Affari di Gola - novembre 2012

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novembre 2012

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Supplemento al n. 41 de “La Rassegna” del 15 novembre 2012 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

L’ecocucina sbarca a Gourmarte Lisa Casali e le sue cotture in lavastoviglie fanno tappa all’evento gastronomico in programma a dicembre alla Fiera di Bergamo

LA DENUNCIA

IL PRODOTTO

L’ITINERARIO

TENDENZE

“Sui formaggi Bergamo non riesce a fare rete”

Il coniglio, la tradizione che resiste

Patate, bertù e mais: i gioielli di Rovetta

A Cene kebab e pizza vanno a “nozze”


Consegne rapide e personalizzate. Prodotti freschi, surgelati e biologici, dall’antipasto al dessert SEDE DI CURNO (BERGAMO) Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG) Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627 infobergamo@alimentarimoretti.it

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PENNA ALL’ARRABBIATA

Natale, il mercato accorcia il calendario e ci toglie il piacere della festa

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TENDENZE

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L’EVENTO

Gustosa e risparmiosa: ecco la cucina in lavastoviglie Promoberg lancia il “Pianeta Gourmarte”

14 LA TAVOLA ROTONDA Il vino e la comunicazione, un binomio inscindibile

18 L’ITINERARIO

Patate, mais e bertù: le tre “chicche” di Rovetta

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22 L’INTERVISTA

Valentina Canò: “Troppi individualismi. E sui formaggi non decolla un progetto corale”

24 IL PRODOTTO

Coniglio, la tradizione resiste

35 LA NOVITA

A Cene la pizzeria d’asporto si allea con il kebab

37 A TAVOLA CON...

Il Bepi: “Io sono un po’ come i tortelli cremaschi”

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicit‡: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori : Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Michela Brivio, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Gra co, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI

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Supple mento via Borgo al n. Palazz 41 de “La Rasse art. 1, o 137, comm a 1, DCB Bergamo gna” del 15 novem Poste Berga Italian mo e S.p.A. bre 2012 - Giusep 2,60 Spediz pe Ruggie ione in ri Abbon ament direttore respon o Postal sabile e - D.L. 353/20 Editrice: La 03 (conv. Rasse in L. 27/02/ gna S.r.l. 2004 n. 46)

NOVEMBRE 2012

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4R, Alimentari Moretti, Il Cipresso, Metalfrigor Arredamenti, Pianeta Gourmarte, Ristorante Stella, Tecno Service Italia

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Natale, il mercato accorcia il calendario e ci toglie il piacere della festa di Pier Carlo Capozzi

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a nostra è una battaglia iniziata ormai da tempo immemorabile. E, assai probabilmente, destinata ad una sconfitta ingloriosa. È la ribellione contro chi vuole velocizzare i tempi, accorciare i calendari, metterci insomma una fretta che non apprezziamo nemmeno un po’. Già diventa difficile, nell’attività di imprenditore, stilare gli ordini per gli articoli natalizi all’altezza di Pasqua e rendere poi la cortesia, andando a spulciare i cataloghi che prevedono tutte le novità in quanto a uova e campane di cioccolata, sorprese annesse, quando fuori, di solito, sta nevicando. Ma questo, almeno, è il tempo tecnico che devi riconoscere alle aziende per fare in modo che si organizzino sui numeri e sulle scorte della merce. Quello che invece non riusciamo a metabolizzare è la presenza, sugli scaffali di Autogrill e supermercati, dei Panettoni prima ancora della fine di ottobre. E delle decorazioni di cioccolata per l’albero. E delle luminarie agli ipermercati. Tempo fa ci occupammo di chi chiedeva che il Panettone fosse ufficialmente riconosciuto come dolce tradizionale milanese e, quindi, distribuito lungo tutto l’arco dell’anno e non più relegato solamente sotto (?) le festività del babbo con la barba. È un argomento interessante e per nulla scontato: da una parte chi vorrebbe salvaguardare la tradizione e lasciarlo come dolce di Natale e dall’altra chi preferirebbe sdoganarlo a dolce e basta. Tesi entrambe degne di attenzione, anche se ci viene subito in mente cosa sta capitando alla Colomba in rinomate pasticcerie d’alta scuola: sotto Pasqua assume la forma del volatile, nel resto dell’anno diventa tonda e prende il nome di Veneziana. La pasta, sostiene lo stesso mastro pasticcere, è sempre la stessa. Abbiamo pensato la stessa cosa: il Panettone, passate le feste, potrebbe allora diventere un parallelepipedo come il plum-cake. Ma, attualmente, non è questa la discussione. Trovare aria di Natale con due mesi di anticipo ci pare francamente troppo, ma non tarderanno ad arrivare le rispo-

ste: il mercato, la concorrenza, lo smaltimento, le scadenze, l’animaccia loro. Sappiamo di correre il solito rischio di essere tacciati come reducisti, ma il Natale di quando eravamo ragazzi aveva un sapore ed un’intensità che ce lo faceva gustare nei modi e, soprattutto, nei tempi giusti. L’aria della lunga festa iniziava con Santa Lucia, a volte qualche giorno prima, e dunque la si viveva con quella partecipazione che ora ci appare diluita a dismisura nel tempo. Panettoni, torroni, Asti spumante, decorazioni da appendere all’albero (una citazione particolare per le piccole banane ricoperte di cioccolato, straordinarie nella loro carta giallo-oro) saltavano fuori al momento giusto. Anche le occasioni per imbandire alla grande la tavola con datteri, frutta secca e manicaretti che si gustavano solo in quel periodo erano ben stabilite e racchiuse in date fisse. Adesso cominciamo le cene (parlo di chi se lo può permettere, ovviamente) a metà novembre e arriviamo a San Silvestro con un quadro clinico preoccupante, il glucosio praticamente impazzito, i trigliceridi in fuga verso numeri da capogiro e la bilancia che ci guarda con aspetto minaccioso. D’altronde non ci si può negare alla cena dei coscritti, dei colleghi, dei compagni di calcetto (o di mountain bike o di rugby o di tamburello o di sgarèl), della confraternita, del rione, del partito. Tutta roba che tanti anni or sono (quando eravamo forse più giovani e sicuramente più poveri) non era mai in calendario. Ma è questa fretta dannata di voler accorciare tutto che ci sta consumando: a forza di precedere, di bruciare sul tempo non abbiamo capito chi, ci stanno taglieggiando la vita che, per i nostri gusti, è già fin troppo compressa. Manca più di un mese, ma già in molte case è arrivata Santa Lucia, ovviamente inscatolata e nascosta per bene. Non ne possiamo più di questa dittatura del mercato che ci vorrebbe schiavizzare in eterno: compreremo il Panettone verso il 20 di dicembre e lo Zampone con le lenticchie non prima di Natale. Giuro che lo faremo. Anche se non servirà a farci tornare bambini. piercapozzi@libero.it

PENNA ALL’ARRABBIATA

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TENDENZE

Gustosa e risparmiosa: ecco la cucina in lavastoviglie

di Laura Bernardi Locatelli

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Non solo scarti e avanzi, ma anche tempo ed energia: uno spreco quotidiano che l’esperta Lisa Casali ha messo al bando lanciando l’ecocucina. Così bucce, baccelli e torsoli si trasformano in nobili pietanze e molti alimenti Lisa Casali si esaltano grazie all’originale tecnica di cottura che sfrutta il ciclo di lavaggio di piatti e pentole

a sempre ci sono due scuole di pensiero: da un lato i conservatori di lavandino e spugnetta, dall’altro i fan della lavastoviglie che rabbrividiscono all’idea di pile di piatti, teglie unte, resti di cibo galleggianti e guanti fino al gomito. Da oggi pensare alla lavastoviglie come un aiuto nelle faccende domestiche è riduttivo: a stravolgere le convinzioni di tutti noi - e a dare motivi in più per l’acquisto a chi fino ad oggi l’ha snobbata - è arrivata Lisa Casali, esperta di cucina a basso impatto ambientale, che nell’elettrodomestico ha trovato anche un valido alleato ai fornelli oltre che in cucina, che, tra l’altro, fa risparmiare due terzi d’acqua rispetto al lavaggio a mano. Non resta che programmare il ciclo di lavaggio/cottura più indicato e “sfornare” dalla lavastoviglie piatti caldi e tirati a lucido - perfetti per servire deliziose pietanze cotte a bassa temperatura sottovuoto o in vasetti e contenitori ermetici - grazie al vapore e al calore sprigionato durante il lavaggio. La tecnica di cottura innovativa ed “eco” sta spopolando in tutto il mondo: il libro “Cucinare in lavastoviglie”, già in ristampa, è stato tradotto per il mercato tedesco, spagnolo, brasiliano e francese.

Il 2 dicembre, l’ecocucina protagonista a Gourmarte

L’ecocucina di Lisa Casali sarà protagonista, domenica 2 dicembre, dalle 10 alle 12, a Pianeta Gourmarte, alla Fiera di Bergamo. Nell’ambito degli Eventi Satellite, terrà una lezione, riservata agli appassionati e incentrata sul risparmio, o meglio, sul non spreco. Lisa Casali ha dato pochi mesi fa alle stampe il libro-manifesto “Ecocucina”, ultima fatica culinaria e letteraria che con grande fantasia, inventiva e senso etico invita a trasformare bucce, baccelli, torsoli ed altri scarti alimen-

tari in nobili pietanze. Una rivoluzione bohémien portata avanti con grande passione da questa vulcanica ragazza romagnola trapiantata a Milano, dalla doppia vita di esperta di rischi ambientali ed eco-food blogger con nome di battaglia “Lisca”, dapprima nella cucina di casa a suon di esperimenti sovversivi, poi sul blog ecocucina e, ancora, in libreria - da “La Cucina a impatto (quasi) zero” a “Ecocucina” - e in tv con “Zero Sprechi” su Gambero Rosso Channel e il sabato mattina su Rai 1 a Uno Mattina. I consigli sono pochi ma preziosi, dall’attenzione alla spesa al tempo per la cucina tutto da ritrovare e riscoprire; curiosità e fantasia - senza ignorare solide basi di cucina ed una conoscenza dei tempi e delle tecniche di cottura - fanno il resto e portano ad una scapigliata riscossa dei “brutti” e dei “poveri” della cucina in piatti belli e nobili. Basta un fiocco e gli “scarti” diventano perfino regali eco-chic per ogni occasione: non mancano i consigli per omaggiare gli amici di polvere d’arancio e dadi granulari. Via libera anche a tecniche antiche, come l’essiccazione di frutta, verdura, erbe e funghi, e spazio a quelle più moderne, pentola


a pressione in testa che abbatte i tempi di cottura senza rinunciare al gusto. Quando e come nasce l’idea di una ecocucina? “Nella tradizione italiana ci sono tante ricette che suggeriscono come recuperare e trasformare gli avanzi, ma non c’è davvero nulla per gli scarti. La mia passione per la cucina e per l’ambiente hanno fatto il resto: il progetto ecocucina è partito come personale sfida per ridurre il più possibile tutto ciò che di commestibile gettavo quotidianamente, in particolare bucce e scarti di verdure, che non mancano mai nella mia dieta d’impronta quasi vegetariana. Nel 2005 ho iniziato a fare esperimenti in cucina per utilizzare tutto quello che ci hanno sempre detto di buttare. Il passo successivo è stato condividere le mie sperimentazioni in rete, sul mio blog ecocucina, aperto nel 2009, confrontandomi sempre con esperti di nutrizione, chef e amici”. Quale è stato il primo banco di prova? “Mi sono cimentata con il carciofo, l’ortaggio con lo scarto forse più elevato, con una percentuale che va dal 65 al 70%. Per rendere le brattee edibili serve solo una lunga cottura, che in pentola a pressione diventa rapida, di 20 minuti. Non resta che passare il tutto con il passaverdure per ottenere una crema eccezionale dal sapore che non ha nulla a che invidiare al cuore di carciofo. Ormai non butto neanche la fibra di scarto nel passaverdura: essiccata la reimpiego per aromatizzare piatti realizzando un sale al carciofo, così lo spreco è davvero azzerato ed il gusto, oltre che il portafogli, ha tutto da guadagnarne”. Quanto si risparmia sulla spesa? “Si risparmia un 20%, ma oltre al vantaggio economico si guadagna in salute perché le parti di scarto contengono più vitamine,

sali minerali e fibre rispetto alle parti nobili. Sappiamo che è meglio mangiare la frutta con la buccia, ma non ci facciamo problemi a gettare nella spazzatura vitamine e sali minerali preziosi, che poi magari acquistiamo sotto forma di pillole e integratori”. Come si fa a rendere appetibile una buccia o un torsolo? “Recuperare gli scarti è un’opportunità ed una sfida stimolante. La mia filosofia è quella di valorizzare il cibo e chi l’ha prodotto con tanta fatica, riducendo quasi a zero gli sprechi. Il gusto non può però mai essere messo in secondo piano. Gli “scarti” sono base di ricette piene di sapore che nulla hanno da invidiare alle parti nobili e non sono affatto di “serie B””. Quali consigli per gli acquisti di tutti i giorni? “Scegliere prodotti di qualità, freschi e biologici. Acquistare le verdure intere e non lavorate. Buccia e gambo sono indice della freschezza di un carciofo, ad esempio; acquistando i cuori non solo spendiamo di più, ma oltre a perdere preziosi ingredienti per altre ricette non abbiamo occasione di valutarne la qualità”. Non bisogna quindi cedere alle confezioni pronte che ammiccano dagli scaffali… “Uscire dal torpore e dalla routine di supermercati e discount non può che apportare

benefici ambientali e sociali. Bisogna cercare di dedicare più tempo possibile alla spesa, che rappresenta il momento clou in cui si determina l’impatto ambientale. L’acquisto diretto dal produttore, magari attraverso la rete dei gruppi di acquisto solidali, dà ad ogni prodotto un valore aggiunto: la stagionalità diventa un fatto scontato, si crea una rete di relazioni virtuosa e si trasmettono tutto il lavoro e le attenzioni che stanno alla base di ogni singolo prodotto. E non è vero che è tanto dispendioso in termini di tempo, c’è solo bisogno di un piccolo cambio di mentalità”. Altri piccoli accorgimenti? “Bisogna cercare di conservare al meglio i prodotti, il più lontano possibile dai fornelli in un luogo fresco e asciutto; utilizzare in modo oculato il frigorifero, rispettando le diverse temperature e cercando di mantenere la massima igiene, impiegando contenitori per i formaggi, i salumi e in particolare per le uova, che vanno conservate nell’imballo originale perché sono ricche di batteri. Non bisogna poi dipendere dalle date di scadenza, specialmente con la dicitura “preferibilmente entro”: spesso si buttano prodotti ancora buoni come accade spesso con lo yogurt e con i formaggi. I biscotti e le fette biscottate anche se per-

LE RICETTE

INSALATA DI GAMBERI SU JULIENNE DI ORTAGGI GI Ingredienti: 15 gamberi, 1 peperone, 1 costa di sedano, 1 cipollotto, 1 pomodoro, aceto di vino, olio extra vergine di oliva, sale, pepe, 4 vasetti ermetici di vetro da 300 ml, Preparazione: Lavate e asciugate le verdure. Tagliate in due il peperone e togliete il picciolo, o, la parte bianca e i semi. Tagliate il sedano e la carota a julienne. Riducete il cipollotto e il pomodoro doro a spicchi. Condite la julienne di verdure con olio, sale, pepe e una punta di aceto. Suddividete ete l’insalata di ortaggi nei vasetti e unite i gamberi sgusciati. Completate con un filo di olio, sale le e pepe e chiudete bene i vasetti. Disponeteli in lavastoviglie e cuocete con il lavaggio eco. Al termine conservate in frigorifero fino al momento di portare in tavola. Servire i vasetti tiepidi o freddi. (da “Cucinare in lavastoviglie”, Gribaudo 2011)

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TENDENZE

dono la loro fragranza possono diventare la base di un dolce”. Un consiglio su come ridurre gli sprechi al ristorante? “Gli sprechi al ristorante sono ridotti al minimo, anche se gli scarti vengono utilizzati senza grande fantasia per i fondi e per i brodi. Il problema dei ristoranti è rappresentato dagli avanzi, che non possono essere riutilizzati. Per contrastare la “food waste”, la Commissione Ambiente dell’Unione Europea ha abbozzato una proposta di direttiva che caldeggia la prenotazione obbligatoria al ristorante, indica ai locali di proporre una porzione piccola e una grande e supporta la doggy box, un’abitudine all’estero, ma ancora poco diffusa in Italia, Spagna e Francia, come quella del vino, con bottiglie sui tavoli dei ristoranti lasciate a metà. Da noi purtroppo è vissuto ancora come una vergogna”. Nel mondo del catering e banqueting regna ancora lo spreco? “In realtà gli sprechi maggiori avvengono a casa, dove le buone pratiche sono ancora decisamente poco diffuse. È vero che ogni volta che c’è un buffet lo spreco è di almeno il 10 %, ma purtroppo gli avanzi non possono per ovvie ragioni essere riutilizzati. Il finger food e le mono porzioni hanno contribuito a ridurre al minimo gli sprechi”. Oltre alla dispensa e alla spesa quali sono le tecniche di cottura eco? “La pentola a pressione dimezza i consumi di acqua del 20% e riduce significativamente i tempi di cottura. La cottura nei cestelli a vapore è un ottimo accorgimento che consente di sfruttare sempre il calore proveniente da qualsiasi pentola e consen-

te di preparare contemporaneamente più pietanze. Cucinare in lavastoviglie è un modo interessante”. Come nasce l’idea di cuocere in lavastoviglie? “È frutto della continua ricerca di nuovi modi per risparmiare energia. Mi sono chiesta se fosse possibile sfruttare il calore dell’acqua di lavaggio della lavastoviglie e ho scoperto di avere un elettrodomestico in più straordinario per le cotture a bassa temperatura. Cucinare mentre si lavano le stoviglie sfruttando tutti gli spazi vuoti, tra bicchieri e piatti, dà risultati davvero fantastici, oltre ad evitare ulteriori sprechi energetici o a riscaldare d’estate la temperatura con il forno”. Ad ogni ciclo la sua pietanza… Quali ricette per il programma a risparmio energetico? “Il lavaggio “eco” ad una temperatura di 50-55 gradi è l’ideale per le carni rosse. E’ più facile “sfornare” dalla lavastoviglie un roastbeef perfetto che nel forno tradizionale. La carne risulterà tenera come un burro e la cottura in sottovuoto ridurrà l’impiego di grassi”. E per la lavastoviglie di chi va sempre di corsa? “Il lavaggio rapido a 65 gradi per 30 minuti è fantastico per il pesce, per crostacei, pesci sfilettati, dal rombo al pagello alla palamita, oltre che per tagli di seconda e terza scelta, come il biancostato”. Cosa si può cucinare con il lavaggio normale e intensivo? “Il lavaggio normale è indicato per le carni bianche e per cuocere in vasetto baccelli e fave. Il lavaggio intensivo, a 75 gradi, si pre-

sta a grandi pezzi di carne, ma anche verdure e frutta. È ad esempio un buon sistema per ottenere dei fagiolini croccanti, preservandone tutte le qualità organolettiche”. Gli scarti diventano anche dei regali da scartare, ci dia qualche dritta in vista del Natale… “Nel libro Ecocucina indico 30 ricette/idee regalo. Dal dado granulare, rigorosamente “bio” e “eco” visto che è realizzato con bucce di carota, foglie di sedano, sale ed altri scarti di verdure, alla “polvere di agrumi” realizzata essiccando le calotte dell’arancia che normalmente gettiamo dopo averle spremute. Non resta che frullarle per ottenere un’ultra-vitaminica polvere arancione perfetta per conferire un aroma particolare a spezzatini e sbizzarrirsi in altre ricette; dalla sua ha anche la durata di un intero anno”. Nella sua cucina non manca mai l’essiccatore. Come riscoprire in casa questa tecnica antica senza investire un capitale? “Bastano una scatola di legno, una vecchia lampadina, delle gratelle ed il gioco è fatto, non resta che accendere la lampadina ed iniziare a produrre da sé frutta, erbe, funghi e verdura secca da conservare tutto l’anno in sicurezza a temperatura ambiente. Un’altra soluzione fai da te sfrutta il calore dei termosifoni: basta solo ingegnarsi per creare grucce per appendervi ortaggi e quant’altro si voglia essiccare”. Dopo la lavastoviglie, possiamo guardare con occhio diverso anche il termosifone e trasformare la nostra casa in un laboratorio eco-sostenibile.

PLUMCAKE ALLA SCORZA D’ARANCIA Ingredienti: lo scarto della spremuta di 2 arance, 200 g di zucchero di canna grezzo, 3 uova, 200 g di farina, 200 g di ricotta, 1 bustina di lievito, 1 pizzico di sale e burro. Per completare e decorare: zucchero a velo e la scorza di 1 limone (facoltativo) Preparazione: lavate bene le arance prima di preparare la spremuta. Con un rigalimoni ricavate delle striscioline di scorza che userete per la decorazione. Preparate la spremuta e conservate la parte di scarto (sia la polpa che si raccoglie nello spremiagrumi sia le mezze calotte vuote). Tagliate le mezze calotte di arancia grossolanamente, quindi frullatele insieme alla polpa di scarto e lo zucchero. Versate la scorza frullata in una ciotola e unite le uova, la farina e la ricotta. Lavorate fino ad avere un composto omogeneo. Imburrate uno stampo da ciambella e versatevi il composto. Cuocete in forno già caldo a 180 °C per 40 minuti. Sfornate, mettete il plumcake in un piatto da portata e decorate con zucchero a velo e scorze di agrumi. (da “Ecocucina”, Gribaudo 2012)

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L’evento

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Promoberg lancia il “Pianeta Gourmarte” Dal 1° al 3 dicembre, in fiera, l’evento che invita alla scoperta delle specialità enogastronomiche lombarde. Definita una suddivisione per aree per accogliere i maestri, i custodi e gli esploratori del gusto. Ai fornelli grandi chef, tra cui Umberto Bombana, tristellato bergamasco in arrivo da Hong Kong. Previsti vari percorsi di degustazione

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n mondo a parte. Anzi un pianeta sui generis in una galassia, come quella della gastronomia, popolata da stelle, o meglio da star, o meglio ancora da “gastro-star” (chef & co). Descrizione simil scientifica, più che culinaria, per “Pianeta Gourmarte”, un evento nuovo di zecca firmato Promoberg, che dal 1° al 3 dicembre prossimi invita tutti sullo shuttle fieristico di via Lunga per un viaggio alla scoperta di un pianeta dove il colore rosso sarà, tutt’al più, quello del peperoncino e del vino (e non quello della ruggine ferrosa come su Marte). Come ogni mission (spaziale e non), la spedizione si presenta “rischiosa”(soprattutto per la rispo-

sta del pubblico) ma non per questo meno affascinante. Il format darà la possibilità a ghiottoni e gurmettari di alternare la degustazione di specialità enogastronomiche lombarde ad altre, provenienti da territori extra, ma “naturalizzate lombarde” o ancora di assaggiare vini che fanno parte del patrimonio vitivinicolo della nostra regione. Un programma nutritissimo, appositamente ideato per consentire a tutti i cultori della buona tavola di assaggiare il meglio della proposta enogastronomica a prezzi tutto sommato accessibili, ma anche un “educational tour” tra le cose buone che potrà concludersi anche con l’acquisto dei prodotti

degustati con un comodo sistema di asporto, predisposto all’uscita del percorso. L’ “esplorazione” sugli oltre seimila metri quadrati di un padiglione della Fiera, sarà articolata in varie aree dove sarà possibile valutare il panel degli espositori suddivisi per categorie; i maestri, i custodi e gli esploratori del gusto. I primi si rifanno ad aziende che si sono messe in luce per l’elevata qualità del loro prodotto, per l’etica e per le capacità imprenditoriali e progettuali dimostrate nel corso degli anni. Dei secondi fanno, invece, parte i contadini, gli allevatori, gli artigiani e i vignaioli, che hanno mantenuto viva una tradizione strettamente lega-

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L’EVENTO

ta al territorio e al modo di interpretarlo. I terzi, infine, sono assimilabili alle aziende commerciali che, con sede in Lombardia, si sono distinte per avere svolto un’opera di divulgazione di prodotti particolarmente ricercati, rigorosamente provenienti e selezionati nei territori d’origine. Una sottile suddivisione “ideologica” che sottende ad un minimo comun denominatore: l’assoluta eccellenza del prodotto. Chi staccherà il biglietto d’ingresso, 18 euro

(15 euro con iscrizione e on line sul sito www.pianetagourmargourmarte.it) potrà essere certo erto di degustare la punta dell’iceberg ’iceberg produttivo dell’azienda che he vorrà testare. Che si tratti del Moscato Scanzo, del ato di Scanzo salame di cinghiale, dello strachitunt o del panettone, la certezza di mettere alla prova del palato una bontà, è fuori discussione. Il numero delle aziende partecipanti (e selezionate da una commissione, composta da esponenti del-

la critica enogastronomica nazionale e conoscitori della realtà lombarda, che le ha individuate) dovrebbe aggirarsi intorno alla settantina, ciascuna con tre prodotti di eccellenza in degustazione, una buona “base” non solo per la varietà dei prodotti, ma anche per garantire al visitatore quella satisfaction finale che rappresenta l’incentivo migliore sia per tornarci sia per fare in modo che gli organizzatori possano pensare all’edizione numero due. Anzi, pensandoci bene, questo Pianeta Gourmarte può essere considerato un “numero zero”, una sorta di Salone di prova, un tentativo (si spera felice) di aggregare e valorizzare in un contesto unitario le più diverse tipologie enogastronomiche regionali. All’ombra della Mole e nei padiglioni del Lingotto, ad esempio, le presenze al Salone del Gusto si contano in centinaia di migliaia, ma cosa succederà all’ombra del Campanone è tutto da vedere, fermo restando che l’evento dovrebbe attirare e convogliare soprattutto pubblico regionale e non fermarsi solo a Bergamo e dintorni. A costituire

ANCHE L’ACCADEMIA DEL GUSTO IN CAMPO CON GLI EVENTI SATELLITE Gli Eventi Satellite, promossi dall’Accademia del Gusto, sono una serie di iniziative studiate per il pubblico e per i professionisti di Pianeta Gourmarte. Sono suddivise in quattro sezioni e collocate in fasce orarie strategiche per attirare l’attenzione del pubblico già presente nel Salone e per portare al Salone appassionati, gourmand e professionisti. Gli eventi appartengono a quattro galassie: pizza, dolci, cucina, professional.

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SABATO 1 DICEMBRE - dalle 10 alle 12 Preparare stuzzichini creativi in pochi minuti (per appassionati) Un aperitivo in casa, una ricorrenza da animare con un buffet salato e le uniche cose a cui pensiamo sono tramezzini farciti con salsa tonnata e pizza in teglia da acquistare nella più vi-


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IN SCENA ANCHE LA QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO VERONELLI Il prestigioso Premio Luigi Veronelli è nato nel 2006, due anni dopo la scomparsa del grande giornalista e scrittore italiano di enogastronomia. Il riconoscimento ha il proposito di celebrare la figura del padre della cultura materiale italiana, declinata in temi di terra, cibi e vini. Dopo le prime tre edizioni realizzate da Class Editori e Veronelli Editore, da quest’anno il Premio Veronelli è curato da Casa Veronelli e alcune istituzioni bergamasche, tra le quali spicca l’Ente Fiera Promoberg. Tre le categorie individuate, a rappresentare i fondamenti del suo pensiero. La prima premierà un contadino (vignaiolo, oliandolo o artigiano alimentare) in grado di esprimere appieno l’istanza del rapporto amoroso con la terra. La seconda un letterato (giornalista, scrittore, saggista, poeta) che si sia occupato a fondo e meritoriamente di gastronomia. Per la terza, il premio sarà assegnato a un Comune che rivendichi almeno una De.Co. e che si sia distinto nella salvaguardia e nella promozione dei prodotti, naturali

o manufatti, appartenenti per storia e tradizione al proprio territorio. La giuria è composta, come sempre, da esperti e cultori della materia: Cesare Pillon (presidente), Gian Arturo Rota (vice-presidente), Roger Sesto (segretario). Inoltre, Gigi Brozzoni, Daniele Cernilli, Roberto De Donno, Luciano Ferraro, Bruno Gambacorta, Elio Ghisalberti, Andrea Grignaffini, Mattea Guantieri, Rocco Lettieri, Antonio Paolini, Vladimiro Riva, Nichi Stefi, Massimo Zanichelli. La cerimonia per la consegna dei premi Veronelli si svolgerà lunedì 3 dicembre, nell’ambito di “Pianeta Gourmarte”, la manifestazione organizzata da Ente Fiera Promoberg dedicata all’eccellenza alimentare lombarda. La scelta di assegnare il Premio Veronelli in occasione dell’evento Promoberg si basa su due motivi di fondo: l’obiettivo degli organizzatori di Pianeta Gourmarte di puntare sulle eccellenze del settore, così come fa da sempre il Premio Veronelli; Luigi Veronelli ha vissuto più di 30 anni a Bergamo (sui Colli), città d’elezione che ha amato profondamente.

Luigi Veronelli

cina pizzeria d’asporto. Meravigliare i propri commensali con proposte creative di facile esecuzione è possibile. Sono sufficienti un pizzico di fantasia, buona volontà e un laboratorio creativo con Francesco Gotti, executive chef del Bobadilla Feeling Club di Dalmine. - dalle 15 alle 18 Pane, pizza e focacce: tutti i segreti (per appassionati) Il piacere di preparare il pane in casa, il profumo di una pizza e di una focaccia appena sfornate. Un laboratorio teorico e pratico per imparare a realizzare a regola d’arte pane, pizze e focacce in teglia con i consigli del maestro Tiziano Casillo, chef-

pizzaiolo e formatore professionale, sui metodi di impasto e con tante ricette per i condimenti e le farciture. E al termine una gustosa degustazione per tutti i partecipanti. DOMENICA 2 DICEMBRE - dalle 10 alle 12 L’ecocucina di Lisa Casali (per appassionati) Vedi pag. 6 - Dalle 15 alle 18 Le creme e le mousse di Maurizio Santin (per appassionati) Un incontro speciale rivolto al pubblico di Gourmarte che

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L’EVENTO

un plus, a dare insomma una gran bella mano al decollo dell’impresa, sono deputati gli “interpreti del gusto”, ovvero cuochi e ristoratori che, a suon di ricette, hanno contribuito ad elevare e divulgare il buon nome della ristorazione lombarda. I nomi sono quelli che contano, a partire dalla stella transoceanica clusonese Umberto Bombana, l’unico tristellato italiano in the world che volerà appositamente da Hong Kong a Bergamo dove si tratterrà in fiera nella giornata di sabato. Il “Bombana day” sarà arà messo in scena dal suo staff lunedì 3 dicembre giorno nel quale, in cucina, brilleranno altre sei stelle, le tre di Vittorio orio e le altre tre del Pescatore, gli unici due ristoranti lombardi a potersene attualualmente fregiare, con le altre eccellenze nze di Marchesi e Santin della Cassinetta a di Lugagnano (due ristoranti già tristellallati). Sempre in questo “Monday greedy” dy” sarà possibile deliziarsi con le creaziozioni dolci Iginio Massari della pasticceria eria Veneto di Brescia e Gianni Pina dell’ol’omonima pasticceria di Trescore Balneneario, unici due pasticceri lombardi ad essere inclusi nel Relais Dessert, l’asassociazione che raggruppa le cento migliori pasticcerie al mondo (molto più vasto il numero di quelli che, idealmenente, sono compresi nell’associazione dei degustatori di pasticceria e affini). Nelle elle giornate di sabato e domenica invece, ce, il palcoscenico sarà tutto per una dozoz-

zina di cuochi che proporranno il loro “cavallo-piatto-di battaglia”, quella specialità cioè che ha fatto la loro nomea e, al tempo stesso, ha tenuto alto l’onore culinario lombardo. Tra questi, in ordine sparso, Cracco, Bartolini, Sadler, Aimo e Nadia, Morelli, Gerri, Fusari, Cerveni, Peri e Masanzi che hanno confermato la loro presenza. Per i cultori del genere la possibilità di degustare la specialità preferita come se fossero al ristorante, mise en place, piatti in ceramica compresi. Un elemento innovativo e qualificante, quest’ultimo, anche perché un contenuto eccellente decade se servito in un piatto di carta (come già avvenuto in manifestazioni analoghe). In questo caso, Pianeta Gourmarte abbina la gioia del palato a quella degli occhi. Acquistando

dei buoni a un prezzo di assoluta convenienza (10 euro comprensivo di un bicchiere di vino scelto contro i 30 e oltre, che normalmente nei rispettivi ristoranti verrebbero praticati), i visitatori di Pianeta Gourmarte potranno ritagliarsi un percorso gastronomico del tutto personale ed esclusivo, scegliendo tra i piatti diventati l’emblema della storia gastronomica e della ristorazione lombarda, passata e presente, tradizionale e moderna. Con il claim “pancia mia fatti capanna” l’appuntamento è dunque per i primi giorni di dicembre, con i seguenti orari, 10- 22 il sabato e dalle 10 alle 20 la domenica ed il lunedì. Tutte le info sul sito www.pianeta gourmarte.it

Umberto Bombana

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ha come protagonista Maurizio Santin, il noto pasticcere di GamberoRosso Channel e di Raisat. Il laboratorio prevede un aspetto didattico di sviluppo delle ricette e al termine la degustazione dei prodotti realizzati dal maestro Santin. Un seminario che permetterà di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per preparare un dessert buono nel sapore e bello nell’aspetto. Creme e mousse per stupire i propri ospiti con effetti speciali.

La pizza d’autore nasce dall’incontro di uno chef, Francesco Gotti, e di un maestro pizzaiolo, Tiziano Casillo, dall’equilibrio tra l’alta cucina e il piatto italiano per eccellenza. La pizza scopre così nuovi sapori e si reinventa, senza abbandonare la tecnica tradizionale che l’ha resa celebre nel mondo. Il corso è rivolto a chi intende variare la propria offerta con condimenti alternativi, per stupire anche i palati più raffinati e ai curiosi, che amano la pizza e vogliono carpirne i segreti.

LUNEDÌ 3 DICEMBRE - dalle 11 alle 13 Nuovo modo di proporre la pizza: le pizze d’autore (per appassionati e professionisti)

- dalle 15 alle 18 L’arte inglese delle decorazioni: la ghiaccia reale di Donatella Semalo (per appassionati e professionisti) Un filo di ghiaccia, tutto parte da qui. La creatività e la tecnica


novembre 2012 IL SEGRETARIO GENERALE DI PROMOBERG

TRIGONA: “COSÌ PROMUOVIAMO SAPORI E CULTURA DEL TERRITORIO” Un mappamondo di sapori per promuovere la cultura del territorio. Per il segretario generale di Promoberg, Luigi Trigona, non c’è miglior definizione da accostare a Pianeta Gourmarte, il nuovo evento che concluderà il calendario organizzativo dell’ente fieristico bergamasco. “Ricordiamoci le parole di Pericle, che parlando agli ateniesi prima che entrassero in guerra contro Sparta, oltre 2.400 anni fa diceva: «Ogni ateniese cresce sviluppando una felice versatilità, la fiducia in se stessi, la prontezza a fronteggiare ogni situazione».Già allora si esprimeva il concetto di felice versatilità, quale viatico del cambiamento e allora, come oggi, non ci resta che essere versatili, senza perdere il sorriso. Questa versatilità organizzativa viene oggi “riversata” in Pianeta Gourmarte, evento al quale ci siamo accostati con due obiettivi fondamentali: il primo è quello di promuovere un consumo qualificato e consapevole, il secondo, invece, intende omaggiare la cultura del territorio, quelle tradizioni locali che da sempre costituiscono il “plus” vincente del nostro Paese e, in questo caso, della nostra regione”. Un capitolo a parte meritano i “cuochi”, autentiche star dell’evento. “Alle volte gli appassionati di ristoranti diventano simili a dei tifosi di calcio. Gli chef diventano le star, come i grandi campioni del pallone”, prosegue Trigona. “Se c’è una cosa che adoro in un cuoco è la personalità. Quando ti puoi sedere a una tavola e ad occhi chiusi riconoscere la mano che ha preparato quel piatto, stai tranquillo: sei al cospetto di un grande. Le mode, anche quelle in cucina, passano, restano gli uomini. Non crediamo a chi ci vuole convincere che l’eccellenza abbia una sola forma, può essere classica, creativa, minimale o barocca. La cucina buona è una sola e l’eccellenza ha molte vie di accesso. L’alta cucina, quella fatta bene, non ha casacca”. Luigi Trigona

di Donatella Semalo, formatasi alla Squires Kitchen di Londra, prende forma attraverso la realizzazione di ambiziosi decori, impalpabili come le merlature delle sue torte, i cammei bordati d’oro, le roselline stilizzate. L’eleganza e la raffinatezza delle sue decorazioni stupiscono gli occhi, lasciando senza fiato. Pianeta Gourmarte (per i professionisti) Lunedì 3 dicembre, dalle 10 alle 11, è in programma la visita guidata a Gourmarte. Elio Ghisalberti accom-

pagnerà la delegazione di professionisti dell’Accademia del Gusto alla scoperta del Pianeta, guidandoli negli incontri con gli operatori e negli assaggi-degustazioni. Dalle 15 alle 18, c’è la possibilità per i pasticceri di assistere al laboratorio sulle decorazioni in ghiaccia reale, mentre dalle 15 alle 17 è in programma la tavola rotonda “Gli errori che un ristoratore non deve commettere - Il parere dei critici enogastronomici” moderata da Elio Ghisalberti alla presenza di Fausto Arrighi e altri critici del settore.

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LA TAVOLA ROTONDA di Giordana Talamona

Il vino e la comunicazione, un binomio inscindibile

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l vino è attraente, conviviale, un affascinante ante racconto di storia, certo, ma va anche venduto. La comunicazione del vino, spesso, lo dimentica ammantandontandosi di un’aurea culturale talmente alta da allontallontanare il consumatore medio, piuttosto che avvicinarlo. La tavola rotonda “La comunicazione, one, strumento indispensabile per vendere”,, a margine del Concorso enologico internaziozionale “Emozioni dal Mondo”, si è interrogato ato su questo aspetto e molto altro ancora. I nuouovi mezzi di comunicazione, oltre alla stampa, pa, alla radio e alla televisione, permettono di fare da cassa di risonanza al vino, divulgandondone gli elementi attraenti che possono fare presa sull’appassionato. A monte di tutto questo,, però, occorre analizzare il proprio prodotto, deciderne erne il posizionamento di mercato, analizzarne il target di clientela, capire se puntare sull’export oppure no. “Fare un buon vino non basta bast per poterlo vendere - ha precisato Sergio ergio Cantoni, di-

R RATATOUILLE d di Laura Ceresoli

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C CHE IMPRESA RIDARE DIGNITA ALLA PASTA IN FRANCIA! D

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s istono svariati modi per accompagnare una cotoletta alla milanese. Magari con dei teneri cavolori gratinati o con croccanti patate al forno aromatizzate al rosmarino. E invece no, il francese medio, come contorno, preferisce un gomitolo di pasta, magari scondita, così si mischia meglio all’intingolo della carne. Già, perché sforzarsi di trovare originali combinazioni all’italiana quando si può bistrattare un tagliolino e relegarlo da primo sontuoso a banale “garniture”? I nizzardi sanno sempre destabilizzarmi. Immaginate l’espres-

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sione di indignazione che si è palesata sul mio volto quando mi sono vista ordinare un ossobuco con tagliatelle al posto della polenta. Ho avuto un attimo di esitazione nell’accettare una simile proposta indecente da parte di quell’uomo di mezza età, ma poi la moglie lo ha subito difeso: “Mon mari adore les pâtes” (Mio marito adora la pasta, ndr). “Sì, ma non presentata in quel modo”, avrei voluto risponderle. Poi ho capito che il cliente ha sempre ragione, soprattutto se è francese, altrimenti ti darà del lo da torcere. L’apice dello sconforto è giunto però

a ne pasto quando, dopo aver assecondato controvoglia le loro volontà, i due hanno detto di non aver mangiato nulla di eclatante. “Per forza - gli ho spiegato seccata - noi non siamo soliti usare la pasta in bianco come contorno”. In effetti, certi francesi parrucconi dovrebbero imparare a s dare le loro convenzioni culinarie e venire incontro, senza troppi pregiudizi, ai gusti del Bel Paese. Ma non è così facile. Quando cerchiamo di introdurre nel menù qualcosa di più raf nato dei soliti spaghetti, bisogna sempre fornire ai francesi la chiave d’inter-


novembre 2012

rettore del Consorzio Tutela Valcalepio -. Molti produttori sembrano non rendersi conto che il vino non lo si fa per sé, ma per il consumatore. Lo devo fare come lo vuole lui, per poterlo vendere”. In altri termini analizzare le tendenze, capire come cambiano i gusti e le mode nel tempo, raggiungere il miglior rapporto qualità/prezzo. Questa è la base, poi viene tutto il resto. Quale mezzo di comunicazione privilegiare per promuovere un vino, è già una scelta di campo. La televisione generalista è un palcoscenico che entra in tutte le case, rivolgendosi a un pubblico di massa, ma per il produttore medio o piccolo non è sempre facile poterci arrivare. Puntare sulla radio può essere un’alternativa perché l’88% degli italiani (44 milioni in settimana), l’ascolta quotidianamente, il 72% dei quali in automobile. Per questo motivo occorre fare uno spot chiaro che duri circa 40 secondi, programmato quotidianamente sei o sette volte. Nel caso si voglia organizzare un evento in cantina, meglio pubblicizzarlo su una radio locale, perché le statistiche dicono che gli ascoltatori si spostano in un raggio di 70-100 km dalla loro abitazione. La rete e i social network, facebook e twitter in primis, si rivolgono a un pubblico che ama messaggi veloci, chiari e frequenti. Democratica per qualcuno, anarchica per altri, la rete consente ai produttori di avere un buon ritorno di immagine a basso prezzo, purché si rispetti il livello di comunicazione e si utilizzi la viralità del mezzo. Più condivisioni si hanno, più il messaggio gira da un pc a uno smartphone, passando per un iPad. Per lanciarsi nell’export, occupando nuove nicchie di mercato, serve tutto questo e molto altro ancora, analizzando molto bene quali i messaggi impliciti il vino sappia veicolare in una data cultura. Gli statunitensi associano il vino a un incontro d’amore, gli asiatici agli effetti salutistici, gli europei alla convivialità. Conoscere le chia-

pretazione. Una sera una ragazza mi ha domandato: “Ma i maccheroni con le lenticchie sono una pasta o che altro? Ma vengono serviti mischiati alle lenticchie oppure i maccheroni sono il contorno delle lenticchie?”. Che confusione! Va bene non sapere cosa sono le trofie o i garganelli, ma ignorare persino l’esistenza dei maccheroni mi sembra troppo. D’altronde, inutile stupirsi. Ogni nazione ha le sue abitudini in fatto di cucina e in Francia la cultura della pasta come piatto principale non è poi così radicata. Mi è bastato dare un’occhiata al menù proposto alla mensa dell’école maternelle che frequenta mia figlia Margot per rendermene conto. Si parte con un’insalata per poi continuare con carne, verdura cotta, formaggio e frutta. Insomma, niente carboidrati. La stessa cosa, a

vi culturali di un Paese permette di creare un cartellone pubblicitario, uno spot, un tweet o un post che sappia presentare un vino, creando appeal e aspettative nel consumatore. Da ultima la distribuzione ha un ruolo determinante per il successo di un vino. Se è vero - come ha confermato Cantoni - che la stragrande maggioranza del Valcalepio è venduto nella Gdo, ogni produttore del Consorzio dovrebbe riflettere sulle strategie di vendita dei supermercati che decidono il posizionamento sullo scaffale dei loro vini. Posizionare un prodotto a destra, all’altezza degli occhi o delle mani, o a metà corridoio, è una buona strategia per vendere vino nella grande distribuzione. Perché se è vero che la comunicazione diretta è uno strumento essenziale per vendere, anche la comunicazione indiretta va capita e analizzata.

pensarci bene, l’avevo già notata qualche anno fa in occasione del mio matrimonio con Sergio in Costa Azzurra.

Il ristorante aveva previsto nella carta del nostro banchetto di nozze solo antipasti, secondi e dolce, saltando pari pari la voce “primi”, con grande preoccupazione di mio padre. Ricordo che fece il possibile per far introdurre almeno una pastasciutta nella cena nuziale. Alla fine, però, i proprietari di quel delizioso locale di Eze Village gettarono subito la spugna, quasi timorosi di sottoporsi al giudizio di chi, in fatto di pasta, la sa lunga: “Non è proprio il caso di far cucinare delle tagliatelle a uno chef francese”, si giustificarono. E così ci accontentammo di un risotto. La nostra missione alla Milanesina si preannuncia, quindi, ardua. Obiettivo: ridare dignità a quella pasta che i francesi, nella loro megalomania, hanno declassato per anni a banale contorno rannicchiato in un cantuccio del piatto.

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Lo zafferano biologico fiorisce sulle colline bergamasche

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na nuova coltivazione va ad arricchire lo scenario dell’agricoltura bergamasca: lo zafferano. Su un’estensione di quasi 2mila metri quadrati, l’azienda Villa Serica di Caprino Bergamasco ha piantato quest’anno 30mila bulbi di zafferano biologico, passando dalla sperimentazione degli anni scorsi alla produzione vera e propria. La raccolta, rigorosamente a mano, del prezioso “oro rosso bergamasco”, è iniziata nei giorni scorsi. “Dopo le prove della passata stagione - spiega Chiara Orlandini titolare con il marito Andrea Sacco Proila dell’azienda - quest’anno abbiamo utilizzato anche i bulbi provenienti da quattro diverse aziende, sia italiane sia estere, per poter fare degli studi sulla produzione. Non abbiamo lasciato nulla al caso e ogni singolo bulbo è stato calibrato, pesato e valutato per escludere la presenza di eventuali patologie. Da poco abbiamo iniziato la raccolta, seguendo l’andamento Chiara Orlandini

IL LIBRO

di Giordana Talamona

Le ricette dei designer rivoluzionano gli Quando la cucina incontra il design, il gusto Quan sublima, esaltato dall’analisi stessa delle si su forme. Non è più solo palato, ma ricerca conforme cettuale del bello attraverso tutti i sensi. È alloarchitetture apparentemente discordanti ra che, a per una portata, concetti formalmente disomoper una ricetta, prendono forma armonica genei pe piatto. È come se quella costruzione a tain un pia dove stile e ricerca si fondono, seguisse in volino, do dettami della natura. Linee pulite, semplirealtà i de ficazione, gioco e libera interpretazione di un piatto sono le caratteristiche di “Stuzzicati dal design”, il secondo volume di ricette pubblicato da Editrice Compositori, dove 70 designer hanno reinterpretato il concetto stesso di antipasto. A metà tra finger food e stuzzichini, le ricette di questo libro divertono e stupiscono per l’elaborazione in chiave creativa, e non poteva essere altrimenti con dei designer, del gusto, delle forme e della tradizione. Antipasto dadaista, impressionista, a

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quadretti, vol-au-vent QR code, ravioli umbro-birmani, lava rossa, polpettine in technicolor e chi più ne ha, più ne metta. Piatti non piatti, rivisitazioni in chiave contemporanea delle ricette della nonna, dove anche la polenta diventa un amuse-bouche da gustare con le dita. È quello che suggerisce Giorgia Bruscemini, designer degli arredi esterni, che coniuga la polenta, abbrustolita e ridotta a cubotti, alla sapidità avvolgente dell’aringa, spiegandone tutti i segreti di preparazione. “Grande risultato, minimo sforzo”, è il motto per la ricetta di Moreno De Giorgio, che ama progettare residenze private, e che col poco tempo che gli resta delizia i suoi amici con dei “Rotolini veloci”, talmente rapidi che scappano via. Sembra uno scherzo, ma non lo è, il piatto proposto da Federico Delrosso, interior design laureato al Politecnico di Milano, che in un bicchiere di Martini propone un “Cocktail di gnocchi” su fondo di melanzane frullate. “Una sorta di sinestesia culinaria - ammette - dove la forma conica del bicchiere evoca freschezza e sensualità, questa volta con un effetto sorpresa”. Non da meno, per creatività ed effetto,


novembre 2012 altalenante della fioritura. Questa operazione ci impegna alcune ore al giorno e a seconda del picco di fioritura raccogliamo mediamente dai 200 ai 20mila fiori al giorno. Il ritorno del caldo ha rallentato questa fase, che con l’arrivo delle basse temperature è però ripresa regolarmente e continuerà fino alla fine di novembre. Una volta raccolti i fiori procediamo subito a togliere gli stimmi e a farli seccare”. La coltivazione dello zafferano è stata realizzata a fine agosto, mantenendo la suddivisione dei bulbi in base all’origine ed al calibro. È stata data questa impostazione per avere la possibilità di stabilire quali bulbi hanno prodotto più zafferano, quali si sono moltiplicati meglio sotto terra e quali hanno avuto patologie, piuttosto che attacchi di roditori “Abbiamo deciso da subito - dice Chiara - che tutto doveva essere improntato secondo criteri di assoluta qualità, a partire dalla scelta dei bulbi fino alla raccolta e all’essicazione dello zafferano. Per questo abbiamo voluto monitorare costantemente tutto il processo produttivo. Purtroppo, o per fortuna, sia io che Andrea prima di fare gli agricoltori abbiamo lavorato rispettivamente come architetto e come ingegnere e probabilmente le nostre “deformazioni professionali” hanno influito anche sulla nostra attività “in campo”. È stato un lavoro un po’ certosino,

All’azienda Villa Serica di Caprino, la raccolta della prima coltivazione professionale. 30mila i bulbi piantati

i antipasti la ricetta di Sara Ferrari, designer emergente che, dopo un lungo periodo all’estero, è tornata in Italia inventandosi una ricetta concettuale che sfida la food pop culture. Così per reinterpretare, in vero stile vegetariano, l’hamburger all’americana, la Ferrari pro-

ma pensiamo ne valga le pena. Se tutto procede come previsto, contiamo di raccogliere 500 grammi di oro rosso bergamasco”. L’impianto è stato fatto su un terreno vergine, completamente ricoperto da tre metri di rovi e incolto da almeno 10 anni. Questa scelta ha accelerato notevolmente le pratiche per l’ottenimento della certificazione biologica. Il terreno che ospita i bulbi è esposto a Sud Ovest e con la pendenza ottimale per scongiurare il ristagno idrico “L’attenzione a questa nuova coltivazione - sottolinea la Coldiretti bergamasca - testimonia la dinamicità e la voglia del settore di andare oltre la crisi, ricercando nuove occasioni di reddito. Le imprese si stanno mettendo in gioco con passione e creatività per ricercare l’eccellenza e diventare un modello per chi intende arricchire la propria proposta innovando e guardando al futuro ma anche mantenendo in vita antichi saperi”. Le varie fasi della raccolta e della lavorazione si possono seguire sul sito www. villaserica.it dove nella sezione dedicata allo zafferano viene pubblicato un diario, con foto e spiegazioni, del lavoro fatto. La coltivazione dello zafferano in Lombardia interessa più di 5.000 metri quadrati distribuiti nelle province di Bergamo, Brescia, Mantova e in Valtellina.

pone gli “Amburgherini d’uva” con cuore di gorgonzola naturale, noci e semi di papavero. Sfida di forme e di gusto, dove il design applicato ai fornelli crea piccoli capricci da gustarsi in un solo boccone, identità mignon della società moderna dove bello, buono e veloce ne rappresentano la sfida. E proprio in quest’ottica, chi fosse negato ai fornelli o non avesse tempo per cucinare, potrà trovare in questo libro i ristoranti per ogni circostanza e luogo, suggeriti dai designer. D’altra parte, non si può vivere di sola arte.

LA RICETTA AMBURGHERINI VEGETARIANI Ingredienti: chicchi d’uva, preferibilmente senza vinaccioli, un pezzettino di gorgonzola piccante, una briciola di noce, semi di papavero o sesamo. Preparazione: tagliare a metà il chicco d’uva e rimuovere i vinaccioli, se presenti. Inumidire con un po’ d’acqua una delle due metà e immergerla nei semi di papavero o sesamo. “Imbottire” le due metà con il gorgonzola e le noci. Abbinamento: Franciacorta.

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L’ITINERARIO di Lara Abrati

Patate, mais e bertù: le tre “chicche” di Rovetta Il paese seriano ha deciso di puntare sulle sue eccellenze gastronomiche. Anche la Proloco in campo. Conservati in Norvegia i semi del “Rostrato rosso”

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ovetta, alta Val Seriana, si caratterizza per avere due zone agricole; una alle pendici dei monti, ormai molto edificata, e una pianeggiante chiamata Agro. I rovettesi sanno bene che in alcuni appezzamenti posizionati in queste due zone è possibile coltivare le due tipicità agricole del paese: le patate e il mais Rostrato rosso, il cui seme è stato selezionato e conservato con cura dall’agricoltore Giovanni Marinoni per oltre 60 anni. Un’occasione quindi per unire la scoperta dell’ “Itinerario nell’Agro” - segnalato dalla Proloco - al piacere di fare la conoscenza con questi prodotti del territorio. “Rovetta crede molto nella promozione della patata e del mais rostrato rosso - spiega Donatella

Scandella, responsabile della Proloco - perché son due prodotti di gran valore. Soprattutto nei confronti del mais, c’è molto interesse perché il lavoro di conservazione del seme fatto negli anni ha permesso di mantenere inalterate le sue caratteristiche. Il percorso di rilancio continua e di lavoro da fare ce n’è ancora molto”. Dieci anni fa, l’associazione culturale “Era del ‘900” ha dato il via alla sagra della patata e del mais. L’ultima edizione è stata invece organizzata dalla Proloco con la collaborazione della associazione pioniera. Quest’anno si è svolta il terzo fine settimana di settembre con risultati sorprendenti in termini di affluenza e di eventi programmati. I visitatori hanno potuto passeggiare tra le oltre 50 bancarelle adibite alla vendita di prodotti d’ artigianato e gastronomici. LA PATATA DI ROVETTA - Il tubero è caratterizzato da un marchio comunale, che la identifica, e può essere acquistata dai quattro produttori locali che ricordano di averla sempre coltivata e di averne incrementato la produzione da quando è iniziata la promozione. La coltivazione della patata nella quasi totalità dei casi è un’attività che va a integrare l’allevamento di bovine da

latte. Gli appezzamenti che ne consentono la coltivazione sono quelli mediamente sabbiosi in cui si riscontra un buon drenaggio dell’acqua. Le patate vengono seminate con l’ausilio di macchine e successivamente coperte di terra al fine di garantire un buon sviluppo sotterraneo del tubero. Non vengono mai irrigate né trattate con fitofarmaci. Le varietà utilizzate sono simili per quasi tutti i produttori e sono la Draga, la Kennebek e la Kuroda (patata rossa). Non sono varietà locali. IL MAIS ROSTRATO ROSSO - Tutt’altra storia invece per il mais Rostrato Rosso che nel 2011 ha ottenuto anche la denominazione comunale. In particolare, Giovanni Marinoni si è impegnato nel corso degli anni a conservarne i semi evitando, con accortezza, l’ibridazione con altre varietà di mais coltivate sull’altipiano e destinate alla produzione di insilati per l’alimentazione bovina. I semi sono addirittura stati inviati alla Banca del seme in Norvegia dall’Università degli Studi di Pavia. “I semi da destinare alla riproduzione - spiega l’agricoltore ultrasettantenne - sono quelli presenti nella parte centrale della pannocchia. Non tutte le pannocchie sono utilizzabili


novembre 2012 per selezionare la semenza per l’anno successivo, solo le migliori. È possibile eseguire questa operazione di selezione solo manualmente”. Tranne la semina, le attività di raccolta, sfogliatura e sgranatura sono eseguite esclusivamente e rigorosamente a mano per evitare il maltrattamento dei semi. Una volta raccolte, le pannocchie vengono appese all’aria per favorirne l’essicazione in mazzi da 6 o 7, coprendo in modo suggestivo le pareti e i tetti delle cascine. Le cariossidi (semi del mais) hanno un colore rossastro e hanno una forma “a punta” molto diversa dalle varietà di mais normalmente coltivate. La farina si può acquistare dai pochi che coltivano questo mais e si può utilizzare per la preparazione della polenta. Il consiglio è di farla cuocere almeno un’ora, per evitare di avvertire il sapore amaro, e di non travasarla, ma di toglierla dal paiolo a cucchiaiate. I BERTÙ DI SAN LORENZO - Recentemente, la Proloco è stata contattata da uno chef di Atlanta in Georgia che voleva informazioni relative ad una pasta fresca ripiena prodotta in zona: i Bertù di San Lorenzo (frazione di Rovetta). Lo chef era Mike Patrick e aveva letto la ricetta nel libro “Encyclopedia of pasta” di Oretta Zanini De Vita (University Press California - 2009). È partita quindi l’attività di ricerca, inizialmente chiedendo a qual-

i produttori

che persona anziana della zona e poi attraverso la bibliografia. Confezionati a Rovetta, Fino del Monte e paesi limitrofi, con varianti di diverso tipo, grazie alla ricerca i Bertù (una variante dei ben più famosi casoncelli) hanno potuto riacquisire la loro ricetta storica. Il nome deriva probabilmente dal dialetto che le comunità pastorali utilizzavano: il Gaì. Si riscontra infatti il termine “berta”, che vuole dire orecchio e quindi “bertù” orecchio grande, probabilmente in riferimento alla loro forma. Questo piatto ha subito creato interesse in Matteo Teli, chef del ristorante “Vecchio Mulino”, che ha affiancato la Proloco nel tentativo di riscoprirne la ricetta. Per la sfoglia viene utilizzata una farina integrale “sporcata” con un poco di crusca. Si utilizzano le uova, ma in maniera molto limitata. Il ripieno invece ha come ingrediente principale il cotechino sgrassato unito poi a formaggio da grattugia, al pane grattato, al prezzemolo, ad un poco di cipolla tritata, sale e un pizzico di noce moscata. I Bertù sono stati celebrati il 18 agosto scorso nella prima sagra a loro dedicata, la cui preparazione è stata affidata appunto a Matteo e al suo staff.

ENRICO BENZONI

BRUNO BECCARELLI

Residente nella frazione di San Lorenzo, Enrico Benzoni, fino al matrimonio, alla pastorizia a 23 anni, si è dedicato d tradizione di famiglia. Oggi, a come da tradizio 53 anni, alleva circa 30 bovini di razza frisona, di cui 20 circa in lattazione. Le patate di Rovetta le coltivavano sia il padre che il nonno. Le vende direttamente in azienda a 1,20 euro Quest’anno ha prodotto al chilo. Q circa 30 quintali di patate gialbianche e rosse. Sulla qualile, bianc tà del ttubero non ha dubbi: “È compatta, non si sfalda e ha compa sapore caratteristico”. un sa

Simpatico e sorridente, Bruno Beccarelli da circa 7 anni ha una stalla nell’Agro. Alleva circa 70 capi di cui una quarantina sono vacche in lattazione. Non ha una razza prevalente perché, lavorando con moglie e figlio maggiore, si dice “obbligato ad assecondarli” nella scelta e quindi: lui preferisce le brune, il figlio le frisone e la moglie le pezzate rosse. Coltiva circa un ettaro a patate, impiegando le tre diverse varietà con una produzione di circa 60/70 quintali, a seconda degli anni. Quest’anno sono state già vendute tutte, quindi bisogna rimandare gli acquisti al prossimo raccolto. Bruno coltiva anche mezzo ettaro a mais rostrato rosso, a livello sperimentale. “La scelta di intraprendere diverse attività a volte - spiega Bruno è anche data dal bisogno di integrare il reddito famigliare”. Le patate sono in vendita in azienda al prezzo di 1 euro al chilo.

via Foppe, 50 tel. 0346 80384

via dei Savoldelli - tel. 339 1084029

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L’ITINERARIO IL RISTORANTE

AL VECCHIO MULINO IL RILANCIO DEI “CASONCELLI” LOCALI Il ristorante “Vecchio mulino”, in val Borlezza, è localizzato - come si evince dal nome - in un mulino in disuso di cui sono ancora evidenti le ruote. L’attività ristorativa è affiancata da alcune camere, banchettistica e catering. Il locale è gestito dal 1992 dallo chef Matteo Teli e dalla moglie Cinzia Locatelli. L’ambiente è molto accogliente, immerso nella natura, posizionato di fianco a una sorgente dal nome “Fontana mora”. Internamente è tutto ben disposto e l’atmosfera è caratterizzata dalla presenza di un camino. Da circa un anno, Matteo si sta concentrando sull’utilizzo di materie prime del territorio e di qualità. Di qui la scelta di eliminare dalla carta, per esempio, i piatti a base di pesce di mare in favore di piatti a base di trota e salmerino allevati in proprio in alcune vasche laterali al ristorante. Abbiamo assaggiato tre piatti. Per iniziare, una tartare di patate bianche di Rovetta con bocconcini di salmerino e infusione di prezzemolo, poi i famosi Bertù di San Lorenzo, di forma irregolare e con evidente presenza esclusiva di cotechino bergamasco nel ripieno. Dal sapore deciso e molto gradevole. Infine, un tortino di polenta di mais Rostrato rosso di Rovetta con vellutata di Taleggio Dop e chiodini della Val Borlezza. Sono piatti che si possono trovare quotidianamente nella carta del ristorante e di cui consigliamo l’assaggio. Il servizio è impeccabile. Il ristorante osserva un lungo periodo di chiusura dal 1° novembre sino alla fine di febbraio.

Matteo Teli e Cinzia Locatelli

VECCHIO MULINO via Vogno, 15 - Rovetta - tel. 0346 20395 www.vecchiomulino.biz

i produttori

ANGELO VISINONI GIOVANNI MARINONI Angelo Visinoni e la moglie Elisa conducono l’azienda agricola con l’aiuto dei due figli, il maggiore Giancarlo e Luigi. Allevano 150 bovini di cui circa 70 in lattazione. Coltivano circa 1 ettaro a patate di diversa varietà che quest’anno hanno prodotto molto, circa 100 quintali, che vengono vendute direttamente a 1 euro al chilo. Coltivano inoltre 1,5 ettari a mais rostrato rosso la cui farina viene venduta a 2 euro al chilo.

piazza Marinoni, 7 tel. 0346 72834 340 4516457

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“Le mie galline, l’altro mais, non lo mangiano!”: questa frase è inserita nel video di Terra Madre 2010 di Slow Food. Giovanni Marinoni, classe 1935, con grinta ed entusiasmo da vendere, è il pioniere dell’attività di salvaguardia, selezione e conservazione del mais rostrato rosso, detentore del “segreto” tramandatogli da suo padre per la selezione delle cariossidi da destinare alla riproduzione. Coltiva circa 2 ettari di mais, con una produzione di circa 20 quintali di farina e poco meno di 1 ettaro di patate esclusivamente di varietà Draga, con una produzione che si aggira attorno ai 100 quintali. In questo periodo le pannocchie sono appese alla balconata della casa in cui viveva con la sua famiglia natale per essiccare. Racconta: “Abitavamo in quella casa in 21, con mio nonno e mia nonna. Tutti lavoravamo nei campi”. Giovanni, con la moglie Santina, lavora appezzamenti esclusivamente ai piedi della montagna, nella parte alta di Rovetta. I terreni sono tutti in affitto.

via G. Donizetti, 24 - tel. 0346 71013


Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U AT T R O E R R E


L’INTERVISTA

Parla Valentina Canò, la regina dei caprini: “Nella Bergamasca siamo tutti un po’ colpevoli, ognuno pensa per sé. In questo senso, i nostri cugini d’Oltralpe andrebbero assolutamente imitati”. “La voglia di sperimentare non mi abbandona. Anzi, con il latte di capra è, a mio avviso, fondamentale” di Leo Bartoli

“Troppi individualismi. E sui formaggi non decolla un progetto corale”

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e Battista Leidi è il maestro, lei è l’incontrastata regina dei caprini della Bergamasca. Perché Valentina Canò non ci mette solo passione, ma soprattutto estro e creatività, doti indispensabili per donare a un formaggio quella vena originale che si sposa alla bontà del prodotto e alla genuinità della materia prima e che piace ai consumatori. Da 15 anni è la titolare con il marito Roberto Facchetti - vero factotum della maison, dalle spedizioni alla conduzione dello spaccio - della Via Lattea di Brignano, punto di riferimento per i gourmand della Bassa. Ma è soprattutto la protagonista di creazioni superbe sia sul fronte della lavorazione lattica

che presamica, che vanno alla piramide o alla robiola di turno: tutto merito di quel “tocco in più”, capace di entusiasmare l’appassionato di formaggi di capra. Quando è nata la sua passione per il formaggio e per i caprini? “Abbiamo iniziato a produrre formaggi nel 1997 perchè mio marito aveva acquistato una decina di caprette. La passione è venuta stando a contatto con gli animali che sono davvero “speciali”. Le capre hanno una loro personalità ben precisa e sono capaci di interagire in modo divertente, creando legami affettivi. Per produrre un buon latte, e di conseguenza un buon formaggio,

l’animale non deve essere stressato: quindi molto dipende dai nostri comportamenti ancor prima di mettersi a caseificare” Domanda scontata: casa vuol dire oggi per una donna essere casara? “Questo è un mestiere antico, che facciamo ancora come “una volta”: senza l’uso di macchinari, tutto a mano in ogni fase. Io sono mamma, ho quattro figli e la mia attività è il quinto. Richiede cura e dedizione continue, non ci sono sabati o domeniche, l’unico momento di pausa è a gennaio quando gli animali sono in “asciutta”. Ma per come ci siamo divisi i compiti con mio marito, mi permette di dedicarmi alla speri-


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mentazione e agli affinamenti che adoro”. Come riesce a conciliare famiglia, lavoro e tempo libero? “Il tempo libero... beh quello ce lo siamo giocato ormai molti anni fa. E la famiglia ha imparato a condividere la vita con questo “bambino” un po’ ingombrante e che spesso condiziona noi tutti in modo pesante ma che rende anche loro “orgogliosi” quando sentono i commenti positivi di chi lo assaggia o sanno che abbiamo ricevuto un premio”. A proposito: quale finora la sua più grande soddisfazione professionale? “Ovviamente i due riconoscimenti al World Cheese Awards 2009 e 2011 che sono i concorsi a livello mondiale a cui abbiamo partecipato e in cui Capricandido e Morla sono stati premiati con Gold e Super Gold Medal. Ma le soddisfazioni, per fortuna, sono state tante”. Come mai, nella vostra coppia, è toccato a lei il ruolo di creativa? “Mah, probabilmente per inclinazione personale: io amo sperimentare, detesto fare sempre le stesse cose e cucinando in casa ho sempre avuto più a che fare con spezie ed erbe aromatiche. Poi la cosa mi ha un po’ preso la mano, così ovunque mi trovi vado cercando abbinamenti, idee, profumi… Così vengono fuori cose nuove subito di buon livello o sulle quali bisogna ancora lavorare. Ma non mancano neppure le clamorose delusioni”. Quanto conta in una lavorazione, la voglia di sperimentare? “Con il latte di capra la voglia di sperimentare è, a mio avviso, il mattone su cui poggia tutto. Non abbiamo in Italia una tradizione di grandi formaggi o Dop (tranne la

Robiola di Roccaverano) a base di latte di capra e il gusto dei consumatori si sta formando relativamente da poco tempo, quindi sono più disposti a provare le mie “variazioni sul tema”. Ci sono proprio clienti che si divertono a sperimentare insieme a noi, stimolandoci a fare sempre cose nuove. Non a caso, la frase più gettonata quando qualcuno entra del mio negozio è “cos’hai di nuovo da farmi provare?”. Quale la creazione di cui va più fiera? “Formaggi in crosta di cioccolato: è abbastanza folle?”. Bergamo ha il primato delle Dop, ormai quasi 9 con lo Strachitunt in arrivo, ma a differenza di Cuneo che è seconda ma che si è inventata Cheese, non è mai riuscita a dedicare una kermesse tutta per il formaggio: come lo spiega? “Non l’ho mai capito. Forse è legato al fatto che la cultura alimentare piemontese, che ha molto a che spartire con quella francese, ha compreso l’importanza della valorizzazione del prodotto legandolo al territorio. Intorno a Cheese si è creato negli anni infatti un business di alto livello, agricoltura e turismo se ne sono avvantaggiati e hanno saputo “restituire” in termini di qualità del servizio e idee imprenditoriali”. Quello dei caprini è il comparto caseario che negli ultimi anni ha registrato più nascite in Bergamasca, un boom che però è stato un po’ sottovalutato dal territorio... “Sono d’accordo, ed è un peccato. È mancato un buon progetto di valorizzazione o meglio ne sono stati fatti tanti, piccoli e scollegati l’uno dall’altro! In questo penso siamo un po’ tutti colpevoli perché troppo

Roberto Facchetti e Valentina Canò

individualisti: ognuno pensa per sé, non riusciamo a mettere in piedi un progetto corale... In questo senso i nostri cugini d’Oltralpe sono assolutamente da imitare”. A proposito di Francia e dei formaggi di capra: siamo ancora indietro o siamo all’altezza dei maestri? “Per le produzioni di capra, abbiamo ancora un bel po’ da lavorarci sopra. Ma c’è una cosa che dobbiamo assolutamente imparare: la commercializzazione. Se un francese decide di venderti un sasso incartato, “et voilà”, sarà il miglior sasso incartato che tu possa mai volere, e lo saprà tutto il mondo!”


IL PRODOTTO di Anna Facci

Coniglio, la tradizione che resiste Famiglie meno numerose e ritmi più frenetici non hanno intaccato le abitudini dei bergamaschi, che non rinunciano, soprattutto la domenica, a portare in tavola un classico della nostra cucina. L’Itala è leader nella produzione, ma le nuove norme europee sull’etichettatura di origine si sono “dimenticate” di questa carne

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n tempo era quello allevato in casa, oggi è quello che si compra dal macellaio o al supermercato. Poco sembra però essere cambiato nell’utilizzo della carne di coniglio nelle famiglie italiane, che continua ad essere tradizionale, impiegato cioè in quelle ricette consolidate nel tempo che fanno dell’Italia il paese con il consumo pro capite più alto in Europa e uno

tra i primi a livello mondiale, circa 4,5 chili l’anno, con punte attorno ai dieci chili nell’alto litorale campano e nelle isole (il coniglio all’ischitana è lì a confermarlo). In Bergamasca questo si traduce, come raccontano i macellai, nella più classica polenta e coniglio, che resiste come piatto d’elezione del pranzo domenicale e per quando si hanno ospiti, o in qualche altra ver-

sione sempre all’insegna della semplicità degli ingredienti e della preparazione. In realtà, nel passaggio dalle conigliere dietro casa ai banchi della distribuzione commerciale la produzione di cambiamenti ne ha subiti. Con la transizione dalla società rurale, in cui il coniglio veniva allevato per l’autoconsumo e l’integrazione del reddi-

L’ESPERIENZA

CRESCE L’INTERESSE PER “QUELLO DEL CONTADINO” Accanto all’allevamento intensivo, i cui prodotti finiscono nei mercati all’ingrosso, resistono anche a Bergamo piccole produzioni spesso destinate all’uso famigliare, all’integrazione delle attività agricola o all’autoconsumo nell’ambito dell’agriturismo. Chi ricerca il coniglio del contadino deve fare riferimento a queste realtà. Ne abbiamo trovata una in città, a Redona in via della Delizia, nel Parco dei Colli. L’azienda Colle Raiff (www.colleraiff. it), attiva da vent’anni, ha da qualche tempo puntato soprattutto sulla viticoltura, ripristinando i terrazzamenti e impiantando il vitigno autoctono Moscato di Scanzo, quest’anno alla prima vendemmia. «Mio padre – racconta Rossella – ha sempre allevato conigli e continua a farlo soprattutto per passione. Abbiamo dei clienti affezionati, per lo più anziani che ci tengono alle vecchie abitudini, che non vogliamo deludere». I conigli vengono venduti vivi, dal momento che l’azienda non ha le attrez-

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zature per conservare la carne macellata. «È un’attività marginale – rimarca –, ma non nascondo che sta destando un certo interesse. Siamo infatti stati contattati da Gruppi di acquisto solidale perché la carne di coniglio ha ottime qualità nutrizionali ed è buona e queste organizzazioni sono alla ricerca di fornitori dai quali sia possibile vedere come nasce il prodotto. Per quanto ci riguarda, abbiamo tolto le barriere divisorie tra le gabbie così gli animali hanno più spazio per muoversi ed ogni tanto li lasciamo liberi di scorrazzare in un recinto. Sono alimentati con mangimi e con l’erba che sfalciamo». «La prospettiva è allettante – precisa -, soprattutto perché credo che la carne di coniglio vada valorizzata e a noi piace l’idea di lavorare per qualcosa di buono e ben fatto. Al momento, visti anche gli investimenti nella vigna, resta più che altro un’ipotesi di lavoro, ma se le richieste dovessero aumentare ancora ci potremmo organizzare».


novembre 2012 to, a quella delle città, si è sviluppato un allevamento professionale, che da una trentina d’anni a questa parte ha potuto contare su tecnologie, strutture, tecnica mangimistica e selezione delle razze. Il coniglio venduto oggi proviene prevalentemente da allevamenti di tipo intensivo per rispondere alle esigenze di quantità e prezzo del mercato, anche se l’allevamento rurale non è scomparso. Fin qui niente di clamoroso, anzi. Ciò che forse non si sa è che dal 2007 la cunicoltura italiana – che deteneva il primato di produzione a livello comunitario ed europeo, con 93.500 tonnellate di prodotto, equivalente a 67,5 milioni di capi all’anno (la stima totale che comprende l’attività rurale è di un milione), pari al 54% del totale della produzione, mentre a livello mondiale era seconda soltanto alla Cina – è entrata in una profonda crisi a causa delle forti diminuzioni delle quotazioni e dell’aumento dei costi di produzione. Secondo quanto denunciato dai produttori davanti alle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato, la diminuzione dei prezzi è stata influenzata da ingiustificati aumenti nelle importazioni di carne di coniglio (il nostro Paese è infatti autosufficiente) e da una contemporanea diminuzione nelle esportazioni, «che hanno alterato sensibilmente la struttura dell’offerta di mercato e provocato uno status di crisi strutturale, che ha portato alla chiusura di molti allevamenti». Insomma, un settore in cui l’Italia è leader, messo in difficoltà dalla speculazione. Uno dei rimedi più lampanti, richiesto dai produttori (molto attiva è l’Anlac, Associazione nazionale liberi allevatori di conigli), è l’obbligo dell’etichettatura di origine, che ridarebbe valore al coniglio made in Italy. Con grande rammarico gli allevatori hanno però appreso lo scorso anno che

GROSSISTI E MACELLAI

«Resta un piatto invernale» Il trend del consumo delle carni di coniglio in Bergamasca è costante. L’utilizzo è all’insegna delle tradizione e non ha subito nel tempo grosse variazioni. Una prima conferma arriva da un ingrosso come la Loipoll di via Moroni. «Le carni bianche sono sempre molto richieste per le qualità nutrizionali ed i costi più contenuti – spiega Fulvia Loglio, una dei soci dell’attività avviata dal padre – ed il coniglio è tra queste, amato anche per il gusto. È un ingrediente tipico della cucina bergamasca e finisce sempre volentieri nella borsa della spesa anche oggi che le famiglie hanno meno tempo per stare ai fornelli. C’è semmai una stagionalità nella vendita, è infatti considerato un piatto invernale ed è perciò nel periodo freddo che si registra il maggiore consumo. È apprezzato anche perché si tratta di carne italiana, i nostri prodotti, in particolare, vengono da Reggio Emilia». Di stagionalità e tradizione parla anche Antonio Algeri, terza generazione dell’omonima macelleria a Nembro. «Un po’ per scherzo dico ai clienti di comprarlo d’estate e di congelarlo se vogliono risparmiare – commenta -, in quel periodo infatti il prezzo, che oggi è attorno ai 7.50 euro al chilo, scende anche di due, tre euro». La notazione contiene così anche l’indicazione dell’uso prevalente in cucina: «Come in passato, si continua ad acquistarlo intero – continua – e il sabato pomeriggio è la giornata in cui se ne vende di più», segnale inequivocabile che sarà il piatto della domenica, con ogni probabilità abbinato alla polenta. Chi si serve da Algeri non mostra quindi particolari difficoltà nel tagliare in casa le parti, né viene scoraggiato dai tempi di cottura. «Anche le signore più giovani – rileva – mostrano di aver tranquillamente appreso la tradizione e la portano avanti. Per offrire qualcosa di diverso a Natale, lo proponiamo disossato e ripieno». Il prodotto scelto è allevato a Modena. «Un buon coniglio è quello che mantiene una carne bella compatta – spiega il macellaio – ed ha sapore.

Giuseppe Marchesi con i figli Andrea e Alessandro

Ci si può invece imbattere in carni che si disfano e sanno di poco». «Vent’anni fa vendevo più o meno lo stesso numero di conigli, ad essere cambiate sono le porzioni», racconta Giuseppe Marchesi che con i figli e la famiglia porta avanti la macelleria aperta dal padre nel ’64 a Seriate, dal 1972 nell’attuale sede in corso Roma. «Un po’ perché si è di meno in famiglia, un po’ perché in tutto il settore della macelleria si ricercano prodotti pronti da cuocere, accanto al coniglio intero affianchiamo da tempo la vendita a pezzi». Schiena, cosce o costine le proposte. «In questo modo si compra solo la quantità necessaria e si scelgono i tagli preferiti – sottolinea -. Le persone più anziane in genere scelgono le cosce, più saporite, i giovani la schiena, che ha più polpa. Molto apprezzata è anche la schiena disossata e farcita, che rende di più e piace anche ai bambini perché non ci sono le ossa». «La cottura richiede un mimino di 45 minuti, ma se si protrae fino ad un’ora e mezza è meglio. In genere la preparazioni preferite sono semplici, arrosto o al forno». Coniglio come piatto invernale, dunque, e per piatti tradizionali. Eppure le possibilità sono molte di più. Le bistecche, ad esempio, sono una soluzione per chi ha fretta e perché non pensare ad un’insalata tiepida per l’estate? L’amato coniglio può regalare altri piaceri, all’insegna della salute, del gusto e senza spendere troppo.

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IL PRODOTTO

nel Regolamento Ue che introduce dalla fine del 2014 nuove norme sull’etichettatura degli alimenti sarà obbligatorio indicare il Paese d’origine per la carne fresca suina, ovina, caprina e per il pollame, ma non per quella di coniglio. Per i consumatori, anche senza quest’obbligo, non pare comunque difficile garantirsi, con un po’ di attenzione, la possibilità di portare in tavola coniglio italiano, visto che la produzione nazionale è ampia e che organizzazioni di produttori e consorzi hanno dato vita a marchi di qualità e disciplinari propri. La corretta identificazione dell’origine invece appare importante soprattutto per la determinazione dei prezzi al produttore e la salvaguardia del comparto dalla concentrazione in poche realtà. Un altro intervento chiesto da tempo dagli allevatori è l’istituzione di una Commissione prezzi unica nazionale, per definire quotazioni trasparenti sulla carne, recentemente varata, oltre a maggiori controlli e a un piano di promozione del consumo di carne di coniglio, le cui proprietà nutrizionali sono largamente riconosciute. In Bergamasca permane, come nel resto del Paese, l’allevamento rurale, spesso complementare alle attività principali dell’azienda agricola, mentre non c’è mai stato un grande sviluppo dell’allevamento intensivo. Le principali realtà che se ne occupano sono le stesse da una ventina d’anni, sono tutte localizzate nella Bassa

- Ghisalba, Antegnate, Cortenuova, Covo e Caravaggio – e si contano sulle dita di una mano. La produzione complessiva è stimata in circa 200mila capi all’anno. Ad Antegnate, ad esempio, Leone Gibellini ha un allevamento a ciclo chiuso che produce ogni anno 40mila conigli. «Si tratta di razze ibride selezionate per la produzione di carne – spiega -. La gestazione dura un mese e l’accrescimento 85 giorni. L’alimentazione è con mangimi bilanciati per ogni fase della vita e stiamo introducendo le nuove gabbie previste dalle disposizioni sul benessere animale. Per la macellazione ci rivolgiamo ad una struttura specializzata in Piemonte che si occupa anche del raccordo con i mercati per la vendita della carne». In Bergamasca non esistono macelli specializzati e la scelta degli allevatori va verso le zone dove la cunicoltura è più presente come il Piemonte, appunto, e il Veneto, regione che detiene il primato della produzione. Anche in Lombardia, comunque, esistono alcuni macelli e la produzione regionale,

con una quota del 7%, è la quarta a livello nazionale. «I problemi sanitari di qualche anno fa si stanno risolvendo – evidenzia Gibellini -, ora però a metterci in difficoltà è l’aumento delle spese per le materie prime, che dall’inizio dell’anno sono cresciute del 30%». Un altro versante dell’allevamento dei conigli è quello delle attività iscritte al Registro anagrafico della specie cunicola, lo strumento per la conservazione o la salvaguardia biologica delle razze allevate in Italia con particolare riguardo al mantenimento dello standard morfologico e della variabilità genetica. Al registro sono iscritte 43 razze “in purezza” e gli allevatori si occupano di selezionare i migliori esemplari. È in pratica un’attività a monte dell’allevamento finalizzato al consumo, che permette di migliorare la qualità e la resa valorizzando le carni tipicamente nazionali. In questo settore gli allevatori sono circa 300 in tutta Italia, 8 quelli della provincia di Bergamo. Si tratta di piccole realtà con una trentina di fattrici.

LA SCHEDA

UNA CARNE RICCA DI “VIRTÙ” La carne di coniglio ha un ottimo contenuto proteico, è ricca di lisina e treonina, due aminoacidi (i mattoni che servono per costruire le proteine) essenziali, che il nostro corpo può avere cioè solo con l’alimentazione, e questo la rende molto adatta ai bambini, agli adolescenti e agli anziani. Il contenuto in lipidi è più basso rispetto a quello di altre carni, con acidi grassi sia saturi che insaturi in ottima proporzione fra loro. Per questo la carne di coniglio è adatta anche a chi soffre di ipercolesterolemia, nonostante il contenuto di colesterolo sia simile o di poco inferiore, per esempio, a quello dei bovini (65 mg/100 g contro 68 mg/100 g di parte edibile). Vi si trovano dosi di fosforo, potassio e magnesio simili a quelle di altre carni, ma non è così per quanto riguarda il ferro, che invece è circa la metà

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(1 mg/100 g di parte edibile). Vista la scarsità di lipidi, sono poche le vitamine liposolubili, mentre raggiungono una quota simile a quella di altre carni le vitamine idrosolubili, cioè quelle del gruppo B. I conigli sono macellati intorno alle 10-13 settimane di età, quando raggiungono un peso vivo fra i 2 e i 3 kg. La tipologia di vendita più diffusa è ancora la carcassa intera, che raggiunge un peso di 1,5 – 2,5 kg dopo spellatura ed eviscerazione (sono comunque lasciati fegato e reni) o la mezza carcassa. Per avere carni tenere adatte ad un arrosto è meglio scegliere conigli giovani (il loro peso è di circa 1,5 kg), se invece si vuole preparare un ottimo umido sono preferibili conigli un po’ più grossi e “anzianotti”, che hanno carni più dure ma molto saporite.



SARNICO, INAUGURATO IL NUOVO ALBERGHIERO

FUORI PORTA

“Taurasi”, la trattoria che esalta i sapori del Sud di Michela Brivio

Leo e Vita, a Melegnano, hanno realizzato un locale che celebra la cucina campana e pugliese. Pochi piatti ma cucinati secondo tradizione

Ha mantenuto la parola data lo chef Gualtiero Marchesi che lo scorso 26 ottobre ha tagliato il nastro del nuovo istituto alberghiero di Sarnico, dopo averlo tenuto a battesimo durante la presentazione lo scorso 16 febbraio. Oltre all’apprezzato e conosciuto chef, autorità provinciali, regionali e cittadine sono stati presenti all’inaugurazione del laboratorio che l’amministrazione comunale di Sarnico e la Provincia di Bergamo hanno realizzato per ospitare le attività degli oltre 70 alunni che dall’anno scolastico 2012/2013 hanno scelto l’indirizzo dedicato ai servizi per l’enogastronomia e ospitalità alberghiera dell’Istituto Serafino Riva. Il laboratorio, realizzato all’interno del parco del Serafino Riva e attrezzato con tutti gli strumenti di una cucina professionale, sarà utilizzato dagli studenti a partire dai prossimi mesi, dopo aver assistito alle lezioni teoriche che i nuovi docenti arrivati a Sarnico stanno tenendo. L’inaugurazione, presso la sede dell’Istituto in via Cortivo 32, è stata aperta da una breve performance teatrale a tema e ha coinvolto, insieme a Marchesi, anche gli studenti in un interessante confronto sui temi della cucina e della scuola. Con l’occasione, tutti coloro che hanno partecipato alla cerimonia hanno visitato il parco completamente riqualificato dall’amministrazione comunale: oltre 3.000 metri di verde pubblico attrezzato a disposizione non solo degli studenti ma anche di tutti i cittadini.

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“I

l nostro ambiente è fatto dal cliente che trova in esso riflesso il proprio modo di essere e di porsi nei confronti dei sapori antichi, vivendo momenti di gioia per l’animo ed il palato. Noi vogliamo arricchire quei momenti dando valore aggiunto e gaudio al gusto ed al convivio”. È questo il benvenuti al Sud che Leo & Vita vi daranno a “Taurasi”, trattoria/pizzeria alle porte di Melegnano frutto lavorativo del loro incontro e storia d’amore. Lui, d’origine irpina, ha alle spalle una famiglia dalla quale arriva la sua passione e formazione: il papà grande cuoco di casa, la mamma pasticcera di professio-

ne e la nonna “Pasqualinella” con la sua osteria di paese. Per lei invece, dell’entroterra pugliese, un lavoro tutto da imparare, giorno dopo giorno e affiancandolo in quest’avventura. I contesti lavorativi iniziali di entrambi sono lontani dalla ristorazione ma nel 1992 decidono di seguire il cuore aprendo un bar a Cerro per poi trasferirsi a Melegnano con una pizzeria d’asporto, dove Leo incomincia a cucinare anche qualche piatto di “straforo”: primi e dolci con ricette che sanno di tradizione e profumano di casa. Acquistano poi un negozio chiuso da anni, davvero “sgarrupato” e “da met-

EMOZIONI DAL MONDO, IL CONCORSO INTERNAZIONALE ASSEGNA 62 MEDAGLIE Ben 62 medaglie assegnate: una Gran Medaglia d’Oro (andata al Cabernet Sauvignon di Vivallis - Rovereto), 58 Medaglie d’Oro e 3 Medaglie d’Argento. Ecco in breve i risultati ottenuti grazie all’elaborazione dei giudizi dei 74 giurati (tecnici e giornalisti del settore provenienti da 30 nazioni nel mondo) riuniti nelle 7 commissioni che durante la mattinata del 19 ottobre scorso sono stati chiamati a degustare i 213 campioni ammessi all’8° Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme”. Per il secondo anno consecutivo ad aggiudicarsi il Premio della Stampa Italiana è stato un vino bergamasco: il Valcalepio Rosso Doc 2010 dell’Azienda Agricola Cascina del Bosco - Lorenzo Bonaldi.


novembre 2012 tersi le mani nei capelli”, come ricordano, e lo rimettono a nuovo aprendo, otto anni fa, Taurasi. Inizialmente è solo pizzeria ma giorno dopo giorno si completa in quella che è oggi una convincente trattorie dai sapori mediterranei, con solo 40 coperti, semplice ma accogliente. Leo ricorda i suoi primi piatti, cucinati tra una pizza e l’altra e frutto di quella dote innata e irrazionale che Vita gli riconosce in ogni momento, come il purè di fave e cicorie o le orecchiette con broccoli, vongole e bottarga, piatti che sono oggi gli intoccabili dal menù. La carta, con poche proposte, è dedicata alle loro terre d’origine ed è difficile scegliere su quale verso soffermarsi e la breve citazione degli ingredienti, sotto ogni voce, fa subito capire che in cucina non c’è semplicemente un cuoco ma un cul-

Vita Marangelli e Leonardo Casale

TAURASI via Dante, 1 - Melegnano (Mi) tel. 02 9830217 tore della materia prima. Leo si occupa in prima persona degli acquisti e selezioni a partire dalle loro terre, da dove ordina la maggior parte dei prodotti, per arrivare alla spesa quotidiana e mattutina nei mercati dei dintorni, valorizzando poi questi “presidi” in cucina con preparazioni giornaliere, le cotture più adeguate e rifiutando qualsiasi “aiuto” o scorciatoia, come l’abbattitore o le precotture. Così come lui è solo in cucina, anche Vita è l’unica in sala e quindi la piccola e giustificata attesa, dopo l’ordinazione, sarà ripagata da ogni singola portata che regala un viaggio alla riscoperta della tradizione, storia e cultura che Leo riassume magistralmente anche nei piatti “ospiti” che propone. L’ultimo? Un manzo all’olio fedele alla più antica ricetta recuperata direttamente nel territorio bresciano, dopo averlo assaggiato ed essersi documentato, come succede ogni giorno e per ogni cosa che entra ed esce dalla sua cucina. In tutte le portate Leo interpreta e presenta con grande personalità la cucina

Un concorso veramente internazionale, i dati parlano chiaro: 20 nazioni rappresentate per quanto riguarda i giurati e 30 nazioni per quel che concerne i campioni in gara. Ma soprattutto un concorso all’insegna delle Emozioni, come ha ricordato il presidente del Consorzio Tutela Valcalepio Enrico Rota durante il suo intervento inaugurale delle degustazioni, svoltesi presso lo spazio ALT di Alzano Lombardo. “È possibile emozionarsi per varie ragioni ed in varie situazioni - ha commentato Rota -. Si può provare una profonda emozione anche davanti ad un ottimo bicchiere di vino. Speriamo che l’aver portato per la prima volta delle commissioni d’assaggio in un

semplice della ricca Irpinia e Puglia, con piatti veraci, mai scontati e dai sapori veri e autentici. Ad aprire il viaggio, salsiccia e friarielli, o’ fritto, cartoccio di Alici di Cetara ed un sartù di riso che vi faranno decollare. Notevoli i primi piatti: paste fresche e formati autoctoni come i cavatelli fagioli e cozze e i paccheri alla genovese o tra le zuppe la minestra maritata. Proseguendo sul versante dei secondi: coniglio alla procidana, cosciotto di maialetto cotto nel forno a legna e l’imperdibile baccalà “pertecaregna”, con patate, papacelle e broccoli ripassati. Consigliata una sosta di degustazione tra i salumi e i formaggi prima della dolce tappa dove regina è la pastiera che è, afferma Leo, “il mio dolce preferito e a cui sono legato emotivamente perché lo facevo da piccolo con mia madre”. Non da meno sono la torta di babà al rhum o quella di ricotta e pere. Ma il locale propone due itinerari e quindi ancora tradizione nella pizza alla napoletana o “pasta cresciuta”, come la chiama lui, proposta solo alla sera: 24 ore di lievitazione naturale, solo ingredienti ricercati e selezionati, come la mozzarella di bufala che arriva due volte alla settimana direttamente dal “Paese”, condimenti e verdure preparati personalmente in cucina, per un risultato davvero eccellente. La carta dei vini, coerente alla proposta gastronomica, è legata alle origini e meritano una segnalazione le etichette di famiglia che Leo vi presenterà e racconterà con orgoglio, brindando con voi se il lavoro e il tempo glielo permetteranno. La spesa per questo itinerario del gusto si aggira intorno ai 40 euro. Raccomanda la prenotazione.

luogo carico di emozioni come il Museo di Arte Contemporanea di Alzano abbia accresciuto ulteriormente l’emozione della degustazione”.“Quest’anno - ha detto il direttore del Consorzio, Sergio Cantoni - abbiamo deciso di celebrare al massimo la produttività del territorio bergamasco, dimostrando ai nostri ospiti che Bergamo ha una realtà produttiva che non si limita alle eccellenze enogastronomiche ma tocca anche altri ambiti: ad esempio il cemento. Gli ex magazzini dell’Italcementi, rinnovati e restaurati per ospitare questa affascinante collezione, rappresentano davvero al meglio la realtà di Bergamo: una terra che lavora, produce ma garantisce anche un grande bagaglio di emozioni”.

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APPUNTAMENTI FINO AL 25 NOVEMBRE

“NAVIGLI GOLOSI”, IN RASSEGNA I RISTORANTI DELL’ADDA MILANESE Il turismo dei centri minori può riservare piacevoli scoperte. È quanto vuole mostrare “Navigli Golosi”, rassegna gastronomica organizzata dall’Associazione territoriale dell’Adda milanese della Confcommercio, in collaborazione con Navigli Lombardi e i Comuni di Cassano d’Adda, Inzago, Pozzo d’Adda, Trezzo sull’Adda e Vaprio d’Adda. L’iniziativa coinvolge 17 tra ristoranti, trattorie e osterie che a prezzi speciali presentano la propria offerta, con una particolare attenzione ai prodotti locali e ai piatti della tradizione. Scorrendo i menù, che vanno dai 15/20 euro ad un massimo di 45 euro a seconda dei locali, si incontrano proposte classiche come il risotto con l’ossobuco, la cassöla con la polenta, il Rusitnnegà, ossia la cotoletta di vitello, ma anche casoncelli, foiade, lumache, cinghiale, salumi e formaggi. Ci sono anche il pesce d’acqua dolce e quello di mare, accanto a piatti più semplici e per tutti i gusti. Oltre alla gastronomia, la manifestazione - in programma fino al 25 novembre - vuole far conoscere il territorio dei Comuni lungo l’asta del medio corso dell’Adda: dal Naviglio al Parco Adda Nord, dalle ville alle chiese, tra testimonianze storiche, tradizioni rurali e patrimonio culturale.

Questi i locali aderenti: a Cassano d’Adda Albergo Ristorante Julia, Albergo Ristorante Isola, Il Birbante, Pizzeria Vecchio Fiume, Osteria La Tesorella, Trattoria Da Andrea; a Inzago Ristorante del Ponte, Ristorante per Bacco, Peccato di Gola; a Pozzo d’Adda Pizzeria Brothers and Sisters, Osteria Circulin; a Trezzo sull’Adda Al Pacialacc, Trattoria La Vecchia Scuderia, Le 4 Stagioni; a Vaprio d’Adda Ristorante Cis, Ristorante Da Quei Due, Ristorante Belvedere. Su www.naviglilombardi.it il dettaglio dei menù e delle condizioni.

DAL 23 AL 25 NOVEMBRE

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DAL 30 NOVEMBRE AL 2 DICEMBRE

PRODOTTI D’ECCELLENZA E CENE “STELLATE” AD ABBIATEGUSTO

IL BIOLOGICO CERTIFICATO PROTAGONISTA A BOLZANO

Per tre giorni, nell’ormai classica collocazione dell’ultimo fine settimana di novembre, Abbiategrasso (Mi) si propone come piccola capitale del gusto, distribuendo attrazioni golose tra i padiglioni dello spazio fiere e la città. Lo fa con Abbiategusto, manifestazione dallo scorso anno riconosciuta come fiera nazionale dalla Regione Lombardia, che torna dal 23 al 25 novembre confermando la formula fondata sulla ricerca della qualità e il confronto tra le eccellenze, siano del territorio o provenienti dal circuito delle Cittaslow, garantite da zone-simbolo della ricchezza agroalimentare italiana o importate dall’estero. Si potrà trovare di tutto (o quasi) a patto che sia eccellente: dai distillati francesi al tartufo, dai salumi ai formaggi, dalle conserve ai presidi Slow Food fino a ostriche e foie gras, novità di quest’anno. Sosta consigliata all’enoteca, nella quale si possono trovare grandi vini, ricercati al di fuori dei nomi più conosciuti del panorama enologico. Il ristorante a fianco dei padiglioni espositivi è invece il centro della cucina popolare, con i patti tipici della tradizione lombarda disponibili anche per l’asporto, mentre il Castello Visconteo propone un salone dedicato all’Oltrepò Pavese, una raffinatissima “Osteria del culatello” e un angolo tutto dedicato a ostriche e cruditè. Nell’ex convento dell’Annunciata sono in programma tre cene preparate da altrettanti chef “stellati” - Massimo Spigaroli, Carlo Cracco e Fabio Barbaglini – e nelle strade e nelle piazze di Abbiategrasso botteghe pronte a offrire assaggi e degustazioni affiancheranno mercatini del “bio” e della tradizione. Coinvolti anche i ristoranti. www.fondazioneabbiatense.org

Da venerdì 30 novembre a domenica 2 dicembre, alla Fiera di Bolzano, Biolife apre un’ampia vetrina sulla produzione agroalimentare italiana biologica certificata. La nona edizione conferma la volontà di mantenere alta la qualità dei prodotti, forte di 200 espositori provenienti da tutta Italia, che presenteranno le particolarità ed il valore del loro lavoro, all’insegna del gusto, dell’alta qualità organolettica, della rintracciabilità e sicurezza alimentare, della tradizione del territorio e del rispetto dell’ambiente. Nell’area food sono previsti oltre 2.000 prodotti, tra materie prime, farine e riso, formaggi, salumi, condimenti, bevande e vini. Oltre all’alimentare, guadagna spazio e attenzione l’area dedicata alla cosmesi, per la quale esiste un protocollo di ammissibilità studiato da Biolife, ed al tessile. La ristorazione interna promuove le eccellenze regionali presenti attraverso proposte dedicate ai territori. Importante il piatto realizzato con prodotti di Libera Terra. La manifestazione saluta inoltre l’approvazione del regolamento europeo sul vino biologico, atteso del 1991, dedicando una piccola area a zona enoteca/degustazione. www.biolife.it .


novembre 2012 DAL 22 NOVEMBRE AL 9 DICEMBRE

IL TRENTODOC SPOSA I SAPORI DI MONTAGNA “Bollicine su Trento” è l’appuntamento di fine anno (dal 22 novembre al 9 dicembre) con il Trentodoc, il fiore all’occhiello della vitivinicoltura trentina, spumante metodo classico prodotto con uve esclusivamente trentine, frutto di una tradizione centenaria, di un territorio di montagna particolarmente vocato e di un numero sempre crescente di produttori. L’evento si tiene a Palazzo Roccabruna, dimora cinquecentesca sede dell’Enoteca provinciale del Trentino, e dà la possibilità di degustare, dal giovedì alla domenica, la collezione di Trentodoc e di seguire il programma di approfondimenti, laboratori enogastronomici e menù sul territorio. Tra le proposte, il percorso che illustra come nasce il Trentodoc, i laboratori sugli abbinamenti, sull’evoluzione organolettica, sul connubio con i formaggi trentini e sull’utilizzo a tutto pasto. Il metodo classico di montagna si sposa ai sapori d’alta quota nell’accostamento a taglieri di salumi e formaggi di malga, mentre nei fine settimana va in scena in una malga, un agritur o un ristorante ogni volta diverso “A tavola con il Trentodoc”, con menù tematici. “Trentodoc on the road” è infine l’iniziativa che coinvolge l’intera provincia fino al 6 gennaio, con happy hour nei locali e nei rifugi a base di bollicine e prodotti locali, corner nelle gastronomie e nelle enoteche, cantine aperte e la valorizzazione dello spumante nella ristorazione e nelle strutture ricettive. www.palazzoroccabruna.it

MILANO

IL PANETTONE INTERPRETATO DA 36 MAESTRI DELLA PASTICCERIA Per assicurarsi, in vista delle Festività, un panettone d’autore, a Milano il 24 e 25 novembre, nello Spazio A delle ex officine Ansaldo in via Bergognone 34, c’è Re Panettone, festa del mitico dolce milanese ed evento che fa il punto sulle migliori interpretazioni del prodotto artigianale. Trentasei fra i migliori pasticcieri – da Milano, dalla Lombardia, dalle altre regioni d’Italia e dalla Svizzera - faranno assaggiare panettoni artigianali e altri lievitati d’eccellenza e, per chi vorrà portarsi a casa i prodotti, il prezzo al chilo sarà lo stesso per tutti i dolci in mostra, 20 euro. La novità principale di questa quinta edizione riguarda gli ingredienti. Saranno infatti presenti solo lievitati privi di conservanti, emulsionanti e altri additivi artificiali, per esaltare la freschezza, la naturalità e l’artigianalità, vale a dire le maggiori discriminanti rispetto ai prodotti industriali. Accanto alla mostra mercato in programma anche un’azione teatrale (Tre voci milanesi per il panettone dei poeti e della tradizione popolare), un concorso per dolci lievitati innovativi e uno per confezioni, un quiz a premi, degustazioni guidate e incontri. L’ingresso è libero, l’orario dalle 11 alle 19. www.repanettone.it

ITINERARIO LUNGO IL PO TRA I SAPORI PIACENTINI È iniziata il 15 ottobre e proseguirà fino a marzo 2013 “Un Po di gusto”, rassegna gastronomica della Strada del Po e dei sapori della Bassa piacentina giunta alla sesta edizione. In questo periodo, 14 ristoranti e locali convenzionati dei sette Comuni coinvolti in un circuito di circa 100 chilometri che ha come filo conduttore il fiume (Caorso, Monticelli, Villanova, San Pietro in Cerro, Cortemaggiore, Besenzone e Castelvetro) offrono un menù realizzato con prodotti enogastronomici locali. L’ampia estensione temporale permette di affiancare alla proposta culinaria at-

tività diverse anche in base al clima. Si può, ad esempio, approfittare delle offerte turistiche per il soggiorno, navigare sul Grande Fiume con la motonave Cal-

FINO A MARZO

purnia o pedalare lungo il Po in bicicletta. I prezzi vanno dai 25 euro ai 58 euro a seconda del locale. C’è anche la possibilità di una sosta più veloce e informale al costo di 8 o 15 euro. Per farsi venire l’appetito ecco qualche piatto pescato qua e là tra i menù: culatello di produzione propria, coppa, salame e pancetta piacentini Dop, Pisarei e Fasò, Pisarei al ragù di triglia, Tortelli piacentini ripieni di ricotta e spinaci, Tortelli di zucca, Marubini fatti in casa, brasati, anatra, faraona, lumache o ancora frittura di pesce gatto. Sbrisolona, zabaione o dolci fatti in casa per chiudere. info@stradadelpo.it

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PREZZO FISSO

Il self service su misura per chi lavora di Fulvio Facci

Aperto solo all’ora di pranzo, il locale de “La Ristor” nell’area industriale di Seriate propone menù “tagliati” sul valore dei buoni pasto. Si può magiare con 4,50 euro. «Per quanto possibile scegliamo prodotti locali»

S

i scrive “mensa” - anzi “mensa interaziendale” - ma si legge ottimo self service per la pausa pranzo con un rapporto qualità/prezzo di grande convenienza. Il limite? Proprio in quanto mensa se ne può usufruire solo se ci sono accordi, appunto, con l’azienda oppure pagando con i buoni pasto. Questo avviene a Seriate, in via Pastrengo al numero 9, in piena zona industriale, nell’area sulla quale sorgeva l’Ismes, l’Istituto Sperimentale Modelli e Strutture, che per anni è stato uno dei fiori all’occhiello nel panorama industriale bergamasco e che dai 400 dipendenti dei momenti migliori è sceso ai 40 attuali dell’Ismgeo. Sull’area dismessa dall’Ismes si sono installate nuove realtà industriali e La Ristor srl è andata avanti nel progetto di quella che doveva essere la mensa dell’Istituto e che poi, per necessità, è diventata interaziendale. «Era il 2008 ed avevamo da poco comprato il fabbricato – racconta Sara Innocenti, 35 anni e una laurea in Conservazione dell’arte contemporanea, una dei soci della Ristor – ed è venuto a mancare il babbo. Ci siamo trovati io e mio fratello Andrea con 17 coperti giornalieri da 5 euro e l’immobile da pagare. Ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo deciso insieme di continuare. Ce l’abbiamo fatta, ora

LA PROVA

AMPIA LA ROTAZIONE DEI PIATTI Meglio partire dai prezzi. Il menù prevede tre combinazioni. Primo piatto, contorni a buffet, bibita (vino o acqua) e caffè costano 4.50 euro. Secondo piatto, contorno caldo, contorni a buffet, bevanda e caffè vengono proposti invece a 5.50 euro. Il menù completo - primo, secondo, contorno caldo, contorni a buffet, bibita e caffè - costa 7.50 euro: uno dei più bassi in assoluto soprattutto se si tiene conto che il locale è mensa nella definizione ma non nella qualità. Pane e grissini sono compresi, dessert e frutta costano un euro. Sorprendente è la varietà dei piatti che vengono proposti nel corso del mese: un’esigenza molto sentita è infatti quella di evitare ripetizioni e consuetudini nei confronti di clienti abituali. E allora tra i primi si possono citare, ad esempio, il risotto zafferano e asparagi, gli gnocchi alla crema di funghi, le crespelle alla valdostana. Ogni giorno c’è anche una zuppa: di verdure, d’orzo e legumi, di farro e carote, pasta e fagioli. Ai tre primi che variano ogni giorno vanno aggiunti la pasta al pomodoro, la pasta al ragù alla bolognese e la pasta ed il riso in bianco, che ci sono sempre, così come gli affettati e i formaggi. Quattro le proposte di secondi piatti delle quali una, nella stagione estiva, è sempre un piatto freddo: manzo fumè, roastbeef all’inglese, vitello tonnato, speck con carciofi, salmone affumicato. Il pesce è ricorrente: lo spada ai ferri, il filetto di persico alla livornese, il filetto di platessa impanato. La varietà non manca nemmeno nei piatti di carne: bollito misto, cotoletta alla milanese, braciole alla pizzaiola, svizzere, petti di pollo. Un giorno al mese c’è anche la pizza. Tra i contorni caldi il purè di patate, le patatine fritte, i piselli al prosciutto, la polenta, le lenticchie. Vastissima l’isola con le verdure a buffet. Nel giorno della nostra visita abbiamo trovato: zuppa toscana, tortelli alla zucca con sugo di zucca e orecchiette tra i primi. I secondi piatti erano costituiti da coniglio arrosto, scaloppine ai funghi e scamorza fusa avvolta nello speck. Il contorno caldo era la polenta taragna. Tortelli alla zucca, scamorza e speck e polenta taragna la nostra scelta. Un duro attacco alla nostra dieta, ma ne valeva la pena. Ottimo rapporto qualità/prezzo.


novembre 2012

IN CITTÀ

A scuola prodotti tipici nel piatto e nella didattica Sara Innocenti

viaggiamo a pieno regime, i clienti sono affezionati e ci danno soddisfazioni, anche se la crisi si sente, nella zona ci sono aziende che chiudono o diminuiscono il personale». In effetti La Ristor è un’azienda importante nel settore della ristorazione collettiva. Gestisce infatti le mense di numerose aziende, scuole, istituti religiosi, attività turistiche oltre ad occuparsi di catering e banqueting. E se la struttura di Seriate, che ospita anche il centro di cottura collettiva, è aperta solo ai convenzionati ed agli utilizzatori di ticket, i servizi presso la Casa del Giovane di Bergamo e la Fondazione Rubini di Romano di Lombardia sono accessibili anche al pubblico. «Certo è una cucina per grandi numeri – prosegue Sara Innocenti – ma noi abbiamo uno chef giovane e bravo. Non dimentichiamo che i nostri sono clienti abituali, in pratica mangiano tutto il mese da noi e quindi abbiamo un menù diverso tutti i giorni con pochissime ripetizioni. Seguiamo ovviamente la stagionalità e utilizziamo materie prime di qualità. È una nostra scelta, ma è anche il tipo di lavoro ad imporre grande attenzione alle misure igieniche. Per gli approvvigionamenti, per quanto possibile e soprattutto in relazione a ortaggi e verdure, abbiamo sposato la filosofia del chilometro zero e della filiera corta. Molti dei dolci li facciamo noi. Abbiamo cotture e celle separate per prodotti senza glutine. Facciamo del nostro meglio e siamo convinti che il nostro lavoro sia apprezzato: abbiamo persone che mangiano tutti i giorni da noi da quattro anni e questo è un bel riconoscimento!». I pranzi vengono scanditi con ritmi ben precisi, alle 12 iniziano operai e muratori e si va avanti fino alle 13.45, quando arrivano i bancari. «C’è una buona organizzazione – evidenzia -. A volte è inevitabile che si formino delle code, ma vengono smaltite in fretta». E i prezzi? «Meno di così credo che proprio non si possa fare – rileva -. Cerchiamo di seguire le esigenze di chi usa i buoni pasto e quindi si va dai 4.50 euro ai 7.50».

All’interno delle attività didattiche delle scuole primarie, l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Bergamo ripropone anche per l’anno scolastico in corso il progetto “Mangio Locale e Penso Universale”, per favorire la diffusione di un corretto stile alimentare, secondo i principi di una alimentazione equilibrata, della varietà e della stagionalità dei prodotti, anche con l’introduzione nelle scuole del menù a “Chilometro zero”. Un modo anche per sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza del settore agricolo e sulla ricchezza del patrimonio enogastronomico locale nonché favorire una corretta conoscenza del territorio per poterlo tutelare e salvaguardare oltre che promuovere. L’iniziativa si realizza grazie alla collaborazione con Bergamo Servizi Pubblici srl., Coldiretti Bergamo e SerCar Ristorazione Collettiva. Per gli insegnanti e gli alunni, il progetto prevede la realizzazione di una serie di laboratori didattici, la possibilità di effettuare visite guidate in “fattorie didattiche” e di essere accompagnati ai mercati di Coldiretti “Campagna Amica” che si svolgono in città. I prodotti agricoli locali, in questo modo, non solo entrano nelle mense scolastiche, ma entrano anche nei programmi didattici. Le imprese agricole che forniranno i prodotti per i menù sono una decina, sette le fattorie didattiche che ospiteranno le classi e numerosi i mercati agricoli cittadini. Qualche esempio di ciò che i bambini troveranno nel piatto? Crema di patate e zucca con riso, arrosto di manzo, polenta, brasato, Scarpioncc de Par, Branzi. Attraverso un concorso che mette in palio premi utili e gustosi per tutti i partecipanti e una mostra aperta al pubblico con gli elaborati prodotti dagli alunni, si vogliono inoltre stimolare le risorse creative dei più piccoli e comunicare anche all’esterno l’esperienza educativa maturata in classe, amplificando al contempo la conoscenza della ricchezza delle tradizioni alimentari del territorio.

LA RISTOR SRL MENSA INTERAZIENDALE EX ISMES via Pastrengo, 9 - Seriate aperta da lunedì a venerdì dalle 12 alle 13.45

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novembre 2012

LA NOVITÀ

La pizzeria d’asporto si allea con il kebab A Cene una coppia bergamasca ha deciso di affiancare al forno lo spiedo con il cilindro di carne. «Abbiamo conquistato anche chi, magari solo per un pregiudizio, non lo aveva mai provato prima»

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n comune hanno il fatto di essere golosi, veloci ed economici. Pizza e kebab take away hanno però sinora quasi sempre viaggiato su frequenze differenti. I locali di kebab, per lo più gestiti da immigrati, sono visti sopratutto come una proposta per i giovani, che hanno modo di soddisfare a tutte le ore il robusto appetito tipico dell’età. Un taglio meno fast e più domestico hanno le pizzerie da asporto, cui ci si affida per risolvere la pausa pranzo, la cena al termine di una giornata piena di impegni o la serata tra amici. I compartimenti, naturalmente, non sono stagni e se in alcuni locali - soprattutto i franchising e le catene presenti nei centri commerciali, ma anche gli stessi “kebabbari” – i due piatti si sono già alleati, un po’ più raro è trovare dei gestori bergamaschi che decidono di affiancare al forno della pizza più tradizionale lo spiedo con il cilindro di carne rotante. Accade a Cene, da “Profumo di pizza” in via Bellora 27, attività aperta lo scorso 7 settembre da Giambattista Bertocchi, 39 anni, e dalla moglie Alessandra Occioni, 30. Bertocchi proviene dalla ristorazione, nel 2003 con due soci ha infatti rilevato dalle zie il ristorante Eden di Cazzano Sant’Andrea, che ha poi preso il nome “Da Lando”. «Dopo nove anni la società si è sciolta – racconta –, considerando però il difficile momento economico e la scarsa propensione della gente in Valle Gandino a concedersi uscite al ristorante, ho cambiato direzione puntando su qualcosa di più accessibile e meno impegnativo». Visto che l’esperienza al forno ce l’aveva già, decide di aprire una pizzeria d’asporto a Cene, paese della moglie. L’idea del kebab arriva appena dopo. «Volevamo aggiungere qualcosa all’offerta – prosegue – ed il kebab ci è sembrato più promettente della solita rosticceria, in primo luogo perché a noi piace e poi perché in paese non ce n’erano». Comincia così un piccolo apprendistato. Impara la cottura e a preparare le salse da un ragazzo marocchino titolare di un kebab e orienta la scelta su un prodotto surgelato di carne di vitello e tacchino insaporita per 24 ore con 21 spezie, confezionato da una ditta tedesca. «Da solo non ce l’avrei fatta – ammette -, non immaginavo che per la salsa allo yogurt servissero così tanti ingredienti». «Come per le pizze abbiamo puntato sulla qualità e la freschezza delle materie prime, tutte italiane – evidenzia –, anche per il kebab la linea è, fino dove è possibile, la stessa». Il pane arabo che riceve la ricca farcitura o che accompagna il piatto è fatto in casa («sono servite un po’ di prove per trovare la farina giusta», svela), come le due salse, quella allo yogurt e la piccante harissa. Le verdure (insalata iceberg, crauti marinati con zuc-

chero e aceto, pomodoro e cipolla cruda) sono fresche e approvvigionate di frequente. «Siamo ancora all’inizio – dice Bertocchi – ma possiamo già dire che è un prodotto che funziona. Vederlo preparato da italiani probabilmente ha vinto la diffidenza di chi, magari solo per un pregiudizio, non aveva mai messo piede in un kebab. Sono infatti molti coloro che ci dicono di averlo provato da noi per la prima volta e che tornano soddisfatti. Sapere che al bancone c’è qualcuno con esperienza nella ristorazione, che sa anche raccontare come viene preparato dà forse più sicurezza». Ma in che rapporti stanno un campione del made in Italy come la pizza e l’esotico kebab? «Si dividono il campo a metà – risponde Bertocchi -. L’andamento è strettamente collegato con il calendario degli stipendi, le vendite di kebab recuperano verso la fine del mese, quando le risorse scarseggiano. Con 3.50 euro rispetto ai 6 che servono in media per una pizza ci si può infatti comprare un panino e togliersi comunque un bello sfizio». Insomma, quella tra pizza e kebab è anche un’alleanza anticrisi. a. f.

Gianbattista Bertocchi e la moglie Alessandra Occioni hanno aperto la pizzeria a settembre

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NEWS ASSOCIAZIONE CUOCHI BERGAMASCHI

“Trofeo Baroni”, ecco i vincitori del concorso

L’

associazione Cuochi Bergamaschi ha organizzato nel corso della Fiera Campionaria il 2° trofeo Baroni, sviluppato con paniere segreto. La competizione è stata curata da Fabio Sanga, Antonio Cuomo e Fabrizio Camer. Venti gli chef che si sono sfidati in batterie da 4 concorrenti, avendo a disposizione dei panieri con ingredienti uguali. Questi i parteci-

panti: Renata Laria, Cristian Spagnoli, Moreno Nesi, Davide Maero, Davide Frisari, Salvatore Piscitelli, Alessandro Pilati, Matteo Nesi, Endri Janku, Alessio Moretto, Mario Savona, Giampiero Vento, Sebastiano Pezzoli, Andrea Cortinovis, Paolo Grechi, Ivan di Stefano, Lorenzo Sciarpa, Agostino D’anna e Antonio Danise. Il tema è stato la pasta ripiena (innovazione, tradizione, scienza). La giuria era composta da Cinzia Fumagalli, Walter dalla Pozza, Francesco Gotti, Fabio Sanga e Roberto Vitali. A loro è toccato il compito di giudicare i piatti in un crescendo di preparazioni dal contenuto sempre diverso. Da segnalare l’elevato livello dei competitori e l’impiego non indifferente di tecniche culinarie. I concorrenti sono stati premiati dal presidente dell’ACB Roberto Benussi e da Giusy Baroni. La classifica: al primo posto Alessandro Pilati (“pannocchie” di mais alla spuma di latte e erbe amare), al secondo Cristian Spagnoli (Tortello in sfoglia d’orzo affumicato) e terzo Lorenzo Sciarpa (Dumpling ai pinoli e formaggio alle bietole rosse). Il Premio speciale all’Innovazione è andato a Cristian Spagnoli.

VENDEMMIA

VINO, CALA LA PRODUZIONE PUNTE D’ECCELLENZA IN VALCALEPIO L’indagine congiunturale sull’agricoltura lombarda nel terzo trimestre dell’anno, promossa da Regione e Unioncamere Lombardia, in collaborazione con le associazioni regionali dell’Agricoltura, ha puntato i riflettori anche sul settore vinicolo, che, nel 2012, mostra una vendemmia eccezionalmente scarsa sia a livello nazionale che lombardo a causa delle condizioni meteorologiche avverse. Le stime elaborate a livello nazionale da Ismea, dall’Unione Italiana Vini e da Assoenologi prevedono una riduzione compresa tra il 5% e l’8% rispetto ai livelli già molto scarsi del 2011, mentre in Lombardia viene stimato un calo della produzione di vino molto superiore, pari al 15%. La qualità attesa è invece buona, con punte di eccellenza in Valcalepio e Valtellina. Le risposte degli intervistati nel corso

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dell’indagine congiunturale confermano il forte calo produttivo: il 68,7% indica infatti una diminuzione dell’uva raccolta mentre nessuno segnala un aumento. Il fatturato è in crescita per il 31,3%, mentre coloro che indicano una diminuzione rappresentano il 25%: l’indice sintetico è positivo (+0,06) ed è tra i migliori di tutti i settori. L’aumento del fatturato è riconducibile al significativo incremento dei prezzi di vendita a livello nazionale, che ha interessato sia i vini bianchi che quelli rossi, con quotazioni che sono risultate durante tutto il corso dell’anno sempre superiori rispetto a quelle del 2011. Per quanto riguarda la domanda di mercato si assiste ad un andamento nettamente differenziato tra domanda a livello nazionale e domanda estera: alla scarsa tonicità della prima (indice

sintetico pari a -0,31) si contrappone infatti una grande dinamicità dei mercati esteri, la cui domanda è giudicata elevata dal 59,4% dei testimoni intervistati. La netta differenziazione che esiste tra mercato interno e mercati esteri in termini di dinamica della domanda e di prezzi di vendita, comporta una altrettanto netta distinzione in termini di performance economiche tra le aziende vitivinicole che esportano e quelle che invece si rivolgono solo al mercato interno: da un lato troviamo una quota maggioritaria che giudica negativamente l’andamento degli affari della propria azienda (43,8%, probabilmente orientate prevalentemente al mercato interno) dall’altro abbiamo invece le imprese vitivinicole che valutano positiva (25%) o comunque nella norma (31,3%) la redditività aziendale.


novembre 2012

A TAVOLA CON…

Il Bepi: “Io sono un po’ come i tortelli cremaschi” di Filippo Grossi

Tiziano Incani, in arte il Bepi

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i mestiere fa il cantautore dialettale, ma negli anni è diventato una sorta di showman a tutto tondo. Tra concerti, appuntamenti televisivi e collaborazioni giornalistiche il Bepi è diventato un’icona della “bergamaschità”. Anche se, in fatto di cibo, l’eclettico artista di Rovetta ammette di apprezzare molto anche le cucine “fuori Berghem”, una su tutte quella austriaca, di cui va ghiotto. Il tuo piatto preferito “La pasta in ogni sua forma e condimento, ma in particolare mi piacciono le tagliatelle”. Ti piace cucinare? “Sì, ma non mi ci sono mai impegnato troppo”. La specialità bergamasca che preferisci? “La polenta taragna”. Qual è il cibo che non ti piace? “Non vado matto per le verdure e neppure il pesce mi fa impazzire”. La cucina regionale italiana che più apprezzi? “La nostra cucina non ha eguali al mondo e le regioni sono tutte meritevoli, ciascuna con le sue particolarità”. Il tuo menù ideale? “Antipasti di formaggi e salumi, tagliatelle al tartufo, un bel filetto al sangue con patate e un gelato allo yogurt”. Vino o birra? “Vino”. Rosso o bianco? “Rosso d’inverno, bianco d’estate”.

Carne o pesce? “Carne, assolutamente”. La cucina straniera che più ti piace? “Vado spesso in Austria e mi faccio delle mangiate fantastiche e direi pantagrueliche. Anche se amo pure mangiare il kebab”. La tua pizza preferita. “Mi piace tantissimo quella con speck, brie e rucola”. Cosa mangiate tu e la tua band in occasione di un concerto? “Quello che passa il convento. Spesso è buono, altre volte mìa tat!” Un piatto che ti mette allegria? “La piadina con affettati e formaggio. E, insieme, magari un bel birrozzo”. Qual è stato il pranzo o la cena più emozionante della tua carriera? “Ogni fine anno organizzo una cena con la mia band, è sempre un bel momento”. Ti piace la donna che cucina? “Molto”. Come t’immagini una cenetta romantica? “Ho quei due-tre posti che sono una garanzia e che non tradiscono mai. L’importante è non andarci di sabato e che non ci siano le mega compagnie o i marmocchietti”. Un cibo che rappresenta il tuo carattere? “I tortelli cremaschi, con dentro gli amaretti. Pur non amandoli, credo che siano proprio uguali a me: un po’ dolci e un po’ amari”.

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L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche manngiare da soli può essere piacevole.

Branzino al forno con fagiolini verdi INGREDIENTI PER 1 PERSONA 250 grammi di branzino un quarto di cipolla rossa di Tropea mezzo spicchio di aglio un pizzico di prezzemolo (anche surgelato)

polpa di pomodoro o passata olio extravergine sale e pepe a piacere 1 bicchiere di vino bianco

PREPARAZIONE Tritate la cipolla, il prezzemolo e lo spicchio d’aglio. Mettete il tutto in una pirofila insieme a 2-3 cucchiai di polpa o passata di pomodoro. Adagiate il branzino pulito sopra il condimento e cospargetelo con olio, sale e pepe a piacere. Infine versatevi sopra il bicchiere di vino bianco, allungato con un dito di acqua. Mettete la pirofila in forno per 35 minuti circa. Prendete i fagiolini, privandoli della parte iniziale e della parte finale e quindi lavateli con acqua corrente. Mettete sul fuoco una pentola con abbondante acqua e una volta che l’acqua comincia a bollire, versateci i fagiolini. Dopo 5 minuti scolateli e fateli raffreddare. Poneteli quindi in una terrina, metteteci un po’ di olio, sale, origano e aceto e lasciate riposare per almeno 25 minuti. Una volta pronto il branzino, disponetelo su un piatto, copritelo con i fagiolini verdi e consumate il tutto. CURIOSITÀ Ho cominciato a cucinare il pesce perché ero stanco di mangiarlo solo quando andavo al ristorante e perché ero ancora più stanco di sentirmi dire che era un alimento sano, che faceva bene. Le mie riserve erano dovute al fatto che il pesce era da pulire e quindi troppo laborioso da preparare, ma una volta appurato che poteva essere acquistato completamente pulito e pronto per essere cucinato, mi sono deciso. Il primo pesce è stato il branzino e questa ricetta me l’ha passata la commessa della pescheria, impietosita forse da un “quasi trentenne” che le confidava di voler imparare a cucinare il pesce. Sono ormai trascorsi quindici anni e non mi sono mai pentito di aver cominciato con il branzino, che considero una pietanza superba, che regala un sapore delicato che non stanca mai e che, per la sua digeribilità, è riuscito a conquistare anche i palati più raffinati. Inoltre è un tipo di pesce che si presta a numerose preparazioni, rivelandosi ugualmente gustoso cotto al vapore, ai ferri, al cartoccio, arrosto bollito o al forno. Anzi, una volta presa la mano, sarà divertente sperimentare la sua preparazione, aggiungendo nuovi elementi e provando i differenti modi di preparazione. E ovviamente non è solo buono, ma è anche un alleato per la salute: è ricco infatti di proteine e di acidi grassi polinsaturi (i famosi “Omega 3”), che riducono il “colesterolo cattivo” ed aumentano il “colesterolo buono” e pertan-

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to è un piatto che può essere consumato quante volte si vuole. E ora parliamo del contorno: ho scelto i fagiolini verdi, che molti in città chiamano “cornetti”, per trovare un’alternativa alle solite patate, verdura che quasi sempre accompagna il branzino; inoltre non tutti gradiscono le patate alla sera (io sono uno di quelli) e un’alternativa era evidentemente d’obbligo. Il mio consiglio è acquistarli da un ottimo fruttivendolo, preferendo sempre quelli di colore brillante, senza macchie o muffa e con l’estremità con la quale erano attaccati alla pianta non avvizzita. Non dimenticate che per essere maturi al punto giusto, devono spezzarsi con un colpo secco e pertanto, se non vi fidate del consiglio del fruttivendolo, potete fare la prova con uno o due fagiolini, stando però attenti a non farvi vedere. Possono essere conservati in frigorifero per qualche giorno, nello scomparto meno freddo, ma con il tempo perdono la croccantezza e diventano meno teneri e gustosi, quindi è meglio comprarli quando si è sicuri di mangiarli nel giro di uno, massimo due giorni. Nei supermercati vendono anche le buste di cornetti surgelati, ma il sapore e la consistenza è tutta un’altra cosa, quindi, almeno per questo piatto, ve li sconsiglio. Non mi resta che auguravi buon appetito.




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