Affari di Gola - aprile 2013

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Supplemento al n. 15 de “La Rassegna” del 18 aprile 2013 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60

aprile 2013

in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio

Il gusto della forma

Il cibo visto dai designer

Tendenze Il boom degli chef a domicilio!

Pappami Il piatto che si mangia come il pane

Il ristorante Hotel San Marco, il regno delle erbe

L’esperto Sommelier e cuochi, come sfondare all’estero


dedicato a ristoranti, bar, Pizzerie e commercianti alimentari

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sommario

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Suppl ement via Borgo o al n. 15 de Palazz o 137, “La Rassegna” Berga mo Poste del 18 aprile Italian 2013 e S.p.A. Giuse Spedizione ppe Ruggi in Abbon eri diretto re respo ament nsabil o Posta e Editric le - D.L. e: La 353/20 03 (conv. Rassegna in L. 27/02/ S.r.l. 2004 n.

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PENNA ALL’ARRABBIATA “Treno dei Sapori”, quanta amarezza pensando all’occasione persa nelle nostre Valli

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tendenze Col personal chef è tutta un’altra casa

10 l’evento Il cibo visto dai designer

14 l’esperto Chef e sommelier, i “segreti” per sfondare all’estero

16 L’intervista

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Il food manager che ha “rivoluzionato” la mensa

20 il ristorante Mea, la “regina” di fiori

25 prodotti Non è tutto Bio quel che “luccica”

33 l’idea Pappami: basta rifiuti, si mangia anche il piatto

35 WEB Locali pubblici, essere più “social” è la nuova sfida

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - affaridigola@larassegna.it - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - info@larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Michela Brivio, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

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“Treno dei Sapori”, quanta amarezza pensando all’occasione persa nelle nostre Valli di Pier Carlo Capozzi

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on si respirerà, magari, la magica atmosfera dell’Orient Express, con le tovaglie damascate, i bicchieri in cristallo e l’argenteria francese, ma è pur sempre una bella avventura pranzare e brindare su un treno, sferragliando in riva al lago nella speranza, riempiendosi gli occhi con le bellezze della natura, di lasciare alla stazione di partenza il bagaglio dei nostri affanni. La passione per il treno viene da lontano, negli anni, quando era sinonimo di vacanze al mare, giù al sole di Puglia: all’epoca, su quei treni, bastava il passaggio di una giacca bianca per far sobbalzare il nostro cuore di ragazzi. Un po’ perché la meta si stava avvicinando, e un po’ per quella insolita colazione tra un sobbalzo e l’altro. Non ho ricordi esaltanti delle brioches che, oltre ad essere confezionate, credo patissero oltremodo l’avanti e indrè sullo stesso percorso. Ma quel caffelatte aveva un sapore inimitabile. Quello sì aveva un nonsochè di esotico e, inoltre, lo si beveva solo due volte l’anno, una all’andata e una al ritorno, prima di Piacenza. E poi c’erano le banane, a colazione. Ma nessuno ebbe mai il coraggio di chiederne una. Orbene, Trenord, per farci ringiovanire, offre la possibilità festiva di un viaggio Iseo-Pisogne-Iseo sul “Treno dei Sapori”, una bellissima iniziativa che sposa turismo a enogastronomia, su un convoglio composto da una motrice diesel elettrica trainante due carrozze ristrutturate. Ci si ritrova ad Iseo (ore 10) per la prima colazione e una visita veloce, per partire un’oretta dopo con tanto di aperitivo di benvenuto. Arrivo a Pisogne per mezzogiorno e degustazione con salumi tipici, Polenta con farina di Castegnato abbinata a Formaggi della Valcamonica o funghi oppure Luganiga. I vini, serviti da un sommelier, sono ovviamente della Franciacorta. Visita guidata della Chiesa di Santa Maria della Neve e, alle 15,30, ripartenza per Iseo con degustazione di dolci locali, caffè e distillati. Si arriva in stazione alle 16,30, presumibilmente felici come una Pasqua. Informazioni e prezzi su www.area3v.com L’alternativa, leggermente più nostrana, è il Treno Blu, con possibilità di partenze da Treviglio e Bergamo, secon-

do i  percorsi e le proposte. Il primo maggio, per esempio, per festeggiare il ventesimo anniversario del Treno Blu e il 100esimo compleanno della sua locomotiva a vapore, si parte da Bergamo alla volta di Paratico-Sarnico con pranzo in ristorante tipico di Clusane (con obbligatoria strage di Tinche al forno) e possibilità di escursione in battello. Quattro giorni dopo, la domenica, si festeggia la Ferrovia Treviglio-Cremona che è arrivata a 150 anni (longevi, però, questi binari…), mentre dopo il Festival dei Laghi, a fine mese, eccoci al 16 giugno: il treno a vapore ci porterà fino a Sulzano per saltar sul battello e approdare a Montisola per la Giornata Gastronomica dell’Isola. C’è da assaggiare il Salame tipico (affumicato, dolce e leggermente speziato) e, accompagnati dalla polenta, i  vari tipi di pesci del lago essiccati: coregoni, sardine e cavedani. Ancora viaggi golosi in estate fino alla conclusione a novembre, il 16, con partenza però da Milano Lambrate per la “Festa del Torrone” di Cremona, dove non mancherà di certo anche un angolo per il salame e per la mostarda. Informazioni su Treno Blu le trovate su www.ferrovieturistiche.it Gli sforzi immani che fanno gli appassionati per tenere vivi questi rami di ferrovia andrebbero premiati. Invece le difficoltà aumentano anno dopo anno e vi potrà capitare di leggere che qualcuno di questi appuntamenti corre il rischio di non partire. È uno scandalo tra i tanti che avvolge la nostra penisola, incapace di valorizzare quello che farebbe la sua fortuna, turistica e gastronomica. Ricordiamo con sgomento l’asfalto che copriva i binari, uccidendoli, della stazione di Malles Venosta, così cara a migliaia di alpini bergamaschi, a metà degli anni Novanta, quando eravamo sulle tracce dei ritiri estivi atalantini. Adesso, ripristinata, la Malles-Merano è un autentico gioiellino. Perché in Alto Adige, se sbagliano, hanno il coraggio di correggersi. Pensate cosa sarebbe un treno bergamasco delle Valli legato alle iniziative turistiche e saporite di cui sopra. Fatelo voi, perché a me verrebbe da piangere. piercapozzi@libero.it

penna all’arrabbiata

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Tendenze di Laura Bernardi Locatelli

Che si tratti di una cena, di un pranzo o di una cerimonia, il cuoco a domicilio è la soluzione per chi vuol risparmiare fatica e incassare un risultato assicurato. Il punto con tre chef bergamaschi e un ex concessionario col pallino dei fornelli

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Col personal chef è tutta un’altra casa e nuove frontiere della ristorazione sono anche quelle domestiche. Se fino all’altro ieri poter contare su un personal-chef per curare nei minimi dettagli convivi formali e piccoli ricevimenti era appannaggio di una sparuta élite di padrone di casa, oggi è sempre più massiccia la richiesta di professionisti in cu-

cine molto lontane da quelle della ricca e grassa borghesia d’un tempo, per non parlare di quella di palazzi blasonati e antiche corti. Dall’haute-cuisine d’antan delle più potenti corti d’Europa, che hanno dato alle stampe le prime bibbie culinarie e diffuso l’uso delle buone maniere e di una certa etichetta a tavola,

si è ormai entrati nella stagione della cucina pret-a- porter con un bacino di utenti molto più ampio. Una svolta “democratica” per la cucina d’autore, ricercata non solo per le grandi occasioni dal fidanzamento alla laurea, dall’anniversario al compleanno - ma anche per una semplice e rilassante cena tra ami-

Mirko Ronzoni Il ragazzo dalle belle promesse che ha cucinato a casa di Colin Firth Classe 1990, Mirko Ronzoni collabora con l’Accademia del Gusto in qualità di junior-chef e ha alle spalle esperienze e stage presso ristoranti rinomati, dal Miramonti di Concesio all’Anteprima di Chiuduno ad un lavoro oltre Manica, nel ristorante del Corinthia Hotel di Londra. Ora è impegnato a Bucarest nell’avvio con Andrea Mainardi, chef di Officina Cucina, ristorante con un solo tavolo a Brescia, del The Lounge Contemporary Cuisine, ristorante italiano che propone una cucina rivisitata e al passo coi tempi. Secco e disilluso, nonostante l’età, il commento sullo stato della cultura del cibo nel nostro Paese: “La cucina è un

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pilastro della nostra economia ma non gode della giusta attenzione, mentre all’estero è apprezzata come non mai. A Londra il mercato è fiorente e in Francia è normale per ogni famiglia investire per un’occasione speciale, almeno una volta all’anno, in una cena in un grande ristorante stellato. Qui nessuno si fa problemi a spendere 600 euro per un paio di Louboutin le famose scarpe dalla suola rossa, ndr. - ma di fronte ad una richiesta che superi i 30 euro a commensale l’imprenditore o il professionista storcono il naso”. Le proposte per un menù a casa sono sempre concordate in anticipo: “Le richieste di ser-


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Manuel Poli Dal circolo più esclusivo di Milano alle cucine dei vip

ci finalmente scaccia-pensieri e scansafatiche anche per i padroni di casa. Le richieste sono le più diverse: dal menù speciale per due (magari accompagnato da una luccicante promessa incastonata) al barbecue all’americana tra amici, dalla cena etnica al convivio politico, dal battesimo al buffet informale. C’è chi ama, sulla scia del successo dei reality e con l’avvento della figura dello chef mediatico, lo show-cooking per concedere alla vista dei propri ospiti lo spettacolo dell’arte disinvolta ai fornelli del professionista. Di contro non mancano le “sciure bene” che nasconderebbero invece lo chef nella credenza e che invece di limitarsi a dissimulare la propria incapacità ai fornelli si fingono direttamente grandi chef senza nemmeno disturbarsi ad accendere il forno. Le richieste sono spesso le più stram-

palate: chi vuole solo una certa divisa e di un certo colore, chi chiede un menù speciale anche per Fido e chi si accolla l’onere delle compere salvo poi dimenticarsi irrimediabilmente l’ingrediente forte della serata. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo: per questo chi si presta ad infilare pentole ed attrezzi del mestiere nella propria “valigetta” e ad abbandonare i confini del regno della propria cucina è prima di tutto un guru nel districarsi tra piccoli e grandi problemi e spesso un vero maestro dell’improvvisazione ancorché consapevole. Tra aneddoti e tendenze, tre chef raccontano la loro esperienza in trasferta, dalla villa esclusiva all’attico, all’appartamento più comune. Non manca un appassionato, come Nuccio Longhi, l’ex concessionario di auto, che si sta proponendo per cene ed eventi a domicilio.

Lo chef di origini bergamasche, milanese d’adozione, Emanuele Poli dopo aver firmato catering importanti in tutta Italia come responsabile food & beverage per Papillon Eventi, aver lavorato all’Hotel Principe di Savoia e al Grand Hotel Verdi, archiviata l’esperienza di chef executive al Mercato del Pesce di Milano, è approdato al Clubino nella Casa degli Omenoni, palazzo del Seicento a due passi dalla Scala. Sua la responsabilità della cucina del club per gentiluomini tra i più esclusivi ed elitari d’Italia, ritrovo dell’aristocrazia e dell’alta borghesia milanese ed italiana, che dà accesso a club come il Knickerbocker di New York e il Boodle’s di Londra. Da diversi anni Poli cura anche cene e ricevimenti in casa, dal vip all’imprenditore di turno, alla famiglia più comune: “La formula preferita è quella all’insegna del minimalismo zen orientale,

vizi sono in crescita perché la cena a casa è una formula che piace sempre di più. Va  molto il barbecue per chi ha uno spazio all’aperto e la formula più informale a buffet. È  sempre una soddisfazione poter preparare un piatto davanti ai commensali e stabilire un contatto con i clienti e cucinare per loro un risotto o un piatto davanti ai loro occhi. Stare rinchiuso in cucina non mi piace, anche se capita spesso. Non amo nemmeno l’imposizione della divisa: adoro i miei grembiuli di jeans e le mie scarpe colorate”. Ronzoni, commis alla selezione nazionale del Bocuse d’Or nel 2010, ha cucinato al ristorante Massimo del Corinthia Hotel a Londra per star del calibro di Johnny Depp e Tim Burton ed ha avuto l’onere e l’onore di cucinare a  casa per gli ospiti di Colin Firth e della moglie, la produttrice italiana Livia Giuggioli: “È stata un’esperienza interessante e sia lui che la moglie sono molto alla mano, ma la soddisfazione più grande è sempre quella di portare la cucina nelle case, possibilmente senza troppe etichette e formalismi”.

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Tendenze

Manuel Poli con finger-food e stuzzichini soprattutto a base di pesce proposti a buffet, che fanno vivere maggiormente la casa e creano un clima più amichevole ed informale. La proposta-tipo prevede pesce crudo e cotto, moltissime verdure, frutta e due o tre tipi di dolce. Un menù più light, salutare e vitaminico, insomma”. In ascesa lo show-cooking: “Le piastre ad induzione consentono ormai di cucinare ovunque. Realizzare uno o due piatti davanti agli ospiti, dal risotto ad altre ricette espresse, è sempre più richiesto e alla moda”. Negli ultimi anni si assiste ad una vera e propria riscoperta del barbecue: “Cucinare pesce e carne alla brace o un maialino al girarrosto è sempre più richiesto. Chi può con la bella stagione condivide con gli amici grandi terrazzi in città e giardini in campagna”. La cucina tradizionale non perde la sua aura: “Il servizio più classico continua ad essere richiesto e chi lo sceglie ama portare in tavola argenteria e porcellane di famiglia. C’è anche chi si limita a far sfornare al maggiordomo

l’arrosto e tiene al fatto che tutto sembri frutto di una cucina casalinga”. L’allestimento della tavola è sempre più sobrio: “Stanno scomparendo i fiori. Il vero spettacolo è il cibo: via libera a cascate di pane, frutta e verdura intagliate e composizioni semplici. Sui vini tornano alla ribalta le bollicine di casa nostra, dalla Franciacorta al Prosecco”. Cresce anche il desiderio di esotico: “Sono sempre più gli italiani che organizzano cene a tema, soprattutto orientali e sudamericane. Sempre richiesta anche la cucina Kasher ebraica, che richiede una conoscenza degli ingredienti permessi e proibiti dalla Torah”. In tanti anni di servizi, si può dire che Poli ne abbia viste davvero di tutti i colori: “C’è chi richiede livrea bianca e guanti, chi la giacca alla coreana. Mi è capitato anche di cucinare per il cagnolino di casa del filetto al vapore e di dover cambiare menù o aggiustarlo all’ultimo momento perché chi insisteva a far la spesa da sé si era dimenticato l’ingrediente base”. Innumerevoli gli eventi memorabili all’insegna degli eccessi: “Tra i servizi più importanti ricordo la partita con chef francesi per un matrimonio a Montecarlo tra il figlio di un ministro greco e una ragazza russa con più di duecento ospiti, con piatti di entrambe le tradizioni, una ricetta italiana e francese, tra panfili e bordo piscina. Incredibile un matrimonio rom a Bergamo durato tre giorni a Cascina San Carlo con furgoni di frutta esotica, 45 torte diverse, cinque chef venuti dalla Francia per non parlare delle cuoche private che hanno cotto alla brace quattro vitelli e venti agnelli serviti interi a tavola”.

Nuccio Longhi L’ex concessionario ora insegue la sua passione per i fornelli Dopo 46 anni di lavoro in concessionaria e dieci anni di presidenza del Gruppo Concessionari Opel a livello nazionale, Nuccio Longhi, costretto a chiudere la storica concessionaria di famiglia, si è rimboccato le maniche per inseguire la sua passione per la cucina. “In un momento davvero dif-

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ficile della mia vita ho ricevuto tante manifestazioni di vicinanza e attestati di stima. Nel tempo libero ho iniziato a dare una mano in cucina agli amici, che mi hanno incoraggiato ad inseguire questa strada. L’attività iniziata per gioco oggi sta diventando quasi un lavoro e a gennaio ho aperto la

partita Iva. La mia pagina Facebook accompagnata dallo slogan “Agli ospiti? Cucino io” inizia ad avere un seguito. La soddisfazione più grande è esser contattato da chi ha avuto occasione di provare la mia cucina. Una conferma importante all’impegno che metto ai fornelli e ancora prima nella scelta


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Manila Degiovanni Tra i clienti anche musicisti ed esponenti politici Di primo piano Da oltre dieci anni Manila Degiovanni, diploma all’Alberghiero ed esperienze in diversi ristoranti bergamaschi, da “Bernabò” alla “Vendemmia”, e catering (“da Vittorio”, “Acquaroli” e “Longhi”), si è specializzata nel servizio a domicilio per eventi privati e convivi contribuendo a far riaprire ai bergamaschi e non solo le porte della propria casa. È la chef di riferimento di esponenti politici principalmente lumbard o di sponda azzurra - dal senatur Umberto Bossi, agli onorevoli Davide Caparini, agli ex ministri Franco Frattini e Roberto Castelli, per le grandi occasioni, a

dell’ingredienti e nella spesa. Tra le ricette preferite i risotti cucinati rigorosamente nella casseruola di rame: con ristretto di prosecco, panna e rosmarino, con porri ed emmenthal e con bresaola e vino rosso”. Tra gli eventi Longhi cura piccoli convivi e cene più numerose: “La più importante è stata quella, re-

partire dalla cena di San Silvestro al castello di Ponte di Legno. Tra i clienti vip, anche il leader dei Pooh Roby Facchinetti e imprenditori e professionisti. “Quando ho iniziato a curare i primi eventi la figura dello chef a domicilio era ancora poco considerata e anche per piccoli ricevimenti ci si affidava a catering. Oggi è diventata la mia attività primaria: la cucina e la figura dello chef non sono mai stati così alla ribalta ed anche per piccole cene tra amici ed aperitivi rinforzati chi ha la possibilità si affida ad un professionista. Penso a tutto l’occorrente, dall’attrezzatura alla spesa, all’allestimento della tavola realizzando la cena che ogni cliente desidera”. Non la spaventano le cucine lillipuziane: “Anche se non manca chi ha una cucina quasi professionale, con tanto di abbattitore e sottovuoto, la maggior parte delle cucine sono mignon. Ma non è un

problema: tutto si può fare anche in una cucina piccola, l’importante è attrezzarsi specialmente per stipare e conservare gli alimenti. La cucina del castello di Ponte di Legno, ad esempio, è minuscola eppure con un po’ di organizzazione cucinare per trenta non è un problema”. Tra i cavalli di battaglia di Manila la cucina di mare, ma anche quella del territorio rivisitata, selvaggina e cacciagione in testa, per non parlare del risotto ai funghi di cui va matto Bossi. “Adoro cucinare il pesce e i risotti, che sono i piatti che personalmente amo di più. Mi piace rispettare e seguire la stagionalità degli ingredienti, per cui la proposta di menù varia di continuo”. Spesso e volentieri bisogna mettere in campo la fantasia e l’arte dell’improvvisazione: “Manca sempre qualche ingrediente e spesso nascono ricette o presentazioni interessanti. Ricordo di aver adagiato senza pensarci un carpaccio di cervo su un letto d’insalata per una cena della Lega. Le foglie verdi ricordavano la rosa camuna e ci fu una vera e propria standing ovation”.

alizzata in chiave promozionale e a titolo gratuito, in occasione dell’evento organizzato dall’associazione The Blank in collaborazione con il Bergamo Film Meeting con la regista Regina Pessoa”.

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L’EVENTO

Il cibo visto dai designer Funzionali, creative, ironiche, spiazzanti. Il nostro viaggio tra le opere in mostra a “Progetto Cibo. La forma del gusto”, allestita al Mart di Rovereto

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empre più al centro dell’attenzione e del coinvolgimento del pubblico, il cibo è materia prima, ispirazione e oggetto di studio anche per il mondo del design. La mostra “Progetto Cibo. La forma del gusto”, allestita a Rovereto fino al 2 giugno al Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, offre l’opportunità di guardare a ciò che quotidianamente portiamo in tavola (quella di casa o di un ristorante) con occhi diversi. L’esposizione, a cura di Beppe Finessi, raccoglie infatti le opere di un folto gruppo di “food designer” che spaziano dall’arte della progettazione industriale al design più sperimentale. Il percorso espositivo si

apre con un omaggio al libretto “Good Design” pubblicato da Bruno Munari cinquant’anni fa nel quale insegnava a leggere i prodotti della natura, ad esempio l’arancia, come fossero oggetti di design. Da qui si attraversano varie forme del pane, esposte come vere e proprie sculture per valorizzarne la loro “bontà” estetica, i formati di pasta progettati da autori come Giorgetto Giugiaro, Mauro Olivieri e Christian Ragot, passando ad indagare la forma come funzione e come decorazione, fino a creazioni più distaccate e divertite nella sezione “Humour e Metafora”. In mostra anche oggetti realizzati con materiali alimentari, alcune

Ryohei Yoshiyuki - Bread Palette, 2010 Per sentirsi veri artisti sin dalla colazione, il pane in cassetta prende la forma della tavolozza usata dai pittori. E il foro rende più comodo spalmare la marmellata!

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particolari ricette e un progetto appositamente realizzato per il Mart da Martí Guixé, tra i nuovi maestri del design, quello che maggiormente ha applicato il proprio talento al mondo del cibo. Il percorso espositivo si conclude con una puntuale ricognizione sul futuro dell’alimentazione con creazioni non solo sperimentali e sofisticate, ma anche segnate da una forte tensione etica e sociale. Tra gli eventi collaterali non potevano mancare gli show cooking (il 24 aprile con Davide Scabin, l’8 maggio con Claudio Sadler, il 22 maggio con Igles Corelli) e poi workshop e omaggi dei produttori del territorio. Info: www.mart.tn.it/progettocibo

Stephane Bureaux - baguette Isabelle, 2012 Ancora uno studio sulla forma. Il panino conformato alla baguette può essere staccato facilmente per il classico boccone di assaggio cui spesso non sappiamo resistere, lasciando integro il resto


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Paolo Ulian - Golosimetro, 2002 La mostra raccoglie una serie di lavori che portano a riflettere sulle possibili conseguenze dal punto di vista dietetico di alcuni cibi sfiziosi ma ricchi di calorie. Ecco il righello che stabilisce un’immediata equazione mentale tra quantità di dolce e golosità

Florence Doléac - Couvercle en biscuit, 2003 Le proprietà plastiche di alcuni alimenti (farina e zucchero in primis), modellabili come creta, suggeriscono l’ideazione di piccole stoviglie commestibili. Questo croccante cappello concavo funziona da coperchio termico per la tazza di tè

Delphine Huguet - Speculoos, 2007 Delphine Huguet si definisce “flying food designer”. È stata capace di immaginare biscotti “in movimento” o come merletti che fanno da addobbo alla base della tazza

Bompas&Parr - St. Paul’s jelly, 2009 Nella sezione “Humour e Metafora” il cibo diventa occasione di scherzo e paradosso. Come la copia della londinese Cattedrale di Saint Paul realizzata in gelatina. Architettura da mangiare

Antonio Cos - Scarpetta, 2009 Il titolo dell’opera è Scarpetta. Cosa c’è di meglio per raccogliere il sugo rimasto sul fondo del piatto?

Cordoleani & Fontana - Bulle, 2007 Lecca lecca d’autore come pezzo unico. Qui ha la forma poetica del palloncino

Marc Bretillot - Onirique, 2008 Animali fantastici, frutto della composizione visionaria dell’autore, popolano la tavola sperimentale di uno speciale evento culinario, non a caso intitolato “Onirique”

Alkesh Parmar - A Peel, 2011 Alcuni giovani designer all’avanguardia si sono concentrati su un filone di ricerca dove il riutilizzo di cibo di scarto, in questo caso bucce d’arancia, si trasforma in un nuovo materiale sostenibile per la creazione di piccoli oggetti per il quotidiano

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Moscato di Scanzo, il Consorzio festeggia i 20 anni e rinnova le cariche Per il prossimo triennio confermata alla presidenza Angelica Cuni

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n giro d’affari di un milione di euro lo scorso anno, 60mila bottiglie prodotte in soli 11 chilometri quadrati di vigneti, 21 soci ed esportazioni in quattro Paesi. Sono questi i numeri del Consorzio del Moscato di Scanzo, nato nel 1993 per tutelare un vino prodotto in zona fin dal XIV secolo - ma che solo recentemente ha ottenuto una propria denominazione, conquistando prima la Doc poi, nel 2009, la Docg - e che quest’anno compie quindi 20 anni di vita. L’anniversario è stato festeggiato allo scorso Vinitaly, la più importante fiera dedicata al vino in Italia. Nel corso dell’evento, il Moscato di Scanzo è stato protagonista di un’interessante sessione dedicata ai vitigni autoctoni, con la presentazione dei risultati di un progetto nazionale di mappatura che ne ha coinvolti oltre 50. “Vent’anni sono un traguardo importante - afferma la presidente Angelica Cuni, alla guida del Consorzio dal 2011 e recentemente confermata anche per il prossimo triennio - e siamo orgogliosi del percorso svolto finora. Il riconoscimento della Docg, il progetto di sequenziamento del Dna, l’inserimento nella selezionata Emissione Filatelica promossa dal Ministero sono alcuni dei risultati più tangibili del nostro impegno. Ma non va sottovalutato il lavoro quotidiano che grazie all’entusiasmo dei produttori e dei soci portiamo avanti per la tutela e la promozione del nostro vino, in Italia

e all’estero. È oggi probabilmente il passito rosso più ricercato al mondo, sia per la produzione limitata che per l’indiscutibile aroma e per la tradizione millenaria che rappresenta”. Il vitigno ha trovato la sua prima fortuna nel Settecento, grazie a Giacomo Quarenghi, pittore e architetto bergamasco, che lo donò alla zarina Caterina II di Russia. Da quel momento in poi conqui-

Franciacortando lancia le «Cucine nascoste» L’esibizione live di Francky Criquet “pittore visionario e selvaggio”, le esperienze di social dining in location esclusive di MA’ Hidden Kitchen, le sessioni di acquerello en plein air. E ancora, la proiezione dei cortometraggi del Concorso FranciaCORTI, la Mostra di fotografie di Pierpaolo Metelli in omaggio alle origini del processo di vinificazione e, per i bambini, spettacoli teatrali, laboratori creativi, nursery 0/3. Seguendo il tema della strada, saranno l’arte, il cinema, il gusto a fare da trait d’union all’edizione 2013 di Franciacortando, l’appuntamento primaverile organizzato dalla Strada del Franciacorta, in programma da venerdì 31 maggio a domenica 2 giugno. Per il long weekend tutta la Franciacorta si metterà in festa per accogliere gli ospiti con

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una ricchissima serie di eventi, in un mix piacevole e sorprendente per la regia dell’agenzia Chrysalis. Al pubblico verrà offerto un percorso da sperimentare attraverso esperienze dirette, che si svilupperà attraverso questo territorio straordinariamente vocato alla viticoltura, con cui si identifica il suo prodotto più pregiato, il Franciacorta appunto. Tutte le strutture associate alla Strada (fra le prime nate in Italia, oggi presieduta da Francesca Moretti) saranno aperte e organizzeranno visite guidate, degustazioni e microeventi nelle cantine e nei laboratori di prodotti tipici, stuzzicanti menù a tema in ristoranti e agriturismo, passeggiate guidate a piedi, in bicicletta e a cavallo. Per l’occasione, saranno realizzati spe-

ciali pacchetti weekend in hotel, agriturismo, campeggio, dimore storiche e bed & breakfast e sarà attivata la Franciacorta Card, che permetterà di ottenere sconti e facilitazioni. Il definirsi del programma, gli approfondimenti sui protagonisti, le curiosità sui vari eventi si potranno seguire, passo dopo passo, sul web (www.franciacortando. it) e sui social, con cui il pubblico verrà invitato ad interagire, preparandosi così al percorso alla scoperta dei sapori, dei saperi e della cultura della Franciacorta che successivamente sperimenterà. Tra gli eventi da segnalare Hidden Kitchen, cucine nascoste, proprio perché si trovano nelle case delle persone. Il nome che hanno scelto i suoi “ideatori” (Melissa & Lele) è in tipico stile americano: Ma’


aprile 2013 stò velocemente fama e notorietà, raggiungendo vari paesi europei. Oggi Usa, Cina, Francia e Inghilterra sono i mercati più avviati con un’esportazione che tocca ormai il 20%, ma l’obiettivo del Consorzio è raggiungere nuove frontiere. Un orizzonte che non esclude l’impegno sul territorio, dove è fortemente radicato. A Scanzorosciate è stata infatti istituita una vera e propria strada dedicata a questo vino ed ogni settembre vi si celebra una festa di successo (l’edizione 2013 sarà dal 5 all’8). Come detto, il Consorzio ha rinnovato le cariche, lo scorso 13 marzo, per il prossimo triennio. Presidente è stata confermata Angelica Cuni, titolare con il marito Alfonso Esposito dell’azienda agricola il Cipresso; Manuele Biava, dell’azienda agricola Biava, è vicepresidente con delega ai rapporti con le associazioni Ais, Onav, Fisar, Slow Food nonché alle relazioni con la stampa; deputato al recupero crediti, il consigliere Paolo Russo dell’azienda agricola La Corona, che curerà anche la gestione del web consortile e si interfaccerà con le istituzioni provinciali, regionali e nazionali; Sereno Magri, dell’omonima azienda, ha ottenuto la delega alle manifestazioni fieristiche, eventi, concorsi vitivinicoli, nonché incaricato per la parte produttiva ed il reperimento di barbatelle e cloni; con funzioni di consigliere delegato alla gestione e organizzazione eventi è stato eletto il consigliere Mario Pina dell’azienda agricola La Berlendesa; Maurizio Pagnoncelli Folcieri, dell’azienda agricola Pagnoncelli Folcieri, curerà i rapporti con Provincia, Regione e Ministero e si occuperà di marketing e promozione; Stefano Locatelli dell’azienda Fejoia, è stato eletto alla carica di consigliere responsabile degli eventi, con l’incarico tecnico concernente il catasto vitivinicolo, la selezione clonale, le barbatelle di Moscato di Scanzo.

Hidden Kitchen Supper Club, dove Supper Club fa riferimento a un tipo di dining americani, che offrono menù particolari. Per Franciacortando, la formula sarà la stessa sperimentata negli States: pochi invitati, ricette relativamente semplici e spazi esclusivi per socializzare. Su www. franciacortando.it sarà possibile vedere i menù delle diverse serate e prenotarsi per la data scelta. Le location “segrete” (quali ville prestigiose) che verranno concesse in esclusiva ai partecipanti saranno caratterizzate da ambienti raffinati e suggestivi. Padrino d’eccezione della serata, lo chef Andrea Sposini, maestro di cucina classica e italiana di fama internazionale nonché fondatore della scuola di formazione “Alta Società”, che ha l’obiettivo di diffondere le tecniche di insegnamento della cucina italiana in Italia e nel mondo.

Nel 2012 fatturato in crescita del 25% mentre le bottiglie vendute hanno sfiorato quota 14 milioni Maurizio Zanella, presidente del Consorzio Franciacorta

Il Franciacorta vola. E sale la domanda di Rosè Il Franciacorta nel 2012 consolida la sua posizione con una performance positiva e controtendenza che fa registrare una crescita dei volumi del 25% rispetto al 2011, un valore al consumo di quasi 270 milioni di euro (prezzo medio bottiglia 19,41 euro, Iva inclusa) e 13.85 milioni di bottiglie vendute. “Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti quest’anno, la crescita è aumentata in maniera coerente nei volumi e nei valori, mantenendo costante il prezzo medio per bottiglia”, dichiara Maurizio Zanella, presidente del Consorzio Franciacorta, commentando i dati relativi al 2012 ottenuti dall’Osservatorio Economico, lo strumento di rilevazione istituito da oltre un anno all’interno del Consorzio Franciacorta che raccoglie dati certi delle aziende associate. Sul mercato, inoltre, la domanda ha espresso un consenso crescente verso il Rosé, che fa rilevare un incremento del 50%, e sul Satèn, che corrisponde a circa il 10% della produzione totale. Dall’elaborazione dei dati emerge che il Franciacorta ha avuto un forte incremento nel numero di bottiglie vendute nel centro Italia, in particolare Lazio e Campania, sebbene il nord Italia mantenga ampiamente il primato di vendita con un + 19%. All’estero Franciacorta mantiene il suo appeal. L’incidenza dell’export sul totale delle bottiglie vendute è pari all’8%. Il principale mercato si conferma il Giappone, a seguire Germania, Svizzera e nord America. Sbocchi interessanti si dimostrano Inghilterra e Nord Europa. Nel 2013 sono state pianificate nuove attività di comunicazione con l’obiettivo di promuovere il Franciacorta e la Franciacorta anche in questi mercati. “In Italia cercheremo di sviluppare ulteriormente la penetrazione in alcune aree, principalmente nel sud; la prima data dei Festival itineranti sarà infatti il 22 aprile a Bari – conclude Maurizio Zanella -. Per l’estero, abbiamo inizato con Prowein a Düsseldorf, abbiamo poi in programma nuove azioni promozionali negli Usa, Uk , nord Europa e Giappone”.

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l’esperto di Giordana Talamona

Chef e sommelier, i “segreti”per sfondare all’estero

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n tempi di crisi, fuggire all’estero può essere un buon piano B per rifarsi una vita grazie a un nuovo posto di lavoro. Il settore del food and beverage, in particolare, offre agli italiani interessanti opportunità per trovare un’occupazione come pizzaioli, cuochi, pasticceri, camerieri e baristi. Al primo posto si piazzano i Paesi di lingua tedesca, dove in alcuni settori le offerte di lavoro superano di gran lunga le domande, tanto che nella sola Germania si contano oltre 50mila posti di apprendistato vacanti. Buone opportunità nella ristorazione anche in Olanda,

Danimarca e Lussemburgo, mentre in Inghilterra e Francia si registra uno stallo occupazionale. Poco interessante appare anche l’est Europa, mentre nel sud la disoccupazione sta via, via aumentando. In quest’ottica europea di squilibri occupazionali, la mobilità internazionale sta diventando la regola per molti italiani che decidono di rifarsi una vita all’estero. Ma nonostante la vitalità di alcuni mercati europei, occorre tenere conto di qualche importante indicazione. Per farsi un’idea sulle diversità culturali, sulle opportunità e sull’accoglienza dei pa-

Bernd Faas di Eurocultura

esi europei, è buona cosa andare sul portale Eures della mobilità professionale (http://ec.europa.eu/eures). Fatto il primo passo, occorre scrivere un curriculum e una lettera di presentazione che sappiano colpire l’attenzione delle aziende di food and beverage. “Molti italiani non sfruttano la buona formazione ricevuta in Italia negli Istituti alberghieri - spiega Bernd Faas di Eurocultura, organizzazione che dal 1993 si occupa di mobilità internazionale -. Sono delle Ferrari che si presentano come delle Panda, perché non sanno vendere al meglio

Il Caso Adriana: «Ho scelto la nave da crociera. Buoni guadagni, ma quanti sacrifici!» Da interprete e traduttrice, a wine sommelier e maître fromager il passo è stato breve. Adriana Valentini, 33enne di Milano, ha cambiato vita nell’arco di pochissimi mesi andando a lavorare su una nave da crociera. Dopo che l’azienda con cui collaborava aveva messo a rischio il suo posto di lavoro, Adriana Valentini, che aveva seguito per passione i corsi dell’Associazione Italiana Sommelier e dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio, si è imbarcata su una nave Costa che l’ha portata sino in Australia. “Oltre a una comprovata professionalità, i requisiti per lavorare su una nave da crociera sono la conoscenza di più lingue - spiega Valentini - e la disponibilità a viaggiare per almeno cinque/sei mesi, anche su lunghe tratte. Inoltre, occorre investire inizialmente nella propria formazione, frequentando i corsi Bst (Basic Safety Training, ndr), necessari per imbarcarsi

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su qualunque nave”. Undici ore medie di lavoro al giorno, intervallate da pause, gestendo in toto un’enoteca, dalla giacenze dei prodotti al rifornimento, dalla preparazione dei piatti all’aggiornamento della lista, sino al servizio e alla pulizia finale. “Chi lavora nel food and beverage su una nave da crociera - continua Valentini - ha uno stipendio medio che si aggira intorno ai 2.500 euro, a cui va aggiunto il cosiddetto sales surcharge, una tassa pagata dal cliente sulla vendita dei prodotti corrisposta in busta paga, e un indice di navigazione che, in base alla tratta, può incidere fino a un terzo dello stipendio”. Le figure ricercate tra gli addetti alla ristorazione sono quelle di chef, barman e camerieri in un’età compresa tra i 25 e i 35 anni. La competenza linguistica, anche in questo caso, è fondamentale per essere reclutati come personale qualificato. Chi conosce solo l’italiano, tuttavia, può


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il loro potenziale”. Il primo ostacolo è la competenza linguistica, a cui fanno seguito la mancanza di referenze, di certificazioni e di conoscenza della realtà estera. “Un importante requisito per fare carriera all’estero è la conoscenza fluente di una lingua straniera - prosegue Faas - competenza del tutto insufficiente, o molto scarsa, tra i cuochi e il personale di sala italiano”. Un ostacolo non di poco conto, che se non preclude in prima battuta un’assunzione, può pregiudicare l’avanzamento di carriera. “Chi ha la buona volontà di imparare una lingua straniera attraverso l’esperienza diretta all’estero - precisa Faas - ha tutte le porte aperte, perché il food and beverage è un settore che ha fame di personale collaudato. Con 5 anni di esperienza e un inglese fluente, si può fare carriera andando a lavorare nel mondo asiatico, americano e arabo”. Ma per imparare bene una lingua, non è sufficiente lavorare e risiedere all’estero. Se con un corso di inglese intensivo ci vogliono almeno due mesi per acquisire una discreta padronanza della lingua, per chi lavora in cucina i tempi sono molto più lunghi, considerati gli orari di servizio e il poco tempo libero a disposizione. Due mesi di corso intensi-

Adriana Valentini

Solida formazione, ottima conoscenza di una lingua straniera e referenze scritte sono più che indispensabili per avere successo. Bernd Faas (Eurocultura): “Buona norma è anche saper valutare e monetizzare il proprio lavoro” vo, di norma, equivalgono a dodici mesi di lavoro, quando va bene. “Ecco perché consiglio di investire nella propria formazione prima di partire per l’estero, frequentando dei corsi di lingue - prosegue -. È un investimento che ci si ripaga in meno di un anno, perché dà la possibilità di essere assunto partendo già da una buona qualifica”. Un altro errore in cui è facile incappare riguarda le referenze. All’estero sono fondamentali, ma se nel mondo anglosassone è sufficiente indicare almeno due numeri telefonici di precedenti datori di lavoro, in quello tedesco e francese sono necessarie delle raccomandazioni scritte. Un’altra questione sensibile è quella dei corsi di aggiornamento, comprovabili attraverso la presentazione di diplomi e certificazioni. Da ultimo, è buona norma monetizzare il proprio lavoro, prassi del tutto

sconosciuta, se non addirittura vituperata in Italia. “Nel mondo tedesco si deve indicare lo stipendio desiderato già nella lettera di presentazione - spiega Faas -, mentre in quello anglosassone lo si può segnalare nel modulo di candidatura o in fase di colloquio. Monetizzare la propria competenza non è solo consigliato, ma addirittura obbligatorio se non si vuole bloccare l’iter di candidatura. Le aziende straniere, infatti, vogliono conoscere un candidato anche in base alla sua autovalutazione, cosa che testimonia serietà e maturità professionale”. Se un pizzaiolo, ad esempio, ha fatto un corso che gli consente di preparare del sushi, potrà chiedere fino a 150 euro in più in busta paga. Valutare le proprie competenze, dunque, può fare la differenza tra uno stipendio medio e uno medio-alto.

presentare comunque una domanda alla Costa Crociere. Si può partire in questo modo dal gradino di qualifica più basso, migliorando la conoscenza di una lingua straniera nelle proprie ore libere, per la verità pochissime. Costa Crociere offre infatti ai propri dipendenti dei Campus gratuiti di lingue straniere che, in base al livello, permettono di migliorare la padronanza di una lingua o di impararne un’altra. Oltre alla conoscenza delle lingue, a una comprovata esperienza professionale e a una buona predisposizioni alla comunicazione, per lavorare su una nave da crociera occorre possedere una certa resistenza psico-fisica, supportata da flessibilità e spirito d’iniziativa. “Tutti i problemi vanno risolti quando si presentano - prosegue -. Se non sai qualcosa stai pur certo che l’impari, perché ogni nave è un mondo a se stante e non si può pensare di arrivare in un porto per venire a capo di qualche difficoltà”. Stress, fatica e nostalgia per la propria famiglia possono rendere difficile il lavoro in nave. Anche per questo la resistenza media a questa vita è intorno ai 4-7 anni, mentre chi lo fa per un periodo più lungo, come precisa Valentini “in genere ha due famiglie, una sulla nave, l’altra a casa”. Che sia per un breve periodo o per qualche anno, lavorare su una nave da crociera è un’esperienza che si può rivendere molto bene sulla terra ferma, in Italia come all’estero. Per le aziende di ristorazione di livello medio-alto, infatti, assumere un addetto che abbia maturato quest’esperienza è una buona garanzia di professionalità, certificata dagli innumerevoli corsi di formazione a cui l’operatore è stato periodicamente sottoposto in nave.

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L’intervista di Leo Bartoli

Il bergamasco Salvatore Poppa sia sta facendo valere in Piemonte a capo di una delle aziende di ristorazione collettiva più all’avanguardia, la “Ops”. “Il comparto offre ancora molto ai giovani. Le figure più ambite? Oltre allo chef executive, il food and beverage manager, il direttore operativo e anche il tecnologo alimentare”. “L’esperienza all’estero è sempre consigliata per accrescere l’esperienza”

Il food manager che ha “rivoluzionato” la mensa

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n tempi in cui la cucina sembra diventata quasi oggetto di culto e gli chef dei sacerdoti intenti a celebrare rituali con ricette sempre più elaborate e creative, trovano spazio anche professioni nuove, che fanno dell’agroalimentare una delle poche frontiere promettenti nel buio di una crisi che sembra non terminare mai. Così, attraverso trasmissioni come Master Chef fino alle ricette di Benedetta Parodi, si sta formando una generazione che vede nel food una delle poche carte lavorative da giocarsi su uno scacchiere che però non può più essere locale, ma è diventato planetario. Così naturalmente la figura dello chef è trasfigurata e resa una vera star: ambita da migliaia di ragazzini che si abbeverano ai talk show televisivi, ma anche di appassionati che seguono libri, rubriche sui giornali specializzati e blog mirati. Ma accanto al principe-cuoco (mestiere meraviglioso certo, ma che potrebbe restituire anche molte delusioni a chi pensi possa regalare solo fama e gloria, dimenticando i sacrifici estenuanti) e alle altrettanto tradizionali figure di pasticceri e sommelier, si affacciano professioni come il

blogger food, versione aggiornata del critico enogastronomico, o il food designer, capace di concepire nuovi alimenti per l’industria alimentare, o ancora di più, l’ispettore della ristorazione o il food manager, personaggi chiave in grado di far filare come un treno l’intero processo di filiera, dal produttore alla tavola del consumatore finale. Sorta di direttore in versione moderna, possibilmente con un passato da chef, il food manager deve avere una robusta iniezione di gestione aziendale e di logistica e una capacità innata di gestione del personale. C’è un bergamasco che risponde a questo identikit e si sta facendo valere in Piemonte a capo di una delle aziende di ristorazione collettiva più all’avanguardia dell’offerta torinese, la Ops srl (di proprietà dei soci Alessandra Filippa e Giovanna Nebiolo), nata da poco ma che serve già 800 pasti al giorno, tra cui quelli riservati ai giornalisti de La Stampa, nel moderno centro polifunzionale Alpitour di Torino: è il 54enne Salvatore Poppa. Già direttore alla “Pellegrini”, ha continuato il suo percorso a Bergamo nella Desco fino all’ultimo salto. Prima però, dopo l’Alberghiero


dicembre 2012 aprile 2013 a Mondovì, aveva fatto molta esperienza come chef in ristoranti in Francia, Germania e Svizzera. Che tipo di aspettative ha un giovane quando arriva da voi? “Un giovane da noi ha aspettative di crescita professionale in linea con le sue caratteristiche e capacità. Questo è un mestiere dolce e difficile allo stesso tempo, che può regalare grandi soddisfazioni ma anche cocenti delusioni”. Scuole alberghiere: preparano bene o ci sono ancora lacune? “Secondo il mio parere esistono lacune per colpa di docenti non idonei all’insegnamento. Anni fa nelle scuole alberghiere c’erano grandi chef e maître che trasferivano il loro sapere agli studenti. Ora non sempre è così”. Lingue straniere e savoire faire ai tavoli: elementi fondamentali come la buona cucina? “Fanno davvero parte del nostro bagaglio di partenza: sapersi rapportare al cliente nella sua lingua significa farlo sentire a casa e una sapiente accoglienza predispone il commensale a lasciarsi guidare nella degustazione”. Quali doti deve avere un ragazzo che si affaccia per la prima volta in un grande gruppo di ristorazione? “Umiltà, passione, grande volontà e resistenza allo stress sono caratteristiche per affacciarsi alla ristorazione collettiva: l’ambizione e determinazione personale formeranno poi un professionista”. Non sono pochi però coloro che gettano la spugna, poche motivazioni? “Proprio così. Tutto quello che attiene al comparto food non si improvvisa: con tempi e sollecitazioni così serrate, sono molti coloro che dopo un iniziale euforia abbandonano il campo perché incapaci di gestire lo stress quotidiano”. Come, a suo parere, la ristorazione collettiva ha saputo rispondere alla crisi? “A parte alcune società piccole e medie che sono state costrette alla chiusura, le grandi si sono accorpate per avere più sinergia sul mercato, riducendo i costi del personale e ottimizzando le figure professionali con costanti corsi di aggiornamento”. Come si presenta il mercato in Bergamasca? Lei pensa di tornare? “Anche nella nostra provincia il mercato risente della crisi come tutti i settori, benché ci siano realtà importanti che re-

sistono, proponendo uno standard qualitativo elevato nel tempo che punta alla soddisfazione del cliente. Per il momento Torino è la mia sfida personale, dove intendo perseguire gli obiettivi prefissati”. Può raccontare ai giovani la sua giornata tipo? “La giornata inizia alle 6 con lo chef: si verificano i processi di lavorazione, si

saria la gavetta nei vari ruoli per una conoscenza a 360 gradi del settore. Pellegrini in tal senso è stata per me una buona scuola, ha formato direttori che alla base erano chef con capacità gestionali e operative in grado rimboccandosi le maniche per sopperire all’occorrenza anche ai ruoli scoperti in caso di malattie, ferie o assenze”.

fa un report in attesa dello staff di cucina e poi verso le 10, manuale Haccp alla mano, si verifica che siano state attivate tutte le procedure del caso. Alle 11 incontro con il cliente per la verifica dello stato di soddisfazione, pronti ad intervenire qualora sorgessero problemi o ci fossero situazioni da migliorare. Dalle 12 alle 14.30 si assiste al servizio in sala, poi si esegue il conteggio pasti con relativo calcolo costo pasto giornaliero, cassa, giacenze, personale. Nel pomeriggio proseguono i contatti con i fornitori e si mette in atto la ricerca di nuovi potenziali clienti per poi proseguire in un altro appalto con le stesse verifiche”. In questo mestiere, se determinati e preparati, è possibile fare carriera in fretta? “Fermo restando che serve una buona base di determinazione e preparazione per potersi affermare, è però neces-

Quali sono nel settore food le figure più ambite oggi? “Oltre naturalmente allo chef executive, ci sono molte richieste per il food and beverage manager, per il direttore operativo e anche per il tecnologo alimentare”. La passione resta il minimo denominatore comune? “Senza dubbio è l’elemento principe, anche se questa non deve prescindere dall’obiettività, per evitare delusioni e false aspettative”. Consiglia ai ragazzi un’esperienza all’estero? Quali gli Stati più interessanti per il food dove farla? “L’esperienza all’estero si consiglia sempre sia per un arricchimento professionale, sia perché predispone l’individuo ad un’apertura mentale verso realtà differenti, forgiando anche il carattere. Francia e Spagna a mio avviso restano le realtà più interessanti per la cucina territoriale e all’avanguardia”.

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Appuntamenti

DAL 25 MAGGIO AL 9 GIUGNO

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Erbe del Casaro, i sapori brembani nel piatto re fine settimana dedicati alla tradizione brembana e ai sapori locali con degustazioni, percorsi gastronomici, visite culturali, esposizioni, laboratori e, nei ristoranti aderenti, menù a prezzi promozionali a base di erbe spontanee e formaggi della Valle. La quarta edizione di Erbe del Casaro è in programma dal 25 maggio al 9 giugno negli undici paesi di Altobrembo, in Alta Val Brembana: Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida, Valtorta. Si comincia con le erbe spontanee del territorio (sabato 25 e domenica 26), raccontate in una mostra e in una serie di iniziative dedicate alle virtù curative e gastronomiche, oltre a

DAL 25 AL 28 APRILE

corsi di cucina, degustazioni, escursioni per la raccolta e convegni sulla loro trasformazione. Si prosegue, il primo giugno, con il matrimonio tra i grandi formaggi della Valle, su tutti le Dop e i Presìdi Slow Food, e i vini della bergamasca, in collaborazione con il Consorzio Valcalepio, mentre domenica 2 giugno protagonista è il legno, con un percorso tra scultori, intarsiatori e falegnami. Il weekend dell’8 e 9 giugno è infine interamente dedicato al “Salone dei formaggi brembani… e dei vini della Bergamasca”. Oltre ai menù con ricette tradizionali a base di erbe spontanee e formaggi brembani, nei locali sui potrà trovare l’aperitivo di Erbe del Casaro con assaggi di formaggi e stuzzichini con erbe. Info: www.erbedelcasaro.it

DAL 24 MAGGIO AL 2 GIUGNO

Volta Mantovana, vini passiti a palazzo Dal 25 al 28 aprile Volta Mantovana ospita l’11esima edizione della “Mostra Nazionale dei Vini Passiti e da Meditazione” nello storico Palazzo Gonzaga, le sue Scuderie e nei giardini terrazzati all’italiana. Punto di forza è il banco d’assaggio, dove, aiutati da sommelier e analisti sensoriali, i visitatori possono accostasi a vini provenienti da tutta Italia e da alcuni paesi europei ed extraeuropei. Ospiti stranieri di quest’anno sono i vini cileni e il Madeira portoghese, accompagnati da EisWein, Porto e vini sudafricani. Non mancano i prodotti della gastronomia, locale e non, che insieme ai vini si possono acquistare nel mercato. Disponibili, su prenotazione, le degustazioni guidate dedicate ai passiti accompagnati con cioccolato, formaggi e prodotti del territorio mantovano, mentre nei giardini è possibile pranzare grazie agli stand e al punto ristoro. È anche possibile approfittare delle visite guidate al Palazzo, alle torri e alle mura del castello o semplicemente gustarsi il panorama dentro e fuori le mura fra camminamenti, antiche colonne, aiuole, fontane e poggioli di pietra. Nei giorni della Mostra i ristoranti convenzionati di Volta Mantovana propongono un menù tipico, accompagnato da vini riserva locali e vino passito al prezzo concordato di 25 euro. L’ingresso alla mostra costa 5 euro. Info: www.vinipassiti.com

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A Iseo sfilano le bontà dei laghi italiani Il Festival dei Laghi è la più grande kermesse italiana dedicata ai laghi italiani ed europei. Va in scena dal 24 maggio al 2 giugno nel centro storico di Iseo, per l’organizzazione del Comune in collaborazione con la Fondazione L’Arsenale. Il festival ospita una trentina di specchi d’acqua, dal Sud al Nord, piccoli e grandi, con l’obiettivo di far conoscere gli aspetti tipici dei paesi lacustri. La mostra mercato Bontàlago è la parte dedicata all’enogastronomia, che porta in piazza le produzioni tipiche di ciascun lago con esposizioni, degustazioni e corsi. Si va dalla Gubana friulana ai missultini lariani, dal Bagoss al Franciacorta, dai brutti e buoni piemontesi all’olio, alle frise e ai taralli pugliesi, dalla pasticceria siciliana ai torroni sardi, dai vini toscani alle torte salate e ai legumi umbri, dai frutti del Trentino Alto Adige al coregone e alla polenta del Veneto. Nel programma anche arte, cultura, spettacoli, attività sportive e una speciale attenzione all’ecosostenibilità. Info: www.festivaldeilaghi.it


aprile 2013

FINO AL 3 GIUGNO Chef per passione, aperte le iscrizioni al Premio Marietta

DAL 17 AL 19 MAGGIO

Birra artigianale, al Castello di Clanezzo protagonista la produzione bergamasca

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un fenomeno in continua evoluzione quello dei microbirrifici artigianali in Bergamasca, che da tre anni a questa parte possono contare su una manifestazione tutta per loro: BeerGhém, organizzata dal birrificio Via Priula di San Pellegrino, in collaborazione con la Compagnia del Luppolo. La rassegna quest’anno si sposta al Castello di Clanezzo, dove sarà di scena dal 17 al 19 maggio. Saranno presenti tutte e otto le realtà artigianali nate in provincia (Elav, Endorama, Maspy, Maivisto, Orobia, Sguaraunda, Valcavallina e Via Priula), di cui sarà possibile assaggiare le creazioni acquistando gettoni al costo di 1,50 euro. Nei tre giorni si potrà conoscere meglio il mondo dei microbirrifici, allenare i sensi al riconoscimento della qualità grazie alle degustazioni guidate, acquistare le bottiglie preferite al beershop, ma anche approfittare del servizio di ristorazione curato dalla cucina del Castello e godersi la musica dal vivo. L’appuntamento rappresenta anche un’occasione di confronto sulle problematiche e le opportunità di sviluppo di questo giovane ma promettente settore imprenditoriale. Proprio quest’anno, infatti, tre birrifici bergamaschi (Endorama, Via Priula, Elav) hanno vinto il primo premio in tre diverse categorie al concorso nazionale Birra dell’Anno Unionbirrai, facendo diventare la nostra provincia la più premiata d’Italia. Info: www.birrificioviapriula.it

Uomini o donne non fa differenza, l’importante è essere cuochi dilettanti animati dalla passione per i fornelli e realizzare una ricetta ispirata al celebre manuale di Pellegrino Artusi. Ritorna il Premio Marietta, il concorso nazionale che il Comune di Forlimpopoli dedica alla governante del gastronomo, una figura fondamentale, se si pensa che proprio a lei lasciò in eredità i diritti d’autore de “La Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”, assieme al cuoco Francesco Ruffilli. Le iscrizioni sono aperte fino a lunedì 3 giugno. Per partecipare occorre inviare una ricetta originale di un primo piatto (pasta fresca o secca o riso) eseguibile in un tempo massimo di due ore. Requisito indispensabile, la presenza di riferimenti alla cucina domestica regionale, alla filosofia e all’opera dell’Artusi, tanto negli ingredienti quanto nella preparazione e presentazione. La partecipazione è gratuita. I cuochi finalisti saranno invitati a cucinare i loro piatti durante la 17ª edizione della Festa Artusiana, in calendario dal 22 al 30 giugno a Forlimpopoli. Per il vincitore, in palio un premio di 1.000 euro. A conquistare l’edizione 2012 è stata una bergamasca: Raffaella Bugini di Valbrembo, con un “Risotto al Moscato di Scanzo con biligòcc e fonduta di strachitunt”. Per i dettagli www.pellegrinoartusi.it - www.casartusi.it

DAL 9 AL 12 MAGGIO

Slow Fish, il pesce tra gusto e sostenibilità “Il mare di tutti” è il tema al centro della sesta edizione di Slow Fish, la manifestazione dedicata al mondo ittico e agli ecosistemi acquatici organizzata da Slow Food e Regione Liguria. Quest’anno la rassegna - da giovedì 9 a domenica 12 maggio a Genova, negli spazi all’aperto del Porto Antico - si apre alla città con un evento a ingresso libero allestito sulle banchine. Esperienza diretta e coinvolgimento dei visitatori sono le parole d’ordine, declinate nei percorsi didattici per studenti, bambini e adulti, che vanno dall’uscita in peschereccio alla scuola di cucina. Novità sono gli appuntamenti Fish & Chef, in cui 16 tra i più grandi nomi della ristorazione italiana e internazionale interpretano il pescato di giornata per il pubblico. Tra le bancarelle del Mercato

si trovano pesce fresco e conservato, olio, spezie, sale, alghe e derivati. Gli espositori italiani e stranieri hanno sottoscritto un impegno a non utilizzare conservanti e aromi artificiali e a non vendere tonno rosso, pesce spada, squalo e salmone, specie a rischio d’estinzione. Sempre nel mercato si trovano i Presìdi del mare, esempi concreti di come i pescatori possano trovare il giusto equilibrio tra la necessità di svolgere le loro attività tradizionali e la tutela del delicato ambiente in cui lavorano. Tanto altro nel programma consultabile sul sito www.slowfood.it. Slow Fish è anche una campagna internazionale che informa i consumatori, valorizza il pesce buono, pulito e giusto e agevola il confronto tra gli attori della pesca sostenibile.

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Il ristorante di Lelia Parisi

Mea, la “regina” di fiori

Mea Tagliaferri

All’Hotel San Marco di Schilpario, i protagonisti della cucina sono licheni, fiori ed erbe selvatiche. Quella dei Tagliaferri è una vita spesa sulle tracce delle vecchie ricette scalvine. E le emozioni sono assicurate

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i respira un’aria diversa dalle altre Orobie qui a Schilpario, in queste retrovie scalvine della Valle Seriana che si incuneano come una spina nel fianco camuno. Un paesaggio, quello scalvino, che non si lascia mai addomesticare dallo sguardo, con le sue rocce ribelli che si aprono in sempre nuove prospettive. È su queste rocce che cresce, lentissimo, memore forse di una scala del tempo geologico, il lichene, metà alga, metà fungo, quasi a reclamare che un tempo lontano (fino a 65 milioni di anni fa) qui regnava il mare (testimoni i tanti fossili ritrovati nelle viscere delle montagne), unico indizio ancora vivente di quella tregua preistorica tra la terra in avanzamento e il mare in ritirata. Il lichene, le erbe selvatiche, i fiori. I protagonisti della cucina di Mea e Enzo Tagliaferri dell’Hotel Ristorante San Marco di Pradella, o almeno quelli che danno a essa la sua particolare connotazione, crescono qui, sopra i 1.100 metri, in questa natura selvatica e incontaminata. Il lichene, considerato un bioindicatore, ha una storia che in Val di Scalve sopravvive solo nella dimensione orale del ricordo. Usato nei tempi passati in funzione depurativa e antipertensi-

va, Mea è riuscita ad addomesticarlo nello spazio breve di un piatto, grazie alla mediazione di un tubero, la patata di Pradella, capace di smussarne la nota amara ma gradevolissima, accompagnandolo alla spalla cotta di Schilpario, insaccato locale di maiale, vera e propria leccornia da due ore e mezzo di cottura a cui si aggiunge la lunga e delicata operazione di pulitura dei licheni (solo su prenotazione oppure nel menù estivo del giovedì a pranzo). Una vita, quella di Mea (coadiuvata ai fornelli dal fratello Enzo), spesa sulle tracce delle vecchie ricette scalvine (è associata a Slow Food, puntualizza come per dare una veste di credibilità - superflua - al suo lavoro), a limare le ruvidezze di piatti settati sul fabbisogno calorico della gente d’alta montagna, di minatori e lavoratori di metalli. Come il padre Patrizio, classe 1927, che nel 1963 avviò l’Hotel San Marco, gestendolo con la moglie Lisa tra un turno e l’altro in miniera. Una cucina che dà il meglio di sé dalla tarda primavera all’autunno, sempre ligia al capriccio delle stagioni (il menù è preparato di volta in volta, ispirato dal raccolto di erbe e fiori, con i ritmi della natura a dettar legge), scritta nella lingua povera dei piatti locali, l’unica praticabile in una natura che qui sembra essere più avara che altrove. I fiori e le erbe selvatiche, la cifra stilistica di Mea. «Una passione - ci racconta - che, partita in sordina, è esplosa con la partecipazione, circa 10 anni fa, a “Il sentiero delle erbe”, un corso pratico sulle erbe spontanee organizzato dall’Ascom. Da lì ho iniziato a sperimentare abbinamenti nuovi, modulando in modo sempre più deciso i miei piatti sulle erbe selvatiche». Fiori ed erbe che, a seconda della stagione di fioritura, vanno a farcire o ad abbellire piatti semplici ma molto sapidi e ben strutturati. Tra questi, gli ottimi tortelli farciti di ricotta della Latteria Montana di Vilminore di Scalve, petali di calendula, primule, fiori di borragine e decorati con fiori di malva, oppure il risotto


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Carnaroli mantecato con taleggio ed erbe selvatiche. E poi i casoncelli nell’antica versione dolce-salata, con uvetta e pere, e in quella tradizionale scalvina con salame stagionato, conditi con burro locale ed erbe aromatiche. O i celebri tortelli (a partire da agosto) con ripieno di patate, porcini e mirtilli selvatici. Nei secondi, la tagliata (tenerissima) di scamoncino di vitellone della tagliata ha solo il taglio della carne, qui in realtà a striscioline strette e spesse, ma il sughetto farcito di aromi misti, tra cui timo serpillo, salvia e rosmarino dell’orto, le dà una varietà di sfumature intense e piacevolissime; accompagnata dalla deliziosa polenta rustica, una miscela di tre farine gialle grezze della Val Seriana, che viene proposta anche con formaggio fresco alla piastra e giallini. Ottima anche la polenta taragna preparata con formaggio magro sempre della Latteria Montana. Tra le chicche, disponibili in stagione e su richiesta, la zuppa di bucce di patate, una soave vellutata che utilizza interamente la patata di Pradella, una varietà che ben si è ambientata al clima e al suolo di Schilpario - «per Veronelli, una delle migliori qualità di patate», si vanta Mea -. Ed ecco allora i deliziosi gnocchi con patate di Pradella, coltivate nell’orto annesso all’hotel, condite con burro di malga e salvia. «Il piatto preferito del pittore bergamasco Mario Donizetti e di sua moglie Costanza» precisa Mea. Piatti di rustica bellezza, ma soprattutto dai sapori potenziati perché qui tutto cresce più lentamente, prendendosi il tempo necessario per concentrare aromi e profumi. Come i dolci fatti in casa, poveri solo in apparenza, tra cui la torta di mele (è come addentare un pezzo di passato) e le fragole con il rabarbaro dell’orto. Per un pranzo completo, si sta sui 30-35 euro, vini esclusi.

Il Giudizio AMBIENTE Rustico, come si conviene a queste altitudini, ma accogliente e con quel tepore che solo la montagna sa dare. Due sale pranzo e un grande salone per banchetti. CUCINA Una cucina, quella di Mea, quasi autarchica e costantemente in bilico tra ciò che è addomesticabile e ciò che non lo è, come d’altronde tutto qui in Val di Scalve. Ed è questa la sua forza, la capacità di far dialogare ciò che è a misura d’uomo, perché addomesticato da incroci e selezioni millenari, e ciò che non lo è, perché colto nella sua natura, ristabilendo per un attimo quel rapporto diretto uomo-natura. Lo si avverte nell’uso prevalente di ingredienti biologici, prodotti e lavorati sul posto, in buona parte provenienti dall’orto (verdure di ogni genere, erbe selvatiche, piante aromatiche e le famose patate di Pradella), curato da Mea insieme con il fratello Enzo. A completare l’opera, i latticini della vicina latteria montana di Vilminore di Scalve, salumi (gustosissima la pancetta) e carni dalla locale macelleria, in stagione funghi e cacciagione della zona. CANTINA Due le carte dei vini: una dedicata alla Bergamasca, con 7 etichette, tra Valcalepio e moscati di Scanzo, la seconda, con prevalenza dei rossi lombardi e di altre regioni vitivinicole, con 30 etichette. Contenuti i ricarichi. ESPERIENZA Esperienza e ricerche sul campo per il recupero di vecchie ricette scalvine si associano a una buona base tecnica appresa alla Scuola Alberghiera e poi coltivata con i corsi all’Associazione Cuochi di Bergamo. “Terminate le medie – racconta Mea con quella schiettezza tipica montanara – mi sono ritrovata sull’autobus che portava a San Pellegrino Terme per fare l’Alberghiera, senza aver nemmeno proferito parola. Erano quei tempi in cui i genitori decidevano il destino dei figli. A 16 anni dirigevo già la cucina con quell’incoscienza giovanile che ti fa osare senza pensarci su troppo”. Una “imposizione” che si è rivelata lungimirante, perché Mea la passione per il cibo ce l’ha nel sangue. SERVIZIO Il servizio ai tavoli è svolto accuratamente dal marito di Mea, Antonio Pizio, e dalla cognata, Pierangela Hilti, originaria del Lichtenstein, addetta anche alla preparazione dei dolci. Antonio Pizio è anche il curatore del museo di minerali e fossili della Valle di Scalve allestito nei locali dell’Hotel, che vale davvero la pena visitare. Le bellissime ammoniti, conchiglie a forma di spirale, fossili guida del Mesozoico, il famoso nautilus nelle cui spire è scritto il numero aureo, gli incredibili cristalli di quarzo e di tantissimi altri minerali vi lasceranno senz’altro a bocca aperta.

Hotel Ristorante San Marco Frazione Pradella, 3 Schilpario Tel. 0346 55024 Chiuso il lunedì

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO Buono il rapporto qualità-prezzo in tutti i piatti (primi intorno ai 9 euro, secondi tra gli 11 e i 14 euro). Fuori stagione si consiglia comunque la prenotazione, mentre per tutto il periodo estivo il  giovedì a pranzo Mea propone il menù con piatti tipici (variabile, così come anche il prezzo, in base alla disponibilità dei prodotti dell’orto e della montagna) che include la spalla cotta di Schilpario con i licheni. p.s.

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news

Ai ristoratori bergamaschi verranno distribuiti tre sacchetti di iuta per la raccolta delle diverse “chiusure”

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L’anima “green” del Valcalepio Al via il riciclo dei sugheri i ecosostenibilità si parla spesso, molto meno la si applica. Il direttivo del Consorzio Tutela Valcalepio, sensibile al tema, ha deciso di dare un’ulteriore spinta in questa direzione. Tanto che - come aveva anticipato il presidente Enrico Rota - nel corso del Vinitaly ha presentato e lanciato la nuova campagna di raccolta delle “chiusure”, progetto organizzato in collaborazione con

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la Marengo Sugheri srl di Alessandria. “I soci del Consorzio - ha precisato Rota - hanno deciso di scendere in campo a favore dell’ecosostenibilità e la raccolta delle chiusure sia in sughero che in plastica presso i ristoranti bergamaschi ha proprio l’obiettivo di contribuire a ridurre gli scarti e a permettere un riciclo reale e consapevole di un materiale prezioso quale il sughero”.

Più in dettaglio, in queste settimane il  Consorzio Tutela Valcalepio provvederà a distribuire tra i ristoratori orobici tre sacchetti di iuta (materiale ecocompatibile) di colore diverso. Uno servirà per la raccolta dei sugheri interi, un’altro per la raccolta degli “agglomerati” e l’ultimo per i tappi sintetici. La raccolta verrà poi trattata dalla Marengo Sugheri per la fase di riciclo.

Vino, per la prima volta in 10 anni calano

iminuiscono nel 2012 le vendite di vino nei supermercati. lume il 18,3%, ma proprio perché tanti prodotti sono passati Per la prima volta, negli ultimi 10 anni, anche la bottiglia da alla fascia di prezzo centrale, quella tra 2 e 4 euro che copre la 75cl evidenzia un dato a volume negativo, con un calo per quanmaggiore quota di mercato, quasi il 50%. A proposito di quote di mercato è interessante notare che la fascia di prezzo tra i 4 e i 6 to riguarda il totale del vino confezionato del 3,6% rispetto al euro copre il 14,8% del mercato e quella sopra i 6 euro il 5,4%. 2011. Nonostante la tendenza negativa, aumentano del 3,3% Parlando, invece di quote di mercato globale, i vini a denominale vendite del vino in bottiglia a denominazione d’origine nella fascia di prezzo superiore ai 6 euro. Flessione più contenuta zione raggiungono il 56,1% delle vendite di vino nella Gdo, menper il vino in brick che perde l’1,7%, tengono le bollicine con un tre i brick il 31,5% (sempre a volume). La spinta promozionale ri0,6% e crescono anche le vendite del vino a marca commerciaspetto al 2011 non è aumentata, mantenendosi stabile, mentre i prezzi medi di una bottiglia di 75cl a denominazione d’origine è le, prodotto dalle catene distributrici (+1,9% sempre a volume). di 4,28 al litro, e di 1,24 per il brick. Questo il quadro complessivo che emerge dall’anteprima della Il vino più venduto nei supermercati italiani è il Lambrusco con ricerca di SymphonyIRI Group sull’andamento del mercato del più di 14 milioni di litri per un valore di 44 milioni di euro. Sevino e sui vini più venduti nella Grande Distribuzione nel 2012. L’analisi dettagliata delle statistiche guono Chianti, Montepulciano evidenzia che il 2012 è stato un and’Abruzzo, Barbera, Bonarda. Va Nei supermercati lo scorso anno sottolineato il calo delle vendite a no caratterizzato da un forte aumenla flessione è stata del 3,6%. Crescono volume del Nero d’Avola (- 30,2% to dei prezzi dei vini nella Gdo: del le bottiglie di fascia alta. Lambrusco, a volume), dovuto ad un aumento 5,5% per il totale del vino confezioChianti, Montepulciano d’Abruzzo, del prezzo del 20,8%, un fenomenato, del 4,5% a litro per le bottiglie di 75 cl a denominazione d’origine e no che si ripete anche per altri vini. Barbera e Bonarda i preferiti del 10,1% per i brick. Questi aumenTra i vini “emergenti”, cioè quelli che fanno registrare una maggior ti rendono problematici i raffronti crescita a volume, boom del Pecon l’anno precedente perché molti prodotti, aumentando di prezzo, corino, prodotto nelle Marche e in sono andati a collocarsi nella fascia Abruzzo, con un + 23,8%, seguito superiore. Per esempio, i vini a deda Pignoletto, Grillo, Traminer, Fanominazione sotto i due euro (una langhina. Aumentano le vendite fascia di prezzo che rappresenta il delle bottiglie a denominazione 25,2% del mercato) perdono a voa marca commerciale, distribuite

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Vinitaly, Maroni e Facchinetti in visita alla “Piazza” Al Vinitaly, Piazza Valcalepio ha catalizzato, come nella passata stagione, l’attenzione di appassionati e amici. Tra questi ultimi da segnalare la presenza di Roby Facchinetti, il cantante bergamasco dei Pooh, che si è fermato per alcune ora nella “Piazza”. In rappresentanza del Consorzio, Emanuele Medolago Albani gli ha donato una delle spille del Colleoni, appositamente create per omaggiare gli Ambasciatori del Valcalepio. Di rilievo anche la visita del governatore della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che non ha mancato di esaltare il ruolo e l’importanza di un comparto come quello enologico. In generale buono l’afflusso di visitatori, che hanno potuto deliziarsi con i vini dei 12 produttori di Valcalepio e con assaggi dei piatti tipici della tradizione bergamasca.

le vendite nella Gdo dalle insegne della Gdo con nomi di fantasia o col proprio nome, che aumentano di prezzo e di qualità. La marca commerciale arriva così a conquistare una quota di mercato del 14,7% (bottiglie più brick). Le scelte strategiche delle aziende distributive hanno portato a qualificare il prodotto, che ora è presente con maggiore frequenza in segmenti nobili del mercato, diversificando in questo modo la propria offerta al consumatore e ampliando il proprio target di riferimento. “In un mercato difficile come quello attuale anzitutto è necessario sottolineare i positivi risultati ottenuti dalla marca privata, cresciuta dell’1,9% in quantità e del 9,2% in valore, quest’ultimo dato per il suo ingresso in fasce di prezzo più alte - ha commentato Alberto Coldani, rappresentante di Federdistribuzione a Vinitaly 2013 (l’Associazione che rappresenta la maggioranza delle aziende della Gdo), nonché direttore acquisti PGC di Carrefour -. Per contrastare la tensione sul mercato - ha aggiunto Coldani - la Gdo ha intrapreso piani promozionali molto forti che hanno contribuito a ridurre i margini delle catene e, spesso, impedito di assorbire l’elevata inflazione all’acquisto. Oltre alle preferenza accordate in modo sempre

crescente alla marca commerciale abbiamo rilevato, e credo continueremo a farlo nel 2013, un aumento delle vendite a volume - del 3,3% nel 2012 - per i vini di prezzo superiore ai 6 euro, un forte segnale che attesta la ricerca, oltre che della convenienza, anche della qualità”. La crescita dei prezzi suggerisce prudenza ed attenzione nell’analisi del mercato e nella sintesi conclusiva, ha avvertito Virgilio Romano, Client Service Director di SymphonyIRI Group, coordinatore della ricerca: “Va evidenziato ciò che accade nel segmento Brick, in cui si registra un corposo aumento di prezzo associato ad una sostanziale tenuta nelle vendite a volume: una situazione spiegata in realtà da una forte leadership e dalla rilevante presenza della marca commerciale nel comparto. Le statistiche ci dicono qualcosa anche dell’evoluzione dei gusti dei consumatori: tra i vini emergenti troviamo nelle prime posizioni 3 bianchi, come Pecorino, Pignoletto e Grillo, dunque una predilezione per un bere più leggero, forse meno legato al pasto e più alla socialità. Un dato che deve far riflettere: alla tradizione bisogna affiancare nuovi gusti e nuove modalità di consumo per avvicinare nuovi consumatori”.

È rosa il 28% delle imprese agricole bergamasche Un’azienda agricola su quattro in provincia di Bergamo è condotta da donne. È quanto emerge da un’analisi realizzata dalla Coldiretti di Bergamo su dati della Camera di Commercio. Come evidenza Elena Lazzarini, responsabile di Donne Impresa Bergamo, “il dato permette di ribadire il rilevante contributo che le donne apportano al rilancio del sistema economico nazionale in termini di innovazione e creatività, senza dimenticare l’attenzione alla famiglia e all’impegno sociale”. Nell’agricoltura bergamasca la rete imprenditoriale rosa è formata da 1.184 aziende operanti nei diversi comparti produttivi. Le imprenditrici sono particolarmente numerose nel settore dell’agriturismo e della vendita diretta oltre che nelle attività dove la fantasia e la sensibilità femminile sono armi vincenti. Sono strategiche anche nella coltivazione dei cereali, nell’allevamento del bestiame e nella produzione di vino. “La presenza delle donne in agricoltura - afferma Lazzarini - è senz’altro un valore aggiunto. Esse hanno infatti saputo cogliere la moderna sfida di coniugare il mercato, il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita. Non a caso hanno contribuito a dare un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il settore con l’ampliamento delle attività ad esso connesse come la trasformazione dei prodotti, la crescente attenzione al benessere, il recupero di antiche varietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet-therapy e l’adozione di piante e animali on line”.

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Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U AT T R O E R R E


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prodotti La produzione alimentare “verde” è in forte espansione, ma restano alcuni aspetti controversi. Benché siano ben 13 gli enti certificatori, i raggiri non mancano. Anche a Bergamo il comparto è in espansione di Riccardo Lagorio

I

Non è tutto Bio quel che “luccica” n dieci anni, a livello mondiale, la vendita di prodotti biologici si è pressoché triplicata, registrando a fine 2012 il valore di 59 miliardi di dollari. Ben 37 i milioni di ettari coltivati secondo le norme dell’agricoltura biologica nel mondo e se in Italia l’acquisto di prodotti bio è ancora un passo indietro rispetto ai Paesi del nord Europa, le relative produzioni proliferano di anno in anno. Ne sono interessate soprattutto le piccole e medie imprese agricole, che vedono nella specializzazione del biologico un metodo per conquistare quote di mercato. Le compravendite in Italia valgono infatti 1,7 miliardi di euro, in crescita costante da tre anni, quelli peggiori dell’economia dal secondo Dopoguerra e quindi in controtendenza con il calo dei consumi. Vendita diretta, mercatini del biologico e Gruppi di Acquisto Solidale raccolgono 280 milioni di euro, 550 milioni la grande distribuzione organizzata. Così anche la Commissione europea si è preoccupata di stabilire i confini della agricoltura biologica, che è un sistema di produzione agricola che cerca di offrire al consumatore prodotti freschi, gustosi e genuini, rispettando il ciclo della natura e minimizzando l’impatto umano sull’ambiente.

Per raggiungere questo scopo si adottano la rotazione delle colture, l’impiego molto limitato dei pesticidi, il divieto dell’uso di Ogm, la scelta di piante e animali resistenti alle malattie e capaci di adattarsi alle condizioni del luogo, l’utilizzo di pratiche di allevamento appropriate per le diverse specie di bestiame, a partire dall’utilizzo degli spazi e delle strutture. Di conseguenza l’agricoltura biologica è venuta alla ribalta come sistema che riveste un ruolo importante per la protezione dell’ambiente, la salvaguardia e il recupero della biodiversità, unitamente al risparmio di risorse utili per la collettività. Quello che è certo è che attraverso questo metodo di produzione si rispettano e si favoriscono i meccanismi naturali dell’ambiente per il controllo delle malattie e degli insetti nocivi utilizzando varietà vegetali resistenti e più adatte all’ecosistema e per quanto riguarda l’allevamento di bestiame si rispetta il loro benessere, vietando l’utilizzo di stimolanti della crescita, cure preventive e promuovendo l’impiego di farmaci omeopatici per la cura di eventuali patologie.

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prodotti

A Cenate Sopra, Martinengo e Fara Olivana Molto più controversi sono invece i presunti valori nutrizionali dei cibi biologici ed è stato provato quanto sia assolutamente fuorviante il paradosso secondo cui i prodotti biologici siano più gustosi. Un altro aspetto da sfatare è inoltre l’ecosostenibilità ambientale dei prodotti bio. La Gdo infatti propone anche prodotti bio originari dall’estero, come nel caso del latte che proviene in gran parte dalla Germania o lo zucchero di canna, che deve compiere inevitabilmente lunghi tragitti prima di entrare nelle dispense dei connazionali. Dal punto di vista della convenienza economica, vale la pena sottolineare che l’assenza di fitofarmaci può comportare una resa inferiore nella produzione di materie prime vegetali e quindi tradursi in prezzi più elevati rispetto a quelli derivanti dall’agricoltura convenzionale; tuttavia il differenziale di prezzo è talvolta spropositato. Ma l’aspetto più curioso che agita il mondo bio è l’elevato numero di enti certificatori. L’alimento bio è individuabile dal consumatore con una foglia stilizzata composta da 12 stelle su fondo verde e in Italia è il Ministero delle Politiche Agricole ad autorizzare gli enti certificatori, che sono 13. Si tratta di società private che lavorano sotto la supervisione delle Regioni e a stretto contatto con l’Ispettorato di tutela qualità e repressione frodi e i Nac. Di contro il sistema di controlli non evita le truffe: nel dicembre 2011 la Guardia di Finanza ha smascherato 70mila tonnellate di prodotti (farina, frutta secca e soia) che erano stati spacciati all’estero per prodotti bio made in Italy.

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La passione per la terra e per il cibo biologico di tre aziende bergamasche Da Bergamo, dalle sue colline e dalle sue campagne, si diparte un cospicuo volume di prodotti targati bio. Il paniere si compone di formaggi, frutti di bosco e loro confetture, ortaggi. E di un consistente numero di consorzi che associano

culturali come la presentazione di libri, ricerche e l’accoglienza dei giovani per i campi estivi. Inizialmente concepita come azienda agricola specializzata in orticoltura (spicca nel repertorio la patata bianca di Martinengo da cui si ot-

e raccolgono prodotti bio provenienti anche da altre aree d’Italia. Tra i primi a convertire i propri terreni al biologico intorno a Martinengo nel 1996 a causa di dolorose vicende familiari, la famiglia Colombo Ricci ha scelto l’agricoltura pulita come stile di vita. I numerosi tentativi di dimostrare che le aziende agricole possono essere autosostenibili sono andati a buon segno: sin dall’inizio gli edifici sono stati costruiti secondo i criteri della bioedilizia e dal 2008 è in funzione un sistema di approvvigionamento di energia con un impianto fotovoltaico. Si svolgono inoltre molteplici attività

tengono anche gnocchi), negli anni Bio Farm Spineto ha inserito alberi da frutta (ciliegi, peschi, albicocchi e meli) e animali, volatili ma anche capre. È proprio grazie all’impiego di latte di capra e frutta che Bio Farm Spineto propone un regale gelato per buona parte dell’anno. Dal latte, il formaggio. Dai cereali, le farine. Per pasta sfoglia, pizza, pane. Poi ancora uova, carne e miele dalle distese di tarassaco. Il tutto certificato da Bioagricert. Nello spaccio aziendale gli acquisti si fanno il martedì ed il venerdì pomeriggio e il sabato mattina. Ma i prodotti sono presenti anche nei mercati


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settimanali di Martinengo e Romano di Lombardia, rispettivamente il martedì e il giovedì. Più articolata è la storia dell’Azienda agricola Sassi della Luna di Cenate Sopra. La fondano Claudio Papetti e Cristina Gallo, marito e moglie, entrambi informatici, nel 2001. Lui ritorna dagli Stati Uniti dopo un’esperienza presso la Microsoft a Seattle “città molto rispettosa dell’ambiente, dove già nel 1986 si faceva raccolta differenziata ed esisteva una spiccata attenzione per il risparmio idrico” - tiene a sottolineare); lei, eporediese, insegna informatica. E il richiamo della campagna non si fa attendere: è passione e anche ritorno per entrambi agli anni della gioventù. Confetture e vino sono i prodotti biologici che escono dai terreni dell’a-

ne Bioagricert), con limitato ed esclusivo utilizzo di zolfo e rame, concimazione organica e controllo delle erbe infestanti con il solo sfalcio. Di conseguenza anche la resa per ettaro di uve è limitata ad un massimo di 50 quintali al fine di mantenere elevate qualità e concentrazione dei vini. Il trascorrere degli anni ha suggerito la creazione di confetture insolite, come quella di lavanda e more o quell’altra, ottenuta partendo da una ricetta ebraica, di melanzane e noci, adatta a cibi salati o bolliti. Passione per la terra, per il cibo, per l’ospitalità che nel corso degli anni permettono alla coppia di aprire l’insolitamente elegante agriturismo, dove si servono i prodotti aziendali e quelli di piccole imprese locali. Nel segno del rispetto della sostenibilità.

zione della produzione biologica è Bios e le verdure che crescono da febbraio a dicembre sono quelle tipiche della pianura padana, anzi bergamasca: una moltitudine di ortaggi, che danno parecchio lavoro (un conto è coltivare un ettaro tutto uguale, un conto 140 piante a varietà, sottolinea la Rizzoli). Con particolare predilezione per zucche, meloni e angurie per predisposizione naturale del terreno. I clienti prioritari sono i Gas (i gruppi di acquisto organizzati in forma sociale), ma sono importanti per fare conoscere i prodotti anche i mercatini organizzati a Milano da Aiab, la società certificatrice di riferimento. Il biologico è infatti anche relazioni sociali. E più relazioni si hanno, più si riesce a trasmet-

zienda agricola. Particolare attenzione è stata messa nella scelta degli alberi da frutta, privilegiando varietà a rischio di estinzione come le pesche di vigna, dalla polpa bianca e vagamente amarognola, e adatte ad essere trasformate in confettura; o le prugne dalmassine, piemontesi d’origine come Cristina. I circa due ettari di vigna sono stati impiantati su terreni incolti che con passione sono stati dissodati e modellati. Le uve: Cabernet Sauvignon e il Merlot per il rosso; e poi il vitigno bergamasco per antonomasia, il Moscato di Scanzo. La linea Nove prende il nome dall’anno dalla prima vendemmia, il 2009. Le viti vengono coltivate secondo i dettami dell’agricoltura biologica (certificazio-

A conduzione biologica e con un occhio di riguardo verso le attività sociali e di (re)inserimento di persone in difficoltà è invece la Cooperativa sociale Le Cinque Pertiche Onlus. Nata nel giugno del 2003 a Fara Olivana con Sola su terreno dell’Opera di Misericordia Maggiore di Bergamo, Le Cinque Pertiche nasce con l’idea dei fondatori secondo cui il lavoro aiuta la persona a costruirsi un’identità. “Per raggiungere un rapporto ottimale con se stessi e la terra, va da sé, è necessario rispettare la terra ed è logica conseguenza affidarsi all’agricoltura biologica” - afferma Cesira Rìzzoli, la presidente. L’organismo di controllo e certifica-

tere informazioni sul lavoro, pulito e sociale, svolto. Ritorno alla terra e alla semplicità, salvaguardia della terra e del benessere: il messaggio dell’agricoltura biologica.

I maggiori mercati del biologico Treviglio

Mercoledì

Alzano L.

Mercoledì

Gorle

Martedì

Bergamo

Sabato (via Borgo Palazzo 128)

Bergamo

Quarto sabato del mese (piazza Dante)

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Il volume dei bergamaschi Di Niso e Manzoni finalista ai Gourmand World Cookbook Awards

Il barman ora vince anche con i libri

La lettera

Ecco perché abbiamo rinunciato ai “Ristoranti dei Mille... Sapori”

Alle gare internazionali è abituato. Come barman ha infatti partecipato, con successo, a diversi concorsi in Italia e all’estero. Ora anche come autore il bergamasco Gianfranco Di Niso ottiene riconoscimenti. Il suo primo libro, “Cocktail – 180 ricette con sfiziosi abbinamenti gastronomici”, realizzato con Davide Manzoni e pubblicato dalla casa editrice White Star, si è infatti piazzato nella cinquina dei finalisti dei Gourmand World Cookbook Awards, 17esima edizione del premio che seleziona i migliori libri dell’anno dedicati alla cucina, al vino e alle bevande su scala mondiale, conosciuto anche come Oscar dei libri di cucina. La manifestazione è organizzata da Gourmand International, che sceglie per la cerimonia di premiazione di volta in volta una città significativa per la gastronomia. Dal 2009 la sede è Parigi, quest’anno, in particolare, scenario è stato, a febbraio, lo storico teatro Les Folies Bergère. Il libro di Di Niso e Manzoni ha rappresentato l’Italia nella sezione “cocktail book”, vinta da una pubblicazione spagnola. Il volume, chiaro nell’esposizione e accattivante nelle fotografie di Fabio Petroni, illustra come realizzare, da perfetti principianti, 180 cocktail, dai classici a nuove creazioni, comprese una sezione con ben 15 varianti di mojito ed una rassegna di cocktail con il gelato. L’idea in più è l’abbinamento di ciascun drink ad una ricetta di cucina, a suggerire una nuova interpretazione del bere miscelato, non solo come aperitivo o after dinner.

E

gregio signor Capozzi,

in riferimento al suo articolo sui “Ristoranti dei Mille... Sapori” e alla risposta al dottor Prati, vorrei portarle la nostra esperienza in merito. Noi non ci siamo iscritti alla seconda puntata principalmente per due motivi: 1) Eravamo convinti che non ci fosse più l’obbligo di seguire un corso per noi che già l’avevamo fatto nella prima edizione. 2) A questo proposito, pur ritenendo molto interessanti e formative le lezioni, debbo far pre-

COCKTAIL

sente che, almeno per noi, essere presenti all’inizio del corso (ore 14,30) vuol dire interrompeGianfranco Di Niso, barman professionista

RICETTE Gianfranco Di Niso Davide Manzoni • FOTOGRAFIE Fabio Petroni

vincitore di gare nazionali e internazionali,

re il servizio a pranzo perché la strada, da Branè docente in vari corsi di formazione per barman

con metodo freestyle e caffetteria. Dal 1986 lavora per numerosi locali di Bergamo e provincia.

zi, è parecchia. E ugual problema si presenta Davide Manzoni, diplomato presso l’Istituto

180 RICETTE CON SFIZIOSI ABBINAMENTI GASTRONOMICI

Un volume pratico e di agile consultazione, con tutte le ricette per preparare i migliori aperitivi, long drink e digestivi, per un totale di 180 schede. Un divertente manuale sui cocktail dedicato a tutti coloro che – per amore del buon bere, passione o pura curiosità – vorrebbero trasformarsi in barman provetti e cuochi di talento, anche senza una preparazione o competenza specifica

(BG) e laureato in Cinema all’Università Cattolica

alle spalle. L’aspirante gourmet e il semplice

evidentemente al ritorno. È stata una scelta di Brescia, alterna la passione per la cucina a quelle per il cinema e la scrittura.

Fabio Petroni ha studiato fotografia e ha poi

dolorosa, considerando che la nostra cucina è collaborato con i più affermati professionisti del

settore. Il suo percorso di lavoro lo ha portato a specializzarsi nel ritratto e nello still-life, ambiti in cui ha dato prova di uno stile intuitivo e

legatissima al territorio (oltre alla Polenta Tararigoroso. Lavora con le principali agenzie di

pubblicità e ha firmato numerose campagne

per prestigiose aziende e società note a livello mondiale, fra cui alcuni importanti marchi

UNA RACCOLTA COMPLETA DI RICETTE DEI DRINK PIÙ FAMOSI, PER ACCOSTARSI ALL’ARTE DEL BARMAN E STUPIRE GLI OSPITI CON 180 COCKTAIL SCELTI FRA I PIÙ CLASSICI E INNOVATIVI, ABBINATI AI PIATTI CHE NE VALORIZZANO AL MEGLIO IL SAPORE

gna, sempre presente, utilizziamo selvaggina, italiani.

funghi e formaggi locali, cercando di promuove-

appassionato scopriranno come deliziare i propri invitati con un dispendio di tempo e di denaro contenuto, sorprendendoli con drink e cibi sfiziosi. Ricorrenze, incontri tra amici, parenti o colleghi, compleanni e cene di lavoro, ma anche un banale evento sportivo trasmesso in televisione, potranno trasformarsi nell’occasione perfetta per proporre uno o più cocktail, abbinati a piatti studiati appositamente per esaltare il sapore delle bevande. In aggiunta alle istruzioni dettagliate per preparare i vari drink, il volume fornisce consigli gastronomici e ricette per accompagnarli nel modo migliore valorizzandoli al massimo. I 180 cocktail illustrati sono organizzati in 12 capitoli, ognuno dei quali conta 15 drink: dai più celebrati, come il Black Russian, il Margarita, il White Lady o il Sex on the Beach, a quelli ideati più di recente, con alcune ricette inedite di Mojito e cocktail a base di gelato; dai drink più provocatori e accattivanti a quelli più tradizionali. Ogni scheda è suddivisa in più voci: lista degli ingredienti,

180 RICETTE CON SFIZIOSI ABBINAMENTI GASTRONOMICI

re anche erbe spontanee come il Paruch), ma

COCKTAIL

Turistico Alberghiero di San Pellegrino Terme

non potevamo organizzarci diversamente. Spiace perché, al di là di questi ragionamenti, la promozione per i locali è comunque assicurata.

origini del cocktail e curiosità con cui intrattenere gli ospiti, istruzioni per la preparazione e uso consigliato; in chiusura, un suggerimento gastronomico spiega come realizzare il giusto piatto da abbinare alla bevanda. Le immagini, espressamente realizzate per il libro da un grande fotografo, anticipano il risultato finale, svelando aspetto e colore di ogni drink.

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IVA ASSOLTA DALL’EDITORE

www.whitestar.it

€ 24,90

Le porgo cordiali saluti. Emanuela Rossi Albergo Ristorante Corona Branzi

Ricette di Gianfranco Di Niso e Davide Manzoni

Fotografie di Fabio Petroni

Progetto grafico della copertina

M ARINELLA D EBERNARDI / E DIZIONI W HITE S TAR


aprile 2013

Tuttofood, in fiera a caccia di nuovi affari

U

na superficie di 80mila mq, sei padiglioni, 1.300 espositori. Dal 19 al 22 maggio torna a Fiera Milano TuttoFood, il salone internazionale biennale dedicato a tutti i comparti dell’agroalimentare e riservato agli operatori professionali. Otto i settori presenti: lattiero-caseario; carni e salumi; dolciario; multiprodotto; biologico, con la sezione BtoBio; surgelati; fuori casa e

spazio istituzioni, a comporre un’ampia panoramica delle eccellenze e delle novità del made in Italy, per i buyer di tutto il mondo. La manifestazione è anche occasione per confrontarsi sui temi di maggiore attualità attraverso convegni, workshop ed eventi. TuttoFood punta infatti sull’emozione e sul coinvolgimento attivo di aziende, operatori, istituti di formazione e mass

media per promuovere il business. Tra gli elementi caratterizzanti dell’edizione 2013 tre concorsi tra tutte le aziende espositrici - su innovazione, qualità certificata ed ecosostenibilità – e la collaborazione con Expo 2015, di cui la manifestazione diventa tappa di avvicinamento e divulgazione con iniziative e convegni specifici e uno spazio dedicato. Info: www.tuttofood.com

All’Accademia del Gusto l’esperienza di lavorare con grandi chef Per svelare i segreti dei templi italiani della cucina e, più in generale, mostrare gli ingredienti fondamentali per una gestione ottimale di ogni gruppo di lavoro, l’Accademia del Gusto organizza dei seminari che consentono ai ristoratori di far parte per un giorno della brigata di Antonino Cannavacciuolo e Giancarlo Perbellini, preziose occasioni per scoprire come fare grande la propria cucina e rendere ancora più affiatato il proprio team. L’appuntamento con Cannavacciuolo - lo chef che per amore ha portato la sua cucina mediterranea sul Lago d’Orta, a Villa Crespi, dove, con la moglie-manager Cinzia al suo fianco, ha conquistato due stelle Michelin - è il 6 maggio. Il 18 giugno sarà invece possibile far parte della brigata di Giancarlo Perbellini, che illustrerà le sue modalità operative e il suo stile di leadership, oltre che la sua filosofia in cucina. Qualità che gli sono valse due stelle Michelin al ristorante di Isola Rizza, in provincia di Verona, grazie anche al prezioso aiuto in sala della moglie Paola. La scuola di cucina Ascom non trascura la salute e il tema della prevenzione a tavola. Il corso “L’alimentazione che fa bene: la  parola ai medici” vede salire in cattedra Giuseppe Musumeci, dirigente di Cardiologia Diagnostica e Interventistica al Papa Giovanni XXIII, e Carlo Alberto Tondini, primario

di Oncologia Medica del Papa Giovanni XXIII. I due incontri, in programma l’8  e  il 15 maggio dalle 20.30 alle 22.30 all’Accademia del Gusto, spiegano le regole alla base di un’alimentazione sana in grado di prevenire gravi patologie. La svolta salutistica interessa anche il settore Bar & Wine con il corso “Il bere wellness: il  bar del benessere” che lancia ai pubblici esercizi una nuova sfida di mercato. La proposta formativa, in programma il 3 e 4 giugno dalle 14 alle 18, promuove una filosofia dello star bene cui il locale deve adeguarsi proponendo cocktail che possano incontrare il favore di clienti che fanno del benessere del corpo e della mente il fulcro del loro interesse. Per gustare in anteprima uno scampolo d’estate e festeggiare l’arrivo della bella stagione, ecco il corso “Sun Style: piatti freddi estivi” in calendario il 29 maggio: una cucina divertente e colorata che utilizza materie prime di stagione, con tanto di trucchi svelati per mantenere la freschezza e garantire la rapidità d’esecuzione. I corsi si tengono presso l’Ascom di Osio Sotto, dove ha sede l’Accademia del Gusto, in piazzetta Don Gandossi. Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi ad Ascom Formazione (www.ascomformazione.it - tel. 035 4120180/183 info@ascomformazione.it)

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IL LOCALE Ratatouille

La Trisa, la tradizione rivisitata con rispetto H

a da poco festeggiato i 20 anni “La Trisa”, ristorante nel cuore dell’antico borgo di Valmaggiore, piccola frazione tutta da scoprire di Endine Gaiano. Un ristorante che sin nella scelta del nome, il bastone di legno che un tempo serviva a mescolare la polenta, rende omaggio alla cucina tradizionale e del territorio, rivisitata con rispetto, creatività e semplicità. Nel 1992 Natale

L’EMERGENTE di Anna Facci

Viscardi, dopo aver collezionato esperienze come sous-chef a Pontresina in Svizzera, in Alto Adige a Corvara e in Val d’Aosta, al Cavallo Bianco, ristorante insignito di due stelle Michelin, rileva la storica trattoria dei colli di Endine. Lo chef-patron ha poi ceduto la responsabilità della cucina al giovane talentuoso Antonio Zanni, che lo ha affiancato nel lavoro gomito a gomito ai

Natale Viscardi e Antonio Zanni

fornelli per quattro anni subito dopo il diploma all’Alberghiero, per poter così gestire in prima persona la sala e stare a maggior contatto con i clienti. Il ristorante - sessanta i coperti più altri venti all’ombra del pergolato con la bella stagione - è specializzato nel pesce di lago e di mare, senza ignorare i piatti della tradizione. Tra gli antipasti non mancano piatti a chilometro zero, co-

Dall’elettronica ai fornelli, lo

Alan Foglieni ha 31 anni, un diploma di perito nel cassetto e una buona dose di esperienze in cucina. Da un anno lavora da Lupo Bistronomia, locale che sta guadagnando l’attenzione di pubblico e critica Nel vasto e variopinto panorama della ristorazione milanese c’è uno chef bergamasco che sta guadagnando l’attenzione di pubblico e critica. Si chiama Alan Foglieni, ha 31 anni e già un bel bagaglio di esperienze all’attivo. Lavora da Lupo Bistronomia, aperto nel febbraio del 2012 da un quasi coetaneo, Marco Lupo, un locale che ha fatto proprio uno degli imperativi di questi tempi, offrire cioè piatti curati e con personalità a prezzi accessibili. Si trova in via Gian Giacomo Mora, zona ticinese, e in un ambiente informale ed ironico, giocato sui toni del bianco e del rosso, è capace di accompagnare tutti i momenti della giornata e le tipologie della clientela che si incrociano nel cuore della metropoli, dalla colazione al pranzo di lavoro fino alla cena. La Bistronomia - nome che unisce l’anima leggera del bistrot e alla “serietà” dell’alta gastronomia – nel primo anno di vita è stata

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segnalata sulla Guida del Gambero Rosso, in quella dei cento locali milanesi di qualità a buon prezzo, che ha anche indicato Foglieni tra i migliori creativi emergenti. «Diciamo che a questo punto del mio percorso ho fatto un bell’incontro – racconta lo chef -, che mi permette di realizzare un tipo di cucina che si addice alle mie corde, al mio carattere». Di Stezzano, Foglieni ha scoperto dopo il diploma in elettronica e telecomunicazioni la vocazione per i fornelli e da quando si è accesa la proverbiale lampadina, lavorando in un pub l’ultimo anno delle superiori, non ha fatto altro che cercare opportunità per crescere. «Dopo qualche anno in cucina in alcuni locali, mi sono reso conto che mi mancava la formazione di base e mi sono iscritto ad Alma, la scuola di Parma, di cui è rettore Gualtiero Marchesi, che mi


aprile 2013

Il ristorante nel borgo di Valmaggiore, ad Endine Gaiano, ha da poco festeggiato i vent’anni forte di una proposta che dosa creatività e semplicità. E i dolci sono il tocco in più

me le sarde del lago d’Iseo con polenta; da provare l’involtino di pescatrice e salmerino su salsa alla rucola con puntarelle all’aceto di lampone oltre ai migliori salumi del territorio e nazionali, dal culatello di Zibello alla bresaola d’asino di Dorga al salame nostrano. Ai primi piatti della tradizione – ad esempio casoncelli con ricetta top-secret rigorosamente fatti in casa, lasagnette con il tartufo nero, canederli in salsa bergamasca con vellutata di Bitto - si affiancano piatti particolari come gli gnocchi di patate violette con cappesante e cipolla di Tropea e le orecchiette con cime di rapa e tartare di pesce spada. Tra i secondi regna il pescato del giorno, selezionato in base alla disponibilità di mercato, oltre ad una proposta di piatti di carne rivisitati, come la quaglia disossata con polenta e funghi, il filetto di manzo con radicchio rosso e gorgonzola e l’arrosto di coniglio con spinaci e salsiccia, tutti accompagnati da un contorno di stagione. I golosi possono contare su una proposta di dessert davvero invitante, dalle torte ai

dolci al cucchiaio, tutti realizzati in casa. La carta dei dolci rappresenta uno dei fiori all’occhiello del locale, come lascia intendere sin da una prima occhiata il menù che propone anche il bis e addirittura, per i più golosi, la fantasia di dessert. La carta dei vini rende omaggio al territorio e alle migliori etichette nazionali, proposte con ricarichi onesti. Anche il conto non riserva spiacevoli sorprese, con una media di 3040 euro a testa (vini esclusi).

La Trisa piazza IV Novembre, 2/a Valmaggiore – Endine Gaiano tel. 035 825119

chef bergamasco decolla a Milano ha mostrato nuovi orizzonti». Via allora con gli stage, da De Prà a Pieve d’Alpago e da Lopriore a Siena, per poi volare ad Amsterdam nella brigata di trenta persone di un hotel cinque stelle lusso, guidata da uno chef francese - «tappa fondamentale per le tecniche ma anche mix culturale che apre la mente» ricorda –, il ritorno a Bergamo all’Osteria della Brughiera di Villa d’Almé e all’Anteprima di Chiuduno, l’approdo a Milano, dove abita, come sous chef al Clandestino di Moreno Cedroni - «l’esperienza più grande» -, durata due anni, fino alla chiusura del locale. Il suo percorso è cominciato prima che l’era delle star culinarie accendesse le aspirazioni delle giovani generazioni. «Ho semplicemente capito di aver trovato il mestiere che avrei dovuto fare nella vita – riflette – e mi ci sono buttato, sorretto da una fortissima motivazione, indispensabile per reggere i sacrifici che questa attività comporta. Ormai faccio questo lavoro da 13 anni, a che punto mi sento? Da Alma in poi ho capito la che cucina è infinita e che ogni giorno c’è qualcosa da imparare». Nonostante questo, ha un’idea ben precisa di ciò che vuole proporre. «La filosofia del locale – spiega -, mi si addice. Quella di un buon

servizio a prezzi accessibili (nessun piatto in carta arriva a 20 euro ndr.), una proposta per chi ama mangiare bene, indipendentemente dalle possibilità economiche. Ci riusciamo applicando le basi dell’alta cucina a materie prime di qualità. Non ci saranno ingredienti di lusso, come caviale ed aragosta, ma la scelta, dalle carni alle verdure comprese alcune varietà dimenticate che mi piace riscoprire, resta molto ampia». Qualche esempio? «Nella mia rivisitazione della cassoeula la verza è proposta un po’ in forma di salsa verde brillante, un po’ cruda, la costina viene glassata, il piedino diventa una crocchetta e la pelle è una sorta di patatina croccante: prendo insomma gli ingredienti della ricetta tradizionale e do a ciascuno la giusta cottura». Lo ha fatto anche con i pizzoccheri, diventati ravioli o gnocchi, mentre in altri casi non si parte dalla tradizione e si provano gli accostamenti, come nel caso della capasanta con salame piacentino, crema di zucca e zenzero e chips di pastinaca, ortaggio utilizzato soprattutto nel nord Europa. «Mi piace prendere ispirazione un po’ dappertutto – svela -. Probabilmente arriverà in tavola anche qualcosa di bergamasco, sto provando a scomporre e ricomporre il casoncello...».

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IL PREZZO FISSO Ratatouille

Scelta ironica nel nome del ristorante pizzeria di Treviolo, che ha preso il posto di una classica e storica osteria Nicola Di Molfetta

Se il locale finisce “Dalla padella alla brace” di Fulvio Facci

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i chiama “Dalla padella alla brace”, ma il senso del progetto è l’esatto contrario. A Treviolo in via Roma al numero 69, Nicola Di Molfetta, 42 anni, ha trasformato una classica e storica osteria di paese in un curato ristorante pizzeria: quattro salette disposte su tre piani per un totale di circa cento posti, con una nota particolare per la cantina, riservata a piccole compagnie, che raccoglie anche un buon numero di bottiglie storiche collezionate dal titolare. Anche in termini di proposte gastronomiche c’è stata una bella virata, visto che in precedenza l’osteria, sorta all’inizio del ‘900, era in pratica una rivendita di vino che proponeva, come caratteri-

stica dei locali simili, trippa, casoncelli e salame. «Siamo qui da quattro anni e progressivamente abbiamo sistemato il locale – racconta Nicola Di Molfetta che ha acquisito una notevole esperienza nel settore in diversi locali della nostra provincia –, ma abbiamo voluto conservare almeno lo spirito della trattoria. Cerchiamo infatti di offrire in un bell’ambiente, una cucina di buon livello a prezzi che riteniamo più abbordabili rispetto ad altri ristoranti. L’obiettivo, insomma, è quello di un buon rapporto tra qualità e prezzo. La clientela è soddisfatta e noi, con questa “ricetta”, siamo a nostro modo siamo riusciti a far tornare i conti».

LA PROVA L’offerta per il menù fisso di mezzogiorno è in linea con la maggior parte delle proposte sul mercato: dieci euro per primo, secondo, contorno, acqua, vino e caffè. La scelta è fra tre primi piatti e tre secondi, con frequenti alternative, tenendo conto che la clientela, per la collocazione del locale in una zona non di grande transito, è praticamente abituale. Mezzemaniche panna, rucola e funghi, pennette all’arrabbiata, trofie pomodoro e crudo i primi nella lista del menù fisso. Per i secondi piatti invece la scelta era tra porchetta alla piastra, arrosto di vitello e stracotto di manzo. Mezzemaniche e arrosto di vitello con contorno di fagiolini al burro la nostra ordinazione. Servizio attento e porzioni abbondanti, buona mano in cucina per un soddisfacente rapporto prezzo-qualità.


aprile 2013 La linea della cucina è quella che incontriamo ormai con maggior frequenza nelle nostre visite. Piatti classici, rivisitati ma non troppo, che tengono ben presente la tradizione. I menù guidati anche alla sera stanno diventando una costante. «Abbiamo un menù di carne a 25 euro e uno di pesce a 27 – spiega -, che offrono una scelta tra primi, secondi, contorno, vino, acqua e caffè. Per il pesce in carta ci sono branzino al sale, carpacci e gamberi e comunque in generale quello che offre la piazza al momento. Per la carne tocchiamo invece veramente la maggior parte dei piatti classici e quindi lo stufato d’asino, lo stracotto di cervo, le foiade con lo stracotto e poi il coniglio, il fegato, i rognoni, gli ossibuchi, insomma tutti quelli che si possono definire piatti poveri. Lo spirito è, come detto, quello della trattoria mentre la pizzeria ci fa da contorno. Le famiglie a volte gradiscono infatti la pizza, anche se con i prezzi che pratichiamo al ristorante si può benissimo puntare pure su quello». Il ristorante è nel centro storico, non è quindi zona di grande transito. «Abbiamo un buon rapporto con la clientela strettamente locale – rileva -, famiglie, gruppi, associazioni, poi qualche cliente dei locali dove ho lavorato è venuto a trovarmi ed è tornato. C’è stato il passaparola, che è determinante nel nostro tipo di attività, e ci sono anche delle situazioni che nascono un po’ per caso: abbiamo ad esempio dei clienti milanesi che vanno a sciare sulle piste della nostra provincia e poi si fermano a cena da noi». Non pare proprio che siano passati “dalla padella alla brace”... «Il nome? Semplicemente mi sembrava più simpatico rispetto a tanti altri in circolazione – confessa il titolare -. In effetti rimane bene in mente nonostante possa sembrare quasi assurdo».

Dalla padella alla brace via Roma, 69 Treviolo tel. 035 203416 Chiuso sabato a pranzo

Presenti a TUTTOFOOD / Milano 19-22 maggio Stand S11 – Padiglione 15

Basta rifiuti, si mangia anche il piatto Un’idea per stupire i clienti e dimostrare la propria sensibilità ambientale? Il piatto che si mangia. Non è una provocazione, ma un prodotto innovativo - con brevetto internazionale - che può accendere la curiosità dei commensali e la fantasia dei ristoratori. Si chiama Pappami® ed è un contenitore commestibile, buono come il pane e adatto a tutte le ricette, perfino le zuppe. Al contrario delle stoviglie tradizionali non si limita ad “ospitare” il cibo, ma diventa partner della portata. I petali della sua corolla, infatti, possono essere spezzati e consumati assieme alla pietanza e terminato il contenuto si può continuare a sgranocchiare. Il progetto nasce dalla necessità dell’azienda produttrice (che operava nella ristorazione veloce e nei catering con 19 locali in tutto il nord Italia) di rispondere agli operatori dei settori del catering e dei self-service, in cerca di un’alternativa al piatto di ceramica, di una proposta più comoda, time-saving (“usa e getta”) ed eco-sostenibile. L’immagine artigianale e il sapore naturale di Pappami® si coniugano a caratteristiche tecniche frutto di un’accurata ricerca: ha una forma ergonomica, può contenere oltre 300 cc, ha buone capacità termiche mantenendo calde le vivande. In più, non deve essere lavato, permette perciò un notevole risparmio di tempo, può essere messo in microonde, è eco-friendly e consente di ridurre i costi di smaltimento. Trattandosi di un prodotto commestibile, obbligatorio dare un’occhiata agli ingredienti: farina di grano tenero tipo 0, grassi vegetali non idrogenati, semola di grano duro, pasta acida di frumento in polvere, sale, lievito essiccato, zucchero, agenti lievitanti, farina di malto. «Pappami® - spiega l’azienda - ha il gusto fragrante del pane. Gli ingredienti sono semplici, di qualità, totalmente vegetariani e con grassi vegetali esclusivamente non idrogenati, senza ogm e senza coloranti. Prossimamente saremo in grado di offrire una linea biologica ed una senza glutine». La sua anima “green” e il suo utilizzo hanno convinto anche Slow Food Trentino-Alto Adige, con cui l’azienda ha collaborato in occasione del Salone del Gusto e Terra Madre. «È un’idea in più per la ristorazione e la gastronomia tradizionale – dicono ancora i produttori -, capace anche di esaltare la convivialità. Il piatto che si mangia offre infatti una nuova esperienza di consumo, un’occasione per interpretare in maniera diversa i vari momenti del servizio, dall’aperitivo al dolce. E grazie alla possibilità di personalizzazione, riportando sul fondo o sulla corolla l’incisione di un nome, di un marchio o di uno slogan, diventa anche un efficace strumento di promozione dell’immagine del locale». Trentuno Properties s.r.l. via alla Pineta, 8 - Rovereto (Tn) tel. 0464 466308 info@pappami.com - www.pappami.com

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aprile 2013

WEB

di Lara Abrati

Locali pubblici, essere più “social” è la nuova sfida

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Condivisione di contenuti, di immagini e di opinioni. Come ci si può comportare nel web senza “farsi male”? Il timore nei confronti di questi mezzi nei ristoratori e negli operatori del settore enogastronomico resiste, ma la rete è ricca di opportunità se usata con strategia e creatività ell’era digitale, si sente spesso parlare di web 2.0, di sistemi di comunicazione multimediali, di posizionamento sul web, di blog e di social network. Forse, quasi tutte le persone hanno avuto la possibilità di cimentarsi nella lettura di un articolo interessante su un qualsiasi blog e nella sua condivisione su un social network. Statisticamente è dimostrato che anche nel campo enogastronomico, che si parli di ristoranti, enoteche, distribu-

tori e fornitori, l’utilizzo di Internet può fare la differenza. Il ricorso al web allo scopo di reperire informazioni è in notevole crescita. Anche la diffusione degli smartphone ha contribuito a rendere virtualmente interattive e condivisibili le molteplici esperienze attraverso le numerose applicazioni per iPhone e Android, che attraverso semplici e veloci passaggi permettono di condividere fotografie, commenti e recensioni, ma anche di ricevere

molte informazioni riguardo ad esempio ai migliori ristoranti della zona o ai prodotti tipici locali. Per una migliore comprensione oggettiva della situazione, si rende necessaria l’analisi di alcuni dati. Dal 46° rapporto Censis sulla situazione sociale del paese, attraverso la lettura del capitolo riguardante la comunicazione, si evince che il 62,1% degli italiani utilizza il web quando ha bisogno di avere informazioni.

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WEB

Da sottolineare che solo nel 2002 era il 27,8%. Questo dato risulta decisamente maggiore nel caso dei giovani (90,8%), delle persone più istruite, diplomate o laureate (84,1%), e dei residenti delle grandi città, con più di 500.000 abitanti (74,4%). Anche la diffusione dei social network non è da sottovalutare infatti, sempre nel rapporto Censis, è indicato che l’utenza di Facebook si attesta al 66,6% delle persone che hanno accesso a Internet che corrispondono al 41,3% dell’intera popolazione e al 79,7% dei giovani. Si può leggere che “il 37,1% degli italiani che hanno accesso a Internet ha l’abitudine di visitare il sito dell’azienda produttrice o venditrice, il 19% chiede consigli nei forum online, il 13,4% cerca le offerte sui siti di vendita online come eBay e il 10,9% sui portali di acquisto collettivo come Groupon, l’11,2% cerca recensioni su YouTube, il 10,5% scambia informazioni attraverso i social network. Negli ultimi dodici mesi il 24% degli italiani ha acquistato un prodotto o un servizio grazie alla segnalazione pubblicitaria vista in televisione, ma al secondo posto per capacità di influenza viene Internet (13,6%), prima di giornali (11,9%), riviste (9,9%) e radio (6,2%)”. Gli operatori enogastronomici – Nonostante la situazione, molte sono le paure

di ristoratori e operatori enogastronomici che derivano da una scarsa conoscenza del mezzo e dei meccanismi comunicativi che, dopo l’avvento di queste nuove opportunità e tecnologie, sono cambiati. I potenziali clienti nel tempo sono stati sempre più costretti a ricevere input e stimoli arrivando così al punto di avere oggi un effetto persuasivo molto basso. Le persone non sono più attirate a priori come poteva essere ai tempi del famoso” Carosello” in tv. Il loro coinvolgimento emozionale risulta essere fondamentale e il web è uno strumento molto versatile

e dinamico per raggiungere dei risultati con dei costi contenuti. Spesso si pensa basti “esserci”. Sul web sono importanti le modalità attraverso cui si è presenti. Il web marketing, così come quello tradizionale, necessita di strategia. Avere un sito non basta, costruire questo sito secondo logiche di posizionamento sui motori di ricerca (arrivare nei primi risultati indicati da Google, escludendo quelli a pagamento) è fondamentale. Le persone vogliono sapere; prevedere di avere ad esempio un blog all’interno del proprio sito web

Vademecum

Le cose da fare e non fare Progettare la propria presenza sul web, esserci non basta 2) Ottimizzare il proprio sito per i motori di ricerca, aggiungere sezioni interattive tipo un blog 3) Utilizzare i social Network, a seconda delle possibilità che danno 4) Per Facebook, scegliere la “Pagina” invece che il “Profilo”, le possibilità di interazione sono diverse 5) Non utilizzare la pagina Facebook come una vetrina, a nessuno interesserà 6) Coinvolgere ed emozionare; promuovere non serve più a molto 7) Alle critiche si risponde, con educazione e umiltà, spesso sono un’ottima possibilità di riscatto 8) Farsi coinvolgere in prima persona e metterci la faccia 9) Costruire una banca dati fatta di immagini e altro materiale multimediale, secondo possibilità 10) L’aggiornamento deve essere frequente, la creatività è essenziale 1)

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aprile 2013 attraverso il quale si racconti la propria attività, cercando di coinvolgere i propri clienti e quelli futuri, potrebbe risultare la parte di un puzzle variegato, semplice, ma potente. L’utilizzo stesso dei social network diviene un forte strumento attrattivo. Le pagine delle attività ristorative, e non solo, non raggiungono alcun risultato se utilizzate come vetrine, come spesso accade. Purtroppo vige un diffuso e controproducente timore nei confronti del totale utilizzo, forse più per l’incapacità di gestire il mezzo. Questo porta a impedirne l’utilizzo completo, spesso suscitando un’impressione negativa in quel che potrebbe essere il fruitore. Il pubblico del web non ha alcun interesse a commentare spregevolmente o a diffamare l’operato altrui. Anche se succedesse, c’è tutta una schiera di persone pronte a difendere chi viene attaccato ingiustamente. Piuttosto, è frequente pensare che la censura dei commenti sia sinonimo di scarsa apertura e disponibilità. Ma veniamo ai portali, ormai numerosi nonché, a volte, considerati “nemici” dai ristoratori. Uno degli esempi più calzanti è Trip Advisor. Dal portale non è possibile cancellarsi. È possibile la registrazione come proprietario con la possibilità di ottimizzare il proprio profilo e rispondere così alle eventuali critiche. Ma non abbiate paura, la valutazione di un singolo locale è maggiormente credibile se non è costituita da soli elogi. Il cervello umano riesce benissimo a trarre da più punti di vista una propria valutazione il più possibile oggettiva. Anche la risposta a critiche e elogi potrebbe essere molto utile, il potenziale cliente avrà la percezione di essere importante e considerato. Da non sottovalutare, infine, la potenzialità nella vendita online, quindi dell’e-commerce. Anche per questa attività, chiave essenziale è l’avere una strategia comunicativa e di promozione. Poi, un sito di facile consultazione, con la possibilità di acquistare; si aggiunge un sistema di gestione degli ordini e il gioco è fatto. Possibile strumento utilizzabile anche per chi, un negozio fisico ce l’ha già. Interagire con il potente strumento costituito dal web 2.0 sarà sempre più importante, a conferma di ciò, si può provare a chiedere a chiunque dove cerca informazioni quando ne ha bisogno. La risposta nella maggioranza dei casi sarà “in Internet!”. Quindi si può affermare che non è consigliabile o auspicabile nascondersi dietro paure che delineano una palese non conoscenza del mezzo e del suo funzionamento.

Web 2.0 vs Web 1.0 Si sente molto parlare di web 2.0, ma pochi conoscono le differenze rispetto al web 1.0. Si potrebbe considerare l’evoluzione di quest’ultimo. È un sistema dinamico costituito da tutte le applicazioni che consentono un elevato grado di interazione degli utenti, in cui tutti possono comunicare con tutti. Il web 1.0 aveva le sembianze in termini comunicativi di televisione e carta stampata, infatti il modello comunicativo rispettava la regola “uno verso molti”. Molti siti web rispondono a questa regola. Sempre più, però, i siti web che si aprono alla logica interattiva del 2.0, con l’introduzione dei blog, i collegamenti alle pagine dei social network o l’ideazione di vere e proprie applicazioni per telefonini. Nel web 2.0 si sottolinea la connotazione sociale, rispetto alla mera fruizione, dove l’utente è anche un vero produttore di contenuti. Una enorme differenza quindi, non solo di tecnologia, ma anche di modalità comunicative che, volenti o no, ci sarà l’esigenza di tentare di capire e utilizzare a proprio beneficio.

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L’angolo

del single di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Linguine al bacon e fagioli Ingredienti per 1 persona 100 g di linguine ¼ di cipolla rossa 80 g di bacon (pancetta affumicata)

mezzo barattolo di fagioli borlotti 2 cucchiai di pecorino romano grattugiato rosmarino a piacere

Preparazione Portate ad ebollizione l’acqua e una volta pronta, buttatevi le linguine o il tipo di pasta che preferite. Lessate la pasta in abbondante acqua salata. Tagliate a pezzettini la cipolla e a dadini il bacon, quindi metteteli in una padella antiaderente e fateli soffriggere senza l’aggiunta di nulla, stando attenti al bacon che non deve diventare “secco”, ma solo “croccante”. Una volta che il tutto è rosolato, aggiungete i fagioli borlotti precedentemente scolati, sale, pepe e rosmarino a piacere; mescolate il tutto con un mestolo di legno in modo da amalgamare bene i vari sapori. Quando le linguine sono pronte, scolatele, senza dimenticare di salvare 2 cucchiai di acqua di cottura. Versate la pasta nella pentola antiaderente, aggiungete i due cucchiai di acqua di cottura e fate saltare a fuoco lento; infine spolverate il tutto con il pecorino, continuate a mescolare le pennette per 1 minuto e poi impiattate. Curiosità Il bacon è il nome anglosassone utilizzato per definire la pancetta affumicata, un salume gustoso preparato con la parte più magra del suino: dopo un processo di cottura a vapore, viene cosparso di spezie, sale e pepe e infine sottoposto a un processo di affumicatura con legno di ginepro, quercia o faggio. Ampiamente utilizzato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nella cucina cinese e coreana, è per tutti uno degli ingredienti “must” delle ricche colazioni inglesi: consumato con le uova fritte e qualche toast rappresenta uno dei modi migliori per cominciare la giornata pieni di energia. Sempre più diffuso anche in Italia, è usato per la preparazione di primi piatti come pasta e risotti e in abbinamento a pesce e frutta per la preparazione di ricette eclettiche e particolarmente creative. Dal sapore dolce e aromatico, anche grazie alle venature di grasso bianco e nobile che lo compongono, è uno dei salumi più gustosi in circolazione anche se si caratterizza per una cospicua quantità di grasso che spaventa i salutisti ad oltranza o le persone perennemente a dieta. In realtà, almeno ogni tanto, vale la pena di assaggiare questo affettato, che può essere servito in vari modi e occasioni: accompagnato ad un tagliere di formaggi e sottaceti, alle uova all’occhio di bue o cucinato in un primo piatto come quello proposto. Certo è che va consumato con moderazione, poiché rimane un

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alimento grasso, molto calorico e ricco di sale. Il bacon viene venduto a fettine sottili e va conservato in frigorifero, protetto da pellicola per alimenti, per al massimo una settimana; nei supermercati esiste anche la possibilità di acquistare delle vaschette di pancetta affumicata, che sono davvero molto pratiche perché già tagliata a cubetti. In questo caso per la sua conservazione, è necessario seguire le indicazioni riportate sulla confezione, ricordando che queste si riferiscono al prodotto integro. Infine non possiamo non condividere una notizia che ha dell’incredibile: un’azienda americana, la J&D, ha introdotto una crema da barba al sapore di bacon, descritto come una “crema di fascia alta, di lusso e dal profumo gustoso”. Justin Esch, il suo ideatore, ha spiegato che “Non c’è niente di più potente del profumo di bacon. Niente. Il bacon è l’odore dei campioni… La colazione è il pasto più importante della giornata, e  il bacon è la parte migliore della colazione. Allora perché non profumare allo stesso modo ed essere i migliori?”. Ai posteri l’ardua sentenza. Non mi resta che auguravi buon appetito.



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