febbraio 2010
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Supplemento al n. 6 de “La Rassegna” del 18 febbraio 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
La grande sfida tra sedici chef Perbellini: genio e “regolatezza”, ecco cosa serve per vincere PENNA ALL’ARRABBIATA
I “piatti della nonna” stanno sparendo, salviamoli! FOCUS
La macchina del pane ha fatto boom INGREDIENTI
Sale e pepe, i consigli dell’esperto VINO
L’enologo: “Sempre più decisiva la rete commerciale”
Phototecnica by Paolo Chiodini
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FEBBRAIO 2010
SOMMARIO 5
PENNA ALL’ARRABBIATA Ma è possibile che non si trovi più chi propone i “piatti della nonna”?
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FOCUS La macchina del pane si fa largo in cucina
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L’EVENTO Bocuse d’Or: scelti i 16 candidati, parte la grande sfida
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LA STORIA Bergamo, i “Sette nani” e la Festa del colesterolo
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GLI INGREDIENTI Sale e pepe superstar
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IL RISTORANTE Al Tram, la sosta col sapore della storia
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IL CONGRESSO Semplicità e tradizione, il nuovo binario della ristorazione
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L’INTERVISTA Vino,“la qualità conta, ma ancor di più la rete commerciale”
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: S.P.M. srl - viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo - tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
I NOSTRI INSERZIONISTI 4R, Il Bello delle Unghie, Brevi Due, Bocuse d’Or - Cooking Expo, Loipoll, La Mimosa, Ol Formager, Poker, Relux, Sapore di Mare, Speal.
g n i k o o C
Promozione del Territorio
FIERA di BERGAMO
15 -16
www.cookingexpo.it
M A R Z O 2
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Lunedì 15 marzo 2010
Martedì 16 marzo 2010
Ore 9 - 16 Selezione Italiana Bocuse d’Or.
Ore 9 - 16 Selezione Italiana Bocuse d’Or.
Esibizione otto candidati Ore 10.30 Assemblea Generale Pubblici Esercizi Lombardia. Ente organizzatore Fipe Ore 14.30 Workshop “La Cucina Italiana di qualità
Esibizione otto candidati Ore 10.30 Convegno “La Ristorazione di Qualità incontra le Istituzioni”. Ente organizzatore Fipe Ore 18.00 Selezione Italiana Bocuse d’Or.
come leva dell’economia made in Italy”.
Proclamazione del vincitore e
Ente organizzatore Camera di Commercio Bergamo
premiazione dei concorrenti.
Ore 20.30 Cena di Gala
Un evento organizzato da Promozione del Territorio:
In collaborazione con:
Partner ufficiali
Sponsor ufficiali
Con il patrocinio di:
PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi
Ma è possibile che non si trovi più chi propone i “piatti della nonna”? Sempre più difficile, nei ristoranti, trovare una Cotoletta alla milanese, una Cassoeula, un Bertagnino fritto, le Polpette, il Rognone, il Fegato alla veneta, una Pasta e fagioli. Non lasciamoli sparire!
L
a contraddizione è solo apparente. Perché si può parlare in contemporanea di “Bocuse d’Or” e di “cucina della nonna” senza far torto a nessuno e, soprattutto, senza che nessuno si senta superiore. Nel momento infatti in cui, con legittimo orgoglio, ci prepariamo ad essere al centro dell’attenzione internazionale per un appuntamento gastronomico di grande prestigio, ecco che ci pare giusto rilanciare quelle ricette, per lo più sparite dai tavoli della ristorazione ricercata, di cui patiamo, in numerosa compagnia, la latitanza. La filosofia del discorso, come credo sia per tutti, nasce naturalmente dal nostro vissuto personale e dai ricordi, tenerissimi quanto appetitosi, di quello che ci arrivava in tavola nei beati giorni della gioventù. La cucina del mio privilegio (scrivo così per darmi importanza, ma non ricordo possibili alternative) era quella di mia nonna Ines, per lunghi periodi della mia vita, da bambino e più in là, cuoca affettuosa e bravissima: cominciava a trafficare al mattino presto pur di soddisfare questo nipote che, a onor del vero, non manifestò mai grandi pretese. Ma lei si sentiva sempre sotto esame e, quindi, doveva strafare. Il suo menù tipico era formato da Gnocchi al ragù (inarrivabili), Cotoletta alla milanese, almeno quattro contorni tra cui il tortino di carciofi, un budino vaniglia-cioccolato con lo zabaione caldo versato sopra, il caffè della moka. Ho detto menù tipico, forse avrei dovuto specificare “menù preferito”: nei giorni a seguire si variava, ma sempre su calorie e scelte di livello perché, sosteneva la nonna, “sacco vuoto non sta in piedi”. La quotidianità di questa straordinaria donna cremonese era interrotta in estate dalle vacanze al mare e dalla cucina di un’altra interprete eccelsa di famiglia: zia Anna che, da cuoca barese, preparava Melanzane e Pasta al forno, Maccheroni con le polpettine, Orecchiette, Patate riso e cozze, i Panzerotti più buoni del mondo e altre meraviglie ancora.
Il vostro cronista, al nord come al sud, era un autentico (e , allora, inconsapevole) privilegiato. Non so dire, quindi, se la voglia di cucina della nonna e della zia derivi da quei ricordi, alcuni ancora attuali, ma credo proprio che ci sia una consistente base di partenza. E veniamo ai giorni nostri: è mai possibile che non si riesca, con facilità, nei ristoranti, a trovare una Cotoletta alla milanesse, una Cassoeula, un Bertagnino fritto, le l Polpette, il Rognone, le Lasagne, un Fegato alla veneta, i Cannelloni, una F Pasta e fagioli, un’Amatriciana e via elencando? Attenzione, io so dove andare a trovarli quasi tutti, ma questo non deve essere il privilegio di pochi che girano spesso, dovrebbe essere la possibilità data a molti di soddisfare desideri del tutto legittimi e non difficilissimi da esaudire. Gnocchi, Cotoletta e Cassoeula, per esempio, si trovano spesso a “Il Frate” di Urgnano; Nilla Frosio, al “Posta” di Sant’Omobono, propone delle Polpette strepitose; un ottimo Fegato alla veneta si gusta al “Giubì” di Almenno San Bartolomeo; la “Trattoria Camozzi”, a Bergamo, prepara Pasta e fagioli e certamente altri ancora, che ci farebbe piacere se ce lo segnalassero, hanno in lista piatti che sembrano spariti dal circuito dei golosi. Tanto per citare qualche fonte, parliamo di Facebook, è il caso di far presente che esiste un simpaticissimo gruppo denominato “La confraternita del Bertagnì con la pastella” che, siamo sicuri, aumenterà i propri adepti dopo questa segnalazione. I gruppi che raccolgono gli amanti delle polpette, invece, non hanno bisogno di notorietà: di melanzane, al sugo, dell’Ikea, di patate, esse raccolgono fans a migliaia e questo, acciderba, vorrà ben dire qualcosa. “Piovono polpette” al cinema e noi speriamo che la stessa benefica perturbazione riguardi anche tante tavole di ristoratori e cuochi di buona volontà. Perché preparare un’Aragosta alla catalana non è impresa particolarmente difficile. Ma cucinare delle buone Polpette al sugo…
Affari di Gola febbraio 2010
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FOCUS di Laura Bernardi Locatelli
La macchina del pane si fa largo in cucina Complice anche la crisi, da un paio d’anni continuano a crescere le vendite del piccolo elettrodomestico. Anche a Bergamo la tendenza è in atto, come confermano molti negozianti che abbiamo interpellato. Sugli scaffali ce ne nono di tutti i prezzi e per tutte le esigenze, anche per chi ha problemi di intolleranze alimentari
L
a crisi incentiva il fai da te e moltiplica le occasioni per misurarsi con nuove esperienze: ci si può ingegnare ai fornelli o dedicarsi ad altre attività, dalla coltivazione dell’orticello sul terrazzo alla trasformazione della cucina in un laboratorio hi-tech dove si può perfino, con la complicità di piccoli e geniali elettrodomestici, preparare il pane in casa. Le macchine per il pane sono in effetti tra gli elettrodomestici casalinghi i più gettonati da almeno due stagioni. Sono diventate un oggetto cult per chi vuole portarsi in casa quel profumo unico del pane appena
sfornato e impostare impasti, lievitazioni e cotture per poter spalmare burro e marmellata su una fetta di pane ancora caldo e iniziare al meglio la giornata. A “mettere le mani in pasta” non è solo l’esercito dei cultori del fai da te, non sono solo le famiglie che cercano di dare un ulteriore taglio alla spesa - già risicata dalla convivenza con la crisi - di tutti i giorni: i primi ad aver portato nelle proprie cucine i famigerati apparecchi tuttofare sono stati gli intolleranti a glutine, lieviti chimici, frumento e quant’altro. I quali, data la difficoltà nel reperire prodotti alternativi (negli ultimi anni le cose sono
for tunatamente migliorate), hanno o d o v u t o improvvisarsi sarsi fornai. Dal negozio specializzato sotto casa alla grande distribuzione, ha fatto ormai la comparsa sugli scaffali un’offerta - ancora non troppo ampia - di macchine del pane, dalla più economica alla più sofisticata. Le principali case che hanno risposto all’esigenza dei consumatori sono Moulinex, Princess, Kenwood, Ariete: i prezzi oscillano dagli
I PANIFICATORI
Capello (Aspan): “Impensabile paragonarlo a quello dei fornai” Roberto Capello, presidente dei Panificatori dell’Aspan, etichetta le macchine del pane e il prodotto finale come un esperimento hobbistico. “Perché - spiega - il panificatore è un allevatore, deve coltivare la pasta, avere conoscenze ingegneristiche della forza della farina alle sue caratteristiche fisiche. Nonostante gli sforzi dei mulini di creare un prodotto standard, la farina, come qualsiasi altro prodotto di origine vegetale, è influenzata dal terreno, dal clima e da molti altri fattori”. Insomma, l’arte di fare il pane non si improvvisa, sostiene a gran voce Capello a nome di tutti i panificatori,
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per di più con un diploma di perito agrario in tasca.“I cambiamenti di clima e le piccole variazioni delle materie prime richiedono una sensibilità notevole da parte degli operatori, che si affina col tempo e che gli consente il più opportuno “adeguamento di scena” per dirla con un altro linguaggio. Una cosa è poi il lievito di birra, un’altra è il lievito-madre:“I panificatori hanno l’abitudine di fare lavorazioni indirette il giorno prima, curando la pasta madre, lievito naturale o alcolico che, a differenza del lievito chimico, consente la fermentazione lattica, selezionando anche organismi - i Lactobacillus - che danno una maggior crescita del prodotto,
80 ai 180 euro, ma non mancano alcune sottomarche gettonate, come la Dpe, con c prezzo di vendita p attorno ai 50 euro. att Ce n’è insomma per tutte le tasche e per ttutte le esigenze: tempi di preparazione i temp dall’impasto a fine cottura dall’impas variano da 58 minuti, con il programma programm preparazione rapida, alle all 3 ore circa e si possono realizzare tutti i tipi di pane: pan basta scegliere gli ingredienti, la quantità ingred desiderata, programmare il grado di cottura cottu e al resto pensa la macchina. Inoltre, con la programmazione automatica è possibile impostare po la preparazione alla a sera e svegliarsi la mattina con co il pane che più fresco non si può, senza metter p piede fuori casa. I migliori piccoli elettrodomestici hanno cottura ventilata per migliorare il tutto, accessori-dispenser per aggiungere erbe aromatiche, sesamo, uvetta e quanto suggerisce la propria fantasia, luci interne ed oblò per controllare la preparazione e innovativi bracci impastatori. Non mancano modelli pronti a
Roberto Capello
preparare baguette al posto della classica pagnotta e del pane in cassetta. Infine, molte macchine offrono la possibilità di sfornare formati e quantitativi diversi di pane, a seconda del numero di ospiti e familiari a pranzo e cena. Le vendite continuano ad incrementare anche se il presidente del Gruppo Elettrodomestici dell’Ascom, Armando Zucchinali, non manca di sottolineare: ”Non parlerei di un vero e proprio fenomeno. Le macchine del pane rappresentano senza dubbio una novità, visto che hanno fatto il loro ingresso nel mondo degli elettrodomestici abbastanza recentemente. Ma credo che pochi abbiano la costanza di applicarsi a fare il pane tutti i giorni. Credo piuttosto che sia un hobby e che sia praticato come tale, non assiduamente”. Diversa la situazione secondo Paolo Maccarini, nel negozio “Mammoleggi&Maccarini” di via Ghislandi: “Il fattore novità influenza positivamente le vendite, che per le macchine del pane sono in continua crescita, con un boom negli ultimi due anni. Sono macchinari che hanno fatto il loro ingresso sul mercato vent’anni fa, ma che prima, anche per gli elevati costi, venivano acquistati da pochi.
Oggi i prezzi sono decisamente più abbordabili e i prodotti hanno fatto importanti balzi tecnologici in avanti. Il modello più completo, che stiamo vendendo bene, è una macchina compatta con dispenser automatico per granaglie (uvetta, spezie, sesamo) che vengono automaticamente inserite nella seconda fase di lievitazione, controllata elettronicamente ed è dotata di un umidostato, in grado di rilevare l’umidità esterna e di adattare la produzione alle condizioni climatiche ambientali. Va a ruba anche il nostro primo prezzo: molti lo acquistano per iniziare a cimentarsi con la panificazione per poi magari puntare su modelli più sofisticati in un secondo tempo”. Da Trony (ex Cordani) in via Moroni il piccolo elettrodomestico
una maggiore conservabilità e digeribilità, una colorazione inconfondibile della crosta ed un aroma più intenso, dal sapore e dalla fragranza particolari. Oggi la procedura è costantemente sotto controllo e computerizzata, ma il rituale della pasta di riporto è lo stesso”. Le osservazioni non vengono risparmiate nemmeno sul fronte della cottura: “Nelle macchine del pane la cottura avviene nella stessa vasca d’impasto. Ora, dai 37 gradi circa della temperatura d’impasto, raggiungere i 200 gradi richiede un lasso di tempo abbastanza lungo. Si forma pertanto una crosta piuttosto spessa, mentre l’interno resta ricco di umidità. Insomma, una rosetta classica è praticamente impossibile da raggiungere. Ma non intendo assolutamente criticare l’hobby del fare il pane in casa: è solo impensabile paragonarlo a un lavoro, fatto anche di grossi sacrifici, e ad una professione e ad un know-how che si tramanda di generazione in generazione”.
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FOCUS
IL RISTORATORE
L’ex fornaio Gritti (Osteria di via Solata) e la passione per il pane fatto “in casa” Lo chef-patron dell’Osteria di via Solata ama ricordare di essere se non nato, cresciuto nelle ceste del pane a Gavarno di Nembro. Figlio di forn fornaio - (“Mio padre, Bortolo, ha iniin ziato a fare il panettiere a 12 ana sottoni a San Giovanni Bianco” sott linea ) - ha trascorso i primissim primissimi anni della sua vita nel retro del nen
per il pane è stata l’idea-regalo tra le più gettonate:“Le macchine del pane sono sempre più richieste e conosciute e quest’anno a Natale le vendite sono andate oltre le nostre aspettative - dichiara la responsabile del reparto-. È un prodotto che in realtà ha sempre avuto mercato: negli anni passati venivano richieste soprattutto per ovviare a problemi particolari di intolleranza alimentare, oggi è un piccolo elettrodomestico che ha ormai fatto il suo ingresso in molte case bergamasche”. Riscontri positivi in generale dalle aziende produttrici. Giorgio Bettiol, direttore Commerciale Italia De’ Longhi Appliances dichiara: “Abbiamo iniziato la vendita di macchine del pane da qualche anno e ci sta dando notevoli soddisfazioni, riportando un tasso di crescita a due cifre. I nostri consumatori apprezzano le macchine per il pane Kenwood sia per l’affidabilità che per l’alto contenuto innovativo, oltre che per il design
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gozio di famiglia, dove c’era il laboratorio per la preparazione del pane:“Mia madre, Giuseppina, si è sempre divisa tra bottega e figli e, per conciliare al meglio le due attività, quando doveva servire i clienti ci affidava agli operai che lavoravano nel forno, e passavamo ore e a volte giornate intere nelle grandi ceste del pane, che allora erano di vimini, avvolti nella copertina di lana - spiega Ezio Gritti -. Sono nato col profumo del pane, che, ancora oggi, rappresenta per me una sorta di richiamo ancestrale: ogni notte, quando rientro a casa dal ristorante alle due o alle tre di notte il profumo dei forni di Ambria, a Zogno, accompagna il mio viaggio”. E, prima di intraprendere la carriera in cucina, ha fatto per anni il fornaio a Gavarno, iniziando il tour-de force della panificazione a notte fonda, per poi inforcare alle prime luci dell’alba la bicicletta e consegnare il pane di casa in casa, ad ogni famiglia, dando la sveglia a tutto il paese:“L’arte di fare il pane - dice - mi ha stregato fin da bambino, quando mi sembrava una magia vedere la farina, l’acqua e il lievito trasformarsi in pane dalle mille forme. Creare impasti diversi per ogni forma, impa-
nettamente distintivo”. Assolutamente positive anche le vendite nella grande distribuzione, oltre a Trony, anche da Mediaworld si conferma il trend positivo:“L’anno in generale è andato bene, in decisa controtendenza rispetto al mercato - afferma Maurizio Motta, direttore Generale Mediamarket (Mediaworld) -. Le performance dei piccoli elettrodomestici per
il fai da te domestico sono state ottime sia a livello nazionale che in particolare a livello di Lombardia e nella Bergamasca. Complici infatti la ricerca per il risparmio da un lato e l’innovazione dall’altro, molti prodotti e servizi che prima venivano acquistati fuori casa sono stati riportati tra le mura domestiche”. La tendenza del 2009 per i bergamaschi è stata quella del fatto in casa, della cucina sana e del benessere; “Con la crisi - continua Motta - si passa più tempo tra le mura domestiche e le spese vengono orientate verso quei prodotti che migliorano la qualità della vita e del tempo trascorso in famiglia con un occhio al risparmio. Le vendite delle macchine per il pane a livello nazionale, e nella Bergamasca in particolare, hanno consolidato le quote di mercato del 2008 (circa il 10% di market share) con particolare attenzione per i modelli che hanno programmi per celiaci e quelli con cottura
rare a distinguere ogni impercettibile variazione delle materie prime o delle condizioni climatiche, posizionare gli impasti sulle scalere in base all’umidità e usare lo spadino per infornare è stata un’esperienza che ricordo con affetto ed orgoglio”. Ezio Gritti da allora non ha mai accantonato la passione per l’arte panificatoria: all’Osteria di Via Solata il cestino del pane è la prima cosa che arriva in tavola con tutto il suo profumo e la sua fragranza: pane bianco, alle cipolle, al latte, al lardo e rosmarino, pan brioche e - ultima trovata geniale, da non perdere - grissini sottilissimi tirati a mano con la pazienza di Giobbe e resi ancora più croccanti e friabili dall’uso della farina di mais.“Certo, sono il primo a riconoscere che il pane fatto qui non è come quello che fa mio fratello Fausto a Gavarno, né come quello che ancora si fa in Valle: il forno a legna (nei rari casi in cui viene ancora adoperato) e l’acqua di montagna (che incide moltissimo sul risultato) danno al pane un sapore unico” sottolinea con evidente eccesso di modestia, facendo dell’autocritica. Figuriamoci qual è il giudizio del pane fatto in casa con la complicità di macchine tutto-fare:“Il pane in casa si può fare, certo, ma non basta buttare gli ingredienti nelle macchinette perché il risultato possa essere chiamato pane, come quello prodotto artigianalmente.Al sud la tradizione di fare il pane in casa è un rituale tramandato di generazione in generazione: molti hanno il forno in casa e utilizzano solo il lievito madre, rinfrescato da decenni, e il risultato è tutta un’altra cosa.Ad ogni modo, la tecnologia domestica va tutto fuorché demonizzata, soprattutto quando incentiva il consumo di pane e la scoperta di preparazioni e farine. Si spera insegni anche ad evitare sprechi ed avanzi”. ventilata. Hanno ottenuto ottimi risultati anche le macchine per il pane che permettono di cuocere le baguette”. L’identikit di chi acquista i nuovi piccoli elettrodomestici? “Gli utilizzatori tipo delle macchine per il
pane sono le famiglie che amano la tradizione, che vogliono risparmiare senza però rinunciare al gusto e al piacere del buon pane fresco e che cercano la libertà di poterlo produrre quando meglio credono” sottolineano da Mediaworld.
La ricetta Pane lardo e rosmarino (EZIO GRITTI OSTERIA DI VIA SOLATA BERGAMO)
Ingredienti - 1 kg farina - 60 g lievito di birra - 40 g sale - 450 ml acqua a temperatura ambiente - 100 g aghi di rosmarino - 200 g lardo tagliato a cubetti sottili - 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Preparazione Impastare e lasciare 10 minuti a riposo. Sezionare a piccole palline. Lasciare lievitare in ambiente caldo per 20 minuti circa. Cuocere a 180 gradi per 15 minuti.
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Bocuse d’Or Scelti i 16 candidati, parte la grande sfida Il 15 e il 16 marzo, alla Fiera di Bergamo, nell’ambito di Cooking Expo, si terrà la selezione dello chef italiano che andrà a Ginevra, alla finale europea del prestigioso concorso enogastronomico. Spinetti (Promozione del Territorio): “Un’ottima opportunità pp per p le nostre realtà”
L’
Italia si prepara ai mondiali della cucina. Il 15 5e il 16 marzo, in Fiera a Bergamo, sedici chef, seleelle-zionati dal Comitato organizzatore presieduto daa Giancarlo Perbellini, scenderanno in campo per tenere eree alta la bandiera italiana della ristorazione e, in una sfi daa fida a colpi di gusto ed inventiva, cercheranno di staccare un un biglietto per Ginevra, sede a giugno della Selezione eurourro-pea del Bocuse d’Or che ammetterà 12 chef a Lione, finale alee del concorso di cucina più prestigioso di tutti i tempi mpii ideato da Paul Bocuse nel 1987. Saranno due giorni intensi per i candidati a caccia della ellla qualificazione agli Europei: otto chef al giorno (il giorno rn no di gara e il cooking-box saranno assegnati ad ogni chef per sorteggio alla vigilia del concorso) interpreteranno al meglio i due temi, halibut bianco per il pesce e vitello svizzero per la carne, andando in cerca della coppia di ricette perfetta per aggiudicarsi il più alto gradino del podio. I sedici candidati, supportati da un assistente e da
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un allenatore all llen enat en ator at oree dovranno or dovr do vran vr anno an no dare dar dar aree il meglio meg meg egli lio li o di loro lor lor oro o stessi stes st essi es si sotto sot sot otto to lo sguardo vigile della giuria, rappresentata da 24 grandi chef italiani (tutti i nomi nel box in queste pagine): incitato dal calore e dal tifo di una platea di 300 supporter ogni chef si cimenterà nella preparazione di 14 piatti di pesce, identici tra loro, e altrettanti di carne.Tra la claque saranno presenti i ragazzi degli Istituti alberghieri di San
L’EVENTO Pellegrino e Nembro: le scuole hanno aderito all’iniziativa “Adotta un candidato” e ciascuna classe sarà abbinata ad uno dei sedici chef in gara. Ai ragazzi il compito di sostenere il proprio favorito con un tifo da stadio: i supporter del vincitore avranno l’onore di accompagnarlo a Ginevra. Le giornate saranno scandite dai ritmi incalzanti di gara: alle 9 inizierà la prova il primo degli otto chef scelto per sorteggio ad inaugurare i fornelli italiani del Bocuse d’Or; gli altri sette chef occuperanno le postazioni di cucina, entrando in competizione a distanza di dieci minuti l’uno dall’altro. Dopo 5 ore il primo candidato presenterà alla giuria il risultato del lavoro, mostrando prima i piatti di pesce e, a distanza di 35 minuti, quelli di carne. Ad intervalli di 10 minuti seguiranno i defilèe di piatti di pesce e carne degli altri sette candidati. La giuria assegnerà all’interpretazione dei temi di carne e pesce una valutazione massima di 60 punti, 40 per il gusto e 20 per la presentazione. La proclamazione del vincitore avverrà martedì 16 marzo alle 18, a chiusura della manifestazione. Ai primi tre classificati saranno riconosciuti a scalare i seguenti premi: 6.000 euro, 2.500 euro e 1.500 euro. L’Accademia del Gusto e l’Accadèmie de Laurèats du Bocuse d’Or assegneranno inoltre un premio al miglior commis. Come il “Sirha”(Salon International de la Restauration, de l’Hotellerie et de l’Alimentation) - vero e proprio rendez-vous per il mondo della ristorazione e dell’hotellerie - ospita a Lione il Bocuse d’Or, le selezioni italiane del concorso ideato dal grande chef francese si svolgeranno nell’ambito della manifestazione fieristica “Cooking Expo”, evento voluto ed ideato dall’Associazione Promozione del Territorio, con l’obiettivo di esaltare e promuovere l’alta cucina sul territorio e a livello nazionale. Una rassegna che celebra l’intera filiera agroalimentare e tutto ciò che ruota attorno al mondo dell’enogastronomia, con 5mila metri quadrati d’esposizione dedicati a prodotti, aziende, attrezzature, hotellerie, arredamento, software per ristorazione e banqueting.“Cooking Expo” mette in vetrina
IL PRESIDENTE DELLA SELEZIONE ITALIANA
Perbellini: genio e “regolatezza”, ecco cosa serve per vincere
“Il nostro candidato ideale dovrà essere uno chef di grande professionalità e gusto, ma anche di carattere, pronto a mettere in campo tutto il suo impegno per tenere alta la bandiera italiana” Giancarlo Perbellini, chef-patron del ristorante di Isola Rizza (Verona) che porta il suo nome, insignito di due stelle Michelin, presiederà alle selezioni italiane del Bocuse d’Or, designando il più illustre rappresentante dell’italianità e della cucina italiana, pronto a sfidarsi con tutti i migliori chef d’Europa a Ginevra. “Bergamo sta vivendo un momento importante per la ristorazione e per la cucina in generale. Le Selezioni italiane del Bocuse d’Or rappresentano un’importante vetrina per la nostra cucina e per la città che le ospita. Sarà una competizione del gusto, della creatività, dell’eleganza, della ricerca e dello studio dei piatti, ma anche una sfida contro il tempo, uno show spettacolare con tanto di tifo”.Tra gli chef che hanno presentato la loro candidatura, sono stati selezionati dopo un’attenta valutazione sedici concorrenti. I migliori tre saliranno sul podio italiano, ma solo il primo classificato avrà accesso alla fase successiva del concorso, guadagnandosi a suon di talento, impegno, dedizione e creatività, un posto a Ginevra, dove sarà chiamato, a giugno, a confrontarsi con i migliori chef d’Europa.“Il nostro candidato ideale dovrà essere uno chef di grande professionalità e gusto, ma anche di carattere, pronto a mettere in campo tutto il suo impegno per tenere alta la bandiera italiana. Candidarsi al Bocuse si traduce raduce in tante ore di lavoro, di studio e di allenamenti amenti metodici su entrambi i temi. Chi si aggiudicherà udicherà la fase nazionale del concorso dovrà sostenere stenere un lungo lavoro di preparazione: premieremo ieremo un’idea, un talento, un gusto su cui lavoreremo reremo insieme, fianco a fianco, per volare a Ginevra nevra e poi a Lione”. Dovrà trionfare il gusto italiano ano sia nel tema di pesce, halibut, che in quello di carne:“Non sarà un problema per gli chef interpretare re il tema di pesce, nonostante l’ halibut non sia utilizzato lizzato in Italia, a differenza del carrè di vitello chee appartiene alla nostra tradizione. L’Italia è il paese che può vantare ad ogni latitudine piccoli oli feudi e giacimenti golosi: non sarà difficile “italianizzare” anche l’halibut. Ci sono infiniti modi per rappresentare il nostro Paese: dall’impiego mpiego di erbe spontanee all’uso di pomodoro, pasta, formaggi... Di una cosa poi sono convinto: nto: la “mano”, quel mix di tecnica, sensibilità ed d eleganza di uno chef italiano si riconosce anche nche a vista”. Il candidato ideale dovrà sintetizzare zare tra-
L’EVENTO le eccellenze e i giacimenti golosi del territorio, in un grande evento BtoB aperto ad un pubblico specializzato di addetti ai lavori, critici ed esperti d’alta cucina e cultori del gusto. Il presidente dell’Associazione Promozione del Territorio Carlo Spinetti, a nome di tutti i soci fondatori (Camera di Commercio,Ascom, Confindustria, Promoberg e Bergamo Fiera Nuova) esprime la soddisfazione per la squadra italiana che si prepara ai Mondiali di cucina : i candidati selezionati dal Comitato organizzatore presieduto da Giancarlo Perbellini hanno tutte le carte in regola per tenere alto il tricolore: “La scelta è stata attenta e meditata, affidata alle competenze di grandi chef, capitanati da Perbellini. I 16 concorrenti rappresentano ogni angolo d’Italia e non manca un candidato dall’estero, da Copenhagen: provengono da otto regioni diverse che ben rispecchiano l’incredibile varietà del nostro territorio, portano tutti con sé un bagaglio importante d’esperienze professionali di prim’ordine in tutto il mondo e vantano trofei e riconoscimenti conquistati in altri concorsi”. Sarà una vera e propria sfida del gusto: “Tutte le ricette hanno una grande impronta di italianità e una presentazione accattivante.Al comitato organizzatore, alle due giurie (una per il tema di pesce, una per quello di carne) l’arduo compito di scegliere il migliore chef per rappresentare l’Italia in Europa”. I riflettori ora sono tutti puntati su
Bergamo: “Le Selezioni italiane del Bocuse d’Or e la rassegna Cooking Expo rappresentano un’importante vetrina per il nostro territorio che permetterà senz’altro di promuovere la città e la provincia di Bergamo, così come avviene per le altre sedi del concorso - sottolinea Spinetti -. La manifestazione in programma è solo il punto di partenza per impostare una riflessione seria sul tema della ristorazione di qualità: rappresenta un’opportunità da non perdere per tutto il mondo enogastronomico, per l’intera filiera alimentare e l’occasione per valorizzare al meglio le eccellenze italiane. È un’occasione storica ed irripetibile per nobilitare l’impegno di tutti coloro che stanno lavorando per la promozione del territorio a livello nazionale ed internazionale”. Con Cooking Expo Bergamo si prepara al meglio anche ad affrontare la grande sfida dell’Expo 2015: “Il tema dell’alimentazione e dell’ agroalimentare qualificheranno l’orientamento di Expo 2015 e Bergamo ha mostrato di essere presente organizzando un grande evento espositivo e di spettacolarizzazione come “Cooking Expo”, che ospita le selezioni della più prestigiosa manifestazione culinaria al mondo. Bergamo mostra di respirare sempre più un’aria internazionale, senza perdere di vista i legami con la nostra tradizione e di essere un vero e proprio catalizzatore di eventi che fanno della città una meta sempre più attrattiva”.
dizione e innovazione: “Il concorso creato da Paul Bocuse, padre della Nouvelle cuisine, premia un equilibrio tra classico e nuovo. L’Italia ha un patrimonio inestimabile, una ricchezza e un’eccellenza di materie prime ed una varietà di prodotti tale da non avere bisogno di effetti speciali”. Perbellini al “genio e sregolatezza” italico preferisce però togliere la “esse”:“Il talento e la creatività non bastano: per partecipare a testa alta a concorsi come il Bocuse d’Or servono impegno, rigore, precisione, qualità che tutti possediamo, ma in cui l’Italia non è mai eccelsa”. Anche per questo ogni chef avrà un allenatore: un “motivatore”, ma anche una guida e uno spettatore critico: “L’allenatore ha un ruolo fondamentale: è in grado di cogliere dall’esterno sbavature e imperfezioni, ordina le giornate e dà sistema al lavoro, porta ad interpretare un piatto nel modo ideale, dà i suggerimenti migliori. Se non avessi avuto come allenatore Antonio Santini, probabilmente non avrei mai vinto il primo premio del concorso Chef europèen du poisson (nel 1992, ndr)”. r l.b.l.
Workshop, seminari e convegni La ristorazione sotto i riflettori Due giorni densi di appuntamenti con esperti e giornalisti di settore. E la Fipe tiene gli Stati generali
L
a rassegna rappresenta un’occasione per interroerrro ogarsi sul futuro della ristorazione, con l’organizzaizzzaazione di workshop, seminari e convegni. Lunedì 15 marzo, dalle 15 alle 18.30, alla Sala Caravagavvag ggio è in programma il workshop, promosso dalla Cameam mera di Commercio, dal titolo “La Cucina italiana di qualità alittà come leva dell’economia del Made in Italy”. Carlo SpiSpiinetti, presidente dell’Associazione Promozione dell TerTerrritorio, darà alle 15 l’avvio ai lavori. Allan Bay, scrittore tttorre e critico enogastronomico, incentrerà il suo intervento ento o su “La cucina italiana come chiave di successo dell’Ital’’Itaalian way of life sui mercati esteri”; Magda Antonioli, niiolli, direttore del Master in Economia del Turismo dell’UniUniversità Bocconi di Milano, darà il suo contributo all alla la riflessione sul tema “Turismo enogastronomico: straterateegie di valorizzazione e strumenti operativi”; Bonifacio faacio o Brass, patron della Locanda Cipriani di Venezia, farà arrà il il punto su “La cucina italiana di qualità come fattore ree di di attrazione per i turisti stranieri”; Patrizia Caglioni, diretdiiretttore della cucina italiana, parlerà de “Il ruolo dell’editodito oria nella diffusione della cucina italiana di qualità”; Irene reenee Bignardi, giornalista e critica cinematografica, sottolineliineerà “Il ruolo del cinema nella promozione della cucina ciina italiana”.Alle 17 si aprirà la tavola rotonda con un internteerrogativo provocatorio: La cucina italiana esiste? Cristina Rapisarda Sassoon, coordinatrice di “Network Sviluppo Sostenibile” (UnionCamere, Camera di Commercio di Milano e Bergamo) e i giornalisti e critici enogastronomici Paolo Massobrio, Luigi Cremona e Paolo Marchi daranno il loro contributo rispondendo al quesito. Le conclusioni saranno affidate a Carlo Spinetti, presidente dell’Associazione Promozione del Territorio. Coordineerà il workshop Guido Venturini, direttore generale di Confindustria Bergamo. Martedì 16 marzo (ore 10) si terranno gli Stati Generali della Fipe, la Federazione italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio:“La Ristorazione di Qualità incontra le istituzioni”. I lavori saranno aperti da Lino Stoppani, presidente della Fipe. Interverranno, a seguire, gli esponenti delle associazioni professionali: Massimo Biagialli, presidente Orpi (Ordine Ristoratori Professionisti Italiani); Raffaele
Gemignani, Gemi mign ign gnan anii, presidente an p pre resi re side si dent de ntee di Chic nt C Chi hicc - Charming hi Char Ch armi ar ming mi ng Italian IIta tali ta lian li an Chef; C Che hef; he f; Gianfranco Isola, presidente Uir - Unione Italiana Ristoratori; Ovidio Mugnai, presidente Unione Ristoranti del Buon Ricordo; Emanuele Scarello, presidente Jre- Jeunes Restauraters d’Europe Italia”. La discussione sul progetto “Verso il Codice della Ristorazione Italiana. Per valorizzare l’impresa ed il patrimonio enogastronomico” sarà affidato ad una tavola rotonda con un panel autorevole: Enrico Lupi, presidente Città dell’Olio; Giampaolo Pioli, presidente dell’Associazione Città del Vino; Walter Brunello, presidente Buonitalia SpA; Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere; Giancarlo Deidda, presidente Comitato Italiano Ristorazione Fipe. Le indicazioni che scaturiranno dai lavori saranno “apprezzate” dai rappresentanti del Governo invitati: Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo Economico e Michela Vittoria Brambilla, ministro del Turismo.Ad “animare” la manifestazione saranno chiamati Fede&Tinto,
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L’EVENTO conduttori della trasmissione enogastronomica di RadioRai2,“Decanter”, che seguiranno in diretta il convegno. Tra le iniziative collaterali, oltre ad animazione e spettacolo, l’appuntamento più chic e mondano della rassegna che mette in abito da sera la cucina bergamasca: nella serata di gala, in programma lunedì sera, gli chef dell’Accademia del Gusto proporranno un menù esclusivo per p tutti gli g ospiti p invitati. organizzata La manifestazione, org ganizzata da Camera di Com-
mercio, Ascom, Confindustria, Ente Fiera Promoberg e Bergamo Fiera Nuova, in collaborazione con Fipe e Accademia del Gusto è promossa da Regione Lombardia, Comune e Provincia di Bergamo ed ha la partnership di Siad, Orobica Pesca, Desmon-Convotherm, Pentole Agnelli, Ros Forniture Alberghiere; sponsor ufficiali dell’evento sono Credito Bergamasco, Ubi Banca Popolare e L’Eco di Bergamo.Tra gli altri sponsor sostenitori dell’iniziativa: Selecta,, Bragard, g ,Aspan p e l’Ente Bilaterale del Turismo di Berga Bergamo. g mo.
I componenti della giuria, Iaccarino presidente d’onore La giuria che sceglierà i candidati che parteciperanno alla selezione italiana del Bocuse d’Or è composta, forse per la prima volta nello scenario della competizione, da 24 nomi del Gotha della ristorazione italiana. In giuria anche il presidente dell’Accadèmie de Laurèats du
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Bocuse d’Or Michel Roth del “Ritz” Parigi.“Abbiamo fortemente desiderato avere una giuria d’altissimo profilo che rappresentasse il più alto vertice della cucina italiana e i giovani ristoratori”, sottolinea Perbellini, che presiede il concorso. Detto, fatto. Saranno i migliori
chef d’Italia a decidere le sorti tricolore del Bocuse d’Or: presidente d’onore delle selezioni italiane sarà Alfonso Iaccarino, chef del Relais “Don Alfonso” a Sant’Agata dei due Golfi (Napoli). I fratelli Chicco e Bobo Cerea, del Relais “La Cantalupa da Vittorio” di Brusaporto, presiederanno le
due giurie per il tema di pesce e per quello di carne (che saranno nominate per sorteggio tra i giurati alla vigilia delle selezioni). Compongono la giuria Sergio Mei del “Four Seasons”Milano, Norbert Niederkoflder del “StHubertus” a San Cassiano (Bolzano), Gennaro Esposito del “Torre del Saracino” a Vico Equense (Napoli), Antonino Cannavacciuolo Villa Crespi di Orta San Giulio (Novara), Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore
di Marzocca (Ancona), Giovanni Santini Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio (Mantova), Andrea Berton del Trussardi alla Scala di Milano, Pino Cuttaia della Madia di Licata (Agrigento), Massimo Bottura dell’ “Osteria Francescana” di Modena, Davide Palluda “All’Enoteca” di Canale (Cuneo), Andrea Sarri dell’Agrodolce di Imperia, Emanuele Scarello de “Agli Amici dal 1887” di Udine, Antonella Ricci di “Al Fornello da Ricci”Ceglie Messapica (Brindi-
si), Alessandro Breda di “Gellius” a Oderzo (Treviso), Ilario Vinciguerra dell’omonimo ristorante di Galliate Lombardo (Varese), Aurora Mazzucchelli del “Marconi” di Sasso Marconi (Bologna), Matteo Vigotti del Novecento di Meina (Novara), Paolo Masieri di “Paolo e Barbara” a Sanremo (Imperia), Alfonso Caputo della “Taverna del Capitano” di Massa Lubrense (Napoli).
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L’EVENTO
Ecco i sedici candidati e le proposte in concorso ENRICO BARTOLINI
SAMUELE BECCARO
chef patron del Ristorante Le Robinie di Cà d’Agosto, di Montescano, Pavia, una stella Michelin. Il suo percorso vanta fermate di grande successo: il Castagno di Pier Angelo di Pistoia, Le Calandre, La Montecchia e il Paolo Petrini Restaurant a Parigi. La sua cucina è un viaggio continuo alla scoperta di piatti della tradizione, reinterpretati con creatività e con materie prime di rango.
sous chef presso La Ragnatela di Mirano, Venezia, trattoria che detiene il massimo punteggio del Gambero Rosso nella categoria. Beccaro vanta importanti esperienze professionali nello scenario nazionale e internazionale. La sua è una cucina tradizionale, attenta ai prodotti del territorio, all’innovazione e alla ricerca, che rendono ogni piatto una nuova esperienza intuitiva.
Piatto di carne: Carré di vitello ai grani di senape con testina al sentore di zenzero e parmigiano, raviolo di brodo al tartufo nero e radici all’aceto leggero. Piatto di pesce: Halibut in crosta sottile di carpione, all’aroma di verbena e peperone, con bigné friabile al succo di crostacei e patata soffice ai capperi.
Piatto di carne: Vitello di coste in “sei facce” su riso di Grumolo delle Abadesse in latte di mandorle e frutti rossi, insalatina di erbette di campo e animelle. Piatto di pesce: Halibut sterling affumicato e cotto sui trucioli con composizione di foie gras e mela salata, salsa di fegato alla veneziana e cioccolato al 90%.
CARMELO FLORIDIA
STEFANO METRANGOLO
executive chef presso la Locanda Gulfi di Chiaromonte Gulfi (Ragusa), nasce 33 anni fa a Modica. Inizia a lavorare per Boscolo Hotels e frequenta assiduamente l’Istituto d’arte culinarie Etoile. Dopo qualche esperienza all’estero ed alcuni concorsi europei si ferma nel 2000 al Four Seasons Hotel di Milano alla corte di Sergio Mei. La sua cucina è improntata su una filosofia mediterranea e creativa
executive chef nel ristorante “Ai sette Nani”, Negrisia di Ponte di Piave (Treviso), locale elegante che da sempre propone i buoni piatti della tradizione veneta rivisitati. Diverse esperienze in prestigiosi ristoranti italiani caratterizzano una carriera professionale dedita alla cucina e al piacere di proporre piatti in cui estro e territorialità delle materie prime si fondono, per stupire il cliente.
Piatto di carne: Lombata di vitello con le sue animelle tartufate in crosta di mandorle tostate; galletta di sedano rapa e asparagi alla parmigiana; terrina di zucca, carciofi e favette verdi. Piatto di pesce: filetto di halibut, gamberi rossi e pomodori canditi agli agrumi; crema di topinambur al nero di seppia e bottarga di tonno; ortaggi al corallo e “cuturro” di grano cotto.
Piatto di carne: Modificazione di sei coste di vitello con pere di Rubrik e pepe Ayacucho, piccolo hamburger di animelle all’occhio di quaglia e mattonella di sedano rapa con palma di Castradure. Piatto di pesce: Spirale di halibut in alga nori; esplosione colorata di primizie; specchio di Parmantier viola e scrigno di San Severo dal cuore Rosso con pietra marina alla menta.
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DANIEL FACEN
FABIO BORGONOVO
svizzero di nascita, trentino nell’anima, ha lavorato a fianco di Giacomo Gallina, Sergio Mei, Alberico Penati e Silvano Zuccoli. A Bergamo nel ’98 inizia la sua collaborazione con la famiglia Tallarini al San Giovanni delle Formiche; è chef executive e socio dell’Anteprima Ristorante & Show Cooking di Chiuduno, una stella Michelin. La sua cucina è ricerca e sperimentazione: un percorso creativo verso nuove frontiere del gusto.
executive chef presso il ristorante Villa Giavazzi di Verdello, dimora storica ottocentesca. Dopo il diploma alberghiero ha lavorato presso il Milan Marriott Hotel e l’Armani Caffè di Milano. È costantemente impegnato nella ricerca di abbinamenti innovativi, che interpretano con curiosità una cucina del territorio, innovata dall’incontro con sapori nuovi ed originali.
Piatto di carne: Carré di vitello con quinto quarto ai profumi di sottobosco. Piatto di pesce: Halibut ai profumi mediterranei.
Piatto di carne: Carré di vitello al giusto rosa cotto in olio di brace, purea di carciofi e animelle al caramello di sugo d’arrosto. Piatto di pesce: Halibut con cuore di pesto di cime di rapa e cassatine di bufala in crosta di farina di Storo e pomodori San Marzano confit. Sto St
STEFANO LEONE S rromano om di nascita, danese d’adozione al “Custom H o House” di Copenhagen. Ha lavorato in prestigiosi rristoranti, is tra cui il Four Season Hotel di Londra, LLaa Terrazza dell’Eden a Roma, il Café le Paillote a PPescara. es Ha partecipato a diversi concorsi con ottimi rrisultati. is La sua ambizione più grande è raggiungere aalti lt livelli nella ristorazione, trasformando l’amore cche he ha per il suo lavoro in piacere per i commensali. Piatto P i di carne: Saltimbocca di vitello alla romana, gnocchi ai peperoni, carciofo alla giudea m a e aanimelle. Piatto P i di pesce: Halibut in foglia di basilico con alle mandorle e risotto al nero di seppia. zzucchine u
MASSIMILIANO LA PIETRA M cchef he di partita presso il ristorante “Le Colline Ciociare” ddii AAcuto (Frosinone) una stella Michelin, si esprime ccon on una cucina fortemente connotata in senso ttradizionale ra e legata al territorio in cui è inserita. N o Nonostante la giovane età, La Pietra, classe ’84, ha aaccumulato cc esperienze importanti durante il suo ppercorso er professionale, in particolare ha lavorato nel pprestigioso re Grand Hotel Quisisana, in quel di Capri. Piatto P i di carne: Pane, vitello e cicoria; bon bon di gelatina di limone e testina. aanimelle, n Piatto di pesce: L’halibut e le rape, i carciofi e le P i ffave. av
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L’EVENTO
MASSIMILIANO MASCIA A consacrato al San Domenico di Imola, due stelle Michelin, ha all’attivo varie esperienze all’estero da New York a Parigi a fianco del grande chef Alain Ducasse. La sua carriera è costellata da esperienze di grande prestigio che lo hanno formato, ma che glilii hanno sempre permesso di tornare nel suo luogo dii nascita affettivo e professionale, il “San Domenico” alla corte dello chef Mercattili. Piatto di carne: Toast di animelle e carré di vitello ello o con crema al marsala. Piatto di pesce: Bocconcini di halibut confit, insansaalata di asparagi cotti e crudi, vongole veraci e guanuan nciale croccante.
ANDREA SERRAVEZZA A chef executive del prestigioso Hotel Sheraton a Lecce. e.. Ha partecipato a diversi concorsi nazionali ed internazionali, conseguendo ottimi risultati, fra cuii il titolo di Campione nazionale nel concorso Massaa 07 Carrara del 2004, città dove ha conquistato nel 2007 anche l’oro al campionato internazionale di cucinaa calda. La sua filosofia di cucina guarda al futuro senza perder di vista la tradizione. Piatto di carne: Carré di vitello giovane profumaum mato al timo, con cuore di porro, formaggi teneri erii e olive schiacciate, il suo sugo ristretto con polpa pa di di finocchio novello.Tortino di orzo con ceci di Spello, cotti in terracotta. Carciofo violetto in porchetta con haché di vitello impanata.Animelle stufate con cipolla rossa, lampascioni e zucchine essiccate, colatura di pomodorini invernali. Piatto di pesce: Filetto di halibut in leggera panure mediterranea, con guazzetto di patate, broccoletti, frutti di mare gallipolini, capperi e origano di macchia, spuma di fave fresche decorticate e nido di porri croccanti.
ALESSIO BOTTIN chef executive del ristorante La Trattoria di Giovanni Rana a Verona, indirizzo che nasce con l’intento di mettere l’accento sulla tipicità e sul valore delle tradizioni gastronomiche italiane. La sua è una cucina tradizionale sapientemente rivisitata in chiave moderna e attenta alle materie prime, che esaltano il gusto del piatto. Ha lavorato nelle realtà più prestigiose del nord Italia e all’estero. Piatto di carne: Carré di vitello dal cuore di ciliegie e cioccolatini alla mousse di animelle e cube di patate dall’anima verde. Piatto di pesce: Halibut in camicia di bieta, code di gambero radicchio, albicocche con finocchio baby e purea di zucchine.
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FELICE SGARRA
PIERGIORGIO SIVIERO
chef executive del ristorante Le Lampare al Fortino, Trani, un ristorante di prestigio impreziosito dalla sua storia. Ha all’attivo esperienze importanti (Ristorante Reale a Rivisondoli con Iko Romito, Hotel Cristallo a Cortina d’Ampezzo e il ristorante Enoteca Vinalia, a L’Aquila). Nella sua cucina la qualità e la tradizione trovano una nuova espressione, a partire dall’ estetica dei piatti.
chef patron del ristorante Lazzaro 1915, PontelongoPadova. Siviero ha acquisito tutti i dettami della buona tavola nelle più importanti cucine, da Alain Ducasse guru della cucina contemporanea ad Aimo Moroni. Piergiorgio ha fatto suoi i segreti di una cucina elaborata ma leggera, gustosa e amabile, che tramanda l’arte culinaria di famiglia arricchendola di nuovi suggerimenti creativi.
Piatto di carne: Tataki di vitello alla brace con salsa al negro amaro e maionese di soia su frittella di patate vitelotte e sauvarin di riso nero venere affumicato al rovere.Animelle con spuma di miele. Piatto di pesce: Halibut cotto in osso con olio al carbone e aria di timo limonato, acqua di mare e mini insalata di erbe selvatiche.
Piatto di carne: Vitello milanese-milanese, croscia di testina e mela cotogna, blinis di animelle, fagioli e tartufo nero. Piatto di pesce: Burrata di halibut alla pizzaiola, confetti tiepidi di patate e insalatina shekerata (agita e gusta).
ALBERTO ZANOLETTI NICOLA VIZZARRI executive chef del Ristorante San Giorgio - Hotel Eden di Campobasso e membro della Nazionale Italiana Cuochi. Ha collezionato prestigiose esperienze nel centro e sud Italia ed è uno specialista dell’organizzazione di eventi gastronomici. Molti i premi e i riconoscimenti conquistati nei concorsi nazionali e internazionali. La passione e l’attenzione al dettaglio caratterizzano da sempre la sua cucina. Piatto di carne: Millefoglie di vitello in rete di maiale con cardoncelli, bieta e scamorza affumicata, con sformato di zucca, animelle e orzo perlato, purea di sedano rapa e ortaggi trifolati. Piatto di pesce: Filetto di halibut con cozze e finocchio al lime, con terrina di fagioli cannellini e gamberi di Sicilia con capasanta all’olio e spuma di cavolo giallo. cavol lo romanesco, gelé lé di di peperone gi iall llo.
chef executive della Locanda Armonia di Trescore Balneario (Bergamo). Ha lavorato in numerosi ristoranti in Italia e all’estero e partecipato a concorsi nazionali e internazionali, conquistando prestigiosi riconoscimenti, fra cui il bronzo al concorso gastronomico internazionale IKKA in Austria. La sua cucina è sempre alla ricerca di nuovi piatti e dell’eccellenza delle materie prime. Piatto di carne: Carré di vitello in crosta di pancetta e salvia. Piatto di pesce: Halibut profumato ai sapori del Mediterraneo.
LUCIO MORAS ch patron del ristorante “Alle Grazie” di Pordenone. chef che Haa maturato numerose esperienze professionali, sop soprattutto sul territorio nazionale e anche come cconsulente on nel settore della ristorazione. È membro ddell’Associazione el italiana Cuochi Professionali. La ssua ua cucina è volta ad esaltare le materie prime, la ppriorità ri nei suoi piatti è il gusto non alterato degli eelementi le che lo compongono. Piatto P ia di carne: Carré di vitello glassato con cremaa di topinambur tartufata e salsa al caffé. m Piatto di pesce: Filetto di halibut in manto di proP ia crudo e astragone selvatico su verdure sauté. ssciutto ci
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LA STORIA di Giuseppe Ruggieri
Bergamo, i “Sette nani” e la Festa del colesterolo Sei ore e mezza a tavola,, per una grande g abbuffata. Ogni primo sabatoo dii dicembre a il rito si ripete, ormai da 19 anni. ato È l’“Accademia”, guidata dall’avvocato le Vincenzo Coppola, assistito dall’attuale segretario generale della CdC, Emanuele Prati,i, ad organizzare l’esclusiva mangiata. Che premiaa gue l’invitato col più alto tasso di colesterolo nel sangue ornaata e devolve in beneficenza il ricavato della giornata
S
olo ad evocarlo vengono alla mente cose brutte, Bergamo, Emanuele Prati, oggi segretario generale della Camera di Commercio, e l’architetto Enrico Morosini. per non parlare poi del momento della verità: l’esa“Siccome - ricorda Coppola - mia moglie toglieva punme ematico. In un modo o nell’altro, il colesterolo tualmente il disturbo, come Biancaneve, ci venne l’idea di (quello cattivo) produce sensazioni tutt’altro che piaceaffibbiarci il nome di Accademia dei 7 nani”. Componenti, voli. Quale sistema migliore, allora, che affrontarlo a viso oltre ai tre già citati, gli avvocati Renato Vico, Franco aperto per esorcizzarlo. La pensano così quelli dell’“AccaUggetti, Vito Cavarretta e il giudice Leo D’Agostino, demia dei 7 nani”, un manipolo di amici, in maggioranza successivamente trasferito a Roma e sostituito da Luca avvocati, che una volta all’anno sfida ogni sana regola a Scarpellini (“quest’ultimo, scomparso qualche anno fa tavola per dare campo libero alla gola e all’ingordigia. - precisa Coppola - viene convocato ogni anno in forma Una giornata di full immersion enogastronomica che spirituale). L’appuntamento mantiene per anni la sua porta con orgoglio il nome di “Festa del colesterolo”. Sei cadenza settimanale, rinsalda i rapporti, focalizza sempre ore e mezza filate a tavola per un’esperienza pantagruedi più l’attenzione sul cibo e spinge Coppola, provetto culica capace di stendere un toro per le quantità di cibi e ciniere, ad organizzare anche rimpatriate con altri amici vini trangugiati e che premia ogni anno il commensale sparsi per lo Stivale. Finché, nel ’90, ecco l’idea del grande con il livello di colesterolo più alto. I requisiti per poter raduno annuale, per raccogliere tutti gli amici in un colpo partecipare? Sana e robusta costituzione, apparato gasolo. Viene così organizzata la prima Festa col nome di strointestinale ben allenato, predisposizione alla buona “Triduo del colesterolo”. Si ritrovano in una trentina, a tavola e, dettaglio decisivo, essere invitati in questo club casa di Coppola, nel quartiere Finardi, per un evento che pressoché esclusivo. Così elitario da riuscire da ben 19 già imposta le coordinate lungo le quali verrà sviluppato anni a rimanere un evento quasi “carbonaro”, legato al negli anni a seguire: abbonpassaparola in una cerchia danza, qualità e rigoroso comunque ristretta. rispetto delle regole. La grande abbuffata (nesChe c’azzecca questo presun intento di harakiri ciso “disciplinare” con la gastronomico, come nel cesregolatezza alla massima lebre film) nasce quasi per potenza? verrebbe da chiecaso, frutto delle lunghe dersi. «C’entra - puntualizza frequentazioni di un affiataEmanuele Prati, segretario to gruppo di amici. Ci pendell’Accademia - e non sa l’avvocato Vincenzo se ne può fare a meno. Coppola a muovere i primi Dibattiamo per settimane passi, allorquando, nell’85, sul tema della festa, in uno prende ad invitare a casa spirito democratico, ma sua, ogni venerdì a pranzo, una volta presa la decisione, sei amici, tra i quali l’allora Vincenzo Coppola ed Emanuele Prati scatta il regime dittatoriale cancelliere del tribunale di
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vero e proprio. Il comando viene preso da Vincenzo Coppola, inflessibile Gran Mentore Vivandiere, che assegna gli incarichi e i compiti in cucina, contatta i fornitori, dispone la spedizione degli inviti (non si supera mai la quarantina), fa stampare i menù, arricchiti di acqueforti, serigrafie o xilografie del pittore bergamasco Luigi Radici, e via a seguire». Nessuno obietta, naturalmente. Primo perché la festa si tiene a casa del suddetto Coppola e poi perché se 19 edizioni sono già agli annali, lo si deve ad una gestione che non contempla sbavature.Tanto per chiarire: non sono ammesse donne, gli orari vanno osservati in modo tassativo (si comincia alle 10,33, inutile arrivare un minuto prima, e si esce alle 17), va rispettato l’ordine delle portate e vanno tenute in debita considerazione tutte le indicazioni. «Per esempio rivela Prati - le focacce di Recco, garantite ogni anno da due invitati liguri, devono arrivare inderogabilmente alla giusta temperatura per poter essere consumate a dovere, pena l’esclusione dal menù». Le regole sono così inflessibili da imporre anche la valutazione della colesterolemia (sennò che festa del colesterolo è!). Tutti gli invitati, prima di mangiare, devono sottoporsi al controllo. C’è un farmacista che preleva i campioni ematici e chi ha il livello più alto vince una bottiglia di Sassicaia e paga la quota minima obbligatoria di 100 euro. Gli altri versano l’obolo in rapporto al loro tasso di colesterolo: più è basso, più pagano. La somma raccolta viene ogni anno devoluta in beneficenza. Anche il cuore, e non solo lo stomaco, trova il suo spazio. Stabilita la “classifica”, si aprono le danze: alle 10,33 la colazione, dalle 11 l’aperitivo, alle 13 via col pranzo.Alle 17 tutti fuori, senza pietà. È un vero e proprio tour de force, un trionfo dei grassi e delle calorie.All’ultima festa, tema scelto “Cave Panem”, una trentina di persone ha consumato 28 bottiglie
“Cave Panem!”, l’ultimo menù Ecco il menù della XIX Festa del colesterolo che si è tenuta il 5 dicembre scorso Colazione - Uova annegate con tartufo bianco d’Alba e crostone di pane alle patate; Cotechino soppressato con pomodori verdi sott’aceto e melanzane sott’olio; Crostoni di polenta con acciughe cantabriche ripassate a modo mio Aperitivo - Bocconcini e treccia di bufala casertana di Vito Gallo; Le polpette di carni, fegati e pani ripiene di Gorgonzola; Pancetta dei due anni su crostoni di polenta; Paté di animelle, fegato nobili e foie gras d’oie al tartufo bianco d’Alba Pranzo - Terrina di foie gras d’oie al Krug Grande Cuvèe con lardo di Colonnata e pane ai fichi; L’anolino nel brodo delle tre bestie e la Barbera; il pane grande di Matera ripieno di spezzatino del Cazza, con patate rosse di Sedrina e patate bianche di Castione; Lo strachitunt Dolce - La torta di pane Bibenda - Acqua Pejo naturale e con gas, Champagne Jumeau Delozanne Brut tradition, Barbera d’Alba 1997 MG Pira Luigi di Gianpaolo Pira. E dopo il caffé Ardbeg 10 years old The Ultimate Islay Whisky.
di champagne, 18 di vino rosso e una di distillato, senza contare il cibo, per quantità qualcosa come tre pranzi in un colpo solo (nel box a lato l’ultimo menù, ndr). È sempre così.A ogni edizione - dalle “Mani in Pasta!” al “Quinto quarto”, dall’“Insolita Zuppa” ai “Cornuti, castrati e figli di vacca”, tanto per citare alcuni temi agli archivi - la Festa mantiene rigorosamente la sua impronta luculliana. Per fortuna, il gran Mentore Vivandiere, bontà sua, ha stabilito che l’abbuffata si debba tenere ogni primo sabato di dicembre, così da consentire a chi ha goduto degli abbondanti piaceri della tavola di riposare la domenica le sazie membra e sbollire gli eccessi alcolici. «Quel che sembra un evento puramente goliardico - commenta Prati - ha sì mantenuto lo spirito iniziale, ma nel tempo si è evoluto, trasformandosi anche in un piccolo laboratorio enogastronomico. Ogni anno si discute a lungo sulla scelta del biologico, sulle modalità di cottura, sulle materie prime. È un arricchimento continuo che trasferiamo all’esterno nelle nostre quotidianità».Vuoi vedere che alla fine il colesterolo non è poi così “cattivo”!
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GLI INGREDIENTI di Anna Facci
Sempre presenti in cucina e in tavola, sono per lo più anonimi e scontati. Umberto Giraudo, restaurant manager del “tre stelle” La Pergola di Roma, è pioniere nella ricerca delle varietà più pregiate. Ecco cosa consiglia
Sale e pepe superstar
S
ale e pepe q.b. La rituale formula di chiusura di tante ricette può sorprendere il gusto con nuove sensazioni. Già, perché il sale non è solo fine o grosso e il pepe non è solo una polverina pungente. Magari negli ultimi tempi i più salutisti hanno scoperto il sale dell’Himalaya, i cultori della griglia quello hawaiano e tutti hanno più o meno imparato le differenze tra pepe verde, nero, bianco e rosa, ma grazie ad un’accurata conoscenza, selezione e proposta i due “condimenti” possono diventare elementi ancor più intriganti in quel gioco dei sensi che è la tavola. Pioniere e maestro riconosciuto in questa ricerca è Umberto Giraudo, restaurant manager del tri-stellato La Pergola, all’Hilton Cavalieri di Roma, regno dello chef Heinz Beck.Trentotto anni tra poco, Cavaliere al merito della Repubblica, Premio Luigi Veronelli come miglior maître nel 2008, è stato lui il primo in Italia, dieci anni fa, a introdurre la proposta di diverse varietà sale, alle quali ha anche dedicato spazio nel libro “Arte e scienza del servizio”, scritto con lo stesso Beck e il maître Simone Pinoli. La “scoperta” del sale è una sua passione e un suo vanto, da dove nasce? «Da un episodio accaduto a Montecarlo. Giovane commis a Le Louis XV con Alain Ducasse, mi chiesero di andare a prendere del sale “grigio”. Mi rifiutai pensando ad una presa in giro, ad una versione francese dell’“olio di gomito”. Fu allora che imparai che il sale non è uno solo e decisi che avrei cercato di conoscere tutte le varietà del mondo». Come ha sviluppato le sue conoscenze? «Attraverso contatti e viaggi. In Italia il monopolio aveva fatto conoscere solo una tipologia». Ora quanti sali propone? «Ne abbiamo selezionati 15, in rappresentanza di tutti i continenti. C’è l’australiano Murray River, fiocchi quasi impalpabili di un tenue color albicocca e dal
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gusto delicato; dalle Hawaii arrivano o il sale rosso, che prende il colore da un’argilla di origine vulcanica che vi si mescola durante l’evaporazione e lo arricchisce di ferro, e quello nero, risultato di una lavorazione artigianale i ti i l con lava vulcanica che lo rende ricco di minerali e molto coreografico; ci sono il sale fino di Guerande alle alghe e il Fleur de sel de Bretagne, chiamato anche “il caviale del sale”, è una “brina” di giovani cristalli che si formano in modo naturale sulla superficie delle saline; ci sono i sali che provengono dall’Inghilterra, il salgemma dell’Hymalaya e quello del Sudafrica e i sali affumicati». C’è anche un rappresentante italiano? «È il sale di Cervia Riserva dei Papi, chiamato anche sale dolce perché privo del retrogusto amarognolo». Come vengono presentati? «Quando si siede a tavola il cliente viene accolto con un aperitivo o con dell’acqua, per soddisfare al suo primo bisogno che è quello di bere. Poi arrivano burro, olio d’oliva e pane ed è a questo punto che entrano in scena anche i sali. Si propone l’assaggio di qualche varietà, si illustrano le caratteristiche. È un’esperienza diversa, si crea un momento di conversazione, un invito alla condivisione. Niente di accademico o saccente, intendiamoci: anche un palato non abituato percepisce le differenze tra i sali e i clienti si divertono a percorrere questo insolito viaggio gastronomico». E sui piatti? «Le creazioni dello chef hanno già il loro equilibrio. Se qualcuno ama i gusti un po’ più saporiti serviamo a parte sale grigio o Murray River che non contrastano la composizione». Dopo il sale è stato naturale per lei occuparsi anche del pepe... «In effetti sì.Anche in questo caso la tradizione italiana
non forniva grandi spunti. In commercio per lungo tempo si è trovato solo pepe di “seconda scelta”, il che ha ne ha reso poco interessante l’impiego. Ho voluto cimentarmi anche in questa nuova ricerca selezionando le migliori produzioni al mondo». Quali eccellenze ha individuato? Q «Per il pepe pep verde quelli del Madagascar e del Camerun, per il pepe nero abbiamo scelto il “Tellycherr y pepper” che viene ch dall’India ed è essiccato al d ssole, mentre il pepe bianco, che diventa tale dopo che le ch bacche sono state messe in acqua e private della buccia, viene da Sarawak, in Malesia, è double washed, ha cioè subito un doppio lavaggio, ed è uno dei pepi più puliti e puri. Raro e particolare è il pepe lungo di Giava, una bacca lunga 2-3 centimetri, forte e piccante ante con aromi di sandalo e sottobosco che può dare grandi sensazioni abbinato a sapori ori dolci, ad esempio, l’ananas o il cioccolato bianco. Ma ce ne sono anche altri ...». Per il pepe quali sono le “istruzioni per l’uso”? «Non ci sono controindicazioni. Alcune creazioni hanno già il pepe tra gli ingredienti, ad esempio uno dei nostri piatti simbolo, i “Fagottelli La Pergola”, che sono ravioli ripieni di carbonara liquida cui, appunto, si aggiunge il pepe al momento. Negli altri casi un pepe di buona qualità ben abbinato non fa altro che esaltare i piatti». Come si serve? «Noi lo maciniamo al momento utilizzando dei piccoli mortai, in questo modo sprigiona al meglio gli aromi». Consiglierebbe ai ristoratori di dotarsi di una selezione di sali e pepi? «Sicuramente sì. Direi loro di non fermarsi al sale “sotto casa”. Oggi tra l’altro ci si può documentare facilmente, anche tramite Internet, ed esistono drogherie davvero ben fornite. Direi di scegliere poco, ma bene».
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Qualità a portata di tutti Affari di Gola febbraio 2010 23
IL RISTORANTE di Lelia Parisi
Al Tram, la sosta col sapore della storia A Sarnico, il locale nell’ex stazione, gestito da Mariella Plebani, è attivo dai primi del ‘900 e propone una cucina ben bilanciata tra mare, terra e lago
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i quel pezzo di passato è rimasta solo lei, la stazioncina, attuale sede del Ristorante “Al Tram”, con la carrozza di un vecchio tram alle spalle come una ostinata, rugginosa scia del passato. Mutilata delle sue arterie, di quei binari che per quasi un ventennio (dal 1902 alla fine degli Anni 10), hanno raccolto le storie di viaggiatori lungo la tratta Sarnico-TrescoreBergamo, la vecchia tramvia vive di riflesso in questo ristorante simbolo di Sarnico, città-capolinea del Sebino. Il futuro era giunto presto in questa cittadina di confine, “capitale” del basso Sebino.Altrettanto presto (nemmeno 20 anni più tardi) vi si è arenato, fossilizzandosi in questo involucro di calce e mattoni d’ispirazione Liberty. Nel 1902 Sarnico sfoggiava orgogliosa la sua tramvia. L’annesso Caffè del Tram rinfrancava turisti e viaggiatori di passaggio. A ricordare quel passato sono rimaste le foto d’epoca, riprodotte in parte sul menù, gusci di un tempo forse più emotivo che reale. Ci riportano allo sferragliare del tram, allo scampanellio che ne annuncia la partenza, al vociare scrosciante dei viaggiatori, allo strusciare degli abiti lunghi delle signore sul selciato, alle ombre dei parasole proiettate al suolo dal sole estivo. Viene spontaneo decifrare le tracce di quel tempo, nel verde polvere delle pareti e travi a vista, nelle lanterne color bronzo che ricordano i primi lampioni elettrici, nei mobili d’epoca con l’argenteria lucida e composta. “Abbiamo ottenuto da poco la certificazione di locale stori-
Mariella Plebani
co - spiega Mariella Plebani, impeccabile patronne del ristorante -. Gli ambienti interni sono stati recentemente ristrutturati, non erano più quelli originari di un tempo. Abbiamo però cercato di non perdere il filo col passato, di ricrearne l’atmosfera, scegliendo un design classico e conservando pezzi di arredo dell’epoca”. È dal 1951 che la famiglia Plebani gestisce il locale, ma il ristorante ha funzionato ininterrottamente dai primi del ‘900, mantenendo immutati nome e funzione per un secolo. Da qui il prestigioso riconoscimento di “locale storico” assegnatogli dalla Regione Lombardia lo scorso dicembre. E storici sono anche alcuni piatti, che il menù, ben bilanciato tra mare, terra e lago, dispiega, prendendo spunto dalla tradizione lacustre, ma idealmente anche dal periodo d’oro di Sarnico, quel secolo XIX in cui la cittadina, grazie al suo storico mercato (attivo già nel ‘500), era il maggiore centro commerciale dell’alta Val Calepio. In primo luogo il misto di lago. “Abbiamo due o tre pescatori che ci riforniscono di quanto il lago offre di volta in volta. Si va dal coregone al pesce persico e al salmerino”. Un menù comunque ad ampio raggio, che offre diverse interpretazioni di piatti mediterranei: negli antipasti di mare, i gamberoni reali con polenta e pomodorini sono una prelibatezza, altrettanto il polipo con patate, zucchine e pesto. Nei primi, si fanno largo le fettuccine fatte in casa con granseola e pomodorini o seppie e zucchine, e i ravioli di erbette con gamberi di fiume, curry e zaf-
“Il Calepino”, stretto il legame con l’azienda vitivinicola di famiglia Calepino, cioè, in greco, “bevo bene”. E a questo principio si è sempre attenuta l’azienda agricola “Il Calepino” di Castelli Calepio nella ssua quasi quarantennale storia, e intitolata a Fra Ambrogio da Caleintito pio, detto il Calepino, il noto pi frate enciclopedista vissuto nel XV secolo. Fondata nel 1972 da Angelo PleP
bani, la cui famiglia gestisce dal 1951 il ristorante “Al Tram” di Sarnico (oggi guidato dalla signora Mariella), l’azienda vitivinicola - dopo la prematura e improvvisa scomparsa del fondatore nel 1985 - è gestita dai figli Franco e Marco e si distingue come la più blasonata e importante nella Bergamasca nella produzione di spumante metodo classico (80 mila bottiglie), cui si affiancano i vini fermi Valcalepio bianco e rosso, la cui massima
espressione è certamente il “Kalòs” un Cabernet Sauvignon in purezza, sempre premiato dalle guide e vicino all’eccellenza dei grandi rossi italiani. La prima produzione di spumante metodo classico del “Calepino” risale al 1978: l’attuale, dopo oltre un trentennio, è costituita da Brut, Extra Brut, Rosé e dal prestigioso Riserva di Fra Ambrogio (60 mesi di permanenza sui lieviti) che gareggia con le migliori produzioni spumantistiche nazionali.
IL GIUDIZIO ferano. Nei secondi, spiccano, oltre ai filetti dorati di persico e salmerino, la tagliata di tonno in crosta di sesamo e gli spiedini di seppioline e gamberi. Tra le carni, invece, a sbancare è la battuta di filetto di puledro olio e peperoncino, di provenienza locale come le altri carni (acquistate da produttori di Palazzolo e Villongo). Il risotto al Calepino (lo spumante metodo classico prodotto dall’azienda vinicola di famiglia), versione “acclimatata” del risotto allo Champagne, è uno dei classici che il locale propone dai primi Anni 70. Anche i casoncelli, nel loro velo di pasta sottile regalano sensazioni non dissimili da quelle provate dagli ospiti di un tempo. Presente e passato coesistono, ma non troviamo mai nulla di estremo o di eccessivo, tantomeno di trasgressivo nel menù di questo ristorante, dove l’eco delle mode giunge ovattata (manca il pesce crudo, per esempio), quasi lo status di luogo di confine lo preservasse dall’invasività dei nuovi trend. Esposti al vento di tramontana che spira dall’alta Val Brembana sono invece i fuori carta, che lo chef Maurilio Milesi, originario di Roncobello, prepara di tanto in tanto, e secondo disponibilità, per i suoi ospiti. Sbizzarrendosi in piatti ad alto tenore corroborante come cervo in umido, lepre in salmì, capretto al forno, brasati e cinghiale, pasta e fagioli, ossobuchi. Il tutto irrorato dai vini di famiglia, dato che la signora Mariella è, guarda caso, anche la mamma, giovanilissima, di Franco e Marco, titolari dell’azienda Il Calepino, con buona pace degli altri produttori, che devono rassegnarsi a occupare un posto più marginale nella lista vini del ristorante. Anche perché oltre alle bollicine, fiore all’occhiello della produzione bergamasca, ci sono bianchi e rossi a coprire in modo soddisfacente tutto il menù. Che, accanto a quello alla carta, si esibisce in tre menù degustazione.Al prezzo di 35 euro (comprensivi di coperto, dessert e caffè) il “Sebino” e il “Classico”, a 25 il “Piccolo menù tradizionale”. Mentre il prezzo medio per un pasto completo alla carta, vini esclusi, e inclusi i dolci, classici e deliziosi, si aggira intorno ai 40/45 euro.
AMBIENTE
7,5/10
La struttura architettonica del locale è ancora quella della vecchia tramvia. Benché reduce da qualche lifting, e con qualche belletto in più, come il bel pergolato di glicine, sotto il quale si pranza nella stagione estiva a pochi passi dal lago, la stazioncina è ancora lì, al suo posto, ridente e luminosa come a inizio secolo. Eleganti e curate, le sale interne con vista lago accolgono una ottantina di coperti, da sommare agli altri cento della sala banchetti. Ottanta i coperti all’esterno.
CUCINA
19/30
Una cucina classica, anzi classicissima per lavorazioni e composizione dei piatti. Legata al territorio in senso stretto, ma anche ampio, spaziando dalla tradizione sarnichese (pesce di lago) a quella bergamasca valligiana (selvaggina e carni rosse) alla cucina mediterranea (primi e secondi di pesce di mare, approvvigionato dalla Meditpesca di Paratico). Sicuramente non siamo in presenza di una cucina che vuole stupire o colpire a ogni costo, bensì di una cucina che vuole semplicemente piacere. Ne è sintomatica anche la scelta della vaissellerie (classica, bianca monocroma con decori in rilievo) distante anni luce dalla plasticità e asimmetria delle forme di design contemporaneo allergiche a ogni forma di decoro o ghirigoro.
CANTINA
12/20
Con un prodotto di qualità riconosciuta come Il Calepino, i Plebani avrebbero buon gioco nel monopolizzare l’intera carta dei vini. Invece, accanto alla produzione di famiglia, trovano spazio anche una quarantina di etichette nazionali. Ricarichi nella media,“anche per rispetto dei ristoratori che acquistano i nostri vini”, chiosa Franco Plebani. Si parte dai 12 euro del Valcalepio bianco fermo e, ovviamente, troviamo tutta la gamma di prodotti Il Calepino. In compenso, vino anche al calice per andare incontro a chi beve moderatamente.
COMPETENZA
8/10
Si avverte la solida mano di Maurilio Milesi, 50 anni, roncobellese, chef del ristorante, coadiuvato ai fornelli da Pietro Gallinelli, suo secondo, 35 anni ininterrotti di servizio al “Tram” (eppure ne ha soltanto 49!). Lavorazioni minime, rispettose delle materie prime, cotture impeccabili, colpisce l’eclettismo di questa conduzione, capace di esprimersi parimenti nel pesce di mare e in quello di lago, nelle carni e nella selvaggina, “la specialità di Maurilio - sussurra Mariella -, insieme alla polenta taragna, una tradizione quest’ultima, però, estranea a Sarnico”.
SERVIZIO
8/10
Puntuale e accurato il servizio. Grande attenzione al benessere dell’ospite, su cui la titolare stessa vigila, sempre presente in sala.
RISTORANTE AL TRAM viale Roma, 1 - Sarnico tel. 035 910 117 chiuso il mercoledì (da giugno a settembre sempre aperto)
RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO
8,5/10
Considerata la cura per le materie prime e la generosità delle dosi, risulta buono il rapporto qualità/prezzo, soprattutto di antipasti e primi e dei tre menù degustazione. p.s.
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TENDENZE di Enrico Rota
Il “falegname” in cantina non paga più
Enrico Rota
La richiesta di vini barricati è in netta flessione. I consumatori amano sempre meno sapori e gusti standardizzati
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ovendo fare una stima personale, direi che un numero abbastanza considerevole di consumatori preferisce un vino affinato in legno e questo per svariati motivi. Volendo definire in modo coretto il termine “affinamento”, dobbiamo aggiungere che indica quel periodo che intercorre tra il termine delle fermentazioni e l’imbottigliamento e può avvenire sia in contenitori di legno che in altri materiali. Esso può variare anche molto, in base alla tipologia di vino e a quel che si vuole ottenere. Esistono svariate misure di botti, da quelle molto grandi, da cinquemila litri, a quelle piccole come le barrique, dalla capacità compresa normalmente tra 225 e 228 litri. Bisogna quindi sottolineare che non tutti i vini affinati in legno provengono dalle barrique (da cui deriva il termine barricato). Di conseguenza chi usa la definizione “barricato” come esclusiva del vino affinato in botte, commette un errore. Questo avviene o per protagonismo (fa tanto intenditore di vini) o più semplicemente per ignoranza. La situazione genera però fraintendimenti, in quanto richiedere un vino barricato senza sapere con precisione cosa significa, porta troppe volte a delusioni degustative importanti. La gestione dei legni in cantina dà un’impronta indelebile al vino in bottiglia e alla sua longevità. D’altro canto, i consumatori che preferiscono i vini barricati cercano solitamente aromi che ricordano i sentori di vaniglia, cioccolato, tabacco o spezie in generale, dovuti al tipo di legno usato e alla
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consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com
sua tostatura. Senza entrare nel merito puramente tecnico (alterazioni microbiologiche, polimerizzazione tra tannini ed antonciani, reazioni enzimatiche ossidative, etc.) in certe situazioni, l’uso dei legni grandi o piccoli che siano, esalta determinate caratteristiche. Questo però non vale per tutti i vini. Come ho già raccontato in passato, l’avvento della barrique è vissuto da molti esperti e addetti ai lavori addirittura in modo negativo come un metodo sicuramente efficace per chiudere la strada ai vini tipici e tradizionali.Tra questi, voglio ricordare Renzo Cottarella, direttore generale di Antinori, che definì la barrique come una minigonna: non tutte le donne se la possono permettere. Aggiunse pure che se il vino è fatto bene non ci si dovrebbe nemmeno accorgere della presenza del legno e tutto ciò è difficile, se usiamo una barrique. Oggi i consumatori, preparati o no, amano sempre meno i vini con sapori e gusti standardizzati, ricercano emozioni sempre diverse e uniche, in grado di esaltare il vitigno e il suo territorio. La barrique non fa miracoli, non ha effetti magici e quando il vino non ha la struttura o le scelte del produttore sono approssimative, otteniamo quello che alcuni definisco “vino del falegname”: sa tanto di legno e ha poca personalità. Per fortuna, abbiamo iniziato a ragionare e a bere con la nostra testa. Come sempre, le tendenze non sono frutto delle aspirazioni dei produttori, ma anticipano e concretizzano i desideri dei consumatori.
NEWS
Vini lombardi in passerella a Grumello Sabato 27 e domenica 28 febbraio Grumello del Monte torna ad essere crocevia del patrimonio enoico lombardo con la seconda edizione di “Sapor di Vino”. Nella tensostruttura del Palafeste di via Kennedy, saranno allestiti i banchi d’assaggio di consorzi e produttori di ciascuna zona vinicola lombarda e sarà possibile partecipare a degustazioni di vini abbinati a formaggi, guidati dagli
assaggiatori Onav con il supporto degli esperti Onaf. Le degustazioni riguardano “Valcalepio Doc”,“Vini e formaggi della Lombardia”, “Franciacorta Docg – un metodo un vino” e “I vitigni autoctoni lombardi”. Domenica alle 15 sono in programma le conferenze “Etichettatura dei vini: terroir o vitigno” con il professor Mario Fregoni, ambasciatore delle Città del Vino
e presidente onorario Oiv Organisme internazionale de la Vigne et du Vin, e “La riforma della legge sui vini Doc: la situazione nazionale e lombarda” curata dal professor Alberto Vercesi, coordinatore Città del Vino della Lombardia. Alle 16.30, invece, si terrà un incontro di introduzione alla degustazione di formaggi. Il programma è consultabile su www.onav.it
Trex, la panetteria si fa ristorante Terza generazione di fornai, i fratelli Tresoldi lanciano, nella stazione di servizio di via Gavazzeni, un locale multifunzione. La cucina affidata a Roberto Moretti, ex Gare du Nord Da sinistra Clara con il marito Tommaso Tresoldi, Roberto Moretti, Elena Carrara e Matteo Tresoldi
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ar e tavole calde sono ormai una presenza piuttosto diffusa nelle stazioni di servizio. Più raro è trovare un “vero” ristorante, mentre è decisamente accattivante l’idea di sfruttare la sosta carburante per l’acquisto del pane fresco. In via Gavazzeni a Bergamo, con l’ampliamento dell’ex distributore Tamoil, ora Esso (primo impianto dotato di metano in città), accanto a due autolavaggi, un’officina meccanica e a un’impresa di impianti elettrici è in fase di apertura un ampio spazio “food” con caffetteria, panificio, pasticceria e ristorante. Si chiama Trex–Italo Tresoldi e nel nome riassume la sua ispirazione. Da una parte un termine moderno, in linea con la vocazione polifunzionale del locale, dall’altra la tradizione: la firma di una famiglia di panificatori da tre generazioni, cominciata con nonno Giuseppe nel ’22, proseguita con papà Italo e oggi forte di tre punti vendita (due in città, in via XXIV maggio e Statuto, uno a Treviolo) e di un laboratorio, al Villaggio degli sposi, che produce 82 tipi di pane oltre agli altri prodotti da forno dolci e salati. Trex è un’iniziativa dei fratelli Matteo (36 anni) e Tommaso (29) e della moglie di quest’ultimo, Clara (32), che hanno deciso di ampliare l’orizzonte della loro attività. «Il
passo – evidenzia Tommaso - nasce dalla consapevolezza che oggi la panificazione ha bisogno di un “contorno”, di uno spazio dove le produzioni possono essere gustate». Per creare la giusta cornice a pane, dolci, snack e pizze cotte al momento i tre non si sono fermati al bar-caffetteria (peraltro qualificato dall’adesione al progetto Artisti del Gusto Illy), ma si sono lanciati nella ristorazione. «La cucina è a vista – prosegue Tommaso - e si può scegliere di servirsi direttamente al banco oppure la tradizionale ordinazione al tavolo. Il target è quello dei pranzi di lavoro e proponiamo combinazioni a prezzo fisso».Ai fornelli c’è la mano esperta di Roberto Moretti, noto tra l’altro per la conduzione di Da Giussano a Torre Boldone fino al 2000 e della Garde du Nord in città, dal 2003 al 2007. Nella squadra anche Elena Carrara, con cui lavora da sette anni. «Abbiano scelto la cucina classica italiana legata al territorio – spiega Moretti – che arricchiremo con qualche contaminazione internazionale e qualche appuntamento a tema».Trex offrirà anche colazioni, merende e aperitivi puntando su una buona selezione di vini. Pur osservando inizialmente orario diurno, conta già di organizzare qualche evento serale.
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IL CONGRESSO di Laura Bernardi Locatelli
Semplicità e tradizione, il nuovo binario della ristorazione Le nuove tendenze a “Identità Golose”. Si lavorerà più per sottrazione che per accumulazione. Con un imperativo: salvaguardare il nostro patrimonio culinario
I
l futuro della ristorazione è contraddistinto dal segno meno. Meno fronzoli, meno opulenza, meno ostentazione, ma anche meno briglie: in una parola, viva “il lusso della semplicità”, titolo del VI Congresso italiano di Cucina d’autore “Identità Golose”, che ha radunato nei giorni scorsi al Milano Convention Center, chef, pasticceri, sommelier, operatori e addetti ai lavori, ma anche semplici appassionati di cucina. Nell’immediato futuro si lavorerà per sottrazione e non per accumulazione, come già stanno facendo, a tutte le latitudini e su fronti diversi, i più grandi chef italiani per tradurre in pratica, in cucina, il ritornello della semplicità e della tradizione. A “Le Calandre” (3 stelle Michelin) Massimiliano e Raffaele Alajmo hanno eliminato la tovaglia con quel senso liberatorio che solo infrangere i divieti regala, per lasciare che i loro ospiti accarezzino con mano i tavoli realizzati con frassino ultracentenario; Davide Oldani,“costretto” a rinunciare a materie nobili, quali caviale, tartufo e foie-gras, per convinzione “Pop” e budget risicato, ha pensato bene di sostituirli al “D’O” con ingredienti semplici, dalle frattaglie alla tapioca, alle alghe. Antonino Cannavacciuolo, chef a Villa Crespi” sul Lago d’Orta (2 stelle Michelin), ha incorporato la scar-
petta (altro divieto assurdo imposto dal bon ton) in un succulento piatto di linguine con calamaretti spillo e salsa di pane di Fobello, per salire poi in cattedra educando il popolo italiano ad eliminare gli sprechi, recuperando i trucioli di pane - resti delle pagnotte del guru della panificazione Eugenio Pol - che ogni giorno restano sul tagliere dove viene affettato.Trucioli trasformati in un piatto d’autore dopo esser stati adagiati su una crema di burrata, scarola vitaminizzata e acciughe. La cucina fa dunque retromarcia, torna a cercare la strada della tradizione dopo anni di viaggi a zonzo dall’Asia all’Africa e scorribande tra fisica e chimica, spume e schiume, sifoni e fumi. La cucina è tornata a casa con le idee più chiare e con la consapevolezza che, nonostante tutto, sostanza e tradizione non passano mai di moda e che, anche se la creatività non vuole limiti, va domata, addomesticata e disciplinata in nome di un ideale più alto: salvaguardare la nostra identità culinaria, confrontandoci con la globalizzazione senza permetterle di sopraffarci. La nuova frontiera della ricerca gastronomica è segnata dalla creatività basata sul prodotto e sul territorio e dal superamento tra cibi ricchi e poveri. Perché è più difficile e stimolante sublimare prodotti semplici che proporre materie prime nobili e costose.
SLOW FOOD
Petrini: “Nei menù si indichino anche produttori e allevatori” Carlìn-Carlo Petrini, fondatore di Slowfood, è sceso in campo a Identità Golose difendendo l’agricoltura (e la nostra “Terra Madre”, come il titolo del suo ultimo libro) con la forza roboante dei suoi comizi nelle Langhe. “Si
parla di semplicità come un lusso, ma l’allarme più semplice e sotto gli occhi di tutti, anche se non se ne parla mai abbastanza, è la degenerazione del sistema alimentare. Sennò parlare di enogastronomia senza agricoltura diventa un mero
Il sodalizio tra Eugenio Pol e Antonino Cannavacciuolo
Il pane ritorna al centro “Pane, amore e fantasia”: è questo il titolo del convegno che ha visto affiancati uno chef di rango come Antonino Cannavacciuolo e Eugenio Pol, chef che ha abbandonato da anni la cucina per concentrarsi sul pane a Fobello, in Alta Val Sesia, nel suo laboratorio, chiamato in dialetto“Vulaiga”, come la neve quando scende leggera come la farina. Tra i due si è da tempo creato un sodalizio, che va ben oltre un legame fornitore-cliente (ovviamente a Villa Crespi si utilizza solo il pane di Fobello): Pol e Cannavacciuolo hanno trovato l’abbinamento ideale tra pane e piatti. Così le linguine di Gragnano con calamaretti baby e salsa al pane di Fobello incorporano direttamente nel piatto la scarpetta: il pane ideale per questa proposta moderna che sublima la tradizione d’una volta dei primi piatti con gli avanzi della pagnotta del giorni prima, è un pane enorme di segale e semi di lino che, ricchi di omega 3, vanno a nozze con i calamaretti.“Il pane - sottolinea Cannavacciuolo, deve tornare ad essere un ingrediente fondamentale in cucina e non di semplice accostamento. Il pane è festa, è cultura, è vita. Non sopporto vedere gettare nella spazzatura il pane: con la stessa creatività che avevano le nostre nonne che non buttavano via niente, si possono presentare tantissime ricette”. Cannavacciuolo dà a tutti il buon esempio, presentando la sua crema di burrata, purea di scarola, acciughe e trucioli di pane di Fobello, recuperati direttamente dal tagliere dove le pagnotte vengono affettate. Non si butta via niente per la gioia di Pol, instancabile cacciatore di farine antichissime, sostenitore della lievitazione naturale con una pasta madre custodita gelosamente da decenni, che assicura: “Il
atto di onanismo culturale”. Per la prima volta nella storia italiana non esiste comparto agricolo che non sia in sofferenza: “Allevatori e agricoltori non contano nulla, mentre accendendo qualsiasi canale della tv o aprendo le pagine dei giornali, non si fa altro che vedere spadellare e spadellare. Ma la gastronomia non è solo arte ricettaria. Il latte viene pagato 27 centesimi al litro, il grano 10 euro
mio pane dura tranquillamente una settimana e più: lievitazione naturale, e, acqua buona e forme granndi ed allungate per salvare vare il “pulcino”, il cuore dell pane, che deve rimanere vivo. Qui si concentrano i buoni fermenti del lievito madre che si moltiplicano e arricchiscono il pane di principi nutritivi, aiutandolo a conservarsi più a lungo”. Il pane deve tornare in cucina:“Così è dalla notte dei tempi, quando per addensare salse e quant’altro non si usava né fecola di patate, né altri addensanti”. Sante parole del “genio” del pane che ci auguriamo che molti chef seguano, sulla scia di Cannavacciuolo.
Paolo Marchi, Antonino Cannavacciuolo e Eugenio Pol
al quintale e iniziano a soffrire anche i produttori di vino. Contadini e allevatori sono solo il 3% della nostra popolazione e il 50% di questo sparuto esercito ha più di 60 anni. E noi non possiamo certo mangiare né pc, né comunicazione nell’immediato futuro, né “farci mangiare dal cibo”. Non possiamo permettere che la demagogia mefitica del basso prezzo distrugga la nostra terra”.
La situazione è allarmante: “Dal 1970 ad oggi abbiamo perso il 70 per cento della biodiversità, la pianura padana è in semidesertificazione e rischiamo di fare la fine dell’Irlanda della Grande Carestia del 1845. L’infertilità può essere anche bella verde: non si può coltivare un prato da golf. Apprezzabile l’idea di Michelle Obama, ma alla Casa Bianca scommetto che non nasce manco un ravanello”.
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DAVIDE OLDANI
Così ti elevo la materia prima “povera”
carlo petrini
Davide Oldani
Davide Oldani è il pioniere della filosofia del “lusso della semplicità”, portata avanti con rigore e coerenza zen da anni al “D’O” (le iniziali di Oldani, che con quell’apostrofo significa “la giusta via” in giapponese). Per Oldani la contemporaneità è la democrazia dei prezzi e degli ingredienti, l’etica contro l’esibizionismo, la materia prima semplice contro la spettacolarizzazione in cucina. La mano dello chef e l’artigianalità di un piatto si devono riconoscere indipendentemente dal prestigio della materia utilizzata.A Identità Golose, Oldani ha dato prova della sua filosofia in cucina: “Pop”, popular sì, ma pur sempre arte. Il giovane chef che ha lavorato con Gualtiero Marchesi, Michel Roux e Alain Ducasse, nel suo “D’O” a Cornaredo, nell’hinterland milanese, non può permettersi (per non mancare di fedeltà alla sua filosofia) foie-gras, caviale e tartufo. Materie prime troppo lussuose per essere inserite in un menù dal prezzo contenuto, ma di cui
Bisogna dare il giusto valore e prezzo alle materie prime e portare la qualità sulle tavole di tutti, non solo dei ricchi: “Gli chef dovrebbero dare il loro contributo, offrendo la giusta visibilità e il tributo ai produttori, indicando nei loro menù i nomi degli agricoltori e degli allevatori che li forniscono. Negli Stati Uniti, nel paese che ha inventato il supermercato, sono molto più avanti di noi: dal 1995 ad oggi i farmer’s market sono cresciuti esponenzialmente, da 50 a 12 mila. La mia rabbia è vedere che noi, che i mercati li abbiamo inventati nel Medioevo, li chiamiamo “farmer’s market”, ma questa è un’altra questione”. L’alimentazione, ricorda a tutti Petrini, sarà il tema di Expo 2015:“Milano ha vinto con il tema “Nutrire il pianeta”: iniziamo da qui, dal Parco Sud e da quei
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alla fine, se ci si concentra bene, si può finire col non sentirne la mancanza. Così con un colpo di bacchetta magica, come in Cenerentola, la zucca si trasforma in elegante carrozza, la tettina di vitello, con spuma di birra all’italiana montata a mano e composta di chutney, ricorda il foie-gras; la tapioca al nero di seppia richiama il latte cagliato con il caviale; il soufflè al tartufo bianco viene fatto con pere e caciotta e zeppola alle alghe di Napoli. Una lezione per tutti, fatta di continue ricerche, studi e sperimentazioni per portare allo stesso rango e gradino materie prime lussuose e snob e materie prime povere e semplici, dando vita a curiosi incroci ed inversioni. Il quasi foie-gras, alias tettina di vitello, con spuma di birra e composta di chutney, si è aggiudicato a man bassa il trofeo Birra Moretti, bevanda “pop” per eccellenza, apprezzata e bevuta in tutto il mondo in spumeggianti serate in compagnia.
47 mila ettari vincolati all’agricoltura. La natura quando siamo generosi ci ricambia: restituire il Lambro pulito alla città è un’opera più rivoluzionaria della costruzione della Tour Eiffel per Expo 1889. L’agricoltura di prossimità è il vero ragionamento su cui concentrarci a livello mondiale. Cosa direbbero i nostri nonni, sapendo che viviamo in un paese dove si spende più per dimagrire che per mangiare?”. La vera sfida del futuro, ne è assolutamente convinto Petrini, che anticipa così il cavallo di battaglia del 2010 di Slowfood, sarà coniugare alimentazione e medicina:“Perché, per dirla con Sant’Agostino, nulla nutre di più il nostro spirito di ciò che lo rallegra”.
La magia “sposa” la tavola, Paviato all’Antico ristorante del Moro Aurelio Paviato
“S
impatico, estroverso, tecnicamente ineccepibile, capace di proporre di volta in volta spunti di reale efficacia e rilevanti interventi sulla psicologia del gioco e dello spettatore. Il tutto, frutto di indubbia esperienza e di ricerca seria e consapevole”. Così il Prestigiatore Moderno (rivista del Circolo amici della Magia di Torino) tratteggia la figura di Aurelio Paviato, campione del mondo di Close-Up Magic, ai più noto come il “prestigiatore del Costanzo Show” per le frequenti partecipazioni agli spettacoli del Parioli di Roma. Paviato è il mago che ha reso popolare la ma-
gia a distanza ravvicinata, attraverso l’utilizzo di piccoli oggetti quotidiani come carte, spille, monete o coltellini. Chi ne è affascinato, il prossimo 27 febbraio avrà l’opportunità di stupirsi, di vedere Paviato all’opera, grazie ad un evento organizzato congiuntamente da Ascom e Promoberg. La Bottega delle Meraviglie - così è stata definita la manifestazione - si terrà all’Antico Ristorante del Moro, a Bergamo, così da unire il piacere della tavola allo spettacolo di magia. “Abbiamo immaginato - spiega Luigi Trigona, direttore dell’Ascom - un modo nuovo, mo-
derno e attuale per far avvicinare la gente ad una antica ed affascinante arte com’è la magia”. I piatti saranno curati dallo chef Federico Coria, e il menù prevede; Scrigno di baccalà in brodetto di capperi e profumo di limone, Ravioli di pasta fresca ripieni di parmigiano liquido e tartufo nero, Lombata di vitello cotta a bassa temperatura con cannolo di patata panato e fritto e Tortino di cioccolato con cuore liquido alla vaniglia e salsa al caffè. Il prezzo a persona, vini inclusi, è di 35 euro. I posti sono limitati a 50 e per le prenotazioni si può telefonare al numero 035 2289200.
Moscato di Scanzo, in vista dell’Expo il Consorzio aumenta la propria visibilità Il 25, 26 e 27 giugno prossimi, il Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo sarà presente a San Pietroburgo in occasione dei festeggiamenti in onore dell’ architetto bergamasco Giacomo Quarenghi, al quale gli zar affidarono tra il diciassettesimo e diciottesimo secolo la progettazione dei più maestosi palazzi della città. Guidata dal presidente Paolo Bendinelli, la delegazione arriverà nella città russa per presentare il Moscato di Scanzo Docg e gli altri vini delle aziende associate durante una cena di gala allestita all’interno dell’Ermitage. L’evento è riservato alle autorità e agli imprenditori più in vista di San Pietroburgo mentre il giorno successivo la degustazione sarà aperta al pubblico e sarà arricchita da prodotti tipici bergamaschi. Nel frattempo il Consorzio guarda anche più in là, all’Expo 2015. E per questo ha stretto una forte colla-
borazione con la Professional Consulting, società legata ufficialmente a Expo e che tra gli obiettivi ha anche quello di aumentare la visibilità delle aziende vitivinicole. Il tutto attraverso il nuovo portale internet www.italiadelvino.com. “Contiamo molto su questa collaborazione - ha commentato il direttore del Consorzio, Corrado Fumagalli -. Il fatto di essere una piccola realtà, pur avendo un prodotto eccellente, ci ha spinti a unirci al portale “Italia del vino” per aumentare la nostra visibilità a livello internazionale”. In linea con questo accordo, è stato anche realizzato un restyling al sito ufficiale del Consorzio consultabile all’indirizzo www.consorziomoscatodiscanzo.it.
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NEWS di Fabrizio Pirola
Bar e pizzerie, c’e sempre fermento a Bergamo In via San Giorgio, in città, arriva Giropizza, mentre nuovi locali sono stati avviati a Curno e Valbrembo
U
Il nuovo Giropizza
n nuovo Giropizza in arrivo in città, due giovani ragazzi che aprono un nuovo bar a Valbrembo, il ViceeVersa di Curno che apre una nuova sala e molte news per un settore che dimostra una sorprendente vitalità, pur in una congiuntura economia tutt’altro che felice. Lo confermano anche i recenti dati statistici che riportano cifre in controtendenza rispetto al quadro generale, grazie anche ad una ventata importante d’ottimismo e di fiducia che arriva da molti giovani che si lanciano nel settore. “La qualità a basso prezzo” è la filosofia imprenditoriale di Emanuele e Paolo Rota che proprio in giorni debuttano a Bergamo con Giropizza nella frequentatissima via San Giorgio al 17/H, nei locali che fino a pochi mesi fa ospitavano la concessionaria d’auto Mercedes Lodauto. “Il mio percorso e quello di mio fratello Paolo è molto lungo - ci dice Emanuele - perché il punto di partenza è stato un disco pub di grande successo come il Road House a Curno. Poi ci siamo trasferiti a Cavernago, dove abbiamo aperto il disco bar Havana e da lì abbiamo proseguito quello che ci sembrava un naturale percorso rilevando una discoteca molto famosa come il Fiorenudo di Seriate e poi inaugurando il Phenelope Cool Club di Curno”. Dai piatti del dj quelli da cucina e da pizza, il passo è stato veloce. “Ho captato il momento difficile per il mondo del divertimento notturno e quando mi è stato proposto di rilanciare un locale importante come il Notturna non mi sono lasciato sfuggire l’opportunità rilanciandolo come La Cantinaccia, wine music bar a pizza non-stop con la formula di Giropizza a 10 euro
Gianluigi e Roberto Innocenti
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e Girocarne a 20 euro. Formula - prosegue Emanuele che ho poi proposto con alcune modifiche anche nei due locali di Curno, il Rossovino e il nuovo Giropizza aperto da tre mesi nella rinnovata struttura dell’ex Phenelope”. Ora nei 600 metri quadri con soppalco, in via S. Giorgio nasce il quarto Giropizza della catena, a conferma di un format appetibile.“La location è di grande visibilità ed è vicina ad un punto di aggregazione enorme come l’università. Per facilitare gli studenti proponiamo a pranzo un menu da otto euro, mentre come giropizza saremo aperti alla sera. I nostri ristoranti sono aperti tutte le sere - conclude Emanuele - mentre a mezzogiorno dal venerdì al sabato”. Completamente diverso il percorso di Gianluigi e Roberto Innocenti, due giovani fratelli di 19 e 23 anni che dopo aver fatto esperienza in alcuni bar e ristoranti, hanno intrapreso l’attività d’imprenditori inaugurando in una struttura completamente nuova l’Inno’s Cafè in Corso Europa Unita 2 a Valbrembo. “E’ una sfida importante per noi - ci dicono all’unisono i due giovani - ma ormai ci sentivamo pronti per crearci un spazio ed una offerta tutta nostra, dove poter mettere in pratica le nostre idee”. Il drink&bar con panineria è aperto tutti i giorni, tranne la domenica, delle 6 del mattino alle 2 di notte. Rimanendo nelle vicinanze è terminato il restyling del Tiempo di Mozzo, ristorante-pizzeria rilanciato dalla nuova gestione di Luca Locatelli. L’ingresso è stato modificato e ampliato, spostata la zona della pizzeria con nuovi posti a sedere. Poi per soddisfare i tanti appassionati del calcio, ed in
previsione dei prossimi mondiali, sono stati installati tre televisori da 50 pollici per guardare tutte le partite. Sempre percorrendo la strada statale Dalmine/Villa D’Almè, ma sposandoci nel comune di Curno, Simone Aiolfi e Mario Signorini hanno da poco rilevato la gestione del Lounge Bar, american-cocktail bar aperto tutte le sera dalle 18 alle 2 di notte. Caratteristica la scelta di dare ampio spazio al gioco del momento: il Poker Texas hold’em on line da giocare sui quattro computer a disposizione. A disposizione sempre per gli appassionati giocatori tante slot machine, con sala fumatori. Non ci allontaniamo e rimanendo a Curno segnaliamo il “raddoppio” del Viceeversa. I due simpatici titolari, Mario e Giovanni Carrara hanno da pochi mesi aperto al piano superiore una nuova sala con bancobar dove poter degustare le loro tante nuove proposte: tisane (circa 50 tipi d’infusi tutti diversi tra loro), cioccolate (fino a 32 gusti), tè freddi shakerati (30 gusti da scoprire) e whisky. Il frequentatissimo bar è aperto dalle sei alle due di notte. “Durante la stagione estiva, i posti a sedere del giardino esterno ci permettono di soddisfare tutta la nostra numerosa clientela - racconta Mario - ma col freddo, lo spazio interno precedente era troppo esiguo. Ora, con la nuova sala speriamo di rispondere alle esigenze di tutti, visto che il nostro è un punto d’incontro che vive tutta la giornata, dalle colazioni alla pausa pranzo (non solo panini, piadine, toast, bruschette, piadepizza che sono il nostro forte ma anche insalatone, piatti freddi, misti e i piatti caldi del giorno) e poi il pomeriggio per il tè, il ricco aperitivo e la lunga serata”.
Simone Aiolfi e Mario Signorini
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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci
Loco, quel mix tra Puglia e Messico Dopo l’esperienza al Tropico Latino, Ivano Vitale ha virato verso i sapori della terra d’origine. Il nuovo locale è aperto da settembre in via Palazzolo
C’
è un proverbio bergamasco, almeno lo conosciamo come tale, che probabilmente è anche più diffuso, visto il suo significato universale.“Dal bello non si ricava nulla” potrebbe suonare la traduzione approssimativa, intendendo che la bellezza esteriore non è il valore più importante. In realtà nella versione bergamasca si parla di “non mangiare nulla dalla bellezza”. E allora l’accostamento è venuto spontaneo: quanto conta, in un ristorante, la “bellezza” dell’ambiente? Lo spunto deriva dalla visita al “Loco”, ristorante e pizzeria in città al numero 38 di via Palazzolo. Il posto, in effetti, è bello, soprattutto la suggestiva sala a volte del ‘700 perfettamente recuperata, ideale per cerimonie con un’ottantina di coperti disponibili. C’è anche un pianoforte che suggerisce una funzione polivalente degli spazi, pur se in versione minimalista, e il resto del locale è ugualmente arredato con gusto e funzionalità. Ottime scelte, quindi, per un ambiente nuovo, visto che il Loco è aperto da settembre dello scorso anno. Ma, rifacendoci al proverbio d’apertura, l’eleganza estetica da sola non può essere determinante: la buona cucina e il servizio, infatti, possono nobilitare situazioni anche di profilo inferiore. Insomma, al ristorante o in pizzeria si va prima per mangiare e poi, magari, per appagare l’occhio. Ivano Vitale, contitolare del Loco, è stato molto bravo nel coniugare i due aspetti. E del resto non poteva essere diversamente dal momento che non si tratta di un ristoratore improvvisato. «Dopo aver finito l’istituto alberghiero – racconta Vitale, 42 anni, originario
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della provincia di Taranto – ho avuto lo proposta di gestire un locale a Bergamo in via Tasso. Si chiamava 3T e faceva parte di una catena in franchising tra i cui fondatori c’era anche l’attore Renato Pozzetto. Erano i primi Anni 90. Progressivamente ho acquistato una quota e poi ho rilevato totalmente l’attività che, con l’insegna Tropico Latino, proponeva le cucine messicana e americana, tex mex in gergo, ed era anche american bar». Ed ora il Loco, un bel salto. «Beh il salto c’è stato, è evidente, ma – prosegue - non ho accantonato totalmente l’esperienza precedente che è stata altamente positiva. Non rinunciamo ad avere come target anche i giovani e quindi oltre alla pizza offriamo ancora alcuni piatti della cucina tex mex come fajitas, tortillas e salse varie: si tratta di portate che ci teniamo ad avere nella nostra carta visto il gradimento che
incontrano. Certo l’asse portante ora è diverso: siamo legati alla cucina della nostra terra, la Puglia, ma più in generale alla cucina mediterranea. Il nostro menù segue una specie di viaggio ideale del basso Mediterraneo, ci innestiamo sul filone della cucina etnica e cerchiamo di personalizzarla proponendo i piatti in modo curato ed elegante». Carne e pesce, quindi, più o meno equamente distribuiti nella carta del Loco. Soprattutto alla griglia la carne (filetti, costate, entrecote), al cartoccio o in umido il pesce, ma anche alla griglia, mentre i primi piatti sono un autentico tuffo nel profondo sud. Si parla infatti di paccheri, di troccoli pugliesi con cicoria, di gnocchetti al pesto di agrumi e ricotta e via di questo passo il viaggio continua. Il Mediterraneo si può “solcare” anche a tavola ad un prezzo abbordabile: 25/30 euro per un pranzo completo.
LA PROVA
Tra orecchiette e fajitas Un pizzico di Messico, frutto dell’esperienza al Tropico Latino, ed una punta di fantasia arricchiscono il menù di mezzogiorno del Loco, peraltro già ben assortito con piatti non banali. Fajitas chili y nachos sono il piatto break mentre lo special è l’insalata in crosta, con tonno, mozzarelline, pomodorini e rucola, servita nella pasta della pizza proposta unitamente a drink e caffè al costo di 12 euro. Il menù classico prevedeva invece, in occasione della nostra visita, tagliatelle al ragù, risotto di mare, orecchiette con broccoli e penne all’arrabbiata per i primi. Scaloppine al vino bianco, salsiccia alla griglia con purè, coniglio al forno e trancio di tonnetto alla griglia, le proposte per i secondi piatti. Decisamente una buona selezione. Abbiamo scelto il risotto di mare e il trancio di tonnetto alla griglia. Buona mano in cucina, poco da invidiare rispetto a menù alla carta serali. Ottimo rapporto qualità prezzo per 13 euro che comprendono anche, come del resto è consuetudine, acqua, vino e caffè.
PREMIO
MERCURIO D’ORO
di Agnelli Lucia Amabile & Salimusaj Rexhep Rexhe
LOCO Restaurant & Pizza via Palazzolo, 38 - Bergamo tel. 035 225855 aperto a pranzo da lunedì a venerdì, alla sera da martedì a domenica
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La sorella Monica è al Pooglia’s
La ristorazione nel Dna I nonni erano i ristoratori al Circolo Nautico di Bari, i genitori hanno continuato l’attività in altri locali della Puglia e loro, i figli, sono sbarcati a Bergamo con un ristorante ciascuno. È anche una storia di emigrazione, si lascia sempre con sofferenza la terra di origine, ma è soprattutto una storia di impegno e professionalità in un settore, quello della ristorazione, che richiede sempre sacrifici. Certo la tradizione di famiglia aiuta e a Ivano Vitale e alla sorella Monica ha dato senz’altro l’imprinting: li ha fatti nascere ristoratori. Ivano dai primi Anni 90 al Tropico Latino di via Tasso ed ora al Loco in via Palazzolo, Monica dal 2004 al Pooglia’s in via XXIV Maggio sempre in città: ristorante tipico pugliese con pizzeria. Due locali in cui i profumi ed i sapori della Puglia e più in generale del Mediterraneo si rincorrono. Due locali che, leggendo la situazione in chiave moderna, attuano una stretta sinergia, oppure, per dirla in modo più tradizionale, una famiglia che collabora e che conserva le radici nella terra d’origine, dalla quale arrivano due volte per settimana i prodotti tipici per entrambi i ristoranti.
Si realizzano arredamenti completi per macellerie, salumerie, pizzerie, kebab, bar, ristoranti e altro RELUX s.n.c. Sede Operativa: Via Castel Rozzone, 10 BRIGNANO G. D’ADDA (BG) Cell. 333.5653572 - 328.6478167 Tel./fax 0363.382957 e-mail: reluxd00@relux.191.it
Ivano Vitale
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L’INTERVISTA di Pierluigi Saurgnani
Vino,“la qualità conta, ma ancor di più la rete commerciale” Tiziano Vistalli, enologo bergamasco per diverse cantine in Toscana e Umbria, fa un quadro del mercato italiano e sul Valcalepio ammette: “Ha fatto passi avanti rispetto al passato ma, se vuole affacciarsi sul palcoscenico nazionale, è ancora all’inizio del suo percorso”
I
l vino italiano? È buono, ma, di questi tempi (mala tempora currunt), non se la passa tanto bene. I consumi sono in calo, la crisi ostacola l’export, le scorte in magazzino crescono e i concorrenti esteri, lavorando per di più a basso costo, offrono prodotti sempre più pregevoli e a prezzi interessanti. Inoltre, molte aziende nostrane devono fare i conti con una rete commerciale non sempre all’altezza. Tutto ciò, nonostante il vino italiano, nel suo complesso, si sia emancipato sul piano della qualità offerta. È il quadro, a luci ed ombre, esposto dall’enologo bergamasco Tiziano Vistalli che presta la sua attività di consulenza a diverse aziende vitivinicole di Umbria, Toscana e Sardegna e che nelle settimane scorse è ritornato nella sua Bergamo per presentare, al ristorante-enoteca Porta Osio, i vini dell’Umbria, e in particolare il Montefalco Rosso e il Sagrantino di Montefalco delle aziende Tiburzi, Blasi e Raina. Perito agrario, Vistalli ha conseguito il diploma di viticoltura ed enologia all’Università Statale di Milano. Nel ‘97 in Sicilia, nella Cantina Calatrasi, ha ricoperto il ruolo di responsabile del controllo qualità delle uve. Lasciata l’isola nel 1998,
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si è trasferito in l’Umbria dove ha lavorato quattro anni nella Cantina Caprai di Montefalco come responsabile enologico, sotto la supervisione dell’enologo Attilio Pagli, contribuendo alla crescita dell’azienda ed acquisendo sempre più conoscenze sulle potenzialità enologiche del celebre Sagrantino di Montefalco. Nel 2001 ha iniziato la collaborazione con l’azienda Tiburzi di Montefalco e altre realtà umbre, toscane e sarde.“In questa delicata fase del mondo enologico italiano - spiega l’enologo - si salvano solo due tipologie di imprese: le aziende vitivinicole che hanno alle spalle importanti realtà imprenditoriali in altri comparti e le aziende
storiche che in tanti anni di attività hanno saputo sviluppare una ampia e articolata rete commerciale”. Ma - chiediamo - la qualità del prodotto non conta nulla? “Certo che conta - risponde Vistalli - e infatti, in generale, i vini italiani si sono elevati in qualità ma, sul piano economico, a fare la differenza oggi è lo sviluppo della rete commerciale. Marco Caprai mi ha insegnato a suo tempo che un bravo enologo vale cinque volte meno di un bravo commerciale”. E, purtroppo, a suo dire, diverse aziende non sono state perfettamente in grado di pianificare il comparto commerciale. Vistalli opera anche una distinzione tra i grandi produttori e quelli
Nasce a Bergamo il sito Vinoflash.it Il panorama enoico italiano si è arricchito di un nuovo mezzo di comunicazione. È Vinoflash, sito web ideato e curato dal giornalista bergamasco Pierluigi Saurgnani. Grazie ad una grafica snella e pulita e ai frequenti aggiornamenti sulle novità e sugli eventi del settore,Vinoflash punta a diventare un sito di riferimento per operatori e appassionati. È online da poche settimane all’indirizzo www.vinoflash.it
Tiziano Vistalli
Lo specialista dal 1920... Oltre 100
medio-piccoli che non sono ancora entrati nella Grande distribuzione, cioè in quella che definisce “un’arma a doppio taglio”. Le promozioni sottocosto che fanno la felicità del consumatore (oggi non è difficile trovare nella Gdo buoni prodotti a prezzi più che ragionevoli) costituiscono infatti una sorta di concorrenza sleale nei confronti dei produttori e determinano delle distorsioni, tanto che - evidenzia Vistalli - “in certi casi i ristoratori trovano più conveniente acquistare le bottiglie nei supermercati che in azienda”. Mentre le aziende vinicole italiane (ma anche quelle francesi) hanno i magazzini pieni di bottiglie (e intanto - aggiunge - tutti gli anni si continua a vendemmiare…), Paesi come, in particolare, l’Argentina e il Cile “offrono prodotti solo in qualche caso un po’ stucchevoli ma nel complesso corretti, piacevoli e a buon mercato”. Ma c’è un altro problema che assilla il vino italico: il moltiplicarsi delle aziende vinicole.“Negli ultimi anni sono aumentate in misura esponenziale - dice l’enologo -.Tanto per fare qualche esempio, nell’area di Montefalco dal 1998 ad oggi gli imbottigliatori sono passati da 14 a 50 e in quella di Montalcino da 110 a 215”. Una proliferazione che preoccupa, visto il calo dei consumi. Quante aziende sopravviveranno? E quante saranno costrette a gettare la spugna? Essendo bergamasco,Vistalli non si tira indietro quando gli si chiede un giudizio sui vini orobici:“Il Valcalepio a livello locale ha fatto passi avanti rispetto al passato ma, se vuole affacciarsi sul palcoscenico nazionale, è ancora all’inizio della sua lunga strada. Sul piano aromatico è senza dubbio un prodotto interessante, manca però ancora qualcosa a livello di bocca e di struttura. Forse si potrebbe intervenire introducendo nuove e più efficaci tecniche di maturazione per ottenere una concentrazione più alta a livello strutturale”.
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APPUNTAMENTI
IL 6 MARZO
Giornata nazionale dei Bed & Breakfast, una notte è gratis
S
e si ha intenzione di organizzare un week end fuori casa, magari abbinando la visita di una città d’arte a qualche sosta golosa, può essere interessante “approfittare” del B&B Day, giornata nazionale del Bed & Breakfast. L’iniziativa permette di dor-
mire gratis il 6 marzo prenotando almeno per un’altra notte nella struttura. In pratica, coloro che prenoteranno il 6 e il 7 marzo pagheranno solamente il 7 marzo, se le prenotazioni riguardano il 5, 6, 7 marzo si pagheranno solo il 5 e il
DAL 28 FEBBRAIO AL 3 MARZO
A Montichiari la fiera dell’alimentare e delle attrezzature
R
assegna del settore alimentare, delle attrezzature professionali per la ristorazione, dell’hospitality e dei servizi alberghieri, Aliment&Attrezzature torna dal 28 febbraio al 3 marzo al polo fieristico di Montichiari (Bs). L’appuntamento, giunto alla 23esima edizione ma per la prima volta organizzato direttamente dal Centro Fiera del Garda, si rivolge ai professionisti del settore HoReCa e propone accanto agli stand un programma articolato di eventi.A cominciare dal “Gran Trofeo d’Oro della Ristorazione Italiana”, campionato internazionale dedicato alle scuole alberghiere, promosso dalla Provincia di Brescia, per proseguire con la tappa bresciana del Campionato italiano baristi e caffetterie, gara basata sulle regole internazionali del Wbc nella quale i concorrenti si sfidano a colpi di espressi, cappuccini e cocktail analcolici a base di caffè, per l’accesso alla competizione nazionale. Ci sono anche il “Trofeo nazionale spillatura birra” e l’iniziativa “L’aperitivo vincente”, che offre una serie di utili consigli per gestire la fascia oraria dell’happy hour, dai drink al buffet. Come da tradizione, inoltre, l’assessorato all’Agricoltura, agriturismo e alimentazione della Provincia di Brescia presenterà percorsi enogastronomici, degustazioni per specialisti e laboratori di cucina per operatori.All’interno della manifestazione si svolge anche Commercial Market Expo, il salone dei veicoli e delle attrezzature per il commercio ambulante, con tutte le principali novità per gli specialisti. L’ingresso costa 8 euro (5 per chi ha più di 65 anni, gratuito fino a 12). Info: www.centrofiera.it
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7 marzo. Sono tantissimi in tutta Italia i b&b che aderiscono all’iniziativa. Per scegliere e prenotare c’è il sito www.bbday.it. Una bella occasione per una pausa fuori stagione e per apprezzare una dimensione più familiare dell’ospitalità.
LA RASSEGNA
Laboratori del gusto e banchetti teatrali dal Lario all’Adda
“I
sapori della memoria” è una rassegna organizzata dall’associazione lecchese Atelier delle Arti e del Gusto, dedicata a chi vuole approfondire la conoscenza delle tradizioni culinarie e della storia locale, in un’atmosfera conviviale che associa cultura, arte e piaceri del palato. Il calendario della prima parte dell’anno propone banchetti teatrali e recital dedicati al rapporto tra il cibo e la grande letteratura lombarda, cene-conferenza con esperti e produttori, laboratori e seminari sui prodotti tipici lombardi, cene “firmate” dai maggiori chef del territorio, in diverse località lungo le coste del Lario e dell’Adda. Ecco le prossime date. Giovedì 25 febbraio al Centro Giovani di Trezzo sull’Adda (Mi), alle 21, il laboratorio del gusto “I grandi vini di Lombardia: storia e realtà attuale”; giovedì 4 marzo sempre a Trezzo quello dal titolo “I formaggi degli alpeggi lombardi: prodotti d’eccellenza con una tradizione millenaria alle spalle”; sabato 5 marzo al Ristorante Hotel Sporting Club di Ballabio (Lc), alle 20.30, “Il cibo di Adelchi”, banchetto teatrale a cura di Luca Radaelli e Mauro Rossetto; sabato 6 marzo a Bellano (Lc), nella zona manifestazioni alle 20.30, la “Cena manzoniana”; giovedì 11 marzo, al Centro Giovani di Trezzo sull’Adda (Mi), alle 21 il laboratorio “I dolci della festa: la riscoperta di riti e sapori dimenticati”; venerdì 12 marzo, al Ristorante Nuovo Sole di Oliveto Lario (Lc), alle 20, la cena/ conferenza “L’olio del Lario – storia e realtà attuale”. La rassegna è organizzata con il contributo della Provincia di Lecco e dell’Unione Commercianti lecchesi. Info: www.atelierdelgusto.it
SLOW FOOD
Alla Quattroerre master sulla birra con Kuaska
U
n master sulla birra. A proporlo è la Condotta del Bergamasco di Slow Food che al centro di formazione “professione birra” di Seriate della Quattroerre ha organizzato un corso di approfondimento sulla più antica bevanda alcolica. Un’occasione per saperne di più su un prodotto trasversale alle generazioni, più complesso e sfaccettato di quanto sembri in apparenza. La relativa facilità di produzione ha infatti favorito la diffusione della birra in luoghi diversi per territorio, storia e cultura creando numerosi stili e varianti. Il “viaggio” si sviluppa in quattro serate: giovedì 18 e 25 febbraio, martedì 16 e giovedì 25 marzo a partire dalle 20. Questi gli argomenti:“Breve storia della Birra. La Produzione e la Degustazione”,“Tipologie e Stili”,“I colori del malto e la geografia della Birra”, “Le specialità e gli abbinamenti”. In cattedra un docente d’eccezione, Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, tra i più apprezzati specialisti di birra al mondo. Tutti gli incontri prevedono una parte didattico-conoscitiva e una degustazione guidata di almeno cinque birre. A chiusura degli incontri sono previsti abbinamenti con qualche stuzzichino didattico-degustativo.
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina
Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.
Radicchio gratinato Ingredienti per 1 persona 1 cespo medio di radicchio rosso di Treviso Pecorino grattuggiato a piacere 50-60 g di bresaola di manzo olio di oliva extravergine a piacere sale e pepe una manciata di noci tritate Preparazione Accendete il forno a 200° Eliminate le foglie esterne più sciupate e la radice a un cespo di radicchio, lavatelo e tagliatelo in 4 parti per il lungo. Riponete gli spicchi di radicchio in una pirofila foderata con carta da forno. Condite con sale, pepe e un filo di olio di oliva extravergine. Spolverate il tutto con del pecorino grattugiato e mettete in forno a gratinare per 10-15 minuti (il radicchio deve presentare una bella doratura). Disponete su un piatto il radicchio dorato e riponetevi sopra le fette di bresaola e le noci tritate; accompagnate il piatto con un filo d’olio e dei gustosi crostini di pane integrale.
LA CURIOSITÀ Il radicchio è un ortaggio versatile, che è diventato un apprezzato ingrediente in cucina; le sue foglie tenere, croccanti e amarognole possono essere mangiate crude, cotte, ai ferri, fritte o, ancora, essere utilizzate per gustosi risotti. Esiste sul mercato in due qualità: la varietà precoce e la varietà tardiva. La varietà precoce è reperibile già alla fine di settembre, ha grossi cespi allungati, foglie rosse larghe, una lunga costola centrale bianca ed è preferita per la preparazione ai ferri. La varietà tardiva, conosciuta anche con l’appellativo di “spadone trevigiano”, è in commercio dalla metà di novembre, è più fragrante e gustosa e ha cespi formati da germogli compatti e uniformi, foglie strette e la costola dorsale completamente bianca. Il radicchio è una verdura dalle molte caratteristiche benefiche, è depurativo e grazie all’elevato contenuto di vitamina A, vitamina C e ferro, facilita la digestione, la funzione epatica e stimola la secrezione biliare. Inoltre è ottimo anche in caso di diabete, obesità ed insonnia ed è particolarmente indicato a chi soffre di artrite e reumatismi.
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Quando lo si acquista è importante che le foglie non siano appassite o troppo bagnate, perché il contenuto vitaminico dipende dalla freschezza del prodotto; se la parte esterna del cespo fosse leggermente appassita, poi, bisogna eliminarla insieme alla base, altrimenti potrebbe risultare molto amara. E proprio per il suo sapore amarognolo, non è un ortaggio che piace a tutti; ma a questo c’è una soluzione: per smorzare “l’amaro”, è sufficiente immergerlo nell’acqua per due-tre ore prima di essere consumato. Il radicchio si conserva in frigorifero nello scomparto della verdura, chiuso in un sacchetto di plastica; anche se sarebbe preferibile consumarlo fresco, in questo modo può durare una settimana. Le qualità del radicchio hanno ormai fatto il giro del mondo e forse anche di più: nel 1984, in occasione della spedizione Shuttle capitanata dall’astronauta John Glenn, è stata la prima verdura ad essere coltivata in orbita. L’ortaggio rosso fu scelto per la concentrazione ottimale di sali minerali e vitamine, utili in condizioni estreme. Una garanzia insomma.
I sommelier lanciano la carta dei vini lombardi L’
Associazione italiana sommelier (Ais) Lombardia e la Regione hanno lanciato ufficialmente una sfida ambiziosa: quella di vedere proposta una “Carta dei vini lombardi” nel maggior numero possibile di ristoranti regionali. L’iniziativa - che ha già registrato l’adesione di circa un centinaio di locali - prevede che tutti i partecipanti consegnino ad Ais la propria carta dei vini, basata solo su etichette regionali, e che questa affianchi nei menù quella tradizionale. Il ristorante aderente riceverà un apposito simbolo di “certificazione” e, nei prossimi mesi, le migliori carte dei vini riceveranno un premio durante un evento dedicato.“Si tratta di un progetto - ha commentato Luca Daniel Ferrazzi, assessore regionale all’Agricoltura - in cui crediamo molto per riuscire a dare a tutte le nostre eccellenti etichette la visibilità e il mercato che meritano”. “Un modo per ribadire - ha sottolineato Luca Bandirali, presidente di Ais Lombardia - che la Lombardia può vantare un’offerta di vini che, comprendendo tutte le tipologie, dalle bollicine ai rossi corposi, dai bianchi fermi ai rossi frizzanti fino ai grandi passiti, offre l’ideale accompagnamento sia alla cucina basata sui prodotti del territorio sia, in generale, a tutta la ristorazione di qualità”. “Tra le 5 Docg, le 14 Doc e le numerose Igt - ha ricordato ancora Ferrazzi - tutto il vino prodotto in Lombardia (circa 80 milioni di bottiglie all’anno) ricade in zone a denominazione. Anche in questo caso, un “privilegio” che poche regioni italiane possono rivendicare. La Lombardia - ha aggiunto - è il primo mercato potenziale e reale per le nostre etichette, potendo vantare una enorme ricettività alberghiera, un sistema di ristorazione di tutti i livelli che ha, insieme agli agriturismi, ancora grandi potenzialità di crescita e “traino” per i prodotti enogastronomici della regione”.
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L’EVENTO
Quattro itinerari per scoprire i sapori della Franciacorta
P
ortano il nome di varie tipologie del Franciacorta gli itinerari che, l’1 e il 2 maggio, condurranno i turisti alla scoperta dell’anima più vera e sconosciuta della Franciacorta, territorio straordinariamente vocato alla viticoltura, con cui si identifica il suo prodotto più pregiato, il Franciacorta appunto, re italiano delle bollicine. In occasione di “Franciacortando”, tutto il territorio si metterà in festa per accogliere gli ospiti in una due giorni tutta giocata fra alta enologia, piaceri della tavola, cultura e svago. Quattro itinerari (denominati Brut, Saten, Rosé e Pas Dosé) adatti a tutti e percorribili anche in bicicletta, proporranno il meglio di questa terra. Ciascun itinerario toccherà 5 o 6 cantine, dove verranno organizzate visite guidate con degustazione di Franciacorta della tipologia dell’itinerario in cui sono inserite: molte di esse ospiteranno eventi particolari. Altra tappa saranno i luoghi del gusto: le enoteche, una pasticceria, un produttore di salumi tipici e una distilleria dove viene creata la tradizionale Grappa di Franciacorta. Infine, i luoghi dell’arte e della storia, con visite guidate nei centri storici dei più suggestivi borghi franciacortini (da Rovato a Iseo) e a luoghi di interesse storico-artistico, quali abbazie, dimore storiche, santuari e vere curiosità, come il quattrocentesco Maglio Averoldi di Ome ancor oggi perfettamente funzionante. Si potrà optare anche per una sosta per il pranzo o per la cena in ristoranti, trattorie, osterie che proporranno menù a tema giocati su 4 prodotti fortemente legati al territorio franciacortino: il pesce persico come antipasto, la pasta fresca ripiena per il primo piatto, il cappello del prete di manzo come secondo, la mela come ingrediente per il dolce. Info:Associazione Strada del Franciacorta tel. 030 7760870.
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