Anno XVII n.1 - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - â‚Ź 2,60
marzo 2017
la buona tavola raccontata da
Lo street food mette radici a Bergamo Tra gestione diretta e franchising, è boom di insegne
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SOMMARIO
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XVII n.1
marzo - aprile 2017
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In copertina, il “sushi” di “Da 30 Polenta”
4 TENDENZE
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Food a Bergamo, aperture “a catena”
IL SERVIZIO
Bar e ristoranti, cambiano le tariffe Siae
11 LA SPESA
Quanto è buono il mercato!
14 L’INTERVISTA
18
Zenti: «Abbiamo un ricco patrimonio caseario, ma non siamo capaci di valorizzarlo»
16 IL RISTORANTE
27
“Impronte” di gusto
18 LA LEZIONE
Aimo “torna” in cucina all’Accademia del Gusto
20 L’azienda
Birrificio Otus stappa l’emozione anche al Vinitaly
24 IL premio
Carlo, il Maestro del commercio da 71 anni dietro al bancone
27 IL PRODOTTO
Uova senza sorprese
36 tradizioni
Bergamo e l’invenzione del lecca-lecca
Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo, 137- 24125 Bergamo - tel. 035 4120322 - fax 035 231082 - affaridigola@larassegna.it - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Borgo Palazzo, 137- 24125 Bergamo - tel. 035 4120280 - fax 035 231082 - info@larassegna.it - N° ROC 5847 - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Fabrizio Pirola, Rosanna Scardi, Gualtiero Spotti - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
2017
Tendenze
ph. Devid Rotasperti
di Laura Bernardi Locatelli
Food a Bergamo aperture “a catena” Tra gestione diretta e franchising, si contano 150 insegne in città e provincia. Così il cibo di strada mette sempre più radici abbracciando la qualità
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n cartoccio di patate da passeggio, un'arancina siciliana come snack, una piada romagnola a pranzo e tapas e montaditos all'aperitivo. Lo street-food mette ormai radici, trasferendosi da chioschi e mercati itineranti, e abbraccia la qualità. La nostra città sta tenendo a battesimo nuove catene - come nel caso di “Chips House” e dell' “Antica Fabbrica dell'Arancina” -, sta innovando la polenta, prodotto tipico per antonomasia celebrato “Da 30 Polenta”, e sta accompagnando lo sviluppo, tra Bergamo e Milano, attraverso il Gruppo Percassi, di colossi come Starbucks, della catena di cucina giapponese Wagamama e di Casa Maioli, oltre alla cucina naturale e plant-based di Soulgreen. Tra le food court che ormai si specializzano nei centri commerciali e catene della ristorazione tra gestione diretta e franchising, si contano, tra città e provincia, circa 150 insegne. E il food si conferma uno dei settori più dinamici e che ha saputo rinnovarsi anche nel resto d'Italia: «Nel 2015 la ristorazione ha trainato il franchising con quasi 2,5 miliardi di fatturato, con un'ottima crescita dato che nel 2013 ammontava a 2
miliardi - commenta Emanuele Basile di Assofranchising Confcommercio -. I nuovi format della ristorazione sono in costante evoluzione e fermento: dallo streetfood mobile replicato in varie declinazioni, a partire da versioni originali di apecar, alla ristorazione della salute, agli smoothies bar. Non manca una vera e propria celebrazione delle specialità regionali, dal coppo di fritto napoletano alla torta al testo umbra». Alla valorizzazione dei prodotti di casa nostra si somma l'importazione di formule di successo all'estero: «Negli ultimi tre anni hanno avuto un grande sviluppo gli american diner degli anni Cinquanta - continua Basile -. E recentemente in Italia hanno fatto il loro ingresso veri e propri colossi della ristorazione, dal “KFC-Kentucky Fried Chicken” a “Domino's pizza”, da “100 Montaditos” a “Starbucks”, a “Denny's”, leader a stelle e strisce del milk shake». Dalla polenta che inorgoglisce Bergamo alle tapas spagnole, passando per un'arancina della Vucciria, una piada di Cervia e patatine fritte all'olandese, ecco alcune delle specialità da stuzzicare di catena in catena, dal centro della città alla provincia.
marzo 2017
Antica Fabbrica dell’Arancina, il primo negozio dei mercatari itineranti palermitani
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on ordinate mai un arancino a meno che non vogliate intavolare un dibattito pepato. Che qui la specialità sicula arriva direttamente dal mercato della Vucciria, luogo magico di Palermo, dove il tipico timballo di riso si declina solo ed esclusivamente al femminile perché ricorda una piccola arancia. Il negozio di viale Papa Giovanni XXIII, inaugurato a dicembre, è il primo punto fermo italiano scelto dalla famiglia palermitana di mercatari itineranti e conserva tutta l’anima e lo spirito della friggitoria da passeggio palermitana. La scelta spazia dalla classica arancina con ragù a quella al “burro” (con prosciutto cotto e formaggio filante) a versioni più ricercate a base di pesce, dai gamberetti con il pesto, al salmone, al nero di seppia. Non mancano omaggi alla tradizione siciliana, come l’arancina alla Norma con melanzane
e ricotta salata, e versioni vegetariane come la caprese con mozzarella, pomodoro e basilico. Da non perdere poi l’inusuale versione dolce con cioccolato fondente, resa ancora più croccante dalla panure allo zucchero. E sui dolci si apre un capitolo di tentazioni: dalla cassata al cannolo farcito al momento con ricotta di pecora e pistacchio o granella di nocciola, o cioccolato, canditi, amarene e scorza d’arancia. Periodicamente la carta dei dolci si arricchisce di altre golosità, dalla pasta di mandorle alla crema di pistacchio. In omaggio alla Sicilia anche birre artigianali
Antica Fabbrica dell’Arancina Siciliana viale Papa Giovanni XXIII, 32 Bergamo
introvabili, dalla “Minchia” a bassa fermentazione da filiera agroalimentare messinese proposta nella versione bionda, rossa e tosta a doppio malto, alla “Messina” introvabile in Lombardia.
“Da 30 Polenta” abbraccia il sushi, reinventa gli spaghetti e guarda all’estero
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Da 30 Polenta Oriocenter via Portico, 71 Orio al Serio
a 30 Polenta interpreta e reinventa il piatto simbolo bergamasco, ricetta aggregante della famiglia sempre meno preparata a casa dalle nuove generazioni per i lunghi tempi di cottura e la tediosa pulizia del paiolo di rame. Un’accurata progettazione delle attrezzature e una messa a punto delle ricette hanno reso possibile la produzione espressa su larga scala di polenta gialla, nera, integrale e taragna. La proposta esalta la tradizione nelle versioni più classiche, che accompagnano la polenta a funghi, formaggi tipici - dal Branzi allo Strachitunt, dal Formai de Mut al Taleggio e Gorgonzola -, salamelle e stinco. Non mancano proposte divertenti e stuzzicanti,come il Berghem Burger, che racchiude tra due sfoglie di polenta la classica salamella e le versioni polentose di toast, pizza e
lasagna. Tra le interpretazioni più innovative gli spaghetti di polenta accompagnati da ricchi ragù e la versione concettuale e fusion del sushi con l’inusuale abbinamento con pesce crudo. Non mancano ricette golose, come la crêpe di polenta e il tiramisù, realizzato con una base di sbrisolona di mais. Tutte le ricette proposte e i prodotti in vendita sono senza glutine, tanto che a breve le insegne otterranno l’iscrizione all’Aic - Associazione Italiana Celiaci, come anticipa Donato Cacciavillani, ad di “Da 30 Polenta” del Gruppo Percassi. Insalatone e zuppe arricchiscono la proposta, che ora punta con decisione all’estero. Se entro il 2018 l’obiettivo è di tagliare il nastro di altri sei negozi in Italia, l’obiettivo a medio termine è quello di esportare il format all’estero, attraverso la formula del franchising.
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tendenze
Casa Maioli, gli artigiani della piadina
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ergamo, a partire da Oriocenter, accompagna lo sviluppo della nuova partnership tra Percassi Food & Beverage e la famiglia Maioli, artigiani della piadina dal 1952, per l'espansione del brand. La prima insegna è stata inaugurata ad Oriocenter il 5 febbraio, si attende a giorni il taglio del nastro in via Tiraboschi ed entro la fine di maggio è prevista una nuova apertura nel Polo del Lusso. L'atmosfera è quella dei chioschi romagnoli e delle vecchie cabine da spiaggia a listoni di legno a strisce bianche e verdeacqua, la stessa che ha visto crescere i Maioli a Cervia, sponda autentica di una ormai decisamente glamour Milano Marittima. Depositari della tradizionale ricetta della piada, custodita da tre generazioni, da quando le nonne Gina e Rina la impastavano a mano, Mirko e
Casa Maioli via Tiraboschi, 73 Bergamo
Chips House, patatine da passeggio da tuffare in venti salse
B ASCOM
Allo Sportello Franchising un servizio di consulenza ad hoc
L
o Sportello Franchising in Ascom garantisce una consulenza mirata alle esigenze di ogni imprenditore, dall’analisi del contratto con obblighi e diritti di affilianti e affiliati, alla valutazione di ogni aspetto burocratico. Grazie all’accordo con Assofranchising, alla consulenza si affianca lo studio aggiornato sui diversi settori retail, con dati e trend, oltre alla possibilità di accedere a agevolazioni previste per l’affiliazione ai marchi soci Assofranchising. Il servizio si rivolge oltre che ai franchisee a quelle imprese che intendono fare il salto di qualità e replicare il loro modello di business diventando franchisor. Per accedere al servizio è necessario prenotare un appuntamento telefonicamente o via mail: pietro.bresciani@ascombg.it; tel. 035.4120320.
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ergamo è stata la prima Chips House, inaugurata ad aprile 2015, cui poi sono presto seguite, sulla scorta del successo orobico, le aperture a Verona, Varese, Brescia e Cremona. L'idea nasce dalle chips-house e chioschi dei Paesi Bassi, che hanno subito conquistato nei loro viaggi William Di Paola e Andrea Trojano, amici da sempre, che con la supervisione di papà Roberto Di Paola, forte di un'esperienza di gestione di locali nel milanese, e Donato Trojano hanno deciso di riproporre il format al loro rientro. L'intento era di aprire a Milano, ma trovata la location perfetta in viale Papa Giovanni XXIII, l'avventura imprenditoriale è partita da Bergamo. Il locale è subito diventato una meta per uno snack all'uscita da scuola, per uno sfizio da passeggio o per un piccolo sgarro alla dieta dopocena o fuori orario. Tre i tagli delle patatine fritte tra cui scegliere: a bastoncino (stick), a sfoglie sottili (chips) e a spirale (tornado). Ben venti le salse in cui tuffare patatine fumanti: all'aglio, alle cipolle, ai peperoni piccanti, al formaggio cheddar, per citarne alcune. Per realizzare patate perfette si parte dalla varietà ideale, a pasta gialla, dalla Bintje olandese al tubero italiano che più le si avvicina. Il segreto della loro fraganza sta nella doppia cottura, l'abc per patatine croccantissime fuori e morbide dentro. Per un piccolo sfizio si spendono dai 2 ai 2,50 euro, salse incluse; per togliersi una volta per tutte la voglia, alla faccia di ogni rimorso, c'è la versione large a 5 euro. L'offerta della Chips House si completa poi con hot-dog, chickenburger e nuggets. Chips House viale Papa Giovanni XXIII, 54 Bergamo
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Alessandro Maioli hanno portato in alto l'artigianalità di famiglia e del chiosco che per una vita hanno avuto al porto di Cervia, prima attraverso Eataly, e ora con la partnership con il Gruppo Percassi. E il progetto di esportare la piadina romagnola, come cantava Samuele Bersani in “Freak”, è un obiettivo più che alla portata. Cresciuti a strutto e farina, i fratelli Maioli sono stati nominati non a caso ambasciatori del gusto di Cervia nel mondo, un incarico che segue quello della rappresentanza del Comune romagnolo in occasione di Expo. Oltre alla piada, da Casa Maioli è possibile provare i classici crescioni e i più internazionali wrap, con impasto però alla romagnola. La selezione dei prodotti è accurata, dal sale di Cervia allo Squacquerone di Romagna Dop, dal prosciutto cotto arrosto '60 di Branchi di Felino al Crudo di Parma Dop di Traversetolo. La proposta si arricchisce con il piadaburger, realizzato con Fassona piemontese, e con piatti
della tradizione romagnola, dalle lasagne ai dolci, con un richiamo al ristorante “Le Ghiane” che i Maioli hanno a Cervia. I vegetariani possono contare su un'ampia scelta di zuppe, insalate e su piadine, proposte anche in un impasto più light e veg con olio extra vergine di oliva al posto dello strutto. Per tutti gli altri, come saggezza popolare romagnola insegna “La pida s'è parsòt, la pis un po' ma tot“.
ph. Devid Rotasperti
ph. Devid Rotasperti
conquistano il centro città
100 Montaditos, la cucina iberica in cento specialità “montate” su un boccone di pane
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100 Montaditos via Vailetta Dalmine
ordan Foglieni, amministratore d’azienda, ha coronato il suo sogno di aprire un ristorante con l’amico Ivan Guarnieri, trovando ispirazione da un articolo de Il Sole 24 Ore che parlava della catena spagnola 100 Montaditos, diffusissima in Spagna e negli Stati Uniti, in particolare al confine col Messico. Il successo del format nato nell’ultimo lembo della Spagna, sulla spiaggia di Islantilla Huelva in Andalusia, è nella proposta di un assaggio della cucina iberica, declinata in cento varianti “montate” su un boccone di pane a doppia fermentazione, cotto nel forno a pietra, dalla ricetta brevettata, con tanto di marchio impresso. Tutto viene preparato al momento, nella cucina a vista, dove gli stessi clienti consegnano e ritirano le loro ordinazioni. Lomo, jamon serrano, pollo cajun, chistorra, formaggio iberico e tortilla sono solo alcune delle specialità che si possono gustare racchiuse in un boccone fragrante, magari abbinate ad una birra Cruz Campo o a un bicchiere di Tinto di Verano. Per districarsi tra la lunga lista di Montaditos (dai calamari al salmone, dai burger agli hot- dog) non mancano percorsi di degustazione, dai 6 ai 10 euro, con 5 assaggi, proposti nelle collezioni carnivora, vegetariana, mediterranea, Black Label e, per i più golosi, nella versione dolce al cioccolato. L’offerta si amplia con aperitivi, tapas, le immancabili patatas bravas, e insalate, oltre che, per quanto riguarda il bar, con la caffetteria, con espresso a 80 cent. Con quasi 300 posti a sedere, 200 all’interno e circa 90 nel dehor estivo, “100 Montaditos” è un locale trasversale, dall’atmosfera tipicamente spagnola, che riunisce attorno ad un tavolo studenti universitari, famiglie, “senior” e clienti di passaggio in quello che tra casello autostradale e Villa d’Almè – Dalmine è un vero e proprio crocevia.
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IL SERVIZIO
Bar e ristoranti, cambiano le tariffe SIAE. Il supporto dell’Ascom
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Arrivano gli abbonamenti tutto incluso e un portale dedicato per fare i pagamenti. Comotti: «È possibile risparmiare, pertanto prima di pagare è meglio fare un’analisi e valutare come procedere» on l’anno nuovo per bar, ristoranti e locali in genere sono entrate in vigore le nuove tariffe SIAE. Per promuovere la musica come valore aggiunto del fuoricasa, Fipe e SIAE hanno firmato un nuovo accordo sulla diffusione della musica nei pubblici esercizi che mira a semplificare le procedure e rendere i calcoli delle tariffe più oggettivi. L’accordo sostituisce quello firmato nel 1963 e introduce un nuovo sistema di calcolo degli importi e altri cambiamenti. Ecco quali sono:
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La tariffa viene calcolata rispetto alla superficie di somministrazione
e non più in base alla categoria del locale. Bisogna quindi misurare i metri quadrati destinati al servizio del cliente. Di solito sono riportati sulla Scia o sull’autorizzazione. Non vanno conteggiati magazzini, cucine, depositi, locali di lavorazioni. Sono previste tre fasce di locali: fino a 75 mq (parametro
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Lo Sportello di consulenza per risparmiare Per aiutare i gestori di pubblici esercizi nella scelta della tariffa da pagare alla SIAE, l’Ascom ha attivato, nella sede di via Borgo Palazzo, a Bergamo, un servizio di consulenza gratuita. Rivolgendosi all’ufficio si può ottenere il calcolo dei nuovi importi e valutare la scelta meno costosa. Basta presentarsi con i dati relativi al locale: numero di metri quadrati dell’area destinata alla somministrazione, eventuali metri esterni con filodiffusione (sono riportati sulla Scia/ autorizzazione), numero e tipo di strumenti utilizzati nel locale e copia della fattura SIAE del 2016. Per gli associati Ascom è prevista una riduzione ritirando negli uffici il modulo di sconto Fipe. Per informazioni: tel. 035.4120325 gestionale@ascombg.it.
marzo 2017 che interessa la maggior parte dei pubblici esercizi e che prevede la tariffa più bassa); locali da 76 a 250 mq e da 251 a 500 mq.
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Non sono più previste maggiorazioni per gli altoparlanti
Quindi non è più necessario conteggiare il numero di altoparlanti presenti.
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Per i locali che hanno più televisori, monitor e/o apparecchi multimediali arriva l’abbonamento tutto compreso che permette di risparmiare
Se gli apparecchi presenti sono solo audio, c’è la tariffa flat audio; se invece si possiedono anche tv e monitor, va presa in considerazione la flat all in one.
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Per le aree sonorizzate esterne fino a 50 metri quadrati si paga la tariffa relativa all’interno del locale maggiorata del 10%; per le aree più grandi la maggiorazione sale al 20%.
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Il pagamento può essere fatto anche on line
Basta registrarsi con il proprio codice cliente SIAE nel portale della Società senza necessità di passare negli uffici.
«Per tre anni sarà ancora possibile pagare la “vecchia” tariffa spiega Andrea Comotti, responsabile dell’Area Gestionale dell’Ascom Confcommercio Bergamo -. SIAE sta spedendo in questi giorni il MAV e il consiglio è di non pagarlo e di valutare se il nuovo importo è più basso. Secondo una prima analisi le tariffe dovrebbero essere meno costose per i locali di piccole dimensioni e con gli abbonamenti si risparmia». La scadenza del pagamento dell’abbonamento SIAE è fissata Andrea Comotti al 24 marzo. Per il pagamento dell’abbonamento SCF il termine è il 31 maggio ma si può pagare entrambi in un’unica soluzione, sia attraverso il portale sia agli sportelli SIAE.
Indagine Fipe: è motivo di scelta per 8 clienti su 10
I locali pubblici piacciono di più se c’ è la musica
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a musica nei locali pubblici piace ed è un plus che consente di attirare nuovi clienti, fidelizzarli e incentivarli nella spesa. Secondo uno studio elaborato da Fipe e SIAE, infatti, le persone si recano con più frequenza in un locale se c’è musica, soprattutto se è dal vivo. Addirittura, l’87% va in un determinato locale proprio per questo motivo. E un cliente su due è persino disposto a pagare prezzi più alti sulle consumazioni o un biglietto di ingresso per assistere a un concerto dal vivo. I motivi di questo gradimento sono diversi: una cliente su due è convinto che la musica d’ambiente crei atmosfera e aiuti a rilassarsi e altrettanti apprezzano la musica dal vivo. Il 25,6% ritiene invece che aiuti a socializzare. I contrari, infastiditi dalla musica perché “non riescono a par-
lare”, sono una minoranza (il 15,9%). Non a caso in Lombardia le esibizioni live nei locali sono in forte crescita: dal 2008 a oggi, il numero è salito del 24,1% (l’aumento medio nazionale è di 21,9%). Un altro aspetto emerso dalla ricerca è che l’81% dei clienti si reca in un locale perché c’è un particolare intrattenimento musicale. Oltre a diffondere musica, è quindi importante fare attenzione alla scelta delle playlist e puntare su un brand e specifico. La musica deve essere abbinata correttamente al profilo del locale (e quindi del cliente), e proporre le hit o musica ben conosciuta. Attenzione anche al volume. In quanto ai generi più ascoltati dai clienti, in cima alle preferenze ci sono il pop (17,6%) e il blues/jazz (17,3%), seguiti da rock/metal (16,9%) e rap/ hip hop (16,3%).
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LA SPESA
di Laura Ceresoli
Abbiamo fatto un giro tra i banchi del sabato, allo stadio di Bergamo, alla ricerca di chicche golose. Vincono i prodotti tipici, stagionali e artigianali, la simpatia dei venditori e i prezzi
Quanto è buono il mercato!
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irare fra i numerosi banchetti stipati di golosità, confrontare i prezzi, acquistare i cibi più appetibili da mettere in tavola. Fare la spesa al mercato non è solo un piacere ma un lavoro certosino. Bisogna infatti aguzzare la vista per selezionare i prodotti migliori. In Bergamasca durante tutta la settimana ci sono diversi appuntamenti ambulanti che offrono occasioni per cucinare un ottimo pranzetto spendendo poco. Il più grande è quello del lunedì alla Malpensata con ben 252 posteggi per le bancarelle. Di queste il 30% è gestito da stranieri. C’è poi il mercato dello stadio, il secondo in ordine di grandezza in città: con i suoi 52 stand di cui 20 alimentari, ha saputo mantenere negli anni la sua impronta orobica con una presenza di commercianti locali che si aggira attorno al 95%. Arrivare in piazzale Goisis il sabato mattina significa intraprendere un viaggio sensoriale in cui i profumi pungenti di formaggi erborinati si mischiano con l’odore più ruspante di pesciolini fritti e polli alla brace. Pani caserecci, soffici focacce e brioche cosparse di zucchero vanigliato appagano la vista trasformandosi in un’irresistibile tentazione. E poi ci sono arance dai colori brillanti e broccoletti arcobaleno che spuntano dalle casse dei rivenditori di ortofrutta creando una sinestesia di tinte e profumi. Ma il giro tra le bancarelle non può limitarsi a un mix inebriante di voci, aromi e colori in cui perdersi, come faceva Amélie Poulain nel suo favoloso mondo. La poesia deve presto lasciar spazio alla praticità. E così, con un occhio agli spiccioli rimasti nel portafoglio, l’obiettivo resta quello di far quadrare i conti a fine mese.
DAI SAPORI NOSTRANI... Il territorio orobico è celebre per i suoi formaggi. Al mercato non possono certo mancare banchetti ricchi di leccornie casearie. Stagionati o freschi, piccanti o dolci, da spalmare o da abbinare al miele: di specialità ce ne sono parecchie. Accanto ai classici come il Taleggio, il Gorgonzola e il Branzi, si può scovare anche qualche chicca come il burro artigianale di Giovanni e Albina Quistini. I due fratelli propongono ai clienti formaggi nostrani della Valle del Riso come la robiola e lo zola di capra o il magrone di mucca. Tra le eccellenze orobiche spicca anche il cotechino di capra dell’azienda agricola Alberti. Seppur piccolo, questo banchetto ha un’ampia scelta di formaggi e yogurt (di capra e mucca) ma anche di carne nostrana e biologica di razza piemontese, capretti e salumi. «Tra le novità su cui puntiamo quest’anno c’è il nostro ragù proposto in tre varianti: di bovino, di capra e di bufala – spiega Alex Alberti –. La carne proviene dai nostri allevamenti mentre ci affidiamo all’esperienza di una cuoca per la preparazione del sugo che viene pastorizzato seguendo le linee guida dell’Asl per una corretta e duratura conservazione degli alimenti».
… ALLE SPECIALITÀ REGIONALI Al mercato del sabato si possono trovare i giusti ingredienti per preparare una cena ispirata non solo alla gastronomia locale ma anche a quella regionale. La rosticceria di qualità Nico alimentari di Ponteranica, per esempio, propone prodotti che travalicano i confini oro-
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la spesa
Il presidente Fiva
Mauro Dolci
«G
Dolci: «Si può trovare di tutto, al giusto rapporto qualità-prezzo»
li operatori dello stadio sono riusciti a mettere in campo un valido rapporto qualità prezzo, qui si può trovare di tutto». Lo evidenzia il presidente della Fiva Ascom di Bergamo, Mauro Dolci, che al mercato del sabato gestisce un banchetto di alimentari. Bergamo è terra di formaggi, quali sono i più gettonati al mercato? «Si va da una vasta gamma di prodotti tipici delle Valli Seriana o Brembana come il Taleggio e il Branzi, fino all’Emmental svizzero o al pecorino sardo. Anche il Gorgonzola è presente nelle sue tre varianti: dolce, piccante e con il mascarpone». Negli ultimi anni si è registrato anche un aumento dei consumi di formaggio di capra… «Sì, anche se si tratta di una produzione legata alla stagionalità. In inverno è più difficile trovare questi formaggi perché le capre non hanno latte. A partire dalla primavera si intensificherà l’offerta di caprini soprattutto della Valle Brembana». Quali sono le chicche che si possono trovare al mercato? «Di solito gli operatori agricoli propongono prodotti di ampio consumo. La scelta di portare sul mercato articoli di nicchia come per esempio il Bagoss che supera i 40 euro al chilo si può rivelare rischiosa. In generale gli ambulanti optano per cibi in grado di accontentare un numero più ampio di clienti. Anche con i salumi si spazia dai prodotti italiani a quelli esteri, ma alla fine il classico prosciutto di Parma va sempre per la maggiore». Via libera ai classici quindi? «A volte facciamo esperimenti con alcuni prodotti più particolari per capire se hanno appeal sulla clientela e se vale la pena riproporli ancora, una volta finita la fornitura. Noi per esempio abbiamo provato a tenere la lingua o la coppa di testa ma attirano solo una cerchia ristretta. Di contro mi è arrivato un Sardegna di capra che sta riscuotendo successo».
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bici. Tra le specialità spicca la Carnia, un formaggio stravecchio dalla pasta semidura tipico degli alpeggi al confine tra Austria e Slovenia. Ha un sapore molto intenso, con note di erbe di montagna, talvolta gradevolmente aromatico. È ottimo accostato a miele di castagno, mostarda piccante di frutta e pane di segale, magari sorseggiando un bicchiere di vino rosso. C’è poi il Piave Dop, formaggio che nella cucina povera ma sana della montagna bellunese era l’espressione di una tradizione fatta di sapore e genuinità. Interessante il suo abbinamento con una birra bianca bavarese come la Weiss. Nicola Carrara ci suggerisce anche varie specialità valtellinesi come i funghi, i ravioli e gli gnocchi di grano saraceno. E poi il bitto, quello “ribelle”, Presidio Slow Food prodotto a cavallo tra le province di Sondrio, Bergamo e Lecco. Per chi ama sapori più mediterranei c’è il Silani, formaggio tipico delle regioni del sud (Basilicata, Calabria, Molise e Puglia) che prende il nome dall'altopiano della Sila, mentre chi resta legato alle tipicità locali può assaggiare la formaggella di Zambla, direttamente dagli alpeggi della Valle Seriana.
NEL REGNO DI FRUTTA E VERDURA Passeggiando tra gli stand del mercato è difficile non venire contagiati dal buonumore di Alberto Biava. Mentre le clienti osservano indecise i rigogliosi ortaggi in esposizione, chiedendosi quale sia il più appropriato per preparare un buon pranzetto, l’ambulante le incalza proponendo di assaggiare le sue arance Tarocco: «Sono bellissime e dentro sono rosse, dolci e succose. Tra dicembre e aprile sono un must in tavola», conferma Biava, convincendo una signora ad acquistarne un chilo. E mentre pesa la frutta si mette a canticchiare spensierato “Fin che la barca va…” commentando con qualche vecchietta i risultati dell’ultimo Festival di Sanremo. Ricche di vitamina C, le arance rappresentano un toccasana per combatte-
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I ragazzi della Polleria Dell’Orto
Danilo Bettoni
re i virus e i raffreddori, sempre in agguato nei cambi di stagione. Altri ortaggi ottimi per la salute che si possono trovare in grande quantità al mercato sono spinaci, cavolo verde, barbabietole, cavolini di Bruxelles, patate, peperoni, coste, carote, fagiolini, zucca, cavolfiore, cipolla, porri, melanzane e, con l’arrivo della primavera, zucchine e pomodori. Chi ha fretta può invece optare per confezioni di insalate già pulite o per cipolline, cavolini o spinaci sottovuoto. Negli ultimi tempi va molto di moda anche lo zenzero. Digestiva e antiossidante, questa radice è sempre più richiesta dai bergamaschi per aromatizzare tisane e biscotti oppure per dare un tocco di brio ai piatti più ordinari rendendoli unici e originali. «Fare la spesa al mercato significa prediligere alimenti stagionali – spiega Manuel Garaguso di Eurofrutta –. Non vanno mai acquistati prodotti fuori stagione perché il prezzo aumenta troppo. In inverno è meglio scegliere arance e mele tra la frutta e carciofi, verze e broccoli come verdura. Con l’arrivo della primavera tornano le zucchine».
Alex Alberti
IL PIATTO FORTE Più che per la carne fresca, chi si reca al mercato cerca cibo a metà tra lo street food e il piatto unico già pronto. Dalla Rosticceria Giovanetti alla Polleria Dell’Orto, si può scegliere tra una vasta gamma di carne arrostita che va dai wurstel al galletto, dagli spiedini di maiale al pollo allo spiedo, il tutto accompagnato da patatine fritte o gustose crocchette. Dal pesce affumicato a quello fritto, anche il banchetto “Da Monte Isola con sapore” è una tappa obbligata per tutti gli amanti delle specialità ittiche. Vasta è pure l’offerta di molluschi freschi come polipi, totani, moscardini. E se avete qualche dubbio su come prepararli, niente paura, Danilo Bettoni conosce moltissime ricette e trascorre la mattinata dispensando consigli su come accompagnare le sue bontà. D’altronde lui è chiamato il “Re del Bertagnì”, baccalà impanato e fritto in pastella: «In passato questo piatto era l’unico a base di pesce di mare che le famiglie si potevano permettere – dice Danilo –. Ora si trova quasi solo nei mercati anche se alcuni ristoranti lo stanno riponendo come piatto tipico».
DULCIS IN FUNDO Con la Pasqua alle porte, anche i pasticceri sbizzarriscono la loro fantasia con varie specialità tradizionali. Il banchetto della Premiata panetteria Aurelio Belussi per esempio è un tripudio di leccornie. Per Carnevale, accanto alle classiche brioche, hanno fatto capolino frittelle, zeppole, chiacchiere e croccante. Per non parlare delle colombe artigianali con canditi all’arancia che Belussi ha cominciato a offrire ai suoi clienti con largo anticipo sul calendario. «Qui è impossibile far Quaresima, è pieno di tentazioni», esclama una signora mentre assapora uno degli assaggini disposti sul banco. Tra le bontà salate è invece la focaccia a farla da padrone in tutte le sue varianti. Idem per le pizze. Dalle pagnotte alle baguette, anche il pane più tradizionale al mercato non manca mai. Attenzione però alle condizioni meteorologiche che possono rendere le michette in esposizione troppo gommose se c’è umidità e stoppose quando il clima è secco.
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L’intervista di Leo Bartoli
«Abbiamo un ricco patrimonio caseario, ma non siamo capaci di valorizzarlo» Parla Gianluigi Zenti, ex Barilla, in campo nella Bergamasca con un progetto per sviluppare le risorse del food & beverage, del turismo e dell’accoglienza. «Oggi non si può più andare in ordine sparso. Serve un coordinamento ed è necessario individuare in quali mercati si vuole agire da soli e in quali creare delle sinergie tra pubblico e privato»
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stato uno degli ambasciatori più preziosi dell’agroalimentraverso progetti di formazione e internazionalizzazione tare italiano nel mondo Gianluigi Zenti, bergamasco doc di imprese italiane all’estero. Nello specifico in Berga(nativo di Zù di Riva di Solto) noto soprattutto per aver masca mi sto occupando del rilancio del caseificio di sviluppato il mercato americano per il gruppo Barilla (ha montagna della cooperativa agricola Monti e Laghi e di anche gestito per Barilla l’”Academia” di Parma, biglietto promozione dell’incoming turistico sul lago d’Iseo. Nella da visita della cultura gastronomica italiana nel mondo). stagione estiva 2016 abbiamo portato oltre 600 turisti Ora è tornato in Bergamasca per sviluppare un progetto stranieri provenienti da Regno Unito, Germania, Olanad ampio raggio che, partendo da, Stati Uniti, Danimarca, dai prodotti della Cooperativa di Francia, Australia, Giappone, Vigolo (il formaggio Monte BronIsraele, Russia». zone in primis), potrebbe in futuL’agroalimentare è una riro essere in grado di ampliare sorsa che potrebbe avere la sua azione verso altre realtà potenzialità superiori nella importanti del food and bevenostra provincia? rage, col successivo coinvolgi«L’agroalimentare è un asset mento di attività turistiche e di importantissimo nella Bergaaccoglienza. Sfida affascinante e masca, ma fino ad ora poco coraggiosa per il nostro manager valorizzato. I settori su cui caseario, che potrebbe smuovesi è messa maggiore enfasi re le acque di un comparto che sono sempre stati industria, negli ultimi anni, anche grazie a costruzioni e servizi mentre Expo, ha fatto passi da gigante, su agroalimentare e turismo ma che poche volte in passato non sono mai stati fatti inveha avuto una strategia comune stimenti importanti. Il nostro ed è stato in grado di fare rete. territorio possiede una forte Gianluigi Zenti Dottor Zenti, lei torna in Bergaidentità caratterizzata dalla masca con obiettivi ambiziosi… sua storia, dalla sua cultura «Ora mi occupo di sviluppo, promozione e difesa e dalla sua conformazione geografica che lo distingue in dell’identità della cultura enogastronomica italiana atmodo particolare. Olio, riso, farine, prodotti ittici, salumi,
marzo 2017 vini e formaggi sono un fiore all’occhiello frutto della nostra tradizione gastronomica ma poco conosciuti e valorizzati sia a livello locale che nazionale e internazionale». La necessità di fare rete tra produttori, ma anche fra territori è basilare: cosa manca a Bergamo su questo fronte? «La rete tra produttori e territori è uno strumento tattico ma non strategico. I bergamaschi sanno bene che prima di costruire la casa serve un progetto ben fatto. Per seguire una direzione condivisa è necessario avere una vision, una mission e una strategia chiara con obiettivi misurabili e ruoli/responsabilità chiaramente attribuiti». Bergamo è la capitale dei formaggi Dop con 9 prodotti, facciamo abbastanza per promuoverli? «Continuiamo a raccontarci che l’Italia è il paese più bello del mondo, ricco di cultura, cibo, moda, design, mobili, auto di lusso etc… ma siamo arrivati nel 2017 senza essere stati in grado di valorizzare in maniera efficace queste ricchezze mentre la concorrenza di altri paesi sta rubando l’identità dei prodotti italiani. Ad esempio oggi il Grana Padano è la prima Dop Italiana al mondo ma è anche la più contraffatta: oltre il 70% del Grana venduto in America con il nome “parmesan” non è un prodotto italiano ma un prodotto americano commercializzato da una multinazionale. Questo dimostra che anche se il prodotto si rende disponibile su un determinato mercato, senza un’adeguata formazione il consumatore non è in grado di distinguerne la qualità e l’origine. In queste situazioni ha campo fertile la contraffazione e quindi la difesa legale diventa indispensabile per tutelare l’identità dei nostri prodotti». Quindi esiste un problema d’identità e ancor prima di comunicazione? «Esatto. Non basta esistere ma bisogna saper comunicare di esistere. Questo vale in particolar modo per i nostri formaggi. Di 9 Dop solo 4 sono conosciuti a livello nazionale e poco a livello internazionale. Anche il Grana Padano ha una notorietà pari a circa la metà del Parmigiano Reggiano nonostante abbia un fatturato di oltre il doppio». Monte Bronzone, ma anche Agrì o altre chicche casearie, come il blu di bufala o alcune formaggelle: in che modo sviluppare il business di questi formaggi? Non ci si muove troppo in ordine sparso? «Chi fa da sé fa per tre è un detto molto sentito nella Bergamasca ma in un mondo sempre più globalizzato non si può più pensare di andare in ordine sparso. Serve un coordinamento ed è necessario individuare in quali mercati/canali si vuole agire da soli ed in quali creare delle sinergie tra pubblico e privato. Ingredienti essenziali per poter raggiungere risultati positivi rimangono comunque competenze e investimenti. Come già menzionato c’è scarsa conoscenza dei nostri prodotti e del loro utilizzo ed è quindi sempre da qui che bisogna partire. Con i prodotti del Monte Bronzone abbiamo cominciato a sviluppare ricette per aiutare le persone a trovare nuovi modi di utilizzo oltre alle modalità di consumo tradizionali». Il progetto Erg 2017, che vede Bergamo capofila, potrebbe davvero portare giovamenti al nostro food? Quali gli errori da non commettere? «Non conosco il progetto Erg nel suo dettaglio, ma da quanto ho letto mi sembra il giusto approccio per creare sinergie tra agroalimentare e turismo enogastronomico. All’aggregazione delle informazioni devono seguire azioni concrete e accordi per stimolare ulteriormente i flussi turistici e il consumo di prodotti enogastronomici. Per poter studiare e portare a termine con successo attività di questo tipo occorrono esperienza e competenze specifici. Il rischio è che non vi siano risultati sostanziali in tempi brevi».
la testimonianza
Persico Spa, anche la buona tavola fa bene all’impresa
L’
azienda si può rafforzare anche a tavola. Ce lo dimostra la famiglia Persico, alla guida dell’impresa di Nembro conosciuta in tutto il mondo per gli stampi e i prodotti all’avanguardia nei settori automotive, nautico e industriale. La breve vacanza, nel ponte di Carnevale, sulle montagne della Val Badia - tra discese sugli sci, escursioni lungo i sentieri e le immancabili soste gastronomiche - è diventata un momento ormai istituzionalizzato per la stessa vita aziendale. «Il passaggio generazionale - spiega Isa Persico, che insieme al marito ha fondato l’azienda nel 1976, ritirandosi in un secondo momento per far spazio ai figli - richiede un accompagnamento e un’attenzione non indifferenti. Questo break è un regalo che ci facciamo ogni anno per mia iniziativa. Lo definiamo un regalo di compleanno per tutta la famiglia. Pierino ed io siamo innamorati da sempre della Val Badia, i nostri tre figli (Claudia, Alessandra e Marcello ndr.) anche e ora se ne sono innamorati tutti, nipotini, nuora e generi. Torniamo davvero arricchiti e ci sentiamo tutti più vicini. Per qualche giorno addirittura ci manchiamo e ci manca quel paradiso, ma in questo tempo ci siamo sicuramente sempre ritrovati!».
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Il ristorante di Gualtiero Spotti
Ristorante Impronte via Baioni 38 Bergamo 035.0175557 www.impronteristorante.com
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In via Baioni il locale aperto dalla coppia Cristian Fagone (chef) e Francesca Mauri (sala). Ambiente dai toni minimal e cucina ben strutturata frutto di esperienze all’Osteria del Pomiroeu, al Miramonti l’Altro e da Alajmo. «La mia è una proposta di facile approccio, semplice ma profonda allo stesso tempo»
“Impronte” di gusto
naugurato il 3 febbraio, senza troppi clamori, Impronte è, in ordine di tempo, l’ultima delle novità che riguardano la ristorazione bergamasca. Al timone del locale, in via Baioni, quasi di fronte alla pasticceria Krizia (anche quest’ultima è una recente novità nel panorama provinciale), ci sono due giovani intraprendenti e appassionati, Cristian Fagone e Francesca Mauri, rispettivamente 28 e 27 anni, che negli ultimi mesi hanno posto le basi per il loro futuro professionale e non solo. Nel giugno dello scorso anno si sono sposati e, quasi subito, dopo una lunga ricerca e un progetto ben concepito, hanno trovato il luogo ideale per far crescer la loro creatura, il loro locale. Nasce così Impronte, sulle ceneri di un deposito di pullman della Zani Viaggi e con un’anima, quindi, molto industriale, nell’ambiente e nell’architettura. «Volevo un luogo accogliente - dice Francesca Mauri, che, con un passato lavorativo nel marketing dell’azienda di famiglia (il mondo è quello dell’illuminotecnica e dei componenti elettrici), si è trovata a suo agio nel creare un ristorante partendo da zero - ma non una casa, piuttosto uno spazio dai toni minimal, con oggetti ricercati come le opere d’arte di artisti locali, con il
legno rovere che scalda, ma molto materico e pulito allo stesso tempo. Nessuna tovaglia ai tavoli e dettagli che colpiscono, come le maioliche siciliane che utilizziamo per appoggiare le posate al tavolo o le luci curate dal designer Renzo Serafini». Se la sala è il regno incontrastato di Francesca, che si muove sicura tra i tavoli e svolge il ruolo della padrona di casa pronta ad accogliere i clienti, Cristian invece si destreggia tra i fornelli. Il suo background, va detto, non è esattamente quello tipico del cuoco di formazione classica. Non c’è nessuna scuola alberghiera alle spalle e l’animo è un po’ quello dell’autodidatta, che si è appassionato verso i vent’anni alla cucina e si è trovato prima a cucinare per gli amici in casa e poco dopo a muoversi tra le pentole di Giancarlo Morelli (altro bergamasco) all’Osteria del Pomiroeu di Seregno. E ancora, dopo solo qualche mese a curiosare tra i francesismi di Philippe Leveillé al Miramonti l’Altro. «È stato un approccio tutt’altro che soft - ricorda oggi Cristian - ma che è servito per farmi capire immediatamente che questo era il mio mondo e volevo continuare su questa strada». Così, dai primi timidi approcci, Cristian si lancia nell’esperienza di un corso importante, ovvero il primo Master della cucina organizzato dai fratelli Alajmo in quel di Padova (del ristretto gruppo di partecipanti faceva parte, tra gli altri, anche Aurora Storari, ora in forze alla pasticceria del ristorante Trussardi alla
marzo 2017 Scala a Milano), in una decisa full immersion che ha portato il cuoco bergamasco a conoscere i guru della gastronomia italica e a capire meglio le dinamiche della ristorazione moderna. Alla fine del corso, dopo 800 ore tra pratica e teoria, a Cristian si è presentata l’opportunità di fermarsi proprio a Padova dagli Alajmo, per un anno, prima di aprire un ristorante stagionale estivo in Toscana, al Lido di Camaiore, che ha gestito per tre stagioni, fino al 2015. La storia recente invece, e arriviamo quindi ai giorni nostri, lo porta alla ricerca di un luogo idoneo per aprire insieme alla moglie Francesca Impronte, e all’idea di non staccarsi troppo da Bergamo dopo molti anni trascorsi con la valigia in mano. Ma veniamo alla cucina. Lo stile di Cristian è decisamente eclettico e passa attraverso molte delle passioni che accomunano le giovani generazioni ai fornelli, con le acidità in bella evidenza, le affumicature a dare sferzate importanti al palato e alcuni giochi di contrasti da cogliere in punta di forchetta. «Sempre però con la tecnica che è al servizio dell’ingrediente - ricorda Cristian - perché la mia è una cucina di facile approccio, ma vuole essere, in poche parole, personale, semplice e profonda allo stesso tempo. E spesso nasce da piccole sensazioni personali. Faccio un esempio: uno dei piatti che propongo nel menu è la Seppiolina al profumo del camino, un piatto nato durante una cena a casa, quando cucinando delle semplici seppioline sono passato vicino al camino e le sensazioni olfattive mi hanno convinto ad affumicarle utilizzando il legno di faggio. Cosa che poi ho replicato al ristorante». Il menù non presenta eccessi o particolari virtuosismi. Da Impronte la cucina è concreta, ma vive del bell’equilibrio tra gusto e sottili sensazioni, come nel caso della Triglia di scoglio con i carciofi (la cui crema nel piatto evidenzia piacevoli sentori agrumati), del Risotto al quinto quarto di vitello (una delle passioni del cuoco è quella di valorizzare le materie prime normalmente poco utilizzate), oppure con il morbido Maialino da latte con senape di Digione, cavolo cappuccio e polvere di caffè. Il menù, non particolarmente esteso offre diciassette piatti tra cui scegliere, dall’antipasto al dolce, e gioca la carta della stagionalità, facendo quattro cambi annuali, anche se, vista la recente apertura, la carta cambierà di volta in volta approfittando anche di scelte istintive e delle possibilità offerte dal mercato e dai prodotti del momento. La carta dei vini offre etichette interessanti e verrà ampliata a breve, al momento punta molto su Italia e Francia, con in bella evidenza qualche etichetta di Champagne e bollicine italiche. La sala presenta una quarantina di coperti, ma le ambizioni future sono quelle di sfruttare in qualche modo anche lo spazio verde di accesso al ristorante, aumentando così il numero dei tavoli. Il ristorante - con un costo medio a pasto che si aggira sui 50/55, vini esclusi - è chiuso il martedì e nel suo primo mese di apertura è rimasto aperto solo per la cena, invece dal primo marzo si può pranzare nei giorni di sabato e domenica.
La chef Alba Rizzo va in Francia dal tristellato Blanc
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i Alba Rizzo avevamo già parlato lo scorso anno su queste pagine, come una delle promettenti giovani cuoche bergamasche in giro per l’Italia a fare esperienza nei ristoranti stellati, dopo aver frequentato il Civico 17 e la Braseria, i ristoranti nell’orbita di Luca Brasi. Ora, però, la cuoca ventiquattrenne originaria di Verdellino ha compiuto un ulteriore e significativo upgrade professionale. Conclusasi l’esperienza a Venissa, il ristorante veneziano con annessa locanda che si trova in laguna sull’Isola di Mazzorbo, si è aperta la possibilità di trascorrere del tempo in Francia, nelle cucine di uno dei mostri sacri della cucina transalpina. Così Rizzo ha preparato i bagagli senza pensarci troppo e si è trasferita da qualche settimana in quel di Vonnas, nel ristorante di Georges Blanc. Inutile dire che si tratta di un nome tra i più celebrati tra gli chef non solo francesi, un campione della cucina classica il cui locale si trova tra la Dombes (zona dove le rane sono la prelibatezza locale) e l’area di allevamento del pollo di Bresse. Insomma, uno dei luoghi dove molti cuochi poi famosi sono transitati per fare esperienza e un esempio mirabile della grandeur francese quando si parla di cibo e dintorni. Basti pensare che Georges Blanc, oltre al ristorante tristellato, nella stessa Vonnas ha una frequentatissima osteria di campagna, un negozio di prelibatezze e, poco fuori il centro cittadino, una splendida magione patrizia dove organizza catering e matrimoni. g.spot.
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la lezione
Il grande chef ha passato il testimone ai fornelli alla coppia Negrini-Pisani, ma non ha smesso di trasmettere cultura gastronomica. Sarà a Osio Sotto per una dimostrazione a quattro mani Aimo Moroni e la moglie Nadia (ph. Brambilla e Serrani)
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Aimo “torna” in cucina all’Accademia del Gusto almente noto che basta il nome. Aimo (Moroni), insieme alla moglie Nadia, è uno dei miti della cucina italiana. Toscano di origine, a Milano da settant'anni, due stelle Michelin, dal 2012 ha passato il testimone ai fornelli de Il Luogo di Aimo e Nadia (altro nome "in purezza", per quella trattoria diventata felice punto di incontro tra creatività e arte, memoria gustativa italiana Settant'anni di presenza a Milano (sottolineati anche dal sindaco Giuseppe Sala), una lista di riconoscimenti che continua ad allungarsi: si sente un maestro? «Io sono un cuoco. Ho dato la vita per la mia idea ristorazione, di una cucina che fosse esattamente come io la sentivo. Una cucina fatta di passione e amore, in cui la qualità della materia prima riveste un ruolo fondamentale. Non ho mai pensato che il mio lavoro dovesse riempire il cassetto e raggiungere riconoscimenti e stelle. Poi sono arrivati… La prima stella nel 1980, la seconda dieci anni dopo. Non me le aspettavo proprio. Quando arrivò la seconda, quasi svenni. Ma i più grandi riconoscimenti arrivano dall’apprezza-
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e gesto contemporaneo, oggi guidata dalla figlia Stefania) agli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani, in forza al progetto dal 2005. Non ha però smesso di trasmettere cultura gastronomica e il 10 maggio condividerà la propria esperienza e visione all'Accademia del Gusto di Osio Sotto, in un pomeriggio dedicato ai professionisti che lo vedrà in cucina insieme ai suoi eredi.
mento dei tuoi clienti. Questo è ciò che ti rimane davvero dentro al cuore». Che cos'è cambiato di più nel mondo del cibo? «Sicuramente negli ultimi anni si è affermata sempre più la “moda” di cucine etniche. Ben venga la grande cucina di altri Paesi (la grande
«La cucina non è ricca o povera, è buona. Quando mi si chiedeva perché non avevo in carta caviale e ostriche ho sempre risposto che il mio caviale era il pane e pomodoro e le ostriche il mio paté»
cucina, però!), ben venga lo street food, ma non dobbiamo dimenticare la nostra cultura gastronomica. Oggi a Milano è più facile trovare un ristorante che prepara sushi piuttosto che uno che cucini un buon risotto alla milanese. Ed è un vero peccato perdere le nostre radici. Perché la cucina è cultura, storia e civiltà». I suoi piatti hanno attraversato i decenni, qual è il segreto? «Credo che sia essere sempre stato coerente con una mia idea di cucina e di cucina italiana. Nell’aver creato piatti che nascevano dall’amore e dalla conoscenza del prodotto, interpretati con fantasia e creatività, ma sempre fedeli a sé stessi. Perché, come amo ripetere, la cucina non è ric-
marzo 2017 ca o povera, è buona. Quando mi si chiedeva perché non avevo in carta caviale e ostriche ho sempre risposto che il mio caviale era il pane e pomodoro e le ostriche il mio paté». Ci racconta come è nato un suo piatto famoso? «Gli spaghetti al cipollotto, nati nel 1965 e ancora oggi uno dei piatti simbolo del ristorante. Volevo fare una variante degli spaghetti aglio e olio, buonissimi, ma l’aglio inibiva il palato e diventava quindi difficile apprezzare i piatti successivi. Così cominciai a lavorare sul cipollotto. Ci impiegai una settimana, chiuso in cucina, a fare le prove. Quando finalmente sentii il gusto che avevo in mente, mi commossi. Ecco come sono nati gli Spaghetti con il cipollotto fresco di Tropea, peperoncino di Diamante, basilico ligure e un filo di olio crudo della mia terra. Un giornalista scrisse che questo piatto è come la Settimana Enigmistica, vanta più di settanta imitazioni!» Il suo nome è legato indissolubilmente a quello di sua moglie Nadia. Oggi è vostra figlia Stefania a dirigere Il Luogo. Quanto conta la famiglia in un'attività di ristorazione? «Nadia ed io abbiamo iniziato a lavorare insieme da ragazzini e siamo stati insieme 24 ore al giorno per tutta la vita. E ha funzionato, ha funzionato benissimo! Alla fine degli Anni 80 nostra figlia Stefania incomincia a lavorare con noi, con iniziative che consentono di diffondere la conoscenza della nostra cucina in Italia e all’estero e avvia la colla-
borazione con l’artista e scienziato Paolo Ferrari da cui nasce il progetto del Luogo tuttora in progress. Nel 2005 arrivano in cucina Alessandro Negrini e Fabio Pisani, che apprendono e proseguono il nostro lavoro e lo fanno con un nuovo spirito, con una nuova consapevolezza, nuove conoscenze anche tecniche. Oggi la cosa che ci rende più orgogliosi è sapere che tutto il nostro lavoro non è andato perso, ma va avanti con questa vivace famiglia allargata». Per la sua cucina ha scelto non uno ma due eredi. Ai fornelli la coppia funziona meglio? «Con noi ha funzionato e sta funzionando benissimo con Alessandro e Fabio. Il dialogo e il confronto arricchiscono. Ognuno di loro ha la propria esperienza, la propria storia e il proprio modo di essere, ma viaggiano entrambi sullo stesso binario, con un’unica visione». Lei è anche stato consigliere dell'Epam, il sindacato milanese dei pubblici esercizi. Qual è il valore dell'associazionismo? «L’associazionismo è importante quando diventa non solo un momento di scambio di idee e di confronto su problemi che riguardano la categoria, ma ha anche la capacità di creare un fronte unico su questioni e problematiche comuni». Oggi che si definisce "felicemente pensionato" cucina ancora? «Oggi cucino per i nipoti e gli amici. Dopo aver trascorso una vita intera con pentole e fornelli, non posso più farne a meno, la cucina è nel mio
La squarda de Il Luogo di Aimo e Nadia. Da sinistra, Alessandro Negrini, Fabio Pisani, Nicola Dell'Agnolo Stefania Moroni e Alberto Piras (ph. Sara Magni)
APPUNTAMENTO IL 10 MAGGIO Proiettati per un pomeriggio dentro la cucina de Il Luogo di Aimo e Nadia. Il 10 maggio, dalle 15 alle 18, all’Accademia del Gusto di Osio Sotto è in programma uno speciale incontro-dimostrazione con Aimo Moroni e i suoi eredi ai fornelli Negrini e Pisani. È rivolto ai professionisti della cucina e della ristorazione. Info: www.ascomformazione.it Dna e a casa continuo a sperimentare, per passione. Non so usare il tablet, ma con una padella in mano riesco ancora ad emozionare gli amici!» A proposito di clienti, qual è l'episodio che ricorda con più piacere? «Diversi anni fa, quando eravamo ancora una trattoria e qui intorno a noi era solo campagna, capitarono dai noi un signore ed una signora con autista che si erano persi in una notte di forte nebbia. Suonarono il campanello e ci chiesero aiuto. Avevano fame, gli preparai gli spaghetti al cipollotto. Mi chiesero un doppio bis. Dopo due settimane arrivò da Vienna una bellissima lettera in carta pergamenata che ringraziava e diceva: Carissimi Aimo e Nadia gli spaghetti al cipollotto erano come la nona sintonia di Beethoven. Firmato Rita e Leonard Bernstein, uno dei più famosi compositori del Novecento». Guide e Tripadvisor, cosa ne pensa? E dei blogger? «Ho sempre cucinato per il piacere di cucinare e per il cliente. Le Guide sono utili, ma non possono essere il fine. I blogger? Ho un’altra età…». Guarda i programmi di cucina in tv? «La cucina mi piace farla, più che guardarla». La sua è una cucina di prodotto. Dalla terra bergamasca ne ha attinto qualcuno? «Dai migliori produttori in terra Bergamasca attingo soprattutto i formaggi, lo stracchino, il taleggio, lo strachitunt e il quartirolo della Presolana. Ma anche salami e vini. È una terra le cui eccellenze dovrebbero essere valorizzate di più».
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L’azienda
stappa l’emozione anche al Vinitaly La birra artigianale di Seriate si presenta agli operatori professionali. Giampietro Rota: «Quella veronese è una vetrina incredibile. Metteremo in degustazione le nostre specialità sia alla spina sia in bottiglia, partendo dall’ultima nata, la RedVolution»
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alano i consumatori e i consumi di bevande alcoliche in Italia. Cresce, tuttavia, la consapevolezza della cultura mediterranea del mangiare e bere, mentre l’eccesso è sempre meno di moda, con le persone che preferiscono di gran lunga la cultura dell’educazione a quella divieto. Secondo infatti la ricerca Nielsen per Federvini, emerge che i consumi di bevande alcoliche in Italia, in 10 anni, tra il 2005 e il 2015, sono diminuiti del 25%, da 31,1 milioni di ettolitri a 22,9 milioni. Questo a causa di cambiamenti di varia natura: demografici (la popolazione italiana invecchia), sociali (sono cambiati momenti e luoghi di consumo), economici, ma anche per nuovi atteggiamenti alimentari sempre più orientati al salutismo e, non ultimo, per una sempre maggiore competizione con gli altri settori del beverage. All’interno di questo macro mondo emerge però che le nuove generazioni si orientano con più semplicità verso la birra. Fenomeno che non è passato inosservato neppure agli organizzatori della fiera internazionale dedicata al vino di Verona, che, da qualche anno, hanno “scoperto” la grande attenzione anche del pubblico professionale all’arte di miscelare cereali con acqua, luppolo e lievito. L’appuntamento con il Vinitaly - dal 9 al 12 aprile - non è più quindi solo dedicato al vino. E il Birrificio Otus di Seriate ha pensato di non perdere quest’opportunità per presentarsi agli operatori professionali. Tramite la collaborazione con Assobirra - Associazione dei Produttori della Birra e del Malto - Otus cercherà di far conoscere agli ospiti di questo palco mondiale, la propria filosofia nel produrre birre artigianali. «Vinitaly è una kermesse mondiale incredibile e unica,- racconta Giampietro Rota, consigliere delegato del birrificio di Seriate -. È una vetrina che permette di mostrarsi al mondo intero e di trasmettere determinate emozioni legate a questo comparto così diverso ma complementare al vino. Abbiamo pensato di allestire uno spazio dove sarà possibile degustare le nostre specialità sia alla spina che in bottiglia, partendo proprio dall’ultima nata in casa Otus: la RedVolution. Parlando proprio di questa birra, abbiamo voluto un prodotto complesso ed intrigante, senza però perdere mai di vista la facilità di beva, caratteristica fondamentale per noi nell’interpretare l’arte della produzione di birra artigianale. RedVolution è una birra rossa doppio malto, prodotta ispirandoci allo stile Bock, da noi chiaramente reinterpretato». «Ha una base maltata importante con note dolci di miele, frutta sotto spirito, cioccolato e caffè - continua Rota - con una componente luppolata generosa determinata da
Giampietro Rota luppoli di nuova generazione continentali quali lo Sloveno Styrian Wolf e il tedesco Saphir, che completano il bouquet generando note floreali e speziate. Ha un residuo zuccherino importante tipico delle Bock, bilanciato da un amaro delicato che non la rende stucchevole». Alla sua prima assoluta al Vinitaly, il birrificio Otus sarà visitabile presso lo stand 12 del padiglione Sol&Agrifood (ingresso principale Cangrande).
Otus via Rumi, 7 Seriate (Bg) tel. 035 296473 www.birrificiootus.com
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AGEVOLAZIONI
Bar, ristoranti e alberghi: contributi a fondo perduto per la riqualificazione Il supporto dell’ Ascom e della Fogalco
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l fuori casa va veloce: nuove proposte, ricerca, atmosfere, attenzione alle tecnologie e agli strumenti che permettono di migliorare la gestione del lavoro e del rapporto con i clienti sono le parole d’ordine di chi oggi ha un bar, un ristorante, un albergo o un bed and breakfast. Lo ha riconosciuto anche la Regione Lombardia che ha messo sul piatto 35 milioni di euro per incentivare la riqualificazione delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi che abbiano sede operativa nel territorio regionale. Si tratta del bando “Turismo e attrattività”, la cui apertura è prevista
a breve (marzo-aprile). È rivolto alle pmi, comprese le ditte individuali, del settore alberghiero, extra-alberghiero (anche bed and beakfast in forma non imprenditoriale che svolgono regolarmente attività economica) e dei pubblici esercizi. Prevede un contributo a fondo perduto pari al 40% delle spese sostenute fino ad un massimo di 50mila euro. L’investimento minimo richiesto è di 20mila euro. I progetti di riqualificazione devono riguardare i sei macrotemi che la Regione ha individuato come strategici, ossia enogastronomia e food experience; natura
e green; sport e turismo attivo; terme e benessere; fashion e design; business congressi e incentive. Le spese ammesse riguardano arredi, impianti, macchinari e attrezzature, software e hardware, opere edili e impiantistiche, inclusa una quota per la progettazione e la direzione dei lavori: insomma una gamma di voci vasta, capace di coprire le esigenze di chi ha intenzione di dare una bella rinfrescata al proprio locale e rilanciarne le ambizioni. «Il Bando si inserisce nelle azioni che la Regione sta mettendo in campo per valorizzare la vocazione
IL DIRETTORE
«Finanza agevolata e assistenza al credito, così Fogalco aiuta le imprese»
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e gli incentivi sono fondamentali - e quanto mai auspicati - per rilanciare il settore dei pubblici esercizi e dell’ospitalità, altrettanto importante è che gli imprenditori possano sfruttare a pieno le diverse opportunità. Ecco quindi che diventa strategico poter contare su un supporto qualificato per l’accesso ai bandi e alle altre agevolazioni. Lo sa bene la Fogalco, la cooperativa di garanzia dell’Ascom di Bergamo, che da sempre, attraverso lo Sportello del Credito, offre un servizio dedicato di consulenza e assistenza sulla finanza agevolata. Un versante che sarà potenziato, a cominciare dall’informazione puntuale agli associati su tutte quelle iniziative - incentivi, sgravi, contributi, bonus - che possono sostenere le aziende e aiutare il loro sviluppo. «L’adeguamento e l’ammodernamento delle strutture è vitale per le aziende, soprattutto per quelle, come pubblici esercizi e alberghi, chiamate a
Antonio Arrigoni
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Fogalco Sportello del Credito via Borgo Palazzo, 137 Bergamo tel. 035 4120321 responsabile del servizio Matteo Milesi
Con il bando Regionale “Turismo e Attrattività” le imprese possono ottenere fino a 50mila euro per rinnovare le proprie strutture. Consulenza e assistenza allo Sportello del Credito
turistica della Lombardia, ritenuta uno degli ambiti più promettenti per lo sviluppo economico», spiega Matteo Milesi, responsabile dello Sportello del Credito della Fogalco, il servizio di consulenza e assistenza in tema di bandi e agevolazioni della cooperativa di garanzia dell’Ascom di Bergamo. «Da tempo il settore alberghiero e dei pubblici esercizi attendeva risorse dedicate – prosegue –. Questa misura rappresenta senz’altro un’opportunità, soprattutto per l’ampiezza delle tipologie di intervento ammissibili, in pratica tutte quelle legate alla riqualificazione delle strutture. Inoltre il terziario quest’anno può contare sui contributi Inail per il miglioramento della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi articolo a lato), una novità, visto che mai in passato erano state destinate risorse specifiche al settore. Tra le altre iniziative di sostegno – suggerisce Milesi – chi è intenzionato ad aprire un locale può infine fare riferimento a Intraprendo, bando della Regione Lombardia rivolto alle start up, con particolare riguardo ai progetti presentati dai giovani e dagli over 55 usciti dal mondo del lavoro». Il 2017 è quindi l’anno degli incentivi per i settori della ristorazione e dell’accoglienza, non resta che trovare quello che fa al proprio caso.
rispondere a forti spinte innovative nell’offerta - afferma il direttore della Fogalco Antonio Arrigoni -. Da qui la scelta della nostra cooperativa di sviluppare un sistema organico di comunicazione, supporto e gestione sui bandi e le agevolazioni, che partirà a breve». A frenare gli investimenti è anche l’eccessivo costo del credito e pure su questo versante Fogalco ha una soluzione. «Sebbene i tassi di interesse siano bassi, le condizioni complessive del credito applicate dalle banche risultano spesso ancora penalizzanti. È un aspetto sempre più critico per le aziende - prosegue Arrigoni -, se non si conoscono i meccanismi del credito, infatti, si rischia di pagarlo molto caro. Contattando i nostri uffici è possibile richiedere un check up della propria situazione finanziaria e intervenire per migliorare il rapporto con la banca». Un’altra opportunità è quella della garanzia fideiussoria, che contribuisce a mitigare il rischio del credito e, perciò, ad agevolarlo. «Ciò che contraddistingue il nostro approccio - conclude il direttore - è l’impegno a valorizzare nei confronti del sistema bancario la qualità dei progetti e dei dati andamentali dell’impresa di contro ai soli numeri, dai quali spesso e volentieri scaturiscono rating insostenibili».
E con il bando Inail si migliorano salute e sicurezza sul lavoro
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nvestire nella salute e sicurezza sul lavoro è sempre un buon affare, ma se ci sono degli incentivi è ancora meglio. Quest’anno l’Inail ha pensato alle micro e piccole imprese - anche individuali - che operano nella somministrazione e nella vendita di alimenti e bevande, destinando un asse di finanziamento specifico all’interno del proprio bando Isi 2016, l’intervento, giunto alle settima edizione, con il quale l’Istituto sostiene i progetti che migliorano gli standard di salute e sicurezza in azienda. La presentazione delle domande, possibile solo in forma telematica, scatterà il prossimo 19 aprile e l’Ascom di Bergamo, attraverso lo Sportello del Credito della Fogalco, è a disposizione degli imprenditori per la consulenza e l’assistenza all’accesso. Per la Lombardia lo stanziamento complessivo è pari a poco più di 40 milioni (40.940.777), di cui 1,8 per le mpmi del terziario di questi specifici settori: ristorazione con somministrazione; attività di ristorazione connesse alle aziende agricole; ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto; gelaterie e pasticcerie; gelaterie e pasticcerie ambulanti; ristorazione ambulante; ristorazione su treni e navi; catering per eventi, banqueting; mense; catering continuativo su base contrattuale; bar e altri esercizi simili senza cucina; minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimentari vari; commercio al dettaglio di altri prodotti alimentari in esercizi specializzati nca (non codificati altrove). Sono ammessi al contributo i progetti finalizzati alla riduzione dei seguenti rischi: rumore; taglio e cesoiamento dovuto a macchine o attrezzature con organi di lavoro taglienti; ustioni; caduta dall’alto o in piano. Gli investimenti dovranno essere realizzati nel periodo compreso tra il 6 giugno 2017 e il novembre 2018. Viene garantita la possibilità di finanziare, nell’ambito dello stesso progetto, più interventi. Il contributo, in conto capitale, può arrivare al 65% dei costi ammissibili, fino ad un massimo di 50mila euro per ciascuna impresa, nel rispetto del regime de minimis, mentre quello minimo ammissibile è pari a 2.000 euro.
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IL PREMIO di Anna Facci
Titolare della salumeria Rossetti di Caravaggio, ha ricevuto dall’Ascom l’Aquila di Diamante per la lunga carriera. È uno specialista degli insaccati freschi e, a 84 anni, è ancora in bottega tutti i giorni. «L’orgoglio più grande è vedere che quanto abbiamo costruito va avanti» Carlo Rossetti e il figlio Pietro
Carlo, il Maestro del commercio da 71 anni dietro al bancone
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i dicono di non fermarmi e io accetto il consiglio». A 84 anni Carlo Rossetti continua a fare il mestiere di famiglia, imparato da ragazzo e portato avanti con passione per tutta la vita, quello del salumiere, nella duplice accezione di produttore di salumi e di negoziante, nella piccola bottega in largo Cavenaghi 19 a Caravaggio, all’estremo opposto del viale rispetto al Santuario, dopo l’arco di Porta Nuova, che segna uno degli accessi al centro storico. Carlo è lì da sempre (i suoi genitori, Giuseppe e Giaele, hanno aperto l’attività nel 1927 a pochi metri dal negozio attuale, che è invece del ‘38) e lo scorso 5 marzo per la sua longevità lavorativa ha ricevuto nella sede dell’Ascom di Bergamo l’Aquila di Diamante, il distintivo con il simbolo della Confcommercio destinato a chi raggiunge i cinquant’anni di carriera, nell’ambito della premiazione dei Maestri del Commercio di
50&Più, che in Bergamasca ha assegnato complessivamente 14 riconoscimenti. «Sono diventato titolare della salumeria nel ‘65 – ricorda Rossetti, che si è già appuntato al petto le Aquile d’argento e d’oro ed ha ottenuto nel 2002 il titolo di Cavaliere -, ma già a 7-8 anni, dopo la scuola, davo una mano a pulire le ossa con un coltellino e dai 13 ho cominciato a lavorare stabilmente al fianco dei miei genitori e dei miei fratelli, Giulio e Arturo. Sono perciò 71 anni che faccio questo mestiere». «Negli anni – aggiunge ripercorrendo le tappe della storia di famiglia - abbiamo aperto anche una macelleria qui di fianco e una Masano e una salumeria a Fornovo San Giovanni. Oggi è rimasta solo la mia attività, che è potuta crescere grazie alla fondamentale presenza di mia moglie Maria e prosegue con mio figlio Pietro e mia nipote Giulia, che ha 26 anni. Vedere che
quanto abbiamo costruito partendo da mio papà sta andando avanti è ciò che mi rende più orgoglioso. Io, dal canto mio, continuo a fare tutto con piacere, la lavorazione delle carni, la preparazione dei salumi, il servizio al banco. Amo il rapporto con i clienti, che in certi casi va avanti da generazioni, ma anche curare le nostre produzioni. Sto bene, sono ancora impegnato dalle sei dal mattino alle otto di sera e non mi pesa». Che sia un negozio storico lo si capisce senza bisogno di targhe o vetrofanie (anche se c’è l’intenzione di chiedere il riconoscimento ufficiale alla Regione Lombardia). Una sola vetrina/ingresso, l’insegna “salumeria” a caratteri rossi su fondo bianco, una trentina di metri quadri di superficie in totale, bancone ben fornito, salumi appesi, scaffali e frigo dove trovare quasi tutto: è la classica bottega “di una volta”, non di quelle artificialmente retrò che
marzo 2017 usano ora, ma il distillato di anni al servizio delle necessità alimentari del paese, che, con garbo e attenzione, va avanti senza effetti speciali. Il punto di forza sono i salumi e gli insaccati freschi. Settantun anni di esperienza si sentono nel perfetto equilibrio della salsiccia al formaggio, la specialità più amata della salumeria. Nella Bassa è in uso aggiungere del Grana grattugiato all’impasto e il risultato in casa Rossetti è un prodotto che sin dal profumo mentre sfrigola in padella si annuncia nella sua golosità. Morbida, avvolgente, saporita al punto giusto, la si può gustare semplicemente arrostita, oppure sgranata nel risotto, come ragù per condire pasta o gnocchi o anche in umido: nella zona in autunno la si prepara in una sorta di spezzatino con i funghi chiodini. E poi ci sono i cotechini, il salame, i cacciatori, lo zampone quando è stagione. «Abbiamo smesso di produrre i salumi che richiedono una stagionatura più lunga, come coppe e pancette – dicono Carlo e il figlio Pietro -. Continuiamo invece a fare la mortadella di fegato, un insaccato della tradizione che oltre alla carne impiega il fegato del maiale, spezie e vin brulé. Ai giovani è difficile che piaccia, ma chi l’ha sempre apprezzata ce la chiede. È stagionata circa un mese, la si fa bollire per un’oretta e si accompagna con purè o lenticchie. È un salume saporito, del genere della salama
La premiazione di Rossetti. Da sinistra, Paolo Malvestiti presidente Ascom, Renato Borghi presidente nazionale di 50&Più, Sergio Gandi vicesindaco di Bergamo, Giuseppe Capurro presidente di 50&Più Bergamo e Alessandra Locatelli consigliere provinciale ferrarese. Qualcuno la mangia anche cruda». In tempi di prodotti omologati, l’artigianalità dei Rossetti è una preziosa eccezione e non stupisce che chi è andato ad abitare lontano da Caravaggio richieda ai parenti qualche loro salame o salamella come souvenir. «Il segreto? È la freschezza – afferma Carlo –. Prepariamo gli insaccati ogni martedì e se serve anche il venerdì. La salsicca al formaggio, per esempio, va mangiata subito, altrimenti prende acidità. Poi, ovviamente, contano la selezione della carne e dei tagli, che non siano nervosi, l’uso di spezie e aromi di buona qualità, la cura nella lavorazione», tutti elementi sapientemente affinati in tanti anni
Carlo Rossetti, la mamma Giaele e i fratelli Arturo e Giulio in una fotografia del 1947; a fianco la salumeria oggi
di lavoro. Esperti del maiale quali sono, i Rossetti offrono anche prodotti di macelleria, solo suina, quindi lonza, filetto, braciole, costine, spiedini, involtini, fegato. L’ingresso di Pietro, coadiutore del padre dall’89 e appassionato di cucina, ha portato in negozio alcuni piatti di gastronomia rigorosamente prodotti in casa, classici come l’insalata russa fatta con le verdure fresche, il vitello tonnato, il roast beef, le torte salate, il cotechino con lenticchie o spinaci. Nel pieno rispetto della tradizione il venerdì c’è il merluzzo fritto e, dopo il successo riscontrato durante la festa di Caravaggio, il sabato è giorno di trippa. Sul banco anche altri salumi, tra cui un crudo di Langhirano e una porchetta di Ariccia, tra i formaggi un Parmigiano di montagna e a rotazione anche qualche francese e di capra. «Lo spazio è poco – evidenzia Pietro–, ciò che cerchiamo di fare è proporre ogni giorno qualcosa di diverso tra i prodotti freschi. Grandi strategie non ce ne sono, è importante capire quali sono le esigenze e dove vanno i gusti, ci aiuta la conoscenza che abbiamo della clientela». «I momenti difficili ci sono stati e ci saranno, ma pian piano abbiamo sempre cercato di andare un passo avanti», gli fa eco il padre, che con la sua lunga carriera conferma la validità di questa semplice filosofia.
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La sfida di Rosanna Scardi
E l’ex operaia divenne coltivatrice di tartufi A San Giovanni Bianco, Eufemia Maiorano ha avviato la produzione di tre specie: l’Uncinato, l’Estivo e il Nero pregiato. E in estate dovrebbero arrivare i primi raccolti Eufemia Maiorano
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ino a quattro anni fa era operaia in un’azienda tessile. Dopo la chiusura dello stabilimento, la cassa integrazione e la mobilità, si è reinventata come contadina. Eufemia Maiorano, classe 1961, oggi è titolare dell’azienda agricola “La Sella” a San Giovanni Bianco, nella frazione San Pietro d’Orzio, un piccolo villaggio agricolo un tempo autonomo, collocato su un’altura. Accanto alla produzione di zafferano, la neoimprenditrice ha affiancato quella del tartufo. «Ero fuori dal mercato del lavoro, la terra mi ha dato un’opportunità e l’ho colta al volo - spiega Eufemia -. I due impieghi sono agli antipodi, non si possono paragonare e i sacrifici nella nuova professione non mancano, sono passata dallo stare sempre rinchiusa in fabbrica al lavorare fuori, anche quando piove e fa freddo». Le piantine seminate, nella primavera del 2012, sono 130. In estate il suo Satana, un incrocio tra un cocker e uno springer, potrà fiutare i primi tartufi. Appartengono alle varietà Uncinato, Estivo e Nero pregia-
to e si differenziano per la stagione di raccolta. Il primo, che si ritrova nel terreno già in primavera, ha un profumo delicato, con note di nocciola, porcino e grana. Si può gustare sia cotto sia crudo in svariati piatti. Segue la raccolta dell’Estivo, o Scorzone, che può raggiungere dimensioni notevoli e ricorda l’aroma del malto: viene perlopiù impiegato per realizzare salse e nella produzione di insaccati. Il prezzo di entrambi è sui 250 euro al chilo, molto più “economici” rispetto al Nero pregiato, che si trova in inverno, possiede un gusto dolce e, spolverizzato, impreziosisce qualunque preparazione. Il suo valore può superare i 600 euro al chilo. Il prezzo di mercato varia anche a seconda della pezzatura, della for-
ma e della qualità organolettica. Il tartufo non va confuso con i tuberi: è un fungo sottorraneo e simbionte. Ogni prodotto è associato a una pianta che lo farà crescere, spesso un albe- ro micorizzato. Nella tartufaia bergamasca, che si estende su seimila metri quadri, sono il nocciolo e il carpine bianco. Il tartufo si sviluppa in un tempo minore, sui sei-sette anni rispetto ai venti-venticinque del tiglio. «Il primo passo da compiere è far analizzare il terreno, deve essere calcareo, umido, vicino a corsi d’acqua, poi armarsi di pazienza - spiega Eufemia Maiorano -. Le spese di gestione annuali sono basse: sono necessarie la cura, l’irrigazione e la potatura delle piante, poi la produzione può essere costante anche per trent’anni». I tartufi della Sella saranno destinati alla vendita diretta. Info al 393 1543560.
marzo 2017
IL PRODOTTO
di Roberta Martinelli
Sono buone, costano poco e si prestano alle più svariate preparazioni. Ma cucinarle alla perfezione non è così facile. I consigli e le astuzie per sceglierle, conservarle e utilizzarle al meglio
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Uova senza sorprese arlo Cracco ne ha fatto la sua bandiera, Paolo Parisi lo vende come fosse d’oro, Davide Scabin l’ha trasformato in un piatto visionario, il Cyber egg. Pochi prodotti come l’uovo sanno essere tanto versatili in cucina. Può creare piatti semplici e raffinatissimi, comparire sulle tavole più povere e su quelle dei ristoratori più blasonati. Di gallina, di struzzo, quaglia, anatra, oca, lo si può bollire, strapazzare, friggere, fare al forno, declinare in tantissime ricette: in camicia, alla coque, alla diavola, all’occhio di bue, in insalata e, ovviamente, sodo e in frittata, con le sue infinite varianti. Se pensate che cucinarlo sia facile, però, sbagliate: la cottura delle uova è fra le più insidiose delle basi di cucina e anche le ricette che consideriamo scontate non lo sono. Lo sanno bene gli chef: alcuni raccontano addirittura di avere vissuto momenti di panico nella preparazione di un uovo in camicia. Ecco allora una piccola guida per scoprire curiosità che non conoscevate e per realizzare preparazioni perfette. Con un tocco d’autore, la ricetta dello chef Darwin Foglieni del ristorante Ol Giopì e la Margì di Bergamo, in via Borgo Palazzo.
1) IL COLORE DEL GUSCIO NON CONTA, IL TIPO D’ALLEVAMENTO SÌ Prima di comprare le uova, è importante controllare che siano integre e pulite e che siano più fresche possibile. Un modo per scoprirlo è guardare il guscio, che deve essere opaco - se è lucido, sono vecchie. Il colore del
guscio, invece, non c’entra con la qualità e bontà dell’uovo, ma solo con la razza della gallina. Il meglio del meglio è comprarle da un allevatore diretto che conoscete. Se questo non è possibile, preferite sempre uova di galline allevate con metodo biologico o comunque all’aperto. Di solito viene specificato sulla confezione, se non è così verificate sull’etichetta (deve esserci sempre) che il primo numero del codice riportato sia 0 o 1. Meglio le uova confezionate nel cartone perché si conservano meglio e si può riciclare il contenitore.
2) C’È UN UOVO PER OGNI ESIGENZA Nei supermercati si trovano uova di ogni tipo: oltre alle uova tradizionali, ci sono uova in bottiglia pastorizzate, inventate per prolungare la durata e migliorare l’igiene in cucina. Si può acquistare solo il rosso o solo il bianco e sono ideali per la preparazione di creme; c’è l’uovo liottizzato, consumato prevalentemente dagli sportivi; l’uovo light, a basso contenuto di grassi, e l’uovo a forma di tubo, ideale per tagliare fettine tutte uguali e imbottire tramezzini e panini. Per la pasticceria, infine c’è l’albume in polvere.
3) PROVA Freschezza Ci sono più modi casalinghi per capire se un uovo è fresco oppure no. Il più immediato è quello anticipato al pun-
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il prodotto
ripiano più alto, così si conservano meglio e più a lungo. Tenetele lontane da frutta e verdura per evitare il rischio salmonella e da alimenti con odori forti.
5) TUTTI I TRUCCHI PER LA COTTURA
to 1: guardare il guscio, se è lucido è vecchio. Un altro modo, più preciso, consiste nell’immergerlo in un bicchiere d’acqua con una manciata di sale: se va fondo è freschissimo, se resta a metà vuol dire che è abbastanza fresco ma è meglio non cucinarlo alla coque; se galleggia non va mangiato. L’uovo non deve contenere corpi estranei né deve emanare odore. Il tuorlo deve trovarsi in posizione centrale e deve essere immobile. Se l’uovo è rotto, meglio buttarlo. Controllate in ogni caso la data di deposizione: vanno consumate entro 3-4 settimane.
4) COME CONSERVARLE Le uova vanno pulite con un tovagliolo e tenute al fresco. Conservatele a temperatura ambiente così come le acquistate se siete certi di mangiarle nel giro di pochi giorni; diversamente riponetele in frigorifero, lasciandole nella loro confezione e mettetendole a testa in giù nel
I due segreti più importanti per avere una cottura perfetta sono usare uova a temperatura ambiente e cuocerle con calore moderato. Questo permette agli ingredienti di amalgamarsi e all’uovo di non diventare secco. Per ogni ricetta, poi, ci sono errori da evitare e dritte che consentono di ottenere un piatto perfetto, a prova di chef. Ecco i più importanti. Bagnomaria e al vapore, in casa sono i metodi migliori La cottura a bagnomaria permette di rispettare al massimo sapore e consistenza e limita l’uso dei grassi. Richiede 10 minuti abbondanti e un continuo rimescolamento, ma ne vale la pena. In assenza del roner, si può avere un ottimo risultato anche con la cottura a vapore e al forno che lasciano l’uovo più morbido (si cuociono le uova al forno a 70° per 15 minuti, oppure in una vaporiera, a bassa temperatura). Uova sode, l’acqua deve essere fredda Usate uova a temperatura ambiente e immergetele in acqua fredda (l’acqua calda crea uno “shock termico” che fa rompere il guscio più facilmente). L’acqua deve ricoprirle per tutta la durata della cottura. Per evitare che si rompano in cottura aggiungete all’acqua un po’ di sale. Se il guscio si crepa nell’acqua mentre l’uovo cuoce, aggiungete all’acqua dell’aceto, farà rapprendere subito l’albume che sta per fuoriuscire. Per sbucciarle più facilmente: a fine cottura togliete le uova dal pentolino e immergetele in acqua fredda; oppure, immergetele in un pentolino con acqua molto fredda, tappate con un coperchio e agitate velocemente da destra a sinistra per 20 secondi.
La nutrizionista: «Va bene mangiarne fino a quattro a settimana»
L’
uovo è un alimento benefico sotto molti aspetti ed è adatto a tutte le età. Occupa uno dei primi posti nella scala degli alimenti ad alto valore biologico, perché contiene tutti gli aminoacidi essenziali e tutti in forma utilizzabile. Inoltre, è ricco di vitamine e sali minerali. «Altri componenti importanti sono l’acido oleico, l’acido linolenico e la lecitina. Quest’ultima, insieme ai due acidi grassi polinsaturi, è l’antagonista più importante del colesterolo e aiuta anche l’innalzamento
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del colesterolo HDL, detto colesterolo buono, che è una sostanza necessaria al nostro organismo». spiega la biologa nutrizionista Roberta Zanardini. Le uova non dovrebbero mancare nell’alimentazione di vegetariani, anziani, sportivi, bambini e adolescenti, è invece sconsigliato a chi soffre di calcolosi biliare, colecisti, ipercolesterolemia, alle persone immunodepresse e bimbi con familiarità per allergie alle proteine dell’uovo, dice Zanardini che consiglia: «Va bene mangiarne
fino a quattro a settimana negli adulti e due nei bambini. Con una attenzione: diversamente da altri alimenti, da cotto (sodo) l’uovo risulta meno digeribile, quindi preferitelo alla coque, ma soprattutto evitate le fritture».
marzo 2017
IL TOCCO DELLO CHEF
Ravioli al Formai de Mut con uovo in camicia e tartufo nero bergamasco a cura di Darwin Foglieni
Uova strapazzate, il sale va messo alla fine Il segreto per ottenere delle uova strapazzate soffici è usare uova di qualità (biologiche o da galline allevate all’aperto), tenere la fiamma al minimo e mescolare continuamente. Le uova vanno rimosse dalla padella prima che la cottura sia finita, quando sono ancora un po’ liquide e mescolate ancora per qualche attimo. Sale e pepe vanno aggiunti a cottura completa. Per renderle ancora più soffici, incorporate una goccia di acqua gasata; per renderle più cremose, sostituite il latte con la panna, oppure miscelate latte e panna in porzioni uguali. Se si cuociono a bagnomaria vengono ancora più cremose. Uovo in camicia, la corretta tempistica è decisiva Le uova devono essere freschissime e tutti gli ingredienti vanno preparati prima di mettersi ai fornelli. La pentola deve essere ampia (almeno 10 cm di profondità). Le uova vanno rotte in un piatto e poi fatte scivolare delicatamente nella casseruola riempita di acqua. Meglio cuocere un uovo per volta. L’acqua non deve essere bollente e il calore deve essere moderato (se l’acqua è troppo calda l’uovo si indurisce). Prima di tuffare l’uovo, mescolate l’acqua con un cucchiaio, in questo modo si abbassa la temperatura e si crea un piccolo vortice che aiuterà il tuorlo ad avvolgersi nel proprio albume. Cuocete da 1 a 4 minuti, continuando a girare delicatamente con un cucchiaio per mantenere in movimento l’uovo. Per facilitare la cottura, unite all’acqua due cucchiai di aceto di vino bianco e aiutate l’albume ad avvolgere il tuorlo, irrorandolo di acqua mentre cuoce, per circa 20 secondi. Frittata, con l’albume montato è più soffice Per avere una frittata soffice e facile da girare, mescolate poco le uova senza amalgamarle completamente e unite alle uova un albume montato a neve, incorporandolo delicatamente dal basso verso l’alto, oppure qualche cucchiaio di latte o panna fresca. Gli altri ingredienti, ad esempio le verdure, vanno cotti e fatti raffreddare e uniti alle uova sbattute fuori dal fuoco. La padella deve avere il fondo pesante e deve essere scaldata bene, prima di aggiungere olio o burro. La cottura deve avvenire prima a fiamma moderata. Durante la cottura, incidete la frittata in modo che la parte liquida scivoli sotto e si rapprenda e spostatela lateralmente in modo che non si attacchi al fondo e non cuocia solo la parte centrale ma anche i bordi. Per rendere più profumata la frittata aggiungete alle uova sbattute del prezzemolo o dell’erba cipollina.
Ingredienti (per 4 porzioni) 400 g sfoglia fresca all’uovo 200 g panna fresca 300 g Formai de Mut Alta Val Brembana Dop 4 uova freschissime biologiche 1 cucchiaio di aceto di vino per il condimento 20 g grana padano 50 g burro di malga 6 foglie di salvia qb tartufo nero fresco bergamasco Procedimento In una pentola far bollire la panna fresca. Al primo bollore togliere dal fuoco e unire il formaggio tagliato a cubetti, facendolo sciogliere completamente. Versare il tutto in un contenitore e riporre in frigorifero. Quando il composto è freddo, ricavare delle palline di fonduta e farcire i ravioli. In una pentola con bordi alti far bollire l’acqua con l’aceto. Aprire un uovo per volta in una ciotolina e versarlo nell’acqua per pochi minuti. Con una schiumarola togliere le uova e asciugarle su un panno. Le uova possono anche essere cotte a vapore in forno. In questo caso portare il forno alla temperatura di 80°, adagiare le uova su una griglia, chiudere il forno e impostarlo a 70° per 15 minuti. Cuocere i ravioli in acqua, scolarli e disporli a porzione sul piatto, aggiungendo al centro un uovo in camicia. Condire i ravioli con burro fuso alla salvia, grana padano grattugiato e guarnire con qualche lamella di tartufo nero bergamasco.
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“Speed Date” del turismo, l’Ascom lancia il primo workshop per alberghi e ristoranti Il 3 e il 4 aprile l’innovativa formula progettata per rafforzare le capacità di fare business e impresa nel settore dell’ospitalità
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ggiornarsi per competere. Con questo slogan parte a Bergamo il primo Speed Date del Turismo, innovativo appuntamento dedicato agli imprenditori dell’ospitalità, alberghi e ristoranti in particolare. L’iniziativa è promossa da Ascom Confcommercio Bergamo, si svolge nella sede dell’Associazione lunedì 3 e martedì 4 aprile ed è realizzata da GP Studios, azienda emiliana leader nella formazione delle imprese che operano nel turismo. L’evento consiste in una due giorni che prevede un seminario, nella mattinata del 3 aprile (dalle 10 alle 12), sull’ottimizzazione della gestione dell’impresa e, nel pomeriggio del 3 e nella giornata del 4 aprile, un vero e proprio Speed Date con la presenza di cinque specialisti in cinque aree aziendali: commerciale; analisi dei costi e dei ricavi; web e social media marketing; strategia di marketing; lavoro e sicurezza. «Lo Speed Date del turismo vuole rappresentare una nuova modalità di coinvolgimento degli associati afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo Confcommercio -. È un percorso innovativo che permette di apprendere attraverso workshop e consulenze mirate. Oggi per competere è necessario accrescere le competenze nei diversi ambiti imprenditoriali: dall’analisi dei costi al marketing, dalle strategie commerciali alle
politiche del lavoro. È fondamentale quindi attingere a competenze altamente specialistiche per trovare dei meccanismi di applicabilità». Il seminario avrà come tema la gestione dell’azienda ed i partecipanti saranno guidati nell’analisi di ogni dinamica che governa la loro impresa. Lo scopo è quello di avviare l’imprenditore ad un ragionamento verso una gestione del ristorante e dell’albergo che sia corretta e redditizia, mantenendo un’alta qualità ed imparando a determinare una corretta organizzazione operativa. Relatore del convegno, ed ideatore dello Speed Date del turismo, è Giacomo Pini, leader e amministratore della GP Studios. Grazie ad un’analisi preventiva delle aziende, i cinque consulenti forniranno soluzioni personalizzate sui temi della ricerca dei clienti e delle tattiche commerciale per intercettarli; sull’identificare i costi superflui e ottimizzare le risorse; sull’utilizzo dei canali web e social nell’ottica di
vendere camere e fidelizzare i clienti; sulla direzione da intraprendere per raggiungere il successo economico; sui temi delle politiche del lavoro e della sicurezza sia alimentare che dei luoghi di lavoro. Ciascun partecipante avrà a disposizione ogni consulente per 20 minuti, con il quale si confronterà sulla gestione della propria impresa. In meno di due ore si potrà avere una nuova visione del proprio business. L’Ascom riserva questa opportunità esclusiva ai suoi associati, che proprio in questi giorni saranno invitati ad esprimere una preferenza circa l’orario della consulenza a loro riservata. Le aziende che desiderano partecipare possono iscriversi gratuitamente al workshop compilando il form scaricabile dal sito di Ascom (www.ascombg.it) oppure rivolgersi all’area formazione di Ascom ai numeri 035.41.85.706 -707 info@ascomformazione.it www.ascomformazione.it
Cos’è l’“Appuntamento veloce” Lo Speed Date turismo si ispira al format ideato alla fine degli Novanta negli Stati Uniti, un vero e proprio evento “social” che permette a uomini e donne single di conoscersi nell’arco di un tempo limitato (dai 3 agli 8 minuti) e con regole prestabilite. L’ “appuntamento veloce” - questa la traduzione - ha travolto anche l’Italia ed è diventato elemento attrattivo nell’ambito di cene, crociere e vacanze per single ed è stato declinato, con le varianti del caso, anche nel mondo del lavoro e delle imprese.
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Le aziende informano
Orobica Pesca, mezzo secolo all’insegna della qualità Giovanni Cacciolo Molica: «Con il G.O.P. seguiamo i prodotti lungo tutta la filiera, operando una rigorosa attività di sorveglianza per garantire il rispetto degli standard qualitativi»
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al mare della Sicilia all’ombra delle Prealpi, da piccolissima pescheria a colosso della distribuzione del pesce fresco, è una storia lunga più di 50 anni quella di Giovanni Cacciolo Molica e di sua moglie Gabriella Grismondi con Orobica Pesca, realtà fondata nel 1965 e punto di riferimento in Italia, e non solo, nella commercializzazione e distribuzione di prodotti ittici e alimentari per i professionisti della ristorazione e per migliaia di clienti privati serviti nei 5 negozi al dettaglio della provincia. Un’offerta che oltre ai prodotti ittici freschi, congelati, affumicati e in salamoia, propone un assortimento di più di 2.000 referenze al servizio di 2.000 clienti del comparto ristorazione, forniti nel proprio Cash&Carry presso la sede di Bergamo, in via Bianzana 19, o dalla rete di venditori in tutta la Lombardia e all’estero, fino alla consegna a domicilio 6 giorni la settimana. Il valore aggiunto è l’offerta di un prodotto di qualità «G.O.P. Garantito Orobica Pesca», proveniente da fornitori affidabili che superano le rigide qualifiche stabilite. «Fare qualità significa seguire i prodotti lungo tutta la filiera, operando una rigorosa attività di sorveglianza per garantire il rispetto degli standard qualitativi - spiega Giovanni Cacciolo -. Orobica Pesca è un’azienda veramente impegnata nella garanzia della qualità del prodotto, controllando tutta la merce in ingresso, i dati di tracciabilità del pescato e la documentazione che prova la cattura legale dei prodotti ittici; ovviamente vengono anche eseguite analisi di laboratorio per verificare la salubrità dei prodotti. Anche per quanto riguarda i prodotti di allevamento, la soglia di attenzione si pone nella selezione di aziende con certificazioni ambientali o marchi che garantiscono il rispetto del benessere dell’animale, la qualità dei mangimi privi di ogm e il rispetto dell’ambiente in cui l’allevamento è insediato».
marzo 2017
L’artigiano
di Rosanna Scardi
Pasticceria Ruffoni via Mazzini 61 Zogno tel. 0345 062073
Ruffoni, la pasticceria diventa anche bar Il locale di Zogno si è allargato. Così all’acquisto si affianca anche la degustazione
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parte i corsi organizazienza per lavorazioni zati dal Consorzio lentissime, cura dei detbergamasco, sono tagli e passione. Sono prevalentemente queste le doti di Cesare un autodidatta - amRuffoni, originario di Ormette il pasticcere, nica, pasticcere in Valle che non lascia nulla Brembana. L’artigiano, al caso e sui social a 65 anni compiuti, conlo si vede tagliare tinua a sfornare golosità con precisione le dal suo laboratorio a Zostriscioline di pasta gno, in via Mazzini. La per le frolle -. A volpasticceria è stata aperCesare Ruffoni te rifiuto ordinazioni ta tre anni fa e, da pochi perché alla quantità preferisco la mesi, adiacente c’è la caffetteria, qualità, la lentezza può sembrare per passare dall’acquisto alla deguun difetto, invece è il mio punto di stazione. forza». I dipendenti dei due locali sono una Proprio facendo il pane, il pasticcedecina e tra loro c’è chi è stato asre ha capito i vantaggi del lievito nasunto dopo aver seguito uno stage. turale o madre acida, un impasto a Ruffoni gestiva, dal 1978, un negobase di farina e acqua che sviluppa zio a San Giovanni Bianco, passato batteri e fermenti lattici, autoriproal nipote Mauro Milesi che ne ha ducendosi. I vantaggi consistono però mantenuto il marchio. Prima negli aromi che rendono i dolci soffiancora, da ragazzo, era un fornaio. ci e molto più buoni rispetto a quelli «A metà anni Settanta ho cominciaottenuti con il lievito di birra, senza to a dedicarmi alla pasticceria. A
contare la digeribilità, considerato che le sostanze sono più facilmente assimilabili. «Ci vogliono giornate intere per poterlo usare, viene tolto dal freezer e una volta scongelato va lasciato in frigorifero per ventiquattr’ore e poi portato a temperatura ambiente», precisa Ruffoni. Le torte più apprezzate dalla sua clientela sono la “Tre gusti”, dalle diverse dimensioni, semplice e genuina, asciutta e priva di creme o liquori, composta da tre strati, pastafrolla come base, paradiso al centro e sfoglia “lucidata” sopra, come per i cannoncini, facendo bruciacchiare lo zucchero, la “millefoglie diplomatica” che nasce dall’unione di crema pasticcera e chantilly, la “ciambella Donizetti” con burro montato, albicocche e ananas candite. «È un lavoro dove conta la precisione, una forma d’arte dove rotondità e riccioli di panna devono essere perfetti, a volte non tutto, però, ti riesce, capita che non mi senta all’altezza, allora mi fermo e chiedo consigli. Ma se questa strada ti piace, non esistono delusioni o sacrifici che possano ostacolarti», conclude.
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marzo 2017
L’ELEZIONE
Confermata presidente del Gruppo Ascom, Petronilla Frosio ribadisce il valore della tipicità
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«Ora che mamme e nonne non cucinano più, la tradizione è nelle mani dei ristoratori» a ristorazione continua la sua crescita. Nell’ultimo anno in Bergamasca le attività sono aumentate del 3,7%, superando quota 1.200 (1.212) e in città il trend è ancora più accentuato (+6,7%, per un totale di 192 insegne). Confermata alla presidenza del Gruppo Ristoratori Ascom, Petronilla Frosio, legge in maniera positiva questo “fermento”, ma mantiene dritta la bussola della tipicità. «Stanno cambiando le abitudini e si mangia sempre più spesso fuori casa – afferma – e si fanno avanti formule diverse, dalla ristorazione etnica alle grandi catene con locali da 200/300 coperti. Ci sono anche giovani, talvolta con esperienze significative, che hanno scelto di mettersi in gioco e di aprire il loro primo ristorante: il settore si sta diversificando e va bene così, perché sta crescendo anche il turismo ed abbiamo bisogno di un’offerta sempre più varia, per prezzi, prodotti e tipo di cucina». Ma è proprio da questo moltiplicarsi di proposte che risaltano con più evidenza le opportunità per la ristorazione “tradizionale”. «In uno scenario sempre più globalizzato, le tipicità sono quelle che servono ad un territorio per caratterizzarsi – spiega la presidente -, i visitatori cercano prodotti e piatti che non siano uguali a tutti gli altri». Senza dimenticare la clientela di casa. «Sta tramontado l’epoca in cui nonne e mamme cucinavano e con le loro ricette ed i loro piatti incarnavano la tradizione – rileva -. Ora il compito di mantenerla viva tocca alla ristorazione, è anche un’operazione culturale». East Lombardy, il progetto che è valso a Bergamo, insieme a Brescia, Cremona e Mantova, il titolo di Regione europea della Gastronomia per il 2017, è lo stimolo giusto. «È un percorso che punta a mantenere e valo-
rizzare le nostre radici, la nostra identità attraverso i prodotti e la cucina, l’intera filiera che va dalla terra alla tavola – ricorda Frosio, che del progetto è anche ambasciatrice -. L’aspettativa è che non si esaurisca con quest’anno ma che diventi una modalità per valorizzare il proprio territorio».
LA SQUADRA Esponente di una blasonata famiglia di ristoratori, Petronilla Frosio, 58 anni, è titolare del ristorante Posta di Sant’Omobono Terme e del Petronilla Hotel in città. Nel Consiglio direttivo 2017-21 dei Ristoratori Ascom è affiancata da cinque nuovi ingressi, in gran parte giovani, e da sette conferme. Vicepresidente è Gigi Pesenti dell’Osteria Al Gigianca di Bergamo, già consigliere. Le new entry sono Ivano Gelsomino, del ristorante Selva di Clusone, Serena Maffioli della Trattoria Da Norberto ad Albegno di Treviolo, Andrea Cadei della Trattoria Da Nano di Foresto Sparso, Carla Mangili del ristorante pizzeria Giardino di Villa d’Almé e Giuseppe Cereda di Cucina Cereda di Ponte San Pietro. Confermati Romina Bolognini (Trattoria Bolognini, Mapello), Federico Bruno (La Caprese, Mozzo), Cristian Iuliano (I sapori… di terra e mare, Bergamo), Massimo Moioli (Villa Cavour, Bottanuco), Diego Pavesi (Albergo Della Torre, Trescore Balneario) e Roberto Proto (Il Saraceno, Cavernago). Nella foto: ristoratori Ascom riuniti per il rinnovo delle cariche. Al centro Petronilla Frosio
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Tradizioni di Leonardo Bloch
Bergamo e l’invenzione del lecca-lecca La letteratura gastronomica tende ad individuare nella Gran Bretagna del XVII secolo la culla di quello che nel mondo anglosassone è chiamato lollypop. In realtà il più antico lecca-lecca di cui si abbiano dettagliate notizie è proprio il cinamomo confetto di Bergamo, i cui natali sono da collocarsi nella prima metà del cinquecento
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a fioritura di denominazioni e di presìdi a designare le eccellenze gastronomiche del nostro Paese non è certo esclusivo vezzo dei nostri giorni. Risale infatti a cinque secoli fa la compilazione da parte del poligrafo milanese Ortensio Lando - eccentricamente temerario al punto di imbarcarsi, tra le cruente reprimende della controriforma, nella prima traduzione in Italiano delle opere di Martin Lutero - del più antico tra i repertori delle specialità della Penisola. Poco più di cent’anni dopo toccava all’incisore bolognese Giuseppe Maria Mitelli redigere un memorabile censimento grafico delle principali prerogative di molte città d’Italia circa le robe mangiative, racchiuso nella stampa di una singolare riffa seicentesca intitolata gioco di cucagna. Non stupisce che una così puntuale rassegna figurativa di leccornie risalga al secolo che, nell’arco dell’ultimo millennio, contende all’undicesimo la poco invidiabile palma dei picchi storici di indigenza e di inedia. Più del pugno di quatrini che il succinto regolamento della scommessa metteva in palio, non v’è dubbio che ai giocatori dell’epoca stesse a cuore l’onirico approdo alle maggiormente ambite tra le caselle del percorso ludo-gastronomico. Del resto, non è mistero che il mito del paese del bengodi abbia attinto i vertici di popolarità proprio allorché le generali condizioni di vita si adagiavano sui livelli più miserevoli. L’opera d’arte, destinata in origine a far da tappeto al lancio dei dadi sui tavolacci di qualche taverna piuttosto che
da decoro alle pareti dei palazzi patrizi, contiene una gran copia di rivelazioni assai preziose per gli storici dell’alimentazione. In essa si provvede ben più di un’asettica elencazione di prelibatezze - espressione per giunta di un’Italia monca che vedeva tracciato a Napoli il proprio limitare meridionale. Ogni specialità vi è difatti ritratta con apprezzabile grado di dettaglio, esibendo con precisione la morfologia da cui era contraddistinta quattro secoli or sono. Alcune delle leccornie sono icone tutt’oggi vitali ed immediatamente distinguibili dei patrimoni alimentari regionali: è il caso dei cantuchi (cantucci) di Pisa e della rosolia attualmente chiamata ratafià - sabauda; delle persiche (pesche) di Verona e del turone cremonese, della busecha meneghina e delle spongate di Reggio Emilia. Non meno attuale è il lustro degli insaccati parmensi e modenesi, nonché della mortadella di Bologna, la cui centralità nella tavola da gioco trova presumibilmente ragione nei natali petroniani dell’incisore. Altre tra le ghiottonerie illustrate dal Mitelli sono passate attraverso secolari processi evolutivi, che ne hanno più o meno profondamente modificato denominazione e caratteristiche. Delle gatafure genovesi - antesignane delle celebri torte liguri di verdura - scriveva nel cinquecento il già menzionato Ortensio Lando, chiosando che così erano denominate perché le gatte volentieri le furano (rubano) e vaghe ne sono. Non è dato di sapere quale i felini dell’era moderna prediligessero tra la versione alle biete e quella alla cipolla, di cui
marzo 2017 Bartolomeo Scappi forniva le ricette nella coeva Opera. Nelle provature romane non è altresì arduo individuare le progenitrici di mozzarelle e scamorze dell’Agro Pontino, mentre il cuore del distretto di produzione dell’antico formaggio di Piacenza è negli ultimi secoli migrato a sud-est di qualche miglio, fondendosi con quello del parmigiano. L’aldilà delle memorie gastronomiche ha, infine, ineluttabilmente accolto tra le sue brume un buon numero delle specialità vagheggiate lungo la tratta della seicentesca cuccagna. La tardiva comparsa dei broccoli napoletani scandiva ormai il crepuscolo dell’era, protrattasi appunto sino al termine del XVII secolo, nella quale la civiltà alimentare partenopea era designata come quella dei mangiafoglie, spianando la strada alla calata dei mangiamaccheroni. Delle trote che sguazzavano nei laghi di Mantova, così come della persicata ferrarese e dei pinoli ravennati - all’epoca rinomati al punto da meritare alla città rivierasca l’eponimo di bolla dil pignoli - oggi si serbano solo sbiadite rimembranze. Eguale sorte è toccata al pane di Padova, del quale già nel XIX secolo il clinico patavino Antonio Faggiani lamentava l’irreversibile decadenza. Irrimediabilmente trapassata è anche la prelibatezza a celebrazione della quale il Mitelli aveva riservato a Bergamo una tappa del suo itinerario. Si tratta del cinamomo confetto, a riguardo del quale già ci si è dilungati nel numero di Affari di Gola del novembre 2014. È comunque d’uopo tornare brevemente sul tema, giacché dall’incisione emergono nuovi ed interessanti particolari. Colpisce anzitutto la singolare conformazione dello storico dolciume. In virtù della sua appartenenza al dominio della confetteria, ci si sarebbe attesi un morselletto oblungo o tondeggiante. Ma la raffigurazione che ne fornisce la stampa è quella di un sottile stecco di scorza di cannella, che da fonti del tempo sappiamo rivestito di zucchero. Quanto poi alle modalità del suo consumo, è affatto eloquente l’indicazione lecca solo che correda l’icona. Questi indizi paiono convergere verso una curiosa conclusione. La letteratura gastronomica tende ad individuare nella Gran Bretagna del XVII secolo la culla di quello che nel mondo anglosassone è chiamato lollypop. In realtà il più antico lecca-lecca di cui si abbiano dettagliate notizie è proprio il cinamomo confetto di Bergamo, i cui natali sono da collocarsi nella prima metà del cinquecento. È indiscutibile che si trattasse di un prototipo ingegnosamente atipico, di un mangetout del quale nulla andava perduto. L’asticciola di legno aromatico che ne costituiva lo stelo - ed al contempo l’anima - era infatti da sgranocchiarsi dopo che la glassa che la ricopriva si era dissolta. In un’epoca di fiatelle pestilenziali, vieppiù appesantite dal largo consumo di agli e cipolle crudi e da condizioni di igiene orale sulle quali è preferibile glissare, la cannella d’altronde rappresentava uno dei più efficaci palliativi per le problematiche di alitosi. Al di là di queste contingenze, spiccano le benemerenze della Consorteria degli Speziali ed Aromatari di Bergamo. Oltre ad aver dato vita alla prima specialità locale di autentica fama planetaria, la leggendaria corporazione ha infatti titolo ad annoverare, tra le proprie patenti di invenzione, anche quella dell’archetipo di uno tra i più popolari dolciumi di ogni tempo.
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Pagine di
Gola
A cura di Laura Togni
Liberia Fantasia - Bergamo Gruppo Librai Ascom
Anche i bambini possono imparare a cucinare e pentole e padelle possono diventare dei giochi da fare con mamma e papà, non più solo oggetti “da grandi”. Di seguito trovate alcuni libri di cucina fantasiosi e interattivi. Se poi a vostri piccoli piace divorare storie e pagine di ogni tipo, l’appuntamento da non perdere è sabato 8 e domenica 9 aprile a Bergamo, in Città Alta, con la prima rassegna “Libri sognanti in Città Alta”, promossa dal Gruppo Librai Ascom. Due giorni di letture, laboratori e iniziative emozionanti.
In cucina con i bambini, tra gioco e storie Un originale libro degli scarabocchi per insegnare ai bambini a utilizzare forme e colori con creatività, realizzando piatti fantasiosi e divertenti come la “Delizia di scarabocchi” e la “Marmellata magica”. Lo firma lo chef Hervé Tullet e i suoi libri per bambini sono tutti meravigliosi. Le ricette sono semplici da realizzare e stimolano l’immaginazione. Hervé Tullet
La cucina degli scarabocchi Dai 5 anni - 48 pagine - Phaidon editore Basta pasticci di acqua e farina immangiabili! Spazio a padelle e ciotoline, fontane di farina e bagnomaria. Ecco pronti ottimi manicaretti che faranno felice tutta la famiglia. E mentre la torta si cuoce o si fredda la granita, c’è anche il tempo di leggere le divertenti storie e le leggende che accompagnano ogni piatto. 36 ricette facili, buone e di stagione. Daniela Maniscalco, Carlotta Benedetti
Questo l’ha fatto il mio bimbo! Ricette e racconti di stagione per i piccoli cuochi Dai 4 anni – 96 pagine - Terre di Mezzo In tutti i cibi è racchiusa una storia. Nascoste in ogni cioccolatino del pasticciere, in ogni raviolo del ristorante, in ogni morso di mela ci sono tante avventure e curiosità che aspettano solo di essere scoperte. Questo libro ne racconta ben 26, tutte da gustare e poi condividere a casa, a scuola e, soprattutto, a tavola! Una lettura piacevole con deliziose illustrazioni. Emanuela Bussolati, Federica Buglioni
Storie in frigorifero. Tutte vere... e più avventurose delle fiabe Dai 7 anni - Editoriale Scienza Timbuktu è una scuola per supereroi che si trova nello spazio, in un piccolo pianeta lontanissimo dalla Terra. Il simpatico Mostro Igor apre le porte della sua cucina per svelare tutti i segreti dei suoi deliziosi piatti. Tante ricette mostruosamente golose da preparare insieme a mamma e papà, ciascuna corredata da una storia spaventosa e divertente. Inclusa nel prezzo c’è anche l’app per tablet e smartphone. Arianna G. Bonazzi, Francesca Cavallo, Elena Favilli
Un mostro in cucina. Ricette vegetariane per palati coraggiosi Dagli 8 anni - 29 pagine - De Agostini Un viaggio nel mondo vegetale che stimola i bambini a essere più attivi, curiosi, consapevoli delle loro scelte alimentari. Ogni pagina è una tavola pittorica, nello stile tipico di Ruby Roth, e il libro è bello anche solo da sfogliare. Ma con tante informazioni utili e curiosità sugli ingredienti utilizzati, e un capitolo introduttivo che spiega le caratteristiche nutrizionali dei cibi e tutte le precauzioni da prendere prima di mettersi ai fornelli. Ruby Roth
Il piccolo cucchiaio verde Il primo libro di cucina tutta vegetale per bambini Dagli 11 anni - 43 pagine - Sonda
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