Affari di Gola - maggio 2011

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maggio 2011

Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 19 maggio 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

La Valle Brembana gioca la carta dello zafferano Già individuata l’area nel comune di Dossena dove verrà avviata la sperimentazione su input della Comunità montana. L’obiettivo: aprire nuovi scenari per l’agroalimentare

IL PRODOTTO

Lievito madre, difficile da fare unico nel gusto

TENDENZE

I grandi chef: così si educa il palato dei bimbi

VALCALEPIO

Un vino in cerca di promozione

LO SPECIALE

Tutta la bontà del gelato artigianale


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MAGGIO 2011

SOMMARIO www.affaridigola.it

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PENNA ALL’ARRABBIATA L'arte dell'accoglienza, Bergamo non sprechi talenti e bellezze

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FOCUS È lo zafferano la nuova scommessa della Val Brembana

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DIBATTITI Il Valcalepio e la promozione, tra produttori e Consorzio ognuno deve fare la sua parte

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ACCADEMIA DEL GUSTO Crippa: "Fare una cucina di qualità vuol dire non accontentarsi mai"

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TEMPI MODERNI Bambini a tavola, che sfida educare i futuri gourmand!

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SPECIALE Gelato artigianale, 6mila tonnellate di puro gusto

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IL PRODOTTO Lievito madre, un piacere "unico"

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A TAVOLA CON LO SPORTIVO Pinotti: a tutta pasta se devo fare il "pieno"

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo tel. 035/213030 - fax 035/224572 - info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI Alfa Term, Arizzi, Arlecchina, Bar Centrale, Brevi due, Il Cipresso, Frigo Gelo, Il Gelato di Ubaldo, Il Gioppino, In&Out, L'Oasi, La Mimosa, Mercatone della Frutta, Metalfrigor Arredamenti, Ol Formager, Orobica Pesca, Ostificio Prealpino, Il Pirata, Point Italy, Puntogel, Solo Delivery.


ʤʣʴ ʶʣʤʣʥʥʪʫ ʩʧʮʣʶʧʴʫʧ ʲʣʵʶʫʥʥʧʴʫʧ ʴʫʵʶʱʴʣʰʶʫ ʯʣʥʧʮʮʧʴʫʧ ʰʧʩʱʼʫ ʲʷʤʤʮʫʥʫ ʹʹʹʎʣʴʴʧʦʣʯʧʰʶʫʯʧʶʣʮʨʴʫʩʱʴʎʥʱʯ

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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

L’arte dell’accoglienza, Bergamo non sprechi talenti e bellezze

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trana giornata, quella di oggi. Ho appena raccolto le civili rimostranze di un visitatore straniero atterrato al nostro aeroporto: nessuno gli ha saputo indicare dove prendere un mezzo pubblico che lo avvicinasse al centro cittadino. E nemmeno la frequenza dei passaggi e dove diavolo si potessero acquistare i biglietti. Probabilmente è stato assai sfortunato nella scelta degli interlocutori, lo mettiamo in preventivo, ma abbiamo la sensazione che si potrebbe fare qualcosa di meglio. Restiamo in tema di approccio alla città per segnalare la storia, perlomeno singolare, dell’ingresso dall’autostrada e dei suoi cartelli che invece di essere segnalatori sono ingannatori: come se, passateci l’esempio, giocassimo tutti ad una gigantesca caccia al tesoro e, per far fuori gli avversari, invertissimo di nascosto tutte le frecce per depistarli ignobilmente. Il fatto è che, non da pochissimo, un povero disgraziato senza navigatore satellitare che avesse l’incauta idea di avvicinarsi alla nostra città, dopo aver pagato il pedaggio, si troverebbe difronte a svariate indicazioni per il centro, la prima delle quali lo incanalerebbe dritto sull’asse interurbano che, come noto, smista agevolmente verso tutte le parti tranne che in Porta Nuova. La questione davvero curiosa è che di questa faccenda noi ci occupiamo da parecchio tempo. Personalmente e senza mai ottenere uno straccio di risposta. Figuriamoci se speriamo nella soddisfazione. Strana giornata, quella di oggi. Ho chiacchierato al telefono col mio amico Marco Perego e l’ho trovato fuori dalla grazia divina per colpa di un vigile urbano che sarà anche vigile, ma non è urbano di sicuro. Marco gli si avvicina per chiedere un’informazione e, per prima cosa, da persona perbene qual è, lo saluta con un buongiorno. Il rappresentante dell’ordine cittadino, uno che è al nostro servizio ed è stipendiato da noi, oltre a non ricambiare il saluto lo apostrofa con un: “Dica!” che, considerando anche come viene pronunciato, si può facilmente tradurre con “Fammi sapere un po’ alla svelta perché hai scel-

to di scocciare proprio me e togliti poi dalla visuale con altrettanta rapidità”. Marco ci rimane male e non glielo manda a dire, assicurandosi un’arrabbiatura gratis e rischiando le manette. Mi mancava solo di leggere che Gigi Parma, altro amico, appena dimesso dall’ospedale, dopo più di un’ora di attesa per un taxi, ha dovuto pregare per averne uno (dall’aeroporto!) che lo riportasse a casa. Ho usato storie personali e di gente cara per far capire che abbiamo ancora tanta strada da fare, nell’accoglienza del prossimo (sia indigeno che straniero) e nel rendere la vita meno difficile di quella che normalmente è già. Il mese scorso ci compiacevamo degli sforzi degli operatori per rendere la nostra provincia una meta s sempre più allettante anche s per p l’offerta enogastronomica. c Ma è perfettamente inutile organizzare eventi golosi, specializzarsi in ricette l per p valorizzare il territorio, promuovere vini, salumi, p formaggi, inventarsi nuovi f dolci e alambiccare distillati se poi non abbiamo taxi a sufficienza, non riusciamo ad indicare con precisione il centro cittadino, non ce la facciamo ad ottimizzare il servizio bus dall’aeroporto e, invece di avere gente in divisa di cui andar fieri (che sono, per inciso, la stragrande maggioranza), caschiamo a volte preda di qualche vigile frustrato che non conosce nemmeno la buona creanza del saluto. Così, amici miei, non andremo molto lontano e non è davvero il caso di fare progetti mirabolanti sull’Expo del 2015 se siamo ancora mentalmente fermi a Italia ’90. Come già ribadito, non è concepibile sprecare le tradizioni a tavola e le bellezze naturali e artistiche, che abbiamo ereditato, sull’altare di un pressappochismo e una sciatteria che ci ricacciano indietro nel tempo. Se vogliamo diventare davvero una città e una provincia accoglienti dobbiamo ripartire da uno sforzo comune di tutti. Non conosciamo un’altra via. E se ci fosse, state attenti a chi la chiedete.

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FOCUS di Alex Gabbi

È lo zafferano la nuova scommessa della Val Brembana

L’idea è della Comunità Montana. Già individuata l’area nel comune di Dossena dove verrà avviata la sperimentazione. L’obiettivo è arrivare a una produzione di qualità, preziosa per il territorio, che apra ulteriori possibilità all’agroalimentare

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oltivare zafferano in Bergamasca, perché no? L’idea da tempo affascina alcuni contadini e amanti di questa coltivazione, capace in cucina di cambiare le sorti (e le fortune) di un piatto (non solo il tradizionale ri-

sotto, le variabili sono infinite), con il suo aroma irresistibile. Da qualche mese però c’è chi si è messo in testa di trasformare questo sogno in realtà: è la Comunità Montana Valle Brembana, su input del presidente Alberto Mazzoleni e con un

progetto seguito passo dopo passo dall’assessore all’Agricoltura Orfeo Damiani. “Qualche esperimento isolato c’è già stato in qualche campo a Zogno - spiega Damiani - ma ora intendiamo procedere con rigore

L’INTERVISTA - di Laura Bernardi Locatelli

“La nostra valle è ricca di prodotti e opportunità, ma s

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a Valle Brembana è uno scrigno di prodotti tipici, con una concentrazione unica di formaggi Dop, il tartufo di Bracca, le erbe officinali, le piccole produzioni di nicchia come le mele di Moio de’Calvi, gli esempi virtuosi di produzioni biologiche e biodinamiche di frutta e verdura e ora perfino lo zafferano. Dalla passione e la valorizzazione delle castagne è nata una nuova associazione di castanicoltori. Molto si sta facendo per ricercare il sapore della polenta di un tempo: nella piccola località montana di Baresi a Roncobello, nel mulino Gervasoni del XVII secolo ristrutturato dal Fondo Ambientale Italiano, si sta cercando di recuperare una varietà di mais tipico. Qui fino agli anni Sessanta arrivavano sacchi di mais e castagne da

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Parla Alberto Mazzoleni, presidente residente della Comunità Montana. “L’enogastronomia è una grande risorsa che va sfruttata, ma occorre mantener tener viva l’economia montana”.”. "C’è un progetto per il rilancio delle baite a finii turistici, purtroppo frenatoo dalle normative regionali””


avendo già individuato un’area nel comune di Dossena dove compiere la sperimentazione. L’idea è di capire se il clima e il tipo di terreno consentono questo tipo di coltivazione anche in Valle Brembana: se il riscontro sarà positivo ricercheremo la migliore qualità possibile di zafferano che potrebbe diventare una spezia preziosa per il nostro territorio, da abbinare ad esempio agli altri prodotti tipici”. E tra i prodotti brembani spiccano naturalmente i formaggi: se la coltivazione riuscisse, potrebbe addirittura nascere qualche prodotto nuovo a base di zafferano, come è avvenuto nel Bresciano, a Bagolino, dove lo zafferano è uno degli ingredienti decisivi per il grande Bagoss. Una produzione rara e per questo costosa (lo definiscono l’oro rosso) quella dello zafferano in Italia: esistono piccoli presidi in Abruzzo, nell'Altipiano di Navelli, ma anche in Sardegna, in Sicilia, in Toscana nella zona del Senese e anche in Umbria. Spesso, per sopperire alla modesta produzione italiana e alla grande richiesta, lo si reperisce all’estero, ma difficilmente si ottiene la stessa qualità. Le analisi dimostrano nello zafferano un'altissima percentuale di Carotenoidi che, contenendo Crocina, sono formidabili antiossidanti naturali, di vitamine B1 e B2 che contribuendo alla metabolizzazione dei grassi, al di là del gusto gradevole, lo ren-

dono anche un ottimo digestivo. E per chi resta scettico viste le temperature rigide che si raggiungono in inverno in montagna, gli esperti ribadiscono che la pianta di zafferano ha un’ottima resistenza al freddo e viene inoltre coltivata anche in appezzamenti di modesta superficie, modalità interessante per il recupero di terreni montani marginali, spesso a rischio abbandono. Proprio su questo aspetto punta la Comunità Montana Valle Brembana per cercare di sviluppare un ulteriore risorsa “che in futuro potrebbe diventare fonte di reddito per singoli coltivatori, seppur su terreni parcellizzati - puntualizza Damiani -. Abbiamo messo a bilancio risorse mirate: è una prova per vedere la qualità del prodotto, potremmo poi allargare la produzione in Val Brembana”. Coinvolti nel progetto il Comune di Dossena e la Coldiretti, direttamente con il suo delegato ai giovani Fabio Bonzi, assessore all’Agricoltura del Comune di Dossena, che si dice entusiasta dell’idea:“Trovo stimolante - spiega Bonzi - l’avvio di questa sperimentazione che potrebbe aprire nuove possibilità per l’agroalimentare in Valle Brembana: lo zafferano infatti si presta a numerose applicazioni, ma ora la cosa più importante è riuscire ad ottenere una coltivazione ottimale, aspetto che necessiterà sicuramente di tempo e di qualche aggiustamento in corso d’opera”.

a soffre di troppi vincoli” macinare per ottenere farine, base della polenta e del pane, per anni assieme a latte, formaggi e uova principale fonte di sostentamento in montagna. Alberto Mazzoleni, presidente della Comunità montana Valle Brembana dal 2009 e sindaco di Taleggio fa il punto su tutti i progetti in campo per valorizzare il patrimonio enogastronomico della valle e la tradizione agricola, vera e propria leva per il rilancio delle nostre località montane. “A fondovalle, a Villa d’Almè e Petosino - dice - abbiamo due aziende vitivinicole interessanti. La Val Brembana è l’unica valle italiana a poter vantare numerose Dop nei formaggi, di cui due - Formai de Mut e Strachitunt - solo in Valle. Il riconoscimento dello Strachi-

Sarà coinvolto anche l’Istituto Tecnico Agrario di Bergamo di via Borgo Palazzo, con i ragazzi e docenti che forniranno uno studio ad hoc sulla sperimentazione. Ma nel panorama caseario bergamasco c’è già chi utilizza con successo lo zafferano: è Valentina Canò della Via Lattea di Brignano che tra le sue creazioni più indovinate propone da oltre tre anni il celeberrimo caprino allo zafferano: “Se davvero partirà la coltivazione in Val Brembana - spiega Valentina Canò - per noi sarà un’ottima notizia. Spesso per reperire zafferano di qualità occorre fare centinaia di chilometri, averlo in casa sarà sicuramente un vantaggio per i nostri prodotti e per chi ama come noi coniugare qualità ed eccellenze del territorio”.

tunt è stato un processo lungo, iniziato 6 anni fa: non è mancato poi il ricorso di alcune aziende che lo producevano in altre zone della provincia, ma l’intento è quello di circoscrivere l’area. Siamo già rimasti abbastanza scottati dal Taleggio, che ormai si produce dappertutto ed ha perso per molti versi il legame con la nostra omonima valle”. • La valle Brembana è la patria dei formaggi. Come si sta promuovendo questo patrimonio? “La nostra tradizione casearia rappresenta un patrimonio di grandissimo valore, come recita il detto popolare “La boca l’è mia straca se la sa mia de aca”: impossibile terminare un pasto senza formaggio, anche se in realtà in montagna si mangiava “formai” prima, durante e dopo. La nostra arte di fare il formaggio è un modello portato in tutto il mondo. La lavorazio-

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FOCUS ne del formaggio è un patrimonio della gente di montagna, che ha basato per secoli la sua alimentazione su pochi e semplici alimenti. In Valle si usa ancora portare le vacche in alpeggio come tradizione impone. Prodotti come il Formai de Mut e il Bitto stanno dando grandi esempi di questa tradizione millenaria: è cresciuto l’interesse e l’orgoglio per queste produzioni. I produttori hanno scelto di fare sistema ben 20 anni fa: sono esempi virtuosi le Cooperative agricole in Val Taleggio e a Valtorta e Branzi, che rappresentano un modello autentico di lavoro coeso. Inoltre stanno nascendo varie iniziative come la casa del Bergamino, in Valle Imagna, che offre la possibilità di rivivere a tutto tondo l'esperienza di vita dell'allevatore di vacche da latte: un esempio per valorizzare tutta la filiera”. • L'enogastronomia è un comparto che può dare slancio economico alla Valle? “Assolutamente sì, ma è tutt'altro che un'impresa facile. Il problema è che i vincoli dell’Ue e della Regio-

ne frenano lo sviluppo. Ci aspettiamo che chi pone vincoli dia anche supporto alle imprese. Il Piano di Sviluppo Rurale non è sufficiente per sviluppare l’economia in montagna. Sull’enogastronomia si sta facendo da anni un gran lavoro. Riuscire a mantenere l’economia in montagna è possibile se riusciamo a far diventare gli agricoltori imprenditori. Dobbiamo anche fare molta cultura per promuovere lo sviluppo di imprenditorialità in grado di dare slancio alla montagna anche tra i giovani. Il Marchio Prodotti Val Brembana creato 15 anni fa dà un grande contributo allo sviluppo e alla visibilità delle nostre eccellenze e poi non mancano fiere come quella di San Matteo, a settembre, ed altri appuntamenti, dalla Fiera del Taleggio, a luglio, alla Sagra dello Strachitunt, a ottobre. Stanno nascendo nuove associazioni e ci sono produzioni di nicchia che ormai si stanno affermando, come le mele di Moio de' Calvi, e non mancano piccole produzioni interessanti dalle erbe officinali allo zafferano, da esempi di agricoltura biologica e biodinami-

I prodotti Moio de' Calvi “patria” delle mele Davide Calvi, sindaco di Moio de’ Calvi, presidente dell’Associazione frutticoltori agricoltori valle brembana Afavb ha deciso di salvare dall'estinzione la tipica mela del paese. Da 50 anni in amministrazione, per 40 anni sindaco, tranne che per il mandato dal 20052009, appassionato di agricoltura da sempre, ha promosso la nascita di un progetto che ha fatto di Moio, paese di 220 anime, la patria delle mele.

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"Siamo riusciti a preservare l'antica mela di Moio, una mela particolare, verde con venature bianche. Un prodotto che appartiene alla nostra tradizione, ereditata dai nostri vecchi che da sempre la coltivano in paese - spiega Davide Calvi -. La produzione è ancora di nicchia e non è ancora entrata a regime, ma grazie alla Provincia gra di Bergamo che ha partecipato all'acquisto di meli me di altre varietà, in questi anni sono so state piantate 130mila piante di mele trentine. La produzione dell'anno scorso d è stata di 1.500 - 1.600 quintali e Moio ormai è conosciuta come pacon tria bergamasca delle mele". bergam Un percorso iniziato nel perc 2003 con l'analisi del c terreno, terren che ha rilevato la vocazione per la coltura delle mele: c "Quelle prodotte qui "Qu hanno ben il 13.5% han di quantità zuccheriq na. Il I progetto ha contribuito a recuperare tribu terreni terren in disuso, da Ubiale Clanezzo a Foppolo. Cla L’associazione L’associazion conta oggi ben

Davide Calvi

300 associati: la vendita è principalmente diretta. dal produttore al consumatore, ma con l'Afavb intendiamo mettere in campo nuove iniziative di promozione ". Per far conoscere da vicino il mondo agricolo montano, l'associazione sta facendo scuola: "Affezionarsi ai nostri meli equivale ad amare la montagna. Per questo stiamo creando un campo scuola per far conoscere ai bambini la storia delle nostre mele, portandoli nei nostri frutteti. Un progetto iniziato l'anno scorso con le scuole di Zogno, San giovanni Bianco, Serina e Oltre il Colle che sta riscuotendo particolare successo".


ca ad esempi di agriturismo innovativi, come Ferdy”. • Quali altri progetti sono stati avviati nel territorio? “Stanno nascendo progetti importanti: a Corna Imagna le Comunità della Valle Imagna e della Val Brembana e Slow Food con il Presidio per lo stracchino all’antica hanno dato vita alla realizzazione del progetto della Casa del Bergamino. L’Ecomuseo della Valle Imagna e della Val Taleggio sta investendo molto per recuperare le case tipiche montane con i tetti neri in pietra, i famosi “tetti in piola” per dare vita ad un importante progetto; l’obiettivo è la creazione di un Atlante delle Baite con i tetti in piola, che sarebbero più di 100, e la loro omogeneizzazione, cui stiamo lavorando con il Politecnico di Milano per un progetto di recupero in grado di dare un’immagine unitaria a-

gli edifici simbolo delle nostre Valli; anche il Centro Studi per il Turismo e l’interpretazione del Territorio-Cestit dell’Università di Bergamo sta mettendo in campo un progetto per la loro valorizzazione in chiave turistica e ricettiva. Ma anche qui la normativa ci mette i bastoni tra le ruote: volevamo creare una nuova forma ricettiva, la "baita&breakfast", ma il progetto di legge regionale sull'ospitalità diffusa è stato stravolto. Nel 2008 la nuova formula di ricettività venne proposta da Frosio ed altri consiglieri regionali unitamente all'albergo e alla baita diffusa, ma venne approvato solo l'albergo diffuso, di cui abbiamo un esempio eccellente a Ornica. Abbiamo più di mille baite sul territorio: il nostro obiettivo è realizzare un modello di baita diffusa e di baita&breakfast per portare tutto l'anno il turismo sugli alpeggi”.

Ora anche la castagna ha la sua Associazione

E Zogno recupera la tradizione dei biligòcc

A dicembre, un gruppo di appassionati, dopo la partecipazione ad un convegno internazionale di castanicoltura a Cuneo, ha deciso di fondare un'associazione per replicare il modello piemontese in Bergamasca, valorizzando il patrimonio castanicolo diffuso nella nostra provincia, dalla castagna-pesta ai biligòcc di Casale di Albino e Zogno. "La produzione castanicola bergamasca deve riqualificarsi e può rappresentare una risorsa da sfruttare per valorizzare un prodotto che è stato alla base dell'alimentazione dei nostri nonni in montagna e per recuperare boschi e terreni - spiega Lorenzo Lego, presidente dell'Associazione castanicoltori Bergamo -. In pochi mesi l'associazione, fondata da 11 soci, ha già raccolto 40 adesioni: abbiamo coltivatori di castagno dalla Val Brembana e Val Seriana a Torre de' Busi, al confine con Lecco. Abbiamo partecipato a diverse manifestazioni, in primis alla Sagra dei Biligòcc a Zogno e stiamo portando avanti una politica di formazione e aggiornamento".A febbraio si è svolta presso la sala civica del Comune di Almenno San Bartolomeo un percorso di informazione teorico, seguito da una giornata sul campo, sul castagno e sulle pratiche di innesto, con esperti che hanno illustrato in un castagneto a Ubiale Clanezzo le principali tecniche di coltura.Al momento l'associazione non ha ancora una sede al di fuori di quella legale: "Da anni ci ritroviamo in un bar a Poscante ed è proprio lì che è nato il progetto. Ma abbiamo proposto all'Ersaf, l'Ente Regionale Forestale, di condividere il progetto e siamo in cerca di una sede per poter promuovere al meglio questo prodotto, orgoglio della tradizione montana e collinare bergamasca".

La tradizione bergamargamasca dei "biligòcc" c" nasce dalla ne-cessità della comunità contadina di sostener-si con i frutti della lla sua terra. Sopratttutto in tempo di guerra erano molte le famiglie che ricavavano dalla vendita dita delle gustose castagne, tagne, affumicate e bollite, i mezzi per sfamarsi. A recuperare questa tradizione è stato Angelo Curnis, assessore alla cultura di Zogno: "Un tempo a Santa Lucia i bambini aspettavano fuori dalla chiesa con impazienza la consegna di un misurino di biligòcc: un contenitore di metallo con 7-8 castagne per premiare chi si era comportato bene. Da sei anni proponiamo la Sagra dei biligòcc per non perdere i momenti di festa che hanno scandito da sempre la nostra storia. La distribuzione dei doni avviene a Santa Lucia e nel giorno della Madonna di Candelora si svolge la seconda parte della festa per recuperare la tradizione dei mercanti della neve, che partivano da Zogno per scambiare in tutta la provincia, fino a Milano a San Siro, i biligocc con altri prodotti e venderli durante le fiere".

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DIBATTITI

Al Vinitaly “separati” per esigenze di stand E

gregio direttore, formuliamo la presente in ordine al commento apparso a pagina 12-13 della rivista “Affari di Gola” di aprile 2011. Non le nascondiamo che il tono e l’allusione sono assolutamente fuori luogo nel caso di specie. La manifestazione del Vinitaly è, per tutte le aziende, le associazioni e i Consorzi, un impegno di tempo e di denaro notevole, ma che consente

un approccio al grande pubblico dell’utenza vinicola. La nostra Azienda e quella di Savoldi avevano ben illustrato al Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo le esigenze per il proprio stand, gli spazi necessari e quant’altro; poiché il Consorzio aveva fatto una scelta di spazio comune e a rotazione, è divenuta scelta obbligata per l’Azienda reperire uno spazio esclusivo proprio. Per di più, sempre con

l’Azienda Agricola Savoldi, veniva presentato il nuovo prodotto “Vermiglio di Roxia”. Pertanto, non vi è stato alcun problema o diatriba tra la nostra Azienda e il Consorzio, date le differenti esigenze ed impostazioni. La nostra Azienda, così come l’Azienda Savoldi, fa parte del Consorzio Tutela Moscato di Scanzo, apportando la propria esperienza per una crescita collettiva di un prodotto che sempre più si afferma per la sua unicità, sia sul mercato italiano, che quello straniero. Ringraziando sin d’ora per l’ospitalità e la doverosa precisazione, porgiamo i migliori saluti. Frida Tironi Responsabile Marketing La Brugherata s.a.s Marcello Savoldi Azienda agricola Savoldi

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el leggere la vostra lettera scopro di aver usato un tono ritenuto “fuori luogo”. Immagino vi riferiate a quanto da me evidenziato circa il fatto che tre aziende bergamasche non si sono presentate negli spazi dei loro Consorzi di appartenenza e, successivamente, al tentativo di capire perché non si sia voluta rafforzare ulteriormente la coesione dei Consorzi stessi. Ebbene, non trovo di aver usato un tono fuori luogo nell’evidenziare questo dato oggettivo. Anzi, nel leggere che “poiché il Consorzio aveva fatto una scelta di spazio comune e a rotazione, è divenuta scelta obbligata per l’Azienda reperire uno spazio esclusivo proprio”, si evince una conferma al mio pensiero circa il mancato rafforzamento di una maggiore coesione. Quanto poi alla presenza di vini diversi dal Moscato di Scanzo,

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esposti da parte di alcuni produttori, non si capisce come la presentazione di un nuovo prodotto possa essere stata una importante causa di “separazione”. Non mi pare siano emerse problematiche tra i produttori orobici nel far convivere realtà diverse, cantine da 800mila bottiglie accanto a produttori da 15mila. Comunque, non ho mai parlato di problema o diatriba tra voi e il Consorzio, né fatto allusione in questa direzione.Volevo, e lo ribadisco, formulare un ulteriore appello all’unità e sottolineare - ed è una mia opinione - che abbiamo perso un’occasione per rafforzare entrambi i nostri Consorzi che cercano di sviluppare una promozione, fortemente intrecciata al territorio, con protagonisti principali i propri associati. Enrico Rota


Dopo l’intervista a Luca Castelletti (Ais)

Il Valcalepio e la promozione, tra produttori e Consorzio ognuno deve fare la sua parte

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a promozione legata al nostro Valcalepio è tornata ad essere un argomento sensibile e quanto mai strategico. È utile continuare ad analizzare questa situazione così centrale per il nostro tro territorio e per tutto l’indotto generato. Partendo rtendo da quanto è emerso durante la rassegna internazionale del Vinitaly e arrivando all’intervista ervista del consigliere nazionale Ais, Luca Castelletti, telletti, apparso su queste pagine nel numero di aprile, sono emerse situazioni e proposte che sarebbe arebbe sbagliato non cogliere e sviluppare. Quando gli input hanno valide basi di discussiocussione è bene approfittarne, visto che troppo spesso si registrano considerazioni inappropriate ee di basso profilo da parte di opinionisti che, e, nel pensare di sancire tendenze di mercato, criticano - senza, per fortuna, aver gran seguito - l’operato di seri produttori solo per poter salire in cattedra. Per non parlare delle sviste clamorose, come una recente guida che ha recensito sull’edizione 2011 la Perletti Spumanti, azienda da tempo non più attiva. Tornando alla promozione, è bene evidenziare che per i bergamaschi è più complicato effettuare una promozione economica collettiva rispetto ad altre realtà vicine. Il Franciacorta e il Lugana, per esempio, sono vini che possono vantare una produzione che supera i 9 milioni di bottiglie all’anno. Facile comprendere che, a parità d’investimento per bottiglia, abbiano a disposizione cifre diverse rispetto al comparto enoico bergamasco. Il quale, unendo le due denominazioni oggi presenti, non raggiunge, nelle annate propizie, il milione e mezzo di bottiglie. Osservando poi chi produce, vale anche la pena ricordare che la promozione è

di Enrico Rota consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com

nelle mani “anche” dei produttori stessi: più vino si vende, più se ne parla, più il marchio si afferma. Una differenza importante a livello numerico è stata evitra gli espositori presenti al Vinitaly: 81 denziata tr della Franciacorta e 75 del Lugana conerano de tro i 26 ((di 2 denominazioni) bergamaschi. Di conseguenza, come abbiamo già sottolineato, consegue comunicazione di un vino non può essere la comun un’esclusiva di un Consorzio, ma deve essere un’esclus compito anche di tutti gli operatori del settore. Sono i produttori che danno vita al Consorzio, che d deve poi sviluppare buona parte delpromozione. Quindi è un gioco di squadra, la promo presuppone unità di intenti e coesione che pr nell’azione. Una nuova e grande opportunell nità ci viene data dalla nuova Doc “Ternit re del Colleoni” che, oltre a permetterci di incrementare i numeri, “sdoganerà” nostri spumanti e i vini aromatici. Riin tornando agli argomenti propositivi, Cato stelletti propone un lavoro sinergico tra ste produttori e Ais, coinvolgendo in modo pr deciso anche tutti i ristoratori. È una de proposta coscienziosa e lungimirante. pr Auguriamoci che abbia seguito. Cantine, Au sommelier e ristoratori però si devono so mettere in discussione e lavorare assiem me in un’unica direzione: difficilmente m qualcuno si potrà opporre a questa “fanqu tastica squadra”. Per chiudere, un’ultima ta considerazione: per rilanciare e svilupco pare un prodotto sono indispensabili pa anche supporti pubblicitari e la difesa an ad oltranza della zona (e non del vitigno), due armi necessarie per valorizzagn re sino in fondo i nostri vini. Dimenticarsi di questo, sarebbe come far svanica re sforzi e sogni che, in tutta onestà, ci meritiamo. m

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ACCADEMIA DEL GUSTO di Roberta Martinelli

Crippa:“Fare una cucina di qualità vuol dire non accontentarsi mai” Lo chef bistellato del ristorante “Piazza Duomo” di Alba, spiega la sua filosofia e ammette: “Il cliente ideale? È quello che mi lascia fare. Solo così posso esprimermi al meglio”

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e si domanda ad Enrico Crippa quali sono i suoi obiettivi, risponde semplicemente: «La felicità dei miei ospiti e, di conseguenza, la mia». Nato a Carate Brianza nel 1971, Crippa ha da sempre la passione per la cucina. Da quando con il nonno paterno, durante le vacanze, andava al mercato e poi accanto alla stufa puliva, tagliava e preparava le verdure e la carne.Vedere un omone grande e grosso affaccendarsi con pentole e fuochi è stata per lui, ancora bambino, l’illuminazione. La passione è cresciuta ed è diventata un lavoro alla "scuola" di Gualtiero Marchesi. Poi ci sono state le collaborazioni con alcuni tra i migliori cuochi europei: Christian Willer alla Palme d’Or di Cannes, Gislaine Arabian al Ledoyen di Parigi, Antoine Westermann al Buerehiesel di Strasburgo, Michel Bras a Laguiole, Ferran Adria a El Bulli di Roses e l’avventura giapponese a Kobe, per Gualtiero Marchesi, e a Osaka, per il Rhiga Royal Hotel. Oggi è uno degli astri nascenti della cucina italiana e il suo ristorante Piazza Duomo, ad Alba, due stelle Michelin, compare nell’elenco dei luoghi di culto della cucina italiana, per “i piatti personali e attuali, armonici, leggeri, sapidi, a base di prodotti scelti con cura maniacale ed elaborati con precisione micrometrica”. Un bel inizio, il suo, con Gualtiero Marchesi? «Beh, Marchesi ai tempi aveva una preparazione che in pochi potevano vantare. Ci ha fatto capire che questo mestiere non è solo cucinare, ma è anche organizzazione, arte, cultura. Nelle sue brigate già allora c’erano ragazzi stranieri».

CONVIVIUM DI STELLE

Il 22 giugno la tappa al “Piazza Duomo” Per far conoscere il dietro le quinte della cucina di Enrico Crippa, l’Accademia del Gusto, mercoledì 22 giugno, organizza una degustazione al ristorante Piazza Duomo, che è allo stesso tempo una lezione di cucina. La partenza è fissata alle 10 dalla scuola di cucina di Osio Sotto. La visita è aperta a cuochi e operatori della ristorazione ed è l’ultimo appuntamento della rassegna “Convivium di stelle”, il ciclo di pranzi degustazione ai ristoranti stellati organizzato da Ascom Formazione. info: www.ascomformazione.it

Lei è stato definito un cuoco rigoroso, perfezionista. Si ritrova in questa definizione? «È difficile definire una cucina. Se devo spiegare la mia, direi che è una cucina legata al territorio, alle stagioni, creativa, innovativa, leggera, moderna ma sempre legata a sensazioni e relazionata con la cucina classica. Non mi ritrovo nella definizione “fusion” che mi hanno dato alcuni giornalisti. Faccio una proposta anche legata al mare, oltre che alla terra, è vero. Ma siamo vicini alla Liguria e il pesce è un prodotto richiesto alla carta». Quali sono i suoi ingredienti irrinunciabili? «Cucino in campagna, se fossi stato in città la mia cucina non sarebbe com’ è. La cucina piemontese è prettamente legata alla stagione fredda, per questo si ha voglia di entrare nella primavera. Quindi per questo propongo

I CORSI • Le creazioni estive di Ezio Gritti Un incontro tematico in cui il cuoco bergamasco seguendo la logica della stagionalità dei prodotti, esprime la propria personale filosofia di cucina attraverso accostamenti insoliti, volti alla continua ricerca dell’equilibrio perfetto. Come i tortellini al ripieno di marmellata di arance, melone e capesanta. Martedì 7, dalle ore 10 alle 17

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•Convivium di stelle con Cannavacciuolo Pranzo degustazione al ristorante Villa Crespi (Orta San Giulio - No) per conoscere i segreti dello chef Antonino Cannavacciuolo. Si parte dalla scuola di Osio Sotto alle 10.30. La giornata è aperta a cuochi e operatori della ristorazione. Mercoledì 1° giugno dalle 10.30 alle 17 circa

• Il dessert Un maestro pasticcere realizza ricette di facile preparazione per chiudere al meglio una cena o un pranzo e rendere speciale ogni avvenimento. Lunedì 30 maggio dalle 20 alle 23 A cura di Adriano Anastasio

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frutta, germogli, verdure. Poi l’inevitabile ritorno ai funghi, ai tartufi e alla selvaggina». Cosa significa fare una cucina di qualità? «Non accontentarsi mai, puntare sempre a materie prime eccellenti.Anche occupandosene in prima persona. Noi, ad esempio, abbiamo un orto completamente nostro. E abbiamo chi per noi seleziona le nocciole e alleva i maiali». Come sta in salute la cucina italiana? «Bene direi. Ci sono sempre spazi di miglioramento, ma il prodotto italiano è di grande qualità». Che consiglio dà ai giovani chef? «Di partire con molta umiltà, di ascoltare i cuochi più preparati e di imparare tutto il possibile. Di restare attaccati alle nostre radici, ai gusti che abbiamo imparato ad amare da piccoli. Poi se la fantasia c’è verrà fuori. Poi un altro consiglio: mai bruciare le tappe, correre verso il traguardo. Già, perché oggi tutti vogliono fare i cuochi, ma pochi accettano il sacrificio che comporta lavorare in cucina. I media ci hanno esaltati, ed è bello vedere come tanti ragazzi ambiscano a fare il nostro lavoro. Ma è bene che sappiano una cosa: per diventare grandi, come Marchesi o Cracco, per esempio, ci vogliono anni di duro lavoro, di totale dedizione alla causa». Quanto è rimasto dell’esperienza giapponese nella sua cucina? «Utilizzo pochi ingredienti giapponesi, il sesamo, qualche alga. Quello che ho portato con me è la filosofia, l’amore per la stagionalità, per il mondo vegetale, il rispetto e l’attenzione per l’armonia delle forme, i colori, la successione delle cotture. Un amore e un rispetto che c’erano anche in Marchesi e che si ritrovano in tutti i suoi allievi». Il cliente perfetto come dovrebbe essere? «Quello che mi dà carta bianca, che mi lascia fare. È il mondo ideale per farmi conoscere meglio, far capire di più i miei piatti. Noi lavoriamo al 90 per cento con perLa prima volta il cliente non sone che non conosciamo. conosc sa cosa aspettarsi e io non so quali sono i suoi gusti. reciproca cresce. È come una sinergia. Poi la conoscenza rec cosa gli piace di più e cerco di asseIo mi segno co condare le sue su preferenze, di farlo felice. È un con i piatti della nonna che po’ come avviene av ci piacciono tanto perché lei ci conosce e sa i nostri gusti». nostr Conosce la ristorazione bergamaCo sca? sca I vini, i formaggi? «Ho lavorato per diverso tempo all’Albereta bere di Erbusco, conosco alcuni colleghi bergamaschi e molti vostri piatti: le polente, i casoncelli, il taleggio e il p formai de mut. La vostra è una cuf cina sincera, schietta, un po’ come c la l gente. Verace, rustica a volte, ben precisa e concentrata nei gusti». p Enrico Crippa

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L’EVENTO di Giordana Talamona

La sicurezza negli alimenti tiene sempre più banco A Tuttofood, la Fipe ha presentato il Manuale sulla corretta prassi igienica, mentre il ministero della Sanità ha annunciato la prossimaa approvazione della nuova normativa di riferimento. La parola d’ordine: prevenire comportamenti errati e tutelare i consumatori

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li italiani sono sempre più single, mangiano fuori casa, adorano il sushi e si affidano alle opinioni delle foodblogger. Queste solo alcune delle tendenze emerse da Tuttofood, la fiera agroalimentare che si è tenuta a Rho dal 7 all’11 maggio nel polo espositivo di Fieramilano. Quindi spazio ai surgelati, alle monoporzioni, ai finger-food mangiati con gli amici per un aperitivo fuori casa ed alla rete come mezzo democratico per scambiarsi opinioni su ricette e ristoranti In&Out. Le abitudini di consumo cambiano, così come gli stili di vita e le norme che disciplinano tutta la materia alimentare negli esercizi pubblici. Questo trend si riflette anche sull’aumento delle cattive abitudini alimentari, tipiche delle economie industrializzate, con una sostanziale contrazione della spesa per il cibo a favore dell’acquisto di beni e servizi. “I consumi alimentari sono passati da un peso del 40% negli anni Settanta, al 17% negli ultimi anni - ha spiegato Luciano Sbraga direttore ufficio studi Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, durante un convegno sulla sicurezza alimentare -. Questo significa che su 1 euro speso dagli italiani, soltanto 17 centesimi vanno in media per i consumi alimentari. Un trend che è strutturale in certe economie, ma che forse nel nostro Paese ha avuto un’accelerazione fin troppo elevata”. Comportamenti sbagliati che sono speculari a quelli dei bambini che, secondo Fipe, non fanno colazione a casa, mangiucchiano snack e merendine, riservando alle mense scolastiche il compito di supplire al primo pasto importante della giornata. Al tal riguardo, durante Tuttofood il ministro della Salute Ferruccio Fazio è intervenuto ad una tavola rotonda organizzata da Fipe sul delicato problema della sicurezza alimentare e sulle novità riguardanti il Manuale di Corretta Prassi Operativa della Ristorazione. “Anche il ristorante può diventare una sorta di tavola dietetica - ha spiegato il ministro - per questo l’indicazione nei menù dei valori nutritivi e dei cibi allergenici potranno permettere ai nostri cittadini di fare le giuste scelte alimentari anche fuori casa”. Quindi più attenzione alle categorie fragili, non solo ai portatori di allergie, ben il 50% della popolazione, ma anche agli adolescenti che mangiano spesso nei fast food o che possono incorrere nell’abuso di alcol.

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“Uno dei prossimi impegni, in conformità a quanto nto avviene già all’estero stero - ha proseguito ill ministro Fazio - sarà quello di predisporre un corso sull’alcol chee formerà adeguatamente chi vende sostanze alcoliche”. Il ministero della Salute sta lavorando, in questo periodo, ad una sostanziale riorganizzazione di tutta la normativa vigente sulla sicurezza alimentare. Se infatti l’Ue è andata verso un’essenziale semplificazione, conferendo responsabilità diretta all’imprenditore per le strumentazioni usate e per gli effetti salutistici sugli alimenti trattati, la normativa italiana è rimasta indietro, legata ancora a leggi talvolta superate, risalenti addirittura al regio decreto del 1928. Il Codice della Sicurezza Alimentare, in prossima approvazione, sarà quindi la nuova normativa di riferimento su questo delicato tema, interpretando le competenze di 13 organismi, già interessati al controllo degli alimenti. Perché, al contrario di quanto accade oggi, il controllato non sia al tempo stesso il controllore. A Tuttofood si è parlato anche del nuovo Manuale sulla corretta prassi igienica redatto da Fipe e riconosciuto dal ministero della Salute, dov’è possibile trovare importanti riferimenti per gli addetti del settore. Un’interessante novità è quella che tratta un delicato tema riguardante

Le cifre del consumo fuori casa • 12 milioni di italiani, di cui 9 milioni lavoratori, mangiano fuori casa ogni giorno • Spesa media per un pasto 7 euro: 26% pizza, 15% un primo, 13% insalatona • I pasti sono consumati per il 28% nelle trattorie o ristoranti, per il 22% nei bar e per il 18% nelle pizzerie a taglio


le nuove abitudini alimentari degli italiani, il consumo del sushi. Se infatti mangiare pesce crudo fa bene alla salute per le sue importanti proprietà nutritive, farlo senza le dovute cautele può essere estremamente rischioso per le eventuali intossicazioni da parassiti. La parola d’ordine è abbattimento in tempi brevissimi, una tecnica che prevede di portare a -20 °C per 24 ore il pesce crudo, comunicando al consumatore, qualora vvenisse confezionato, l’abbattimento effettuato (ben diverso dalla tecnica del congelamento) e la varietà di pesce utilizzato. In tutti gli altri casi, vva da sé, dovrà essere riportato sul menù. Ma se di sicurezza alimentare, cattive abitudini e cambiamento di stili di vvita si è parlato, a Tuttofood è emersa un'altra interessante, paradossale tendenza: se noi siamo sempre meno attenti alla dieta mediterranea, all’estero si cerca e si vuole sempre di più il made in Italy. Prodotti alimentari della nostra tradizione che, disgraziatamente sui territori esteri sono sempre più contraffatti, ridotti a brutte copie dei nostri. Gli stranieri li chiamano fake o italian sounding, contro i real italian food ricercati come merce preziosa da ristoratori di mezzo mondo. Ed ancora una volta l’Oriente fa la parte del leone. “Il mercato cinese ha una fame pazzesca di prodotti italiani - ha spiegato durante uno show cooking lo chef Claudio Sadler che ha recentemente aperto un ristorante a Pechino - anche se è ancora poco preparato alla filosofia dell’alta cucina italiana. ana. Hanno ancora in mente i classici ici “pizza e spaghetti”. Ad oggi gi Shangai e Honk Kong sono ono state invase da vino e olio italiano, Pechino hino è arrivata dopo, opo, quindi è più difficile far passare are nella capitale ale l’alta cucina del nostro Paese”.

Cheese Award, Tuttofood premia anche i bergamaschi

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ono 14 i produttori di formaggi d’eccellenza premiati da Tuttofood 2011, nell’ambito del “Cheese Award”, l’ormai tradizionale concorso appositamente dedicato al settore lattiero-caseario, che, nella terza giornata della rassegna agroalimentare milanese, ha vissuto il suo momento conclusivo. Una giuria composta da esperti e ristoratori scelti dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi e presieduta da Lino Stoppani (presidente della stessa Fipe), dopo un’attenta selezione incentrata sulle caratteristiche organolettiche e le tecniche di lavorazione e di stagionatura, ha decretato dunque che tra le 51 aziende di formaggi in gara nella terza edizione di Tuttofood, a ricevere il tradizionale attestato del “Cheese Award Tuttofood 2011” dovessero essere i seguenti produttori: i Fratelli Scollo per il caciocavallo siciliano “Ragusano Dop”, l’azienda Mario Costa con il Gorgonzola “piccante”Antica Bontà, le Fattorie Fiandino per l’Ottavio e Lou Bergier, i fratelli Pozzalli per la “Raspadura” e la “Lodigrana” in sacchetto salvafreschezza Bella Lodi. premiati anche i bergamaschi, la casa Arrigoni Valtaleggio con il “Rossini” e Casarrigoni con il formaggio di pasta molle Roccolo Valtaleggio. Nell’elenco anche la Toniolo Casearia (per i formaggi Nonno Tito Casaro, Menta, Capruccio, Pincion Riserva, Morlacco), la Casearia Carpenedo per i formaggi Monteo, Basajo, Baronerosso, la Delizia spa per il caciocavallo stagionato in grotta, il Caseificio Gennari Sergio & figli, la ssocietà coop agricola La marsua mozzarella di bufala campachesa per la su na Dop, la Agrozootenica Marchesadi E.Parente, l’azienda il Forteto per il E.Paren pecorino toscano dop Oro antico, il pecori pecorino Re Nero, il pecorino ‘Brinapecor formaggio muffettato di pecora ta’ fo la Fattoria della Piana, ed, infine, in azienda che con il suo “pecorino azien calabrese” riserva max è riuscita ad calab aggiudicarsi il prestigioso riconoaggiu scimento per la terza edizione conscime secutiva. secutiv

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TEMPI MODERNI di Giordana Talamona

Bambini a tavola, che sfida educare i futuri gourmand! È da piccoli che si forma il palato che, una volta adulti, ci permettere di apprezzare i piaceri della cucina. Ma il confronto coi piccini non è dei più facili, anche al ristorante. Abbiamo chiesto cosa ne pensano tre grandi chef. Ecco il loro responso

Aimo Moroni: “Il 96% dei bimbi chiede piatti fuori menù. Non è un bel segnale” Viene da una cultura contadina fatta di tradizione e semplicità, da una terra, la Toscana, che gli ricorda i nonni, con quelle colazioni fatte col pane, burro, zucchero e il latte appena munto. Aimo Moroni è uno chef che viene dalla terra, che con Nadia, sua moglie, ha creato uno tra i più celebrati ristoranti di Milano “Il luogo di Aimo e Nadia”. “La grande cucina non è ricca o povera, ma buona” - dice con convinzione, ricordando quanto siano importanti le materie prime e la stagionalità, per fare di una semplice ricetta un grande piatto della tradizione italiana. Questa filosofia Aimo non l'ha messa solo nella sua cucina, ma ancor di più nell'educazione alimentare e sensoriale che, con Nadia, ha impartito ai suoi figli e nipoti.“Guardo con tristezza le altre nonne che al parco danno le merendine preconfezionate ai loro nipotini - spiega - Per un'alimentazione sana, è molto meglio pane leggermente tostato e marmellata fatta in casa”. Mangiano tutto i suoi nipotini di 4 e 6 anni? “Certamente, perché li abbiamo abituati da subito. Sono convinto che educarli ad una corretta alimentazione sin da piccoli possa essere estremamente salutare, soprattutto a lungo termine. L'esempio di quel che dico sono io: uno uomo di 77 anni che, quando fa gli esami, non ha un valore fuori posto. E non sono diverso da chiunque altro, queste buone abitudini sono alla portata di tutti. Non a caso Ippocrate diceva «l'alimento deve essere anche un medicamento»”. Nel suo ristorante arrivano spesso famiglie con bambini. Cosa mangiano? “Il 96% dei bambini chiede piatti fuori menù. Qualche sera fa una mamma mi ha chiesto di non mettere il basilico

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sugli spaghetti al pomodoro, perché non piaceva a suo figlio. Il basilico, dico io, una delle erbe aromatiche più importanti nella nostra cucina. Come secondo mi ha chiesto di fare le orecchie d'elefante, delle cotolette fini e larghe con molta pastella. È un peccato che li si abitui a mangiare così, perché non solo manca il giusto equilibrio nutritivo, ma il bambino perde molto di quella che sarà la sua memoria gustativa”. Cosa intende? “È l'affinamento del palato legato alla memoria. Io ricordo ancora le uova che mangiavo dai nonni, quando ero bambino. È stato grazie a questo “dischetto della memoria” se ho saputo ritrovare, a distanza di anni, quel sapore specifico nelle uova di Paolo Parisi, un allevatore che fa razzolare a terra le sue galline livornesi. Sono come quel-

Aimo Moroni (al centro)


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uesto non mi piace e non lo mangio!”. Alzi la mano chi, col proprio figlio, non ha dovuto sudare almeno una volta le fatidiche sette camicie per fargli mangiare frutta, verdura, pesce o minestra. Capricciosi? Forse. Esigenti? Senza dubbio. Certo è che questi figli non sono solo lo specchio dei genitori, ma ancor di più di una società che corre veloce ingollando cibo preconfezionato dal sapore incerto ed omogeneo. Pappette alimentari, ecco ciò a cui li stiamo abituando sin da piccoli. Ma se di educazione si può parlare con nostri figli per quel che attiene la scuola e le buone maniere, perché non fare altrettanto per ciò che concerne il gusto? Se i sensi non sono cambiati alla stessa velocità dell’industria alimentare, basterebbe solo risvegliarli e riappropriarsene. Ed allora che educazione sensoriale sia, come ci hanno spiegato Giuseppe Capano, chef esperto di alimentazione, Aimo Moroni, maestro indiscusso del gusto, e Davide Oldani, con la sua cucina pop alla portata di molte tasche.

le dei miei nonni, ma se non le avessi provate allora che termine di paragone avrei avuto?”. Come si può educare un bambino a tavola? “Innanzitutto il bambino deve provare tutto. Di norma vede cosa mangia l'adulto, lo osserva e tendenzialmente lo emula. Di recente siamo andati a mangiare in un agriturismo nel tortonese con tutta la famiglia. Ebbene, i miei nipotini hanno assaggiato un po’ di tutto, compreso bollito e verdure”. È la stessa educazione che ha avuto dai suoi genitori? “Vengo da una famiglia nella quale la mamma era una cuoca privata e il papà carabiniere. Se per il pranzo, faccio un esempio, la mamma aveva preparato il fegato alla veneziana ed uno di noi quattro figli non lo voleva mangiare, il babbo ci diceva “Bene, lo mangerai questa sera, altro non c'è”. Se la stessa cosa avveniva a cena, idem come sopra. Vede, in questo modo abbiamo imparato a mangiare tutto e la stessa educazione l'ho data ai miei figli e nipoti”. L’ultimo menù che ha cucinato per i suoi nipotini? “L’altro week end ho preparato dei pomodorini ciliegino molto maturi, con sopra una dadolata di bufala, un filo di olio extravergine d'oliva e del basilico. Poi come primo ho fatto un risotto con i carciofi castraure e del burro, non tanto, solo per legare, poi un filo d'olio e delle erbette aromatiche. Come secondo l’entrecote appena scottata in finissima crosta di pane e dei fagiolini come contorno. Infine una macedonia di frutta fresca. I miei nipoti hanno assaggiato un po’ di tutto. Ho dovuto cedere solo su un’insalatina con della cicorietta, che non piaceva alla mia piccolina, ma ogni tanto si può fare”.

Capano: “Occhio alle temperature delle pietanze. Possono fare la differenza” È chef, consulente alimentare e ha all’attivo numerose pubblicazioni sulla salute in cucina. Giuseppe Capano opera nel settore sin dagli anni Ottanta, collaborando con medici specializzati nel rapporto tra alimentazione e salute. Da queste esperienze e, ancor di più, da quella di padre è nato il libro “La cucina per i bimbi”, scritto a quattro mani con la giornalista Cornelia Pelletta, una guida sul corretto stile alimentare dei bambini, con ricette e trucchetti per stimolarne il gusto. È giusto coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti? “È fondamentale se li si vuole educare ad un corretto stile alimentale. Per tutti i bambini la regola generale è stimolare tutti i loro sensi, far sentire i profumi dei prodotti a crudo, come cambiano una volta cotti, sentirne il rumore quando si tagliano a pezzi, farne percepire con le mani la consistenza, il peso e la forma”. Da che età è possibile educare il gusto? “Dallo svezzamento in poi, più si aspetta e più difficilmente si possono correggere comportamenti sbagliati. Ritengo che la prima auto-educazione dovrebbe essere quella dell’adulto perché pretendere di far mangiare delle zucchine al bambino, quando il genitore stesso non le sfiora nemmeno, è un puro controsenso”. Non trova che sia sbagliato non abituarli, sin dalla tenera età, a sapori più evoluti? “Sì assolutamente, questo atteggiamento di dare al bimbo prevalentemente sapori anonimi, tendenti al dolciastro, è completamente sbagliato. La parola d’ordine è gradualità e buon senso. Non c’è nulla che un bambino sano, a parte erbe e spezie forti, non abbia la capacità acità di apprezzare e capire se guidato ato da un adulto consapevole”. Qualche regola per i più piccoli? “E' molto importante prestare stare attenzione alla temperatura del cibo che il bambino ingerisce.. Un cibo freddo o troppo caldo, anche che solo di pochi gradi, può essere perr lui fonte di rifiuto ancora prima dell’assagssaggio. Istintivamente, infatti, il piccolo è portato a pensare, soprattutto nei primi anni, che la temperatura sia sem-

Giuseppe Capano


pre quella del latte materno o di quello consumato nei primi mesi”. E per i più grandi? “Una potente molla è quella di coinvolgerli nelle operazioni di cucina. Mi preme sottolineare che tutto questo deve essere fatto senza creare ansia e angoscia nel bambino. È comprensibile la paura dell’adulto nel momento in cui usa uno strumento potenzialmente pericoloso come il coltello, ma trasmettere continui timori fa percepire una mancanza di fiducia dell’adulto che, alla fine, si traduce in un’immagine negativa della cucina”. L’obesità infantile è una piaga pericolosa. Qualche suggerimento? “Questa delle merendine preconfezionate è un abitudine veramente deleteria, ma difficilmente l’adulto ne ha consapevolezza. Il vantaggio di non doverle preparare è troppo forte e la pubblicità camuffa ad arte i rischi trasformandoli a volte, per assurdità, in vantaggi dietetici. Credo che la soluzione sia quella di vincere la pigrizia smettendo l’alibi del tempo. Preparare una torta o dei sani biscotti costa, in termini di temempo, quanto andare e tornare da un supermercato più o meno no vicino”. E nel caso dell’inappetenza? za? “Lo considero un problema ancora più grave e, in alcuni casi, asi, devono entrare in gioco le capacità dei professionisti della ella medicina comportamentale.. Si tratta in sostanza di un cattivo ivo rapporto con il cibo che nelle elle forme lievi è facilmente supeperabile, ma spesso comporta ambiti psicologici complessi. Cononsiglio in famiglia di organizzare are i pasti a orari uniformi nel temempo, variare il più possibile i cibi ibi preparati, spegnere la televisioione e avere un clima sereno a tavola conversando”.

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Oldani: “Efficace la scelta di giocare su un leggero contrasto dei sapori” È l’artefice dell’alta cucina pop, come popolare, un paradosso apparente che Davide Oldani ha sdoganato da qualche anno col suo ristorante, il D’O di Cornaredo. Da lui, che è stato celebre allievo di Gualtiero Marchesi, si può provare la cucina d’autore spendendo cifre alla portata di molte tasche, grazie ad una filosofia di riduzione degli sprechi e di democrazia del gusto che Oldani ha imparato, sin da piccolo, dalla famiglia. Un’opportunità in più per quei genitori curiosi ed attenti all’educazione sensoriale dei propri figli, che possono tentare strade gustative più ricercate, senza spendere un occhio della testa. Unico requisito è la pazienza, perché per un tavolo al D’O occorre attendere qualche mese, ma d’altronde cosa non si fa per i propri figli e… per il proprio gusto? In questa società bombardata dalla pubblicità e dall'industria alimentare com'è possibile educare il palato dei più piccoli? “Credo che i genitori dovrebbero, sin dall'inizio, sforzarsi di far assaggiare ai propri figli il più possibile, per dar loro in seguito la possibilità di scegliere”. È capitato anche a lei da bambino? “I miei genitori mi hanno insegnato quanto in cucina i leggeri

contrasti tra i sapori potessero dimostrarsi piacevoli. Ricordo quando da piccolo mio padre mi fece provare del formaggio con un tocco di marmellata. All'inizio ero un po' restio, ma lui mi invitò ad assaggiare questo abbinamento perché il dolce, mi diceva, avrebbe smorzato un po’ l'acidità del formaggio. Provai e mi piacque. Oggi formaggio e marmellata è diventato un abbinamento classico”. Cos'altro le hanno insegnato? “L'educazione a tavola e l'importanza della convivialità. Questi principi sono il leit motiv del mio ristorante”. I gusti cambiano e si evolvono anche attraverso l'esperienza diretta? “Direi di sì, fino a dieci anni fa non mangiavo i piatti piccanti, poi ho passato un periodo in Giappone e non solo mi sono abituato, ma ho iniziato ad apprezzarne la cucina”. Al D'O quali sono le ricette che i bambini apprezzano maggiormente? “Quando mi trovo davanti una famiglia, consiglio per i ragazzi dei piatti molto semplici, gustosi, ma equilibrati. Per esempio del riso deliq ccato, senza soffritto, completato da un'infusione di zafferano messo al u ccentro della preparazione. I bambini trovano divertente il contrasto n del giallo sul bianco, ma soprattutd tto apprezzano il gusto dello zafferrano e del riso puro. Vanno molto aanche i volatili, come le quaglie o il ggalletto, con delle verdurine di staggione come contorno”. Qual è il segreto? Q “Come ho scritto in un mio libro, lla buona cucina deve piacere sia ai bambini che agli anziani, perché se b piace ai primi, che hanno un palato p aancora vergine, vuol dire che l'armonia dei sapori è stata raggiunta, m sse piace ai secondi, significa che aabbiamo rispolverato il gusto della ttradizione”.

Davide Oldani


Gelato artigianale, 6mila tonnellate di puro gusto Tanto se ne produce ogni anno a Bergamo. Il cono resta in cima alle preferenze

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l nostro territorio è fra le aree più avanzate d’Italia per quel che concerne i consumi e la qualità del gelato artigianale. Oltre 310 gelaterie garantiscono ogni anno, nella Bergamasca, più di 6mila tonnellate di gelato artigianale, 3.500 delle quali sono destinate ai coni e ai bicchierini da “impulso”, 1.500 alle termoscatole da “asporto”, le rimanenti a coppe e a semifreddi da “sosta”. Degustare con piacere Naturalmente, al primo posto c’è sempre perché è il simbolo p il cono,, p riconosciuto gelato artigianale, rico ri cono nosc s iu uto del g elat el ato o artigi ian anal ale, ne valorizzaa llee qu qualità qual a itàà e, con le sue ghiere, ghie gh iere, facilita

La qualità al primo posto Arnaldo Minetti, imprenditore del settore, formatore, sintetizza così la realtà della nostra provincia I consumatori bergamaschi sono ormai abituati a scegliere il meglio: l’offerta è vasta, ben articolata e capillare e permette di scegliere la propria gelateria di fiducia, quel gusto o quella specialità particolare che fanno preferire un locale e poi generano un passaparola positivo che diventa più efficace di qualunque pubblicità. Gelaterie belle, pulite, sobriamente eleganti creano quella atmosfera irripetibile che è fatta di attesa, di curiosità, di gioia e di piacere della consumazione: le vaschette espongono gusti di gelato che devono essere facilmente riconoscibili dal consumatore per la loro struttura e per i loro colori come naturali e ben realizzati, non artefatti, non troppo alti o pasticciati, non con colori eccessivi e inevitabilmente artificiali. Ogni giorno sempre di più si afferma la tendenza a scegliere la genuinità e a premiare le gelaterie che la pongono come obiettivo qualificante. Il cartello degli ingredienti è importante e la dice lunga su quanto vale quel particolare gelato: nei gusti al latte (le cosiddette creme) proprio il latte intero fresco deve essere al primo posto, seguito poi dalla panna fresca, dagli zuccheri e da ingredienti che si qualificano da soli (la nocciola deve essere prodotta con nocciole possibilmente delle Langhe trilobate, il pistacchio migliore è quello di Bronte in Sicilia, il cioccolato è re-

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la lavorazione a spatola, che è un altro emblema dell’artigianalità in gelateria. Un gelato artigianale fresco e genuino si riconosce subito e garantisce “il” piacere della degustazione: alcune gelaterie hanno aggiunto alla ricettazione nobile anche l’utilizzo della micronizzazione, una nuova fase produttiva, dopo la pastorizzazione e prima della mantecazione, che consiste nel far girare la miscela del singolo gusto a 48mila giri al minuto per ottenere una dimensione di 50 micron delle particelle di gelato e un tessuto dello stesso molto raffinato e delicato, quindi con una palatabilità gradevolissima. È una esperienza sensoriale che vale la pena conoscere e poi ricercare: dimostra che il gelato artigianale non si accontenta di un eccezionale gradimento consolidato nel tempo, ma è in ulteriore miglioramento. segue a pagina 23

alizzato con cacao e copertura fondente… ); nei gusti di frutta proprio la frutta deve essere al primo posto se vogliamo che la percentuale utilizzata sia elevata, poi gli zuccheri, magari di alto profilo come fruttosio e zucchero d’uva. Anche in questo caso è qualificante la presenza di frutta eccellente, come il limone di Sorrento Igp, e le produzioni del nostro territorio, magari con un paio di alternative tropicali. Anche nelle proposte innovative, il consumatore competente non rincorre più le “novità ad ogni costo”, basate solo sulle mode e sull’apparenza, con gusti strampalati e inventati a tavolino (magari zeppi di coloranti), ma ricerca proposte legate alla stagionalità o alla reinterpretazione di dolci locali o dell’enogastronomia nomia del territorio: con n questa q esta qu a scelta sceelt lta a si sodsod ddisfa la curiosità rivisitano uriosità e sii ri rivi v sitano sapori sap aporri chee rafforzano ra aff ffor o za ano la cultura terra. a e la storia della nostra terr ra. Vale la pena ricordare che all’offerta di nunumerosi gusti nelle vaschette delle usti n us ellle vaschet tte d elle vetrine ne eespositive si aggiung aggiungono proposte ngon o o pr rop opos oste te sstimolanti timolant ntii come gli stecc stecchi artigianali, biscotti chi artigi ianali li,, i bi bisc scot o ti ripieni, torte e semifreddi, monoporzioni, granite mifr fred eddi di, mo onoporzzio oni ni,, gr gran anit ite naturali, tutti all’insegna qualità. tuttti al all l’inseggna della a qu qual alit i à.

Arnaldo Minetti

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La frutta sempre protagonista, fragola e limone i gusti preferiti

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el periodo primaverile ed estivo i consumi di gelato artigianale si impennano e tutti i gusti di frutta hanno incrementi considerevoli, ancor più dei tradizionali gusti al latte come nocciola, pistacchio, crema all’uovo, fiordilatte e cioccolato. Il miglior gelato di frutta è realizzato senza latte, per evitare che abbia una consistenza troppo cremosa e per far sì che venga ottenuto il sapore specifico di ciascun frutto, a maggior ragione se si tratta di agrumi. Gli ingredienti sono altamente naturali: frutta, zuccheri (in particolare di canna), fruttosio e zucchero d’ uva, acqua, fibre vegetali, una piccolissima presenza di farina di semi di carruba o di pectina. Più è alta la percentuale di frutta e più è buona, migliore sarà il gelato prodotto. Nella classifica dei consumi, la fragola occupa sempre la prima posizione, seguita dal limone, meglio se di Sorrento Igp: seguono i frutti di bosco, pesca, albicocca, banana, melone, ananas e via via i vari frutti di stagione e qualche offerta di esotici e tropicali, mango, papaya… È molto apprezzato anche l’abbinamento con lo yogurt. Nelle coppe è richiesto l’accostamento di gusti di creme e frutta, oppure fra più gusti di frutta, o ancora fra gelato e frutta a pezzettini: richieste anche le salse di frutta naturale, calde o fredde, per tranci e dessert al piatto.

Un particolare successo stanno riscuotendo in questi ultimi anni gli stecchi artigianali di frutta, che vengono proposti in una vasta gamma di gusti, tutti con un’altissima percentuale di frutta. Molto gettonate in gelateria anche le granite naturali. I consumatori competenti premiano l’offerta più attenta alla genuinità e alla qualità: se nel cartello degli ingredienti la frutta è al primo posto, se la vetrina presenta vaschette di un gelato con una bella struttura, senza colori sgargianti, senza essere troppo alto e pasticciato, allora si può essere sicuri che quel prodotto è ben realizzato e regalerà il piacere della degustazione. La sinergia fra gelaterie e prodotti del nostro territorio è un ulteriore punto di prestigio e rafforza la scelta di valorizzare l’eno-gastronomia bergamasca attraverso sapienti ricettazioni delle gelaterie di fiducia.

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IL BUON GELAT “La merenda non si paga”, l’omaggio dei gelatieri ai più piccoli

“La merenda non si paga” è la manifestazione simbolo dei gelatieri bergamaschi aderenti al Co. Gel. Ascom, che torna per la gioia dei più piccoli. I punti vendita che partecipano all’operazione distribuiscono infatti ai bambini delle scuole dell’infanzia e delle elementari della propria zona degli speciali buoni con i quali possono ritirare nella gelateria stessa dal 24 al 27 maggio un cono omaggio. Quest’anno il Comitato ha riservato un gesto anche per chi è meno fortunato e consegnerà al reparto pediatrico degli Ospedali Riuniti di Bergamo gelato da distribuire ai bambini ricoverati: perché sia davvero una festa per tutti! L’iniziativa fa parte di Gelateria di Fiducia, la campagna dedicata alla promozione del prodotto artigianale che dalla primavera all’autunno offre ai consumatori una serie di opportunità per conoscere l’offerta bergamasca, alla quale hanno aderito quest’anno 46 esercizi. Il calendario gelato tricolore” - duran durante io si è aaperto perto ad aprile co pe conn “Il Il mese dell gel e ato tricolore a te il quale anniversario qua uale le i ggelatieri, elattie el ieri ri,, pe perr celebrare il 1150esimo 50es 50 esimo anni nivers rsar a io dell’Unità d’Italia, hhanno ispirate anno an no rrealizzato eali ea lizzzat atoo co coni ni e ccoppe opppe ispir i atte al bbianco, ianc ia nco, o, rosso e verdee e premiato prem pr emiato i ddisegni iseg is egni ni ddei ei bbambini ambi am bini ni – e ssii ch chiu chiuderà iude derà ad ottobre “Fe Fest staa dei dei nonni” n nni” che per qquesta no uest ue staa ed ediz izione ent ntra ra nel elle caa con la “Festa edizione entra nelle di riposo e nei ei centri cen entr tri anziani con una fornitura gratuita ase di ospiiti da da parte p rte delle pa dell de llee ge gela late terie. gli ospiti gelaterie.

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TO ARTIGIANALE segue da pagina 20 Le mete dei consumatori sono le numerose gelaterie di impulso e asporto, collocate nei centri storici, nelle località turistiche, nelle vie di passaggio e nei centri commerciali e caratterizzate dal consumo di coni, bicchierini, stecchi e granite e dalla vendita di termoscatole per il gelato da consumare a casa. Notevole è anche il ruolo delle gelaterie - caffetterie con un forte consumo delle coppe al tavolo o nelle verande e giardini, così come è in crescita l’offerta di buon gelato artigianale nella ristorazione. L’obiettivo comune dell’intero settore è quello di estendere ulteriormente il consumo domestico. Nelle gelaterie di fiducia della Bergamasca, il consumatore sa comunque che si lavora quotidianamente per coniugare tradizione e innovazione, con professionalità e creatività, accrescendo il piacere di tutti coloro che cercano, gustano, amano il buon gelato artigianale. La formazione dei gelatieri Significativo è infatti il buon livello di qualità che i locali riescono a offrire: l’attenzione alle materie prime genuine e agli ingredienti composti di alto profilo si è coniugata con la cura dei percorsi formativi, non solo per i gelatieri di recente professionalizzazione, ma anche per gli esperti, grazie alla formazione permanente e a frequenti giornate dimostrative. La conoscenza degli ingredienti e delle tecniche e del ciclo produttivo, espositivo, l’applicazione corretta dei protocolli igienico-sanitari, le tematiche di comunicazione e marketing sono aspetti fondamentali per la crescita professionale degli operatori e per garantire alto livello al gelato prodotto. Un settore dinamico Alle centinaia di gelatieri e loro collaboratori si aggiungono centinaia di posti di lavoro garantiti dalle aziende del settore: un conificio, aziende di macchinari, molti arredatori, ditte di distribuzione specializzata, aziende di ingredienti composti e di termoscatole, addetti alle manutenzioni, senza contare gli occupati dell’agricoltura e delle centrali del latte per le materie prime. Questa forza e questa vitalità economica spiegano le ragioni dei successi e spiegano anche perché viene incentivata la scelta della qualità e la ricerca dell’eccellenza per consolidare l’apprezzamento da parte dei consumatori. Con tutte queste premesse, gli operatori bergamaschi sentono il dovere di mettere a frutto le loro potenzialità e di eccellere nel gelato artigianale.

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Point Italy, benvenuti nel moderno L’

arredamento di uno spazio si costruisce grazie alle soluzioni offerte dal design, alla creativitĂ di chi progetta e, soprattutto, alla competenza di chi realizza. Ăˆ un mix di fattori che, in un mercato sempre competitivo e affollato, fa la differenza. Per questo scegliere il professionista giusto a cui affidare l’arredamento di un proprio spazio è un momento decisivo. Alla Point Italy Sas di Grassobbio - azienda che si è ritagliata un meritato spazio nel settore degli arredamenti per bar, ristoranti, alberghi, negozi e arredocasa la professionalità è una parola d’ordine che fa rima con gusto e affidabilitĂ . Merito della trentennale esperienza maturata anche all’estero di Gilberto Andreini, fondatore e anima della societĂ . Basta, del resto, dare un’occhiata a quanto sino ad oggi realizzato per scoprire l’armonia degli arredi, gli ambienti unici ed esclusivi ricchi di forme e colori, ideati per stupire e abbagliare. Un aspetto, quest’ultimo, evidente soprattutto nel comparto delle gelaterie, delle gastronomie e dell’hotellerie. Tutto questo è stato realizzato, e si realizza, grazie alla stretta collaborazione tra la Point Italy e il Gruppo Sifa Sinthesi spa, leader nel settore degli arredamenti per pubblici esercizi. Un binomio vincente che dura da anni, con risultati piĂš che soddisfacenti. I ruoli sono ben definiti: all’azienda bergamasca spetta il compito della supervisione dei locali da arredare, della proget-

tazione degli arredi e del rapporto commerciale con il cliente, mentre al gruppo marchigiano compete la realizzazione vera e proprio dell’arredo. La stretta collaborazione tra le due realtĂ consente al cliente di avere un arredamento su misura, definito in base alle proprie necessitĂ e con la possibilitĂ di scegliere le migliori offerte disponibili. Una flessibilitĂ a tutto campo che offre al cliente anche la possibilitĂ di optare per una soluzione finanziaria personalizzata. “Il nostro intento - spiega Gilberto Andreini - è quello di soddisfare con classe e gusto tutte le richieste, seguendo in maniera diretta, dall’inizio alla fine, le fasi del lavoro che ci viene commissionato. Questo è possibile grazie all’affidabilitĂ e alla professionalitĂ dei nostri collaboratori. Riusciamo infatti a spaziare in ogni ambito dell’arredamento con piani d’investimento ritagliati su misura e una vasta gamma di complementi d’arredo che garantiscono alla clientela una sicurezza totale nel processo lavorativo e nel risultato finaleâ€?.

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Giovanna, la responsabile Paola Finazzi, Michela e Giorgia

Il Gelato di Ubaldo, un angolo di bontà Storico punto di riferimento a Chiuduno per la produzione artigianale, il Caffè del Cioccolato ha rinnovato i locali e dedicato più spazio alla gelateria

L’

attività ha cambiato volto a più riprese, come è giusto che capiti in quasi ottant’anni di vita: dalla locanda con osteria e cucina, aperta nel 1934, al ristorante fino alla caffetteria. Ma gli abitanti di Chiuduno, in fondo, quello stabile in largo Europa 1, sulla provinciale, lo hanno sempre identificato con la figura di nonno Ubaldo, punto di riferimento in paese per un goloso gelato artigianale sin da quando i coni costavano 5 e 10 lire. È questa tradizione che i nipoti hanno voluto rinverdire e valorizzare nel recente rinnovo del Caffè del Cioccolato, che ora dà più spazio alla gelateria con un apposito corner a marchio “Il Gelato di Ubaldo”. Nel restyling (che arriva a nemmeno dieci anni da un precedente intervento) linee pulite ed essenziali, come i colori ed i materiali, dialogano con grandi foto d’epoca a sottolineare la continuità tra la sapienza artigianale e le nuove tendenze del gusto. «L’obiettivo – spiega Niccolò Finazzi, amministratore della società – è mantenere una piccola produzione di qualità. Abbiamo aumentato da 12 a 18 i gusti disponibili, continuando a puntare su ingredienti selezionati, a cominciare dal latte fresco intero e dalle uova biologiche fino al pistacchio puro di Bronte e al limone di Sorrento Igp. Abbiamo inoltre scelto di utilizzare i “vecchi” pozzetti invece della vetrina, non per un fatto d’immagine, ma perché garantiscono una migliore

conservazione delle caratteristiche organolettiche del gelato». Se il vanto di nonno Ubaldo era il fiordilatte - «gusto sul quale gli intenditori misurano la bravura del gelatiere», sottolinea Finazzi – oggi la scelta spazia dall’amaretto al bacio, dal cioccolato alla stracciatella (dove vengono utilizzate materie prime della Lindt, azienda di cui il locale offre un’ulteriore ampia selezione di golosità), dai gelati con frutta fresca alla “Crema di Ubaldo”, con uova e cannella. Oltre al classico cono si può optare per una delle tre coppe da passeggio (Baciosa, Naturale o Variegato Nutella) o scegliere tra le circa trenta proposte da gustare al tavolo. La produzione del gela-

to è curata dallo zio Antonio Finazzi, mentre la moglie di Niccolò, Silvia Nembrini, e la cugina Paola Finazzi gestiscono il locale con l’aiuto di quattro collaboratrici. «Proporremo anche la consegna del gelato a domicilio – anticipa l’amministratore – e stiamo lavorando sulla produzione artigianale di gelati sullo stecco e ghiaccioli. Ci piacciono l’innovazione e l’originalità e non è un caso che per l’inaugurazione abbiamo giocato con gli abbinamenti tra gelato e cibo proponendo, ad esempio, un gelato al Prosecco con riso tartufato, stimolati in questo dall’altrettanto storica attività di ristorazione della famiglia nel vicino ristorante Pastimbaldo».

Il Gelato di Ubaldo Caffè del Cioccolato Largo Europa, 1 - Chiuduno - tel. 035 838372

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NEWS

“Erbe del Casaro”, due fine settimana golosi in alta Valle Brembana D

ue fine settimana per scop r i re e g u s t a re l e e r b e spontanee e i formaggi della Valle Brembana. Torna sabato 28 e domenica 29 maggio e poi il 4 e 5 giugno “Erbe del Casaro”, manifestazione promossa dalle amministrazioni comunali, dalle

aziende agricole e dagli operatori dei paesi di Altobrembo (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) per promuovere le ricchezze gastronomiche e culturali del proprio territorio. Il programma è ricco, con appuntamenti che vanno dai mercatini di artigianato ai laboratori (“Scopriamo e cuciniamo le erbe spontanee”, “La bottega dell’erborista”, laboratori sensoriali e i laboratori del gusto di Slow Food), dalle mostre alle proiezioni, dagli spettacoli alle visite guidate, alle escursioni. Sotto il titolo “Le aziende della valle si presentano” sono raccolte le iniziative messe a punto dalle piccole realtà produttive della Val Brembana per farsi conoscere.

Sarà così possibile visitare le aziende, assistere alle dimostrazioni di lavorazione e degustare formaggi, piccoli frutti, marmellate, succhi, miele, ma anche vedere come nascono cosmetici naturali. Per l’occasione, 13 locali e una gastronomia hanno realizzato menù e proposte speciali. Si tratta dei ristoranti “Monte Avaro” e “Ristorobie” di Cusio, “Passo San Marco 2000” e “Sole” di Mezzoldo, “La Pineta” e “Piazza Brembana” di Piazza Brembana, “Milano”, “Piazzatorre” e “Rustica” di Piazzatorre, “Coira”, “Edelweiss” e “Il Tagliere” di Santa Brigida, “Pizzo Tre Signori” di Valtorta e della gastronomia “Pasticci e Capricci” di Piazza Brembana. I prezzi dei menù vanno dai 22 a 30 euro. Per i dettagli: www.erbedelcasaro.it

In 35 ristoranti va in scena il menù a Km Zero

M

enù a Km Zero per valorizzare i prodotti e la cucina del nostro territorio. Questo l’obiettivo che alimenta il Festival enogastronomico “Bergamo Terra & Cibo a Km Zero”, in programma fino al 10 giugno. Un mese in cui i 35 ristoranti aderenti offrono menù realizzati con prodotti del territorio messi a disposizione da 24 produttori del settore agroalimentare bergamasco. Le proposte includono acqua e caffè e possono essere accompagnate da vino del territorio, scelto alla carta. Il progetto, primo e unico nella nostra provincia, è ideato e promosso da Ascom, Coldiretti e Confesercenti per valorizzare la filiera corta produttore/ristoratore/consumatore. Dalla scarola dei colli al pesce di lago, dai formaggi delle nostre Prealpi alla frutta e ortaggi, dai vini alle carni prodotte nella nostra provincia, scegliere “Bergamo Terra & Cibo a Km Zero” significa preferire qualità, freschezza e ricchezza della nostra terra valorizzate in piatti gustosi, nostrani, unici

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proposti dalla nostra ristorazione. Per Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori Ascom,“il valore della filiera corta di salvaguardia e valorizzaziorizzazione del territorio e di promozione delle produzioni locali, è condiviso e sta a cuore a produttori e ristoratori. Questo progetto o nasce in maniera positisitiva perché mette in collegaollegamento, attraverso incontri ncontri congiunti, gli attori della filiera. Un territorio si promuove turisticamente quando si identifica nelle sue produzioni e nella sua offerta gastronomica”. Sul sito www.bergamoterraecibo.it l’elenco dei ristoratori e produttori aderenti al festival


IL PRODOTTO di Anna Facci

Lievito madre, un piacere “unico” Prepararlo e mantenerlo vivo non è semplice, ma il palato ci guadagna. I prodotti a lievitazione naturale sono più digeribili e si conservano più a lungo, ma soprattutto hanno “caratteri” diversi, dati dall’ambiente e dalla storia di ogni panetto. Morosini (Aspan): «Per i fornai una sfida contro l’appiattimento del gusto» IL PANETTIERE

Un bergamasco sul podio europeo Ivan Morosini ha 36 anni e fa il panettiere da quando ne aveva 15. È vicepresidente dell’Aspan di Bergamo e insegna alla scuola alberghiera di Torre Boldone, paese in cui si trovano il forno e il negozio di famiglia. Fa parte del Richemont Club, organizzazione internazionale che si dedica alla difesa e allo sviluppo della professionalità nel campo della panificazione e della pasticceria, di cui è presidente per l’Italia Piergiorgio Giorilli. Corsi, ricerca e sperimentazioni sono un po’ il suo pane quotidiano, un’attività intensa che gli ha regalato anche un prestigioso successo: il secondo posto con la squadra italiana alla Coupe d’Europe de la Boulangerie, competizione biennale che ha riunito a Nantes dal 20 al 23 marzo scorsi nove rappresentative nazionali finaliste in una sfida di arte bianca. Morosini ha partecipato alla gara insieme con Emanuela Isoardi di Bra (Cuneo) e Riccardo Liccione di Frossasco (Torino), conquistando l’argento per l’Italia con pochissimi punti di distacco - 13 su oltre 1.600 ed è questo margine così ridotto a lasciare un po’ di rammarico - dal Lussemburgo vincitore della Coppa. In terza posizione la Francia. Secondo una formula che si ritrova anche in altre gare gastronomiche, ogni team aveva a disposizione 8 ore per preparare 6 tipi di pane, una composizione artistica e 6 tipi di vienneserie, ovvero dolci e salatini realizzati con pasta lievitata e sfogliata. Morosini si è occupato del pane proponendone tre varietà con lievito naturale (una con farina di kamut e farro più fiocchi e malto degli stessi cereali, una con grano saraceno e una con farina di grano Enkir) e tre ricette con lievito di birra (con latte di soia, zucchero di canna, miele, uvetta, noci e cannella; ai peperoni; alle erbe provenzali). Emanuela Isoardi ha curato la composizione artistica dedicata al carnevale di Venezia (il tema era un luogo o un monumento turistico del proprio paese) e Liccione le vienneserie. La squadra era allenata Fabrizio Zucchi e a seguire tutti con occhio attento Piergiorgio Giorilli.

Ivan Morosini (primo a sinistra) con i compagni di squadra alla Coupe d’Europe de la Boulangerie di Nantes

S

i dice che in cucina gli ingredienti vanno capiti e bisogna saperli trattare, ma ce n’è uno che va addirittura accudito. È la pasta madre, il lievito più antico e al tempo stesso più vivo e mutevole, capace di racchiudere in sé la cifra di un ambiente e di renderla profumo, sapore, consistenza. Il crescente interesse per il pane fatto in casa lo ha reso un argomento molto gettonato tra i forum gastronomici della rete (anche perché prepararlo e conservarlo in buone condizioni è tutt’altro che semplice e così ricette, consigli e richieste di aiuto si moltiplicano), mentre per chi con la pasta lievitata ci lavora – panettiere, pasticcere o pizzaiolo che sia – non è di certo una scelta di moda, ma una sorta di filosofia. Non si tratta infatti di sostituire semplicemente il più diffuso e comodo lievito compresso di birra con un diverso prodotto, ma di dedicarsi, in pratica tutti i giorni, a quella pallottola di pasta: nutrirla, mantenerla in salute e intervenire con una “cura” non appena si noti qualcosa che non va. Il lievito madre nasce dalla reazione spontanea che si verifica in un impasto di acqua e farina ad opera dei microrganismi presenti nella miscela stessa e nell’ambiente. A differenza di quello di birra, che è costituito da un solo tipo di lievito (Saccharomyces cerevisiae), comprende più ceppi di lievito ma contiene anche batteri lattici. Se i lieviti sono i responsabili della trasformazione dell’ossigeno nell’anidride carbonica che dà la lievitazione e l’aveolatura, i batteri lattici entrano in azione

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IL PRODOTTO quando l’ossigeno all’interno dell’impasto è terminato, dando vita alla fase di fermentazione durante la quale si producono acido lattico e acetico, che abbassando il Ph del composto tengono lontani gli agenti patogeni. La ricchezza di questi microscopici esseri viventi e il loro equilibrio rendono i prodotti realizzati con il lievito naturale più digeribili e conservabili più a lungo e soprattutto regalano profumi e sapori unici, termine spesso abusato, ma qui quanto mai appropriato visto che ogni composto ha una storia diversa, lunga anche decenni. È chiamato mato anche lievito naturale, ma per ottenerlo non basta lasciar fare alla “natura”. L’impasto iniziale va affinato o quotidianamente con aggiunta di acqua e farina na per almeno venti giorni prima che si possa parlare di pasta madre vera e propria da utilizzare are nella preparazione di pane, dolci, pizze e focacce. ocacce. Anche la lavorazione dei prodotti richiede de tempi più lunghi rispetto a quelli realizzati zati con il lievito di birra e se pure non lo o si usa per un po’ non può essere lasciato o tranquillamente dentro il frigorifero come ome un qualsiasi altro ingrediente ma va nutrito con i cosiddetti “rinfreschi”, eschi”, il tutto avendo cura di controllare ollare scrupolosamente le condizioni zioni igieniche. «Si impara para a conoscere e ad usare are la pasta madre a forzaa di provarci, gli in-

successi sono sempre in agguato e fanno parte del gioco», ammette Ivan Morosini, giovane vicepresidente dell’Aspan di Bergamo che per il suo negozio di Torre Boldone produce anche pane a lievitazione naturale, da un lievito vecchio di quarant’anni. «È solo con l’esperienza che si riesce a capire se il lievito “sta bene” – continua -. Uno sviluppo eccessivo o scarso, un odore trop troppo acido, una forma segnali di qualcosa che non degli alveoli appiattita sono segnal sistemi per “guarirlo” ci va e che occorre intervenire, i sis sono». richiede un bell’impegno «L’utilizzo del lievito naturale rich – evidenzia –, ma i risultati lo ripagano pienamente. differenze e apprezza i La clientela riconosce le d prodotti realizzati con questo metodo, il cui grande valore sta nel fatto fa che dà vita a sapori sempre diversi. Non ho nessun problema a regalare un pezzo del mio lievito ad un che in un altro ambiente collega perché so ch particolarità, il lievito diassumerà altre parti personale che definisce venta qualcosa di pe proprie proposte ed è un il carattere delle prop l’appiattimento del guottimo antidoto contro l’ sto». fatto con la pasta acida Morosini sforna il pane fa e il sabato vadue volte a settimana, il mercoledì me

“LA BERGAMASCA” DI OSIO SOTTO - di Pier Carlo Capozzi

Il pizzaiolo che fa lievitare anche la formazione La passione per la tecnica naturale ha portato Alan Sartirani a proporre anche dei corsi. Quanto e se pagare lo decide il partecipante La prima volta ci hanno portato due coppie di amici ed è stata una piacevolissima scoperta. “La Bergamasca” è un ristorante-pizzeria di Osio Sotto (telefono 035.881598) molto informale nell’arredamento e nel servizio, ma tenacemente fedele ad una linea gastronomica imperniata sul biologico, sul naturale e sul territorio. Chi arriva per la prima volta avrà la visita, appena riesce a liberarsi dal forno a legna, di Alan Sartirani, che gestisce il locale con la moglie Milena e che sarà felice di portarvi una pizza da dividere, come antipasto, intanto che spiega la sua filosofia alimentare. Alan è cresciuto “Da

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Ciro” alla scuola di Mario Donzelli, uno degli imprenditori che ha scritto la storia della pizza a Bergamo, e da qualche anno ha sposato un rigoroso percorso professionale. Tanto per cominciare, siccome il forno a legna è lì a disposizione, oltre alla pizza si cuociono pane e grissini, carni e verdure, persino il prosciutto. Tutti i farinacei (compresa la pasta fresca, le torte e il panettone) sono preparati con farina naturale e integra, con il germe di grano, proveniente da agricoltura biologica certificata, macinata lentamente a pietra. Sartirani tiene a precisare che utilizza esclusivamente prodotti ita-

liani e che la pasta delle sue pizze classiche contiene solo farina, acque e sale, e lievita naturalmente seguendo i ritmi lenti della lunga lievitazione spontanea con pasta madre.Ad ogni suo cliente il patron raccomanda di telefonargli, anche nottetempo, in caso di problemi di digeribilità. Star dietro al lievito madre non è operazione semplicissima: Alan arriva mediamente a quattro impasti al giorno che, al sabato,“lievitano” diventando molti di più. E la passione per questa tecnica lo spinge a proporre corsi di lievitazione naturale con un pagamento del tutto singolare: decideranno i partecipanti


Ecco come farlo

riando le ricette, dal kamut al farro, dall’orzo al grano saraceno all’enkir, farina di un cereale monococco biologico coltivato in Italia e macinato a pietra. «È un lievito di qualità – dice – ed è giusto valorizzarlo con ingredienti selezionati. Le farine macinate a pietra, meno raffinate, sono l’ideale. Certo i costi di produzione salgono, ma il problema di fondo è la sostenibilità di questo tipo di lavorazione nell’organizzazione del lavoro dei panificatori, ragione per cui sono davvero pochissimi coloro che lo propongono. Se però ci si vuole distinguere e qualificare, credo che sia necessario rallentare i ritmi: anche una lievitazione con lievito di birra più lunga, ad esempio, utilizzando la pasta di riporto dal giorno prima, può già fare la differenza». Ad agevolare il compito c’è il fatto che i tempi di acquisto del pane si stanno spostando più avanti nel corso della giornata, permettendo ai fornai di programmare diversamente l’attività, ma anche dal versante delle attrezzature può arrivare un aiuto. Per chi vuole utilizzare il lievito naturale esiste infatti una macchina che da sola lo mantiene sempre fresco allo stato liquido. Il costo è elevato, ma è stato realizzato anche un modello che lavora quantità piuttosto piccole, adatto, quindi, per le realtà artigianali. se saldare e quanto. Gianluca, suo giovane aiuto, ha imparato bene e si è preparato il “suo” lievito madre: d’ora in avanti userà solo quello. Le alternative alla pizza sono parecchie e allettanti: dalle foiade all’uovo al rognoncino trifolato, dalla carne sulla pietra ollare al tris di pesci affumicati, dal salame fatto a punta di coltello al formaggio strachibù. Noi abbiamo telefonato a Sartirani. Ma non era per lamentarsi. Era per chiedere se aveva ancora un tavolo.

Non è facile, ma ci si può tentare. Con l’aiuto di Ivan Morosini proviamo a guidare passo dopo passo chi vuole provare a farsi la propria pasta madre. LA NASCITA DEL LIEVITO Si comincia con un chilo di farina, 400 grammi di acqua e un vasetto di yogurt intero (più sicuro rispetto ad altri starter, come la frutta, generalmente indicati per fornire un plus di nutrimento ai microrganismi). Si impasta e si lascia il composto in una ciotola, coperta con un canovaccio umido al riparo da correnti d’aria, per due giorni. L’esterno si seccherà ma la parte centrale sarà ancora morbida ed è da questa che proseguirà la lavorazione. La si pesa e la si impasta con la stessa quantità di farina e il 45% del peso della farina in acqua. Si avvolge l’impasto in un canovaccio pulito e lo si lega non troppo stretto perché poi la pasta comincerà a tirare. Si ripete il procedimento per venti giorni. A questo punto la pasta acida è pronta ma va tenuta viva con rinfreschi giornalieri, sempre unendo al lievito pari quantità di farina e il 45% di acqua. I rinfreschi possono avvenire anche ogni due o tre giorni se, dopo che la pasta ha cominciato a gonfiarsi (lo si vede dalla pressione che esercita sul canovaccio), la si conserva in frigorifero. L’UTILIZZO Per l’utilizzo del lievito Morosini consiglia di riattivarlo con un “lavaggio” con acqua leggermente zuccherata. È sufficiente un pizzico di zucchero in un litro d’acqua fresca, dove si lascia il composto tagliato a fette per 1520 minuti. Si strizza la pasta e se ne pesa mezzo chilo, al quale vanno aggiunti 850 grammi di farina e il 40% di acqua rendendo liscio l’impasto. Si riavvolge nel canovaccio, si lega e si lascia riposare per 12/24 ore. Dell’impasto così riposato si utilizzano 100 grammi (il resto lo si conserva legato per gli usi successivi). Si forma una “palla”, si incide con un taglio a croce e si lascia riposare quattro ore o fino alla triplicazione della pasta. A triplicazione avvenuta si procede ad un nuovo impasto con 110 grammi di farina e 55 grammi di acqua, si incide di nuovo la pasta ottenuta con un taglio a croce e si lascia riposare per altre quattro ore (o fino alla triplicazione del volume). Questi passaggi vengono detti “girate” e servono a dare forza al lievito, mentre l’incisione a croce evidenzia meglio la natura dell’impasto. Per pane e pizze fatte in casa possono bastare due “girate”, mentre per i lievitati da ricorrenza ne serve una terza. A questo punto il lievito è pronto e può essere impiegato secondo la ricetta preferita. La quantità da utilizzare è pari al 20-25% della farina. Occorre fare attenzione alla temperatura dell’impasto finale, che deve essere mantenuta attorno ai 28 gradi, e anche al luogo dove viene lasciato lievitare, che deve essere anch’esso intorno ai 28 30 gradi. Altro accorgimento fondamentale è per la farina, che deve essere di buona qualità (di forza si dice anche, tra cui di facile reperimento è la cosiddetta “manitoba”).

Alan Sartirani e la moglie Milena

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APPUNTAMENTI DAL 27 MAGGIO AL 2 GIUGNO

DEGUSTAZIONI

La birra bergamasca ha la sua prima rassegna I micro-birrifici bergamaschi hanno la loro prima rassegna. Si chiama BeerGhèm ed è in programma da venerdì 27 a domenica 29 maggio nel salone dei ricevimenti dell’hotel Bigio a San Pellegrino Terme. Ad organizzarla sono il birrificio “Via Priula” e la Compagnia del Luppolo, con il patrocinio del Comune di San Pellegrino. L’obiettivo è far conoscere la birra artigianale, un prodotto ancora troppo spesso erroneamente paragonato a quello industriale, e in particolare le ricette nate in Bergamasca. Saranno presenti sei dei sette microbiriffici nostrani: oltre ai padroni di casa del Via Priula, Endorama di Gras-

sobbio, Valcavallina di Endine Gaiano, Maspy di Ponte San Pietro, Elav di Comun Nuovo e Mai Visto di Botta di Sedrina. Durante la manifestazione sarà possibile degustare le diverse proposte in bicchieri di vetro, essenziali per poter cogliere tutte le sfumature del prodotto, e in due diverse quantità (15 o 30 cc.), mentre al Beershop si potranno acquistare le bottiglie. Ci sarà anche “Rosa”, omaggio del birrificio Via Priula al Giro d’Italia che il 26 maggio arriverà nella cittadina termale. È una birra di frumento a bassa gradazione alcolica con l’aggiunta di lamponi freschi, ideale come aperitivo.

Nel Castello di Bianzano week end con i vini del territorio Il Castello di Bianzano scenario di un fine settimana dedicato alla degustazione di vini e prodotti del territorio. Sabato 4 e domenica 5 giugno debutta “In alto i calici… gusti e sapori tra le torri”, promossa dall’Amministrazione comunale in collaborazione con Sommelierfriend’s e UnioneSommeliers. Saranno presenti con i propri banchi d’assaggio le aziende produttrici della Doc Valcalepio e della Docg Moscato di Scanzo, ma anche dell’Igt Valcamonica e dell’Igt Sebino, insieme alla Doc Curtefranca e alla Doc Cellatica. I visitatori potranno degustare i vini ed acquistarli direttamente dai produttori insieme agli altri prodotti tipici presenti. Sono inoltre previste visite guidate al Castello e animazione musicale e c’è la possibilità di pranzare nei ristoranti convenzionati con menù e vini del territorio. Info: http://sommelierfriends.blogspot.com/

Le tipicità dei laghi italiani in vetrina a Iseo Ad Iseo tornano in scena le tipicità degli specchi d’acqua più belli di tutto lo Stivale con il Festival dei Laghi, seconda vetrina dedicata ai grandi bacini turistici ma soprattutto alle molte pittoresche realtà lacustri ancora poco note, custodi di un patrimonio ambientale, culturale e gastronomico tutt’altro che minore. Dal 27 maggio al 2 giugno sono in programma serate culturali, spettacoli, mostre a tema, regate, degustazioni, laboratori sensoriali, lezioni di cucina e l’apprezzato mercatino di golosità Bontàlago (nel weekend del 27-29 maggio). Bontàlago porterà nel centro storico e sul lungolago il meglio della produzione agroalimentare e artigianale lacustre. Sulle bancarelle, fino a tarda sera, sarà possibile degustare e acquistare prodotti unici, come la crema d’olive del Garda, il salame di Monte Isola, quello d’asina del lago Maggio-

DAL 28 GIUGNO AL 3 LUGLIO

Castro mette in tavola “Le pie t Alimenti a chilometri zero, piatti in ceramica, tovaglie di stoffa e acqua del sindaco in brocche di vetro. È questo il concept di “Le pietanze della moscarola”, prima rassegna di gastronomia, cucina e natura dedicata ai piatti e ai luoghi del Lago d’Iseo, La manifestazione è promossa da Legambiente Alto Sebino con la collaborazione di Legambiente Turismo da martedì 28 giugno a domenica 3 luglio a Castro. Per cinque giorni si potranno assaggiare ingredienti quasi scomparsi dalle tavole e introvabili nei negozi, che riportano al passato contadino, come le patate di Rovetta, i fagioli di Trate, la torta Maassa di Sovere, lo stracchino di Vigolo, le alborelle di Riva di Solto, preparati secondo le ricette povere di un tempo, recuperate dai taccuini delle nonne del luogo. Un viaggio nel passato alla scoperta di un patrimonio agricolo e culinario goloso. Nell’ambito della festa ci sa-


re, il vino medievale del Pertusillo, la birra artigianale di Sauris, la mozzarella di Bufala del lago di Fondi, la torta di Chianciano, tartufi, legumi e formaggi bio, salumi rari, olio, marmellate, pane casereccio, dolci tipici, conserve e sott’oli. Il lago d’Iseo saprà prendere i suoi ospiti per la gola anche con degustazioni della tipica tinca al forno di Clusane, menù dedicati al pesce di lago, la tradizionale Cena sotto i Portici (il 30 maggio), una speciale cena con tipicità bresciane e toscane (il 1° giugno) e “Mangiare il lago”, ovvero piatti d’autore firmati dallo chef Vittorio Fusari e proposti da Slow Food (il 27 maggio). Per i dettagli e il programma di tutte le altre iniziative: www.festivaldeilaghi.it.

e tanze della Moscarola” ranno anche convegni su ambiente e sviluppo sostenibile; visite guidate e laboratori didattici alla Grotta di Fonteno, al maglio di Poltragno, al Monte Clemo, alle cave di Grè, un incontro di musica e letteratura con lo scrittore Davide Sapienza dedicato ai romanzi di Jack London nello scenario del Parco della Gola del Tinazzo. La manifestazione è legata a un importante progetto ambientale: il recupero e la valorizzazione proprio del Parco della Gola del Tinazzo, che si trova a Castro e fa parte delle aree protette di Legambiente. Per conoscere il programma completo www.legambientealtosebino.it

DAL 27 AL 30 MAGGIO

Garda Classico, concorso e assaggi alla storica Fiera Torna dal 27 al 30 maggio la "Fiera del vino Garda Classico Doc" di Polpenazze del Garda, la più antica e conosciuta vetrina della produzione vitivinicola della riviera bresciana del lago di Garda. Una manifestazione storica (la prima edizione si tenne nel 1947), che ha saputo cogliere le nuove tendenze nel panorama enoico e del gusto, diventando nel 2006 sede ufficiale del concorso enologico nazionale della Doc Garda Classico istituito dal ministero per le Politiche Agricole, che anche quest’anno assegnerà la qualifica di Vino Eccellente alle migliori produzioni del comprensorio, dal Chiaretto ai Rossi della Valtènesi. Gli appassionati potranno degustare i vini delle aziende con

sacca e bicchiere acquistando un coupon da 10 euro. Assaggi di prodotti tipici saranno disponibili lungo il percorso e non mancherà La Piazzetta del Biologico, uno spazio dedicato ai sempre più numerosi produttori che hanno scelto il bio come alternativa in una terra dove è già biologico il 25% del vigneto iscritto all’albo. Nella classica Corte degli Assaggi spazio alle degustazioni guidate e comparate. Nel programma anche la selezione dei migliori extravergini Garda Dop e il concorso dedicato al miglior salame della Valtènesi, mentre alla Dispensa del Gusto si servirà il tradizionale ed immancabile spiedo gardesano. Info: www.comune.polpenazzedelgarda.bs.it

FINO AL 12 GIUGNO

Il Bardolino Chiaretto sposa le erbe del monte Baldo Fino al 12 giugno a San Zeno di Montagna (Verona), sul monte Baldo, balcone affacciato sul lago di Garda e da secoli noto come il “giardino botanico d’Europa” per la straordinaria varietà della sua flora, la cucina delle erbe spontanee incontra il vino rosato del territorio, il Bardolino Chiaretto, e il formaggio Monte Veronese in cinque menù degustazione. La rassegna "Erbe del Baldo, Chiaretto & Monte Veronese" vede di scena gli chef dei ristoranti aderenti all’associazione ristoratori di San Zeno di Montagna:Al Cacciatore, Bellavista, Costabella, Sole e Taverna Kus impegnati a proporre piatti fra tradizione e innovazione, il tutto condito col sapore del formaggio Monte Veronese e accompagnato dalla freschezza rosata del Bardolino Chiaretto, preabbinato ai menù (una bottiglia compresa nel prezzo ogni due persone). Con una sorpresa in apertura di cena: un assaggio di Chiaré, il nuovo aperitivo sparkling lanciato dal Consorzio di tutela del Bardolino, realizzato direttamente nel bicchiere miscelando Chiaretto Spumante, sciroppo di sambuco, menta fresca, acqua minerale e ghiaccio. I prezzi dei menù degustazione vanno dai 32 ai 43 euro. Info: www.ilbardolino.com

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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Manhattan, ma la ristorazione ha il cuore europeo Bielorussa la titolare, belga il cuoco e a coordinare il tutto un siciliano con esperienze internazionali: una ricetta “multiculturale” che piace ai bergamaschi

F

oto storiche dei protagonisti, oggetti tra i più disparati posti qua e là con apparente disordine, angoli di intimità alternati a spazi più aperti: sin dal primo impatto si intuisce che il locale, ancorché studiato, risente in larga misura dell’apporto personale di chi il contatto con il cliente l’ha vissuto in prima persona ed è stato in grado di replicare situazioni molto gradevoli creando anche con semplicità un’atmosfera accogliente. Al ristorante Manhattan, in città, in via Malj Tabajani, insomma, ci si trova bene ancor prima di mettersi a tavola, prima di consultare la lista, grazie ad una dote naturale della titolare Natalia Tchekhovskaja, che ha rilevato nel 2009 la gestione del locale dalla storia trentennale (già dal 2008 ospitato in questa nuova sede, in pratica girato l’angolo rispetto all’originaria collocazione), ed ha messo tutta la sua esperienza e sensibilità nel far sentire i clienti più che a loro agio.

Il livello della proposta è in piena sintonia con l’ambiente: cucina mediterranea rivisitata è la parola d’ordine puntualmente rispettata. In cucina lo chef è Didier Garreind, belga d’origine ma bergamasco d’adozione, visto che dall’84 lavora nella nostra provincia con esperienze significative. Spesa tutti i giorni nei vari mercati e poi via dietro ai

fornelli.Tortino di melanzane farcito con erbette e ricotta, oppure radicchio trevisano e julienne di calamari strizzano l’occhio dalla carta tra gli antipasti. Oppure gli spaghetti ai ricci di mare o le trofie alla siciliana tra i primi, per passare al filetto con verdure croccanti o alla tagliata di manzo al sale grosso dell’Himalaya per secondo. Semifreddo al pistacchio di

lo staff del Manhattan, con lo chef Didier Garreind, Natalia Tchekhovskaja e Stefano Cardaci

I PROTAGONISTI

Natalia, la cameriera diventata patronne Ci sarebbe molto da dire sui due personaggi alla guida oggi del Manhattan. Di Stefano Cardaci si sa, o si dovrebbe sapere, più o meno tutto, vista la sua lunga e gloriosa carriera praticamente nei locali di tutto il mondo. Lunghissima è la lista dei Vip che ha accolto, così come estremamente significative sono le esperienze raccolte, la maggior parte ai massimi livelli. In questa sede Stefano Cardaci è un qualificato consulente del Manhattan sia per la sala sia per la cucina, ma soprattutto è lo scopritore di Natalia Tchekhovskaya, la proprietaria del locale. Se, giustamente, i meriti vengono rimpallati dall’uno all’altro («Senza Stefano non sarei arrivata qui», dice Natalia) sembra doveroso nella circostanza dedicare la “copertina” proprio a lei: la cameriera venuta dal freddo,

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oggi titolare soddisfatta di un ristorante ben avviato a Bergamo. Minsk, Bielorossia, anno 1996, Stefano Cardaci ed altri soci stanno portando avanti la loro esperienza di ristorazione oltrecortina con il ristorante “Bergamo” e cercano personale. Per perfezionarne la preparazione si propongono di mandarlo in Italia. Natalia sta effettuando uno stage: accetta l’avventura (ora si potrebbe dire “accetta e vince la scommessa”). Il ristorante del Bajo a Gorle, la Cascina dei Frati a Brusaporto, il ristorante Milano in via Corridoni, ancora con Cardaci come al Bajo, e poi da Lio Pellegrini. Arriva il 2009, i due figli sono cresciuti e possono darle una mano è il momento di spiccare il volo. «Di gavetta ne ho fatta tanta – racconta con grande serenità e passio-


Bronte o cassata siciliana tradiscono poi le origini sicule di uno dei protagonisti di questa vicenda gastronomica: Stefano Cardaci. Le citazioni dei piatti sono suggerite dal gusto personale e dalle indicazioni dei titolari rispetto alle preferenze dei clienti, ma la proposta è molto bene articolata con specialità sia di mare sia di terra. Per il pranzo di lavoro di mezzogiorno, il menù, per chi lo desidera, viene anticipato via e-mail. L’iniziativa piace. Otto euro per primo piatto con acqua e vino (ma anche birra o bevanda), nove euro per il secondo, undici euro per entrambe le portate. E per 25 euro c’è un menù completo di pesce che nell’occasione proponeva spaghetti ai ricci di mare, filetto di storione croccante con julienne di verdure e bavarese al fiore di sambuco o altro dessert dalla carta. Ma il nostro appuntamento con la pausa pranzo è un classico che deve tener conto anche del budget. Ecco allora le proposte del giorno per la combinazione da undici euro: gnocchetti sardi all’estiva (andati letteralmente a ruba), risotto primavera, spaghetti all’amatriciana e pasta al pomodoro e basilico per i primi piatti. Storione marinato agli agrumi, scaloppa alla valdostana, omelette agli spinaci, insalata nizzarda tra i secondi. Amatriciana e storione marinato le nostre scelte: due piatti che sono parsi andare addirittura oltre il valore del costo, frutto evidentemente di un’economia di scala che si può applicare appunto al menù fisso.

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e inoltre... Gastronomia e salumi di qualità

RISTORANTE “MANHATTAN” via Malj Tabajani 4 - Bergamo tel. 035 4220162 - chiuso la domenica tutto il giorno e lunedì sera ne Natalia – cercando di imparare tutto da tutti. Lavorare in sala è fondamentale, serve a sviluppare l’attenzione verso il cliente, a capire le sue aspettative. Stefano Cardaci mi ha dato una mano anche in questo. C’era il Manhattan chiuso da qualche mese, ho voluto rischiare e sono soddisfatta. C’è ancora molto da lavorare ma siamo andati già oltre le aspettative». Qualche mese dedicato alla personalizzazione del locale (con la pizzeria che poi morirà di morte naturale) alla ricerca dei dettagli per rendere accogliente l’ambiente che può ospitare 80 coperti nella sala superiore, quella comunemente in uso, e 100 nella sala sottostante dove c’è spazio anche per la musica. «Ho iniziato con il ristorante “Bergamo” a Minsk, ora sono a Bergamo con il ristorante “Manhattan”, per chiudere il cerchio dovrei aprire un ristorante “Bergamo” a Manhattan – scherza Natalia – ma per il momento mi godo questa mia creatura e la sua affezionata clientela».

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Consegne a domicilio, ora ci pensa il portale Veronica Capelli

L’

Solo Solodelivery è un progetto tutto bergamasco per la raccolta on line de degli ordini e il recapito di piatti, vini, dolci, gelati, ma anche ďŹ ori ed articoli regalo. ÂŤAttrezzati per un servizio tempestivoÂť

ma naturalmente funziona anche come raccolta di prenoidea è nata una calda sera di luglio di due anni fa. tazioni e recapito piĂš tradizionaleÂť. Per i punti vendita i gelato sul divano Dal desiderio di gustarsi un bel gela vantaggi sono numerosi, a cominciare dal fatto che l’adeè un di casa senza dover uscire. Oggi quell’idea qu sione è gratuita ed è previsto solamente il riconoscimento servizio che si rivolge a consumatori e punti vendita. Si alla societĂ di una percentuale sul venduto. ÂŤSenza la chiama Solodelivery ed è un portale attraverso il quale si necessitĂ di organizzare e curare in proprio un servizio di può ordinare un pasto al locale preferito - ma anche la botconsegne e un sito di e-commerce, spesso impegnativi, Sotiglia di vino all’enoteca o l’omaggio oreale per un invito lodelivery – dice ancora l’ideatrice – dĂ la possibilitĂ di ďŹ dell’ultimo momento – e vederselo recapitare all’indirizzo delizzare la propria clientela offrendo una comoditĂ in piĂš richiesto nel tempo massimo di 45 minuti. e di presentare le proprie proposte ad un nuovo pubblico. Ăˆ un progetto tutto bergamasco (la sede legale della socieLa gestione centralizzata degli ordini permette anche di tà è in via XX settembre, quella operativa in via Pinamonte ottimizzare tempi e costi, oltre a garantire specializzazione da Brembate), messo a punto da Veronica Capelli e Bruno e qualitĂ , evidenziate tra l’altro da un packaging apposito, Parisi, esperienza nella gestione di magazzini e logistica da mezzi omologati e personale qualiďŹ catoÂť. Registrandosi per lei, specializzazione nelle tecnologie per lui. ÂŤIl sistema sul portale, l’esercizio cura direttamente il proprio spazio sarĂ operativo dall'estate – spiega Veronica Capelli –, quaned aggiorna le proposte. ÂŤIn do le adesioni delle attivitĂ molti casi si tratta di piatti saranno sufďŹ cienti per offri9XRL FRQVHJQDUH diversi da quelli generalre una proposta abbastanza LO SUDQ]R LQ XIĂ€FLR mente in carta – evidenzia ampia. PartirĂ su Bergamo R OD FHQD Veronica Capelli – pensati ma è giĂ stato pensato per esDO GRPLFLOLR T X D O L W \ Z L W K V W \ O H da un lato per differenziare sere esteso in altre aree con GHL WXRL FOLHQWL" l’offerta, dall’altro per essere la formula del franchising. Ăˆ facilmente trasportati e conla prima iniziativa con que3XEEOLFD JUDWXLWDPHQWH sumati in un ambiente che ste caratteristiche in Italia LO WXR PHQX VX ZZZ VRORGHOLYHU\ LW non è il ristorante. Per i locali – aggiunge -. A Milano esiste LO SULPR SRUWDOH SUHVHQWH è come avere a disposizione un servizio simile, dedicato LQ ,WDOLD GHGLFDWR una serie di tavoli in piĂš da però alla sola ristorazione, HVFOXVLYDPHQWH DO servire in tempo realeÂť. L’orcon Solodelivery la scelta si WDNH DZD\ H DOOH FRQVHJQH D GRPLFLOLR dine arriva infatti simultanefa piĂš variaÂť. Il funzionamenamente a Solodelivery e al ri,O FOLHQWH FRQVXOWD RQ OLQH LO WXR to è semplice. Il cliente selePHQX RUGLQD H QRL SHQVLDPR storante, che deve preparare ziona la cittĂ e vede colorarsi DOOD FRQVHJQD e confezionare i piatti per il le categorie merceologiche runner incaricato. La societĂ disponibili (ristoranti, gasi occupa della gestione dei stronomie, tavole calde, papagamenti sia on line sia alla sticcerie, gelaterie, enoteche, consegna rimettendo a ďŹ ne negozi di alimentari, fiorai mese all’esercizio le somme ed idee regalo), visiona proal netto delle proprie composte e prezzi e compone il petenze. Ăˆ prevista anche proprio carrello, decidendo una modalitĂ â€œtake awayâ€?. In se pagare on line o alla conquesto caso l’utente effettua segna. ÂŤĂˆ stato pensato come l’ordine - e volendo anche un “pronto soccorsoâ€? per le il pagamento - on line ma necessitĂ improvvise - pro,QIR 7HO passa di persona a ritirare i segue Capelli – e l’elemento EHUJDPR#VRORGHOLYHU\ LW ZZZ VRORGHOLYHU\ LW prodotti. qualiďŹ cante è la tempestivitĂ ,

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IL LOCALE

“Cece e Simo” nuova insegna e nuovo business: il banqueting S

ono passati già dieci anni da quando Cesare Crippa e Simone Lorenzi hanno intrapreso l’attività di ristoratori a Bergamo, in via IV Novembre, con l’insegna “Oktoberfest Stube”. In questi due lustri hanno cercato non solo di interpretare al meglio quanto la clientela desiderava, ma hanno voluto evolvere le loro proposte in modo da completare una offerta articolata legata anche ad un concetto più esteso di ospitalità. Da due anni, infatti, hanno ristrutturato la parte superiore dell’edificio creando un’area alloggi e dando così vita ad un bed and breakfast. La proposta si articola artico in una offerta di tre tipologie di camere: camer Standard, Superior e Suite con un uno

spazio dedicato al relax,“Charme and Spa”, un’area benessere che, da un rilassante bagno nella vasca jacuzzi sino a giungere ad una sosta nella sauna aromatica, completa e arricchisce la proposta di soggiorno in questo locale nel centro città. Il decimo compleanno della loro attività, tenutosi martedì 3 maggio, è stata l’occasione per presentare anche loro nuova insegna che ora è: “Ristorante con alloggi Cece e Simo”. Il cambiamento non è che l’ennesimo step per svincolare il locale dal nome precedente, che poteva lasciar intendere un'offerta legata solo ad una cucina tipica d’oltre confine. Di fatto, specializzata in carni alla griglia, la proposta culinaria fin da subito ha cercato di porre l’attenzione anche sulla cucina tradizionale italiana. In concomitanza con la festa di ringraziamento dedicata a tutti coloro che hanno permesso queste trasformazioni, è stato presentato anche il nuovo ramo aziendale,“Love Banqueting”, dedicato al settore della banchettistica esterna, mantenendo i parametri già collaudati del ristorante. La serata è stata allietata dalla presenza di un trio musicale e con la partecipazione di Laura Vignes. Il ristorante è aperto dal lunedì al venerdì a pranzo e a cena, il sabato solo alla sera e la domenica è chiuso.

CECE E SIMO via IV Novembre 65/67 Bergamo - tel. 035 400008 www.cecesimo.com Simone Lorenzi e Cesare Crippa

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A tavola con lo sportivo di Filippo Grossi Marco Pinotti, ciclista e grande cronoman bergamasco

Pinotti: a tutta pasta se devo fare il “pieno”

D

irettamente dalle strade del Giro d’Italia del 150° compleanno italiano, l’abbiamo intercettato per scoprire i suoi gusti a tavola e per capire come si prepara, anche a livello alimentare, un grande Giro. Lui è Marco Pinotti, bergamasco di Osio Sotto, ma soprattutto ciclista di spessore e grande crono-man che ha regalato a tifosi italiani e bergamaschi soddisfazioni incredibili nell’arco della sua bella carriera da professionista. Il tuo piatto preferito. “La carne rossa, in particolare la tagliata”. Il cibo che più si avvicina al tuo carattere. “La polenta. È un cibo di sostanza ed io sono uno che bada al sodo”. Ti piace cucinare? “Sì, mi piace fare la pizza”. Il piatto che ti riesce meglio. “Il risotto agli asparagi”. La specialità bergamasca che preferisci. “La polenta taragna. Ma anche i casoncelli non sono da meno”. Qual è il cibo che non ti piace? “Non vado matto per i funghi”. La cucina regionale italiana che più apprezzi. “Quella trentina, ma anche quella napoletana: un bel piatto di pasta al pomodoro di quelli che sanno fare loro non ha eguali”. Il tuo menù ideale. “Facciamo un menù a base di carne. Di primo, direi un bel risotto alla trevisana, di secondo una tagliata con asparagi. E per finire, una bella torta di grano saraceno”. Vino o birra? “Vino, ma ne bevo tre mezzi bicchieri l’anno… che però mi gusto fino in fondo”. Rosso o bianco? “Rosso”. Carne o pesce? “Carne”. Pasta o riso? “Entrambi”. Dolce o salato? “Dipende dal momento della giornata. A colazio-

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ne mi piace più il dolce, ma di giorno preferisco il salato”. La cucina straniera che ami di più? “Quella belga, c’è una carne buonissima”. La tua pizza preferita. “Con gorgonzola e noci”. Alimentazione tipica di un ciclista. “Una bella colazione abbondante fatta di carboidrati e poi durante la gara panini e qualche barretta”. Cosa mangi prima di una tappa importante? “Mi piacciono molto le marmellate di mirtilli quando con la carovana siamo in Trentino, la torta di grano saraceno ma, considerata la fatica di una tappa alpina, a volte mangio anche pasta al pomodoro e un paio di uova”. Ti pesa dover mantenere la linea? “No, è fondamentale per la qualità del mio lavoro e lo faccio senza grossi problemi”. Cosa mangi quando sei giù di morale? “In gara, soprattutto nei momenti di difficoltà, mi premio con un bel Mars o dolcetti simili che contengono cioccolato”. Quando vinci una gara o una medaglia con che piatto festeggi? “I miei compagni di squadra hanno preteso che le vittorie si festeggiano con una bella bevuta di rosso… io non ne bevo granché, ma è una bella tradizione”. Qual è il piatto con cui tua moglie ti prende per la gola? “Ah, i dolci sicuramente. È davvero brava a cucinarli…Però fa anche un ossobuco che è una favola” Come immagini una cena romantica? “Una cena d’estate con mia moglie e con la vista su Città Alta”. Un piatto che rappresenta il tuo stato d’animo attuale? “Per avere benzina nelle gambe e affrontare un grande Giro d’Italia direi la pasta. Ma ora come ora mi sento più come un frutto, una bella fragola che esprime allegria, colore ed entusiasmo primaverile”.


Lovere, l’ex regno di Raponi è diventato un “Salotto”

A

Lovere è ritornato in vita il “Castello”. Da un anno l’albergo-ristorante già regno di Giulio Raponi ha riaperto con una nuova proprietà e un nuovo progetto. L’edificio è interamente ristrutturato e l’albergo-ristorante è diventato una spa di lusso. La vista mozzafiato sul lago è la stessa di un tempo. Il progetto è di Cristina Zanardini e della mamma Eleonora Laini, di Pisogne. Riaprire il “Castello” era il sogno di Cristina che l'ha avuto nel cuore fin da bambina quando, ricoverata in ospedale, per farla mangiare Giulio le portava di persona i suoi piatti di pesce. L’hanno chiamato “Il Salotto” il ristorante, perché per loro è il salotto del Castello. Cristina ha portato con sé l’esperienza manageriale acquisita nell’azienda del padre e tutto è studiato nel dettaglio: le illuminazioni, gli arredi, i colori, i

quadri. E i prodotti, quasi tutte primizie del luogo, secondo la filosofia del Km Zero, a partire dai pesci del lago, acquistati da un pescatore di fiducia. Il cuoco Fabio Sanga propone i piatti tradizionali bergamaschi e bresciani rivisitati in chiave moder-

IL SALOTTO Hotel Spa Castello via del Santo - Lovere tel. 035 964129

na e creativa. Tra tutti, segnaliamo: le Marinature lacustri agli aceti dai sapori di fragola, mirtillo, mora dei nostri boschi (preparate secondo la ricetta del passato con un affumicatore costruito artigianalmente da una carpenteria locale), il Risotto vialone nano al ragù di lago, gli Strozzapreti camuni con spinacino e formaggio Silter della Vallecamonica, il Filetto di manzo lardellato alle verdure primaverili (tra i più richiesti), il Persico del lago aromatizzato con le erbe del nostro orto. Il pane e i dolci sono tutti fatti in casa, con farine biologiche. Le persone con intolleranza al lattosio e alla caseina trovano una carta dedicata. In cantina ci sono un centinaio di bottiglie, con una vasta scelta di etichette parte lombarde e trentine. Per un pasto completo, senza vini, si spendono circa 40 euro. r.mart.

Franciacorta, Castelveder celebra i fondatori con “Filemone e Bauci”

F

ondata nel 1975 da Renato Alberti con la moglie Elena Nulli a Monticelli Brusati (Franciacorta), Castelveder è un’azienda agricola di circa 12 ettari che produce vini Doc e Docg usando esclusivamente le uve dei propri terreni. La tenuta – oggi guidata dalla nipote Camilla Alberti si caratterizza per una cantina scavata nella millenaria roccia di maiolica dove ogni anno si producono, con la consulenza dell’enologo Teresio Schiavi, circa 80mila bottiglie, di cui 50mila bollicine. Nei giorni scorsi, Castelveder ha presentato “Filemone e Bauci”, il nuovo vino ideato dalla famiglia per celebrare i 60 anni di matrimonio dei due fondatori. Nato dal connubio del Pinot Nero con lo Chardonnay, Filemone e Bauci è un Franciacorta raffinato e in grado di combinare, in un’armonia di sapori contrastanti, le peculiarità di due fra i vitigni più preziosi di questo angolo di Lombardia. È un vino che trae ispirazione dal mito greco per celebrare l’amore che unisce Renato Alberti e la moglie Elena. Lui, imprenditore del termoidraulico stregato dalla magia della Franciacorta, ed Elena Alberti Nulli, poetessa dall’animo vignaiolo, sono soliti chiamarsi così. Sono i Filemone e Bauci della brescianità che vive con passione il lavoro della terra

e l’arte di fare il vino. Nel corso della presentazione, le nuove bollicine (appena 1.500 le bottiglie) sono state “spiegate” dalla sommelier Loretta Zammarchi e hanno accompagnato l’eccellente proposta culinaria curata da Stefano Cerveni, chef del ristorante Due Colombe.

Renato Alberti ed Elena Nulli con la nipote Camilla Alberti

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L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Riso nero con cubetti di bresaola e olive Ingredienti per 1 persona 70 g di riso nero (circa 2 pugni e mezzo) 60 g di bresaola di manzo tagliata a fette spesse Una manciata di olive nere Olio d’oliva extra vergine Pepe e limone

Preparazione Fate cuocere il riso e scolatelo al dente. Snocciolate le olive e frullatele insieme a 2 cucchiai di olio fino ad ottenere un patè.Tagliate la bresaola a cubetti e tritate il prezzemolo. Mettete in una terrina il riso freddo, il prezzemolo, la bresaola ed il patè.Aggiungete olio, pepe e limone e mescolate bene. Se volete, accompagnate il piatto con del pane al latte.

LA CURIOSITÀ Il riso nero è un riso integrale dal colore viola scuro, quasi nero, che solletica il palato, l’olfatto, il gusto e la vista; meno famoso nelle nostre cucine rispetto a quello bianco, è in realtà un alimento versatile, che può essere utilizzato con successo nelle preparazioni di primi, secondi, dessert e piatti unici, come in questo caso. Il suo gusto è particolare, aromatico, profumato, con un sentore di pane appena sfornato e la sua fragranza la si percepisce già annusando i chicchi crudi, per diventare poi più incisiva con il calore. Originario della Cina, per anni è stato conosciuto con l’appellativo di “Riso degli Imperatori” per le sue proprietà nutrizionali e perché coltivato dai contadini solo per l'imperatore e la sua corte. Infatti, non è solo gustoso, ma fa anche bene alla salute, considerato l’alto contenuto di antiossidanti. Recenti ricerche hanno evidenziato che, a parità di quantità, il riso nero non solo è più ricco di antociani ed altri antiossidanti, ma - rispetto al riso bianco

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- contiene percentuali significative di vitamine B, B3, E, calcio, magnesio, ferro e zinco. Per l’elevata digeribilità è ottimo per chi soffre di disturbi della digestione, per i bambini e gli anziani mentre il basso contenuto di zuccheri lo rende un alimento ideale nelle diete ipocaloriche e degli sportivi. E se ancora qualcuno nutrisse dei dubbi sulle sue proprietà, può leggere sul web la relazione pubblicata dal Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, che conferma l’alto potenziale del riso nero contro l'infiammazione alla base dell'asma e delle allergie in generale. È possibile acquistarlo nei principali supermercati e nei negozi, che vendono alimenti biologici anche con il nome di Riso Venere; rispetto agli altri risi è un po’ più costoso e, soprattutto, richiede una cottura di circa 40-50 minuti, sicuramente lunga per chi ha sempre fretta. Ma è meglio non farsi scoraggiare da questi elementi e non rinunciare a un prodotto insolito, esotico e buono.




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