marzo 2011
Supplemento al n. 11 de “La Rassegna” del 24 marzo 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Unità d’Italia, anche il gelato ci prende gusto Ad aprile coni e coppe ispirati alla bandiera nazionale nei punti vendita bergamaschi che partecipano alla campagna del Co. Gel. Ascom
IL PRODOTTO
IL DOLCE
Miele, crescono Le ricette produzione per stupire e consumi con la Colomba
L’INTERVISTA
L’AZIENDA
Marchesi: «Senza vino i miei piatti si gustano meglio»
Vinitaly, 4R lancia le nuove strategie
MARZO 2011
SOMMARIO www.affaridigola.it
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PENNA ALL’ARRABBIATA Quando il caffè è un'amara sorpresa
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L'APPROFONDIMENTO Miele bergamasco, un baluardo contro l'"invasione" cinese
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L'INTERVISTA Marchesi: "Solo acqua. Così si gustano meglio i piatti"
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L'EVENTO Per l'Unità d'Italia il gelato indossa il tricolore
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IL PRODOTTO Lumache, un piacere di nicchia
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IL RISTORANTE "Benigni", l'ambulatorio che cura l'anima col cibo
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IDEE La colomba che non t'aspetti
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L'AZIENDA Al Vinitaly "4R" lancia la nuova strategia d'azione
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L'ANNIVERSARIO "La nostra sfida? Far rivivere le ricette di Artusi"
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo tel. 035/213030 - fax 035/224572 - info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi
Quando il caffè è un’amara sorpresa Dovrebbe essere la degna chiusura di un buon pasto, invece in molti locali si rivela un vero e proprio tallone d’Achille
“I
l caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?” Nino Manfredi ci perdonerà se lo ricordiamo per una réclame, ma ci vuole grande talento anche in queste circostanze. E a lui non è mai mancato. In effetti il caffè dovrebbe essere buono, come gli spaghetti e la cotoletta, ma troppo spesso è un autentico tallone d’Achille per alberghi e ristoranti che vengono ricordati più per la ciofeca calda che si beve all’ultimo che, magari, per i deliziosi manicaretti serviti in precedenza. Questa tesi ci è sempre stata ben presente, ma si è notevolmente rinfrancata per una recentissima visita in Puglia, a trovare svariati cugini e a scoprire che in ogni casa c’è un addetto speciale al caffè. È il caso di Michele, affettuoso cugino acquisito, autentico re della moka a casa sua. Così come Daniele, specialista nell’“espressino”, specialità pugliese che prevede caffè, crema di latte e una spruzzata di cacao. Così come Annamaria, così contenta di vederci, che non poteva non terminare un pranzo sontuoso, a Gioia del Colle, col suo buonissimo caffè. Per dire come, laggiù “da noi”, ci si tenga così tanto. A Bari qualsiasi bar vi servirà la tazza di caffè accompagnandola con un piccolo bicchiere d’acqua: e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’acqua va bevuta prima, per liberare il palato da sapori precedenti e prepararlo così all’ingresso glorioso della bevanda regale. Soprattutto mio figlio, buon intenditore di chicchi e tostature, attualmente sulle tracce della miscela che utilizza il bar pasticceria Sica in via Putignani (pieno centro di Bari), aveva bisogno di buoni incontri nella tazzina dopo aver sciaguratamente affrontato il caffè sul volo Ryanair. (Off topic) A proposito, mister O’ Leary, considerando che i suoi stewards riescono a piazzare non più di un paio di ciabatte gommose per volo, noi riproponiamo la nostra idea di panini con formaggi e salumi bergamaschi. Ci pensi. Tornando alla moka, quindi, ed avendo magnificato l’attenzione che il Sud riserva al caffè, e non solo,
eccoci ad affrontare il problema in terra lombarda: sempre il mio figliolo, sentinella all’erta sul problema, mi confidava come, insieme alla sua combriccola di amici gaudenti, trovasse buone proposte gastronomiche in una famosa birreria, salvo poi cadere, tutti quanti, nella sventura di un pessimo caffè finale. E non è che non lo sanno.Travolti dalla spensieratezza della serata, proprio se ne dimenticano. E se è grave per una birreria, figuriamoci per un ristorante che avanza pure qualche pretesa: bisognerebbe semc pre p ricordarsi l’attenzione che va v posta laddove si conclude il pranzo. p L’ultimo, ovviamente, dovrebbe L essere un buonissimo ricordo. e Lo L stesso avviene in molti alberghi: nelle recenti osservazioni a margine della consegna degli attestati per gli Hotel di Qualità, gli esaminatori rimarcavano che un punto di criticità nell’accoglienza mattutina bergamasca era proprio il proliferare di macchinette che servono le bevande calde e che obbligano gli ospiti a pigiare un pulsante invece che interpellare un barista. Converrete, un autentico orrore. Da verifiche personali e da qualche parere raccolto in giro sembrerebbe quindi, in alcuni casi, delinearsi una scarsa attenzione per quello che, al contrario, è un momento importante della giornata e, per una cerchia di raffinati, addirittura un rito. Certo, un buon caffè prevede una buona miscela (magari non precisamente economica), una sapiente regìa della macinatura con le conoscenze adeguate, comprese quelle climatiche, un buon “manico” e tanta passione. Ma la faccia contenta di chi si accosta alla tazzina, non ha prezzo davvero. E lo stesso si può dire del “caffè sospeso”, meravigliosa usanza di una Napoli d’altri tempi, dove chi aveva più possibilità pagava due caffè, lasciandone uno “sospeso” (cioè offerto) per un concittadino meno abbiente. Un gesto nobile. Speriamo che ritorni e non solo laggiù.
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L'APPROFONDIMENTO di Laura Bernardi Locatelli
Miele bergamasco, un baluardo contro l’“invasione” cinese Il consumo pro-capite nella nostra provincia è passato da 400 a 500 grammi all’anno, mentre la produzione nel 2010 (250mila chili) è stata una delle migliori di sempre. Il settore riesce a difendere le proprie posizioni dal massiccio import dall’Est e dal Sud America. Mazzucconi (Apb): “Se consideriamo pappa reale e propoli ben il 90% arriva dall’Asia”
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l miele venduto al supermercato? Poco italiano e molto cinese, argentino, bulgaro e rumeno. Trovare del miele degno di questo nome nella grande distribuzione è tutt’altro che facile. Nella peggiore delle ipotesi si tratta di miele importato dalla Cina; nella migliore, proviene dai paesi del Sud p America. Vista la provenienza, si tratta di miele pastorizzato, in modo da renderlo
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più fluido e facilitare così l’invasettamento. Stati Uniti e Giappone hanno bloccato le importazioni di miele dalla Cina per adulterazioni ed impiego massiccio di antibiotici, mentre in Europa, nonostante siano state presentate diverse interrogazioni parlamentari, il miele non è stato inserito tra i prodotti che possono essere importati solo se sottoposti con esito favorevole a controlli analitici. Il miele italiano, da sempre considerato tra i migliori al mondo, tanto che a cavallo tra le due guerre mondiali, con il boom dell’apicoltura negli anni Trenta, l’ape italiana è diventata una celebrità mondiale, rappresenta oggi solo il 50% dei vasetti venduti nel nostro Paese. Le industrie del miele importano dall’estero, in primis dall’Argentina e dalla Cina, seguite dai paesi dell’Est. Inquietante è il dato sull’impor-
tazione di pappa reale e propoli: “Il 90% arriva dalla Cina. I contatti commerciali con il mercato cinese sono stati avviati dalle grandi industrie più di vent’anni fa - dichiara Marco Mazzucconi, presidente dell’Associazione Produttori Apistici della provincia di Bergamo, che ha scelto di trasformare una passione in professione, lasciando un lavoro impiegatizio per avviare una produzione biologica certificata -. La nostra produzione di pappa reale e propoli è molto limitata, anche perché richiede diversi accorgimenti e la resa per la pappa reale è pari a circa 1 grammo a cella, ma si tratta di un prodotto d’eccellenza che gli apicoltori bergamaschi producono. La pappa reale va conservata da appena raccolta e fino al suo totale consumo, costantemente ad una temperatura compresa tra 0° e 5° (nella parte
alta del frigorifero), in bottiglietta di vetro scuro, ben chiusa ed al riparo dalla luce. Solo in questo modo conserva integre tutte le sue proprietà. Non è difficile immaginare la qualità di pappa reale che arriva da viaggi lunghissimi dalla Cina”. Il miele bergamasco, che gode dell’apposito marchio di qualità dagli anni Ottanta, è un prodotto fresco, non pastorizzato e che non subisce alcun tipo di trattamento termico, a differenza di quello prodotto a livello industriale, e rappresenta una vera e propria risposta di qualità all’invasione nel mercato di prodotti esteri. Dopo essere stato estratto dagli oltre 700 apicoltori che operano nella nostra provincia, viene filtrato, decantato e conserva integre le caratteristiche e proprietà nutritive per due anni. Dal tarassaco alla robinia, dal castagno al rododendro e al tiglio, le api raccolgono i diversi nettari, nel corso del trasferimento degli alveari dalla pianura alla collina fino ad alta quota. Poi, l’apicoltore procede al recupero del miele, una sola volta l’anno per il
millefiori, più volte per i monofloreali. Il 20% della produzione bergamasca è nomade e segue le fioriture per produrre diverse varietà di miele: “Il percorso tipico inizia con la transumanza in pianura sulla fioritura della robinia, si sposta poi a giugno in zona di fioritura del castagno e della robi robinia in media edia collina, quindi sulle fioriture montane per poi tornare a svernare nare alle postazioni della pianura e della collina”. La produzione: duzione: Anche se non mancano o elementi di sofferenza, il 2010 per l’apicoltura orobica può essere considerato un buon anno no da molti punti di vista. “Il settore registra una ripresa esa dopo due anni difficili fficili come il 2008 e il 2009 caratterizzati zzati dalla moriaa di molti alveari - sottolinea Mazzucconi oni -. La produzione one del 2010, grazie al buono ono stato di salute delle le
famiglie di api, è stata una delle migliori annate degli ultimi anni. Nell'ultimo decennio l’anno record è stato il 2006 con ben 301.464 chili di miele prodotto, seguita da quella dell’anno appena trascorso e dal 2004”. La produzione del 2010 è pari a 249.304 chili, con una produprodu zione annua media per alveare (11.332 le casette delle api dei soci dell’Associazione Produttori Apistici) di 22 chili. Il miele di robinia (acacia) rappresen-
Un prodotto per ogni stagione ROBINIA. È ricavato dalla fioritura primaverile di Robinia Pseudoacacia. Per il suo sapore delicato è usato come dolcificante, anche perché non altera il sapore delle bevande a cui viene aggiunto. Viene prodotto nelle zone di pianura e di collina. Ha un colore chiaro limpido ed un profumo delicato, debolmente floreale. Il periodo di fioritura è a maggio. CASTAGNO. Proviene dalla fioritura estiva della Castanea Sativa. Le api raccolgono il nettare dai fiori maschili ricchi di polline che si riscontra in forte quantità nel prodotto finito. Questa caratteristica è il suo principale pregio perché gli conferisce un alto valore nutritivo. Il miele di Castagno è uno tra i più ricchi di sali minerali. Viene prodotto nei boschi di castagno della collina e delle valli bergamasche. Il colore è bruno scuro con tonalità rossastra. Ha un profumo forte ed aromatico. Il sapore tende all’amarognolo. Il periodo di fioritura è a giugno. RODODENDRO. Questo miele proviene dalla fioritura estiva dell’arbusto Rhododendron Ferrugineum.
È particolarmente raro perché la sua produzione molte volte viene limitata dalle condizioni atmosferiche stagionali che in alta montagna non consentono delle perfette fioriture. È prodotto sulle Prealpi Bergamasche dai 1600 ai 2300 metri di altitudine. Ha un colore che va dal bianco acqua al giallo paglierino. Il profumo è debole ed il sapore è delicato e poco persistente. Il periodo di fioritura è da giugno a luglio. TIGLIO. È ricavato dalla fioritura estiva degli alberi di Tiglio. E’ molto apprezzato per il profumo aromatico che ricorda i fiori da cui proviene.Viene prodotto in tutta la Bergamasca. Ha un colore che varia dal giallo chiaro al verdastro. Il periodo di fioritura è da giugno a luglio. TARASSACO. Viene prodotto all’inizio della primavera per lo più in pianura e in parte sulle colline bergamasche in occasione della fioritura del tarassaco. Ha un colore giallo vivo e a volte giallo crema se miscelato con miele di salice. Il profumo come il sapore è molto intenso. Il periodo di fioritura è ad aprile.
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L'APPROFONDIMENTO ta la fetta più consistente della produzione (129.630 chili, pari al 52% della produzione totale). Seguono a distanza il miele millefiori (39.889 chili, pari al 16%) e il miele di castagno (34.903 chili, pari al 14%). Sono 22.437 invece i chili di miele di tiglio prodotti (9% della produzione bergamasca), 14.958 quelli di melata (6%), 4.986 i chili di miele di rododendro e 2.493 quelli di miele di tarassaco. I prezzi partono dai 7,30 euro per miele di melata e millefiori per salire a 8 euro per quello di castagno, a 8,30 euro per il miele di robinia e tarassaco, a 8,80 euro per quello di tiglio e a 11,30 euro per il miele di rododendro. L’Associazione, nata nel 1984 per aggregare produttori di miele, rappresenta ben 500 apicoltori (sui 700-800 che operano in provincia). Tra i soci non mancano gli appassionati, che dedicano alle loro famiglie di api gran parte del tempo libero. “Il prodotto locale viene sempre apprezzato: i mieli chiari, in particolare acacia e mil-
lefiori, restano i preferiti, mentre buona parte dei mieli scuri, la melata in testa va forte all’estero, specialmente in Germania, terra di grandi consumatori di miele - continua Mazzucconi - La sensazione è che comunque il consumo pro-capite stia crescendo: dai 400 grammi a testa si è saliti ai 500 grammi”. Le modalità di consumo sono versatili come il prodotto: “Molti lo utilizzano come dolcificante, lo impiegano in cucina per dolci, ma anche per secondi di carne importanti. Il miele è un alimento che contiene un gran numero di sostanze energetiche che, in proporzioni equilibrate, esercitano sull’organismo un’azione benefica; per questo viene ancora largamente impiegato durante i cambi di stagione, unitamente ad altri prodotti come la propoli e la pappa reale”. La pressoché totalità degli apicoltori commercializza direttamente i propri prodotti, ma una piccola parte della produzione, come la melata, va all’estero o all’ingrosso.
MELATA. È un miele con basso contenuto di acqua, ricco di sali e zuccheri superiori. Viene prodotto dalle api utilizzando linfa elaborata assunta da insetti che, avidi di sostanze azotate, lasciano alle api gli essudati zuccherini eccedenti le proprie esigenze nutritive.Viene prodotto in tutta la Bergamasca. Ha un colore scuro e intenso. Il profumo è aromatico e il sapore, vagamente amarognolo, è persistente. Il periodo di fioritura è da giugno ad agosto. MILLEFIORI DI MONTAGNA. Questa dicitura comprende tutti i mieli prodotti in area prealpina provenienti da fioriture diverse. Ha un colore variabile dovuto alle presenze floreali della zona. Il profumo è molto aromatico e il sapore cambia in funzione delle fioriture a cui si sono rivolte le api. Il periodo di fioritura è da maggio a luglio. MILLEFIORI. Con la dicitura Miele Millefiori vengono etichettati tutti quei mieli che provengono da fioriture diverse. Il prodotto finale quindi ha colorazioni, profumi e sapori che variano in funzione della flora presente nelle zone dove sono state collocate le arnie. Il periodo di fioritura è da aprile ad agosto.
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Il marchio d’origine A tutela dei produttori locali e a garanzia dei consumatori, l’Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo ha istituito nel 1985 il “Marchio di Origine e di Qualità dei prodotti delle api della Provincia di Bergamo”, depositato presso la Camera di Commercio. Composizione, colore, sapore e profumo del miele variano a seconda dell’origine botanica. I componenti fondamentali sono gli zuccheri, tuttavia molte delle caratteristiche che rendono il miele rinomato ed appetibile sono determinate da elementi che compaiono solo in tracce: a tutt’oggi ne sono state indicati oltre 180 e sembra che alcuni di essi siano esclusivi di questo prodotto.
POLLINE. Ricco di sostanze minerali e di vitamine, il Polline è un ottimo alimento naturale complementare con proprietà ricostituenti. Può essere consumato da solo masticandolo, o miscelato a miele, confetture, yogurt o acqua tiepida. Si consiglia di assumere la dose quotidiana il mattino a digiuno: 1520 grammi gli adulti, 5-10 grammi i bambini. PAPPA REALE. Alimento ricco di sostanze nutritive, è una gelatina di colore biancogiallognolo dal caratteristico sapore acido. Ha la massima resa sull’organismo umano se viene assimilata fresca, pura, al naturale e a digiuno. Le posologie indicate sono da 300 a 500 milligrammi per gli adulti, la metà per i bambini. PROPOLI. La propoli è costituita da una miscela di resine, gomme e sostanze balsamiche che le api raccolgono sulle gemme e sulla corteccia della piante e degli arbusti. Le vengono attribuite proprietà antibiotiche e antinfiammatorie.
“Cotti e mangiati”, su facebook un gruppo per chi ama i fornelli Dalla raffinatezza di un risotto fragole e champagne a un più godereccio cotechino in crosta, passando attraverso una serie di peccati di gola a base di cioccolato, creme e frutta. Questi sono soltanto alcuni dei piatti che fanno capolino su “Cotti e mangiati”, il nuovo gruppo facebook made in Bergamo interamente dedicato alla cucina. Niente a che vedere con il rinomato programma di Benedetta Parodi, sia ben chiaro. L'idea è nata circa un anno fa dalla passione per i fornelli che accomuna i due fondatori di questa pagina. Al momento sono quasi 230 i membri che ogni giorno scrivono in bacheca, chiedono consigli, si scambiano opinioni e pubblicano le loro ricette. Per entrare a far parte attivamente del gruppo bastano pochi semplici passi: una macchina fotografica per immortalare i vostri piatti da pubblicare in bacheca e un pizzico di creatività per descriverne ingredienti e procedimento. Insomma, Cotti e mangiati sta ormai diventando un punto di scambio per chi ama la buona tavola e desidera condividere, con una folta schiera di golosi, ricette facili, piccole curiosità e tradizioni.
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ACCADEMIA DEL GUSTO di Roberta Martinelli
Marchesi:“Solo acqua. Così si gustano meglio i piatti” Gualtiero Marchesi
Ai partecipanti del Convivium di Stelle, il maestro proporrà un menù senza vino. E ammette:“La cucina italiana? Non si capisce dove va. C’è un po’ di tutto, nel bene e nel male”. “Non amo l’avanguardia, manca di rispetto alla tradizione e noi abbiamo bisogno di migliorare le nostre ricette tipiche”
P
otrebbe sembrare una bizzarria ma non lo è quella di Gualtiero Marchesi. Ai partecipanti di “Convivium di stelle”, il ciclo di pranzi-degustazione firmati dall’Accademia del Gusto che il 27 aprile farà tappa al suo ristorante di Erbusco, il grande maestro della cucina italiana proporrà alcuni dei suoi piatti più noti in abbinamento con la sola acqua. Per la felicità dei pochi (e poco considerati) che non amano le ebbrezze di Bacco. «Niente di strano - spiega -. Non si propongono in degustazione i vini con i soli grissini per poterli assaporare meglio? Lo stesso vale per i piatti». L’abbiamo raggiunto al telefono a pochi giorni dal suo 81esimo compleanno, interrompendo una giornata fitta
L’APPUNTAMENTO Un pranzo e al tempo stesso una lezione. L’Accademia del Gusto, nell’ambito della rassegna “Convivium di stelle”, il 27 aprile organizza un pranzo-degustazione al ristorante Albereta Relais&Chateaux di Erbusco con la guida di Gualtiero Marchesi. Si parte dalla scuola di cucina a Osio Sotto alle 10.30. La giornata è aperta a cuochi e operatori della ristorazione. Per informazioni e prenotazioni: Ascom Formazione tel. 035 4120180/183 o 035 4185706 - www.ascomformazione.it.
I CORSI DI APRILE IL MENÙ DI PASQUA Un laboratorio di sei ore per apprendere e sviluppare un menù realizzato con piatti e ingredienti tipici della tradizione pasquale, ma proposti in maniera creativa. Un corso per gustare i sapori della primavera e festeggiare da gourmet la Pasqua. Ciascun partecipante realizza in aula le ricette. Martedì 5 e 12 dalle 20 alle 23 a cura di Roberto Carcangiu AL RISTORANTE • Formaggi al ristorante: gli indispensabili Rivolto ai professionisti della ristorazione il laboratorio è un percorso esplorativo e degustativi attraverso il mondo dei prodotti caseari. Per imparare a conoscerli e proporli con un carrello degno di tale nome e del ristorante. Martedì 19, 26 aprile e 3 maggio dalle 15 alle 18 a cura di Giulio Signorelli • Tecniche di servizio in sala Il servizio non è tutto, certo, ma è il biglietto da visita del ristorante.Avere un buon personale in sala è il lasciapassare per conquistare la simpatia e la fiducia della clientela e per confermare il successo della cucina. Questo corso permette di acquisire tutte le competenze di base
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del servizio e di qualificare-riqualificare il ristorante agli occhi della clientela. Grazie al continuo dialogo tra teoria e pratica risulta prezioso sia per chi vuole intraprendere la professione di cameriere o maitre sia per chi desidera elevare la propria professionalità. Il mercoledì e giovedì dal 6 al 21 dalle 15 alle 18 – a cura di Antonio Magni
AL BAR • Le verdure estive servite crude Melanzane, zucchine, peperoni, pomodori. Gli ortaggi estivi sono tra gli ingredienti che più si prestano ad essere serviti crudi, in abbinamento a salse o formaggi. Questo laboratorio spiega come farli diventare protagonisti di piatti freschi da servire al cliente con l’aperitivo o come pranzo veloce e leggero. Mercoledì 20 e 27 dalle 15 alle 18 – a cura di Federico Coria
di impegni. Subito ci avverte: «Per favore, non chiamatemi chef. Chef non vuole dire nulla. Significa capo, non cuoco». Siamo d’accordo: il dilagare dei termini stranieri nella nostra amata lingua non piace neppure a noi. L’intervista è l’occasione per conoscere più da vicino la persona e per fare il punto della situazione sulla cucina italiana. «Che non si capisce dove va. C’è un po’ di tutto nel bene e nel male: dalla trattoria antica ai ristoranti più innovativi che fanno cucina molecolare, chimica. Io sono moderno per quello che mi concede la mia storia. Le novità si ottengono riarrangiando in maniera nuova le ricette di un tempo, non nel buttare il passato». Deduco che non ama la cucina d’avanguardia… «No, manca del rispetto della tradizione e noi abbiamo bisogno di migliorare le nostre ricette tradizionali. L’Artusi ha scritto un libro sulla scienza in cucina, Ferran Adrià non ha scoperto niente. I giovani sono tutti gasati per fare la cucina creativa, ma prima bisogna imparare il mestiere, conoscere i prodotti. Quando si capisce la materia poi è difficile fare cose strane perché i sapori sono dentro il prodotto, non serve aggiungere altro. Siamo diventati molto vicini di casa con tutto, quindi si cerca di acquisire e di mescolare. L’importante però è che queste contaminazioni portino avanti». I cuochi sono diventati vere e proprie star medianiche. È un bene o un male? «Tutti oggi vogliono fare il cuoco per andare in televisione. Diventeremo una generazione di cuochi. Poi si vedono delle schifezze come il programma di Gordon Ramsey».
Da cosa capisce se un suo allievo ha stoffa? «Dalla passione, dall’intelligenza e dalla curiosità». Qual è stata la soddisfazione più grande nel suo lavoro? «Quando ho un’idea nuova. E alcuni riconoscimenti importanti come quello da parte della Scuola Internazionale di Cucina Italiana qualche anno fa. E il premio “Grembiule d’oro” a Madrid nel 2009 che mi ha inserito tra gli 11 cuochi più influenti del mondo». Ci sono ingredienti a cui non rinuncerebbe mai? «Tutti gli ingredienti sono uguali. La prima cosa è usare prodotti di alta qualità» Com’è Gualtiero Marchesi commensale? «Non sono molto in giro. Sono totalmente immerso nel mio filone e sono diventato talmente sofistico… L’altra sera però nel corso di una serata con Slow Food ho mangiato in un ristorante a Milano un piatto di un cuoco che mi ha colpito ed emozionato, degli gnocchetti con verdure straordinari. Ho suggerito di correggere alcune cose che potevano mettere in difficoltà il cliente». Se non fosse stato Gualtiero Marchesi, re della cucina italiana, chi sarebbe stato? «Un musicista, un pittore, un artista». Tanti anni dedicati alla cucina. Non le è venuta a noia? «No, il bello viene adesso. Continuo a pensare solo alla cucina. E alla musica. Non lavoro, ma cerco di insegnare, di trasmettere ad altri quanto so. Bisogna garantire il passaggio di testimone tra i cuochi di una certa età e i giovani sennò si perde la tradizione».
• Barman flair: corso base Chi vuole diventare un barman acrobatico può farlo con questo corso che insegna ad essere più veloci, più spettacolari e soprattutto più precisi nel lavoro della mescita e della miscelazione. In 30 ore di teoria e di pratica si impara a organizzare una work station e a preparare i drink con la tecnica flair. Il corso è aperto agli operatori del beverage. Da lunedì 11 a venerdì 15 dalle 14 alle 20 a cura di Boris Andreoletti
RICETTE D’AUTORE • La cucina isolana di Pino Cuttaia Una giornata tutta dedicata alla cucina mediterranea, firmata da uno dei suoi interpreti più di successo, Pino Cuttaia (nella foto), titolare del ristorante La Madia di Licata (1 stella Michelin). Sette ore di ricette e degustazioni, un piccolo ricettario di piatti buoni e naturali e di tecniche che esaltano i prodotti come l’affumicatura alla pigna, la bottarga pensata per dare consistenza a una salsa, il nero di seppia essiccato e trattato come una spezie. Martedì 19 dalle 10 alle 17
• Tapas e finger food Viaggio tra gli snack e gli stuzzichini più nuovi e sfiziosi, per innovare la pausa aperitivo con ricette creative e rendere il proprio locale più attrattivo. Il laboratorio dura quattro ore ed è rivolto ai professionisti del settore food and beverage. Giovedì 7 dalle 14 alle 18 – a cura di Francesco Gotti NUOVE PROPOSTE IN GASTRONOMIA Due incontri dedicati all’aggiornamento per arricchire la propria proposta al banco con prodotti a basso costo e dalle innumerevoli proprietà nutritive. Per trasformare materie semplici in piatti gustosi senza incidere troppo sui costi gestionali. Martedì 12 e 19 dalle 20 alle 23 a cura di J. Dominique Verdier
I corsi si tengono all’Accademia del Gusto di Osio Sotto. Info: Ascom Formazione tel. 035 4120180-183 / 4185706 - www.ascomformazione.it
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RISCOPERTE di Anna Facci
Una frittata, mille sapori Snobbata in casa e al ristorante la semplice ricetta si presta a tantissimi abb abbinamenti. Ecco qualche suggerimento. Gotti: «Può avere più spazio nei menù»
È
Francesco Gotti
versatile, veloce e poco costosa. Forse proprio per questo relegata a piatto d’emergenza, quando proprio in frigorifero non si trova altro. Ma non vuol dire che non possa essere piena di gusto e con qualche accortezza in più nella preparazione e negli abbinamenti diventare una “signora” portata. Parliamo di frittata, ricetta per ogni stagione che si fa più stuzzicante in primavera, con l’arrivo di erbe e verdure, il tripudio delle uova e la voglia di qualcosa di più fresco, facile e leggero dopo i robusti sapori invernali. «L’uovo ha potenzialità altissime in cucina – spiega Francesco Gotti, docente dell’Accademia del Gusto di Osio Sotto e chef del Bobadilla di Dalmine –, conoscerlo e saperlo lavorare con tecniche diverse può dar vita a proposte bellissime. Ma anche restringendo il campo alla sola frittata ci si può sbizzarrire. Io ad esempio propongo in carta una “Millefoglie di frittata alle verdure con pane carasau e coppa piacentina”». E subito il flusso di idee si fa incalzante e goloso elencando i possibili abbinamenti. «Le verdure innanzitutto, patate, zucchine, melanzane, carciofi e tutto quanto ci regalano le stagioni – racconta – e
I CONSIGLI DELLO CHEF Esterno croccante, interno soffice e buon spessore sono le caratteristiche di una frittata a regola d’arte. Ingredienti e procedimento sono semplici, ma l’attenzione ai dettagli può fare la differenza. I consigli dello chef Francesco Gotti per preparare la ricetta base e l’idea per alcune varianti.
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> LA RICETTA BASE Ingredienti per 4 persone: 8 uova intere, 4 g sale, 30 g panna da cucina, 60 g parmigiano reggiano, qb olio extra vergine di oliva. Preparazione: In una bowl sbattere le uova con il sale, amalgamare la panna ed il parmigia-
poi tutti i formaggi, ma m anche carne e pesce, con l’accortezza in questi casi di valutare cottura degli ingredienti, i tempi di c versioni dolci». Insomma, fino alle v prima a dire cosa non ci si fa p va. ««L’acido stona – avverte Gotti -, quindi tenderei ad G escludere i pomodori, il cetriolo e tra i salumi vedo bene la mortadella a cubetti, eviterei prosciutto crudo e speck, preferibili al naturale piuttosto che cotti». La frittata si presta quindi a tante variazioni, è un vero e proprio passepartout, anche se in casa è più spesso considerata un pasto di ripiego o uno spuntino da scampagnata mentre nella ristorazione, quando la si trova, è il più delle volte un anonimo quadratino tra le tante proposte di un buffet o di un antipasto, al massimo un’omelette. «L’idea che si ha della frittata è questa ed è tale immagine che probabilmente ne frena la scelta e l’offerta – rileva lo chef –. In realtà ha le carte in regola per essere un piatto unico completo, anche dal punto di vista nutrizionale, o un buon secondo e può, tra l’altro, rispondere alla richiesta di ritrovare sapori dimenticati, pensiamo ad esempio ad un abbinamento con dei radicchietti o alle nostre “scamusine” accompagnata da una crema al Taleggio». Un ritocco al look e un po’ più di convinzione nella proposta possono dunque rilanciare le quotazioni della frittata, valida soluzione anche nell’ottica del contenimento dei costi. «Lo spazio per la valorizzazione nella ristorazione c’è – conclude Gotti - attenzione però a non prendere in giro il cliente che sa dare valore ai piatti e non digerirebbe un prezzo troppo pretenzioso giustificato solo da un nome più fantasioso o da una presentazione colorata».
no reggiano. Scaldare un filo di olio in una padella antiaderente, versare il composto e, per evitare che la parte sotto bruci, stracciarlo con un cucchiaio di legno senza sbatterlo. Dopo circa 20 secondi girare la frittata. Per i meno esperti si consiglia di appoggiare un coperchio sulla padella e capovolgerla. Suggerimenti e accorgimenti: Il composto base non va mai sbattuto eccessivamente perché è necessario che le uova rimangano “legate” così da permettere alla frittata di essere omogenea. La padella deve essere ben calda così come l’olio. Ultimare la cottura per 40 secondi in forno a 180° permette alla frittata di gonfiarsi. Può anche essere interamente cotta in forno a 180° per circa 7 minuti, con un 20% di umidità. È possibile cuocerla anche in monoporzioni inserendo il composto in piccoli stampi di silicone di varie forme.
IL CONTROCANTO
Sergio Mei: «Resta un piatto alternativo» «Giriamola come vogliamo, alla fine resta sempre una frittata». Per Sergio Mei, chef executive del Four Seasons di Milano, maestro della cucina italiana nel mondo, la frittata è il piatto semplice e rustico che la tradizione ci ha consegnato e tale deve restare. «È quella con le zucchine, le patate o le cipolle – dice – e può essere un appetizer, un amouse bouche o essere proposta in un agriturismo, in una trattoria. Possiamo farla anche con i bruscandoli, cioè i “loertis”, con le fave, la salsiccia e il finocchietto, con gli asparagi di Altedo, ma se poi ci si comincia a mettere salmone affumicato, caviale, frutti di mare, a quel punto non è più una frittata, è qualcosa di diverso». L’interpretazione “etimologica” dello chef lascia quindi poche chance al piatto. «Chi va al ristorante – prosegue – vuole essere gratificato da saapori che non trova abitualmente, la frittata non potrà mai prendere il posto di una portata principale, al massimo se ne può m e t t e re u n quadratino nell’antipasto, ma di più stancherebbe. È un’alternativa, un complemento, non un protagonista».
Sergio Mei
Affari di Gola marzo 2011 13
I CONSIGLI DELLO CHEF > FRITTATA, QUATTRO VARIAZIONI SUL TEMA (gli ingredienti vanno amalgamati insieme a quelli della ricetta base)
ALLA BORRAGINE E PECORINO DI FOSSA Ingredienti ricetta base, 50 g borragine (scottata precedentemente in acqua salata e raffreddata subito in acqua e ghiaccio), 30 g pecorino di fossa grattugiato.
AI FUNGHI CARDONCELLI, BRANZI E PISTILLI DI ZAFFERANO
> . . . E PER FINIRE
Ingredienti ricetta base, 50 g funghi cardoncelli (tagliati a cubetti e trifolati con olio, aglio e prezzemolo), 30 g Branzi FTB grattugiato, 8 pistilli di zafferano interi.
FRITTATA DOLCE CON MELE ALLA CANNELLA E GELATO AL FIORDILATTE
ALLA LUGANEGA E RICOTTA INFORNATA Ingredienti ricetta base, 40 g luganega sgranata, 30 g ricotta infornata grattugiata.
CON CAPESANTE, POLVERE DI BOTTARGA E ASPARAGI DI MARE Ingredienti ricetta base, 4 capesante con corallo (utilizzate a crudo), 40 g asparagi di mare (salicor-nia) sbollentati in acqua salata e raffreddati in acqua e ghiaccio, 2 g bottarga di muggine grattugiata.
14 Affari di Gola marzo 2011
Ingredienti: 8 uova intere, 20 g zucchero, 30 g panna fresca, 4 g cannella in polvere, 60 g mele golden, 5 g burro, 160 g gelato fiordilatte, qb rum, qb zucchero a velo. Preparazione: In una bowl sbattere le uova con lo zucchero, amalgamare la panna fresca e la cannella in polvere. Tagliare a cubetti le mele e spadellarle velocemente con un po’ di zucchero e rum. Quando sono fredde aggiungerle al composto di uova. Scaldare il burro in una padella antiaderente, versare il composto e con un cucchiaio di legno stracciarlo senza sbatterlo. Dopo circa 20 secondi girare la frittata. Al termine della cottura piegare la frittata a metà creando un’omelette. Farcirla con il gelato al fiordilatte e spolverare con zucchero a velo e cannella.
L’EVENTO
Per l’Unità d’Italia il gelato indossa il tricolore Ad aprile coni e coppe ispirati alla bandiera nazionale nei punti vendita le del Co. Gel. Ascom che partecipano alla campagna promozionale
L’
Unità d’Italia celebrata da uno dei prodotti otti alimentari simbolo dal made in Italy: il gelaelato. È la nuova iniziativa del Comitato Gelaelatieri dell’Ascom di Bergamo nell’ambito della campagna di promozione del prodotto artigianale “Gelateria di Fiducia”, che dalla primavera all’autunno offre agli operatori una serie di opportunità per farsi conoscere. Aprile sarà “Il mese del gelato tricolore”. In occa-sione del 150esimo anniversario dell’unificazione, le gelaterie sono infatti chiamate realizzare coni e coppe celebrative ispirate alle componenti cromatiche della bandiera nazionale. Gli abbinamenti più immediati sono quelli dei gusti classici - menta, pistacchio o kiwi per il verde, limone o fiordilatte per il bianco, fragola o lampone per il rosso -, ma dalla fantasia e dall’esperienza dei gelatieri possono nascere creazioni del tutto nuove, giocando con accostamenti, variegature, scagliette colorate, confettini, canditi. Le gelaterie aderenti consegneranno inoltre ai bambini uno speciale coupon da completare con un disegno che racconti la propria idea dell’Unità d’Italia. Chi lo riconsegnerà riceverà un cono in omaggio e potrà vedere esposta la propria opera contribuendo a “vestire” il locale con i colori dell’evento. «Il mese del gelato tricolore – evidenzia il presidente del Co. Gel, Massimo Bosio – da un lato è un’occasione per mettere in gioco la propria creatività e stuzzicare i clienti con qualcosa di nuovo, dall’altro, con il doppio momento della consegna dei coupon e della raccolta dei disegni, è un invito ai consumatori a tornare in gelateria». Confermate, con qualche variante, le altre due manifestazioni della campagna Gelateria di Fiducia. “La merenda non si paga” è stata spostata da metà aprile all’ultima settimana di maggio e prevede la distribuzione di buoni per il ritiro gratuito di un cono agli alunni delle scuole materne ed elementari. Perché sia davvero una festa per tutti, quest’anno il Comitato deciso anche di offrire al reparto pediatrico degli Ospedali Riuniti di Bergamo gelato per i bambini ricoverati.
Il 2 ottobre chiuderà il programma la “Festa dei nonni” che assume anch'essa un taglio più solidale. Agli esercizi aderenti si propone infatti di accordarsi per una fornitura gratuita agli ospiti di una casa di riposo o un centro anziani della propria zona. Gelateria di Fiducia si compone anche di una parte di comunicazione sulla stampa, con la possibilità di spazi dedicati alle singole insegne, e di una serie di vantaggi e offerte di sponsor e fornitori, oltre a mettere a dispo disposizione il i materiale coordinat coordinato nell’immagine, come vetrofanie, locandine e volantini. Il costo di adesione è decisamente interessante, 50 euro più Iva, per favorire la partecipazione e accrescere la visibilità e l’impatto delle iniziative. Il Co. Gel. ha inviato ai gelatieri bergamaschi la descrizione dettagliata del progetto, per informazioni e iscrizioni si può contattare la segreteria (tel. 035 213030).
Simone Rota Biasetti e la mamma Grazia della gelateria Artigel di Azzano San Paolo
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VINITALY
Il Valcalepio sceglie un palcoscenico donizettiano
A
l PalaExpo Lombardia, dal 7 all’11 aprile prossimi, il Consorzio Tutela Valcalepio ha in programma per il pubblico della 45esima edizione del Vinitaly uno spettacolo inedito. Protagonista sarà naturalmente il Valcalepio, il vino di Bergamo, ma la novità che più salterà agli occhi di tutti sarà l’ambientazione in cui si svolgeranno le degustazioni: un vero e proprio palcoscenico ispirato alla perla di Bergamo: il teatro Donizetti. Ad animare lo spazio fieristico, i personaggi e gli elementi delle scenografie originali delle opere del compositore bergamasco. Curiosi ed appassionati avranno quindi la possibilità di degustare il meglio dell’enologia bergamasca, i Valcalepio Doc e gli Igt, nella cornice d’eccezione del teatro Donizetti. Quindici le aziende socie del Consorzio Tutela Valcalepio che saranno presenti al Salone: 4R, Il Calepino, Il
Cipresso, La Rovere, La Tordela, Locatelli Caffi, Medolago Albani, Pecis, Tallarini, Bonaldi-Cascina del Bosco, La Collina, Eligio Magri, Cantina sociale Bergamasca, Celinate e La Rocchetta. A completare l’ offerta, le novità delle Grafiche Valpolicella, di Vinidivini-Enoteca al Ponte di Luca Castelletti, le innovazioni tecnologiche della Wine Up series by Averli, le trasparenze in plexiglass di Trend srl, l’ultimo ritrovato in fatto di refrigerazione del vino (Hice), i tradizionali formaggi della Via Lattea, i salumi di Lorenzi e le specialità di Cimato. Un Vinitaly che si preannuncia pertanto ricco e innovativo per i vini bergamaschi.All’insegna della tradizione, certo, ma anche dell’innovazione: il Valcalepio si fa simbolo della più autentica identità, quella che nasce della fusione tra passato e futuro.
E il Moscato di Scanzo si presenta con 10 aziende
Q
uest’anno, per la prima volta, il Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo, nato negli anni Settanta per tutelare e
valorizzare il frutto dell’unico vitigno autoctono della provincia di Bergamo, si presenta al Vinitaly con 10 aziende: Biava, Cascina del Frances, Cerri, De Toma, Fejoia, Il Cipresso di Cuni Angelica, La Berlèndesa,
Magri Sereno di Magri Sereno, Pagnoncelli Folcieri e Ronco della Fola. Un passo importante per la crescita dell’organismo chiamato a garantire la qualità di questo moscato passito a bacca rossa che ha ottenuto la Doc nel 2002 e la Docg nel 2009. Un vino di antiche origini, che sta cercando di tornare agli splendori di un tempo e che si riafferma, come nel ‘700 e nell'‘800, quale prodotto di nicchia e ricercato. Se nei secoli passati questo vino era così raro e prezioso da essere quotato alla Borsa di Londra, suo mercato preferenziale, anche oggi è difficile da trovare, essendo la Docg più piccola d’Italia. Il territorio di produzione, infatti, si limita alla collina di Scanzorosciate, caratterizzata da un terreno di origini moreniche, con particolari pietre bianche dette pietre di luna, che assorbono il calore del sole durante il giorno e lo trasmettono alle viti per rifrazione nella notte, contribuendo in maniera fondamentale all’identità e alla particolarità di questo vino da meditazione.
di Laura Bernardi Locatelli
Lumache, un piacere di nicchia
I
nsieme alle rane e ai gamberi d’acqua dolce, che un tempo erano oggetto di caccia o di raccolta occasionale, le lumache sono un prodotto o di forte preferenza o di forte avversione sul piano gastronomico. Ormai diffusamente allevate in Italia, a Bergamo sopravvivono nei menù dei ristoranti che non dimenticano la tradizione e nascono e crescono nei piccoli allevamenti presenti nel territorio. Sono commercializzate anche già pulite e perfino precotte o surgelate, ma, come per l'aragosta, per gustarle al meglio vanno gettate in acqua bollente nte al momento. Non mancano piccoli allevamenti in Bergamasca a cui rivolgersi per gustare al meglio un piatto atto di lumache preparato a casa con cura, né indirizzii che le propongono in menù e addirittura in percorsi degustazione. Il periodo migliore per portarle in tavola, a, spiega il primo allevatore bergamasco a Costa Volpino,, Gabriele Sterni, è l'autunno: "L'Helix Pomatia, che vive nei boschi d'alta quota, è una varietà che si opercola (si si chiude, ndr) r con un tappo calcareo per affrontare re il letargo invernale, dalla metà di novembre allaa fine di
aprile. Il periodo migliore per gustarle è in questo periodo, l'optimum a metà dicembre: in questo periodo le lumache accumulano tutte le sostanze nutritive per affrontare cinque-sei mesi di torpore. Le lumache in letargo possono essere semplicemente lavate e gettate nell'acqua bollente, in quanto sono già purgate. L’impiego delle lumache corridore, quelle catturate in primavera o in autunno richiede invece un preventivo spurgo per eliminare residui di vegetali amari, talvolta tossici per l’uomo, di cui i molluschi si nutrono". La fantasia in cucina fa il resto: come ogni altra materia prima, anche le chiocciole si prestano a svariate preparazioni, dall'antipasto ai primi, a ricchi secondi accompagnati da polenta oppure funghi. La lumaca di terra è il nome impropriamente assegnato alla chiocciola di uso alimentare (da non confondersi con la lumaca vera e propria, senza
Pochi i ristoranti bergamaschi che propongono ricette a base di Helix, meno ancora gli allevatori. Eppure la chiocciola è una prelibatezza che si presta a svariate preparazioni, dall'antipasto ai secondi Affari di Gola marzo 2011 17
guscio, che anz anzi rappresenta proprio pericolo un vero e propri per le chiocciole chioccio di cui va ghiotta). È un mollusco gasteropode dotato di carni tenere, aad alto contenuto proteico e vitaminico, protei povere in grassi. Diverse pover sono le specie per l’impiego alimentare: si va dalla più pregiata lumaca di vigna (quelle con guscio color noc(q ciola e di grandi dimensioni) ci alle specie indigene più piccole. L'Helix una varietà alpina, assai rinomata, lix pomatia è u che trovaa nei massi massicci calcarei delle Alpi e dell'Appennino; detta anche nche "vignaiola bianca" (in Francia gros blanc o escargot de Bourgogne), la pomatia ha carne bianca e raffinata ed è consumata soprattutto nelle
regioni settentrionali. Nelle zone mediterranee e nelle regioni italiane è molto popolare la più piccola Helix aspersa. Questa "chiocciola dei giardini" o "zigrinata" ("maruzza" nel trapanese, petit-gris per i francesi), è protagonista di molte sagre paesane e costituisce circa il 70% del patrimonio elicicolo dell'allevamento in Italia. L'Helix aperta o "cozza di terra", di taglia mediopiccola, si trova in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il gusto della sua carne delicata è assai apprezzato, al punto che al sud si mangia addirittura cruda o appena arrostita sulla brace. Impiegate nell’alimentazione già nell’antica Roma, come mostrano le ricette di Apicio che le lasciava spurgare nel latte per diversi giorni,compaiono frequentemente sulle tavole del Medioevo. Il consumo delle chiocciole è abbastanza comune in tutta la Lombardia dalla notte dei tempi, particolarmente nell’area subalpina, per l’abbondanza naturale di questo mollusco, soprattutto in primavera e in autunno.
I RISTORANTI DOVE APPREZZARLE
“Museo”, qui lo chef è stato anche un allevatore Un mulino del XVI secolo ospita dagli anni Novanta il Ristorante Museo, nel fondovalle scavato da un torrente, un angolo suggestivo che si raggiunge a piedi, a poca distanza dal centro di Castione della Presolana.Tra i piatti della memoria e del territorio proposti in carta, non mancano mai in menù dall’inizio dell’autunno fino a primavera, le lumache. In questo periodo potrete trovare in carta la fantasia di lumache con polenta, un piatto da non perdere che declina il gusto dei deliziosi molluschi in tre diverse ricette: lumache che con panna ed erba cipollina, trifolate con i porri e infine avvolte nella pancetta, abbinate ad un piatto di polenta cucinata come solo in Alta valle sanno fare. La passione per le lumachee ha spinto lo chef Luigi Palamina ad allevare per anni, con il prezioso aiuto del padre, nel terreno vicino a casa, a Parre, Helix Aspersa ed Helix Pomatia. Un’avventura portata avanti per anni con passione, ma anche impegno e studio, in costante contatto con gli specialisti di Cherasco, che ha dato buoni risultati, arrivando in cinque anni a contare 250mila chiocciole.“È nata quasi come una scommessa - racconta Palamina - ed invece si è trasformata in un hobby impegnativo che ci ha dato molte soddisfazioni. Purtroppo però le lumache non riuscivano a reggere le rigide temperature delle nostre montagne e alla fine siamo stati costretti a rinunciare all’allevamento”.
via Sant'Antonio 1 - Castione della Presolana - tel. 0346 60505
“Del Misma”, cene a tema e percorsi di degustazione Gianbattista Oldrati, chef del Ristorante Del Misma, ai piedi dell'omonima vetta che domina Cenate Sopra, organizza periodicamente cene degustazione, rispolverando antichi ricettari ed interpretando con creatività e personalità le migliori materie prime che la stagione offre.Alle lumache ha dedicato più di una serata-degustazione, inserendole anche in carta quando è stagione. "Ci piace proporre serate degustazione a tema per promuovere piccole produzioni del territorio - sottolinea lo chef Del Misma -. Da anni, da quando siamo entrati in contatto con Gabriele Sterni, appassionato allevatore di chiocciole, abbiamo iniziato a proporre alcune degustazioni, con vini abbinati ad hoc”. Il prossimo appuntamento è per l’8 giugno e sarà realizzato in collaborazione con la casa vinicola Caminella di Cenate Sotto, con un ricco menù che rende omaggio al territorio. Il ristorante Del Misma propone ricette interessanti: dalle lumache gratinate con lo strachitunt alle lasagnette alle lumache e salsa all’erba cipollina, dai ravioli con salsa al burro bianco e lumache alle più classiche lumache alla bourguignonne, alle lumache trifolate con polenta.
Corso Europa 27 - Cenate Sopra - tel. 035 957082 18 Affari di Gola marzo 2011
GLI ALLEVATORI
Gabriele Sterni, il “pioniere” bergamasco
Santo Asperti, l’agricoltore che ha deciso di diversificare
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abriele Sterni, fiduciario della Condotta Slow Food Val Camonica, è il primo allevatore di lumache della Bergamasca. Nel 1978 ha avviato a Costa Volpino il suo allevamento di Helix Pomatia, dopo aver frequentato un corso, quasi per gioco, organizzato a Rovato dall’Istituto Internazionale Elicicoltura di Cherasco, associazione di fama mondiale nel comparto, fondata nel 1978 ed ancora presieduta da Gianni Avagnina.“L’idea è nata per curiosità e per gioco, quando un collega mi ha raccontato che in Piemonte i suoi parenti avevano iniziato ad allevare lumache. Eravamo tutti convinti che fosse una leggenda metropolitana, ma quando sono venuto a sapere che a Rovato organizzavano un corso accelerato sulle tecniche d’allevamento non ho esitato ad iscrivermi. Ho iniziato così ad allevare chiocciole per hobby e per passione e ad informarmi su ogni tecnica e caratteristica d’allevamento di lumache”. La sua attività è stata premiata al festival dell’agricoltura bergamasca nel 2002: “Ho ricevuto il primo premio nel comparto elicicoltura. Consegnatomi dall’allora presidente della Provincia Valerio Bettoni e dall’assessore all’Agricoltura Caccia e Pesca Luigi Pisoni come primo elicicoltore della Bergamasca”. Inoltre ha ricevuto dall'associazione piemontese una targa di riconoscimento ed il titolo di socio benemerito, raggiunto nel 25esimo anno di attività, nel 2003. Il suo è un allevamento a ciclo biologico completo, suddiviso in reparti e con alimentazione specificatamente selezionata. Un hobby che impegna gran parte del tempo libero di Sterni, responsabile dell'ufficio paghe presso un noto studio. Sono 150 i chili di lumache raccolte nell'autunno scorso, "spartite" tra amici e conoscenti, ma anche vendute ad alcuni ristoranti che propongono cene-degustazione, che sanno a chi rivolgersi per materie prime di altissima qualità.
via Aria Libera 12 - Costa Volpino tel. 035 970189
a giugno del 2008 Santo Asperti, specializzato nella cerealicoltura, ha deciso di affiancare alla sua attività principale nel comparto agricolo un allevamento di chiocciole della varietà Helix Aspersa, tipica dell'area mediterranea, a Martinengo. L'allevamento, la cui produzione deve ancora entrare a regime, occupa 16 recinti su un'area di ben 4mila metri quadrati. "Ho scelto di avviare un allevamento di lumache nel 2007 per affiancare una nuova attività alla coltivazione di mais, frumento e cereali, di cui mi occupo da sempre, non senza le difficoltà dettate da una continua riduzione dei prezzi. È proprio a causa del crollo dei prezzi dei cereali che ho scelto di affiancare una nuova attività, scegliendo le lumache per passione, ma anche per le potenzialità di una tipologia di allevamento pressoché assente nel nostro territorio - spiega Asperti -. Ho seguito un corso formativo in Piemonte, a Cherasco, all'Istituto Internazionale di Elicicoltura e dopo qualche mese, nel giugno del 2008, ho avviato l'allevamento a ciclo biologico integrato, partendo da 4 recinti per arrivare oggi a 16 recinti, di cui 11 destinati all'ingrasso, con lattuga, carote ed altri ortaggi a rotazione". L'allevamento sta pian piano entrando in produzione: "La resa ottimale è di un chilo a metro quadro, ma siamo ancora lontani da questi numeri, perché purtroppo non tutte le lumache proliferano con il nostro clima. Al momento l'allevamento resta ancora poco più che un hobby anche se gli estimatori di lumache non mancano, in particolare di questa particolare varietà mediterranea. E grazie al passaparola, la vendita diretta al pubblico sta avendo un'interessante crescita".
via Scolaretta - Le case 3 Martinengo - tel. 0363 987508 Affari di Gola marzo 2011 19
IL RISTORANTE di Lelia Parisi
“Benigni”, l’ambulatorio che cura l’anima col cibo Dopo Domus Vini e Kristy, i fratelli Andrea (chef) e Paolo hanno aperto da pochi mesi il locale di via San Tomaso che punta su una cucina che attraversa varie regioni italiane e sulla sccelta di materie prime selezionate
S
i sta da Benigni in bilico tra cantina e cucina, tra bistrot e ristorante, tra spuntino veloce e pasto prolungato. Ma ancora di più si sta da Benigni in bilico di fronte alla sua insegna, incerti sulla collocazione da dare a quell’“ambulatorio gastronomico” senza alcuna nota esplicativa a piè di pagina. Una burla, un gioco di parole, giusto per attirare l’attenzione, o forse intendevan dire “laboratorio”? È che “ambulatorio” fa solo frullare in testa l’idea di un luogo dove ti risistemano, ti risanano. Usando il cibo come strumento di guarigione? E allora, ecco a voi un’insalata miorilassante, un bel primo ricostituente, delle lumache
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antidolorifiche, e via ogni malanno! “Ci siamo semplicemente ispirati alla Clinica Gastronomica da Arnaldo, un ristorante di Rubiera, nei pressi di Reggio Emilia. Ci piaceva l’idea di un luogo dove si curano i dolori dell’anima con il cibo. Siccome il nostro locale però è molto più piccolo, abbiamo ritenuto calzante la definizione di ambulatorio. Insomma, una clinica in miniatura, dove il cibo è un modo per ristorare sia il corpo sia lo spirito”. A svelare l’arcano è il patron Paolo Benigni che, con il fratello Andrea, chef, ha inaugurato sei mesi fa il bistrot di via San Tomaso. “Questo locale è nato dopo una lunga attesa con la proprietà. Ma era il luogo ideale per la proposta che avevamo in mente e abbiamo pazientato. Una volta entrati, lo abbiamo risistemato da cima a fondo facendo tutto da soli”. C’è qualcosa del sogno che si avvera in questa nuova sede di via San Tomaso, un tempo borgo dell’agiata borghesia racchiuso dentro le Muraine. Il coronamento di un percorso avviato nel 2001, con la Domus Vini di passaggio Canonici Lateranensi, proseguito in Liguria a Loano, con un locale dalla vita breve e intensa (le stimmate dell’esperienza ligure sono ancora leggibili nell’attuale proposta) e infine con il Kristy Restaurant di via Piccinini. E che ha visto i due fratelli separarsi per qualche tempo, per poi ricongiungersi. Andrea, laurea in Economia, a forgiarsi sui fornelli di diversi ristoranti, seguendo una passione di famiglia più forte del
richiamo di una laurea tra le più appetite dal mercato, mentre Paolo, il più giovane (è del 1973), a conquistarsi la sala. Tutto gravita intorno al principio cardine dell’ambulatorio, che non è solo un nome buttato lì, ma un programma che ispira le scelte del locale. Innanzitutto, come luogo dove tutto si prepara rigorosamente al momento, la qual cosa, se va a scapito della velocità, compensa però ampiamente l’attesa dell’ospite. E poi lo stesso menù, che non segue la ripartizione canonica, ma una suddivisione per “specialità”, con rapida focalizzazione dei piatti: Salumi; Insalate, uova e formaggi; Carni, pesci e molluschi; Paste, zuppe e risotti. Anche la proposta, semplice e salutare, con materie prime fresche e di qualità e lavorazioni minime è coerente con l’idea di un cibo che deve innanzitutto fare stare bene, corpo e anima. Un concetto antico, risalente a Galeno. I salumi sono della macelleria Falorni di Greve in Chianti, con sfilzetto di cinta senese, pancetta steccata all’aglio e al ginepro, lardo di cinta. Le insalate, a dispetto del nome, sono veri e propri piatti elaborati secondo criteri estetici originali, con sviluppo verticale e ampio uso di ortaggi verdi brillanti e croccanti: insalata di baccalà cotto al vapore con verdure fresche di stagione, uovo e asparagi, insalata di peperoni e sardine sott’olio Ramon Peña con crostini, Caesar salad, un classico della cucina Usa con lattuga romana, pollo, bacon, parmigiano, giusto per dare un tocco di eso-
tismo di ritorno. “Buona parte dei prodotti li prendiamo a pochi passi da noi, i formaggi da Ol Formager, le verdure da Mora, tutte strutture che ci garantiscono la qualità”, racconta Paolo. I “primi” sfoderano alcuni tra i piatti di migliore fattura, tra questi gli gnocchi di ricotta con cime di rapa, un crescendo di nuances dal dolce all’amaro, mentre le paste giocano la carta dell’incontro tra il sapore ruvido dei cereali cosiddetti “inferiori”, come farro e mais, e il grezzo di ingredienti sottoposti a interventi minimi per solfeggiare tutta la gamma di note sul palato.Tra queste le tagliatelle di farro con pesto e gamberi (auspicabile una cottura un po’ più al dente dei gamberi) o le linguine di mais agli asparagi e bacon. Neppure i classici qui sono mai di default, ma risentono della volontà di rinfrescare la tradizione, con piccole variazioni che modificano senza stravolgerlo l’impianto gustativo, esaltando ora l’una ora l’altra sfumatura. Come il filetto di ombrina alla savonese, che sostituisce a taggiasche e pinoli d’ordinanza la salsa di topinambur ravvivata da una ventata di aromi. O il controfiletto di manzo addolcito dal caramello di aceto invecchiato. Tutte rivisitazioni che, insieme a un’originale e azzeccata mise en place, vanno a comporre uno stile giovane e fresco, con spunti di moderata creatività. Conto medio sui 40 euro, vini esclusi.
IL GIUDIZIO AMBIENTE
8/10
Né troppo rustico, né troppo moderno, piccolo e confortevole, curato con esibita incuranza, il locale ha un che di non premeditato e provvisorio, un po’ come quando si irrompe senza preavviso a casa di qualcuno che ha fatto da poco il trasloco. Il guazzabuglio di oggetti, vini, liquori, e prodotti in esposizione, come le confezioni di pasta secca o i barattoli di zafferano assiepati lungo il bancone, a cui si accede per un calice di vino con tapas, conferisce un piacevole senso di calore al locale. In questo ambiente, accogliente e dotato di una sua indiscutibile eleganza, un’unica saletta con vista su via San Tomaso e tavolini a distanza ravvicinata, ma non disturbante, ospita una ventina di coperti. L’esterno, in allestimento, da aprile ne farà salire il numero, ipotecando un bello scorcio tra l’Accademia Carrara e la Gamec e, sicuramente, anche una parte dei loro visitatori futuri.
CUCINA
22/30
La tradizione bergamasca ri-arrangiata in chiave personale e alleggerita convive con quella di altre regioni (ligure in primis), con sforamenti nella cucina spagnola e persino nord-americana (la Caesar salad) e riscrittura libera di alcuni classici della cucina italiana, il tutto sostenuto da materie prime di qualità. Una proposta che mixa salumi, carni rosse, pesce, riscattati dall’uso abbondante di verdure, molte a chilometro zero, protagoniste di quasi tutti i piatti e funzionali anche all’effetto scenico e alla connotazione salutistica suggerita dalla definizione della propria cucina come “ambulatorio”. Di effetto la presentazione, con sottili terrine bianche rettangolari al posto dei piatti “ci sembrava più coerente con l’idea dell’ambulatorio”. Peccato solo che qualche volta la semplicità rasenti la “povertà” come nel caso dello sfilzetto di cinta senese portato in tavola nudo e crudo, senza accompagnamento che ne bilanci il gusto decisamente saporito.
CANTINA
13/20
Un centinaio le etichette in una lista che beneficia sicuramente dei trascorsi “enotecari” dei due fratelli, titolari nei primi anni Zero della Domus Vini. Decisamente buona, nell’assortimento, qualità e prezzo, la scelta dei vini al bicchiere, una trentina tra Champagne, Franciacorta, rossi e bianchi. In via di consolidamento, invece, le mezze bottiglie per rispondere alla crescente richiesta: “la tendenza è bere meno e meglio” - spiega Benigni. Buoni i ricarichi.
COMPETENZA
8/10
“Non sono solo gli ingredienti a caratterizzare la nostra cucina, ma il modo in cui li lavoriamo - puntualizza Benigni -. Il pesto per le tagliatelle di farro con i gamberi, per esempio, è volutamente grezzo, con pinoli e pistacchi tritati grossolanamente per ottenere una maggiore riconoscibilità dei singoli sapori e dare al piatto quella connotazione rustica, di “non finito”, che altrimenti non avrebbe”. Anche i coreografici gnocchi di ricotta con cime di rapa, tra i piatti più riusciti, sono semplicissimi, decostruiti e rimontati in verticale, con una “cresta” di verdure spruzzata di parmigiano.“I nostri maestri? Mamma e nonna, grandi cuoche di casa, che ci hanno educato alla passione per il cibo. La ricetta dell’insalata di baccalà e dei casoncelli è ancora la loro”.
SERVIZIO
7/10
È un po’ il punto debole del locale. Buono, ma un po’ troppo lento.A misura solo di chi ha tempi lunghi di digestione o da dedicare alla sosta al ristorante.
RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO BENIGNI AMBULATORIO GASTRONOMICO via San Tomaso, 74 Bergamo tel. 035 248696 chiuso il lunedì e la domenica sera
7/10
Buono nei vini, discreto nei primi, un po’ elevato negli altri piatti. Si può ovviare affidandosi ad alcune proposte del locale, come l’“offerta della settimana”, con tapas abbinate a birra media o calice di vino, oppure l’“offerta pausa pranzo”, che, a dispetto del nome, non è affatto il pranzo di lavoro, ma un menù identico per qualità alla carta, solo in formato mini, 15 euro per due piatti con acqua e caffè, vino escluso. Il format del locale consente poi di prendersi tranquillamente anche un solo piatto. p.s.
Affari di Gola marzo 2011 21
IDEE
La colomba che non t’aspetti I due Maestri bergamaschi dell’Accademia Pasticceri regalano al tradizionale dolce pasquale un tocco in più
È
buona e tradizionale e non c’è dolce più indicato, almeno dalle nostre parti, per celebrare la Pasqua a tavola. Un tocco d’autore può però regalare alla classica fetta di colomba un look e un gusto nuovi, per stupire gli ospiti anche nel finale. Ci siamo fatti aiutare dai due rappresentanti bergamaschi dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, il presidente Giovanni Pina, titolare della storica pasticceria di Trescore Balneario nonché componente dell’esclusiva associazione internazionale Relais Desserts, e Giancarlo Cortinovis, negozio a Ranica e due medaglie d’argento alla Coppa del mondo di pasticceria di Lione all’attivo, conquistate nel 2009 come componente della squadra e quest’anno nella veste di allenatore.
Giovanni Pina
22 Affari di Gola marzo 2011
TIRAMISÙ ALLA COLOMBA di Giovanni Pina Dosi per due torte da 18 cm di diametro o 12 monoporzioni da 80 grammi UNA COLOMBA ARTIGIANALE (500 g.) BAGNA ALL’AURUM Zucchero 75 g, acqua 150 g, liquore Aurum 75 g. Portare a ebollizione l’acqua, versare lo zucchero, mescolare e lasciare raffreddare. Unire l’Aurum mescolando con la frusta. CREMA LEGGERA AL MASCARPONE Tuorlo 30 g, zucchero 30 g, farina 00 W200-220 6 g, Marsala 65 g, panna 440 g, zucchero a velo 45 g, mascarpone 175 g, gelatina animale (colla di pesce) 10 g. Preparare lo zabaione miscelando in una pentola il tuorlo e lo zucchero senza montare. Unire la farina setacciata e mischiare sempre senza montare. Intiepidire il Marsala e aggiungerlo lentamente al composto. Cuocere lo zabaione fino al raggiungimento della temperatura di 82° C e versarlo su una teglia pulita per bloccare la cottura ed evitare l’ispessimento del tuorlo. Montare la panna con lo zucchero a velo in modo che appaia lucida: non deve essere troppo montata. Lasciare ammorbidire la gelatina in abbondante acqua fredda. Scaldare lo zabaione fino a 40° C (attenzione perché un eccessivo riscaldamento comprometterebbe la struttura del tuorlo), strizzare delicatamente la gelatina animale con le mani ed aggiungerla allo zabaione caldo mescolando fino al completo scioglimento.Attendere che il composto ottenuto si raffreddi (28-30° C). Unire 100 g di panna montata miscelando delicatamente e poi aggiungere il tutto alla restante panna mescolando dal basso verso l’alto con una frusta. Mettere il mascarpone in un ampio contenitore e miscelarlo delicatamente con 200 g del composto preparato, aggiungere poi questo composto alla restante miscela di crema leggera. PREPARAZIONE Il dolce si può realizzare in dischi monoporzione, nel bicchiere o in forma di torta disponendo le fette di colomba (dello spessore di 5 mm) in un anello d’acciaio. Porre il disco su una teglia rivestita con carta da forno e posizionare sul fondo una fetta di colomba. Con un pennello per uso alimentare inzuppare con la bagna all’Aurum. Con un sacchetto da pasticceria munito di bocchetta liscia del diametro di 6 mm formare sopra il panettone uno strato di crema di un centimetro. Porre altre due fette di colomba inzuppata sopra lo strato di crema e lasciare riposare 30 minuti in congelatore. Quando la crema comincia a rapprendere riempire l’anello fino all’orlo con la restante crema. Lisciare la superficie con una spatola e riporre in congelatore per circa 2 ore. Servire ad una temperatura tra gli 8 e i 10° C con una spolverata di cacao.
ALTALENA di Giancarlo Cortinovis È un gioco ispirato alla primavera il dolce di Giancarlo Cortinovis che trasforma una fetta di colomba tagliata a mo’ di cuneo nel supporto per un goloso dondolo di sapori. L’asse è costituita da una placchetta di cioccolato fondente sulle cui estremità poggiano una mousse di cioccolato al latte e una panna Giancarlo Cortinovis cotta alla vaniglia: gusti e colori contrastanti che vanno a legarsi con la colomba e la salsa di lampone. L’idea racchiude tutti gli elementi (a parte la componente calda) che caratterizzano un dessert al piatto. La masticabilità è data dalla colomba, la parte liquida dalla salsa al lampone, quella cremosa da mousse e panna cotta. La colomba incontra un altro campione della tradizione italiana in pasticceria, il tiramisù, in questa ricetta che valorizza i prodotti ed i sapori nazionali. A formare gli strati sono le fette del dolce pasquale ma, per non coprire i profumi della pasta, il caffè lascia il posto alla bagna all’Aurum (una rivalutazione) che va a nozze con le scorze d’arancia candite. Per la crema il mascarpone è un must, che qui si abbina ad un altro partner perfetto della colomba, lo zabaione.
Dosi per 10 porzioni UNA COLOMBA ARTIGIANALE PANNA COTTA Panna 500 g, zucchero semolato 80 g, gelatina animale 10 g, vaniglia mezza stecca. Mettere a bollire la panna con zucchero e vaniglia, unire la gelatina animale ammorbidita, lasciare raffreddare, colare negli appositi stampini, congelare e smodellare. MOUSSE AL CIOCCOLATO AL LATTE Latte intero 500 g, panna 125 g, zucchero 25 g, tuorlo d’uovo 50 g, cioccolato al latte 500 g, panna montata 400 g. Preparare con latte, panna, zucchero e tuorlo la crema inglese e cuocere a 82° C. Quando il composto è ancora caldo versarlo sopra il cioccolato tagliato a pezzetti. Fare raffreddare a 28° C e aggiungere la panna montata. Colare negli stampini, congelare e smodellare. SALSA AL LAMPONE Polpa di lamponi lampon 250 g, zucchero semolato 50 g, glucosio 30 g, g gelatina animale 7,5 g. Fare sciogliere lo zucc zucchero con il glucosio, aggiungere la polpa di lamponi passata al colino per eliminare lamp i semi ed infine n la gelatina ammorbidita finché si scioglie. Colare Colar sui piatti da portata. LA PRESENTAZIONE PR Sulla Sull fetta di colomba tagliata a cuneo appoggiare la placchetta di cioccolato ap fondente (si può acquistare in pasticfo ceria) che sarà l’asse del “dondolo” ce alle all cui estremità saranno posizionate le semisfere rispettivamente di mousse s e panna cotta. La salsa può essere messa pa sotto o accanto alla colomba.
Affari di Gola marzo 2011 23
L’AZIENDA
Al Vinitaly “4R” lancia la nuova strategia d’azione A Verona, l’azienda di Torre de’ Roveri guidata dai fratelli Rota presenterà tre grappe inedite e annuncerà sia la valorizzazione delle Cuvé Zerotre con la Doc “Terre del Colleoni” sia il consolidamento del marchio “Villa Domizia”, che sarà dedicato solo ai prodotti bergamaschi
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uove stra strategie in casa 4R del per il consolidamento con marchio ammiraglio “Villa Domizia”. I quattro fratelli Rota, qua titolari dell’azie dell’azienda di Torre de’ presenteranno ufficialRoveri, presen mente al prossimo Vinitaly, in pro programma a Verona, il nuovo percorso che ch andrà a caratterizzare il futuro della loro f linea di vini e distillati. A fronte dei de buoni risultati ottenuti dop dopo solo diciotto nascita di “Gaudes”, mesi dalla na deciso di concrel’azienda ha d tizzare altre scelte decisive delle strategie di nell’ambito d sviluppo. svilup Una inedita linea di grappe
dedicate al territorio, la conferma della filosofia di produzione legata ai vini Gaudes, l’anteprima della comunicazione legata ai prodotti Cuvé Zerotre pronti a divenire, dalla prossima vendemmia, “Terre del Colleoni Doc” e la scelta finale di dedicare il marchio ammiraglio “Villa Domizia” solo ai prodotti bergamaschi, sono sostanzialmente i contenuti di questa linea guida. La 45esima edizione del Vinitaly, che si terrà dal 7 all'11 aprile, presso la classica “Piazza Valcalepio”, all’interno del padiglione Lombardia, è quindi l’occasione scelta dalla 4R per presentare ufficialmente i nuovi piani d’azione. Particolare attenzione sarà dedicata ai tre nuovi distillati di vinaccia. Seguendo la filosofia che ha portato al successo i vini Villa Domizia, anche le grappe Gaudes avranno come denominatore comune la piacevolezza, senza penalizzare tuttavia le peculiarità e le aspettative di chi consuma tale prodotto. Morbida, Silver e Gold sono i nomi scelti per rappresentare il distillato più tipico italiano
La carta d’identità delle grappe Morbida è una grappa ottenuta con vinacce di Moscato al 60%, di Chardonnay al 30% e di Malvasia Bianca per la parte restante. Ha un gusto morbido e dolce al punto giusto e ha come valore aggiunto il nome che permette una identificazione immediata della tipologia. La gradazione è di 40°. Silver è invece una grappa ottenuta con vinacce di Pinot e Cabernet in quote paritetiche, dal gusto secco e franco. E’ la scelta ottimale per chi ama prodotti decisi e senza compromessi. La gradazione è di 42°.
dei fratelli Rota. Far produrre grappe legate al territorio è stata una necessità generata dal semplice fatto che nella nostra provincia è assai difficile trovare dei distillati di vinaccia che riflettano i nostri vini, con multi referenze a disposizione, senza poi considerare che proprio le grappe sono gli unici distillati che, commercialmente parlando, tengono banco rispetto ai blasonati Cognac o Scotch Whisky. “Oggi l’attenzione che il pubblico e gli operatori hanno nei confronti dei prodotti del territorio - sostengono alla 4R - sono più che una moda. Sono la consapevolezza che, se vogliamo distinguere i nostri prodotti dal resto che il mercato offre, dobbiamo continuamente insistere in quel valore aggiunto legato alla tipicità della zona di produzione. Motivo valido e lungimirante che con grande caparbietà vogliamo perseguire nel futuro immediato. Integrando poi il fattore legato della piacevolezza che i prodotti devono offrire, con un giusto rapporto qualità/prezzo, diviene facile comprendere come e quanto il mercato possa manifestare interesse in questa nostra proposta”. Il fatto, poi, che i vini a marchio “Cuvè Zerotre” - vini fermi concepiti per un consumo giovane e informale, già collaudati da tempo e disponibili nella versione bianco e rosso - dalla prossima vendemmia avranno la denominazione di origine “Terre del Colleoni”, non fa che confermare ulteriormente la filosofia di fondo dell’azienda di Torre de’ Roveri. La sfida lanciata dai fratelli Rota di realizzare vini e distillati che riescano ad interpretare al meglio il desiderio di valorizzare i prodotti del nostro territorio continua, dunque. E tra i quattro fratelli l’ottimismo non manca.
Gold è ottenuta con vinacce di Cabernet Franc e Sauvignon al 60% e Merlot per la parte restante, affinata in piccole barrique di allier francese. Ha un gusto morbido e dolce al punto giusto ed è la prima ispirata al classico taglio bordolese del Valcalepio. La gradazione è di 42°.
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NEWS di Leo Bartoli
“Cantina 27”, la cucina bergamasca che piace agli americani A Miami, Davide Caldara ed Emanuele Olivero nsi. hanno aperto un ristorante che sta raccogliendo ampi consensi. “Abbiamo puntato su un locale di taglio orobico con piatti della nostra tradizione”. “La clientela? Esigente e adora le paste fatte a mano”
P
er tanti è la mecca del divertimento, da sempre è il buen ritiro degli americani delle metropoli del nord, alla ricerca di svaghi e relax, oltre ad essere il sicuro rifugio di tutti quei cubani sfuggiti (o cacciati) dal regime castrista: Miami è un oceano di colori ma anche di sapori, patria della cucina fusion con immancabili note caraibiche e onnipresenti influssi europei. In questa città dove ci si sente perennemente in vacanza, dalle luci abbaglianti, dallo shopping esagerato e dalla movida assicurata, non sono pochi gli italiani che hanno fatto fortuna aprendo locali e ristoranti. Tra questi anche bergamaschi che hanno lasciato un pezzo di cuore in Città Alta ma che non hanno saputo resistere al richiamo di quell’estate perenne incarnata dalla perla della Florida e dalle sue tante tentazioni, notturne e diurne. E se c’è già chi si è fatto onore come Pietro Rota, già superchef de La Marea, top restaurant del Tides Hotel, e oggi emigrato a Fort Lauderdale, oppure come Christian Quarato che delizia con i suoi manicaretti gli ospiti vip del Café Milano sull’Ocean Drive, c’è anche
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chi comincia adesso a raccogliere i frutti del proprio duro lavoro. Parliamo di Davide Caldara e di Emanuele Olivero che con la loro “Cantina 27” sono diventati patron di uno dei nuovi locali di tendenza. Cantina intesa proprio alla bergamasca, luogo raccolto, alla buona e familiare, dove mangiare specialità rigorosamente made in Italy, meglio se orobiche. Caldara, 37 anni, ragioniere, viene da una famiglia molto nota a Bergamo: da tre generazioni è uno storico punto di riferimento in Borgo Palazzo per gli articoli casalinghi, mentre suo zio è il titolare del negozio di giocattoli di viale Papa Giovanni. Olivero è invece bergamasco d’adozione: nato a Cuneo 35 anni fa, dall’età di tre anni si era trasferito con la famiglia a Gorle, diplomandosi al liceo scientifico Fermi. I due non hanno perso tempo: hanno vissuto e lavorato entrambi a Londra alla fine degli anni Novanta: Davide come barman al Metropolitan Hotel della capitale inglese, per poi volare a Ibiza e quindi approdare a Miami affinando la sua vocazione in varie mansioni del settore enogastronomico.Anche Emanuele è alla fine arrivato in Florida, diventando manager nel famoso ristorante Pelikan di proprietà del patron della Diesel Renzo Rosso. Alla fine i destini dei due amici d’infanzia si sono riuniti con l’apertura, 4 anni fa, di Cantina 27. “Io ed Emanuele - spiega Caldara - abbiamo la passione comune della ristorazione e volevamo metterci insieme da tempo: l’occasione si è presentata con Cantina 27. Il nostro sogno era di avere un ristorante che ricordasse una delle nostre trattorie bergamasche ed esprimesse una buona cucina familiare, mentre il numero 27 è geografico, trovandoci sulla Ventisettesima al Beach che incrocia Collins street”. Una gavetta veloce e poi il decollo: “Il ristorante va benissimo - aggiunge Davide -, facciamo circa 35.000 coperti all'anno e abbiamo una clientela mista tra residenti e turisti. Negli ultimi mesi abbiamo avuto recensioni incredibili sul Miami Herald,
oltre che sui website specializzati come i gettonatissimi “Yelp”, “Urbanspoon” e “Trip advisor”. Naturalmente ci portiamo dietro una robusta dose di ricette orobiche: quasi sempre nel menù del giorno, oltre ai taglieri di salumi e formaggi tipici, si trovano a rotazione gnocchi con taleggio, casoncelli burro e salvia mentre nei mesi meno caldi ci spingiamo a proporre anche un richiestissimo stufato con polenta taragna”. “Qui la clientela locale, soprattutto quella italo-americana, è molto esigente - spiega Emanuele Olivero -. Sa esattamente la differenza tra una lasagna congelata o fatta fresca e apprezza molto la qualità dei prodotti visto che spesso si trova di fronte a imitazioni grossolane di formaggi e salumi italiani: da noi sanno che tutto è genuino, acquisito da importatori specializzati, nel puro e rigoroso made in Italy. Adorano soprattutto le nostre paste fatte a mano come una volta…” Nessuna nostalgia di Bergamo? “Certamente - spiega Davide -, d’altronde le nostre radici sono lì insieme alle nostre famiglie: Bergamo resta nel nostro cuore e noi rappresentiamo con orgoglio la città che ci ha formato e ci ha permesso di diventare quello che siamo. Purtroppo però le opportunità in patria per chi vuole costruirsi un proprio destino nel campo della ristorazione non sono facili, specie per i giovani: i costi sono elevatissimi, superiori rispetto a quelli americani, anche se può sembrare strano. Qui al di là della retorica, davvero chi ha voglia di fare, chi ci mette determinazione, tenacia e fantasia può ancora partire praticamente da zero: è il sogno americano”.Anche sul fronte dei prezzi, a parte i top restaurant, mangiare al ristorante non è proibitivo: “Il nostro pranzo medio - racconta Emanuele - costa 30 dollari, meno di 25 euro, e comprende un antipasto, un primo italiano, bicchiere di vino e caffè. Ma la gente viene soprattutto per la qualità: chi torna non lo fa per la convenienza, che pure c’è, ma per la cura con cui vengono elaborati i nostri piatti”. E per il futuro prevedete un ritorno ai fornelli in Italia? “Per ora non è nei nostri piani - spiegano Davide ed Emanuele - ma non escludiamo di espanderci negli States, magari aprendo una succursale di Cantina 27 in qualche altra città dell’East Coast”.
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APPUNTAMENTI
WEEK END FUORI PORTA
Trekking tra i sapori della Val Taleggio Uniscono trekking ed enogastronomia le proposte di “Camminare con gusto”, un team abruzzese che si fregia anche del particolare riconoscimento di “guida dal gusto”, nuova figura professionale introdotta dalla Regione Abruzzo espressamente formata alla valorizzazione dei prodotti alimentari, dei “giacimenti gastronomici” e delle tradizioni artigiane per la produzione e conservazione dei prodotti della terra. L’organizzazione propone itinerari a piedi di qualche giorno punteggiati di soste golose, in aziende e locali tipici. L’area principale è il parco Nazionale d’Abruzzo, ma non mancano altre destinazioni. Una di queste è la nostra Val Taleggio, con un programma di tre giorni che ruota attorno ai formaggi,Taleggio e Strichitunt in primis.Tre le date disponibili: dal 25 al 27 marzo, dal 15 al 17 aprile e dal 27 al 29 maggio. Si comincia il venerdì pomeriggio a Sottochiesa visita della porta ecomuseale, la coinvolgente audioguida “Vaccanza in Val Taleggio” con la visit degustazione di formaggi. Il sabato c’è la visita del Caseificio S.Antonio a Reggetto see la degust guita da un tour alla scoperta delle particolarità architettoniche dei borghi della valle mentre la domenica si parte per un’escursione per poi fare tappa a Peghera per seguire la video installazione dell’ecomuseo “Stagìonàti”. Cene e pernottamenti sono a Vedeseta. Il percorso è facile e tutte le uscite sono effettuate con zaino leggero. Il costo è di 220 euro e comprende la guida e il soggiorno con trattamento di mezza pensione. Per ulteriori informazioni, anche sugli altri trekking golosi: www.camminarecongusto.it
DAL 2 AL 5 APRILE
Pasta: tradizione e nuove tendenze in fiera a Bologna
I
l mondo della pasta e tutto quanto ruota attorno al piatto principe della cucina italiana - dai sughi agli abbinamenti alimentari, alle materie prime - torna protagonista dal 2 al 5 aprile a Bologna Fiere per la seconda edizione di PastaTrend. L’appuntamento è rivolto sia agli operatori professionali sia al pubblico dei buongustai (solo nelle giornate di sabato e domenica) e offre accanto alla parte espositiva un ricco programma di eventi, cor-
si e convegni. Come i master class a cura di chef provenienti da tutto il mondo e le dimostrazioni di preparazione della sfoglia tradizionale o gli approfondimenti sugli aspetti salutistici, sulla ricerca genetica
del frumento duro e sull’etichettatura. La manifestazione è anche un viaggio tra i formati speciali e tipici, anche in via di estinzione, di tutto lo Stivale: tajarin e pizzoccheri, bigoli e trofie, garganelli e stringozzi, maccheroni e fettuccine, paccheri e orecchiette, lasagne e tortellini solo per citarne alcuni, che faranno il paio con le paste prodotte con cereali alternativi come farro, kamut, mais, orzo e riso. www.pastatrend.com
DAL 15 AL 17 APRILE
Cibus si sdoppia e apre le porte ai consumatori Se Cibus è la fiera professionale che ogni due anni fa incontrare a Parma le aziende del made in Italy alimentare e i retailer di tutto il mondo, Cibus Tour è la manifestazione che apre le porte al pubblico e permette ai produttori di entrare in contatto con i consumatori finali. È una novità promossa da Fiere di Parma e debutterà dal 15 al 17 aprile. In vetrina le tante anime dell’agroalimentare di tutta la Penisola: le piccole e medie aziende d’eccellenza, le Amministrazio-
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ni regionali e i consorzi, i grandi marchi che presenteranno i propri format di vendita o somministrazione attraverso la formula del temporary shop/restaurant, i produttori agricoli, le aziende del biologico e del biodinamico, le catene della grande distribuzione che faranno gustare i loro prodotti premium. La rassegna si articola in tre aree.“Cibus Terroir” accoglierà i prodotti di eccellenza delle regioni italiane e darà la possibilità di gustare ed acquistare le tipicità nazionali,
FINO A GIUGNO
Primavera del Prosecco, 17 mostre del vino raccontano l’Altamarca Da febbraio a giugno l’enologia, la gastronomia, l’arte, la cultura e lo sport si incontrano sulle colline della pedemontana trevigiana e intrecciano storie e tradizioni in un percorso tracciato da 17 Mostre del Vino da Valdobbiadene a Conegliano. È la Primavera del Prosecco, il grande contenitore di eventi per andare alla scoperta dell’Altamarca e delle sue produzioni. In primo piano le degustazioni del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, ma anche prodotti di nicchia quali il Cartizze Docg, il Refrontolo Passito Doc, il Torchiato di Fregona Doc, il Colli di Conegliano Doc bianco e rosso e il Verdiso. La manifestazione ha ispirato anche degli appositi pacchetti turistici per famiglie, compagnie o coppie, che spaziano dalla vacanza benessere a quella all’insegna della natura passeggiando a cavallo tra le colline, dal break artistico tra ville, antiche pievi e vecchi castelli, a quello a misura di bambino con tappe al parco archeologico del Livelet o alla città delle fiabe di Sarmede. Il calendario dettagliato delle mostre del vino (l’ultima sarà dal 10 al 19 giugno) e tutte le altre informazioni su www.primaveradelprosecco.it
“Cibus Bio” sarà dedicato agli alimenti biologici ed ai prodotti sviluppati e commercializzati in ottica di sostenibilità mentre “Pianeta Nutrizione” è una sezione autonoma, che ha già debuttato a Cibus 2010, con l’obiettivo di approfondire, con seminari, corsi e workshop, le tematiche della “sana alimentazione” e conoscere meglio le caratteristiche nutrizionali dei diversi alimenti. A queste si aggiunge un evento nell’evento:“Po(r)co ma buono”, uno spazio dedicato alla cultura dei prodotti suini e al loro utilizzo in cucina, realizzato in collaborazione con Slow Food. www.cibustour.it
IN PIEMONTE
Torino, Unità di Italia al sapor di cioccolato In occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, Cioccolatò, la grande manifestazione torinese dedicata al cioccolato, ha creato un evento speciale nel centro storico della città: “I Mille di Cioccolatò – L’Italia del Cioccolato”, originale e golosa riproduzione totalmente realizzata in cioccolato dell’intera penisola in scala 1:90.000, per una lunghezza di oltre 13 metri e un peso di circa 14 tonnellate. Piazza Vittorio – dove l’opera è stata inaugurata il 17 marzo e rimarrà allestita fino al 3 aprile - sarà anche il fulcro delle iniziative di Ciccolatò, in programma dal 25 marzo al 3 aprile, a cominciare dalla grande area commerciale dove si potranno trovare oltre 6mila referenze di cioccolato, suddivise tra prodotti piemontesi, del resto d’Italia e stranieri, per proseguire con eventi, corsi e degustazioni, tutti da leccarsi i baffi.Tra gli appuntamenti da non perdere c’è, sabato 2 aprile, il Gianduiotto Day ospitato in piazza Palazzo di Città, occasione per trovare riunita la migliore produzione del cioccolatino emblema della tradizione piemontese. www.cioccola-to.it
Asti e Monferrato celebrano il fritto misto “Sei Bollito o Fritto?” Il dilemma gastronomico è lanciato dal Consorzio Operatori Turistici Asti e Monferrato che ha articolato in due week end una rassegna dedicata a due piatti della tradizione. A febbraio protagonista è stato il bollito misto nella sua versione più sontuosa mentre il 2 e 3 aprile tocca al gran fritto, ricca proposta di sfrigolanti variazioni cotte in olio d’oliva - dal salato al dolce, dalle interiora alle verdure -, solitamente composta da costoletta d'agnello, salsiccia, fegato, cervella, filone, animella, milanese, carciofi, amaretto, mela, semolino e carote. Sono trenta i ristoranti aderenti e propongono tutti lo stesso menù al prezzo di 25 euro, cifra volutamente promozionaromozionale per stuzzicare chi non conosce il Monferrato ferrato e le Terre d’Asti ad una visita. Le prenotazioni possono essere effettuate direttamente al ristorantee (l’elenco su www.terredasti.it), mentre i gruppi possono contattare il centro servizi del Consorzio (tel. 0141599468) con cui è possibile organizzare anche tour guidati della città di Asti, degustazioni in cantina e la “cerca del tartufo”.
Affari di Gola marzo 2011 29
di Giordana Talamona
“La nostra sfida? Far rivivere le ricette di Artusi” Sono 790 e due fidanzati, lei stilista, lui pittore, hanno deciso di realizzarle tutte. Per raccontare l'esperienza e raccogliere ingredienti hanno aperto anche un blog
R
e alizzare le 790 ricette dell'Artusi in un solo anno è una vera e propria missione impossibile, ma ad Irene Festa e Luigi Langella le sfide piacciono, eccome. Ricalcando il film Julie & Julia i due fidanzati triestini hanno, infatti, lanciato questa divertente iniziativa dalle pagine del loro blog, pellegrinidiartusi.blogspot.com. Stilista lei, operatore di cinema e pittore lui, a fine lavoro si mettono ai fornelli cucinando fino a tre o quattro ricette al giorno. Vien da chiedersi come facciano a trovare il tempo e la voglia di farlo.“Un'oretta per le ricette più semplici è sufficiente - spiega Irene - poi scattiamo le foto e intorno alle 23 postiamo tutto sul blog. Mentre per le lunghe preparazioni, come brasati o lessi rifatti, approfittiamo dei week end, invitando parenti ed amici per cene luculliane”. Perché proprio Artusi? “Siamo rimasti affascinati dal film Julie & Julia, così abbiamo pensato a
un'idea analoga. Poi, quasi come un richiamo, abbiamo trovato su una bancarella, a un euro soltanto, una versione de “La Scienza in cucina e l'arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi. È stata un’ illuminazione, così abbiamo intrapreso quest'avventura!”
La ricetta più difficile? “Il cappone cotto nella vescica di bue, una sorta di saccoccio Buitoni ante litteram.Al momento è il nostro ingrediente introvabile”. Il popolo della rete si è mobilitato per darvi una mano?
È stato il primo gastronomo italiano Nell'anniversario dei 150 anni di storia nazionale cade un'altra ricorrenza che ha il sapore, è proprio il caso di dirlo, di una simbolica riunificazione gastronomica del Belpaese. Pellegrino Artusi, il primo gastronomo italiano della nostra storia, moriva proprio 100 anni fa dopo aver ricomposto in un libro, il mosaico culinario del nostro Paese.“La Scienza in cucina e l'arte di mangiare bene” fu allora un successo editoriale senza precedenti e rimane, oggi, un manuale di cucina italiana tra i più tradotti e letti al mondo. Di certo Artusi si dev'esser divertito un mondo a girare, in lungo e in largo, il giovane Regno d'Italia scoprendo di persona quelle ricette regionali che fanno dell'Italia un crogiolo di tradizioni e sapori senza confronto. Col suo manuale,Artusi non ha fatto l'Italia, ma ha certamente contribuito a fare quegli italiani di d'azegliana memoria che si sentono tali d'istinto, o meglio,“di pancia”. Come a dire che di fronte a certi sapori siamo tutti fratelli d'Italia, almeno ai fornelli.
Ais, gemellaggio tra i sommelier bergamaschi ed elbani È partito il gemellaggio tra la delegazione bergamasca di Ais, Associazione Italiana Sommelier, e quella dell'Isola d’Elba. L’incontro, che ha sancito l’inizio di questa interessante collaborazione, è avvenuto il 25 febbraio scorso, davanti ad una tipica cena elbana, nel ristorante Bernabò di Bergamo Alta. Promotori di questa liaison sono stati la delegata di Ais Bergamo, Nives Cesari, e Marco Maffeis, patron del locale.“Ho scoperto l’Elba due anni fa ed è stato amore a prima vista - ha spiegato Maffeis -. La piccola produzione elbana è fatta da grandi produttori che lavorano la terra ancora come fanno i contadini, quelli veri. La dedizione che ci mettono, l’attenzione per la qualità, non possono che dare vini di grande pregio”. Una produzione, quella elbana, che vede vitigni autoctoni come l’Aleatico, l’Ansonica, il Procanico e il Sangioveto (un Sangiovese dalla foglia piccola), più altri vitigni alloctoni recentemente impiantati.“L’idea è quella di far conoscere
30 Affari di Gola marzo 2011
Luigi Langella e Irene Festa
“Sì, molti ci hanno inviato ingredienti che non riuscivamo a reperire. Una signora di Roma ci ha spedito il cavolo romano, da Ferrara ci è arrivata la salama da sugo e dal Piemonte i tartufi. Siamo in attesa di un pavone che, ci dicono, stia passando a miglior vita per la vecchiaia e di un germano reale che, pare, verrà impallinato appositamente per noi”. Quanto è cambiata la cucina italiana dai tempi dell'Artusi? “Molto, infatti nel libro mancano i tipici ingredienti della dieta mediterranea, come le verdure crude. Le ricette, al contrario, prevedono basi grasse piuttosto robuste, come il burro, il lardo e lo strutto. Noi, naturalmente, utilizziamo un terzo delle dosi previste”. Avete in mente qualche progetto editoriale? “Ci piacerebbe pubblicare una nuova versione dell'Artusi, con nostre note a margine che diano i consigli giusti per reinterpretare oggi le sue ricette”. Un appello per qualche ingrediente introvabile? “Siamo alla ricerca delle “arzavole”, delle piccole anatre che sono alla base della ricetta n. 93, “La pasta con le arzavole”. Se qualcuno ci volesse aiutare...” agli appassionati soci della nostra delegazione la qualità dei vini elbani, espressione di un territorio ancora poco noto dal punto di vista enologico", ha spiegato Nives Cesari, delegata di Ais Bergamo, nonché vicepresidente regionale dell’associazione. Si prospetta quindi un gemellaggio ricco di scambi eno-culturali, fatto di serate degustative e viaggi studio.“Tra qualche mese ospiteremo la delegazione di Bergamo sulle nostra bella isola - ha spiegato Antonio Arrighi delegato elbano di Ais -, faremo conoscere loro i nostri vini, tra cui l’Aleatico dell’Elba che ha dato poco ottenuto la Docg, il massimo riconoscimento qualitativo previsto”. In seguito Bergamo ricambierà l’ospitalità, invitando la delegazione elbana in un viaggio studio tra Scanzo e la Valcalepio, alla scoperta dei migliori produttori della zona, toccando anche i più importanti musei cittadini. Durante la serata sono stati degustati tre vini elbani dell’Azienda Agricola Arrighi ed uno della Tenuta Acquabona.
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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci
Caffè Rubini, dopo il ristorante arriva la piadineria La gestione di Paola Conti, tornata a Romano dopo dieci anni di ristorazione a Milano, ha moltiplicato le proposte del locale, che cambia volto nel corso della giornata e si è specializzato nel pesce. Al fianco aprirà “Piada Rubini” LA PROVA
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svolta avvenuta circa due anni fa: all’inizio del mese di dicembre del 2008. «Ero ritornata nella mia città di origine – racconta Paola Conti, contitolare con il marito Antonio Bonaita – per motivi di famiglia. In precedenza avevo gestito per dieci anni un ristorante a Milano con notevole successo. Quando si è trattato di riprendere a lavorare abbiamo messo gli occhi sul bar Rubini. Mio marito è un barman di notevole esperienza ed io volevo riprendere a fare ristorazione, abbiamo deciso che entrambe le attività potessero coesistere a buon livello. Abbiamo quindi rimosso la ricevitoria e attrezzato la cucina. Ora non si tratta più di un esperimento, il locale esperimen funziona». In effetti il Caffè Rubini C è bello, per essere espliciti, esplicit arredato con gusto e arricgu chito da alcuni motivi, come com ad esempio un’ampia esposizione di esp bottiglie, che bo ne richiamano la vocazione alla all ristorazione. ne I diver si momenti m della de giornata scandiscono Da sinistra Paola Conti, il marito Antonio Bonaita, i r itmi delle la collaboratrice Silvana e la piccola Iris
uò un caffè essere un buon ristorante ed ristorante essere un buon caffè? Sembrerebbe proprio di sì, soprattutto se nella gestione due personalità e professionalità diverse si integrano con armonia. Questo avviene al Caffè Rubini di Romano di Lombardia in via Comelli Rubini al numero 1, in pieno centro storico. Proprio per la sua collocazione, il locale è sempre stato uno dei bar più frequentati della cittadina della bassa, un classico bar dello sport, per intenderci, con tanto di ricevitoria per il totocalcio ed altri concorsi. Una vita intensa e decorosa sino alla
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Un break tra terra e mare Oggettivamente, e senza voler con questo stilare alcuna graduatoria di merito, i 14 euro richiesti per il pranzo completo sono qualcosa in più del prezzo medio riscontrato nei menù fissi nel corso delle nostre soste per la pausa pranzo. L’alternativa è rappresentata dalla scelta di un solo piatto, primo o secondo, spendendo 10 euro. Sono sempre compresi acqua, caffè e un buon bicchiere di vino. Il servizio al tavolo è corretto e puntuale, buone anche le mise en place, ben articolata la proposta dei piatti. Tagliolini salsiccia e funghi; rustici pomodoro, pomodorini e basilico; tagliolini ai frutti di mare e tagliolini al sugo di noci costituivano la lista dei primi. Polenta e casöla, polenta e spezzatino; insalata di mare, branzino alla ligure, tagliata e vitello tonnato i secondi piatti tra i quali scegliere. Abbiamo puntato su un’accoppiata improbabile optando per i tagliolini salsiccia e funghi seguiti dall’insalata di mare. Come dire? Contenti noi, contenti tutti. E siamo rimasti soddisfatti per l’ottima mano in cucina.
attività.Al mattino i cappuccini e le colazioni, a mezzogiorno spuntano le tovaglie sue due sezioni della bella sala e si pranza. Poi tornano i caffè, il tè e i pasticcini e alla sera un tavolo con una fioriera segna che è iniziata l’ora della cena: sono le otto, voilà, ecco il ristorante. «Questa scelta ha progressivamente incontrato il favore del pubblico – prosegue Paola Conti –. Siamo stati talmente gratificati dal riscontro che abbiamo deciso di aprire un’altra attività: una piadineria qui a fianco del locale. Il nome? Non ci siamo sbizzarriti più di tanto: Piada Rubini, naturalmente. Sono andata a scuola a Riccione con una nostra dipendente e credo che anche questa sarà una bella esperienza». Paola Conti, ma anche il marito, sono degli entusiasti delle loro attività e non sembrano concedersi molte pause, le novità sono sempre uno stimolo. «Quando gestivo il mio ristorante a Milano - spiega - cucinavo solo carne, qui al Caffè Rubini la specialità invece è il pesce. Ho voluto misurarmi anche su questo tipo di cucina. Utilizziamo solo pescato mediterraneo. Tra gli antipasti abbiamo cruditè, insalata di mare al vapore, acciughe di Monterosso e poi cannolicchi, capesante e filetto di San Pietro con capperi e verdure. Per i primi abbiamo sempre la pasta pronta ma la trafiliamo al momento per fare i tagliolini che serviamo alla granseola, all’astice, con le vongole o con la bottarga di muggine. Abbiamo anche dei tortelli ripieni che cuciniamo al vapore. Il fritto di paranza, il branzino alla piastra, la ricciola olive e pomodori al vapore, la catalana di crostacei e la grigliata di scamponi sono le nostre proposte per i secondi piatti».Anche i dolci sono fatti in casa, tiramisù, mousse al cioccolato, panna cotta al caffè e alla menta, zuppa inglese e sbriciolata siciliana solo per citare i più gettonati. «Siamo tra i 50 e 55 euro per un pranzo completo - conclude Paola Conti -. Curo molto la qualità e penso sia un pezzo concorrenziale, che sta determinando il nostro momento positivo».
CAFFÈ RUBINI via Comelli Rubini 1 Romano di Lombardia tel. 0363 901222 aperto a mezzogiorno da lunedì a sabato, alla sera da mercoledì a sabato Affari di Gola marzo 2011 33
“Focus Birra”, buona la prima Oltre 250 gli operatori all’evento della 4R. Già esaurita la prima cotta della Cuvèe Millesimata
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l Centro Formazione della Quattroerre di Torre de’ Roveri, lo scorso 7 marzo ha avuto luogo la prima edizione di “Focus Birra 4R”. Come si evince dal nome, l’argomento principe dell’evento è stata la birra, in particolare la “Cuvèe Millesimata” a marchio Birrificio Nazionale e le birre dei monaci benedettini di Buccinasco “Amber” e “Brune” a marchio La Cascinazza. Tutte presentate ufficialmente nella nuova sede dell’azienda in un affollato appuntamento che ha acceso i riflettori sulle artigianali italiane, su prodotti che stanno godendo di un momento più che favorevole sul mercato. Gli operatori del settore, oltre 250, oltre a degustare le birre e ad approfondire la loro conoscenza, hanno potuto seguire un percorso birrofilo per ottimizzare l’identificazione del consumatore tipo, per cogliere il momento di consumo ideale e individuare gli strumenti più idonei a favorire un’ampia diffusione. 44 schede prodotto e sei ipotesi di carta delle birre, rappresentano gli strumenti presentati dalla 4R.“Riteniamo che sia fondamentale per i ristoratori e baristi - affermano i fratelli Rota - avere a disposizione una comunicazione efficace e semplice da sottoporre ai propri ospiti: sosteniamo semplicemente il concetto che iniziamo a desiderare qualcosa solo quando la vediamo. Focus Birra, pur avendo contenuti diversi rispetto a Gastronobirra, vuole essere un nuovo momento di incontro per sviluppare cultura ed informazione sul mondo della birra”. L’evento ha sancito il successo della birra prodotta su ricetta dei fratelli Rota: la prima cotta di Cuvèe Millesimata, messa sul mercato a metà gennaio (3mila bottiglie da 75 cl.) è infatti terminata proprio in questi giorni. Per poterla nuovamente degustare bisognerà attendere l’8 aprile.
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Una delle sei "Carte della birre" presentata dalla 4R durante l'evento
Francesca Piccinini, bandiera della Foppa
A tavola con lo sportivo di Filippo Grossi
Francesca Piccinini, che abbuffate quando vinco!
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rancesca Piccinini è la bandiera della Foppapedretti da 12 anni: una sorta di talismano che negli anni è sempre stata presente negli innumerevoli successi della squadra di pallavolo più amata di Bergamo e forse d’Italia: tanti gli scudetti ottenuti in maglia rossoblu e molti trionfi internazionali tra cui le varie Champion’s League. La bionda toscana, ma ormai bergamasca acquisita a tutti gli effetti, ci svela i suoi gusti in cucina Il tuo piatto preferito. “Le lasagne”. Il Cibo che più si avvicina al tuo carattere. “Dato che sono tanto dolce, ma ho anche un qualcosa di amarognolo, direi il tiramisù”. Ti piace cucinare? “Sì, ma preferisco farlo quando ho ospiti a casa”. Il piatto che ti riesce meglio. “Il pollo al latte…mmm, molto gustoso!” La specialità bergamasca che preferisci. “La polenta taragna, quella col formaggio bello filante”. La cucina regionale italiana che più apprezzi. “La cucina toscana, anche se dovunque vado mi piace provare le specialità locali che di solito apprezzo molto”. Il tuo menù ideale “Partiamo dall’antipasto: bruschette con pomodorini, basilico, olio toscano e aglio e poi crostini di fegatello. Di primo, direi tortelli ripieni di carne, pane, mortadella e sugo di carne. Di secondo, invece, un bell’arrosto con le patate al forno il tutto accompagnato da un bel vino rosso, meglio se si tratta dello Schioppettino friulano. E, per finire, il cialdone che fa la mia mamma, un biscottone fatto a cialda accompagnato da un vino dolce, il Torcolato”. Vino o birra? “Vino, anche se con la pizza mi piace bere birra e Sprite”. Preferisci brindare con champagne o spumante italiano? “Non amo le bollicine”. Rosso o bianco? “Preferisco il rosso, ma d’estate mi piace anche un bianco bello fresco”. Carne o pesce? “Tutt’ e due! Però, se devo scegliere, direi la carne e in particolare la “picanha”, ovvero il dorso della mucca”. Pasta o riso? “Pasta. In particolare, mi piace la pasta in bianco con
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l’olio buono e il parmigiano”. Dolce o salato? “Dolce. Soprattutto amo il mascarpone e la Nutella”. La cucina straniera che ami di più? “Mi piace assaggiare, scoprire sapori nuovi. In particolare, amo la carne brasiliana che è davvero molto saporita, il sushi, il riso indiano e, quando vado in Spagna, il patanegra: diciamo che per ogni nazione ho un cibo preferito” La tua pizza preferita. “La pizza mi piace bianca, solo mozzarella - meglio se di bufala - prosciutto cotto, pomodorini, grana a scaglie e una spruzzata di rucola”. Cosa mangi prima di una partita? “Pasta in bianco con olio e parmigiano e pezzettini di grana padano per cui vado matta. Quando arrivo in palestra, un pezzo di crostata con un caffè bello forte”. Sgarri mai? “Sì”. E come rimedi? “Vado in palestra il giorno seguente e faccio una corsetta in più”. Ti pesa dover mantenere la linea? “No, non direi. Mi permette di stare bene con me stessa e di fare il mio sport al meglio”. Cosa mangi quando sei giù di morale? “I dolci mi tirano sempre su”. Il piatto che ti mette allegria. “Una bella insalatona mista, tutta colorata in estate. E accanto un bel cesto di frutta estiva”. Quando vinci una gara o una medaglia con che piatto festeggi? “Quando vinco, sono talmente felice che m’abbuffo.. dolce e salato insieme! Se perdo, invece, non mangio”. Qual è stato il pranzo o la cena più emozionante? “È capitato due anni fa, con il mio fidanzato. La prima uscita è stata in Città Alta, al Baretto di San Vigilio..e non si dimentica”. Ti piace l’uomo che cucina? “Può capitare, ma secondo me è la donna che deve cucinare...l’uomo può giusto darle una mano”. Con che piatto seduci un uomo in cucina? “Gli preparo una bella insalata,sennò si abitua troppo bene fin da subito...” Come immagini una cena romantica? “Ogni posto è quello giusto se sei con la persona che ami”.
“Stellati” bergamaschi ai fornelli per solidarietà Il 30 marzo ad Alzano cena a favore dell’Associazione IN-Oltre
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e stelle della cucina bergamasca insieme per solidarietà. È in programma mercoledì 30 marzo l’edizione 2011 della Cena delle Stelle, serata benefica a sostegno dell’Associazione IN-Oltre, da tempo attiva sul territorio bergamasco per favorire l’integrazione delle persone disabili. Dopo l’esperienza dello scorso anno al Kilometro Rosso di Stezzano, l’Associazione ha scelto come cornice per il nuovo appuntamento un’altra faccia dell’innovazione in terra orobica: lo storico stabilimento Pigna ad Alzano Lombardo, ora sede del progetto FaSE (Fabbrica Seriana Energia). Tutti gli chef premiati con le ambite stelle Michelin torneranno a cucinare insieme per raccogliere fondi a favore dei progetti di integrazione e supporto promossi dalla onlus. Hanno confermato la loro presenza Vito Siragusa e Simone Scrivo (Al Vigneto), Daniel Facen (Anteprima), Loredana Vescovi (Antica Osteria dei Camelì), Enrico e Roberto Cerea (Da Vittorio), Paolo Frosio (Frosio), Stefano Arrigoni e Paolo Benigni
(Osteria della Brughiera), Ezio Gritti (Osteria di Via Solata), Fabrizio Ferrari (Roof Garden) e Marco e Vittorio Colleoni (San Martino).Top secret il menù della cena e il programma della serata, mix di arte, cucina, musica, sostenibilità e solidarietà. Il costo è di 200 euro a persona ed è completamente deducibile dalla dichiarazione dei redditi, essendo una manifestazione a scopo benefico. Info e prenotazioni: www.lacenadellestelle.it
Caccia in Cucina, a tavola in cento per la chiusura
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a manifestazione “Caccia in Cucina – sette giorni di gastronomia venatoria” si è chiusa come da tradizione con un appuntamento conviviale all’Azienda Agricola Il Fontanile di Gandosso. Patrocinata anche quest'anno dalle province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Monza Brianza, Pavia e Varese, oltre che dalla Regione Lombardia, l'iniziativa intende sollecitare l'attenzione del pubblico nei confronti delle tradizioni gastronomiche legate all'attività venatoria, che gode tutt'oggi in Lombardia di notevole importan-
za anche culturale. In Bergamasca la regia è stata curata dall’Ascom che ha coinvolto 65 locali nella proposta di menù a tema. La colazione finale ha visto la partecipazione di un centinaio di presenze,
con Massimo Marracci, presidente del comitato esecutivo Anuu Migratoristi, Marco Castellani presidente nazionale Anuu, Giovanni Bana presidente onorario Anuu, Roberto Magri presidente del Consiglio provinciale di Bergamo, Alessandro Cottini assessore provinciale Caccia e Pesca ed Ennio Benedetti segretario del Circolo della Caccia di Bergamo. Dopo il ricco aperitivo di benvenuto, lo chef Daniel Facen ha declinato i sapori della caccia nei Ravioli farciti all'anatra con burro montato aromatizzato all'arancia, nei Garganelli con ragù di lepre e pinoli e nell’Umido di capriolo con polenta alle erbe. A chiudere Bavarese alla vaniglia con salsa ai frutti di bosco, il tutto annaffiato dai vini Valcalepio Bianco e rosso Doc dell’Azienda agricola Tallarini. L’atmosfera calorosa ha ben bilanciato il freddo di una giornata di fine inverno punteggiata anche dalla neve. Pino Capozzi
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina
Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole. vo
Con porri e mandorle il dentice ci prende gusto Ingredienti per 1 persona 1 filetto di dentice 1 porro un po’ di panna da cucina olio d’oliva extra vergine mandorle tritate sale e pepe
Preparazione m della p Lavate e tagliate il porro a rondelle (tutta la parte bianca e circa 3 cm parte verde). In una padella metc 5 minuti. In una pirofila create un tete un po’ di olio e fate appassire il porro a fuoco molto lento per circa letto con i porri appassiti e ponete sopra il dentice salato e pepato da ambo i lati. Pennellate il tutto con un 1-2 cucchiai di panna da cucina. Coprite la pirofila con un foglio di alluminio e passate in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 20 minuti (il tempo dipende dal forno e dallo spessore del pesce). Servite subito, spolverando la pietanza con una manciata di mandorle precedentemente tritate.
LA CURIOSITÀ Il dentice, pesce dalla carne particolarmente pregiata e saporita, è uno dei prodotti ittici più venduti. Commercializzato fresco o surgelato, è sempre reperibile sia al bancone della pescheria che al reparto surgelati dei supermercati; potendo scegliere, è meglio optare per quello fresco, magari già pulito e pronto per essere cucinato.Alcuni sostengono che il gusto non sia poi così diverso, ma non è vero. Se anche non siete dei maghi della cucina, è facile accorgersi come quello fresco abbia un sapore molto più delicato. E non è solo buono, fa anche bene: oltre ad essere digeribile, contiene una buona percentuale di proteine, pochi grassi ed è ricco di vitamina A e di sali minerali, fra i quali calcio e fosforo. Il porro è un ortaggio ricchissimo di acqua, poco calorico (e quindi indicato per chi è a dieta) e fornisce all’organismo elementi minerali preziosi come il ferro, il magnesio, il sodio, lo zolfo, la silice
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(che favorisce l’elasticità delle ossa e della pelle), il manganese, il potassio, il calcio e l’acido fosforico (tonico per il sistema nervoso). Al porro vanno riconosciute quindi molte proprietà benefiche e lo si consiglia nei casi di stipsi, obesità, anemia e artrite. Inoltre abbassa il colesterolo, rafforza il sistema immunitario e favorisce la pulizia dell’intestino. La parte verde dell’ortaggio contiene infatti alcune fibre, che stimolano il transito intestinale in modo delicato e non aggressivo. Al momento dell’acquisto, sono da preferire i porri con gambi ben sodi, diritti e sormontati da un ciuffo di foglie turgide e di colore verde scuro. Non ci devono essere foglie ingiallite o avvizzite poiché è segno di scarsa freschezza. Meglio infine utilizzare i porri provenienti da coltivazione biologica, poiché si è riscontrato un maggiore contenuto di vitamina C rispetto a quelli coltivati in modo tradizionale, quasi sicuramente per l’eccessivo uso di concimi.
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