Affari di Gola - aprile 2012

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aprile 2012

Supplemento al n. 15 de “La Rassegna” del 19 aprile 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Pesce, al mercato con lo chef Un’esperta e un cuoco ci guidano alla scoperta di varietà gustose, economiche e sostenibili. I consigli per scegliere e trattare al meglio le diverse specie

FORMAGGI

IL PERSONAGGIO

L’AZIENDA

L’ITINERARIO

Bassi (Onaf): «Troppe liti tra Consorzi»

Filippo Trovato, un “impero” costruito sulle brioche

La 4R rilancia la carta delle birre

Vini, la nuova stagione dell’Oltrepò Pavese



APRILE 2012

SOMMARIO www.affaridigola.it

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PENNA ALL'ARRABBIATA A tavola, per favore, non alimentiamo divisioni tra buoni e cattivi

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L'APPROFONDIMENTO "Vi diciamo noi che pesci pigliare"

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STORIE DI VITE Quelli del vino di nicchia

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L'INTERVISTA "Vino italiano, in Asia il successo passa anche dalla cucina"

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L'ESPERTO "Troppe liti tra Consorzi. Così non si fa il bene del formaggio"

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L'EVENTO In piazza della Libertà torna "Cuochi in Scena"

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SCELTE DI GUSTO I salumi che non t'aspetti

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IL PERSONAGGIO Il signore delle brioche che dà la sveglia a mezza Lombardia

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LA PROPOSTA 4R, dalla carta delle birre nuove opportunità per la ristorazione

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L'ITINERARIO "Così l'Oltrepò Pavese ha deciso la svolta"

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IL PREZZO FISSO Suocere alleate nel segno della buona tavola

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo tel. 035 213030 - fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: La Rassegna srl via Paglia, 26 - 24122 Bergamo tel. 035 213030 - fax 035 224572 info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Riccardo Lagorio, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI Alimentari Moretti, Consorzio Tutela Valcalepio, Festival della Cultura, la Ge - Ge Pesca, Gelateria la Mimosa, Loipoll, Metalfrigor, Tecno Service Italia


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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

A tavola, per favore, non alimentiamo divisioni tra buoni e cattivi

P

er arrabbiarci ci arrabbiamo, non abbiate paura ma, stavolta, fatecelo fare un poco più in là. Iniziamo invece con animo gioioso come si conviene al periodo di festa appena trascorso, e il pretesto (ma anche il successivo peperoncino) ce lo regala Facebook, nostro quotidiano passatempo alla ricerca di notizie e confronti. La questione sarà anche facilitata dalla materia che trattiamo su queste pagine (cucina e dintorni), ma notiamo con gioia che foto e ricette si rincorrono sulle bacheche con gaudiosa frequenza. Due citazioni sono d’obbligo: una, in cerca di perdono, è per i miei amici de “L’Eco” che, in servizio e a digiuno fino a notte, si vedono arrivare foto di maccheroni grondanti sugo alle sette della sera. Il commento più bonario che mi ricordi è stato “delinquente!” L’altra citazione è per il mio amico Tiziano di Città alta, che alterna istantanee di natura con foto di golosità preparate da sua moglie Giusy: si va dai biscotti alle torte, dagli spaghetti agli involtini, sempre con cura particolare alla presentazione. Ricette semplici, richiami alla tradizione, ma un bel segnale di passione per i fornelli e voglia di condivisione. Non sono i soli e questa è davvero una buona notizia: sono parecchie le amiche che si scambiano ricette e indirizzi di locali appena scoperti. E’ questo uno dei lati di Facebook che ci piace. Ma c’è il risvolto che ci fa ringraziare il cielo che Pasqua se ne sia andata. Non che si abbia tanta fretta di arrivare a Ferragosto, ma queste festività, tra ulivo e colomba, cominciavano a pesare un po’ per i continui attacchi alle nostre bacheche da parte degli animalisti convinti, quelli cioè che gridano allo scandalo per via degli agnelli e dei capretti che finiscono regolarmente, in questo periodo, prima nelle teglie imburrate e profumate col rosmarino e poi, trionfalmente, nei nostri piatti già guarniti con le patate. Fotografie che ritraevano agnellini che stavano nel palmo di una mano (c’è ancora Polifemo in giro?) e suppliche di non macchiarsi di un assassinio così

infame proprio nella settimana santa. Cerchiamo di far chiarezza: combattiamo da tempo una battaglia perché i cani educati possano entrare nei ristoranti, non ci piace granchè la caccia, non sopportiamo l’idea che gli animali destinati al macello (vitelli o galline che siano) debbano patire sofferenze durante la loro (seppur segnata) esistenza né tantomeno durante i loro ultimi viaggi. Ci sembrano questioni strettamente legate alla civiltà e per questo motivo il nostro impegno non manca. Ma se parliamo di alimentazione, non ci pare una grande idea criminalizzare alcuno: sarebbe come se, tutto d’un tratto, ci mettessimo a potu sstare sulle bacheche degli integralisti cche “anche il tarassaco ha un’anima e prova sofferenza”. Pensate che il suo fusto, all’apice, P porta un’infiorescenza giallo-dorap ta, detta “capolino”. Adesso qualcuno mi dovrebbe spieA gare come mai noi, che adoriamo il “coniglio con le olive e i peperoni”, siamo infami delinquenti senza cuore mentre chi entra in un prato e fa strage di capolini (che finiranno pastellati e fritti) è un benemerito della natura destinato a salire dritto dritto in paradiso. Fateci capire chi ha stabilito che uno zucchino non provi alcun dolore quando lo trapassiamo ripetutamente con una lama affilatissima. Ci auguriamo che siano ben presenti, nelle memorie, gli esperimenti effettuati sulle piante per riscontrarne sentimenti e reazioni con risultati a dir poco stupefacenti. Troviamo assai pericolose queste divisioni tra buoni e cattivi su una lavagna dove non è ben chiaro chi abbia tracciato la riga di demarcazione. E a chi estremizza i concetti vorremmo far capire che non è possibile “barattare” un cosciotto di agnello con un’insalatona con le uova sode. E questo, semplicemente, perché un uovo non è altro che un “progetto di pulcino”. O i concetti di vita, come le targhe nelle domeniche ecologiche, sono alterni a seconda del caso?

piercapozzi@libero.it

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L’APPROFONDIMENTO di Laura Bernardi Locatelli

«Vi diciamo noi che pesci pigliare» Le var varietà “di moda” sono poche e per soddisfare la domanda si deve ricorrere agli allevamenti o al pescato di mari lontani. E così o la qualità si abbassa o i costi si alzano. Un pa paradosso se si pensa che molti prodotti del Mediterraneo, poco conosciuti, c faticano a trovare spazio. Un’esp Un’esperta del mercato ittico e uno chef ci guidano alla sc scoperta di scelte gustose, economiche e sostenibili

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l tonno arriva in tranci dallo Sri Lanka, la ricciola viene pescata nel Sultanato dell’Oman o attraversa il mondo arrivando dagli allevamenti australiani, la sogliola proviene quasi esclusivamente da allevamenti all’ingrasso olandesi e la coda di rospo, o pescatrice che dir si voglia, arriva dalla Danimarca con ali infestate dall’anisakis, che vengono tarpate all’uopo. Come nell’haute couture la provenienza dei capi viene ignorata - o peggio dimenticata - pur di essere à la page, così nella Milano della moda, che è anche capitale europea del mercato del pesce, la sorte che tocca alle oltre duecento varietà di pesce del Mediterraneo è grama e vincono la globalizzazione e quell’insana abitudine a scegliere prodotti costosi che arrivano dall’altra parte del mondo in nome dello snob appeal, alla faccia della sostenibilità e della difesa delle identità locali e del made in Italy.

A poco serve continuare a ripetere che tonno rosso e salmone sono tra gli stock ittici a maggior rischio di scomparsa quando la moda cavalca l’onda giapponese di sushi e sashimi. Mentre il salmone atlantico è in via di estinzione e quello del Pacifico è in pericoloso calo, i sushi bar sono pieni e salmone e tonno sono sempre più richiesti e onnipresenti, dal ristorante blasonato alla trattoria, alla gastronomia. Regole di mercato e nuove tendenze in cucina non permettono alla varietà di pesce mediterraneo di affermarsi tra i banchi e a tavola come al ristorante, anche se sono almeno due le ragioni per acquistarli e consumarli maggiormente: la tutela delle specie a rischio e il notevole risparmio economico derivante dall’acquisto di prodotti poco conosciuti, ma che nulla hanno da invidiare in quanto a gusto o versatilità gastronomica alle varietà più inflazionate.

L’ESPERTA - MARZIA PARLAVECCHIA

«Attenzione alla provenienza e agli allevamenti intensivi» Il mercato ittico è sempre più globale e nel nostro Paese per far fronte alle richieste delle cinque o sei specie che vanno per la maggiore ci si rivolge ad allevamenti e mari lontani. Per questo è sempre importante prestare attenzione alla provenienza del pesce che arriva sui banchi e preferire se proprio bisogna ripiegare su prodotti esteri le acque del Nord, dell’Oceano Atlantico. «La ricciola è inflazionatissima: non c’è ristorante che non la proponga – rileva Marzia Parlavecchia -. In Italia si trova dai 2 ai 4 mesi all’anno

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e per far fronte alle richieste sempre maggiori arriva sul nostro mercato dall’Australia, che ha costruito un business sull’allevamento. Sta in giro giorni, è allevata eppure costa più di quella nostrana: acquistarla è un’assurdità, al chilo quella pescata viene venduta a 28 euro, quella allevata che arriva dall’altra parte del mondo a 30 euro. Molto diffusa sul nostro mercato anche la ricciola che arriva dall’Oman, un mare caldissimo e ad alta tossicità». Il tonno: tutti lo vogliono e lo chiedono tutto l’anno. «Così arrivano fi-

letti belli e pronti sottovuoto dallo Sri Lanka, da acque sempre caldissime e non controllate. Io invece acquisto il tonno nazionale, l’alalunga, che appartiene alla famiglia dei tonnetti: ha carne chiara, un gusto delicato e meno deciso del ricercatissimo – e rarissimo - tonno rosso; abbattuto a regola d’arte piace anche ai più piccoli con un risparmio notevolissimo. Viene infatti 14 euro al chilo contro 39». Il tonno rosso, nonostante il divieto di pesca, è sempre più richiesto: «Se sul mercato va per la maggiore il tonno a pin-


Sono tantissimi i pesci che sguazzano nei nostri mari da valorizzare e preferire a quelli d’allevamento o pescati in capo al mondo e trasportati con lunghissimi viaggi, dal fagiano al soaso, dalla cipolla al grongo, dal tonnetto alalunga alla castagna, al pesce nocciolino, all’ombrina. Una scelta sostenibile ed etica portata avanti e promossa al “Mercato del Pesce” in via Sammartini a Milano, che deve il suo successo, a soli due anni dall’apertura, al felice connubio tra uno chef di solide radici bergamasche - con esperienza metropolitana ed estro messo alla prova da catering illustri -, Emanuele Poli, e la giovane patronne Marzia Parlavecchia, che, forte di una lunga tradizione familiare nella selezione e commercializzazione di prodotti ittici, ha deciso di mettere a frutto la sua esperienza fondando nella storica sede del mercato del pesce, a due passi dalla stazione centrale, il “suo” Mercato. Un ambiente particolare che affianca alla vendita al minuto e all’ingrosso dei migliori prodotti ittici un ristorante (40 coperti in tutto) in cui ritrovare un angolo di mare, racchiuso, come un acquario, in un cubo di cristallo blu come i nostri fondali. Ecco qui alcuni consigli su come acquistare i migliori prodotti ittici locali senza dover sborsare una fortuna, senza abbassare mai la guardia sulle provenienze, evitando varietà nostrane pescate in mari esotici e un piccolo vademecum su come riconoscere qualità e freschezza del pesce, da esaltare in una cucina che rispetta profondamente la materia prima e ne esalta il gusto, riscoprendo la semplicità senza rinunciare alla creatività.

na gialla dall’Oceano Indiano, noi lo acquistiamo dall’Atlantico, un mare più freddo e quindi meno esposto a tossine». Da dribblare anche la sogliola, proprio quella da sempre consigliata per i bambini: «Solo il 10-20% al massimo delle sogliole non proviene da allevamenti. Il restante 80-90% sul mercato è allevato in forma intensiva in Olanda e nonostante ciò costa ben 39 euro al chilo». L’alternativa? «Il soaso è un pesce a mio avviso straordinario, che ricorda in parte il rombo e in parte la sogliola. Ha carne bianca, delicata e polposa e non necessita di troppi fronzoli e condimenti. È eccezionale al forno con patate e carciofi, ma anche alla brace. Costa 20 euro al chilo, la metà della sogliola allevata e “siringata”». Un'ottima alternativa per i più piccoli è il gabilo, merluzzo pescato in acque pulite nel mare del Nord o il nasello nazionale, pescato con parangale nella zona di Manfredonia, o anche la spatola che in Sicilia chiamano “la regina del mare” per le sue carni sode e saporite».

LA SCHEDA

Nocciolino, castagna, fagiano, cipolla? Sono pesci. Ecco come prepararli Il PESCE NOCCIOLINO: «È un pesce straordinario, simile al palombo - spiega la nostra "guida" Marzia Parlavecchia - che appartiene alla famiglia degli squali.Viene venduto solitamente in tranci, ha una carne tenerissima ed è adattissimo per i bambini. Il prezzo, decisamente ragionevonevole, si aggira tra i 12 e i 15 euro». Il GRONGO è un pesce gustoso e versatile, simile all'anguilla, perfetto per qualsiasi zuppa o ragù di mare: «Arriva a Milano nelle cassette di pesce misto pescato nel Tirreno o nell'Adriatico, ma non o venendo quasi mai considerato il più delle volte finisce addirittura nel cestino. Evitare questo scempio e spreco costa poco: 6 euro al chilo in media per un pesce tutto da valorizzare». FAGIANO è un “sosia” della pregiata Il FAGI Gallinella di Sicilia, al punto da riGal chiedere un occhio attento e allec nato per essere distinto dalla più n ffamosa cugina: «Ha solo il “muso” più appuntito e gli occhioni miele intenso. Proviene dai nostri mari isolani ed è un pesce saporito e carnoso, dal colore rosso fuoco. Nulla ha da invidiare alla gallinella ed ha decisamente dalla sua il prezzo: 20 euro al chilo contro 38». La CIPOLLA ha una somiglianza quasi gemellare con lo scorfano rosso: «Lo differenzia solo il colore, leggermente più chiaro.Al palato ha un gusto delicato, che ben si presta a ricette di sughi per la pasta, ma è ottimo anche in umido e al forno. Il prezzo è decisamente vantaggioso: o: 22 euro al chilo contro i 36 del più ce-lebrato scorfano». La CASTAGNA è un pesce tipico del Mediterraneo: «Piatto, ovale e dal colore nero argentato ha carni morbide e saporite e a tavola fa la sua figura sia servito crudo a carpaccio che cotto, prestandosi a svariate ricette. Il prezzo? In media 18 euro al chilo». Il CENTROFORO appartiene alla famiglia degli squali: «Deve il suo nome alla presenza di spine su entrambe le pinne dorsali; ha grandi occhi verdi e corpo di colore grigio o marrone. Si prepara aal forno o in umido e costa 15 euro al chilo».

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L’APPROFONDIMENTO

I consigli dello chef per

LE TRADIZIONI

Fritto di paranza e cacciucco, quando il pesce povero trionfa Cacciucco alla livornese e fritto di paranza sono piatti della tradizione nei quali il pesce povero è protagonista. Il fritto di paranza - che deve il nome a quella barca da pesca con la rete di piccole dimensioni usata nel napoletano - impiega merluzzetti, triglie, sogliolette (fricassuari, in napoletano), ma possono esservi anche altre varietà di pesce di piccolo taglio, come alici, mazzoni, retunni o vope. La realizzazione del cacciucco secondo tradizione prevede l’utilizzo di 15-16 varietà di pesce, anche se ormai ne vengono impiegate solo cinque o sei. I “pesci da valorizzare” che abbiamo indicato nella nostra scheda sono perfetti per finire nella più famosa zuppa italiana. Del resto si dice che il cacciucco nacque come zuppa improvvisata. Un pescatore livornese inghiottito dal mare in tempesta lasciò moglie e figli nella miseria, che per la fame andarono al porto in cerca di aiuto; ogni pescatore offrì loro una varietà diversa di pesce che finì per creare quella zuppa che il mondo ci invidia.

Attenzione anche alla coda di rospo o rana pescatrice: «È tra le varietà di pesce che vanno per la maggiore, ma quella che si acquista sul mercato, che proviene quasi esclusivamente dalla Danimarca, ha le ali infestate dall'anisakis, un parassita visibile anche ad occhio nudo, e viene per questo venduta priva di ali. Per questo consiglio di acquistare coda di rospo proveniente dalla Francia o ancora meglio dalla nostra Toscana».

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Lo chef del Mercato del Pesce Emanuele Poli, docente dell'Accademia del Gusto di Osio Sotto, dispensa preziosi consigli igli su come scegliere e trattare il pesce, in particolar modo quello che si desidera consumare crudo. «La cultura tura orientale e il servizio di sfilettatura di pesci interi garantito in pescheria hanno contribuito ad una crescita escita del consumo di pesce crudo, che però deve avvenire venire in totale sicurezza, rispettando attentamente le procedure di abbattitura per scongiurare la presenzaa di batteri e parassiti. In particolare l’anisakis può contaminare ontaminare ogni tipo di pesce ed è particolarmente resistente, solo la cottura prolungata o il congelamento nto a bassissime temperature riescono a distruggerlo. Per questo è necessario abbattere a meno 40 gradi per er almeno tre ore il pesce che si desidera mangiare crudo, do, in particolare quello azzurro; a casa si può eseguire re con sicurezza il processo lasciandolo per due o tre giorni in freezer». Voglia di pesce ce al lunedì? «Meglio rimandare all’indomani o attrezzarsi zarsi con pesce sotto sale, come il gabilo o il salmone che he si può preparare “in casa” lasciandolo sotto sale grosso sso (300 grammi per ogni chilo di pesce) per otto ore o in alternativa stoccafisso o pesce essiccato». Bisognaa allenare l'occhio a scegliere il pesce migliore: «È importante mportante prestare attenzione alle provenienze e preferire eferire il pesce del Mare Nostrum, che ha tutto un altro sapore. Mai acquistare pesce in filetti letti o senza testa: il pesce dev'essere sempre mpre intero per poterne valutare freschezza hezza e qualità. Deve avere occhio lucido ucido e brillante, branchie dal colore e rosso vivace e compattezza dellaa carne, che deve es-

Cresciuta al mercato ittico, ha aperto la pescheria con ristorante La capitale europea del pesce è chiusa in un’area di 10mila metri quadrati, in via Lombroso, tra

il centro della moda e l’aeroporto di Linate. Al mercato ittico di Milano arriva la maggior quantità del pescato fresco importato da tutto il mondo per essere successivamente ridistribuito nelle altre città italiane. È qui che nel cuore della notte si fanno affari, tra un via vai di camion che arrivano da tutto il Paese, da Mazara del Vallo a Viareggio, a San Benedetto del Tronto, o che trasportano prodotti dei mari agli antipodi, dal Sudafrica all’Oceania o dagli allevamenti, da quelli nostra-


r sceglierlo e trattarlo al meglio sere soda. Il pesce pescato in nottata è leggermente curvo ed è il massimo che possiamo acquistare». Stessa cura nella scelta dei crostacei: «Se non sono freschissimi testa e coda tendono ad annerirsi. La presenza di una leggera patina bianca è invece sinonimo di freschezza». Cozze e vongole sono un ottimo esempio di acquacultura sostenibile, dal momento che si nutrono di microrganismi presenti nell’acqua e non necessitano di mangimi: «Come tutti i molluschi devono essere vendute in reti sigillate, recanti un’etichetta che ne indichi varietà, scadenza e provenienza. Non vanno quindi acquistate sfuse». Tra i molluschi vanno valorizzate le cozze: «Abbiamo prodotti nazionali eccellenti, come le cozze di Taranto e le vongole di Chioggia. Le cozze hanno un costo irrisorio e si prestano alle più diverse preparazioni dalla zuppa al sugo per la pasta, all’abbinamento con fagioli, patate. È importante che siano fresche e vanno lasciate spurgare in acqua e sale per 4-5 ore. Devono aprirsi in brevissimo tempo e non appena dischiuse bisogna terminarne la cottura».

Emanuele Poli

ni come Orbetello a quelli olandesi e danesi. «Le aste nazionali iniziano alla sera per telefono: si battono i prezzi a Porto Santo Stefano, a Manfredonia e via dicendo. Poi ci sono le trattative al mercato: da mezzanotte iniziano gli acquisti, sempre facendo i conti con il pescato», spiega Marzia Parlavecchia, giovanissima patronne, 27 anni, del “Mercato del Pesce” di via Sammartini a Milano, pescheria all’ingrosso e al dettaglio con ristorante con cucina a vista. La “signora del pesce”, accento meneghino ma anima e radici pugliesi, si può dire sia cresciuta in mezzo a queste trattative all’alba. Erede di una tradizione familiare di lunga da-

ta, inaugurata da nonno Antonio e portata avanti da papà Donato, ha iniziato da bambina a frequentare il mercato ittico e ad abituarsi in fretta a quella realtà tutt’altro che ovattata, dove, in un via vai di camion e casse, gira molto contante, si urla parecchio o si fanno trattative sottovoce e ci si muove tra i banchi cercando di spuntare il miglior prodotto al miglior prezzo. Poco più che ragazzina, dopo la gavetta a fianco del padre, a 17 anni Marzia si mette in proprio e si specializza nella vendita all’ingrosso; poi da impiegata passa a quadro dirigente del mercato ittico e due anni fa fonda il suo “Mercato del Pesce” rimetten-

LE PERCENTUALI DI EFFETTIVO UTILIZZO

Alice 50% Ali di razza 60% Branzino 45% Calamaro 60% Dentice 45% Gallinella di mare 50% Nasello 60% Ombrina 50% Orata 45% Pescatrice 50% Polpo 80% Rombo 35% Salmone 70% San Pietro 40% Scorfano 40% Seppia 45% Sogliola 40% Stoccafisso 50% Tonno 50% do a nuovo la più antica pescheria di Milano, un ex magazzino, creando uno spazio per la vendita diretta e all’ingrosso e realizzando il suo sogno di abbinarvi binarvi la ristorazione. Oggi il 60% del pesce venduto viene acquistato stato direttamente in Italia dal Tirreno all’Adriatico, co, con due arrivi settimanali dalla lla Sicilia. Il 40% 0% viene acquiuistato al merercato ittico, non senza un’accurata selezione, ma soprattutto con un’attenta n’attenta cernita sulle provenienze.

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STORIE DI VITE di Riccardo Lagorio

Quelli del vino di nicchia

Dal Moscato dorato a quello rosso dal Negrara, al Merlotì: esistono a Bergamo alcuni viticoltori che si ostinano a curare vitigni ormai “dimenticati”. Tra questi anche il produttore del “Taglio d’Amburgo” che tanto piaceva a Veronelli

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La geografia della viticoltura bergeo gamasca gamasc cambia e si assomiglia sempre più a quella di tante altre aree del de nostro Paese. Scomparse le malvasie di Tavernola sul cui malv porto “s’ammirano giganteschi pergolati pergola di malvasie, delle quali nel 1860 vi perì un ceppo, che 18 da solo dava più di due ettolitri di vino” vino (Gabriele Rosa, Guida al Lago d’Iseo ed alle Valli Camonica d e di Scalve, 1886), sono altrettanto Sca lontani gli echi di una viticoltura composita e articolata come quelcompo la descritta da Giovanni da Lezze desc a fine Cinquecento, che tratteggiava ricche di vigneti ed autosufri ficienti ficien nel consumo di vino la pianura, la Val San Martino, la pia bassa Val Seriana e la Val Cavallina, famosa come la contigua Val Camonica per l’uva Merera, dagli acini piccoli e tondeggianti, buccia pruinosa e resistente, e che offre vino profumato, di corpo e carattere. Acclamato con giusta convinzione dagli esperti e dal pubblico il Moscato di Scanzo, questo è senz’altro l’esempio più cristallino Fabio Finazzi della bontà economica

abernet sauvignon e merlot, ma anche chardonnay e pinot bianco e nero. Poi vini spumosi e vini poco alcolici: mode forse transeunti, ma molto frequentate. E che servono anche a fermare l’emorragia dei consumatori, sempre più obbligati ad abdicare al vino in cambio dei punti della patente.

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e sociale del recupero, seppure in extremis nella seconda metà del XX secolo, di un vitigno locale che ha avuto capacità di imporsi sul mercato.Al di là della fortunata esperienza del Moscato di Scanzo, cui hanno concorso una felice combinazione di vitigno, terreno (il sass de luna, le particolari pietre bianche che assorbono il calore del sole durante il giorno e che di notte lo diffondono alle piante), clima e caparbietà dell’uomo, un’altra esperienza che mira a valorizzare un vitigno autoctono è quella della Cantina Sociale Bergamasca di San Paolo d’Argon. La Schiava lombarda genera un vino rosato, giovane e leggero, dal gusto minerale e asciutto, semplice e ammandorlato. Le uve provengono dai soci che posseggono vitigni situati sulla fascia collinare che da Bergamo si protende verso il Lago d’Iseo. L’ottenimento del gradevole color salmone si ottiene lasciando per 24 ore le bucce sul mosto, che così raggiunge anche la necessaria aromaticità. Ma soprattutto la Valle del Fico, a Chiuduno, caratterizzata da uno straordinario anfiteatro naturale rivolto a sud, si distingue per una curiosa concentrazione di biodiversità viticola. Uno dei produt-


tori che vale la pena conoscere in proposito è Amadio Locatelli, arzillo signore del 1925. A dispetto di quanto riportato dalla carta d’identità, le potature degli oltre due ettari e mezzo vitati è lui a effettuarle.“Ogni volta che incontro le viti, mi parlano e mi dicono: Fammi povera che ti farò ricco”, dice Locatelli, rappresentando il concetto che le viti debbano essere potate parecchio durante il periodo invernale. “Bisogna lasciare solo due marze, così la pianta è sempre giovane e produce il giusto”. E per quanto riguarda la conoscenza dell’elisir di lunga giovinezza, bisogna senz’altro fidarsi… Le viti vengono poi legate con il vimini che lo stesso Locatelli prepara per mezzo dei salici dei propri campi perché “il nostro vino è orgogliosamente biologico”. Tra i prodotti che fanno consigliare la visita, il Moscato dorato. Grappolo compatto e dagli acini grossi, questo Moscato giallo è tra le prime uve a maturare e la raccolta avviene a metà settembre. Il

Amadio Locatelli e Geordie Rossi

vino, in eleganti bottiglie dal collo allungato, viene messo in vendita dall’anno successivo alla produzione ed ha colore giallo intenso. Si caratterizza per l’aroma floreale ed il bouquet magro e austero che risulta perfetto con sughi di pesce d’acqua dolce. Talvolta aiutato dal nipote Geordie Rossi, che si occupa di seguire l’azienda Speranza sotto il profilo commerciale, Locatelli possiede alcuni filari di Negrara, “simile alla Schiava lombarda, che va tagliata con la Franconia” - dice. La Franconia era anche conosciuta come Imberghem, il che potrebbe far presumere la buona presenza di quest’uva in terra bergamasca già dal suo arrivo in Italia a fine Ottocento. Se ne ottengono poche migliaia di bottiglie l’anno, dal colore rosso rubino vivace, sino a pochi anni orsono spremute con un tino settecentesco che domina l’irrituale cantina. Il profumo è vinoso e speziato, il gusto morbido e fresco, ideale con arrosti e carni ovicaprine. Le vecchie

botti in vetrocemento raccontano di vini che non hanno tempo e vanno in una direzione non imposta dalle mode. Cantina irrituale anche quella di Fabio Finazzi, a pochi metri dalla Speranza. Qui nasce un vino che fece impazzire dal piacere Luigi Veronelli, il Taglio d’Amburgo 1999, tanto da valere l’ambito Sole sulla guida firmata dal grande esperto. È prodotto con il 90% da Moscato rosso, che qui passa sotto il nome di “ol schitarel” per l’effetto che produce sugli uccelli che se ne cibano, e con il 10% di Merlotì, un clone di Merlot, il 181, dalla bacca piccola, ricco in tannini e che bilancia perfettamente il gusto del Moscato. “È proprio l’assemblaggio dei vini che rende il Taglio d’Amburgo un prodotto per palati esigenti - dice Fabio Finazzi -. Solo dopo che abbiamo fatto leggeri appassimenti di Moscato rosso sulla pianta, sappiamo quale Merlotì dovremo aggiungere, se dello stesso anno o degli anni precedenti, al fine di ottenere un vino di corpo, moderatamente aromatico, piacevole alla beva senza utilizzare il legno”. Ma non sempre le ciambelle escono col buco… Infatti, malgrado tutti gli accorgimenti possibili, solo se le uve sono perfette e si ritengono adatte per il Taglio d’Amburgo, con la corretta dose di equilibrio, se ne produce. L’ultima annata prodotta, se così si può dire, essendo il Taglio d’Amburgo un Vino da tavola, è il 2008: 1.200 bottiglie. Il 2009 e il 2010 non hanno invece garantito lo standard che serve a Fabio Finazzi per ottenere il suo nettare; il 2011 promette bene, ma si saprà solo tra qualche mese, nell’estate 2012, se l’evoluzione dei vini permetterà l’assemblaggio. La bottiglia è arricchita da un’etichetta che rappresenta i dipinti all’interno della chiesetta della Valle del Fico, opera del pittore bergamasco Pietro Brolis: a rappresentare il giusto connubio tra misticismo e sensualità.

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L’AZIENDA

Cidia: «Così aiutiamo i nostri clienti a ridurre i costi senza rinunciare a stupire» Cotture innovative, condimenti, decorazioni: zioni: limentari dallo storico distributore di specialità alimentari di via Ghislandi non solo prodotti ’Horeca ma anche idee e consigli al mondo dell’Horeca

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a Ci.di.a (Centro di Distribuzione Alimentare) Pradella, ella, da quasi 90 anni attiva a Bergamo in via Ghislandi, haa rinnovato l’appuntamento con il workshop organizzato da 15 anni a questa parte per creare un’occasione di inconcontro aperta a tutti i clienti e mettere in vetrina i fornitori ri di eccellenze alimentari, con la partecipazione di aziendee che rappresentano un vero e proprio orgoglio per il made in Italy ed esponenti internazionali del top del gusto. La tradizionale nale iniziativa si è svolta per il secondo anno consecutivo al Borgo La Muratella di Cologno al Serio: «Due giornate all’insegna della formazione, mazione, ma anche della convivialità, per dare ai nostri clienti l’opportunità portunità di assaggiare i nostri prodotti ed avere nuovi ed interessanti ssanti spunti Giovanna e Maurizio Pradella

L’INTERVISTA di Giordana Talamona

«Vino italiano, in Asia il successo passa anche dalla cucina» Premiata al Vinitaly per la diffusione della cultura del buon bere nel Far East, la Master of Wine Debra Meiburg dà qualche dritta per la promozione: «Credo che il vero polo attrattivo sia legato all’Italian food e alla corretta informazione»

L’

a bbiamo incontrata nello stand dell’Umbria, all’indomani della consegna del “Premio internazionale Vinitaly” assegnatole da Veronafiere, «per il suo costante lavoro di diffusione della cultura del vino in Asia, grazie al suo approccio competente ma informale». Debra Meiburg, californiana da tempo residente ad Hong Kong, sorriso aperto e solare, è tra le Master of Wine più accreditate in Asia, famosa per le sue

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pubblicazioni e i progetti editoriali di educazione al buon bere, come “Guide to the Hong Kong Wine Trade”, strumento fondamentale per quei produttori che vogliano avvicinarsi al mercato di Hong Kong, considerato vero apripista a quelli asiatici. «Le produttrici di vino italiano – spiega poco prima di cominciare “Women & Wine”, degustazione guidata di alcuni tra i migliori vini italiani prodotti da donne – sono

affascinanti per il pubblico asiatico, perché rappresentano l’Italian style, lavorano molto seriamente, con grande attenzione, raggiungendo alti livelli qualitativi. Rispetto alle wine producer australiane, credo che siano considerate forse più “esotiche”, proprio perché rappresentano per gli asiatici qualcosa di più lontano». I vini rossi sono tra i prodotti più apprezzati in Asia, con profumi molto


sulle cotture più innovative, la mise en place d’effetto e riuscire ad abbattere il “food–cost” senza rinunciare né alla qualità né alla coreografia del piatto, grazie alla consulenza dello chef Luca Micheletti», sottolinea Maurizio Pradella. Un trionfo di sapori: dallo stupore della semplicità con la carne chianina cotta al momento sul braciere alle proposte di guarnizioni per rendere ancora più scenografiche le creazioni di pasticceria, dall’eccellenza dei salumi di selvaggina alle paste fresche, con un assaggio di casoncelli realizzati secondo la migliore tradizione.Tra i fornitori presenti, la realtà belga leader nella produzione di cioccolati di qualità, che ha presentato guarnizioni pronte ad impreziosire ogni dessert e la migliore pralineria del mondo, e un’azienda tedesca specializzata nel mercato di sali e spezie, che ha proposto alcune preparazioni studiate per esaltare ed equilibrare il gusto di pesce, carne, sughi al pomodoro con preparati eccellenti, che fanno risparmiare tempo ed energie agli chef. In primo piano, tra le 2.000 referenze in assortimento, gli oltre 200 prodotti con marchio Cidia, frutto di un’attenta selezione: dal prosciutto di Langhirano alla Bresaola della Valtellina, dai salumi di selvaggina toscani al Lardo d’Arnad della Val d’Aosta; non mancano i prodotti che hanno accompagnato l’azienda nel corso della sua storia e hanno contribuito al suo successo: dallo stoccafisso al salmone coda nera, al salmone selvaggio, dal Marlin al pesce spada, al tonno affumicato, dai funghi finlandesi ad altri prodotti di qualità.

LA STORIA

La prima specializzazione nel pesce conservato La “Ditta Tomaso Pradella” nasce nel 1928 in via Ghislandi a Bergamo, una drogheria che si specializza nell’importazione di pesce conservato, dalle aringhe affumicate olandesi al tonno spagnolo, dalle acciughe salate del Cantabrico allo stoccafisso norvegese vero "Ragno" di Johansen e al baccalà. In tempo di guerra diventa uno dei centri principali di distribuzione di prodotti razionati (i documenti aziendali testimoniano l’arrivo del primo vagone di olio in città). Alla fine degli anni Sessanta la ditta si inserisce fra le prime aziende d’Italia della catena del freddo, distribuendo i prodotti surgelati nel settore retail. All’inizio degli anni Ottanta, Maurizio, la terza generazione, trasforma l’azienda nel Centro di Distribuzione Alimentare, la “Ci.Di.A.”, indirizzando l’attività verso il canale Ho.re.ca, dal catering alla ristorazione, rifornite con una selezione di specialità selezionate in Italia e nel mondo. Dal 2006 Maurizio è affiancato nella gestione dalla figlia Giovanna e, dal 2008, dal genero Giorgio.

strutturati, intensi, che hanno fatto certamente un lungo passaggio in barrique. «I supertuscan sono stati i primi ad affermarsi tra gli asiatici – prosegue la Meiburg – poi il pubblico si è avvicinato ai Brunello,

« Il vino bianco è poco apprezzato ma oggi tra le donne asiatiche è di moda berne un calice prima di andare a letto, perché sembra faccia bene alla pelle» Debra Meiburg

ai Barolo e ai Chianti Classico». In tutta l’Asia le donne amano il vino: in Giappone sono proprio loro ad

acquistarlo più frequentemente, una tendenza seguita anche a Hong Kong, mentre i Cina sono ancora i signori uomini a decidere se aprire una bottiglia. «Credo che il vero polo attrattivo, che possa fare il successo del vino italiano in Asia – continua –, sia legato all’Italian food e alla vostra cultura enogastronomica. I cinesi, come tutto il popolo asiatico, amano la cultura e la corretta informazione, dunque credo che per promuovere i vini italiani dobbiate continuare la strada che avete intrapreso, mantenendo relazioni dirette sul territorio e facendo educazione al buon bere». In ultima battuta la Meiburg ci lascia con una nota di costume sull’Asia: «Il vino bianco è poco apprezzato, anche se ultimamente è nata la tendenza, da parte delle donne asiatiche, di berne un calice prima di andare a letto, perché sembrerebbe faccia bene alla pelle».

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L’ESPERTO di Leo Bartoli

“Troppe liti tra Consorzi. Così non si fa il bene del formaggio” Daniele Bassi, membro di spicco dell'Onaf nazionale, è netto: “A Bergamo, troppe dispute tra Branzi, Strachitunt e Bitto. Serve una maggiore coesione fra produttori, anche sul versante commerciale”. “Il punto dolente della filiera? La carenza d’immagine”

L

ui con i formaggi ci campa, trascorrendo quasi più tempo con loro che con moglie e figlia. Pro-fessionalità, tenacia, temperamento, precisione, e, ma soprattutto passione. È quella che non abbandonaa mai Daniele Bassi, una delle più importanti e carisma-tiche figure legate al mondo caseario lombardo. Re-sponsabile commerciale della Zanetti e membro dii spicco dell'Onaf nazionale, nato a Cremona 51 annii fa, diplomato alla scuola Casearia di Pandino, Daniele e è l’“uomo ovunque” del formaggio bergamasco e non n solo: è presente in ogni concorso, gira il pianeta spie-gando ai neofiti come mettere in azione le papille ad d ogni assaggio dei Cru più rinomati. “È una passione che mi trascino fin da bambino - spie-ga -. Accompagnavo mio padre macellaio nelle azien-de agricole per selezionare la vacca da macellare. Ill contatto con gli animali, la mungitura, la produzione e dei formaggi in un piccolo caseificio della zona, mii hanno affascinato ed incuriosito nell’arte di trasforrmare il latte e ho capito che quel mondo sarebbe sta-to il mio”. Quando si parla di consumi lui è un mago: o: sa prima ancora di un assaggio multiplo quale saràà la preferenza del cliente:“Nessun segreto particolare, e, soltanto esperienza. Il consumatore italiano di solito o è molto tradizionalista e legato alle produzioni loca-li più conosciute: solo una produzione mirata e un n prodotto accattivante possono farlo uscire dalle rotte e canoniche”. Sulla qualità, Bassi rifugge dalle classiche e dispute della serie “piccolo è fatto meglio”: “La qua-lità può dipendere dalle zone di produzione e dallaa

tipologia dei caseifici. Le produzioni in caseifici più meccanizzati, che hanno la possibilità di controllare la materia prima (latte, fasi di produzione, maturazione) riescono ad avere qualità più costanti, di contro i piccoli caseifici artigianali ma soprattutto quelli situati nelle malghe alpine, sono soggetti a produzioni meno costanti. A volte ne escono forme con caratteristiche di gusto eccellenti, a volte invece con di-

Daniele Bassi

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fetti evidenti. C’è ancora spazio per migliorare”. Bassi non ama la polemica, specie in un mondo che avrebbe bisogno di unità d’intenti per farsi più ascoltare. “A Bergamo, tra Branzi, Strachitunt e Bitto, si è litigato troppo tra i vari consorzi: queste dispute non fanno bene né al prodotto né a tutta la filiera: sarebbe auspicabile una maggiore coesione fra produttori anche dal punto di vista commerciale, per affrontare meglio la forza di acquisto della grande distribuzione”. A questo proposito vede con favore la nascita a Treviglio della Casa del Formaggio che dovrebbe diventare l’epicentro di tutte le iniziative provinciali legate al mondo caseario: “Lo scopo mi sembra ottimo per poter parlare e far parlare i formaggi. Mi auguro che la Casa venga gestita da personale esperto, sia sul fronte tecnico che su quelli legati alla promozione e alla comunicazione: il settore ha un bisogno enorme di maggior visibilità, ma sempre coniugata alla qualità”. A questo proposito Bassi, toccando uno dei nervi scoperti del settore, denuncia come l’immagine del formaggio in Italia, pur rappresentando una delle voci economicamente più forti, sia ancora largamente sottodimensionata: “Purtroppo questo è il punto dolente della filiera: una carenza d’immagine a differenza ad esempio dell’altra gloria agroalimentare italiana, il vino: Forse perché il vino affascina di più, ha avuto una schiera di scrittori che ne hanno esaltato contenuti e personaggi. E poi all’atto pratico, come bevanda è più facilmente consumabile. Il formaggio è un mondo più complesso, dove la presenza di grassi e proteine non agevola il suo inserimento dalle diete alimentari. Inoltre mentre in Francia la figura dell’affineur del formaggio gode dello stesso prestigio e autorevolezza del sommelier, in Italia la distanza da colmare è ancora tanta. Per fortuna gli assaggiatori Onaf aiutano gli addetti ai lavori nell’educare i giovani al palato, ma il ministero non li riconosce ancora ufficialmente”. E a proposito di chicche da scoprire “in Bergamasca ce ne sono parecchie che meriterebbero più attenzione: mi riferisco soprattutto ad alcuni formaggi prodotti con 100 per cento latte di capra. Ultimamente anche sul fronte tecnologico queste produzioni sono migliorate e si sono diversificate: dalla caciottina al Blu di Capra, con un valore nutritivo molto elevato e consigliato ai consumatori intolleranti al lattosio vaccino. Se invece andiamo sui formaggi della tradizione, sia l’Agrì della Valtorta sia lo Strachitunt hanno un complesso aromatico eccellente”.Infine una curiosità: da inflessibile giudice internazionale ai concorsi caseari, Bassi non si sbilancia mai circa le sue preferenze personali, ma per Affari di Gola fa un’eccezione:“Se devo proprio fare dei nomi, a livello nazionale amo i formaggi stagionati che sviluppano maggiori sapori ed aromi come il Grana Padano, il Provolone Valpadana e il Pecorino Toscano. Tra i bergamaschi amo Taleggio, Formai de Mut d’alpeggio estivo e l’Agrì di Valtorta”.

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Consegne rapide e personalizzate. Prodotti freschi, surgelati e biologici, dall’antipasto al dessert SEDE DI CURNO (BERGAMO) Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG) Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627 infobergamo@alimentarimoretti.it

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L’EVENTO

In piazza della Libertà torna “Cuochi in Scena” Dal 20 al 29 aprile, Bergamo diventa un grande ristorante all’aperto con le "Intuizioni del Gusto" realizzate da chef e pasticcieri

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uaranta ristoranti di Bergamo e provincia, 10 Jeunes Restaurateurs d’Europe-Italia, 16 pasticcerie, 4 giovani pasticceri, 21 aziende vitivinicole, 90 proposte di vini, 120 piatti salati, 40 dolci, 44 show kitchen. Questi i numeri di "Cuochi in scena", la manifestazione enogastronomica in programma dal 20 al 29 aprile in piazza della Libertà. Bergamo bassa diventa quindi un grande ristorante all’aperto dove apprezzare le “Intuizioni del Gusto” - realizzate dai migliori interpreti del movimento gastronomico del territorio e da chef internazionali - nell’ambito della terza edizione del Festival Internazionale della Cultura. A salire a rotazione sul palcoscenico di piazza della Libertà saranno chef e maestri pasticceri, che porteranno «in scena» rielaborazioni create per l’occasione o (re)inventate sulla base di ricette classiche e accompagnate ai vini che meglio le rappresentano. Il tutto a prezzi accessibili: 7 euro per il salato, 5 per il dolce, 3 per il vino e 1 euro per l’acqua. I voucher sono in vendita durante gli orari della manifestazione direttamente presso la tensostruttura in piazza della Libertà. La manifestazione darà spazio anche ai giovani chef e pasticceri con il concorso per nuovi talenti organizzato nelle giornate di lunedì 23 e giovedì 26 aprile: 10 giovani chef e 4 giovani pasticceri di età inferiore ai 29 anni si sfideranno sul tema dell’asparago e sullo snack per i bambini. Cuochi in Scena è aperto dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 23 e il sabato, la domenica e il 25 aprile dalle 12 alle 23.

I RISTORANTI IN PIAZZA Anteprima;Antica Osteria Dei Camelì;Antico Ristorante del Moro; Arti; Baretto di S. Vigilio; Benigni Ambulatorio Gastronomico; Bobadilla; Casanova; Civico 17; Cucina Cereda; Da Vittorio; Della Torre; Enoteca Zanini Osteria; Fatur; Frosio Ristorante; Ol Giopì e La Margì; I Sapori di Terra e Mare; Il Gourmet; Il Pianone; Il Saraceno; L’Osteria di Via Solata; Le Cantine D; La Caprese; La Corte del Noce; La Marianna; Osteria del Piajo; Papillon Ristorante; Ponte di Briolo; Porta Osio; Posta; Ristorante al Rustico Villa Patrizia; Collina; Giordano; Loro; Pampero; Zu’; Roof Garden; Trattoria Del Tone; Il Beccofino;Trattoria Visconti. Dieci i Jeunes Restaurateurs d’Europe - Italia: Roberto Andreani del ristorante Via del Borgo (Concorezzo), Davide Botta dell’Artigliere (Brescia), Luca Collami del ristorante Baldin (Genova), Daniele Usai del ristorante Il Tino (Roma), Danilo Bei del ristorante Emilio (Ascoli Piceno), Marcello Trentini del Magorabin (Torino), Cristian Pircher del ristorante Kirchsteiger (Bolzano), Christian Milone del ristorante Zappatori (Torino), Fabio Granata del ristorante L’Arsenale (Cavernago d’Adda), Stefano Pillan del ristorante Zenzero (Vicenza).

LE PASTICCERIE Civus; Officina Del Dolce; Paolo Riva; Pasqualina; Cavour; Cortinovis Giancarlo; Gamba Dalmine; Gamba Martinengo; Giovanni Pina; Morlacchi; San Giuseppe; Silvio; San Francesco; Vanotti; Giovanni Cavalleri; Dolce Reale di Montichiari; Pasticceria Roberto.

LE AZIENDE VITIVINICOLE Angelo Pecis; Biava; Bonaldi; Casa Virginia; Castello degli Angeli; Colle dell’Aia; Eligio Magri; La Brugherata; La Caminella; La Rovere; Le Colline; Le Corne; Locatelli Caffi; Magri Sereno; Monzio Compagnoni; Sant’Egidio; Savoldi;Tallarini;Tosca;Vinidivini. Per maggiori dettagli: www.bergamofestival.it

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SCELTE DI GUSTO di Riccardo Lagorio

Non solo maiale. Anche carni di manzo, di pecora o di asino sono utilizzate, nella tradizione bergamasca, per realizzare insaccati e prosciutti. Poco conosciuti, sono legati alle attività pastorali e una loro riscoperta può essere un’opportunità in più per tenere viva la montagna

I salumi che non t’aspetti

S

ino a qualche anno fa, la provincia di Bergamo deteneva il primato in Lombardia nell’allevamento di struzzi. In effetti vi fu, alla fine degli anni Ottanta, un’esplosione di interesse esse per questa carne, con la quale alcune aziende ende agricole intrapresero la produzione e di salumi. Tuttavia, come spesso accade de in un settore sensibilmente legato o alla tradizione come quello della salumeria, risultò complicato fare accettare al mercato l’originalità di salumi prodotti con tale carne. A complicare le cose, la cosiddetta influenza aviaria agli inizi del XXI secolo decretò cretò la pressoché cessazione dell’allevamento di struzzi e la conseguente produzione di salumi. Le ragioni che rendono interessante la produzione di salumi alternativi a quelli suini sono in verità molteplici, oltre ad esistere nell’area di Bergamo motiva-

zioni storiche ben radicate. Tra le prime, senz’altro il crescere numerico delle comunità dove è messo al bando il consumo di carne suina, ma soprattutto, come elemento caratterizzante la storia della nostra terra, la caratterizza lunga tradizione pastorale contrassegnatr ta dall’allevamento ovicaprino e bovino. E se i formaggi, provenienti da animali al pascolo, in sintonia con l’eccezionalità dei luoghi, sono riconosciuti come eccellenti e rinomati per questo, e altrettanto utile per il mantenial mento dei pascoli e la tutela delle m comunità montane potrebbe esseco re l’utilizzo di animali da carne per elaborare salumi. Un ruolo strategico per mantenere viva la montagna l'hanno proprio i prodotti derivanti dalla trasformazione della carne, riserva di lipidi e calorie. Idealmente il

E a Torre de’ Roveri si produce il salame di cinghiale È di suino, ma non è certo consueto, almeno dalle nostre parti, il salame di cinghiale. L’azienda agricola La Rovere di Torre de’ Roveri lo produce nel laboratorio autorizzato in funzione da tre anni, con carni provenienti dal proprio allevamento. «La famiglia di mio marito – racconta Michela Moretti che con il consorte, Vincenzo Magri, conduce La Rovere – alleva cinghiali da almeno una

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trentina d’anni, destinando le carni alla propria attività di ristorazione. Con la creazione dell’azienda agricola e grazie alla passione di Vincenzo per i cinghiali e l’arte norcina, è nata l’idea di dedicarsi alla produzione e vendita diretta di salami, di maiale e cinghiale, come occasione per migliorare la redditività e differenziare l’offerta, incentrata sui vini». L’allevamento dei cinghiali, in par-

ticolare, è a ciclo chiuso (significa che la riproduzione avviene in azienda) e gli animali, una cinquantina in tutto compresi i cuccioli, sono allo stato semibrado, hanno cioè la possibilità di muoversi liberamente nella porzione di bosco di proprietà delimitata da un recinto. Ciò fa sì che non raggiungano mai grandi stazze. «Per il salame utilizziamo solo carne di cinghiale – dice ancora Michela


pensiero va ai bovini, utilizzati un tempo nel lavoro dei campi, ma anche nella produzione di saporiti salumi. Il coraggio e l’assiduità di Ferdinando Quarteroni, che dal gennaio 1990 ha aperto l’agriturismo Ferdy a Lenna (telefono 0345 82235), sono stati più volte premiati con i riconoscimenti del pubblico. La famiglia Quarteroni, rifacendosi alla cultura locale, propone ad esempio salsicce di manzo. «Il bovino è sempre stato macellato in Valle Brembana, fa parte della cultura locale il consumo di salsicce a base di carne di manzo o di vacca a fine carriera. Talvolta alla carne bovina si aggiunge carne di suino per mantenere morbido l’impasto; sempre però il grasso utilizzato è quello suino», tiene a sottolineare Quarteroni. Molto diffusa ed apprezzata nel bacino imbrifero dei torrenti Enna e Parina la salsiccia di manzo. Ciò testimonia lo stretto legame esistente tra cultura casearia e una certa produzione di salumi. «In Val di Scalve la salsiccia di manzo, di solito dalla forma tozza e cilindrica assume un aspetto ad U, ovvero di semianello a due pezzi». Lo fa notare, ed è nostra cura evidenziarlo, Alberto Pizio dell’omonima macelleria di Schilpario (telefono 0346 55090). Empiricamente tra il fiume Serio ed il fiume Dezzo non è poi raro reperire salsicce che partono da un impasto di carne di cavallo o di asino. «Per i lavori duri si è sempre utilizzato l’asino e quando diventava inservibile si procedeva alla preparazione di salsicce», riprende Ferdinando Quarteroni. «Nel nostro agriturismo, accanto a preparazioni come il brasato, la salsiccia di asino è molto richiesta». In alcune aree dove sopravvive la parlata gaì, quella lingua comune ai pastori transumanti delle valli bergamasche e della Val Camonica, quando la salsiccia risulta di forma estremamente ridotta (la si potrebbe definire… cacciatorino) talvolta, presso gli anziani, viene definita con il termine sincù. Il sincù viene elaborato con carni di manzo, asino, ma anche ovicaprine. La salsiccia di pecora è infatti un altro prodotto molto apprezzato dagli avventori dei Quarteroni. Il taglio delle carni avviene con piastre dal diametro di 6 mm e nell’impasto

Moretti – mentre la parte grassa è costituita da pancetta di maiale, perché il grasso del cinghiale

trovano spazio pepe, cannella, noce moscata, sale e vino, che energicamente si combinano e insaccano. «Il consumo avviene dopo breve tempo dalla produzione, dieci o venti giorni al massimo benché, se si vuole un prodotto più compatto, la stagionatura possa continuare per qualche settimana ancora».Anche in questo caso viene aggiunto grasso suino. Con la carne di agnello nell’area di Fino del Monte, Castione della Presolana e in Val di Scalve si deve rimarcare l’elaborazione della castradina, il cui termine, informa Tobia Tomasoni, macellaio locale, pare mediato dalla tradizione brianzola, pure terra di greggi. La castradina viene tuttora prodotta in frazione Dorga dalla macelleria di Fabrizio Ferrari (telefono 0346 31148), «soprattutto ad uso dei numerosi turisti estivi e invernali. La carne di agnello viene lasciata qualche giorno a macerare in una concia con aglio, pepe, cannella, alloro, chiodi di garofano, noce moscata, ginepro, vino e sale. Successivamente viene lavata e lasciata stagionare in un idoneo ambiente».Tagliata a sottili fette, si presenta agli occhi con colore rosso vivo e al gusto con note intense e piacevoli. Un prodotto simile si rintraccia nei territori compresi tra Bossico, Ardesio e Gromo. Secondo le informazioni ricevute anni fa dal pastore Antonio Balduzzi, originario di Rovetta, sull’Alpe Cardeto (comune di Gandellino) e sull’Alpe Venano (comune di Schilpario) la concia prevedeva l’utilizzo di aceto invece che vino. La medesima usanza era diffusa sui monti dell’alta Val Brembana tra Mezzoldo,Valleve, Foppolo e Carona. Grazie all’intervento di ripopolamento di cervi, lo stesso Ferrari prepara mirabili prosciutti di selvatici, molto graditi dai visitatori provenienti dalla città e dal capoluogo. La tradizione, si sa, va costruita giorno via giorno e chissà, tra qualche tempo, anche il prosciutto di cervo sarà occasione per parlare di tradizione bergamasche. Ma non ora…

rovinerebbe il sapore e viene interamente scartato. Come il nodi maiale, è privo di stro salame d additivi e lattosio e viene farine, additiv mano». La pezzatura è più legato a mano piccola, dai 6 etti al chilo, rispetto al salame di maiaspet le, ma solo per fare in le modo che il costo del singolo pezzo non risulti troppo aalto. Per via del grande scarto e del maggiore calo in fase di stagio

gionatura, il salame di cinghiale viene venduto a 25 euro al chilo contro i 18 di quello di maiale. «È più magro di quello di maiale, ha un colore più scuro ed un sapore più deciso – spiega Michela –. È apprezzato da chi cerca qualcosa di diverso e si sta rivelando l’ideale complemento per i nostri vini». Può essere acquistato in azienda (info su www.larovere.org) o all’agrimercato della Coldiretti del venerdì mattina in piazza Pontida a Bergamo.

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IL LOCALE

“Polisena - L’altro Agriturismo”, la buona cucina punta sul biologico Aperto da pochi mesi, il locale di Pontida guidato dal giovane chef Francesco Locatelli (esperienze al Miramonti L’altro e al Roof Garden) fa leva su una proposta legata al territorio e alle proprie produzioni Francesco Locatelli

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ul sito internet, l’intestazione è chiara: ristorante biologico per buongustai. Poche parole, per un messaggio che vuole essere diretto e senza equivoci. In quel di Pontida, il “Polisena - L’altro Agriturismo”, naturale evoluzione dell’avventura avviata da Marco Locatelli e dalla moglie Tosca Comi con l’Azienda Agricola Tosca, vuol mantenere quel che promette, in linea con la filosofia che ispira ogni mossa: ovvero, produrre nel rispetto totale dell’ambiente, seguendo i dettami dell’agricoltura biologica, che si parli di vini, di allevamenti o di coltivazioni. Ecco spiegato perché i piatti che si possono gustare al ristorante sono preparati partendo da ingredienti ottenuti da agricoltura e allevamenti a impatto zero. "Nella nostra cucina vengono utilizzate prevalentemente materie prime provenienti dall’azienda agricola Tosca. Per gli altri prodotti è stata fatta un’attenta ricerca per poter offrire le migliori realtà Dop e Igp del territorio", spiega il giovane chef, Francesco Locatelli, 20 anni, figlio dei fondatori, che può far leva sul supporto in sala del fratello Romildo, del papà sommelier e della mamma nella gestione generalle dell’agriturismo. inaugurato a metà ottoIl ristorante, ina bre dello scorso anno ((da poche settimane

sono aperti anche il centro benessere, le camere dell’agriturismo, 4 junior suite e una suite con spa privata) può contare su una cinquantina di posti.“Numero che resta invariato anche con lo spazio esterno - spiega Francesco - per mantenere inalterata la qualità della proposta”. Scelta che viene replicata anche per le due sale, 80 posti in tutto, riservate alla banchettistica, ambito che potrà beneficiare della stessa linea di cucina. “Cucina - spiega il giovane chef, diploma all’ alberghiero di Nembro ed esperienze alla Cantina Lemine di Almenno e negli stellati “Miramonti L’altro” di Concesio e “Roof Garden” di Bergamo - che resta legata alla stagionalità dei prodotti e al territorio. La tendenza è quella di privilegiare le nostre produzioni, quindi le carni avicole e d’agnello, le verdure, il vino prodotto dall’azienda Tosca. Dall’esterno arrivano, in particolare, la carne di manzo dall’allevamento biologico Cascina Gaggioli e lo storione dall’Agroittica di Calvisano. Diamo inoltre spazio ai formaggi principi delle orobie in degustazione con marmellate e mieli di nostra produzione, ai salumi bergamaschi e a qualche chicca del territorio, come lo zafferano della Val San Martino". "I dessert, le paste fresche e il pane - aggiunge ancora Francesco - sono

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preparati in casa, con farina macinata a pietra, per il 50% di nostra produzione". È una cucina leggera, ma al tempo stesso saporita - tiene a precisare lo chef -, che non esita a ricorrere alle più moderne tecniche di cottura e di conservazione, come il sottovuoto, per esaltare al meglio l’eccellente materia prima. Tra le proposte spiccano due menù particolari (a 40 euro, bevande escluse). Quello della “Tradizione” contempla il Mantecato di baccalà all’olio extra vergine di oliva del Garda con polentina bianca, i Casonsèi de la bergamasca, le Costolette d’agnello al timo con polenta integrale di farina di mais e il dessert a scelta dalla carta. Quello di “Terra” opta invece per abbinamenti con birre artigianali dell’“Officina” e prevede lo Sformatino ai carciofi, fonduta al parmigiano 30 mesi e pancetta croccante, i Tagliolini viola di bietola al ragù d’agnello, il Filetto di maialino da latte in crosta con mele al garofano e broccoli in crema e il dessert. Chi vuole, può comunque scegliere liberamente alla carta, con un prezzo medio che si aggira sui 35 euro, vini esclusi. A proposito di cantina, sono una cinquantina le etichette attualmente in carta, tutte italiane, con una prevalenza di produtto lombardi, sempre di origine biologica. “Siamo partiti da poco, ma con le idee chiare - conclude Francesco, anche sommelier Ais dal gennaio 2010 -, convinti della nostra proposta, ma soprattutto fieri dell’ etica di fondo che anima tutto il nostro progetto”.


IL PERSONAGGIO di Lelia Parisi

Il signore delle brioche che dà la sveglia a mezza Lombardia La storia di Filippo Trovato, patron della Pasticceria Florian. Dal laboratorio ati all alba arrivano di Pedrengo, ogni giorno 12mila cornetti e treccine sfornati all’alba sui banconi di Milano, Crema e Bergamo.“Tutte fatte a mano, una per una”. E ora il sogno realizzato con il ristorante “Florian Maison” a San Paolo d’Argon

P

er oltre 20 anni ha addolcito con i suoi cornetti il risveglio di migliaia di lavoratori, perché, se “il buongiorno si vede dal mattino”, a maggior motivo lo si vede dalla prima colazione. Modi semplici e un sorriso che si affaccia schivo dalle fessure degli occhi: così si presenta Filippo Trovato, e fatichi a ritagliare su quei modi l’immagine preconfezionata dell’imprenditore di successo. Un velo di stanchezza depositato sulle linee ispessite del volto tradisce una vita di fatiche e notti insonni. Una storia in apparenza come tante, quella di Trovato, migrante siciliano negli Anni ‘60. Nel ‘66 lascia la sua verde Nicosia (Enna). Ha 16 anni e i profumi della sua terra tatuati sotto la pelle.A portarlo a Bergamo, complice la mediazione di uno zio di stanza al Nord, un posto come tecnico alla Philco. Uno stipendio sicuro, il sogno sognato da milioni di italiani che farà esplodere l’Italia del boom. Alla Philco Filippo non ci andrà mai. Il caso, in combutta con il destino, si è divertito a rimescolare le carte. La sua carta è Mimmo, la pizzeria di Città alta che cerca un apprendista cuoco. A Filippo la cucina piace. È la strada che lo risintonizza sulle sue frequenze naturali, che lo ricongiunge ai suoi sapori iniziali. Incoraggiato dalla proprietà, dopo qualche anno è in città bassa a guadagnarsi da vivere con un ristorante pizzeria. Poi ne apre un secondo. Quindi cede tutto e nel 1987 compra la licenza per una paninoteca con ristorante. L’attività si consolida e Filippo la correda di una pasticceria, dove sfoggia i suoi cannoli siciliani. Ma intanto il destino gli ha già confezionato una nuova occasione. «È il 1990. Una vicina pasticceria - racconta - cessa l’attività e i rappresentanti sguarniti mi chiedono la fornitura di brioche per la loro rete di clienti.

È il salto di qualità, l’occasione one che bussa alla porta». Benché digiuno di qualunquee esperienza nella distribuzione, Filippo o decide di affrontare l’investimento, indebitandosi debitandosi con un capannone a Pedrengo, ngo, senza dar retta a nessuno. Una scelta elta che in breve tempo consacra il marchio rchio Florian. «Infornavamo brioche tutta la notte. Un lavoro massacrante». e». Che a un certo punto gli impone di separarsi dal suo primo amore, la ristorazione. Ma non è un addio. L’idea idea di un ristorante di prima classe che da tempo gli aleggia in testa è solo olo momentaneamente congelata. Gli ordinativi e il fatturato nel frattempo mpo crescono. Nel 2000 trasferisce l’attività ’attività in un capannone di 3mila metri ri quadrati, sempre a Pedrengo. Pasticceria eria aperta 24 ore su 24, con laboratorio o artigianale annesso. Da lì, ogni giorno, 12mila cornetti e treccine sfornati all’alba lba arrivano sui banconi di mezza Lombardia: ardia: Milano, Crema, Bergamo. «Tutte fatte a mano, una per una». Poi, consolidata l’attività e onorati i mutui, il suo istinto lo riporta ancora lì, sui colli di San Paolo d’Argon dove 15 anni prima aveva acquistato una na cascina in rovina immersa in alcuni ettari ttari di bosco e prati ondulati, in attesa del momento propizio, quello che i Greci ci chiamavano kairòs. Ed esattamente comee nel ’66, quando il destino l’aveva riconciliaconciliato con la propria natura, decide ide che è il momento giusto per daree vita al Filippo Trovato

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IL PERSONAGGIO progetto. Confermando che in fondo le nostre predisposizioni sono come un programma già scritto. Per quanto i casi della vita ci costringano ad allontanarcene, prima o poi il “nostro programma” ci rimette in carreggiata. E poi è proprio nei tempi di crisi che si deve avere il coraggio di rischiare. Le crisi son fatte anche per questo,

per ripensare le cose, trovare nuove sintesi. La sintesi di Trovato è questo piccolo angolo di paradiso, Florian Maison, un sogno pensato sempre al futuro che ora sta mettendo un piede dopo l’altro dentro il presente. Un ristorante d’alto livello, ma al tempo stesso accessibile con formule tailor-made e un lounge bar con musica live aperto fino a

E IL SUO RISTORANTE

Al “Florian Maison” l’emozione di una cucina classica A delineare la proposta, tra terra e mare, lo chef Johnny Pedretti

E

ntrare al Florian Maison è un po’ come entrare nella mente del suo proprietario.Attraverso gli occhi: due giganteschi “archi sopraccigliari” - «oculari di binocolo», precisa Trovato - in legno che, incorniciando la grande vetrata della sala pranzo, sembrano “zoomare” sulla terrazza e le vaste distese dei prati, ma progettati al tempo stesso come contraltare alle rigorose linee classiche dell’edificio, un’ex cascina contadinaa in tipico stile lombardo. Una soluzione che fa della polarità una delle chiavi di lettura di questo locale, capace di mescolare con disinvoltura la linea e la curva, il formale e l’informale, l’antico e il contemporaneo, l’armonia del marmo e il calore della pietra. Del Florian capisci subito che nasce da un sogno perché Trovato l’ha voluto perfetto, ridondante, si potrebbe quasi dire, di ogni cosa. E poi perché ci ha riversato una squadra di prim’ordine, tutta bergamasca: il direttore Angelo Crivena, il sommelier Oscar Mazzoleni, lo chef Johnny Pedretti, oltre a un concetto innovativo di ristorazione che moltiplica le prospettive anziché rinchiuderle nella formula obsoleta del servizio alla carta inchiodato ai tavoli, con il menù di lavoro come massimo diversivo. Uno spazio “mobile”, quello del Florian, che ti sposta dal cocktail & lounge bar (aperto dalle 8,30 alle 24) al ristorante, dalla cantina con i suoi percorsi di degustazione fino al brunch domenicale, all’insegna della massima libertà di movimento tra indoor e outdoor, e di scelta

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anche nei prezzi (aperitivi con menù dedicati dai 25 ai 45 euro, brunch a 45 euro, vini inclusi, gratuito per bambini fino a 6 anni e sconto del 50% oltre). Uno spazio aperto a esperienze plurime, che vuole soprattutto emozionare, se è vero che il cliente, anche al ristorante, cerca innanzitutto un’esperienza emozionale. Qui l’emozione è potenziata dalla qualità dell’offerta, con una cucina affidata dat alle cure di Johnny Pedretti, 32 anni, allievo prediletto di Sergio Mei, e della sua brigata di p quattro aiuti, e amplificata da prodotti d’eccellenza del territorio. Senza dimenticare che quello di Pedretti è però un concetto “allargato” di territorio, che ingloba qualsiasi spazio geografico che vanti un prodotto “fors te” te a cui attingere per poi costruirsi un territorio mentale e gastronomico di riferimento. Al Florian la cucina ha scelto di scommettere sul classico. Una cucina classica di terra e di mare, che al tempo stesso vuole essere un diagramma delle tendenze in corso e dunque anche “un viaggio nella memoria alla ricerca di sensazioni offuscate dal tempo”. Tributarie della lezione di Mei sono le verticali scelte come formula per l’antipasto. Tre piccole variazioni su sei diversi temi (scampo, tonno, polpo, capasanta, asparagi e manzo crudo, al prezzo di 18 euro l’uno e 6 euro a porzione) che vogliono offrire più punti di vista sullo stesso prodotto. Una dimostrazione che il prodotto dice quello che sai fargli dire, se sai “stimolarlo” con i dovuti abbinamenti e accorgimenti, e, quindi, un innegabile tributo alle capacità tecniche, essenziali per trovare i giusti


mezzanotte. Un posto dove sentirsi liberi, dove costruirsi la propria serata, la propria cena, i propri spazi su misura. Lontano e vicino dalla città. Così lo ha concepito Filippo Trovato, un inno al benessere, alla natura, ai profumi della terra, che sia quella bergamasca o la materna Trinacria, alla giovinezza mai effettivamente vissuta. Trovato sa che il suo destino

voleva portarlo qui e che le circostanze l’hanno assecondato. Destino e caso sono stati, ancora una volta, complici. Ma il segreto del suo successo? Il viso di Filippo si contrae in un grumo di pensosità. Poi, con quella sua parlata lenta, spennellata di musicalità ennese: «La calma. Saper attendere quando c’è da attendere e saper

“accordi” tra le diverse sfumature deii prodotti. Nella pregevole verticalee di tonno crudo, per esempio, trovia-mo un cubo con salsa di acciughee e zucchine, accanto a una tartare con mozzarella di bufala, rafano e capperi, ri, e un carpaccio con cipollotto e pomodoro. Tre diversi giochi di contrasto tra nota dolce e nota piccante, per esaltare in tre modi diversi l’espressività del tonno. Altro esempio felice di equilibrio dei sapori, il tortello farcito di granchio, porro e borragine con il suo brodetto e fiori di cartamus (simili allo zafferano, ma più delicati). Un piatto che può essere eletto a manifesto della cucina del Pedretti, con i suoi sapori meditati, la ricerca dei massimi contenuti nella forma minima. I secondi riconfermano questa impostazione addentrandosi nei territori della tradizione soprattutto nella linea di terra, che affianca quella più sofisticata di mare, che ama invece riproporre le polarità dolce-salato in modi, tra l’altro, mai scontati.Vi troviamo, tra gli altri, un ottimo pollo nostrano alla brace con salsa al Franciacorta e una curiosa insalata di acetosella che lo chef coltiva nel giardino adiacente la cucina insieme a tutte le altre piante aromatiche utilizzate nei suoi piatti. Dolci ricercati nei sapori e nelle architetture chiudono il pranzo alla carta, che viaggia attorno ai 70 euro per un pasto completo (55 euro per antipasto, secondo e dolce), vini esclusi.

cogliere l’attimo propizio quando si presenta, senza voltarsi indietro». E racconta un aneddoto: «A Nicosia se un’auto si blocca in mezzo alla strada perché il conducente si è fermato a salutare un passante, non suoni il clacson, né ti scaldi. Semplicemente, aspetti che abbia finito. Quel tempo, in ogni caso, non sarà stato sprecato…».

IIL GIUDIZIO AMBIENTE A Im Immerso a metà collina nel verde di boschi e prati, prati a pochi chilometri dalla città, il Florian è un locale raffi raf nato, frutto di una pregevole ristrutturazione dell’ex Cascina Fontanino che ne ha lasciato inalterate forme e volumi, integrandole con elementi di modernità e comfort. Gli ambienti interni ospitano un centinaio di coperti, replicabili nell’elegante terrazzo che si affaccia sui prati e sull’antico monastero benedettino. La direzione del Florian è stata sapientemente affidata da Trovato ad Angelo Crivena, specializzato nell’avvio di locali di prestigio, sommelier Ais, con esperienze come maître a S. Moritz, a Londra e al Principe di Savoia.

SERVIZIO Tra le tante formule offerte dal Florian, c’è anche l’angolo delle eccellenze del territorio dove si possono acquistare prodotti introvabili nei normali canali di vendita. Il brunch domenicale potrà avvalersi in estate degli spazi di un parco giochi per bambini con laghetto, in costruzione. «Chi verrà per il brunch - precisa Crivena - potrà fermarsi tutto il pomeriggio negli spazi aperti di pertinenza del Florian, 5 ettari tra giardino, prati e boschi con percorsi che portano in Valpredina. Da giugno saranno invece pronte le sei camere che faranno del Florian un relais a tutti gli effetti».

CANTINA Affidata all’estro e alle doti del sommelier Oscar Mazzoleni, classe 1979, esperienze in locali di prestigio, come l’Osteria di Via Solata e il Devero di Bartolini, la cantina è ancora in progress.Attualmente conta 150 etichette distribuite su tutto il territorio enologico italiano, con ampia scelta di Champagne, ma anche Franciacorta e Valcalepio. p.s.

RISTORANTE FLORIAN MAISON via Madonna d’Argon San Paolo d’Argon tel. 035 4254202 chiuso la domenica sera e il lunedì Da sinistra Oscar Mazzoleni, Johnny Pedretti e Angelo Crivena

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LA PROPOSTA

, dalla carta delle birre nuove opportunità per la ristorazione

I

l mercato mer delle birre speciali in Italia, anche se sta vivendo ancora propri passi nella sua diffusione, i prop è in piena pien espansione. Gli “spiragli “spira di luce” emersi un paio di anni fa hanno acceso la curiosità su questi prodotti e quel che all’inizio p sembrava solo una moda passeggera, oggi rappresenta a tutti gli effetti un rapp fatto culturalmente e gastronomicacult mente acquisito. ac Complice, Complic sicuramente, anche il fatto che la birra è una bevanda naturale b e può rappresentare una nuova opra portunità portun da sfruttare nell’ambito della ristorazione. ri La spumeggiante bevanda, del sp resto, resto può vantare un suo ricco panorama di profumi e gusti pan e, tra t gli addetti ai lavori e tra gli esperti, si è compreso che rappresenta un mondo mera ritevole di essere esplorato, r conosciuto più a fondo e proposto ai consumatori. Se di fatto nei bar, e soprattutto nelle birrerie, è abbastanza nor male trovare una scelta interessante di etichette, nella ristorazione questo sta avvenendo solo da poco. E, dato il fenomeno piuttosto recente, con qualche comprensibile “diffidenza”. Tuttavia, una volta compreso che l’apparente semplicità della bevanda nasconde continue scoperte in grado di catturare nuove attenzioni da parte dei consumatori, sempre più alla ricerca di nuove

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esperienze in campo alimentare, diventa facile capire come la birra speciale meriti la giusta attenzione. I fratelli Rota, titolari della 4R di Torre de’ Roveri, hanno percepito questa tendenza, intuito lo scenario che si sta delineando e, senza perdere di vista un concetto basilare - ovvero che questa bevanda è e rimane di carattere popolare - hanno da tempo presentato una carta delle birre, espressamente dedicata alla ristorazione, che racchiude tutti gli elementi importanti per determinare il successo dell’offerta. Si tratta di una proposta in grado di soddisfare simultaneamente le esigenze economiche degli operatori e quelle gustative dei consumatori. Il vertice operativo dell’azienda bergamasca - leader nella distribuzione di bevande - ha intrapreso un percorso legato all’obiettivo di selezionare prodotti che siano intriganti a livello qualitativo, ma che si presentino con

Birrificio Nazionale Questo progetto è dedicato alla birra artigianale italiana. Dopo lo studio su una ricetta esclusiva nasce Cuvèe Millesimata. Con il marchio si evidenzia la valenza del territorio del nostro paese e della nostra cultura e si sottolinea l’importanza della singola cottura.


un interessante prezzo rispetto alle attuali proposte del mercato. Insomma, il giusto rapporto tra costi e qualità. Seguendo questa linea guida, alla Quattroerre hanno scelto produttori con un alto valore aggiunto, sia d’immagine che di marketing: le tedesche Herrnbräu (fresche di riconoscimento della Dop) e Leikeim o le belghe Carlo V° e Abbazia di Tongerlo, ne sono un’evidente prova. Aver poi dato vita ad un marchio tutto italiano, parliamo di Birrificio Nazionale, permette alla Quattroerre di completare la gamma con una birra “ruffiana” e di qualità, commercializzata in bottiglia da 75 cl. dedicata alla ristorazione. Una svolta nelle politiche commerciali dettata dalla consapevolezza che sempre più consumatori chiedono all’interno di ristoranti e pizzerie birre diverse dalle solite. Infine, la possibilità di realizzare delle carte personalizzate (con tanto di nome del locale e presenza delle tipologie scelte) permette di evidenziare con efficacia ed eleganza quanto si vuole proporre ai propri clienti. A conclusione di tutto, è comunque giusto rimarcare che inserire la birra nella ristorazione italiana non è facilissimo, o meglio, non può essere una scelta casuale e immediata. Esiste una cultura che va scoperta e

conosciuta per permettere una selezione elaborata in funzione della cucina proposta. Ecco spiegato, allora, perché è necessario essere affiancati da operatori professionali capaci di interpretare al meglio questa evoluzione. Il consulente preparato, in grado di cogliere tutte le peculiarità e i valori di una proposta gastronomica, saprà affiancare anche la giusta carta delle birre e regalare al cliente un valore aggiunto ulteriore.

Novità 2012 A Ingolstadt, la città dove fu emanato il famoso "editto bavarese della purezza" del granduca Guglielmo IV nel 1516, ha la sua sede una delle birreerie bavaresi più ricche di tradizioone: la Herrnbräu. Da oltre 130 anni producono secondo l'antica arte brassicola bavarese. Dal 2012 tutte le birre di questa azienda hanno ottenuto la Dop.

4R DISTRIBUZIONE VINI E BEVANDE via Guglielmo Marconi, 1 - Torre de' Roveri - tel. 035 580701 www.quattroerre.com

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L'ITINERARIO di Giordana Talamona

“Così l’Oltrepò Pavese ha deciso la svolta” Parla Paolo Massone, presidente del Consorzio di Tutela:“Il percorso verso la qualità è ormai avviato. Non è facile, ma abbiamo già raggiunto risultati interessanti”.“Puntiamo in particolar modo su Bonarda e Cruasè”. “I mercati di sbocco? Prevalentemente il nord Italia, ma ci stiamo affacciando anche negli Usa”

C

bottiglie all’anno. Tuttavia pur essendo partiti da zero, in on quasi l’80% delle aziende iscritte nella zona pochi anni, abbiamo già avuto degli interessanti risultati”. di produzione, il Consorzio dell’Oltrepò Pavese “Per esempio? è una realtà rappresentativa di quegli obiettivi di “Le guide nazionali e regionali hanno riconosciuto la quarinnovamento condiviso che si sono sviluppati negli ullità dei nostri vini di collina, premiando timi anni. Dopo l’ottenimento nel 2007 l’Oltrepò con almeno 6 o 7 eccellenze della Docg per lo spumante metodo ogni anno. Di contro si continua ancora classico rosé, prodotto da Pinot Nero in con un’alta produzione di vino base per purezza, il Consorzio ha costituito il martutti i giorni, cosa che non ci fa vergochio Cruasé per dare una nuova identità gnare, visti gli attuali momenti di crisi”. a tutta la zona. Di questo, e di molto alIl consumatore medio si è accorto tro ancora, parliamo con Paolo Massone, che l’Oltrepò non è più solo damipresidente del Consorzio dell’Oltrepò giana? Pavese. “In parte sì, ha percepito il cambiamenCom’è cambiato il territorio in queto qualitativo legandolo, però, più alla sti anni? singola azienda, che alla denominazione “L’Oltrepò sta gradualmente modificangenerale dell’Oltrepò Pavese. Il nostro do la propria produzione mirando ad obiettivo è trasformare questa tendenza una qualità sempre più alta. Certamente in modo che la qualità sia percepita sulla il percorso non è facile, il territorio è vaPaolo Massone denominazione e su tutto il territorio”. sto, con una produzione di 70 milioni di

Le cantine da visitare Partendo dalla zona più orientale dell’Oltrepò, seguendo la strada statale 10 Padana Inferiore, potete visitare i comuni di San Damiano al Colle e Rovescala, proprio al confine con la provincia di Piacenza. È in questa zona che si producono i due vini a bacca rossa più noti del territorio, la Barbera e la Bonarda, quest’ultima chiamata localmente Croatina.Anche il Pinot Nero è coltivato nella parte orientale dell’Oltrepò, dove trova buona esposizione e terreni vocati che consentono una perfetta maturazione delle uve. In questa parte di territorio i vini rossi, siano essi fermi o vivaci, sono contraddistinti da buona struttura e una

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favorevole predisposizione all’invecchiamento, caratteristiche che si esprimono nel bicchiere con sostanziali differenze in base alla tipologia del vitigno e all’eventuale passaggio in legno. I bianchi al contrario non trovano un terroir particolarmente adatto, per questo spesso si preferisce vinificare il Pinot Nero in bianco. Proseguendo l’itinerario verso sudest, attraverso la Valle di Scuropasso, potete raggiungere i comuni di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi, Casteggio, Mornico Losana e Rocca de’ Giorgi, dove si trova la massima espressione qualitativa per il Riesling. In questa zona è stata costituita, da pochi anni, un’associazio-

ne di viticoltori per la promozione di questo vitigno di origine mitteleuropea, che trova un terroir particolarmente vocato in questi comuni, grazie alla presenza di gesso nel terreno. Continuando il giro potete raggiungere la zona di Valle Versa dove si concentra la storica produzione degli spumanti a base Pinot Nero, oggi col progetto Cruasé, seguita anche dalle altre zone dell’Oltrepò. Gli spumanti metodo classico rosè, da Pinot Nero in purezza, hanno caratteristiche differenti in base alle zone di produzione. Se infine proseguite sino a Volpara e Golferenzo, potrà capitarvi di bere uno buono spumante dolce, da uve Moscato.


Quali sono i vostri mercati di riferimento? “Il nord Italia, principalmente Veneto, Liguria e Piemonte, con delle grosse punte di vendita in Lombardia”. Su quali vini puntate? “In particolar modo su Bonarda e Cruasè, più alcuni vini di zone delimitate.Trovo che la Bonarda, per esempio, sia un vino non banale, ma al contempo non impegnativo, venduto mediamente dai 3 ai 4 euro a bottiglia, che possa accompagnare degnamente, tutti i giorni, il pasto degli italiani. Il 40% dell’imbottigliato viene venduto fuori dalla Lombardia, prevalentemente nel nord”. Mentre il Cruasé? “Si tratta di un metodo classico da Pinot Nero in purezza, su cui crediamo molto e che rappresenta il vino di punta del territorio”. Perché puntare proprio su questo prodotto? “Perché abbiamo una lunga tradizione di spumantizzazione che non ha mai avuto un progetto solido e comune di promozione. Gli obiettivi sono quelli di vedere aumentare sia la produzione sia le cantine che spumantizzano Cruasé. Ad oggi su 215 soci iscritti al Consorzio, sono quasi 40 quelli che lo producono, con 1 milione circa di bottiglie in catasta”. E la vendita? “Non arriva ancora a 500mila bottiglie, ma speriamo possa salire, nonostante la crisi”. Quali sono le caratteristiche organolettiche di un buon Cruasé? “L’Oltrepò ha grosse differenze territoriali che incidono

molto sulle caratteristiche degli spumanti. A Casteggio, per esempio, si possono avere dei Cruasé grassi, robusti, poco fruttati, mentre a Ruino o a Montaldo Pavese dei prodotti con caratteristiche più floreali e meno corpo”. Avete già puntato verso l’estero? “Ci stiamo lavorando, anche se al momento non abbiano ancora i numeri necessari. Tuttavia ci stiamo muovendo anche sul mercato americano, sia col Cruasè che con la Bonarda”. Da qualche anno c’è un altro importante progetto in Oltrepò Pavese che riguarda la Valle del Riesling. State collaborando con l’associazione che l’ha promosso? “No, ma lo stiamo seguendo con attenzione, perché è un progetto molto interessante, su cui l’associazione “Valle del Riesling” sta lavorando bene. Oltre ad aver rintracciato la zona più vocata nei comuni di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi, Casteggio, Mornico Losana e Rocca de’ Giorgi, l’associazione sta dando indicazioni importanti ai produttori per alzare il livello qualitativo di produzione”. È per questo che nel territorio sia sta sostituendo via via il Riesling italico con quello renano? “Proprio così, perché quello italico è mediamente valido, ma il Riesling renano è più adatto a fare vini complessi, profumati e con buona potenzialità di invecchiamento. È quello che dicevamo all’inizio: la nuova filosofia qualitativa dell’Oltrepò è destinata a cancellare una certa confusione del passato”. In che senso? “Troppi vitigni e Doc hanno rischiato di cancellare la nostra identità. È chiaro che ogni azienda è libera di fare il vino che crede, tuttavia come Consorzio ci siamo prefissati l’obiettivo di promuovere la Bonarda, il Cruasé, con delle peculiarità di zona, includendo quindi il Riesling, il Buttafuoco, il Sangue di Giuda, il Casteggio e il Rovescala”.

Ca’ di Frara, qui il Riesling è da provare Azienda fondata nel 1905, trae il suo nome dalla frazione di Casa Ferrari, nel comune di Mornico Losana, dov’è collocata la cantina. Luca Bellani produce in questa zona dei vini rossi a base Pinot Nero, Croatina e Barbera, mentre nel territorio di Oliva Gessi vinifica prevalentemente uve a bacca bianca, ottenendo grandi risultati per il Riesling, grazie al microclima ideale caratterizzato da temperature miti in inverno e caldo-ventilate durante l’estate. Non a caso quest’anno la famiglia Bellani è uscita con una nuova etichetta, il Riesling Oliva, appena 6mila bottiglie prodotte da un territorio gessoso che caratterizza i vini per le note minerali, particolarmente eleganti. L’accoglienza da parte delle guide di settore è stata entusiastica, con un piazzamento piuttosto alto. Stessa storia per un vino storico dell’azienda, il Frater Riserva 2008 prodotto da Croatina (95%) e Pinot Nero

(5%), che è stato affinato per due anni in bararrique e che le guide consigliano con i grandi ndi brasati di selvaggina.Anche il Rosso 2008, proodotto con Barbera, Merlot e Pinot Nero, è traa i vini più rappresentativi di questa azienda, abbinabile con le preparazioni strutturate a base di carne. Non ultimo, per un aperitivo o a tutto pasto, consigliamo il loro “Oltre il classico rosè Riserva 2005”, uno spumante complesso, dal lungo e fine perlage.

CA’ DI FRARA località Casa Ferrari, 1 - Mornico Losana www.cadifrara.it Affari di Gola aprile 2012 27


L'ITINERARIO

Giorgi, il Pinot Nero fa la differenza Fondata 1875, l’azienda Giorgi produce 1 milione e 600mila bottiglie, in tre grosse cantine separate per la lavorazione, il confezionamento e il deposito dei vini. L’azienda possiede 60 ettari vitati, unendo la propria storica tradizione all’innovazione tecnologica delle tenute di Casa del Corno, Colle Camesino e Cassinello. Giorgi produce in terreni altamente vocati il suo vino di punta, il Pinot Nero Brut Giorgio 1870, Gran Cuvée storica 2007, uno spumante da Pinot Nero in purezza, vinificato nificat in bianco, che ha passato 40 mesi sui lieviti. Un prodotto prodot dal buon rapporto qualità-prezzo contraddistinto da un u aroma fragrante, intensi sentori di agrumi e buona persistenza gusto-olfattiva, che può essere abbinato a per tutte le preparazioni a base di pesce. Rimanendo ancora sugli spumanti metodo classico, vale la pena provare su il loro lo Cruasè 2008, che ha passato due anni sui lieviti, abbinabile a tutto pasto. Gli appassionati dei rossi non ab possono mancare il Buttafuoco Clilele 2009, un vino p da d Croatina (60%), Barbera (30%), Uva rara (5%) e Vespolina (5%), che ha fatto un passaggio in barrique e s che c trova un perfetto connubio con gli arrosti e le carni in umido. c

GIORGI - frazione Camponoce, 39 Canneto Pavese - www.giorgi-wines.it

Dove mangiare Al “Ristorante Paradiso” vince la tradizione Se passate per Canevino vi consigliamo di fare una sosta al Ristorante Paradiso, dove potrete degustare i piatti della cucina tradizionale del territorio. In sala vi accolgono Camilla e Bruno, entrambi sommelier, poi lui sparisce con discrezione dietro le quinte, supportando mamma Luigia in cucina, da decenni preziosa custode delle ricette della tradizione. L’ambiente è informale, ma elegante, adatto a chi desidera rifocillarsi dopo aver fatto un giro per le cantine, molte delle quali si trovano a un tiro di schioppo dal locale. Si parte subito con i succulenti salumi del territorio, come il salame di Varzi, la coppa e il salamino dell’Oltrepò Pavese, il lardo e la pancetta, accompagnati dalle conserve di verdure in agrodolce, dai funghi o dalle torte salate.Tra i primi c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma vi consigliamo di non perdere gli agnolotti allo stufato e gli squisiti tortelli magri con ricotta e spinaci, conditi con un sugo a base di burro, salvia, noci ed altri ingredienti gelosamente custoditi e tenuti segreti. Se avete ancora spazio per il secondo potete scegliere tra il brasato di manzo ai funghi porcini o il coniglio al Riesling, che vista la zona non dovreste proprio mancare. I dolci casalinghi completano il pasto. Per due passi digestivi rimanete nella zona, facendo un giro a Canevino da cui si possono vedere in lontananza i suggestivi borghi e castelli di Soriasco e Montù Beccaria in Valle Versa, Cigognola e Rocca de' Giorgi in Valle Scuropasso.

RISTORANTE PARADISO - frazione Caseo Canevino www.ristoranteparadiso.pv.it 28 Affari di Gola aprile 2012


Monsupello, arriva lo spumante con 120 mesi sui lieviti Nata nel 1893, l’Azienda Agricola Monsupello, di proprietà della famiglia Boatti, ha 50 ettari vitati di proprietà, coltivati con una bassa resa per ettaro che permette di mantenere un alto standard qualitativo. Si deve a Carlo Boatti l’ammodernamento dell’azienda negli anni Sessanta e l’acquisto dei terreni nei comuni di Casteggio, RedaSe valle va e Pietra de’ Giorgi. Oggi è Carla con i figli Pierangelo e Laura, ra a seguire le orme lasciate da Carlo Boatti, un impegno che li ha h portati a conseguire importanti riconoscimenti da parte delle guide di settore. La proposta dei vini di livello è piuttosto ampia, p partendo dal Riesling 2010, fresco e minerale, passando per il loro Pinot Nero Rosè Nature, dal profumo tostato, sino al Pinot Nero Classico Nature, vinificato in bianco. Si passa poi ai rossi con il Pinot Nero 2007, dagli aromi complessi e i tannini in evidenza, che si può abbinare all’ossobuco, per ritornare nuovamente sul metodo classico, Oltrepò Pavese Pinot Nero Brut Classese 2004, uno spumante con Pinot Nero (90%) e Chardonnay (10%), molto evoluto, che ha passato 66 mesi sui lieviti. Per quest’anno si attende l’uscita di un nuovo spumante metodo classico da Pinot Nero, in memoria di Carlo Boatti, che ha passato 120 mesi sui lieviti.

MONSUPELLO - via San Lazzaro, 5 Torricella Verzate - www.monsupello.it

“La Pineta”, un tuffo nel Medioevo Un salto a Fortunago, piccolo gioiello medioevale, lo dovete proprio mettere in conto. Si tratta di uno dei cento Borghi più Belli d'Italia, situato su uno sperone montuoso, le cui le abitazioni in sassi conferiscono a tutto l’abitato un aspetto particolarmente suggestivo. Proprio a Fortunago si trova il Ristorante La Pineta di proprietà dalle famiglie Nembrini e Goggi, che lo gestiscono da oltre 30 anni. In cucina lo chef è Danilo, ultima generazione della famiglia, che sa dosare sapientemente la tradizione all’innovazione gastronomica. Non a caso il ristorante ha partecipato per anni a manifestazioni italiane e internazionali, proponendo alcune interpretazioni di piatti estremamente gustosi, come lo sformato di sfoglia di porcini con flan di spinaci, il risotto mantecato con vellutata ai peperoni rossi e stafforella, il rotolo di trota salmonata con crostoni croccanti e salsa di erbe fini, la mousse al caffè con pan di spagna e riso soffiato croccante. Partite dai salumi confezionati personalmente dal padre di Danilo, poi passate alle paste fatte in casa, agli agnolotti, ai ravioli o ai risotti. Per il secondo, gli stracotti e la selvaggina nel periodo invernale sono d’obbligo.Tutti i piatti sono accompagnati dai vini Doc e Igt dell'Azianda Agricola di famiglia, Gravanago, curati da Paolo, enotecnico e dal padre Angelo, vitivinicoltore da molte generazioni.

RISTORANTE LA PINETA - via Roma, 2 - Fortunago www.ristorantepineta.it

Per anni “serbatoio” lombardo del vino sfuso Cir condato dalle provincie di Alessandria, Piacenza e Genova, si apre l’Oltrepò Pavese, un territorio ricco di storia e tradizioni, da sempre legato alla produzione del vino. Con i suoi 13.500 ettari vitati, la zona è il grande serbatoio vitivinicolo della Lombardia, producendo oltre il 60% del vino di tutta la regione. Le ampie colline con suoli argillosi e calcarei, vicine alle molte cantine di produzione, sono collocate nella parte settentrionale dell’Oltrepò, in quella zona che dalla destra orografia del Po si estende verso sud, sino al territorio pedemontano dell’Appennino. Un tempo questi terreni erano frazionati in piccole attività commerciali che si inquadravano, principalmente, nella vendita di vino sfuso di media qualità. In seguito all’impulso della spumantistica proveniente dal vicino Piemonte e con la nascita, in Oltrepò, di importanti realtà imprenditoriali legate alla produzione dello spumante metodo classico, molti viticoltori hanno cominciato ad organizzarsi in realtà sempre più complesse, ponendo in pochi anni le basi per l’avvio delle prime cantine sociali. Per decenni, l’Oltrepò Pavese ha continuato in questo modo la propria storia, producendo vino sfuso per tutta la Lombardia e per le regioni vicine. Oggi il territorio sta seguendo un’altra strada, puntando verso un’alta qualità produttiva che le permetta di affrancarsi dall’immagine delle grandi damigiane di vino sfuso.

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APPUNTAMENTI

DAL 14 AL 18 MAGGIO

Nelle Gelaterie di Fiducia la merenda non si paga Dal 14 al 18 maggio in gelateria “La merenda non si paga”.Torna la golosa iniziativa del Comitato Gelatieri dell’Ascom di Bergamo che offre ai bambini l’opportunità di gustarsi un fresco e salutare snack nei punti vendita vicino casa. Le gelaterie che partecipano all’operazione, distribuite in tutta la provincia, consegneranno presso gli asili e le scuole del loro territorio degli speciali buoni che nel periodo di svolgimento della manifestazione i ragazzi potranno "convertire" in un gelato omaggio nell’esercizio che l’ha offerto loro. L’appuntamento rientra nella campagna “Gelateria di Fiducia”, un progetto per la promozione dei prodotti artigianali di qualità che quest’anno ha come filo conduttore lo slogan “Gli ottimisti si gustano la vita”. Dallo scorso anno la merenda è diventata speciale anche per piccoli pazienti degli Ospedali Riuniti. In occasione dell’iniziativa, infatti, il Comitato provvederà a consegnare al reparto pediatrico del buon gelato artigianale per i bambini ricoverati.

DAL 25 AL 27 MAGGIO

Le bontà dei laghi italiani in mostra a Iseo La promozione dei laghi italiani, dai più grandi ai meno conosciuti, da tre anni a questa parte passa da Iseo, che con il “Festival dei Laghi Italiani”, organizzato dal Comune e dalla Fondazione l’Arsenale, offre l’opportunità di conoscerli da vicino attraverso una molteplicità di iniziative, come assaggi, letture storiche ed intrattenimento, spettacoli, concerti, dibattiti, lezioni di cucina, mostre ed esibizioni folkloristiche. L’enogastronomia avrà un ruolo centrale anche nella nuova edizione, in programma dal 25 al 27 maggio, con la mostra mercato “Bontàlago”, allestita nel centro storico e sul lungolago. Dal Friuli saranno presenti i laghi di Fusine, dal Trentino Alto Adige quelli di Tenno, di Candia, di Carezza, di Caldaro; dalla Lombardia i laghi di Iseo, di Garda, d’Idro, di Pusiano, d’Endine; dal Piemonte si mostreranno i laghi Maggiore, d’Orta e Mergozzo, mentre dalla Toscana i laghi di Chiusi, Montepulciano e di Fiorenzuola. L’Umbria sarà rappresentata dal Trasimeno e dal lago di Piediluco; il Lazio dai laghi di Nemi, Bolsena, Fondi,Vico e Albano; da lontano, immancabilmente, il sardo lago di Bidighinzu ed i pugliesi laghi di Conversano e di Lesina. Come sempre, l’olio extra vergine di oliva sarà il prodotto condiviso da diverse regioni di lago, ma si assaggeranno anche gubane e presniz friulani, formaggi, bagoss, tartufi, miele, conserve, salumi e l’immancabile vino franciacortino. E ancora mele e pane nero, piccoli frutti dal Trentino, la porchetta umbra, il pane di Genzano, i taralli pugliesi ed il croccante sardo. (www.festivaldeilaghi.it)

30 Affari di Gola aprile 2012

5 MAGGIO

Milano, tavolata in centro con i sapori del mondo Dal 30 aprile al 6 maggio il Comune di Milano e la società Expo 2015, in occasione dell’appuntamento annuale “Expo Day”, organizzano “Il mondo a tavola – Milano Expo Week”, una serie di eventi e dibattiti legati ai temi dell’Esposizione universale milanese: sicurezza alimentare, nutrizione, agricoltura e mercati di prossimità. Il clou sarà il 5 maggio quando in centro sarà allestita la “Tavola planetaria”, momento simbolo che permetterà di accostarsi, attraverso i diversi gusti e sapori, a tradizioni e stili di vita di altri Paesi. L’appuntamento infatti non vuole focalizzarsi solo sull’esaltazione delle eccellenze italiane, ma si propone di coinvolgere tutte le comunità straniere portatrici di usanze, tradizioni e culture alimentari diverse. L’obiettivo è duplice: porre Milano e il suo territorio come punto di riferimento nello scenario nazionale e internazionale degli “eventi di strada” sul cibo e costituire il percorso, la piattaforma organizzativa e il “cuore” del Fuori Expo del 2015.


PIACENZA E BASSANO

Asparagi protagonisti in due rassegne Asparago di Bassano o Piacentino? Entrambi i territori dedicano una rassegna gastronomica all’ortaggio simbolo della primavera.A Piacenza e provincia il “Consorzio per la Promozione, Sviluppo e Tutela dell’Asparago Piacentino” propone in collaborazione con trenta ristoranti menù a tema fino al 4 giugno, con piatti che spaziano dal carpaccio di carne con punte di asparago alle lasagne di asparagi e scamorza, all’involtino di branzino e asparagi fino al gelato di asparago. Novità di quest’anno è l’abbinamento tra gusto e cultura. Chi va a pranzo o a cena in uno dei ristoranti che aderiscono alla kermesse riceve infatti un coupon valido per la visita gratuita a una delle bellezze artistiche del Piacentino: Palazzo Farnese, la Galleria di Arte Moderna Ricci Oddi, la Rocca di Castell’Arquato, i castelli di San Pietro in Cerro o Gropparello. Per i più fantasiosi c’è anche il concorso “Inventa la ricetta e vinci un weekend da sogno nel Piacentino” (la scadenza è il 20 maggio), senza dimenticare le cene a tema e la festa finale, il 4 giugno, nella centrale piazza Cavalli. Si può optare anche per gli speciali pacchetti turistici che comprendono visite guidate alle coltivazioni di asparagi per assistere alla raccolta e la possibilità di acquisti in cascina. (www.asparagopiacentino.it.). Grazie al Gruppo Ristoratori bassanesi della Confcommercio si rinnova invece il connubio tra l’Asparago bianco di Bassano Dop e il vino Vespaiolo Doc, nella 32esima edizione della rassegna che, fino al 13 giugno, propone menù degustazione e serate di gala. Da tre anni, la manifestazione si è ampliata coinvolgendo locali di tutta la provincia vicentina, che si impegnano a proporre per tutto il periodo della rassegna il prelibato turione.Tra le novità agevolazioni per gli sportivi e l’abbinamento di ciascun ristorante bassanese ad un asparago proveniente da diverse parti d’Italia. (www.ristorantibassano.com)

FINO AL 6 MAGGIO

DAL 19 AL 21 MAGGIO

In Trentino alla scoperta del vitigno Nosiola

A Vino in Villa Prosecco senza frontiere

“DiVinNosiola - quando il vino si fa santo” è la rassegna che, fino al 6 maggio, celebra il vitigno autoctono reso unico dall’Ora del Garda, la brezza che spira da sud prima del tramonto nella Valle dei Laghi, angolo di Trentino racchiuso tra il lago di Garda e le Dolomiti di Brenta. Vino Nosiola Trentino,Trentino Doc Vino Santo, grappa di Nosiola e di vinaccia di Trentino Doc Vino Santo sono i prodotti che nascono dall’incontro tra la natura e il sapiente lavoro dell’uomo, raccontati in una mostra alle Gallerie di Trento in cui sono rappresentate 29 aziende (degustazioni nei fine settimana e nei festivi). La manifestazione permette inoltre di scoprire la cultura, il paesaggio e le tradizioni della Valle dei Laghi - attraverso trekking con letture e rappresentazioni sacre nelle chiese della valle e degustazioni in cantina - e la cucina locale nella rassegna gastronomica “DiVinNosiola… in tavola”. Anche a Trento sono in programma escursioni accompagnate da degustazioni, in occasione della Giornata nazionale del trekking urbano (21 aprile) e dei trekking di Trento Film Festival, quello in notturna (28 aprile), l’escursione in mountain bike sul Monte Calisio (29 aprile) e lo speciale trekking con gli asini sulla collina di Trento (6 maggio). Nel programma anche un convegno,“Ora et Labora” alla Cantina Cantin di Toblino a Sarche di Calavino sabato 28 aprile, e una tavola rotonda “Storie di Vini”, il 5 maggio alle Gallerie. Per i più golosi il primo maggio c’è la Magnalonga della Valle dei Laghi.

Non è vero che raggiungere il successo internazionale significa perdere l’identità territoriale. A volerlo dimostrare è l’area storica di produzione del prosecco, Conegliano Valdobbiadene, protagonista di Vino in Villa, Festival Internazionale del Prosecco Superiore. La manifestazione, in programma dal 19 al 21 maggio al Castello di San Salvatore di Susegana (Tv), farà sposare le bollicine con tradizioni, culture e sapori diversi, come la cucina giapponese rappresentata da sushi e sashimi, quella russa con bliny, salmone affumicato, caviale rosso di salmone e pirozhki di carne e quella danese, ospite speciale. Gusti insoliti che potranno essere abbinati ad oltre 300 etichette del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore presentate dai produttori stessi. Sabato mattina il convegno “Autoctono Cosmopolita”, ospitato a Villa dei Cedri a Valdobbiadene, offrirà una riflessione sul mercato globale. E per tutto il mese di maggio, grazie all’operazione “Il menù di Vino in Villa”, si può conoscere la cucina del territorio proposta in una selezione di locali. L’occasione è interessante anche per scoprire le colline di Conegliano Valdobbiadene, ricamate di vigneti “fatti a mano” e candidate a Patrimonio Unesco. (www.prosecco.it)

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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Suocere alleate nel segno della buona tavola Alla trattoria Sole di Dalmine, Celestina Colleoni e Santina Rovaris sono le regine dei fornelli di un’attività tutta in famiglia costruita sui piatti della tradizione. «Casoncelli e brasato i più apprezzati»

B

uona cucina a prezzi minimi: alla trattoria Sole di Mariano di Dalmine, in viale Mariano al numero 40, ci sono riusciti. Si narra che il locale esistesse prima dello stabilimento (la Dalmine appunto, ora Tenaris, la cui costruzione iniziò nel 1908) e che gli ingegneri che progettarono il complesso industriale alloggiassero proprio al Sole, che all’epoca aveva anche le camere. L’attuale gestione non risale così indietro nel tempo ma è ben consolidata, visto che sono oltre vent’anni che Giuseppe Tironi con la sua famiglia manda avanti il locale. In realtà il capofamiglia si occupa ora degli affari generali, mentre sono la moglie Celestina Colleoni, la figlia Claudia ed il figlio Alfio, che ha frequentato l’Istituto alberghiero di Clusone, a seguire l’attività. Claudia è in sala e al bancone, Alfio e la mamma in cucina e la brigata è completata da Santina Rovaris, suocera di Claudia, aggregata al gruppo sin dall’inizio. Alfio, 31 anni, cresce, fa esperienza e propone alcune linee di piatti, ma a dominare in cucina sono le due “signore”, coetanee e di grande esperienza, giunte alla ristorazione dopo aver cucinato in case private. «Non abbiamo molto da inventare – racconta Claudia

– visto che abbiamo rilevato il locale che aveva già una sua impronta ben definita. Il lavoro principale è quello del pranzo di mezzogiorno, facciamo in continuazione degli ottimi numeri ed abbiamo una clientela decisamente fidelizzata. Si tratta di personale che lavora all’interno dello stabilimento Tenaris e di altre aziende. La seconda ondata è rappresentata invece da impiegati e professionisti». In effetti il Sole, arredato in modo sobrio e funzionale, è abbastanza ampio da ospitare oltre cento coperti e nella bella stagione può disporre anche di un ampio dehors. «Seguiamo il cliché del menù di mezzogiorno anche alla sera con prezzi solo di pochissimo più alti, undici e dodici euro. Non abbiamo una carta – prosegue -, preferiamo raccontare direttamente ai clienti le nostre proposte. E sono diverse. Per un pranzo normale alla sera si può arrivare anche sui venti enti euro». Vista l’età e la formazio-ne delle due regine della cucina è evidente come

LA PROVA

Anche alla sera si mangia low cost st Al “Sole” di Mariano di Dalmine il menù a prezzo fisso è un elemento fondamentale dell’attività. Variano, anche se di poco, i prezzi, ma a pranzo o a cena la lista è quella tipica di questi menù e quindi con scelte abbastanza ristrette anche se, tenendo conto che la clientela è spesso abituale, i piatti proposti variano frequentemente. Per meglio intenderci in una settimana la ro-

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tazione è molto ampia visto che i clienti possono essere anche gli stessi. A mezzogiorno il menù costa dieci euro e comprende primo piatto, secondo, contorni, vino, acqua e caffè, e questo è ormai un classico. Troviamo: risotto ai funghi, spaghetti aglio e olio, pasta corta o spaghetti al ragù, all’arrabbiata, al burro e salvia e al pomodoro.Tra i secondi piatti,

la prezzemolina (bistecca in padella con prezzemolo), il brasato di manzo, la porchetta ai ferri, la braciola ai ferri, del manzo affumicato, la caprese e le insalatone sempre tanto gettonate soprattutto dal gentil sesso. Pipe all’amatriciana e brasato di manzo col contorno di verdure lesse la nostra scelta, per un rapporto qualità-prezzo decisamente soddisfacente.


l’im l’impostazione possa essere solo quella tradizionale: il pesce viene cucinato esclusivamente a richiesta. La carta non c’è, come abbiamo detto, ma un’idea di quanto viene proposto ce la siamo pur fatta. Salumi nostrani, bruschette, fornostra maggi, carne salata di cavallo e carpaccio trentino sono gli antipasti. Tagliatelle al sugo di lepre o di cinghiale, foiade alla boscaiola, risotto ai funghi o alla trevisana con pancetta vengono proposti come primi piatti. Dalla più radicata tradizione arrivano i secondi: coniglio, lessi misti, brasato d’asino, bocconcini di cinghiale, oltre a tagliata e fiorentina. Torta rustica con glassa al cioccolato, tiramisù e altri dessert al cucchiaio sono fatti in casa. Abbiamo omesso dalla lista, per dare loro adeguato risalto, almeno due piatti che rappresentano le autentiche chicche della trattoria Sole: «In realtà siamo abbastanza orgogliosi di tutta la nostra linea – conclude Claudia Tironi -. Cerchiamo di fare tutto in casa con materie prime di qualità e se la nostra è una clientela affezionata, zionata, fatta di persone che si fermano per lunghi periodi, rientrano nelle loro sedi e poi ritornano, significa ifica che apprezzano il nostro lavoro. È vero però che e alcuni piatti sono particolarmente apprezzati. C’è qualcuno che afferma che i nostri casoncelli alla bergamasca gamasca siano tra i migliori della provincia. Di certo sono ono molto buoni, è una ricetta della nonna che le due cuoche rispettano scrupolosamente. E poi abbiamo iamo il brasato di manzo, anch’esso speciale». Casoncelli elli e brasato: un abbinamento perfetto,, due autentici piatti forti di una cucina ucina genuina, senza fronzoli e con on un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. Cucina per tutti i giorni sì, ma con tanta cura si può fare e la differenza.

da sinistra, Celestina Colleoni, il marito Giuseppe Tironi, i figli Claudia e Alfio e Santina Rovaris

TRATTORIA SOLE viale Mariano, 40 Mariano di Dalmine tel. 035 502213 www.solebartrattoria.com chiuso la domenica

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Poste Italiane premia il Moscato di Scanzo

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l 24 marzo scorso, Poste Italiane ha deciso l’emissione di quindici francobolli ordinari, appartenenti alla serie tematica “Made in Italy”, dedicati alle eccellenze enogastronomiche italiane. In particolare, l’attenzione è caduta sui vini Docg, rappresentativi della bontà del prodotto italiano, e per la

Regione Lombardia è stato scelto il Moscato di Scanzo, il noto vino passito che ha origine da un antico vitigno tipico di Scanzorosciate.“Si tratta un omaggio di Poste italiane per il nostro vino - ha commentato la presidente del Consorzio di Tutela,Angelica Cuni - ma soprattutto di un riconoscimento per il lavoro svolto dai viticoltori, sempre attivi per consolidare la qualità della più piccola Docg d’Italia”.

DAL VINITALY

Vini biologici e con pochi solfiti, le nuove scelte dei consumatori

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n Italia sta nascendo una nuova generazione di consumatori che dimostra un grande interesse per il vino, una buona propensione alla spesa e un fortissimo interesse per i vini biologici, a basso contenuto di solfiti, a minor contenuto di alcol e tendenzialmente più leggeri e digeribili. Sono i giovani fino a 35 anni, che su queste tipologie di vino sono disposti a spendere sino a 50 euro a bottiglia. È questo uno dei risultati emersi dall’annuale ricerca di mercato realizzata da Vinitaly in collaborazione con Unicab. IL PUNTO DI VISTA DEI CONSUMATORI. L’impatto pessimista della crisi, con la riduzione dei consumi fuori casa, sembra essersi ridotto, mentre il sondaggio mostra un ulteriore calo nei consumi individuali. Quest’ultimo motivato, però, non da ragioni economiche o legate alle politiche anti-alcol quanto ad un accresciuto interesse per la salute, oltre al consolidarsi di nuove abitudini di vita. Non a caso i vini che questo “nuovo” consumatore intende

acquistare nei prossimi mesi fa esplicito riferimento a prodotti con minor apporto di solfiti, bio ed a basso contenuto di alcol, che chiede di poter conoscere direttamente presso i locali attraverso serate o cene di degustazione. I comportamenti evidenziano quest’anno una separazione marcata fra i consumatori per fascia d’età: ristoranti, enoteche e wine-bar sono presidio degli under 35; dagli over 35 sino agli anziani il consumo resta prevalentemente domestico con dirette conseguenze sulle scelte d’acquisto e sui budget messi a disposizione. RISTORATORI E GESTORI DI ENOTECHE/WINE BAR. Se i consumatori hanno mostrato un certo tasso di ottimismo, chi sta dall’altra parte del bancone registra il periodo ancora come complesso. Le misure basiche per invogliare a bere vino ci sono e sono applicate diffusamente: carta dei vini aggiornata, attenzione alle richieste dei clienti, vino al bicchiere, personale specializzato a disposizio-

ne della clientela, disponibilità a sviluppare serate a tema e di degustazione, così come creare/ presentare menu in linea con la propria selezione di vino. L’acquisto diretto in cantina del vino è quello che va per la maggiore, ma il campione si dimostra anche soddisfatto dell’integrazione che viene fatta dagli acquisti presso i distributori. I due dati allontanerebbero il rischio di ritrovare offerte “fotocopia” fra i diversi locali, anche perché i gestori intendono sviluppare le proprie conoscenze dirette andando a visitare sempre più cantine e fiere. Quali altre strategie adotteranno nei prossimi mesi? Il sondaggio evidenzia la volontà di investire in formazione, propria e del personale; nello sviluppo dell’offerta di vini locali; in una maggiore attenzione al fattore prezzo con una diversa scelta dei vini collocati in cantina per velocizzare la rotazione. Infine, coerentemente con quanto chiesto dai consumatori, offerta di vini più digeribili e leggeri, con meno solfiti e meno alcol.

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Dal 20 al 29 aprile 2012 Piazza della Libertà Bergamo

Mostra dei Vini Passiti, a Volta Mantovana ospite il Sud Africa

D Il Gusto dell’Intuizione I grandi chef e i pasticceri sul palcoscenico del Festival Internazionale della Cultura Bergamo

Lunedì 23 e giovedì 26 aprile dalle 20.00 alle 23.00 Special Event sponsorizzato da

1° CONCORSO GIOVANI CHEF E PASTICCERI Tema salato: “l’Asparago” Tema dolce: “Snack Bambini” I giovani delle due categorie saranno valutati da una giuria tecnica e da una giuria “popolare”

EVENTO INSERITO NELL’AMBITO DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA CULTURA BERGAMO

PRENOTAZIONI ONLINE:

www.bergamofestival.it Informazioni tel. +39. 035. 35.89.47

36 Affari di Gola aprile 2012

al 28 aprile al primo maggio i vini passiti tornano in scena a Volta Mantovana per la decima edizione della “Mostra Nazionale dei Vini Passiti e da Meditazione” nello scenario dello storico Palazzo Gonzaga, delle sue Scuderie e dei suggestivi giardini terrazzati all’italiana. Il Banco d’Assaggio, allestito nel Giardino Belvedere, proporrà più di 100 etichette, mentre agli espositori di vini, provenienti da tutta Italia, sarà riservata l’ampia corte delle Scuderie. La manifestazione riunirà inoltre i produttori di tipicità mantovane, in particolare dell’area delle Colline Moreniche, vicinissime al Lago di Garda, e offrirà anche quest’anno la possibilità di ammirare la collezione di bottiglie ed etichette, rappresentative dei vini in Banco d’Assaggio, nella galleria che collega i giardini del Palazzo alle Scuderie e che un tempo costituiva il passaggio “segreto”, sotterraneo e protetto attraverso il quale i nobili Gonzaga raggiungevano cavalli e carrozze. Ospiti d’onore saranno i vini passiti provenienti dal Sud Africa; a disposizione per assaggi anche i vini portoghesi, spagnoli e gli EisWein tedeschi ospitati nelle edizioni precedenti. Numerose le degustazioni guidate, dedicate agli abbinamenti a cioccolato, formaggi e a prodotti del territorio mantovano, che possono essere comodamente prenotate on line. A corredo dell’evento, due proposte gastronomiche. Nei giorni della Mostra i ristoranti convenzionati di Volta Mantovana proporranno un menù tipico, accompagnato da Vini Riserva locali e Vino Passito al prezzo concordato di 25 euro Inoltre, saranno a disposizione cestini pic-nic con prodotti del territorio, per un assaggio del “mantovano en plein air”. Vero valore aggiunto dell’appuntamento è infatti il conteso nel quale è inserito, che permette di coniugare gli interessi gastronomici con passeggiate e momenti di relax e di assaporare storia e arte in un ambiente preservato nel suo impianto originario. L’evento è organizzato da Comune di Volta Mantovana e Pro loco Voltese, in collaborazione con la Strada dei Vini e Sapori Mantovani. L’ingresso è di 5 euro e con altri 3 euro è possibile acquistare il bicchiere da degustazione con portabicchiere. (www.vinipassiti.com).


L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Pepe e pecorino romano, gli spaghetti dal gusto deciso Ingredienti per 1 persona • 100 g di spaghetti • 50g di pecorino romano grattugiato

• olio extravergine • 1 cucchiaio di pepe in grani

Preparazione Fate cuocere gli spaghetti in abbondante acqua con poco sale. Mettete il pecorino romano grattugiato in una ciotola di vetro, versateci un pochino d’acqua di cottura della pasta e mescolate bene fino ad ottenere una crema. Scolate la pasta circa due minuti prima della fine cottura, lasciandola un po’ brodosa e tenete da parte l’acqua di cottura. Mettete un filo d’olio in una padella capiente, scaldatelo a fuoco basso e aggiungete gli spaghetti e la crema di pecorino. Fate saltare la pasta in padella aggiungendo un po’ acqua di cottura (ancora calda) e mescolate bene. Finite la cottura degli spaghetti in padella senza farli asciugare troppo (gli spaghetti devono risultare cremosi) e condite il tutto con abbondante pepe macinato fresco. Mescolate ancora e servite subito: è una pietanza che va mangiata ben calda.

LA CURIOSITÀ Ricetta veloce e facile da preparare, rappresenta uno dei piatti forti della tradizione culinaria romana. Amo moltissimo questa pietanza perché, nella sua semplicità, regala un sapore non comune, che conquista anche i palati più difficili, soprattutto quando all’ultimo minuto invito a cena qualche amico dai gusti sofistici. Il Pecorino romano è un formaggio a pasta dura, prodotto con latte fresco di pecora, dall’inconfondibile gusto aromatico e lievemente piccante e sapido, se è quello da tavola, piccante e intenso se è la varietà da grattugiare. È uno dei formaggi più antichi del mondo, tanto che autori come Plinio il Vecchio e Ippocrate ne hanno ampiamente disquisito, raccontando che nei palazzi imperiali dell’antica Roma veniva considerato il condimento per antonomasia durante i banchetti e la sua capacità di lunga conservazione ne faceva un alimento base delle razioni durante i viaggi delle legioni romane. E anche se sono passati diversi secoli, oggi il Pecorino romano viene prodotto con lo stesso e naturale procedimento; ovviamente l'unica differenza rispetto al passato è da-

ta dalle operazioni di cagliatura, salatura e stagionatura che vengono fatte in caseifici tecnologicamente all'avanguardia, per garantire i fondamentali requisiti di salubrità del prodotto. Ma non è solo buono, contiene anche molta energia e proteine: basti pensare che è costituito per il 31% da grassi, per il 25% da proteine e per il 4% da preziosi minerali come il calcio, il magnesio e il fosforo. Di facile digestione, viene impiegato per preparare antipasti, primi e secondi piatti e che sia grattugiato, tagliato in scaglie o amalgamato per creare creme e sughi, si trasforma sempre in un ingrediente raffinato e straordinario, capace di esaltare, impreziosire e creare sapori completamente nuovi. Infine, per la conservazione è bene riporlo nel frigorifero, ma nello scomparto meno freddo, così da non alterarne il sapore, avvolto in carta stagnola. E quando dovete consumarlo, ricordatevi di toglierlo dal frigorifero almeno un’ora prima, scartate la pellicola nel quale è conservato e fatelo ossigenare; è un piccolo trucco, ma nel momento in cui lo mangerete (o cucinerete) sarà gustosissimo. Non mi resta che auguravi buon appetito.

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

ANNIVERSARIO

Affari di Gola

Riso, quando in cucina vince la fantasia

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Supplemento al n. 10 de “La Rassegna” del 15 marzo 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

Supplemento al n. 6 de “La Rassegna” del 16 febbraio 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

Supplemento al n. 45 de “La Rassegna” del 15 dicembre 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

IL VALCALEPIO

IL TOURING CLUB

IL RISTORANTE

Rota: «Sulle Guide troppe perplessità»

Ecco i prodotti che Bergamo ha “dimenticato”

Gourmet, il piacere Farinetti (Eataly): universale della «Perché l’Italia cucina classica può vincere a tavola»

L’INTERVISTA

"Guerra" dei Pizzoccheri, tutte le ragioni di Bergamo IL BILANCIO

LE STRATEGIE

TENDENZE

L’EVENTO

Sulle De.Co. “tradito” il progetto di Veronelli

A Treviglio apre la “Casa del Formaggio”

Piacciono le gastronomie dei supermercati

Al Vinitaly torna la “Piazza Valcalepio”

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