giugno 2012
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Supplemento al n. 24 de “La Rassegna” del 21 giugno 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
Chicchi di gusto Farro, orzo, miglio, segale, avena: i cereali alternativi sono sempre più apprezzati. Un universo di sapori da sperimentare, non solo d’inverno ma anche d’estate
FORMAGGI
GRAPPE
MICROBIRRIFICI
LA PROPOSTA
Corti: «Da salvare le piccole realtà artigianali»
Falconi: «Bergamo dovrebbe avere distillerie più grandi»
Al via la produzione di luppolo. Due i progetti
Cocktail e cibo, 180 modi per metterli insieme
Consegne rapide e personalizzate. Prodotti freschi, surgelati e biologici, dall’antipasto al dessert SEDE DI CURNO (BERGAMO) Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG) Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627 infobergamo@alimentarimoretti.it
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GIUGNO 2012
SOMMARIO www.affaridigola.it
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PENNA ALL’ARRABBIATA Una Penisola di delizie che è un peccato non riscoprire
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L’APPROFONDIMENTO Birra artigianale, ora in Bergamasca si pianta anche il luppolo
10 L’INTERVISTA Formaggi, “salviamo le piccole produzioni”
14 IL CONCORSO
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Grappe, “bello sarebbe se Bergamo avesse grandi distillerie”
16 IL PRODOTTO La riscossa dei cereali “alternativi”
20 L’ANNIVERSARIO Quattroerre, da 30 anni al fianco dei clienti
22 TENDENZE A qualcuno piace crudo
24 LA PROPOSTA Cocktail, mangiamoci su
28 IL LOCALE Nell’Antico Mulino la ricetta ancticrisi è il prezzo fisso
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - affaridigola@larassegna.it - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi, - Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - info@larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Riccardo Lagorio, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto GraÀco, Bg
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Agriturismo Le Rondini, Alimentari Moretti, Casera Monaci, Gelateria la Mimosa, Loipoll, Tecno Service Italia
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Affari di Gola marzo 2012
Supplemento al n. 10 de “La Rassegna” del 15 marzo 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
"Guerra" dei Pizzoccheri, tutte le ragioni di Bergamo IL BILANCIO
LE STRATEGIE
TENDENZE
L’EVENTO
Sulle De.Co. “tradito” il progetto di Veronelli
A Treviglio apre la “Casa del Formaggio”
Piacciono le gastronomie dei supermercati
Al Vinitaly torna la “Piazza Valcalepio”
Affari di Gola
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Una Penisola di delizie che è un peccato non riscoprire di Pier Carlo Capozzi
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personali: gli Spaghetti alla chitarra di Giulio Raponi nel ra un’alluvione, due smottamenti e Serio&Brembo suo ristorante di Lovere e gli Arrosticini, spiedini di carin piena, mi dicono dalla regìa che starebbe arrine di castrato, conosciuti nella prima vacanza al mare vando l’estate. Facciamo Ànta di crederci e pencon mio Àglio, a Silvi Marina. Quanto sia buona e stermisiamo ai giorni belli che ci aspettano oppure ritorniamo nata la scelta di specialità lo possiamo proprio scoprire a felici ricordi di vacanze passate, ma non nel dimentiin Abruzzo dove ci sono la bellezza di tre cucine: quella catoio. montana, quella di mare e le specialità dell’altopiano. Parlando ovviamente di cose buone da pappare, insomCi sono, tra queste, le Lenticchie di Santo Stefano di Sesma di affari di gola, proprio per restare strettamente in sanio (da utilizzare per la Zuppa) e l’Aglio rosso di Sultema. E confesserò che, non appena scatta la parola vamona, da distribuire qua e là. Sugli altopiani si serve la canze, riemergono con prepotenza i ricordi di quando si Ciabotta (un trionfo di verdure) era ragazzi e si andava al mare e si propongono i Cannarozzetti dagli zii, giù in Puglia. ruzzesi ab i cin sti ro (tubetti di pasta) allo zafferano ar Cosa volete mai, all’epoca si era Gli oppure il Cardo in brodo. gioiosi e spensierati, gli affanni I pistilli viola sono presenti annon erano in bilancio, eravamo che nel Pollo allo zafferano, ricircondati da tutta la famiglia, ci cetta però montana come l’Asi voleva un bene dell’anima e, gnello cacio e uova e il Pollo soprattutto, la salute era patriall’abruzzese, con cipolle, pepemonio prezioso e comune. roni e pomodori. Non ne sentite Magari la zia, che si alzava all’alil profumo? Non immaginate il ba per preparare la pasta al forpaesaggio tutt’intorno? no e la focaccia che avremmo Facciamo insieme un salto in ridivorato subito dopo il bagno a va al mare, a Vasto, quasi al conmare, qualche mal di testa l’avrà Àne col Molise: per il Brodetto alla vastese (pomodoro e pure avuto. Ma non ce ne faceva avere notizia. verdure, molluschi e crostacei) e per lo Scapece (pesce Era questa la grandiosità dei nostri genitori ed è comundapprima infarinato, poi dorato in olio bollente e lasciato que bello averne preso coscienza più tardi, diventati gemacerare in una miscela di aceto e zafferano). nitori a nostra volta. Potremmo proseguire e riempire così tutta la rivista. SeSi diceva della focaccia, ma anche dei maritozzi (dolce gnaliamo un dolce solo, “Le sise delle monache” e Guarintrecciato con sottile velo di zucchero), del pane e podiagrele, il paese che ne detiene gelosamente ricetta ed modoro o (splendido contraltare al nostro “nordico” paesclusiva: già il nome è tutto un programma, con svariane, burro e zucchero) una fetta di pane, olio e sale. te spiegazioni a riguardo, mentre la preparazione richieSento già levarsi, altissime, le lamentazioni di buona de pan di spagna e crema pasticcera, ingredienti semparte dei miei lettori. plici per un risultato sorprendente. Basta, mi stanno dicendo, con la focaccia, le orecchiette Guardiagrele è vicinissimo a Lanciano, neopromosso in e la parmigiana, non ne possiamo più della tua cucina serie B con “Gaucho” Gautieri, ex gloria nerazzurra, in barese! M’interrompo, nemmeno troppo indignato ed panchina: tanto per dire che il mondo è davvero piccooffeso, forse con un leggero accenno di coda di Puglia. lo e le storie si rincorrono. A questo punto non abbiamo Però vi dico che la nostra offerta di specialità, italiana ingrandi alternative: o prenotiamo in Abruzzo oppure sfotendo, merita ampiamente qualche riproposizione. Ma gliamo qualche ricettario, come ho fatto io, per placare essendo il lettore giudice unico e supremo, cambierò diil nostro desiderio di pietanze nuove. L’arrabbiatura? Anrezione puntando un po’ più a nord. Stazionerò tra Moche stavolta al pensiero di quella focaccia e di quegli Arlise e Marche e lo farò, con affetto sincero, unicamente rosticini che non saranno mai più gli stessi. per il mio Direttore che, nonostante i natali svizzeri, pospiercapozzi@libero.it siede orgogliosamente origini abruzzesi. Due soli ricordi
PENNA ALL’ARRABBIATA
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L’APPROFONDIMENTO
Birra artigianale, ora in Bergamasca si pianta anche il luppolo di Lara Abrati
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Continua la crescita delle piccole produzioni indipendenti. Le aziende oggi sono 8 e qualcuna sta pensando a come reperire materia prima locale. In partenza ci sono due progetti per la coltivazione del luppolo, promossi da Via Priula di San Pellegrino ed Elav di Comun Nuovo e dita di due mani bastano ancora a tenere il conto, ma la crescita dei birriÀci artigianali in Bergamasca continua. Sono infatti otto oggi le attività che si dedicano alla produzione di birre “vive”, per lo più realtà di piccole o medie dimensioni, che però si stanno ben radicando sul territorio bergamasco e non. Alcuni sono arrivati addirittura a distribuire e commercializzare i propri prodotti anche all’estero, in Paesi in cui la tradizione brassicola è ben più radicata rispetto al territorio italiano. Si tratta nella maggior parte dei casi di aziende nuove e dinamiche che stanno vivendo ora un momento di rapido sviluppo, sia tecnico che produttivo. Molte hanno visto la luce a cavallo dell’anno 2010, dalla decisione di trasfor-
mare la passione riguardante la produzione di birra in un vero e proprio lavoro, caratterizzato anche in un investimento di risorse signiÀcativo. Nel territorio bergamasco sempre più locali e ristoranti, poi, hanno inserito nella propria offerta le birre artigianali. Esse hanno riscosso un discreto successo da parte del consumatore, tanto che sono nati locali (spesso di proprietà dei birriÀci) che servono solo birre artigianali. Due di questi birriÀci, Via Priula di San Pellegrino ed Elav di Comu Nuovo, hanno inoltre dei progetti per la produzione di alcune materie prime, ad ora necessariamente acquistate dall’estero. In particolare, il birriÀcio Via Priula sta meditando su un progetto sperimentale di coltivazione del luppolo in montagna. La parte tecnica sarà seguita dall’azienda agricola Settimo Cielo di Camerata Cornello in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. L’impianto avrà comunque dimensioni ridotte, in quanto il Àne sarà la produzione di luppolo fresco per una proposta stagionale di birre aromatizzate con i suoi Àori freschi (tramite un sistema di spillatura chiamato “Randal”). Il luppolo coltivato in loco purtroppo non potrà essere utilizza-
to per tutte le cotte essenzialmente per un paio di motivi decisivi: la scarsa quantità prodotta e la necessità di avere dei luppoli qualitativamente standard per consentire la produzione di birre con caratteristiche mediamente uniformi. Le varietà che impianteranno il prossimo autunno sono americane. Verrà coltivata anche una varietà della Repubblica Ceca chiamata “Saaz”, usata molto dal birriÀcio per la produzione della birra “Loertis” (che vuol dire luppolo in dialetto bergamasco). La prima raccolta sarà da settembre 2013. I Àori potrebbero essere poi conservati previa essiccazione, ma vista l’esigua produzione e le difÀcoltà tecnologiche, questa pratica ad ora non verrà attuata. Anche il BirriÀcio Indipendente Elav ha in vista da tempo la coltivazione di luppolo. Il progetto probabilmente si concretizzerà anche in questo caso in autunno, nel mese di novembre. Non verrà coltivato solo luppolo, ma anche spezie e piccoli frutti utilizzati poi per la produzione e l’aromatizzazione delle birre da loro prodotte. L’impianto verrà condotto con metodo biologico e avrà una dimensione di circa 2 ettari. Saranno coltivate ben sei varietà di luppolo.
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Via Priula - San Pellegrino
CON L’EVENTO BEERGHÈM PROMUOVE L’INTERO SETTORE Nato nell’agosto 2010 grazie all’idea di tre soci. Deve il suo nome all’antica strada costruita tra il 1592 e il 1593 per collegare Bergamo a Morbegno per volere del podestà di Bergamo Alvise Priuli. Ha sede a San Pellegrino Terme, dove commercializza le proprie birre tramite un piccolo locale. Non possiede l’impianto di produzione, quindi fa produrre le birre secondo le proprie ricette a due birriÀci, rispettivamente Ibu (per le birre ad alta fermentazione) e BrewÀst (per le birre a bassa fermentazione). Produce cinque tipologie di birra: la Loertis (una Bohemian pils), la Bacio (una American pale ale), la Camoz (una Imperial stout), la Rosa (una birra ai lamponi) e l’ultima nata Dubec (una rossa che si ispira alle doppelbock). Commercializza le birre alla spina nel locale e in bottiglie da 33 e 66 cl. Organizza a San Pellegrino l’evento “BeerGhèm”, quest’anno alla sua seconda edizione sperimentale. L’idea è quella di farne un appuntamento brassicolo bergamasco annuale. www.birrificioviapriula.it
Birrificio Valcavallina - Endine Gaiano
LA SPERIMENTAZIONE CASALINGA È DIVENTATA UN LAVORO
Renato Carro
Ha visto la luce nell’anno 2009 grazie a Renato Carro che ha abbandonato il suo vecchio lavoro in campo edile per dedicarsi a tempo pieno alla sua passione. La sua sperimentazione domestica procedeva ormai da ben 12 anni. L’impianto ha sede a Endine Gaiano in una vecchia Àlanda ristrutturata sulle rive del lago di Endine. Il birriÀcio è stato progettato per produrre circa 6.500 litri al mese quando lavorerà a pieno regime. Nel 2011 sono stati prodotti circa 33.000 litri e prevede nel 2012 di produrne 50.000 circa. Le quattro birre sono tutte prodotte ad alta fermentazione. Le materie prime sono acquistate principalmente in Germania e in Inghilterra ed i malti sono macinati in loco attraverso un piccolo mulino. Quelle che si possono trovare tutto l’anno al birriÀcio sono: Cavallina (Blonde ale), Sun Flower, Calipso (Pale ale) e Alba Rossa. Commercializza le proprie birre presso la sede dell’impianto e attraverso la collaborazione con molti e vari locali. www.birrificiovalcavallina.it
Birrificio Indipendente Elav - Comun Nuovo
DISTRIBUZIONE ANCHE IN TUTTO IL REGNO UNITO Nato anch’esso nel 2010 da due soci, Antonio Terzi e Valentina Ardemagni, la “Vale” che dà il nome al birriÀcio se letto al contrario. Hanno iniziato con una produzione di 3.000 litri al mese, ma ora hanno già raggiunto i 30.000 litri al mese. L’impianto per la produzione delle loro birre è localizzato a Comun Nuovo. Commercializzano le produzioni in due locali da loro gestiti: il Clock Tower di Treviglio e l’Osteria della Birra in Città Alta. In totale l’attività occupa 25 dipendenti. Le birre sono proposte alla spina in molti altri locali in tutta Italia, in particolare a Roma. Hanno ricevuto consensi da nazioni come il Regno Unito ed il Belgio. Dieci delle loro birre sono distribuite in tutto il Regno Unito. Producono una decina di birre, più speciali e stagionali, con etichette e nomi a tema musicale. www.birraelav.com
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L’APPROFONDIMENTO
Endorama – Grassobbio
LE CREAZIONI DEL GIOVANE BIRRAIO Dopo cinque anni di produzione di birra casalinga, nel 2010 nasce il birriÀcio e l’impianto. L’idea è di Simone Casiraghi, un giovane di 30 anni, la sede è a Grassobbio. Deve il nome ad un album del gruppo thrash metal Kreator. La produzione si aggira attorno ai 200–250 ettolitri. Le birre vengono distribuite in tutta Italia, in particolare in Lombardia e a Roma, attraverso pub, beer shop, Gruppi di Acquisto Solidale, ristoranti ed enoteche. Il totale di birre prodotte è sei, tutte ad alta fermentazione e rifermentate in bottiglia. Alcune sono disponibili tutto l’anno altre sono stagionali. Si trovano in bottiglie da 75 cl. In particolare si chiamano: Golconda (ispirata alle tedesche Kolsch), Malombra (ispirata alle belghe Saison), Vermillion (ispirata alle American IPA), Milkyman (ispirata alle inglesi Milk Stout). www.endorama.it
Simone Casiraghi
Sguaraunda - Pagazzano
QUI LA BIRRA È “LA BERGAMASCA” È uno dei primi nati, infatti è stato avviato nel 2003 e compirà 10 anni l’anno prossimo. Il nome deriva da una canzone di Davide Van De Sfroos. Ci lavorano i due soci fondatori, Roberto Furiosi e Massimo Simeone, e ha sede a Pagazzano. Etichettano le loro birre sotto il nome “La Bergamasca”, ne hanno registrato il marchio. Avevano aperto un locale per la vendita delle birre che poi hanno chiuso, ora distribuiscono molto in Italia e lavorano molto bene con i Gruppi di Acquisto Solidale (Gas). Caratteristica importante delle loro birre è il fatto che sono tutte prodotte a bassa fermentazione. Le materie prime sono acquistate per la maggior parte in Germania. Producono un totale di nove birre: Bionda (Lager), Bionda doppio malto (Strong Lager), Weiss, Rossa, Ambrata (Bitter Lager), Nera Affumicata (Bamberg), Black Sabat (Nera forte), Birra di Natale e Biologica, ottenuta da materie prime provenienti da agricoltura biologica. www.birrificiosguaraunda.it
IL PIONIERE Birrificio Maivisto - Sedrina
VINCENTE L’ABBINAMENTO CON LA A CUCINA È il primo birriÀcio artigianale bergamasco. Nasce nel ’99 a Botta di Sedrina per volontà di Gianfranco Mazzoleni, imprenditore edile che a 47 anni decide di abbandonare are l’edilizia e dedicarsi con la sua famiglia alla produzione di birra. Prematuramente scomparso l’ideatore, deatore, ora il birriÀcio e il locale annesso sono gestiti dalla moglie e dai Àgli. Tutta la produzione e viene venduta nel locale. Le materie prime quali malti, luppoli e lieviti vengono interamente e acquistati in Germania. Le birre prodotte sono sette, tre tutto l’anno e quattro stagionali. Le birre prodotte tutto l’anno sono: Brembo (chiara), Paciana (rossa) e Berghem (ambrata). Possono essere abbinate alla cucina del locale caratterizzata dal servire stinco, salamelle, foiade, iade, tagliatelle, taglieri di salumi e formaggi. Sono aperti esclusivamente il venerdì, il sabato e la domenica e dispongono di circa 200 posti. www.djplastiko.com/birrificiomaivisto
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Maspy – Ponte San Pietro
IN CITTÀ ALTA DA POCHI MESI C’È ANCHE IL PUB
Il birriÀcio Maspy è stato fondato nel 2007 a Ponte San Pietro da Miriam Foli e Maurizio Pirovano. Il nome deriva da un acronimo. Produce birre sia ad alta che a bassa fermentazione suddivise in sei tipologie: Miriam (bionda a bassa fermentazione rifermentata in bottiglia), Francy (ambrata a bassa fermentazione rifermentata in bottiglia), Ilary (weiss ad alta fermentazione rifermentata in bottiglia), Inga (scura a bassa fermentazione e rifermentata in bottiglia), Melita (ambrata aromatizzata al miele), Georgia (ambrata scura molto luppolata). Nell’impianto vengono prodotti 4.000– 5.000 litri di birra al mese. Il prodotto viene distribuito tramite ingrosso in tutta la Lombardia a pub, ristoranti e rivendite. Da circa un mese si possono trovare le loro birre in un locale chiamato Fly Pub, a marchio Maspy, ubicato in Città Alta. Quasi tutte le materie prime vengono importate dalla Germania. www.mm1989.it
LA NOVITÀ Birrificio Orobia - Gorle
LA TRADIZIONE VON WUNSTER PORTATA AVANTI DAL NIPOTE È l’ultimo nato in terra bergamasca, tanto che l’impianto vero e proprio è ancora in fase di preparazione. Vede comunque la luce nel 2011 a Gorle. Il proprietario è Alberto von Wunster, dell’omonima società che ora è di proprietà di Heineken. Il nome “Orobia” deriva dal fatto che dopo la prima guerra mondiale la fabbrica von Wunster era stata chiusa. Aveva poi riaperto a Bergamo e la famiglia era stata costretta dalle leggi imposte dal fascismo a dare un nome italiano alla società e scelsero un omaggio al territorio. Per ora la produzione viene afÀdata al BirriÀcio Lodigiano. Le quantità prodotte sono ancora esigue, in particolare vengono suddivise in due tipologie: una chiara
doppio malto (strong ale) ed una rossa (spe-cial bitter). I luppoli, come di consuetudine, vengono importati dall’estero, in particolare da Germania, Inghilterra e America. La distribuzione è ancora limitata a sole due o tre provincie lombarde e si rivolge a pub, birrerie o beer shop. www.birraorobia.it
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L’INTERVISTA
Professore universitario di Zootecnia, origini bergamasche, Michele Corti da sempre si batte affinché i prodotti orobici vengano preservati dall’omologazione dilagante. “C’è spazio per l’industria ma anche e soprattutto per la tradizione”. “L’alpeggio ha sofferto, ma oggi vedo un nuovo interesse”. “Il mio cacio preferito? Il bitto storico”. “Una chicca sottovalutata? Lo stracchino all’antica” di Leo Bartoli
Formaggi, “salviamo le piccole produzioni artigianali”
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n docente affermato, un esperto del mondo rurale, ma soprattutto un appassionato di cose buone che vengono dalla terra e dalla passione dei contadini. Il professor Michele Corti insegna Zootecnia montana all’Università di Milano: è sì milanese di nascita, ma di famiglia con origini orobiche, vantando secolari radici nel mondo degli allevatori e casari. Da sempre si batte perché i formaggi bergamaschi artigianali vengano preservati dall’omologazione dilagante. A lui abbiamo chiesto qualche chiarimento circa l’evoluzione del mondo caseario. Professore, oggi il formaggio è diventato protagonista della nostra tavola, non più relegato a fine pasto: il consumatore è diventato più colto e smaliziato… “È vero che il formaggio recupera un ruolo come protagonista in primi e secondi piatti (anche in chiave di maggior sobrietà carnea), però non mi rallegro molto della perdita di quel ruolo istituzionalizzato di ”Àne pasto”. I carrelli dei ristoranti esaltavano la magniÀcenza della varietà formaggiaia, stuzzicavano i sensi (vista e olfatto) e rappresentavano per i golosi una irresistibile tentazione. Detto questo, la crescita della “cultura del formaggio” c’è, ma mi pare lenta, molto indietro rispetto a quella enologica”. Lei ha sempre amato molto i formaggi d’alpeggio: non crede che sia ormai un mondo che rischia l’estinzione? “Il futuro è per certi aspetti inquietante, ma la parabola che ha visto il grande recupero di apprezzamento del formaggio d’alpeggio (apprezzatissimo sin da 1000 e forse 2000 anni fa) rende abbastanza Àduciosi. Il richiamo all’alpeggio
“tira”. Tanto bene che i soliti furbi studiano tutti i modi per spacciare formaggi industriali come d’alpeggio o di malga. Se poi il consumatore desse retta alla ragion medica oltre che alla suggestione papillare, il formaggio d’alpeggio non dovrebbe avere problemi ad essere venduto al suo giusto prezzo e l’offerta non potrebbe bbe tenere dietro alla domanda”. In Bergamasca ci sono tante nte Dop, ma manca il formaggio trascinatore, natore, l’emblema, l’icona che porta dietro etro di sé anche gli altri, come un Parmigiano migiano per l’Emilia o un Castelmagno per il Piemonte o un Asiago per il Veneto: invece, tra Dop e consorzi, da noi si continua a bisticciare. “A volte ci si lamenta della troppa abbondanza... La “Tèra de Bèrghem” è la plaga più fortunata d’Italia in quanto a numero di Dop e a reale ricchezza di tradizione casearia. La logica industriale premia l’identiÀcazione tra un prodotto e un territorio e “vendere” una storia casearia multi-
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forme (fatta nel nostro caso di formaggi duri a lunga conservaziomaggio, per capire se si può migliorare in qualcosa? ne, croste lavate, erborinati a due paste, formaggelle, coagulazio“In Lombardia c’è una particolare propensione alla cultura delni lattiche), non è facile. Ma se si trova la chiave per armonizzare la quantità che penalizza molto i formaggi artigianali. Si vantano la “sinfonia” allora... L’idea dei “Formaggi principi delle Orobie” i Àumi di latte, si punta tutto sul Grana Padano a scapito di una sembra in grado di indicare la strada giusta”. ricchezza casearia che non è certo inferiore a quella del PiemonIl Branzi aveva tante potenzialità ma forse se ne fa troppo, te. Quest’ultimo, però, riesce a “vendersi” molto meglio sul piano Formai de Mut è un po’ schiacciato dal Bitto, e lo Strachitunt della qualità. Quanto alla Francia, va ricordato che la politica deldi montagna ha poco a che vedere con quello prodotto in piala tipicità nasce da lontano e si basa su una cultura non improvnura: come legge queste contraddizioni? visata, in cui hanno poco spazio campanilismo e furbizie. In Italia “È l’effetto di una storia ricca, che si interseca ogni Dop è frutto di un tira e molla politico e i con quella dei territori limitroÀ e che produce criteri di riconoscimento sono molto “variabili”. “gioielli” con indubbie afÀnità e matrici comuIn Francia c’è un Istituto composto da esperti ni. Da qui nascono inevitabili concorrenzialiche valuta obiettivamente le domande di Dop. tà, ma potrebbero originare alleanze (come in In Italia, Bergamo compresa, siamo ancora alparte sta già succedendo). I problemi sorgono la estemporaneità”. dalle usurpazioni, quando si vuole approÀttaCi dica cosa l’affascina ancora oggi del re della rinomanza di un prodotto celebrato mondo caseario e da cosa invece prende le per sfruttare la sua scia ci si avvita in conÁitti distanze… deteriori”. “Quasi ogni giorno scopro un produttore arLa storia di un formaggio cela dietro di sé tigianale che si caratterizza per qualcosa di aspetti sociali, economici importantissimi: diverso. Nonostante conosca tanti formaggi, come far emergere ancor di più questa culricotte, formaggelle, stracchini, ogni anno scotura? pro nella montagna alpina più di un latticino “Sinora di tutta questa profondità è emerso poche non conoscevo. Quello da cui prendo le Michele Corti insegna Zootecnia co. Nelle scuole si racconta forse la storia dei distanze non è il mondo industriale in sé ma montana all’Università di Milano bergamì che, scendendo dalla montagna, hanla sua pretesa di spazzare via - grazie alla leno costruito le fortune della moderna agricolva burocratica e istituzionale - tutto quello che tura, dell’industria casearia e salumiera lomnon si conforma ad esso. Non accetto che la barde? Continua a prevalere la percezione del “povero montatradizione artigianale sia presentata come un passato arcaico naro”. Ma è una percezione distorta che non aiuta a recuperare sepolto che non può ritornare, che l’industria tenti di presentarun giusto orgoglio delle proprie origini. Forse al posto di buttare si come l’unica legittima erede della tradizione. C’è spazio per denaro in promozione “istituzionale”, costose brochure che rel’industria e per microproduttori nello stesso tempo e nello stestano nelle cantine degli enti, costosi stand alle Àere, varrebbe la so spazio”. pena di parlare della storia sociale dei bergamì, delle origini dei Latte crudo, favorevole o contrario? Perché l’Italia deve semformaggi bergamaschi organizzando programmi per le scuole, repre ridursi alle guerre di religione? alizzando mostre, produzioni video”. “Oggi il latte crudo è in libera vendita ma si terrorizza il consumaVal Seriana, Brembana e anche Val di Scalve sono zone detore con l’obbligo della bollitura. Una precauzione accettabile sovastate da una crisi economica ed occupazionale senza prelo nel caso del consumo destinato alla prima infanzia e alle doncedenti: non si potrebbe puntare maggiormente sul recupero ne gravide. Per gli altri consumatori i livelli di rischio sono molto di una ruralità di fondo, di antichi mestieri legati al comparpiù bassi di quelli a cui la società industriale ritiene ammissibile to caseario (che non hanno mai tradito!) per ridare certezze sottoporci (pesticidi, particolato, incidenti stradali). Privare la poai giovani? polazione delle proprietà nutritive e protettive del latte crudo è - a “Qualcuno in effetti sta facendo il percorso inverso, lasciando mio avviso - sbagliato e trova ragione solo nel desiderio governala fabbrica in pianura e tornando ad occuparsi di allevamenti in tivo di tutelare la grande industria lattiera a scapito degli allevamontagna… Sto eseguendo una ricerca a Gandino e a Corna Imatori e dei consumatori”. gna e ho trovato uno straordinario dinamismo, una grande volonCi dice il suo formaggio top a livello nazionale e il suo bergatà delle diverse componenti della comunità di operare insieme masco preferito? costruendo e ricostruendo prospettive di microeconomie basate “La risposta coincide: il bitto storico, che è un prodotto che è al sulla ruralità, sul turismo sulle piccole Àliere di economia alimentempo stesso valtellinese e bergamasco ma che, per rispetto alla tare identitaria (stracchino a Corna, mais spinato a Gandino). storia, è molto più giusto deÀnire orobico”. Con un po’ di buona volontà la “società civile” e le amministraConosce qualche chicca nascosta o qualche outsider bergazioni possono lavorare in piena sintonia. Non è vero che “ognuno masco troppo sottovalutato? va per la sua strada”. A volte si è semplicemente dimenticato di “In queste settimane ho in programma visite ad alpeggi brembaguardare al proprio territorio come ad un territorio bello e in grani che dovrebbero celare “cru” altrettanto interessanti del “Camido di produrre buon cibo”. solo”. Quanto al formaggio sottovalutato, ritengo che lo stracchiLe politiche agricole della Provincia di Bergamo e in generano artigianale (“all’antica”) di cui si sta rilanciando la produzione le della Regione la convincono? Si può fare qualche parallein Valle Imagna e Brembana sia largamente sottovalutato. Anche lismo con la Francia o la Svizzera, altre terre vocate del forin termini di prezzo”.
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L’EVENTO
Rosati, “i produttori dovrebbero crederci di più”
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Gily (agronomo): “È un vino che deve migliorare la qualità media. Purtroppo dalle aziende viene spesso interpretato come un completamento di gamma”. Il successo del Chiaretto ella sÀda tra bianchi e rossi, alla Àne vinceranno i rosati? L’affermazione è un po’ azzardata, ma sicuramente il trend mondiale dei consumi sta confermando l’espansione di questa tipologia di vino. Se n’è parlato al convegno “Vini rosati nel mondo: un successo crescente e globale” tenutosi a Moniga del Garda nell’ambito della quinta edizione di “Italia in Rosa”, la vetrina dei vini rosati. A confrontarsi Roque Pertusa, presidente del Civp (Conseil Interprofessionnel des Vins de Provence), Sante Bonomo, presidente del Consorzio ValtènesiGarda Classico, Maurizio Gily, agronomo e giornalista, Paolo Rossi, presidente Federalberghi Lombardia, e Alberto Panont, direttore del centro di ricerca regionale Riccagioia. È stato Pertusa ad inquadrare il fenomeno dei rosati della Provenza, un’area dove i rosé nelle diverse espressioni delle denominazioni “Côte de Provence” rappresentano l’84% della produzione vitivinicola. Nel mondo, la produzione di rosè (parliamo di vini fermi) è di 25 milioni di ettolitri (di cui più di tre quarti prodotti in Europa), pari al 10% della produzione totale mondiale di vino. La Francia è il
primo Paese produttore con sei milioni e mezzo di ettolitri, seguita da Italia, Stati Uniti e Spagna. “Il consumo è essenzialmente europeo perché qui questa tipologia è nata e si è diffusa - ha detto Pertusa -. Un terzo del consumo totale è concentrato in Francia: l’Italia è al 6%, la Spagna al 4%. Negli ultimi due anni il consumo dei rosati in Francia ha oltrepassato i bianchi per una quota pari al 27%”. A livello mondiale la produzione di rosati è aumentata del 13% in otto anni: “Il rosato - ha aggiunto Pertusa - si può considerare dunque il vino del terzo millennio: non più una moda, ma una realtà per la quale però servono regole precise e ben deÀnite: perché ovunque si può fare rosato ma una cosa è farlo come opportunità, una cosa è farlo in aree specializzate come Provenza o Valtènesi cui si chiede qualità e specializzazione”. Dalla Francia al nostro Paese. “L’Italia ha spiegato Gily - è il primo esportatore di vini rosati, ma questo avviene essenzialmente perché la crescita in Italia è ancora piuttosto limitata: il rosato viene interpretato dai produttori ancora
come un completamento di gamma più che come un prodotto su cui puntare. E se non ci credono i produttori è difÀcile convincere il resto della Àliera ad investire sulla tipologia. Il caso della Valtènesi è diverso: qui il Chiaretto è un prodotto centrale della cultura enogastronomica, anche se i rosati rimangono poco proposti sia nella ristorazione che nelle enoteche”. Ha aggiunto Gily: “Deve inoltre migliorare la qualità media del prodotto, tenendo presente che il rosato è un vino difÀcile, sul quale le cantine devono investire molto perché richiede attenzione estrema in tutte le sue fasi produttive”. Tematiche, queste ultime, ben note ai produttori della Valtènesi, come ha spiegato il presidente Sante Bonomo: “Il successo del nostro Chiaretto è testimoniato da una produzione che, nel giro di cinque anni, è passata da 480mila a 1,3 milioni di bottiglie. È la dimostrazione che quando il territorio riscopre la vocazionalità il mercato lo premia. Certo, siamo una nicchia molto piccola, ma è proprio questo aspetto che ci spinge sempre di più verso un prodotto di alta qualità”. p.s.
Un momento di Italia in Rosa, la consegna del Trofeo Pompeo Momenti
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IL CONCORSO
Grappe, “bello sarebbe se Bergamo avesse grandi distillerie” di Giordana Talamona
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e grappe bergamasche godono di ottima salute, almeno a giudicare dalla qualità di quelle presentate a “Spirito di Vite” il primo concorso organizzato da Adid, Associazione degustatori italiani di grappe e distillati. Ventiquattro grappe di diciassette aziende bergamasche sono state sottoposte all’insindacabile giudizio di una commissione di tredici esperti, che ne ha valutato la qualità in base alle categorie di riferimento. Una Gran Menzione di Platino per la migliore grappa in assoluto, sei Menzioni d’Oro, sei d’Argento e sei di Bronzo per quei distillati che si sono classiÀcati nelle categorie “grappa giovane, biologica, aromatica, non aromatica, da Moscato di Scanzo e invecchiata”. Ispiratore di questo evento è stato il presidente della sezione bergamasca di Adid, Marco Falconi, appassionato di grappe, sommelier professionista e ristoratore della Trattoria Falconi di Ponteranica e della Toscanaccia di Brembate. Come giudica la qualità delle grappe bergamasche? “Di alto livello, non c’è alcun dubbio. Le maggior parte delle grappe in concorso era contraddistinta da una paletta olfattiva piuttosto ampia e da una piacevole pulizia gustativa, senza contare che alcune si sono aggiudicate di misura la Menzione d’Oro, per soli pochi millesimi di punteggio. Non è un caso che siano state tutte prodotte da grandi distillerie italiane”. Bergamo e la grappa: è venuto il momento di cambiare immagine? “Direi che sarebbe ora. È vero che nel passato si distillava qualunque cosa, che la nostra era una terra di mezzo nella quale si contrabbandava la grappa, ma i tempi sono cambiati. Il concorso nasce proprio dal desiderio che la Bergamasca possa essere conosciuta anche per la qualità delle sue grappe. Abbiamo la Valcalepio, il Moscato di Scanzo, perché non parlare anche dei nostri distillati?” I produttori bergamaschi si sono affidati a cinque note distillerie fuori dalla provincia per distillare le loro vinacce: la trentina Marzadro, le venete Poli e Fratelli Brunello, la bresciana Peroni e la piemontese Berta. Come mai? “Nella Bergamasca esistono delle distillerie che a mio parere lavorano molto bene, ma che si occupano di piccole produzioni. Il nostro territorio da questo punto di vista è ben diverso da quelle realtà che sono considerate, per antonomasia, terre di distillazione. Ammetto, tuttavia, che la scelta di distillare fuori provincia, seppur comprensibile da un certo punto di vista, mi lasci con un certo amaro in bocca”.
SPIRITO DI VITE, ecco le vincitrici Gran Menzione di Platino, per la miglior grappa in assoluto che ha ottenuto il punteggio maggiore: “Le Moire”, grappa invecchiata in barrique per 18 mesi della azienda agrituristica Colombì di Torre de’ Roveri, di cui sono titolari Loriana e Cristoforo Giorgi. Grappa di Merolt e Cabernet invecchiata con metodo lento e discontinuo in alambicchi in rame delle vinacce aziendali solo leggermente torchiate. Menzione d’Oro nella categoria grappa giovane biologica: Cascina del Ronco della Cooperativa sociale Oikos, con vigneti a Villa d’Almè. Ottenuta da vinacce di Merlot e Cabernet. Gran Menzione d’Oro nella categoria grappa giovane aromatica: Gaudes Morbida di Villa Domizia 4R di Torre de’ Roveri; Chardonnay e Moscato. Gran Menzione d’Oro nella categoria grappa di Moscato di Scanzo: La Brugherata di Scanzorosciate. Viene prodotta con distillatori a bagnomaria da vinacce provenienti esclusivamente dalle uve di Moscato di Scanzo. Percentuale alcol 42% Bottiglie prodotte: 200 da mezzo litro. Gran Menzione d’Oro nella categoria grappa giovane non aromatica: Villa Domizia Gaudes Silver della 4R di Torre de’ Roveri; Cabernet e Pinot. Gran Menzione d’Oro nella categoria grappe invecchiate: Le Moire barricata, azienda agricola Colombì di Torre de’ Roveri. Grappa di Merolt e Cabernet invecchiata. Le vinacce aziendali solo leggermente torchiate sono distillate con metodo lento e discontinuo in alambicchi in rame. Gran Menzione d’Oro grappa di monovitigno invecchiata: grappa di Chardonnay dell’azienda La Brugherata di Scanzorosciate, invecchiata per 18 mesi in botticelle di rovere. Viene prodotta con distillatori a bagnomaria da vinacce provenienti esclusivamente dalle uve di Chardonnay. Gradazione: 42%.
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Parla Marco Falconi, presidente della sezione provinciale Adid. “Abbiamo un alto livello qualitativo, peccato che le nostre cantine debbano emigrare per distillare”. “Nonostante i cambiamenti degli ultimi anni, la grappa la fa ancora da padrona nei consumi”. Bene il primo concorso “Spirito di Vite”
Cosa auspica? “Che il prossimo anno possano entrare in lizza anche le grappe distillate nel nostro territorio, cosa che le renderebbe integralmente bergamasche. Non è una critica alle grandi distillerie italiane, di cui elogio la produzione. Si tratta semmai di un auspicio, che possa portare a un’espansione delle distillerie anche sul nostro territorio, cosa che agevolerebbe i piccoli produttori”. Ovvero? “So che micro aziende della Valcalepio, quest’anno, non hanno potuto distillare a causa delle poche vinacce che erano loMarco Falconi ro rimaste. Portarle fuori dalla provincia non sarebbe valso nemmeno il viaggio. Questo problema potrebbe essere ampiamente superato se, sul nostro territorio, ci fossero distillerie più grandi o si desse Àducia a quelle già operanti”. Venendo al consumo, trova che le grappe siano ancora apprezzate nel nostro territorio? “Nonostante la tendenza degli ultimi anni abbia portato nelle case degli italiani altri grandi distillati, dal Cognac all’Armagnac, dai Whisky torbati ai Rum, credo che la grappa la faccia ancora da padrona. Inoltre ci sono Àor di mercati che le stanno nascendo attorno, quindi direi che l’appassionato, nonostante l’ampia scelta a disposizione, guardi ancora con un occhio di riguardo il mondo delle grappe”. Nel corso degli anni come sono cambiate le caratteristiche organolettiche delle grappe? “Nel complesso sono più morbide, senza quelle spigolature grafÀanti che erano tipiche dei prodotti di qualche anno fa. Non saprei dire se sia stato il consumatore a volerle così o se sia stato il mercato a imporle. Il dato di fatto è che le grappe di oggi sono avvolgenti ed eleganti in bocca, per poi esplodere in tutta la loro intensità gustativa, tanto da chiamare un secondo sorso. Oltretutto negli ultimi anni ho notato un aumento del consumo di grappe aromatiche e da monovitigno”. La grappa è abbinabile a tutto pasto? “Direi che con i dovuti accorgimenti la si può utilizzare non solo in abbinamento, ma anche nella preparazione dei piatti. Nella cucina dei nostri ristoranti sta andando molto bene questo utilizzo sui generis della grappa, che consente oltretutto di consumarla durante i pasti, alleggerendo il suo impatto alcolico”. Quali sono gli accorgimenti giusti? “I distillati non vanno abbinati a tutto pasto, per evitare com’è ovvio un’assunzione eccessiva di alcol. Per abbinamento, dunque, si intende il servizio di un’unica pietanza associata a un distillato. È chiaro che una grappa aromatica sarà sempre abbinata ad un piatto con profumi altrettanto intensi, così come un distillato invecchiato in botte potrà trovare un connubio armonico con delle pietanze ricche di spezie”. Che abbinamenti consiglia? “Un accostamento particolare è quello tra una grappa invecchiata, da vitigno non aromatico, e un piatto di carne molto speziato, ma senza peperoncino. Questo è un abbinamento che ricorda l’Haggis e whisky, un piatto tipico della Scozia che viene servito preferibilmente durante l’inverno”.
“VILLA DOMIZIA” PRESENTA LA GRAPPA “DELICATA” Continua il successo delle grappe Àrmate dai fratelli Rota della Quattroerre di Torre de’ Roveri, ovvero le Gaudes Morbida, Silver e Gold, nomi scelti per rappresentare il distillato più tipico italiano a marchio Villa Domizia. La “Morbida”, grappa ottenuta con vinacce di Moscato e di Chardonnay, dopo la doppia medaglia d’oro dello scorso anno all’internazionale Acquaviti d’Oro e al nazionale Alimbico d’Oro, torna alla ribalta con nuovi riconoscimenti. Menzione d’Oro al primo concorso “Spirito di Vite” dell’Adid e medaglia d’araglia d argento al concorso internazione rnazione di Termeno organizzato o dall’Anag. Sempre al concorso rso Spirito di Vite, menzione e d’oro anche per la “Silver” e menzione d’argento per la “Gold”. In attesa del concorso o nazionale Alambico d’Oro 2012, i fratelli Rota hanno presentato la nuova grappa a “Delicata” ottenuta con un blend di vitigni che comompongono il Valcalepio io Bianco e Rosso: Merlot, ot, Cabernet, Pinot e Charardonnay. “Oggi l’attennzione che il pubblico e gli operatori hanno nei ei confronti dei prodotti tti del territorio - sostiene ne Giampietro Rota, preesidente della 4R - sono no più che una moda. Sono no la consapevolezza che, e, se vogliamo distinguere ere i nostri prodotti dal resto sto che il mercato offre, dobobbiamo continuamente insistere in quel valore aggiunto legato alla tipicità cità della zona di produzione, integrando poi il fattore legato della piacevolezza che i prodotti devono offrire con un giusto rapporto qualità/prezzo”.
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IL PRODOTTO
di Laura Bernardi Locatelli
La riscossa dei cereali “alternativi”
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istrattati, a lungo ignorati e considerati buoni solo per dar da mangiare ai canarini o ad asini e cavalli, i cereali - dal miglio all’avena, ai più inÁazionati farro, kamut e orzo - tornano ad essere riscoperti ed apprezzati a tavola. Anche perché, alla faccia del frumento, il loro cugino tanto utilizzato, i cereali “alternativi” nascondono dietro al loro aspetto apparentemente rude e rustico, in modo quasi sovversivo, qualità e proprietà che i cereali “rafÀnati” si scordano. Oltre ad un maggior contenuto di Àbre, i cereali più antichi contengono vitamine del gruppo B e A e, a seconda delle varietà, selenio, ferro, fosforo, calcio, magnesio e manganese; alcuni hanno addirittura proprietà diuretiche,
I parenti meno “raffinati” del frumento tornano ad essere apprezzati in tavola anche per via delle maggiori proprietà nutrizionali. Un universo di gusti da sperimentare, non solo nelle zuppe invernali ma anche d’estate. Ecco alcuni consigli per assaggiarli già pronti o prepararli in casa astringenti, antinÀammatorie e lenitive. Un universo tutto da scoprire, quindi, non solo d’inverno nelle zuppe tradizionali, ma anche e soprattutto d’estate per insalate fredde e tiepide o piatti leggeri senza rinunciare al gusto, che
non faranno rimpiangere il solito, monotono riso freddo (i più tradizionalisti facciano almeno un tentativo con l’orzo per ricredersi). Riportiamo qui alcuni consigli per creare piatti estivi belli da comporre e portare a tavola, riscopren-
giugno 2012 do un mondo di cereali pronti a sposarsi a pesce e verdure e a ritornare d’inverno a Àanco della carne o a insaporire in un tuffo le zuppe più ricche. Ha torto chi pensa di ispirarsi a cucine esotiche o di acquistare prodotti che arrivano da chissà quale angolo sperduto del mondo: a due passi dalla città partono no le consegne per tutta Italia di cereali “bergamabergamaschi”, coltivati direttamente a Martinengo artinengo dall’Azienda Agricola Salera che, alle dieci varietà già proposte sul mercato, o, afÀancherà a settembre anche sorgo, amaranto e quinoa. Chi non ha tempo e pazienza ienza per far fronte a tempi di cottura inevitabilvitabilmente più lunghi di quelli di pasta e riso (senza considerare i tempi di ammollo in certi casi), può incrociare re le braccia e fare un colpo di teleefono in gastronomia o cambiarsi si
d’abito e lasciarsi coccolare al ristorante in tutta comodità. Ecco alcuni indirizzi che propongono piatti sÀziosi: l’enoteca e gastronomia dei gourmande “PalatoÀno” in via Verdi con specialità tradizionali e innovative pronte da portare a casa (o da ordinare) e un ristorante rafÀnato come Villa Giavazzi a Verdello per scoprire ricette mediterranee reinterpretate con creatività e personalità dallo chef Fabio Borgonovo, docente all’Accademia del Gusto di Osio Sotto.
Il produttore
SALERA: «Consumi in crescita, ampliate le varietà coltivate» Dal 2002 l’azienda agricola Salera ha afÀancato alla produzione di riso, effettuata nel Parco del Ticino, quella dei cereali, coltivati nei terreni circostanti alla Cascina Vallere di Martinengo. Le tecnologie più avanzate garantiscono un’elevata qualità al prodotto Ànito, ma i legami con la tradizione restano saldi, dalla semina all’antica alla macinatura a pietra, che consentono di preservare tutte le caratteristiche organolettiche dei prodotti. L’azienda, a conduzione familiare, si sta sempre più specializzando nella produzione di cereali, proposti in confezioni da mezzo chilo e in dieci varietà, dal grano antico all’orzo, dal miglio all’avena, dal grano saraceno alla Giancarlo Salera manitoba, dalla segale ai cinque cereali, al farro. «I consumi sono cresciuti in modo signiÀcativo negli ultimi anni sottolinea Giancarlo Salera - come l’interesse per chicchi alternativi a pasta e riso, con la riscoperta di cereali che da sempre sono stati la principale fonte di alimentazione. All’inizio eravamo scettici nell’afÀancare cereali al riso, oggi invece pensiamo ad ampliare la gamma con l’inserimento a settembre di amaranto, sorgo e quinoa». I cereali, decorticati e lavorati a pietra vengono lasciati “invecchiare” per oltre un anno nei silos: «Un processo che ne esalta il gusto e migliora la tenuta in cottura», svela Salera. AZIENDA AGRICOLA SALERA Cascina Vallere - via Vallere, 65 - Martinengo tel. 0363 987295 - www.salera.it
CONOSCIAMOLI MEGLIO Orzo Largamente impiegato in tutto il Me Mediterraneo, l’orzo o – meglio nella versione one integrale che in quella ella più comune “perlato”to”ha un elevato contenunuto di calcio e fosforo e ha pr proprietà rinfrescanti. In un etto ci sono 10,4 g di proteine, 65,5 g di amido e una buona dose di Àbra. L’orzo è adatto a minestre, zuppe, insalate e ripieni ed è particolare sostituito al riso e tirato con il brodo per un “orzotto”. Farro È il cereale per antonomasia e il capostipite di tutti i frumenti. Per oltre duemila anni è stato l’alimento base di intere generazioni mediterranee e asiatiche ed è ancora parte del nostro patrimonio culinario tradizionale, che lo vede protagonista di tanti piatti tipici toscani, umbri e marchigiani. È energetico, ricco di vitamine e di Àbre e si presta a svariate preparazioni, dall’insalata ai primi piatti, alle zuppe e con la sua farina si preparano tagliatelle e biscotti rustici. Miglio È uno dei primi cereali consumati dall’uomo: nel Medioevo, durante l’astinenza dalle carni imposta dalla religione, veniva considerato un valido sostituto. Oltre che gustoso, è ricco di magnesio, ferro, manganese anese e vitamine A e B ed è considerato un’alternativa light al grano, ideale in insalate, zuppe e minestre o nelle verdure ripiene e nei dolci. Tutto il gusto del Nord Segale e avena sono da sempre largamente impiegati al Nord per il loro elevato apporto energetico. La segale è ancora oggi l’ingrediente base per realizzare il pane nero, tipico della vicina Valtellina, e cucinato in chicchi si presta a diverse ricette particolari, con verdure e formaggi. L’avena si presta ad insalate fredde e tiepide e si abbina molto bene anche al pesce.
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IL PRODOTTO
IL RISTORANTE
VILLA GIAVAZZI, ATTENZIONE SPECIALE PER CHI HA INTOLLERANZE Nella splendida cornice di Villa Giavazzi, casa padronale dell’Ottocento recentemente ristrutturata con gusto contempobrianzole Fabio raneo, lo chef di origini bria Borgonovo – con esperienze esperien al Milan Marriot Hotel e all’Armani Milano - propoCaffè di Mila ne una cuc cucina mediterranea, rein reinterpretata in chiave chiav moderna con un’attenco zione particolare alla leggerezza,
alla stagionalità e con un n profondo rispetto della materia prima. Indirizzo da sempre attento to alle intolleranze alimentari, con on segnalazione puntuale nel menù enù di piatti senza glutine, il ristorante torante Villa Giavazzi sorprende con on gusto oltre ai palati più Àni anche e chi è affetto da celiachia impiegando cereali alternativi e proponendo ogni giorno almeno un risotto, vero Àore all’occhiello del locale. Tra i piatti a base di cereali, attualmente in carta si segnalano “orzotto mantecato con pesto, crescenza e gamberi rossi” e “insalatina di farro con straccetti di mer-
luzzo nordico e ÀÀori ori di zucca croccanti”. croccanti” In autunno e inverno scaldano il cuore e appagano il palato la “zuppa ai cinque cereali con cappesante arrostite al miele e peperoncino” e la “crema di tapioca con bocconcini croccanti di formai de mut e verza”.
VILLA GIAVAZZI - via Don Giovanni Finazzi, 6 - Verdello - tel. 035 4191159 - www.villagiavazzi.it Fabio Borgonovo
LA GASTRONOMIA
PALATOFINO, TANTE LE PROPOSTE ALL’INSEGNA DI LEGGEREZZA E GUSTO Conciliare dodici ore di lavoro ai fornelli e ritmi familiari, con tre bambini piccoli a casa, era diventata una vera e propria impresa per Jessica Raccagni, in cucina sin da ragazzina come aveva fatto sua madre e, ancora prima, la nonna. Così detto addio al ristorante più che avviato a Palazzolo sull’Oglio, per fare una scelta di vita che le permettesse di non abbandonare il suo lavoro e di dedicare più tempo alla famiglia. Nel 2007 con il marito Andrea Zavaritt, tecnico di impianti telefonici irreparabilmente sedotto, a suon di corsi e degustazioni, dall’aura del vino e dalla buona tavola, ha inaugurato “PalatoÀno”, enoteca e gastronomia in via Verdi a Bergamo, specializzata anche nella realizzazione di servizi di catering e banchetti. La cucina di stampo tradizionale rispecchia le esigenze di una clientela sempre più desiderosa di piatti leggeri, capaci di esaltare la qualità delle materie prime. Diverse le proposte di cereali - tutti chicchi rigorosamente bergamaschi, dell’azienda agricola Salera - dalle insalate ai primi, ai contorni, ai piatti unici. Incuriosiscono nel menù l’insalata di cinque cereali, manzo, pomodorini, sedano e taleggio (22 euro al chilo), gli straccetti di tacchinella con avena, zucchine e pomodorini al basilico (19 euro al chilo), i bocconcini d’anatra e segale all’arancia (28 euro al chilo), l’orzo con ratatouille di verdure e bra d’alpeggio (16 euro al chilo), la dadolata di pollo, grano antico, melanzane violette all’origano (22 euro al chilo) e l’orzo con scampi, zucchine e pesto di basilico (35 euro al chilo).
ENOTECA E GASTRONOMIA PALATOFINO via Verdi, 3 - Bergamo - tel. 035 0603010 - www.palatoÀno-bg.com Andrea Zavaritt e Jessica Raccagni
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CONOSCIAMOLI MEGLIO LA RICETTA di Fabio Borgonovo
INSALATINA DI GRANO SARACENO E KAMUT ALLA MODA LIGURE CON PATATE, FAGIOLINI E PIOVRA Ingredienti per 4 persone 100 g di kamut, 100 g di grano saraceno, 60 g di fagiolini verdi, 60 g di patate, 150 g di piovra, 10 g di pinoli, 30 g di olio extra vergine di oliva, 50 g di basilico, 4 pomodorini del pendolo, 3 spicchi d’aglio, sale e pepe qb Procedimento Cuocere separatamente in due pentole con abbondante acqua salata cui avrete aggiunto uno spicchio d’aglio il grano saraceno e il kamut per 30 minuti. Togliere dal fuoco e lasciare raffreddare nell’acqua di cottura. Cuocere la piovra per 25 minuti in acqua salata cui avrete aggiunto uno spicchio d’aglio. Mondare i fagiolini, pulire e tagliare le patate a spicchi e portarli a cottura. Preparare un pesto leggero con il basilico frullato con olio extra vergine, 5 grammi di pinoli, uno spicchio d’aglio e sale e pepe. Preparare il piatto unendo ai cereali la piovra, i fagiolini, le patate e inÀne il pesto a condire; guarnire con i restanti pinoli.
LA RICETTA
INSALATA D’AVENA, GAMBERONI E PESCHE GIALLE AL BASILICO Ingredienti per 4 persone 250 g di avena, 1 kg di gamberoni, 250 g di pesche gialle, basilico, olio extravergine d’oliva, vino bianco, 2 spicchi d’aglio, sale e pepe, zucchero Procedimento Lessare l’avena in una pentola di acqua salata per 2530 minuti, quindi scolarla e lasciarla raffreddare. Pulire i gamberoni, rosolare l’aglio nell’olio extravergine, unirvi i gamberoni e sfumarli con mezzo bicchiere di vino bianco. Eliminare l’aglio, salare e pepare. Sbucciare ed affettare le pesche, cuocerle in padella con poco olio extravergine ed una presa di zucchero. In una capiente bacinella amalgamare l’avena con le pesche, i gamberoni e le foglie di basilico precedentemente lavate ed asciugate. Trasferire l’insalata d’avena nei singoli piatti, irrorare con un Àlo d’olio extravergine e guarnire con un ciuffo di basilico.
Il grano antico Il kamut è un particolare tipo di grano, con apporto calorico leggermente superiore a quello del grano di tipo 0 (340 kcal/100 g) e del grano duro (314 kcal/100g). È un cereale molto nutriente, particolarmente ricco di selenio, magnesio e zinco e può rappresentare un’ottima alternativa a pane, pasta o riso, prestandosi alle più svariate preparazioni. Gli “stranieri” derivati dal grano Il cuscus non è altro che una semola di grano duro ridotta in minuscoli granelli, adatta come accompagnamento per zuppe, verdure, carne o anche pesce. È l’alimento tradizionale dei Berberi, ma non manca nel nostro ricettario tradizionale: un classico il cuscus di pesce trapanese e il “Cascà” alle verdure cucinato in Sardegna, nell’isola di Carloforte. Il burghul (o bulgur) è grano germogliato lasciato seccare e poi tritato, che si presta ad essere condito con tante verdure, ma anche ad essere abbinato a carne e pesce. Burghul e couscous sono ottimi per il taboulè, una freschissima insalata con cipolla, pomodoro, prezzemolo e menta, da condire con succo di limone e olio di oliva. Cereali honoris causa Il grano saraceno non appartiene alla famiglia delle graminacee, ma delle poligonacee, ed è quindi solo ad honorem un cereale. e. Se le sue farine sono adatte a preparare piatti invernali come polenta olenta taragna e pizzoccheri, i suoi chicchi bolliti ben si prestastano in insalate e piatti unici. nici. La quinoa è una pianta a erbacea annuale della famiglia i li delle chenopodiaceae, come gli spinaci o la barbabietola, impiegata da sempre come un cereale e, per il suo contenuto proteico, è l’alimento base delle popolazione andine.
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L’ANNIVERSARIO
Fondata il 15 gennaio dell’82 dai quattro fratelli Rota, sulla scia dell’esperienza avviata dal padre Dino, la società di Torre de’ Roveri è oggi una realtà consolidata nel settore della distribuzione bevande. Giampietro Rota: “Non vogliamo solo vendere il prodotto, ma anche aiutare i nostri clienti a gestire al meglio l’attività”
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Quattroerre, da 30 anni al fianco dei clienti accontare una storia può sembrare un fatto ordinario, quando però la storia da raccontare appartiene a una famiglia, tutto diventa più avvincente. Era il 15 gennaio 1982 quando i fratelli Rota diedero vita alla Quattroerre di Torre de’ Roveri. Non fu, quella, una decisione casuale. La scelta nacque da un desiderio motivato di trasformare l’attività del padre Dino in qualcosa di diverso, di nuovo. Padre dei quattro fratelli che oggi conducono l’azienda, Dino aveva iniziato il suo percorso professionale come cantiniere in una realtà della nostra provincia negli anni Cinquanta. Agli inizi degli anni Settanta l’esperienza legata
all’amore per il vino lo aveva portato ad aprire un’impresa individuale per l’imbottigliamento e la commercializzazione al minuto di vino e bevande. È stata proprio questa passione paterna per il mondo del vino a coinvolgere i Àgli Àno a portarli alla scelta di vita e di lavoro. Sono passati trent’anni da quel 15 gennaio. Oggi l’azienda, oltre ad occuparsi di produzione, imbottigliamento e commercializzazione all’ingrosso di vino, ha esteso il proprio paniere commerciale a birre e bevande destinate solo al canale della ristorazione e dei bar. Non sono i milioni di euro di fatturato o le decine di persone oggi impiegate in azienda a fare la differenza.
giugno 2012
Giampietro Rota
I quattro fratelli Rota (da cui il marchio 4R), gestiscono in modo unitario l’azienda: Maurizio, 52 anni, segue il settore logistico, Giampietro, 50 anni, gestisce la parte amministrativa, Enrico, 44 anni, quello commerciale e Luca, 42 anni, dirige la produzione ed il settore tecnico. Due sono i progetti strategici: Villa Domizia e BirriÀcio Nazionale. Il primo è legato al mondo del vino all’insegna della rivalutazione del nostro territorio. Il secondo è dedicato al mondo brassicolo generato dalla volontà di produrre una birra artigianale nazionale che abbia come traguardo unico un rapporto qualità-prezzo senza precedenti. A Àanco di questi due macro progetti, un’attenzione a vasto raggio d’azione va al campo della formazione. “Noi non vogliamo solo vendere un prodotto, vogliamo anche che i nostri clienti possano essere competenti e capaci di gestire al meglio la loro attività di somministrazione. Ed è per questo
che abbiamo voluto dedicare importanti risorse economiche ed umane nell’ambito della formazione, partendo dalla creazione di un primo centro didattico nel lontano ottobre del 1998” afferma Giampietro Rota, presidente della società, a sostegno di quanto appena esposto. “Dal settembre 2010 questo centro si è trasformato, sviluppato e ulteriormente aggiornato, diventando un Centro di Formazione permanente e polivalente, in grado di ospitare associazioni, scuole alberghiere e imprese che condividono la nostra ÀlosoÀa legata alla informazione-formazione. Tutti noi sappiamo che ogni mestiere è complesso se lo si vuole fare bene. Fin da subito, visto il carattere familiare della nostra azienda, abbiamo puntato sul servizio percependone il valore del post vendita, ovvero non preoccupandoci di vendere quanto di far vendere. Nello speciÀco, ci siamo imposti, come ÀlosoÀa aziendale, il costante adeguamento al mercato interpretandolo e dove possibile anticipandolo. Insomma, non vogliamo subire i cambiamenti, quanto piuttosto generarli stimolando nuovi bisogni, sia in termini di prodotti che di strumenti di lavoro. Il nostro ‘nemico’ non è il produttore o distributore concorrente, ma il mancato consumo. Purtroppo, però, negli anni si è assistito a questo: ci si preoccupa troppo dei competitor e sempre meno di come stimolare i consumi”. Esponendosi in prima persona, i quattro fratelli Rota hanno creato un’impresa la cui mission aziendale è quindi quella di essere elastici alle esigenze del mercato. D’altro canto, da molto tempo hanno coniato il termine “Processo Quattroerre”. “Questo processo - conclude Giampietro Rota - come mi piace ricordare, non consiste in un prodotto o un servizio, ma in molti prodotti e molti servizi, tutti offerti in un’unica soluzione e con la stessa Ànalità. Noi siamo uomini di mercato e conosciamo molto bene il nostro territorio. Abbiamo capito Àn da subito quanto fosse importante non subire il mercato in qualsiasi sua evoluzione e lo affrontiamo a testa alta”.
www.quattroerre.com
DUE MONDI COSÌ DIVERSI MA COMPLEMENTARI PER LA QUATTROERRE VINO
BIRRA
1985: l’azienda inizia a produrre vino alla spina, studiato e prodotto per il consumo quotidiano. Cinque oggi sono i marchi commercializzati per un totale di 20 tipologie a disposizione. 1995: l’azienda decide di creare un segno distintivo, Villa Domizia, che fosse capace di racchiudere il loro desiderio di rivalutare i vini del territorio. La sede dell’azienda è a Torre de’ Roveri una delle zone più tipiche per la produzione dei vini Valcalepio. 2010: viene completata la gamma a disposizione di vini e distillati con la creazione di una linea dedicata alla grappa e una ai brandy
1987: l’azienda inizia a importare birra in fusti da tutta l’area tedesca, costituendo un reparto tecnico, oggi Àore all’occhiello dell’azienda, in grado di gestire direttamente le attrezzature degli impianti spina. 1998: viene aperto il primo centro di formazione dedicato alla birra 2005: i fratelli Rota danno vita alla prima Rassegna Birrogastronomica quale attività di consulenza e assistenza per i ristoratori e baristi. 2010: nasce il progetto dedicato alle birre artigianali italiane che prende il nome di ‘BirriÀcio Nazionale’ che vuole sfatare la tradizione che lega i prodotti brassicoli italiani ad un rapporto qualità/ prezzo non proprio brillante.
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TENDENZE
A qualcuno piace crudo di Giordana Talamona
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ultima evoluzione della cucina naturale non lascia spazio a fraintendimenti etimologici. Il crudista si nutre prevalentemente o esclusivamente di cibi crudi, mettendo alla base della sua alimentazione una ÀlosoÀa che ricerca il consumo di cibi e prodotti non trattati, che sono stati elaborati il meno possibile. Fare confusione tra cucina crudista - o Raw Food -, vegetariana e vegana, tuttavia, è un attimo per chi è poco avvezzo a questi tipi di alimentazione. Al contrario di quel che prevede la cucina vegetariana e vegana, tanto per cominciare, i crudisti non escludono la carne, il pesce o gli alimenti di derivazione animale, ma ne prevedono un consumo che non implichi alcuna cottura, preservandone tutte le componenti organiche. L’idea di fondo di questa cucina naturale, nata negli Stati Uniti e arrivata da qualche anno anche in Italia, è quella che la cottura renderebbe più difÀcile il processo digestivo, a causa della distruzione delle proteine contenute nei cibi e della
LEEMANN: «Si scopre il gusto puro di un alimento» L’abbiamo incontrato durante uno show cooking di cucina crudista all’ultimo Taste of Milano, l’evento enogastronomico arrivato alla sua terza edizione che si è tenuto nel maggio scorso all’ippodromo di San Siro. Pietro Leemann, chef di origini svizzere, è un esperto di alta cucina naturale, il primo in Europa ad aver ottenuto la stella Michelin per un ristorante vegetariano, il Joia di Milano. La sua cucina, talvolta vituperata dalla critica, si centra sul principio che “siamo quel che mangiamo”, rintracciando nel cibo lo strumento sottile che favorisce l’evoluzione spirituale di ogni essere umano. Attento all’anima, ma anche alla salute del corpo, Leemann sta portando avanti una rivoluzione culturale dal basso, da quelle mense scolastiche che incidono sul gusto e sull’educazione alimentare delle future generazioni. Qual è il vantaggio della cucina crudista? «Direi che è la scoperta concettuale del gusto puro di un alimento. Il rabarbaro crudo, ad esempio, ha un sapore molto interessante che rappresenta la quintessenza del gusto, mentre da cotto cambia comple-
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tamente. Chiaramente, perché si rispetti il valore della cucina crudista, tutti gli ingredienti devono essere di alta qualità, non trattati e di stagione». I detrattori della cucina vegetariana e di quella crudista affermano che non siano particolarmente gustose. Cosa risponde? «Sono approcci diversi. Quello che manca a chi è abituato a una cucina carnea, è la succulenza. Il mondo vegetale, al contrario, è tutto basato sul gusto. Per esaltarlo bisogna giocare molto sui contrasti tra i caratteri che contraddistinguono i vari ingredienti». Quali? «Acido, salato, piccante, amaro e dolce: è su questi elementi che occorre lavorare per alzare il gusto di una preparazione. Questo vale in particolar modo per la cucina crudista, dove il gusto degli alimenti crudi cambia molto durante una preparazione, per questo bisogna assaggiare più spesso un piatto. Se ad esempio frullo del lampone, ci aggiungo del limone a crudo, il suo sapore sarà molto più netto che se cotto sul fuoco».
È possibile preparare tutto un menù crudista? «Sì, è possibile, ma una cucina sana non ha bisogno di molte portate, quindi è meglio fare dei monopiatti completi. Inoltre la cucina crudista è molto laboriosa e concettualmente difÀcile da recepire, quindi è sufÀciente qualche piatto che integri l’alimentazione corrente. Da qualche tempo, ad esempio, ho preso la buona abitudine di preparare per colazione una galletta di riso crudista, che mangio con del burro di arachidi spalmato». Al Joia ha inserito già qualche piatto crudista? «Ho inserito da circa un mese una crostata di prugne, anacardi e fragole. Devo dire che non è stata capita subito dai miei clienti, tanto che per circa un mese ho dovuto rivedere la ricetta, lavorando molto sul gusto. Chi viene al Joia vuole sì una cucina sana, ma anche golosa». Ci suggerisca qualche pietanza crudista. «La regina della cucina crudista è la verdura, si può dunque partire da un antipasto fatto da un’insalata molto ricca, condita
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L’ultima frontiera della cucina naturale mette al bando le cotture per salvare tutti i nutrienti originari dei cibi. Non bisogna dimenticare che per gli alimenti di origine animale questa pratica ha dei rischi, mentre un utilizzo sensato può aggiungere sapore e salute alla tavola dispersione di acqua, vitamine e sali minerali. Vien da pensare che i nostri avi, prima della scoperta del fuoco da parte dell’homo erectus, digerissero molto meglio di noi e avessero un apporto vitaminico migliore del nostro. Ah, quanto tempo sprecato nell’evoluzione dell’uomo! Facile ironia a parte, l’apporto salutistico della cucina crudista è una questione ancora tutta da dimostrare, molto dibattuta dagli esperti. Innanzitutto non esistono delle evidenze scientiÀche acclarate che ne testimonino i benefici, a parte la banale
constatazione che in un alimento crudo siano conservate, intatte, tutte le sostanze organiche originarie. I nutrizionisti, inoltre, mettono in guardia dal suo utilizzo integralista: non ricorrere alla cottura o alla pastorizzazione di certi derivati come il latte, ad esempio, può essere molto pericoloso. La cottura di carne e pesce, in particolare, elimina virus e proliferazioni batteriche molto dannose per la salute dell’uomo, ma questo le nostre nonne già lo sapevano. Il fatto, tuttavia, che questa cucina abbia riscosso un certo successo proprio negli Stati Uniti, dove il Junk Food, il cibo spazzatura, è la norma, ci spiega molto bene la sua estrema ratio. Da noi valga più il concetto di un utilizzo sensato della cucina crudista, che possa aggiungersi ad un’alimentazione sana e corretta, aumentando la quantità giornaliera di cibo crudo.
LO CHEF
Pietro Leemann
con della frutta secca e dei semi di girasole. Importante per l’assimilazione della verdura cruda è la sua salatura. Si prende la verdura, la si sala leggermente, lasciandola riposare per qualche minuto, in modo che si sviluppino degli enzimi che ne favoriranno la digestione. Si può continuare il pasto con delle lasagne o con delle torte proteiche di cereali». Lei è stato chiamato dal Comune di Milano per rivedere la cucina delle mense scolastiche. A che punto è quel progetto? «Il lavoro è appena iniziato e Milano Ristorazione, l’azienda che si occupa delle mense, ha iniziato a fare i primi passi
verso il biologico, non tanto a seguito dei miei consigli, quanto grazie alle indicazioni del professor Berrino, il noto oncologo milanese». Quale sarà il prossimo passo? «Mi piacerebbe entrare nelle cucine delle mense e cambiare il modo di cucinare (un progetto che sto portando avanti in Svizzera), perché le persone più difÀcili da cambiare sono proprio i cuochi». In che modo? «Con delle indicazioni molto semplici, facendo uso solo di prodotti freschi, non conservati, e chiedendo ai cuochi di eliminare parte dei grassi e degli zuccheri utilizzati nelle mense». Come crede che la prenderanno i ragazzi? «È chiaro che bisogna rendere questa cucina molto golosa, pensando a ciò che può piacere loro. Lo vedo con le mie Àglie, con cui arrivo sempre a un compromesso. Se faccio una pasta, ad esempio, e ci metto delle scaglie di parmigiano, il gusto prende forza e si alza». Quindi anche le figlie sono vegetariane? «No, perché un aspetto importante della propria evoluzione è la scelta individuale. È il libero arbitrio che ci fa crescere. Come padre dico loro il mio pensiero, ma poi sono libere di scegliere strade diverse».
I FONDAMENTALI DELLA CUCINA CRUDISTA La preparazione: nulla si cuoce. È previsto il solo riscaldamento delle pietanze, tra i 40 e i 46°, durante la fase di preparazione o di consumo. Frutta fresca: la si può consumare la mattina o lontano dai pasti principali sotto forma di succhi, centrifugati, macedonie. Disintossicante, rivitalizzante e rigenerante. Ortaggi e germogli: ricchi di sali minerali e oligoelementi. Fondamentali per l’equilibrio acido-base nell’organismo. Semi oleosi: consumati previo ammollo per 12-24 ore, cosa che ne aumenta il contenuto di vitamine, rendendoli più digeribili. Con questi semi è possibile preparare dei latti vegetali, salse e dolci.
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LA PROPOSTA
Accompagnare ad un drink un “vero” piatto non solo qualche stuzzichino: i bergamaschi Gianfranco Di Niso e Davide Manzoni hanno messo a punto 180 abbinamenti e li hanno raccolti in un libro. «Un modo diverso, informale e creativo di vivere una serata in compagnia» di Anna Facci
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Cocktail, mangiamoci su llegri o chic, da gustare in piedi passando da una chiacchiera all’altra o seduti tranquillamente a Àne cena, capaci di aprire l’appetito, di dissetare o di concludere una serata. I cocktail hanno davvero tanti volti e si prestano ad occasioni diverse eppure ognuno di noi, a seconda del gusto e dell’abitudine, Ànisce con l’ordinare sempre i “soliti” due o tre. Che dire poi dell’accompagnamento gastronomico? Se non sono solo patatine e olive e si ha a disposizione il buffet dell’happy hour si Ànisce inevitabilmente col mettere insieme gli accostamenti più strampalati o ad esagerare negli assaggi. A suggerire un modo nuovo di considerare il bere miscelato ci hanno pensato due bergamaschi, Gianfranco Di Niso, 41 anni, barman professionista in numerosi locali delle città oltre che docente e vincitore di concorsi nazionali ed internazionali, e l’amico Davide Manzoni, 34 anni, diploma all’Alberghiero di San Pellegrino, laurea in Cinema a Brescia, esperienze in cucina e in sala e la passione per il cibo sempre in sottofondo anche oggi che lavora in una libreria. Insieme hanno realizzato, per la casa editrice White Star, “Cocktail – 180 ricette con sÀziosi abbinamenti gastronomici”, un bel volume, chiaro nell’esposizione e accattivante nelle fotograÀe, che non solo illustra come realizzare, da perfetti principianti, le bevande, ma le correda tutte con il suggerimento di un piatto da preparare in accompagnamento. Davide Manzoni
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«L’idea è venuta dalle richieste dei clienti al bar – racconta Di Niso -. Spesso mi domandavano come riproporre per una serata a casa con ospiti un cocktail che avevano assaggiato ed io annotavo per loro su un foglietto la spiegazione del procedimento, aggiungendo qualche informazione sull’origine del drink e sulle sue caratteristiche». Scatta così, dall’immaginare situazioni in cui il bere mixato è protagonista e non routine, l’esplorazione delle sue possibilità di sposarsi a qualcosa di diverso dallo stuzzichino. A giudicare dalle proposte presentate c’è davvero di che sbizzarrirsi. Nel libro, infatti, i cocktail vengono abbinati a tutte le portate di un pasto, dall’appetizer al dolce, dalla ricetta tradizionale a quella etnica, dall’insalata al Àletto al tartufo. «Li abbiamo sperimentati tutti – spiega Davide Manzoni che ha curato il ricettario gastronomico – ed abbiamo veriÀcato che funzionano, ciò non toglie che si possano anche incrociare i suggerimenti ed accostare al proprio cocktail preferito il piatto indicato per un’altra miscela della stessa categoria e con caratteristiche simili». «Il principio che ispira gli accostamenti – prosegue – è quello della concordanza. L’idea di pasteggiare bevendo drink era già piuttosto ardita, per questo non abbiamo voluto osare ulteriormente». SigniÀca, ad esempio, che alle preparazioni con nota dolce vengono abbinati piatti sulla stessa lunghezza d’onda, come Gianfranco Di Niso
giugno 2012 capita con il Sex on the Beach, che ha tra i suoi ingredienti liquore alla pesca e succo di cranberry e che si consiglia di servire con uno strudel alle pesche, con amaretti e cioccolato fondente, o altri long drink o after dinner dal gusto morbido abbinati a biscotti, dolci al cucchiaio, torte o dessert con frutta. Le creazioni più alcoliche e secche, invece, si possono accompagnare anche a piatti più ricchi. In omaggio alla cucina bergamasca, non potevano mancare i casoncelli (in particolare ticolare la ricetta di nonna Nina), presentati ti in coppia con un “Negroni sbagliato” dove al gin si sostituisce lo spumante te brut: «un accostamento – dice Di Niso - in cui alcolicità tà e bollicine permettono o di sgrassare la bocca al cospetto di una portata ta piuttosto sostanziosa». ». Ma questa è forse una a delle proposte più immpegnative da realizzare re ed offrire. La maggior parte delle idee è molto più easy, il manuale è infatti pensato ato per chi non ha esperienza professionale né allo shaker né tra i fornelli. Ci sono insalate te - con pollo, con gamberetti, con polipo o cuori di palma -, molluschi, olluschi, torte salate, crostoni, risotti, isotti, paste, carpacci di carne o di pesce, tartare, spiedini, hamburger, tagliate, che ben si immaginano vicino ad apertivi e mix per tutte le ore. «La nostra intenzione – dicono gli autori – è invogliare a giocare. Proprio i cocktail, del resto, sono un modo di bere che rimanda facilmente ad atmosfere rilassate, informali e creative». Il drink può così diventare lo spunto per un’intera serata. Che ve ne pare di un invito alle amiche a base di Cosmopolitan, il preferito da Madonna e dai personaggi di Sex and the City, e risotto ai mirtilli (che richiama il succo di cranberry nel bicchiere), accompagnato da conÀdenze in libertà? Allo stesso modo basta qualche ingrediente giusto per dare un tocco esotico all’appuntamento. «C’è un’insalata del contadino cileno, con ceci, cipolle, uova sode e mozzarella – ricorda Manzoni – facilissima da fare, fresca e colorata che abbiamo abbinato ad un altrettanto colorato “Pisco Sunrise”, variante che alla tequila sostituisce il distillato nazionale cileno, giusto per non citare i più conosciuti cocktail messicani, brasiliani
o cubani e le loro diverse interpretazioni». «Lo scarto rispetto alla consuetudine – evidenziano – è che qui parliamo di porzioni di cibo “regolari”, non di assaggi, della possibilità di saziare gli ospiti senza impegnarsi in un menù tradizionale. Può bastare un bel primo con il drink appropriato seguito da un dolce con un after dinner (ben più originale dei classici limoncello o crema al whisky), oppure un antipasto e un secondo, naturalmente con la dovuta attenzione, come sempre quando si consuma alcol, ai tempi dell’assunzione e alle dell’a quantità, quant non tanto alla “leggenda” del non “leg mescolare». mescol A detta dei due autori non ci sono so reali ostacoli ad un utilizzo così ampio e fantasioso del bere fan miscelato, miscelat se non il fatto che non si s ami bere. «Basterebbe semplicemente provare, non fermarsi al solito – suggerisce il bars man – pe per capire quanti gusti e possibilità ci sono. po Rivolgendoci Rivolgendo ad un pubblico casalingo casaling abbiamo inserito solo proposte che si riepro sce effettivamente a realizeffettiva zare. L’attrezzatura necessaL’attrez ria è ridotta al minimo, così come la gamma dei bicchieri. Anche gli ingredienti sono reperibili senza problemi e le decorazioni semplici e commestibili. L’unico strumento veramente indispensabile è il cilindro graduato che permette anche a chi non ha esperienza nel dosare i liquidi di rispettare le proporzioni e realizzare cocktail sempre tutti uguali». Non c’è nemmeno bisogno di rifornire l’angolo bar di chissà quante bottiglie: «Due liquori come Aperol e Bitter Campari, un distillato secco, come la vodka, il liquore dolce che si preferisce ed alcuni succhi di frutta – afferma Di Niso – sono già sufÀcienti per preparare un buon numero di ricette». «La stessa ÀlosoÀa è alla base dei piatti – conferma Manzoni -, solo tre sono classiÀcati come “difÀcili”, per i resto sono tutti abbordabili. Alcuni sono classici ai quali non si può aggiungere o sottrarre nulla, altri sono rivisitazioni, altri ancora invenzioni personali. Spesso oltre che nel gusto concordano con il cocktail anche per l’atmosfera, l’ambiente cui sono legati». La possibilità di divertirsi e divertire con
cocktail e gastronomia non è comunque preclusa al mondo professionale. «Anche i locali possono valorizzare le proposte del barman – prosegue – con abbinamenti non casuali al cibo. Si può pensare, ad esempio, a serate di degustazione drinkcucina o ad evidenziare all’ora dell’aperitivo una selezione di bevande e il piatto da accompagnare a ciascuna». E se proprio non ci si vuole dar da fare ai fornelli si possono stupire gli amici (o i clienti) anche solo con una proposta insolita nel bicchiere. Di Niso e Manzoni spiegano ben 15 varianti del mojito, probabilmente il cocktail più diffuso oggi al mondo, compresa una con il basilico al posto della menta, chiamata “Basito”. «Poco conosciuti e proposti – sottolineano – sono anche i cocktail con il gelato, alcuni sono davvero buonissimi e per le gelaterie possono rappresentare un’occasione per diversiÀcare l’offerta». Tra le pagine si trovano anche alcuni analcolici, pensati per rendere partecipi del rito anche i bambini, di solito liquidati con un succo, ed alcune idee con la grappa. «È un distillato difÀcile da mixare – rileva Di Niso -, ma qualche soluzione anche per l’abbinamento gastronomico (come la caipigappa con biscotti di farina di mais ndr.) l’abbiamo trovata per non dimenticare un prodotto tutto italiano».
IL LIBRO Prima fatica editoriale dei due autori, il libro “Cocktail – 180 ricette con sfiziosi abbinamenti gastronomici” è pubblicato dalla casa editrice White Star, affermata a livello nazionale e internazionale nel settore dei libri illustrati. È distribuito nelle librerie e on line (www.whitestar.it), è stato già tradotto in inglese, francese e tedesco e prossimamente lo sarà anche in spagnolo. Le accattivanti immagini dei cocktail sono di Fabio Petroni, specializzato nello still-life e impegnato con le principali agenzie di pubblicità, mentre i testi introduttivi sono di Demis Vescovi. Formato 22x30, 240 pagine, euro 24,90.
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Formaggella della Val Seriana, “Prat di bus” vince il primo concorso Il 9 giugno si è tenuto a Gromo il primo Concorso caseario riservato alla Formaggella della Val Seriana, dove due giurie, una tecnica e un’altra composta da consumatori, hanno valutato quindici formaggi in gara, prodotti da otto caseiÀci del territorio. I punteggi assegnati durante ogni sessione di degustazione hanno interessato l’aspetto visivo, olfattivo e gustativo, per il panel dei tecnici, e il livello di gradimento complessivo per il gruppo dei consumatori. “La Formaggella della Val Seriana ha molta storicità diffusa nel territorio, ma manca di un disciplinare di produzione - spiega Paolo Leone, esperto di formaggi e organizzatore del concorso tanto che le caratteristiche organolettiche dei formaggi possono
L’ESPERTO
essere spesso difformi. Questo può, talvolta, olta, scoraggiarne l’acquisto da parte del consumatore, che si trova rova di fronte a prodotti differenti che mancano di una certa riconoscibilità”. Se le forme sono più o meno simili per dimensioni, altrettanto non si può dire per la pasta della Formaggella che in taluni casi si presenta gessosa, mentre in altri risulta essere piuttosto elastica. Anche la variabilità dell’occhiatura è molto estesa: ci sono forme nelle quali è completamente assente, altre in cui si presenta in maniera piuttosto diffusa, rada, a occhio di pernice o a capocchia di spillo. Trovare una strada comune che permetta a un pubblico più vasto di apprezzare questa produzione casearia
di Riccardo Lagorio
Parla un produttore storico del “grana bresciano”
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Melzani: “Aperta una forma di Bagoss s ergio Melzani è uno degli storici produttori di bagoss, il celebre formaggio bresciano. La sua famiglia lo produce da decenni ed è quindi depositaria di antiche tradizioni. Come si realizza il “grana bresciano”? “Innanzitutto si produce con latte crudo, munto da vacche di razza bruno-alpina. L’aggiunta di zafferano, che lo rende simile ad un formaggio d’oro, avviene durante la rottura della cagliata. D’estate le bovine si alimentano esclusivamente al pascolo mentre in inSergio Melzani
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QUEL TOCCO DI ZAFFERANO CHE FA LA DIFFERENZA Poche province possono competere per varietà e rinomanza dei prodotti caseari con Bergamo. Una di queste è senz’altro Brescia. Potendo contare su un territorio che si apre a ventaglio da tre valli principali, destinate sino a metà del Novecento quasi esclusivamente a pascolo e conÁuenti su una fetta consistente di pianura padana, Brescia gode di una tradizione casearia pluricentenaria. Sin dal XVI secolo i dogi della Serenissima mostravano un certo interesse verso ciò che deÀniamo oggi prodotti tipici: attraverso una Àtta rete di canali riuscivano ad approvvigionare la città con vini dal Trevigiano e, con qualche difÀcoltà in più dovuta agli impervi percorsi, formaggio dall’altopiano di Asiago, dai massicci dell’Illiria e dalla Repubblica di Bagolino. Dai pascoli di questa località che oggi appartiene alla provincia di Brescia (e i cui abitanti si chiamano bagossi, di qui il nome del formaggio) proveniva circa il 15% dei latticini commercializzati dai mercanti veneziani verso la laguna. Non è esagerato quindi affermare che l’economia del centro montano girasse pressoché totalmente intorno alla produzione di formaggio. Qualcuno in pae-
se afferma ancora che la presenza dello zafferano nella cagliata fosse richiesta personalmente dai dogi, che volevano assaporare un formaggio… aureo. Ciò giustiÀca in parte l’esistenza di assidui scambi tra speziali e la valle e in qualche modo motiva la coltivazione di zafferano attestata da parte di Agostino Gallo nel corso del XVII secolo in un’area non distante da quella che si distingue per la produzione di cacio per i dogi. Un formaggio esclusivo, insomma, non tanto e non solo per la (modica) aggiunta di zafferano nella cagliata, ma soprattutto per la ricchissima Áora che alberga sui monti che coronano il paese valsabbino. Per decenni Benedetto Girelli, patron dell’omonimo ristorante in Barghe, ha saputo valorizzare questo formaggio anche con le sue appassionati presenze a “Tavola alle 7”, intelligente trasmissione antesignana di (ahinoi) tutte le attuali conventicole televisive sul cibo. “Passavano interminabili Àle di automobili di romani che andavano a sciare a Madonna di Campiglio - ricorda - e si lasciavano sedurre da questo formaggio, sconosciuto ai più, assai profumato e dal suo retrogusto vagamente amarognolo. Se fre-
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A GROMO, DUE GIURIE HANNO VALUTATO 15 FORMAGGI. AL SECONDO E TERZO POSTO IL CASEIFICIO DI CLAUDIA RICCARDI è dunque necessario, tanto più se qualcuno spera di ottenere anche la Dop. “Per esperienza so che la fase iniziale di creazione di un disciplinare è molto complicata, quando si parte da un prodotto di montagna – prosegue Leone -, perché occorre partire dalle numerose produzioni locali, per farne una sintesi che soddisÀ un po’ tutti. Uno sforzo non indifferente”. Ad aggiudicarsi la prima Menzione per il punteggio più alto assegnato dalla giuria tecnica è stata una formaggella stagionata 214 giorni, prodotta dal caseiÀcio Prat di bus. A seguire il caseiÀcio di Claudia Riccardi, che si è vista assegnare due premi,
per il secondo e terzo punteggio più alto, nelle categorie con stagionatura inferiore e superiore ai 30 giorni. Al caseiÀcio di Angelo Visentini è andato lo speciale premio dei consumatori per la Formaggella con stagionatura superiore ai 30 giorni. “Trovo che questa prima edizione del concorso sia stata un’esperienza molto positiva, soprattutto per i casari. All’inizio, infatti, sembravano molto restii a prendervi parte, ma ha prevalso l’obiettivo di ottenere delle valutazione il più possibile oggettive sui loro formaggi – ha concluso Paolo Leone –. Nei prossimi giorni, dalle indicazioni di entrambe le giurie, trarremo delle schede tecniche che daranno ai produttori delle informazioni aggiuntive sulle forme presentate al concorso e sui possibili margini di miglioramento delle loro future produzioni”. g.t. Nella foto la formaggella della Val Seriana del caseificio “Prat di bus”
s stagionata cinque anni. Era perfetta” sco, glielo proponevo alla piastra con la polenta grigliata; altrimenti ne facevo scaglie a Àne pasto”. L’amarognolo di cui parla Girelli è senz’altro dovuto alla Áora dei pascoli alpini. “All’inizio dell’epopea del bagoss, negli anni Sessanta e Settanta, l’approvvigionamento avveniva al mercato settimanale di Vestone: erano direttamente i produttori a vendere il formaggio elaborato in alpeggio. Poi la rinomanza del bagoss creò numerosi intermediari e purtroppo alcuni casi di falsiÀcazione”. Infatti bisognerà attendere il 2002 quando, su impulso della Comunità Montana di Valle Sabbia, le forme di bagoss autentico hanno cominciato ad essere contrassegnate da un apposito marchio sullo scalzo al Àne di arginare il fenomeno delle contraffazioni e garantire il consumatore sulla qualità della materia prima e del prodotto Ànale. Il marchio è una rafÀgurazione in altorilievo della fascera e quindi non viene applicato a fuoco: ciascuna forma di bagoss, al Àne di garantire il consumatore sulla origine del prodotto, è contrassegnata dall’apposito marchio sullo scalzo. r.l.
verno alimentiamo il bestiame con Àeno esclusivamente locale. Il latte viene lavorato e scaldato con fuoco a legna, in pentoloni di rame, come nei secoli passati. Ma un altro dato importante per riconoscere il bagoss è la tradizione di ungere la crosta con olio di lino crudo: preserva la forma da indesiderati ospiti che potrebbero attaccarla, ma conferisce anche il caratteristico colore ocra alla crosta, che sarà sempre sottile ed elastica”. Il peso della forma? “Mediamente tra i 16 e i 18 chilogrammi, ma può raggiungere anche i 22 chili. Ma è bene ribadire che non è solo la pezzatura, ma anche la modalità di produzione che fa la differenza”. Certo non sono solo queste le caratteristiche che fanno del bagoss uno dei formaggi di monte più ambiti dalla ristorazione e dalla salumeria di prestigio. “Ovviamente no. Il bagoss deve essere stagionato almeno 12 mesi. Ma si trovano facilmente forme da 18, 24 e 36 mesi di stagionatura. Qualche mese fa abbiamo deciso in casa di aprire una forma di cinque anni”. Com’era? “Ancora perfetta, non piccante ma dal
gusto deciso, aromatico e di una certa sapidità. L’utilizzo del formaggio in questi casi è prevalentemente per grattugia per la caratteristica pasta a grana”. Appunto la pasta, come dev’essere nel bagoss? “Che si tratti di formaggio poco stagionato o stravecchio, la pasta dev’essere compatta, senza particolari occhiature che, se presenti, devono essere uniformemente distribuite. Con il trascorrere del tempo, il miracolo del latte che si fa formaggio riserva un’altra sorpresa: la fetta o la scaglia talvolta rilascia una goccia di grasso: segno ancor più evidente che siamo di fronte ad un formaggio speciale per palati esclusivi, anzi regali”.
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IL LOCALE di Fulvio Facci
Al ristorante di Urgnano, sia a pranzo sia a cena la formula è solo quella del “tutto compreso”. «La clientela aumenta, una soddisfazione sopratutto in tempi difficili come questi»
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Nell’Antico Mulino la ricetta anticrisi è il prezzo fisso al cascinale storico, ma diroccato, del ’94 alla bella ed accogliente struttura dei nostri giorni. Il ristorante Antico Mulino, di via Mulino dei Prati 272 ad Urgnano, di strada ne ha fatta parecchia. Inizialmente doveva essere un’ampia abitazione famigliare ma Loretta Colombi ed il marito Gianfranco Gritti che aveva alle spalle una notevole tradizione di famiglia (nonno al ristorante Posta di Rota Imagna e genitori gestori di alcuni rinomati bar in città) non hanno resistito e sono riusciti a coniugare due obiettivi: la residenza, appunto, ed il ristorante. È stato un percorso a tappe, dall’apertura progressiva di alcune sale nei Àne settimana per l’attività agrituristica sino ad arrivare nel 2003 alla versione attuale con l’attività di ristorazione a tutti gli effetti. «In questo che è indicato come un momento di crisi per il nostro settore – racconta Loretta Colombi, che prima di iniziare quest’attività era segretaria di direzione in un’importante azienda - provo un certo orgoglio nel riscontrare che stiamo aumentando di anno in anno la nostra clientela. Siamo partiti con i clienti più affezionati che ci hanno seguito dopo che mio marito aveva terminato la sua esperienza a Villa Manzoni a Cologno al Serio. Il locale è grande, arriviamo a 180-200 coperti ed effettivamente stiamo lavorando bene sia a mezzogiorno sia alla sera».
La chiave del successo in una sola parola d’ordine: menù Àsso. E se per il pranzo questo tipo di scelta è pressoché scontato in tutti i locali, altro discorso è proporlo la sera ed altro ancora che abbia un interessante riscontro. «La linea di cucina è impostata sul classico rivisitato – prosegue -, non puntiamo su grandi chef ma sull’organizzazione del lavoro e sulla scelta delle materie prime. Cerchiamo di fare tutto in casa per quanto possibile, ad esempio anche pane, focaccine, dolci, cracker e salsine varie. Insomma, quello che si può produrre direttamente lo produciamo. amo. Il menù Àsso della sera varia molto nei piatti, non nella sua ua struttura. Abbiamo due proposte di prezzo, 25 o 30 euro, la a differenza la fa scelta tra uno o due secondi piatti. Acqua, a, vino, caffè e dolce, un nostro semifreddo, sono sempre re compresi». Questa sera, per dare meglio l’idea, cosa osa troveranno i vostri clienti? «Una mousse di formaggio aggio caprino con erba cipollina ed una lombatina marinata rinata con citronette agli agrumi si trovano spesso tra a gli antipasti. Poi abbiamo un risottino ai Àori di zucchine e parmigiano e della pasta fresca, ca, in particolare foiade, con porri, speck e pomodorini. Per chi si ferma a 25 euro, o, e quindi a un secondo, proponiamo una a Loretta Colombi
LA PROVA
BUFFET E AMBIENTE DANNO UNA MARCIA IN PIÙ Il “rischio”, si fa per dire, è quello di pranzare bene a prezzo Àsso in un ambiente bello e curato, con eleganti mise en place, spendendo meno che in altre realtà dotate di minor appeal, almeno estetico. All’Antico Mulino infatti la proposta per il menù di mezzogiorno si articola su quattro livelli. Vino, acqua, caffè e dolcetti della casa sono sempre compresi. Si parte da otto euro per il libero accesso all’ampio buffet di antipasti e contorni: ce n’è per tutti i gusti (salumi, formaggi, uova, verdure, sottoli e
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via discorrendo) e potrebbe bastare, qualche cliente infatti si ferma a questo primo passaggio. Con dodici euro si può aggiungere il primo, con tredici euro si aggiunge invece il secondo ed inÀne con quindici euro si arriva al buffet, primo e secondo piatto, ma bisogna essere delle buone forchette perché le porzioni sono abbondanti. Quattro primi piatti e quattro secondi costituiscono le proposte del giorno con rotazioni e alternative molto frequenti, visto che parte della clientela è anche abituale.
Risottino con basilico e noci, penne alla puttanesca, gnocchetti gratinati con ricotta e ravioli agli asparagi per comporre la lista dei primi piatti. Scottata di scamone di manzo, tagliata di puledro con verdure grigliate, roast beef con citronette agli agrumi e petto di pollo con porri e zafferano le proposte per i secondi. Risottino, che arriva nel pentolino di rame, e roast beef le nostre scelte per un ottimo rapporto qualità/prezzo e una menzione particolare per il merlot sfuso.
giugno 2012 LA FAMIGLIA
PIONIERI DELLA PIZZA NO STOP, ORA ANCHE A SIRACUSA Che Gianfranco Gritti abbia un Àuto particolare, quasi una vocazione, per il business legato alla ristorazione è dimostrato non solo dal successo dell’Antico Mulino di Urgnano e da altre precedenti esperienze, ma soprattutto, vorremmo dire, dal fatto di essere stato il pioniere della pizza no stop e ormai, vista la diffusione, si sa bene di cosa si tratta: dei locali cioè dove a prezzo Àsso si può mangiare quanta pizza si vuole. Tropi&Co è il marchio della catena gestita in parte direttamente, anche con la collaborazione di Àgli Marco e Alessandro, ed in parte in franchising. Milano, Brescia, Osio Sotto, Treviglio, Bergamo, Brembate e Rovato sono le località dove Tropi&Co è attivo e nel mese di giugno è partita la prima esperienza fuori provincia con l’apertura di un locale a Siracusa. L’idea di Gianfranco Gritti era quella di applicare alla pizzeria alcuni criteri delle churrascherie ed in primo luogo quelli del basso prezzo e dell’allegria in compagnia. Il primo spunto è stato nel 2002 ma non ha potuto avere applicazione pratica per la mancanza delle tecnologie necessarie. Poi nel 2005 l’iniziativa è partita. Ora nelle pizzerie Tropi&Co girano ogni giorno quaranta tipi di pizza. scottata di Àletto di manzo ai tartuÀ neri. L’altro secondo sono dei medaglioni di coniglio in porchetta». L’elenco dei piatti che variano nella composizione dei menù è particolarmente legato alla stagionalità. Tra gli antipasti ruotano i salumi al tagliere o un Áan di parmigiano. Poi ci sono una quindicina di primi piatti con i risotti a farla da padroni visto che vengono sempre proposti, ma non mancano paste fresche, tortelli e gnocchetti. Brasato, manzo all’olio e arrosti vari si alternano invece tra i secondi piatti. «Oltre alla qualità della cucina cerchiamo comunque di inserire sempre qualcosa di nuovo – conclude Loretta Colombi – e di offrire un tocco in più, cioè il calore della nostra accoglienza che è un po’ il nostro valore aggiunto. Ci piace vedere i clienti soddisfatti e a loro agio. Ne arrivano da tutte le parti, dalle famiglie locali che ritornano per ogni ricorrenza a chi fa qualche chilometro in più perché sa quel che trova. Sono clienti affezionati e sono la nostra soddisfazione».
RISTORANTE ANTICO MULINO via Mulino dei Prati 272 - Urgnano tel. 035 894335 chiuso martedì sera e sabato a pranzo www.anticomulinourgnano.it
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APPUNTAMENTI DAL 12 AL 15 LUGLIO
LA TRATTORIA SI FA LA SAGRA IN CASA, AD ALBINO PROTAGONISTI GLI GNOCCHI RIPIENI Le sagre sono una spina nel Àanco per i pubblici esercizi, ma c’è anche chi ha colto il lato conviviale e festaiolo di questo tipo di proposte e l’ha girato a proprio favore. E così la Trattoria Moro da Gigi di Albino (località Perola) si è fatta in casa - come tante proposte della sua cucina - anche la sagra: quella degli gnocchi ripieni, specialità del locale mol-
to amata. L’iniziativa è stata lanciata lo scorso anno per celebrare il cinquantesimo di attività ed è stata talmente apprezzata che torna – a grande richiesta – anche quest’anno, dal 12 al 15 luglio. La trattoria ha tra i suoi punti di forza la tipicità delle materie prime, spesso reperite nelle vicinanze da produttori Àdati, e i piatti della tra-
dizione, soprattutto le paste fresche realizzate in proprio, oltre ad una fornita cantina, che conserva vini, salumi e formaggi. Gli gnocchi sono ripieni di mozzarella, prosciutto cotto, besciamella e sono conditi con burro, salvia e formaggio grattugiato. Tutti i particolari però non vengono svelati, l’unico modo per saperne di più è assaggiarli.
6 LUGLIO
“MESTOLI E ZAPPE”, IN SCENA A GAVERINA I PRODOTTI DEL LAGO “Mestoli e Zappe” è un nuovo progetto che fa incontrate le piccole produzioni agricole di qualità con la ristorazione ed i consumatori, nei territori di Bergamo e Brescia. Tre professionalità – quella di una laureata in Scienze gastronomiche, di un cuoco e di un designer - si sono messe insieme per andare alla ricerca di prodotti e produttori interessanti e realizzare attorno a questi degli eventi culturali. Con un concetto di fondo: evidenziare l’evoluzione e la contemporaneità della tradizione, non la conservazione immobilistica, nella convinzione che le usanze culinarie sono il frutto di continui adattamenti e arrangiamenti innovati. Il primo ciclo di incontri a tavola coinvolge i locali del “Vecchio Tagliere”. Dopo il debutto a Zanica, dedicato ai prodotti della pianura, la seconda tappa è in programma venerdì 6 luglio a Gaverina (località Faisecco) e vedrà protagonista il lago. Il menù prevede zuppa lacustre per antipasto, pasta con Àletti di scardole e limone, Àletto di coregone con pomodorini e patate. Il pesce sarà quello della Cooperativa Pescatori di Clusane, composta da 7 soci, tutti over 70 tranne uno; i vini dell’Azienda Agricola Angelo Bertoli di Castelli Calepio. Il costo è di 25€. Gli altri appuntamenti sono il 7 settembre a Nese con la cucina di collina e il 5 ottobre nel centro di Bergamo con la cucina di montagna. www.mestoliezzappe.it
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MELONE, NEL MANTOVANO È TUTTA UNA FESTA Sotto il nome di “Melonaria” sono raccolte le feste e le iniziative organizzate dal Consorzio del Melone Mantovano per valorizzare il prodotto tipico che nei mesi di giugno e luglio trova il periodo migliore per la raccolta e la degustazione. Castellucchio, Gazoldo degli Ippoliti, Rodigo, Viadana e Sermide sono le maggiori zone e di produzione e passando da quelle parti può capitare l’occasione di un asssaggio. A Viadana il 23 e 24 giugno è in programma la 46esima “Sagra del Melone” con stand di degustazione e vendita di melone, prosciutto, lammbrusco, grana padano ano e prodotti tipici a cura delle aziende locali e con cene a tema nei ristoranti e negli agriturismi. A Castellucchio sempre domenica 24, c’è invece un convegno, mentre il primo luglio a Goito va in scena la Festa del Risot menà e melone. La stessa domenica, a Gazoldo degli Ippoliti si organizza “Il melone in vespa” raduno di vespisti, mantovani e non, accompagnato dal mercatino del melone e da assaggi in collaborazione con i produttori. Anche Casteldidone (Cr) celebra il frutto con una cena a tema nel castello il 28 luglio.
giugno 2012
LE ECCELLENZE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA RIUNITE NEI “CONCERTI DEL GUSTO” Visto che spesso per descrivere piatti, vini e prodotti si ricorre ad un linguaggio musicale (armonia, note, sinfonia e via dicendo), li hanno deÀniti “Solisti del gusto”. Sono 64 tra chef, artigiani e vignaioli di Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori, chiamati a mettere in scena quanto di più rafÀnato propone la regione con la manifestazione “Concerti del gusto”, proposta in quattro scenari suggestivi. Passando da un tavolo all’altro il pubblico può compiere un itinerario tra le eccellenze del territorio e cogliere le tante ibridazioni culinarie di una storia scritta dall’incontro fra diversi popoli e culture. Dietro ogni postazione gli chef cucinano in diretta, afÀancati dai vignaioli che propongono abbinamenti fra cibi e vini. Il percorso vede protagonisti anche i prodotti degli artigiani del gusto, come i salumi d’oca, il prosciutto al cartoccio, il prosciutto crudo di San Daniele e quello di Sauris, il Montasio, i tartuÀ, le confetture, i pani, i dolci, i sorbetti d’autore. Aperto il 19 giugno tra le vigne del Collio, il cartellone prosegue il 3 luglio sulla Passeggiata a mare di Grado affacciata sul tramonto, per quello che ormai è diventato un tradizionale appuntamento estivo di stile e mondanità. Il 17 luglio il “Concerto del gusto” sarà in scena al Mittelfest a Cividale del Friuli e il 31 luglio Villa Riello Gaiarine, glio nel nel parco par arco co della del ella la seicentesca sei eice cent ntes esca ca V ililla la R iellllo ie o Pe Pera ra a G aiar ai arin ine e, iin n Veneto. Ve V ene neto to.. www.friuliviadeisapori.it www ww ww. w.friu w.fr frriu iulilivvi viad dei e sa sapo pori ri.it it
PARMA E PIACENZA
CENE IN CASTELLO CON GLI “STELLATI” DELL’EMILIA ROMAGNA
“Chef Stellati a Castello – Ricordanze di Sapori nei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza” è il titolo della rassegna enogastronomica proposta dall’Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza con la collaborazione dello chef stellato Massimo Spigaroli (Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense) e dell’Associazione “Chef to Chef emiliaromagnacuochi” che riunisce i 30 migliori “stellati” della regione. Si tratta di quattro cene esclusive in manieri e rocche tra i più belli del territorio parmense e piacentino, in cui ogni portata viene realizzata da un affermato maestro della cucina, in un gioco sottile tra tipicità, ricerca ed estro creativo. Dopo l’apertura del 14 maggio, i prossimi appuntamenti, tutti di lunedì, sono il 2 luglio al Castello di Scipione dei Marchesi Pallavicino sulle colline del borgo medievale di Scipione Castello nel comune di Salsomaggiore Terme; il 17 settembre nel Castello di Rivalta sul Àume Trebbia e il 15 ottobre alla Rocca Sanvitale di Fontanellato ancora circondata dall’acqua del fossato. Il costo è di 80 euro a persona, la prenotazione è obbligatoria. www.castellidelducato.it
A NEMBRO TORNA IL FESTIVAL DELLE BIRRE ARTIGIANALI Gli appassionati di birra artigianale o chi vuole conoscere meglio questo mondo in fermento avranno l’imbarazzo della scelta all’Orobie Beer Festival - più semplicemente Obf -, rassegna di birre di qualità in programma da venerdì 29 giugno a domenica primo luglio a “The Dome” di Nembro, locale specializzato in questo tipo di proposta, che organizza la tre giorni in collaborazione con la Compagnia del Luppolo. Saranno presenti microbirriÀci già molto apprezzati e premiati, Bi-Du da Olgiate Comasco, Montegioco (Alessandria), Olmaia (Siena) ed i bergamaschi Valcavallina ed Endorama. Ogni produttore porterà almeno tre birre, che saranno
spillate direttamente offrendo quindi una mescita a regola d’arte (fondamentale per la qualità Ànale della bevanda) e l’opportunità di incontrare chi con entusiasmo e professionalità si dedica a questo lavoro. Ospite speciale sarà il Moder Lambic, nome che identiÀca due locali a Bruxelles di assoluta eccellenza mondiale, con una selezione delle sue eccezionali birre. In totale sarà possibile degustare una trentina di birre, servite in bicchieri di vetro per non appiattire aromi e sapori. Il pagamento degli assaggi avviene in gettoni (1,5 euro per 15 cl). Ogni serata sarà accompagna dal rock anni Ottanta e da un servizio di ristorazione. Domenica
29 GIUGNO – 1 LUGLIO ci si potrà sedere “A pranzo con i birrai” con un menù che abbina portate e birre al costo di 30 euro, mentre la sera, dopo il dj set, si potrà seguire la Ànale degli Europei su maxischermo. Saranno inÀne elette le migliori birre del festival con un concorso popolare e con le valutazioni di una giuria ufÀciale. www.obf.bg.it
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AZIENDE Dai casoncelli ai rustici, dai ravioli agli scarpinocc, tutte le paste dell’azienda di Verdello nascono da un’attenta scelta sul mercato. Il titolare, Garay: “I costi di produzione sono alti, ma ne vale la pena”
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Raviol Jolly, quando la materia prima fa la differenza a qualità innanzitutto. È il motto del ravioliÀcio Raviol Jolly snc di Verdello, azienda a conduzione familiare fondata nel 1998. Josè Garay è il dinamico patron di origine argentina, responsabile della produzione e della ricerca delle materie prime. Lo aiutano la Àglia Laura e la dipendente Yolanta. La moglie, Rosalba Mariani, bergamasca, è la contabile del gruppo, ma non manca di offrire i propri suggerimenti per nuove ricette ed impasti creativi. Nascono così prelibatezze come i casoncelli su fonduta al bagoss e pesto grosso di frutta secca, i rustici di bresaola e radicchio rosso o i casoncelli con salsiccia sgranata e scarola. “Noi - precisa Garay - cerchiamo di limitare al minimo indispensabile l’uso del pangrattato. È un espediente molto utilizzato nella produzione di paste ripiene. Quanto più pane si utilizza tanto meno prodotto “nobile” e, quindi, più costoso si deve impiegare. Nel nostro caso, invece, la farcitura si apprezza in tutta la sua fragranza. Se si tratta di tortelli al salmone, il gusto del pesce fresco emerge immediatamente,
senza compromessi o utilizzo di aromi artiÀciali. Lo stesso discorso - aggiunge Garay - vale per i ravioli ai funghi porcini e, in particolare, per i ripieni, alla formagella della Val Cavallina, al Branzi della Valle Brembana, allo Strachitunt della Valta Valtaleggio, con la valorizzazione zzazione dell’autentico patrimonio caseario aseario della valli bergamasche”. È questo il frutto, dicono cono in azienda, di un’accurata urata selezione delle materie aterie prime, spesso acquiuisite da piccoli produttori che valorizzano il territorio bergamasco e la sua ricchezza gastronomica. Il risul-tato è appunto una a Josè Garay con la moglie Rosalba Mariani e la figlia Laura
“La Ge’ Ge’ Pesca”, da oltre 50 anni sulla cresta dell’onda Correva l’anno 1957 quando Santo Gavazzi decise di fondare “La Ge’ Ge’ Pesca”, ditta individuale. Legò l’inizio della propria storia al territorio con l’apertura di un piccolo punto vendita a Lallio. Con il passare degli anni, supportato dai Àgli, grazie al forte impegno, alla velocità decisionale, alla forte propensione imprenditoriale e alla capacità di scegliere e formare i propri collaboratori, Santo ha via via consolidato la sua creatura. Negli anni 70-80, lo sviluppo dei mercati e l’apertura di un punto vendita in centro a Bergamo hanno contribuito a far crescere la clientela e a far conoscere il brand aziendale in tutta la provincia,
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tanto da rendere indispensabile - all’inizio degli anni Novanta - l’apertura di un grande magazzino in via delle Industrie, sempre a Lallio. Qui l’azienda individuale s’è trasformata in società in nome collettivo, permettendo alla “Ge’ Ge’ Pesca” di diventare una delle imprese bergamasche leader nell’approvvigionamento e distribuzione di prodotti ittici da e per i paesi più accreditati del settore, mantenendo nello stesso tempo standard di qualità elevati, frutto di continue selezioni di fornitori e corsi di formazione per i suoi dipendenti, pronti sempre a nuove sÀde e traguardi. È a questo punto che “La Ge’ Ge’ Pesca
SI CONSOLIDA LO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ LEADER NEL COMMERCIO ITTICO FONDATA A LALLIO DA SANTO GAVAZZI snc” espande la propria rete di vendita in tutta la regione, approdando con decisione nel mercato milanese. Qui, grazie al servizio puntuale (più di 10 furgoni di proprietà quotidianamente fanno la spo-
giugno 2012 RAVIOL JOLLY via Fantoni 8 - Verdello tel. 035 4810291 - www.ravioljolly.it
gamma molto ampia che spazia dalle paste fresche all’uovo agli gnocchi, alle paste ripiene della tradizione che comprendono i consonsei de la Bergamasca, i caserecci della nonna, gli scarpinocc, i quadrotti di formaggio strachitunt e i rafÀnati tortelli “pere e grana”. Sono classiÀcati come “le specialità della casa” i ravioli di zola e noci, i quadrotti “orto di mare” con zucchine e gamberetti e le lunette ai carcioÀ e prosciutto crudo. Tutta la produzione è sottoposta ad un procedimento di pastorizzazione che garantisce la salute del consumatore senza alterare minimamente le caratteristiche organolettiche delle specialità alimentari. Anche durante la fase del trasporto, le paste, lisce e ripiene, sono mantenute a temperature appropriate per garantirne l’integrità igienico-sanitaria Àno alla consegna. “La scelta di puntare sulla qualità - annota Garay - comporta un costo di produzione che rende difÀcile l’accesso alla grande distribuzione. Le catene di supermercati privilegiano il prezzo ridotto all’osso, che mal si concilia con l’eccellenza degli ingredienti impiegati. Il nostro obiettivo non è tanto quello di aumentare ad ogni costo il fatturato ma privilegiare la qualità. La nostra è una realtà artigianale dove non esiste una produzione standardizzata, ma tutto è frutto di continue sperimentazioni e prove per assecondare i gusti della nostra clientela”. Che comprende ristoranti e gastronomie, ma anche privati che possono fare acquisti allo spaccio annesso ai reparti di produzione. “Piuttosto che cedere alle lusinghe dei facili guadagni - conclude Garay -, preferiamo continuare sulla nostra linea, certi che alla Àne l’impegno e la passione ripagano sempre tutti gli sforzi profusi”.
la tra Bergamo e Milano) l’azienda fa il suo ingresso nell’alta ristorazione e nel gotha della città. Nel 2005 avviene l’ulteriore trasformazione in società a responsabilità limitata e la denominazione cambia in “La Ge’ Ge’ Pesca di Gavazzi Santo & C srl”. Per celebrare l’avvenimento viene aperto un punto vendita per privati e grossisti adiacente al magazzino di Lallio. Il progetto imprenditoriale - costruito dal management aziendale che nel tempo Santo, ed ora Stefano e i suoi fratelli ha raccolto attorno a sé - ha preso come immagine un marchio che racchiude il “credo” aziendale: “Ovvero - spiegano alla “Ge’ Ge’ Pesca” - affrontare il mercato globale che il mondo impone senza perdere di vista l’enorme proprietà salutistiche e varietà della nostra cultura gastronomica, legata da sempre alla qualità e alla molteplicità dei prodotti ittici nazionali”. VIALE DELLE INDUSTRIE 18 Lallio - tel. 035 200312
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MONTAGNE DI GUSTO
ALTA VALLE SERIANA, IN 24 LOCALI C’È IL MENÙ DEL MINATORE In alta Valle Seriana, giugno è il mese del minatore. Il Distretto del commercio “Asta del Serio” (che interessa i comuni di Valbondione, Gandellino, Gromo, Valgoglio, Villa d’Ogna, Ardesio, Oltressenda Alta, Premolo ed Oneta) e Promoserio hanno lanciato il progetto “Alla scoperta del sottosuolo seriano”, che afÀanca alla promozione delle sue miniere e grotte la possibilità di gustare in 24 locali un menù tipico al prezzo davvero invitante di 15 euro. Il calendario prevede visite guidate alle miniere di Lizzola tutti i sabato e le domeniche di giugno (un percorso di due ore al costo di 7 euro a persona), mentre domenica 24 è possibile anche partecipare alla visita guidata Büs di Tacoi, spettacolare
21 LUGLIO
CASCATE DEL SERIO IN NOTTURNA, CON CAMMINATA GASTRONOMICA L’appuntamento riscuote sempre grande successo e quest’anno raddoppia. Sono infatti due i percorsi previsti per la quinta edizione di “Cascata tra notte e gusto”, la camminata enogastronomica che accompagna lo spettacolo dell’apertura notturna delle cascate del Serio, in programma sabato 21 luglio. L’itinerario più facile è di circa 3 ore con partenza nel primo pomeriggio da Valbondione (per un massimo di 1.200 partecipanti); la seconda opzione è di difÀcoltà media (circa 3 ore e mezza con partenza da Lizzola alle 10, per un massimo di 300 persone, età minima 12 anni). In entrambi i casi sono previste tappe per gustare prodotti e piatti tipici dall’aperitivo al caffè. Il menù varia a seconda del percorso, si possono trovare casoncelli o polenta, strinù (cotechini alla brace) e formaggio, il dolce o un assaggio di formaggi, senza dimenticare l’immancabile pane e salame e la frutta. L’apertura della diga (dalle 21.30 alle 22) sarà preceduta e seguita da un concerto e accompagnata dai fuochi d’artiÀcio. La quota di iscrizione è di 22 euro (17 euro per i bambini Àno a 12 anni). Il regolamento ed il modulo di iscrizione sono scaricabili dal sito www.turismovalbondione.it. Le cascate saranno aperte, in diurna, anche le domeniche 24 giugno, 19 agosto, 16 settembre e 7 ottobre.
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GIUGNO
grotta carsica in territorio di Gromo (80 euro a persona per un massimo di sei partecipanti). Non è comunque necessario percorrere cunicoli o calarsi in una grotta per approÀttare dell’offerta gastronomica, che comprende primo, secondo, dolce, acqua, vino e caffè. Casoncelli, polenta, salumi e formaggi locali sono tra i piatti più presenti nei menù, ma non mancano risotti, paste fresche fatte in casa, coniglio, arrosti, brasati, selvaggina e funghi. E pure qualche chicca ancora più tradizionale come il “parùcc”, un’erba spontanea, la polenta “cùsa” o la Maiasa per dolce. La prenotazione è sempre gradita. Info: www.comturserio.it o www.valseriana.eu
FINO ALL’8 SETTEMBRE
SERATE TRA CUCINA E FILM NEI RIFUGI BERGAMASCHI
L’estate sulle montagne bergamasche è all’insegna del gusto anche con la seconda edizione di “La buona cucina sale in vetta”, rassegna che ha preso il via il 16 giugno e che ogni sabato, Àno all’8 settembre, propone una serata di gastronomia tipica al prezzo speciale di 25 euro, a rotazione nei 20 rifugi che partecipano alla manifestazione. La cena comprende antipasti, primi, secondi, dolce, caffè e vino, mentre per chi preferisce fermarsi la notte il pacchetto composto da cena, pernottamento e prima colazione costa 40 euro. Partecipano i rifugi Albani, Alpe Corte, Baroni al Brunone, Calvi, Coca, Curò, Gherardi, Laghi Gemelli, Longo, Tagliaferri, Barbellino, Benigni, Capanna 2000, Chalet dell’Aquila, Cimon della Bagozza, Rino Olmo, Valle del Drago, Vivione, Grassi e Al Cardeto. Novità di quest’anno sono tre serate di proiezioni cinematograÀche all’aperto (se il tempo lo permetterà) con la partecipazione di Lab80 nell’ambito del progetto “Il Grande Sentiero”, che porta in primo piano le sÀde dell’uomo alla natura, ma anche il rapporto con l’ambiente e con comunità lontane e sconosciute. Gli appuntamenti sono il 30 giugno al Rifugio Gherardi, il 14 luglio al Rifugio Alpe Corte e il 28 luglio al Curò. Tutte le proiezioni sono a ingresso gratuito. Il calendario su www.orobie.it (sezione Orizzonte Orobie)
CANTINE
Villa, al via la nuova edizione di Sparkling Menù
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l via la decima edizione di Sparkling Menù, l’appuntamento biennale organizzato dall’azienda Villa Franciacorta, che ha l’obiettivo di promuovere la cultura del Franciacorta a tutto pasto, grazie alla sinergia con il mondo della ristorazione. La novità per questa edizione è la possibilità di elaborare un menù completo in abbinamento alle diverse tipologie di Franciacorta Millesimati Villa; mentre Àno oggi il cuoco o lo chef poteva esprimersi con una sola tipologia. Nel corso di ogni tappa, una giuria qualiÀcata valuterà sia le portate che l’attenzione data al servizio e all’accoglienza. Al termine delle tappe verranno selezionati i quattro locali Ànalisti e il rispettivo piatto “Sparkling”. Tali locali avranno accesso alla Ànale, che si svolgerà a settembre 2013 presso
l’azienda in occasione del Festival del Franciacorta. In quella occasione verrà proclamato il vincitore assoluto della X Edizione Sparkling Menù. La prima tappa del concorso enogastronomico si è tenuta il 20 giugno alla “Nuova Trattoria Dac a Trà” di Castello Brianza (Lecco), locale dove tradizione, genuinità, innovazione sono mixati con mano accorta dallo chef Stefano Binda. Un locale eclettico che accoglie l’ospite con inusuali contrasti di forme e colori, sorprendendo per l’atmosfera contemporanea e l’informale raffinatezza dell’ambiente. La seconda tappa, il 27 giugno, sarà all’Agorà EnoRestaurant di Prato, che offre un connubio perfetto tra cucina della tradizione toscana, in parte rivisitata, ed una cantina ricercata, accurata e capace di soddisfare tutti i pala-
ti, dai più esigenti a chi cerca etichette meno blasonate ma qualitativamente eccezionali, selezionate dai due proprietari Andrea e Marco Boretti entrambi sommelier.
Risling Renano, Travaglino convincente L’Associazione Valle del Riesling è nata nel 2007 per volontà di alcuni produttori storici dell’Oltrepò Pavese allo scopo di valorizzare un territorio ben deÀnito (che comprende oltre al comune di Calvignano anche Montalto Pavese, Oliva Gessi, parte di Casteggio, Mornico Losana e Rocca de Giorgi) dove, tradizionalmente, il vino Riesling esprime un’eccellente qualità. Tra le aziende che spiccano in questo ambito, c’è la Travaglino di Calvignano, che in questi anni si è ritagliata uno spazio sempre più ampio grazie alla costante attenzione alla qualità, dalla vigna alla cantina. “Il Riesling è una delle massime espressioni del vino bianco nel mondo - afferma Fabrizio Maria Marzi, direttore ed enologo dell’azienda pavese - e sta entran-
do sempre più nel cuore della gente. La Travaglino ha cominciato da subito a credere in questo vitigno, anche grazie ad un’accurata zonazione del terreno, che ci ha permesso di veriÀcarne le caratteristiche e di intuirne le potenzialità”. Ottenuto da Riesling Renano al 70% e Italico 30%, il Campo della Fojada di Travaglino ha colore pieno dorato dai brillanti riÁessi verdi, una complessità gusto-olfattiva decisamente importante con note erbacee fruttate e minerali. Al gusto strutturalmente importante spiccano sensazioni calde morbide ed avvolgenti su un retrogusto piacevolmente fresco. Ottima la P.A.I, tale da esaltare primi piatti importanti, risotto con zucca e gorgonzola mantecato al balsamico, preparazione a base di pesce in salsa, crepes di cipolle tropea e mela annurca.
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LA LEZIONE
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Dalla spesa al riciclo degli avanzi, i segreti per cucinare senza sprechi el pane raffermo, dello yogurt aperto, mezzo cipollotto, una costa di sedano sembrano non avere scampo nelle cucine moderne, dove lo spazio riservato “all’umido” è colmo, sempre più, di alimenti ancora mangiabili. Gualtiero Villa, chef della scuola di cucina Teatro 7 di Milano, non ci sta a questa cattiva abitudine, soprattutto in questo periodo di crisi, nel quale ogni risorsa dovrebbe essere utilizzata al meglio. «Nessun freno alla fantasia, tutto è riciclabile, l’importante è guardare agli ingredienti avanzati dalla preparazione di un piatto – svela lo chef durante uno show cooking di Taste of Milano, l’evento enogastronomico che si è tenuto all’ippodromo di San Siro nel maggio scorso - come fossero la base per altri gustosi piatti». La prima buona norma anti-spreco è il saper fare la spesa. «Occorre partire organizzati, avendo ben in mente cosa ci serve. Seconda regola, non si va al supermercato quando si ha fame, per evitare di prendere una serie di alimenti, in eccesso, che rispondono all’esigenza del momento piuttosto che a una buona economia domestica – spiega Villa -. Terzo, meglio lasciare la frutta e la verdura per ultimi, per concentrarsi meglio sul loro acquisto. Quarto, tutti gli alimenti deperibili, compresi carne e pesce, andrebbero acquistati giornalmente: le scorte settimanali sono quelle che, più di altre, aumentano la percentuale di spreco».
Ma per chi ha poco tempo e non riesce a seguire queste buone norme comportamentali, c’è una soluzione: l’arte del riciclo in cucina. Come? «La prima indicazione per riutilizzare gli avanzi è quella di renderli gradevoli per una seconda preparazione. Le dimensioni regolari aiutano enormemente in questa operazione – racconta Villa –, che dà linearità e pulizia al piatto. Se ho del pane raffermo, ad esempio, lo posso riutilizzare come elemento croccante in un’insalata. Ne elimino la crosta, lo taglio a cubetti regolari, facendolo tostare in una padella con dell’olio e, voilà, il gioco è fatto. Prendo il cavolo cappuccio del giorno prima, lo taglio a fettine sottili, ci aggiungo un goccio di sale, dell’olio, dello yogurt bianco e guarnisco il tutto con i crostini». E la bacca di vaniglia avanzata dalla preparazione di una torta, come entra in un gustoso antipasto? Niente di più semplice che tagliarla longitudinalmente, estrarne i semi ed aromatizzare il sale che potrà essere utilizzato per condire l’insalata o per una qualunque altra preparazione aromatica. Ma gli esempi possono continuare all’inÀnito: dal pollo rimasto si possono fare delle gustose crocchette, dal pandoro natalizio si possono creare degli zuccotti, mentre gli spaghetti del giorno prima possono diventare una sÀziosa frittata. Bando agli sprechi, via di fantasia. g.tal.
IN VACANZA
Al “Resort & SPA Le Dune” 10 ristoranti per un festival di sapori
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el Nord Sardegna, in Gallura, lungo la costa che dal Golfo dell’Asinara giunge ai confini del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena e della Costa Smeralda, Delphina Hotels & Resorts è presente con 8 strutture (due 5 stelle, cinque 4 stelle e un residence) che hanno la caratteristica di svilupparsi in grandi spazi verdi, direttamente sul mare. Integrano l’offerta sei eccellenti centri benessere, di cui quattro specializzati nella talassoterapia, tutti inseriti nei rispettivi hotel e resort Delphina. Tra questi il Resort & SPA Le Dune 4 stelle, esteso su un parco di 280mila mq lungo una spiaggia di oltre 8 chilometri. Il resort, tra i più completi della Sardegna, si compone di cinque hotel, 10 ristoranti, 6 piscine, parchi attrezzati per bambini, centro benessere & SPA con piscine multi getto, cabine per trattamenti di benessere e bellezza oltre ad un ricco programma di attività sportive e ricreative che costituiscono un punto di incontro tra i gusti dei grandi e dei piccoli. Tra i servizi gratuiti, la scuola di vela e l’uso di catamarani, canoe, campi da tennis, tiro con l’arco, campo da calcetto, pallavolo, balli e tornei. Il Resort dispone di uno staff di professionisti che si prende cura, per 6 giorni alla settimana, dei bambini dai 18 mesi in su con uno specifico programma di attività per il tempo libero. A loro disposizione spazi aperti e coperti come il Villaggio Fantasia, uno spazio di circa 10.000 mq tra dune di sabbia e ginepri, o ancora il castello Duneland con laboratori creativi, area giochi e cinema, ma anche corsi e tornei di catamarano, arco, calcetto, beach volley, basket, ten-
nis, biberoneria disponibile 24 ore o la saletta ristorante “Peter Pan” per stare tutti assieme con gli amici animatori, aperta anche a cena per i più piccini. Con l’arrivo della nuova stagione, il Resort & SPA Le Dune amplia ulteriormente la sua offerta per rispondere alle rinnovate esigenze dei suoi ospiti, anche a quelle dei viaggiatori junior: un nuovo parco giochi nella piazzetta centrale, una piscina per bambini con giochi d’acqua o ancora l’Orto Biologico e la Voliera, un percorso educativo per scoprire la natura e imparare giocando. Al “Peperone Orto Biologico” i bambini potranno fare la scoperta delle piante mediterranee osservando e curando le varie fasi dal seme al frutto. Alla grande voliera invece sarà possibile osservare i coloratissimi pavoni, le anatre, la crescita dei pulcini oppure raccogliere le uova fresche che, assieme agli ortag-
gi, verranno poi consumati al ristorante “Peter Pan”. Tra le novità per il 2012 anche una ristorazione più ricca con scelta tra 10 ristoranti per provare ogni sera nuove specialità culinarie. Non resterà che scegliere se inaugurare il nuovo Ristorante Etnico “Il Pomodoro”, con cucina indiana, messicana, spagnola o se prediligere la tradizione isolana nel Ristorante Tipico Carrimbanca o gustare freschissime grigliate di pesce nel Ristorante Lo Scorfano. Per una serata informale il Ristorante Vegetariano Fico d’india o il Ristorante Li Junchi con pizze dal forno a legna, spaghetti e gelati. Oppure perché non trascorrere una serata indimenticabile nell’elegante Ristorante Romantico, a lume di candela e premuroso servizio al tavolo? www.resortledune.com
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina
Capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche manngiare da soli può essere piacevole.
I bucatini di Kamut al guanciale INGREDIENTI PER 1 PERSONA 80 g di bucatini 1 fettina di guanciale 20 g circa di pecorino romano grattugiato pepe macinato sale
PREPARAZIONE Portare ad ebollizione una pentola con abbondante acqua e nel frattempo tagliate il guanciale a tocchetti. Quando l’acqua comincia a bollire, aggiungete il sale e cuocete la pasta Àno alla cottura desiderata. Mettete il guanciale in una padella sul fuoco basso e fatelo sciogliere lentamente. Una volta sciolto, versate nella padella la pasta senza scolarla del tutto (lasciate insomma un residuo di acqua di cottura), aggiungete il pecorino grattugiato e mescolate il tutto per qualche secondo sul fuoco. Impiattate la pasta, spolverizzate con pepe nero macinato e mescolate ancora per qualche secondo. CURIOSITÀ Da un po’ di tempo preferisco consumare pasta di kamut rispetto a quella “tradizionale”; il suo gusto rustico e deciso, ma al tempo stesso delicato, non stanca mai e regala piatti sempre gustosi se combinato con sughi a base di carne o di pesce. Non dimentichiamo poi che il kamut è il cereale con l’apporto nutrizionale più completo poiché contiene preziose sostanze nutritive essenziali per la salute dell’organismo. Molto digeribile, è fonte di proteine, vitamine (come la vitamina E), minerali (come magnesio e zinco) e di selenio, oligoelemento antiossidante che combatte i danni cellulari causati dai radicali liberi. Qualcuno è convinto che l’eccezionalità del kamut derivi dal suo patrimonio genetico, considerato che è rimasto inalterato da millenni; il kamut infatti non è mai stato sottoposto a manipolazioni genetiche, selezioni o incroci varietali, aspetto che non è da sottovalutare in un periodo in cui molti alimenti sono trattati e manipolati spesso in maniera “selvaggia”. In vendita nei negozi che commercializzano prodotti biologici, ormai la pasta kamut è disponibile anche sugli scaffali dei supermercati in varie forme: spaghetti, pennette, fusilli e orecchiette. Per questo piatto prediligo la pasta lunga, come gli spaghetti, che si unisce meravigliosamente con il guanciale sciolto, ma è davvero una questione di gusti. E a proposito di guanciale: molti storcono il naso a sentir parlare della carne del maiale perché la considerano troppo grassa. È certo molto proteica, ma se consumata con intelligenza, è un alimento coerente con una dieta equilibrata e sana. Doveroso però aggiungere che il piatto proposto non è consigliato a chi soffre di colesterolo e gotta e per chi è soggetto all’ipertensione. In questi casi è meglio optare per piatti alternativi, sempre gustosi, ma più salutari per il proprio benessere. “Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”, era solito ricordare Ippocrate, una massima che dovrebbe sempre caratterizzare la nostra alimentazione.
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Agriturismo
LE RONDINI
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Cucina tipica bergamasca con pasta fresca fatta in casa e carni del nostro allevamento. Dispone di un’ampia sala per banchetti e cerimonie. Aperto dal giovedì alla domenica. E gradita la prenotazione.
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