. Non ritiene che ci sia necessità di aggiornamento? Certamente il vincolo legislativo rappresenta una forte molla per il progresso tecnologico. Bisogna riconoscere che, per quanto riguarda foglie e film, la normativa oggi è abbastanza consolidata; si tratta di forme tradizionali che devono comunque rispettare normative stringenti anche di contatto con gli alimenti. Su altri tipi di imballaggio, tuttavia, stiamo assistendo a interessanti innovazioni: un esempio su cui abbiamo recentemente lavorato in UNIPLAST è lo sviluppo di una norma per le cassette per il pesce in EPS, che rendono l’alimento di più duratura conservazione.
In generale sono previsti maggiori controlli sul REACH nel 2018, in questo senso qual è secondo lei la preparazione delle aziende italiane? Devo premettere che l’argomento
Le normative di riferimento in merito ai requisiti dei materiali plastici. Ognuna di queste dovrebbe essere rinnovata UNI EN 1013:2015 - Lastre traslucide profilate di materia plastica, per coperture interne ed esterne, pareti e soffitti - Requisiti e metodi di prova UNI EN 16153:2015 - Lastre traslucide piane multistrato di policarbonato (PC) per coperture, pareti e soffitti interni ed esterni - Requisiti e metodi di prova UNI EN 16240:2014 - Lastre traslucide piane, solide di policarbonato (PC) per coperture, pareti e soffitti interni ed esterni - Requisiti e metodi di prova Norme più propriamente indirizzate ad usi di impiego generale sviluppate nel comitato tecnico ISO TC 61”Plastics” e in particolare dalla sottocommissione ISO TC 61/ SC11”Products” e che sono state riprese dal comitato tecnico CEN TC 249”Plastics” come norme europee EN e quindi adottate dagli stati europei membri aderenti fra cui l’ Italia sono: UNI EN ISO 7823-1:2005 - Materie plastiche - Lastre di polimetilmetacrilato Tipi, dimensioni e caratteristiche - Parte 1: Lastre colate UNI EN ISO 7823-2:2004 - Materie plastiche - Lastre di polimetilmetacrilato Tipi, dimensioni e caratteristiche - Parte 2: Lastre estruse UNI EN ISO 7823-3:2008 - Materie plastiche - Lastre di polimetilmetacrilato Tipi, dimensioni e caratteristiche - Parte 3: Lastre colate continue UNI EN ISO 12017:1998 - Materie plastiche - Lastre di polimetilmetacrilato a doppia e tripla parete - Metodi di prova UNI EN ISO 11963:2013 - Materie plastiche - Lastre di policarbonato - Tipi, dimensioni e caratteristiche
non è strettamente di competenza di UNIPLAST. Sappiamo però che le nostre aziende di riciclo sono molto attente a questi aspetti e che il Ministero della Salute ha emanato delle linee guida molto complete che elencano poco
meno di 200 sostanze che possono essere rilevate con procedure standard dai laboratori accreditati. Anche il MISE ha attivato un help desk per aiutare i riciclatori a soddisfare la normativa REACH. Se quindi possiamo
considerare che le nostre aziende siano perfettamente attrezzate a questo riguardo, lo stesso purtroppo non è sempre vero per gli importatori da aree non UE, dove è sempre necessario mantenere alto il livello dei controlli.
CONSORZI
di Marinella Croci
COMIECO: le buone regole, dalla progettazione allo smaltimento.
Il cartone è in sé completamente riciclabile. E così dovrebbe essere per espositori/Display nel caso in cui siano equiparati agli imballaggi/packaging cartotecnici. Per soddisfare esigenze comunicative o di arredo espositivo di un brand, l’espositore cartotecnico viene però sottoposto a processi di incollaggio, plastificazione o accoppiamento con altri materiali, trattamenti che possono vanificarne o renderne più complesso lo smaltimento, il riciclo e il riuso. Abbiamo cercato di chiarire questi diversi aspetti, fonte di dibattito all’interno della filiera, interpellando i consorzi preposti al riciclo dei materiali. A seguire le cartiere, quale punto di vista della produzione di cartone, e, infine, alcuni produttori di Display cartotecnici, che ci hanno spiegato le diverse tecniche utilizzate, più o meno in linea con le raccomandazioni per lo smaltimento e il riciclo. Ne sono emerse tendenze e regole da rispettare per la corretta gestione del prodotto, dalla progettazione al fine vita.
Dall’imballo al Display: il riuso del cartone I prodotti cartotecnici sono il risultato di una trasformazione della materia prima, in cui il cartone viene trattato, accoppiato con più supporti per incrementarne resistenza e durata, quindi di solito le diverse parti vengono assemblate e incollate per comporre la struttura sulla quale è stata stampata la grafica. La progettazione più avanzata ne prevede la scomposizione e il riuso, come avviene per gli espositori più innovativi, pensati in modo da essere facilmente disassemblati per sostituire solamente alcune parti e adeguare la grafica al lancio delle nuove campagne. Ma cosa succede quando
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Eliana Farotto, responsabile area R&S Comieco
anche la struttura diventa inutilizzabile e deve essere eliminata? E quali accoppiati sono conferibili nella differenziata come carta? Lo abbiamo chiesto a Comieco, Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica, che suggerisce un approccio sostenibile a partire dalla progettazione, con imballaggi che si trasformano in espositori, smontabili e ripiegabili per entrare facilmente nei sistemi di raccolta cittadini: “Partiamo dal presupposto che la maggior parte delle merci necessita di un apposito imballaggio per essere trasportata al punto vendita -esordisce Eliana Farotto, responsabile area R&S Comieco -. In passato il prodotto arrivava a destinazione in scatola anonima, che veniva aperta per estrarre l’oggetto
da posizionare sullo scaffale per poi essere eliminata. Con piccoli accorgimenti di progettazione, come un coperchio apribile e una grafica d’impatto in versione finale, l’imballaggio può diventare un vero e proprio espositore con conseguente minore spreco di materiale e buona visibilità.” E prosegue: “Con l’imballo si possono creare scenografie originali e isole attrattive utilizzando materiali diversi, come il cartone alveolare che ha riscosso grande successo negli arredi ed espositori. Lo stesso fornitore dell’imballaggio di trasporto potrebbe essere in grado di realizzare dei gazebo o dei Display, riutilizzabili più volte nei punti vendita.
Grazie alla loro solidità e resistenza non richiedono alcun accoppiamento per cui a fine vita sono conferibili nella raccolta differenziata insieme ai cartoni. È una scelta che possono fare anche i grandi marchi del lusso che si raccontano sostenibili e dai quali ci si aspetta coerenza nel modo di presentarsi. Se però il produttore intende investire in un Display di alta gamma, non ripiegabile e non riutilizzabile, dovrebbe anche assumersene la responsabilità dello smaltimento a fine vita.” Oltre ad approfondire le macro tendenze, il Conai cui è riconducibile Comieco si interfaccia con i produttori di cartone e imballaggi mettendo a disposizione appositi strumenti per ottimizzare i
materiali. Per esempio l’aumento della raccolta differenziata ha portato a una crescita del quantitativo di cartone riciclato e le cartiere hanno prontamente adeguato i cicli produttivi inserendo tecnologie specifiche per il cartone ondulato, riducendo l’utilizzo di fibre del 10% a parità di prestazioni. Per capire le problematiche e le esigenze dei clienti, dai retailer ai produttori di beni, vengono invece organizzati momenti di incontro, come il convegno sul packaging per l’e-commerce. “Non entriamo nel merito della gestione specifica dei rifiuti, normata a livello nazionale, ma solamente dell’applicazione del contributo ambientale, fatturato dal fornitore dell’imballaggio al suo cliente.
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Display èMagazine
Il contributo ambientale, che da gennaio 2018 è passato da 4 a 10 euro/ton, rappresenta il costo della raccolta differenziata di carta e cartone in Italia. È un aumento consistente perché per anni il contributo è stato particolarmente contenuto grazie a risorse accumulate ma ora è necessario adeguarsi ai costi sostenuti. Abbiamo interpellato le aziende del settore, che hanno preferito una variazione unica e sensata piuttosto che continue variazioni di minore entità. D’altra parte il contributo per la raccolta della plastica è ben superiore, pari a 200 euro/tonnellata.”
A riciclo vengono avviati mediamente 53,1 kg di carta e cartone mentre ogni minuto vengono riciclate oltre 10 tonnellate di macero. Viene recuperato l’88% degli imballaggi a base cellulosica immessi al consumo e raccolti nella differenziata. Queste statistiche si traducono in un vantaggio per i comuni convenzionati, che ricevono annualmente da Comieco un corrispettivo pari a oltre 100 milioni di euro. Ma la sfida è la qualità della raccolta differenziata, abbassando l’incidenza media delle frazioni estranee, che attualmente si attesta a oltre il 3% nei flussi di raccolta famiglia. Un’analisi per macro aree evidenzia come le regioni del Sud registrino una crescita della raccolta superiore all’8%, con punte del 17% per Molise e Calabria. La regione italiana più virtuosa è l’Emilia Romagna (oltre 86 kg per abitante). Seguono, per il Nord, il Trentino Alto Adige (80 kg), per il centro Toscana (70 kg) e Lazio (60 kg), per il sud Abruzzo (55 kg) e Sicilia (19 kg). Con l’80% di raccolta differenziata, l’Italia ha centrato l’obiettivo europeo, che prevede di raggiungere entro il 2020 il 60% di raccolta differenziata per i materiali cellulosici. Specifica dei rifiuti, normata a livello nazionale, ma solamente dell’applicazione del contributo ambientale, fatturato dal fornitore dell’imballaggio al suo cliente.
Italia grande produttore virtuoso della raccolta L’Italia è il quarto produttore europeo di carta e cartone dopo Germania, Finlandia e Svezia e secondo consumatore dopo la Germania. Per utilizzo di macero siamo quarti dopo Germania, Francia e Spagna, posizione che vantiamo anche in termini di raccolta di carta e cartone, preceduti solamente da Germania, Francia e UK. Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la raccolta italiana di carta e cartone si è infatti distinta per i consistenti volumi realizzati, passati da 1 a oltre 3 milioni di tonnellate, che hanno permesso di sottrarre allo smaltimento in discarica oltre 45 milioni di tonnellate di rifiuti cellulosici.
I RISULTATI DEL RICICLO DI CARTA E CARTONE IN ITALIA NEL 2016 Tasso di recupero degli imballaggi a base cellulosica immessi al consumo e raccolti in modo differenziato dagli italiani Tasso di riciclo degli imballaggi a base cellulosica immessi al consumo e raccolti in modo differenziato dagli italiani Quantità di macero riciclata ogni minuto Nella produzione di materia prima per imballaggi il tasso di utilizzo del macero supera l’80%
88% 80% 10 t
RACCOLTA DIFFERENZIATA COMUNALE DI CARTA E CARTONE CARTINA ITALIA Sulla cartina miglior resa procapite area Nord Emilia Romagna 86,4kg/ab-anno miglior resa procapite area Centro Toscana 73,7kg/ab-anno miglior resa procapite area Sud Abruzzo 55,9kg/ab-anno
Il procapite (kg/ab-anno)
Italia 53,1 ∆ 2015/2016 + 3,3% ∆ 1998/2016 +212,1% Nord63,3 ∆2015/2016 +1,5% ∆ 1998/2016 +123,9% Centro65,6 ∆2015/2016 +3,0% ∆ 1998/2016 +283,7% Sud 32,5 ∆2015/2016 +8,6% ∆ 1998/2016 +1.252,7%
I volumi (tonnellate)
Italia 3.194.680di cui 1.499.002 gestite da Comieco - ovvero il 46,9% Nord 1.736.824di cui 653.014gestite da Comieco ovvero il 37,6% Centro 780.145 - di cui 321.703gestite da Comieco ovvero il 41,8% Sud 677.711 - di cui 524.284gestite da Comieco ovvero il 77,4%
I NUMERI DELLE CONVENZIONI CON COMIECO
Comieco stipula convenzioni con Comuni e gestori per l’avvio a riciclo della quota di carta e cartone che consente di massimizzare i ricavi e ottimizzare la gestione. Nel 2016 il Consorzio ha gestito 1,5 milioni di tonnellate di carta e cartone in convenzione. Oltre 1,65 milioni di tonnellate di raccolta comunale vengono gestiti al di fuori del rapporto con Comieco. Ogni convenzionato può modulare in maniera sartoriale il rapporto con il Consorzio, ad esempio attraverso la gestione parziale della raccolta. Italia49.524.041 – 82,2% Abitanti coperti Nord21.765.503– 79,3% Centro10.309.125 – 86,7% Sud17.449.413 – 83,6% Italia5.519 – 68,0% Comuni Coperti Nord3.157 – 69,5% Centro678–67,0% Sud1.684 – 65,8% Italia102,1 milioni di euro–per una media di 2,06 euro/ab Corrispettivi erogati da Comieco per la Nord50,8 milioni di euro –per una media di 2,33 euro/ab quota di carta e cartone gestita in Centro20,5 milioni di euro –per una media di 1,98 euro ab convenzione Sud30,8 milioni di euro–per una media di 1,77 euro/ab
RACCOLTA E RICICLO DI CARTA E CARTONE IN ITALIA Una scatola avviata a riciclo torna in vita in meno di 2 settimane.
Un foglio di giornale torna a nuova vita dopo solo 1 settimana.
Fonte: Comieco
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Raccolta differenziata e riciclodi carta e cartone sono un vero e proprio modello di economia circolare. E chi lo garantisce?
Comieco, grazie ad una rete impiantistica capillare fatta di 351 piattaforme di selezione che ritirano carta e cartone raccolto dagli italiani, in ogni angolo del Paese, e provvedono alle attività di lavorazione. Dopo la selezione la carta da macero è messa a disposizione delle 55 cartiere che provvedono il riciclo su tutto il territorio nazionale.
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MATERIE PRIME
di Barnaba Barattieri
Gruppo RDM: riciclo al top Dall’intervista con l’AD Michele Bianchi emergono alcune tendenze sull’economia circolare del cartone Secondo una stima interna sulle sue vendite, il mercato del Display cartotecnico per Reno de Medici (Gruppo RDM) vale circa 10.000 tonnellate di cartoncino, ossia circa il 7-8% del mercato del liner dedicato all’accoppiamento. E il 2% circa del mercato del patinato riciclato. Un dato rappresentativo, infatti come spiega l’Amministratore Delegato di Gruppo RDM, Michele Bianchi. “Alle cartotecniche forniamo il cartone semplice che costituisce il rivestimento da assemblare al cartone ondulato che noi non trattiamo. Il prodotto viene proposto in fogli o in bobine per l’impiego in linea nella fase di accoppiamento, finalizzata alla creazione dei pannelli poi utilizzati per la produzione dei Display”. Ed è bene sottolineare che il resto della produzione, dunque la gran parte, è impiegata per la realizzazione di Reno de Medici (RDM) offre un ampio portafoglio di prodotti composto principalmente da cartoncino riciclato (GD/DT) e cartoncino in fibra vergine. Rochcoat, Serviliner, Vincicoat 112 e Hemicoat sono quelli più diffusi.
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imballaggi. Il cartoncino di RDM Group presenta un portafoglio prodotti di profilo piuttosto elevato: “Siamo leader nella produzione di cartoncino ricavato da materiale riciclato -afferma Bianchima, in seguito all’acquisizione di R.D.M. La Rochette perfezionata il 30 giugno 2016, operiamo anche nel segmento del cartoncino ricavato da fibra vergine”. Per fornire un dato tecnico, si pensi che le fibre prima di deteriorarsi possono essere recuperate e riciclate fino a 6-7 volte. “Il cartone recuperato - prosegue l’AD - arriva all’incirca per il 75% dalla raccolta cittadina e per il 25% dalla raccolta industriale. In questo secondo caso si tratta di materiale ‘pulito’ in quanto risultanza dei tagli e degli sfridi industriali”. Il dialogo tra i consorzi del riciclo e il
Gruppo RDM per ovvi motivi è sempre aperto, non a caso Michele Bianchi è parte del Consiglio di Amministrazione di COMIECO: “Ci consideriamo tra i motori principali dell’economia circolare del cartone. Un’opera che per mano dei consorzi in questione si concretizza attraverso attività e programmi di sensibilizzazione rivolti cittadini e alle imprese per incrementare ogni anno la quota del riciclo. Come è noto i regolamenti sulla destinazione del cartone recuperato stabiliscono che il 60% del totale debba essere restituito alle cartiere mentre il 40% viene venduto all’asta, di solito a favore di trader che hanno i “requisiti logistici” per trattare il compostato. “Per il futuro –dice Bianchi- ci auspichiamo un network del recupero ancora più capillare, attraverso una maggiore collaborazione tra le aziende
Sei le cartiere riconducibili Gruppo RDM per una produzione di diverse tonnellate di cartoncino: Arnsberg GER (220k tons) Blendeques – FRA (110k tons), La Rochette FRA (165k tons), Ovaro ITA (95k tons), S.Giustina ITA (240k tons), Villa S Lucia ITA (220 Tons)
interessate”. E al di la delle campagne che COMIECO e consorzi associati stanno portando avanti per favorire il riciclo, il settore del cartone sta evolvendo: “Sta migliorando la capacità di trattare la materia fibrosa -conclude l’AD-. In secondo luogo, ci si sta orientando verso materiali più facilmente biodegradabili”.
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SPECIALISTI
di Barnaba Barattieri
Il design sostenibile di Litoart Specializzata nei grandi formati della cartotecnica espositiva, propone anche soluzioni automontanti, durevoli e brevettate, spesso progettate in un unico materiale secondo i dettami di quel design sostenibile ultimamente molto in voga
Da oltre cinquant’anni rappresenta un’eccellenza industriale nel campo della fustellatura, dell’assemblaggio e, in generale, della elaborazione di: cartoni, materie plastiche e metallizzati, fino al formato di 120 cm x 160 cm. La posizione come punto di riferimento per i settori cosmetico, alimentare e commerciale per la fornitura di soluzioni e materiali per la comunicazione in store è stata raggiunta, in primo luogo mediante il perfezionamento continuo delle tecniche di assemblaggio del cartone. Grazie a una lunga esperienza in questo campo è tra le poche aziende italiane che, con assoluta precisione, sono in grado di realizzare quei materiali di grande formato che superano le dimensioni dei normali standard industriali per l’esposizione in store.
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In secondo luogo la credibilità nell’ambito del marketing at retail è stata raggiunta grazie a una capacità progettuale che, più volte negli anni, si è tradotta in alcuni ingegnosi brevetti. Celebre è la linea cartotecnica EasyPop Italia©, che include alcune soluzioni espositive che, in meno di 5 secondi, possono essere dispiegate con un unico gesto una volta estratte da una custodia ottimizzata per il trasporto. Una gamma che comprende isole promozionali, Display cartotecnici e portali, tutti completamente automontati e facilmente smaltibili come monomateriale al termine del loro ciclo di vita. Brevettato è anche Kosmos©, un arredo per lo shopfitting presentato nel 2016 alla mostra Elementaria dedicata al design industriale per l’arredo espositivo e il Display. Standardizzato per incontrare diverse esigenze è parecchio versatile per la sua propensione a mutare forma per garantire molteplici configurazioni. In ossequio al progetto firmato dal designer Marco Maggioni, si presenta come una composizione di tetraedri che, grazie a pratici snodi
“clic-clac” dall’innesto rapido e agevole, risultano assemblabili in pochi minuti per agevolare le esigenze visuali della brand communication istituzionale, o quelle espositive per l’esibizione di linee di prodotto e assortimenti. Kosmos è altresì multimaterico nel senso che le superfici triangolari della composizione possono cambiare qualità in funzione del supporto utilizzato. Nell’ultima versione lanciata a febbraio, i triangoli sono costituiti in essenza di faggio, il che rende Kosmos adatto sia per l’arredo espositivo sia per le scenografie in vetrina. “Negli ultimi anni -dice uno dei socidi Litoart Mauro Sandon- la nostra attenzione si è rivolta alla sostenibilità cercando sempre di proporre ai clienti soluzioni monomateriche compatibili con l’ambiente e di facile smaltimento”. Etica e affidabilità sono le chiavi del successo di Litoart da più di mezzo secolo. Un approccio che si concretizza anche nel moderno stabilimento produttivo dell’azienda che ricopre 5.000 mq ed è dotato di un sistema di alimentazione fotovoltaica. “Quest’anno - conclude Sandon abbiamo ulteriormente investito nella messa in sicurezza di tutti gli spazi lavorativi.”.
alle possibilità di personalizzazione secondo le più svariate esigenze. Utilizzando i moduli Light Box Frame della gamma ISOframeFabric è possibile inserire anche dei led all’interno dei moduli in alluminio per rendere le stampe retroilluminate”. Per il montaggio delle strutture ISOFrame, infatti, non è necessario alcun utensile, né brugola né cacciavite, solo le mani e pochi passaggi. “Un altro plus di questo sistema - spiega Sandon - è la possibilità di ampliarne la struttura nel tempo, oltre che cambiarne la grafica secondo l’impiego. Tutto può essere riposto nelle pratiche sacche per il trasporto”.
Da Carlo al Distretto Grafico Integrato® Tutto comincia nel 1964, proprio negli anni del boom economico e più precisamente quando, Carlo Sandon, classe 1929 e apprezzato operatore grafico di Garzanti, opta per la strada imprenditoriale acquistando una mitica stampatrice bicolore Planeta. Nel ’70 arrivano i primi frutti dell’attività e la voglia di crescere si trasforma in un capannone di 500 mq con 2 macchinari in più: un OMCSA 78x110 ed una bicolore Roland 100x140 e con l’ingresso del figlio Giuseppe anche una fotoincisa interna. Negli anni ’80 la superficie raddoppia, viene introdotta la tecnologia per la verniciatura UV. Con l’ingresso del secondo figlio Mauro l’azienda fa un ulteriore salto di qualità con l’impiego di macchine ad alcool e calamai elettronici per la lavorazione di formati più ampi. Un lavoro che paga e che nel 2010 porta Litoart a trasferirsi nella nuova struttura di Bernate Ticino, un innovativo immobile di 3.000 mq studiato per ospitare un “Distretto Grafico Integrato® ”. Ossia un insieme di aziende autonome vicine per operare in sinergia.
Endurance espositiva
Un altro strumento espositivo standard di alta qualità è ISOFrame, un sistema di allestimento con cui realizzare stand, corner e shop in shop in maniera semplice e impattante. Prodotto da MarkBricDisplay di cui Litoart è concessionario italiano, si tratta di un insieme di snodi e griglie in alluminio anodizzato in grado di incorniciare in maniera flessibile pannelli e tessuti in varie fogge, per comporre strutture adattabili a qualsiasi ambiente in altezza, larghezza e profondità. “Parliamo di materiali garantiti 10 anni - dice Sandon - che non pongono limiti
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SPECIALISTI
di Marco Oltrona Visconti
LIC Packaging. L’economia circolare è realtà
128 milioni di metri quadrati di cartone prodotto e trasformato, 1300 pallet di prodotto finito al giorno, 4000 mq di area dedicata agli assemblaggi e riempimenti per quasi 5.000 progetti sviluppati ogni anno. Questi i numeri di uno dei maggiori gruppi italiani del mondo packaging e Display cartotecnico in cui si guarda alla sostenibilità Parola d’ordine understatment, ossia “atteggiamento volutamente privo di retorica e ostentazione”, in questo caso, rispetto alle proprie qualità. È lo stile dei proprietari e figli del fondatore di LIC Packaging Cristina e Piero Bertoldo. Ecco perché la loro è un’impresa tutta da scoprire. Innanzitutto è bene sapere che può essere considerata tra le prime tre società italiane (20% del pacchetto azionario è di Saica) nel panorama della produzione di isole promozionali e Display cartotecnici prodotti con logiche di economia circolare. Dei 90 milioni di Euro di fatturato raggiunti nel 2017, buona parte proviene dalla realizzazione di Display (il resto è packaging) mediante stampa Offset, Flexo HD e Digitale. Ebbene di questa grande produzione, circa la metà viene finita con idrovernice, vale a dire con inchiostri che, una volta esaurito il ciclo di vita dell’espositore, ne rendono meno complesso il riciclo del cartone impiegato per realizzarlo. Idrovernice che tra le altre cose è compatibile con l’uso alimentare.
Uno dei macchinari che LIC utilizzerà per questo tipo di stampa sarà la digitale HP C500, che utilizza questa tipologia di vernice. La propensione all’economia circolare è altresì evidente nell’uso dell’energia e proviene da un impiego di materie prime sostenibili. Infatti, facendo parte del gruppo Saica (Saica Pack ha 1,3 mld € di fatturato) la produzione di LIC packaging è sostenuta in gran parte da una fornitura interna di carta riciclata (che utilizza nei suoi ondulatori BHS 2200 e 2800). Inoltre l’azienda ha consentito, la certificazione FSC (ForestStewardshipCouncil) la ha conseguita 10 anni fa, in netto anticipo rispetto a un mercato che solamente nell’ultimo periodo ha iniziato a guardare alla sostenibilità. “Per quanto riguarda i consumi, grazie a pannelli fotovoltaici il picco teorico raggiunge quote che superano1megawatt. Ciò significa che circa due terzi del fabbisogno degli stabilimenti è autoprodotto”, ha spiegato Carlo Fontanelli, Sales Strategic Director, con il quale abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti sulla sostenibilità dei Display cartotecnici.
Tra i Display prodotti da LIC, in percentuale quanti sono quelli plastificati che, come sappiamo, complicano il riciclo?
Ammonta al 50% circa: nonostante l’incremento dell’attenzione verso l’ambiente, attualmente la richiesta di Display plastificati arriva da un mercato che cerca ancora il migliore aspetto estetico a discapito della completa e semplice riciclabilità.
A favore del riciclo, quale tecnologia può realmente sostituire la plastificazione senza perdite di qualità e resistenza dell’espositore?
Esistono alcuni prodotti che possono sostituire la plastificatura: la verniciatura UV (non compatibile con il riciclo) in uso da svariati anni e poi altre tecniche in sviluppo interno a LIC. Oltre a questo ai fini del risparmio di materie prime, rispetto al passato, disponiamo di cartoni più leggeri a parità di resistenza.
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Trova utile che il materiale espositivo possa essere scomposto per la raccolta differenziata?
Assolutamente sì. Più facilmente si possono separare i vari elementi tra di loro per lo smaltimento, meglio è. Questo è un tema di design molto apprezzato dai nostri clienti.
Quali soluzioni si potrebbero adottare in futuro per rendere il Display più sostenibile?
Evitare utilizzo di altri materiali se non cartone ondulato interamente riciclato e riciclabile.
Quanto della produzione LIC proviene da materiali di recupero? Oltre due terzi della produzione di LIC utilizza carte riciclate al 100%. I prodotti riciclati che escono da LIC rientrano pienamente nella logica dell’economia circolare.
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MATERIE PRIME
di Barnaba Barattieri
BioLaminil, il nuovo che si biodegrada La lastra lanciata da Isonova unisce le caratteristiche del cartone e della plastica ed è ecocompatibile
Laura Schellino Una base plastica e una superficie cartacea che conferisce caratteristiche di rigidità e leggerezza al pannello: grandi potenzialità come supporto per la stampa digitale. Sono queste le caratteristiche salienti del BIOLaminil che nella nuova versione lanciata da Isonova alla fine del 2017 acquisisce la particella BIO in quanto molto più biodegradabile dei normali pannelli plastici utilizzati nella pubblicità. Spiega Laura Schellino Direttore Marketing della Isonova srl che produce e distribuisce i pannelli di BIOLaminil in Italia: “Per quanto riguarda le materie plastiche si tratta di un grande passo in avanti nel senso che il BIOLaminil, se disperso nell’ambiente si degrada in
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molecole semplici in un tempo medio di 5 anni a seconda del tasso di umidità, mentre la maggioranza dei polimeri tradizionali impiegano centinaia se non migliaia di anni”. Un frangente temporale che è ancora lontano dal limite di 6 mesi che la normativa europea ha fissato per stabilire il concetto di biodegradabilità ma assolutamente contenuto se paragonato ai prodotti standard come il Forex così largamente utilizzati a sproposito per campagne di breve e media durata anche per gli interni. Ricordiamo che la biodegradabilità è una proprietà delle sostanze organiche di cui sono dotati anche alcuni composti sintetici, di essere decomposti dalla
natura, o meglio, da batteri saprofiti. “Il mix batterico è -dice la managerstato inserito nella matrice del materiale, mescolato intimamente. Queste particolari spore si attivano nel momento in cui si trovano le condizioni tipiche di una discarica o in presenza di umidità anche in ambiente marino”. Si tratta di una nuova tecnologia impiegata per lo smaltimento naturale di alcuni materiali polimerici di nuova generazione, agendo come nel caso del petrolio in mare, con un’azione di pulizia attraverso la digestione da parte dei batteri delle sostanze chimiche organiche. È bene sottolineare che il sistema usato in BIOLaminil presenta dinamiche e risultati sull’ambiente nel breve periodo diversi dall’oxo-degradazione (che tende a rompere solo parzialmente le macromolecole del polimero) e dall’idro-degradazione (in cui una parte del materiale si discioglie se messo in acqua). La tecnica di “biodegradazione indotta” utilizzata per il Laminil è una accelerazione del processo naturale. Si tratta di un mix di batteri saprofiti particolari, che trattano la plastica in modo molto simile a quelli impiegati per il disinquinamento dei mari dal petrolio dovuto a perdite accidentali. “Una differenza dalle altre tecniche -aggiunge Laura Schellino- è che attraverso la biodegradazione
indotta i componenti in BIOLaminil si frammentano in piccole parti e senza che siano rilasciati prodotti cianurati nell’ambiente o contenenti composti del cloro”. Altro problema che di solito coinvolge le materie plastiche è l’impossibilità di taglio al laser per evitare che la sublimazione rilasci gas tossici nell’aria come acido cloridrico e diossine. Discorso che non vale per il BIOLaminil che è disponibile in spessori di 3 e 5 millimetri e a breve saranno commercializzati anche pannelli da 10mm. “L’intenzione è convertire tutta la produzione di Laminil tradizionale in BIOLaminil. In questo senso, attraverso un programma strutturato di campagne, stiamo sensibilizzando l’utilizzatore finale cioè il retailer e il management dell’industria di marca affinché inseriscano questo materiale nei progetti e nei capitolati dei progetti di Shopfitting e Display design. Spesso purtroppo alcuni trasformatori, anche nostri intermediari, sembrano non interessati a proporre il materiale all’utilizzatore finale che rimane all’oscuro della potenzialità di una comunicazione fatta con BIOLaminil ”. BIOLaminil è stato impiegato per la prima volta alla fine del 2017 da DMO (Dettaglio Moderno Organizzato) specialista di prodotti per la cura della persona e della detergenza con i Marchi
Caddy‘s, Beauty Star e l’Isola dei Tesori e per la produzione della struttura di un mobile specchiera il quale è stato ingegnerizzato da Large Format byTrimeline che ha vinto il premio come miglior espositore innovativo. “In generale -continua Laura SchellinoBIOLaminil è piuttosto rivoluzionario nel mondo della stampa digitale in cui la categoria dei materiali ‘ecosostenibili’ è circoscritta al polipropilene alveolare che è riciclabile (ma non biodegradabile) e al cartone che come è noto è anche compostabile, cioè può essere trasformato in un compost con finalità energetiche, per creare biogas, o usato come concime alla fine del processo anche se in alcuni casi il suo riciclo è più complesso o vanificato dalla plastificazione e dall’inchiostrazione”. Ricordiamo che il Laminil è un espanso accoppiato, ma a differenza degli altri espansi è fustellabile e stampabile in flexo (gamma Classic). Al di là delle peculiarità appena descritte è molto apprezzato anche per le ottime performance inerenti alle attività di lavorazione in fase post stampa, come la verniciatura, la cordonatura e il taglio a plotter (gamma a marchio Isoprint). È inoltre accoppiato con carte certificate FSC e PFSC che garantiscono che il legno utilizzato per fare la carta utilizzata, proviene da riserve controllate al fine di garantire la rinnovabilità, questo chiaramente fa salire il costo del prodotto ma diventa un prezzo irrinunciabile da pagare per investire e contribuire oggi per il nostro futuro.
Campagna benefica e base di Laminil…
Ogni anno Isonova dona i ritagli e pannelli di Laminil a varie scuole, ludoteche e associazioni, che lo utilizzano come materiale durevole per i loro progetti creativi. La campagna si rivolge a docenti, educatori e volontari di associazioni. La disponibilità varia a seconda del periodo e del numero di richieste. Isonova riceve sempre con interesse foto e video che mostrano quale seconda vita ha avuto il Laminil. Per info www.isonova.it. Un esempio è il progetto realizzato dalle insegnanti delle sale gioco dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. Il racconto narrato nel librone accompagna i bambini all’intervento chirurgico in modo meno traumatico.
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Display èMagazine
SPECIALISTI
di Lorenzo Peroni
Display ecosostenibili: materiali e progettualità Soluzioni ecologiche per Display. Materiali e progetti green oriented
“Large Format è un’azienda italiana, con sede a Istrana (TV), con all’attivo una lunga esperienza nel mondo del Visual e della stampa in grande formato. L’azienda, da febbraio diventata Large Format Printing S.p.A., segue il cliente dalla progettazione fino all’installazione e al montaggio: studia e mette in opera soluzioni per ottimizzare i processi e personalizzare le idee del cliente, semplificando la comunicazione tra l’azienda e il pubblico”.
Le aziende che si occupano di tecnologie e processi di stampa, anche nel campo della comunicazione visiva, stanno di anno in anno concentrando sempre di più l’attenzione sul tema della sostenibilità. Come spiega Cristina Mantoan, responsabile marketing di Large Format Printing: “Molto spesso le materie prime per allestimenti hanno delle problematiche complesse legate al riciclo: strutture articolate composte da materiali differenti assemblati tra loro e processi di stampa che impiegano inchiostri che inficiano il compostaggio del prodotto”. Al momento circa il 10% della produzione di Large Format è definibile come sostenibile e coinvolge per la maggior parte prodotti in cartone e cartoncino. L’azienda ha deciso di intraprendere una politica produttiva più green oriented, con il progressivo aumento, nei prossimi anni, dell’utilizzo di materiali ecosostenibili. L’obiettivo dichiarato per il 2018 è quello di incrementare l’offerta, e di conseguenza l’utilizzo, di materiali riciclabili, sottolineando ai clienti tutti i vantaggi derivati dall’utilizzo di questi prodotti. “L’impiego di materiale ecosostenibile e riciclabile, smaltibile con la normale raccolta differenziata cittadina, invece
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che con servizi speciali -continua Cristina- aiuta non solo l’ambiente ma anche la riduzione dei costi di smaltimento per i nostri principali clienti, GDO e retail”. La sostenibilità ambientale coinvolge sia la fase di produzione che quella di smaltimento, è quindi un aspetto molto complesso. Molto attenta nel rispettare l’ambiente anche durante la produzione, nel 2017 Large Format ha effettuato un importante investimento su un trituratore che permette poi lo stoccaggio degli scarti in container divisi per tipologia di materiali. Puntare su prodotti riciclabili è una direzione che stanno perseguendo sempre più aziende, sia per un discorso di impatto ambientale sia per essere al passo con le manovre di economia circolare programmate dalla comunità europea per il 2020. Importante, per tutti questi motivi, è sensibilizzare le aziende sull’impatto ambientale e sulle possibilità di investire in materiali e tecniche all’avanguardia. Purtroppo al momento la richiesta di materiali sostenibili non è ancora sufficientemente elevata: il prezzo la fa da padrone nel momento della scelta dei materiali. Etica e rispetto per l’ambiente non sono ancora leve vincenti. Un basso impatto ambientale lo si può già ottenere puntando sulla scelta di
Prodotti e materiali Riciclabili: Carta/cartone - Cartone alveolare, spessori 10-15-19 mm, lastra 305x110 cm e 305x205 cm, disponibile in varie combinazioni di colore (esterno/interno) avana, bianco e nero; - Cartone microonda spessore 1,2 mm, lastra 300x205 cm, bianco/avana/bianco; - Cartone microtriplo spessore 3,7 mm, lastra 300x205 cm, bianco/avana/bianco e avana/avana/avana; - Cartoncino teso spessore 0,68 mm, lastra 120x160 cm, bianco spessore 1-2 mm, lastra 100x140 cm, bianco con anima grigia spessore 2 mm, lastra 73x103 cm, bianco con anima bianca. Plastica - Smart X (materiale 100% polistirene), spessori 5-10-19 mm, lastre 122x244 cm, 122x305 cm e 203x305 cm, bianco; - Polionda a canne spessori 3,5-5-8-10 mm, lastra 305x205 cm, bianco spessore 3,5 mm, lastra 305x205 cm, disponibile nei colori giallo, rosso, verde, azzurro, grigio e nero; - Polionda alveolare spessori 2,4-3-5 mm, lastra 305x205 cm, bianco. Indifferenziata (Polistirene completamente biodegradabile in 5 anni) - BioIsoprint della gamma BioLaminil (by Isonova S.r.l.) È un nuovo prodotto ecologico completamente biodegradabile, attualmente disponibile con le seguenti caratteristiche: spessori 5-10 mm, lastra 100x200 cm e 120x300 cm, bianco. La gamma è comunque in fase di espansione. materiali nuovi e poco, o per nulla, inquinanti. In occasione di ‘Viscom 2017’, fiera della comunicazione visiva, è stato presentato all’interno di ‘Elementaria’ -mostra di prototipi di hi-design- un espositore realizzato da Large Format interamente in BioIsoprint: ideato da Tomoko Nagao, artista e designer giapponese con base a Milano (a rappresentarla, da anni, è la galleria Deodato Arte) e progettato da Aurora Balugani, architetto di Large Format. Il BioIsoprint, completamente biodegradabile, è stampato con una tecnologia che utilizza inchiostri a base acqua e offre quindi una soluzione totalmente ecologica. Sempre al ‘Viscom 2017’, -in occasione del concorso ‘DIVA’- Large Format ha presentato un altro espositore interamente in BioIsoprint. Il progetto ha vinto il premio della giuria popolare nella categoria Shopfitting. Questo prodotto è stato richiesto da D.M.O. S.p.A. -retailer con circa 60 punti vendita a insegna Caddy’s, Isola dei Tesori e BeautyStar- ed è stato progettato sempre in collaborazione con Isonova S.r.l.. Ancora su richiesta dell’azienda D.M.O S.p.A., è stato creato l’espositore per i prodotti AnimaBio. Realizzato interamente in cartone
alveolare da 19 mm, con stampa personalizzata, è stato progettato per essere montato a incastro, senza parti o agganci supplementari. L’espositore è presente dal 2017 in diversi punti vendita BeautyStar. Come sottolineato dalla responsabile marketing: “Questo tipo di progettualità permette al prodotto di essere smaltito in autonomia dalle aziende in maniera pratica e funzionale. Inoltre, la praticità della struttura assemblata a incastro e la leggerezza del materiale rendono questo tipo di espositori facilmente conservabili e riutilizzabili”. Sempre per i punti vendita BeautyStar, nel 2016, è stato realizzato un albero di Natale completamente in cartone alveolare da 10 mm. Questo prodotto, per ovvi motivi è utilizzabile solo in un particolare periodo dell’anno, è stato smontato, conservato e utilizzato nuovamente a Natale 2017.
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CONSORZI
di Marta Boggione
Rilegno e Conlegno:
8 miliardi di economia circolare Un sistema di riciclo ormai collaudato che va verso la digitalizzazione e la tracciabilità attraverso due consorzi di riferimento: Rilegno (Conai) che gestisce il fine vita del legno, e Conlegno (Federlegno) che ne gestisce i servizi per il mercato di riferimento, durante la vita del prodotto
Intervista con Nicola Semeraro, Presidente di Conlegno Qual è lo stato del riciclo del legno in Italia?
Intanto il nostro non è un consorzio che tratta l’imballaggio primario, eccetto che per le cassette dell’ortofrutta, che per noi rappresentano un 10% del sistema. Per quanto riguarda gli altri imballaggi la nostra operatività si esprime per lo più in ambito industriale. A Rilegno possono essere ricondotte circa 400 piattaforme che, in Italia, si occupano di raccolta e riciclo del legno. Il nostro legno viene recuperato in parte dai Comuni, soprattutto attraverso mercati comunali, per 500.000 tonnellate sul territorio nazionale tramite 4000 Comuni convenzionati. Dal circuito dei privati confluiscono1.200.000 di tonnellate di legno. Delle 2.811.000 tonnellate di legno immesso al consumo, ne abbiamo riciclate 1.750.000. L’ultimo dato di riciclo utile, che risale al 2016, è 63,52%, sommando riciclo, riutilizzo e recupero energetico. Il 70% del materiale recuperato dal nostro Consorzio attiene al pallet, un imballaggio che esiste da cinquant’anni,
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e che può essere riciclato infinite volte. Ogni anno 720.000 tonnellate di pallet vengono riutilizzate. Il legno si presta al riuso e in Italia c’è un mercato pazzesco per il pallet riciclato, quasi simile a quello tedesco. Il riferimento è al pallet europeo, dotato di caratteristiche ben definite, che favoriscono il riutilizzo, la rigenerazione e la sostituzione di pezzi. Direi che lo stato del riciclo in Italia è molto positivo. Rilegno sostiene tra l’altro il mercato del pannello usato per la produzione di mobili. Si pensi che il 93% del nostro legno recuperato viene impiegato per produrre pannelli. Un dato che rende l’Italia il primo Paese in Europa per la produzione di pannelli in legno riciclato. Se poi pensiamo che l’85% dei mobili prodotti in Italia vengono realizzati con i pannelli riciclati di Rilegno, possiamo parlare di economia circolare a tutti gli effetti. Per essere precisi nell’ambito della filiera italiana, Rilegno recupera quanto è possibile laddove l’80% del legno di cui ha bisogno viene acquistato all’estero, principalmente nell’Europa dell’Est, per un valore di circa 8 miliardi di euro.
Qual è la sorte dei materiali misti come il Display?
In fase di recupero, quando arrivano alle piattaforme subiscono una prima differenziazione. Se sono presenti elementi estranei, qui vengono eliminati. In più, prima di arrivare agli impianti di macinazione vengono sottoposti un’ulteriore selezione.
Rilegno ha avviato una ricerca scientifica sugli effetti del contatto tra il legno e gli alimenti, perché? Tendenzialmente il legno, essendo un materiale naturale, non ha problemi, le analisi servono a garantire che non subisca alterazioni di sorta. Lo studio serve a offrire maggiori garanzie sul materiale e a incentivarne l’utilizzo, dato che il legno a differenza del
Conlegno propone Fitok e Legnok
L’intensificarsi degli scambi commerciali ha coinvolto i mercati di un numero sempre crescente di Paesi negli ultimi anni e, a volte, il materiale da imballaggio in legno si è rivelato un canale di introduzione e diffusione di organismi nocivi rappresentando un rischio per le foreste dell’intero Pianeta. Da qui l’esigenza di diminuire il pericolo di possibili infestazioni introducendo alcune misure fitosanitarie per evitare eventuali impatti economici e ambientali sul patrimonio forestale mondiale. In Europa, e in generale nel mondo, si è quindi deciso di procedere all’adozione, in seno alla Convenzione Internazionale per la Protezione delle Piante della FAO, dello Standard ISPM n. 15 che impone a tutti i Paesi aderenti di utilizzare legno sottoposto a specifici trattamenti approvati e contraddistinto dal marchio IPPC/FAO. Da luglio 2005 il Consorzio Servizi Legno Sughero (CONLEGNO), con il suo Comitato Tecnico FITOK, è stato riconosciuto come Soggetto Gestore del marchio IPPC/FAO per l’ISPM n. 15 in Italia. I servizi fitosanitari regionali e il Soggetto Gestore hanno ritenuto che l’inserimento di un numero di lotto RRF (Riferimento di Rintracciabilità Fitosanitaria), in grado di creare un collegamento univoco tra trattamento fitosanitario e imballaggi in legno trattati, o prodotti con materia prima già trattata, fosse essenziale per garantire la massima rintracciabilità e sicurezza di avvenuto trattamento. Ad oggi in Italia, e in pochi altri Paesi, è obbligatorio l’inserimento di un RRF necessario alle aziende per dimostrare, in caso di contestazione, l’esecuzione del trattamento e la sua efficacia e, in caso di contraffazione del marchio, l’estraneità della ditta a quanto accaduto. Il trattamento che rende compatibile le materie prime lignee con l’impiego industriale e logistico, in pratica consiste nel sottoporre i materiali a un trattamento termico in appositi forni a una temperatura di poco superiore ai 50° gradi per 50 minuti. Il processo in questione disinfesta il legno da eventuali insetti e parassiti. E sostituisce il cosiddetto processo di fumigazione che, per ottenere lo stesso risultato, comportava l’utilizzo di sostanze chimiche e in particolare del bromuro di metile che era nocivo per la salute e per l’ambiente, tanto che insieme ad altri fumigati l’uso è disciplinato e limitato dai casi stabiliti dal trattato di Montreal. Tra le altre cose Conlegno dal 2013 gestisce il sistema LegnoOk finalizzato a contrastare il commercio del legno tagliato abusivamente: in ossequio al regolamento UE n995/2010 e attraverso un meccanismo di due diligence; e in forza di un piano di azione che l’UE ha varato nel 2003. Con il marchio LegnOkConlegno attua il riconoscimento ottenuto da parte della Commissione Europea, che ha investito il consorzio del titolo di Organismi di Controllo per la verifica dell’applicazione della due diligenze da parte delle aziende interessate al mercato del legno. Oggi sono 250 le aziende licenziatarie LegnOk in Italia. Tra l’altro con legno gestisce il marchio EPAL (European Partner Association), ente transnazionale responsabile a livello europeo dell’interscambio dei pallet riutilizzabili e della loro qualità, a livello mondiale, in seguito all’immissione sul mercato. Si pensi che nel 2017 su quasi 5 mio di pallet circolanti sul mercato italiano il 9% erano nuovi e il 17% riparati per il riutilizzo. (Fonte Conlegno)
cartone e delle plastiche non deriva dal petrolio ma è un materiale che ci dona la Natura. Con lo scopo di attestare qualità e proprietà del nostro imballaggio, riteniamo che nell’ambito della prevenzione sia importante offrire anche questo tipo di verifiche. Le cassette contengono ortaggi, alimenti, quindi è giusto dare al consumatore tutte le garanzie possibili. La legge Ronchi con il principio di responsabilità estesa è molto chiara nello stabilire i compiti e l’impegno relativi al ciclo di vita di un elemento: dalla sua nascita fino al suo smaltimento. In virtù della grande attenzione prestata in tema di prevenzione, recupero, utilizzo, riciclo meccanico, riciclo energetico, Rilegno è stata la prima, nel 2013 ad aver abbassato il contributo ambientale a favore del riutilizzo.
Quali i progetti per il 2018?
Tracciabilità e logistica. La tracciabilità ci viene imposta anche dall’Unione Europea, ma si riferisce al percorso dell’oggetto fino al finevita. Noi stiamo invece cercando di conferire al pallet un’identità e un valore, nuovi per chi lo deve utilizzare.
In pratica vorremmo dar vita a un pallet tecnologico. Penso a un utilizzatore che un domani potrebbe avere un pallet con un rfid in cui sia possibile tracciarne il percorso e il contenuto merceologico. Un servizio in più a chi utilizza gli imballaggi. È stato scelto il pallet perché il 90% delle merci nel mondo si muovono su questa tipologia di bancale. Uno strumento vecchio cui vorremmo dare un’anima tecnologia, con un sistema utile sia per l’azienda che produce il bene sia per quella che lo distribuisce consentendo di diminuire i costi nell’ambito della logistica. Dopo 50 anni e milioni di movimentazioni serve uno strumento intelligente: un contenitore che diventi una centrale di dati, storie, contenuti, informazioni sui suoi viaggi. È così dovrà essere anche per la cassetta. Per raccontare da dove arriva, o dove è stata raccolta la verdura, basterà interagire con l’icona o codice presente su di essa con lo smartophone.
Un sistema che non piacerà alla grande distribuzione… Pensi al mercato del biologico, dove si paga il triplo e nessuno le dà la garanzia della provenienza. Guardi in che imballaggi sono contenuti i prodotti: plastica e cartone. Partiremo proprio dal mondo del biologico…
Ci può parlare dell’Osservatorio creato con il Politecnico di Milano? Vogliamo studiare altre possibili applicazioni del legno riciclato nella realizzazione di oggetti moderni e tecnologici. Tre anni di ricerca serviranno a realizzare tutte le possibili applicazioni della modernità al legno. Penso al mondo del 3D del 4D che non genererebbero percentuali altissime di riciclo, ma a noi interessa stare al passo con i tempi.
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SPECIALISTI
di Barnaba Barattieri
Cemab, specialista del Display in legno L’esperienza del leader italiano nella produzione di Display in legno. Intervista con il titolare Sandro Leccese
In quali segmenti merceologici riscontra maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale?
Ovviamente in tutto il mondo del bio, nel mondo petshop e poi nell’alimentare.
A destra il titolare Sandro Leccese con il direttore commerciale Francesco Palamà
Il legno ha un’accezione di ecocompatibilità connaturata. È questo il motivo per cui le aziende dell’industria di marca si rivolgono a Cemab per la produzione di materiali espositivi? Sì è proprio così. Il tema dell’ecologico, del compatibile e del rispettoso dell’ambiente ha finalmente preso piede di prepotenza anche da noi e CEMAB riesce a fornire ai propri clienti soluzioni che rispettano tutte le tematiche citate
Come sappiamo anche il legno è soggetto a normative e a certificazioni (Fitok, FSC, LegnOk eccetera). Quali le certificazioni cui aderite e cosa comportano nello specifico?
48italia Display èMagazine
I nostri acquisti di materie prime sono sempre più orientati, come è giusto che sia, al FSC poichè vogliamo contribuire se pur con il nostro contributo minimale, alla riforestazione delle aree di provenienza. Ciò comporta costi leggermente più alti ma... sostenibili per una giusta causa
Quali i vantaggi di un materiale espositivo in legno rispetto ad altri materiali?
I vantaggi sono tanti: bellezza innanzi tutto, prestigio, robustezza e capacità quindi di sostenere prodotti pesanti, riciclabilità e riuso...tanti vantaggi e poi prezzo assolutamente competitivo rispetto al cartone, va detto !
Secondo lei è crescente l’attenzione dell’industria di marca rispetto alla sostenibilità? Ha mai trovato aziende che selezionano i propri fornitori in base a questo requisito? Cemab opera in Europa e in Usa. Quali i Paesi più attenti a questo aspetto?
Si c’è molta più attenzione rispetto a qualche anno fa e credo che aumenterà sempre di più. Le aziende che non abbracceranno questa filosofia avranno certamente vita difficile. I Paesi più avanti sul tema “Bio” sono certamente quelli del Centro-Nord Europa.
Molti lamentano gli alti costi legati alle iniziative di sostenibilità. Quale la sua opinione in merito? Sono costi necessari e che, alla lunga, hanno un ritorno importante. In ogni caso sono sostenibili.
Quale la vostra capacità produttiva e quanto è stato prodotto nel 2017 da Cemab? La capacità produttiva dipende dal modello e dalle sue caratteristiche; si aggira mediamente sui 300 espositori giornalieri.
Novità di prodotto da parte di Cemab?
Stiamo spingendo molto sulla brandizzazione totale dell’espositore al fine di consentire ai nostri clienti di comunicare esattamente come e cosa vogliono.
Può parlarci di una Case history recente? FILA, leader di matite e pennarelli: 800 espositori su misura posizionati in altrettanti PV, sono in fase di posizionamento.
CONSORZI
ALLUMINIO a impatto zero
di Marinella Croci
Nel mondo del retail il dibattito si amplia per abbracciare quei manufatti contenenti accoppiati alluminati oppure parti e componenti metallici, così come quelli dalla struttura rigida, difficilmente ripiegabile per l’inserimento nel cassone urbano a fine vita. Il panorama è ampio, dai piccoli espositori alle grandi strutture, come elementi d’arredo e scaffali. Proponiamo la questione al CIAL, Consorzio Imballaggi Alluminio, che ribadisce il valore intrinseco del materiale, leggero, resistente e durevole, ideale quale struttura portante di un progetto. Una materia prima preziosa, sempre recuperata, riutilizzabile e totalmente riciclabile: “La tendenza attuale è verso un mondo monomateriale dove l’imballaggio secondario o terziario svolga una funzione duplice per trasformarsi in espositore o distributore sul punto
vendita - afferma Gino Schiona, direttore generale CIAL -. Una corretta e avanzata progettazione deve poi tenere conto del cosiddetto ‘dismantling’ del manufatto, del suo disassemblaggio, per facilitare la selezione dei materiali da avviare alla piattaforma ecologica. La vita del manufatto può quindi essere prolungata abbandonando il concetto ‘usa e getta’ del Display, pensato per un uso temporale, e progettando una struttura durevole su cui intervenire semplicemente sostituendo le grafiche riducendo così anche l’impiego di prodotti a consumo”. L’impatto ambientale diventa fattore imprescindibile di una progettazione
52italia Display èMagazine
Il dibattito sul riciclo si allarga all’alluminio, un elemento molto utilizzato per il packaging espositivo
idealmente durevole, dove si sostituisce il solo vestito secondo una strategia di riuso e prevenzione più ancora che di riciclo. Ma quali sono le regole per lo smaltimento a fine vita? “L’interazione della filiera è fondamentale per ottimizzare i diversi aspetti quantitativi e qualitativi, progettuali e prestazionali operando con obiettivi di smantellamento e riutilizzo e secondo il concetto di design forrecycling prosegue Schiona -. Il progettista ha una grande responsabilità in questo processo perché deve tenere conto della esatta finalità del manufatto, senza esagerare in peso e materiali rispetto alla funzione richiesta. A fine vita il corretto smaltimento prevede il distacco e la suddivisione dei singoli componenti; in caso di parti
accoppiate in maniera solidale, si applica il principio del materiale prevalente: se la superficie del cartone è plastificata, l’oggetto può essere conferito nella raccolta carta. A volte quella che viene percepita come plastificazione in realtà è un efficace trattamento superficiale di lucidatura”. È evidente che la complessità del tema rende indispensabile la sensibilizzazione delle imprese a fare prevenzione, progettando imballaggi che tengano conto del fine vita, rendendoli disassemblabili e riciclabili. “La nostra attenzione è rivolta alle tipologie di prodotto di cui siamo responsabili: scatolette, vaschette, chiusure eventualmente contenute nel Display. Come consorzio promuoviamo iniziative premianti per le imprese che presentano
casi virtuosi di soluzioni innovative e migliorative, che minimizzano la quantità di materia prima, che prediligono il monomateriale evitando combinazioni difficili da disaggregare, che facilitino il disassemblaggio, utilizzando materiali riciclati e riciclabili. La lunga durata, caratteristica dell’alluminio, lo rende ideale per creare strutture riutilizzabili più volte e riciclabili al 100% a fine vita, senza alcun impatto ambientale.
I numeri dell’alluminio Le caratteristiche dell’alluminio ne favoriscono il recupero secondo diverse modalità: in impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) per la produzione di Combustibile Derivato da Rifiuti (CDR), di tappi e capsule da trattamento del vetro; in impianti per il recupero delle scorie da incenerimento nonché della frazione alluminio dal sotto-vaglio degli impianti di selezione rifiuti da raccolta differenziata. Gli imballaggi in alluminio post-consumo provenienti dalle piattaforme autorizzate vengono controllati in termini qualitativi e, in presenza di elevata frazione estranea, avviati a ulteriore selezione prima del conferimento in fonderia. In base alla normativa europea CEN EN 13431:2004, i rifiuti di imballaggio in alluminio con spessore fino a 50 micron (foglio), anche nel segmento accoppiato con prevalenza in peso dell’alluminio, sono recuperabili nei termovalorizzatori; le quantità recuperate sono calcolate sulla base delle quantità di rifiuto urbano incenerito con recupero di energia. Le ultime statistiche divulgate dal CIAL si riferiscono al 2016, quando i rottami di varia natura e origine sono stati quantificati in 927 kilotonnellate (+3,6%), di cui il 5,3% (48,7 kt) rappresentato da imballaggi. La quota delle quantità totali avviate a riciclo non è facilmente determinabile a causa dei flussi di rottami importati ed esportati.
Il CIAL gestisce solamente i rifiuti di imballaggio come sotto categoria dell’insieme relativo al rottame nazionale, il cui flusso è determinato dai dati dichiarati dalle fonderie di alluminio secondario presenti sul territorio nazionale: delle 12 fonderie italiane solamente 10 hanno dichiarato i quantitativi riciclati. Nel 2016 oltre il 90% degli imballaggi in alluminio immessi sul mercato era destinato al settore alimentare (lattine, bottiglie, scatole, chiusure, tubetti, vaschette, fogli). Comuni e operatori convenzionati hanno conferito a CIAL 14.505 t (+ 19%), di cui 12.087 t di imballaggi da raccolta differenziata. Nel 2016 sono state avviate a recupero energetico 3,2 kt di rifiuti di imballaggio in alluminio. In generale, il panorama italiano della gestione rifiuti è profondamente cambiato dalla fine degli anni Novanta, con un sostanziale aumento dei quantitativi così come dello schema gestionale: dal 38% dei rifiuti a recupero e il 46% a smaltimento nel 1999 si è passati al 55% e 16% nel 2015. In aumento anche i pretrattamenti, saliti dal 7% al 29% nel 2015 grazie alla maggiore articolazione della filiera dei rifiuti.
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SPECIALISTI
di Barnaba Barattieri
IL “BRACCIO DI FERRO” per il Display e lo scaffale La piegatura del metallo è un arte antica che Metal Minuterie G.B. Manzoni ha industrializzato per fornire tutti gli accessori per l’appenderia di cui necessitano normalmente Display scaffalature e mobili espositivi Per chi è appassionato di industria, plant, meccanica e macchinari, e mira a comprendere come vengano realizzati certi prodotti, lo stabilimento metalmeccanico di Metal Minuterie Manzoni è sicuramente affascinante. Beninteso gli ambienti sono spartani e a luccicare sono piuttosto i metalli utilizzati per creare minuterie e appenderi e da accostare a scaffalature e Display per l’esposizione diretta del prodotto. Per la scelta di questi accessori ci si può sbizzarrire sfogliando un catalogo con 300 referenze standardizzate tra accessorie cremagliere con reggimensole, complementi per l’arredo espositivo e catene. E se non dovesse bastare, spiega il titolare di terza generazione Francesco Manzoni: “Al fine di proporre progetti personalizzati l’azienda è in grado di svolgere tutte le fasi del ciclo produttivo grazie a un ufficio di progettazione, un’officina per la realizzazione di stampi e un ampio parco macchine per la lavorazione di nastro e filo”. Un’organizzazione industriale configurata per proporre ordinativi da qualche centinaio di pezzi fino a 20.000 unità laddove il progetto su misura può essere realizzato a partire dai 5000 pezzi circa.
Francesco Manzoni, con il fratello Giorgio e il padre Alessandro prosegue il lavoro del nonno Giovanni Battista che fu insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro.
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Bel tentativo “Da diversi anni il mercato di appenderie per il Display e per le scaffalature -prosegue Manzoni- ha un’incidenza del 50% sul nostro sul business. Con il disegno del cliente verifichiamo fattibilità, effettuiamo preventivo e campionatura, se richiesta a conferma d’ordine, il tutto in pochi giorni”. Ferro, ottone, acciaio inox lavorati a partire da bobine di filo o da appositi nastri sono prodotti grazie a macchine piegatrici Bihler GRM25 GRM35 GRM50 ed OMCG.
Tra i processi internamente gestiti ci sono la galvanica, l’ottonatura, la nichelatura, la bronzatura e la lucidatura utili per la creazione di un’ampia gamma di effetti e colorazioni tipiche del metallo e tali da essere accostate a pressoché tutte le ambientazioni ed essenze materiche. L‘impianto a rotobarile, un classico per le operazioni di zincatura, è del tipo semiautomatico ideale per la lavorazione della minuteria metallica con i tempi regolati dall‘operatore.
Ben fatto! Cambia abitudine, esponi con stile! DURAFRAME ® LA CORNICE ESPOSITIVA
duraframe.eu
SPECIALISTI
di Barnaba Barattieri
Dalla lastra all’universo del POP Tra le aziende italiane più attive nella fornitura di lastre polimeriche e in alluminio per la realizzazione di materiali di comunicazione, Eurmoma propone Univers System, una linea di materiali espositivi durevoli altamente customizzabile. A breve un catalogo dedicato alle lastre in alluminio Nel corso degli anni la product offering di Eurmoma si è andata ampliando di pari passo alla qualità ma senza tralasciare la varietà della gamma, che è oggi tra le più ampie in questo mercato, tra espositori per POP/POS durevoli e non, materiali autoadesivi per la riqualifica di ambienti e oggetti, lastre in plastica di ogni dimensione, spessore e tipologia possibile immaginabile: si va dal metacrilato Perspex al PVC Simona, passando per il policarbonato, le lastre sandwich, i compositi in alluminio (con marchio proprietario Eurobond), il PET/ PETG, il polistirene e molto altro. Insomma, da Eurmoma è impossibile uscire a mani vuote, considerando anche la vasta offerta di accessori e tools come distanziali, sistemi di fissaggio, biadesivi e tanto altro che sono di complemento ai prodotti semilavorati e consentono di personalizzare l’oggetto in modo profondo. Con sede operativa a Roma Eurmoma dispone di un ampio magazzino con merce in pronta consegna e servizio al banco, dove il team è pronto a ricevere ed esaudire ogni richiesta con professionalità, velocità e competenza e a partire da un catalogo con un migliaio di referenze. Spiega il Responsabile Comunicazione & Marketing Stefano Scipioni: ”È recente l’apertura di una sede Nord presso Turate (CO) con il responsabile manager Maurizio Sironi, scelta dettata dalla volontà strategica di Eurmoma di avere una presenza ancor più capillare ed effettiva sul territorio italiano, per mostrare le potenzialità dei nostri prodotti. Maurizio Sironi conosce a fondo il mercato della comunicazione visiva data la sua esperienza al fianco di importanti aziende come Spandex ed Hexis, sua collaborazione sta già portando ottimi risultati”. Le consegne vengono effettuate su tutto il territorio italiano in massimo 24h, grazie a un servizio di corrieri per la spedizione delle merci. Il tempo di consegna all’estero è di una settimana al massimo e dipende dai corrieri ai quali siamo abbonati e dal destinatario. Solitamente si aggira intorno ai 3-4 giorni lavorativi.
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Un sistema universale Fiore all’occhiello by Eurmoma è la linea di espositori made in Italy Univers System che ci porta a citare un altro reparto molto importante per questa azienda, ovvero quello dell’alluminio. Gli espositori durevoli Univers System rappresentano infatti il connubio e la fusione tra diversi materiali per un prodotto finale hi-end altamente customizzabile, che comunica ed è compatibile con molti altri accessori della product offering di Eurmoma. Partendo dal materiale della struttura portante che è l’alluminio si procede man mano con la configurazione dell’espositore aggiungendo a piacere cornici klik-klak, portabrochure, mensole e vaschette in metacrilato Perspex e chi più ne ha più ne metta. Tutto ciò restando per lo più svincolati sotto l’aspetto delle dimensioni e
Servizi oltre che materiali
Specializzazione : lastre in plastica (principalmente metacrilato Perspex e PVC Simona), supporti biadesivi Orafol, espositori per POP e pubblicità.
davvero liberi per ciò che concerne le possibilità di configurazione e scelta delle finiture per ogni singolo componente a partire dal telaio fino al singolo accessorio. Un’ampia offerta è disponibile a catalogo già con formati e kit standard, i quali a seconda delle esigenze possono rappresentare un prodotto finito così come un punto di partenza su cui lavorare insieme per qualcosa di assolutamente personalizzato in pochi giorni di lavorazione. Univers System si indirizza all’arredamento di qualsiasi punto vendita da ristoranti ed alberghi fino a contesti fieristici, data la leggerezza e resistenza dei materiali di cui è composto che consente anche un ripetuto montaggio e smontaggio dei componenti per un facile trasporto (non vi servirà altro che un semplice avvitatore per assemblare il tutto nuovamente).
Servizi oltre che materiali Eurmoma non è solo distribuzione, bensì anche creazione: grazie al polo produttivo non lontano dalla sede centrale, equipaggiato con i più recenti macchinari a controllo numerico per taglio laser/fresa e la piegatura a caldo, è un gioco da ragazzi creare oggetti perfettamente su misura del cliente: un file di lavorazione è tutto quello che serve, sarà poi la macchina a fare il resto restituendo il materiale lavorato secondo alti standard qualitativi. È possibile così eseguire lavorazioni su svariati materiali plastici come Forex, metacrilato, policarbonato, microonda ecc. Vale la pena in questo senso spendere due parole sulla Mercury di Sei Laser, ultimo acquisto del parco macchinari Eurmoma; in vista di una sempre più piena integrazione ad Industria 4.0
volta a efficientare tutto il processo produttivo aziendale, minimizzando gli sprechi in termini di costi e tempi, andando altresì a migliorare la precisione nelle consegne grazie ad una previsione sempre più accurata sulle tempistiche di lavorazione. Un macchinario che consente di eseguire tra l’altro la rasterizzazione del metacrilato, tecnica lavorativa che fornisce il supporto perfetto per la creazione di prodotti indirizzati al mercato dell’illuminotecnica con tecnologia LED. Questo ci collega dunque al reparto “elettrico”, che vede una vasta gamma dedicata all’illuminazione a LED con prodotti di alta qualità, da trasformatori ed alimentatori fino a moduli e strip LED, passando per proiettori, giornali luminosi, controller e molto altro dedicato agli accessori.
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SPECIALISTI
di Marinella Croci
Come ti rottamo lo scaffale Le modalità di rottamazione delle scaffalature d’acciaio, ossia la soluzione espositiva più ampiamente usata nel retail e in particolare in GDO
Rottami di acciaio e ghisa. Nel 2016 sono state rifuse quasi 16.000 tonnellate di rottame di acciaio e ghisa. La provenienza diversificata dei materiali rende difficile quantificare le scaffalature e i manufatti in acciaio dismessi dai punti vendita, peraltro in minima percentuale sul totale, ed equiparati ai rifiuti urbani. Paolo Pozzato, presidente Assofermet Rottami, ci ha spiegato il sistema del recupero rottami: “Le scaffalature e i manufatti in acciaio degli esercizi commerciali, ai fini della loro gestione a fine vita (dismissione), sono da intendersi come Rifiuti Urbani non Pericolosi. Tuttavia, pur rientrando nel novero dei Rifiuti Urbani, considerata l’origine commerciale, non vige il cosiddetto obbligo della privativa comunale: ossia non vi è l’obbligo di destinare le scaffalature dei punti vendita alle piazzole ecologiche comunali, aree preposte alla raccolta differenziata. Non tutti sanno che l’acciaio è un materiale recuperabile al 100%, pertanto, ai fini ecologici e ambientali, è
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necessario che le scaffalature vengano affidate a un impianto di recupero rottami che possa effettuare tutte le operazioni necessarie affinché tale materiale possa essere rifuso in acciaieria e così rientrare a pieno titolo nel ciclo produttivo. In un sistema sociale come il nostro, attento all’ecologia e che rinnega lo spreco delle risorse, il recupero della materia è un punto cardine irrinunciabile. Gli esercizi commerciali che intendono dismettere un buon numero di scaffalature o manufatti in acciaio potranno dunque contattare un impianto, che provvederà alla raccolta ed effettuerà le operazioni di recupero, garantendone così il riciclaggio ottimale e corretto. Qualora si tratti di piccoli esercizi al dettaglio con pochi manufatti da dismettere conclude - è senz’altro più opportuno che il titolare o un addetto li trasportino direttamente presso la piazzola ecologica comunale oppure, qualora il Comune offra tale servizio, o contatti direttamente il gestore pubblico del servizio rifiuti municipale, affinché passi a raccoglierli.”
Acciaio rifuso.
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PALBOARD™ Decorative Recycled Co-Extruded panel
Print It Route It V-Groove It Fold It Dimensioni standard Thickness: 2-10 mm Length: 2.440 mm / 3.000 mm / 3.050 mm Width: 1.220 mm / 1.500 mm / 2.030 mm
Rigid surface on both sides
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