Anno XVI n.3 - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
aprile 2016
Sapori e relax, Colletto è l’oasi giusta
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SOMMARIO
Italiane
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Anno
XVI n.3
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Sapori e relax , è l’oasColletto i giusta Sp
umanti e ac nell’azie coglienza pluripremiat tur i nda di Adrara istica al top San Ma rtino
4 SAPORI
Aromatiche, che passione!
10 PASTE E TRADIZIONI
Il casoncello compie 630 anni, street food in Città Alta
12 il personaggio
Il rifugio più “goloso”? Lo gestisce una bergamasca
14 L’ESPERTO
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Formaggi, a Cogne l’affinatore “stellato” è di Leffe
16 L’INTERVISTA
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«Vi racconto cosa significa lavorare in un ristorante di grido»
19 LA STORIA
L’ex hostess che difende l’ultimo negozio di Gerosa
20 L’AZIENDA
Sapori e relax, Colletto è l’oasi giusta
22 LA PROPOSTA
Fudbox, ecco il regno degli hamburger
24 NEGOZI
Fruttivendoli alla riscossa
30 IL CONCORSO
Il gelato artigianale strizza l’occhio alla gastronomia
Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo, 137- 24125 Bergamo - tel. 035 4120322 - fax 035 231082 - affaridigola@larassegna.it - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Borgo Palazzo, 137- 24125 Bergamo - tel. 035 4120280 - fax 035 231082 - info@larassegna.it - N° ROC 5847 - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Rosanna Scardi, Donatella Tiraboschi - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
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sapori di Laura Ceresoli
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Aromatiche, che passione! na foglia di melissa esalta l’asprezza di una limonata, quella di menta dà vigore a un tè freddo, mentre i fiori di monarda impreziosiscono un anonimo aperitivo. Il rosmarino è adatto a patate e arrosti oppure tritato si può unire all’impasto di soffici focacce e filoncini profumati. L’origano si abbina alla pizza, ma sta bene anche con carne di agnello e di maiale. Il basilico, invece, è da sempre l’ingrediente principe del pesto o della classica pasta al pomodoro. E poi c’è la
salvia, inseparabile compagna di burro e pancetta nel condimento dei tradizionali casoncelli alla bergamasca. Insomma, le erbe aromatiche, anche quelle più comuni, conferiscono ai piatti di ogni giorno una nota di gusto. Ma per condire le loro prelibatezze i veri amanti della cucina casalinga non possono certo rassegnarsi al sapore artificiale di spezie liofilizzate. Così negli ultimi tempi sta crescendo il numero di bergamaschi che preferiscono colti-
vare sul balcone di casa piantine aromatiche pronte all’uso. Grazie ai loro molteplici principi nutritivi, sono adatte a una dieta sana e rappresentano un valido sostituto del sale. «A Bergamo abbiamo una situazione favorevole e ottimale per la coltura delle erbe aromatiche – spiega Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo Alta –. Aprile è il mese ideale per trovare vivai ben forniti di piante di sicuro interesse per insaporire i nostri piatti. Sul
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è presente in natura con una decina di varietà differenti: «Il nome salvia significa salute e, non a caso, ha molte proprietà officinali. Aiuta la digestione dei grassi e ha parecchie qualità dal punto di vista culinario – prosegue il direttore –. Le varietà più eccentriche si possono trovare nelle mostre specie declinate in più varietà con mercato. Alcuni tipi di salvia hanno sapori particolari come la monarda, sapore di ananas. Altra pianta facile le cui foglie hanno un aroma simile da coltivare è la menta, perfetta nelal bergamotto e, essiccate, vengono le tisane o in un’insalata, con le sue usate nelle bibite, nel tè e nei sac- varietà: la piperita con foglie appuntichetti profumati. Ogni anno coltivia- te, la menta comune, più opaca e rumo circa 150 piante con proprietà gosa, la tondifoglie, la marocchina… aromatiche. Le perenni sono visibili C’è poi il rosmarino che, lasciato in già ad aprile, le annuali crescono più terra piena, diventa anche di due o tre metri di altezza con un bell’arbuavanti». Per avere sapori sempre a portata sto; il timo che cresce in vasi piccoli; di mano anche sul terrazzo di casa, la melissa che è infestante e quindi non serve una particolare propensio- semplice da far sviluppare sul balne. Bastano buona volontà, conte- cone di casa. E non dimentichiamo nitori adeguati e un piccolo spazio: l’origano. Il finocchio si coltiva in un «Coltivazioni in vaso, fioriera, cassone vaso da 18 ai 24 centimetri: i semi si o in un piccolo giardino danno grandi usano per la tisana, per il pesce, per soddisfazioni – conferma Rinaldi –. Ci il riso, per il pane oppure consiglio di sono però alcuni elementi imprescin- masticarli a fine pasto per una buona dibili: tutte le piantine hanno bisogno digestione». di sole, un po’ di acqua e di terriccio Seppur ben curato, un orto casalindi ottima qualità, possibilmente bio- go non può durare per sempre: «Non logico senza residui chimici dannosi. illudetevi che le erbe aromatiche siaI produttori di piante aromatiche in no eterne – conclude Rinaldi –. Pur Bergamasca non sono moltissimi, essendo perenni, dopo qualche anno le colture biologiche, poi, si contano tendono ad assumere un aspetto disulle dita di una mano. I consuma- messo. Eventualmente, per mantenetori e i ristoratori, invece, dovrebbero re vivo il nostro orto, si possono fare essere più esigenti nel preferire le delle talee. Basta tagliare un rametto piante biologiche perché garantisco- da una nostra piantina e farla radicano più sicurezza alimentare e rispetto re in un vaso con terreno umido oppure potrebbe essere divertente scamdell’ambiente». Tra le piante più gettonate per gli biarsi rametti tra amici per ottenere orti casalinghi, spicca la salvia che più varietà».
Possono far svoltare un piatto o una bevanda e ci si può divertire a realizzare una piccola produzione sul terrazzo. Per conoscerle meglio basta fare un giro all’Orto Botanico, che ne ha ben 150 tipi nostro territorio sono attive alcune realtà che coltivano ortaggi biologici e piante aromatiche, ma questo non vieta al singolo di dotarsi di prodotti a chilometro zero direttamente a casa propria». Per trovare la giusta ispirazione per la creazione di un terrazzo profumato potrebbe rivelarsi di indubbia utilità una visita alla Valle della Biodiversità ad Astino. La sezione distaccata dell’Orto Botanico è infatti un piccolo angolo di paradiso dove vengono ospitate circa 300 specie differenti di piante e le loro 1.500 varietà in un terreno che si estende per 9.000 metri quadri di superficie. Unica realtà italiana dedicata interamente alle piante alimentari, la Valle della Biodiversità è stata protagonista lo scorso marzo a Milano dell’area dedicata agli orti botanici della Lombardia nell’ambito di “Fa’ la cosa giusta”, fiera del consumo critico e del vivere sostenibile. Un’occasione unica che ha dato ai visitatori la possibilità di scoprire il mondo dal punto di vista delle piante, attraverso storie, immagini, esperienze sensoriali e semplici esperimenti scientifici. «Ad Astino – racconta Rinaldi – abbiamo parecchie erbe aromatiche, soprattutto della famiglia della lamiaceae. Abbiamo
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sapori L’idea
A Milano le erbe ispirano «C’è molta curiosità, ma «N on chiedeteci il basilico d’inverno». È questa la filosofia di “Orto erbe e cucina”, bottega milanese di piante aromatiche con piccola ristorazione. Aperto circa un anno fa nel centro di Milano, questo locale sfizia la clientela con un menù in costante evoluzione che segue il naturale ciclo di vita biologico di erbe e spezie. I titolari sono due ragazzi siciliani con la passione per il buon cibo e l’accurata selezione degli ingredienti. Fondamentale per la nascita di questo ristorante è stato l’incontro con Paolo Gramaglia, esperto vivaista specializzato in piante aromatiche che nel suo vivaio piemontese fa crescere le sue piantine all’aria aperta, senza il sussidio di serre riscaldate artificialmente. «Il nostro chef Luca Cislaghi ha 23 anni, è giovane ma molto creativo e cerca di non trasformare troppo la materia prima durante la preparazione dei piatti – spiega Ingrid Tacconelli, responsabile di Orto erbe e cucina –. Il menù per il pranzo varia settimanalmente mentre ogni domenica a pranzo dedichiamo una degustazione, dall’antipasto al dolce, a una pianta aromatica diversa. La carta, invece, non è mai fissa. Viene infatti cambiata una volta al mese in base alle erbe aromatiche che ci
L’ESPERTO
Calliari: «Ecco come coltivarle in casa» L a moda di creare orti casalinghi sul balcone ha origini molto lontane. Già ai tempi degli assiri e babilonesi il sovrano Nabucodonosor aveva nel suo giardino pensile un angolo dedicato alle erbe aromatiche. Con la crescente disponibilità del sale, nel corso dei secoli le erbe sono state piano piano confinate a un utilizzo sporadico. Complici le loro proprietà salutari oggi sono però tornate a rivestire un ruolo di primo piano nella nostra cucina. E così, con l’arrivo della primavera, sono parecchi i bergamaschi che con vasi, semi e paletta alla mano si dilettano a far crescere
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pianticelle aromatiche sul terrazzo di casa. Gino Calliari ex vivaista esperto in floricoltura e giardinaggio, ci spiega quali accorgimenti seguire e gli errori da evitare per avere erbe saporite e rigogliose. Quali sono le erbe aromatiche più diffuse? «La varietà di piante aromatiche è molto vasta. Le essenze più in uso sono salvia, rosmarino, basilico, timo, mag-
giorana, origano, prezzemolo, erba cipollina, alloro, erba di San Pietro». Quali sono le condizioni più favorevoli per la coltivazione? «Quasi tutte amano il pieno sole, più sono esposte, più sono aromatiche». Come si sceglie il vaso giusto? «Si coltivano sia in terrazzo, in cassettine oppure in fioriere a ciotola o a cassette, sia in pieno campo, lungo il perimetro dell’orto. Queste erbe
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un intero locale poca conoscenza»
I pansotti con salsa di noci, salvia e pompelmo e, nella foto di apertura, salmone, blinis di grano saraceno e lenticchie alla menta
vengono fornite da Paolo Gramaglia. I prodotti provenienti da questo vivaio del Piemonte vengono esportati in tutta Europa perché sono molto particolari come la salvia all’ananas, il basilico all’anice, la lavanda dentata, il timo limone, la menta acquatica e tanto altro». E la clientela apprezza: «C’è molta curiosità a riguardo, anche se la gente in generale non possiede conoscenze specifiche sulle erbe aromatiche – conferma Ingrid –. I clienti hanno una cultura a grandi linee ma non sanno quante varietà di un’unica pianta possano esistere in natura a seconda del clima e del variare delle stagioni». Tanti gli abbinamenti che si possono gustare da Orto erbe e cucina, si va dalla Polenta taragna cremosa, rosmarino e ragù di carne bianca e verdure agli Straccetti di salmone, blinis di grano saraceno e lenticchie alla menta; dalla Vellutata di carote e zenzero, timo limone e miglio soffiato al Trancio di tacchino, maionese di soia all’arancia e dragoncello. Il tutto condito con salse fatte in casa oppure olii aromatizzati per conservare al meglio i profumi delle erbe.
aromatiche, quando sono in fioritura, vengono visitate da insetti pronubi che sono utilissimi per l’impollina-
Gino Calliari
zione degli ortaggi da frutto come ad esempio i pomodori, le melanzane, i peperoni». Come possiamo proteggere le nostre piantine da insetti e parassiti dannosi? «Per infestazioni da insetti meglio ricorrere a prodotti a base di piretro oppure di Neemazal, insetticida estratto dalla corteccia della pianta di Neem. Qualora si formassero delle infezioni da funghi tipo oidio, detto anche mal bianco, o maculature sulle foglie, consiglio di utilizzare prodotti bio a base di rame e zolfo». Con quale frequenza vanno innaffiate le erbe aromatiche? «L’innaffiatura per le piante in contenitore deve essere abbondante. Poi bisogna lasciare che il terriccio si asciughi quasi totalmente e poi bagnarle di nuovo». Come si sceglie il terriccio? «Il terriccio da usare per le fioriere
deve essere di buona qualità, invece per le piante dimorate a cielo aperto è sufficiente un terreno di medio impasto con l’aggiunta di concime biologico». Con che frequenza vanno concimate? «Durante la stagione vegetativa le piante da contenitore vanno concimate ogni due mesi con concime biologico. Per le piante in piena terra la concimazione va effettuata alla fine dell’inverno e nel mese di maggio». E quando arriva l’inverno? «In inverno bisogna tagliare le aromatiche quasi a filo del terreno. Buona norma sarebbe quella di proteggerle al piede con foglie secche, torba, trucioli di legno, corteccia di pino o coprirle con un tessuto non tessuto, preferibilmente bianco. Prima della fioritura è bene togliere il fiore dalla erbe aromatiche in quanto la pianta migliora il suo aroma».
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sapori
le erbe aromatiche Per chi non ha il pollice verde
Piccoli produttori (bio) crescono
E
siste anche una produzione locale e biologica di erbe aromatiche. A Esamate, frazione di Solto Collina, l'Azienda agricola “L'Asino del Lago”, coltiva una sessantina di varietà di erbe, tra aromatiche e officinali. Sono raccolte a mano esclusivamente nel periodo balsamico specifico per ogni specie e vengono essiccate con un metodo delicato che preserva i principi attivi. Diventano tisane e miscele aromatiche, che vengono confezionate in sacchetti, bustine e barattoli. Si possono trovare i classici salvia, rosmarino, origano, prezzemolo e timo, ma anche piante meno note, come il levistico montano, una sorta di sedano, o i mix di erbe e fiori per grigliate, arrosti, formaggi e minestre. Anche sui Colli di Bergamo, nell'azienda agri-
cola “Le Sorgenti”, è partita una coltivazione biologica di erbe e piante aromatiche con annesso laboratorio autorizzato per essiccarle, estrarre tinture madri e oli essenziali. L'iniziativa è di Fabrizio Gelmini e Cristian Testa, rispettivamente tossicologo e medico naturopata, con un approccio rivolto ad esaltare le virtù salutistiche delle aromatiche (e sono davvero tante), ma anche a dare la possibilità di utilizzare in cucina aromi biologici e a chilometro zero, come alloro, salvia, timo, menta e melissa. Da non sottovalutare nemmeno il loro l'utilizzo sotto forma di olio essenziale, come aromatizzante e pure per conservare meglio cibi e bevande, grazie al potere antimicrobico e antiossidante.
Acquisti sfusi per assaggiarne di più
Sara Crema
C
hi non ha una particolare propensione per gli orti fai-da-te potrà trovare una lunga serie di spezie, erbe e aromi pronti da mettere in tavola nel Negozio Leggero di via Don Luigi Palazzolo 11 a Bergamo. In questa bottega dedicata all'ambiente, al risparmio e alla buona alimentazio-
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ne, Sara Crema e Claudia Carissoni vendono oltre 1.500 prodotti sfusi dalla pasta alle tisane, dal detersivo al deodorante naturale e una buona selezione di erbe aromatiche. Qui è possibile fare la spesa comprando solo il contenuto e questo permette al cliente di acquistare le quantità necessarie, di provare articoli nuovi e di sperimentare in cucina con spezie, cereali, legumi della tradizione o prodotti etnici e vegan. «La definizione di pianta aromatica viene spesso interpretata in modi diversi – spiegano le responsabili della bottega Sara e Claudia – c'è infatti chi considera anche le spezie delle piante aromatiche. Quelle che noi intendiamo per erbe aromatiche e che si possono trovare nei nostri scaffali sono: origano siciliano da agricoltura biologica, timo, rosmarino italiano, erbe di Provenza (un mix di erbette molto pro-
fumato), alloro, maggiorana, melissa, erba cipollina, prezzemolo, dragoncello, menta italiana e da agricoltura biologica. Sono tutti prodotti selezionati Ecologos, un ente di ricerca ambientale applicata che ha fatto della riduzione dei rifiuti alla fonte il suo obiettivo e che svolge attività di ricerca scientifica dal basso coinvolgendo cittadini, amministrazioni pubbliche e realtà private con proposte concrete per un futuro sostenibile. Inoltre vendiamo tutto sfuso. L'assenza di imballaggi permette la riduzione dei rifiuti oltre dare la possibilità di acquistare a prezzi accessibili una quantità minima di prodotto se lo si vuole solo provare, così da ridurre anche gli scarti alimentari». Negozio Leggero fa parte di una rete di negozi nata a Torino nel 2009, oggi, presente in Italia con 12 punti vendita e uno in Svizzera, nel Canton Ticino.
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Riflessioni di Enrico Rota
ERG 2017, così la sfida ha valorizzato il “sistema Bergamo”
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l 28 settembre scorso, la Lombardia Orientale ha ricevuto, all’ Expo di Milano, il riconoscimento di Regione Europea della Gastronomia per l’anno 2017. Erg è un progetto internazionale nato per migliorare la qualità della vita nelle Regioni Europee, valorizzando le tipicità enogastronomiche locali e la cooperazione internazionale. L’iniziativa raccoglie attorno a sé un network di regioni - coordinato dall’istituto internazionale IGCAT, International Institute of Gastronomy, Culture, Arts and Tourism - che vengono selezionate da una giuria di esperti con l’assegnazione del titolo European Region of Gastronomy. Duplice l’obiettivo: da una parte, promuovere la valorizzazione delle culture alimentari tipiche, stimolando l’innovazione gastronomica e incentivando una sempre maggiore educazione alimentare e sostenibilità ambientale. Dall’altra, creare occasioni di scambio e confronto tra i vari attori internazionali e i partner del progetto. Il percorso ha preso vita dopo la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, attraverso il quale è stata formalizzata la composizione del partenariato, firmato da Università degli Studi di Bergamo, Regione Lombardia, i Comuni di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova e le rispettive Camere di Commercio. Queste quattro province si presentano quindi nel 2017 come unica grande destinazione turistica, puntando sul connubio tra patrimonio artistico e naturalistico e grande tradizione enogastronomica. Il coordinamento scientifico è in capo all’Università di Bergamo, sotto la supervisione della professoressa Roberta Garibaldi, avendo in primis il supporto della nostra Camera di Commercio e dell’amministrazione cittadina. Nell’ambito di ERG 2017 poi, l’Associazione Culturale Signum, in collaborazione con il Consorzio Tutela Valcalepio, ha voluto realizzare all’interno del padiglione Domus Bergamo un progetto per la costituzione di una cantina rappresentativa dei territori partecipanti. A fianco di quanto esposto, non sono mancati tavoli tecnici per strutturare e sfruttare appieno Erg 2017. Grazie all’apporto di altri attori, tanto per citarne alcuni, quali la Strada del Vino del Valcalepio o del Moscato di Scanzo, Ascom, Accademia del Gusto, Promoberg, Slow Food, si è iniziato a dar vita a una vera collaborazione che dovrebbe portare ad un coordinamento unico nel suo genere. Da queste prime battute risulta assai evidente come il “sistema Bergamo” stia funzionando, facendo da capofila non solo a parole ma anche nei fatti. Con la giusta dose di presunzione, saremo protagonisti sino in fondo in questa sfida. L’augurio è quello di poter concretizzare sino in fondo i traguardi prefissati!
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paste e tradizioni
Il casoncello compie 630 anni, street f Il 13 maggio l’evento promosso da Camera di Commercio e Comune per celebrare il primo documento che attesta l’origine bergamasca del “tortello”
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e Casoncello. Storie di Bergamo e di Casoncelli” è l’appuntamento gastronomico interamente dedicato alla celebre pasta ripiena. L’evento è in programma a Bergamo il prossimo 13 maggio. Una data non casuale. Come riferito dal nostro collaboratore Leonardo Bloch su Affari di Gola del maggio 2015, c’è un preciso riferimento storico che attesterebbe la paternità bergamasca del casoncello. Uno di questi riporta, appunto, la data del 13 maggio 1386, giorno
in cui, secondo quanto scritto dal notaio Castello Castelli, in Città Alta si tenne una gran festa, allietata da musiche e danze, cui presero parte più di 2.000 abitanti, ovvero almeno un quarto della rada popolazione urbana di quel periodo. Il cronista dell’epoca riporta puntigliosamente che nell’occasione furono offerte agli astanti più di cento torte, termine che allora designava un timballo salato, e trecento taglieri di artibotuli, altrimenti detti casoncelli. Oltre sei secoli sono trascorsi da
di Leonardo Bloch
In principio fu il “capù” La pietanza fa parte del ristrettissimo manipolo di preparazioni rimaste pressoché inalterate nell’arco di almeno un millennio
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e la cucina metropolitana è un divenire in perenne fibrillazione, quella di montagna rappresenta una sorta di permafrost etnografico dalle cui algide profondità capita sovente di riportare alla luce arcaiche ricette in incorrotto stato di conservazione. Le vivande-icona della Milano di soli tre secoli fa, censite in abbinamento alle locande di cui costituivano il piatto forte dall’immortale Meneghino di Carlo Maria Maggi, tracciano il profilo gastronomico di una città ormai irriconoscibile: chi, all’ombra della Madonnina, serba più memoria delle mortadell dell’Osteria dei Tre Scanni e dei passaritt dei Tre Merli, o del ris in cagnon del Fuso e dello stracchin della Senavra? Per converso gli scarpinocc di Parre sono ancor oggi preparati e serviti seguendo per filo e per segno un procedimento vecchio di almeno sei/settecento anni. Il repertorio delle pietanze montane le cui radici affondano in epoche non meno remote del basso medioevo si estende ben al di là degli antichi tortelli seriani. È bene precisare che sovente si tratta di preparazioni nate lontano delle vette, e trapiantate in altura con marginali adattamenti per tener conto della differente disponibilità di risorse alimentari. È il caso delle celebri frittelle di farina di grano saraceno e formaggio semigrasso di monte, tipiche della media Valtellina, conosciute come sciatt. Un’assai fedele codificazione
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della ricetta, nella fattispecie di quello che nell’età di mezzo era designato come crispello, è contenuta in un manoscritto umbro - il Liber Coquinarum Bonarum - la cui copia a noi pervenuta è stata trascritta a Bergamo nel 1481. Assai prevedibilmente, la semola originariamente utilizzata nella pastella era quella di frumento, dato che il grano saraceno ebbe diffusione in Lombardia solo a partire dal secolo successivo. Dal nome originariamente assegnato alla vivanda lungo l’alto corso dell’Adda - chisciöi - si ricavano ulteriori rivelazioni su parentele ed ascendenze. Sul versante meridionale delle Orobie la chissöla, secondo il Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni di Antonio Tiraboschi, è “una piccola schiacciata che i fanciulli fanno con polenta calda, nella quale involgono un pezzetto di cacio, e la pongono ad abbrustolire sulla brace”. Il filologo Gabriele Rosa precisa che più anticamente si trattava di una focaccella di farina impastata con il formaggio, le cui origini sono da tracciarsi addirittura in epoca preromana nella lixula dei Sabini. Le radici appenniniche della pietanza parrebbero avvalorate dalle frittelle di pasta di pane che nella piacentina Val d’Arda sono chiamate chisolini. Un’altra vivanda della montagna Lombarda da cui promanano distinti sentori d’arcaico è il fiadone bresciano. Si tratta
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food in Città Alta quell’evento e oggi Bergamo si appresta a celebrare il “compleanno” del casoncello, grazie all’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio e dal Comune di Bergamo. Iniziativa che coinvolgerà il pubblico in due momenti distinti. Si parte al mattino con un convegno sulla storia del casoncello che, dalle 10, all’ex Borsa Merci, riunirà esperti di gastronomia, storici della cucina e della storia bergamasca, chef stellati, esperti di marketing e attori che analizzeranno sotto tutti gli aspetti questo prezioso scrigno ripieno che da almeno 630 anni è il “cibo della festa e della condivisione”. Tra i relatori Massimo Montanari, Paolo Massobrio, Alessandro Parenti, Giulio Orazio Bravi, Roberta Garibaldi, Silvia
Tropea Montagnosi, Umberto Bombana, Enrico Cerea e Maurizio Tabani. Al termine, la degustazione di casoncelli preparati da Chicco Cerea, del ristorante Da Vittorio. In serata, invece, il secondo appuntamento, in Città Alta, con lo “Street Casoncello” che coinvolgerà la Comunità delle Botteghe. La Corsarola, in particolare, sarà teatro di una festa enogastronomica e “apparecchiata” per celebrare il compleanno storico. Davanti ai ristoranti del Borgo antico, verranno allestiti spazi dedicati alla degustazione del casoncello, in abbinata ai piatti della tradizione bergamasca come polenta con mais autoctoni, formaggi Dop e Principi
delle Orobie, vino, carni di bruna alpina originale. È prevista anche l’esibizione di musici in costume. Spazi di comunicazione visiva firmeranno l’intero percorso e saranno il contenitore di uno story telling: totem posti alle vie d’accesso (funicolare, Colle Aperto, piazza Vecchia, eventualmente Fara e San Vigilio), cartelli sagomati di grandi dimensioni collocati lungo la via, stendardi appesi da casa a casa. I cartelli sagomati saranno l’occasione per dipanare i diversi momenti del racconto storico medioevale: ogni elemento illustrerà un episodio dell’intera storia, che avrà il suo epilogo in Piazza Vecchia.
di una sfogliatella la cui vibrante speziatura - zafferano nell’imGià dalla denominazione la vivanda rivela l’impronta popolarepasto e cannella nella farcia - tradisce irrefutabili ascendenze sca ed emulativa della cucina del vorrei ma non posso. Sin dal bassomedievali. E del resto, in molteplici modalità, il fagotmedioevo il cappone è stato infatti il più ambito tra i volatili tino fa comparsa nei trattati di cucina di mezza Europa già di bassa corte e, ancorché razzolasse nelle aie del contado a partire dal XIV secolo - dal francese Viandier di Guillaume sotto il vigile occhio dei villici, il consumo delle sue carni era Tirel al manoscritto tardo trecentesco noto come Anonimo Meesclusivo appannaggio delle classi più abbienti. Gli zotici doveridionale. Il ripieno della versione elaborata alle pendici del vano dunque contentarsi di fantasiosi surrogati elaborati con Cidneo, in stretta osservanza dei canoni di pasticceria dell’età materie prime affatto umili, che lungo i secoli assunsero per di mezzo, si compone di datteri, uva passa e pinoli tritati con lo più le sembianze dello gnocco o dell’involtino di pane varial’aggiunta di foglioline di menta e maggiorana. Del dolcetto mente conditi: lungo questo filone, oltre al capù bergamasco, tesse a metà del cinquecento entusiastiche lodi l’eccentrico si allineano i capunsei mantovani ed i capunett del Piemonte. poligrafo Ortensio Lando, riferendo che a Brescia si consuma E neppure il più opulento cappon magro della tradizione genouna “vivanda detta in lor lingua fiadoni, belli da vedere, grati al vese doveva in origine discostarsi da tale matrice, dato che gusto, odoriferi più che l’ambra, il suo ingrediente principale - la et più che il muschio (due spezie galletta - altro non rappresentava in voga all’epoca), morbidi al tatche il pane dei marinai. to, confortano il stomaco, dano Ignude o rivestite di una quasi vigore à sensi, ristorano le forze, adamitica copertura di foglia, sono facili da digerire…”. queste arcaiche polpette rimanMa è nel circondario di Bergamo dano direttamente al libro della che ha dimora la ricetta la quale, Genesi della pasta ripiena. È Gli sciatt valtellinesi e gli scarpinocc di Parre. tra quelle delle Prealpi centrali, infatti ragionevole presumere, In apertura, i capunsei mantovani reca più chiaramente impresso come sostiene l’illustre storico il marchio del passato remoto. La pietanza fa parte del ristretdella cucina medievale Enrico Carnevale Schianca assecontissimo manipolo di preparazioni rimaste pressoché inalterate dando l’intuizione dell’immortale Artusi, che il raviolo sia nato nell’arco di almeno un millennio. E non a caso, tra i propri inspoglio in forma di gnocco. Prima di indossare, nel corso del gredienti, annovera il più evidente indice di prossimità all’alba XV secolo, la setosa guaina di sfoglia nella quale ancor oggi dei tempi della gastronomia: il pane. Si parla degli involtini di è avviluppato, era cinto da un più spartano saio di pasta di verza o bieta, al cui interno è racchiusa una polpetta di panpane (XIII-XIV secolo) - ed ancor anteriormente da un ancestragrattato e cacio, che nelle valli orobiche ed in valle Camonica le manto di omento di porco o di brattee di verza. Non si può sono chiamati capù. dunque che concluderne che in principio fu il capù.
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IL PERSONAGGIO di Roberta Martinelli
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Il rifugio più “goloso”? Lo gestisce una bergamasca
n Val di Fassa, sulla Sella del Ciampaz, a quota 2.283 metri, nel mezzo del gruppo del Catinaccio, Roberta Silva, 43 anni, di Bergamo, ha creato un rifugio da sogno. Si chiama “Roda di Vaèl” (come il nome della montagna) ed è considerato uno dei rifugi più amati d’Italia. L’anno scorso i lettori della rivista Dove l’hanno eletto al quinto posto della classifica dei rifugi italiani più belli, ma sono i numeri, più di tutto, a dirlo: 3mila ospiti a stagione. Anche la stampa l’ha più volte premiato: lo scorso anno ha campeggiato in prima pagina su una guida ai rifugi del Nord Italia ed è stato protagonista di un video promozionale dei rifugi del Trentino che ha realizzato più di 200mila visualizzazioni, tra l’Italia e l’estero. Quest’anno è stato uno dei pochissimi rifugi segnalati dal magazine tedesco ADC Reisemagazine in uno speciale sulle Dolomiti. L’ambiente è accogliente e familiare, la cucina offre piatti locali accompagnati da simpatia e cordialità e ci sono 60 posti letto, un’ampia terrazza e un solarium. Roberta gestisce il rifugio con l’aiuto della sua “famiglia Vaèl”, uno staff di 12 ragazzi, molti dei quali sono con lei da tanti anni. La natura intorno è un incanto, si possono intraprendere escursioni, vie ferrate della Roda di Vaèl o del Majarè o scalate.
Roberta Silva guida il “Roda di Vaèl” in Val di Fassa, uno dei primi cinque in Italia stando alla stampa specializzata. La cucina tra i punti di forza: piatti trentini, con spazio anche ai casoncelli. «È la qualità il segreto del successo»
Roberta, com’è iniziata questa avventura? «Mi sono trasferita in Val di Fassa nel 2002 con mio marito, come istruttrice
di snowboard. Qualche anno dopo, nell’estate del 2005, abbiamo avuto la possibilità di prendere il rifugio e così l’abbiamo fatto».
Era un suo desiderio? «In realtà, è stata una decisione legata a mio marito, che già da anni gestiva un rifugio, il Re Alberto I alle
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Torri del Vajolet. Ma la montagna mi è sempre piaciuta. Non avevo mai pensato di farlo, ma oggi non farei un lavoro diverso». Com’è la vita da rifugista? «La stagione da noi comincia a fine maggio e si conclude a fine ottobre. Mi trasferisco al rifugio per sei mesi poi torno in paese e gli ultimi due mesi fremo per tornare su. Il rifugio ti dà la possibilità di incontrare tante persone, di confrontarti con culture diverse: è un contatto unico. Una cosa che trovo fantastica nella filosofia della montagna è che camminando sui sentieri, entrando nei rifugi, salendo lungo le ferrate, non ci sono confini, non ci sono differenze, la montagna è uguale per tutti e tutti sono uguali quassù e questo lo si vede tantissimo proprio all’interno dei rifugi dove alla sera tutti sono semplicemente degli amici e persone che stanno vivendo esperienze simili. Questo è il quinto anno che gestisco il rifugio da sola. Nel 2011 è venuto a mancare mio marito in un incidente. Quello che è successo mi ha avvicinato tante persone». Che turismo avete? «Vengono tantissimi turisti. Per il 70% sono stranieri, austriaci, svizzeri, ma ospitiamo anche bergamaschi, qualcuno torna apposta per venire a trovarci. Da qualche tempo abbiamo anche ospiti giapponesi». Qual è il segreto di tanto successo? «La cordialità. È una qualità che ci riconoscono. Gestisco il rifugio come una grande famiglia. Molti dei miei ragazzi sono con me da 9-10 anni. Accolgo io ogni ospite, gli stringo la mano. È come se entrassero in casa mia. Inoltre apprezzano la cucina.
Che piatti proponete? «Facciamo una buona cucina, senza fare alta gastronomia, piatti semplici, tipici trentini, come i canederli che abbiniamo al goulash, taglieri di speck e formaggi, poi minestroni, tagliatelle ai funghi porcini, secondi a base di polenta e salsiccia, formaggio fuso, funghi, capriolo. Tra gli stranieri il piatto più richiesto è l’uovo speack e patate. I dolci sono tutti fatti in casa, piace molto la Frittata del re, preparata con l’impasto dell’omelette, spezzettata e saltata con mele e uvette, è quasi un piatto unico. Due anni fa ho inserito i prodotti per celiaci». Niente piatti bergamaschi? «Certo. Ho portato con me le mie origini: i casoncelli, il Valcalepio Rosso e il Moscato di Scanzo. La polenta c’era già,
ma deve essere buona, noi la facciamo fresca tutti i giorni». Lei ha due bimbi piccoli, come vivono questa esperienza? «La bimba ha 4 anni e il maschio ne avrà 7 a luglio. Nella bella stagione passano il loro tempo libero all’aperto. Quando il grande gioca a carte con i bimbi stranieri non si capiscono ma ridono da matti. Nei rifugi tra i bambini le distanze sono completamente azzerate e anche se di nazionalità diverse questi corrono e giocano come se fossero amici da sempre. Hanno un’intesa incredibile nonostante praticamente gli scambi verbali siano ridotti al minimo». Per la nuova stagione ha dei progetti? «Da qualche anno ospitiamo un gruppo di astrofili che vengono a osservare le stelle. Quest’anno raddoppierò gli appuntamenti. Inoltre all’apertura della stagione organizzeremo una giornata di yoga e cena vegana per iniziare all’insegna del benessere». Cosa farà il primo giorno in rifugio? «Quello che faccio tutti i giorni quando sono lì: mi sveglio presto e faccio le foto all’alba. È sempre un’emozione diversa».
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L’esperto di Giovanni Ponzoni
Formaggi, a Cogne l’a I
l sapere e la bravura degli affinatori bergamaschi si fa strada anche al di fuori dei confini provinciali. E forse non c’è da stupirsi visto che i migliori prodotti orobici rimangono quelli legati al mondo caseario. Capita così, girando dalle parti di Cogne, in Val d’Aosta, di incontrare nello stellato Petit Restaurant, ospitato all’interno dell’Hotel Bellevue, un orobico Doc, trasferitosi ai piedi del Gran Paradiso. Si tratta di Roberto Novali, quarantottenne originario di Leffe che ormai da circa tre lustri cura la selezione di prodotti caseari che finiscono sul carrello dei formaggi. Avvicinatosi alla professione quasi per caso, visto che prima lavorava nel settore del tessile, Novali è diventato un punto di riferimento del ristorante e i clienti si affidano a lui per selezionare i formaggi da degustare al tavolo e per avere delucidazioni sulla provenienza. D’altro canto il suo è un lavoro meticoloso, che parte dalla scelta dei
L’evento
Erbe di montagna e formaggi tipici. In Val Brembana nove giorni a tutto gusto L
a settima edizione di Erbe del Casaro, che coinvolge 11 comuni dell’Altobrembo (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) torna da sabato 28 maggio a domenica 5 giugno prossimi. La rassegna, come ogni anno, mette in mostra le ricchezze della Valle, frutto di cultura, saperi e tradizioni del terri-
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prodotti freschi da portare a maturazione e passa attraverso le strategie di affinatura, fino a individuare il momento ideale per presentare il formaggio in sala. Con soluzioni spesso originali. Per fare un esempio, il Parmigiano Reggiano qui viene cosparso di olio di oliva per sopperire alla mancanza di umidità essendo Cogne a 1500 metri di altezza. E poi c’è stata la decisione, che ormai risale a più di dieci anni fa, di affidarsi solo a formaggi rigorosamente italiani, tra i quali non possono certo mancare quelli bergamaschi. Dal Roccolo alla Formaggella della Val Gandino, dal Taleggio fino ai caprini della Via Lattea, che Novali conta di inserire a breve nel carrello. Anche se i rapporti più stretti e proficui sono quelli raggiunti con Alvaro Ravasio, di CasArrigoni di Peghera, in alta Val taleggio. «Poi - rivela candidamente l’affinatore -, è chiaro che il formaggio più utilizzato qui in Val d’Aosta rimane la Fontina, della
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affinatore “stellato” è di Leffe Il carrello di Roberto Novali, 48 anni, in forze al Petit Restaurant, è giudicato tra i migliori d’Italia. «La selezione è interamente nazionale e non mancano le chicche orobiche»
Roberto Novali quale si fa un utilizzo davvero massiccio. Basti pensare che all’anno ne vengono consumate ben 200 forme, distribuite tra il ristorante, il Bar à Fromage e la Brasserie du Bon Bec in centro al paese. Tutti e tre sono locali della famiglia Roullet che è proprietaria dell’albergo e che possiede anche un alpeggio». I riconoscimenti per il lavoro svolto, tra l’altro, non sono mai mancati, visto che negli anni, e in un paio di occasioni, il car-
rello di formaggi curato da Roberto Novali è arrivato alle finali nazionali giungendo sempre tra i migliori d’Italia. Ma non è tutto. Novali si occupa anche dell’orto che si trova vicino all’albergo e dal quale arrivano verdure e erbe per il ristorante, oltre a svolgere, nei due mesi circa durante i quali l’albergo rimane chiuso, opere di piccola manovalanza. Insomma, è un bergamasco tuttofare, che si rimbocca le maniche e che sfodera con nonchalance un dialetto orobico di tutto rispetto. Che forse non è più così complicato da capire
torio e delle sue genti attraverso un ricco programma di iniziative per adulti, bambini e famiglie con l’obiettivo di valorizzare erbe spontanee, formaggi brembani e vini della Bergamasca. Il calendario prevede eventi per tutti i gusti: appuntamenti culinari, corsi di cucina, degustazioni, percorsi enogastronomici, esposizioni artistiche, escursioni, conferenze, visite in aziende agricole, e molto altro ancora. Erbe del Casaro è un vero e proprio evento diffuso in quanto accompagna il turista alla scoperta del territorio e dei paesi in cui è organizzata, dando risalto a località e scorci di particolare interesse e fuori dalle solite rotte turistiche. Nel corso della rassegna i ristoranti locali propongono menù a prezzi convenzionati a base di erbe spontanee e formaggi brembani e i bar promuovono gli “Aperitivi del Casaro” abbinando all’aperitivo tre tipi di formaggi e stuzzichini a base di erbe in modo da portare sulla tavola i sapori della tradizione e della cultura della Valle Brembana. Primizie primaverili, prodotti caseari e iniziative di alta qualità: undici paesi, un unico grande territorio da scoprire!
per i valligiani e per i clienti dell’albergo i quali ormai conoscono bene l’affinatore bergamasco.
Erbe del Casaro, gli appuntamenti della sesta edizione - Sabato 28 maggio: “Le buone Erbe Spontanee”, le Donne di Montagna di Ornica e Slow Food Valli Orobiche guideranno un’escursione alla scoperta delle erbe spontanee nei prati del caratteristico borgo. - Domenica 29 maggio: “Dal Campo alla Tavola”, appuntamenti alla scoperta dei prodotti del territorio e dei loro sapori. - Giovedì 2 giugno: “Alla scoperta di Antichi Sapori”, un percorso che guiderà alla scoperta dei sapori tradizionali dell’Alta Val Brembana. - Sabato 4 giugno: “Formaggi di… vini”, un percorso gastronomico che accosterà le prelibatezze casearie della Valle Brembana ai vini bergamaschi. - Domenica 5 giugno: “Benessere in Natura”, erbe spontanee e benessere, un accostamento perfetto a stretto contatto con la natura. Info: www.erbedelcasaro.it
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L’intervista
ph. Brambilla Serrani
di Giovanni Ponzoni
Alessandro Negrini e Fabio Pisani
«Vi racconto cosa significa lavorare in un ristorante di grido»
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imo e Nadia è uno di quegli indirizzi dai quali non si può prescindere se si vuole entrare in contatto con la storia della ristorazione italiana. Perfino oggi che Aimo ha superato gli ottanta anni di età, che si mostra un po’ meno nel ristorante ed ha passato il timone di comando a una formidabile coppia di giovani e brillanti cuochi, capaci idealmente (e non solo) di unire a tavola l’intera penisola, visto che Alessandro Negrini è un valtellinese Doc, mentre Fabio Pisani arriva dalla lontana Puglia. Uno degli aspetti più sorprendenti di questo inevitabile avvicendamento nel locale di via Montecuccoli a Milano, è stato certamente l’approccio soft, da parte del duo Negrini/ Pisani, e la volontà di mantenere lo stile e l’impronta tradizionale della cucina storica, pur con interessanti accorgimenti che hanno saputo portare il ristorante verso uno stile più moderno e lineare. Anche quando si è trattato di presentare i classici della casa o, invece, di stimolare la curiosità del cliente verso nuovi prodotti e delizie del Bel Paese. L’esperienza a tavola qui diventa un vero e proprio Gran Tour italiano come dicono delizie quali la cicerchia, i calamaretti spillo, i mandarini di Calabria o il bergamotto che spuntano puntualmente dal menu. In attesa di scoprire quali saranno le novità che riguardano Aimo e Nadia per le prossime stagioni, visto che si parla di un restyling della sala e di un dehors esterno tutto ancora da realizzare, abbiamo incontrato uno dei due cuochi, Alessandro Negrini, per capire, tra le altre cose, dove sta andando la cucina italiana e come lavorano ai fornelli i giovani che escono dalle scuole alberghiere. Un discorso curiosamente affrontato proprio nel momento stesso in
ph. F. Bolis - artworks P. Ferrari
Parla Alessandro Negrini, chef al bistellato “Aimo e Nadia” in coppia con Fabio Pisani. «Rigore, passione e creatività in cucina, ma senza esagerare: ecco gli ingredienti per durare a lungo». «Il grosso problema resta tuttavia la formazione: gli istituti alberghieri non sempre sono all’altezza». «A chi bussa alla nostra porta per uno stage chiediamo serietà e curiosità»
cui dalla porta d’ingresso del locale faceva capolino un cinese di quindici anni che, prendendo a due mani il coraggio, ha chiesto ai due cuochi di poter fare uno stage presso il ristorante. Cosa sta accadendo di questi tempi nei ristoranti? Quali sono i trend del momento, le principali novità e cosa chiedono i clienti? «Non è difficile da dire. Perché se vogliamo è anche quello che ci aspettiamo quando varchiamo la soglia di un ristorante. Si tratta dell’emozione, della capacità di trasmettere attraverso il cibo un’immagine, una persona, un luogo, un pensiero felice. In fin dei conti sono quelle stesse sensazioni che noi abbiamo codificato nel tempo e nella nostra memoria gustativa e che ci piace poi ritrovare
«Oggi l’aspetto salutista conta maggiormente. Si mangia di meno e di conseguenza si sta anche meno tempo al ristorante». «L’ingrediente più in voga per il 2016? Io dico che saranno le cozze» Veniamo a un tasto che in Italia a volte è dolente, quello della formazione dei giovani che escono dalle scuole e vengono catapultati nelle cucine. «Come sempre in questi casi, conta molto la provenienza del giovane. Ci sono scuole che lavorano bene e altre meno bene. In realtà andrebbe fatta una rigorosa selezione già all’ingresso delle scuole, per scremare chi vede la professione come un bel gioco del momento, grazie anche al successo mediatico di tutto ciò che riguarda il food, In questo modo avremmo dei giovani vogliosi e
pronti ad affrontare nel migliore dei modi il mondo del lavoro. Poi c’è da dire che non tutti gli istituti alberghieri possono contare su insegnanti validi e che fanno loro stessi una continua formazione e si aggiornano sulle novità della ristorazione; e questo è un grandissimo problema. Infine manca il lato pratico delle scuole alberghiere, un po’ per questione di investimenti è un po’ perché queste istituzioni sono spesso mosse da meccanismi burocratici che non aiutano. Così il giovane si ritrova da un giorno all’altro a passare dal lato teorico della cucina a quello pratico, con gravi difficoltà. In un mondo che, in qualche modo, è un po’ militaresco». Da Aimo e Nadia cosa chiedete ai giovani che bussano alla vostra porta? «Innanzitutto la serietà. Poi un pizzico di curiosità ma sempre restando fermi al proprio ruolo. Negli ultimi anni ho visto troppo spesso da parte di giovani di talento perdere il senso delle proporzioni, voler a tutti i costi correre verso il futuro, quando invece andrebbe prima studiato e conosciuto meglio il passato. C’è sempre la tendenza a voler fare i fenomeni e a non restare umili. Invece se c’è una cosa che ci insegna la cucina di Aimo è l’assoluta grandezza della cucina di tradizione, dell’italianità, di un pensiero genuino da diffondere e interpretare in modo da incuriosire anche le nuove generazioni di clienti che magari si affacciano per la prima volta alla grande ristorazione». Qual è il lavoro fondamentale per un ristorante che, come Aimo e Nadia, vanta due stelle Michelin? «Innanzitutto l’accoglienza e l’attenzione per il cliente che deve vivere i suoi momenti nel ristorante come un’esperienza unica. Poi c’è anche la creatività della cucina, ma senza lasciarsi prendere la mano. Altrimenti ci si perde. Invece, la costanza, il rigore, la serietà, la passione, permettono di durare più a lungo. Il progetto è sempre quello di migliorarsi, di avvicinare clienti nuovi». Una bella sfida per due cuochi così diversi per provenienza e background… «Sì, ma io e Fabio in qualche modo ci
completiamo a vicenda. È sempre stimolante e divertente questo dualismo nord/sud che si avverte in cucina anche se poi per entrambi la missione è quella di preservare il gusto primario e il “bambino” creato da Aimo. Con l’idea di riattivare la memoria gustativa attraverso piatti in parte nuovi. Noi percepiamo Il Luogo di Aimo e Nadia come un ristorante che ha una sua forza essenziale e in fin dei conti non ci sentiamo dei traghettatori. Infatti i clienti storici continuano a tornare e a rivivere certe sensazioni. Per assurdo, un giorno io e Fabio potremmo perfino non essere più in cucina, eppure il ristorante continuerebbe a vivere da protagonista». Non a caso molti sono piatti della memoria… «Certo, basti pensare alla Zuppa etrusca, con verdure dell’orto, legumi e farro della Garfagnana alle erbe aromatiche e fiori di finocchio selvatico. Con tutte le verdure che vengono cotte separatamente e assemblate solo all’ultimo. Oppure gli Spaghetti al cipollotto fresco e peperoncino, che risale, nella sua prima versione, all’anno 1965. E in mezzo a tutto questa storia c’è anche qualche tocco di Valtellina e di Puglia. Il ricordo delle mie valli lo si incontra subito a inizio pasto, visto che utilizzo il grano saraceno in una cialda croccante con burro e arancia, mentre il sud esce con tutta la sua prepotenza nella Cicerchia con marasciulo, lampascioni e olive, oppure nel raviolo di baccalà con pasta di pane di Matera».
ph. Brambilla Serrani
nel piatto. Anche per questo la storia e la tradizione qui da Aimo e Nadia sono un valore imprescindibile. Se invece si vuole fare il gioco di quale potrebbe essere l’ingrediente più in voga per il 2016, io dico che saranno le cozze. E in realtà non è un’affermazione dettata da certezze incrollabili, se non per il fatto che le vedo sempre più presenti in molti menù. Poi sai, tutto accade ciclicamente e come la vita anche la cucina è una ruota che gira. Non dimentichiamo il successo che, ad esempio, hanno avuto le acciughe o l’aceto balsamico nel recente passato». C’è anche un approccio più salutista e attento verso quello che si mangia da parte del cliente? «Sicuramente, e non è una questione di opportunità da parte del ristoratore, come molti pensano. In realtà le porzioni nel corso degli anni sono decisamente diminuite ed è un dato di fatto che chi si siede al tavolo fa fatica a mangiare in quantità. Non a caso si tende a star meno seduti al ristorante rispetto a un tempo».
ph. Brambilla Serrani
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NEWS
I grandi della cucina sfilano a Sapori Ticino Hanno tutti tre stelle Michelin gli chef protagonisti della famosa rassegna svizzera. Ci sono anche i Cerea
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er celebrare i suoi dieci anni, il festival gastronomico S. Pellegrino Sapori Ticino, in calendario dal primo maggio al 19 giugno, si presenta in veste tristellata. Saranno infatti tutti insigniti del maggiore riconoscimento Michelin i dieci chef internazionali protagonisti delle altrettante cene nelle più prestigiose location del Canton Ticino, da Lugano ad Ascona fino a Vacallo. Il 2 maggio si comincia con Thomas Bühner del ristorante La Vie di Osnabrück (Germania) mentre l’8 arriva Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena. Il 9 tocca ad Annie Féolde, dall’Enoteca Pinchiorri di Firenze, mentre il 15 il viaggio prosegue con i sapori francesi dello chef Pascal Barbot (L’Astrance, Parigi). Il 16 maggio è di scena un altro mito della cucina italiana, Niko Romito del Ristorante Reale di Castel di Sangro, e il 29 maggio sarà la volta di Peter Knogl (Restaurant Cheval Blanc di Basilea). Nel program-
ma non potevano mancare i fratelli Cerea del Ristorante Da Vittorio di Brusaporto, attesi per il 30 maggio. Il 31 vedrà l’arrivo dalla Germania di Christian Bau (Victor’s Fine Dining), il 6 giugno di Jonnie Boer (De Librije, Zwolle, Paesi Bassi) e l’8 giugno di Eric Pras (Maison Lameloise, Chagny, Francia). La festa finale si terrà al Grand Hotel Eden di Lugano il 19 giugno e avrà come protagonisti quattro storici nomi della ristorazione svizzera come Pierrot Ayer (Les Pérolles, Friborgo), Stéphane Décotterd (Le Pont de Brent, Brent), Alain Bächler (Des Trois Tours, Friborgo) e Pierrick Suter (Hotel de la Gare, Lucens). Oltre ai tristellati, la rassegna riunisce altri famosi rappresentanti dell’alta ristorazione mondiale che portano a 60 stelle Michelin il totale dei blasoni presenti. In calendario anche nove eventi speciali. www.saporiticino.com
“Al bar scelgo io!”, la tovaglietta in simboli varca i confini provinciali P uò bastare un piccolo gesto, come una tovaglietta dedicata, per far sentire più a proprio agio nei pubblici esercizi bambini e adulti con difficoltà congitive e di comunicazione. Succede grazie all’iniziativa “Al bar scelgo io!”, promossa dal Gruppo
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Bar e Caffetterie dell’Ascom di Bergamo, con la collaborazione di Associazione Angelman onlus e Accademia del Gusto e il patrocinio di Armr, Fondazione Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare onlus. Il progetto, partito in occasione della giornata mondiale dell’autismo, mette gratuitamente a disposizione dei locali bergamaschi delle tovagliette in simboli che permettono alle persone con disabilità di fare il proprio ordine in autonomia. Sono riportati un piccolo menù e alcune richieste e valutazioni come “basta”, “ancora”, “mi piace”, “non mi piace”, “aiutami”. Cibi e bevande sono presentati attraverso illustrazioni semplici e colorate, così da risultare comprensibili ai bambini in età
prescolare e a tutti coloro che hanno una difficoltà comunicativa, per disabilità o per mancanza di conoscenza della lingua. I simboli sono mutuati dalla Comunicazione aumentativa alternativa. L’attenzione da parte degli esercenti non si è fatta attendere e le diecimila tovagliette realizzate nella fase di lancio sono presto andate esaurite. È già in programma una ristampa e il progetto è destinato ad espandersi. Sono infatti pervenute richieste anche da parte dei ristoranti e di locali fuori provincia, ma anche di scuole e associazioni di genitori. Per informazioni si può contattare la segreteria al numero 035 4120304 www.ascombg.it
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LA STORIA
Barbara Pesenti Bolò, prima assistente di volo, oggi in negozio con mamma Gabriella
L’ ex hostess che difende l’ultimo negozio di Gerosa Scesa dai voli internazionali, Barbara Pesenti Bolò gestisce la bottega di famiglia. «Privilegio la scelta locale e sono ben felice di dare anche informazioni turistiche»
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i definisce “commerciante con spirito turistico” e non poteva essere diversamente, visto che per sette anni ha fatto la hostess e che anche mentre gestisce, con l’indispensabile aiuto di mamma Gabriella, l’unico negozio di alimentari rimasto a Gerosa, 380 anime nel Comune di Val Brembilla, mantiene un impiego part time alla reception di un hotel a Bergamo, il Petronilla, «perché non è facile resistere in montagna – dice - e soprattutto per non perdere il contatto con l’atmosfera internazionale». Scesa nel 2002 dai charter Eurofly che l’avevano portata dall’Africa ai Caraibi, alle Isole dell’Oceano Indiano, Barbara Pesenti Bolò ha fatto ritorno alle origini e nel 2005 ha assunto la guida della “Bottega di Gerosa”, aperta negli anni Cinquanta da papà Alfredo, stagionatore di formaggi e piccolo produttore di salumi, scomparso due anni prima. «Viaggiando e incontrando tante persone diverse – spiega - ho capito che ciò che si cerca è un contatto autentico con il territorio ed è quello che mi piace offrire nel negozio, nel bed and breakfast che ho aperto nel 2007 e nelle iniziative legate al turismo che ho sviluppato in passato e che vorrei in qualche modo riprendere in futuro». A rappresentare la Val Taleggio e la Val Brembana sono per primi i formaggi, che Barbara ben conosce per tradizione di famiglia e in quanto assaggiatrice Onaf: «Abbiamo lo Strachitunt, che tra poco ripartirà con la produzione Dop – illustra -, e tutti i prodotti della cooperativa Sant’Antonio di Vedeseta, quelli degli stagionatori di Peghera e poi Branzi, Formai de Mut e formaggi di capra
prodotti a Brembilla. Anche per i salumi la scelta è locale, dalla Valle Imagna arrivano marmellate biologiche e un vino, ci sono inoltre lo zafferano coltivato proprio qui a Gerosa e naturalmente il Valcalepio. I biscotti e gli altri prodotti da forno e da ricorrenza sono artigianali, fatti da mio cugino Paolo Pesenti nel panificio di Zogno, che ci fornisce anche il pane fresco tutti i giorni. La scelta è ovviamente più ampia d’estate – precisa -, quando in Valle c’è un maggiore movimento turistico». E lei, che ha pure il patentino di accompagnatrice turistica, è pronta a fornire a villeggianti ed escursionisti non solo le informazioni sui prodotti, ma anche depliant e brochure degli Iat con le dritte sugli itinerari, le mete o gli eventi da non perdere. Gusto e territorio si incrociano spessissimo in ciò che fa. Per gli ospiti del bed and breakfast, ad esempio, ha organizzato degustazioni guidate di formaggi e la collaborazione del compagno, Pier Beretta, maestro assaggiatore Onaf, assaggiatore Onav e cofondatore della Belgian Beer Gourmet Italia, ha aggiunto idee golose. Per cinque anni hanno gestito insieme un servizio di escursioni con i quad, che offriva, tra l’altro, la possibilità di raggiungere gli allevatori negli alpeggi e assistere alla produzione dei formaggi. Dall’incontro con Giuseppe Rasmo, dell’omonimo salumificio di Gerosa, durante la Fiera di Sant’Antonio a Brembilla, è nata persino una novità: un salame nel quale la birra trappista belga, nella quale vengono fatte macerare delle spezie, sostituisce il vino. È un altro dei prodotti che hanno qualcosa da raccontare sul banco della Bottega di Gerosa!
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L’AZIENDA
Sapori e relax, Colletto è l’ oasi giusta Graziana, Duilio e Filippo Picchi
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L’azienda agricola di Adrara San Martino, guidata da Graziana, Duilio e Filippo Picchi, s’è affermata grazie ai premiati spumanti Blanc de Blanc e Rosè, ma anche per l’accoglienza turistica. Il tutto all’insegna del bio
accontare in un bicchiere l’identità profonda di un angolo della Lombardia caratterizzato da una lunga tradizione enologica, ma allo stesso tempo ricco di potenzialità ancora inesplorate. Con questo obiettivo, sulle colline di Adrara San Martino, è nata nel 2008 l’azienda agricola Colletto, guidata da Graziana Picchi insieme al padre Duilio e al fratello Filippo. La volontà di rispettare la natura e di racchiudere in bottiglia vini genuini si è tradotta nella scelta di sposare fin da subito i metodi di coltivazione dell’agricoltura biologica, in sintonia con un più ampio progetto di “ospitalità verde” che ha il suo cuore in un AgriBioRelais circondato da filari di vigne, uliveti e bosco. I vigneti aziendali si trovano a un’altezza di oltre 450 metri sul livello del mare e si estendono su un’area complessiva di tre ettari, distribuiti su terrazzamenti che abbraccia-
no la cantina. L’esposizione a sud, le escursioni termiche diurne e stagionali e la presenza di un terreno rosso ricco di ferro, calcare e marne garantiscono alle uve le condizioni ideali per raggiungere una piena maturazione, fornendo una materia prima di ottima qualità per dare vita a vini dotati di una personalità ben definita ed elegante. Nei vigneti, tutti allevati a guyot, si trovano lo Chardonnay e il Pinot Nero, da cui nascono in purezza quattro spumanti metodo classico, il Cabernet Sauvignon e il Merlot, vitigni di origine francese che hanno trovato in questa zona un terroir particolarmente vocato. Nei restanti sette ettari della tenuta, accanto ai filari dove la raccolta delle uve avviene manualmente, si trovano ulivi e superfici di bosco, che formano un piccolo ecosistema equilibrato a pochi chilometri dal centro abitato di Adrara San Martino.
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Vini Fiore all’occhiello della produzione aziendale sono gli spumanti metodo classico, due Blanc de Blanc che nascono da uve Chardonnay e due rosé prodotti con il Pinot Nero. Profumi fragranti, ravvivati da un perlage fine e persistente, rappresentano il trait d’union di queste quattro diverse espressioni della vocazione spumantistica della zona, capaci di regalare il meglio di sé dopo un lungo affinamento in bottiglia (almeno 48 mesi). Grande personalità e carattere si ritrovano anche nei due vini rossi firmati Colletto, entrambi blend di Cabernet Sauvignon e Merlot, contraddistinti da intensi profumi fruttati ed erbacei e da una pienezza di gusto. Nonostante la giovane età, il nome di Colletto è salito alla ribalta nazionale in due diverse occasioni alla fine del 2015. Prima la giuria del Merano Wine Festival, la rassegna internazionale che riunisce nel mese di novembre le migliori aziende vitivinicole italiane nella città altoatesina, ha attribuito il Bollino rosso di qualità allo Spumante Blanc de Blanc millesimato 2009 e al Rosso Igp Bergamasca barricato 2009. Poi, nel mese di dicembre, il Concorso Nazionale dei Vini Rosati d’Italia ha assegnato la medaglia di bronzo allo Spumante rosé fiore millesimato 2009, unico vino della Lombardia a essere premiato in una
competizione che ha visto confrontarsi oltre 250 etichette. «Siamo davvero contenti per questo premio che ci permette di far conoscere a livello nazionale un vino su cui puntiamo molto - spiegano Graziana e Duilio Picchi - e, allo stesso tempo, ci incoraggia a proseguire con convinzione lungo la strada della massima selezione delle uve in vigna e dell’agricoltura biologica per valorizzare un angolo della Lombardia che non ha nulla da invidiare per qualità e potenzialità ad altre zone più conosciute». Chiamato a rappresentare la provincia di Bergamo al WTFood Expo 2016 di Tokyo dal 23 al 25 febbraio, Colletto ha fatto il suo debutto a Vinitaly dal 10 al 13 aprile, all’interno del padiglione riservato ai vini biologici certificati Vinitalybio. Accanto al vigneto, l’azienda agricola Colletto coltiva sempre in regime biologico anche un uliveto da cui nasce un olio Dop Laghi Lombardi, sotto denominazione “Sebino”, e ospita alcuni apiari nei quali vengono prodotti tre mieli naturali (di acacia, di castagno e millefiori) fortemente legati al territorio.
L’accoglienza Turistica
Circondata da filari di vite terrazzati, l’originaria casa padronale, perfettamente integrata con l’ambiente circostante, è stata ristrutturata all’insegna dell’ecosostenibilità e dello charme per offrire un soggiorno di bellezza e natura. La struttura, aperta tutto l’anno, mette a disposizione degli ospiti un servizio di piccola ristorazione a orario continuato, basato su una selezione di prodotti propri e del territorio. L’arredamento, scelto direttamente dai titolari di Colletto, entrambi architetti, propone un mix di elementi tradizionali e moderni caratterizzato dall’attenzione ai piccoli dettagli e da un design pulito ed essenziale. L’AgriBioRelais, che conta sei camere matrimoniali con accesso indipendente, è dotato di un’ampia terrazza panoramica e di una piscina circondata dai vigneti.
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la proposta di Leo Bartoli
Fudbox, ecco il regno degli hamburger Andrea Cologni e Ylenia Agate
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Appresi i segreti in America, Andrea Cologni e Ylenia Agate hanno realizzato la loro idea di “Strit fud” aprendo il chiosco in piazzale Oberdan. A far la differenza, materia prima d’eccezione e creatività (come il burger senza carne). «Ora ci stiamo strutturando anche per catering e servizi in casa per le feste di compleanno» ono andati fino in America per apprendere i segreti dell’hamburger perfetto, ma poi sono tornati in patria per tradurre quella ricetta con le migliori materie prime della tradizione italiana: così è nato FudBox, fenomeno che sta prendendo piede tra i giovani e non solo, di Bergamo. L’hamburgeria di piazzale Oberdan, intesa come chiosco da strada e non come locale (la filosofia è molto diversa) nasce nel 2014 come punto d’incontro di una coppia diversissima eppure affiatata: da un lato Andrea Cologni, diplomato geometra con la passionaccia per la cucina, ma soprattutto preciso e organizzato e dall’altra Ylenia Agate, creativa e scompigliata food designer. Coppia nella vita e nel lavoro hanno saputo unire conoscenza, creatività e... “gavetta” prima di trasformare il sogno in realtà, con la trasferta a San Francisco che ha fruttato loro un bagaglio di esperienza inestimabile sul fronte food. «Degli americani - spiega Andrea c’è sicuramente da apprezzare la
rapidità d’esecuzione e la grande organizzazione in cucina, oltre alla capacità di marketing anche su piccola scala: di questi aspetti abbiamo sicuramente fatto tesoro, anche se sul fronte delle materie prime le nostre restano decisamente superiori. Io ho lavorato nel quartiere finanziario di “Frisco” in una caffetteria italiana e devo dire che gli americani hanno un vero e proprio culto per i prodotti italiani. Per questo ci siamo resi conto di avere un grande potenziale che poi avremmo sfruttato, tornando in patria». «A San Francisco - aggiunge Ylenia - ci ritroviamo a sfatare un mito: la scarsa qualità degli hamburger. Mangiamo spesso in piccoli localini dove ci vengono serviti hamburger qualitativamente superiori con ingredienti freschi, così decidiamo quale sarà la nostra strada: ricercare l’eccellenza nel burger. Torniamo in Italia, con un’idea fissa: aprire un locale tutto nostro dove sperimentare e condividere. E così è stato». Il posto giusto per realizzare il loro
sogno? «Un caratteristico chiosco direttamente in strada - spiegano loro -: come in Europa, in pratica in braccio alla città. Lo trasformiamo completamente lavoriamo con colori e grafiche tutto fatto da noi, in tre settimane un chiosco di kebab diventa Fudbox la nostra magica scatola di cibo». Si comincia con uno stuolo di ragazzini che divorano cheeseburger (o cisburger come lo chiamano loro) semplici e doppi e hot dog, due classici dello street food che non mancano mai, per poi scoprire che, a distanza di settimane e poi di mesi, l’età media della clientela continua ad alzarsi: c’è il liceale, l’universitario, persino qualche professionista, fino al passo strategicamente decisivo: la conquista dell’intera famiglia. «Dopo qualche tempo dall’apertura sono cominciati ad arrivare interi nuclei familiari - spiega la coppia -: significa che avevamo passato la prova qualità, che i genitori si fidavano di noi e addirittura mangiavano il cibo prediletto dai loro figli perché lo ri-
aprile 2016 tenevano anche qualitativamente appagante». Da allora la premiata ditta Fudbox non si è più fermata: ha sfornato decine di burger creativi, alternando sempre materie prime d’eccezione. «Il nostro segreto? Facciamo la spesa per il locale, dove ci riforniamo anche per noi: abbiamo il macellaio di fiducia per la carne, verduriere doc e panettiere che ci fa il pane su misura di vari formati, perché anche il pane di qualità è una componente fondamentale nella nostra offerta». Ultimamente, durante una serata di presentazione nella casa trevigliese degli Alti Formaggi, Andrea ha sfoggiato l’ultima provocazione: l’hamburger senza… carne. «Era da tempo che studiavamo un panino vegetariano – spiega Cologni –: dopo diversi tentativi alla fine è nato il “Vege Burgher”, con melanzane, Salva cremasco, pomodori confit e pesto di basilico e pomodoro. Non è il classico Veggie Burgher di soia o di ceci ma un impasto di melanzane cotte alla piastra. In città non si trova un hamburger vegetale artigianale, ma noi abbiamo accettato la sfida. Vista l’ottima accoglienza, per noi questa è la dimostrazione che la qualità vince, con la soddisfazione di esserci fatti nuovi clienti anche tra i vegetariani che di solito se ne stanno alla larga dalle hamburgerie». Negli ultimi mesi, Andrea e Ylenia si stanno strutturando anche per il servizio catering, ma accanto ai banchetti tradizionali, con eventi già realizzati per banche e società, hanno varato la formula “fudbox a casa tua”, per le feste di compleanno dei ragazzi, seguendo la nuova scia molto gettonata degli chef che cucinano live nelle case private: «Anche in questo caso il lavoro non manca - dicono loro anche perché ai ragazzi che sono piaciuti i nostri burger, basta un attimo, con sms e WhatsApp, a mettere in circolo un passaparola formidabile».
il ristorante
“Naviglio 1974”, il gusto di riscoprire le tradizioni mantovane N
ell’anno di Mantova Capitale italiana della cultura, la riscoperta di questa città e dei suoi tesori non passa solo da una visita a Palazzo Te o al Teatro Bibiena, ma anche dalla tavola, luogo per eccellenza dell’identità di una terra e della sua gente. E per riscoprire la vera cucina mantovana, preparata con ingredienti locali secondo le ricette della tradizione, una tappa obbligatoria va fatta al ristorante Naviglio 1974 di Goito, tempio dei sapori più autentici del territorio custoditi e riscoperti attraverso un progetto di valorizzazione gastronomica ben preciso. Il merito è di Dario Castagna e Mariafrancesca Giacalone, che alla fine del 2013 hanno realizzato un lavoro di studio e recupero delle preparazioni popolari e una selezione di materie prime certificate derivanti da aziende agricole e allevamenti della provincia, visitati per scegliere gli ingredienti alla base di ogni piatto. Da questi prodotti e ricette, di cui buona parte hanno il riconoscimento De.Co. (Denominazione comunale), nascono le proposte del Naviglio 1974: i bigoli al rosso del Vicariato, la Carabazada, la faraona alla corte dei Gonzaga e numerosi altri primi e secondi piatti che correvano il rischio di andare perduti per sempre, fino ai dolci del territorio, tra cui spiccano i tortelli rinascimentali e altre delizie. Il locale è anche pizzeria con il nome “L’arte della pizza”: accanto ai condimenti classici in carta si trovano le “Mantovanità”, pizze gourmet dalla forma rettangolare e servite su taglieri in legno, in cui la base - sottilissima e facilmente digeribile grazie a una lievitazione dell’impasto di almeno 48 ore - abbraccia i sapori prodotti del territorio, dando vita a inediti connubi di gusto. Anche per la preparazione delle pizze vengono usati solo ingredienti del territorio, dalle farine fino alla mozzarella. Gli amanti della natura hanno un motivo in più per fare tappa al Naviglio 1974: il ristorante si trova infatti all’interno dell’Oasi Parco Valli Naturali del Mincio, a poche decine di metri dal luogo di nidificazione delle cicogne bianche e lungo il percorso della pista ciclabile che unisce Mantova a Peschiera.
Dario Castagna
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NEGOZI di Anna Facci
Fruttivendoli alla riscossa Non è facile per le piccole attività di vicinato rinnovare e sviluppare le proposte per conquistare una fetta in più di clientela. Ma c’è chi ci prova e le idee, spesso golose, non mancano
Strette tra crisi, grande distribuzione e nuovi stili di vita e di consumo, le botteghe dei fruttivendoli sembrano più resistere che rilanciare. Forse perché dal punto di vista imprenditoriale scontano, persino più di altre attività di vicinato, lo scarso appeal nei confronti dei giovani, ma probabilmente anche perché non è facile per delle piccole realtà immaginare o organizzarsi per sviluppare la proposta e dare valore aggiunto a carote, mele, insalate e pomodori. Eppure l’attenzione al mondo vegetale cresce e qualcuno c’è anche a Bergamo che ha scelto di valorizzarlo, in conserve gourmand o succhi freschi, frutta da passeggio o in forma di dolce, gastronomia vegana e minestroni della tradizione. Nascono anche soluzioni inedite come negozi che condividono gli spazi.
Dicottedicrude / Sarnico
Frutta da passeggio e succhi fre
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n Contrada a Sarnico, vale a dire nel centro storico, il negozio “Dicottedicrude” è ormai conosciuto per la frutta da passeggio, che impazza soprattutto durante gli eventi e le serate di apertura estiva. «In realtà, non abbiamo inventato niente di nuovo – precisa Giovanni Viviani che con Franco Pedrocchi ha aperto l’attività nel 1987, il che in paese vale loro ancora oggi l’appellativo di “ragazzi” -. In passato era abituale trovare fuori dal fruttivendolo il banchetto per la vendita dell’anguria a fette, noi non abbiamo fatto altro che riprendere quell’usanza adattandola ai tempi». Eccoli allora allestire una postazione all’esterno e preparare bicchierini di frutta in pezzi, di un solo tipo o mista, pronta da mangiare con la forchettina, ma anche cen-
Franco Pedrocchi e Giovanni Viviani
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aprile 2016
Angelo Punto Fresco / Treviolo
La terza generazione introduce i vini e la produzione di conserve
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e la mancanza di eredi è una delle cause della chiusura di tanti negozi tradizionali, da “Angelo Punto Fresco” a Treviolo la terza generazione della famiglia Sanzani è pronta invece a dare il proprio contributo per lo sviluppo dell’attività. Intanto ci stanno pensando i due fratelli maggiori, Angelo, 21 anni, che ha preso il nome del nonno cui è dedicata l’insegna, e Daniele, 19. Ma anche Maria Chiara, quasi 18enne, ed Emanuele, 16, hanno la prospettiva di inserirsi nell’impresa. Una dinastia di fruttivendoli nata con l’attività ambulante del nonno nel 1960 e diventata negozio nel 1971, con nonna Elisabetta, papà Gianluigi e mamma Maria Grazia a guidarne le diverse fasi. L’esercizio si affaccia sulla piazza del paese con una bancarella coloratissima di frutta e verdura, ha le porte spalancate e all’interno richiama, pur nelle piccole
Angelo e Daniele Sanzani
schi ormai sono un must
trifugati, spremute e miscele detox. «Non è una scelta legata alla moda, anche perché ormai sono più di dieci anni che li facciamo e non solo d’estate – prosegue –. Piuttosto è la consapevolezza che i prodotti naturali sono buoni e salutari e se li si propone in una forma comoda e accompagnati da un sorriso si sta offrendo qualcosa che fa bene al fisico e allo spirito». In questo periodo vanno le spremute di agrumi, compreso il bergamotto dalle virtù anticolesterolo, mentre tra i detox un classico è quello di carote siciliane novelle, mela verde e zenzero o curcuma, «ma le varianti sono tante, basta un po’ di fantasia». Il successo è assicurato dal semplice fatto che si tratta di frutta fresca: «Cosa c’è di meglio di una limonata o di un succo di pompelmo rosso con qualche cubetto di ghiaccio quando si ha sete? Alla frutta non
manca niente», fa notare Viviani. Unire alla vendita questa piccola produzione in proprio ha dato un’opportuinità in più al negozio. «Ci permette di rivolgerci ad un altro tipo di clientela, i giovani prima di tutto, che di solito non vanno dal fruttivendolo – spiega -, di offrire un’immagine più fresca del negozio e di integrare l’offerta. Capita così che chi entra per fare la spesa si beva anche una spremuta e viceversa. È stata una fortuna avere quest’idea perché mandare avanti una piccola impresa è sempre più difficile, anche per via delle tasse. L’impegno è tanto, compreso quello di stare aperti la sera o le domeniche in occasione degli eventi, del resto occorre esserci quando c’è gente in giro, altrimenti non ha senso. Riusciamo a riposarci un po’ il lunedì». Un’altra idea semplice ma capace di valorizzare i negozi di vicinato è la piccola rete che Dicottedicrude ha creato insieme ad altre due attività di via Lantieri, la panetteria Ghisalberti e l’Antica Salumeria della Contrada. Basta telefonare ad uno dei tre negozi per farsi consegnare a casa, al costo di un euro, tutta la spesa, che può spaziare dal pane alla pizza, ai dolci, dall’ortofrutta ai succhi espressi, fino a salumi, formaggi e prodotti di gastronomia. «Ci siamo uniti per ampliare la gamma e la clientela – riferisce Viviani –. Certo non possiamo competere con la Gdo, è un servizio pensato soprattutto per la spesa quotidiana, con il vantaggio di freschezza e qualità».
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negozi Angelo Punto Fresco / Treviolo dimensioni, l’atmosfera del mercato modo riusciamo a mantenere integri il colore, i profumi coperto, con diverse isole di prodote il sapore della frutta». Nei vasetti finiscono varietà in ti, fino ai banchi della gastronomia e purezza o abbinamenti intriganti: «Mela cotogna e fragole; della salumeria. «Abbiamo sempre ananas e pepe rosa; melone, mandorle amare e menta; puntato sulla qualità a prezzi adeguati fragole e rosmarino sono tra quelli che preferiamo – evi– ricorda Gianluigi Sanzani – sia neldenzia -. Dal processo di lavorazione ricaviamo anche dei la selezione di frutta e verdura sia in succhi completamente naturali, che imbottigliamo senza quella di salumi e formaggi ed ora Anl’aggiunta di zucchero». gelo con la sua passione per la ricerOvviamente frutta e verdure sono protagoniste pure della ca di cose buone sta proseguendo». gastronomia, curata da Daniele, che per affinare le proprie Ci sono prosciutti cotti di alta qualità, competenze in cucina replicherà quest’anno la stagione crudi di microprosciuttifici, i salami berestiva a Formentera, e dalla mamma. «Anche in questo gamaschi di montagna e di pianura e i caso seguiamo la stagionalità - racconta il 19enne -, spesformaggi di piccoli produttori locali. Titolo di so addirittura decidiamo in base al clima della giornata ragioniere in tasca, iscritto al terzo livello del corso cosa preparare. Se è fredda e piovosa non mancheranno per sommelier dell’Ais, il primogenito Sanzani ha anche il minestrone o le verze con le costine, altrimenti ci sono dotato il negozio di una cantina di circa 300 etichette e lasagne, risotti, crespelle, pizzoccheri, fino ai piatti freddi con la complicità di Daniele, diplomato alla scuola albere alle insalate d’estate, oltre a carne, pesce e contorni. ghiera, si è lanciato nella preparazione in proprio di alcune Cerchiamo insomma di intuire di cosa avranno voglia quel conserve di frutta e verdura. «Si tratta di una microprodugiorno i nostri clienti e di far trovare già pronte quelle verzione – afferma Angelo – che vuole essere soprattutto il dure che vedono in negozio, con ricette classiche oppure nostro biglietto da visita, raccontare il nostro gusto e la noun po’ diverse dal solito, come il rollè di zucca e scamorstra capacità di proporre qualcosa di nuovo partendo dai prodotti che trattiamo da sempre». Acquistata l’attrezzatura idonea, i due fratelli preparano la mitica giardiniera e, con gli stessi ingredienti di base, una salsa gustosa capace di valorizzare il sapore autentico delle verdure, da spalmare su pane e crostini per un aperitivo o da abbinare ad antipasti e carni. «Cipolle di Tropea, carote, cavolfiori, fagiolini, peperoni e zucchine sono il punto di partenza La famiglia Sanzani al completo. Da sinistra: Gianluigi, Maria Grazia, Daniele, Emanuele e Maria Chiara – spiega Angelo –, poi, a seconda della stagione, uniamo altri ortaggi, come la zucca, gli asparagi, i carciofi e nascono delle varianti della salsa strettamente legate alle disponibilità. Non vogliamo forzare, ma seguire il ciclo naturale delle produzioni». Lo stesso rispetto per la materia prima ce l’hanno nella preparazione di marmellate, ad esempio di Tarocco siciliano o di mandarini tardivi di Ciaculli, e confetture di frutta. «Effettuiamo una cottura lenta e a fuoco basso ed aggiungiamo una quantità di zucchero minima, quella che serve per garantire le maturazione del prodotto, circa il 20/25% – dice ancora Angelo -. In questo
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za con pancetta o gli gnocchi di patate viola». I Sanzani amano la buona tavola e condividerne i piaceri, tanto che il sabato mattina cuociono la polenta nel paiolo fuori dal negozio, invogliando a celebrare il fine settimana con i piatti della tradizione. E mentre Maria Chiara si dice interessata, al termine degli studi di ragioneria, a curare la parte contabile e gestionale con papà, Emanuele, che sin dalle elementari coltiva da sé l’orto di casa, è iscritto ad una scuola di agraria con l’obiettivo di diventare il fornitore dei fratelli.
aprile 2016
Ortofrutta Elena Valietti / Zanica
La gastronomia “veg” che non dimentica la tradizione
Elena Valietti
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a gastronomia vegetariana e vegana è una delle specialità dell’ortofrutta di Elena Valietti, che spicca su piazza Papa Giovanni XXIII a Zanica per l’originale vetrina in legno a mo’ di baita. Non è però una virata dettata dalle tendenze del momento, quanto un’evoluzione naturale di chi con il mondo vegetale ci lavora da sempre e ne conosce il valore. «Il negozio ha più di ottant’anni – racconta Elena -, è stato gestito prima da mia nonna, poi da mia mamma ed ora da me, che sono qui da quasi trent’anni. Anche mia nonna faceva le erbe cotte o le castagne essiccate, nel tempo non abbiamo fatto altro che sviluppare questa linea, dotandoci delle attrezzature per preparare le verdure pronte all’uso, come i minestroni e le insalate già pulite, e poi alcuni piatti cotti a base di verdure, perché questa è sempre stata la nostra materia prima e mangiare frutta e verdura è salutare a prescindere dalle etichette». Con il riferimento alla tradizione vuole rompere il pregiudizio che associa ai piatti vegetali un senso di rinuncia e “tristezza”. «Nella nostra cucina ci sono centinaia di ricette che sono vegetariane di per sé, come le peperonate, patate e fagioli o le zuppe e non suonano come nulla di strano – rileva -. La scelta vegetariana o vegana fa parte di un percorso personale
che non tutti intraprendono, ma tutti possono godersi un buon piatto». Per dimostrarlo prepara addirittura la “trippa senza trippa” con il seitan che, così come il tofu, produce in proprio, o il brasato di seitan. «Li proponiamo soprattutto nei mercatini ai quali partecipiamo per farci conoscere – afferma ricordando che nell’attività è affiancata dal nipote Stefano Freti – e conquistano anche i più scettici grazie al gusto dato dalle verdure e dagli aromi». Un suo marchio di fabbrica, poi, sono diventati i minestroni della “famèa del Giupì”, ricette diverse, ognuna ispirata ad un componente della famiglia della maschera bergamasca, nata a Zanica. E poi ci sono lasagne, cous cous, torte salate, bulgur, risi e farro variamente accostati alle verdure di stagione, oltre alle zuppe e ai legumi. Un’altra sua sfida è il visual food, ossia modellare e comporre la frutta fresca in forma di “torte”, “pasticcini” e monoporzioni, golosissimi già alla vista grazie all’accostamento dei colori. «Ci vengono richiesti per le cene e i buffet soprattutto d’estate, sono delicatissimi da preparare – evidenzia –. È un’ulteriore strada che percorriamo per ampliare le possibilità del negozio. C’è chi viene per la spesa di frutta e verdura, chi per la gastronomia, chi per le composizioni di frutta, chi arriva a Natale per i cesti
regalo. Nonostante mi sentissi negata mi sono dedicata anche ai social network e poi ci sono i mercatini e le promozioni, come quella della cena take away per due a 8 euro, che offriamo il giovedì sera o a chi presenta i voucher del distretto Morus Alba. Diciamo che cerco di aprirmi tutte le strade, il che comporta un grandissimo impegno, che va ad aggiungersi agli adempimenti sempre più gravosi per le attività». La fruttivendola ha supportato il suo dinamismo e la sua creatività con corsi e approfondimenti, da quello sui sottoli a quello sulle spezie, dal crudismo alla macrobiotica. L’ultimo è stato quello sulla cucina vegana che l’ha fatta entrare nel circuito Veg+ creato dal Gruppo ristoratori dell’Ascom e dalla Lav, mentre lo sconto del 40% che attua il sabato sera su tutta la gastronomia, per svuotare il banco frigo e risparmiare energia nel week end, le è valso il marchio di Negozio Sostenibile della Camera di Commercio. Per quanto riguarda la verdura ricorre da sempre all’approvvigionamento locale e non mancano sugli scaffali legumi e cerali selezionati, anche bio, prodotti tipici e con etichetta trasparente.
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negozi Angel Fruit / Bergamo
«Il negozio condiviso mi ha dato una chance»
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rutta e verdura sono indicati come i migliori amici della salute, ecco perché Silvana Guerini, nella sua attività appena avviata, ha scelto di raccontarne e promuoverne le virtù e i benefici. Il primo dicembre del 2015 ha aperto all’interno del negozio di alimentari “La Voglia Matta”, di cui è titolare dal 2011 Lisa Colombi, in via Celadina a Bergamo, il suo “Angel Fruit” dando vita ad un’innovativa condivisione degli spazi commerciali. «Per me che da qualche tempo stavo cerSilvana Guerini cando uno sbocco lavorativo – spiega Silvana - passare e vedere che il negozio aveva un’area libera è stata un’illuminazione. Ho proposto a Lisa di affittarmi parte della superficie per realizzare un angolo ortofrutta: abbiamo verificato che era possibile e in un mese e mezzo sono partita». L’esperienza nel settore, del resto, l’aveva già, avendo gestito per cinque anni, a Torre Boldone, l’Angolo Verde, negozio che già negli anni Novanta proponeva insalate pulite e verdure cotte. La passione, poi, «indispensabile per un mestiere faticoso come questo», non l’ha mai persa e ora è rafforzata dall’entusiasmo di questa opportunità, «cercata e trovata a cinquantanni» dice schietta. «Da sola non avrei mai potuto sostenere i costi di una nuova apertura – evidenzia -, questa soluzione, invece, mi ha permesso di cominciare senza un grosso investimento ed ha ampliato l’offerta all’interno del negozio di Lisa, ci stiamo insomma dando una mano a vicenda e mi piace che sia una collaborazione tutta al femminile». Visti gli spazi ridotti che non consentono di realizzare lavorazioni in proprio, il valore aggiunto che Silvana ha scelto
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di dare ai suoi prodotti è semplice ma fondamentale: la selezione e l’informazione. «Ragiono prima di tutto come consumatrice – afferma -, al mercato ortofrutticolo assaggio tutto quello che si può e verifico ogni volta qualità e provenienza. Scelgo soprattutto prodotti italiani e di stagione». E in negozio comunica con efficacia tutto ciò che sta dentro quel frutto e quell’ortaggio. Ciascuna varietà di mela, ad esempio, è accompagnata da un piccolo cartello che ne illustra le caratteristiche, la Granny Smith “succosa, depurativa, ha pochi zuccheri ed è ottima nelle insalate”, la Renetta “ottima al forno e per i dolci” e così via. «Sulle pere, invece, voglio indicare la stagionalità, così si capisce quando sono al meglio e non stoppose come patate». Dispensa anche ricette insolite, come quella del risotto al melone, e poi c’è tutto il capitolo della salute. Le proprietà di frutta e verdura vengono decantate un giorno sì e l’altro pure da esperti e media e la negoziante ha deciso di ribadirlo. Ha lanciato, ad esempio, il mese del bergamotto, agrume misconosciuto che sta guadagnando attenzione per le virtù brucia grassi, indicando come consumarlo nelle spremute; ha promosso le noci; vende i carciofi con il gambo consigliando di consumarlo perché ricco di proprietà, tiene inoltre lo zenzero, la radice fresca di curcuma, le bacche di goji spiegandone i benefici e l’uso ma anche avvertenze e controindicazioni. «Qualche cliente mi ha detto che più che da un fruttivendolo sembra di stare in una farmacia – svela -. In realtà mi piace semplicemente condividere le Lisa Colombi informazioni che raccolgo per mio interesse personale. Di idee da realizzare con frutta e verdura ce ne sarebbero molte, ma è presto per fare progetti, intanto c’è la soddisfazione per essere riuscita a mettermi in gioco».
aprile 2016
l’iniziativa
Ritorna , 19 i locali dove si può mangiare vegano
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er mangiare vegano sicuro, di qualità e vario, a Bergamo Ascom e Lav hanno creato una rete virtuosa di ristoranti. L’iniziativa si chiama “Veg+”, è stata creata nel 2014 per rispondere alle sempre più numerose richieste di piatti veg che giungono anche nei ristoranti bergamaschi. Quest’anno ritorna con alcune novità: a partire dai locali aderenti: 19 (nella prima edizione erano 15), di cui 11 sono nuovi ingressi. Sono riconoscibili da una vetrofania con la scritta verde “Veg+. Qui mangi anche vegano 2016»”e propongono in carta piatti privi di prodotti di origine animale e certificati, ciascuno accompagnato dal logo Veg+. Oltre a sottolineare i valori della dieta vegana, il progetto punta sulla qualità: tutti i piatti veg sono infatti realizzati solo con ingredienti di origine vegetale e sono approvati e certificati da Lav Bergamo e dalla scuola di Sauro Ricci, chef del Joia di Milano, tempio stellato della cucina naturale e vegana, riconosciuto in tutta Italia. L’obiettivo dell’iniziativa è creare un indirizzario di ristoranti che offrono menù veg sicuri e di qualità e rendere la cucina vegana più accessibile a tutti: a chi ha già optato per questa dieta ma fatica a trovare delle proposte appropriate nei ristoranti, ma anche ai curiosi e a chi si vuole avvicinare a questo stile alimentare. Il progetto è nato nell’ambito della campagna Cambia Menù di Lav che ha scelto Bergamo come punto di partenza grazie alla collaborazione – la prima a livello nazionale – tra un’associazione commercianti e un’associazione animalista. Ascom e Lav hanno collaborato creando un corso di alta formazione in quattro
giornate dedicato a questo stile alimentare innovativo sorretto da forti contenuti etici, svoltosi all’Accademia del Gusto, quindi hanno creato una sorta di regolamento per garantire la qualità e la varietà delle proposte vegane nei ristoranti aderenti. Quest’anno, a garanzia della qualità, è stato introdotto un elemento in più: una newsletter che raccoglie le recensioni dei clienti e che permette a Lav di dare riscontro ai ristoranti e, se necessario, anche suggerimenti e consigli per migliorare piatti e servizio. I dati sul fenomeno “veg” parlano di una crescita costante: tra vegetariani e vegani si registra un vero e proprio boom, che ne vede le fila aumentate di circa 11.000 nuove unità alla settimana. Secondo l’Eurispes, nel 2015 l’8% degli italiani ha dichiarato di seguire un regime alimentare privo di carne o derivati animali, facendo registrare un +2% rispetto al 2013. Un importante contributo a questi numeri l’ha certo
Il cir cuito Veg+ A Bergamo Farina & co*
Giopì e Margì* Hostaria San Lorenzo Roof Garden Sweet Irene
dato il pronunciamento dell’Oms sui rischi per la salute del consumo di carne e derivati, ma alla base di questo fenomeno c’è un cambiamento trasversale e strutturale delle abitudini alimentari. Per informazioni sull’iniziativa: lav.bergamo@lav.it
In provincia
La Vacherie* Brusaporto
Ristorante Donnarumma* Songavazzo
Ristorante Vecchi Ricordi* Cene
Ristorante La Taverna* Sotto il Monte Giovanni XXIII
Ristorante Dè Firem Rostec Misano Gera d’Adda
Il Borgo Zen Albergo della salute* (per gruppi solo su
Villa Pighet Ponteranica La Marina Ristotel* Pontida Settecento* Presezzo Hotel Villa delle Ortensie Sant’Omobono Terme Ristorante Da Franco* Seriate
prenotazione)
Taleggio Albergo della Torre Trescore Balneario Ristorante Cadei Villongo Ortofrutta Valietti, gastronomia* Zanica * nuovi aderenti
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la gara
Il gelato artigianale strizza l’occhio alla gastronomia Il vincitore del quarto concorso provinciale promosso dai Gelatieri Ascom, Vito Giammello, ha aperto “Lo Chef del Gelato” a Trescore Balneario dopo una lunga esperienza in cucina. Il presidente Bosio: «Le forniture alla ristorazione un’opportunità in più per il settore»
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re chef in giuria, un vincitore che viene dal mondo della ristorazione e ingredienti come olio di oliva e pistacchio salato. È un gelato con contaminazioni gastronomiche quello emerso dal quarto concorso provinciale di Gelateria artigianale organizzato dai Gelatieri bergamaschi aderenti all’Ascom, lo scorso 4 aprile all’istituto alberghiero Serafino Riva di Sarnico. Ad imporsi tra i 19 partecipanti è stato Vito Giammello, che nel marzo dello scorso anno ha aperto a Trescore Balneario “Lo Chef del Gelato”, dopo una carriera ai fornelli. Tema della competizione i gusti frutta che dovevano essere due, distinti ma affiancati nella stessa vaschetta. Giammello ha conquistato il primo posto con l’accostamento tra lampone al basilico di Riviera e banana allo zenzero con sfoglie di cioccolato fondente del Vietnam. Seconda si è classificata la gelateria L’Oasi di Villongo di Giuseppe Mologni, che ha proposto “Mediterraneo”, ossia mandorla di Puglia agli aromi di Sicilia e mirto di Sardegna con olio extravergine di Sicilia, mentre in terza posizione è arrivata La Voglia Matta di Zanica, con “Fusion benessere” di Daniel Rossi, che ha unito due emblemi dell’alimentazione salutistica come le bacche di Açai e di Goji al pesto di pistacchio di Sicilia salato. Nella competizione riservata alle scuole alberghiere la vittoria è andata all’Ipssar di San Pellegrino con gli allievi Cassis, Bielli, Roncelli, Chiofano e Macetti che hanno presentato il
gelato alle mandorle Garibaldine, valorizzando una varietà del frutto. In gara anche i “padroni di casa” del Serafino Riva, l’Ipssar Sonzogni di Nembro e il Cfp di Clusone. La giuria era composta dal Maestro Pierpaolo Magni, fondatore della Coppa del Mondo della Gelateria, in veste di presidente, dagli chef Petronilla Frosio (del ristorante Posta di Sant’Omobono e presidente dei Ristoratori Ascom), Roberto Proto (Il Saraceno di Cavernago), Alessia Mazzola (Al Gigianca di Bergamo) e dalla giornalista Emanuela Balestrino. I lavori sono stati coordinati da Luciana Poliotti, giornalista e studiosa di storia del gelato artigianale e della gastronomia. «Un successo inaspettato, nel mondo del gelato ho ancora molto da imparare – confessa il vincitore Giammello –. È un risultato che mi dà fiducia per continuare su questo nuovo percorso professionale, un primo passo per uscire dall’ombra, perché partire non è certo facile e le incognite non mancavano». Origini siciliane, 53 anni, lo chef-gelatiere ha gestito, tra gli altri, L’Antica Perosa del Cristallo Palace negli anni Novanta e per tre anni il ristorante Milano in via Corridoni, entrambi a Bergamo. «La ristorazione è in crisi e i figli hanno scelto altre strade – racconta –, nella gelateria ho visto un’opportunità per sviluppare qualcosa di mio. Mi affianca mia moglie Giovanna, in due riusciamo a mandare avanti l’attività e a trovare
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Nelle fotografie sotto il titolo, le prime tre gelaterie classificate. Da sinistra: Lo Chef del Gelato, L’Oasi e La Voglia Matta ogni giorno stimoli ed entusiasmo». Per fare sempre più sua l’arte gelatiera partecipa a fiere, corsi, incontri con i maestri. «Ciò che mi può contraddistinguere è la conoscenza delle materie prime in senso lato – riflette -, il gusto coltivato in anni di cucina. La proposta parte da ingredienti selezionati, come il pistacchio di Bronte e le nocciole delle Langhe acquistate direttamente dalle aziende agricole o i cioccolati monorigine. Accanto ai gusti tradizionali cerchiamo però di offrire ogni giorno anche qualcosa di insolito e personale, ad esempio il pistacchio aromatizzato al bergamotto, l’utilizzo di fiori ed erbe per dare profumi. Come dice l’insegna, un aspetto che vorrei sviluppare è proprio quello del gelato gastronomico, avviare collaborazioni con i ristoratori, mettere a punto dei piatti, creare eventi. Gelato e cucina sembrano infatti sempre più spesso destinati a dialogare tra loro e io, vista la mia esperienza, posso essere un punto di incontro». Oltre alla classifica generale, Giammello ha vinto quella per il gusto, L’Oasi di Villongo quella dell’aspetto visivo, mentre per l’originalità è stata premiata La Crem di Vertova di
Marcello Gusmini, che ha utilizzato pera, ricotta al cioccolato e mostarda cremonese. «Il concorso – commenta il presidente dei Gelatieri bergamaschi Ascom, Massimo Bosio – rappresenta un’occasione prima di tutto per incontrarsi tra colleghi, scambiare idee e informazioni, anche grazie alla cena finale. Ma è pure uno stimolo per mettersi in gioco professionalmente. Chi partecipa, in fondo, vuole fare bene e così sperimenta, crea, approfondisce, ha l’occasione di uscire dalla visione strettamente commerciale del prodotto. Magari i gusti che abbiamo assaggiato non entreranno nelle vetrine dei punti vendita, ma sono comunque cose nuove e interessanti che fanno crescere il settore. La presenza di tre chef in giuria – evidenzia – ha spinto i concorrenti a pensare a qualcosa che possa finire anche in un piatto anziché sul cono ed è un’opportunità in più per le gelaterie, che spesso forniscono anche i ristoranti». «La manifestazione è stata inoltre molto bene accolta da Sarnico – conclude -. La scuola, l’amministrazione comunale e l’associazione dei commercianti hanno contribuito alla buona riuscita dell’evento».
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FACECOOK
alla scoperta dei social chef
di Laura Ceresoli
Dal castello ai grattacieli, la scalata di Christian ai fornelli
Cresciuto a Palazzo Fogaccia, a Clusone, ha aperto decine di locali negli Stati Uniti e lavorato con chef famosi. Dopo 13 anni a New York ora vive a Chicago. Il ristorante che guida, Rpm Italian, è nei top 50 di Tripadvisor su oltre 7mila insegne della città
Christian Fantoni
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a favola di Christian Fantoni iniziò in un castello. Suo padre era giardiniere e guardiano del Palazzo Fogaccia di Clusone mentre sua madre era la cuoca personale del principe Giovanelli. È in quel luogo dall’atmosfera magica, spesso meta ambita di grandi cuochi e professionisti dei fornelli, che questo chef bergamasco maturò una crescente passione per le arti culinarie. Ma, dopo gli studi all’istituto alberghiero e la gavetta in alcuni ristoranti del nord Italia, dovette suo malgrado lasciare la sua Valle Seriana alla volta della Somalia dove lo attendeva il servizio militare nei paracadutisti. Fu un periodo duro che cambiò radicalmente la sua vita. «Tornato in Italia – racconta Cristian – lasciai la mia ragazza dell’epoca e non avevo più vincoli che mi
legassero a Bergamo. Così, con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, decisi di andare a lavorare in America». Oggi di esperienza Fantoni ne ha maturata moltissima e non solo come cuoco. A 43 anni ha giù aperto diverse trattorie a Milwaukee, Philadelphia, Washington, Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e un grand hotel nell’Aqua building di Chicago. Ha lavorato anche per locali rinomati tra cui il “Bella Blu” di Enrico Proietti, chef trentino molto conosciuto a New York. Da qualche tempo Christian Fantoni è il cuoco di punta di RPM Italian, un raffinato ristorante che promuove con classe e qualità la cucina mediterranea. Il menù è ricco di specialità, dalle fresche burrate ai
aprile 2016 L’INTERVISTA
«Internet è essenziale, ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da qui» Quando è arrivata la svolta americana? «Dopo il servizio militare nei paracadutisti in Somalia e nell’operazione Vespri siciliani, ho voluto partire per nuovi orizzonti. Con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, mi sono trovato a Los Angeles, nel famosissimo ristorante Rex, frequentato quotidianamente da attori famosi. In quel locale sono stati girati anche parecchi film. Ho cominciato a lavorare con una compagnia americana per la quale ho aperto molte trattorie in giro per gli Usa e anche un grand hotel nell’Aqua building di Chicago, il Radisson Blu, con la supervisione del Food & beverage. Giunto a New York ho lavorato per San Domenico NYC, Le Bernardin (il miglior ristorante di pesce a NY), Le Cirque. Ho aperto locali a Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e poi, in società con altri colleghi Italiani, ho aperto il Barbaluc. Ho guidato la cucina al “Fiamma” con il grande Michael White, ho lavorato per il mitico Enrico Proietti al “Bella Blu” e i suoi ristoranti. Poi dopo 13 anni nella Grande mela, mi sono trasferito a Chicago dove ora vivo. Ho lavorato al ristorante italiano “Filini” e sono stato l’executive chef per tre anni al 437 Rush di Chicago. Ora sono il cuoco di RPM Italian».
In tutti questi anni è riuscito a far conoscere la cucina bergamasca nel mondo? «I piatti che piacciono agli americani sono moltissimi. Tra i più conosciuti ci sono i Casoncelli, la polenta, il risotto ai porcini, il brasato, i salumi come la pancetta e il salame». Quali sono gli aspetti positivi di lavorare all’estero nel settore della ristorazione? «Gli americani mangiano fuori casa parecchio, quindi per noi cuochi c’è sempre molto lavoro. Inoltre non sei legato alle solite cose, puoi affrontare diversi aspetti della cucina, ti puoi anche permettere di esagerare...». E quelli negativi? «La lontananza dei familiari, soprattutto durante le feste, quando non si sta bene, o in certi momenti più particolari». A quali chef si ispira? «A Pierangelo Cornaro. È sempre stato un idolo per me perché ha fatto cose stupende per la Bergamasca». Quanto è importante Internet per un ristoratore? «Internet è diventato essenziale per la ristorazione, abbiamo un sito dove vengono messe foto, eventi e tutto ciò che riguarda il ristorante. Puntiamo soprattutto su Facebook, Instagram e Twitter. Ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da Internet».
toast con pan ciabatta, dalle insalate con il pecorino toscano alle focacce fatte in casa. Per non parlare delle numerose paste fatte a mano, ripiene e non: a piatti più classici come pappardelle alla bolognese, spaghetti alla carbonara, tortelloni in brodo e gnocchi di patate si alternano più sofisticati ravioli di spinaci con astice o caramelle ripiene di salsiccia con impasto bicolore al tartufo nero e salsa di taleggio. C’è poi una sezione dedicata ai piatti senza glutine che, in America, pare siano diventati un vero must sia per gli intolleranti che per i maniaci della linea. E per accontentare tutti, anche chi ha bizzarri stereotipi sulla cucina tricolore, Fantoni è pronto a cucinare anche
Qual è il suo rapporto con le recensioni di Tripadvisor? «È un sito molto importante. A volte ci sono clienti che non riescono a dirti le cose in faccia e quindi si sfogano sui siti. Noi cerchiamo di usare tutto ciò per migliorare». Come sono cambiati la ristorazione e il rapporto con i clienti grazie ai nuovi media? «È diventato un settore molto competitivo, devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa sei crocifisso. Lo stress della cucina è anche dovuto a tutti gli show culinari che trasmettono in tv. Ora tutti pensano di essere chef e vogliono inventare i propri piatti». Cosa le manca di Bergamo? «Mi mancano la mia famiglia, la bella cenetta preparata dalla mia mamma, le mie montagne, le escursioni nei boschi in cerca di funghi e le gite al lago».
quelle pietanze che gli americani definiscono, chissà perché, “Italian classics” ovvero spaghetti con le polpette e pollo con il formaggio. Sebbene gli statunitensi abbiano una visione distorta delle vere specialità italiane, non ci si può permettere di prendere questo mestiere sottogamba, soprattutto in una metropoli interattiva come Chicago dove il passaparola si trasmette a colpi di click: «La ristorazione è diventata molto competitiva – conferma Fantoni – devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa ti mettono in croce». Per il momento RPM Italian si difende bene piazzandosi su Tripadvisor al 43esimo posto su 7.359 ristoranti a Chicago.
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appuntamenti
DAL 20 AL 22 MAGGIO
Ponte San Pietro, lo street food “invade” l’Isolotto
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a nuova tendenza in fatto di eventi è lo street food e a Bergamo è nato un nuovo marchio dedicato all’organizzazione di festival che radunano specialità da passeggio da tutta Italia e pure dall’estero. Il primo Balù Street Deli debutterà a Ponte San Pietro dal 20 al 22 maggio, nell’area dell’Isolotto, lungo il fiume Brembo. La tre giorni vedrà la presenza di una trentina di proposte, tra truck – ossia i furgoni attrezzati per la preparazione e la vendita dei cibi – e gazebo. Sarà rappresentata quasi tutta la penisola e non mancheranno i sapori internazionali. Ci saranno tipicità pugliesi, marchigiane, romagnole, ma anche piatti che uniscono la cucina piemontese con quella albanese e il caciocavallo impiccato, appeso cioè sopra una griglia, fatto sciogliere e raccolto in un panino, e poi le mini ciambelle, le empanadas argentine, la paella spagnola, i piatti messicani. La parte beverage è rappresentata da alcuni birrifici
artigianali, tra cui uno americano. È previsto anche qualche momento di intrattenimento, anche se il piatto forte – precisano gli organizzatori -, è rappresentato proprio dalla possibilità di assaggiare tante golosità diverse preparate al momento. La manifestazione si tiene dalle 14 a mezzanotte il venerdì e dalle 12 a mezzanotte il sabato e la domenica e rappresenta anche un’occasione per animare una zona che il paese vorrebbe rilanciare. Il bis sarà dal 24 al 26 giugno alla cascina Carlinga di Curno, dove è in programma, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, anche il terzo e ultimo degli appuntamenti programmati per quest’anno. L’idea dei promotori è di estendere nel tempo il raggio di azione in Lombardia. www.balustreetdeli.it
7 E 8 MAGGIO
IL 25 APRILE
Misultin Boat, debutta la crociera del gusto sul lago di Como
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rende il nome da un prodotto simbolo del lago di Como, il misultin, ovvero il pesce salato ed essiccato al sole, la prima “Crociera del Gusto” a bordo di un battello panoramico. La Misultin Boat – ossia il battello Mega Rospo della flotta Rospo Boat, della capienza di 120 persone - salperà il 25 aprile da Como alle 9.30 e farà tappa, dopo circa un’ora di navigazione, ad Argegno dove, presso l’Hotel Belvedere, è previsto il primo banco di assaggio. La crociera proseguirà alla volta del Lido di Menaggio con l’arrivo previsto per mezzogiorno e la degustazione dei piatti preparati dagli chef SlowCkooking e dei prodotti del territorio comasco. Si proseguirà in direzione Bellagio per
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una visita in libertà della cittadina definita anche la Perla del Lario. Durante il rientro verso Como, previsto per le ore 18.30, sarà servita a bordo un “aperimerenda”. Tra i protagonisti della manifestazione i produttori locali con banchi d’assaggio dei loro prodotti tipici. Il costo di partecipazione è di 60 euro a persona, tutto compreso. Ad ogni partecipante sarà dato un badge di riconoscimento con il quale si avrà accesso a tutte le degustazioni e banchi d’assaggio. Il biglietto di partecipazione al Misultin Boat si può acquistate presso ogni Ristorante SlowCooking, la rete di locali lombardi che porta i valori della terra sulla tavola, favorendo la filiera corta. www.slowcooking.org
Sul Sebino un fine settimana tra vini e birre
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ino o birra? Può non essere un dilemma se nel fine settimana del 7 e 8 maggio vi trovate sul Sebino. A Sarnico torna Un Lago di Vino, la manifestazione dedicata alle produzioni enologiche della Valcalepio e della Franciacorta, organizzata dall’Associazione commercianti Sarnicom. Dalle 14 alle 22 il centro storico e le piazze della cittadina si trasformeranno in una grande enoteca all’aperto dove assaggiare le produzioni delle diverse cantine. Saranno organizzati anche corsi di avvicinamento al vino, laboratori Slow Food e il concorso “Gelato di Vino”. Sulla sponda bresciana nelle stesse date è in programma invece “Iseo diPinta - Festival della birra artigianale!” incentrato sul “bere bene”, sull’importanza del conoscere e dello scegliere, del degustare e dell’abbinare con cognizione. Dalle 18 alle 24 il
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L’8 MAGGIO
A Ballabio è di scena la Fiera del Taleggio
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a dieci anni a questa parte, Ballabio, in Valsassina, celebra il suo prodotto più famoso con La Fiera del Taleggio. La nuova edizione sarà domenica 8 maggio, quando diversi stand allestiti per le vie del paese andaranno a creare un percorso ad hoc per la degustazione dei formaggi e dei prodotti locali. La partenza è prevista dalla sede della Pro Loco, promotrice dell’evento. Al Parco Grignetta, invece, l’Associazione Provinciale Allevatori di Lecco e Como accoglierà i visitatori allestendo il percorso didattico “Impariamo a fare il formaggio”, grazie al quale anche i più piccoli potranno conoscere come nascono le golose forme. Per partecipare è necessario munirsi del “Taleggio Pass” del costo di 10 euro. Per i bambini fino a 10 anni la partecipazione è gratuita. www.prolocoballabio.it
sabato e dalle 12 alle 22 la domenica, la piazza Garibaldi di Iseo ospiterà 30 tra birrifici e distributori, selezionati secondo un preciso criterio basato su stile e qualità della produzione. Saranno proposte tipologie di birra diverse, dalle inglesi alle tedesche, dalle danesi alle svedesi, per arrivare alle belghe e, ovviamente, alle italiane con il loro stile creativo per nulla codi-
ficato e mai banale. Non mancheranno alcuni birrifici del territorio, degni rappresentanti di un panorama brassicolo locale in grande espansione e sempre più variegato e alcuni microbirrifici europei. Per Bergamo ci sono Endorama, Valcavallina e Via Priula e i distributori La Locanda del Monaco Felice e The Dome. Non mancheranno proposte dedicate nei ristoranti.
PRIMO MAGGIO
A Dossena miniera aperta e tour gastronomico
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Dossena le degustazioni gastronomiche si sposano con l’apertura delle storiche miniere. Domenica primo maggio è in programma la seconda edizione di “Una Miniera di Gusto”, un evento che vuole da un lato permettere ai produttori locali di mettersi in mostra facendo degustare le tipicità della Valle Brembana in un tour tra gli stand e dall’altro rendere visitabili i cunicoli dell’antico loco estrattivo minerario, in un’operazione congiunta di promozione territoriale. La giornata si apre alle 10 con l’accesso alla zona delle miniere in località Paglio Pignolino con un bus navetta gratuito. Sarà possibile percorrere le gallerie accompagnati da guide che ne illustreranno la storia e le caratteristiche. Il sito è stato attivo fino alla metà del secolo scorso ed è ben conosciuto dagli storici poiché risalirebbe all’età del bronzo. Nell’area saranno presenti uno spazio ristoro, dove verrà proposto il “pranzo del minatore”, laboratori per bambini e un’area relax speciale. Nel pomeriggio un coro alpino si esibirà all’interno della miniera, in un’atmosfera del tutto suggestiva, così come quella dell’aperitivo in miniera. Per la cena è a disposizione un menù convenzionato con i ristoranti locali. L’evento è organizzato dall’Associazione Miniere e dall’Associazione Revival (Gruppo Giovani Dossena) in collaborazione col Comune. Sono consigliate la prenotazione e un abbigliamento adatto alla temperatura interna della miniera, che è di circa 10 gradi. Info: 3421463257
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il prezzo fisso di Fulvio Facci
Matteo, Monica e David Gualdi
Nuova Brasserie Pizzeria Ristorante via Provinciale, 94 Albino tel. 035 752923 chiuso il martedì
Ad Albino anche la pizza sposa il “chilometro zero”
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olevamo unire le esperienze e costruirci un futuro». Così sintetizza la nascita della Nuova Brasserie, ad Albino, il maggiore dei tre fratelli, Matteo Gualdi, 28 anni, che con David, 26, e Monica, 24, nel 2014, partendo da Vertova, ha deciso di iniziare non un’avventura ma un’impegnativa esperienza imprenditoriale. Alle spalle, regista segreta ma non troppo, la mamma Cosetta, 52 anni, che proviene da una lunga dinastia di ristoratori e sovraintende alla cucina. Per il nome del locale i titolari hanno ripreso quello del pub molto in voga una decina di anni or sono aggiungendo solo “Nuova”. Ma molte cose sono cambiate. Con l’ingresso dei nuovi proprietari, il ristorante pizzeria è stato completamente ristrutturato nella parte edilizia e rinnovato nell’arredamento. Ora le due sale, una al piano terra l’altra al primo piano, si presentano curate ed essenziali con la capienza per un centinaio circa di coperti. Ed essere cambiata non è però solo la struttura. «Avevamo un nostro progetto quando siamo partiti – continua Matteo –, sotto un certo profilo possiamo anche definirlo un locale polivalente visto che periodicamente facciamo musica dal vivo, karaoke e ogni mese ospitiamo la mostra di un artista diverso, che si tratti di pittori, scultori o fotografi. Ma siamo un ristorante pizzeria, non ce lo dimentichiamo, e quindi queste sono comunque iniziative di contorno». Per capire gli obiettivi forse è meglio rifarsi al passato dei nostri protagonisti. Matteo
LA PROVA
Tre giovani fratelli guidano la Nuova Brasserie con il chiaro obiettivo di dare spazio ai prodotti locali, soprattutto di piccole aziende. Nell’impasto c’è anche il mais Spinato di Gandino e tra i piatti si può trovare la tagliata di pecora Lista ridotta all’osso, per usare una metafora in tema, per quanto riguarda il menù a prezzo fisso del mezzogiorno a la Nuova Brasserie di Albino. Ci sono infatti solo due primi e due secondi, oltre ad una buona serie di contorni e alle insalatone. Al venerdì c’è anche la pizza. Sotto il profilo dell’offerta si è quindi un po’ al di sotto della media. I prezzi vanno dai 9 euro per un solo piatto (indifferentemente dal fatto che si tratti di un primo o di un secondo) agli 11 euro del pranzo completo. Le insalatone costano sette euro e mezzo. Sono sempre compresi contorni, acqua, vino e caffè. Nell’occasione la carta prevedeva risotto tonno olive e capperi o conchiglie al pesto per i primi e polpette di manzo con piselli o taglierino di salumi e formaggi quali secondi piatti. Poco l’imbarazzo della scelta quindi e abbiamo puntato sul risotto e sul tagliere. Buono il primo, ottimi salumi e formaggi a chilometro zero, che sono tra i punti cardine della proposta. Curato il servizio per un buon rapporto qualità prezzo, anche se un maggior assortimento non guasterebbe di certo.
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proviene da un altro settore mentre David e Monica hanno sempre lavorato nelle pizzerie d’asporto. «Ho iniziato come pony pizza – interviene David – e con gli anni sono arrivato sino al forno maturando una buona esperienza. Anche Monica ha una robusta esperienza alle spalle, è lei la nostra pizzaiola principale». Se ne deduce che il cavallo di battaglia della Nuova Brasserie è la pizza, ma c’è un denominatore comune che caratterizza il lavoro sia della cucina sia della pizzeria e cioè la valorizzazione dei prodotti locali. La carta propone sette pizze a chilometro zero ma anche i taglieri di salumi e formaggi sono locali e l’impasto della pizza contiene anche mais Spinato di Gandino. La cucina si fa rispettare con una carta sobria che segue le linee fondamentali di una proposta classica molto curata. Ecco quindi che chi ama i prodotti di terra può confezionarsi un buon menù con un tagliere di salumi, gli immancabili casoncelli alla bergamasca e una tagliata, ad esempio. Si possono trovare anche una tagliata di pecora o degli gnocchetti speciali sempre con ingredienti locali. Tra i piatti di pesce si possono scegliere un tris fumè di tonno, spada e salmone, gli spaghetti allo scoglio o ancora del pesce spada o la piovra tiepida. La maggior parte dei dessert è fatta in casa e la lista viene completata con prodotti artigianali di pasticceria e gelateria. «Dal punto di vista delle materie prime – conclude Matteo – ci rivolgiamo maggiormente ad aziende piccole e locali cercando di far conoscere e diffondere i loro prodotti. Proponiamo anche delle serate a tema. Recentemente ne abbiamo realizzata una che abbiamo definito “Cinquanta sfumature di ovino” con la carne proveniente da un’azienda agricola di Clusone. Per quanto riguarda la clientela, visto il tipo di locale, abbiamo una frequentazione giovane ma ci rivolgiamo in particolare alle famiglie che possono trascorrere una serata in pizzeria diversa, per la qualità della pizza e l’ambiente raffinato e tranquillo».
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Pagine di
Gola
a cura di Roberta Martinelli
Aprile dolce dormire? Sì, ma non solo. Con l’arrivo della primavera è tempo di pensare alla prova costume. Per aiutarvi, abbiamo scelto alcuni libri che vi renderanno la dieta più facile. Le proposte sono molto diverse tra loro, trovate quella che fa per voi!
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Concorso spese asili nido
pantone 7725C
Concorso spese abbonamento trasporto pubblico ai lavoratori Spese sostenute per modello 730
pantone 2995C pantone 7461C
Sostegno alle IMPRESE pantone 1485C
pantone 3395C
pantone 166C
pantone 7725C
Formazione e apprendistato
pantone 2995C
Certificazione contratti di lavoro
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D. Lgs 81/08 sulla sicurezza
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Corsi sostitutivi libretto sanitario
pantone 166C
Promozione dei sistemi di qualità Concorso spese libri di testo, mensa scolastica e abbonamento trasporto pubblico per i figli dei datori di lavoro Incentivi alle imprese per l’assunzione di giovani disoccupati
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