aprile 2011
Supplemento al n. 15 de “La Rassegna” del 21 aprile 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Sughi, i segreti per stupire a tavola I condimenti per la pasta sono importanti per il successo di un piatto. Non ci sono limiti alla fantasia, ma regole sì. Ecco i consigli di quattro chef bergamaschi
LUCA CASTELLETTI
L’ESPERTA
OROBICA PESCA
IL PRODOTTO
“Al Valcalepio manca ancora la promozione”
“Cosi si abbina al meglio l’olio extravergine”
“Nessun allarme, il pesce non arriva dal Giappone”
Germogli, all’origine del sapore
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APRILE 2011
SOMMARIO www.affaridigola.it
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PENNA ALL’ARRABBIATA I ristoratori e gli eventi, una chance per rimettersi in gioco
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FOCUS Sughi, l'arte che fa la differenza
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L'INTERVISTA Castelletti: "Il Valcalepio? Soffre ancora di un deficit di promozione"
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ACCADEMIA DEL GUSTO Le due anime di Cannavacciuolo
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IL PRODOTTO Non fate di tutti gli oli un fascio!
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NEWS Orobica Pesca, dopo l'apertura a Capriate si rafforza la presenza in Lombardia
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ABBINAMENTI Formaggi e confetture, questione di feeling
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IDEE VERDI In tavola germogliano nuovi sapori
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IL RISTORANTE "Via Vai", se la tradizione perde un po' lo smalto
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo tel. 035/213030 - fax 035/224572 - info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi
I ristoratori e gli eventi, una chance per rimettersi in gioco
L
a crisi, dicono, aguzza l’ingegno. E crediamo sia un’affermazione del tutto condivisibile. I ristoratori bergamaschi, per fare un esempio, ne stanno dando dimostrazione con una serie di eventi per smuovere un po’ le acque dello stagno e dare un segnale di vivacità e speranza. Ci riferiamo in particolare a “Terra & Cibo a Km Zero” e a “Cuochi in scena. La passione del gusto”, due manifestazioni nate con l’intento di avvicinare il più possibile l’esercito di nostrani buongustai alla ricerca di novità e, soprattutto, in tempi di oculatezza, di rapporti qualità/prezzo sempre più vantaggiosi. La prima prerogativa di questi appuntamenti per golosi che ci gratifica è la presenza, negli enti patrocinatori, delle maggiori componenti sindacali e di promozione della nostra provincia, alla faccia di chi sbandierava una sterile e dannosissima autonomia di sigle, che avrebbe solo frammentato ed indebolito le iniziative. Lo sosteniamo da tempo: è inutile dividersi sul campo della promozione. Lo si faccia, con scrupolo e lealtà, nel campo dei servizi agli iscritti, anche nell’ottica di una diversa concezione politico-sindacale. Ma quando c’è da organizzare qualcosa è meglio mettere insieme idee e risorse e trovarsi così al fianco, con maggiore facilità, gli altri attori importanti: Camera di Commercio, a volte Coldiretti, magari Comune e Provincia. Il secondo aspetto che ci colpisce è la presenza di insegne prestigiose e cuochi importanti, a conferma che alcuni atteggiamenti un po’ spocchiosi sono ormai un ricordo tanto brutto quanto lontano, sorpassato da una nuovo e gradevole desiderio di esibirsi insieme, interpretando correttamente quel ruolo da apripista che la classe, l’abilità e il consenso di critica e clienti ha riservato loro. Chi ci segue sa bene che, nell’esclusivo desiderio di una crescita della nostra offerta enogastronomica, non abbiamo mai lesinato rilievi a nessuno, quando ci sembrava il caso di sollevarli.
E con la stessa schiettezza è doveroso sottolineare la bontà e l’efficacia di questi appuntamenti che dimostrano, al di là di qualsiasi ragionevole dubbio, che i ristoratori (come i nostri albergatori, del resto) sono da tempo in grado di accettare sfide ed impegni, di affrontarli con grande professionalità e, soprattutto, di mettersi in gioco in prima persona. È la grande chance che i nostri imprenditori dell’ospitalità vogliono giocarsi al meglio, sostenuti certamente dalle Associazioni di categoria, ma pronti ad investire con il proprio talento e le proprie tasche. Questo, naturalmente, è un colQ po da maestri per incentivare il nostro turismo, locale ma anche più lontano, nel solco a ormai tradizionalmente traco ciato delle eccellenze da prec sentare a tavola, nel bicchiere, s nell’accoglienza in generale. n Al A cambio di scenari, insomma, bisogna farsi trovare m pronti e queste sono alcune p delle risposte degli operatori di casa nostra. Ci è capitato di leggere il nuovo programma di “Treno Blu”, con gli itinerari attorno al lago d’Iseo, e siamo stati doppiamente felici: per aver visto ancora le vaporiere e le littorine del nostro cuore in partenza, considerando le difficoltà economiche per riproporre, ogni anno, il progetto. E poi per un piccolo, tenero particolare sulla cartina: sia la Franciacorta che la Valcalepio sono indicate con un grappolo d’uva di uguale dimensione. Ecco, ben sappiamo cosa sia diventato il marchio Franciacorta nel mondo, così come siamo ben consapevoli quanta strada attenda ancora il Valcalepio, pur in espansione quantitativa e qualitativa. Ma quei due grappoli d’uva così uguali sono per noi un auspicio e l’indicazione di una strada da seguire: anche in questo caso la passione e la voglia di migliorarsi è merito esclusivo dei produttori. Dedichiamo questa pagina a quanti non riescono a vedere, per cecità ideologica, quanto di meritorio gli operatori privati stanno costruendo per l’immagine turistica della nostra provincia.
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FOCUS di Laura Bernardi Locatelli
Sughi, l’arte che fa la differenza I condimenti per la pasta sono decisivi per il successo di un piatto. Non esistono limiti alla creatività, ma ci sono regole dalle quali non si può prescindere. Ecco i consigli di quattro chef bergamaschi
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on si può parlare di pasta senza parlare dei sughi, delle salse e dei ragù ù che he da sempre l’accompagnano. Oggi i condimenti per la pasta diventano sempre più delicati e le ricette tradizionali vengono ritoccate e alleggerite. La creatività fa il resto. Non esiste pressoché limite alla fantasia e alla personalizzazione nella realizzazione di un condimento; l’unico vincolo che è bene
porsi è un limite alla quantità di qu ingredienti impiegati ond onde evitare che i sapori perdano la lo loro unicità nella molteplicità incontrollata. Da rispettare scrupolosamente i tempi di cottura per ottenere il meglio dalle materie prime impiegate: cotture espresse per pesce e verdure, tempi lunghi e tanta pazienza per ragù e sughi importanti a base di carne. Quattro chef bergamaschi svelano alcuni preziosi
consigli per realizzare al meglio sughi e dare ogni giorno un nuovo gusto alla pasta, con-sumata quoti-idianamente dalalla maggior parte rte degli italiani.
Loredana Vescovi e Camillo Rota “Non trascurare la stagionalità dei prodotti” Le paste ripiene sono un fiore all’occhiello dell’Antica Osteria dei Camelì di Ambivere. I casoncelli, sempre presenti in carta, vengono realizzati ad arte sulla base della ricetta di famiglia passata di mano in mano, generazione dopo generazione, dal 1850 ad oggi. Oltre alle paste ripiene - da non perdere i ravioli di mare, con gamberi e scampi, marinati in zuppa di crostacei con verdure e lo sfoglione (un’enorme mezzaluna) con scamorza affumicata e zucchine - vengono preparati con particolare cura gli gnocchetti di patate, in questo periodo serviti con mozzarella di bufala, origano, pomodoro e acciuga; gli gnocchi vanno così a “sostituire” la pasta di una classica pizza alla napoletana. Vengono inoltre sempre preparate in casa le tagliatelle all’uovo (miscelando a dovere farina di grano tenero e grano duro), ora in carta nel menù primaverile con gamberi, piselli e cipollotto croccante ed altri formati di pasta, pronti a sposarsi ad altri prodotti
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di stagione. Le regole all’Antica Osteria dei Camelì sono tutte indirizzate alla semplicità dei piatti: “La pasta ama i sughi, ma bisogna dosare con attenzione i condimenti, che non devono mai eccedere. La scelta di ingredienti di qualità, come in qualsiasi altra preparazione in cucina, deve essere il punto di partenza per poter ottenere dei risultati ottimi. La stagionalità è molto importante, così come è fondamentale valorizzare il territorio. Non toglieremo mai dalla carta i casoncelli, che rappresentano un punto d’orgoglio del locale e della storia della mia famiglia. È una soddisfazione vedere clienti che fanno tanti chilometri appositamente per assaggiarli. Eppure c’è ancora chi li salta a piè pari in carta pensando a torto che sia un piatto banale - spiegano Loredana Vescovi e Camillo Rota -. Per la pasta accade il contrario dei ravioli: il cuore del raviolo è il ripieno, per la pasta il sugo incide moltissimo sul successo di un primo piatto”.
Petronilla Frosio “Un occhio particolare ai tempi di cottura” Il Posta di Sant’Omobono Terme rappresenta un punto di riferimento della ristorazione della Valle Imagna. I piatti tradizionali che hanno contribuito da più di un secolo a costruire la buona fama del Posta sono interpretati con innovazione ed affiancati da preparazioni originali, sempre in bilico tra voglia di casa e internazionalità. Il ristorante propone una cucina che mantiene l’integralità dei sapori e la consistenza delle materie prime, soprattutto quelle del territorio, con piatti e ricette che rispettano e seguono i tempi e le stagioni. I primi piatti rappresentano un vero e proprio punto d’orgoglio del locale: non mancano paste fatte in casa con impiego di diverse farine e paste secche integrali, di farro ed orzo abbinate a sughi di verdure per offrire una cucina ancora più varia. “La pasta e più in generale i primi piatti sono il simbolo per antonomasia del Made in Italy. Per i sughi, come per qualsiasi altra preparazione in cucina, la scelta di materie prime di qualità è imprescindibile - tiene a ribadire Petronilla Frosio, chef del Posta e presidente del Gruppo Ristoratori Ascom -. Se si utilizzano materie prime eccellenti il risultato sarà vicino alla perfezio-
ne: spetta solo alla capacità dello chef dare armonia ed equilibrio agli ingredienti, dosandoli nel modo più appropriato”. I tempi di cottura vanno sempre rispettati: “I sughi a base di verdure richiedono cotture veloci e a fuoco alto per mantenerne intatte le proprietà e i colori: le verdure devono essere croccanti. Di contro i ragù e i sughi di carne e selvaggina richiedono cotture lente, lentissime e a fiamma bassa”. I sughi incidono indubbiamente molto sul successo di un primo piatto; la scelta di un’ottima pasta resta comunque molto importante per ottenere un primo perfetto: “Sono tantissimi i formati di pasta proposti sul mercato, pronti a soddisfare le più svariate esigenze in cucina. Senza dubbio sono da preferire le paste rigate e gli spaghetti ruvidi per sposarsi al meglio con i sughi oltre a tagliolini, tagliatelle fatte in casa. Oggi si possono scegliere anche svariati tipi di farina: mi piace presentare paste integrali con le verdure per proporre una cucina più varia. Dagli spaghetti di farro ed orzo con zucchine, timo e cacio alla pasta di kamut con sughi alle verdure, alla pasta di mais tirata a mano in casa con ragù o altri sughi succulenti”.
RISTORANTE POSTA DI FROSIO via Vittorio Veneto, 169 Sant’Omobono Terme
Ricetta
Stracci di farina di polenta con salsiccia e lenticchie Ingredienti per la pasta: 250 g di farina 00 250 g di farina di mais - sale 5 uova intere ...e per la salsa: 200 g di salsiccia - 200 g di lenticchie Procedimento Impastare gli ingredienti per la pasta, sfogliarla e ritagliare dei quadrati di circa 10 cm per lato. Bollire le lenticchie con gli aromi (carota, sedano, cipolla). Sbriciolare la salsiccia, farla rosolare con pochissimo olio, bagnarla con vino rosso e aggiungere le lenticchie metà intere e metà frullate. Cuocere la pasta e saltarla nella padella con la salsa precedentemente preparata. Finire con una spolverata di parmigiano.
Ricetta
Sughetto di totani al pomodoro Ingredienti per 4 persone: 6 totani medi 200 gr. di passata di pomodori freschi 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva 1 spicchio d’aglio ½ cipolla di media grandezza 1 rametto di basilico sale e pepe q.b.
Procedimento In una pentola antiaderente scaldare la cipolla tagliata sottile e l’aglio nell’olio e aggiungere la passata di pomodoro, lasciare cuocere per pochi minuti (la cipolla deve cuocere il meno possibile) ed aggiungere i totani tagliati a rondelle alte 1 cm. Lasciare cuocere i totani per un minuto, salare e pepare e aggiungere qualche foglia di basilico. Questo sugo può essere usato sopra la pasta oppure si può mantecare in padella.
ANTICA OSTERIA DEI CAMELÌ - via Marconi, 13 - Ambivere Affari di Gola aprile 2011
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FOCUS
Diego Pavesi “Il segreto è trovare il giusto equilibrio con la pasta” Il Ristorante della Torre da oltre un secolo si sviluppa dentro e attorno alla torre del 1300 che domina la piazza principale di Trescore, il luogo che anticamente serviva da mercato per tutti i prodotti che dalla Val Cavallina dovevano raggiungere la città. Lo stile di accoglienza della gestione familiare si tramanda con professionalità da cinque generazioni. La cucina del ristorante dell’Albergo della Torre non tradisce la tradizione alla base della sua storia, interpretata in chiave moderna. I primi piatti di terra e di mare rappresentano un punto di forza del locale. In carta in questo momento si possono trovare le penne al germe di grano in padella con seppioline, pomodori canditi e topinambur, le pappardelline al pomodoro al sugo di granchio reale, una millefoglie di sedano rapa e salsiccia con la ricotta stagionata e dei tortelloni ripieni con la fagianella nel suo fondo al profumo di gine-
pro. “Non si può prescindere dalla stagionalità e dal territorio - sottolinea Diego Pavesi -. È giusto proporre piatti legati alla tradizione ed esaltare nelle ricette i migliori prodotti non solo bergamaschi, ma italiani, come la semplicità dei pomodori San Marzano in una salsa. Anche la scelta della pasta è importante: se non si ha tempo di realizzarli in casa, è bene scegliere prodotti artigianali o semi-artigianali. I sughi hanno indubbiamente il loro peso sulla risuscita di un buon primo piatto, ma i sughi non devono mai sovrastare il gusto della pasta. E’ bene anche scegliere di abbinare ad una certa tipologia di pasta un sugo diverso: i pizzoccheri richiedono un condimento gustoso e sostenuto per bilanciare il gusto del grano saraceno; gli spaghetti sono l’ideale con un semplice pomodoro lavorato a crudo e con i crostacei si sposano benissimo delle tagliatelle fatte in casa. Sono ottimi anche gli
ALBERGO RISTORANTE DELLA TORRE piazza Cavour, 26/28 Trescore Balneario straccetti fatti in casa con l’aggiunta di zafferano nell’impasto, che vanno benissimo con le verdure, come le folade, che io abbino ad asparagi, taleggio e tartufo nero. Con un ragù alla bolognese ed altri ricchi sughi di carne tagliatelle e pappardelle sono quaq si d’obbligo”.
Ricetta
Gratin di ziti spezzati con zucchine, emmenthal e pistilli di zafferano Ingredienti per 8 persone: 500 g di ziti 1 scalogno 3 zucchine di media grandezza belle sode 100 g d’emmenthal grattugiato 100 g di panna fresca 1 tuorlo d’uovo 1 cucchiaino di pistilli di zafferano sale grosso e fine, pepe
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Procedimento Lavare e tagliare le zucchine a rondelle sottili (3-4 millimetri), mondare lo scalogno e tritarlo finemente. Nella padella di rame stagnato fare rosolare velocemente lo scalogno in olio extra vergine, aggiungere le zucchine, salare e pepare e lasciare cuocere qualche minuto. Portare ad ebollizione l’acqua, salare e far cuocere gli ziti al dente, Nel frattempo mettere la panna, i pistilli di zafferano, il tuorlo d’uovo, l’emmenthal, un filo di sale e pepe a piacere in una fondina; amalgamare gli ingredienti con una forchetta. Scolare gli ziti e metterli a mantecare in padella con le zucchine; versare il composto di panna preparato e lasciare intiepidire. Ungere con il burro i contenitori d’alluminio o la teglia da forno e sistemarli ordinatamente sul piano da lavoro. Togliere dal tegame gli ziti uno ad uno, sgocciolandoli delicatamente e adagiandoli sul tagliere formando un rettangolo; tagliare gli ziti in tre parti uguali. Mettere un cucchiaio di salsa sul fondo del contenitore, spalmandola; adagiarvi uno strato di ziti e ripetere l’operazione fino ad esaurire gli ingredienti. Completare la preparazione aggiungendo un cucchiaio di latte in ogni contenitore. Far cuocere in forno pre-riscaldato a 190 gradi per 10 minuti. Sfornare, porzionare e guarnire a piacere i piatti.
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Ezio Gritti “Fondamentale la parte della mantecatura” All’Osteria di Via Solata si possono ritrovare in carta primi piatti antichi, come il foiolo in umido e la zuppa di cipolle e non mancano mai i casoncelli, altro omaggio alla tradizione, affiancati da una proposta di piatti stagionale, di terra e di mare. Da provare la versione bergamasca dei classici spaghetti cacio e pepe di tradizione romana: spaghetti fatti in casa, mantecati con farina gialla, con fonduta di Branzi, pepe bianco e polvere di caffè. Non manca un piatto freddo dall’intenso sapore e profumo di mare: gli spaghetti freddi con ostriche, menta, pinoli ed uvetta. Per chi intende ritrovare i sapori di un tempo sono in carta i raviolini del mignolo alla farcia di stufato in brodo chiarificato e stracciatella rinforzata, con una generosa grattata di tartufo di Bracca. “La pasta è un piatto simbolo dell’Italia che si presta alle più svariate preparazioni. Per sughi e condimenti è importante però prestare attenzione ai soffritti, che non devono avere delle cotture prolungate onde evitare che diventino poco digeribili; i condimenti non devono mai eccedere per valorizzare al meglio le materie prime impiegate, la cui accurata scelta è fondamentale. I tempi di cottura sono altrettanto importanti: pesce e verdure richiedono cotture veloci, mentre i sughi di carne richiedono cotture lente”. La mantecatura è fondamentale: “Incide moltissimo sulla riuscita di un primo piatto. Per far sì che gli amidi della pasta si vadano ad amalgamare con il condimento rendendolo più cremoso è consigliabile scolare la pasta mezzo minuto prima della cottura al dente e mantecare in padella. A Napoli addirittura si usa cuocere la pasta nel sugo per la metà del suo tempo di cottura”. La parola d’ordine è semplificare:“Gli spaghetti al pomodoro sono uno dei miei piatti preferiti e realizzarli al meglio quando hai solo tre elementi - la qualità della pasta, dell’olio, del pomodoro - e del basilico è tutt’altro che semplice. È molto più facile fare un minestrone che un piatto di spaghetti al pomodoro. Un ingrediente che non utilizzo mai nei sughi è la panna, non solo perché non aiuta di certo la digestione, ma perché va a coprire ed ingannare il gusto degli altri ingredienti”.
Ricetta
Tagliolini neri con broccoletti e calamaretti “spillo” Ingredienti per la pasta: 500 g di farina 00 5 tuorli d’uovo 1 vescica di nero di seppia sale Ingredienti per 4 persone: Olio extra-vergine 1 spicchio d’aglio 20 pomodorini zatterini (5 a porzione) 500 g calamaretti “spillo” liguri sale e pepe origano fresco Procedimento Amalgamare gli ingredienti, impastare il tutto, stendere la pasta, confezionare i tagliolini e lasciarli riposare per 2 ore. Fare imbiondire l’aglio nell’olio, aggiungere i pomodorini lavati e tagliati a metà e lasciarli sfrigolare 2 minuti. Togliere l’aglio ed aggiungere i broccoletti precedentemente scottati in acqua bollente salata per mantenere la vivacità del colore. Cuocere a fuoco medio per altri 3 minuti. Aggiungere i calamaretti puliti e lasciare cuocere - sempre rigorosamente a pentola scoperta per evitare di creare cappe di calore - i calamaretti per altri 3/4 minuti. Solo a questo punto aggiungere sale e pepe (questo per evitare che i calamaretti perdano acqua).Aggiungere l’origano fresco. Ultimare il piatto facendo mantecare i tagliolini per un minuto in padella. Servire ben caldo.
OSTERIA DI VIA SOLATA via Solata, 8 - Bergamo Alta Affari di Gola aprile 2011
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L’INTERVISTA di Giordana Talamona
“Il Valcalepio? Soffre ancora di un deficit di promozione” Luca Castelletti, da sei mesi consigliere nazionale dell’Ais, fa il punto sul suo mandato. E sul vino bergamasco è categorico:“Serve un’immagine più forte. Ideale sarebbe un lavoro sinergico tra produttori e sommelier, coinvolgendo anche il mondo della ristorazione”
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elle ultime elezioni nazionali dell’Associazione Italiana Sommelier, ha ottenuto 2.390 voti tra i sommelier professionisti, secondo solo ad Antonello Maietta, attuale presidente dell’associazione. Luca Castelletti, consigliere nazionale dell’Ais, ha le idee chiare sul mondo del vino e su quale corso dare alla produzione vitivinicola bergamasca. L’esperienza certamente non gli manca, maturata sul campo sia in associazione che nella storica Enoteca di famiglia, a Ponte San Pietro, dove il padre Italo, pioniere della sommellerie bergamasca, faceva scuola con Luigi Veronelli ed altri valenti esperti del settore. A distanza di sei mesi dalla sua elezione, vediamo cosa bolle in pentola in Ais, anche in previsione dell’Expo 2015. Perché ha deciso di candidarsi a consigliere nazionale? “Come spesso ripeto, correre da soli non conviene, occorre fare squadra. Per questo mi sono candidato, condividevo il progetto di Fiorenzo Detti, attuale presidente di Ais Lombardia, di dare maggiore peso decisionale alla nostra regione, anche in previsione dell'Expo 2015”. Direi che ci siete riusciti visto che sono stati eletti ben tre consiglieri lombardi. “Il concetto è quanto mai semplice: un cospicuo numero di consiglieri lombardi può meglio valorizzare gli interessi della nostra regione. Con l'attuale presidente nazionale, Antonello Maietta, abbiamo discusso a lungo su alcuni progetti regionali trovandoci subito su una serie di obiettivi comuni. Il mio è quello di dare maggiore visibilità ai vini della provincia bergamasca”. Cosa pensa si debba fare per rilanciarne le vendite? “Occorre creare un'immagine ancora più forte della Valcalepio, puntando su una comunicazione mirata che sappia far parlare della zona e dei suoi vini. Molti non sanno che Valcalepio è sinonimo di taglio bordolese, che c’è un concorso internazionale, “Emozioni dal Mondo”, che premia i vini ottenuti proprio da Merlot e Cabernet Sauvignon. È assurdo pensare che un concorso così importante sia conosciuto più all'estero che in Italia”. Ritiene che la comunicazione fatta sinora non sia
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stata efficace? “Non dico questo, cose importanti ne sono state fatte, soprattutto dal Consorzio, ma occorre fare ancora meglio e in fretta. Se dici a qualcuno “Nero d'Avola”, sa di cosa stiamo parlando, sa che siamo in Sicilia. Se esci dalla nostra zona e dici “Valcalepio”, molti non sanno di che vino si tratti, quale sia la zona di produzione, tanto meno gli abbinamenti consigliati. Questo deve farci riflettere per il futuro”. Andando nello specifico, come interverrebbe? “Auspico che si inizi un lavoro sinergico tra produttori e Ais, per esempio creando delle commissioni di degustazione, con sommelier formati ad hoc, che diano ai produttori degli standard qualitativi condivisi. Un'analisi della produzione quanto mai oggettiva che sappia capire gli eventuali errori, prevenirli, e possibilmente migliorarne la qualità media”. Non crede che la promozione del territorio debba partire anche dai ristoratori? “Senza dubbio, anche per questo l'Ais ha puntato tanto sulla “Carta dei vini lombardi” che ha premiato, quest'anno, ben tre ristoranti della provincia bergamasca, su cinque classificati”. Sono mosche bianche oppure è la norma tra i ristoratori bergamaschi? “Difficile dirlo. Senza dubbio quello che emerge è che se
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“Certo, non sono prodotti paragonabili, perché nascono da territori diversi.A tal proposito ho apprezzato moltissimo la presa di posizione di Maurizio Zanella, presidente del Consorzio per la Tutela del Franciacorta”. La lettera aperta che ha inviato alla stampa italiana stigmatizzando la cattiva informazione sulla terminologia “spumante italiano”? “E come dargli torto? Dire che lo “spumante italiano” ha superato lo Champagne nei volumi di vendita durante le feste natalizie, vuol dire ricomprendere “tutti” gli spumanti, anche quelli fatti con metodo Charmat, di vario livello qualitativo. È stata una doverosa precisazione, un bagno d'umiltà, che ha rafforzato l'immagine della Franciacorta”. Tornando ai francesi, cosa abbiamo noi più di loro? “Nella sommellerie una didattica eccellente che loro si sognano. Nel comparto beverage una vasta scelta di liquoristica e grappe che è parte della storia italiana”. Una peculiarità tutta made in Italy che durante l'Expo dovrà essere messa in luce? “Senza dubbio, oltre alle eccellenze dei nostri vini, il classico fine pasto italiano è una peculiarità che altrove non esiste. Pensiamo a tutta la tradizione delle storiche grapperie, alcune aperte sin dal 1847. Mi auguro solo che non saremo così stupidi da offrire a fine pasto, ai nostri ospiti internazionali, del Cognac o del Whisky, piuttosto che una buona grappa italiana!” Tornando all'Ais, con un occhio all'Expo 2015, cosa pensa che vada rivisto in associazione? “Occorre non farsi trovare impreparati davanti al pubblico mondiale, tanto meno ignoranti per ciò che riguarda le nuove tecnologie”. È un rischio che Ais può correre? “No, se partiamo per tempo. Serve in associazione una modernizzazione che passi anche dal web, con una rivista on line che parli di noi e della qualità del vino italiano”. Simile a quanto già fatto con la Guida uida Viniplus, oggi consultabile su varie piattaforme? taforme? “Quello è stato un primo passo che, auspico, potrà ripetersi per altri contenuti. Immagino magino la didattica Ais, per esempio, scaricabile su u I-phone e I-Pad, con funzionalità interattivee complesse”. Ci state già lavorando? “È un programma che in associazione si sta delineando. Personalmente sto già collaborando con una società specializzata per studiare delle applicazioni di archiviazioni dati su Android e I-phone”.
Il Moscato di Scanzo paga la produzione ridotta che limita il suo rafforzamento sul mercato. Ma prima o poi dovrà anche risolvere l’annoso problema che ha sul piano della riconoscibilità
“
vai nei ristoranti di Bergamo Alta, trovi Carte dei vini con referenze del territorio, se vai fuori, anche di pochi chilometri, è più facile trovare referenze italiane ed estere, piuttosto che bergamasche”. All'estero succede la stessa cosa? “Assolutamente no, c'è una maggiore attenzione ai vini del territorio. Se vai in Francia, in un ristorante dell'Alsazia per esempio, trovi una Carta che ha, nella prima parte, solo referenze alsaziane e nella seconda parte vini francesi e stranieri”. Perché da noi è così difficile puntare sul territorio? “Perché è più facile consigliare un nome di grande richiamo piuttosto che puntare sul produttore della zona. Questa filosofia, l'abbiamo imparato in questi anni, non solo gioca a sfavore del territorio, ma è un autogol per tutti quelli che ci vivono. Anche per la cucina bergamasca auspico che si possa fare ancora meglio”. In che termini? “Riscoprendo le antiche ricette della tradizione. Possibile che nella zona di tipico ci siano solo i casoncelli e il coniglio? Credo che si possa dare al turista qualche altra opzione, puntando sui formaggi locali o su altre tipicità ancora poco note”. E sul Moscato di Scanzo cosa dice? “Beh, pensare che sul nostro territorio ci sia la più piccola Docg d'Italia, non può che riempirmi d'orgoglio”. Come giustifica la sua bassa visibilità sul territorio italiano nonostante la Docg? “In parte è una questione di numeri. La produzione limitata non permette al vino di imporsi sul mercato. Tuttavia, credo che il Moscato di Scanzo debba ancora risolvere il problema della sua poca riconoscibilità. È un prodotto che, al momento, non ha ancora trovato una vera e propria personalità che lo identifichi col territorio, facendone un richiamo per il consumatore. Non solo, quello che ho notato è un grosso scompenso tra un prodotto e un altro”. E il Consorzio? “Ha già fatto molto, uniformando per esempio la forma delle bottiglie, ma ritengo che si debba fare di più per lanciarlo sul mercato nazionale”. Venendo ai francesi, cosa hanno più di noi? “Sono degli straordinari comunicatori, sanno vendere i loro vini all'estero come noi non sappiamo fare. Certo, ad onor del vero, hanno delle eccellenze che sono fuor di dubbio, ma credo che dovremmo puntare sulle peculiarità del nostro territorio, piuttosto che continuare a far paragoni tra prodotti simili”. Si riferisce al solito, quanto mai sbagliato, confronto tra Champagne e Franciacorta?
Affari di Gola aprile 2011 11
VINITALY
Valcalepio e Moscato di Scanzo finalmente “insieme”. Ma con qualche distinguo
I
l Vinitaly 2011 sarà, per vari aspetti, un evento da ricordare. In questa circostanza però, non si vogliono mettere in risalto dati e numeri importanti (pensiamo solo al fatto che erano presenti 26 aziende bergamasche) né tanto meno analizzare la novità radicale che dal prossimo anno vedrà questa rassegna tenersi da domenica a mercoledì (inimmaginabile dopo ben 45 anni di fiera). Si vuole sottolineare un evento che, scontato per tanti, per noi bergamaschi ha qualcosa di speciale. Per la prima volta il Consorzio di Tutela Valcalepio ed il Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo si sono presentati uno di fronte all’altro, dando l’impressione di voler tracciare un nuovo percorso, di voler aprire una fase da tempo auspicata. Ottenuta la denominazione di origine “Moscato di Scanzo” nel 2002, dalla fondazione del Consorzio omonimo non si è mai avuta la possibilità di rappresentare il nostro comparto enoico in modo collegiale. Quest’anno solo un semplice corridoio separava i due consorzi che rappresentano la nostra enologia. E per gli avventori
di Enrico Rota consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com
è finalmente risultato ben chiaro dove trovare i nostri produttori. Non solo. Per la prima volta un’azienda che produce entrambe le denominazioni, Il Cipresso di Scanzorosciate, ha scelto di presiedere entrambi gli spazi. Dobbiamo esserne orgogliosi. Troppe volte si è evidenziato quanto fosse importante per i produttori orobici non disperdere preziose opportunità nel presentarsi in modo separato senza dare un riferimento comune ai consumatori. Rimangono però un paio di situazioni da approfondire. La prima è legata al dato oggettivo che tre aziende bergamasche, La Brugherata e Savoldi, di Scanzorosciate, e la Caminella di Cenate, non si sono presentate negli spazi dei loro Consorzi di appartenenza. La seconda invece risiede nella differenza che c’è, da parte di alcuni addetti ai lavori, tra l’essere presenti e partecipare attivamente alla promozione del territorio. Analizzando la prima situazione, non si vogliono ricercare i motivi che hanno portato le tre aziende a questa scelta, bensì capire perché non abbiano voluto rafforzare ulteriormente la coesione
LA FAMIGLIA HA RILANCIATO LA BARBERA NELL’OLTREPÒ PAVESE
Moratti: “Vincenti all’estero se il nostro vino saprà trasmettere storia e cultura” Immerso tra i vigneti dell’Oltrepò Pavese c’è un castello in cui Gian Marco e Letizia Moratti coltivano la propria passione per il vino. Nel Castello di Cigognola, a metà strada tra Broni e Casteggio, la famiglia Moratti produce il DodiciDodici e La Maga, due vini da Barbera in purezza che hanno già ottenuto il consenso di importanti guide di settore, come quella del Gambero Rosso, l'Annuario di Luca Maroni, la 2000Vini e la Guida Veronelli. hanno chiamaA capo del progetto vitivinicolo i Moratti ha wine maker del to Riccardo Cotarella, uno dei più stimati win enologica di San nostro Paese che cura anche l'attività enol tradizione - spiePatrignano. “Ho voluto rispettare la tradi coltivando principalga l’imprenditore - coltivand mente Barbera, tipico vitigno della zona, e non Pinot Nero come all’inizio mi conmolti all’iniz sigliavano. Non sosigliavan no contro chi ha co
puntato sui vitigni internazionali, chapeau al marchese Incisa della Rocchetta che anni fa l’ha fatto per il Sassicaia, ma volevo che la nostra produzione rimanesse profondamente legata alla storia del territorio”. “Abbiamo sempre puntato alla qualità - spiega Moratti -, se il vino non è pronto non lo facciamo uscire, preferiamo aspettare”. Al Vinitaly è stato presentato il More Rosé Oltrepò Pavese Docg, uno spumante Metodo Classico Pas Dosè, che ha passato 18 mesi sui lieviti che sarà accompagnato, a fine anno, dal More Bianco, un altro bollicine millesimato con affinamento sui lieviti di 36 mesi. Il Castello di Cigognola esporta in tutto il mondo, principalmente in Europa ed Asia, con un recente ampliamento verso il mercato orientale. “Esportiamo già verso Hong Kong – prosegue Moratti – ma quest'anno punteremo a tutta la Cina, un mercato in espansione per tutto il comparto vitivinicolo italiano, che ci sta chiedendo di fare cultura del vino, spiegando loro il concetto di degustazio-
dei Consorzi stessi visto e considerato che, per libera scelta, appartengono a loro. Con un po’ di fortuna, ci verrà spiegato. La seconda situazione invece, ha probabilmente radici legate ad una volontà di natura economica e commerciale. Si parla molte volte di gioco di squadra, predicando bene e praticando un po’ meno bene. Se fossimo meno preoccupati di salvaguardare solo i legittimi interessi personali, tutti ne potremmo trarre dei vantaggi.Abbiamo già affrontato questo argomento e senza voler essere noiosi ci pare giusto ricordare un paio di passaggi: tutti i produttori dovrebbero testimoniare, attraverso la propria presenza attiva e il proprio prodotto, la credibilità del vino stesso in ogni evento possibile. E tutti gli operatori interessati alla promozione del territorio (associazioni, produttori, distributori, ristoratori, albergatori, rappresentanti, giornalisti, ect.) dovrebbero agire in base alle proprie potenzialità, nel divulgare e far conoscere questi nostri ambasciatori del territorio. Auguriamoci nuovamente che la presente sia vista quale ulteriore appello all’unità e alla consapevolezza di sviluppare un settore che può far leva su numeri importanti ed è fortemente intrecciato al territorio.
ne”. Recentemente sono state innestate delle barbatelle di Nebbiolo, vitigno già coltivato in passato nel territorio, con cui si produrrà tra qualche anno un altro rosso di struttura, lontano antenato di quel Barolo che Gian Marco Moratti tanto apprezza. Una passione per il vino, la sua, che viene da lunghe frequentazioni del passato con un compianto “Signore del gusto”, grande amico di famiglia.“Ho incominciato ad amare il vino trent’anni fa, frequentando la “Locanda del Sole” di Franco Colombani. – ricorda Moratti - Si andava a mangiare da lui con Cochi, Renato ed altri amici, scoprendo i sapori autentici della buona tavola. Ricordo che quando, nel 2003, provai la nostra prima annata ebbi la netta sensazione di bere lo stesso vino che ci serviva Colombani. È stato lui ad insegnarmi a bere e a mangiare con gusto”. E chi non si ricorda di Franco Colombani, patron del “Sole” storico locale del lodigiano che ha fatto scuola tra gli chef italiani.“Per uscire dalla crisi l'Italia deve necessariamente puntare sulla qualità – spiega Moratti -.All’estero siamo vincenti quando alziamo il livello, vendendo prodotti che raccontano la nostra storia e cultura. Se l'Italia sarà capace di farlo, uscirà dalla crisi con un volto nuovo”. g.tal.
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ACCADEMIA DEL GUSTO di Roberta Martinelli
Le due anime di Cannavacciuolo Due stelle Michelin, lo chef del ristorante Villa Crespi di Orta ha saputo combinare il suo background campano con la cucina più innovativa. “Il segreto? Bisogna saper parlare agli ingredienti”
A
nima campana in territorio piemontese e ricette di ispirazione napoletana rilette secondo i dettami della cucina del nord e le linee culinarie più innovative. Lui è Antonino Cannavacciuolo, classe ’74, bi-stellato chef dell’hotel-ristorante Villa Crespi di Orta San Giulio, sul Lago d’Orta, uno dei cuochi del nostro Paese più rinomati a livello internazionale. Il primo giugno, Convivium di Stelle, il ciclo di visite gastronomiche promosso dall’Accademia del Gusto, propone un pranzo guidato per conoscere la sua filosofia in cucina. Una cucina sofisticata in cui il pesce sorrentino, la ricotta di bufala campana e i gamberi di Sicilia si accompagnano alle carni piemontesi, ai tartufi di Alba ed al foie gras della vicina Francia, in una simmetria tra Nord e Sud che è sintesi perfetta della cultura gastronomica italiana. E fa stupore trovare tanta raffinatezza, classe e attenzione al dettaglio in un omone di un metro e novanta. Il suo segreto è «toccare poco il prodotto e mettere nel suo lavoro tanta passione, sacrificio e impegno, estrapolare l’anima e le sensazioni di una materia, lasciando che esprima se stessa senza veli e arricchendo il piatto con l’arte culinaria». «Per fare una grande cucina - svela - ci vuole l’esperienza, perché hai provato e hai visto sul campo, ma c’è chi il dono ce l’ ha per natura. Ci
CONVIVIUM DI STELLE
Il primo giugno il pranzo-degustazione L’Accademia del Gusto, nell’ambito della rassegna “Convivium di Stelle”, propone un pranzo degustazione al ristorante Villa Crespi mercoledì primo giugno. Si parte dalla scuola di cucina a Osio Sotto a bordo di un autobus privato alle ore 10.30. La giornata è aperta a cuochi e operatori della ristorazione. Per informazioni e prenotazioni: Ascom Formazione tel. 035 4120180/183 o 035 4185706 www.ascomformazione.it.
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sono dei cuochi che “parlano” con l’ingrediente; bisogna guardarlo, il prodotto ti parla, tu lo capisci, prendi il meglio e lo metti con la tua esperienza nel piatto». «La cucina è un’espressione della vita - spiega lo chef - e come tale non si ferma mai, è sempre uno studiare, un crescere. Lo stesso piatto può cambiare con il tempo, così come io cambio ogni giorno. È un’introspezione continua prima dentro me stesso e poi nella mia cucina di riflesso». Ai giovani cuochi alle prime armi consiglia «di restare molto tranquilli, di dare un occhio alla tradizione e poi aggiungere il proprio tocco personale, senza strafare. Meno tocchiamo il prodotto meno facciamo guai. All’inizio è dura, ma se si riesce a stare in determinate brigate con un po’ di sacrificio, sicuramente un giorno si è ripagati: se si fa il proprio lavoro con professionalità, portando la propria bravura e essendo costanti poi i premi, le stelle, i cappelli e le forchette vengono tran-
quillamente nel tempo. I suoi ingredienti cult sono la pasta, la ricotta, il pesce, in omaggio alla sua terra di origine, ma anche il tartufo, il vino, i formaggi piemontesi. Se gli si chiede che altro lavoro avrebbe potuto fare non ha dubbi: Nessun altro e sul futuro della ristorazione italiana è sibillino: o: Tra cinquant’anni ni - dice - spero che la cucina sia una cucina di profumi e di serietà . Senza cattiveria.
Le ricette d’autore spiegate all'Accademia del Gusto Lo chef del prestigioso Ristorante Villa Crespi di Orta San Giulio, due stelle Michelin, conduce i ristoratori in un viaggio gastronomico alla scoperta di alcuni suoi piatti: sapori tradizionali rivisitati con creatività e gusti nuovi nati dalla sperimentazione e dalla volontà di esaltare materie prime d’eccellenza. * LunedÏ 9 maggio, dalle 10 alle 17
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I CORSI DI MAGGIO AL BAR • Corso barman base Chi vuole diventare un barman può farlo con questo corso che insegna le tecniche base di miscelazione e tutte le ricette dei cocktail piĂš famosi. Le lezioni sono teoriche e pratiche e durano 50 ore. Si realizzano in aula tutte le ricette. Da lunedĂŹ 16 a venerdĂŹ 27 dalle 14 alle 19 A cura di Pierluigi Cucchi • L’arte in caffetteria Un laboratorio di 7 ore rivolto ai professionisti del beverage per imparare le tecniche della “latte artâ€?. Ovvero a decorare cappuccini con disegni e forme belle e divertenti. VenerdĂŹ 6, dalle ore 10 alle 17 A cura di Boris Andreoletti AL RISTORANTE •In mare aperto con Andrea Sarri Seminario di 7 ore rivolto ai ristoratori per carpire i segreti delle cotture e degli abbinamenti del pesce attraverso ricette della tradizione rivisitate dalla creativitĂ di un cuoco che utilizza i prodotti del suo territorio con maestria e sapienza. LunedĂŹ 23, dalle 10 alle 17 PER GLI APPASSIONATI • Pane, pizza e focacce: tutti i segreti Laboratorio teorico e pratico di 17 ore per imparare a realizzare a regola d’arte pane, pizze e focacce. Con consigli sui metodi di impasto e ricette per i condimenti e le farciture. Dal 9 al 23, il lunedĂŹ e il martedĂŹ, dalle 19.30 alle 22.30 – A cura di Tiziano Casillo • Il pesce fresco servito crudo Carpacci, tartare, marinate. e. Un laboratorio di 3 ore per imparare a servire e abbinare il pesce crudo a condimenti di diversa realizzazazione, secondo una cucinaa rigorosamente mediterranea. Si realizzano in aula le ricette. MercoledĂŹ 24, dalle 20 alle 23 A cura di Roberto Proto • Il dessert Un maestro pasticcere realizza ricette di facile preparazione per chiudere al meglio una cena o un pranzo e rendere speciale ogni avvenimento. LunedĂŹ 30, dalle 20 alle 23 A cura di Adriano Anastasio I corsi si tengono all’Accademia del Gusto di Osio Sotto Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione tel. 035 4120180-183 / 4185706 info@ascomformazione.it - www.ascomformazione.it.
Affari di Gola aprile 2011 15
LA FIERA
Tuttofood, anche le aziende bergamasche in vetrina D
a domenica 8 maggio, per quattro giorni, il quartiere espositivo Fieramilano a Rho sarà il punto d’incontro degli operatori professionali del food e della nutrition di tutto il mondo. Torna infatti per la terza edizione Tuttofood, Milano World Food Exibition, che con oltre 2.000 marchi presenti e quattro padiglioni occupati (13, 15, 22 e 24) si inserisce a pieno titolo nella Top ten delle più importanti rassegne alimentari internazionali e, in prospettiva Expo 2015 - dedicato proprio al tema della nutrition – è oggi una delle manifestazioni ritenute maggiormente strategiche da Fiera Milano. A Tuttofood “l’offerta” è rappresentata dal Made in Italy alimentare diventato, insieme alla “Dieta mediterranea”, “Patrimonio mondiale dell’Umanità dell’Unesco”, mentre “la domanda” dai buyer delle catene della gdo mondiale e da importatori e grossisti provenienti dai cinque continenti, oltre che da dettaglianti, responsabili di reparto fine-food e ristoratori. Nel 2009 i visitatori professionali sono stati più di 30.000, 61% dei
quali italiani. Per la nuova edizione (la rassegna ha cadenza biennale) sul “fronte” estero hanno già confermato la loro presenza i buyer provenienti da Stati Uniti, Canada e Giappone - mercati “maturi” per l’export agroalimentare italiano con elevata capacità d’acquisto - oltre a Sud Africa ed Australia, nazioni in crescita, considerate “molto performanti” dai trade-analist del food. Senza dimenticare i 27 Paesi dell’Unione Europea. Anche 13 aziende bergamasche saranno presenti su questo palcoscenico mondiale con i loro prodotti. Si tratta di Ambrosini Carne di Brusaporto,Arrigoni Valtaleggio di Pagazzano, Bonduelle Italia di San Paolo d’Argon, CasArrigoni di Peghera, Casearia Arnoldi di Valtaleggio di Peghera, Caseificio Paleni di Casazza, Confezioni Negri di Cisano Bergamasco, Cuochi e Chef di Calcinate, Gritti Bruno e Alfio società agricola di Cologno al Serio, Lombardia Carni di Almè, Pastificio Annoni di Fara Gera d’Adda, Piuma d’Oro di Treviglio e Quaranta industria dolciaria di Caravaggio.
Il “fuoricasa” terrà banco nei dibattiti Il futuro dei bar, pubblici esercizi e turismo, il valore economico dell’intrattenimento notturno, la crescita della ristorazione etnica in Italia, le scelte da fare nell’assortimento merceologico per affrontare la crisi di consumi. Sono i temi dei convegni organizzati a Tuttofood 2011, che, grazie alla partnership con la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi della Confcommercio, ha scelto di offrire uno spazio privilegiato ai “consumi alimentari extradomestici”, settore che in Italia oggi rappresenta un valore aggiunto pari a circa il 4% del Pil nazionale. Si partirà domenica 8 maggio con un incontro dal titolo “Il bar nel 2011: opportunità e minacce per i gestori” al quale seguirà un dibattito promosso da Fipe con i propri associati sul valore aggiunto che il pubblico esercizio assicura al turismo. Due anche gli incontri un programma il 9 maggio: un primo meeting sulle conseguenze della globalizzazione gastronomica nel sistema della ristorazione italiana e un secondo appuntamento imperniato sull’analisi delle evoluzioni dei locali serali e notturni Martedì 10 maggio, invece, la tavola rotonda sulla tematica “Assortimenti: criticità e opportunità” vedrà accademici e manager dell’industria e della distribuzione confrontarsi sulle misure più efficaci da adottare per fronteggiare il problema della stagnazione dei mercati.
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di Roberta Martinelli
“Così si diventa un provetto barman” Parla Boris Andreoletti, docente in diversi istituti di formazione.“La professione richiede passione, dedizione e una predisposizione al sacrificio”.“Spesso c’è improvvisazione, quando servirebbe una preparazione da arricchire costantemente”
I
l barman è una figura sempre richiesta e con l’arrivo della bella stagione lo è ancora di più. I locali cominciano ad attrezzarsi per il superlavoro dell’estate e le opportunità di lavorare con cocktail e miscelatore crescono. Anche nella nostra provincia. Ma come si diventa barman e quali caratteristiche servono? L’abbiamo chiesto a Boris Andreoletti - barman e docente per l’Accademia del Gusto, per il Cefos, per l’Accademia Italiana Maestri del Caffè e per diversi noti istituti alberghieri - relatore all’evento “Bergamo lavora” che si è tenuto nei giorni scorsi alle Due Torri di Stezzano.
«Se si desidera fare il barman puntualizza Andreoletti - la prima cosa da mettere in conto è quella di essere bendisposti a lavorare a contatto con la gente. È una professione dove la timidezza deve rimanere chiusa nel cassetto. Poi bisogna naturalmente essere preparati, conoscere a fondo ricette e tecniche». Può sembrare una banalità ma la verità è che trovare un buon cock– tail, anche nei locali più eleganti e di tendenza, non è così facile. «Non vale la pena nemmeno di presentarsi se non si sa cos’è una caipiroska. Invece in tanti si prop o n go n o c o m e baristi pur non
sapendo molto di questo lavoro: alla prima richiesta di un cocktail un po’ particolare restano smarriti» racconta Andreoletti. Il consiglio è quindi quello di seguire corsi, partecipare a fiere, fare concorsi e più esperienze possibili per distinguersi e imparare a dominare il meraviglioso mondo del beverage. «Il barman è una figura sempre richiesta, quelli bravi lo sono ancora di più. Certo non bisogna fermarsi al primo ostacolo, il lavoro non bussa alla porta. Bisogna avere iniziativa, essere motivati e sapersi presentare». A causa degli orari di lavoro, quella del barman è ancora una professione prevalentemente maschile. Ma anche le donne cominciano a interessarsi a questo mondo. «Ai corsi vedo molti ragazzi giovani, di età tra i 25-30 anni, motivati con voglia di imparare - dice Andreoletti -. Alcuni hanno già una passata esperienza e vogliono aumentare la loro preparazione, per altri si tratta di assecondare una passione nella speranza che magari un giorno possa diventare qualcosa di più». Le strade per lavorare come barman sono due: lavorare nei fine settimana, come fanno in molti, con la possibilità di guadagnare dai 70/80 euro fino ai 100-120 euro a serata, o dedicarsi a questo lavoro a tempo pieno. In questo caso lo stipendio base mensile si aggira sui 1.200-1.300 euro. Con l’esperienza, l’impegno e la bravura si può arrivare a guadagnare anche più di 2.000 euro al mese.
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IL PRODOTTO di Giordana Talamona
Non fate di tutti gli oli un fascio!
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ruttato, con sensazioni gustative che richiamano la mela e l’erba appena tagliata, oppure dolce con leggera persistenza, senza troppa aromaticità. Non stupisca questa terminologia che potrebbe trarre in inganno, qui il vino non c’entra assolutamente niente. Queste sono solo alcune delle caratteristiche organolettiche dell'olio extravergine d’oliva, una scoperta sensoriale che colpisce le papille gustative in un susseguirsi di percezioni nuove, differenti e inaspettate, soprattutto per chi si avvicina, per la prima volta, a questo tipo di degustazione. Una tecnica ancora poco nota che permette di abbinare cibo-olio al pari di quello che è previsto, concettualmente, per il vino.A guidarci in questo affascinante percorso sensoriale è Lucia Bozzano, enologa noché produttrice di extravergine bio nel Podere Alberese di Asciano, alle porte di Siena. Bozzano ha recentemente tenuto un corso sull'olio al Ristorante Day By Day di Muggiò, in provincia di Monza e Brianza. “Conoscere alcune semplici regole sull'abbinamento cibo/olio permette, in cucina, di esaltare le caratteristiche sensoriali di entrambi - spiega la produttrice - in un gioco di armonie ed equilibri che può arricchire al meglio la pietanza, fatto salvo naturalmente il gusto personale di ognuno”. Il nostro Paese è tra i più importanti produttori di olio extravergine d'oliva al mondo con i suoi 5.500 frantoi, concentrati principalmente nel sud, ed un patrimonio olivicolo di circa 238 milioni di piante. L'utilizzo dell'extravergine d'oliva sulle nostre tavole è aumentato notevolmente negli ultimi decenni, grazie al sostanziale miglioramento della qualità media di produzione e all'accresciuta conoscenza delle caratteristiche organolettiche delle diverse cultivar. Questo ne ha permesso un impiego più mirato in cucina, sia a crudo che nelle operazioni di rosolatura, nelle fritture, come nelle preparazioni dei prodotti da forno. “In cottura l'olio extravergine d'oliva è il grasso alimentare più appropriato - spiega Bozzano - perché è in grado di resistere in maniera ottimale alle molte reazioni esercitate dal calore che, innescandosi a carico della sostanza grassa, possono determinare la formazione di sostanze nocive per la salute”. L'olio extravergine d'oliva, dunque, non solo può accompagnarsi alle più svariate preparazioni, ma resiste maggiormente al calore, con un punto di fumo tra i 160-210 °C. Una prima indicazione di massima nelle affinità sensoriali olio-cibo può essere l'abbinamento per concordan-
Lucia Bozzano
za, quando l'olio accompagna il piatto per struttura ed aroma (un pesce al vapore con un delicato olio ligure, o un morbido olio della cultivar Gentile con delle carni bianche ai ferri), oppure per contrasto quando l'olio mitiga o esalta certe caratteristiche della pietanza (si pensi al sapore del radicchio accompagnato dalla tendenza dolce di un olio lombardo o a un potente olio toscano su una fetta di pane scipito). Un secondo orientamento nel gioco degli abbinamenti può essere la classificazione sensoriale degli oli italiani in base alla zona d'origine. “Gli oli settentrionali, in genere, sono dolci, di colore giallo paglierino con un tenue profumo di oliva e sentori di frutti. - spiega Bozzano -. Questi oli si abbinano molto bene ai piatti a base di pesce, nella preparazione di salse all'uovo, come la maionese, e per condire le insalate. L'olio prodotto nell'Italia centrale, come quello umbro, laziale e toscano, si presenta di colore verde, con aromi marcatamente fruttati e sentori di erbe. Si abbina molto bene alle carni crude e alla brace, alle zuppe della tradizione ed è ideale per condire le bruschette. Gli oli meridionali, in particolare quelli insulari, hanno un profumo di oliva con leggero aroma di erbe e ortaggi, in particolare carciofo e pomodoro. Sono adatti nella preparazione delle salse verdi, per condire le zuppe di legumi, le verdure cotte e gli arrosti di carne”. Seguendo questa macro distinzione, un criterio più preciso può venire dalle affinità regionali. “La cucina regionale si è sviluppata, nei secoli, in base a ciò che l'ambiente locale è stato in grado di offrire all'uomo - prosegue Bozzano -. È chiaro, pertanto, che l'abbinamento regionale tra pietanze e olio, possa aiutare il consumatore in una prima scelta orientativa. Infine, dopo aver assaporato alcuni abbinamenti consigliati, che affineranno olfatto e palato, sarà possibile sperimentare abbinamenti inconsueti e arditi che permetteranno di scoprire, non solo il proprio gusto personale, ma quanto sia ricco il mondo dell'olio extravergine d'oliva, per aromi, percezioni e caratteristiche sensoriali.
I CONSIGLI DELL’ESPERTA
Ogni regione ha i suoi cultivar che fanno dell’Italia un paese con una produzione di extravergine d’oliva dalle più svariate caratteristiche organilettiche. Ecco perché scegliere il prodotto giusto da abbinare ai piatti non sempre è facile. La produttrice Lucia Bozzano ci spiega i segreti per esaltare le portate e arrivare all’ impiego più mirato in cucina REGIONE
CARATTERISTICHE
ABBINAMENTI
Friuli Venezia Giulia
Delicati, con aromi fruttati e gusto sapido
Piatti a base di pesce, minestre, zuppe, carni bianche e arrosti
Trentino Alto Adige
Fini e delicati, armonici dai toni vegetali
Minestre d'orzo, frittelle di patate, trote bollite, baccalà mantecato
Lombardia
Delicati, con aroma tenue di oliva e sentori di frutti
Piatti a base di pesce, carni bianche, creme di verdura, formaggi a pasta molle, lumache in umido
Veneto
Sentori di carciofo ed erbe aromatiche, morbidi ed avvolgenti
Antipasti di pesce, insalate verdi, creme di verdure, asparagi, capesante, fiori di zucca fritti
Liguria
Delicati, con profumo gradevolmente fruttato
Pesto, maionese, pasticceria fine, pietanze a base di pesce
Emilia Romagna
Fruttati, rotondi e suadenti
Salse verdi, risotti, pinzimoni, brasati di coniglio, arrosti di pesce
Toscana
Fruttati, robusti
Zuppe di legumi, carne chianina alla brace, pappa col pomodoro, ribollita
Marche
Aromi di erbe fresche di campo arricchiti da toni morbidamente fruttati
Primi di verdure, minestre, carni alla brace
Umbria
Intensi, robusti
Ideali a crudo su carni rosse alla griglia, fagioli cannellini bolliti, bruschette, crostoni di pane integrale con salsa al tartufo
Lazio
Fini, delicatamente fruttati
Insalate di mare, pesci alla brace, zuppe di funghi, risotti, creme di verdura, minestre di zucca
Abruzzo
La varietà Dritta di Loreto ha un intenso aroma erbaceo. La varietà Gentile è morbida e armonica
Loreto: zuppe di legumi e arrosti. Gentile: antipasti di pesce e carni bianche ai ferri
Molise
Morbidi, gentili, profumi vegetali di media intensità
Formaggi stagionati, sgombri, baccalà
Campania
Fruttati, armonici, di media intensità, con sentori di erba fresca e note vegetali
Verdure cotte al vapore, insalate di rucola, zuppe, antipasti e primi di mare
Puglia
La varietà Coratina: intenso. Oli della zona settentrionale: armonici e delicati.
Coratina: arrosti di selvaggina, minestre di legumi. Zona settentrionale: insalate verdi e di mare, carni bianche, pesci alla griglia
Basilicata
Note vegetali di erba di campo
Paste asciutte al pomodoro, piatti a base di verdura e minestroni. Per il buon rapporto qualità-prezzo sono ideali in frittura
Sardegna
Note fruttate, rimandi floreali netti
Pesce bollito o alla griglia, zuppe di funghi, bolliti
Calabria
Morbidi ed armonici
Piatti a base di verdura, minestre di legumi, carni rosse alla griglia, brasati. Per la loro economicità sono ideali per le fritture
Sicilia
Note di pomodoro, buona fluidità e finezza
Antipasti di mare, grigliate di pesce, carni alla brace, piatti di verdure e zuppe
Buona Pasqua WUD PXVHL HL / H FODVVLFKH LQGDJLQL ³GL VWDJLRQH´ VXJOL VSRVWDPHQWL H OD VSHVD GHJOL LWDOLDQL QHO SHULRGR SDVTXDOH GLFRQR FKH TXHVW¶DQQR FRPSOLFL LO FDUR FDUEXUDQWL HG XQ¶DWWHQ]LR QH DO SRUWDIRJOL RUPDL FRQVXHWD WUD OH IDPLJOLH YLVWR LO SHUGXUD UH GHOO¶LQFHUWH]]D HFRQRPLFD VL SUHIHULVFH IHVWHJJLDUH YLFLQR FDVD 3RFR PDOH /H RSSRUWXQLWj FKH OD SURYLQFLD GL %HUJDPR RIIUH VLD LQ WHUPLQL GL JDVWURQRPLD VLD GL VYDJR VRQR LQWHUHV VDQWL H OH IHVWLYLWj SRVVRQR SHUFLz GLYHQWDUH XQ PRPHQWR LQ FXL ULODVVDUVL IDUH TXDOFRVD GL GLYHUVR R VFRSULUH TXHL WHVRUL DUWLVWLFL H FXOWXUDOL WURSSR VSHVVR GLPHQWLFDWL 3HUFKp QRQ GHFLGHUH DOORUD GL SUHQGHUVHOD FRPRGD H DQ]LFKp
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NEWS di Sergio Cotti
Orobica Pesca, dopo l’apertura a Capriate si rafforza la presenza in Lombardia Giovanni Cacciolo Molica:“A causa del terremoto in Giappone la gente ha paura di mangiare pesce. Ma è bene chiarire che quello è un paese importatore e che il pescato sulle nostre tavole arriva dall’Europa”
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rovare un equilibrio sull’altalena del mercato rischia, al giorno d’oggi, di diventare un’impresa, soprattutto per i commercianti costretti a fare i conti con il settore della ristorazione, ancora lontano dai livelli “pre-crisi”. Puntare anche sulla vendita al dettaglio, conquistare nuovi clienti e aree geografiche finora inesplorate: è questa la scommessa di Giovanni Cacciolo Molica, titolare di Orobica Pesca spa, azienda leader nella Bergamasca nel commercio del pesce (con cinque punti vendita al dettaglio e un cash&carry per ristoratori) e un centinaio tra dipendenti e collaboratori. Spiega Cacciolo:“Ho voluto aprire un nuovo negozio a Capriate San Gervasio, lo scorso dicembre, per rendere più solida la nostra azienda e aggredire la crisi che, inutile nasconderlo, ha avuto riflessi anche sulla ristorazione e sul consumo casalingo. Del resto è proprio nei momenti difficili che bisogna investire per tutelare l’azienda e i dipendenti. Il mio obiettivo è sempre stato quello di creare sicurezza nel domani e l’unico modo per farlo è dar vita a nuove opportunità sfruttando appieno il nostro potenziale. Questo ci ha portato a coinvolgere nuovi rappresentanti, non solo in provincia di Bergamo, ma anche a Lecco, Sondrio e Livigno, oltre a seguire direttamente grandi nomi della ristorazione d’Oltreoceano. Credo nello svilup-
22 Affari di Gola aprile 2011
Giovanni Cacciolo Molica
po e mantengo intatto l’obbligo morale verso i miei collaboratori. Se così non fosse, a 72 anni non continuerei ad alzarmi alle 3.30 tutte le mattine per fare i mercati”. Cacciolo parla di stabilità e di fiducia nel futuro, e anche questa è una bella sfida.“Oggi la gente non è tranquilla - spiega il titolare di Orobica Pesca - e di conseguenza consuma meno. Da qualche tempo era in atto una certa ripresa, poi il terremoto in Giappone ha riportato gli affari ai livelli di due anni fa. Tanti sono convinti che il pesce arrivi da lì, ma non è vero.Al contrario, il Giappone è un grande importatore”. Tonni, branzini, gamberi e tutti gli altri tipi di pesce presenti in gran-
di quantità sulle tavole dei bergamaschi provengono piuttosto dai Paesi del Mediterraneo, oppure da Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Irlanda. “Questo per quanto riguarda il pescato - precisa Cacciolo -. Il pesce allevato arriva soprattutto da Italia e Grecia. Oggi dobbiamo riconoscere che con gli allevamenti in mare aperto si è raggiunto un livello di qualità che sfiora la perfezione. A differenza del pescato, il pesce allevato risulta un po’ più grasso, ma è comunque buono. Si trovano soprattutto orate, branzini, gamberi ed ombrine, dai tre-quattrocento grammi fino ai due chili. La nostra cura come azienda è quella di verificare la serietà del produttore attraverso controlli chimici e microbiologici che effettuiamo in sede. Infine, lavoriamo anche con Ecuador e Thailandia, da dove proviene il prodotto congelato”. Non possiamo concludere, senza conoscere qual è il pesce che oggi fa tendenza. In un periodo di ristrettezze economiche, va bene assecondare il palato, ma non si può fare a meno di dare un occhio al portafoglio. E a giudicare dal rapporto qualità-prezzo, pare che sul tema non ci siano dubbi: “Consiglio di provare il gambero argentina congelato - spiega Cacciolo - di cui tre mesi fa in Sudamerica è stata fatta una pesca eccezionale, migliaia di tonnellate di gamberi non allevati. È molto buono e rispetto all’anno scorso costa la metà”.
Pramaggiore, al concorso premiati i vini del “Cipresso” prem Vini bergamaschi ancora in evidenza al concorso Pramaggiore (Venezia), appuntamento consodi Pr lidato che offre valutazioni di livello dal momenche punta su Commissioni d'assaggio formate to ch esclusivamente da enotecnici. All’ultima edizioesc ne, ne la 50esima, ancora premi per Il Cipresso di Scanzorosciate. L’azienda guidata da Angelica Sc Cuni si è aggiudicata l'Oscar d'argento regioC nale e i diplomi di Medaglia d'oro grazie a tre n vini: il Valcalepio rosso Doc Dionisio 2008, il v Valcalepio bianco Doc Melardo 2009 e il MoV scato di Scanzo Docg Serafino 2007. Medaglia sc d’oro anche all’azienda di Bonaldi-Cascina del d Bosco di Petosino di Sorisole, per il Valcalepio B rosso Doc 2008 e il Valcalepio bianco 2010 e ro all'azienda Sant'Egidio di Sotto il Monte per il al Valcalepio rosso Doc Ronco di Sera 2008. V
L’INDAGINE
Nella Gdo cresce la vendita dei vini di fascia alta Se le vendite di vino diminuiscono anche nei supermercati, che ne distribuiscono più del 60%, allora è necessaria una maggiore collaborazione tra cantine e catene distributive per affrontare le sfide del mercato. L’ampliamento degli assortimenti e la leva del prezzo e delle promozioni sembrano non essere più sufficienti. Le nuove proposte vanno dall’installazione nelle corsie dei supermercati di terminali touch screen che informino sul vino, all’introduzione della figura dell’esperto tra gli scaffali, alla realizzazione di piattaforme comuni tra piccole aziende agricole per poter entrare nella grande distribuzione. Questo è quanto emerso al Vinitaly nel corso della tavola rotonda “Dalla vigna allo scaffale”, organizzata da Veronafiere. La ricerca presentata dice che il vino confezionato (vino in bottiglia, da tavola e a denominazione d’origine, e vino in brik) scende dello 0,9% a volume rispetto al 2009; crescono le vendite delle bottiglie di vino a denominazione d’origine del 2,3% a volume ed aumentano ancora le vendite dello Spumante Italiano che cresce di 1,1% (se ci limitiamo al Metodo Classico la crescita è dell’1,7%) con lo champagne francese che cala del 5,2%. L’attenzione dei consumatori per i vini a denominazione d’origine, attirati anche dalle promozioni, è crescente: aumenta del 3,7% la fascia tra i 5 e i 6 euro; dell’1,4% la fascia tra i 3 e i 5 euro; dell’1,2% la fascia sotto i 3 euro (tutti a volume).
Affari di Gola aprile 2011 23
APPUNTAMENTI
IL 22 MAGGIO
Camminata tra i sapori dell’Alto Sebino È ormai un appuntamento classico per scoprire il paesaggio e i sapori dell’Alto Sebino. La camminata enogastronomica “Profumi di Collina” torna domenica 22 maggio sotto la regia della Pro Loco di Solto Collina, Fonteno e Riva di Solto con un percorso in cinque tappe che parte da Esmate con la colazione a base di miele e tisane di aziende locali, prosegue per l’aperitivo con vini e salumi della Bergamasca nella chiesa di San Defendente, scende alla Galleria del Bogn di Riva di Solto per un primo piatto lacustre, gli gnocchetti al ragù di persico, risale verso Fonteno (con la possibilità di utilizzare un servizio navetta) per un sostanzioso brasato alla maniera locale con polenta e formaggi di Vigolo per concludersi a Solto Collina con frutta di stagione e degustazione di dolci. Lungo l’itinerario è possibile prendersi una sosta assistendo alla rappresentazione di un quadro vivente, effettuare un tour gratuito in motonave o partecipare ad attività sportive e culturali, mentre i bambini possono cimentarsi in una cavalcata sui pony e sugli asini e divertirsi con l’animazione. La partenza avviene a gruppi di 100 persone ogni 15 minuti dalle 9. Il costo per gli adulti è di 20 euro. Acqua, bevande e vini sono compresi. Info: Pro Loco La Collina (tel. 348 0811402 – prolocolacollina@ rivadisolto.org).
FINO AL 26 MAGGIO
Dalmine, il giovedì cena con spettacolo A Dalmine sono tornati i “giovedì del buongusto” con la sesta edizione di “Piatto Forte”, la manifestazione promossa dagli assessorati alla Cultura e al Commercio che abbina tavola e spettacolo facendo diventare i locali palcoscenico di eventi. La rassegna, che si è aperta il 14 aprile al ristorante Al Faro, prosegue il 28 al ristorante Orchidea (che ospiterà il Trio Belcanto con un repertorio di brani d’opera, arie d’operetta e
canzoni napoletane), il 12 maggio alla trattoria Il Carroccio (dove è in programma lo spettacolo di prestidigitazione del mago Gigi 90) e si chiuderà il 26 alla trattoria Sole (con la musica popolare del gruppo corale Dalmine Folk).Tutti i locali hanno realizzato un apposito menù per la serata proposto all’interessante prezzo di 22 euro. Il pieghevole con i dettagli si può trovare sul sito del Comune: www.comune.dalmine.bg.it
7 E 8 MAGGIO
Sei itinerari per scoprire la Franciacorta a piedi
Si chiama Franciacortando la manifestazione che invita gli enoturisti ad abbandonare per un week end le automobili e ad esplorare a piedi il territorio del pregiato metodo classico. La propone la Strada del Franciacorta il 7 e 8 maggio. Sei gli itinerari previsti: cinque, ad anello e percorribili in mezza giornata, sono tracciati in altrettante differenti zone della Franciacorta, mentre il sesto, da affrontare in più giorni, parte da Brescia, arriva sul lago d’Iseo ed offre agli appassionati di trekking la possibilità di dormire lungo il percorso in agriturismo, albergo, bed & breakfast, villa antica o campeggio. Gli itinerari toccheranno cantine (dove saranno organizzate degustazioni e visite guidate), abbazie e santuari, dimore storiche e palazzi, vigneti dalle perfette geometrie, angoli di natura quali le Torbiere del Sebino, delicato ecosistema di acque e vegetazione palustre unica del suo genere in Europa. Senza dimenticare trattorie, ristoranti e osterie, laboratori artigiani e distillerie. Info: www.stradadelfranciacorta.it Amate anche l’arte? Ebbene, se visitate la mostra “Matisse. La seduzione di Michelangelo”, in corso a Brescia fino al 12 giugno, ricordate che il giovedì dalle 17 alle 20 potete brindare con un calice di Franciacorta offerto dal Consorzio. Basta presentare il biglietto d’ingresso alla caffetteria del Museo.
CARNE O PESCE?
Porchette di tutta Italia a confronto in piazza
Slow Fish, quest’anno fari puntati sui pescatori
Porchette a confronto per tre giorni (6, 7 e 8 maggio) nelle piazze e nelle strade di San Terenziano, borgo umbro nei pressi di Gualdo Cattaneo (Perugia) per la terza edizione di “Porchettiamo”. Nella “Piazza della Porchetta” ogni regione avrà una propria area, allestita con piccoli angoli di ristoro per il consumo dei panini, e potrà presentare le caratteristiche del proprio prodotto. Un’occasione per conoscere e scegliere tra le diverse tipologie, che si differenziano per ingredienti, sapore e spesso anche cottura.Tra le altre, saranno presenti porchette da Ariccia (Lazio), Monte San Savino (Toscana), Campli e Torrevecchia Teatina (Abruzzo), da varie zone delle Marche e dell’Umbria (con veri e propri Grand Cru come Grutti, Costano, Bevagna, Todi e Casalalta). La piazza principale ospiterà Casalalta anche l’Enoteca della Strada del Saanch grantino. Completano il programgran ma momenti di approfondimento, degustazioni, incontri, conditi da numerose attività collaterali e dalla gioiosa presenza di musicidal sti e aartisti di strada. www.porchettiamo.com Info: w
Dal 27 al 30 maggio torna alla Fiera di Genova Slow Fish, manifestazione internazionale a cadenza biennale dedicata al mondo ittico e agli ecosistemi acquatici, organizzata da Regione Liguria e Slow Food.Attraverso convegni, incontri, laboratori e degustazioni si affrontano temi legati alla produzione sostenibile di pesce e al consumo responsabile.Tema portante di questa quinta edizione è “Una specie in più: i pescatori” che accende i riflettori sugli uomini, su com’era la pesca artigianale e su come si è modernizzata, come si relaziona con il mondo e con la globalizzazione. Ricca la sezione espositiva con il Mercato, in cui è possibile trovare pesce fresco e conservato, olio, spezie, sale, alghe e derivati e i Presìdi del mare, esempi concreti di come i pescatori possano vivere in sintonia con l’ecosistema. Ci sono poi i Laboratori dell’acqua e, come in tutte le manifestazioni Slow Food, le degustazioni guidate dei Laboratori del Gusto e i grandi chef dei Teatri del Gusto. Ma la cultura si fa anche a tavola, ecco dunque le Osterie del Mare, le Cucine di strada e i Panini d’Amare, per scoprire le specialità gastronomiche dei più svariati territori, in abbinamento ai vini dell’Enoteca. Il programma completo su www.slowfish.it p
IN VENETO
L’asparago di Bassano protagonista in 80 ristoranti La tradizione vuole che l’asparago sia buono dal 19 marzo, giorno di San Giuseppe, fino al 13 giugno, giorno di Sant’Antonio. È perciò tra queste due date che si dispiega “Asparagi & Vespaiolo” la rassegna promossa da ormai 31 edizioni dal Gruppo Ristoratori Bassanesi che rende omaggio al principe degli ortaggi del territorio, l’Asparago Bianco di Bassano (Dop dal 2007) in abbinamento al vino Vespaiolo, grazie alla collaborazione con il Consorzio Doc Breganze. Sono 22 sono i ristoratori bassanesi protagonisti e, per la prima volta quest’anno, ciascun partecipante non solo garantirà il classico e apprezzato menù degustazione per tutti i giorni della rassegna ma sarà impegnato anche in una
personalissima serata enogastronomica. gastronomica. Si è inoltre rinnovata la sinergia rgia con i ristoratori Confcommercio della lla Provincia di Vicenza che proporranno,, anch’essi fino al 13 giugno, tre piatti dii degustazione dell’Asparago Bianco di Bassano. assano. Saranno perciò oltre 80 i locali bassanesi sanesi e non, in cui si potrà trovare il bianco co turione. La rassegna è accompagnata da altre iniziative che si possono trovare, rovare, così come l’elenco dei ristorantoranti e delle serate, sul sito www.riww.ristorantibassano.com
ldobbiadene “Vino in Villa”, il Festival del Conegliano Valdobbiadene Spingendosi in provincia di Treviso il terzo week end di maggio (dal 21 al 23) ci si può imbattere invece in “Vino in Villa”, 14esima edizione del Festival internazionale del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, il più importante appuntamento annuale dedicato a questo vino, organizzato dal Consorzio di Tutela nel cuore dell’area di produzione e nella bella cornice del Castello di San Salvatore di Susegana, risalente al XII secolo. Durante la manifestazione circa cento produttori presentano personalmente al pubblico i vini dell’ultima vendemmia. Il programma prevede poi seminari, incontri con gli esperti, degustazioni di approfondimento. Info: www.prosecco.it
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ABBINAMENTI di Leo Bartoli
Formaggi e confetture, q Parla PPaola Calciolari, un’esperta alla quale abbiamo chiesto come si realizza e si centra un “matrimonio” di gusto. PPerché se l’equilibrio è imperfetto l’assaggio è rovinato
Paola Calciolari
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i abbinamenti tra grandi formaggi e l’esercito di confetture, composte, gelatine, mieli e mostarde che oggi presidiano il mercato spesso si parla a sproposito o senza grandi competenze. C’è chi, all’interno di vinerie ed enoteche, si ferma al paio di combinazioni base (una è l’immancabile e un po’ banale miele di castagno) e c’è chi vuole strafare proponendo abbinate che stravolgono completamente il gusto di un grande cru caseario. Eppure la moda del momento impone che un locale che si rispetti disponga sempre di una buona scorta di confetture con cui avventurarsi
in “sposalizi” il più delle volte arditi, se non improbabili, con i formaggi del territorio. Per questo motivo abbiamo chiesto lumi a una vera esperta in materia: Paola Calciolari, fondatrice de Le Tamerici di Bagnolo San Vito nel Mantovano (l’azienda compie quest’anno vent’anni), una delle aziende leader in Italia proprio nell’abbinamento confetture-formaggi, ha alle spalle un percorso originale. Seppur grande esperta di gusti e aromi che prendono il "la" dalle sue molteplici creazioni, per specializzarsi in questo tipo di accoppiate, ha cominciato a studiare in maniera rigorosa il mondo dei formaggi, iscrivendosi a un corso Onaf (Associazione nazionale assaggiatori di Formaggi). Paola ha analizzato tutte le sfumature possibili per poter essere in grado di offrire ai pregiati caci un contraltare di materie prime freschissime a base di frutta o verdura. Perché, anche se in purezza ci può essere un ottimo formaggio e una grande mostarda o confettura, se si sbaglia equilibrio,
ECCO GLI ABBINAMENTI COI “DOP” DELLA BERGAMASCA
Grana Padano Dop - Pera Vaniglia La dolcezza della pera e l’aroma del grana padano sono in un equilibrio perfetto di acidità, sapidità e dolcezza complice l’aroma e il profumo della vaniglia. Le note di frutta secca,di burro e di brodo di carne del formaggio si fondono con la pera mentre la pasta finemente granulosa del formaggio si completa con la grana della frutta. Con un grana padano più stagionato perfetto è pure l’abbinamento con una mostarda di mele campanine. Questo è un abbinamento di territorio, infatti questa mele è coltivata solo a Mantova ed è “quella mostarda “ dei tortelli di zucca. In questo caso il piccante della senape si lega con il piccante del formaggio.
Taleggio dop - Composta di amarene all’aceto balsamico In questo abbinamento il sapore dolce acido del formaggio si sposa con la dolcezza dell’amarena, rafforzata dalle note acido-dolci dell’aceto balsamico. La consistenza in bocca dell’amarena intera è in contrasto alla consistenza della pasta del taleggio elastica e compatta: così i due cibi si fondono in bocca piacevolmente.
Provolone Valpadana Dop - Cipolla Rossa Pr Il provolone ha un sapore pronunciato e piccante, se la stagionatura è avanzata le sensazioni di sapidtà, succulenza, tendenza al dolce si sposano bene con la dolcezza e il gusto intenso della cipolla. La fibrosità della c cipolla si accompagna durante la masticazione alla compatezza della pasta del formaggio. c
Gorgonzola dop - Confettura di fico nero Il sapore dolce piccante si sposa bene con il fico che ha caratteristiche di dolcezza e sentori erbacei. La burrosità del formaggio si sposa perfettamente con la cremosità della confettura. Se si dovesse osare, poi, un gorgonzola naturale stagionato almeno 90 giorni lo potremmo degustare con prugne e tè affumicato. Qui la fermentazione del tè conferisce il sapore di terra bagnata che si ritrova nelle muffe tipiche del gorgonzola. L’aroma del formaggio e quella dell’affumicatura si mescolano, smussando l’eccesso di sapidità e piccantezza lasciando un palato pulito.
26 Affari di Gola aprile 2011
questione di feeling si rischia solo di rovinare l’assaggio complessivo. Dalla sua posizione di esperta consolidata (i suoi prodotti sono utilizzati anche in molti locali della provincia di Bergamo), abbiamo quindi chiesto a Paola qualche consiglio sugli abbinamenti per i grandi formaggi Dop bergamaschi. “Nel valutare un abbinamento - spiega Calciolari - tengo sempre conto della tattilità in bocca (consistenza) della composta, delle caratteristiche della frutta di base e del colore, che in un piatto è fondamentale. Nel nostro settore esistono tre categorie di prodotti: confetture, gelatine, mostarde, oltre al classico miele. Come premessa occorre prestare attenzione ad utilizzare mostarde mediamente piccanti perché il sapore della senape potrebbe essere troppo invadente rispetto al formaggio. L’utilizzo delle gelatine di frutta o vino le consiglio invece per formaggi la cui pasta è molle o semidura perché le consistenze in bocca devono essere simili .La struttura della gelatina è molto debole e non può essere sovrastata dal fomaggio. Infine in un abbinamento di due cibi si deve sempre tenere presente sia la componente organolettica (sapori, profumi, colori) che quella della tattilità fattore che non esiste per un vino. C’è poi una componente soggettiva, nel senso che un abbinamento formaggi-confetture può essere fatto sia per contrasto che per similitudine”.
Lo specialista dal 1920... Oltre 100
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e inoltre... Gastronomia e salumi di qualità
Formai De Mut Dop - Zucca e Zenzero La consistenza compatta della pasta del formaggio si fonde con la morbidezza della composta di zucca. La dolcezza dolcez della zucca attenua i sentori amari del formaggio mentre lo zenzero conferisce freschezforma form za z e aromaticità con una note di piccante. Sarebbe interessante provarlo pure con Albicocrre cca e Menta.
Quartirolo Dop - Pomodoro Rosso
Solo formaggi con tanta passione ed esperienza
Formaggio aromatico con leggero sapore acidulo, il medesimo che troviamo nella confettura di pomodoro rosso. Questa composta ha note dolci leggermente acide. La pasta gessosa, morbida e friabile del formaggio si fonde con la consistenza fibrosa ma delicata del pomodoro.
Bitto Storico Dop - Arancia Amara Formaggio con caratteristiche di succulenza e leggera aromaticità, talvolta con retrogusti amari che provocano maggiore salivazione. Sposarlo con una composta di p arancia amara ricca di scorza è un bel contrantrasto di dolce-amaro-salato. Si ha per entrambi una lunga masticazione e persistenza di aromaticità in bocca.
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IDEE VERDI di Anna Facci
In tavola germogliano nuovi sapori Nella ristorazione e in casa cresce l’interesse per i germogli. Freschi e dal gusto ben definito, sono scelti per dare un tocco di novità ai piatti, ma anche per le proprietà nutritive. Se ne trovano di tutti i tipi e si possono fare anche da sé. Dall’Oriente le varietà più insolite
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uelli di soia, alfa alfa e crescione sono i più conosciuti e facili da trovare, ma da tutti i semi di cereali, legumi e orticoli si ottengono germogli, con i quali è possibile dare un tocco in più in cucina. Chef e consumatori se ne sono accorti, supportati da fornitori che ben assecondano la costante ricerca del “qualcosa di nuovo” ma anche l’attenzione a quanto può far bene ed è naturale.
Moda o convinzione alimentare, tocco decorativo o ingrediente, i germogli sono in effetti un concentrato di proprietà nutritive e di sapore. Queste prime espressioni di vita del mondo vegetale contengono spesso amplificato il gusto di ciò che la natura ha scritto nel loro Dna, sono croccanti e freschi, mentre dal punto di vista nutrizionale durante il processo di germinazione, che deve dare alla pianta la “forza” per attecchire e
svilupparsi, si incrementa di molto la quantità di proteine, rese più digeribili dall’azione degli enzimi, gli amidi si modificano in zuccheri più semplici, i grassi producono steroli, aumentano anche vitamine e sali minerali. «I germogli sono nel nostro listino da sei anni – racconta Roberto Gigatti, commerciale di Selecta, fornitore di alimenti selezionati per l’alta ristorazione – e oggi nei ristoranti che serviamo in
LO CHEF
Crippa: «Li coltiviamo nella terra, così sono più buoni» Quella di Enrico Crippa al ristorante Piazza Duomo di Alba, due stelle Michelin, è una cucina con un forte accento vegetale che ha il proprio punto di forza in una
Enrico Crippa, bi-stellato chef del ristorante Piazza Duomo di Alba
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cascina con orto biologico e biodinamico curato in proprio. Qui anche i germogli hanno un proprio spazio e non per finire nel piatto come pura chicca decorativa o suggestione stagionale, dato che lo chef ed i suoi collaboratori si sono dati da fare per trovare il metodo di coltivazione in grado di dare i migliori risultati al palato. «Avevamo cominciato facendo germinare i semi nella classica bambagia – racconta Crippa -, poi siamo passati alla terra che ci dà prodotti molto più buoni. Li coltiviamo tutto l’anno in piccole vaschette, in inverno con l’aiuto di una lampada, in primavera in serra e d’estate all’aperto. Lasciamo i semi in acqua per 24 ore e poi li trasferiamo in terra, dove con le giuste condizioni sono pronti in 4-5 giorni. Il vantaggio della produzione in proprio è che si raccoglie in base alle esigenze: i germogli, ma anche le altre verdure, quindi, non vengono conservati in frigorifero e questo che fa sì che si mantengano colorati, lucenti, croccanti e saporiti». L’interesse di Crippa per i germogli ha radici nella sua esperienza di cucina in Giappone, dove han-
Bergamasca possiamo dire che almeno una cassettina non manca mai». L’azienda distribuisce i prodotti dell’olandese Koppert Cress, specializzata nella ricerca di ingredienti innovativi, che offre un bouquet di germogli spesso insoliti, attingendo per lo più all’Oriente come con i giapponesi daikon, sapore ravanello, e shiso, tra basilico, menta e anice, o il cinese sechuan, dal gusto definito frizzante ed “elettrico”. «Sono seminati in uno strumento di fibre naturali che ne garantisce l’igienicità e fatti crescere con protezione biologica – spiega Gigatti -. Confezionati in piccole vaschette, si conservano per una decina di giorni e si raccolgono al momento dell’utilizzo tagliandoli con le forbici. In pratica è come avere un piccolo orto a disposizione in cucina. Le varietà più richieste sono la salicornia e lo shiso, molto apprezzate sono poi le confezioni mix che propongono piccole quantità diverse. Hanno sapori ben definiti, sono freschi e sono richiesti soprattutto per dare una nota di novità ai piatti». «La ricerca
in questo campo - aggiunge - va persino oltre e si estende ad altre cosiddette “microverdure”, come la foglia d’ostrica, che nel sapore ricorda proprio il pregiato bivalve, o la ficoide glaciale, polposa, croccante e dal gusto acidulo molto rinfrescante». Senza lanciarsi verso orizzonti troppo arditi, i germogli si possono trovare anche dal fruttivendolo. «Quelli di soia ci sono quasi dappertutto – dice il presidente dei fruttivendoli Ascom, Livio Bresciani – e in diverse varietà, da fini a medi a più grossi, ma i negozi più attenti alle tendenze propongono o riescono a procurare con facilità anche quelli di porro, cipolla, barbabietola, grano, girasole o lenticchie. Ultimamente c’è richiesta per quelli di cavolo e broccolo di cui si parla spesso per le proprietà salutistiche. L’interesse è in crescita, i germogli sono usati per lo più crudi nelle insalate o come decoro, mentre quelli di soia vengono anche cotti, ad esempio nella frittata». Nei negozi specializzati nel biologico oltre ai germogli già pronti
no un forte valore filosofico e simbolico. «Sono il primo passaggio nella vita dei vegetali – spiega -, come il latte e l’uovo per il mondo animale, ugualmente centrali nella cultura alimentare orientale.Anche in considerazione di questo valore cerchiamo di utilizzarli in modo sensato nei nostri piatti. Ad esempio proponiamo un merluzzo con i primi piselli accompagnato da gelatina di pomodoro e germogli di pisello, che danno la sensazione di un tenerissimo baccello crudo, o un rognoncino di coniglio alla senape con germogli di senape. I germogli hanno una forte potenza gustativa – precisa – e l’utilizzo deve essere ben ponderato perché diversamente potrebbero rovinare, anche solo per un momento, il boccone». Germogli di rucola, crescione, rapanello, piselli, fieno greco, lenticchie, ceci, carota, prezzemolo, fagioli mungo, amaranto, daikon e di shiso (erba giapponese con un sapore che ricorda basilico, menta e limone) sono quelli che con più frequenza spuntano nella cascina del ristorante Piazza Duomo. «Offrono un’ampia tonalità di sapori ed aromi – ricorda - dal piccante all’amaro, al sapido, a quello più delicato e possono essere inseriti in piatti e salse a seconda della logica di cucina. I germogli di girasole, ad esempio, nella prima settima-
si possono acquistare semi e germogliatori per fare da sé, accentuando il concetto del consumo a chilometro zero. Da NaturaSì, in via Borgo Palazzo, assicurano che è semplicissimo. Il seme germoglia in un ambiente umido ma non deve restare “a mollo” e ciò si può fare semplicemente ponendoli sopra una garza che permette di far defluire l’acqua dopo “l’annaffiatura”. Per facilitare le operazioni esistono germogliatori in plastica o in coccio. Sono pronti in circa una settimana, chi invece non vuole aspettare può scegliere tra alfa alfa, soia, rucola, ravanello, senape, grano saraceno, trifoglio e mix proposti in vaschette come gli altri prodotti di quarta gamma.
na di vita hanno una carnosità che si può ben abbinare con uno scampo o una capasanta cruda, mentre quelli di rucola li abbiamo messi anche in un dolce, fatto con Pan di Spagna alla bietola, semifreddo di cocco, meringhe di bietola e tè verde». Naturalmente c’è quello che è quasi un emblema dello chef le insalate 21, 31, 41 e 51, dove il numero indica il totale delle verdure utilizzate, e, che sale man mano la stagione si fa più generosa, e dove ove sono presenti anche tutti i germogli. «Qualcuno ci dice che abbiamo scelto di fare l’orto per risparmiare. re. In realtà – avverte Crippa – l’impegno richiesto è notevole, otevole, basti pensare che da noi c’è una persona chee se ne occupa ogni giorno. E poi sono i ritmi della natura atura a comandare, il brutto tempo può mettere in difficoltà fficoltà così come il troppo caldo». Quando poi spiegaa che dopo cinque anni di cura secondo metodi etodi naturali e biodinamici «la terra è davvero differente e sembra viva» o racconta «la magia di metter giù i semi emi ed aspettare» il cerchio si chiude. e. «È soprattutto un lavoro che fai per te – conclude – e cerchi di farlo capire».
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IL RISTORANTE di Lelia Parisi
“Via Vai”, se la tradizione perde un po’ lo smalto Il locale di Ripalta, celebrato dalle guide e regno della cucina cremasca, sembra aver ridotto la spinta propulsiva rispetto al passato. Nella nostra visita diversi i piatti di punta assenti dalla carta. Un peccato perchè la stoffa c’è
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l giudizio delle guide più recenti è netto come una sentenza: il Via Vai di Ripalta è un degno rappresentante della migliore cucina cremasca, uno scrigno di cose buone, sane e goderecce, insomma, da ingolosire alla sola lettura. Incuriositi da cotanta generosa descrizione e dalle entusiastiche recensioni di nomi altisonanti (a dir la verità la più recente è del 2001, ma la gestione è identica dal 1985) riportate sul sito della trattoria, ci portiamo sulla rotta di questo supposto eden della cucina cremasca. Tutto superlativo, “trionfale” oca con le verze, i tortelli cremaschi “capolavori di secolare memoria”, “sapido” riso giallo con ragù di codini di maiale. Una cucina che dipinge un territorio cremasco arcaico e sornione, tutto dedito alla terra, fremente sotto una coltre in apparenza quieta. Un territorio regno dell’oca in tutte le sue inimmaginabili versioni, dei tortelli, degli stracotti di manzo, del salva e dei salumi nostrani. Già sognanti l’intensità succosa di sapori grezzi e ruspanti, il rullar di piatti rustici ad accoglierci, scoviamo facilmente il “piccolo tempio” della ristorazione cremasca all’angolo della piazzetta di Bolzone, uno di quegli immutabili borghi di campagna sospesi nel tempo, l’atmosfera da Amarcord felliniano. Accomodatici nell’unica grande sala, ci troviamo in mano un menù quasi monotematico, ruotante per buona parte intorno al coniglio. Ravioli di coniglio e asparagi, tonno di coniglio con verdure marinate, coniglio al forno con
AMBIENTE
7,5/10
IL GIUDIZIO
Semplice, curato, risente dell’impianto originario, quando era sede della vecchia trattoria di paese, che i fratelli Fagioli rilevarono nel 1985, sottoponendola a un restauro soft che ne ha mantenuto la struttura e preservato alcuni significativi dettagli, come il bancone, gli specchi e i tavoli. Il locale ospita in un’unica sala 35 coperti, a cui se ne aggiungono, nella bella stagione, altri 20 nel cortile interno sotto il pergolato.
CUCINA
21/30
È quella del Via Vai una cucina tradizionale cremasca rivisitata e alleggerita, che ruota intorno a piatti d’antan legati al territorio, come le varie versioni dell’oca, che nel cremasco ha un’antichissima tradizione. Molto presente anche il maiale in piatti poveri ma ancora saldi nella memoria, come il risotto giallo con ragù di codini, o la zuppa dei morti, con salamini e fagioli con l’occhio. Ottimo il salame nostrano. In tavola dominano l’onnipresente coniglio, su cui si scatena la fantasia del Via Vai,
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patate. Certo, sulla nostranità non si discute, gli animali da cortile al Via Vai sono tutti a km zero: ma per chi non amasse le carni di questo animale? Dei tanto decantati tortelli, che non dovrebbero mai mancare in un locale che deve loro parte della sua fortuna, sulla carta neppure l’ombra. “Se li volete basta che li ordiniate un paio di giorni prima”, ci risponde, interpellato in seguito, Marco Fagioli, il fratello che opera in sala (l’altro fratello, Stefano, è ai fornelli). Certo, la loro elaborazione è complessa, con un ripieno che richiede amaretti, cacao, uvetta sultanina, cedro candito, mostaccini sbriciolati, mentine, sambuca, pangrattato, uovo e parmigiano. E, soprattutto, tempo. E forse il tempo è proprio quello che scarseggia, qui a Bolzone. Il viavai è diventato un andirivieni senza sosta, facendo perdere la sua efficacia a una cucina che reclama la lentezza, la pensosità, le basse frequenze. La preferenza dello chef sembra infatti andare a piatti un po’ più spediti e meno complessi. Anche il tanto incensato paté di fegato grasso d’oca, venduto in vasetti da 200 grammi, si è dileguato.“Lo abbiamo sempre, quando siete stati da noi eravamo rimasti senza”- si giustifica Marco. E pure l’oca che già pregustavamo con le verze o brasata o in terrina, fa solo un timido capolino.“L’oca la proponiamo in autunno e inverno” - sentenzia Marco. Anche qui ci è andata male: siamo arrivati ai primi di marzo! Ma forse la spiegazione di queste piccole defaillance è molto più e animali da cortile come la faraona e l’anatra, servita arrostita (petto d’anatra) e nei ravioli.
CANTINA
12/20
Assente la carta dei vini, elencata a voce dal patron che vi chiederà le caratteristiche del vino desiderato per poi indicarvi quelli che le soddisfano, citando opportunamente i prezzi a bottiglia. Sono circa 120 le etichette in cantina, con annate storiche a partire dal 1985 e 1989, per lo più Brunelli, Barbareschi, Baroli, Borgogna. Disponibile il servizio al bicchiere. Ricarichi nella media.
COMPETENZA
8/10
Edotti nell’arte gastronomica dalla ex titolare della vecchia trattoria, Clementina, classe 1915, Marco e Stefano Fagioli, già figli d’arte (bisnonno e nonno gestivano il ristorante Sole nel centro di Crema e madre e zia avevano proseguito l’attività per qualche tempo) apprendono ben presto le tecniche di cucina e i segreti
semplice. L’ispirazione, la forza di volontà, la tenacia, la voglia di arrivare hanno sostenuto e premiato questi due fratelli, che appena trentenni, nel 1985, hanno rilevato la vecchia trattoria di paese facendone, in pochi anni, un piccolo avamposto della più schietta cucina padana. Ora probabilmente questa carica propulsiva si è un po’ esaurita e si avverte una certa rilassatezza che toglie ai piatti la loro capacità di vibrare. Peccato, la stoffa non manca, la motivazione langue un po’. Reperti dell’originaria cucina, però, resistono ancora qua e là. Dell’oca leggendaria del Via Vai restano, nel menù attuale, l’ottimo petto affumicato servito a fettine con il paté della casa e la scaloppa di fegato grasso d’oca alla cremasca con polenta (magari da servire un po’ meno al sangue e mondata dei nervetti). Resistono lo sformatino di spinaci con fonduta di Salva. I ravioli di erbette anch’esse a km zero, asparagi e crema di asparagi, il cosciotto di agnello, il controfiletto di manzo con radicchio saltato e tutte le variazioni sul coniglio (buono il “tonno” con verdure marinate). Capitolo prezzi: siamo sui 40 euro circa per un pasto completo, vini esclusi. Marco e Stefano Fagioli
TRATTORIA VIA VAI - via Libertà 18 Bolzone di Ripalta Cremasca (Cr) tel. 0373 268232 Chiuso martedì, mercoledì e a pranzo, esclusa la domenica di antiche ricette cremasche.A ciò si aggiunge la fortuna di operare in un luogo ricco di giacimenti gastronomici, che bisogna solo saper sfruttare. Proprio in zona operano un ottimo norcino e un piccolo caseificio che produce il salva cremasco, da cui i Fagioli si riforniscono. Materie prime utilizzate quasi tutte a km zero, inclusi gli ortaggi, mentre le carni bovine provengono dalla macelleria Cazzamali di Romanengo. Alcune delle ricette storiche compaiono più raramente a menù, ma figurano nelle serate a tema. L’impressione è che la preferenza si indirizzi piuttosto a piatti più semplici e veloci.
SERVIZIO
8,5/10
Abbastanza efficiente, solo a tratti un po’ lento. Svolto da Marco, che si giova dell’aiuto di alcune giovani scattanti.
RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO
8/10
Discreto. Il rapporto qualità/prezzo si colloca nella media di locali analoghi. p.s.
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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci
Vecchio Forno, avanti i giovani Dallo scorso ottobre è la seconda generazione della famiglia Esposito a mandare avanti il locale a Redona. Michele in cucina, Giuliano alle pizze e Lorenzo in sala: i tre cugini si sono divisi i compiti e hanno puntato anche su menù di mezzogiorno e a tema
S
emplificando possiamo chiamarli i cugini Esposito visto che rappresentano la continuazione della tradizione di una famiglia che venuta dalla Calabria nel 1977 ha sempre operato nel settore della ristorazione nella nostra provincia, prima allo Ianus di Torre Boldone, poi ai Tigli in via Corridoni e dall’87 al Vecchio Forno, al numero 17 di via delle Giudicarie, laterale di via Radini Tedeschi che a sua volta si affaccia su via Coridoni, in città. Calabresi cavalieri dell’ordine della Polenta, Domenico, Antonio, Franca, Giuseppina e Raffaella sono gli Esposito che hanno aperto la pista oltre trent’anni fa. Michele, 25 anni, Giuliano, 41, e Lorenzo, 25, sono invece i protagonisti di oggi. Solo Lorenzo, per essere precisi, è Esposito, in quanto figlio di Antonio, mentre Michele e Giuliano, discendenti dal ramo femminile della famiglia, fanno rispettivamente Piazzalunga e Ceruti di cognome. Una rinfrescatina ai muri in un complesso già gradevole ed accogliente - dove sono ben conservate e valorizzate le bocche di un vecchio forno per il pane -, ed ecco che da ottobre dello scorso anno sono loro a mandare avanti il locale, che con i suoi quasi 25 anni di attività si può anche definire “storico”. L’assortimento è perfetto. Giuliano fa il pizzaiolo da una vita nei locali di famiglia, Michele è chef, ha frequentato l’alberghiero e girato tutta Europa anche
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in locali di grande livello, Lorenzo ha gestito un locale in provincia e si trova a suo pieno agio in sala. «Una delle prima cose che abbiamo fatto – racconta Lorenzo – è stato il menù fisso a mezzogiorno. I nostri genitori non lo facevano. A noi sta dando delle grosse soddisfazioni al punto che contiamo di poter aprire anche al mercoledì che attualmente è il nostro giorno di riposo. Per il resto abbiamo mantenuto la tradizione classica affinata magari con qualcosa di più moderno ma senza esagerare. Cambiamo spesso i menù e seguiamo molto la stagionalità. Tutta la pasta è fatta in casa compresa quella
ripiena e teniamo sempre d’occhio la scelta delle materie prime. Da buoni meridionali d’origine il pesce non manca ma facciamo anche i casoncelli alla bergamasca. È un mix che funziona. Ritengo che i prezzi siano abbordabili ed abbiamo una buona selezione di vini. Uniamo il nostro entusiasmo alla tradizione e vogliamo raccoglierne i frutti».
LA PROVA
Fantasia nei primi mi Anche nel menù a prezzo fisso di mezzogiorno la mano non banale in cucina si coglie immediatamente. Le proposte non sono eccessive in termini numerici, tre primi e tre secondi, ma c’è una buona ricerca soprattutto nei primi piatti. Rigatoni fave e pancetta, spaghetti alla siciliana - quindi con capperi, acciughe, olive e pane fritto -, farfalle tiepide con rucola, pomodorini, mais e mozzarella le scelte nel giorno della nostra visita. Spiedini di carne, pe-
sce vela alla piastra e scaloppine al limone le proposte invece per i secondi. Insalata verde o mista e verdure cotte per contorno. Spaghetti alla siciliana, spiedini di carne e verdure cotte hanno composto il nostro menù, molto apprezzabile anche in relazione al costo. Due fondamentalmente le soluzioni: un primo o un secondo per 10 euro, un primo e un secondo per 13 euro. In tutte le combinazioni sono previsti contorno, vino, acqua e caffè.
Nella foto: da sinistra Michele Piazzalunga, Lorenzo Esposito e Giuliano Ceruti
L’INIZIATIVA
Fino a luglio si può “viaggiare” nelle cucine regionali Più che citare i piatti che spiccano nella carta del Vecchio Forno, per cogliere lo spirito che anima i tre baldi giovanotti che lo gestiscono conviene sottolineare un’iniziativa che sta incontrando un buon successo.“Riscopri i sapori tradizionali del Bel Paese” è il titolo e, evidentemente, anche il programma, che non si limita al solo aspetto gastronomico ma in collaborazione con un’agenzia viaggi propone anche le visite alle località delle quali sono state proposte le specialità tradizionali della cucina. «È un’iniziativa che vuol far conoscere o riscoprire i sapori tipici della tradizione nella varie regioni italiane – racconta lo chef Michele Piazzalunga -. Si tratta di piatti a volte snobbati e volte sottovalutati, noi li riproponiamo seguendo le ricette originali, senza stravolgimenti». Gli appuntamenti sono iniziati alla fine di gennaio e, una settimana sì e una no, vengono proposte contemporaneamente due regioni: si può seguire il menù di una sola regione o alternare i piatti a piacere. Le “coppie” sinora proposte sono state:Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto, Liguria ed Emilia Romagna,Toscana e Marche. Dal 2 al 6 maggio sarà la volta di Lazio e Umbria, dal 16 al 20 maggio di Abruzzo e Molise, dal 6 al 10 giugno di Campania e Calabria, dal 20 al 24 giugno di Basilicata e Puglia con la settimana conclusiva dal 4 all’8 luglio dedicata alle isole e quindi Sicilia e Sardegna. Di ogni piatto viene fornita una descrizione riguardante sia le origini sia gli ingredienti con qualche nota sulla preparazione. I prezzi sono più che abbordabili. E poi si può fare anche un giochetto con la certezza di azzeccarli più o meno tutti. Siamo proprio nel classico che più classico non si può della cucina regionale: la Lombardia? Bresaola, risotto con le punte di asparagi e osso buco. Il Veneto? Cappesante alla veneta e baccalà mantecato, bigoi con ragù d’anatra e funghi porcini, fegato alla veneta. E per il Piemonte potevano mancare la bagna cauda, gli agnolotti ed il bollito llito misto? O gli spatzle allo speck dall’Alto o Adige? Per questa iniziativa i ragazzi del Vecchio Forno orno non si sono lasciati mancare are proprio niente.
RISTORANTE PIZZERIA VECCHIO FORNO via Delle Giudicarie 17 - Bergamo tel. 035 343325 - chiuso il mercoledì Affari di Gola aprile 2011 33
Associazione Cuochi Bergamaschi, rinnovati il Direttivo e le strategie Nuovo presidente è Roberto Benussi, della “Bussola” di Clusone
L'
Associazione Cuochi Bergamaschi ha rinnovato il suo Direttivo, insediatosi ufficialmente nel corso dell’assemblea generale, svoltasi il 12 aprile scorso nella sede della Saps di Lallio, il centro studi per gli strumenti di cottura delle Pentole Agnelli. Roberto Benussi, chef patron del ristorante La Bussola di Clusone, è stato nominato presidente dell’Associazione Acb. Al suo fianco, nel ruolo di vicepresidente, Santo Manetta del Sorriso di Curno. Sono stati nominati consiglieri Gaetano Verri, Giuseppe Lavelli, Fabio de Paul, Antonio Cuomo, Giorgio Sarinelli, Gianfranco Lazzaroni, Fabio Sanga e Fabrizio Camer. Segretario dell’Acb sarà Raffaele Auriemma; ha ricevuto la nomina di tesoriere Sergio Belotti. L'appuntamento ha rappresentato un’importante occasione per abbozzare un primo calendario delle iniziative che l'associazione intende realizzare per promuovere la cucina, la professionalità e l’importanza della figura dello chef. L’associazione sta lavorando anche alla costituzione di “Lady Chef”, il gruppo "rosa" formato da tutte le protagoniste dei fornelli pronte a valorizzare il lavoro delle donne in cucina e ad avviare nuove collaborazioni. L’Associazione continua intensamente a promuovere rassegne gastronomiche itineranti sul territorio, ad attivare collaborazioni con enti preposti al turismo e alla valorizzazione del patrimonio territoriale, consolidando il rapporto tra produttori e fornitori
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di materie prime. Non manca l’attenzione al rapporto scuola e lavoro: è sempre attiva la collaborazione con il mondo scolastico portata avanti dall’associazione sensibilizzando e supportando gli allievi delle Scuole Alberghiere per indirizzare i ragazzi al mondo del lavoro. Sul fronte della formazione prosegue la stagione dei corsi di aggiornamento sulle tecniche ed attrezzature; vengono riproposti anche i concorsi dedicati a Fiorenzo Baroni e ad Alfredo Sonzogni. Diversi gli appuntamenti in calendario. Si comincia il 17 maggio, in Val di Scalve, con la manifestazione “Erbe Spontanee” organizzata presso l’Hotel San Marco a Schilpario con degustazione dei piatti realizzati dalla lady chef Mea Tagliaferri e a seguire tutta una serie di altre iniziative collaterali, tra cui la visita al museo dei minerali. D’estate si svolgerà una grande festa, mentre in autunno l’Associazione parteciperà alla rassegna del tartufo, proponendo una sfida tra chef, un concorso a caldo con tanto di degustazione. A Natale gli chef si scambieranno come tradizione gli auguri in occasione del “Gran Galà dei Cuochi”, ultimo appuntamento che chiude il calendario 2011. I cuochi bergamaschi si stanno preparando all’appuntamento di Expo 2015, accogliendo l’invito di partecipare ad un tavolo in Fiera a Bergamo con altre realtà ed enti locali per un confronto sui progetti da mettere in campo in vista dell’Esposizione Universale
Lo scalatore bergamasco Simone Moro
A tavola con lo sportivo di Filippo Grossi
Moro: “Anche in quota non rinuncio allo spezzatino con le patate”
U
n campione con la “C” maiuscola, che ha sfidato le più alte vette del mondo e ha realizzato il sogno di arrampicare sempre più in alto. Una carriera sempre alla ricerca di sfide estreme e di imprese che hanno il sapore di gesta eroiche: tutte, manco a dirlo, affrontate con successo. Stiamo parlando di Simone Moro che, in questa intervista, abbiamo cercato di “riportare a terra” attraverso il racconto dei suoi gusti preferiti a tavola. Il tuo piatto preferito. “La pasta alle zucchine che fa mia moglie e, se posso aggiungere un altro piatto preferito, i canederli al burro fuso”. Il cibo che più si avvicina al tuo carattere. “La pasta al pomodoro: è un carboidrato che dà la giusta benzina al corpo ed è un piatto semplice: un po’ come sono io, energico e semplice”. Ti piace cucinare? “Sì, molto”. Il piatto che ti riesce meglio. “Il pollo al curry”. La specialità bergamasca che preferisci. “I casonsèi e anche gli scarpinòcc de Par”. La cucina regionale italiana che più apprezzi. “Adoro la cucina alto-atesina”. Il tuo menù ideale “Affettati tipici del posto: se sono a Bergamo, salame, pancetta e prosciutto; se, invece, sono in Alto Adige lo speck. Di primo, un bel piatto di scarpinòcc o di canederli al burro fuso e di secondo la polenta con le quaglie (che mio papà faceva buonissima!). Per finire, un bel sorbetto al limone”. Vino o birra? “Vino, ma fino ai 30 anni sono stato astemio. Con il tempo, però, ho imparato che bere a cena uno o due bicchieri di vino è un elemento aggregante e la cosa mi piace molto”. Preferisci brindare con champagne o spumante italiano? “Direi che brindare con un bel prosecco è sempre piacevole”. Rosso o bianco? “Rosso”. Carne o pesce? “Carne. Mi piace la tagliata, ma apprezzo molto anche la selvaggina”. Pasta o riso? “La pasta, senza alcun dubbio. Il riso lo mangio trop-
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pi mesi l’anno, dato che spesso mi trovo in Asia per le mie spedizioni”. Dolce o salato? “Domanda difficile: comunque, d’estate salato e d’inverno dolce”. La cucina straniera che ami di più? “Amo troppo la cucina italiana per dirne una straniera. Di una cosa però sono sicuro: non sono per la cucina orientale”. La tua pizza preferita. “Vegetariana”. Alimentazione tipica di una tua spedizione. “Con me porto la pasta, i tortellini, il grana e lo speck. Spesso, poi, anche in alta quota mi porto i cibi cucinati da mia moglie, come ad esempio lo spezzatino con le patate”. Devi seguire una dieta particolare per fare una scalata? “Seguo una dieta dissociata”. Ti pesa dover seguire una dieta? “No. Anzi, amo seguire una dieta rigorosa, è una cosa che aumenta molto la mia autostima e mi fa star bene”. Cosa mangi quando sei giù di morale? “Beh, non sono mai giù di morale! Sto vivendo a pieno il mio sogno e questo, oltre alla costante attività sportiva, mi permette di essere sereno”. Qual è stato il pranzo o la cena più emozionante? “Una cena che ho fatto con Messner al suo castello. C’erano tutti i più grandi scalatori di sempre ed io ero seduto in parte al grande Walter Bonatti, ormai ottantenne e mio mito da sempre. Messner mi aveva voluto a cena per la stima che ha del sottoscritto, cosa che mi ha riempito d’orgoglio”. Seduci con il cibo? “Non uso l’arte culinaria per sedurre, però amo essere sedotto da mia moglie che ha una dote pazzesca: cucina davvero bene e lo fa in tempi record”. Come immagini una cena romantica? “L’ho appena fatta. Sono andato insieme a mia moglie in un ristorantino vicino a Merano per festeggiare il nostro 7° anniversario di matrimonio: eravamo in questo posto davvero speciale, una casa antichissima con pochi tavoli dove abbiamo mangiato i prodotti tipici alto-atesini: una cena davvero romantica!” Un piatto che rappresenta il tuo stato d’animo attuale? “Una ricetta con lo zafferano: è giallo e io amo il giallo, un colore solare come me”.
FUORIPORTA
A Valencia primeggia l’arte orobica del risotto
L
a denominazione di origine (Do) Riso di Valencia e la Confraternita Internazionale del Riso Comunità Valenciana hanno organizzato il primo Concorso Internazionale del Risotto nel Cdt di Valencia. L'obiettivo del concorso è unire due culture del riso a livello europeo, quella italiana e quella spagnola, attraverso la valorizzazione del riso valenciano. I ristoranti italiani partecipanti sono stati: “La strada del riso” (Mn); l’“Edelweiss” di Castel d'Ario (Mn); il “Cachito” di Bari, cinque ristoranti di Mallorca e sei di Valencia. Pino Capozzi del Ristorante “Agnello d'Oro” di Bergamo (confratello d'onore dal 2008 della confraternita internazionale del riso) è stato invitato in giuria, tra i giudici delegati al concorso. È arrivato a Valencia, Capozzi, con una buona quantità di funghi porcini e parmigiano per preparare, a fine concorso, un risotto al “profumo di bosco”... utilizzando un riso spagnolo denominato “Bomba”, ricetta ben gradita dalla sessantina di ospiti. Il riso valenciano in Spagna gode di grande fama e tradizione; è senza dubbio il più apprezzato dai consumatori ed inoltre è alla base di numerose ricette tipiche della gastronomia mediterranea. La paella, per esempio, è uno dei piatti più conosciuti in tutto il mondo. Cereale di origini asiatiche, la coltivazione del riso fu
introdotta in Spagna dagli arabi nell' VIII secolo. Da allora l’ Albufera Valenciana è diventata una delle principali zone produttrici. Da segnalare le caratteristiche di questo riso che ha grani corti e omogenei ed è uniforme nella cottura e capace di assorbire in modo ottimale il condimento. Inoltre ha un’alta percentuale di perlato. Le varietà protette sono esclusivamente Bahía, Sénia e Bomba, che si sono adattate alle caratteristiche climatiche della zona. La raccolta si effettua durante i primi mesi dell’estate, per essere poi consumato durante tutto l’anno. In Italia il Bomba è sostituito dal Carnaroli o dal Vialone Nano. Pino Capozzi in trasferta a Valencia
Quella Bergamo che esalta la ristorazione in Sardegna
C’
è un pezzo di Bergamo nell’isola più bella d’Italia. E in alcuni hotel e ristoranti la favella orobica è di casa. In Sardegna, nei più prestigiosi resort della Gallura l’accoglienza e non solo è curata nei minimi dettagli da manager e chef bergamaschi. Fra tutti spicca Davide Zanni, bergamasco di Ponte San Pietro, che da 20 anni lavora nell’isola. Quotatissimo chef, è oggi vicedirettore dell'Hotel Thalasso & Spa Marinedda (Gruppo Delphina) dell'Isola Rossa, di cui il direttore è Alessandro Fumagalli. Nella stessa struttura lavora Ramon Perniceni, di Locatello, chef del ristorante Punta Canneddi sotto la supervisione dell’Executive Chef Giovanni Lorenzini di Nebbiuno (No). Zanni proprio agli esordi dell'esperienza sarda è riuscito a far classificare la ristorazione
dell'hotel Capo d'Orso, sempre dello stesso Gruppo Delphina, fra i primi 20 migliori ristoranti d'Italia. Una bella conquista. Zanni ha iniziato la carriera
Davide Zanni e Alessandro Fumagalli
come cuoco all'età di 19 anni a Bergamo, al ristorante «Ol Giopì e la Margì». Dalla Città dei Mille è poi approdato in Sardegna alla direzione delle cucine dell'hotel «Capo d'Orso». E da lì è stato sempre un crescendo: executive chef, incarichi all'Hotel Relax & spa Torreruja all'Isola Rossa, all'Hotel Marinedda Thalasso & spa (direttore è Alessandro Fumagalli di Lecco) ed ancora F&B Manager, fino alla direzione come vice del Resort Valle dell'Erica. Anche Ramon Perniceni vanta un curriculum di tutto rispetto. Ha fatto esperienza e lavorato al fianco di Zanni per molti anni. Poi ha deciso di emigrare a Londra dove è stato conteso dai migliori ristoranti inglesi. In seguito è tornato in Italia e ha lavorato a Roma, prima di essere nominato secondo chef del «Marinedda».
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina
Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.
Capperi, che spaghetti con il tonno! Ingredienti per 1 persona 100 g di spaghetti 40-50 g di tonno sott'olio sgocciolato (ma meglio ancora è quello al naturale) 1 cucchiaio di capperi sotto sale mezzo limone olio d’oliva extra vergine q.b. origano e pepe a piacere Preparazione Cuocete la pasta in acqua bollente salata. Scolatela al dente, passatela sotto l’acqua fredda e mettetela in una zuppiera. Sminuzzate il tonno, versatelo in una ciotolina e conditelo con il succo di limone e un po’ di olio. Mescolate bene e rovesciatelo sopra la pasta. Unite i capperi, l’origano e il pepe e rimescolate bene. Servite subito stando attenti che non si raffreddi troppo.
LA CURIOSITÀ Il tonno è un pesce ricco di proteine e sali minerali, sempre disponibile in scatola o in vetro sui banconi del supermercato; l’offerta è vasta ed è importante sapersi orientare tra le varie proposte. La varietà migliore è quella in cui la carne risulta rosa, compatta e a pezzi grandi e va sempre preferita a quella sminuzzata, difficoltosa da sgocciolare o dai colori “tenui”. Non fidatevi della pubblicità o non crediate che se è nel vetro sia sempre di qualità superiore, ma sperimentate voi stessi. Alla fine capirete da soli quali sono le confezioni più sane. E a proposito di olio, il mio consiglio è di acquistare le confezioni di tonno al naturale perché l’olio delle scatolette non è mai di ottima qualità, anche se c’è scritto “olio extra vergine”. Uno degli errori più grandi, tipico di chi ha sempre fretta, è di aprire la scatoletta e di rovesciare tutto il suo contenuto sulla pietanza che si è preparato, ignorando che il liquido, anche se è saporito, non è certo salutare. Anche i capperi, dal caratteristico sapore aromatico e forte, rappresentano un ingrediente prezioso per la creazione di piatti gustosi: conservati sott'olio, sott'aceto o in salamoia, vengono utilizzati come condimento piccante nelle pre-
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parazioni di primi piatti, secondi, salse e condimenti. I capperi migliori sono quelli conservati sotto sale marino grosso. Questo metodo di conservazione garantisce il mantenimento delle caratteristiche organolettiche senza ricorrere a pericolosi additivi che spesso vengono aggiunti ai prodotti conservati sott'aceto. L'utilizzo dei capperi in cucina è piuttosto semplice: è sufficiente lavarli con acqua corrente e togliere il sale di conserva, oppure, se si desiderano un po' meno salati, basta lasciarli in una ciotola con acqua per circa un'ora. Per conservare i capperi, qualora siano stati acquistati in una confezione a sacchetto, bisogna travasarli con il sale di conserva in un barattolo di vetro e richiuderli con la capsula a vite, in modo che non perdano l'umidità, essiccandosi. Così conservati, possono durare anche degli anni, mantenendo sempre le loro ottime caratteristiche organolettiche. Infine, il cappero non rappresenta solo un toccasana per insaporire i piatti, ma fa bene anche alla salute. Possiede proprietà digestive, diuretiche e protettive del fegato, aiuta chi soffre di digestione lenta e favorisce il recupero fisico e mentale. Non mi resta che augurarvi buon appetito.
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