Affari di gola - maggio 2009

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maggio 2009

Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 21 maggio 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Baiocco, lo chef innamorato delle erbe FOCUS

IL PROSCIUTTO

LA GUIDA

LA SCOMMESSA

Carne bovina, anche Bergamo alleva eccellenze

Ardesio, il “Botto” punta sui maiali allo stato semibrado

Tre locali per godersi una serata al lago

Albino capitale lombarda del latte d’asina



Bergamo 137, o Palazzo via Borg egna S.r.l. - € 2,60 ce: La Rass Bergamo - Editri Bergamo a 1, DCB 137, nsab zoile Palaz art. 1, comm ore respo dirett via Borgo /2004 n. 46) S.r.l. Ruggieri L.-27/02 € 2,60 Rassegna Giuseppe mo (conv. in o 2009 - ce: La353/2 DCB Berga 1, 003 19 marzile - Editri ” del le - D.L. comma responsab egna ore nto Posta Rass 46) art. 1, dirett “La ieri name deRugg /2004 n. 10 Abbo n. in 27/02 ppe al L. nto izione . in Sped (conv 2009 - Giuse . - 003 Suppioleme S.p.A 353/2 21 magg Italia D.L. -ne Poste egna” del Postale de “La Rass in Abbonamento to al n. 19 izione Supplemen e S.p.A. - Sped Poste Italian

marzo

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MAGGIO 2009

SOMMARIO 5

PENNA ALL’ARRABBIATA Il polverone di “Striscia la notizia”? Speriamo sia una scossa salutare

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FOCUS Carne bovina, anche Bergamo alleva eccellenze

VISTA L’INTER OMMESSA ZE LA SC“Così TENDENA Frosio: ca atori pitale GUIDno rò i ristor LA co ideino guAlb rda ” De llaali di vino ba sc ll’A omd’asina loc delom ndite Tre le ve del latte et godersi o pe viar intern a al lag rat se una

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ACCADEMIA DEL GUSTO Baiocco: «Amo le erbe, ma non condanno la cucina chimica»

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NEWS Ad Albino la scommessa sul latte d’asina

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IL PROSCIUTTO Il “Botto” di Ardesio punta sui maiali allo stato semibrado

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IL RISTORANTE Taverna Valtellinese, formula vincente non si cambia

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GIOVANI CHEF Bolognini:“Tecnica e creatività per dominare la cucina”

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LA GUIDA Tre locali per una serata “gustosa” sul lago d’Iseo

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IL CLIENTE MISTERIOSO Carmen, il delizioso B&B della signora che soffre il “mal di terra”

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ATTREZZATURE Iannucci (Acomag): «Così aiutiamo i gelatieri a essere più creativi»

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Pubblicità: S.P.M. srl viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Maurizio Ferrari, Francesca Pagnoncelli Folcieri, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI 4R, Agripromo, Ascom, BF impianti frigoriferi, Bongiorno, Gaspac, Gelateria la Mimosa, Il Cipresso, Punto Ristorazione, Ros, Speal, Vini Valoti.


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Affari di Gola marzo 2009

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

LA COPERTINA

L’Accademia del Gusto scopre la “cucina dell’anima”

LA COPERTINA

Note di Gusto, che boom! Ristoranti pieni

NOTE DI GUSTO

FOCUS

DALLA A ALLA Z

RANICA

L’APPROFONDIMENTO

LA NOVITÁ

TENDENZE

L’INTERVISTA

In 16 ristoranti chi mangia in coppia paga la metà

Vino sfuso, fenomeno in crescita

Vizi e virtù dei formaggi bergamaschi

Il campione: “Così nasce un dolce di successo”

Salame bergamasco, Agripromo lavora al distretto suinicolo

Dalmine lancia il “pranzo al chilo”

Decollano le vendite di vino via internet

Frosio: “Così guiderò i ristoratori dell’Ascom”

Affari di Gola

Olio d’oliva, nasce la Cooperativa dei produttori bergamaschi

LO CHEF

PENNA ALL’ARRABBIATA LA GOLOSITÀ FOCUS

FOCUS

IL PROSCIUTTO

LA GUIDA

LA SCOMMESSA

Scabin, l’estro e la creatività in cucina

Non rovinateci la gioia di un buon bicchiere

Carne bovina, anche Bergamo alleva eccellenze

Ardesio, il “Botto” punta sui maiali allo stato semibrado

Tre locali per godersi una serata al lago

Albino capitale lombarda del latte d’asina

ABBONAMENTI

Valcalepio, la Gdo “divide” i produttori

per informazioni tel. 035 4120304 Abbonamento annuale 22,00 (10 numeri) Modalità di pagamento Assegno bancario intestato a: “La Rassegna S.r.l.” non trasferibile

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Baiocco, lo chef innamorato delle erbe

Agricoltur@mica.bg, i piccoli formaggi vanno in rete

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IL PROGETTO

Compilare e inviare il tagliando alla redazione, allegando l’assegno o copia del bonifico:

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maggio 2009

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Supplemento al n. 14 de “La Rassegna” del 16 aprile 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

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Supplemento al n. 6 de “La Rassegna” del 19 febbraio 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

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aprile 2009

Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 21 maggio 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

febbraio 2009

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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

Il polverone di “Striscia la notizia”? Speriamo sia una scossa salutare

T

empi grami, care amiche e cari amici golosi, per la ristorazione italiana. Un autentico polverone, in queste ultime settimane, l’ha sollevato “Striscia la notizia”, bravissima, a nostro avviso, nell’individuare un argomento sensibile all’attenzione dei più. Gli inviati di Antonio Ricci sono partiti dapprima alla carica della “cucina molecolare”, prendendosela con Ferran Adrià e con i suoi additivi chimici, per poi sferrare attacchi incrociati a questa e a quella guida gastronomica e terminare in bellezza (per ora) con lo scandalo del latte delle mozzarelle pugliesi. Andiamo con ordine. Il passo dalla critica alle sperimentazioni in cucina fino alla fucilazione alla schiena di celebri guide è stato veloce e perfino prevedibile: personalmente trovo che uno scossone all’ambiente possa essere soltanto salutare e che sia profondamente giusto che le recensioni ai ristoranti vadano redatte solo da persone qualificate, preparate, anonime e veloci nel pagare il conto. Vedo già molti ristoratori scompisciarsi dalle risate e questo, dovete ammetterlo, non è un bellissimo segnale. Scoprire il pentolone e sperare in un’aria più fresca è dunque operazione da applaudire senza remore: il pericolo è che questo tutti contro tutti possa diventare alla lunga dannoso creando disorientamento nei lettori, nostri e delle guide. Diciamolo con franchezza: la nostra ristorazione deve molto alle guide che, negli anni, sono state uno stimolo a cucinare sempre meglio e ad innalzare la proposta qualitativa delle pietanze e dei servizi. Abbiamo però il terribile sospetto che, esaurita in fretta questa fase propedeutica, il business abbia intaccato quello che di romantico potevamo leggere tra la descrizione di un piatto e l’esaltazione di un abbinamento enologico. L’industria alimentare, in tutte le sue sfaccettature, si è presentata sulle pagine delle guide con sempre maggiore aggressività e ad un certo punto non s’è più

capito se lo sponsor fosse un papà affettuosamente vicino o un patrigno pronto a succhiarti il sangue. In questo valzer turbinosamente vischioso si sono sporcati le mani un po’ tutti, dai critici poco (o per nulla) corretti ai ristoratori che facevano finta di non sapere e adesso rilasciano dichiarazioni di fuoco: come spesso accade, alle nostre latitudini, un’equilibrata via di mezzo pare non sia prevista. Prevediamo che la faccenda lascerà sul campo un sacco di morti e feriti, e non è detto che questo sia un male: certo, bisognerà che ognuno faccia chiarezza, soprattutto con sé stesso, altrimenti sarà una vicenda destinata a non lasciarci eredità d positiva alcuna, e questo, franp ccamente, più che un peccato, ssarebbe un’occasione perduta malamente. m Da campane a martello, poi, D un’altra inchiesta di “Striscia” u (ma solo Ricci e compagnia si possono muovere con acume e p tempestività?), stavolta firmata da Fabio e Mingo, che hanno scoperto, dietro denuncia degli Murgia, che molti caseifici che produallevatori della Murgi cono la Mozzarella di Gioia del Colle, un’eccellenza da esibire al mondo intero, adoperano latte che arriva anche dalla Germania. Come se il ripieno degli Scarpinòcc provenisse da Campobasso. Stèss. Nanni Moretti direbbe, con voce sfiduciata:“Andiamo avanti così, facciamoci del male !” Ovviamente in Francia, nostri competitors da sempre, sono in altre faccende affaccendati: Sarkozy, per contrastare la crisi nei ristoranti, dal primo luglio abbasserà l’Iva dal 19,6 al 5,5 per cento. La ristorazione italiana, che da una vita, insieme agli albergatori, chiede un intervento analogo per allinearsi sui coefficienti di altre nazioni europee, spera che il nuovo ministro Michela Vittoria Brambilla, si faccia portavoce dell’istanza e porti a casa il risultato. Nell’interesse delle insegne e dei consumatori che, come avverrà correttamente in Francia, vedranno contenersi i prezzi nei menù. Perché è così che succederebbe anche da noi, vero?

Affari di Gola maggio 2009

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FOCUS di Laura Bernardi Locatelli

Carne bovina, anche Bergamo alleva eccellenze Piemontese, Charolaise e Limousine sono le razze più diffuse in provincia. Giudici (Apa):“Ci sono realtà che presentano elevati standard qualitativi e che praticano la vendita direttamente in azienda o al mercato”

L

a specializzazione nell’allevamento di bovini da carne nella Bergamasca non manca di annoverare produzioni agricole zootecniche di qualità eccellente, indirizzate all’allevamento di bovini da carne di razza piemontese, scottona di razza francese e vitelli da latte della classica razza Bruna. Giovanni Giudici, presidente dell’Apa (Associazione Provinciale Allevatori) di Bergamo, ha suggerito alcuni indirizzi, dalla Bassa Bergamasca alla città fino alla Val Seriana, che presentano elevatissimi standard qualitativi per alimentazione, stabulazione e benessere degli animali. “Per tradizione, in Bergamasca l’attività agricola zootecnica è indirizzata all’allevamento di vacche da latte - spiega Giudici - con la Frisona Italiana dal classico mantello pezzato nero, adattata dall’originaria vacca olandese, come protagonista: è

la razza da latte più diffusa nel mondo e la più lattifera. Ad essa è seconda per diffusione la classica Bruna alpina di montagna, da sempre impiegata per la produzione di latte da trasformare nei prodotti odotti caseari. Non mancano, tuttavia, allevatori specializzati nell’allevamento di bovini da carne, che hanno scelto razze particolarmente pregiagiate, come la piemontese, laa Charolaise e la Limousine, e, adattate nel territorio”. Ecco indicati alcuni allevaevamenti di qualità che praticano ano la vendita diretta in azienda nda e, in un caso, portano i loro prodotti sui mercati: dalla scottona ad

GLI ALLEVATORI

Azienda agricola biologica Alberti via Manvit 22- Leffe - tel. 035-731708

Alex e Sandro Alberti

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Affari di Gola maggio 2009

“Alberti”, un’azienda all’insegna del biologico

L’

azienda agricola Alberti, certificata biologica dal 2005, è un esempio di diversificazione dell’attività agricola, con allevamento di vacche da latte, bovini da carne, suini (l’unico allevamento a non rientrare nella certificazione Bio), capre e conigli. L’azienda, fortemente voluta da Sandro, impresario edile, che fin da bambino ha lavorato nell’allevamento del padre, portando ogni estate in alpeggio le vacche, è portata avanti da tutta la famiglia, dalla moglie Iole, al figlio Alex. L’allevamento di bovini da carne conta 10 esemplari di razza piemontese, introdotta con la linea vacca-vitello, 3 Blue Belga e le classiche Brune, impiegate in stalla per la produzione di latte per la successiva

trasformazione in azienda di prodotti caseari, oltre che, al pascolo, per la produzione di vitelli, macellati attorno ai 6-7 mesi. I bovini pascolano liberamente secondo natura - eccezion fatta per i mesi più rigidi - nei prati di Leffe, adiacenti all’azienda e a Bianzano ed Altino, dai 400 agli 800 metri di altitudine. Le fattrici vengono inseminate artificialmente con seme proveniente da tori selezionati dall’Anaborapi per la riproduzione. L’attenzione all’alimentazione nei mesi invernali, in stalla, è scrupolosa: fieno,foraggio e cereali certificati biologici. I bovini vengono macellati attorno ai 18-20 mesi a Cazzano Sant’Andrea e lavorati in azienda. Oltre alla vendita diretta in azienda di prodotti- da segnalare salu-


Antegnate allevata dalla famiglia Andreini, alla piemontese (con tanto di blasone della chiocciola di Slow-Food), dell’azienda agricola Angelo Santinelli di Bergamo, all’azienda biologica di vitelli da latte e vitelloni piemontesi gestita dalla famiglia Alberti a Leffe. Non mancano inoltre indirizzi, come l’Agriturismo Monte Cura ad Albino e il Ristorante Vinicio a Ranica, dove gustare piatti di carne piemontese, proveniente dai bovini allevati direttamente dai patron, rispettivamente Cristiano Cumini e Vinicio Morlotti. I numeri dell’annata agricola danno un quadro più preciso del settore: la produzione lorda vendibile del comparto carne - che pesa per il 56 per cento del comparto animale, con la restante occupata dal latte - è pari a 202.566.000 euro. L’allevamento principale resta quello suino che pesa il 53 per cento; solo il 30 per cento è occupato da quella di carne bovina, il 13 per cento da quella avicola, mentre la restante parte proviene dalla produzione di carne ovi-caprina e cunicola. Il numero degli allevamenti bovini è pari a 2.090, prevalentemente localizzati in pianura (983), mentre 281 si trovano in collina e 826 in montagna. I dati rilevano un leggero calo del numero totale di capi bovini -142.778, rispetto ai 149.462 del 2007- allevati in provincia nel corso del 2008. Resta invece sostanzialmente stabile, avendo conosciuto già l’anno scorso un incremento di circa 2.000 unità, il numero delle vacche da latte, pari a 60.321.

mi, cotechini e prodotti caseari d’ogni sorta - e di carne - vitellone piemontese, vitello, capretti e conigli - l’azienda è presente ogni sabato al mercato dello stadio, in piazzale Goisis. È possibile acquistare anche quantitativi minimi, da 5 e 10 chili, di carni piemontesi (il prezzo al chilo è di 12 euro in azienda, il prezzo lievita leggermente al mercato a 13-14 euro). L’azienda offre inoltre un servizio di consegna a domicilio nei paesi vicini.

“Andreini Marino”, a farla da padrona sono i “francesi”

D

agli anni Sessanta l’azienda agricola Andreini, fondata da Marino, è specializzata nell’allevamento da ristallo di bovini da carne francesi - noti per la particolare facilità di adattamento e acclimatamento - importati direttamente da cooperative di allevatori selezionati dalle varie regioni d’origine. Romeo Andreini, specializzato in Scienze agrarie, porta avanti l’azienda con il fratello Bruno, specializzato in Scienze e Tecnologie delle produzioni animali e con il figlio Omero, che ha seguito negli studi e nella passione per l’allevamento le orme di papà. L’azienda è organizzata in modo moderno e tecnologicamente avanzato, con attenzione particolare all’ambiente, come mostra la scelta di dotare la nuova stalla di un impianto fotovoltaico da 50 kilowatt per la produzione e la messa in rete di energia. I vitelli, di razza Charolaise e Limousine in prevalenza, ma anche Aubrac (antica razza da lavoro e da carne dei monti d’Aubrac) e Gasconne (nata da una mescolanza di bestiame spagnolo alpino ed asiatico, tipica della zona di Gascogne), vengono lasciati per un mese circa in grandi stalle d’adattamento a lettiera permanente, prima di passare nelle stalle più intensive, allevamento organizzato con una corsia centrale per l’alimentazione, box multipli in linea (con attenzione alla libertà di movimento di bovini) e corsia di movimentazione esterna. L’alimentazione è totalmente auto-prodotta in azienda: 70 ettari di terreno sono dedicati alla coltivazione di foraggio e mais, utilizzato come trinciato e insilato, trasformato direttamente in azienda. I bovini vengono macellati attorno ai 16-18 mesi. Dallo scorso dicembre l’azienda affianca alla rete commerciale, la vendita diretta, proponendo l’acquisto di pacchi famiglia, dal quantitativo minimo di venti chili, di scottona, venduta al prezzo competitivo di 8 euro al chilo. L’azienda aderisce al progetto di Coldiretti “Agricoltur@mica”, sostenuto dalla Camera di Commercio: un’iniziativa abbracciata dalle aziende che intendono proporsi al consumatore in modo aperto e trasparente, garantendo la qualità delle produzioni, la loro tracciabilità, ma anche la loro storia e la loro cultura. Azienda agricola Andreini Marino Cascina Ortaglie Antegnate tel. 0363-905099

Omero Andreini

Affari di Gola maggio 2009

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Angelo Santnelli

Santinelli, qui a vincere è la filosofia di Slow Food scrupolosamente al disciplinare che bandisce Ogm e insilati dall’alimentazione. Nel 1998 ha convertito l’azienda di famiglia, fondata da papà Pieramabile nel 1968 che tuttora lavora in azienda, specializzata nell’allevamento di vacche da latte, in difficoltà per le “famigerate” quote, abbracciando l’iniziativa del collega-veterinario Sergio Capaldo, presidente e fondatore de “La GranColognola Angelo Santinelli, da”, presidio Slow-Food della razza veterinario, ha scelto la via di piemontese, con sede a Fossano, in Slow-Food, aderendo al program- provincia di Cuneo, che raggruppa ma dell’Associazione “La Granda” 65 allevatori.Angelo Santinelli, unico per il rilancio degli allevamenti di bergamasco ad aderire al programbovini di razza piemontese, allevati ma, con le prime fattrici piemontesi con tutti i sacri crismi, attenendosi iscritte all’Anaborapi (Associazio-

A

ne nazionale allevatori di bovini piemontesi) ha dato vita alla linea vacca-vitello: tutti gli animali nascono e vengono ingrassati in azienda. I bovini - come gli altri animali dell’azienda: equini, galline e conigli - sono allevati in ampi spazi con particolare interesse al benessere. I vitelli, fino ad otto-nove mesi vengono alimentati dalla madre, in una stalla a pavimentazione permanente, più asciutta, con accesso libero al pascolo esterno. Un ruolo di fondamentale importanza gioca l’alimentazione: fieno di erba medica, mais e orzo e fave, tutti autoprodotti - eccezion fatta per i legumi - in un autentico esempio di allevamento a chilome-

GLI ALLEVATORI-RISTORATORI

A Ranica e Albino c’è chi “produce” e serve nel piatto le prelibatezze

P

roporre in tavola carni di bovini allevati direttamente è la scelta di alcuni agriturismi - e non solo per vincoli e obblighi di legge, ma per passione - e ristoratori. Cristiano Cumini, che da dieci anni ha preso in gestione con la moglie, Raffaella Benagli, l’ Agriturismo Monte Cura ad Albino, aperto dal 1988 dalla madre, tre anni fa ha scelto di convertire l’allevamento di bovini di razza Bruna dando vita alla prima linea vacca-vitello di razza piemontese. L’alimentazione segue il disciplinare degli allevatori di bovini di razza piemontese, con foraggio e un mix di cereali, quali orzo, mais e crusca, integrati con fave. Attualmente l’allevamento conta 7 fattrici e 8 vitelli, oltre a un esemplare di Jersey (vacca rossa da latte, originaria dell’omonima isola della Manica, adattata anche in Danimarca nella versione Danish): un “capriccio” come lo definisce Cristiano Cumini, una scelta voluta per avere in azienda la migliore vacca da latte al mondo per capacità lattifere e per tenore di grasso e proteine del suo latte. I bovini vengono macellati attorno ai 18 mesi d’età; l’azienda vende direttamente la carne, visti i quantitativi minimi e l’impiego nella ristorazione, solo su prenotazione. L’allevamento diversificato - cinghiali, suini, puledri e daini - è una scelta intrapresa per poter proporre in cucina un’ampia scelta di piatti. Il locale, che si sviluppa in tre sale per un totale di 65 coperti, propone, oltre alle paste fresche semplici e ripiene della tradizione bergamasca,

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Affari di Gola maggio 2009

un’ampia scelta di piatti di carne, con inserimento nella lista anche del quinto-quarto (coda alla vaccinara, animelle, testicoli, cuore ai porcini e fegato con cipolle): dalle classiche tagliate piemontesi, alla grigliata di carne di maiale, dai grandi arrosti e brasati alla punta, dal coniglio al cinghiale in salmì. Non mancano serate dedicate al bollito misto: vera e propria apoteosi di sapori che celebra al meglio la tradizione millenaria del bovino piemontese. Vinicio Morlotti è il patron del ristorante che porta il suo nome, “Da Vinicio”, a Ranica. Da sei anni a questa parte, dopo una full-immersion nelle migliori tecniche di allevamento di bovini di razza piemontese, si dedica con passione all’allevamento, a Monte di Nese; un’attività che non esita a definire come “hobby”. La scelta di Vinicio è orientata alla macellazione di bovini in età adulta: manzi poderosi di 26-30 mesi, dalle carni particolarmente saporite. I capi vengono macellati ogni quindici giorni e proposti al ristorante, nei vari tagli, con dicitura chiara, al top della tracciabilità, con tutta la cronistoria e i dati dell’animale finito nel piatto. Quando si macella, nel menù compare il quinto-quarto: da non perdere il fritto misto piemontese, vera e propria prelibatezza e vere rarità nel panorama della ristorazione, come il polmone lessato e servito in insalata, il fegato dorato al burro e salvia o cucinato alla veneta, il cuore trifolato, la coda alla vaccinara e la testina rasata a caldo e cucinata alla piastra.


tro zero, nei trenta ettari di terreno che circonda l’azienda. Oggi l’allevamento di Santinelli conta 50 capi, tra cui 25 vacche fattrici che vengono inseminate artificialmente con il seme dei tori selezionati dall’Anaborapi per la riproduzione. I vitelloni - una ventina l’anno, la macellazione media degli ultimi tempi - vengono macellati quando raggiungono un peso di circa 600 chili, ad un’età di 16-18 mesi. L’azienda si affida esclusivamente alla vendita diretta: è possibile acquistare pacchi famiglia di carne - il quantitativo minimo è di venti chili - al prezzo di 12 euro al chilo. L’azienda aderisce al progetto Fattorie Didattiche promosso dalla Provincia di Bergamo, per far conoscere ai più piccoli le attività tipiche di un’azienda agricola zootecnica:

i bambini, accompagnati da Angelo Santinelli e dalla moglie Luisa, insegnante, alla scoperta degli animali da fattoria, partecipano alle numerose attività ricreative e ai laboratori didattici organizzati dall’azienda.

Azienda agricola Angelo Santinelli via Stezzano 63 Bergamo tel. 0354-599119

Il progetto della tracciabilità per identificare ogni capo

T

Cristiano Cumini e Raffaella Benagli

Non manca l’appuntamento rituale con i bolliti misti; grigliate con tagliate e controfiletti, cucinati in modo semplice e valorizzando una materia prima eccellente, di qualità assoluta, valgono bene un breve viaggio fuori-porta. Agriturismo Monte Cura via Monte Cura 6 Albino tel. 035-754745 Ristorante Vinicio via Gavazzeni 5 Ranica tel. 035512318

utta la filiera della carne sotto un unico controllore: è l’esempio di quanto è stato fatto dall’Associazione Produttori Carne Bovina di Bergamo che ha iniziato a costruire da sé la catena che porta dall’allevatore al punto di vendita, in prevalenza verso la Grande Distribuzione Organizzata. La grande maggioranza alleva capi da latte, circa cento produttori invece allevano animali da carne di razza Limousine oppure Charolaise. L’iniziativa, nata sull’onda degli ultimi strascichi della vicenda BSE, parte dalla certificazione e dalla tracciabilità di ogni singolo capo allevato e macellato. All’ingresso in stalla a ogni animale viene applicato un auricolare e prelevato un pezzo di cartilagine da cui viene identificato il Dna. In questo modo, attraverso la tracciabilità del DNA, il capo viene posto sotto controllo per i mesi di allevamento, macellazione, lavorazione e il finale periodo di vendita. L’Associazione, comunque, si occupa di controllare tutto

il percorso della carne: attraverso una sua società, la Co.be Società Consortile, viene gestita la macellazione e la vendita: anche i macelli e i punti vendita che aderiscono devono sottoscrivere propri disciplinari di produzione (per maggiori informazioni, si può consultare la pagina web dedicata all’associazione- con gli indirizzi degli allevamenti aderenti e dei punti vendita- sul sito della Camera di Commercio di Bergamo www.bg.camcom.it o contattare la Co.be Società Consortile, con sede in Via Leoncavallo, 8 a Treviglio 0363.301099).

Affari di Gola maggio 2009

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ACCADEMIA DEL GUSTO di Roberta Martinelli

Baiocco: «Amo le erbe, ma non condanno la cucina chimica» Nella vicina Villa Feltrinelli di Gargnano, sul Garda bresciano, lo chef stellato coltiva personalmente le piante aromatiche e i fiori per i suoi piatti. «Non mi schiero con i puristi e non disdegno determinate tecniche per partito preso. La verità è che tutto in eccesso fa male, anche il sale e lo zucchero» L’APPUNTAMENTO Per conoscere da vicino la filosofia dello chef Stefano Baiocco, Ascom Formazione-Accademia del Gusto organizza martedì 26 maggio un pranzo degustazione all’hotel Villa Feltrinelli. Il ritrovo è alle 11 alla sede della scuola, a Osio Sotto. Di qui si parte a bordo di un pullman privato. Durante il viaggio i partecipanti vengono introdotti alla cucina del ristorante. All’arrivo si potranno gustare alcuni dei piatti più rappresentativi del locale guidati dallo chef stellato “di casa”. L’ini-

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o chef stellato Pascal Barbot lo definisce «un ragazzo alla perenne ricerca del buono, del bello e della verità». Ed è solo uno di tanti apprezzamenti rivoltogli dall’alta ristorazione internazionale. Stefano Baiocco nel panorama dei cuochi emergenti italiani occupa un posto di primo piano.Anche se è molto giovane (è del ‘73) ha un curriculum da far invidia. Marchigiano di Ancona, ha lavorato con i più importanti nomi della cucina mondiale: dall’Enoteca Pinchiorri di Firenze, al ristorante di Alain Ducasse e Pierre Gagnaire a Parigi, a El Bulli di Ferran Adrià passando per Yokoama, New York, Hong Kong, Oxford dove ha accresciuto il suo estro e affinato il suo talento. Oggi è executive chef dell’esclusivo Grand Hotel Villa Feltrinelli a Gargnano sul Lago di Garda che, non a caso, nel 2007, grazie a lui, ha ricevuto la prima stella Michelin. Conosciuto per il grande amore per le erbe che si ritrovano in tutti i suoi piatti, nel periodo in cui il ristorante è chiuso se ne va in giro per il mondo a perfezionare la sua arte, a confrontar-

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ziativa è riservata ai ristoratori. Il ritorno sarà l’occasione di commentare l’esperienza e scambiare opinioni con i colleghi. La visita fa parte del calendario “Convivium di stelle”, ciclo di itinerari formativo-degustativi promosso da Ascom e Accademia del Gusto, in collaborazione con l’Ente Bilaterale alberghiero e pubblici esercizi, che prevede sette trasferte in altrettanti ristoranti stellati Michelin. Per informazioni e prenotazioni: tel. 035 4120180 – formazione@ascombg.it.

si con i grandi nomi del Gotha gastronomico internazionale. «Per imparare» – dice - e «per non somigliare ad alcuno di loro». La sua cucina è una celebrazione delle erbe officinali. Da dove viene questo suo amore per le fragranze? «Il discorso delle erbacee, del profumato, mi ha sempre appassionato. Stare fuori, raccogliere, passeggiare tra i vasi e i fiori mi stacca dal “traffico” della cucina. E poi, gli spazi che mi mette a disposizione la villa e il microclima di questa zona mi danno la possibilità di coltivare questa passione in tutti i sensi. Coltivo moltissime erbe, alcune mi interessano a livello gustativo, come i fiori di erba cipollina, altre per l’olfatto, altre ancora, come la calendula, per il loro valore estetico. Durante lo stage che ho fatto da Luis Aduriz Andoni ho visto che potevo conservarle porzionandole piatto per piatto in vasetti trasparenti. Così nulla è casuale, ogni “porzione” è già pronta». Un lavoro certosino… «Investo dalla mattina alle nove fino alle tre del pomeriggio in serra. Divi-

do erba per erba e faccio il dosaggio per ogni piatto. È una preparazione lunghissima, sì, ma velocizza l’organizzazione e mi permette di far uscire piatti calibrati tutti uguali. È una cosa che mi piace». Cosa c’è delle sue origini marchigiane nella sua cucina? «Non molto. Perché ad Ancona sono stato pochissimo avendo cominciato presto a viaggiare. È rimasto un piatto che più che a quella delle Marche appartiene alla tradizione della mia famiglia: un raviolo farcito con pomodoro arrostito e burrata pugliese. L’ho in carta dalla prima settimana che sono in Villa e non sono più riuscito a toglierlo per la grande richiesta dei clienti». Ha lavorato con Ferran Adrià, oggi al centro della polemica sulla cucina chimica. Lei che ne pensa? «Per la ricerca ci vogliono tempo, personale e anche una certa qualità. In Spagna nei grossi ristoranti hanno tantissimo personale e molti lavorano gratis: brigate di 35 persone di cui 23 sono dedicate esclusivamente alla ricerca. Così è facile. Personalmente


Stefano Baiocco

sono pronto a provare. Non dico mai no a priori. Le cose bisogna prima farle.Alcune tecniche del Bulli le posso riproporre perché le ritengo adatte alla mia clientela, altre no perché non mi piacciono o perché non sono adatte alle cose che faccio. La verità sta sempre nel mezzo. Non mi schiero con i puristi, non disdegno determinate tecniche per partito preso. La verità è che tutto in eccesso fa male, anche il sale e lo zucchero». Qual è la definizione più giusta per la sua cucina? «Pulita, netta, senza voler essere presuntuoso, direi elegante. Spero che venga fuori. Non amo mettere troppe cose sul piatto, mi piace vedere il bordo bianco». Quanto è importante la preparazione per la realizzazione di un piatto? «Moltissimo.Tanto è vero che avremmo dovuto essere via già da due ore (al momento dell’intervista erano le 16.30 passate, ndr) e invece siamo ancora qui in cucina. Stiamo impiattando da capo due piatti che non ci convincevano. Ci siamo guardati e ci siamo detti: non hanno la nostra firma, quindi abbiamo provato e riprovato. Un piatto deve essere buono e bello. Non sono di quelli che credono che conti solo il gusto». Qual è la caratteristica fondamentale che contraddistingue uno chef? «La curiosità, per tutto, non solo per la cucina. Andare in giro, rubare con l’occhio. Se uno lavora in modo pro-

fessionale, pulito, organizzato si vede anche in sala. Io da come esce un piatto capisco quanti sono in cucina, come lavorano». È per questa curiosità che quando è chiuso il ristorante, in inverno, fa stage in giro per il mondo? «Sì. Sono esperienze di vita. Si conoscono colleghi, si parlano nuove lingue, si fanno nuove amicizie e si imparano nuovi modi di cucina. Io al mio ritorno riporto tutto questo bagaglio. La creatività così viene più facilmente. Se siamo costretti a stare tutto il tempo in cucina si finisce con il credere di fare sempre bene ed è un errore». Cosa significa raggiungere la stella Michelin? «A noi non ha cambiato la vita, abbiamo sempre lavorato molto. Quello che noto con piacere è che c’è più gente che viene dall’esterno e tanti italiani che non possono fermarsi a dormire vengono per mangiare. È un riconoscimento che gratifica, ti mette in gioco, è motivo di competizione e questa è una cosa positiva. Mi rendo conto che ci sono discrepanze nelle valutazioni, ma per giudicare tutti allo stello modo dovrebbe esserci un unico giudice e anche così il giudizio varierebbe comunque dallo stato d’animo, dal momento». Quali sono i suoi progetti? «Lavoriamo in tredici persone e quando siamo a pieno regime abbiamo 25-30 ospiti. So che facciamo un bel lavoro. Mi sveglio con il sorriso e il lavoro non mi pesa. Certo, una seconda

stella mi gratificherebbe ma, anche se sembra retorico, l’importante è lavorare bene, quindi vado avanti così. Se una cosa deve arrivare poi arriva».

Il ristorante Una villa dal fascino unico, ristrutturata con mano felice e attenta. Un luogo esclusivo, frequentato da una ricca clientela internazionale. La cucina propone piatti leggeri ed eleganti, dalla forte impronta vegetale e floreale, in cui esce con prorompente vitalità tutta la passione dello chef per le erbe e i fiori. Da non perdere il piatto dell’orto, verdure in padella alle erbe e fiori accompagnati da croccante di patate, e la famosa insalata composta da 80 germogli differenti e 20 fiori eduli. Tra i dessert, irrinunciabili le crespelle di latte, d’estate accompagnate da sciroppo alla lavanda, d’inverno al rosmarino. Grand Hotel a Villa Feltrinelli via Rimembranza 38-40 Gargnano (Brescia) tel. 0365 798000 www.villafeltrinelli.com

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IL DIBATTITO di Enrico Rota

Vino, è l’ora di una nuova cultura? Enrico Rota consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com

È

ancora presto per pensare a un 2009 all’insegna della ripresa. Gli attuali segnali non ci invitano ad un ottimismo particolare e il mondo del vino non ne esce indenne. Sbagliato quindi rimanere a guardare aspettando che i tempi cambino. Non possiamo, anzi non dobbiamo rimane inerti, ed ognuno di noi deve fare la sua parte. Il mercato sempre più selettivo, premierà aziende con una radicata storia e cultura imprenditoriale. Dobbiamo allora essere capaci di percepire ed interpretare rapidamente le mutate richieste dei consumatori. Contemporaneamente, sarà necessario essere sensibili al disagio economico e alle problematiche correlate al consumo di alcool. In sintesi, siamo chiamati a delle sfide nuove, difficili ed impegnative. Abbiamo già parlato di promozione e di prezzi. Si parla poco però di progetti e nuove interpretazioni. Per farlo, abbiamo bisogno di cambiare il nostro modo di vivere il mercato, dobbiamo sostituire la nostra attuale cultura con una più dinamica e professionale. Non

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dobbiamo attendere, dobbiamo comprendere i bisogni attuali prevedendo desideri di sapori futuri. Cambiamo allora. Iniziamo a concepire vini più moderni e facili. Un grado alcolico eccessivo è molte volte dannoso. Si beve meno e si beve forzatamente. Bere bene a tavola significa dare la giusta emozione degustativa. Sono finiti poi i tempi in cui l’unico divertimento era apparire al tavolo facendo roteare i vini dentro i bicchieri per esprimere al meglio i complessi profumi, compressi magari da anni di bottiglia, o per vedere le famose “lacrime” di glicerina scendere all’interno del bicchiere. Quando si esagera si perde di vista il corretto orizzonte. I nostalgici rimarranno, certo, anche se a breve saranno messi in disparte dagli emergenti “ricercatori del bere senza tanti fronzoli. Dicevamo che ognuno deve fare la sua parte. Nella filiera del vino i produttori devono proporre vini sì affascinanti, ma anche “facili”. Raccontare, come si fa troppe volte, che solo i vini superiori ai 13 gradi sono intriganti e

potenti è come dire che solo gli uomini possono essere dei grandi chef. Troppe volte abusiamo del termine “potente” per nasconderne uno non così nobile. L’alcolicità del vino non viaggia sullo stesso binario della piacevolezza. Se fosse vero, basterebbe produrre vini molto forti e non servirebbero né dedizione né passione in campagna. Non sarebbero necessari neppure enotecnici capaci ed intraprendenti, basterebbe adottare qualche tecnica stampata su alcuni manuali. Risulterebbe superflua pure la zona di produzione: per sfornare vini alcolici non serve un territorio altamente vocato. Iniziamo ad osservare le nostre tavole e chiediamoci se a parte il prezzo, la sua alcolicità è un deterrente alla vendita. Proviamo a chiederci quanti sono i vini che abbiamo in carta tra gli 11 e i 12,5 gradi alcolici: credetemi, scopriremo qualcosa di surreale. Cambiare alcune volte, costa veramente poco. Col tempo, ci vorranno bene anche i nostri amici produttori. Costringendoli a produrre come si deve, tramite le nostre richieste generate da un nuovo modo di bere. Torneranno a riscoprire che il vino si può produrre anche senza esasperare l’alcolicità e che i pareri di consulenti importanti, che predicano certe impostazioni, anche se costano, non sempre hanno ragione. Magari, torneremo anche a vendere più vino. Sicuramente lo berremo più volentieri.


Concorso di Pramaggiore, il Cipresso in evidenza

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l 48esimo Concorso Enologico Nazionale anno, che si è da poco svolto a Pramaggiore (Venezia) nella la Sede del Palazzo Mostra Nazionale Vini, ancora in evidenza l’azienda il Cipresso di Scanzorosciate, guidata da Angelica Cuni. Hanno infatti ottenuto il diploma medaglia d’oro 2009 il Valcalepio rosso Doc Riserva “Bartolomeo” del 2005 e il Valcalepio bianco Doc “Melardo” del 2007. Il concorso di Pramaggiore rappresenta un appuntamento consolidato per le aziende, sia perché è il primo screening della migliore produzione vinicola (in particolare delle ultime annate), sia perché costituisce un elemento importante la valutazione da parte delle Commissioni d’assaggio formate esclusivamente da enotecnici.

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La Brugherata, 3 vini premiati al “Decanter Wine Awards” L’azienda vinicola bergamasca La Brugherata ha preso parte al concorso mondiale “Decanter Wine Awards 2009”, a Cranbrook, nel Kent (Inghilterra) e ha ottenuto 3 medaglie. I vini premiati sono il Doge Moscato di Scanzo 2005 Doc (medaglia d’argento); il Doglio Valcalepio rosso riserva Doc 2004 (medaglia di bronzo) e il Vescovado del Feudo -Valcalepio bianco Doc 2008 (medaglia di bronzo). Le classifiche sono state ufficializzate alla London International Wine Fair, che si è tenuta a Londra dal 12 al 14 maggio scorsi. Qui, in uno stand riservato, sono stati messi in esposizione e in assaggio tutti i vini premiati. “È un riconoscimento - sottolinea l’azienda - che ci rende orgogliosi e che va a premiare vini che a livello internazionale forse sono ancora poco conosciuti sia per tipologie che quantità, maa che sicuramente spiccano per la qualità. È un premio che sicuramente ci permetterà di far conoscere i nostri prodotti durante la nostra partecipazione, insieme al Consorzio di Tutela del Moscato di Scanzo, alla fiera Fancy Food che si terrà a New York dal 28 al 30 giugno e dove presenzieremo con uno stand”.

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di Laura Bernardi Locatelli

Ad Albino la scommessa sul latte d’asina All’azienda “La stalletta”, Mario Pucci alleva diversi capi. Clienti da tutta la Lombardia per acquistare il latte indicato come sostituto di quello materno. E ora è in arrivo anche l’onoterapia

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e proprietà del latte d’asina sono apprezzate dalla notte dei tempi. La leggenda vuole che Cleopatra, regina dell’antico Egitto, utilizzasse il latte di settecento asine per i suoi bagni di bellezza. Nella Roma dell’impero, la seconda moglie di Nerone, Poppea, si portava appresso nei suoi viaggi - come riferisce Plinio il Vecchio - mandrie di asine per le sue abluzioni quotidiane per la bellezza della sua pelle. Vezzo che venne portato avanti da altre donne di alto lignaggio, consacrate all’immortalità dalla Storia, come la sorella di Napoleone Bonaparte, Paolina. Da sempre - come si ricorda anche nelle valli bergamasche - il latte d’asina viene impiegato come sostituto del latte materno, o in tutti i casi di debilitazione o difficoltà nella crescita dei bambini. Spinto anche dai problemi di intolleranza al latte vaccino di sua figlia, Mario Pucci, ha fatto da pioniere all’allevamento di asine da latte nella Bergamasca, in Val Seriana, a Molinello di Albino, piccola frazione immersa nel verde della Valle del Lujo, realizzando “il sogno e l’idea bizzarra della produzione di latte d’asina”.“L’uso di latti di altri mammiferi in sostituzione del latte materno è una pratica che risale senz’altro ad epoche primitive spiega Mario Pucci -. Nell’antichità bisognava adattarsi con il tipo di animale disponibile, per cui a seconda delle regioni italiane o delle nazioni, si può riscontrare un uso di latti derivanti da diverse specie animali. In diverse regioni del centro-sud dell’Italia vi è la tradizione di utilizzare latti di origine equina, di asina e cavalla, e sono le regioni traino e modello per questa particolare forma di allevamento”. Un allevamento particolare, di cui non v’è traccia in Lombardia, eccezion fatta per l’allevamento bergamasco di Mario Pucci, ma che non manca di destare inte-

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resse e curiosità, come mostra il convegno dedicato al Latte d’Asina, svoltosi presso la sede della Provincia di Bergamo il 30 ottobre dello scorso anno. La “stalletta di Albino” di Mario Pucci ospita otto fattrici, cinque puledri e uno stallone, impiegato per la riproduzione. Gli animali sono allevati in modo naturale e sono lasciati liberi di pascolare nei prati verdi della Valle del Lujo. L’alimentazione è il più naturale possibile e comprende erba, fieno locale, orzo e un’integrazione di sali minerali quando necessaria. “Il benessere psico-fisico degli animali è di fondamentale importanza nel momento produttivo, quando - spiega Pucci, appassionato da sempre di etologia equina - separati i puledri, riusciamo a rubare come mungitori ciò che la somara ci autorizza a prelevare”. La mungitura delle asine è difficoltosa, essendo per natura l’animale privo di cisterna del latte, ed è un momento particolarmente delicato, tanto che, per coprire

Allo studio le proprietà antibatteriche

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Istituto Zooprofilattico di Brescia ha in corso uno studio sull’enzima liso-zim, antibatterico naturale che si trova nel latte, particolarmente presente nel latte d’asina, con un contenuto dieci volte superiore a quello vaccino, che renderebbe il latte delle somare particolarmente indicato in tutti i casi di debilitazione o come importante integrazione nelle terapie antibiotiche lunghe.


il rumore della mungitrice - una monogruppo a carrello per bovini, modificata appositamente con tettarelle in silicone per ovini e caprini - Pucci ha ormai collaudato un sistema particolare: tenere accesa la radio per le sue asine. La produzione del latte è minima: ogni asina concede solo in casi eccezionali 3 litri al giorno - le mungiture quotidiane variano da tre a cinque - limitandosi a lasciar “rubare al mungitore” in media un litro e mezzo al giorno. Il latte viene manipolato il meno possibile, viene imbottigliato e refrigerato dopo le analisi di laboratorio, che hanno sempre dato valori eccellenti. “La stalletta” pratica - come legge impone - la vendita diretta: il latte (venduto a 15 euro al litro) viene richiesto da tutta la Lombardia, da famiglie di Milano, Monza, oltre a Bergamo ovviamente, che ogni settimana si forniscono nella piccola azienda agricola. “Il problema delle intolleranze al latte vaccino e al latte artificiale è in crescita. Ogni anno nascono circa 15.000 bambini che hanno assolutamente bisogno, per problemi di intolleranza, di latte d’asina - spiega ancora Pucci -. La presenza nel latte d’asina di sostanze ad alta attività probiotica - regolatori della flora intestinale -, di fattori di rilascio ormonale, di anticorpi e di composti azotati ad azione antibatterica, rendono questo alimento molto utile anche nell’alimentazione delle persone anziane e debilitate. La ricchezza di lattosio ha un effetto positivo sull’assorbimento intestinale del calcio e può aiutare nella prevenzione e nella cura dell’osteoporosi degli adulti e a favorire la mineralizzazione delle ossa nei bambini”. Sono solo alcune delle proprietà del latte d’asina. Un progetto che vedrà la prossima realizzazione a “La

Stalletta” di Albino riguarda l’onoterapia, altra virtù della specie, appartenente alla Pet Therapy: grazie ad alcune caratteristiche di questi animali, quali la taglia ridotta, la pazienza e docilità, la morbidezza al tatto e la lentezza di movimento, sta dando ottimi risultati in Svizzera, negli Stati Uniti e in Francia.

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IL PROSCIUTTO di Maurizio Ferrari

Il “Botto” di Ardesio punta sui maiali allo stato semibrado Ottenuto il riconoscimento dalla Regione, la Ims entro l’anno avvierà in alta Valle l‘allevamento di suini sul modello toscanoo della Cinta senese. Luca Chiesa:“Crediamo molto in questa nuova frontiera per far crescere la qualità”

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n prosciutto da primato. Ne ha fatta di strada il “Botto” di Ardesio, rinato 15 anni fa dalle ceneri di una tradizione quasi secolare che vedeva nel Prosciutto crudo affinato nel fieno una gemma della produzione enogastronomia della montagna seriana, in grado, a livello di eccellenze gastronomiche bergamasche, di pareggiare i conti con lo strapotere dei tanti famosi formaggi brembani. Ora il recentissimo riconoscimento del Pirellone permette al gioiellino orobico, prodotto dalla Ims della famiglia Chie-

sa, di entrare nel paniere dei “Prodotti agroalimentari tradizionali” della Regione Lombardia, insieme a glorie del palato di altre province lombarde come il melone mantovano, il pollo brianzolo o la patata di Oreno. Un prosciutto che diventa quindi una “griffe del palato” e che potrà anche essere schierato con orgoglio nelle grandi occasioni promozionali, prima fra tutte quell’Expo 2015 che dovrà essere la vetrina più prestigiosa per i prodotti d’eccellenza dell’enogastronomia lombarda. Oggi la produzione, con ventimila

Luca ed Ezio Chiesa

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pezzi l’anno per mezzo milione di euro di fatturato, è già significativa, ma potrebbe diventare ancora più importante quando, nei mesi prossimi, diventerà realtà l’ambiziosissimo progetto che Ims sta studiando da oltre un anno con la facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano: creare ad Ardesio un allevamento di maiali allo stato semibrado, che farà lievitare ancor di più la qualità del prosciutto e rappresenterà una risorsa unica per la Lombardia. Allevamenti simili infatti, se sono quasi la norma in Spagna, dove il maiale da cui poi nasce il blasonatissimo Patanegra sono abituati a circolare liberamente in spazi sterminati, sono una rarità in Italia. Da noi infatti, se si esclude l’allevamento senese per la Cinta e o quello siciliano per il suino nero dei Nebrodi, non esiste nulla di simile, men che meno nel nord Italia, dove il progetto dell’azienda bergamasca rappresenterebbe un vero e proprio “unicum”. “Crediamo molto in questa nuova frontiera e partiremo molto presto, entro fine 2009 - spiega Luca Chiesa, responsabile della produzione -. Siamo convinti che l’iniziativa non solo migliorerà ancor di più la già alta qualità del prodotto, ma darà valore aggiunto all’economia vallare, perché si prefigge di riportare in montagna un’attività ormai


estinta e che invece in tornerà ad essostenibile”. Un successo, sere sostenib Botto, merito della quello del B dell’ostinazione della tenacia e del Chiesa, che ha voluto famiglia Chi riprendere un’antica consuetudine di Ardesio nonostanl’iniziale scetticismo di te l’inizi molti: “Qualcuno ci damolt dei visionari, - ricorva d Luca Chiesa - inveda L ce mio padre Ezio e mia madre Ivana e il sottoscritto ci abbiamo creduto moltissimo, fin dall’inizio. Quindici anni fa, confrontandoci con co gli anziani di Ardesio che ricordavano ancora la vecchia lavorazione, abbiamo fatto rinascere l’attività basandoci sugli stessi procedimenti (migliorati naturalmente grazie alla tecnologia), che prevedono la maturazione del prosciutto nel fieno, proprietà in grado di trasferire al prodotto una serie di caratteristiche organolettiche particolari. Inoltre abbiamo dotato da anni lo stabilimento di un nostro macello in grado di assicurare alla produzione un approvvigionamento continuo di suini macellati freschi, di qualità costante, della medesima razza selezionata e animali con peso uniforme, allevati con i più severi criteri d’igiene e naturalità”. Ora, il riportare l’intera filiera in montagna rappresenterà per la Ims (che con la Ibs di Azzano San Paolo costituisce il gruppo alimentare che fa capo alla famiglia Chiesa) la quadratura del cerchio, realizzata grazie alla presenza sul territorio di una decina di allevatori selezionati (già residenti o che torneranno in valle per questa nuova avventura): a ognuno di loro verrà affidato un numero limitato di suini che complessivamente si aggireranno attorno alle 200 unità da cui nascerà una sorta di Super-Botto, il Cru del prosciutto di montagna, il punto di massima eccellenza della produzione, che potrà avvalersi di un ciclo biologico completo (dai terreni concimati dai maiali crescerà il frumento utilizzato per la loro alimentazione). “Siamo certi che questa produzione di montagna rappresenterà per Ardesio e per tutta l’Alta Valle Seriana un ulteriore appeal per il turismo”, conclude la famiglia Chiesa. A questo punto, visto che già recenti comparazioni e degustazioni di tecnici e addetti ai lavori hanno attribuito al prodotto di Ardesio giudizi più che lusinghieri, con il Cru di montagna nato dall’allevamento semibrado, la Lombardia potrà finalmente competere sui mercati nazionali ed esteri, misurandosi senza complessi con i blasonati Parma e San Daniele.

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IMPASTI CREATIVI Sabino Stefini

“Fiori di lago”, ecco i biscotti dell’Alto Sebino Ideati dall’omonima associazione di piccole srutture ricettive come simbolo della gastronomia locale e omaggio ai turisti. Tra gli ingredienti la farina di mais del mulino di Cerete

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ull’Alto Sebino sono nati dei biscotti speciali. Si chiamano “Fiori di lago” e hanno il compito di rappresentare l’immagine enogastronomica dei paesi della sponda bergamasca. L’iniziativa è dell’omonima associazione di piccoli imprenditori dell’ospitalità nata a Lovere poche settimane fa intorno al progetto Ecolabel (progetto di Legambiente che mira a promuovere un turismo soste-

Da Camera di Commercio e Aspan un concorso per incoraggiare le nuove idee e premiare la professionalità. Al vincitore 5mila euro FORNAI IN GARA PER CREARE IL “PANE BERGAMO”

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na sfida a colpi di farina, lievito, acqua, sale, tecnica e creatività. È quella che la Camera di Commercio e l’Aspan propongono a tutti i fornai bergamaschi con il concorso “Un pane per Bergamo”. L’obiettivo è incoraggiare la creazione di ricette innovative, senza dimenticare la tradizione, e premiare la professionalità. Il prodotto vincitore sarà eletto “Pane Bergamo”, una sorta di simbolo dell’arte bianca orobica. In palio la bella cifra di 5mila euro. «Di concorsi ce ne sono parecchi – afferma il presidente dell’Aspan Roberto Capello -, questo però si differenzia per l’estrema rigorosità dell’impostazione e dello svolgimento, garantita da un Ente super partes e autorevole come la Camera di Commercio, che crede nel lavoro della nostra categoria ed ha sostenuto il progetto». «La sfida - tiene a

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precisare - non ha niente a che vedere con iniziative create tanto per far parlare di un prodotto, di un’azienda o di un’organizzazione e vinte dagli “amici degli amici”.Vuole invece permettere a tutti i fornai bergamaschi di mettersi in evidenza e dimostrare la propria fantasia e la propria abilità con regole certe. Un vero e proprio premio al merito». Il regolamento è stato stilato per garantire il massimo dell’obiettività, le ricette e i prodotti saranno presentati in forma anonima e come ulteriore segnale di correttezza è esclusa la possibilità di partecipazione del presidente e dei vicepresidenti dell’Aspan. «Al concorso possono partecipare sia i titolari sia i collaboratori – prosegue Capello -, un dovuto riconoscimento alla forza lavoro che spesso partecipa attivamente allo sviluppo dell’azienda». Ma con tante varietà di pane che

già esistono era davvero necessario incentivare la ricerca di nuovi prodotti? «In Italia ogni laboratorio artigianale ha la sua specialità – ricorda il presidente -, un fatto che io amo chiamare “panediversità” e che è un’enorme ricchezza per la nostra tavola. Gli ingredienti per fare il pane sono pochi, ma le loro diverse caratteristiche, combinazioni e lavorazioni danno origine a tantissime proposte. Un po’ come la musica, che è fatta solo di sette note, eppure...». «In questo panorama – prosegue - ogni fornaio ha messo a punto nel corso degli anni tecniche e lavorazioni personali, piccoli o grandi segreti che questo concorso cercherà di portare alla luce per creare una cultura condivisa. Il vincitore sarà uno solo – rimarca -, ma dal confronto tutto il comparto trarrà dei benefici perché si conosceranno esperienze diverse


nibile, ovvero un’ospitalità garantita dal rispetto per l’ambiente, la salute e la gastronomia tipica). I dolcetti hanno una simpatica forma a corolla a richiamare il nome e sono prodotti con burro, nocciole, zucchero a velo e una finissima farina gialla locale prodotta dal mulino di Cerete. Sono stati creati da un fornaio di Lovere, Sabino Stefini e sono stati scelti tra una decina di ricette-prova da una speciale “giuria” composta dagli stessi albergatori. «L’idea ci è venuta qualche tempo fa – racconta Gabriella Varalli titolare del b&b Bellavista di Castro e coordinatrice dell’iniziativa -. I nostri ospiti ci chiedevano se c’era un dolce tipico da portare a casa come ricordo o come omaggio a familiari e amici e a malincuore dovevamo rispondere di no. Così abbiamo pensato di crearne uno. Ci siamo trovati e abbiamo deciso di chiedere a un amico panettiere di aiutarci a studiare delle ricette di biscotti che potessero rappresentare la nostra zona». Dopo settimane di prove e di assaggi la ricetta è stata scelta all’unanimità. Sono stati decisi in ordine il nome, l’etichetta e la confezione (un sacchetto trasparente legato da un nastrino rosso) ed è partita la produzione, rigorosamente artigianale e limitata nei numeri (ne

vengono realizzati solo 19 sacchetti al giorno). I biscotti vengono omaggiati da questi dinamici albergatori come benvenuto ai turisti in vacanza nelle loro strutture e si possono acquistare in esclusiva dal produttore, la panetteria Il Fornaio di Lovere in via Matteotti. r. mart.

e si metteranno in circolo nuove idee, sarà insomma un’occasione per crescere». E poi i gusti e le esigenze dei consumatori cambiano è c’è sempre bisogno di aggiornare la produzione, in più Bergamo, a differenza di altre città, non ha un pane caratteristico. «Non puntiamo a codificare il pane di Bergamo – puntualizza Capello – perché l’evoluzione è continua, ma un pane che rappresenti per qualche anno il livello di qualità, esperienza e creatività raggiunti dalla panificazione bergamasca, questo sì». Le ricette presentate dovranno essere frutto della libera fantasia dell’artigiano e avere come ingredienti prodotti naturali e di pregio. La partecipazione è gratuita ed è aperta alle imprese con sede operativa nella provincia iscritte al Registro delle Imprese di Bergamo che svolgono attività di produzione di prodotti di panetteria freschi. Ogni impresa potrà presentare fino a tre domande e concorrere con ricette ideate dal titolare o dai collaboratori. Il premio è concesso in regime de minimis (pertanto sono

ammissibili le imprese che abbiano beneficiato di agevolazioni de minimis complessivamente inferiori a 200mila euro negli ultimi tre esercizi finanziari, compreso quello in corso). Le ricette saranno valutate da un’apposita Commissione in due fasi: nel mese di luglio avverrà la prima selezione in cui saranno esaminati i campioni freschi e scelte le tre ricette finaliste. A settembre ci sarà la seconda selezione con la produzione della ricetta in presenza della Commissione e la designazione del vincitore da proporre alla Giunta camerale. La valutazione delle ricette terrà conto di questi parametri: lunga lievitazione, compresa la lievitazione della pasta madre o pasta biga, gusto, utilizzo di prodotti del territorio bergamasco, fattibilità, originalità della forma, costo della ricetta e versatilità del pane. L’impresa vincitrice verrà premiata dalla Camera di Commercio nel corso di una cerimonia pubblica. Le domande potranno essere presentate fino al 30 giugno. Il regolamento e il modulo di adesione sono disponibili sul sito camerale www.bg.camcom.it.

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IL RISTORANTE di Lelia Parisi

Taverna Valtellinese, formula vincente non si cambia Da 42 anni il menù è sempre lo stesso, ciononostante il locale è regolarmente affollato. Merito di una cucina tipica collaudata che non ha inseguito le mode, ma ha scelto la forza dell’identità

È

uno dei ristoranti più frequentati di Città Bassa. Regolarmente affollato. In qualunque giorno della settimana andiate. Quale sia il motivo dell’appeal che la Taverna Valtellinese esercita sugli avventori se lo sono chiesto in molti senza mai trovare una risposta condivisa e soddisfacente. Forse è anche per questo che il locale non ha cloni. Sicuramente, a spiegare il successo non basta la qualità, magari un po’ statica, ma non discutibile, dei piatti, tutti improntati a una tradizione valtellinese tout court, non rivisitata cioè in chiave moderna, ma fedele all’impostazione degli inizi. Altri ristoranti fanno piatti di qualità comparabile, senza tuttavia registrare lo stesso afflusso. Né il motivo può reggersi unicamente sul prezzo, buono, sì, (a parte la nota stonata del coperto a 4 euro), ma non inarrivabile, con i suoi 37 euro per un pasto completo - bevande escluse - dall’antipasto al dolce, sempre ammesso che riusciate a mangiare tutto, visto le dosi abbondanti. Resta l’ambiente. Certo, qui entrate e ritrovate di colpo un pezzo di Valtellina perduta, quella antecedente agli anni 60, prima che il boom facesse un falò di quasi tutte le stue in legno per far accomodare le più moderne cucine in formica. Merito del piglio filologico dell’attuale gestore e maître di sala, il valtellinese Filippo Besio, al timone dal 1989, se l’ambiente è andato accentuando nel tempo i suoi caratteri valtellinesi, arricchendosi di pezzi d’antiquariato, delle stue e del nuovo ingresso. Un ambiente tutto legno antico e calore, con le sue boiserie, i soffitti a cassettoni e le tre deliziose stue d’epoca (una è del 1600), che però ricorda molto da vicino l’Alto

TAVERNA VALTELLINESE Via Tiraboschi, 57 Bergamo Tel. 035 243331 Chiuso il lunedì

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Adige delle tante stube e gasthaus (è lo stile tipico di tutto l’arco alpino), dove vi servono filetti alti due dita con salsa di cipolle. Forse, per capire meglio il fenomeno “Valtellinese” bisognerebbe ribaltare il punto d’osservazione, partendo dai limiti anziché dai pregi. Perché, a ben guardare, sono proprio i suoi limiti i suoi punti di forza. Il limite di essere rimasta sorda alle tendenze culinarie che pure hanno scardinato, a colpi di grancassa, l’impianto della cucina tradizionale. Il limite di fare sempre gli stessi piatti dal 1967, senza averne mai cambiato l’impostazione. Piatti che sono ripetute e continue citazioni di se stessi, da 42 anni. Forse il segreto del successo della Taverna Valtellinese è da cercare allora in questa identità forte, nella solidità di una cucina che, proprio perché impermeabile ai cambiamenti, si presenta come un punto fermo in un mondo “liquido” e transeunte dove ogni cosa muta così velocemente forma e rotta da imporci ogni volta di dover rimettere tutto in discussione. E nel senso di sicurezza che questa identità trasmette all’avventore. Attraverso piatti rassicuranti, comprensibili, che non mettono soggezione, né richiedono conoscenze da manuale per essere avvicinati. Piatti in cui l’ospite sente vibrare le sue stesse certezze. La moderazione, l’assenza di eccessi e di stravaganze, la permanenza dei valori, il tipico come valore identitario. Ma quali sono, in definitiva, queste specialità valtellinesi in cui l’ospite ritrova le sue certezze? Tra i piatti più identificativi del locale, c’è innanzitutto la bresaola della Valtellina, condita, come esige il rituale, direttamente al tavolo, con olio e limone. Dolce, morbida, profumata, quasi un carpaccio. Arriva dal salumificio Rigamonti, che vanta l’uso di carni da animali allo stato brado. Da provare anche quella di cervo. Protagonista tra i primi, il piatto valtellinese per eccellenza, i pizzoccheri di Teglio (paese che ne proclama la paternità), fatti a mano, come tutte le altre paste, e conditi con patate, coste, burro fuso, casera e bitto. Formaggi biologici, forniti dall’azienda valtellinese La Fiorida. Altro piatto forte, il riso in cagnone “ris cundì”, condito allo stesso modo dei pizzoccheri. E poi, le tagliatelle di fraina, cioè di grano


IL GIUDIZIO

AMBIENTE

8/10

L’ambiente ricrea fedelmente la calda atmosfera delle stue valtellinesi (stanze completamente foderate in legno), quasi scomparse dalla Valtellina e assai diffuse invece in Tirolo, dove molto più forte è la cultura della conservazione. Ne sono state recuperate tre, di cui una originale del 1600. Fedeli allo stile tipico dell’arco alpino anche le altre sale più grandi, dove dominano il legno, invecchiato 100 anni, delle boiserie e dei soffitti a cassettoni, e vari oggetti d’antiquariato e d’artigianato valtellinese, tra cui l’imponente lampadario composto interamente di corna di cervo perse dall’animale durante la muta. 110 i coperti complessivi.

CUCINA

saraceno, condite con funghi porcini e crema di funghi. E, ancora, gli gnocchetti freschi di patate e coste, con una salsina di panna e pomodoro che fa molto anni 70. E poi via alla lunga lista dei secondi, dove spiccano la proverbiale “carne al bastone”, filetto di manzo e pancetta arrotolati su un bastone di abete bianco (un legno che lascia inalterati i sapori), da sgranocchiare direttamente dal bastone reggendolo alle estremità; la costatina di cervo alla griglia con polenta mogna, “sporca”, perché a base di grano saraceno e granturco, macinati, in dosi uguali, al mortaio; il rognoncino in terrina con porcini e polenta; il culaccio di manzo al sassella; la costoletta di vitello con fonduta al bitto; lo stufato di manzo con funghi porcini; il portafoglio valtellinese, vitello farcito con salsa di cipolle e mele, la stessa che accompagna il tenerissimo il filetto di manzo. E i vini? Tutti rigorosamente valtellinesi. Infine, tra i dolci, tutti casalinghi (tranne il gelato), non poteva certo mancare all’appello la bisciòla artigianale, tipico dolce valtellinese con fichi secchi e noci, servito liscio o affogato in una voluttuosa crema allo zabaglione, una leccornia in voga negli anni 60 e 70. Chi c’era già a quell’epoca, ne ritroverà sicuramente traccia in questo sapore.

21/30

Quarant’anni di innovazioni e rivoluzioni in cucina non hanno minimamente scalfito lo stile della Taverna Valtellinese, che dal 1967 - anno in cui un ristoratore di Livigno ebbe l’idea di esportare a Bergamo le tradizioni della propria terra - va avanti per la sua strada come se il resto del mondo (culinario) non esistesse. Piatti tutti della più genuina cucina valtellinese (che ha alcuni punti di contatto con quella tirolese), con uso esclusivo di prodotti di qualità provenienti dalla Valtellina per quanto riguarda farine, formaggi e insaccati. Preparati tali e quali, da oltre 40 anni, dallo stesso chef, il valtellinese Pierino Buzzella che ha continuato la sua missione incurante dei tre cambi di gestione, e che solo ora, per sopraggiunti limiti d’età, sta passando il testimone a un giovane cuoco bergamasco, Fabio Bonfanti, insieme a tutto un corredo di conoscenze e tecniche non “corrotte” dagli apporti della cucina degli ultimi tre decenni.

CANTINA

9/20

Incorporata nel menù, la lista vini non potrebbe essere più lineare: tutti rossi Valtellinesi (tranne un bianco) di Nino Negri, divisi in vini base (a 12 euro) e riserve (a 18 euro).

SERVIZIO

7/10

Veloce e piuttosto efficiente, con tempi di attesa esigui. Unico suggerimento: portare l’acqua in tavola prima dell’ordinazione dei piatti.

COMPETENZA

8/10

Una brigata di ben 8 persone compone la cucina. Affiatamento e intesa sono percepibili nella buona fattura dei piatti e nelle regolari cotture delle carni. Certo, per piatti che hanno alle spalle 40 anni di collaudo e per una cucina che non esce mai dal tracciato, la competenza tecnica non si può che dare per acquisita.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO

8/10

Il buon rapporto qualità/prezzo è uno dei motivi del successo del locale. A sollevare qualche dubbio è semmai il coperto a 4 euro (il titolare lo ritiene necessario per bilanciare la limatura effettuata sugli altri prezzi), in netta controtendenza rispetto alle politiche degli altri ristoratori inclini a eliminarlo. Assai democratica invece la scelta di uniformare i prezzi, con antipasti e primi tutti a 9 euro, i secondi quasi tutti (tranne due) a 11 euro. p.s.

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ALLA SCOPERTA DEI GIOVANI CHEF

“Tecnica e creatività per dominare la cucina” Daniele Bolognini, cresciuto alla scuola di Mei, diverse esperienze all’estero e oggi alla Locanda Piajo, si racconta e confessa: “Mi piacerebbe lavorare con Cracco”

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a carica dei giovani chef. Sono agguerriti, sicuri di sé, appassionati, tecnicamente preparati, non amano definirsi seguaci di una tendenza, ma affermarsi per il loro stile personale. Dosano innovazione e tradizione, fanno ricorso alla chimica solo se il risultato è più che proporzionale all’uso. E sembra che anche per loro valga ciò che vale per i grandi matematici. Le intuizioni migliori arrivano entro i trent’anni. A 27 anni non ancora compiuti, il bergamasco Daniele Bolognini, talentuoso chef della Locanda Piajo di Nembro, ha perciò ancora qualche anno di tempo per farsi strada. Le premesse sembrano esserci tutte. Un curriculum che è un concentrato di esperienze, all’estero (negli USA, a Denver e Aspen) e in Italia, e che lo vede allievo, tra i tanti, di alcuni dei più grandi nomi della cucina italiana: Sergio Mei del Four Seasons di Milano e Andrea Berton del Trussardi alla Scala. Due visioni del mondo agli antipodi. Materia (Mei) e antimateria (Berton). A quale di questi due chef si sente più affine? “Dopo l’alberghiera a San Pellegrino, e alcuni stage negli Stati Uniti, nei miei primi 4 o 5 anni di esperienza, mi sono formato alla scuola di Sergio Mei, che ha fatto consulenza per due anni anche alla Locanda Piajo. Posso dire di averne ricevuto l’impronta. Mei predilige la ricca tessitura dei sapori, ama esaltare i profumi e potenziare l’espressività dei prodotti con l’uso di erbe aromatiche, magari lasciando in secondo piano la ricerca dell’effetto visivo. Il contrario di Berton, che pratica una cucina minimalista, ama i sapori puri,

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l’estetica rigorosa e disciplinata del piatto, le composizioni geometriche impostate sull’aspetto dei prodotti. Insomma, una cucina più metafisica. Da Berton, con cui ho lavorato 6 mesi nel 2006, ho appreso la precisione, l’ordine, il senso dell’organizzazione, e ho rafforzato le mie competenze tecniche.Alcune soluzioni che utilizzo per i miei piatti, come il fumetto di pesce, le devo a lui”. Quali doti deve avere per lei un buon chef? “Innanzitutto la tecnica, un supporto indispensabile per chi fa cucina a un certo livello. Ovviamente, la tecnica non può fare molta strada senza la creatività. Io per esempio la alleno esercitandomi a trovare la combinazione ottimale tra un numero limitato e casuale di ingredienti, come quelli che talvolta ci si ritrova inutilizzati in dispensa. È una sfida più ardua che non quando si hanno a disposizione tutti gli ingredienti possibili, ma anche più appagante. Un po’ come scrivere una poesia avendo a disposizione solo un numero limitato di parole”. In quali piatti si esprime meglio? “Mi piace fare tutto, soprattutto sperimentare, trovare nuovi abbinamenti e nuove soluzioni anche in piccole cose, come i pre-antipasti. Se devo scegliere, però, preferisco preparare i secondi, e questo per il fatto che sono i più impegnativi, non solo dal punto di vista della creatività, ma dal punto di vista tecnico. Perché bisogna conoscere perfettamente le cotture e le reazioni di ciascun prodotto. Basta un errore da niente per rovinare l’effetto finale. Come vede, mi piacciono le sfide”. Con chi le piacerebbe lavorare, se ne avesse l’occasione? “Sicuramente con Carlo Cracco, di cui apprezzo la perfezione di piatti senza sbavature, la sua ossessione per le materie prime di altissima qualità. In lui tutto è al massimo grado. Penso che con lui ci sarebbe molto da imparare”. l.par.


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LA GUIDA di Roberta Martinelli

Emozioni sul lago Arriva la bella stagione ed è l’occasione per una puntata sul Sebino. Ecco tre locali di tendenza per chi vuole concedersi una parentesi gustosa

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ul Sebino ci sono tre locali nuovi pronti a diventare i protagonisti delle serate estive. Uno è a Sarnico ed è il riferimento per i più modaioli e per chi vuole una pausa cocktail diversa e

trendy, magari seguita da una cena informale. Il secondo è a Lovere ed è un indirizzo per chi desidera godersi una cena-pranzo-serata a bordo lago in un ambiente elegante e sugge-

stivo. Il terzo, a Pisogne, è consigliato alle coppie che desiderano gustare una cena con incursioni esotiche in un ambiente intimo e romantico. Insomma, ce n’è per tutti i gusti!

Lovere, all’ex Tipitinas ora è tempo di “Vanhilla”

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a gennaio l’ex Tipitinas, chiuso da tre anni, ha riaperto le porte. Cambiata la gestione, cambiato il nome e cambiati tutti gli arredi interni, Il Vanhilla - ora si chiama così -mantiene l’identità di discoristorante e di luogo ideale per trascorrere le serate estive sul lago. Adriano Di Vincenzo, dj-produttore di Costa Volpino con alle spalle una famiglia nel settore della ristorazione (il fratello aveva una pizzeria a Pisogne), dopo aver lavorato per nove anni come disc- jockey a Lloret De Mar, il tempio del diverti-

mento spagnolo, ha deciso di raccogliere la sfida e far tornare il locale loverese una delle mete principi della movida sebina. Gli spazi sono molto ampi, all’interno ci sono due piani, il primo all’entrata è dedicato al beverage, il piano rialzato al ristorantepizzeria a legna che propone piatti di pesce e di carne e menù speciali per compleanni, cerimonie ed eventi. Nelle belle serate, chi vuole un’atmosfera più suggestiva, può prenotare sulla terrazza a sbalzo sul lago, mentre i più “informali” dal primo giugno, per tutta l’estate, possono optare per una grigliata di pesce o di carne nel bellissimo giardino a bordo lago.A pranzo sono proposti menu a prezzo fisso di 10 euro.Anche qui con la possibilità di mangiare all’aperto direttamente a bordo acqua. L’ambiente, del tutto rimodernato sia dentro che fuori, è moderno ed elegante: gli arredi sono ispirati agli anni 70: i pavimenti sono in moquette e le pareti sono decorate da carta da parati nei colori nero, argento e rosso. Per il dopo sera, fino a settembre, per la gioia dei nottambuli saranno proposti eventi e manifestazioni che animeranno l’ambiente fino alle ore piccole. Con l’apertura del vicino centro acquatico, prevista a giugno, il locale inaugura l’orario estivo dalle 9 di mattina alle 3 di notte non stop.Alle proposte per la cena e il pre e post dinner si aggiunge quindi anche l’offerta bar-caffetteria. Chi è dotato di barca o motoscafo può accedere direttamente dal lago al molo privato del locale.

via Paglia 3A Tel. 035 960498 aperto tutti i giorni d’estate (il resto dell’anno chiuso il lunedì sera)

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A Sarnico è salpato l’Approdo Cafè

Pisogne, aperitivo con tramonto sul lago al dining-bar “Loop”

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naugurato da pochi mesi è la versione più informale e modaiola del vicino (e omonimo) ristorante “Approdo”. Il patron è il figlio dei titolari, Fabio Agovino che ha voluto creare un bar come è inteso all’estero, con una proposta che spazia dalle colazioni al pranzo veloce alla proposta after dinner.Collocato nel nuovo porto di Sarnico, in poco tempo si è già imposto come il locale di tendenza della movida del Basso lago. E non sorprende. Prima ancora che aprisse, la fama dei suoi designer ne annunciava già il successo. Gli arredi, curati fin nei minimi dettagli e improntati alla modernità e alla linearità, sono stati studiati dallo staff di architetti e creativi che ha firmato i Fiat Cafè e i locali di Armani. Niente è stato lasciato al caso e l’impressione complessiva che se ne riceve è molto piacevole. Alla sala principale che ospita il bancone bar e la cucina a vista si aggiunge una terrazza estiva affacciata sul lago. In totale, tra dentro e fuori, ci sono oltre 150 posti. In cucina c’è una proposta di poche portate preparate e presentate con cura dalla mamma di Fabio, Enza (si può scegliere tra due primi e due secondi - soprattutto di pesce di lago e di mare, che cambiano ogni giorno - o le insalatone e i piatti unici). E per la pausa aperitivo e il dopo cena, momento forte del locale, sono in carta oltre trenta ricette di cocktail, anche analcolici con l’immancabile drink della casa, l’“Approdo”, a base di gin, spumante, succo di arancia e Aperol. A pranzo con la formula del ‘prezzo fisso’ sono proposti tre menù: quello a 8 euro dà diritto ad accedere a tutte le ghiottonerie del bancone buffet (o in alternativa a un primo piatto), acqua e caffè. Quello a 12 euro prevede buffet più primo o secondo piatto più acqua e caffè e quello a 15 euro aggiunge la coppa di frutta o di gelato della casa. Da non perdere, lo “scenografico di frutta” una composizione di fragole, ananas e altre ghiottonerie vegetali che viene incendiata nel momento in cui è servita.

piazza Giovanni XXIII Tel. 035 9144521 - Chiuso il lunedi

H

a aperto lo scorso novembre su iniziativa di due imprenditori della zona,Alessandro Cancellerini e Fabio Scalvinoni, già titolare dei locali Sloppy Joe a Darfo e Rogno. Collocato nell’elegante edificio che ospita il nuovo hotel quattro stelle Capovilla, proprio di fronte al lago, a pochi passi dalla piazza e dal centro storico, è un ristoranteamerican-cocktail bar elegante e raffinato, ideale per chi desidera trascorrere una serata romantica. Composto da due salette che ospitano al più 50 posti, è arredato con mobili moderni nei colori bianco, nero e violetto. L’ambiente è raccolto e ha un’atmosfera molto calda, intima. La cucina è dinamica (nel senso che segue rigorosa la stagionalità) e riflette le numerose suggestioni che lo chef Luca Cosci ha raccolto negli anni nel corso di diverse esperienze all’estero. In carta compaiono ricette regionali rivisitate e presentate in modo innovativo, come le tagliatelle al filetto di persico di lago, gli gnocchetti di patate al ragù di mare, il risotto asparagi e fondente di Bagoss, il filetto marinato alle erbe grigliato, la piccata al brie ricoperta di porcini, il ventaglio di tonno pinna gialla e i gamberoni al Gran Marnier; ma anche piatti esotici come il sashimi di cappasanta su sasso caldo di fiume e i bocconcini di pollo, mandorle con riso venere all’indiana o il cous cous con dadini di verdura saltati, la paella de mariscos o valenciana, il misto sushi con salsa di soia e wasabi che fanno da piatto unico. Tra i dolci, la mousse di cioccolato all’olio del Sebino con gelato alla vaniglia, il pasticcio di pere con crema all’albicocca e il tiramisù di nocciole e cioccolato bianco. La cantina è formata da una selezione di etichette regionali con bottiglie della Franciacorta, della Sicilia e della Sardegna. La spesa media è di 30-35 euro comprensiva dei vini e non prevede il pagamento del coperto. Da non perdere: un cocktail nel gazebo estivo nella piazzetta del ristorante con lo scenario del tramonto sul lago (alle sette lo spettacolo è garantito).

via Papa Paolo VI,7 Tel. 0364 86729 - 328 8623290 www.hotelcapovilla.it D’estate sempre aperto (fuori stagione chiuso il martedì)

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IL CLIENTE MISTERIOSO

Carmen, il delizioso B&B della signora che soffre il “mal di terra” Il soggiorno nel locale di via Palma il Vecchio regala emozioni d’altri tempi. Imperdibile la colazione

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na coppia di amici in visita a Bergamo, abituati a muoversi in tutta Europa appoggiandosi a B&b, bastides, maison, garnì e agriturismi, ha scelto di prenotare - affidandosi a un portale nazionale (www.bed-and-breakfast.it) - il suo soggiorno in un B&B, da Carmen, in centro a Bergamo. Dopo un tour in visita per la città con i nostri amici, spinti anche dai commenti entusiasti, abbiamo visitato, accompagnandoli nella loro casa temporanea bergamasca, il Bed and breakfast Carmen. Selezionato tra quelli “di Charme” della Camera di Commercio e presente sulle principali guide, dal “Touring Club” a “Dove”, si trova in via Palma il Vecchio in un palazzo del 1800, un tempo studio e abitazione di un notaio. Il palazzo storico - privo di ascensore - richiede un po’ di fatica per le scale: tre piani, presto dimenticati però alla vista del patio interno, con la sua bouganville, i suoi fiori e le sue piante. Al B&B si accede percorrendo un corridoio di ciclamini e fiori. Le travi a vista, il pavimento in parquet e in cotto originale dell’epoca, nonché la cura nei minimi dettagli dell’arredamento creano un’atmosfera rilassante e fuori dal tempo per gli ospiti. La camera ma-

trimoniale, arredata con mobili d’epoca e alcuni dettagli originali, come l’antica porta del Grand Hotel di San Pellegrino, dispone di un terzo letto, adibito per la doppia a divano, e di un’antica culla per i bebè, oltre a un salottino dove poter leggere un buon libro (il B&B dispone di biblioteca per bambini in tutte le lingue e libri per tutti) o concedersi una rilassante pausa accompagnata da una tazza di tè. La televisione viene portata in camera su richiesta - ovviamente senza costi aggiuntivi - per precisa volontà della patronne che, appassionata di cinema d’autore, preferisce suggerire ai suoi ospiti film in dvd proiettati su schermo a tutta parete. La sala da bagno, offre la possibilità di un bagno caldocon tanto di sali, oltre che della doccia. L’angolo più ambito e suggestivo del B&B è dedicato alle colazioni: un giardino d’inverno che si affaccia sul terrazzo fiorito - i fiori sono una passione della patronne, li cura ogni giorno - da cui si guadagna uno scorcio su Città Alta e sui colli di Bergamo. La colazione di Carmen, internazionale, è stata il momento più apprezzato dagli ospiti: tavola apparecchiata con la massima cura, con tovaglia in lino e antiche porcellane, posate d’argento


e bicchieri di cristallo; in tavola marmellate per tutti i gusti servite in monoporzioni, yogurt, torta al centro, croissant, pane semplice e di kamut o integrale e frutta cotta, preparata secondo un’antica ricetta, oltre a uova e tagliere di salumi e formaggi della tradizione bergamasca.Ampia gamma di miscele di tè, con la possibilità di scelta tra qualità pregiate in foglia, o, per gli amanti della praticità, in bustina. Il B&B è “informato sulla colazione senza glutine”, pertanto offre, su richiesta, colazioni speciali per gli intolleranti al glutine. Un capitolo a parte merita l’appassionata proprietaria di casa. Carmen - ci è stato detto - è una donna che ha girato il mondo in barca a vela (la vela di chi è sempre pronto a partire per “mal di terra” è già posizionata idealmente in mezzo al mare sulla cartina geografica del mondo a tutta parete all’ingresso) e che ha deciso di aprire la sua casa al mondo. Il sogno di questa signora dalla passione e vitalità contagiosa è di aprire un “Boat and Breakfast” offrendo ospitalità in barca.

B&B CARMEN via Palma il Vecchio 4 Bergamo 035-255922 335-6012367 bebcarmen@hotmail.it

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di Anna Facci

«Così aiutiamo i gelatieri a essere più creativi» In provincia di Bergamo un piccolo polo specializzato nelle macchine per gelato e nelle attrezzature. Iannucci (Acomag): «L’evoluzione della tecnologia ha ridotto la fatica e lascia più tempo per sviluppare i prodotti»

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nsegne storiche, realtà nate nel boom degli anni Ottanta e Novanta oggi ampiamente affermate e pure qualche nuova apertura. Basta fare mente locale per affermare che il panorama della gelateria artigianale in Bergamasca è ricco e di un livello generale decisamente buono. Meno evidente, e meno conosciuto, è il fatto che la provincia orobica ha molto da dire anche in tema di forniture, in particolare sul versante della produzione di macchine per gelateria. A Grassobbio c’è infatti la sede operativa dell’Acomag, l’associazione nazionale dei costruttori di macchine, arredamenti e attrezzature per gelato, una realtà che riunisce 17 marchi, di cui ben tre bergamaschi (Technogel di Grassobbio, Frigo Gelo di Azzano San Paolo e Gel-Matic di Orio al Serio). Nello stesso campo è inoltre attiva la Innova di Cerete. Bergamasco è anche il vicepresidente dell’Associazione, Nicola Iannucci, direttore commerciale della Technogel. «In effetti, sì – commenta -, la provincia di Bergamo può vantare un piccolo polo specializzato in un settore in cui l’Italia è leader

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mondiale indiscusso». Una realtà che guarda ben al di là dei confini provinciali, ma anche delle oltre 20mila gelaterie artigianali presenti in Italia. «Tutte le aziende che aderiscono all’Associazione – spiega Iannucci – hanno una forte vocazione all’export. Il mercato è, in pratica, tutto il mondo: dall’Estremo Oriente alle Americhe all’Europa, dove si produce e consuma gelato artigianale le aziende italiane, e bergamasche, sono presenti». Il ruolo dell’Acomag è quello di rappresentare gli interessi della categoria e delle imprese aderenti nei confronti delle istituzioni, delle organizzazioni economiche, politiche, sociali e culturali, in Italia e all’Estero. «Importante – dice il vicepresidente - è l’attività che svolgiamo in riferimento agli appuntamenti fieristici, con un’apposita commissione che concorda con gli organizzatori le condizioni di partecipazione, con particolare riferimento alla collocazione settoriale, alle date, alla durata e agli orari delle manifestazioni. L’impegno prioritario è però quello della promozione, difesa e sviluppo del

gelato di qualità, lo sforzo per arrivare ad una definizione che possa essere coerente, valida ed utile per tutti gli attori del settore». Un compito tutt’altro che semplice, viste le diverse opinioni in materia. «Siamo convinti che si debbano evitare regole troppo rigide – evidenzia – e che si debba lasciare spazio alla creatività del gelatiere. Ci sono però dei requisiti imprescindibili, che sono l’igiene, la freschezza e la qualità degli ingredienti e la struttura, ovvero la giusta proporzione degli ingredienti che dà come risultato un corretto equilibrio di cremosità, consistenza e palatabilità». L’evoluzione tecnologica delle macchine, ma anche delle vetrine e delle altre attrezzature, ha di certo facilitato il raggiungimento di questi obiettivi. Le macchine sono diventate più veloci, più facili da usare e da pulire, consumano meno energia ed acqua, hanno ingombri sempre più ridotti così da rendere possibile l’apertura di un laboratorio anche in spazi piccoli. Anche l’introduzione dell’elettronica («quella intelligente e semplice»,


rimarca Iannucci) ha dato una mano. «Il risultato è che il gelatiere fa meno fatica fisicamente ed ha più tempo a disposizione, così può dare spazio alla sua creatività». Della centralità del ruolo dell’artigiano Iannucci è fermamente convinto: «Le macchine sono uno strumento nelle mani del gelatiere – sottolinea -, il gelato negli anni è diventato più buono perché gli operatori hanno migliorato le tecniche di produzione e la bilanciatura e sono sempre più informati e preparati». Definitivamente superata è anche la “battaglia”, di cui fino a pochi anni fa si poteva cogliere ancora qualche eco, portata avanti dai produttori artigiani per distinguere il proprio gelato dall’ice-cream industriale. «Direi che oggi non ci sono davvero dubbi – dichiara il vicepresidente dell’Acomag – sul fatto che sono due prodotti differenti, con modalità di consumo differenti. Le caratteristiche della gelateria artigiana sono chiaramente riconosciute dal consumatore, prova ne è che nonostante i grandi mezzi di cui può disporre l’industria e le forti campagne pubblicitarie, il settore cresce e progredisce». Ma i consumatori sanno anche scegliere tra una gelateria e un’altra. «Anche in Bergamasca – prosegue Iannucci – ci sono laboratori in piccoli paesi o in zone defilate dal grande passaggio dove la gente va apposta. È un indice della presenza di realtà eccellenti e di una concorrenza positiva». Se sono le capacità e la fantasia dell’artigiano a decretare il successo di un’attività, dal mondo delle forniture arriva anche qualche stimolo. Le novità più interessanti sono macchine multifunzione che, oltre al gelato, producono cioccolatini oppure un’ampia gamma di dolci al cucchiaio, dalle mousse alla panna cotta. Un’opportunità per ampliare la stagione proponendo pro specialità gradite anche nei freddi. Vanmesi più fr del made in to de Italy, il gelato Ital artigianale ar ssta guadagnando g sspazio aanche nella ristorazione, stor «anche se il capreferibile per nale prefe gustare il pr prodotto al meglio, fresc fresco di giornata e preparato con prepa esperienza – è un altro dei punti su cui cu Iannucci non ha dubbi –, resta la gelateria».

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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Osteria numerosette, la cucina romana approda nel centro di Bergamo Aperto da ottobre in via Pignolo, il locale “sfodera” i classici della tavola capitolina e laziale. Doc anche la titolare, Manuela Princigalli, che si sta dedicando pure ad un libro sulle ricette della tradizione. «I piatti? Preparati con passione e divertimento per fare in modo che il cibo non sia solo nutrimento ma sazi anche lo spirito»

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n pizzico di Roma nel cuore della Città? Magari la definizione suona eccessiva, ma Manuela Princigalli ce la sta mettendo tutta per portare almeno i sapori della capitale sui tavoli del suo locale. All’Osteria numerosette, a Bergamo al 50 di via Pignolo, se non proprio il dialetto, la cadenza è quella romanesca ma soprattutto i piatti sono rigorosamente quelli della tradizione romana e più in generale di quella laziale. Manuela proviene da Monterotondo, in provincia di Roma, dove la sua famiglia di origine gestisce un ristorante “storico” di grande tradizione. «La ristorazione è stata per me lo sbocco professionale naturale – racconta – visto che sin da piccola respiravo i profumi e gli aromi delle cucine del ristorante. Da qualche anno eravamo a Bergamo con altri esercizi commerciali, ma lo scorso anno ho visto co-

ronato il mio sogno.Abbiamo aperto qui in via Pignolo il 23 ottobre, non è ancora passato un anno ma le cose stanno andando bene, sono soddisfatta.Abbiamo dovuto calibrare un po’ i giorni di apertura, tenendo conto sia della clientela locale che di quella turistica che visita il museo Bernareggi, l’Accademia Carrara o la Galleria di arte moderna e magari poi sale in Città alta. Un giusto rodaggio, insomma, ma il giro si è allargato in fretta tenendo conto che il locale non è molto grande, quaranta, cinquanta posti al massimo». Piccolo ma sicuramente gradevole, aggiungiamo, e arredato con estrema sobrietà. Si tratta di un edifico del ‘600 con le volte originali i mattoni. L’ambiente è accogliente e, secondo la titolare, ricrea le atmosfere di una fiascheria romana. Di certo in cucina Manuela Princigalli ci sa fare ed i suoi

LA PROVA

Menù “gettonato” anche dai turisti Accolti da un invitante e ricercato buffet di verdure, che allo stesso tempo possono essere antipasto e contorno, si entra subito nel clima dell’Osteria numerosette anche quando l’appuntamento è quello per il menù a prezzo fisso della pausa pranzo.Al di là dei piatti colpisce subito la differenza, rispetto ad altri locali, della clientela, alternata tra turisti, stranieri in occasione della nostra visita, e locali. Ovviamente c’è la possibilità del servizio alla carta ma il menù, anche turistico quin-

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di, è particolarmente gettonato. Riso alla parmigiana, farfalle panna e prosciutto, fusilli pomodoro e basilico costituiscono la proposta dei primi piatti. Pollo al forno con crema di formaggio, coniglio alla cacciatora (la ricetta è quella della nonna: rosmarino, aglio, aceto e altri aromi) e salsicce con broccoli compongono invece la lista dei secondi. Scelta non molto ampia ma di buona qualità. Farfalle panna e prosciutto, coniglio alla cacciatora le nostra. Come dire: otti-

mo e abbondante (quest’ultima è un’altra caratteristica del locale) per i dieci euro di corrispettivo che comprendono anche acqua, vino e caffè.

OSTERIA NUMEROSETTE via Pignolo 50 Bergamo tel. 035 212510 aperta tutti i giorni a pranzo, la sera da mercoledì a sabato


piatti nascono dalla ricerca di ricette della tradizione «cucinati con passione e divertimento per fare in modo che il cibo non sia solo nutrimento ma sazi anche lo spirito», come tiene a sottolineare. Ricerca, peraltro, che tra poco porterà alla pubblicazione di un libro sul tema al quale sta lavorando intensamente. Il menù è concentrato in pochi piatti, decisamente robusti. Bruschette e fagioli con le cotiche sono gli antipasti. Bucatini all’amatriciana, bucatini cacio e pepe e bombolotti alla porcara costituiscono la lista dei primi piatti, mentre andiamo veramente nel classico della tradizione con i secondi: abbacchio al forno, coda alla vaccinara, braciole d’abbacchio e poi i contorni, soprattutto carciofi e cicorie in padella. La crostata di ricotta chiude il pranzo in bellezza. «Alcune materie prime – spiega ancora Manuela – come la porchetta, il prosciutto e le coppelle che sono una specie di carne secca devo per forza farle arrivare ogni settimana da Roma ma per il resto ho trovato una buona integrazione con i prodotti locali. Gli agnelli per l’abbacchio e la carne bovina vengono infatti rigorosamente da allevamenti delle valli bergamasche e li acquisto al macello comunale». La giornata della nostra protagonista è sicuramente intensa, la spesa, la fase preparatoria in cucina e poi il cordiale ed efficiente servizio in sala, tutto questo verso un obiettivo: «È stata una sfida visto che il periodo in cui abbiamo aperto, così come quello attuale, non sono certo dei migliori. Volevo misurarmi e posso dire di avercela fatta».

QUESTA È LA NOSTRA SEDE

Qui imbottigliamo, anche per conto terzi, nei formati da 0,25 a 2 litri e nei fusti da litri 25, i buoni vini italiani, freschi, gustosi per il pranzo di tutti i giorni della settimana, compresa... la domenica. Ad altri lasciamo il compito di distribuire i “grandi vini” (costosi) e i “bricks” (!).

L’invito ad interpellarci o visitarci è rivolto ai signori rivenditori (a qualunque categoria appartengano), associazioni e comunità.

A partire dal prossimo numero di “Affari di Gola” inizieremo a presentare i nostri prodotti

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Affari di Gola maggio 2009 31


APPUNTAMENTI di Francesca Pagnoncelli Folcieri

DOMENICA 31 MAGGIO

WEEK END CON GUSTO

Trento e dintorni tra arte e sapori

N

el mese di maggio la città di Trento con i suoi dintorni è meta ideale per un weekend lungo. Si può partire dalle esposizioni del Mart di Rovereto (www.mart.it), gioiello dell’architettura contemporanea firmato dall’architetto svizzero Mario Botta, dove è in corso la mostra “La Guerra Fredda - Cold War. Arte e design in un mondo diviso 1945-1970”, dedicata al design, all’architettura, al cinema e alla cultura popolare sviluppatisi in quegli anni. Tra gli oltre 250 oggetti esposti provenienti da tutto il mondo, uno Sputnik, una tuta da astronauta delle missioni “Apollo”, dipinti, oggetti di moda e di design. La città di Trento offre invece testimonianze di arte e di architettura dal romanico al gotico, dal rinascimento al barocco, dal neoclassicismo al razionalismo novecentesco. Per visitare la città si può approfittare degli itinerari di trekking urbano tematici organizzati dal comune, che comprendono anche soste enogastronomiche (www.comune. trento.it”). Per soggiornare in zona il centralissimo Hotel Aquila d’Oro (www.aquiladoro.it” aquiladoro.it) offre camere eleganti e arredate con oggetti di design, alcune delle quali corredate da sauna romana o idromassaggio. Le migliori tavole della città sono invece Lo Scrigno del Duomo e Le Due Spade, dotati di spazi all’aperto per pranzare al sole. Dei due indirizzi, più ricercato il primo, inserito in un edificio settecentesco e dotato di wine bar, estremamente gustoso il secondo, ma coniugano entrambi la tradizione a creatività e raffinatezza. Per chi invece vuole scoprire i gioielli enogastronomici della zona, la Strada del Vino e dei sapori che va da Trento alla Valsugana, passando per l’Altopiano della Vigolana e per la Valle dei Mòcheni è il percorso ideale. Si possono così visitare le storiche cantine Ferrari per poi proseguire salendo sulle colline attorno a Trento e visitare Villa Margon, sede di rappresentanza del gruppo. Si può concludere poi sedendosi ai tavoli della vicina Locanda Margon, ristorante stellato per assaggiare i Canederlotti alla verza e puzzone di Moena su burro tartufato o altre prelibatezze firmate da Walter Mioni. Si possono visitare realtà più piccole ma non meno importanti, tra cui il Maso Cantanghel che si trova ai piedi della catena del Lagorai sulle colline di Trento, azienda vinicola che dispone di soli 6,5 ettari, la cui cantina è inserita in un vecchio forte austriaco del 1866. Accanto ad essa si trova il rinomato ristorante Maso Cantanghel, gestito dalla signora Lucia Gius. Gli spunti possibili sono tanti, l’importante resta partire e farsi guidare da naso e gola.

32 Affari di Gola maggio 2009

A tu per tu con i produttori: torna Cantine Aperte

È

giunta alla diciassettesima edizione la manifestazione Cantine Aperte (www.viaggidivini.it), promossa dal Movimento Turismo del Vino Lombardo, coinvolgendo già da qualche anno anche i produttori della Liguria ed, in collaborazione con Ticinowine, quelli del Canton Ticino. L’appuntamento è fissato per domenica 31 maggio. Si tratta di un evento consolidato e atteso, che spinge i migliori produttori ad aprire le porte delle loro cantine ad appassionati, esperti e no, che desiderano conoscere, esplorare e vivere i territori, le tradizioni, la storia, per capire meglio la realtà complessa che sta dietro un calice di vino. Un modo diverso e interessante di trascorrere una giornata all’aria aperta, tra degustazioni guidate, pranzi o cene tête à tête con i vignaioli oppure menù studiati ad hoc in ristoranti affermati, mo-

DA GIUGNO

I prodotti tipici salgono in montagna

L’

abbinamento tra montagna e sapori bergamaschi piace agli escursionisti e ai rifugisti. Torna così per il quinto anno “I Rifugi dei Sapori Orobici”, la manifestazione che porta in quota i prodotti tipici promossa da Agripromo con la Sezione di Bergamo del Club Alpino Italiano. Sulle tavole sfileranno polenta, salumi, casoncelli, formaggi e vino a creare una perfetta sintonia con le bellezze del paesaggio circostante. «L’iniziativa ha fatto registrare un sempre maggior successo fra gli escursionisti e i semplici amanti della montagna

DAL 30 MAGGIO AL 2 GIUGNO

In Franciacorta le giornate all’insegna degli elementi naturali

È

un’ottima occasione per conoscere una delle tante ottime produzioni della Franciacorta quella offerta dall’azienda Il Mosnel per l’ultimo week end di maggio. A Camignone, presso la secolare residenza proprietà della famiglia Barboglio-Barzanò dal 1836, si potranno assaggiare vini e cibi prelibati. Dal 30 maggio al 2 giugno, infatti, un ricco programma di visite, di degustazioni e cene tematiche dedicate ai quattro elementi naturali consentiranno di entrare nel vivo della produzione de “Il Mosnel”, toponimo dialettale di origine celtica che significa pietraia, cumulo di sassi, terreno ideale per


stre, assaggi di prodotti del territorio, spettacoli, visite ai vigneti. C’è solo l’imbarazzo di scegliere quale zona si vuole scoprire: la viticoltura eroica della Valtellina, la realtà vitivinicola dell’Alto Lario, da cui si domina il Lago di Como, le morbide colline dell’Oltrepò Pavese, le bollicine della Franciacorta, o ancora le realtà bergamasche della Valcalepio e di Scanzorosciate, le miti aree del Garda, con le zone di San Martino della Battaglia, di Lugana, dei Colli Morenici Mantovani e del Garda Classico, per arrivare oltre confine, in Svizzera, o approdare in Liguria. Interessanti gli eventi che movimentano la Valcalepio, realtà bergamasca sempre più interessante. Cene con il vignaiolo, dove la buona cucina locale accompagnata dai vini delle cantine si trasforma in

un momento di incontro conviviale e informale per conoscere i vini attraverso gli abbinamenti suggeriti dalla tradizione e gli affascinanti racconti dei produttori, sono organizzate a Grumello del Monte presso l’azienda Le Corne (www.lecorne. it) e alla tenuta Castello di Grumello (www.castellodigrumello.it), ma anche presso la Brugherata di Scanzorosciate (www.labrugherata.it) e l’azienda agricola Tallarini di Gandosso (www.tallarini.com) che organizza anche pranzi presso il ristorante Anteprima di Chiuduno (nuova stella Michelin) e degustazioni per bambini e scolaresche, offerte anche dalla vitivinicola Medolago Albani di Trescore Balneario (www.medolagoalbani.it). Apriranno le cantine anche le aziende agricole Angelo

- ha spiegato il presidente di Agripromo Carlo Mangoni –, tant’è che quest’anno i rifugi aderenti sono passati da 17 a 21. È una conferma di come anche agli operatori stia a cuore l’evento, che oltre ai prodotti mira a valorizzare il nostro territorio». La rassegna decollerà ai primi di giugno con l’apertura di tutti i rifugi e si concluderà domenica 13 settembre con un assaggio gratuito di prodotti tipici bergamaschi in tutte le 21 realtà che hanno partecipato. «Sarà una grande festa all’insegna dei sapori orobici – ha affermato Paolo Valoti presidente della Sezione Cai di Bergamo – durante la quale gli escursionisti si ritroveranno in allegria assaggiando prodotti genuini, frutto del lavoro dei nostri valligiani e delle tradizioni più antiche della nostra terra». L’edizione di quest’anno presenta una novità: nelle serate del 4 luglio, del 1° agosto e 5 settembre in tutti i rifugi

la coltivazione della vite sul quale sorge l’azienda. Sabato 30 maggio è la giornata dedicata all’acqua, con un pranzo a base di pesce di lago d’Iseo; domenica il fuoco è rappresentato da un pasto a base di carne alla griglia, mentre lunedì tra i filari dei vigneti dell’azienda protagonista sarà la terra, con un ricco picnic sull’erba; per finire martedì 2 giugno il programma prevede una biciclettata all’aria aperta e pic-nic finale tra le vigne. Per informazioni e prenotazioni: www.ilmosnel. com, tel. 030 653117.

Pecis di San Paolo d’Argon (www. pecis.it) e Lurani Cernuschi di Almenno San Salvatore (www.luranicernischi.it). La manifestazione è insomma l’occasione giusta per conoscere in modo piacevole e semplice il meglio della produzione vinicola della nostra provincia e della nostra regione, o per spingersi più lontano, sempre con un calice in mano.

si svolgerà una serata bergamasca dedicata al prodotto tipico. Sarà un’interpretazione personale del rifugista che, per l’occasione, proporrà uno o più piatti a base di tipicità della terra orobica. «Un ulteriore passo avanti – ha aggiunto Maurizio Nava referente di Assorifugi – nella diffusione e valorizzazione delle tipicità bergamasche e delle nostre tradizioni più antiche». Questi i rifugi che aderiscono all’iniziativa: Rifugio Gherardi, Rifugio Grassi, Rifugio Benigni, Rifugio Dordona, Rifugio Laghi Gemelli, Rifugio Valle del Drago, Rifugio Capanna 2000, Rifugio Alpe Corte, Rifugio Longo, Rifugio Calvi, Rifugio Brunone, Rifugio Coca, Rifugio Curò, Rifugio Barbellino, Rifugio Tagliaferri, Rifugio Passo del Vivione, Rifugio Cimon della Bagozza, Rifugio Chalet dell’Aquila, Rifugio Albani, Rifugio Olmo, Rifugio Parafulmine.

DAL 21 AL 24 MAGGIO

Alla scoperta del riso mantovano

I

n provincia di Mantova il riso è protagonista dal 21 al 24 maggio nel comune di Roncoferraro dove si svolge l’ormai tradizionale Festa del pesce d’acqua dolce. Tutte le sere a partire dalle 19 e domenica dalle 11 una serie di stand gastronomici allestiti presso la Corte Grande, antica struttura rurale che risale al Settecento e che si trova nel cuore della cittadina, offriranno tutti quei prelibati tipi di pesce che

tradizionalmente popolano le risaie del circondario. Risotto con il pesce, risotto con la salamella, pescina fritta, pesce gatto, saltarei, rane, pesce in bianco e altri piatti tipici sono l’emblema della cucina della zona, quella che si estende tra la sponda sinistra del Mincio e la provincia di Verona, caratterizzata da ampie distese di terra solcate da canali irrigui che rientra nella Strada del Riso.

Affari di Gola maggio 2009 33


A Malpaga tornano le cene con delitto

Albino, il debutto del ristorante “Funivia”

I

S

l Gruppo Archeologico Bergamasco organizza “Omicidi all’ombra del castello”, un ciclo di cinque cene con delitto in programma all’ “Osteria del Castello”, a Malpaga, in collaborazione con la compagnia teatrale AnubiSquaw. Si parte il 21 maggio con “ZIGonZAG - Omicidio alla corte dei Gonzaga”: tre streghe e altri personaggi si aggirano nel palazzo dei Gonzaga, tutti con un buon motivo per ammazzare Francesco II, che infatti viene assassinato. Chi l’ha ucciso? E perchè? Chi vuol vivere brivido è servito. Il ciclo prosegue poi il brivid il 19 giugno con “Chi ha ucciso Nero Wolfe”, l’11 luglio con “Scarpe diem W - Omicidio nell’antica Roma”, il 18 agosto con “Parenti fetenti” e il 18 settembre con “La vendetta della 1 La cena più spettacolo ha un sfinge”. n costo cos di 40 euro. La partecipazione è accettata solo su prenotazione. acc Info: 035/ 262565.

i è tenuta il 15 maggio scorso l’inaugurazione estiva della “Funivia”, una nuova realtà nell’ambito della ristorazione, che nasce proprio in prossimità dell’omonima stazione situata ad Albino. Locale che si è posto l’obiettivo di proporre alla propria clientela diverse specialità, fra cui in primis la carne argentina, importata direttamente. Il Funivia - che raggruppa in un unico format ristorante, pizzeria, bar e una gelateria (La Genzianella) - è aperto tutti i giorni a pranzo e cena e nel suo programma contempla eventi con intrattenimenti artistici e culinari, tra cui musica live, cabaret, esposizioni artistiche e ovviamente aperitivi e degustazione vini. Più nel dettaglio, il venerdì sarà dedicato all’happy hour con musica live, mentre il sabato spazio a cene con musica e Dj Set. Per prenotazioni ed info: Telefono 340.0022585 o 348.5413888.

Franciacorta, Villa si aggiudica due Gran n menzioni

A

ssegnato il Diploma di Gran Menzione a Villa Franciacorta Diamant Pas Dosè millesimato 2003 e a Villa Franciacorta Cuvette Brut millesimato 2004. All’ultimo Concorso enologico internazionale organizzato da Vinitaly, Villa è emersa come l’unica azienda franciacortina ad essere stata premiata con due Gran Menzioni. La sola Gran Menzione assegnata ad un Pas Dosè franciacortino è stata attribuita a Villa Diamant 2003, che da anni esprime l’essenza dell’azienda di Monticelli Brusati. Frutto di lunghe sperimentazioni rappresenta una selezione di uve (80% Chardonnay, 15% Pinot Nero e 5% Pinot Bianco), che una volta pigiate e vinificate vengono parzialmente affinate in barrique per 6 mesi. Le basi così ottenute vengono poi assemblate e fatte rifermentare in bottiglia con lieviti sele-

34 Affari di Gola maggio 2009

zionati per oltre 48 mesi. Questo Pas Dosè presenta un colore giallo paglierino, brillante con perlage fine e persistente. Il profumo è intenso e penetrante con piacevoli sentori di vaniglia e fiori bianchi arricchiti da un’intrigante sensazione di crosta di pane. Il sapore si presenta secco, vivace e armonico con note di fiori di mandorla dolce. Incanta per la piacevole e lunga persistenza in bocca. La seconda Gran Menzione è stata attribuita a Villa Cuvette 2004, da sempre prodotto di punta dell’Azienda. Le uve che compongono questo Franciacorta vengono scelte tra i vigneti di Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco meglio esposti sulla collina Madonna della Rosa. Villa Franciacorta Cuvette Brut millesimato presenta riflessi dorati, sensazioni di dolci fragranze, di baccello di vaniglia

e perlage rlage che sembra bra non finire mai. Potenza, nza, generosità sità e ricchezza za sono le prerogatirerogative m i g l i o r i di questo prodotto. otto.



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T

re proposte, tutte pensate per i più piccoli. Dopo il successo raccolto l’anno scorso, l’Accademia del Gusto ripropone i corsi di cucina per bambini. Il primo - dedicato ai piccoli dai 7 ai 12 anni si intitola Corso di cucina per piccoli chef, dura 8 ore ed è in calendario lunedì 8, 15, 22, 29 giugno dalle 17 alle 19. Il secondo rivolto ai bimbi dai 4 ai 6 anni - si intitola

Piccoli, grandi chef: apprendere i segreti della cucina giocando dura 4 ore e si tiene giovedì 18 e 25 giugno dalle 17 alle 19. I corsi sono curati dallo chef Francesco Gotti. Impostati come laboratori didatticocreativi insegnano i segreti della cucina attraverso il gioco e la manipolazione, con preparazioni semplici ma d’effetto. Per le mamme che hanno bimbi piccoli lunedì

BAR&BEVERAGE LA CAFFETTERIA AL BAR - CORSO BASE Corso di 7 ore per imparare l’arte, le tecniche e i segreti della caffetteria e la storia dalla produzione del caffè, le tecniche di miscelazione, tostatura, decaffeinizzazione, confezionamento, l’uso delle attrezzature dell’espresso, del macinadose, dell’addolcitore, sino alle tecniche di preparazione e mise en place di caffè e cappuccino. GIOVEDÌ 4 – 7 ORE DALLE 10 ALLE 17 A CURA DI FABIO SIPIONE

8 e 15 giugno dalle 20 alle 23 invece c’è Mamme ai fornelli… per rendere appetibili anche i cavoletti di Bruxelles, un Corso pratico di 6 ore a cura di Mario Fabris per imparare a rendere piacevole anche il cibo che i bimbi odiano di più. Con tante ricette di verdure, informazioni sui valori nutrizionali e indicazioni per presentare i piatti in modo accattivante.

LE TORTE SALATE: UN PIATTO PER OGNI OCCASIONE Corso per imparare a realizzare una buona base e per apprendere le principali tecniche di abbinamento degli ingredienti. Con spunti per adoperare prodotti di recupero, informazioni sui tempi di cottura e consigli per la presentazione delle ricette. MARTEDÌ 16 – 3 ORE DALLE 20 ALLE 23 A CURA DI JEAN DOMINIQUE VERDIER

I DRINK DI TENDENZA Corso di 10 ore per esplorare le nuove tendenze nel mondo del beverage. Dà la possibilità di proporre e saper preparare cocktail, long drink, frozen, muddle e smashes innovativi che incontrano il gusto della moda del momento. LUNEDÌ 8 E MARTEDÌ 9 – 10 ORE DALLE 14 ALLE 19 A CURA DI BORIS ANDREOLETTI

PASTICCERIA I MIGNON ESTIVI Laboratorio di 8 ore ricco di ricette per realizzare la piccola pasticceria e dolcetti freschi partendo dalle basi fino alla decorazione e presentazione finale. Tra le ricette presentate, creme di agrumi e di frutta esotica e altre golosità per l’estate. VENERDÌ 5 – 8 ORE DALLE 9 ALLE 13 E DALLE 14 ALLE 18 A CURA DI GIOVANNI PINA

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I SEMIFREDDI Corso a metà tra la pasticceria e la gelateria. Propone le tecniche di lavorazione e gli abbinamenti di parfait, mousse, creme e indica come assemblarle e decorarle, anche con pan di Spagna e meringhe. g VENERDÌ GIOVEDÌ 11 E VENER ERDÌ DÌ 12 12 – 8 ORE ORE DALLE DAL D ALLE LE 15 15 ALLE ALLE 19 19 GIOVANNI A CURA DI GIOV GI IO OV VA AN NNII PINA PIN INA A

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Affari di Gola maggio 2009 37


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