DICEMBRE 2020 - GENNAIO 2021
Anno XX n. 5 - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
affaridigola.it
Rendiamo più dolce questo Natale UN VIAGGIO NELLA MAGIA DELLA FESTA PIÙ BELLA TRA PRODOTTI E TRADIZIONI LA BUONA TAVOLA RACCONTATA DA
Esperte in vendita e distribuzione di packaging alimentare, monouso, biodegradabile e compostabile
EDITORIALE
Oscar Fusini Direttore
NON SARÀ UN NATALE COME TUTTI GLI ALTRI
I
nnanzitutto, ci mancherà l’amico Roberto Vitali, persona competente e signorile. Per noi che scriviamo di cucina è stato il “professore”, non solo per la sua estrazione ma perché è stato uno dei primi, insieme al maestro Veronelli, a credere nell'enogastronomia e nella ristorazione come volano per la valorizzazione del nostro territorio. E su questo ha costruito una professione. Insieme a lui ci mancheranno tutti i nostri cari e le persone amiche, che sono scomparsi in questo terribile anno. Natale sarà l’occasione per ricordare e rivivere i bei momenti trascorsi con loro. Ma sarà un Natale diverso anche perché la crisi economica attuale non ha precedenti e molte persone, lavoratori e imprenditori sono in difficoltà. La pandemia ha effetti pesanti sul sistema economico e sul lavoro. Ci sono però alcuni elementi che permettono di guardare avanti e di avere un briciolo di ottimismo. Diciamocelo: rimpiangiamo già le tante vituperate tavolate pre natalizie con parenti e amici. Dalla pandemia e dalle restrizioni usciremo con una voglia maggiore di stare insieme, di mangiare e bere bene e anche di divertirci. Questi bisogni non sono corrosi dal Covid e non possono essere sostituiti dallo smart working e dal digitale. Anzi, non appena possibile, riesploderanno in tutta loro forza, come una molla per troppo tempo compressa. Servirà solo maggior attenzione e responsabilità. La rinnovata esigenza del consumo fuori casa, della qualità dei prodotti e della loro degustazione supererà la crisi e ci proietterà in un mondo in cui la crescita sarà addirittura esponenziale. Dobbiamo crederci, resistere e buttare il cuore oltre l’ostacolo, al di là di una crisi che morde forte e non accenna a terminare. Sapremo riprenderci con il nostro lavoro, la forza della passione e come sempre con un po’ di pazzia, che ci fa vedere vicino l’obiettivo anche quando è ancora solo un sogno. Ce la faremo, ciascuno nel suo e tutti insieme. Nel frattempo Buon Natale e Buone Feste!
SOMMARIO
D i c e m b re 2 0 2 0 - G e n n a i o 2 0 2 1 Direzione e Redazione: Iniziative Ascom S.p.a. Via Borgo Palazzo 137, 24125 Bergamo tel. 035 4120322, fax 035 4120182, affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Oscar Fusini In redazione: Laura Bernardi Locatelli Editrice: Iniziative Ascom S.p.a. via Borgo Palazzo 137, 24125 Bergamo
info@biogreengate.it www.biogreengate.it +39 3711532612 Via Torre 37, Trescore Balneario 24069 BERGAMO
Presidente: Giovanni Zambonelli Pubblicità: Ufficio Marketing Ascom Confcommercio Bergamo, via Borgo Palazzo 137, 24125 Bergamo tel. 035.4120111, marketing@ascombg.it Abbonamenti: Iniziative Ascom S.p.a. via Borgo Palazzo 137 24125 Bergamo, tel. 035.4120322 - 035.4120182 Registrazione Tribunale di Bergamo – n. 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Lara Abrati, Leonardo Bloch, Marco Offredi, Rosanna Scardi Progettazione grafica: Samanta Cattaneo, Mozzo, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
5. Lettera al mondo della ristorazione 6. Alle origini del cioccolato 10. Il Natale del cuore 14. I cibi portafortuna 18. Intervista a Ludovica Pagani 22. Non solo lombate, fiorentine e filetti 28. Sarà un Natale Hygge 30. Vasocottura che bontà! 32. Grappa, non è un distillato per vecchi 36. Gli spumanti per le feste 39. Leggere di gusto
C
SOS DECRETI Per chi ha bisogno di informazioni sulle restrizioni imposte dai DPCM
SOS SOSTENIBILITÀ
info@ascombg.it | 035.4120111
€
SOS LAVORO
Per chi cerca indicazioni su come sopravvivere al blackout finanziario sportellosos@ascombg.it | 035.4185707
Per chi ha bisogno di supporto nel gestire il personale e organizzare il futuro lavoro@ascombg.it | 035.4120306
Ascom Confcommercio Bergamo - Via Borgo Palazzo 137 - Bergamo Con la collaborazione di:
4
dicembre 2020 - gennaio 2021
ari colleghi, vorrei condividere con voi alcune riflessioni sulla situazione dei pubblici esercizi, che sono allo stremo. La Fipe è impegnata da mesi nel cercare di portare aiuto agli esercenti che si trovano con gli incassi pressoché azzerati. Siamo soddisfatti per l’impegno messo in campo dal Governo. Sono certamente interventi importanti in termini assoluti, ma lo sono meno in termini di ricaduta sulla singola azienda. La media dei ristori per esercizio è calcolata in circa 4mila euro, cifra che certamente non può salvare un’attività che si trova con incassi a zero. Si tratta più di sostegni alle famiglie che di aiuti alle imprese. Il poco lavoro che alcuni di noi riesce a creare, con take away e delivery, non basta certo a compensare i mancati incassi. Il vero aiuto per la sopravvivenza, sta nel poter, al più presto, tornare a riavviare il flusso di cassa giornaliero, riaprendo i locali. Fino ad allora dobbiamo resistere. Vi garantisco che la nostra Federazione continua a operare incessantemente con costanti contatti sui politici che mostrano di avere a cuore, nonostante tutto, i nostri comparti. E ritengo che, mai come oggi, vi sia la necessità da parte di Ascom di esservi vicini, facendo tutto quanto è possibile per aiutare concretamente chi è in difficoltà. Sulla base di queste considerazioni, il miglior consiglio che mi sento di dare è di rivolgersi a degli esperti per valutare al meglio lo stato di salute della propria attività. Potrebbe essere determinante per la sopravvivenza dell’attività stessa. Molte volte, presi dal vortice dei problemi, si perde in logica e razionalità e non si riescono a valutare con serenità le azioni più adatte da mettere in campo. Credetemi se vi dico che ho visto imprese che, se adeguatamente consigliate, si sarebbero salvate e che purtroppo sono collassate per mancanza di visione. In casi del genere, anche un semplice colloquio può essere di aiuto. Allora, vi prego, se temete per il futuro del vostro bar e della vostra famiglia, mettetevi in contatto con lo sportello SOS Sostenibilità di Ascom e Fogalco. Vi aiuterà a valutare al meglio la situazione finanziaria e trovare concretamente la soluzione dei problemi. Un abbraccio caloroso a tutti. Ps: In questi momenti mi rimane una certezza: non può esistere un futuro senza commercio, senza il piacere di scambiare due parole davanti a un buon caffè o a un aperitivo. Ristoranti, alberghi e bar rappresentano un tassello importantissimo dello stile di vita italiano che tutto il mondo ci invidia. Crediamoci!
Lettera aperta al mondo della ristorazione
Giorgio Beltrami presidente Caffè Bar Ascom Confcommercio Bergamo
C
ari colleghi, seconda chiusura, ma sarà l’ultima? Siamo di fronte a qualcosa che mai ci saremmo sognati accadesse, siamo spaesati, non siamo preparati e noi che facciamo impresa (e che mai come ora siamo costretti a diventare veri imprenditori e a fare i conti) siamo attrezzati ad affrontare il rischio ma inermi di fronte a questa incertezza. Anche perché i tempi di recupero che ci aspettano sono molto incerti. A fronte di questo scenario credo che la cosa più importante sia non perdere la fiducia in noi stessi e nelle associazioni che ci rappresentano. Interessanti spunti sulla situazione attuale del comparto sono stati discussi nell’assemblea annuale di Fipe (potete rivederla sulla pagina Facebook dedicata). I vari interlocutori, da diversi punti di vista, erano concordi su un punto essenziale: cioè che il mondo della ristorazione italiana, in quanto ambasciatore di uno stile di vita, stia assumendo un ruolo sempre maggiore nell’economia nazionale e quindi necessiti di un piano specifico da parte dei vari ministeri Turismo - Agricoltura - Trasporti - Economia, che dovranno interagire in maniera sempre più estesa e complessa. Questo sarà il compito della politica. Da parte nostra, dovremmo sentirci veramente ambasciatori di questo importante patrimonio enogastronomico e cercare di utilizzare e valorizzare in maniera sempre più significativa tutti i nostri prodotti unici che il mondo ci invidia. In sostanza il cambiamento consisterebbe in un’assunzione di nuove responsabilità da parte di tutti. Certo dobbiamo fare la nostra parte, ma di contro se vogliamo che il settore cresca, soprattutto qualitativamente, servono notevoli aiuti economici ma non sotto forma di aperture di credito ma di aiuti a fondo perduto. Qui entra prepotentemente in gioco la necessità che la categoria sia fortemente rappresentata attraverso le nostre associazioni, le quali possono operare sempre meglio solo se ogni singolo associato diventa parte attiva di esse. Qui viene ancora richiamata quella parola magica “responsabilità” individuale che solo così può diventare responsabilità collettiva. Petronilla Frosio presidente Ristoratori Ascom Confcommercio Bergamo
5 dicembre 2020 - gennaio 2021
S
principi di iperproduzione e sfruttamento delle risorse ambientali e manodopera, a partire da quella infantile. Dietro al sorriso di un bimbo che gusta una tavoletta di cioccolato, non ci possono essere le lacrime di un suo coetaneo privato del diritto all'infanzia. Sono cinque i cardini che ispirano Five, l'organismo internazionale che ho fondato: Buono, Sano, Sicuro, Giusto e Sostenibile» racconta dal suo laboratorio di Santuario di Vicoforte (Cuneo), dove produce tutto, perfino il latte in polvere con vacche piemontesi. Qui si lavorano fave provenienti da piantagioni avviate dall'altra parte del mondo, dalla selvaggia foresta pluviale della Mata Atlantica (dove è coltivato in cabruca per evitare la deforestazione) al Perù, alla Tanzania. Quanto al movimento “From beans to bar” (dalle fave alla tavoletta), Bessone ha fatto da pioniere, allestendo nel 2004 in Piazza Castello a Torino una vera e propria “fabbrica di cioccolato”, ispirazione per una generazione di tostatori e torrefattori di cacao, che in realtà in Italia sono una decina. «I macchinari per la torrefazione sono costosi, le spese di trasporto delle fave anche e la lavorazione richiede pazienza e cura, ma solo così si fa il
e la pressoché totalità del cioccolato -sia industriale che artigianale- in commercio parte da un semilavorato, una massa che viene plasmata dal singolo scioglitore, negli ultimi anni un piccolo gruppo di cioccolatieri avventurosi ha deciso di opporsi all’omologazione del gusto e di tornare alle origini del cacao. La ricerca della qualità inizia dal campo: dal terreno alla pianta, dalle cabosse (il meraviglioso frutto del Theobroma cacao) alle preziose fave, fino al momento in cui in grandi sacchi di juta prendono la via del mare. Dalla selezione delle fave si passa alla tostatura e torrefazione, procedura fondamentale per esaltare gli aromi del cacao e infondere carattere, la vera firma di ogni cioccolatiere. Ma c'è anche chi, come Claudio Corallo, propone cioccolato crudo, per esaltare al massimo il prodotto e trasforma in loco, in tavolette, il cacao, oltre a proporre sul mercato le favas de cacao torrado, le fave semplicemente tostate. La lavorazione artigianale sovverte i tempi dell’industria per ripiegarli a quelli naturali. Solo così, senza fretta né compromessi, si restituiscono al gusto le sensazioni catturate nelle foreste equatoriali, unitamente alla gratitudine per chi cura piantagioni e fincas. Piccole imprese e piccoli produttori sono a fianco in questa battaglia per un cioccolato migliore e anche più equo. Sono diversi i progetti di cooperazione che offrono ai cioccolatieri la possibilità di sviluppare un rapporto diretto con i produttori, tagliando un anello della catena dell'importazione, dai broker alle multinazionali, e riconoscendo agli agricoltori un prezzo superiore. La piccola impresa può arrivare così a controllare tutta la filiera e a disporre di un prodotto di origine certa e qualità eccellente.
C'È CHI LAVORA IL CACAO A CRUDO PER ANDARE ALL'ESSENZA DEL GUSTO
IL CACAO FUNZIONALE E NUTRACEUTICO DI SILVIO BESSONE
Alle origini del cioccolato LE FAVE SELEZIONATE NELLE FORESTE EQUATORIALI VENGONO TOSTATE E TORREFATTE DAI CIOCCOLATIERI CON METODI E TECNICHE DIVERSE PER SPRIGIONARE SAPORI E AROMI UNICI di Laura Bernardi Locatelli
6 dicembre 2020 - gennaio 2021
Il cibo degli dei è più che un alimento per Silvio Bessone, cioccolatiere per vocazione e scienziato etico per scelta, responsabile scientifico del Fine Cocoa Research Institute degli Stati Uniti. A solide conoscenze – laurea alla Jean Monnet di Bruxelles e collaborazioni universitarie, a partire dall'insegnamento di microbiologia all'Università di Caracas– Silvio Bessone intreccia la cultura naturalistica ayurvedica, incontrata in Sri Lanka, e l'antroposofia steineriana. «Il cioccolato del futuro oltre a piacere farà anche bene, a patto che si inverta la marcia dai
7 dicembre 2020 - gennaio 2021
cioccolato, controllando ogni fase, dalla raccolta alle cabosse, dalle fave alle barrette. È un investimento in coerenza e in differenziazione, perché ci sono comunque ottimi prodotti sul mercato e i processi di lavorazione sono lunghi e sinceramente non sempre ben riusciti -spiega Bessone- . Cresce la voglia di lavorare il cacao ma ci sono ahimè tentativi artigianali che arrecano più difetti di quanti ne fa l'industria, che però, a differenza dell'artigiano, riesce a coprire con additivi e trattamenti, a scapito ovviamente di aromi e profumi naturalmente presenti». In Ecuador a Babahoyo lo scienziato del cioccolato ha messo a punto con un pool di ingegneri il “Bessone Method Patent” per un cacao biodinamico: «I metodi di coltivazione rispettano la natura, le persone e l'ambiente e producono cacao nutraceutico, con valori biochimici interessanti alla lavorazione di un cacao funzionale». Nel 2021 si appresta a lanciare una vera e propria linea della salute: barrette da 12 grammi e mezzo, messe a punto con un medico esperto in preparazioni galeniche, promettono di tenere sotto controllo, in diverse versioni, ipertensione, stress, insonnia e cali energetici.
«SONO CINQUE I CARDINI CHE ISPIRANO FIVE, L'ORGANISMO INTERNAZIONALE CHE HO FONDATO: BUONO, SANO, SICURO, GIUSTO E SOSTENIBILE»
CLAUDIO CORALLO, DALLA PIANTAGIONE ALLA TAVOLETTA
È l'unico produttore al mondo ad accompagnare il suo cioccolato dalla piantagione, a Terreiro Velho nell'isola paradisiaca di Principe nel Golfo di Guinea, alla tavoletta ("From soil to bar", dal terreno alla barretta), con un processo di produzione effettuato interamente a mano. Il suo cioccolato -definito il migliore al mondo- sprigiona al meglio i suoi aromi a temperature tropicali, dai 27 ai 29 gradi. Claudio Corallo, fiorentino, con una specializzazione in agronomia tropicale in tasca, ha preso la via dell'Africa a 23 anni, quasi 50 anni fa, iniziando a lavorare come broker di caffè in Zaire prima di diventarne produttore, avviando una piantagione Silvio Bessone
«LA PIANTA DEL CACAO È MERAVIGLIOSA E LA SUA POTATURA MI RICORDA QUELLA DELL'ULIVO. NON AVEVO MAI AVUTO UNA GRANDE PASSIONE PER IL CIOCCOLATO, PRIMA DI PRODURRE IL MIO» Claudio Corallo
8 dicembre 2020 - gennaio 2021
nella zona fluviale selvaggia vicino al parco Salonga, dove ha esportato la robusta più ricercata (e costosa, pagata il doppio dell'arabica) del globo. Le rivolte degli anni Novanta, l'hanno spinto a trasferirsi, mettendo in sicurezza la famiglia, a Sao Tomè, dove ha avviato piantagioni di caffè, cacao (sull'isola di Principe) e pepe. «Il cacao Forastero Amelonado venne introdotto sull'isola dal re portoghese nell'Ottocento, che vedeva avvicinarsi la fine della colonia in Brasile -spiega Claudio Corallo, bloccato in lockdown forzato nel Chianti-. Coltivarlo è stato naturale: la pianta del cacao è meravigliosa e la sua potatura mi ricorda quella dell'ulivo, anche se confesso di non avere mai avuto una grande passione per il cioccolato, almeno prima di produrre il mio». Il cacao viene raccolto da maggio a gennaio, lavorato subito, fermentato, accuratamente stoccato ed essiccato in modo lento e progressivo, poi tostato o lavorato a crudo. La fava di cacao viene macinata cruda per andare all'essenza di un prodotto eccezionale, privo naturalmente di asperità e amarezza: «È il migliore modo per assaporare, dal 75% al 100%, il lavoro fatto dal momento della raccolta allo stoccaggio, con la complicità di un clima ideale -continua Corallo-. Il cacao sprigiona così un'esplosione di sapori e aromi». Da provare le fave di cacao tostate per fare un viaggio ideale, dopo aver rotto e gettato il tegumento, a Terreiro Velho. Tutta la produzione di cioccolato di Claudio Corallo, affiancato dalla figlia Ricciarda, avviene dietro ordinativi e su misura, anche se al momento è bloccata dallo stop ai cargo imposto all'aeroporto di Sao Tomè per il mancato rispetto dei protocolli internazionali di sicurezza. «Un danno enorme -commenta, sconsolato-. Siamo riusciti a imporci sul mercato mondiale con un prodotto nato e trasformato nella sua terra d'origine, ma ora paghiamo lo scotto dell'insularità e dell'isolamento dal resto del mondo».
«È IL TEMPO, ATTRAVERSO L'AFFINAMENTO DELLE TAVOLETTE, A SMUSSARE LE ASPERITÀ E FAVORIRE LO SVILUPPO DI AROMI PREGIATI»
IL CIOCCOLATO SLOW E NATURALE
“From beans to bar” è lo slogan che accompagna ogni creazione della fabbrica di cioccolato di Guido Castagna, a Giaveno (To), che ha conquistato l'oro all'Italian Med Chocolate Awards per l’Italia e il Mediterraneo quest'anno con la crema “+55”, i “Giuinott” (sei volte oro agli International Chocolate Awards) e le praline menta e liquirizia. Per vedere le fave trasformarsi in tavolette, giuinott e praline secondo il “Metodo Naturale Guido Castagna”, codificato punto per punto dal cioccolatiere, bisogna avere un anno di pazienza. Le fave di cacao fine provenienti da cooperative selezionate dal Madagascar all'Ecuador al Venezuela, vengono lasciate fermentare all'80% circa e riposano per tre mesi in laboratorio. «La torrefazione avviene a bassa temperatura, a 110 gradi per un'ora per ottenere una perfetta tostatura e non a 200 gradi come avviene nell'industria» spiega Guido Castagna. Al bando sali o altri additivi derivanti dalla potassatura o alcalinizzazione del cioccolato. «È il tempo, attraverso l'affinamento delle tavolette, con una maturazione di almeno sei mesi, a smussare le asperità e favorire lo sviluppo di aromi pregiati» continua. L'idea di tostare direttamente le fave di cacao, segue il progetto di ritorno alle origini, con la lavorazione della nocciola Piemonte Igp direttamente dalla pianta. «A Trieste e a Genova
Guido Castagna
trovavo solo cacao industriale di bassa qualità -spiega-. Così ho iniziato a visitare piantagioni in Repubblica Domenicana, Venezuela, Honduras, Salvador e Guatemala e a prendere accordi con i produttori, avviando in loco la lavorazione». All'etica e al rispetto per il cacao e chi lo lavora si abbina l'eco-sostenibilità, con l'utilizzo degli scarti di lavorazione, dalla produzione di birre al compost per agricoltura e dai sacchi nascono originali borse in juta.
9 dicembre 2020 - gennaio 2021
I casoncelli di ma mma e il ca mino acceso
Il Natale del cuore IL RICORDO DI UNA GIORNATA INDIMENTICABILE CHE ACCOMPAGNA LA VITA DI OGNI GIORNO. ABBIAMO CHIESTO A NOVE PERSONALITÀ BERGAMASCHE QUAL È STATO IL LORO NATALE PIÙ BELLO
ch R o by Fa c
i n ett i
Per Roby Facchinetti Natale significa condivisione, il ritrovare a tavola la famiglia, sempre più numerosa e che oggi conta sei nipotini. «La nostalgia è per il Natale della mia infanzia, ad Astino. Resta nel mio cuore quell’immagine indimenticabile di mia mamma che preparava i casoncelli, il cappone ripieno, la polenta, vicino al camino acceso -racconta l’artista-. Negli anni ‘40 aveva frequentato una scuola di cucina ed era bravissima, ogni giorno era dedicato a un piatto, mercoledì risotto alla milanese, giovedì spaghetti al pomodoro, venerdi merluzzo e così via. Accadeva che io desiderassi tanto un paio di scarpe, magari in aprile, e la risposta era: “le avrai per Natale”. E immancabilmente mi arrivavano insieme a un paio di pantaloni o il vestitino nuovo, anche se due settimane prima c’era stata Santa Lucia. Fuori c’era la neve e per noi bambini accadevano cose eccezionali».
La gioia dell’attesa e il cappone della nonna
Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo, ricorda i tanti Natale che risalgono a quando era bambino, tra gli otto e i dodici anni. «I miei genitori avevano tre negozi di gastronomia, due in Borgo Palazzo e uno in via san Bernardino, e per loro era un periodo di super lavoro. Nelle settimane antecedenti li vedevo giusto rincasare per dormire, mentre il 25, dopo essere stato a messa, ero a casa con la nonna che mi faceva vedere in tv la benedizione del Papa. Verso le 14.30 i miei rientravano e iniziava il Natale, potevamo anche noi sederci e festeggiare -racconta-. La nonna preparava uno squisito cappone ripieno, abbinato a polenta e patate arrosto, si stava a tavola anche per la tombola. Dai 13 ai 18 anni aiutavo mio papà in negozio, sotto i miei occhi passavano quintali di gelatina, insalata russa, capricciosa, tartara, aragoste, era l’apoteosi della tradizione», sorride.
di Rosanna Scardi
n e lli o b m a Z i Gio vaan nn i pot e A n n a el
Gli scarpinocc simbolo di festa
o rz e nt i M o m e R e lle g ri n i P 10 dicembre 2020 - gennaio 2021
A rendere speciale ogni Natale è la possibilità di ripercorrere le tradizioni culinarie della propria terra e la felicità di poterle gustare con gli affetti più cari. «Per me sono gli scarpinocc de Par, conditi con burro di malga e salvia a segnare questi momenti di gioia: la loro forma particolare ad ali d’uccello, la loro morbidezza e le spezie che vi sono racchiuse all’interno insieme al formaggio e al pane grattugiato, rappresentano la squisitezza accogliente della mia casa, del mio territorio -afferma il rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini-. Del resto, tutti i cibi natalizi sono sinonimo di bontà: quella del gusto, certamente, ma anche quella dei sentimenti familiari e amicali che portano racchiusi al loro interno. Quest'anno abbiamo tutti più che mai bisogno di riscoprire i loro sapori».
11 dicembre 2020 - gennaio 2021
Il ricordo del Natale con mio figlio rientrato dagli USA
M
Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, alle prese con la seconda ondata del Covid, svela un suo dolce ricordo. «Era il Natale 2019 quando mio figlio è tornato dagli Stati Uniti per la prima volta da uomo sposato con sua moglie -racconta-. Quest’anno, purtroppo, a causa dell’emergenza in corso, non potrà tornare a casa, ma sicuramente grazie alla tecnologia avremo modo di vederci e scambiarci gli auguri. Il piatto della mia infanzia che mi piace riproporre durante le festività è il timballo di maccheroni con polpettine di carne, cotto al forno. Una ricetta della tradizione, cucinato da mia mamma, immancabile, come l’insalata russa preparata da mio marito e i miei antipasti, rigorosamente casalinghi. Ad accompagnare i dolci e il panettone c’è sempre anche un Moscato, che piace alle donne di casa. Natale per me è tradizione, famiglia e serenità».
a si t S e c i r t a a ri a Be
Travolto da una valanga il 25 dicembre del 1997
Un Natale drammatico, ma che, proprio per questo, è indimenticabile per Simone Moro, scalatore di fama mondiale che si è trovato a vivere, a gennaio scorso, un’avventura che gli è quasi costata la vita nella regione himalayana del Karakorum e, al suo rientro, la pandemia. Da quell’esperienza va a ritroso nel suo ultimo libro, “Ho visto l’abisso” (Rizzoli). «Ma il momento più terribile è stato quello del Natale del 1997, quando siamo partiti in tre e sono tornato a casa da solo, soppravvivendo per miracolo -ripercorre l’alpinista-. Alle 12.36 quando la gente usciva da messa e non vedeva l’ora di addentare il panettone, io cadevo per 800 metri, travolto da una valanga insieme a due compagni, riuscendo in modo rocambolesco a salvarmi. Le sconfitte alpinistiche, e non, sono necessarie per imparare a vivere, mettono alla prova le motivazioni che ci spingono a rialzarci. Sono uno sprone per imparare a vedere la luce».
L o stupore davanti al presepe di Borgo Santa Caterina
s o tt Gio rg io Pa
i
L’attore, fresco della prestigiosa nomina a direttore artistico del Teatro Stabile d’Abruzzo, carica ricoperta in passato anche da Gigi Proietti, e su Canale 5, nella fiction “Il silenzio dell’acqua”, va indietro nel tempo. «Mi ricordo che ero piccolo e, un Natale, nevicò talmente tanto a Bergamo che scesero quasi due metri di neve, la città era meravigliosa, completamente rivestita dal manto bianco -racconta l’attore-. Mia nonna mi portò a vedere un presepe in Santa Caterina, talmente bello che rimasi a bocca aperta. Le statue erano grandissime e c’erano i quattro movimenti, dell’alba, del giorno, del tramonto e della sera. Era allestito dai frati salesiani, che l’hanno tolto. Negli anni ho cercato di recuperarlo, volevo renderlo di nuovo vivo e fare in modo che altri bambini potessero ammirarlo, ma pare che l’avessero venduto. È stato uno degli ultimi indimenticabili giorni di festa passati con i miei nonni».
15 anni e l’infinito pranzo da ma mma
Si m on e M
o ro
Simone Tempia, autore di “Vita con Lloyd” e di “Storie per genitori appena nati” (Rizzoli), ha origini biellesi, ma vive a Comun Nuovo. «Avevo 15 anni, eravamo a Cossato, nel pomeriggio erano arrivati i cugini più grandi a trovarci, ero impazzito di gioia -racconta-. Il pranzo era tutt’altro che parco, mia zia aveva un negozio di alimentari e ci aveva portato lardo, salumi, cotechino, zampone, sanguinaccio con patate, insalata russa, poi venivano gli agnolotti con il brodo preparato con il bollito misto che arrivava dopo, frutta secca e panettone. Alle 16.30 ci si alzava rotolando, anelando per il caffè, in un coma post prandiale che colpiva chi aveva piu di 35 anni. Seguiva la merenda (con il panettone), a quel punto qualcuno chiedeva: beh, stasera magari non si cena? Era la fine del pranzo di Natale e l’inizio della sera: luci spente, albero acceso, tazza di latte e mezza fetta di panettone per andare a letto con un po’ di amarezza, ma anche tanta gioia per la festa e i regali ricevuti».
Una speciale notte da lupi
Nel 1976 il calore della Val Brembana ghiacciata
Mi o c s e c n ra F
ch e li
«In realtà, ho sempre festeggiato molto di più Santa Lucia -tiene a precisare Francesco Micheli, direttore artistico del Festival Donizetti Opera, che si è rinnovato nell’edizione 2020 con un cartellone ad hoc pensato per gli spettatori a distanza-. Sicuramente il Natale più significativo della mia vita è stato quello del 1976. Avevo quattro anni. Mia mamma si era separata da mio papà nell’estate precedente e io e lei andammo a vivere in Brasile. Tornammo a Sedrina, in Val Brembana, attorno al 20 dicembre, passando dai 37 gradi a qualche abbondante decina di gradi sottozero. Questo sbalzo di 40 gradi mi fece, però, comprendere quanto vasto e complesso fosse il mondo, nella gioia di una famiglia ritrovata».
12 dicembre 2020 - gennaio 2021
Ca i ro M a rt i n a
ni
Si m on e Te
m pi a
Il Natale più bello per Martina Caironi è stato quello del 2019, che ha festeggiato con la famiglia, il marito Isaac, i genitori, i fratelli Michele e Fabio, al ristorante “Paleni” a Cusio, sul Monte Avaro, in Val Brembana. «Eravamo tutti insieme, nella mia terra, che ho rivalutato, vivendo a Bologna -racconta la campionessa, che è l’atleta con protesi sopra il ginocchio più veloce al mondo-. Di questo passo ce lo sogniamo un Natale così, che poteva sembrare scontato, invece è stato indimenticabile”. Il menù prevedeva cinghiale, polenta e tante degustazioni. Ma, a rendere alternativo il giorno di festa, è stato un incontro inaspettato. «Ci siamo imbattuti in mio cugino Riccardo, che aveva deciso di disertare il Natale per andare sui monti da solo -racconta Martina-. Ci ha portati a camminare nei boschi senza scarponi: per me la discesa con le protesi è stata una sfida. C’erano mia mamma e Isaac (gli altri, fifoni, si erano defilati). Per fortuna la luna piena non ci ha trasformati in lupi mannari, ma ci ha guidati verso la strada».
13 dicembre 2020 - gennaio 2021
LENTICCHIE
Ogni singolo legume vale una moneta, quindi è bene- senza abbuffarsi- concentrarsi su questo piatto. A tavola mettono d’accordo anche vegani e vegetariani per un pieno di proteine, con pochissimi grassi. Se proprio non le tollerate, potete preparare comunque dei sacchetti portafortuna da appendere all’albero di Natale.
RISO
2020 addio!
Ecco i cibi portafortuna per il menù di Capodanno
Simbolo di abbondanza, immancabile in ogni cerimonia che si rispetti, è un alimento da tenere senz’altro in considerazione per dare il benvenuto al nuovo anno. I più scaramantici sanno che avere le tasche piene di riso è una pratica innocua (e pure discreta) per scacciare la sfortuna. I più ortodossi infileranno in tasca con perizia un fazzoletto con sette chicchi di melograno e altrettanti di riso.
PEPERONCINI
Scacciano il malocchio e fanno anche bene alla salute -se utilizzati senza eccessi-, tanto da essere un rimedio medicinale Maya e azteco, oltre che rientrare per tradizione popolare nei cibi afrodisiaci. Se proprio non sopportate il piccante, si può utilizzare la bellissima pianta di peperoncino come originale centrotavola. I frutti rossi -colore perfettamente a tema con la festività- e la caratteristica forma a corno portafortuna daranno personalità a tavola e mise en place.
UVA
Simbolo di festa e fertilità, fa parte ormai di ogni cesto di frutta per dire addio definitivamente all’anno che se ne va. In Spagna è quasi d’obbligo gustare dodici acini d’uva, uno per ognuno dei dodici rintocchi delle campane a mezzanotte. Per evitare pericolosi incroci a tavola (che portano sempre male e non sono il massimo per il galateo), si possono preparare bicchierini mono porzione o meglio ancora dei coni di carta, forma che -come la cornucopia insegna- non può che amplificare i benefici del rituale.
BIETOLE, SPINACI E VERDURE A FOGLIA LARGA VERDI
Negli Stati Uniti è usanza servire un contorno di colore verde che ricorda i dollari, gli amati “verdoni” di Paperone. In Germania e Irlanda si usa servire cavolo verde. Insomma, se siete indecisi sul contorno da servire, a voi la scelta, purché sia verde. Non ci resta che aggrapparci al colore della speranza.
di Laura Bernardi Locatelli
D
ifficile anche solo immaginare di poter inaugurare un anno peggiore del 2020, ma proprio perché sta per chiudersi l’annus horribilis per salute ed economia, la scaramanzia non è mai troppa e neppure fuori luogo. Perché se essere superstiziosi vuol dire entrare nel novero degli oscurantisti o degli ignoranti, non esserlo del tutto, in quest’ultimo scampolo del 2020, potrebbe anche finire con il rischiare di portare male. Servire in tavola per il classico cenone cibi portafortuna costa poco e al massimo, visto che tra questi rientrano veri e propri superfood, a
MANDARINI E CLEMENTINE
Come tutti gli agrumi simboleggiano eternità e portano fortuna, oltre ad assicurare un vero e proprio pieno di vitamina C, indispensabile per rafforzare il sistema immunitario. Possono essere gustati a fine pasto o proposti canditi o confit.
guadagnarne sarà se non la fortuna almeno la salute, oggi come non mai obiettivo prioritario. Se lenticchie, cotechino e uva sono irrinunciabili a San Silvestro e sono entrati ormai a far parte a pieno diritto della tradizione, non mancano cibi-amuleto provenienti da altre tradizioni e anche qualche indicazione di rituali per scacciare la sfortuna e propiziare la sorte, oltre a un piccolo promemoria che ricorda ciò che assolutamente va evitato a tavola per iniziare con il piede giusto il 2021. Che, però tanto per cominciare con le buone premesse, non sarà quanto meno bisesto. La speranza è una sola che sia un annus mirabilis!
14 dicembre 2020 - gennaio 2021
NOCI E FRUTTA SECCA
Un tempo lanciate in segno benaugurante agli sposi, si ritiene che portino fertilità e abbondanza. E poi così si può scacciare il 2020 a colpi di schiaccianoci e vederlo andare in frantumi, il che, diciamolo, è anche liberatorio. I più scaramantici abbinano alle noci altre varietà di frutta secca o essiccata fino a raggiungere il numero perfetto secondo i romani, la cabala e la tradizione buddhista di 7 (oltre che pari al numero dei doni dello Spirito Santo nella tradizione cristiana).
15 dicembre 2020 - gennaio 2021
Ingredienti propiziatori esotici LITCHI
Il guscio duro che racchiude un frutto dolce, succoso e delicato richiama il senso di sicurezza e la forma tonda rappresenta l'ideale di perfezione. Per la medicina tradizionale cinese è un frutto caldo capace di accendere il fuoco digestivo, specialmente a fine pasto. Possono rappresentare un'alternativa esotica alle ciliegie, che nonostante siano assolutamente fuori stagione e siano vendute a prezzi folli, vengono portate a tavola in segno di buon auspicio e ricchezza a San Silvestro.
NOODLES
Vengono mangiati tradizionalmente il giorno di Capodanno in moltissimi paesi asiatici. Si ritiene portino lunga vita per la caratteristica forma nastriforme. Un avvertimento importante: non possono assolutamente essere spezzati, come del resto la nostra pasta lunga.
TRADIZIONI
MELOGRANO
di Leonardo Bloch
Albero sacro a Era e Afrodite nella mitologia greca, è ormai insostituibile nel menù di San Silvestro e i suoi chicchi, con la loro caratteristica nota acidula, esaltano anche moltissime ricette salate. Spazio quindi alla fantasia, dall'antipasto al dolce, per impreziosire i piatti desiderati, con un tocco di colore rosso vivo. Da provare il sorbetto a fine pasto di semplice realizzazione e assoluto impatto.
ORATA
Per la tradizione giapponese è tra i cibi-amuleto per antonomasia, basti pensare che il dio protettore della pesca, della buona sorte e dei mercanti Ebisu (tra le Sette Divinità della Fortuna) lo tiene sotto braccio nella raffigurazione iconica. Appartiene comunque anche ad altre tradizioni l’idea che sia di buon auspicio arrostire un pesce intero e servirlo a tavola durante le feste. I pesci sono simbolo di buona sorte in generale per il luccichio argenteo delle squame, per il fatto che viaggiano in banchi, simbolo di abbondanza, e perchè nuotano e guizzano in avanti, segno di progresso.
CIAMBELLE E ANELLI
La tradizione vuole che per la prima colazione dell'anno si mangi qualcosa a forma di anello, che sia dolce, come bomboloni, ciambelle o canestrelli, o salato, come taralli e friselle. L'importante è mettere in tavola qualcosa di forma circolare, di per sè perfetta, oltre che simbolo di chiusura di un ciclo. Che la ciambella però venga con il buco!
MANO DI BUDDHA
Varietà esotica, diffusa in Cina e India, di cedro, dalla caratteristica forma che ricorda le dita delle mani, porta un delizioso profumo in ambienti e a tavola. Si usa dare in dono agli ospiti e viene posizionato a centrotavola. Il frutto è perfetto su carpacci di pesce e rende speciali cocktail. La scorza può essere candita o grattuggiata.
I
Cosa evitare? Vietato portare a tavola anatra, pollo e altri volatili: la leggenda vuole che mangiando qualcosa con le ali la fortuna voli via o non si riesca comunque a catturare. La tradizione vuole che siano banditi anche crostacei come aragoste, astici e gamberi perché camminano all'indietro e si ritiene frenino il progresso. In realtà non è vero: questi crostacei sanno anche camminare a ritroso se minacciati, ma normalmente si muovono in avanti. Come già ricordato per i noodles, anche per i nostri spaghetti vale la stessa regola: mai spezzare la pasta lunga (buona norma da mettere in pratica sempre, in generale). Se il menù prevede la preparazione di un dolce casalingo, ogni membro della famiglia dovrebbe mescolare l'impasto almeno una volta per evitare la sfortuna.
16 dicembre 2020 - gennaio 2021
Con cereali e legumi si augurava prosperità
l Capodanno è ormai sbiadita memoria di tempi nei quali il rapporto dell’uomo con la buona e la cattiva sorte -e a ben vedere anche quello con la vita e la morte- aveva una valenza assai più collettiva che individuale. L’ancestrale afflato misterico della festività, legato al culto dei defunti ed al ciclo delle messi, si è tuttavia trasfigurato nel corso dei secoli in un patto con il nuovo anno per scansare la iella che, al pari di ogni contratto che si rispetti, deve essere suggellato nel corso di un acconcio convito. Le più arcaiche tra le portate del banchetto rimandano ancora subliminalmente all’originario obbligo di devozione verso i trapassati: in tale chiave devono essere lette le zuppe di cereali con le quali talora si dà avvio all’epula. L’usanza attraversa l’intera Penisola, dalla minestra d’orzo servita in Alto Adige alla cuccia sicula, e persino il Tiraboschi riferisce di una vivanda in brodo anticamente preparata nella bergamasca con tutti i principali grani mangiativi. Ma la cibaria è giunta -chissà come- sotto il nome di kutya persino in Ucraina e Russia, dove viene consumata durante le festività di fine anno e, assai significativamente, anche nel corso dei banchetti funebri. I semi del resto rappresentavano in passato il cibo dei morti, e a tale risvolto simbolico sono sicuramente collegati
anche i legumi. Proverbiali sono ormai le lenticchie da servirsi con cotechino o zampone, ma assai singolarmente anche nel sud degli USA è tradizione mettere in tavola uno stufato di fagiolini dell’occhio soprannominato hoppin’John. Oltreoceano i legumi vengono inderogabilmente abbinati al cavolo verde, il cui colore richiama quello delle banconote emesse dalla Federal Reserve, e forse a tale associazione cromatica fa richiamo anche la profusione di cicorie e biete sulle tavole dell’Italia meridionale. Tra le carni non v’è dubbio che il ruolo del primattore, su base pressochè mondiale, spetti al porco. La nozione di abbondanza e prosperità associata al suino ha radici plurimillenarie, dal culto latino della dea Maia, custode della fecondità e del risveglio primaverile, all’autoreplicante Sæhrímnir della mitologia norrena. Oltre che nella tradizione Italiana, i salumi da pentola fanno così comparsa anche nel sauerkraut che a capodanno è uso consumare in tutte le comunità germaniche, mentre nel mondo anglofono una delle portate più comunemente recate in tavola è il prosciutto bollito. Al maiale si rifà addirittura anche quello che è forse il più originale dei dolcetti confezionati per celebrare l’anno nuovo: si tratta dei marzipanschwein, ovvero di morselletti di marzapane modellati a guisa di porcellino che furoreggiano in Austria e Germania.
17 dicembre 2020 - gennaio 2021
INTERVISTA
B
ellissima, con il suo sorriso radioso, gli occhi color nocciola e i lunghi capelli biondi. Ludovica Pagani, 25 anni, colognese, ha raggiunto i 2,6 milioni di follower su Instagram, al punto da essere considerata una delle più importanti influencer italiane. Ma non solo: è anche una brava conduttrice e deejay. Nel 2016 ha presentato la web serie “We love shopping” e ha co-condotto “Milanow” su Telelombardia. L’anno dopo era alla guida di “Gokarty” su Sport Italia ed è stata inviata a “Quelli che il Calcio” su Raidue. Nel maggio del 2018 è nato il suo canale Youtube che vanta oggi oltre 25 milioni di visualizzazioni con quasi 300mila iscritti. Sempre nel 2018 si è raccontata nella biografia “Semplicemente Ludovica”, edita da Mondadori Electa. L’anno scorso, la Pagani ha preso parte a una fiction per la Rai, “Riccione”, e a una serie su Mtv “Involontaria”. Poi ha iniziato un programma radiofonico, “Versus”, su Rds Next. Anche il 2020 è stato ricco di novità. Su Sportitalia, appena terminato il primo lockdown nazionale, ha condotto “Fuori dal balcone” con interviste a personaggi dello spettacolo. È diventata testimonial della Lilt, la Lega italiana per la lotta contro i tumori. E oggi fa parte della squadra di Radio 105. A lanciarla è stata, però, una gaffe. Era il febbraio del 2016, quando Ludovica era stata chiamata per leggere le posizioni delle squadre nella classifica di Serie A a “Diretta Stadio” su Bergamo Tv, scambiando i punteggi per la posizione.
passate, dai Pantellas a Le Donatella da Ghemon a Shade, da Andrea Damante a Francesco Sole, è diffcile dire chi mi abbia colpito di più. Tutti mi hanno arricchito moltissimo. Un’altra iniziativa riguarda, invece, la seduzione, il make up, che con il Covid è venuto meno. Assolutamente sì, sto lanciando la mia linea di rossetti che si chiama “Kiss Me Italia”, pensata per la pandemia che ci ha imposto la mascherina obbligatoria: sono prodotti speciali che non lasciano l’impronta. Ma ci sarà anche un nuovo pezzo musicale, accompagnato da un video musicale, che ho già girato a Milano.
© P.Bruni
«QUANDO CREI UN PERSONAGGIO ALLA LUNGA PUÒ STANCARE. MEGLIO ESSERE SEMPRE SE STESSI»
Ludovica Pagani
La bellezza della semplicità di Rosanna Scardi
18 dicembre 2020 - gennaio 2021
A maggio e giugno, ha condotto per la prima volta un programma tutto suo, “Fuori dal balcone”, su SportItalia, come è andata? Sì è stata una bellissima esperienza. Dallo studio davo la parola ai miei ospiti in collegamento, chiedendo loro come si tengono in forma durante l’emergenza sanitaria e i loro progetti, mostrandoli in momenti divertenti e spensierati. Sono intervenute celebrities amate dai telespettatori, come Elenoire Casalegno, Paola Barale, Justine Mattera e Jane Alexander. I personaggi sono stati anche protagonisti di una sfida benefica: sono messi alla prova in prove fisiche
Ludovica, dopo l’incidente di percorso, si è rimboccata le maniche, dimostrando le proprie capacità. Era la mia prima volta in una trasmissione, non mi intendevo di calcio, provenivo dalla moda e mi avevano ingaggiato perché volevano solo una bella presenza, dopo lo scivolone in studio nessuno mi ha bloccata, anzi, si sono complimentati dicendomi: brava, bravissima. E quando ho avuto il dubbio di aver letto i punti, la risposta è stata: “È uguale”. Gli errori nella vita sono altri, ho imparato qualche nozione calcistica, anche se non sono un’esperta. Ora, in quali progetti è impegnata? A luglio sono sbarcata su Radio 105 con “105 Weekend” il sabato e la domenica dalle 16 alle 18, con temi che spaziavano dalla musica alle vacanze, dal gossip alle notizie di cui si parla nel nostro Paese, dalla moda alle tendenze nel lifestyle. Ora il programma si è trasformato in “105 Casa Pagani”, riprendendo in radio la formula del mio format realizzato per Youtube. A dicembre ripartirà la seconda serie sul web con nuove interviste a diversi ospiti. Faccio battute, ma anche domande personali, facendo emergere il lato più intimo dei vip. I contenitori, in radio e sul web, sono autonomi e indipendenti. Quest’anno, per esempio, per “Casa Pagani” su Youtube ho intervistato Nek, che è uno dei miei cantanti preferiti, quindi potete immaginare l’emozione. Poi ho incontrato anche Emis Killa e Salvatore Esposito, attore tra i protagonisti di “Gomorra”. In rete restano le mie interviste
19 dicembre 2020 - gennaio 2021
e il vincitore ha fatto una donazione a un ente a sua scelta. Il personal trainer della redazione si è recato, poi, in una zona di Milano e ha invitato le persone ad allenarsi da casa, affacciandosi al balcone. E lei come si è mantenuta e si mantiene in forma durante l’emergenza sanitaria che ha imposto la chiusura di palestre e centri sportivi? Mi alleno costantemente, facendo esercizi tutti i giorni. Ho un personal trainer che mi segue in videochiamata. I suoi scatti su Instagram evidenziano un fisico mozzafiato: oltre all’allenamento quotidiano, compie delle rinunce a tavola? Per niente. A parte i sapori amari, mi piace tutto. Ho una predilezione per il dolce in generale. Vado matta per la pizza, le lasagne, le trofie al pesto e le polpette al sugo. Mi piace il vino. Però mi dà subito alla testa. Mi accontento di mezzo bicchiere a pasto. Cosa pensa del bodyshaming che, di recente, ha avuto come vittima l’attrice comica Katia Follesa per il suo dimagrimento? Se succedesse a me o a chi mi sta vicino, reagirei molto male, mi arrabbierei. Giudicare il corpo di qualcuno, dalla taglia a un presunto difetto, con offese sul web e sui social, è un comportamento da persone ignoranti e di poco spessore.
Enti BilatErali a sostEgno di imprEsE E lavoratori Lavoratori
Imprese
Assistenza per figli disabili Concorso spese libri di testo/app didattiche, mensa scolastica Concorso spese asili nido
Incentivi alle imprese per l’assunzione di giovani disoccupati (solo sett.commercio) Formazione e apprendistato Corsi sostitutivi libretto sanitario Concorso spese alle aziende che adottano welfare
Per informazioni e per conoscere tutti i sussidi: tel. 035 4120140 - 035.4120116 | info@entebilcombg.it - info@entebilturbg.it | www.entibilateralibg.it
Dove ha passato la prima quarantena? Durante il lockdown ero a casa dei miei a Cologno, ma abito a Bergamo. Questa situazione è un incubo. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere nell’epoca della pandemia. Non mi riferisco solo alla mancanza di eventi e mondanità, ma anche di spettacoli e concerti. Tra le mie attività, accanto a quella di influencer e conduttrice, c’è quella di deejay, che mi impegna di più nella stagione calda. E per chi vive il mondo della nightlife e delle discoteche, il Covid è stata una mazzata. Dove trascorrerà il Natale? In famiglia, insieme ai miei genitori e a mio fratello, non immagino un Natale migliore di questo. Mai come in questo periodo stiamo rivalutando gli affetti più veri. Influencer, conduttrice e deejay in continua crescita. Qual è il segreto per piacere al pubblico? Me lo sono sempre chiesto. Non ho tecniche o strategie, credo che sia proprio questo che arriva ai miei fan e ai telespettatori. Quando crei un personaggio alla lunga può stancare, risultare falso e costruito. Meglio sempre essere se stessi. Lei è una star dei social e un volto tv: la notorietà, quindi, non l’ha cambiata? No e ne sono contenta. Sono Ludovica, una ragazza normalissima, la stessa di prima, solo con più impegni. C’è chi la paragona a Diletta Leotta, vedendovi addirittura come antagoniste, è così? Qual è il suo modello femminile?
Macché antagoniste. La verità è che stimo moltissimo Diletta, è un punto di riferimento. Non c’è nessuna rivalità tra noi, siamo diverse. Lei è una conduttrice sportiva molto brava e si occupa di quello, io ho fatto e faccio anche altro, dalla musica alle interviste di spettacolo. Ma se dovessi scegliere una “guru”, non avrei esitazioni: è Jennifer Lopez, che stimo fin da quando ero una bambina ed è da sempre un mio idolo. Un’artista versatile e completa. Tra uno shooting e un programma, è riuscita anche a laurearsi alla facoltà di Scienze politiche ed economiche, indirizzo Managament alla Statale di Milano, un altro traguardo raggiunto? Sì certo. Laurearmi era una mia priorità (così ho fatto contenta anche mia mamma). Una volta volevo iscrivermi a Giurisprudenza, mi affascinava studiare criminologia. Per ora non riuscirei a farlo, le mie attività sono troppo impegnative. Però, mai dire mai nella vita. Da bergamasca tifa per l’Atalanta? Posso solo dire che simpatizzo molto per la Dea, ma da anni non svelo mai chi è la mia squadra del cuore, né chi sia il mio idolo calcistico. Un’ultima domanda per i suoi ammiratori: è fidanzata? Anche in questo caso mantengo la riservatezza sulla mia vita privata. Comunque, la risposta è no.
21 B
E
R
G
A
M
O
dicembre 2020 - gennaio 2021
al meglio il food cost non solo del piatto specifico, ma più in generale della carta stessa. L’altro vantaggio è legato alla sostenibilità del consumo di carne, alla sua produzione e al suo allevamento». Ormai è risaputo che è necessario porre molta attenzione all’argomento. Consumando tutte le parti, è naturale che il costo ambientale legato all’allevamento e all’accrescimento non si riduca di certo, ma venga ottimizzato in modo migliore. Ecco che quindi non esistono solo lombate, fiorentine e filetti. Molti sono i tagli spesso poco conosciuti, da utilizzare in modo alternativo. Oltre al quinto quarto, composto prevalentemente da frattaglie, ci sono parti poco valorizzate che meritano davvero tanto. Uscire un poco dalle convinzioni comuni può anche dare la possibilità di sperimentare e stupire i propri ospiti e la propria famiglia, senza dover necessariamente sostenere grandi spese. Partendo dal presupposto che i muscoli meno soggetti al movimento sono quelli più teneri, è facile capire il motivo per cui tagli come lombate, costate e filetto siano i più teneri in assoluto, mentre i tagli della parte anteriore e posteriore, dediti al maggiore movimento, siano più tenaci e ricchi di tessuto connettivo. In linea generale, si tende ad utilizzare sempre tagli di prima o massimo seconda categoria, dimenticando e non valorizzando tutto il resto.
troppo spesso. Ma Danilo Cazzamali consiglia un’altra soluzione: «per preparare brasati, ma anche gustosi spezzatini come il gulash, l’ideale è quello di scegliere tagli di seconda o terza scelta ricchi di tessuto connettivo e grasso di marezzatura. Dal costo inferiore, ma dalla tenerezza e bontà infinita». Unica prerogativa, il tempo: si devono cuocere lentamente e con tanta pazienza. «Per un brasato è perfetto il cappello del prete, ma anche il muscolo, la gallinella o il fesone di spalla oppure il reale sezionato nelle sue aree. Per preparare un gulash perfetto invece è consigliato l’utilizzo del geretto disossato o del muscolo: dopo qualche ora di cottura proporrete un piatto indimenticabile. Oppure, perché non utilizzare la punta di petto (in Italia destinata al bollito) per un perfetto arrosto al forno?» consiglia il macellaio. Nella tradizione del barbecue americano è utilizzata per il famoso brisket, una lunga cottura a bassa temperatura del pezzo intero, che permette lo scioglimento del poco connettivo e grasso, per un risultato da leccarsi i baffi. Anche la coda, cotta lentamente è perfetta per essere mangiata tal quale o come base per dei sughi da far girare la testa.
«PERCHÉ NON UTILIZZARE LA PUNTA DI PETTO, IN ITALIA DESTINATA AL BOLLITO, PER UN PERFETTO ARROSTO AL FORNO?»
CLASSIFICAZIONE DEI TAGLI DI CARNE DI MANZO
Non solo lombate, fiorentine e filetti di Lara Abrati
USCIRE DALLE CONVINZIONI COMUNI PUÒ DARE LA POSSIBILITÀ DI SPERIMENTARE E STUPIRE I PROPRI OSPITI SENZA DOVER NECESSARIAMENTE SOSTENERE GRANDI SPESE
S
pesso non si fa troppo caso alla scelta dei tagli carnei da mettere sulle nostre tavole. Si sceglie per abitudine, in base ai tagli più conosciuti (di prima categoria) e che tradizionalmente vengono preparati con determinate parti dell’animale. «In realtà un poco di conoscenza a riguardo può permettere la scoperta di parti sconosciute ai più, con le relative preparazioni» racconta il macellaio Danilo Cazzamali, una vera istituzione nel mondo delle carni, che ha fortemente stimolato la ricerca della qualità nell'allevamento e la valorizzazione della razza Piemontese e nella lavorazione delle sue carni. Conoscere l’animale e le caratteristiche dei tagli specifici può portare vantaggi di diverso tipo. «In primis quelli economici, importanti sia nella cucina di casa che, soprattutto, in una cucina professionale -sostiene ancora Danilo-. È possibile ottimizzare
22 dicembre 2020 - gennaio 2021
In base alle caratteristiche, esistono tagli di prima, seconda e terza categoria. La classificazione non riguarda necessariamente il modo in cui vengono poi utilizzate, infatti tra i tagli di prima categoria ci sono i pregiati filetto, controfiletto, lo scamone, la noce, la fesa e la sotto fesa, il girello di coscia e gli altri che comunemente si utilizzano per preparare bistecche, ma anche arrosti: carni tenere e in genere magre. Poi ci sono i tagli di seconda e terza scelta, in genere provenienti dall’anteriore (i tagli della coscia sono più pregiati) e dalla pancia, come il cappello del prete, il reale, la pancia (o biancostato), il diaframma, ma anche il muscolo di spalla, il petto, il fesone di spalla, il geretto (in genere conosciuto come ossobuco) o la bavetta. Tutti tagli che di norma sono utilizzati per i bolliti, per stufati, brasati oppure tritati e ridotti ad hamburger, polpette o macinata per sugo. Questi tagli hanno anche un prezzo inferiore rispetto ai pregiati, con caratteristiche uniche che, se ben cucinate e trattate, danno grandi soddisfazioni.
PER LE LUNGHE COTTURE: TAGLI PERFETTI, MA POCO UTILIZZATI
Ecco che pensando di assecondare familiari o ospiti, spesso si scelgono carni pregiate anche per le preparazioni che prevedono una medio-lunga cottura, come arrosti, spezzatini o brasati. Spesso le carni vengono cotte meno, con il risultato di proporre un piatto eccessivamente asciutto, magro e poco saporito. Questa è purtroppo ciò che succede spesso,
LA BISTECCA CHE NON TI ASPETTI
Sono ancora molti quelli che pensano che una buona bistecca al sangue si possa preparare esclusivamente con i tagli pregiati e teneri come la lombata (fiorentine e costate) o i filetti. Vero che questi tagli, se ben cotti e frollati, sanno regalare grandi emozioni gustative. Ma ci sono anche altri tagli che non godono di successo nella Penisola, ma che potrebbero sostituire di diritto i più conosciuti. Ad esempio, il diaframma di manzo, considerato di terza scelta, è il pezzo ideale per gli amanti della carne rossa al sangue. Basta scottarlo sulla griglia da entrambi i lati e servirlo come una tagliata, magari accompagnata da una buona sala chimichurri, una goduria. È conosciuta anche come skirt steak. E ancora, il codone di manzo, famoso in sud America per la picanha cotta sulla famosa spada. Ebbene, è possibile utilizzare questo taglio sia intero che a fette spesse avendo cura di cuocere bene lo strato di grasso che lo ricopre in superficie: un concentrato di sapore e succulenza. E ancora, sempre da oltre oceano, l’Asado, preparato con il biancostato, che si utilizza comunemente per la preDanilo Cazzamali
23 dicembre 2020 - gennaio 2021
parazione dei brodi. Invece di tagliare i pezzi parallelamente all’osso, si tagliano fette perpendicolarmente alle ossa. Pochi minuti sulla brace ed è perfetto per essere gustato. Oppure, la flank steak preparata con la bavetta, un taglio poco pregiato, ma tra i più gustosi e saporiti del manzo. Infine, la flat iron steak, preparata con il cappello del prete, privato della grande striscia di tessuto connettivo e cotto al sangue. In questo caso, il consiglio è quello di fare un reverse searing prima della cottura sulla brace, che consiste nel mettere in forno il taglio intero a bassissima temperatura, fino a quando raggiunge i 50°C interni. A questo punto, lo si griglia bene da entrambi i lati e lo si serve a tagliata: rosa e tenero, dall’aroma “ferroso”: una bistecca perfetta per chi soffre di anemia.
LA TARTARE: NON SOLO FILETTO
Il presupposto è uno: cosa si cerca quando si sceglie una tartare? La consistenza? Il colore? Il gusto? In relazione all’obiettivo, Danilo ci svela alcuni segreti per preparare una tartare perfetta, in relazione alle aspettative. «Per quanto riguarda la consistenza, dipende sì dal taglio utilizzato, ma anche dalla dimensione del cubetto: più il cubetto è piccolo e più la consistenza del taglio originale viene meno, più il
I TAGLI POVERI DA UTILIZZARE PER BRASATI • muscolo • gallinella • musone di spalla • fesone • reale
FAI CRESCERE LA TUA ATTIVITÀ!
PER GULASH • geretto disossato • muscolo PER ARROSTI • punta di petto
FOGALCO TI AFFIANCA
PER BISTECCHE • diaframma di manzo • codone di manzo • bavetta
«IN RELAZIONE ALL'OBIETTIVO CI SONO ALCUNI SEGRETI DA CONOSCERE PER PREPARARE UN TARTARE PERFETTA» cubetto è grande e più si esalta la tenerezza o la croccantezza del taglio scelto». Tralasciando i tagli più conosciuti come filetto o controfiletto, per tartare croccanti meglio scegliere la bavetta, la punta di codone o il fusello di spalla; mentre per tartare morbide il fesone di spalla, la sottofesa o la fesa. E poi, il colore: «per aver un bel colore rosso, il muscolo utilizzato deve aver lavorato quindi deve essere stato utilizzato durante la vita dell’animale. Il filetto serve per far alzare l’animale su due zampe e…. non mi sembra di aver visto tanti bovini in giro eretti sulle zampe posteriori». Per tartare più rosse quindi, meglio scegliere la bavetta, la punta di codone oppure la parte esterna della sottofesa. Mentre per tartare più chiare, la parte interna della sottofesa, il magatello o il cuore di fesa. Quanto al sapore, tutto dipende soprattutto da cosa ha mangiato l’animale. Ogni tipo di alimentazione dona sfumature diverse alle carni. Per gusti più intensi, meglio scegliere il fesone di spalla, il fusello o il fiocco di punta, mentre per sapori più delicati, la parte interna della sottofesa, il magatello o il cuore di fesa.
PER ASADO • biancostato PER TARTARE • bavetta • punta di codone • fusello di spalla • fesone di spalla • sottofesa, fesa
PER SVILUPPARE IL TUO BUSINESS PLAN STRATEGICO E OPERATIVO Fogalco cooperativa di garanzia di Ascom Confcommercio Bergamo. Da 40 anni al servizio delle piccole e medie imprese
via Borgo Palazzo, 137 - tel 035.4120321 - info@fogalco.it www.fogalco.it | www.asconfidi.it
24 dicembre 2020 - gennaio 2021
25 dicembre 2020 - gennaio 2021
affaridigola.it
Mai come quest’anno abbiamo riscoperto il nostro territorio e i suoi tesori
Brodi e consommè Il gusto che riscalda
È E sono ancora tante le storie da assaporare e raccontare Non perdere il gusto di informarti, regala o regalati l’abbonamento a soli 10,00 euro fino al 31 gennaio 2021
Per informazioni e abbonamenti Ascom Confcommercio 26 Bergamo | tel 035.4120304 | info@ascombg.it dicembre 2020 - gennaio 2021
arrivata la stagione fredda e, con lei, il piacere di assaporare quei cibi in grado di regalare una piacevole sensazione di calore. Tra questi, anche loro, spesso meno considerati, ma alla base di numerose preparazioni anche natalizie: i brodi. Ne esistono di ogni tipo, in relazione alla tipologia di materie prime utilizzate, ma anche e soprattutto per il loro utilizzo finale. Dai fumetti a base di pesce, fino a quelli di verdure e di carne. Il denominatore comune è la loro lunga cottura che permette alle sostanze idrosolubili presenti nella materia prima di trasferirsi in acqua arricchendola di molti principi nutritivi. Scegliere la carne, cuocere e sgrassare Questa è tradizionalmente la stagione dei brodi di carne, protagonisti anche di una delle ricette tipiche del Natale italiano: i tortellini in brodo. Ma in realtà è scorretto parlarne al singolare, meglio invece parlare di brodi. Non è difficile prepararli, serve tanto tempo, ma il processo è essenziale e semplice. Una volta scelta la tipologia di carne (l’unica da non utilizzare è quella di maiale), basta metterla in cottura sommersa dall’acqua aggiungendo eventuali verdure a piacere. In alternativa è possibile aggiungere le carni una volta raggiunto il bollore: non vi sono infatti evidenze scientifiche che dimostrino differenze nell’estrazione dei principi nutritivi, se non nella prima mezz’ora circa di ebollizione. È possibile preparare brodi di carne mista, oppure esclusivamente a base di pollo o di manzo. Il brodo va lasciato sobbollire per almeno 3 ore ed è fondamentale schiumare spesso durante la cottura. Una volta pronto e filtrato, dopo essersi raffreddato, è giunto il momento di sgrassare. Se lo si lascia riposare in frigorifero, la procedura è molto veloce perché in superficie si formerà uno strato di grasso di consi-
stenza gelatinosa da eliminare. Per eliminare qualsiasi traccia di grasso dal brodo, basterà inserire della carta assorbente per alimenti, ripiegata su sè stessa: assorbirà velocemente tutto il grasso rimasto. Il consommè, ossia il brodo chiarificato Una preparazione molto in uso in passato, ma che sta velocemente riprendendo piede, è il consommè, un brodo concentrato, molto chiaro e senza impurità alcuna servito in genere come apertura di un pasto, eventualmente con l’aggiunta di una guarnitura. La tradizione vuole che originariamente il consommè venga preparato a partire da un brodo di carne, ma in realtà è possibile prepararlo a partire dalla materia prima che più piace, come pesce, verdure, alghe oppure funghi. La guarnitura è rappresentata da un elemento in aggiunta come verdure, pasta, carne e molto altro ancora. Il procedimento di base, prevede una lenta cottura del brodo con cartilagini e parti tendinee delle carni precedentemente lessate, ben tagliate. Inoltre si aggiunge anche un poco di carne trita per dare ancora più vigore al consommè. A questo punto, si aggiungono gli albumi leggermente sbattuti di un paio d’uova ogni 3 litri di brodo mescolando energicamente. Una volta portato il composto a ebollizione, si procede con la cottura a fiamma bassa per almeno un’ora e mezza. Una volta pronto, il brodo concentrato va filtrato con l’aiuto di un colino e un asciugamano da cucina bagnato e, una volta freddo, lo si sgrassa un’altra volta eliminando l’eventuale grasso che si accumulerà in superficie (o con il metodo della carta assorbente). Il consommè è pronto per essere assaporato tal quale, guarnito ad esempio con erbe aromatiche fresche, una brunoise di verdure oppure in accompagnamento a dei golosissimi tortellini. (l.a.)
27 dicembre 2020 - gennaio 2021
perfettamente allestita, un banchetto luculliano e decorazioni a tema a creare l'atmosfera natalizia. Per vivere appieno la festività più importante dell'anno serve portare con sé la voglia di condividere spazi ed esperienza con altri e favorire intimità e connessione nel luogo in cui ci sentiamo più protetti e sicuri. I danesi danno a questa sensazione un nome, che ha ormai finito con diventare un manifesto dell'essere, se non addirittura una filosofia: Hygge. L’espressione, difficile a tradursi, indica sia in danese che in norvegese, un sentimento, un’atmosfera correlata al senso di comodità, sicurezza, familiarità. La voglia di ritagliarsi del tempo da trascorrere a casa con la propria famiglia e gli affetti più cari. Un valore e un antidoto alle ansie della nostra epoca, per cui a Copenhagen dal 2018 ci si mobilita per l'iscrizione nella lista dei patrimoni culturali intangibili Unesco. Questo sarà anche per tutti noi un Natale a casa, non resta che cogliere l'occasione di trasformarlo in Hygge, sia che a dividere con noi la quotidianità sia un amico a quattro zampe, un pesce rosso, un compagno o una compagna o una big family. Ecco quindi direttamente dalla Danimarca alcuni dei capisaldi per una festa dall’atmosfera dolcemente ovattata e forse anche più vera e sentita.
sia. La parola d’ordine è però una sola: impastare insieme. Per le ricette non c’è che l’imbarazzo della scelta, dai classici omini di pan pepato (gingerbread man) alle sempre golose frolle, magari a forma di stelle, renne e cuori. E se vi sentite particolarmente appesantiti dal menù, preparate una buona centrifuga di mele o una spremuta d’arancio con una generosa grattata di radice di zenzero.
MUSICA
Create una playlist per scandire al meglio ogni momento della giornata, senza dimenticare di inserire qualche musica o canzone a tema. I più romantici possono rispolverare il loro giradischi e alternare i vinili del cuore della loro collezione.
LETTURE E FILM
Vivere un Natale Hygge significa trovare il tempo per leggere un buon libro, raccontare una favola ai più piccoli e guardare un bel film per una serata rilassante sul divano o anche sul tappeto tra cuscini e coperte. Anche l'abbigliamento può essere rilassato: il consiglio è di mettersi comunque in ghingheri per il pranzo, ma verso sera cedere alla tentazione di infilare abiti caldi e comodi. Avete in casa un bel golf con le renne o un golf pesante di lana Shetland acquistato in qualche viaggio nel Nord Europa e mai messo? È il momento giusto per indossarlo ed essere dei veri interpreti Hygge.
LA LUCE
Candele, lanterne e lampade con luce soffusa sono fondamentali per favorire benessere e relax, con un’illuminazione calda, nelle sfumature del giallo e dell’arancio, creando un’atmosfera più intima e raccolta. Per le candele profumate sono perfette fragranze agli agrumi e alla cannella. Nulla però fa più Natale Hygge e atmosfera di un bel caminetto acceso.
APERITIVO CALDO CON VIN BRÛLÉ O GLOGG
Il Glogg è la tipica bevanda delle feste natalizie nordiche e può sostituire senza rimpianti la nostra tradizionale ricetta del vin brûlé. La preparazione è simile, anche se il Glogg si carica di una o due tazze di rum per ogni bottiglia di vino rosso utilizzata e prevede uva passa e mandorle per ogni tazza. Tra le spezie non possono mancare anice stellato (una stella), cardamomo, cannella (quattro stecche), chiodi di garofano, zenzero, arancia e noce moscata.
CUSCINI E COPERTE
Sarà un Natale Hygge di Laura Bernardi Locatelli
DALLA DANIMARCA I CONSIGLI PER CREARE UN'ATMOSFERA UNICA PER UNA FESTA A PORTE CHIUSE MA FORSE PIÙ SENTITA E VERA. LA CASA SI VESTE DI NATURA, LE LUCI SONO SOFFUSE, IL COMFORT È MASSIMO
C
ome Pasqua, anche Natale 2020, sarà a porte chiuse, con buona pace della prozia e dei cugini in seconda, che spuntavano giusto sotto l'albero. Non resta che fare di necessità virtù e invece che passare l'Avvento a lagnarsi delle feste in pompa magna cui bisogna comunque rinunciare, concentrarsi sugli aspetti positivi del trascorrere il giorno più bello dell'anno con chi più si ama. Pensare a come rendere più accogliente e bella la propria casa. E aggiungere un pizzico di amore e gratitudine in più a chi ci ha sopportato e supportato durante il lockdown, a chi ci conosce meglio di chiunque altro e a chi condivide la nostra quotidianità. Studiare e mettere a punto un menù grandioso o ricorrere all'asporto o delivery dal ristorante di fiducia, rispolverare l'argenteria e il servizio delle occasioni importanti e pensare alla mise en place per una tavola impeccabile. Non saranno comunque una casa
28 dicembre 2020 - gennaio 2021
Soffici cuscini e calde coperte favoriscono il relax e il comfort, creando dei veri e propri nidi e cantucci caldi. Perché siano perfettamente a tema natalizio le fantasie tartan restano un grande classico. Originali e simpatiche anche le decorazioni con alci, cristalli di neve o renne in stile nordico. E per i più freddolosi caldissime coperte di lana intrecciata e cuscini tricot o in lana cotta.
DECORAZIONI NATURALI, MEGLIO ANCORA SE FAI DA TE
Rametti di pino, pigne, rametti, fiocchi a quadretti e feltro da ritagliare sono i banchi di prova ideali per misurare la propria creatività. Il divertimento è assicurato, il che vale già più di metà del risultato, che potrà essere comunque sorprendente. Per l’albero di Natale saranno perfette delle fette d’arancio essiccate o dei sacchettini fai da te (con all’interno delle piccole sorprese) da appendere con un nastro. Un’idea in più che divertirà grandi e piccini è quella di realizzare casette di biscotti: i savoiardi sono “mattoni” solidi per una bella baita; la ghiaccia reale e una spolverata di zucchero a velo simuleranno la neve appena caduta.
MANI IN PASTA IN CUCINA
Oltre al menu per il pranzo, che concentra sempre gli sforzi in cucina, è bene pensare anche a una merenda speciale: biscotti di Natale e una bella cioccolata calda sono grandi insostituibili classici, oltre che comfort food per antonoma-
29 dicembre 2020 - gennaio 2021
MORLACCHI A ZANICA: DALLA TENERINA VEGANA AI DOLCI ALLO CHARTREUSE Particolari i dolci in vaso della pasticceria Morlacchi a Zanica. Qui si può gustare, oltre a babà a Rum e limoncello, la torta tenerina al cioccolato, senza burro, né uova. «È adatta ai palati di vegani e intolleranti al lattosio, ma capace di conquistare tutti» afferma il titolare, Sergio Soldo. Da provare, in vasetto, il babà al cioccolato e il panettone con ananas, albicocca e arancia, bagnati nello Chartreuse, il liquore verde composto da 120 erbe e prodotto dal 1605 dai monaci certosini di Vauvert, basandosi su un manoscritto con la formula di un elisir di lunga vita. Il panettone, nella confezione tradizionale, è esportato in Francia e in tutta Italia. Ma in cantiere, o meglio in forno, c’è una novità. «Sto lavorando a un panettone e pandoro sfogliato, l’impasto è lo stesso, tra le pieghe si mette la frutta e poi si sistema a fazzolettino dentro il vaso di vetro dove lievita e cuoce -anticipa il pasticcere-. Il dolce avrà la consistenza di un delizioso croissant».
ALLA PRIMULA DI TREVIGLIO VAVA’ E TORTA PARADISO
Vasocottura che bontà! È UNA TECNICA CULINARIA TORNATA DI MODA E SI APPLICA CON SUCCESSO ALLA PASTICCERIA. IL METODO È ISPIRATO ALLE CONSERVE CLASSICHE E HA IL VANTAGGIO DI NON DISPERDERE LE SOSTANZE NUTRITIVE CHE RESTANO ALL'INTERNO DEL BARATTOLO DI VETRO di Rosanna Scardi
G
olosità cotte in un vasetto di vetro in modo da mantenerne fragranza e aromi, come se fossero appena sfornate. La vasocottura è una tecnica culinaria che è sempre esistita, ma che solo in questi ultimi tempi è tornata di moda e si applica con successo alla pasticceria (ma non solo). Consente di preparare dolci buoni e di effetto, tanto che anche i maître pâtiss-
ier la stanno introducendo sempre di più. Questo metodo di cottura è ispirato alle classiche conserve. Per cucinare nei vasi si procede, infatti, come per la marmellata o la passata di pomodoro che una volta le nostre nonne preparavano: si mettono gli ingredienti dentro un vaso e si cuociono nel forno tradizionale a media potenza. Il vantaggio principale è che con questo tipo di cottura non c’è dispersione di so-
30 dicembre 2020 - gennaio 2021
Semplice e goloso. Non passa inosservato il Vavà di Mattia Premoli del panificio, pasticceria, caffetteria La Primula, a Treviglio. Immerso nel Rum, a base di zucchero, farina, uova, burro, miele, è richiestissimo in ogni stagione: viene fatto lievitare nel vasetto, aperto, a 30 gradi, in cella. Poi nel forno, a 200 gradi per mezzora, raddoppia la lievitazione. Una volta tolto, è lasciato raffreddare e bagnato nel liquore: 150 grammi in una bagna al Rum di 350. A questo punto viene chiuso e rimesso in forno. «Una volta sigillato si crea il sottovuoto che, anche grazie a alcol e zucchero, conserva il prodotto per mesi, oltre a mantenere intatti aromi, fragranza e umidità» spiega Premoli che, in un vasetto più basso, cuoce anche un’ottima Torta Paradiso, dalla consistenza sofficissima e dal gusto, tipico della tradizione lombarda, che resta intatto.
CAMYLL, IN CITTA’ IL PARADISO DEI DOLCI IN VASO Camyll, in via Vela a Bergamo, è un paradiso di dolcezze con un’attenzione speciale per le preparazioni in vasocottura, introdotte dal Natale del 2018. «Abbiamo provato con il panettone, la chiusura ermetica del barattolo garantisce una conservazione che dura nel tempo e il mantenimento di aromi e freagranza, una volta assaggiato era ancora più buono di uno tradizionale, raffreddato e impacchettato», spiega Alessia figlia del titolare, Massimo Vanoncini. Nella pasticceria il più ricercato è il classico babà immerso nel Rum, ma sono da provare anche le altre sfiziosità, come la variante al cioccolato o al limoncello, mente nel formato più piccolo ci sono sacher, cake all’arancia e a pesche e amarene. In barattolo c’è anche la Torta Donizetti, specialità tipica, un plumcake che contiene canditi all’ananas e all’albicocca, aromatizzata al Maraschino.
AL CAPRICCIO 84 IN BARATTOLO ANCHE IL PANETTONE PIU’ BUONO D’ITALIA È talmente buono che è richiesto in ogni stagione e ora ne esiste una versione anche in vaso: si tratta del PanStrudel, il panettone bergamasco eletto il più buono d’Italia nel 2019, invenzione di Matteo Frigeni della pasticceria Capriccio 84 di Presezzo. Il riconoscimento era arrivato dalla giuria guidata da Iginio Massari, al “Panettone day”, nel ristorante di Carlo Cracco, in galleria Vittorio Emanuele, a Milano. Gli ingredienti sono mela semicandita, lasciata in infusione con la cannella, uvetta messa a bagno nel Marsala, pinoli, noci. Unica differenza: manca, nella versione in vasetto, la glassa alla mandorla amara. Il tutto resta ben bilanciato con una giusta quantità di umidità che, unita al burro, fa sì che il PanStrudel si sciolga in bocca. Chi volesse, può decorarlo con la crema Chantilly. In bella mostra, anche il panettone tradizionale e un delizioso babà in vasetto.
DA PAOLO RIVA ANCHE LA CAKE AGLI AGRUMI SENZA FARINA Quattro le proposte della Pasticceria Paolo Riva, sempre a Treviglio: oltre al babà al Rum, la cake cioccolato e pere, sempre al Rum, particolarmente apprezzata in estate, la Torta Donizetti, e la cake agli agrumi, un dolce prodotto senza farina, che mostra un altro punto di forza della vasocottura: l’impossibilità di ricevere contaminazioni, dunque garantisce la sicurezza per gli intolleranti.
31 dicembre 2020 - gennaio 2021
®Pasticceria Capriccio 84
stanze nutritive, che restano tutte all’interno del barattolo. È anche un metodo molto pratico e veloce. Se poi si scelgono dei bei vasetti, si possono anche regalare. È importante sceglierne la giusta dimensione, calcolando che, una volta lievitato, il dolce dovrà riempire il contenitore per il 90-95 cento, arrivando vicino al bordo. Ecco le proposte dei pasticceri bergamaschi.
© Maurizio Molinaro
Grappa, non è un distillato per vecchi di Marco Offredi
DA PRODOTTO SIMBOLO DELLA CIVILTÀ RURALE A INGREDIENTE INNOVATIVO NELLA MIXOLOGY. TRA NUOVI GUSTI E TREND IN CORSO, IL DISTILLATO RIMANE PROTAGONISTA SOTTO L’ALBERO COME REGALO GLAMOUR, RAFFINATO E “MADE IN ITALY” GARANTITO
A
nche in tempi di Covid la corsa ai regali è entrata nel vivo e sotto l’albero non mancano le eleganti confezioni del distillato italiano più famoso: la grappa. Un’idea che può sembrare scontata ma che con il passare degli anni sta acquisendo lo status di regalo dallo stile glamour, raffinato e, soprattutto, “made in Italy” garantito. La grappa, infatti, è il prodotto italiano per eccellenza, un patrimonio unico del nostro Paese: può essere denominata “Grappa” solo l’acquavite ricavata da vinacce derivate da uve coltivate e vinificate in Italia e distillate in impianti ubicati nel territorio nazionale e rispondenti a precise caratteristiche dettate dalla normativa in vigore. Se fino a qualche anno fa la grappa era conside-
32 dicembre 2020 - gennaio 2021
rata un distillato per “vecchi” e poco consumata rispetto a whisky o rum, considerati più alla moda, oggi si sta cercando di invertire la tendenza: Anag, l’Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa e Acquaviti, con la collaborazione di molti produttori e associazioni di categoria (Abi e Aibes) si è messa in gioco per proporre la grappa nella “mixology”, con cocktail creati ad hoc per attirare l’attenzione e coinvolgere un pubblico sempre più giovane. «Con il cocktail “40 Grapes” dedicato ai 40 anni di Anag, la grappa si è presentata ufficialmente nel mondo del bartending e della mixology, pronta a valorizzare con la sua eccellenza tutta italiana le antiche origini rurali e tradizionali» conferma Simone Furlani, presidente Anag Lombardia. Numerosi sono poi stati gli eventi per coinvolgere un pubblico sempre più eterogeneo, donne comprese: dagli apericena alle “cene di fuoco”, ovvero cene con piatti preparati con la grappa o accompagnati dalla stessa con abbinamenti ricercati. Qualche esempio? Grappa e cruditè di pesce a grappa e acciughe dissalate, grappa con cioccolato allo zucchero Muscovado o alla Combava che è un agrume del Madagascar. «La grappa ha ormai raggiunto livelli molto alti qualitativamente parlando, con prodotti più sofisticati, sia nelle bianche che nelle invecchiate -prosegue Furlani-. Tuttavia nel mondo della ristorazione c’è spesso carenza di conoscenza e si segue la logica del “basso costo” perché di norma un bicchierino di grappa va sempre offerto, quando invece basterebbe capire che il cliente torna per degustare un prodotto di livello e che è disposto a pagarlo il giusto. La grappa ha infatti un suo “bouquet aromatico e gustativo” importante che lo rende un distillato di “pronta beva”. Nelle grappe giovani, all’olfatto possiamo sentire profumi diversi che consentono di capire il vitigno da cui deriva e che sono sinonimo di qualità: dal profumo floreale di gelsomino, glicine, rosa, a quello fruttato di banana, tropicale, ananas, pera, fino ai sentori di erbe aromatiche come salvia ed eucalipto. Quando poi le grappe vengono invecchiate in botte il numero di profumi e sapori percepibili si amplia notevolmente». Anche se la sezione di Bergamo non esiste più (Anag Lom-
LA CLASSIFICAZIONE GIOVANE: grappa mantenuta in recipienti di acciaio e che non ha fatto passaggio in botte di legno.
AFFINATA: termine commerciale non legislativo per la Grappa che ha fatto un passaggio in botte per meno di 12 mesi. INVECCHIATA O VECCHIA: grappa che ha fatto minimo 12 mesi in botti di legno di qualunque dimensione. RISERVA O STRAVECCHIA: grappa che ha fatto minimo 18 mesi in botti di legno di qualunque dimensione.
Per una grappa che ha fatto almeno la metà dei mesi sopracitati va specificata in etichetta la dicitura del tipo di botte “barrique, barricata o altri tipi di botte” (esempio: “Barrique riserva”). bardia conta due sezioni provinciali a Brescia e Varese), la vita associativa di Anag è la prova che un buon distillato può unire ed entusiasmare senza eccedere e decadere nel volgare: «Negli ultimi vent’anni i distillatori hanno visto crescere i consumi, soprattutto di prodotti invecchiati, grazie al fattore export e al loro approfondimento sull’invecchiamento -sottolinea Furlani-. Adoperando anche botti di legno pregiato (dal rovere al ciliegio, acacia, ecc..) e botti usate in precedenza per altri prodotti (whisky, rum, cherry, porto, ecc…) Anag detiene il premio più ambito in Italia con il concorso dell’Alambicco d’Oro, quest’anno giunto alla sua 37ª edizione, che premia le migliori grappe prodotte ogni anno. L’obiettivo è indirizzare i consumatori sui prodotti più completi e cercare di diffondere una cultura della grappa anche al Centro Sud Italia. Che sia giovane, invecchiata, ad alto grado (50°-60°) o aromatica (ottenuta cioè da Moscato o Gewurztraminer o altri vitigni aromatici) la grappa piace infatti più nel Nord Italia. Non a caso la maggior parte delle distillerie si trova tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia».
DALL’ANNO MILLE Storia di un prodotto italiano al 100% La grappa è solo italiana: per tradizione, cultura e anche per legge. Il regolamento 110/2008 dell’Unione Europea ha infatti recepito i valori intrinseci del prodotto riconoscendola Indicazione Geografica e riservando unicamente all’acquavite italiana la possibilità di denominarsi grappa. La Repubblica Italiana, con il decreto 297/97, definì nei particolari le norme di produzione e di designazione che sono state riprese e aggiornate nel Decreto Mipaaf 747/2016 il quale costituisce il disciplinare di produzione dell'IG Grappa. Storicamente, inoltre, la grappa è stata concepita nell’ambito degli studi della
Scuola Salernitana che, intorno all’anno Mille, codificò le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione e ne prescrisse l’impiego per svariate patologie umane garantendo ai distillati un imperituro successo. Le vinacce, materia prima alcoligena po-
vera (rispetto al vino, tanto per fare un esempio, contengono i due terzi di alcol in meno), ma molto diffusa, furono immediatamente prese in considerazione e, della loro acquavite, si parla già nel 1400. Le prime testimonianze dello studio sulla distillazione delle vinacce risalgono però al 1600 e sono dovute ai Gesuiti, tra i quali va ricordato il bresciano Francesco Terzi Lana. Fino agli inizi del XIX secolo non vi è però una distinzione tecnologica netta tra i distillati alcolici, poi l’Italia della grappa scelse una propria strada che portò alla creazione di una bevanda con caratteristiche uniche e irripetibili.
33 dicembre 2020 - gennaio 2021
IN EVIDENZA
IN EVIDENZA
MICHELIN 2021, 26 NUOVI STELLATI, 16 UNDER 35
SPUNTA "UN RAGGIO DI SOLE" NEL SECONDO LOCKDOWN Nuova gestione con cambio d'insegna per lo storico bar tabacchi di Via Pignolo, di fronte a Piazzetta Santo Spirito, con dehor a due passi dalla chiesa. Dopo una vita di lavoro dietro il bancone e una lunga parentesi nella gestione della Cooperativa Aretè di Torre Boldone con il ruolo di vicepresidente, Monica Galizzi ha deciso di investire su se stessa e di aprire un locale tutto suo in città. Il bar “Un raggio di sole” è stato inaugurato il 10 novembre, nel bel mezzo del secondo lockdown. «La ricerca di un locale era un desiderio che avevo da tempo, specialmente dopo due anni di sostanziale stop lavorativo, al netto di qualche lavoro saltuario -spiega-. L’occasione è capitata prima del secondo lockdown, che senza dubbio non aiuta un’attività appena aperta. Ma per fortuna, avendo anche la licenza di rivendita di tabacchi, non ci siamo fermati e riusciamo a lavorare un minimo anche con l’asporto». La scelta del nome è un omaggio alla figlia Jessica, scomparsa prematuramente, e agli altri tre figli, Stefano, Leonardo e Gabriele, che anche se non lavorano nel locale, supportano la mamma nell’attività, tra opere di tinteggiatura e piccoli lavori. La proposta del locale, completamente rinnovato negli interni, è incentrata come caffetteria e bar dalla colazione all’aperitivo, birreria e locale serale, con karaoke e organizzazione feste ed eventi a tema, la sera. In particolare, la sala da te, con 12 posti a sedere, verrà usata prevalentemente di giorno, mentre la sera si aggiungerà la seconda sala, con 30 posti, con una proposta che sarà incentrata sull' intrattenimento, con una buona selezione di etichette in cantina e una proposta di birre alla spina e cocktail. «Al momento abbiamo tantissimi progetti, ma contiamo di poter aprire finalmente a regime per poter rappresentare un punto di riferimento e ritrovo nel cuore del Borgo di Pignolo» continua Monica Galizzi.
Da sinistra Alex e Manuel Lucon
I FRATELLI LUCON LANCIANO LA "SPACCA" Il locale ha inaugurato il 4 novembre a due giorni dall’ufficialità della zona rossa in Lombardia . Ma dopo due anni di lavoro su farine, con l’aiuto di un chimico, e sull’impasto perfetto per un prodotto da forno innovativo, i fratelli Alex e Manuel Lucon decidono che comunque non è il caso di rinviare oltre. E così inaugurano “Spacca” il primo locale che promette di lanciarne altri con il franchising. Del resto i due fratelli, originari di Seriate, a 36 e 38 anni, hanno già dato prova della loro voglia di fare e del piglio imprenditoriale, iniziando giovanissimi, un secondo lavoro serale come pizzaioli -seguendo le orme di papà Bruno- in giornate senza fine, partite la mattina presto a lavorare come operaio elettricista (Manuel) e camionista (Alex). Negli ultimi anni i due fratelli si sono concentrati esclusivamente sulle pizzerie, inaugurando dal 2012 ben sei “Bella Napoli” d’asporto, da Celadina alla Malpensata a Monterosso, da Cenate Sopra a Pedrengo a Stezzano. «Ci siamo lanciati senza paracadute -racconta con un sorriso Manuel Lucon-. Per fortuna in questa fase stiamo lavorando bene con asporto e delivery». Sono diverse le versioni di questo particolare prodotto da forno, un po' pizza, un po' piadina e un po' focaccia senza essere al tempo stesso nessuno dei tre. Le farciture sono gourmet: pomodori confit e cipolle caramellate si abbinano a crudo di Parma 18 mesi, bufala campana Dop e scaglie di Grana Padano 18 mesi. Non mancano specialità di mare, dalla versione speciale sushi a gamberi, carpaccio di spada e acciughe del Cantabrico. In carta specialità vegetariane (l'impasto è disponibile anche senza glutine e integrale e a richiesta ci sono formaggi senza lattosio) e versioni golose dolci. E le consegne sono tutte green con mezzi elettrici.
Monica Galizzi
Spacca Via Angelo Maj, 21 B Bergamo tel. 035.3051959 www.laspacca.com
Un raggio di sole Via Pignolo 23 Bergamo tel. 035.248770
34 dicembre 2020 - gennaio 2021
La 66esima edizione della Michelin nell’anno più complicato e sofferto per il settore conferma nell’Olimpo della ristorazione, che valgono da soli un viaggio, gli 11 locali dello scorso anno. Guadagnano la seconda stella Matteo Metullio, Harry's Piccolo a Trieste, Rocco De Santis, Santa Elisabetta a Firenze e Davide Oldani, D'o a San Pietro all'Olmo (Mi). Sono 26 i nuovi locali premiati con una stella per un totale di 323. Tra questi 16 sono guidati da chef under 35, 4 dei quali addirittura under 30. Tra le più giovani promesse della ristorazione: Donato De Leonardis del Don Alfonso 1890 San Barbato di Lavello (Pz); Giuseppe Gasperoni dell’Osteria del Povero diavolo di Torriana (Rn), Alessandro Rossi del Gabbiano 3.0 di Marina di Grosseto e Andrea Casali di Kitchen a Como. Under 35 alla loro prima stella sono: Luigi Salomone di Re Santi e Leoni di Nola (Na); Ciro Sicignano di Lorelei a Sorrento (Na); Antonio Ziantoni di Zia a Roma; Simone Nardoni di Essenza a Terracina (Lt); Ivan Maniago di Impronta d’acqua a Cavi di Lavagna (Ge); Pasquale Laera di Borgo Sant’Anna a Monforte d’Alba; Felice Sgarra di “Casa Sgarra” a Trani (Bt); Juan Camilo Quintero di Poggio Rosso a Castelnuovo Berardenga (Si); Filippo Oggioni del Vecchio Ristoro a Aosta; Riccardo Gasperi del Sanbrite di Cortina d’Ampezzo; Giacomo Sacchetto di La Cru a Romagnano (Vr); Mattia Bianchi di Amistà a San Pietro in Cariano (Vr). La prima stella brilla in questo anno buio anche per Alberto Annarumma di Relais Blu a Massa Lubrense Termini (Na), Giorgio Servetto di Nove ad Alassio (Sv), Takeshi Iwai di Aalto a Milano, Cristian Balzo di Piano 35 a Torino, Alessandro Ferrarini di Franco Mare a Marina di Pietrasanta; Domenico Francone di Sala dei Grappoli a Montalcino (Si), Vincenzo Martella di “Linfa” a San Gimignano (Si), Peter Brunel dell’omonimo locale di Arco (Tn), Egon Heiss di Prezioso a Merano (Bz), Alfio Ghezzi di Senso Alfio Ghezzi Mart a Rovereto (Tn). Al debutto quest’anno la stella verde, un quadrifoglio che premia la sostenibilità. Possono esibirla 13 locali. I Bib Gourmand bergamaschi sono: Dentella di Bracca, Kanton Restaurant di Capriate San Gervasio e Osteria Burligo di Palazzago. La faccina sorridente dell’Omino Michelin che si lecca i baffi premia i ristoranti che propongono una piacevole esperienza gastronomica, con un menù completo a meno di 35€.
IL GAMBERO ROSSO CONFERMA TRE FORCHETTE A VITTORIO
CON IL GOLOSARIO TANTI I RICONOSCIMENTI A LOCALI BERGAMASCHI
La nuova Guida “Ristoranti d'Italia 2021” del Gambero Rosso conferma le 3 forchette a “La Cantalupa Da Vittorio” di Brusaporto. Il riconoscimento va a 38 locali in Italia, tra le new entry figurano “Vun Andrea Aprea” dell'Hotel Park Hyatt Milan, “Il Piccolo Principe” del Grand Hotel Principe di Piemonte a Viareggio, “Glass Hostaria” a Roma e “Imàgo” dell'Hotel Hassler, sempre nella capitale. Tra le trattorie con “Tre Gamberi” ci sono “Armidda” ad Abbasanta (Oristano) e “Da Cesare” a Roma. Per il Gambero la novità dell'anno è Peter Brunel ad Arco (Trento). Pastry-chef dell'anno è Fabrizio Fiorani del Duomo a Ragusa. Sono 8 i locali bergamaschi con 2 forchette: Frosio di Almè, Antica Osteria dei Camelì di Ambivere, Casual Ristorante di Bergamo, Osteria della Brughiera di Villa d'Almè, Cucina Cereda di Ponte San Pietro, San Martino di Treviglio, Il Saraceno di Cavernago, Rustikal di Sorisole.
“Custode di cucina tradizionale straordinaria” e per questo miglior trattoria d'Italia. É questa la motivazione della guida di Paolo Massobrio e Marco Gatti, “Golosario Ristoranti” che va alla Trattoria Visconti di Ambivere. Tra le new entry il ristorante “Impronte” di Bergamo, “Polisena, l'altro agriturismo” di Pontida, con lo chef Ezio Gritti, e l'agriturismo “Ferdy” di Lenna, insignito della Corona Rossa, unica su 3400 locali citati. Accanto alle Corone anche 18 i Faccini Radiosi, di cui quattro nuovi che sono: la "Trattoria Brosetti" di Bergamo, “Le Orbe” di Astino (chef Daniel Facen), il ristorante al “Tram” di Sarnico e a “Gio” di Seriate.
35 dicembre 2020 - gennaio 2021
S
Gli spumanti per le feste NE ESISTONO DI TIPI DIVERSI, IN RELAZIONE ALLA LORO ZONA DI PRODUZIONE, AL METODO E AL VITIGNO UTILIZZATO. ECCO I PRINCIPALI di Lara Abrati
36 dicembre 2020 - gennaio 2021
cegliere quale vino acquistare per molti è cosa difficile. Davanti allo scaffale del supermercato, ma anche della nostra enoteca preferita, spesso regna la confusione e ci troviamo nella situazione di scegliere sempre lo stesso vino, quello che conosciamo, oppure ci facciamo consigliare, scegliendo un vino di cui probabilmente sappiamo molto poco, soprattutto se si tratta di spumante. Troppo spesso il consumatore medio tende a non scegliere le bollicine, con scuse diverse, quasi sempre ascrivibili a problemi digestivi o al famoso cerchio alla testa. Ma l’approccio al mondo della spumantizzazione deve passare innanzitutto dalla conoscenza di questo vasto mondo, con l’obiettivo di evitare che tutta la proposta sia ridotta alla richiesta che baristi, enotecari e ristoratori si sentono spesso fare, quando il cliente vuole un vino spumante: «Mi può portare un Prosecco?». Innanzitutto esistono diversi luoghi di provenienza, in relazione sia alla coltivazione delle uve che alla spumantizzazione stessa, e due principali metodi di produzione. Ormai la spumantizzazione è una tecnica diffusa quasi ovunque, anche nei territori che storicamente non avevano questa vocazione. Il cuore della produzione di spumanti nel mondo rimane la regione della Champagne, in Francia, con le sue grandi maison, i piccoli vigneron e le sue numerose cru (zone più o meno adatte per la coltivazione delle uve atte alla produzione del vino). Facendo riferimento alla produzione vinicola italiana invece, le principali zone di produzione del vino spumante sono le colline dell’Oltrepò pavese, la vicina Franciacorta, la zona di Conegliano in Valdobbiadene per la produzione del famoso Prosecco, il Trentino e l’Astigiano. In realtà ormai gli spumanti sono prodotti anche in altre zone vinicole, a completamento della proposta di vini bianchi o rossi. Come fare quindi a scegliere un vino spumante? Innanzitutto in base alla provenienza. Ognuna delle zone sopracitate produce particolari tipologie di vino, con vitigni diversi e una produzione di uve che in generale, si può dire sia espressione del proprio terroir. Poi in base al metodo di produzione: quando in etichetta si legge la dicitura “prodotto con Metodo Classico”, significa che viene applicato il metodo tipico della regione della Champagne: viene preso un vino fermo, imbottigliato e poi fatto rifermentare direttamente in bottiglia per diversi mesi, ma anche anni. È una lavorazione più complessa rispetto al Metodo Martinotti, detto anche all’italiana, che viene co-
COME ABBINARLO AI NOSTRI PIATTI? In base alle caratteristiche dei singoli vini, esistono spumanti perfetti per i piatti dolci e altri ideali per accompagnare carni, pesce e formaggi. Diciamo che come regola generale il vino spumante non è sola prerogativa di momenti di festa o in abbinamento ai dolci. Dagli spumanti dolci, come il famoso Moscato d’Asti, abbinabile al dessert, fino a vini con le bolle, con poco residuo zuccherino, che si presentano all’assaggio “secchi”. L’abbinamento dipende anche dalla struttura, dalla complessità aromatica e dall’acidità, che viene indicata con il termine “freschezza”. È normale che a pesce e crostacei dall’aroma e dal sapore delicato, possano essere abbinati spumanti con le medesime caratteristiche. Se invece si passa a prodotti grassi, saporiti e speziati, come formaggi importanti, carni alla griglia o piatti a base di salumi, l’abbinamento ideale è con vini più strutturati. In linea di massima, la bollicina, unita alla freschezza, è perfetta per sgrassare al palato cibi molto ricchi di grasso, come maiale o salumi.
munemente applicato in Valdobbiadene, per la spumantizzazione del Prosecco che, oltre ad essere il nome del vino spumante prodotto in zona, è anche il nome del vitigno da cui provengono le uve vinificate. Questa tecnica prevede di far rifermentare le uve in grandi botti e non direttamente in bottiglia. Una lavorazione completamente diversa, più massiva, che porta alla produzione di buoni vini, ma genericamente di qualità inferiore a quelli prodotti con metodo classico (nonostante la zona vanti alcune produzioni di qualità). Oltre alla zona di produzione e al metodo di produzione, da considerare anche il residuo zuccherino presente, che ne andrà a determinare la percezione del sapore dolce. Esistono vini extra brut oppure brut che hanno un residuo più basso, quindi saranno più secchi, fino agli extra dry o ai dolci, con residuo zuccherino sempre superiore. In base all’abbinamento e al gusto personale è bene considerare tutti questi parametri, nella speranza che sempre più persone abbiano la consapevolezza che chiedere “un prosecco” non corrisponde al chiedere un vino spumante, ma esclusivamente una tipologia tra i tantissimi vini spumanti italiani presenti sul mercato.
37 dicembre 2020 - gennaio 2021
RICETTA
LEGGERE DI GUSTO a cura di Rosanna Scardi
INGREDIENTI
UN RICETTARIO PER GUARDARE IL MONDO CON OCCHI INNAMORATI
Per l’impasto • Zucchero 375 g • Burro 150 g • Uova 120 g • Sale fino 5 g • Baccello di vaniglia 1 • Colorante alimentare rosso liquido 30 g • Cacao amaro in polvere 50 g • Yogurt bianco naturale intero 300 g • Farina 00 375 g • Lievito in polvere per dolci 10 g • Aceto di vino bianco 30 g
Un libro di cucina con piatti talmente invitanti che farà venire al lettore voglia di provarne le ricette: stuzzichini di pesce piccante, spaghetti chili e limone, lasagne ai porri, sardine al limone, curry di pollo, brownies al burro croccante. Si può, però, anche decidere di mettersi comodi e leggere le pagine sorseggiando una tazza di tè o un bicchiere di vino, scoprendo un elenco di momenti per i quali vale la pena vivere. L’autrice è Ella Risbridger, poeta, editor e giornalista inglese, al suo esordio letterario, definita da The Times “la nuova scrittrice di libri di cucina più talentuosa della sua generazione”. Fino a pochi anni fa, Ella aveva una vita invidiabile: studiava all'università, condivideva un appartamento con l'uomo che, un giorno, sperava di sposare ed era circondata dagli amici. Eppure, sentiva che era in arrivo una tempesta, un disturbo paralizzante legato all'ansia. Il libro racconta di lei, del suo amore per la cucina e anche della storia della sua vita con lo scrittore John Underwood che le ha insegnato a cucinare piatti deliziosi, si è preso cura di lei e le è stato vicino finché non si è ammalato.
Per la crema • Formaggio fresco cremoso 525 g • Burro 150 g • Zucchero a velo 300 g • Scorza di limone 1
IL POLLO DI MEZZANOTTE E ALTRE RICETTE PER CUI VALE LA PENA DI VIVERE DI ELLA RISBRIDGER GUIDO TOMMASI EDITORE - 2020 28 EURO
Per decorare • Lamponi e frutti rossi • Menta
TORTA RED VELVET Preparate l’impasto di base lavorando il burro a temperatura ambiente insieme allo zucchero semolato. Se utilizzate una planetaria impostate una velocità media, se lavorate a mano accertatevi che lo zucchero si assorba per bene e il burro risulti ben montato. Sbattete leggermente le uova e incorporatene metà dose all’impasto, lavorate bene fino all’assorbimento. Poi aggiungete la restante metà e continuate a lavorarle fino a che non vengono perfettamente incorporate. Aggiungete il sale e i semi della bacca di vaniglia. A questo punto unite il colorante alimentare rosso e montate il tutto fino a che avrete ottenuto un composto liscio e spumoso. Unite il cacao setacciato e mescolate molto delicatamente facendo dei movimenti dal basso verso l’alto. Unite anche lo yogurt e mescolate sempre con delicatezza in modo da non far smontare il composto. Unite ora la farina setacciata insieme al lievito. Mescolate sempre dal basso verso l'alto fino ad incorporarla. Ora aggiungete l’aceto, continuando a mescolare. Foderate un cerchio da pasticceria da 20 centimetri con della carta forno in modo da alzare il bordo.
Appoggiatelo sulla leccarda del forno, versate l'impasto all'interno e livellate la superficie.Cuocete in forno preriscaldato a 175° per circa 75 minuti. Assicuratevi che il dolce sia cotto facendo la prova dello stecchino, e sfornatelo. Lasciate intiepidire e poi capovolgete la torta su un piatto e lasciatela raffreddare completamente. Preparate ora la crema di formaggio. Mescolate energicamente il burro a temperatura ambiente con il formaggio. Unite lo zucchero a velo e la scorza grattugiata del limone. Lavorate il tutto fino ad ottenere una consistenza liscia e morbida. Riponete in frigorifero per circa 15 minuti. Nel frattempo sezionate la torta. Con un coltello seghettato dalla lama lunga ricavate il primo disco di torta, in orizzontale. Spostatelo delicatamente e ripetete la stessa cosa anche per il secondo strato in modo da ottenere 3 dischi uguali. Mettete la crema di formaggio in una sacca da pasticciere, dotata di bocchetta liscia. Farcite il dolce con circa 1/3 della crema spremendo dei ciuffetti e affiancandoli in modo da ricoprire l'intera superficie della torta. Posizionate sopra il secondo disco di torta e fate la stessa cosa di prima, farcendolo con metà della crema rimasta. Posizionate poi l'ultimo disco e ultimate decorando con i ciuffetti di crema al formaggio. Decorate con i lamponi e i frutti rossi.
38 dicembre 2020 - gennaio 2021
La guida esplora in modo chiaro e accattivante ogni aspetto che gira attorno al celebre superalcolico. Nucleo del volume sono le 20 degustazioni, da quelle che avvengono per tecnica, con gli occhi, il naso, la lingua e che valutano il corpo e il finale, a quelle per stili dai single malt scozzesi allo Scotch Whisky e al Bourbon. Ma conta anche il luogo: e così ci sono le degustazioni nelle highlands scozzesi, in Irlanda, nel Kentucky e nel Tennessee, in Canada, Giappone, Australia. Il mondo del whisky di Eddie Ludlow Slow Food Editore – 2020 18 euro
Un libro che guida il lettore alla scoperta dei vari tipi di tè, dell’attrezzatura necessaria per prepararlo, della terminologia e dei Paesi produttori, oltre a fornire suggerimenti per l’abbinamento ideale. Le origini risalgono alla Cina di 5.000 anni fa. Una leggenda narra che un giorno, l’imperatore Shen Nung era seduto sotto un albero di Camellia Sinensis in attesa che il servitore bollisse l’acqua da bere. Alcune foglie caddero nell’acqua. Era la prima tazza di tè della storia.
Una pubblicazione di pregio che riunisce 240 piatti di nomi che appartengono all’Olimpo della cucina, con relativa preparazione, genesi e illustrazione. Ci sono il Risotto oro e zafferano di Gualtiero Marchesi, i Panini ripieni di carne di maiale di David Chang, “La parte croccante delle lasagne”, ricostruzione dell’angolo della teglia, e il dessert “Oops! Mi è caduta la crostata al limone” di Massimo Bottura. Quando un piatto fa storia Susan Jung, Howie Kahn, Christine Muhlke, Pat Nourse, Andrea Petrini, Diego Salazar, Richard Vines L’Ippocampo - 2020 39,90 euro
Un tè e una fetta di torta di Liz Franklin Guido Tommasi Editore - 2020 19,90 euro
39 dicembre 2020 - gennaio 2021
Un volume, a metà strada tra scienza e cucina, utile sia agli chef sia ai cuochi amatoriali, che spiega come utilizzare al meglio le spezie con combinazioni semplici e all'insegna di nuovi sapori. Sarà così possibile fare in casa il curry o un garam masala. Partendo da una tavola periodica delle spezie, l’autore esplora le modalità per creare originali miscele, spiegando come i composti aromatici si combinano e lavorano insieme per far nascere speciali sensazioni. Presente una selezione di ricette. La scienza delle spezie di Stuart Farrimond Gribaudo - 2020 24,90 euro
SEAC SERVIZI ASSICURATIVI Polizze professionali, RCA, infortuni, abitazione, vita
Fai la cosa giusta, scegli un partner affidabile!
Seac Servizi Assicurativi S.r.l. Broker di assicurazioni
T. 0461.805.418 assicurazioni@seac.it assicurazioni.seac.it