giugno 2009
Supplemento al n. 23 de “La Rassegna” del 18 giugno 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
ACCADEMIA DEL GUSTO
I ristoratori alla scoperta dei sapori stellati del “Sorriso” di Soriso FOCUS
IL PRODOTTO
L’INIZIATIVA
PENNA ALL’ARRABIATA
Il picnic interpretato dai gastronomi
Strachitunt, con la Dop arriva l’esame di maturità
L’Ascom riporta le famiglie al ristorante
Il nome Veronelli tra declino e colpevoli indifferenze
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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
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ACCADEMIA DEL GUSTO La carriera stellata di una cuoca per caso
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L’INIZIATIVA “Bimbi a sbafo”, l’Ascom riporta le famiglie al ristorante e in pizzeria
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IL PRODOTTO Lo Strachitunt volta pagina
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IL RISTORANTE Roof Garden, le alte sfere del gusto
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L’APERTURA Perlanera, il sogno realizzato di un giovane chef
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TENDENZE Donne e vino, un connubio sempre più stretto
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L’APPROFONDIMENTO “L’acqua del rubinetto? Sicura e di qualità”
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IL PREZZO FISSO Ristoratori “per gioco”, ma in cucina non si scherza
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LA SCOMMESSA Le donne rilanciano le tradizioni gastronomiche di Ornica
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Pubblicità: S.P.M. srl viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Maurizio Ferrari, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
I NOSTRI INSERZIONISTI Ascom, Antica Hosteria, Bongiorno, Buona Carne, Edizioni Manuel, Gelateria la Mimosa, Il Cipresso, Orobica Pesca, Pasticceria Roncalli, Ristorante Paladina, Ros, Speal, Vini Valoti.
PER IL
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Affari di Gola aprile 2009
L’APPROFONDIMENTO
LA NOVITÁ
TENDENZE
L’INTERVISTA
Salame bergamasco, Agripromo lavora al distretto suinicolo
Dalmine lancia il “pranzo al chilo”
Decollano le vendite di vino via internet
Frosio: “Così guiderò i ristoratori dell’Ascom”
Affari di Gola
Olio d’oliva, nasce la Cooperativa dei produttori bergamaschi
Baiocco, lo chef innamorato delle erbe
IL PROGETTO
LO CHEF
PENNA ALL’ARRABBIATA
FOCUS
FOCUS
IL PROSCIUTTO
LA GUIDA LA GOLOSITÀ LA SCOMMESSA
Agricoltur@mica.bg, i piccoli formaggi vanno in rete
Scabin, l’estro e la creatività in cucina
Non rovinateci la gioia di un buon bicchiere
Valcalepio, la Gdo “divide” i produttori
Carne bovina, anche Bergamo alleva eccellenze
Ardesio, il “Botto” punta sui maiali allo stato semibrado
Tre locali per godersi una serata al lago
ABBONAMENTI
FOCUS
IL PRODOTTO
L’INIZIATIVA
PENNA ALL’ARRABIATA
Il picnic interpretato dai gastronomi
Strachitunt, con la Dop arriva l’esame di maturità
L’Ascom riporta le famiglie al ristorante
Il nome Veronelli tra declino e colpevoli indifferenze
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I ristoratori alla scoperta dei sapori stellati del “Sorriso” di Soriso
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Albino capitale lombarda del latte d’asina
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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
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Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 21 maggio 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
LA COPERTINA
Note di Gusto, che boom! Ristoranti pieni
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Supplemento al n. 14 de “La Rassegna” del 16 aprile 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
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giugno 2009
maggio 2009
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marzo 2009
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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi
Il nome Veronelli tra declino e colpevoli indifferenze
L
a notizia è di quelle che ti intristiscono il cuore. Le Guide Veronelli non usciranno più: la famiglia, cioè le figlie di Gino (Bedi, Chiara e Lucia) più Gian Arturo Rota, genero e amministratore, hanno deciso di mettere in liquidazione la casa editrice che, quindi, a dicembre terminerà la pubblicazione delle guide su ristoranti, alberghi e spumanti. “Per un’azienda piccola ed indipendente come la nostra - spiega Gian Arturo - non è possibile sopravvivere, a meno di appoggiarsi a qualcuno che certamente ti chiederebbe qualcosa in cambio. Una casa editrice sforna libri, ma produce anche un pensiero e Gino Veronelli noi non potevamo tradirlo per puro spirito di sopravvivenza”. Continuerà ad uscire la Guida dei vini, curata da Gigi Brozzoni, ma per ristoranti ed alberghi si abbassa la saracinesca. La legge di mercato non concede spazio ai sentimentalismi. Personalmente è un momento triste, quindi questa penna, più che all’arrabbiata, sarà all’angosciata, e non solo per i motivi che mi legavano professionalmente a Gino prima e poi, con frequenza rinnovata, a Gian Arturo: entrambi si sono sempre fidati delle mie segnalazioni, in un continuo scambio di pareri che rende merito alla genuinità di certi giudizi. La questione è che, con la scomparsa di Gino nel 2004, sapevamo tutti che sarebbe stata dura, ma si sperava che, con le Guide, sopravvivesse anche un po’ del suo spirito e, soprattutto, del suo insegnamento. Avevo vent’anni quando mi capitò il privilegio di entrare in casa Veronelli a Sudorno, e di farmi stregare dalle sue bottiglie e dalla sua dialettica: altri invitati, loro sì illustri, erano Alberto Lupo e Valeria Valeri, che ho rivisto l’inverno scorso e che ancora si ricorda, a distanza di trentasei anni, di quella serata. All’epoca Gino era una star televisiva perché parlava di enogastronomia, insieme ad Ave Ninchi, con passione e competenza ed allora, a farlo, erano dav-
vero pochi. Forse, prima di lui, c’era stato il solo Mario Soldati.“Fornelli d’Italia” era lontano anni luce. In contemporanea, più o meno, all’incontro con il maestro, avevo vissuto un altro episodio da film nel giorno in cui, alla Fiera di Genova, conobbi il re della Barbera, sua eccellenza Giacomo Bologna: proprio in onore di Veronelli, Giacomo, nello stand della sua azienda, la mitica “Braida”, inondava di scaglie di tartufo le bruschette ai salumi che aveva appena preparato. Il loro incontrarsi mi parve l’appuntamento tra due eroi descritti da Omero, invulnerabili e destinati all’eternità. Ma Omero si sbagliava. E quando Giacomo se ne andò via per sempre, la moglie Anna, donna coraggiosa, si strinse addosso i figli Raffaella e Beppe e tutti insieme, adesso, possono guardare con soddisfazione che i semi del padre hanno fruttato raccolti rigogliosi. Per Veronelli, volato via lui, il destino ha scritto una storia diversa e adesso sappiamo con certezza che anche parte del discorso coi suoi eredi editoriali è destinato a spezzarsi: essendo testimoni della passione che li animava, la notizia non può che dispiacere anche perché, quando si spegne una voce in edicola o in libreria, a chiunque appartenga, si tratta di un evento nefasto. Chissà come l’avrà presa, Gino, lassù. Molto probabilmente proprio in compagnia di Giacomo, sorseggiando una “Monella” paradisiaca, si starà infervorando così come gli capitava tra noi, per via di qualche politico che non aveva capito, di qualche produttore d’olio che faceva il furbo, per colpa degli occhi che ci vedevano sempre meno. Se penso che, tanti mesi or sono, totalmente inascoltati, avevamo proposto di dedicargli una via nella sua città d’adozione, allora vien voglia d’infervorarsi anche a noi. Questo non darà ossigeno alla casa editrice, ma ci farà sentire molto, ma molto meglio.
Affari di Gola giugno 2009
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FOCUS di Anna Facci
Si fa presto a dire picnic Quello che sembra uno spuntino senza pretese si può trasformare in un vero piacere per il palato se si scelgono accuratamente i piatti e i prodotti da mettere nel “cestino”. In tempi di crisi è anche una soluzione poco costosa. Ecco le idee di quattro gastronomie
L
a bella stagione invita a stare fuori casa e a riscoprire il contatto con la natura e il picnic è un’ottima occasione per grandi e piccini per trascorrere qualche ora all’aria aperta tra cibo, giochi e relax. Una piacevole consuetudine che in tempi di crisi può essere ancor più interessante. Non occorre infatti andare lontano per scovare un angolo di prato all’ombra, meglio ancora se circondato da un bel panorama, che ci si piazzi sulle colline intorno
alla città, in riva ai laghi di Endine o d’Iseo, lungo le piste ciclabili che costeggiano i fiumi o nelle Valli. Ed è pur sempre una spesa abbordabile quella di un pranzo “al sacco”. I piatti classici della scampagnata, dai panini alle torte salate, dal riso freddo alle insalate, sono sempre gustosi, ma si può anche decidere di dare un tocco in più alla giornata trasformandola in un vero piacere per il palato con scelte gastronomiche diverse e originali.
GASTRONOMIA VERDIER Un cestino internazionale
È
un picnic che si apre ai sapori internazionali quello proposto dalla Gastronomia Verdier di via Don Luigi Palazzolo in città. Jean Dominique e la moglie Ornella Sironi - francese lui, bergamasca lei, un’esperienza in cucine di alto livello alle spalle -, amano stuzzicare la curiosità e il palato dei clienti con proposte sempre nuove e
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Affari di Gola giugno 2009
prodotti accuratamente selezionati. Per il déjeuner sur l’herbe (la citazione dell’opera pittorica qui è d’obbligo) hanno attinto alla tradizione d Oltralpe, ma non si sono d’Oltralpe, fermati qui. Il menù si apre con una terrina di anatra ai pistacchi da gustare accompagnata dalla classica baguette e con una quiche estiva,
dove la farcitura, a differenza delle ricette più consuete, non viene cotta insieme con la torta, ma è costituita da prodotti crudi o appena scottati (rucola, pomodori, asparagi, rapanelli e rosso d’uovo sodo sbriciolato), disposti su una base di pasta preparata a parte e ricotta di bufala, per un effetto molto più colorato e fresco. Come primo i Verdier hanno opta-
È con questa idea che abbiamo interpellato quattro gastronomie e salumerie della Bergamasca alla ricerca di suggerimenti sfiziosi, ma allo stesso tempo “comodi” da trasportare, porzionare e mangiare, da gustare freddi, non troppo pesanti né calorici, come richiede l’occasione. Ne sono uscite proposte interessanti: fagottini di verdure, insalate fredde con orzo o grano in alternativa al riso, spiedini di salumi e formaggi o di frutta, pratici perché non richiedono l’uso delle posate, così come le cosce di
to per il bulgur, grano spazzato, condito con zucchine, fiori di zucchine, menta e il profumatissimo olio di sesamo, un piatto che vira verso suggestioni più mediterranee e orientaleggianti. Alternativa all’insalata di pollo, quella di petto di fagiano cotto al forno accompagnata da sedano, mentre per chi preferisce un secondo vegetariano, o per chi vuole concedersi uno sfizio in più, ci sono i fagottini di pasta fillo, leggerissima e sottilissima, ripieni di verdure e formaggio, ideali per la scampagnata anche perché monoporzione. Anche per il dolce la gastronomia fa due proposte, tra le quali risulta sinceramente difficile scegliere (ma basterà inserire nel programma della giornata una bella sfida a pallone per far posto al doppio assaggio). La prima riporta in Francia: è un clafoutis alla frutta, dolce tipico del Limosino, regione di origine di Verdier, che viene tradizionalmente preparato con le ciliegie, ma si accompagna molto bene anche alle fragole, alle albicocche o ai frutti di bosco.
coniglio fritte da sgranocchiare fredde. Non mancano i richiami al territorio con la scelta, in molti casi, di valorizzare i prodotti locali. Di seguito vi proponiamo i menù della gastronomia Verdier di Bergamo, de La Gastronomia di Costa Volpino per chi sceglie il lago d’Iseo, della Salumeria Bonicelli di Villa d’Ogna per chi opta per l’Alta Valle Seriana e della Macelleria Elio Cazzaniga di Canonica d’Adda per chi si dirige sul fiume.
La seconda idea è una torta alla birra Guinness e cioccolato, un abbinamento che regala sofficità e gusto intenso. «La stiamo facendo da qualche tempo – dice Ornella Sironi – ed è molto apprezzata, per questo non poteva mancare nel cestino». Il costo del menù completo è di 15-18 euro a persona. Ornella Sironi e Jean Dominique Verdier
Qualche consiglio in più Ingredienti per un picnic perfetto, oltre al bel tempo, al luogo e al cestino sfizioso, sono le borse termiche (meglio utilizzarne due, una per il cibo, l’altra per le bevande, che possono essere più fresche), una coperta ampia con una leggera imbottitura nel caso in cui il prato non fosse abbastanza soffice e la tovaglia a quadretti (anche l’immagine vuole la sua parte, no?). Da non dimenticare sale e pepe, apribottiglie, un coltello, bicchieri, piatti e posate di plastica possibilmente rigida, tovaglioli, repellente contro gli insetti e sacchetti di plastica per riportare a casa i rifiuti, lasciando il posto pulito. Anche un cappello e gli occhiali da sole potranno fare comodo. Bere molta acqua (con gli alcolici è meglio non esagerare) e privilegiare frutta e verdura sono i consigli degli esperti, anche se il bello della scampagnata è soprattutto il fatto di poter spizzicare tra tante golosità, tra un tiro al pallone e un riposino.
via Don Luigi Palazzolo, 35 Bergamo - tel. 035 249088
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LA GASTRONOMIA Full immersion nei sapori dell’Alto Sebino
A
“La Gastronomia” di Costa Volpino abbiamo chiesto un cestino da picnic legato al territorio, volendo unire alla bella vista del lago e delle montagne circostanti i sapori locali. Siamo stati accontentati. Giacomo Castellani, titolare del negozio che il primo dicembre di quest’anno taglierà il traguardo dei vent’anni di attività, ha pensato un menù lago-monti in perfetta sintonia con il panorama. Il tutto in formato scampagnata, con piatti pronti da gustare che la gastro-
nomia può preparare già divisi in comode porzioni. La proposta si apre con il gusto stuzzicante e la morbida consistenza di una mousse di salmerino affumicato e caprino su pan brioche e, sempre come antipasto, da un’insalatina di trota lacustre marinata con misticanza di verdurine. Dal lago si passa a boschi con il primo: un’insalata di orzo perlato con porcini sott’olio della Val Palot, una valle vicina rinomata per i funghi dal profumo intenso, mentre per il secondo la
proposta si sdoppia. Il piatto di pesce è un filetto di persico iseano in carpione con pomodorini gratinati; quello di carne, una tagliata di filetto di manzo all’olio di Marone e rucola, con falda di peperone alla griglia. La scelta dell’olio è un altro omaggio al territorio, in particolare alla piccola ma pregevole produzione sebina. Per il dolce la scelta cade su una torta di carote. Semplice, si conserva e si trasporta bene e riceve un tocco di gusto in più accompagnata da una salsa di fragole. Il costo per una full immersion di sei portate nei sapori dell’Alto lago e che non ha nulla da invidiare ad un menù per una grande occasione è di 20 euro. Per un menù personalizzato come questo è consigliato prenotare, per chi decide una gita all’ultimo momento la gastronomia è comunque aperta anche la domenica. via Nazionale, 207 Costa Volpino - tel. 035 972594
SALUMERIA BONICELLI In montagna con i prodotti tipici
A
i prodotti tipici bergamaschi la salumeria Bonicelli di Villa d’Ogna ha addirittura dedicato un sito per l’e-commerce (www. salumeriabonicelli.it). Idea di Luca che ha voluto ampliare grazie alle nuove tecnologie gli orizzonti del negozio storico (aperto nel 1941 e rilevato nel ’64 dai genitori), presentando accuratamente al grande popolo del web alcune produzioni locali personalmente selezionate. Nella sua proposta per il cestino del picnic non poteva quindi mancare l’accento orobico. La scampagnata in Alta Valle Seriana si apre con involtini di salmone farciti con un caprino bergamasco aromatizzato con erba cipollina, accompagnati da
misticanza, e con spiedini su cui si alternano prosciutto, salame, cubetti di formaggio, focaccia e pomodorini, una sorta di reinterpretazione del panino imbottito. Per i salumi Bonicelli punta sul marchio Ca’ del Botto della vicina Ardesio. Il primo piatto è una pasta fredda tricolore preparata con piselli, zucchine, pomodoro scottato a cubetti e, invece della mozzarella, ancora un sapore vicino al territorio, quello del formaggio Branzi. Anche il coniglio è un classico della tavola bergamasca e, visto che sui prati sarebbe difficile servirlo caldo accompagnato dalla polenta, vengono proposte delle cosce fritte, da mangiare fredde anche senza posate. In mancanza
anche del barbecue, si può optare per delle bistecche grigliate e poi messe a macerare per tutta una notte con aromi e scalogno: morbide e profumate possono essere poi condite con aceto balsamico. Per il contorno la scelta cade sulle verdure grigliate, mentre il dolce è una crostata di mele. Il costo p per gira attorno ai 10 persona di aggira iugno a fine agoeuro. Da fine giugno sto la salumeriaa è aperta anche la domenica.
via Beato Alberto, 72 Villa d’Ogna tel. 0346 21489 Luca Bonicelli
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Affari di Gola giugno 2009
MACELLERIA ELIO CAZZANIGA «Nel paniere non può mancare il cacciatore»
I
l picnic può anche mantenersi nel solco delle tradizione e puntare però su prodotti ben selezionati. A pochi passi dall’Adda, meta ideale anche per una biciclettata, in via Matteotti a Canonica, da ben 114 anni la macelleria Cazzaniga è un punto di riferimento per la spesa. L’ultimo erede di una così lunga tradizione è Elio, uno specialista delle carni e degli insaccati, preparati in proprio. Il suo suggerimento per andare sul sicuro è quello di portarsi un cacciatore. «Niente salumi già affettati – spiega – che col caldo si rovinano, l’ideale è il cacciatore intero da aprire e consumare tutto sul posto.Va benissimo un prodotto stagionato un paio di mesi, per due persone ne basta uno di una decina di centimetri». La macelleria ne prepara di due tipi, uno con aglio e vino secondo la ricetta più classica, un secondo con una miscela di finocchio e peperoncino che ha incontrato i favori della clientela. Cazzaniga consiglia di accompagnarlo ad un filoncino di pane e di gustarseli appaiati fetta dopo fetta. Per il primo sceglie l’insalata di riso, che popone in confezioni da asporto, così come il carpaccio, che, sempre di carni selezionate, viene preparato su un vassoio di alluminio in porzioni singole, già condito e aromatizzato. Per chiudere, il negozio propone degli spiedini di frutta, che possono essere resi più sostanziosi e intriganti inserendo anche qualche cubetto di formaggio semistagionato, Formai de Mut o Branzi per restare in Bergamasca. In questa versione possono essere gustati anche come aperitivo. Nel solco della tradizione anche il suggerimento per il finale: «Una bella anguria che in più rallegra la compagnia». Il costo per persona è stimato attorno ai 6 euro.
ESTINTORI Assistenza e Cordi
da Art.
18,35 E/64
Elio Cazzaniga
+ IVA
via Matteotti, 30 Canonica d’Adda tel. 02 9094061
Affari di Gola giugno 2009
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ACCADEMIA DEL GUSTO di Laura Bernardi Locatelli
La carriera stellata di una cuoca per caso Costretta ad entrare in cucina per l’abbandono improvviso dello chef, Luisa Marelli Valazza è oggi l’anima del ristorante “Al Sorriso” di Soriso.“La mia filosofia? Semplicità e rispetto del gusto e della sua unicità”.“Quanto alle guide, polemiche a parte, ritengo siano indispensabili”
È
entrata nel gotha della ristorazione mondiale da assoluta autodidatta. Luisa Marelli Valazza, chef di “Al Sorriso” di Soriso, in provincia di Novara, si è letteralmente improvvisata ai fornelli fino a ottenere le tre stelle Michelin che dal 1996 fanno brillare la sua cucina. Già, perché appena laureata in lettere alla Cattolica di Milano, Luisa voleva seguire le orme della madre, diventare maestra. Ma la realtà è stata dura: sin da subito ha dovuto fare i conti con l’assenza di concorsi pubblici e liste d’attesa chilometriche per una cattedra. L’incontro con Angelo, direttore d’albergo, che presto diventerà sua marito, cambierà il corso delle cose. Luisa sceglie per amore di seguirlo, abbandona Milano e i sogni d’insegnamento e per qualche anno aiuta il marito nella gestione di un locale preso in affitto a Borgomanero. Poi, all’inizio degli anni 80, l’approdo a Soriso (suo paese natale) dove la coppia rileva un locale di una certa tradizione, realizzato dalla famiglia
Zucca, quella del famoso liquore al rabarbaro. Inizia così l’ascesa inarrestabile del locale, oggi tra i migliori indirizzi al mondo per chi ama la cucina d’autore. Il Sorriso conquista la prima stella e continua la crescita, a dispetto delle difficoltà, come l’improvviso abbandono dello chef che costringe Luisa ad indossare l’abito della cuoca e ad entrare in cucina nonostante sapesse cucinare poco più di un uovo al tegamino. È da oltre 35 anni ai fornelli, che ricordo ha degli inizi della sua carriera? “Abbastanza rocamboleschi. Il Sorriso era diventato nel giro di poco un albergo-ristorante punto di riferimento di tutta la “Milano bene”, quando improvvisamente lo chef - che ci aveva seguito come il resto dello staff da Borgomanero - ci abbandonò di punto in bianco. Avevamo una lista di prenotazioni da gestire ed eravamo in piena emergenza, perché in quel periodo, a stagione già iniziata, trovare uno chef dispo-
nibile era praticamente impossibile. Guardai mio marito e gli dissi: “In cucina ci vado io”. All’epoca avevo solo assistito lo chef soprattutto per i dessert, dividendomi con l’impegno della sala, ma eseguire ordini mi stava già allora stretto. Tra turni di lavoro impossibili e libri e riviste, dalle Bibbie della cucina, dall’Artusi a Bocuse, ai numeri del Grand Gourmet, riuscii a mantenere il menù che avevamo sempre proposto e a migliorarlo. I piatti non tornavano mai indietro, non mancavano commenti positivi e io mi divertivo ogni giorno di più. Cercare di fare meglio, trovare nuovi abbinamenti da proporre, sviluppare nuove idee, re-inventare piatti tradizionali divenne spontaneo, naturale e automatico”. Quali piatti proponeva? “Riscuotevano un certo successo i miei agnolotti, con la sfoglia alleggerita e assottigliata, il fassone al Barolo, la purea di fagioli con scampi, pancetta e basilico. Ricette che non sono cambiate molto da allora”.
CONVIVIUM DI STELLE
Il 1° luglio il pranzo-degustazione per i ristoratori bergamaschi Il pranzo-degustazione al “Sorriso” di Soriso (Novara) - organizzato nell’ambito di “Convivium di Stelle” dall’ l’Accademia del Gusto per ristoratori e chef e addetti alla ristorazione - sì terrà mercoledì 1° luglio. Luisa Marelli e il marito Angelo Valazza hanno reso celebre questo indirizzo elaborando una cucina premiata con tutti i riconoscimenti. Il suo stile è unico e inconfondibile, un mix d’in-
10 Affari di Gola giugno 2009
fluenze piemontesi, mediterranee e internazionali, unite per celebrare la montagna che adora. Gli ingredienti di alta quota - la toma della Val d’Ossola, i formaggi d’alpeggio come il Bettelmat, il prosciutto e il lardo magro della Val Vigezzo - sono i protagonisti di tale celebrazione. Per informazioni e prenotazioni: tel. 035 4120180 email: formazione@ascombg.it.
Qual è la sua filosofia ai fornelli? “Credo nella semplicità, nel rispetto del gusto che non deve mai essere sopraffatto e della sua unicità. Un piatto deve avere un protagonista e comparse non fuggevoli, ma riconoscibili e individuabili. Quando penso ad un nuovo piatto, parto dal prodotto principale, dalla sua essenza e inizio a cercare gli abbinamenti che reputo migliori. Adoro i contrasti, che mi piace usare spesso, senza però eccedere, così come sono contraria all’uso eccessivo di alcune spezie, come la fava tonka, e a tutto ciò che tende a dominare o a sopraffare il resto. Poi, un piatto per me deve essere legato al territorio. In Australia ho mangiato della carne di canguro ottima, ma non mi sogno neanche lontanamente di inserirla nel menù, così come la carne di struzzo e via dicendo” Quali materie prime privilegia e quali non ama particolarmente? “Tutto ciò che è legato al territorio e alla montagna in particolare, dove mi piace sempre passeggiare, e alla stagionalità, di qualità eccelsa e da produttori e rifornitori che abbiamo selezionato negli anni. Se parliamo di gusto, posso tranquillamente confessare un peccato di gola: adoro il cioccolato, come dico sempre “placa l’ira”. Non manca mai nella mia carta dei dolci proposto in almeno una ricetta. Poi mi piace proporre i nostri prodotti, dai formaggi della Val Formazza e della Val d’Ossola, dalla toma al Bettelmat, dal prosciutto e il lardo magro della Val Vigezzo alla carne piemontese. Non amo le spezie, ma mi piace utilizzare le nostre erbe, spinaci selvatici, il dente del leone che si abbina perfettamente ai gamberi rossi di Sanremo con del pesto, il timo selvatico, le cime di luppolo e i germogli di felce. Apro la porta del
mio ristorante e sono nel bosco. Per cosa non vado pazza? Non amo le ostriche e il pesce crudo in generale, eccezion fatta per il tonno, i gamberi e gli scampi”. Cosa pensa delle guide, soprattutto dopo l’ inchiesta di Striscia la Notizia? “Io credo che la cucina non possa prescindere dalla salute del cliente. Ognuno è libero di fare la cucina che sente e anche prodotti che possono fare uscire dalle orbite gli occhi possono creare cucina. Nonostante il tam-tam mediatico e l’accanimento di Striscia, continuo a sostenere a gran voce che le guide sono indispensabili, la Michelin su tutte perché è la più autorevole e si rivolge ad un pubblico internazionale. Sinceramente, almeno il 50% della clientela che entra nel mio ristorante è indirizzato dalla Michelin. Poi sta alla mia cucina far ricordare la strada percorsa per arrivare fin qui. Non esiste biglietto da visita migliore del passaparola, ma le guide continuano ad avere un ruolo fondamentale. Il Gambero Rosso,Veronelli e le altre hanno il loro peso e prestigio, ma si rivolgono a un pubblico nazionale”. Veronelli ha deciso di interrompere le pubblicazioni… “È una notizia che mi addolora molto. Gino è stato un uomo straordinario, ma soprattutto un amico, di cui conservo grandi ricordi e stima assoluta. È un vero peccato”. Le donne-chef con tre stelle Michelin si contano sulle dita di una mano. Quanto è difficile per una donna intraprendere una carriera a questi livelli? “A me piace sempre ricordare che sono tantissime le donne che hanno scelto questa professione. E l’Italia che tutti additano come tradizionalista può vantare molte più cucine
“rosa” di altri paesi, con tre donne con tre stelle Michelin (oltre a Luisa Valazza, Nadia Santini de “Il Pescatore” di Canneto sull’Oglio, Annie Fèolde de l’”Enoteca Pinchiorri” di Firenze, ndr.). Basta guardare ai nostri vicini: Oltralpe solo Anne-Sophie Pic è riuscita a conquistare tre stelle, in Spagna solo Carme Ruscalleda. Le difficoltà per intraprendere la carriera di chef non mancano: dedicare a questo lavoro il 50% del proprio tempo non basta. È per forza di cose il primo pensiero, cosa che non tutti riescono ad accettare o a comprendere. Io ho sempre lavorato con mio marito e, oggi, mia figlia Paola, che ci ha già reso nonni, lavora gomito a gomito con me in cucina, alternandosi al lavoro in sala”. A proposito del lavoro in sala, non crede che i media puntino i riflettori quasi esclusivamente sulla cucina? Nelle scuole alberghiere la stragrande maggioranza dei ragazzi punta alla carriera di chef. I ristoratori spesso lamentano la difficoltà di trovare personale di sala preparato. “Questa è una questione che mi sta molto a cuore e, purtroppo, è una verità. I media danno importanza solo alla cucina, quando il lavoro in sala è fondamentale. Sembra che il lavoro in sala sia quello del porta-piatti, così i ragazzi decidono di scartare una professione che invece è estremamente importante: gli chef stanno in cucina, dietro le quinte, il cliente si rapporta con il personale di sala. Io ho lavorato quasi otto anni in sala con mio marito e non ho mai pensato che il mio lavoro fosse quello di portare piatti. Lavorare a contatto con la clientela richiede molte attenzioni e molta preparazione sui piatti, sui vini; bisogna saper rispondere ad ogni domanda e spiegare il perché di ogni piatto”.
IL DIBATTITO di Enrico Rota
Tra il dire ed il fare c’è di mezzo... la birra La Carta del Servizio, lanciata da Assobirra, piace a parole, ma nella pratica fatica ad essere promossa nei locali
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o scorso marzo, Assobirra (l’associazione industriali della Birra e del Malto italiana che fa capo a Confindustria) ha presentato, a Firenze, “La Carta del Servizio della Birra” consegnata a 300 “Giovani ristoratori” provenienti da tutta Europa a margine del congresso europeo dei JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe). La Carta del Servizio della Birra consiglia al meglio come servire una birra grazie all’esperienza di qualificati mastri birrai italiani, strumento già adottato dagli 85 JRE italiani. Sicuramente un encomio ad Assobirra va fatto. “Sfruttando” un palco importante, è riuscita non solo a far parlare di birra, ma anche a trasmettere delle semplici regole per proporre al meglio questo prodotto alimentare. Contemporaneamente, Assobirra ha sensibilizzato sia gli operatori che i consumatori su quanto sia fondamentale servire in modo corretto questa bevanda ultra millenaria. Sette sono le regole, tutte facili e legittime. Solo la settima è da interpretare, in quanto prevede che il consumo della birra avvenga in breve tempo. Da interpretare perché dobbiamo tenere presente che Assobirra rappresenta i produttori italiani e noi non abbiamo una cultura riconducibile a quella dei paesi nordici, che amano birre rifermentate in bottiglia. Questa considerazione ci permette di comprendere che la settima regola vale soprattutto per le birre prodotte in Italia in quanto sono principalmente birre leggere, che non devono evolvere negli anni. Per
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dovere di cronaca dobbiamo anche dire che sempre nella carta è prevista un’apposita sezione che approfondisce peculiarità e segreti dei 7 stili più diffusi e consumati in Italia (Abbazia, Ale, Blanche, Bock, Lager, Pils e Weizen). Emanuele Scarello, presidente dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, afferma poi che per lui è particolarmente facile sposare le sperimentazioni della sua cucina con la birra, ricreando alcuni degli antichi sapori per accompagnarli con
Le 7 regole della carta Ecco le sette regole per il servizio perfetto della birra secondo Assobirra 1.La schiuma deve essere alta due dita e ben compatta. 2.Spillare la birra in due fasi per far sviluppare la schiuma nella giusta quantità. 3.Il giusto bicchiere: ogni birra, come il vino, chiama il “suo” bicchiere. 4.Caratteristiche del bicchiere: in vetro, sempre pulito e eventualmente bagnato con acqua fredda, per abbassarne la temperatura. 5.La giusta temperatura: fondamentale per esaltare le caratteristiche intrinseche. 6.Conservazione del prodotto: in luogo fresco e al riparo dalla luce. 7.Epoca di consumo: va bevuta “giovane” per mantenere integri sapore e gusto.
Enrico Rota consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com
una corposa birra scura. Sembrerebbe quindi preziosa la collaborazione tra i JRE e Assobirra. Peccato però, non trovarne notizia sul sito ufficiale dei JRE (www.jre.it). Non solo, per chi ha la fortuna di frequentare questi locali, l’amore nei confronti della birra non sempre traspare e si ha l’impressione che la carta sia stata adottata solo per compiacenza corporativa e non nella pratica. Sostanzialmente il problema non è di pertinenza solo dei locali che aderiscono a questa associazione. Casomai loro rappresentano la punta dell’iceberg. Dobbiamo ricordare che non è facile inserire la birra nella ristorazione italiana, o meglio, non può essere una scelta casuale ed immediata. Esiste una cultura che va scoperta e conosciuta per consentire una selezione fatta in funzione della cucina proposta. E non è possibile esimersi da questo perché il consumo della birra nella ristorazione non è una semplice tendenza, ma una nuova opportunità per tutti gli operatori. La spumeggiante bevanda ha il suo ricco mondo di profumi e gusti che rappresenta un’esperienza da conoscere e da proporre. Una volta compreso che la sua apparente semplicità, molto legata alla sua informalità, nasconde invece continue scoperte in grado di catturare interesse da parte dei consumatori, sempre più attenti e alla ricerca di nuovi stimoli in campo alimentare, diverrà più facile inserirla e proporla, soddisfacendo simultaneamente le esigenze economiche degli operatori e quelle gustative dei consumatori.
“Bimbi a sbafo”, l’Ascom riporta le famiglie al ristorante e in pizzeria Dal 22 giugno al 10 settembre, nei locali che aderiscono all’iniziativa, menù scontati per i nuclei famigliari e formule gratuite o promozionali per i bambini. Trigona: «Un’operazione di sostegno in un momento di crisi»
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e serate passate a casa con baby-sitter e nonne ad aspettare il rientro dei genitori da ristoranti e pizzerie hanno i minuti contati. Con l’avvento dell’estate, l’Ascom propone una manifestazione che mette a capotavola i più piccoli: si chiama “Bimbi a sbafo. Al ristorante come in famiglia” ed è tra le iniziative che la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) ha portato avanti con la Regione Lombardia nell’ambito della campagna di promozione della ristorazione “La casa fuori casa”. “Bimbi a sbafo” ha come obiettivo quello di portare le famiglie al ristorante o in pizzeria, offrendo un menù a prezzo vantaggioso per tutta la famiglia, con il primo bimbo al tavolo gratis e forti sconti per gli altri bimbi. I locali che aderiscono all’iniziativa offriranno pranzi o cene ad un bambino (fino a 12 anni d’età) accompagnato da due adulti, che sceglieranno il menù degustazione della promozione o altri piatti (secondo i prezzi alla carta). Il menù bambino prevede un pasto tradizionale (con primo o in alternativa secondo, dolce e bibita inclusi) o un menù pizza (pizza scelta dalla lista, dessert e bibita inclusi). Ma l’offerta non si ferma qui: per ogni altro bimbo presente al tavolo, dai fratelli ai cugini e agli amichetti, si pagheranno solo 7 euro. Ristoranti e pizzerie si sono poi sbizzarriti nella proposta di piatti dedicati agli adulti, con offerte particolarmente vantaggiose per i menù di terra, di mare (con tre portate, acqua e caffè inclusi) e i menù pizza (con bibita, dessert e caffè inclusi). I locali hanno contenuto i costi all’osso: i prezzi dei menù pizza vanno dai 10 ai 15 euro, mentre per la promozione ristorante si parte da 13 euro per salire fino a 38 euro. «Con questa iniziativa vogliamo dare un segno di vicinanza alle famiglie in questo difficile momento storico, andando ad invertire una situazione di mercato che vede la famiglia ormai lontana dai tavoli dei ristoranti – spiega Lui-
gi Trigona, direttore di Ascom-. È l’occasione per uscire a pranzo o a cena a prezzi vantaggiosi assieme ai figli o ai nipoti». Il Gruppo ristoratori, con il supporto del neonato Coordinamento delle pizzerie, ha accolto con entusiasmo l’iniziativa: le adesioni sono numerose e vanno a coprire in modo capillare il territorio, dal centro di Bergamo a Città Alta, alle più gettonate località turistiche, dal lago alla montagna, fino alla Bassa. Non c’è che l’imbarazzo della scelta per tutti i gusti e tutte le tasche: dalle proposte base per un’uscita senza troppe pretese, all’insegna di cucina semplice e genuina, fino a menù particolarmente raffinati presso indirizzi rinomati in città e provincia.Tra i piatti proposti, oltre a veri e propri cavalli di battaglia della tradizione gastronomica bergamasca - come gli Scarpinocc, i casoncelli e ricette che celebrano il branzi - non mancano menù con protagonista il pesce di lago – tra cui il risotto al pesce persico - e di mare – dagli spaghetti all’astice al risotto al nero di seppia, dal filetto di branzino al rombo, dal fagottino d’orata alla tartare di tonno, ai grandi fritti e ai frutti di mare - e di carne, con tanto di pregiatissima chianina e manzo irlandese e argentino. Impossibile, data la varietà dei menù, non riuscire ad accontentare anche i clienti più esigenti e i bimbi “più capricciosi”. «Molti sono restii a portare i bimbi con sé al ristorante; con questa iniziativa intendiamo dare un segnale alle famiglie e ai più piccoli, che sono sempre i benvenuti - spiega Petronilla Frosio, presidente del Gruppo Ristoratori -. Inoltre è l’occasione per portare nei nostri locali anche i nonni che, durante le vacanze, possono concedersi un’uscita alla sera o a pranzo assieme ai loro nipotini, concedendosi per una volta una pausa ai fornelli». I ristoranti che aderiscono all’iniziativa, con i relativi menù, sono pubblicati sul sito www.ascombg.it
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Dall’Alberghiero di Nembro il biscotto della solidarietà Il dolce verrà distribuito nelle piazze per la raccolta fondi in favore dell’Armr
È
ormai una vera catena di concreta solidarietà quella che unisce varie scuole superiori della provincia nella collaborazione con la Fondazione Armr (Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare). Infatti quest’anno, al contributo dell’Alberghiero di Nembro per l’istituzione di diverse borse di studio a giovani ricercatori presso il Centro di Ricerche Cliniche “Aldo e Cele Daccò” dell’Istituto Mario Negri di Ranica, si è unito quello dell’Agrario di
Bergamo e quello dell’altro Alberghiero, di San Pellegrino. Nembro stavolta propone nelle manifestazioni nazionali “Il biscotto del sor..riso”, dolce a base di riso soffiato e cioccolato, ricetta esclusiva ideata dal professor Ivan Dossi. I biscotti verranno offerti ai generosi donatori della dodicesima campagna del “Sor..riso per la Ricerca”. La presenza dei volontari con i loro gazebo sulle piazze si è già manifestata a partire da fine febbraio, ma si va intensificando
di Pierluigi Saurgnani
“Abissi”, quando l’acqua fa bene al vino Per 18 mesi, lo spumante dell’azienda vinicola Bisson maturerà a 60 metri di profondità nel mar Ligure. Un esperimento indedito
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on a caso si chiamerà “Abissi”. Trattasi, infatti, di un caso inedito di “spumantizzazione subacquea”. Il primo caso in Italia o fors’anche al mondo. Lo spumante dell’azienda vinicola Bisson di Chiavari, in provincia di Genova, infatti, effettuerà la propria maturazione (anzi, lo sta già facendo, dato che l’operazione è scattata alla fine di maggio) sui fondali del mar Ligure, nei pressi dell’area marina protetta di Portofino, a 60 metri di profondità. È lì infatti che giacciono 6.500 bottiglie di quello che sarà il primo spumante metodo classico della Bisson (produttrice in particolare di Vermentino, Pigato e Bianchetta genovese), ed è lì che resteranno per 18 mesi, sino cioè alla fine del 2010, quan-
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do saranno ripescate per essere poste in vendita, dopo un ulteriore periodo di affinamento in superficie, giusto in tempo per il brindisi di Natale e di Capodanno di quell’anno. Ma perché questa scelta alquanto singolare? Piero Lugano, titolare della Bisson (storica azienda vitivinicola del Tigullio, con enoteca a Chiavari, vigneti a Trigoso e Campegli, a Sestri Levante e a Riomaggiore) è anche un appassionato archeologo. In passato sono state ritrovate nei fondali marini anfore di età greco-romana contenenti vino ancora perfettamente intatto.“Mi sono venuti in mente - ha spiegato Lugano - gli antichi galeoni romani, i relitti e, soprattutto, quelle anfore che venivano rinvenute con i vini dalle caratteristiche or-
Da sinistra: la vicepresidente Armr, Ambra Bergamaschi, la volontaria Ivana Suardi, i ragazzi del corso di cucina e il professor Ivan Dossi, ideatore del “biscotto del sor..riso”
già nel corrente mese di giugno, per raggiungere l’apice a settembre/ottobre. La prospettiva è quella di superare nella nostra provincia, sotto la guida della vice presidente Ambra Bergamaschi, le 80 presenze dello scorso anno. Obiettivo: non solo raccogliere fondi, ma anche proporre un’ adeguata informazione sulle possibilità concrete offerte a titolo gratuito ai pazienti e alle loro famiglie dal Centro di Ricerche Cliniche delle Malattie Rare.
ganolettiche che non sono state modificate dalle condizioni circostanti”. Questa convinzione l’ha spinto a realizzare questo esperimento, che comunque non è improvvisato ma si basa su conoscenze abbastanza accertate: il mare, cioè, dovrebbe garantire le condizioni ideali per la maturazione delle bollicine. In profondità, infatti, la temperatura è di 15 gradi centigradi, c’è poca escursione termica e la luce è quasi assente. Queste particolari condizioni microclimatiche dovrebbero dunque assicurare alle bottiglie un naturale processo di spumantizzazione con metodo champenois (il vitigno utilizzato è la Bianchetta genovese). La posa delle bottiglie non è stata una cosa semplice: c’è voluta la collaborazione delle Capitanerie di porto di Portofino e Santa Margherita Ligure per calare in località Cala degli Inglesi, baia incontaminata tra Cala dell’Oro e il faro di Portofino, le 6.500 bottiglie del vino ‘’Abissi - Riserva Marina di Portofino’’, divise in 12 gabbioni in acciaio inossidabile da un metro cubo ciascuno. È stato il rimorchiatore “Messico” a portare da Genova il prezioso carico a Portofino. E poi sono stati quattro esperti sommozzatori ad accompagnare le bottiglie fino a 60 metri di profondità, tramite verricello. Un’impresa non da tutti dato che normalmente i sub non oltrepassano i 40 metri. Le bottiglie ora sono assicurate ai fondali. Per il brindisi l’appuntamento, come detto, è fissato fra un anno e mezzo. Ed è allora che verificheremo se l’acqua - caso piuttosto insolito - avrà dato una mano al vino.
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IL PRODOTTO di Maurizio Ferrari
Lo Strachitunt volta pagina Con la Dop alle porte, arriva il vero esame di maturità per il blasonato formaggio della Val Taleggio. Le potenzialità sono enormi, ma il futuro va ben pianificato, a partire dalla promozione fino alla formazione e al capitolo turismo
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opo il via libera del Pirellone per la Dop (ormai manca solo l’ok del Ministero delle Politiche agricole che arriverà entro fine anno), lo Strachitunt entra in una fase nuova e per certi versi esaltante della sua storia, che potrebbe rappresentare la consacrazione definitiva per quello che già da anni gli addetti ai lavori hanno definito “il formaggio più buono della Bergamasca”. Complimento forte, ma meritato sul campo a giudicare dal “verdetto” di eminenti critici (Vissani e Raspelli in primis) e soprattutto delle migliaia di turisti del gusto che ogni anno si arrampicano in Val Taleggio per assaggiare questo gioiello caseario creato ancora in modo artigianale dalla bravura di esperti casari capitanati dal “patriarca” Guglielmo Locatelli. Dopo l’annuncio in Regione e la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale lo scorso 8 giugno, ora in ValTaleggio è il momento di pianificare il futuro. Lo sanno bene il presidente del Consorzio di Tutela Alvaro Ravasio e i suoi uomini, che si sono messi già al lavoro per elaborare le strategie necessarie per affrontare la Dop: la pianificazione di un piano di interventi, a vari livelli, deve infatti essere avviata ben prima dell’aggiudicazione del marchio, per poter partire ad inizio 2010 con un piano di produzione e una campagna promozionale adeguata.“Dopo la giustificata soddisfazione seguita all’annuncio del Pirellone - spiega Ravasio - abbiamo capito che a questo punto è opportuno mettere in campo una serie di politiche in grado di sostenere un impegno importante come quello che arriverà insieme alla tanto sospirata Dop”. Il presidente ha già ben chiare le linee guida e soprattutto una massima che va ripetendo un po’ a tutti i suoi interlocutori di questi giorni: “A questo punto non si può più sbagliare: è bandita ogni tipo di improvvisazione”. In effetti, vista la determinazione del gruppo di lavoro che gestirà “l’operazione Dop”, si dovrebbe assistere nei prossimi mesi ad azioni mirate in diversi ambiti a cura del Consorzio, in attesa che anche le istituzioni (leggi Regione, Provincia, ma anche Comunità montana e Comuni interessati)
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facciano la loro parte. Vediamo in sintesi cosa potrebbe cambiare nei settori chiave. PRODUZIONE Gli 11 produttori aderenti al Consorzio hanno già accresciuto rispetto al passato la produzione, che quest’anno si aggirerà attorno alle 4.000 forme, con la Cooperativa Sant’Antonio a far la parte del leone. È chiaro però che in presenza di una Dop, sarà fondamentale poter crescere ancora per soddisfare una domanda che si ritiene decisamente in crescita già a partire dal biennio 2010/11. Nessuno può escludere un incremento anche nelle fila dei produttori, almeno questo è anche l’auspicio dei sindaci dei Comuni interessati, che intendono far leva sui benefici della Dop per trattenere sul territorio nuove generazioni di casari, nella speranza che in un futuro molto vicino la vita anche di piccole aziende agricole possa essere più economicamente sostenibile. A una crescita sul fronte della quantità di forme e produttori, dovrà però continuare ad essere rigorosamente tutelata la qualità raggiunta. ANTI-IMITAZIONE Presto o tardi il Consorzio dovrà affrontare anche il delicato snodo legato a una produzione di pianura che finora, in mancanza di una Dop non può essere definita un’imitazione, ma che è obiettivamente un prodotto diverso (senza sindacare sulla bontà di uno piuttosto che dell’altro). Occorrerà far chiarezza: il presidente Ravasio ha già fatto sapere che il Consorzio di Tutela è pronto a “tutelare in ogni sede l’unicità dello StraAlvaro Ravasio chitunt come prodotto della Val Taleggio”, ma una volta incassata la Dop, saranno gli ispettori del ministero a dover procedere d’ufficio, per sgombrare il campo da possibili equivoci che possano trarre in inganno il consumatore. E a quel punto non basterà una consonante (c’è chi utilizza la parola Strachitund, con la “d” finale) per continuare a fare finta di nulla.
TURISMO È uno dei passaggi cruciali che dovranno evidenziare un rapporto sempre più stretto con il territorio. Senza un impulso importante verso il turismo, lo Strachitunt è destinato a restare un formaggio all’interno di confini angusti, così come il turismo della Val Taleggio rischierebbe di non decollare senza la sua punta di diamante casearia. Uno degli strumenti più efficaci, ancora da rafforzare con risorse e politiche di promozione per legare lo Strachitunt al turismo è naturalmente l’Ecomuseo della ValTaleggio, contenitore di grande respiro che dovrà proporre al visitatore pacchetti su misura legati a storia, tradizioni locali, natura ed enogastronomia in grado di esaltare l’intero territorio. Un esempio è caratterizzato dalla nascita della «Baita & Breakfast» (la prima è sorta a Sottochiesa), primo esempio di vecchia stalla ristrutturata e trasformata in centro benessere con spazi dedicati anche ai laboratori didattici e a degustazioni di Strachitunt. PROMOZIONE È una leva fondamentale, soprattutto perché nei prossimi anni tre fattori entreranno in gioco: un sempre maggior afflusso di turismo internazionale da Orio, il boom termale a S. Pellegrino e l’Expo 2015. Se però accanto alla qualità eccelsa del prodotto il marketing non farà il suo corso, buona parte delle energie di tutto il “mondo Strachitunt” potrebbero venire vanificate. Ecco perché sul territorio il Consorzio dovrà cercare partner credibili e autorevoli per veicolare i propri messaggi. Primi contatti sono stati fatti con il Gruppo Sanpellegrino perché l’alleanza con un tale brand mondiale porterebbe sicuramente a un grande beneficio per l’immagine del formaggio. Ma altre alleanze sono possibili, ad esempio con lo stesso Moscato di Scanzo, che ha da poco ottenuta la Docg, mentre sarà fondamentale garantire una presenza d’immagine più assidua nello stesso scalo di Orio. Accanto a queste strategie, il Consorzio dovrà rafforzare la sua immagine interna e la sua promozione esterna dotandosi di supporti di spessore e soprattutto di un sito internet ufficiale (intanto
è già attivo un gruppo su Facebook “Per chi ama lo Strachitunt”). D’ora in avanti sarà quasi obbligatoria anche la presenza dello Strachitunt a Fiere nazionali del settore quali Cibus a Parma o Tuttofood a Milano, facendo anche un pensierino a un blitz in un appuntamento internazionale come, per esempio, la mastodontica Alimentaria di Barcellona. AIUTI E RISORSE A questo punto diventa fondamentale anche il sostegno economico che i vari enti potranno dare allo Strachitunt. A fine maggio ad esempio la Regione ha stanziato per la sola Bergamasca 200.000 euro “per interventi di promozione e valorizzazione dei prodotti agricoli e del patrimonio enogastronomico” E se c’è da scommettere che i 4 comuni interessati dal Disciplinare, Taleggio, Vedeseta, Gerosa e Blello, continueranno investire risorse, ora si attende una mossa ufficiale anche dalla Comunità montana della Val Brembana, che potrebbe davvero giocare un ruolo decisivo puntando sul binomio di eccellenze San Pellegrino-Strachitunt. FORMAZIONE La caseificazione di solito non si impara sui banchi di scuola, ma i casari se la trasmettono di generazione in generazione. L’esigenza però di far crescere nuove leve sul territorio, in grado di continuare nel medio periodo il lavoro dei grandi patriarchi del formaggio, potrebbe indurre istituzioni, enti e Consorzio di tutela a incentivare una sorta di “scuola del formaggio”, magari mettendo in campo alcune sinergie con la scuola alberghiera di San Pellegrino. “La crescita - conclude Ravasio - potrà avvenire anche attraverso una nuova iniziativa: la ristrutturazione di alcune baite in alpeggio per cui abbiamo chiesto finanziamenti nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale. A quel punto in cui i giovani potrano dai no imparare a fare il formaggio ettanostri casari più esperti, direttamente in montagna”.
la scheda
Quattromila le forme prodotte in un anno PRODUZIONE - La ripresa della produzione dello Strachitunt (stracchino tondo) risale a fine anni Ottanta, quando un gruppo di produttori capitanati da Guglielmo Locatelli, un imprenditore delle capacità di Alvaro Ravasio e il noto affinatore Giulio Signorelli alias Ol Formager hanno intravisto le potenzialità di questo prodotto unico, nonno dell’attuale gorgonzola, la cui origine si perdeva nella
notte dei tempi, ma la cui produzione era ridotta a poche centinaia di forme. Da allora la produzione è ripartita, anche grazie all’interessamento delle amministrazioni di Taleggio e Vedeseta, crescendo sempre di più e toccando oggi circa 4.000 forme annue. CARATTERISTICHE - Vaccino a latte crudo, erborinato naturalmente, lo Strachitunt è ormai l’uni-
co formaggio italiano «a due paste»: utilizza cioè il latte di due mungiture, quella della sera e del mattino seguente. La stagionatura, secondo il disciplinare appena approvato in Regione, può andare dai 75 giorni fino ai 4-5 mesi. Con 2.000 quintali di latte lavorato, i produttori che fanno capo al Consorzio di Tutela sono 11 e appartengono ai 4 Comuni previsti dal disciplinare: Taleggio,Vedeseta, Gerosa e Blello.
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IL RISTORANTE di Lelia Parisi
Roof Garden, le alte sfere del gusto All’8° piano del “San Marco”, una vista mozzafiato, il locale guidato dallo chef Fabrizio Ferrari è già tra “le promesse” per la stella Michelin. La sua è una cucina che parte dal territorio e poi decolla in ogni direzione, senza barriere né confini. E lascia spazio anche a descrizioni dei piatti ironiche ed erudite
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i nuota in vasti, elegantissimi spazi di legno e cristallo, “costeggiando” Città Alta, che si srotola in uno spettacolo di prorompente bellezza. Una città da “sfogliare”, dalle volumetrie ampie e ben dispiegate, assai diverse da quelle più contratte nella veduta dal basso. È la Bergamo inquadrata, all’ottavo piano dell’Hotel Excelsior San Marco, dalle interminabili vetrate del Ristorante Roof Garden che, come un telescopio, ci avvicinano sorprendentemente a Città Alta - sembra quasi di toccarla - e a panorami gastronomici ben oltre la linea visibile dell’orizzonte. Al Roof Garden si respira subito l’aria di un luogo ambizioso, che punta alle alte sfere del gusto, sia estetico che gastronomico, per produrre un’esperienza globale che si fissi nell’immaginario. Dall’ambiente cool, che si ispira ai ristoranti con vista delle metropoli europee, alla proposta, affidata alla regia dello chef Fabrizio Ferrari, che parte dal territorio per decollare verso una cucina ricca e onnivora, senza barriere né confini, che ingloba, con grazia e leggerezza, tutto ciò che è funzionale a potenziare i sapori, ad arricchirli di sfumature nuove, pronta a battere inesplorati sentieri del gusto. Una cucina che ama le tessiture ricche, i sapori sfaccettati, le architetture lievitanti. Una cucina che è una specie di viaggio intertestuale, oltre il grande libro della cucina del territorio, che pure ne costituisce la salda rampa di lancio, alla ricerca di nuove contaminazioni, esotismi, fragranze rare, segrete assonanze tra tradizioni culinarie agli antipodi (con un occhio di riguardo alla grande tradizione del Sol Levante), affinità tra in-
gredienti distantissimi, apparentemente inconciliabili, equilibri funambolici che durino l’attimo fugace della consumazione. Ecco allora che la clorofilla di menta piperita si accompagna elegantemente alla bisque di gamberi rossi nella “Sorpresa di lattuga e crostacei”, la spuma al pepe di Sechuan al parfait di banana con caramello al cacao nell’ “Evoluzione della banana”. In una carta che rivela il gusto del pastiche nella descrizione dei piatti, troviamo sparpagliati giochi di parole, doppi sensi e neologismi, con un uso disinvolto di diversi registri linguistici, da quello ironico a quello erudito, con rimandi alla letteratura, al cinema, all’arte. “Mi piace associare i miei piatti a nomi ed espressioni riconoscibili anche al di fuori del contesto culinario per dare al cliente una più efficace e magari più simpatica chiave di interpretazione di ciò che sta mangiando”, spiega Fabrizio Ferrari, executive chef del Roof Garden dal 2006, che si considera figlio della scuola di Angelo Paracucchi (con cui ha collaborato per diversi anni a Parigi e ad Ameglia), uno dei maggiori maestri di cucina creativa in Italia. La “Composizione policroma ”, per esempio, allestisce un piccolo, delizioso paesaggio di mare e terra in cinque assaggi: la “quasi” bresaola, fatta in casa dallo chef (manzo in salamoia con limone di Amalfi),“prosciutto” di spada con tortino alle erbe amare, salmone marinato al tè Lapsang Souchong, foie gras e croccante di piovra. “I magnifici sette”, sono, a loro volta, una sequenza di sette antipasti di pesce crudo e cotto del Mediterraneo, ciascuno con una travolgente e ben definita Lo chef Fabrizio Ferrari
IL GIUDIZIO
personalità, come i personaggi dell’omonimo film: gambero al peperoncino, ostrica in patata al fumo e mousse di champagne, cappasanta al tamarindo, tartare di seppia al nero, acciuga all’acciuga, brodetto di cozze e vongole e mantecato di baccalà. Sufficienti ad assestare un piacevolissimo KO già a inizio pasto. Nella “Variazione multisensoriale ai formaggi delle Valli”, invece, i formaggi sembrano quasi un elemento accessorio rispetto alla volontà di campionarne tutte le possibili consistenze, scavalcando il confine dolce-salato: creme brulèe al Roccolo, fonduta al Branzi, frittella di Formai de Mut, spuma di Strachitund, gelato alla formagella della Valle di Scalve e bavarese di Taleggio. I “Testi” di grano arso con pesto ai pistacchi di Bronte sono semplici stracci di pasta nera con sughetto di legumi verdi e pistacchi. I “panzerotti alle scarole ‘visti’ da un’altra angolazione” sono sì dei panzerotti, ma un po’ più piccoli e utilizzati come fossero dei ravioli. Il Kalamburger (che ricorda l’Hot dog di calamari di Moreno Cedroni) è un hamburger di calamaro servito con fiori fritti di zucchina, pomodoro e pane di patate, mentre il “P.oor M.an L.obster S.andwich” è pane carasau stratificato con pescatrice e guarnizione catalana. Forse il piatto più avvincente, ironico e colto insieme, è “Porci con le ali”. Un maialino da latte nobilitato e “alleggerito” dalla farcitura con crostacei, preparato - afferma Ferrari - con tutto l’amore possibile: questo il nesso con l’omonimo film e romanzo. Notevole anche il “Cubo di manzo a 48°”, carne di manzo piemontese cucinata sotto vuoto a 65°c, con patate schiacciate all’extravergine. I giochi di parole e le citazioni colte ricompaiono nei dolci, raffinati e fantasiosi, non solo nei nomi. Il “Doppio” del cheesecake è un cheesecake a specchio, di cui uno bianco e uno al pistacchio. Il “Thasmahal dono d’amore” è un suggestivo (come l’omonimo palazzo indiano) dolce di mela e curry con grissini croccanti e semifreddo al cardamomo. Per una cena completa, bevande escluse, si spendono circa 100 euro, che è anche il costo del menù degustazione. Niente da recriminare per un ristorante che punta, e ha tutte le carte per farlo (è già tra “Le promesse”), alla stella Michelin.
AMBIENTE
10/10
È sicuramente una delle più belle location di Bergamo, con una vista sullo skyline di Città Alta che ha pochi eguali. Settanta circa i coperti ospitati all’interno di un ambiente modernissimo senza barriere, percorso da vetrate non stop e circondato da una spaziosa terrazza panoramica, dove è imperativo pranzare nella stagione estiva.
CUCINA
24/30
Creatività, territorio, cosmopolitismo: è questa la “segnatura” che identifica la cucina del 44enne Fabrizio Ferrari. Lui considera calzante anche la definizione di “cucina metropolitana” e “fusion” se il termine non fosse così abusato. Una cucina di contaminazione, che spazia in tutte le culture culinarie. Aperta, con il dovuto equilibrio, a soluzioni tecnologiche come le cotture sotto vuoto a basse temperature, gestite con estrema padronanza. Una cucina che, dal punto di vista formale, è raffinata come una tela di Tamara de Lempicka, curatissima nella mise en place. Ineccepibile è anche lo scrupolo nella scelta delle materie prime, “una precondizione” secondo Ferrari, senza la quale non c’è tecnica o creatività che tenga. Meno visibile, ma ben presente, è l’aggancio con il territorio. I prodotti di base sono infatti il pesce del Mediterraneo, le carni piemontesi, i formaggi delle valli bergamaschi. Il territorio è ben rappresentato non solo dalle materie prime, ma anche da una profonda conoscenza della cucina mediterranea e di quella lombarda contadina, da cui il pavese Ferrari trae le sue matrici e la propensione alla sobrietà (nel senso di numero limitato di ingredienti).
CANTINA
16/20
Curata la carta dei vini, anche se ancora in evoluzione. Circa 200 etichette suddivise per regioni e per tipologie. Ricca offerta di vini e champagne francesi. Ricarichi in linea con il prestigio del locale.
SERVIZIO
8/10
Servizio impeccabile, come ci si aspetta che sia in un ristorante proiettato nell’empireo dei migliori locali cittadini.
COMPETENZA
8,5/10
Il talento e la competenza di Ferrari poggiano su un solido background di esperienze maturate all’estero e in Italia lavorando fianco a fianco con maestri di fama internazionale. Dopo la fondamentale esperienza a Parigi con Paracucchi, è per sette anni executive chef del Maestro di Casa, affermato marchio di catering, collaborando con nomi prestigiosi del calibro di Antonello Colonna, Gianfranco Vissani e Pierre Gagnaire. Altri quattro anni nei ristoranti “Altro” e “Gref” a Milano completano e affinano ulteriormente la sua formazione, consentendogli di raggiungere quella maturità che si apprezza oggi al Roof Garden. Dove approda nel 2006, ridisegnandone con successo la proposta. Anche se il principale ingrediente del successo di uno chef, ci rivela, “è avere una squadra che sa tradurre le tue idee in realizzazioni, perché il risultato lo si raggiunge solo tutti insieme”. Nella sua equipe ci sono tre chef, tra cui l’insostituibile Marcello, e cinque giovani aiuti.
RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO ROOF GARDEN RESTAURANT piazza della Repubblica, 6 Bergamo tel. 035 366159 chiuso la domenica
7,5/10
L’elevato tenore della proposta, la cesellatura dei piatti, la qualità ineccepibile delle materie prime, l’alto quoziente di eleganza che domina ovunque spiegano prezzi che potrebbero, di primo acchito, apparire eccessivi per la piazza bergamasca. A parte il coperto a 6 euro, che in locali di questo livello è ormai scomparso in quanto dettaglio “poco” elegante, il prezzo delle portate, compreso in un range tra i 28 e i 40 euro, è sicuramente giustificato. p.s.
Affari di Gola giugno 2009 19
L’APERTURA di Elena Gamba
Perlanera, il sogno realizzato di un giovane chef Ha solo 23 anni Francesco Gaspari ed ha deciso di aprire un ristorante tutto suo nonostante la crisi. A Montello ha trovato lo spazio giusto per dare corpo alla sue idee, che ruotano soprattutto attorno al pesce. «Soddisfatto di avere intrapreso questa avventura» rancesco Gaspari, chef e patron del locale, è molto giovane, solo 23 anni. Ha frequentato l’Istituto Alberghiero di Nembro ed ha maturato la sua esperienza ai fornelli attraverso importanti tappe in vari locali in giro per l’Italia, dove ha imparato a manipolare materie prime di qualità, in particolare il pesce, con la massima semplicità abbinata ad una certa rapidità nelle cotture. Poi, verso la fine del 2008, ecco sopraggiungere la grande chance della sua vita, quella di aprire un locale tutto suo, in un luogo poco lontano da Chiuduno, il paese dove è nato e cresciuto. «Era il mio sogno nel cassetto quello di aprire un ristorante – confessa - e di poterlo gestire a modo mio e con l’apertura di Perlanera lo scorso dicembre si è finalmente avverato. Non ho avuto dubbi, appena ho visto il locale, un ambiente raccolto, con massimo 35 coperti, ho capito che poteva essere il luogo ideale per il tipo di cucina che volevo fare. Ed eccomi qui oggi, più che soddisfatto di aver intrapreso questa avventura, anche se sono passati solo pochi mesi». Il locale è arredato con gusto moderno, i colori dominanti sono il grigio, il bianco e l’argento, i tavoli sono ben distanziati per lasciare intima la conversazione degli ospiti.
F
20 Affari di Gola giugno 2009
Francesco è il classico chef che ama uscire dalle strettoie dei menù e creare per ogni ospite, in base ai suoi gusti ed alla disponibilità delle materie prime, dei percorsi culinari improvvisati. La sua è una cucina che rispetta i dettami della tradizione mediterranea: pulita, essenziale e leggera, con l’utilizzo di pochi grassi, solo dell’ottimo olio extra vergine di oliva, non troppo violento per evitare che l’eccessiva acidità possa coprire il delicato sapore del pesce, soprattutto quando lo si sceglie nella versione cruda. È infatti il pesce crudo il cavallo di battaglia dello chef, che ogni giorno sceglie personalmente ciò che di meglio la pesca ha portato sui banchi delle pescherie di fiducia. Il gran piatto di crudités è un collage di colori, sapori e consistenze: ottimi tagli di tonno blue fin dal colore rosso corallo, sottilissime foglie di salmone e un freschissimo carpaccio di capesante, fanno da contorno ai selezionati crostacei gamberi, scampi e in stagione anche delle gustose cicale di mare -, mentre tra i molluschi non mancano le ostriche, i tartufi, i fasolari ed i cannolicchi. Un vero trionfo di freschezza. Da notare che, se l’ospite lo gradisce, lo chef ama accompagnare ognuna di queste prelibatezze con una spezia, un sale o un particolare condimento: ecco infatti il salmone idealmente abbinato al sale nero, la capasanta alla curcuma e gli scampi ai semi di papavero. Lo chef ha anche una passione segreta, quella per le erbe aromatiche e le spezie
che conosce alla perfezione in tutta la loro sapidità: un vero talento botanico il suo. La carta varia di continuo in base all’offerta ittica e riporta in apertura una frase dove si spiega che, non facendo alcun uso di pesce surgelato, può talvolta capitare che alcuni dei piatti indicati non siano disponibili. A pranzo, grazie anche alla spesa contenuta, Perlanera risulta ideale per delle colazioni di lavoro (il prezzo medio è attorno ai 20 euro). Per la cena l’offerta si arricchisce, non solo perché la scelta si amplia notevolmente, ma anche perché i piatti diventano più sontuosi ed entrano in scena le sfiziose degustazioni: quella chiamata “Pesce o Carne?”, nella quale l’ospite deve solo optare per l’una o l’altra pietanza e si vedrà serviti sei piatti dove sono il pesce, o in alternativa la carne, a farla da padroni (al costo di 80 euro). Accattivanti anche i percorsi dedicati al “Gambero Rosso”, non in onore della blasonata guida gastronomica, bensì del crostaceo che diventa il protagonista di cinque piatti che scaturiscono dall’estro dello chef (costo 60 euro), e “Al calamaro” (50 euro), abilmente declinato in cinque versioni. Serate speciali sono quelle del martedì, mercoledì e giovedì che propongono un menù tutto compreso (antipasto, primo, secondo, acqua, mezza bottiglia di vino e caffè) a 35 euro. I piatti soddisfano oltre al palato ed allo stomaco (considerate le porzioni piuttosto abbondanti), anche la vista e gli abbinamenti non sono
ssempre così scontati. Interessa sante tra gli antipasti La caprese rivisita gelato al pomodoro, mozrivisitata: zarella di Bufala ed emulsione al basilico, così come L’astice in tartare, fragole ed olive taggiasche, e tra i secondi La ricciola alla griglia, purea di pomodoro e pesto al radicchio. Per i non amanti del pesce, in carta sono sempre presenti alternative a base di carne o anche vegetariane. Il pane, i grissini, le focacce e la pasta ripiena sono tutti fatti in casa e pertanto sempre freschissimi. Tra i dolci, anch’essi casalinghi, si possono scegliere quelli caldi, come Il piccolo soufflé al cioccolato bianco e calvados o Il tortino nero al peperoncino e banane caramellate, o quelli al cucchiaio tra i quali Il tiramisù alla vaniglia e La crema catalana al cacao sono da acquolina. Nella carta dei vini, che conta attualmente circa 80 etichette, ma si sta via via arricchendo, sono i bianchi e le bollicine della Franciacorta a regnare. Presenti anche alcuni grandi champagne, vini rosé ed una dozzina di vini rossi. Ogni etichetta è ben spiegata in carta: provenienza, uvaggio, interessanti dettagli di colore e sapore e gradazione alcolica, un servizio questo che raramente è disponibile sulle carte dei vini anche nei migliori ristoranti.
Specialità alimentari Medolago (Bg) Via Bergamo, 16 da Milano/Bergamo, Autostrada MI-VE uscita Capriate, direzione Calusco d’Adda-Lecco
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Qualità a portata di tutti Affari di Gola giugno 2009 21
TENDENZE di Mirka Frigo
Donne e vino, un connubio sempre più stretto Cresce il numero di appassionate che partecipano a degustazioni, acquistano e consumano bottiglie. Nives Cesari (Ais Bergamo): “Il 40% degli iscritti ai corsi per diventare sommelier è donna”. Gloria Ceresa (Ais Lombardia):“E la quota è in costante aumento” Nives Cesari
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i emancipazione femminile si parla e dibatte da oltre 40 anni. In questo arco di tempo, la donna ha fatto passi da gigante nella vita quotidiana e nell’imprenditoria, riuscendo a varcare quello che sembrava l’impenetrabile soffitto di cristallo. Anche il campo del vino ha visto la donna diventare negli anni sempre più protagonista, con una presenza sempre più numerosa all’interno delle aziende di produzione, con responsabilità che vanno dalla vigna alla cantina e non solo, pronta ad offrire il suo contributo. Spesso sono donne che si buttano in una nuova impresa, oppure hanno ricevuto in eredità il patrimonio e operano in modo eccellente in un mondo che fino a qualche anno fa si riteneva tipicamente maschile. Non da meno è stato il cambiamento che ha interessato l’approccio al consumo del vino. Da uno studio recente condotto da Vinexpo - il salone del Vino e dei Distillati, che si terrà a Bordeaux dal 21 al 25 giugno - emerge che l’universo femminile ama sempre più il vino, in particolare quello rosso. Il gentil sesso apprezza il piacere di un buon calice di vino, che fa il paio con il desiderio di conoscenza del mondo enoico, di un prodotto intrinsecamente legato alla tradizione, specie in un Paese come l’Italia che eccelle in questo ambito. La ricerca edonistica, che trova suo fondamento nell’incontro del vino con il cibo, rappresenta altresì una notevole calamita. Stando alla ricerca, la donna che apprezza il vino può essere oggi definita con tre aggettivi: epicurea, moderna e senza preconcetti. In altre parole, non si sente in colpa quando lo consuma e non pensa assolutamente che sia una bevanda per soli uomini. Vino senza tabù, insomma. In più, le indagini a carattere scientifico che confermano le proprietà benefiche per il sistema cardiovascolare del resveratrolo nel vino, chiaramente con un consumo moderato, va di pari passo con l’appagamento del desiderio di rimanere anche fisicamente in forma, “in linea”. Per intenderci : si pensi che, sulla base dello studio di Vinexpo, oltre il 90% delle tedesche e delle americane sostiene che bere vino sia compatibile con un regime alimentare equilibrato. Lungi dal vedere il vino come un prodotto di moda, il
22 Affari di Gola giugno 2009
vino per la donna è uno stile di vita, lo associa al piacere della convivialità e del suo matrimonio con il cibo. Opera, sempre più spesso in modo indipendente, la scelta sulla tipologia da acquistare o da ordinare al ristorante. Tiene conto del prezzo ma, soprattutto, della qualità, per meglio dire, del rapporto prezzo/qualità. Si interessa al tipo di vino, alla sua zona di provenienza e alle uve con cui è fatto. Preferisce acquistare nelle enoteche e, in seconda battuta, nei centri commerciali. Fanalino di coda il web mentre è in netta salita lo shopping in cantina. Donne attente ed informate, spesso acquisiscono le conoscenze teoriche e pratiche partecipando a corsi di degustazione e, nella nostra regione, l’Associazione Italiana Sommelier, vanta un nutrito parterre di diplomate sommelier. “Il 40% sulla totalità degli iscritti ai corsi è donna”, rivela Nives Cesari, la delegata Ais di Bergamo. Gloria Ceresa, responsabile delle pubbliche relazioni di Ais Lombardia, conferma che “la percentuale del gentil sesso iscritta ai corsi è aumentata molto negli ultimi anni e nel 2008, su 2.334 partecipanti ben 933 erano donne. Una maggior propensione all’ascolto, il dono di riconoscere i profumi del vino, uniti alle conoscenze, permettono alle nostre corsiste di ricavare un ritratto obiettivo del contenuto del calice, insieme a tante emozioni”. Dopo il percorso Ais, alcune sommelier proseguono partecipando alle attività svolte dall’Associazione, diventando “degustatrici ufficiali” o relatrici. Ci sono anche donne che frequentano i corsi per curiosità, desiderio di aumentare il proprio bagaglio di conoscenze e anche per passione. Stimolo, come dicevamo, offerto in larga misura anche dalla possibilità di conoscere come abbinare un vino ad un menù quando si hanno ospiti a casa o al ristorante. Non mancano comunque le sommelier “professioniste” in senso stretto. Le occasioni per esercitare l’attività sono davvero tante: oltre a quelle tradizionali nella ristorazione od in enoteca, dove la figura femminile apporta una nota elegante e raffinata, figurano anche le proposte nell’ambito del servizio del vino ad eventi, dai vernissage, alle presentazioni aziendali, alle sfilate di moda.Al fascino esercitato dalla donna sommelier si unisce sempre l’alta preparazione. Nives Cesari ribadisce infatti che “le sommelier che sostengono l’esame finale di terzo livello presso la nostra delegazione hanno una preparazione elevata”. L’esigenza di mettere in pratica le conoscenze ai fini lavorativi va tuttavia di pari passo con il desiderio di accrescere la cultura personale. Anche per capire, con i propri sensi, opportunamente addestrati, come scovare il celebre “buon rapporto qualità/prezzo”. Capire la qualità diventa una condicio sine qua non.“I corsi aiutano - aggiunge ancora Nives Cesari - ma, oltre all’approccio didattico, è necessario continuare a fare esperienza e tanta pratica”. Se, nel complesso, la donna ama il vino, si documenta,
studia, non dobbiamo dimenticare che proprio ai vertici dell’Associazione Italiana Sommelier, siede, con il ruolo di vicepresidente, Rossella Romani, Il rosa quindi nell’universo del vino sta facendosi sempre più strada, sia come appassionate che come addette ai lavori. Sul versante della produzione, poi, l’Associazione “Le Donne del Vino”, che ha festeggiato nel 2008 il suo ventesimo compleanno, annovera oltre 700 socie. Da ricordare, infine, anche la presenza di riviste sull’argomento al femminile, come Donna Sommelier Europa, che ha presentato in occasione di Vinitaly la Wine List di vini di vignaiole, una Carta dei Vini al femminile, che fa da corredo al progetto “La Vigna in Rosa” un focus sul gentil sesso “in azione” tra grappoli e bottiglie.
Affari di Gola giugno 2009 23
Arriva il “menù” per le mucche da latte La Latteria sociale di Branzi ha realizzato un manuale con le indicazioni per un’ ideale alimentazione delle vacche. “Così si migliora ulteriormente la qualità del formaggio
È
stato un 2008 più che positivo per la Latteria Sociale Casearia di Branzi. Uno stato di buona salute che, confermando il trend del passato, è emerso dal consuntivo approvato all’unanimità dall’assemblea dei soci della Cooperativa, presieduta da Italo Midali. Dati alla mano, l’assemblea ha evidenziato un miglioramento della produttività su più fronti, con un incremento del conferimento del latte e quindi della produzione casearia, ma anche della qualità e del valore del prodotto. Nel complesso, il valore della produzione ha, infatti, fatto registrare un +14% derivante anche dalla commercializzazione del formaggio, sia nei punti vendita diretta al pubblico che nella distribuzione regionale
e nella nicchia nazionale ed estera. Il dato ha registrato positive ricadute sulla remunerazione del latte ai conferitori, pagato con un “fixing” di 0,51 centesimi al litro per il latte di alta qualità Al di là dei numeri, la Latteria ha in corso nuove iniziative. “Da tempo - spiega Francesco Maroni - insistiamo sulla qualità del prodotto e l’ottenimento della certificazione di filiera rappresenta per noi non un traguardo, ma il punto di partenza per una sempre maggiore eccellenza”. In quest’ottica va segnalata l’iniziativa che la stessa Latteria ha realizzato in collaborazione con l’Apa (l’Associazione Provinciale Allevatori Bestiame): un manuale tecnico per l’alimentazione delle bovine. L’agile volumetto, che sarà presto in distribuzione, condensa le modalità per l’alimentazione degli animali destinati a produrre latte per la trasformazione in formaggio
tipico di Branzi: “Si tratta - rimarca ancora Maroni - di un’ulteriore passo verso una qualificazione produttiva finalizzata all’ottenimento di un buon formaggio”. Formaggio, ma non solo, dal momento che la gamma dei prodotti della Latteria è stata ampliata con new entry come yogurt naturali e di capra e formaggi a pasta molle, destinati ad ampliare ed implementare le opportunità di commercializzazione dello storico e conosciuto marchio FTB. Al di là di questi dati, va poi segnalata la diversificazione dell’attività che la Latteria ha pianificato nell’ultimo anno e che vede l’attuazione di ristrutturazioni tra le quali l’ampliamento dell’area produttiva e l’ammodernamento dei punti vendita diretta al pubblico. Senza dimenticare alcuni aspetti promoziona che vedono nella Fiepromozionali ra di San M Matteo il momento clou, d celebrazione di fine una sorta di estate del fformaggio Branzi, una manifestazi manifestazione che - recuperata antic da un’ antichissima tradizione - sta vivendo gr grazie ad un rinnovato entusiasmo una sua seconda vita d richiamare, nel fine in grado di d programmazione, censettimana di tur tinaia di turisti d “Possiamo dichiararci soddisfatti M conclude Maroni - di questa nostra attività, che intende promuovere il nostro te territorio in tutti i suoi aspetti. Non è vero che la “mondim tagna è dimenticata”: con progetn e, anche con buona tualità definite volontà, la montagna può ancora rappresenta una risorsa, che va rappresentare sostenuta e valorizzata”.
ZANICA Cerveni (Due Colombe) in trasferta al Vecchio Tagliere
I
l prossimo 22 giugno, lunedì, Stefano Cerveni, cuoco neo stellato del ristorante Due Colombe di Rovato, presenta i suoi piatti al Vecchio Tagliere di Zanica (nella foto). Il menù prevede alcuni classici del repertorio proposto dallo chef bresciano, come la patata viola con gambero rosso e Franciacorta, gli spaghetti tiepidi con mazzancolle e polpa di ricci di mare e il manzo all’olio delle Due Colombe con polenta. In abbinamento due vini bollicine di Franciacorta (un rosé di Camossi e un dosaggio zero di Arici), un Valcalepio e un Moscato di Scanzo (dell’azienda la Brugherata). La serata ha un costo di 45 euro, vini inclusi.
Stoppani (Fipe): «I ristoranti sono un perno del turismo»
«L
a ristorazione è il punto fondamentale per lo sviluppo del turismo e la promozione del nostro paese». Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe, fa eco alle parole pronunciate dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in occasione della conferenza stampa per la presentazione del “Pacchetto Italia Turismo”. «È indicativo che i Capi di Stato - ha proseguito Stoppani - apprezzino il menù tricolore patriottico, tanto che verrà proposto anche al G8. Questa è la riprova che si sceglie l’Italia per convegni, impegni di lavoro e vacanze anche per la presenza di buoni ristoranti. Siamo sicuri che nel parlare dei finanziamenti agevolati messi a disposizione del settore ricettivo per sostenere investimenti di riqualificazione anche attraverso processi di aggregazione, valorizzazione commerciale, rinnovamento di macchinari, ricambio generazionale, risparmio energetico e investimenti pubblicitari, il Presidente Berlusconi abbia pensato anche ai pubblici esercizi, che ora si attendono un segnale in questo senso».
Affari di Gola giugno 2009 25
L’APPROFONDIMENTO di Elena Gamba
“L’acqua del rubinetto? Sicura e di qualità” La sorgente Nossana
M
ario Tomasoni, consigliere delegato di BAS Servizi Idrici Integrati, ramo d’azienda nel settore dei controlli qualitativi e dell’attività della depurazione delle acque a Bergamo, facente parte del Gruppo A2A, è categorico:“L’acqua della nostra città si può bere in tutta sicurezza”. Com’è dal punto di vista qualitativo l’acqua che arriva nelle nostre abitazioni? “È certamente una delle più buone d’Italia. Infatti, da anni, l’associazione di consumatori Altroconsumo la colloca ai primissimi posti della speciale classifica nazionale, grazie ad una durezza media di 18°F e ad un contenuto piuttosto basso di minerali: è in assoluto tra le più povere di sodio. È altresì interessante sapere che sul sito web www.bassii. it è possibile controllare la qualità dell’acqua, addirittura in base alla propria circoscrizione o in base al proprio paese di residenza. Si tratta di dati molto attendibili, l’aggiornamento dei quali viene effettuato ogni tre mesi”. Da dove proviene l’acqua che beviamo? “L’acqua della città proviene esclusivamente da sorgenti montane: Algua in Valle Brembana, Costone e Nossana in Valle Seriana. L’acqua della sorgente di Algua serve i quartieri di Monterosso e Valtesse situati a nord-est, per poi confluire in parte verso il comune di Paladina ed in
26 Affari di Gola giugno 2009
Parla il consigliere delegato di BAS SII, Mario Tomasoni: “Quella che arriva nelle case si può bere in tutta tranquillità. I controlli sono frequenti e rigorosi”. “L’unico consiglio: ispezionare le tubature della propria abitazione”
L’acqua di Bergamo in cifre I comuni serviti da BAS SII sono 35, incluso Bergamo, con un totale di popolazione residente di circa 285mila persone (in questo computo sono considerati pure Brembilla e Nembro, solo parzialmente allacciati alla distribuzione idrica che fa capo a BAS-SII): Algua, Almè, Almenno San Salvatore, Alzano Lombardo, Arcene, Azzano San Paolo, Bergamo, Boltiere, Bracca, Brembilla, Casnigo, Castel Rozzone, Ciserano, Cornalba, Costa di Serina, Curno, Foppolo, Gorle, Lallio, Mozzo, Nembro, Orio al Serio, Paladina, Ponteranica, Ranica, San Pellegrino, Sedrina, Sorisole, Torre Boldone,Treviolo,Valbrembo,Valnegra,Villa d’Almè, Zanica e Zogno. L’acqua viene prelevata e distribuita attraverso 1.486 km di rete di distribuzione ed assomma a 46 milioni di litri/anno. Il consumo medio di acqua a testa al giorno nella nostra città si aggira intorno ai 248 litri.
parte nel serbatoio di Sant’Agostino situato sotto la Porta omonima che conduce in Città Alta. Questa cisterna rifornisce di acqua potabile il centro cittadino e la parte storica situata sul colle. Le sorgenti Costone e Nossana, invece, congiuntamente, raggiungono il serbatoio della Calvarola, posto nella zona nord-est della città, per poi collegarsi al serbatoio di Sant’Agostino. Una condotta adduttrice, con la sola acqua della Nossana, invece, prosegue il suo percorso di rete di distribuzione fino alla zona sud di Bergamo e, risalendo il territorio, si congiunge con la tubazione proveniente da Algua. In effetti, questa rete ad anello attorno alla città, consente di poter integrare e sopperire alle richieste di approvvigionamento idrico in modo agevole, pratico e immediato”.
Ogni quanto, come e dove vengono effettuati i controlli? “Gli accertamenti e le verifiche sullo stato della qualità dell’acqua sono scrupolosi e quotidiani, grazie anche alla qualificata attività del nostro laboratorio di analisi accreditato Sinal. Gli operatori BAS-SII effettuano i prelievi lungo tutto il percorso della distribuzione: dalle sorgenti ai vari punti di adduzione, compresi i serbatoi, fino alle fontanelle pubbliche. Un lavoro complesso e prezioso che si concretizza in ben 3.000 prelievi/anno e quasi 87.000 parametri/anno analizzati. Inoltre, le Asl provvedono puntualmente ad effettuare autonomamente delle campionature e delle analisi sulle acque potabili ed in tutti questi anni non sono mai stati rilevati sulla nostra rete di di-
stribuzione valori eccedenti la normativa vigente o la presenza di altre sostanze come i composti organoalogenati (pesticidi, solventi e altri inquinanti)”. Cosa è cambiato oggi rispetto a dieci anni fa, l’acqua è migliore uguale o peggiore? “A livello di qualità, per la nostra acqua non è cambiato assolutamente nulla: era buonissima allora, lo è anche oggi. Possiamo aggiungere, invece, che in ambito legislativo, in difesa ed a garanzia del cittadino/consumatore, il recente DL 31/2001 ha abbassato ulteriormente i limiti delle “concentrazioni massime ammissibili” di alcuni parametri. In buona sostanza, maggiore severità e rigore a favore della qualità”. Quanto può influire una cattiva manutenzione delle tubature delle abitazioni, piuttosto che delle condutture usurate, sulla qualità dell’acqua? “È stato riscontrato con un certa frequenza come la qualità dell’acqua al punto di consegna della fornitura, situato al confine tra la proprietà pubblica e quella privata, sia spesso migliore di quella in uscita da rubinetti di casa. In effetti, capita a volte di riscontrare un certo colorito rossastro od un sapore velatamente amaro, inconvenienti che possono essere causati da tubature interne al condominio ormai obsolete, da depositi calcarei e/o da un prolungato ristagno dell’acqua nella rete di distribuzione condominiale. In questo caso, sarebbe opportuno segnalare il problema all’amministratore dello stabile per gli opportuni interventi del caso. Va altresì precisato, che per legge le responsabilità del gestore pubblico terminano al punto di consegna della fornitura sopra individuata e che, sempre per legge, il gestore pubblico non può La sorgente Costone
operare interventi di manutenzione e di adeguamento sulla rete privata a valle del contatore”. Ci dà qualche prezioso consiglio su come valorizzare al meglio l’acqua del rubinetto e su come si può eliminare il sapore di cloro che spesso si avverte bevendola? “È importante che l’acqua del rubinetto venga lasciata scorrere qualche secondo prima di imbottigliarla o di berla. Per quanto riguarda il cloro invece, uno dei disinfettanti maggiormente utilizzati nella potabilizzazione delle acque, può dare in qualche rara occasione una sgradevole sensazione all’olfatto ed al palato. Si tratta, nel caso, di una sensazione di breve durata, il cloro, in effetti, è un elemento chimico volatile, per cui basta lasciare per poco tempo l’acqua a contatto con l’aria, (anche solo a riposare in una brocca), per eliminarne l’odore”. L’acqua che sgorga dai nostri rubinetti è un’acqua che può essere indistintamente consumata da tutti, bambini, anziani e persone con particolari problemi di salute? “Essendo di ottimo sapore e pura, senza presenza di batteri o agenti inquinanti nocivi alla salute, è adatta per il consumo quotidiano di tutta la famiglia”. In conclusione la differenza tra un’acqua del rubinetto e un’acqua minerale, nel momento in cui ci accingiamo a berle, sta solo in una lieve diversità nel sapore. L’acqua non è migliore e più sana solo per il fatto che è stata imbottigliata e sull’etichetta c’è scritto “Acqua minerale”. Si possono controllare i diversi valori nell’acqua, mai controlli sono gli stessi sia per la minerale che per l’acqua del rubinetto. Quindi la sicurezza è sempre garantita.
Addolcitori citori e filtri nghi? casalinghi? Sono soluzioni ili poco utili
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timori legati alla qualità dell’acqua del rubinetto hanno fatto fiorire negli ultimi anni il mercato dei filtri casalinghi. Altroconsumo in seguito a degli studi effettuati, ha definito inutile la spesa legata all’acquisto dei filtri, in quanto il rubinetto, sottoposto a controlli severi e giornalieri, è di per sé una garanzia. Partendo dal presupposto che l’acqua dell’acquedotto di Bergamo è buona, ed in particolare nelle parte nord della provincia è particolarmente dolce, risulta pressoché inutile l’utilizzo di addolcitori d’acqua casalinghi. Infatti, questi filtri domestici possono correggere il sapore di cloro o eliminare le eventuali tracce di alcuni inquinanti, ma questa proprietà si rivela inutile visto che già in partenza l’acqua di rete è pulita e quando sono presenti tracce di sostanze indesiderate sono sempre al di sotto dei limiti di legge. Dallo studio di Altroconsumo risulta inoltre che, se non si fa una manutenzione più che egregia, gli impianti di filtrazione possono essere un insidioso ricettacolo di batteri. Inoltre addolciscono troppo l’acqua, scendendo sotto il limite di durezza consigliato per legge: un eccesso che alla lunga potrebbe rappresentare un problema per alcune categorie di persone, come bambini e anziani. Il risultato di questa ricerca è che comprare e gestire un impianto di filtrazione per l’acqua non è così economico come può sembrare e sarebbe pertanto indicato, prima di adottare soluzioni casalinghe, fare analizzare l’acqua di casa, e nel caso vengano riscontrati problemi che non siano dovuti alle condutture di casa, fare intervenire l’acquedotto.
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LA POLEMICA
Studi e pubblicità, l’attacco delle minerali è senza sosta
L’
acqua che sgorga dai rubinetti di Bergamo e provincia, così come nella maggioranza delle città italiane, è un’acqua di alta qualità, pura e decisamente potabile. È stata classificata tra le migliori in Italia e si piazza addirittura al quinto posto dopo L’Aquila, Cagliari, Aosta e Pavia in base ad una recente analisi effettuata da Altroconsumo. Ciononostante sono ancora moltissime le persone che nella Bergamasca rinunciano all’acqua del Sindaco in favore della minerale in bottiglia. Anche se, complice la crisi, si comincia a registrare una leggera inversione di tendenza. Purtrop-
po - a parte il gusto personale nella scelta dell’acqua, sul quale nulla si può sindacare - resiste in moltissimi casi la radicata convinzione che l’acqua del rubinetto sia meno buona, che sia decisamente migliore quella in bottiglia che faticosamente ci portiamo a casa dal supermercato. Molti non si fidano dell’acquedotto, ritengono che l’acqua abbia uno sgradevole sapore di cloro e che possa contenere sostanze che alla lunga fanno male all’organismo. La componente psicologica gioca gioc insomma un ruolo preponderante: preponderan la sensazione di sicurezza che of offre lo stappare una bottiglia di acqu acqua minerale vince su tutti i fronti sul timore che emerge consumando un bicchiere d’acqua l riempito dal lavandino di casa. Si spiega anche così perché l’Italia sia al primo posto al mondo per consumo di acqua minerale con oltre 185 litr litri in media all’anno a testa. In un p paese come il nostro, che vanta un discreto patrimonio idrico e una q qualità di acqua del rubinetto da far invidia a tante ac-
que imbottigliate, il grande successo dell’acqua minerale appare dunque quasi un’anomalia. Che si spiega col grande business che alimenta, col battage pubblicitario incessante che promuove purezza e proprietà curative e con la totale assenza di promozione da parte di chi gestisce le sorgenti dell’acqua che sgorga nelle nostre case. Senza contare, poi, gli studi - spesso di parte - che un giorno sì e l’altro pure inneggiano alla qualità delle minerali. L’ultimo, recentissimo, ha nuovamente riaperto il dibattito sulla “non purezza” dell’acqua del rubinetto. Lo ha promosso il Ceram (Centro europeo di ricerca acque minerali), istituzione privata, in collaborazione con le due Università di Napoli (la Federico II e la Seconda Università). Lo studio ha sostenuto che le acque italiane non sarebbero così limpide come noi crediamo, perché vi si troverebbero diversi composti organici che ne minerebbero se non la potabilità, certamente la qualità. Le analisi chimicofisiche sono state condotte su acque
IL GRANDE BUSINESS
E tra i produttori c’è chi invita a rifiutare l’acqua filtrata servita al ristorante
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n Italia esistono almeno 300 diversi brand di acqua minerale in bottiglia se si considerano anche alcuni marchi di acqua stranieri che possiamo trovare sugli scaffali dei nostri supermercati o sulle tavole di molti ristoranti. Arrivano nel Bel Paese da tutto il mondo, dalla Francia, dal Galles, dalla Scandinavia, dagli Stati Uniti e persino dalle Isole Fiji situate a ben 22 ore di volo dall’Italia. Le bottiglie non sono sempre in plastica, le più preziose vengono vendute solo nel vetro, in contenitori che spesso facciamo fatica a definire bottiglie tanto sono belle, colorate e dalla forma avveniristica. Ma non è necessario andare tanto lontano, perché anche i maggiori quotidiani della nostra città riportano pubblicità di noti marchi d’acqua di fonti locali, dove il messaggio è chiaro “L’acqua da noi prodot-
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ta e imbottigliata è migliore delle acque depurate e filtrate che spesso vengono servite al ristorante, perché è più pura”. Questo in sostanza quello che dichiarano i produttori, un messaggio che qualcuno potrebbe anche interpretare come: “Senza dubbio è anche più sicura e salutare dell’acqua del rubinetto”. Se si considera il vasto mercato dell’acqua minerale, molti sono gli interessi in gioco, ed è prevedibile che sul tema acqua (anche potabile) ci possa essere spazio per informazioni non sempre corrette. Si pensi che il business delle acque minerali in Italia si aggira intorno ai 6 miliardi di euro l’anno, che altro non è che il risultato della moltiplicazione tra gli 11 miliardi di litri di acque minerali venduti per il prezzo medio di 50 centesimi di euro al litro. Ma a rifletterci sopra, ci si rende
prelevate dal rubinetto per un totale di 209 campioni d’acqua potabile di rete in 17 regioni per un totale di 50 città in tutta Italia, e sulle acque imbottigliate acquistate in regioni diverse dalla sede di produzione comprate tra novembre dello scorso anno e febbraio 2009. Le acque imbottigliate analizzate sono state 144 in bottiglie PET di 24 diversi marchi. I risultati sono stati sconcertanti, in quanto un campione d’acqua del rubinetto su quattro esaminati sarebbe risultato contaminato, mentre sono risultate totalmente pure tutte le acque minerali oggetto dell’esame. Può una notizia come queste, letta da un cittadino qualsiasi, contribuire a creare una sorta di “terrorismo psicologico”? Purtroppo sì. Il vicepresidente di Federutility (la Federazione che riunisce le oltre 460 aziende del settore idrico ed energetico e che associa il 95% degli acquedotti italiani), Mauro D’Ascenzi, ha definito la ricerca fuorviante, mettendone anche in dubbio l’oggettività per il fatto che, Massimiliano Imperato, il docente universitario che ha coordinato la ricerca, è anche direttore del Ceram. Indipendentemente dal panico suscitato da questa informazione, apparsa sui principali media con il titolo “Acqua contaminata da un rubinetto su quattro”, è da notare - come viene specificato chiaramente - che i dati riguardano solamente campionature effettuate sulla rete privata condominiale, un particolare di non poco conto se si pensa che la qualità dell’acqua può essere spesso condizionata dalle tubature della nostra casa e dal fatto che il ristagno la può danneggiare. È importante infatti sapere, al fine di avere una buona acqua potabile a casa, che le tubature delle abitazioni necessitano di periodici controlli da parte di un idraulico e, se ritenuto necessario, della dovuta manutenzione per fare in modo che l’acqua che transita in esse non venga contaminata da condutture usurate. subito conto che l’acqua minerale ci costa molto di più di mezzo euro al litro, che è quanto la paghiamo al supermercato e di conseguenza quello che incassano le ditte. Bisogna considerare anche il costo in termini ambientali e, di conseguenza, la qualità della nostra vita. Le bottiglie di acqua in commercio in Italia sono per il 70% di plastica che significa 1,5 milioni di tonnellate di materiale plastico all’anno utilizzato per questo scopo. Il processo di riciclaggio e di smaltimento ha un prezzo che non solo incide pesantemente sulle imposte, ma pesa anche sulla salute, perché la fabbricazione e l’eliminazione delle bottiglie e degli imballaggi portano alla dispersione nell’ambiente di sostanze tossiche, mentre le bottiglie che vengono abbandonate per terra o nei fiumi piuttosto che nei mari, durano centinaia di anni. L’acqua imbottigliata in un luogo viene venduta e consumata anche a migliaia di chilometri di distanza, dove deve essere trasportata con enormi automezzi, spesso anche via aerea, che producono ulteriore inquinamento e degrado. Senza considerare la benzina che consumiamo per andare al supermercato in auto a comprare l’acqua.
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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci
Ristoratori “per gioco”, ma in cucina non si scherza Per Marios Gerakis e Simona Gualtieri l’avventura in sala e ai fornelli è cominciata solo qualche anno fa, in Grecia. A Treviglio hanno aperto “al d.”, un locale “polivalente”, gioioso e originale. Bizzarri nei nomi, i piatti sono realizzati con cura e passione
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i fa presto a dire “locale polivalente”, altro è riuscire a dare anche un carattere a quella che, in caso contrario, resta solo una proposta ampia e variegata. C’è l’ha fatta il ristorante “al d.”, al numero 6 di via dei Galliari a Treviglio. Visitato per la pausa pranzo a prezzo fisso si è rivelato un posto dalle molte sfaccettature (che avrebbero forse bisogno di più spazio per essere raccontate a dovere), ma dall’atmosfera ben precisa: professionale e gioiosa allo stesso tempo e carica dell’entusiasmo che i titolari esprimono nella loro attività. E non potrebbe essere diversamente, altrimenti non sarebbero diventati ristoratori per gioco. Comunque non per caso. La loro è una storia breve, per il momento, ma intensa. Lui, Marios Gerakis, è greco, lei, Simona Gualtieri, è bergamasca, sono compagni di vita ma non di lavoro. Il 2003 è l’anno della svolta. Su invito di un amico aprono «per gioco» un ristorante sull’isola di Simi, nel Dodecan-
neso, la terra di Marios: un gioco che è anche una sfida, visto che nessuno dei due ha esperienza nel settore. Le cose vanno bene, anzi molto bene, al punto di assumere quasi i contorni di una fiaba. Per caso passa nel ristorante sir Frank Griffith, vicepresidente dalla catena Hilton. È fatta, sir Frank propone a Marios di dirigere un paio di locali in altrettante capitali in giro per il mondo e poi, nel 2006, l’occhio si sofferma su un locale abbastanza malandato a Treviglio ed inizia la ristrutturazione. Nasce “al d.” che aprirà i battenti il primo aprile del 2007, ma non è uno scherzo. Il locale funziona bene. È enoteca, anche da asporto, con circa 400 etichette, è bar con oltre 40 birre e un’ampia scelta di distillati, è cioccolateria con oltre 140 specialità. Ma è anche galleria d’arte che ha ospitato nomi illustri, è sede del circolo filellenico trevigliese e locale per musica dal vivo. Non mancano le serate a tema e le feste in strada. Sì, effettivamente al d. è polivalente. «Siamo stati a lungo dall’altra parte della barricata – racconta Marios – in quanto clienti e quindi abbiamo potuto rilevare spesso le distonie ad esempio tra l’ambiente, il personale, i titolari e il cibo. Ecco, noi abbiamo cercato di creare una vera armonia, probabilmente ci siamo riusciti. Abbiamo ristrutturato il locale senza architet-
ti e designer, alcuni particolari li ho costruiti personalmente, Simona ha creato più di un lampadario». Il resto lo fa l’ambiente stesso, un palazzo del ‘500 con tanto di chiostro colonnato, veramente bello. «Non sono una cuoca – racconta invece Simona –, non ho studiato ma sento la necessità di creare in cucina. Mi piace molto usare la frutta, arance e mele ad esempio, e la fantasia, anche se la base rimane quella della cucina mediterranea. Usiamo solo frutta e verdura biologica certificata – precisa -, facciamo i dolci e la pasta è trafilata al bronzo da noi. La fantasia la mettiamo anche nei nomi dei piatti». L’elenco delle portate, abbastanza ampio, è, infatti, davvero bizzarro: lo “Strudel sottomarino” è un primo come lo sono anche i “Fusilli spadaccini”; “Coniglio desaparecido” e “Coniglio cacciato!” e il “Bakkalà contro tutti!” sono alcuni secondi, mentre tra i dessert sarebbe curioso provare l’”Ananas coi nervi” piuttosto che il “Capriccio del cornuto”. Carne, pesce, ma anche proposte vegetariane: questo comprende la carta di “al d.” e se prima di ordinare forse è meglio chiedere di cosa si tratta in realtà (l’affabile Marios sarà ben lieto di declinare le caratteristiche del piatto), di certo la qualità delle materie prime e la mano di Simona in cucina garantiscono un ottimo risultato.
CAFFÈ & RISTORANTE “AL D.” via f.lli Galliari, 6 - Treviglio - tel. 0363 343301 chiuso il lunedì. Aperto a pranzo da martedì a sabato e a cena il mercoledì, venerdì e sabato 30 Affari di Gola giugno 2009
PAUSA PRANZO
Arriva l’estate e spunta il piatto “prova costume” Chi si ferma per la pausa pranzo “al d.” ha sia la certezza di mangiar bene sia quella della sorpresa. Il menù varia infatti ogni giorno con la costante di proporre comunque sempre la possibilità di scegliere tra piatti di pesce, di carne e vegetariani. Le combinazioni, in relazione ai prezzi, sono diverse, mentre contorni a buffet, acqua, caffè e calice di vino sempre compresi. Il vino, e non poteva essere diversamente visto che il locale è anche enoteca, non è sfuso come capita generalmente nelle proposte a prezzo fisso, ma in bottiglia e di marchi affermati. Antinori, Frescobaldi, Masciarelli, tanto per fare degli esempi. Per 13.50 euro il menù del giorno era il seguente: spaghetti col pomodoro fresco, penne con gli asparagi e farfalle coi polipetti tra i primi. Omelette al formaggio, sarde panate e costolette d’agnello alla griglia tra i secondi. Con 11 euro si può scegliere il piatto unico che altro non è che la proposta in forma ridotta dei piatti del giorno, in pratica circa mezza porzione abbondante sia di primo sia di secondo. Ogni giorno c’è il piatto speciale “prova costume” proteico e ideale per l’estate a 15 euro: insalata di pollo con verdure e riso al vapore, il giorno della nostra visita. Sempre tutto compreso per 16.50 c’è l’iperpiatto unico: orata intera alla griglia. Per il nostro menù da 13.50 abbiamo scelto farfalle coi polipetti e sarde panate. Bel colpo. Ottimo rapporto qualità/prezzo. Ci siamo concessi, extra menù, anche uno sfizio, il “fruttarolo” alla mela, 80 grammi di frutta biologica frullata e gelata su un bastoncino: uno straordinario “ghiacciolo” che viene prodotto nel locale e proposto con tutti i gusti della miglior frutta di stagione.
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LA SCOMMESSA
Le donne rilanciano le tradizioni gastronomiche di Ornica Sedici le componenti della Cooperativa (ristoratrici, bariste, casalinghe) che punta sull’ospitalità abbinata al piacere dei sapori e alla scoperta degli antichi mestieri. In arrivo anche uno spaccio per la vendita dei prodotti tipici
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n’“Università del saper fare contadino” incorniciata dalle Prealpi. Ornica, antico borgo rurale dell’Alta Val Brembana, si trasforma in capitale dell’ospitalità montana, gestita da un gruppo di 16 donne fondatrici della “Cooperativa Donne di montagna”. Un insieme quanto mai vario, formato da casalinghe, ristoratrici, bariste, fioriste, imprenditrici, impiegate e commercianti, dai 18 ai 60 anni, accomunate dalla passione per la loro terra. Ornica è un borgo rimasto intatto nella sua architettura da secoli, a mille metri di quota, in alta Valle Brembana, nel cuore del parco delle Orobie. Per non disperdere un patrimonio culturale di millenaria tradizione, la neonata “cooperativa rosa”, si propone di accompagnare i turisti alla riscoperta della quotidianità contadina e montana, insegnando a cittadini e stranieri a fare il fieno, tosare pecore, mungere mucche, cimentarsi nella produzione di burro e formaggi, riconoscere e raccogliere erbe montane per realizzare ricette d’altri tempi.“Sarete un po’ turisti e un po’ ornichesi” scrivono sulla brochure che pubblicizza il borgo e, in barba al falso mito della diffidenza orobica, aggiungono con una punta d’orgoglio:“Siamo gente che ama ospitare”. Il progetto, appoggiato dall’Amministrazione comunale - socio fondatore della cooperativa - e dall’Agriturismo Ferdy di Lenna, offre un calendario ricco di attività: oltre agli antichi mestieri contadini, chi sceglierà questa originale formula di soggiorno potrà ripercorrere le antiche
vie di frontiera alla volta della Valtellina, scoprire l’arte dei norcini e riconoscere gli animali di montagna insieme ai cacciatori. Per far soggiornare gli ospiti di Ornica è pronto un borgo con una decina di appartamenti tipici - per un totale di circa 60 posti letto - che conservano la loro antica denominazione, dalla Ca’ del Cirillo alla Ca’ di Giustì, dalla Ca’ di Tolae alla Ca’ di Lesandre. Per i puristi della montagna o i turisti amanti dell’avventura è possibile soggiornare nelle baite sopra il paese - chiamate in dialetto “calecc”- oppure salire in quota, fino ai 1.800 metri, nella baita della Val d’Inferno, e sperimentare la vita d’alpeggio. La Cooperativa ha ormai ultimato la realizzazione di uno spaccio di prodotti tipici: una cantina dove acquistare miele, formaggi, salumi, funghi e mirtilli. In previsione, le donne di Ornica intendono vendere anche prodotti d’artigianato locale. La cooperativa al femminile, formata da tante mamme, non poteva non rivolgersi ai più piccoli, con una proposta didattica dal nome “Casa della Marmotta” per portare gruppi di bambini di tutte le scuole alla scoperta dei borghi montani della Valle, da Cornello dei Tasso a Valtorta a Roncobello. D’inverno non mancheranno gite sulla neve, settimane bianche e discese a bordo di slitte. Insomma il borgo di Ornica, che ha visto in passato tanti compaesani partire in cerca di fortuna in città o all’estero, punta a invertire questa tendenza, diventando una meta sempre più attrattiva e a trasformarsi in roccaforte della tradizione bergamasca.
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L’INDAGINE
Solo due italiani su dieci tagliano sul cibo
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a crisi c’é e si sente, ma solo 2 italiani su 10 prevedono di ridurre la propria spesa alimentare nel corso del 2009, mentre si cerca comunque la migliore qualità, tanto che 7 su 10 cercano la garanzia della marca. È quanto emerge dalla ricerca “Gli italiani e la crisi economica” realizzata da GPF per conto di Federalimentare, illustrata in occasione dell’assemblea annuale della organizzazione. Gli italiani - sottolinea la ricerca - sono molto preoccupati per gli effetti della crisi, soprattutto in termini di disoccupazione (95 per cento), ma anche per la tangibile perdita del potere d’acquisto (84 per cento). Questo ha già portato lo scorso anno a una riduzione delle spese generali da parte dell’81 per cento de-
gli italiani, mentre nei prossimi 12 mesi il 50 per cento pensa di spendere un po’ o molto di meno, al contrario dell’altro 50 per cento che conta invece di spendere di più (11 per cento) o perlomeno la stessa cifra (39 per cento) di quest’anno. Le previsioni di risparmi e tagli rispetto al budget familiare riguardano un po’ tutte le voci, dagli svaghi e tempo libero fuori casa (il 61 per cento degli intervistati), all’abbigliamento (55 per cento), ai viaggi e vacanze (51 per cento), mentre sono appena 2 su 10 (19 per cento) gli italiani che nel 2009 pensano di ridurre le spese per acquisti alimentari, ed il 18 per cento pensa addirittura d’incrementare il budget dedicato a cibo e bevande. Oltre il 70 per cento degli italiani si dichiara inoltre attento alla marca, confermando un trend di ricerca per la qualità già emerso nel +7 per cento delle vendite di prodotti di marca registrato nel 2008. Il mangiare - conclude la ricerca GPF - resta “uno dei piaceri della vita” per 8 italiani su 10. Ma risulta in flessione il piacere di cucinare, oggi avvertito da 5 italiani su 10 (10 anni fa erano 6).
A “Porta Osio” tiene banco il Monterossa In linea con la filosofia del locale, ovvero far incontrare i clienti con i produttori di vino, Porta Osio - enoteca di via Moroni, a Bergamo, guidata dal capace Oscar Mazzoleni - ha organizzato recentemente una serata-degustazione con i vini di Monterossa, rinomata e affermata cantina della Franciacorta. L’incontro tra le bollicine e la cucina di Porta Osio ha superato ampiamente l’esame dei numerosi partecipanti.A partire dal piccolo fritto di benvenuto, abbinato ad una Prima Cuvèe, che ha subito lasciato intendere quale sarebbe stato il registro della serata. Dalla cucina è infatti uscita poco dopo un’ottima Tagliata di spada su letto di aspa-
ragi annaffiata dal Franciacorta P.R. Blanc de Blancs, cui ha fatto seguito il Monterossa Rosè servito con il Risotto mantecato con pomodorini confit e filettini di triglia appena scottati. Per finire, il top della gamma dell’azienda franciacortina, ovvero il Cabochon 2004, vera delizia che ha accompagnato la Ricciola al forno
con julienne di basilico e salsa mediterranea. Il gelato alla vaniglia mantecato al momento con frollini di alta pasticceria ha concluso la serata.
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APPUNTAMENTI IL 18 LUGLIO
Una notte alle Cascate del Serio A
pertura straordinaria in notturna delle Cascate del Serio e passeggiata enogastronomica. L’abbinamento proposto per la prima volta l’anno scorso ha avuto un grande successo e così L’Ufficio Turistico di Valbondione ha pensato bene di bissarlo.“La cascata tra notte e gusto” è in programma sabato 18 luglio. Si parte alle 16 e si camminata lungo un percorso che abbina le bellezze del paesaggio e il suggestivo spettacolo delle cascate più alte d’Italia in notturna a corroboranti soste gastronomiche a base di prodotti del territorio. Dopo l’aperitivo al Palazzetto dello Sport di Valbondione, si passa al pane e salame alle baite di Maslana, ai Casoncelli alla Bergamasca presso l’Osservatorio Floristico e Faunistico di Maslana per assistere di seguito all’illuminazione e all’apertura delle Cascate accompagnate dai fuochi d’artificio. Si rientra verso Bondione per gustare un altro piatto tipico e il dolce, per il caffè ci si sposta invece alla Pasticceria Green Park per tornare quindi al Palazzetto dello Sport e ricevere il meritato diploma di partecipazione. La camminata sarà organizzata in gruppi accompagnati da un responsabile che condurrà i partecipanti garantendo loro la sicurezza lungo il percorso. È obbligatorio indossare un adeguato abbigliamento da montagna, l’uso del frontale o della pila elettrica. Il modulo d’iscrizione è disponibile all’Ufficio Turistico di Valbondione e scaricabile dal sito internet lizzolasci. I posti sono limitati, il costo di partecipazione è di 20 euro per gli adulti, 15 euro per i bambini fino a 12 anni. Le cascate saranno aperte anche le domeniche 23 agosto e 20 settembre dalle 11 alle 11.30.
DAL 26 AL 29 GIUGNO
Rosati in vetrina a Moniga del Garda D al 26 al 29 giugno torna a Moniga del Garda “Italia in Rosa”, prima ed unica vetrina dei rosati d’Italia. L’evento è promosso dal Comune di Moniga, Città del Chiaretto, con la collaborazione del Consorzio Garda Classico. L’anno scorso, prima edizione dell’appuntamento, 40 sommelier Ais hanno servito nelle degustazioni pubbliche 250 vini rosati di 200 produttori delle 20 regioni. Quest’anno ci saranno anche uno Champagne rosé, il famoso Tavel,“appellation” che dagli anni Trenta prevede solo rosati, e qualche esempio della vendemmia 2009 in Sudamerica. Quartier generale della manifestazione è la settecentesca Villa Bertanzi, che fu teatro delle prime sperimentazioni sul Chiaretto. Il momento clou del programma è rappresentato dal talk show che metterà a confronto i produttori di alcuni dei più famosi rosa-
IL 12 LUGLIO
Camminata enogastronomica per le vie di Gandino “Gustar... Gandino. A spasso tra i cibi per gustare arte e natura”. Si chiama così la camminata enogastronomica, giunta alla quarta edizione, promossa domenica 12 luglio dal Comune e dalla Pro Loco in collaborazione con le associazioni del territorio. Nove chilometri di percorso tra il centro storico e le frazioni, con una serie di soste gastronomiche che andranno a comporre un menù completo dall’aperitivo al caffè. Protagonisti principali, naturalmente, i prodotti tipici e i piatti della tradizione, in particolare la polenta di mais Spinato, una varietà tipica della Bergamasca, che proprio a Gandino, prima località lombarda in cui è stata introdotta la coltivazione del granoturco, è oggetto di varie iniziative di recupero e valorizzazione. Il menù comprende aperitivo, antipasto con salumi tipici, Casoncelli alla bergamasca, sorbetto, salamelle e/o carne salata con polenta di mais spinato di Gandino, formaggi, anguria, dolci e caffè. La camminata sarà arricchita da momenti di animazione, giochi gonfiabili, premi a sorteggio fra i partecipanti e gadget per tutti. La quota di adesione per gli adulti è di 20 euro, per i bambini d dai 6 ai 12 anni 5 euro (per i bimbi sotto i 6 an anni la partecipazione è gratuita). Per inform informazioni e iscrizioni: Comune di Gandino U Ufficio demografico tel. 035 745567 interno 1, fax 035 746215, e-mail: gustargandino@lib gandino@libero.it. Le iscrizioni verranno chiuse al raggiun raggiungimento di 1.000 partecipanti.
ti d’Italia, con qualche gradita presenza estera. Saranno inoltre presentati i risultati di una ricerca sull’affinamento “sur lies” dei vini rosati e una doppia indagine sul rapporto fra i migliori ristoranti d’Italia e i rosati e le strategie di tre catene di supermercati nei confronti di questa tipologia. Dalla sera di sabato e per tutta la domenica, via alle degustazioni pubbliche accompagnate da assaggi gastronomici (nella mattinata di domenica si attendono, ad esempio, ostriche e vongole freschissime, direttamente dalla laguna di Goro).Tra le “chicche” legate all’evento, anche una cena in piazza San Martino (venerdì 26) preparata dai ristoratori di tre eccellenti insegne di Moniga:Al Porto, il neo stellato Quintessenza ed El Magher. Circa 80 coperti sono disponibili per il pubblico al prezzo speciale di 35 euro vini compresi.“Italia in Rosa” è anche un concorso per le migliori etichette. Saranno assegnati premi al marketing, all’estro artistico e all’etichetta più “rosa”. Info: www.gardaclassico.it
Da questo numero iniziamo la presentazione dei nostri vini, partendo dalle bottiglie da 1/4 e 1/2 litro.
1 E 2 AGOSTO
Ardesio, vignaioli e artigiani del gusto in piazza Ardesio DiVino è ormai una conferma nel panorama delle rassegne enogastronomiche della Bergamasca. La manifestazione organizzata dalla Pro Loco e dall’Amministrazione Comunale torna puntuale il primo week end di agosto, sabato 1 e domenica 2, per la sua quinta edizione. L’evento riunisce selezionati vignaioli e artigiani del gusto provenienti da tutta Italia che offriranno in assaggio e in vendita i propri prodotti. Le vie del centro storica diventano così una mostra mercato, una fiera di sapori e profumi che attrae visitatori provenienti da tutta la regione, alla ricerca delle tradizioni del gusto. L’obiettivo dell’iniziativa non è soltanto promuovere la cultura enogastronomica ma anche far conoscere il territorio del Comune di Ardesio. In questo senso, l’allestimento di quest’anno prevede un’interessante novità: grandi riproduzioni fotografiche, selezionate attraverso il concorso “Frazione nel DiVino”, ritrarranno scorci delle numerose frazioni della cittadina, un modo per portare in piazza anche le località più fuori mano. Sono previste inoltre degustazioni guidate a cura di Wekc – Gastronomia come cultura, laboratori per bambini a cura di Fragola&Vaniglia e alcuni concerti, tra cui alcune realtà di Jazz locali e il Trio Bobo. Info: www. ardesiodivino.it.
Tutti i vini provengono dalle migliori aziende agricole o cantine sociali poste nelle zone di produzione
Bottiglie 0.25 lt Tappo vite BARBERA PIEMONTE DOC MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC BIANCO CUSTOZA DOC RECASTELLO BIANCO RECASTELLO ROSSO
V.T. V.T.
Bottiglie 0.50 lt Tappo sintetico BARBERA PIEMONTE PINOT BIANCO VENETO
DOC IGT
Nembro (BG) - Via Roma, 41 Tel. e Fax 035.520847 E-mail: vinivaloti@virgilio.it
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