ottobre 2011
Supplemento al n. 37 de “La Rassegna” del 20 ottobre 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Passione zucca MOTTA E CAZZAMALI
I “ritagli” di carne secondo i grandi macellai ACCADEMIA DEL GUSTO
Chef, alla scoperta dell’emergente Lorenzo Cogo IL PRODOTTO
Uova di pesce, una delizia per il palato A PECHINO
La cucina italiana decolla grazie a un bergamasco
Con l’autunno, torna sulle nostre tavole il versatile ortaggio protagonista di molti piatti. Due chef ci svelano i loro “segreti”
OTTOBRE 2011
SOMMARIO www.affaridigola.it
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PENNA ALL’ARRABBIATA Valcalepio, il modello Franciacorta è possibile. Produttori permettendo
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FOCUS Tagli e "ritagli" dimenticati, la carne secondo i grandi macellai
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ACCADEMIA DEL GUSTO Cogo, lo chef emergente che ama la cucina istintiva
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SAPORI Uova di pesce, perle di bontà
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IL RISTORANTE "Drago", l'antico ristorante che non teme lo scorrere del tempo
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IL PRODOTTO Con l'autunno la cucina va fuori di... zucca
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LA STORIA Pechino scopre la cucina italiana grazie ad un bergamsco
IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO
Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Pubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo tel. 035/213030 - fax 035/224572 - info@larassegna.it Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Riccardo Lagorio, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
I NOSTRI INSERZIONISTI L'Art Caffè, Bergel, Brevi due, Il Cipresso, Delizie di Mare, Grappa Gaudes, Metalfrigor Arredamenti, La Rocchetta, Trismoka.
Grappa Gaudes Morbida Villa Domizia. L’oro scopre il suo valore.
MEDAGLIA D’ORO ALLA VI EDIZIONE 2011 “ACQUAVITI D’ORO” E ALLA XXIX EDIZIONE 2011 “ALAMBICCO D'ORO”.
RICONOSCIMENTI PER PARTIRE CON ALTRETTANTA PASSIONE ED ENTUSIASMO PER RAGGIUNGERE NUOVI TRAGUARDI.
Q U AT T R O E R R E
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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi
Valcalepio, il modello Franciacorta è possibile. Produttori permettendo
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i fa presto a dire vendemmia. Pare che anche la spremitura dell’uva, in Italia, sia a macchia di leopardo, tanto per non farci stare tranquilli nemmeno lì. Un po’ bene lassù, decisamente peggio costì e via grappoleggiando. Da una ricognizione dei vigneti nella prima settimana di settembre, ad opera dell’Unione Italiana Vini e di Ismea, si stava delineando una vendemmia 2011 ai minimi storici, con una produzione inferiore del 10% rispetto all’anno precedente, numeri che riporterebbero il nostro Paese dietro la Francia. E la cosa, canticchiando come Paolo Conte in “Bartali”, ci procura dispiacere, nel ricordo dello storico controsorpasso ai loro danni (“I francesi ci rispettano, che le balle ancor gli girano...”). Ma la sorpresa, in questa vendemmia ridotta, non sta tanto nelle cifre, quanto nelle motivazioni: il caldo, ci dicono i due istituti, unitamente alla prolungata assenza di piogge, ha causato stress idrico ai grappoli che sono maturati in anticipo con una concentrazione di zuccheri maggiore e quindi una minor resa in quantità di vino rispetto al 2010. La macchia di leopardo, stavolta, ci ha det-to bene. Perché nella nostra provincia, invece, per gli li stessi motivi, si prospetta una delle vendemmmie migliori dell’ultimo decennio. A sancirrlo è Sergio Cantoni, enologo e direttore del el Consorzio Tutela Valcalepio: “Sarà una racaccolta caratterizzata da condizioni climatiche ottimali, con scarsissime piogge e un tasso di umidità davvero basso. Ciò ha consentito una perfetta maturazione delle uve che favorirà soprattutto la produzione di vini rossi”. Come si può evincere facilmente, le stesse condizioni meteo hanno favorito qualche zona e creato problemi in altre: lo scriviamo, oltre che per dare una notizia, anche per suggerire prudenza a quanti, nello scivoloso percorso dell’enogastronomia, sono convinti di avere il verbo in tasca. Ma non è la quantità di grappoli che, in questo momento, ci sta più a cuore: è il futuro del vino di casa nostra.
Dopo aver salutato con gioia la prima vendemmia della nuova Doc “Terre del Colleoni”, facciamo un passetto a ritroso per ricordare quanto avvenuto alla fine del mese di giugno, all’insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione del Consorzio Tutela Valcalepio. Enrico Rota, nell’occasione, viene eletto presidente e dà così il cambio al conte Bonaventura Grumelli Pedrocca, al quale tutti dobbiamo infinita riconoscenza per la sua missione enoica. Vengono fissate le nuove linee guida del g Consorzio e qui Rota, da manager intelliCons gente qual è, trasforma in punto di forza quella quell che a qualcuno poteva sembrare una criticità di vertice, il fatto cioè che lui rappresentasse un’azienda di distribuziorapp ne e non un produttore. Il neopresidente distribuisce così incarichi n nei vari settori da presidiare, sicuro che i soci, soc considerandolo “super partes”, si attivino vin ancor di più nel loro stesso interesse. Almeno, questo è quanto ho percepito fosAlm se nelle sue intenzioni. E lo si può leggere chiaramente, credo, nell’importanza che, ch da subito, viene data alla promozione, “anima dell’attività consortile”. “a All’insediamento dei nuovi vertici e delA la nuova politica da perseguire, quindi, troviamo solo tanto entusiasmo e tanta t voglia di fare. v È passata l’estate e abbiamo dato il tempo ai grappoli di maturare, più o meno zuccherini, più o meno disidratati. Anche il Consorzio sta maturando? Ho idea che lì i grappoli siano ancora un po’ acerbi e mi tocca leggerlo tra le righe, nel corso di “Emozioni dal mondo, Merlot e Cabernet insieme” quando Enrico Rota picchia sul tasto dell’unità d’intenti tra i produttori di Valcalepio. Ohibò, non è che, invece di fare squadra (Franciacorta, ahinoi, docet) siamo ancora alla coltivazione del proprio orticello, alias filare di vite? È solo un sospetto, il nostro, figlio di un solo indizio. Non aspettiamo gli altri due per fare una prova. Nell’interesse comune chiediamo un salto. E per avvicinare la Franciacorta, lo chiediamo lungo. piercapozzi@libero.it
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FOCUS di Laura Bernardi Locatelli
Tagli e "ritagli" dimenticati, la carne secondo i grandi macellai Per Franco Cazzamali e Sergio Motta, grazie al mestiere e alla fantasia, è possibile, nell’era di filetti, fettine, scamone e fiorentine, proporre qualcosa di diverso, dal gusto sorprendente. Come? Maneggiando sapientemente parti poco gettonate e trattandole andole a regola d’arte. Ecco i loro consigli
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celgono i capi ancora “in culla” dagli allevatori cui ne affidano la crescita, ne studiano e curano l’alimentazione, macellano in proprio e valorizzano, con i loro consigli e con lavorazioni delle carni particolari, tagli dimenticati del quarto anteriore e il quin-to quarto, le leggendarie frattaglie che ormai sono quasi si scomparse dai menù. Gli artigiani-artisti del coltello hanno una ricetta sempre mpre pronta da suggerire e sanno trasformare, grazie a una frollatura rollatura più lunga o ad una lavorazione ad hoc, tagli a torto considerati nsiderati meno pregiati in carni dalla tenerezza sorprendente o sfidare ill tempo renden-
Premiata Macelleria Cazzamali «Dal “quinto quarto” si riconosce il vero artigiano della carne» La Premiata Macelleria Cazzamali, nel centro di Romanengo, paesino di un pugno d’anime in provincia di Cremona, rappresenta da 25 anni un punto di riferimento se non una fonte d’ispirazione per gourmand, chef blasonati e per tutti gli appassionati di carne. Qui, nel suo piccolo regno, Franco Cazzamali, bergamasco di
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origine (di Antegnate), con il prezioso aiuto della moglie Raffaella, ottima cuoca e dispensatrice di ricette, e dei figli Danilo e Marco, propone ogni giorno le migliori carni piemontesi, salumi leggendari e formaggi selezionatissimi, dalla Robiola di Roccaverano al parmigiano Vacche Rosse millesimato. Un cartello ricorda che
fare i macellai significa proporre ciò che si macella, per cui se in negozio non si trova ciò che si cerca è semplicemente perché non lo si è macellato e a Romanengo Cazzamali macella dal 1° gennaio al 31 dicembre, senza sosta, per soddisfare le richieste che arrivano ogni giorno da ogni angolo d’Italia, isole comprese,
do più espressa la preparazione di carni che tradizionalmente richiedono lunghe cotture. Franco Cazzamali, macellaio cult di Romanengo, e Sergio Motta, ormai battezzato dagli amanti di gossip e dintorni “macellaio dei vip”, spiegano come con tanto mestiere e un po’ di fantasia sia possibile, nell’era di filetti, fettine, scamone e fiorentine proporre qualcosa di diverso, dal gusto sorprendente. Perché nelle nostre cucine e in quelle di troppi ristoranti sono sempre i tagli nobili del quarto posteriore a farla da padrone. Ci vuole passione e tecnica per invertire questa tendenza e fare in modo che non solo non si butti via nulla, ma si esaltino tagli di carne da troppo tempo relegati nel dimenticatoio. Così il macinato del quarto anteriore diventa, con l’arte certosina di Cazzamali, Giotto, cerchio perfetto di carne piemontese, orgoglio italiano che è un delitto anche solo azzardarsi a chiamare hamburger; la coscia frollata fino a sessanta giorni da Motta diventa tenera come il filetto e ribattezzata bisteccone; e ancora il riscatto del diaframma, dalla “battuta al coltello del muscolo respiratorio” di Cazzamali alla “panera” (“pannicolo”) e “costello” proposte da Motta. Per non parlare di spezzatini e bolliti leggendari già pronti per la cottura, carni marinate al punto giusto, piccioni “pret- a- manger” con tanto di doppia ricetta, una per il risotto, l’altra per un secondo espresso proposti da Cazzamali; senza dimenticare i super-spiedi dove per ore ed ore vengono arrostiti quarti di bue interi in un rituale quasi tribale al Ristorante Motta e le bresaole ciclopiche realizzate con il bue. Ma il pezzo forte per un artista-macellaio sicuro di ciò che propone è la “macelleria sanguinolenta”: via libera a tartare e cruditè, da gustare “nature” senza condimenti o peggio salse e salsine.
Premiata Macelleria Motta «Snobbate in negozio, le frattaglie hanno successo nel mio ristorante» Nella Bassa, a Inzago, paese in provincia di Milano a ridosso della Martesana, la famiglia Motta ha costruito il suo successo, forte di una tradizione inaugurata da papà Giuseppe che ancora oggi è una presenza insostituibile nell’attività, e portata avanti dal figlio Sergio. Anche Galdino, detto Dino, che ha scelto gli studi e la professione di veterinario, dà il suo fondamentale contributo all’impresa di famiglia, attraverso una costante supervisione sanitaria e dispensando buoni consigli per selezionare i migliori capi. La macelleria rappresenta un punto di riferimento nazionale per la carne piemontese e ha contribuito alla fama di vitelloni e buoi di razza nutriti e cresciuti nell’allevamento di Moncalvo, patria del bue grasso e delle leggende legate a questo colosso di una tonnellata, protagonista indiscusso della storia e della vita rurale di cui ha scandito tempi e stagioni, che, grazie ad esemplari magnifici portati in esposizione, ha garantito molti premi in casa Motta. Il negozio è un indirizzo apprezzato da chef di rango, da gourmand e dai vip, tra cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Anche qui, ad Inzago, in macelleria i tagli più richiesti anche dalla ristorazione sono quelli nobili del quarto posteriore, ma Sergio Motta non si stanca mai di studiare nuove lavorazioni per valorizzare i tagli che hanno meno richiesta e che possono essere esaltati dalla fantasia e dall’arte di un bravo chef: “I tagli nobili vanno ancora per la maggiore, il filetto in primis, facile e comodo per tutti i cuochi da cucinare - spiega Sergio Motta -. Anche la costata, la classica fiorentina, viene ancora molto richiesta dalla ristorazione, così come dai privati”. L’artista del coltello, che ha scelto di valorizzare la qualità della carne anche nel ristorante
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dal Monte Bianco a Ragusa. Le prenotazioni arrivano da oltre un mese fino a Natale e, con un po’ di tempo d’anticipo, è possibile riuscire ad accaparrarsi un pollo ficatum, ingrassato come usavano gli antichi con i fichi, ed altre specialità. Per ribadire che tutto l’arco della liturgia macellare deve rispettare regole che non possono piegarsi alla legge dei grandi numeri, delle catene di smontaggio di quarti e controfiletti, da Cazzamali si valorizzano tagli e ritagli dimenticati dall’impazzare
PREMIATA MACELLERIA CAZZAMALI via Vezzoli Romanengo (Cr)
LA TRASFERTA
di Alessandro Capozzi
Da Dario Cecchini, non una cena ma un’esperienza
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uando Gabo e Greta m’hanno chiesto se volevo andare con loro, a inizio ottobre, da Dario Cecchini, il macellaio-poeta di Panzano in Chianti, non potevo più rifiutarmi, sarebbe stata la quarta volta. Il tempo l’avevo, quello che mancava era il perché fare 330 chilometri per una cena, pur trattandosi dell’eccellenza della carne italiana. Comincio ad assaporarne la risposta appena sceso dalla macchina. Passiamo davanti al ristorante, l’Officina della Bistecca dove Dante, il braccio destro di Dario, ci accoglie amichevolmente uno ad uno (siamo in quindici) e di li a poco ci offre un bicchiere del loro vino. I volti si distendono, la stanchezza lascia il posto ai sorrisi. Dante si congeda per tornare ai suoi impegni. Una volta sistemati nei vari bed&breakfast tutt’intorno andiamo verso la macelleria dove tutto è cominciato.
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Il profumo di spezie ci avvolge già ai piedi della via. Dario è, come sempre, dietro al bancone, gli occhi accesi, completamente assorto mentre insaporisce la carne, quasi lo spirito di un antico macellaio si fosse impossessato di lui. Ci saluta cordialmente dandoci il benvenuto e torna alla sua carne. Sulla destra due tavoli sono imbanditi con pane e olio, pane e burro del Chianti e salame. Uno dei suoi ragazzi si fa largo tra le persone che affollano la piccola macelleria con una sola occupazione: assicurarsi che tutti abbiano il bicchiere sempre colmo. Alle spalle della cassa un cartello in legno recita:”Quello che assaggiate in questa macelleria ve lo offro in segno d’ospitalità”. L’Officina della Bistecca ha un arredamento moderno, all’interno del quale si celebra una tradizione antica. La sala è dominata da un tavolo centrale per 30
della macellazione gestita in modo industriale. È così che i tagli del quarto anteriore e le frattaglie - e non a caso Cazzamali ha contribuito in modo fondamentale alla stesura de “Il libro delle frattaglie” dedicato esclusivamente al quinto quarto - si impongono per gusto e vengono rilanciate: “Solo da questi tagli si riconosce se il macellaio macella - spiega Cazzamali -. Il quinto quarto, in particolare il fegato e le animelle, è lo specchio della salute di ogni animale”. Al giorno d’oggi i macellai devono essere sempre più degli artigiani del coltello e rivendicare questo ruolo attraverso una proposta in grado di soddisfare le esigenze di un mondo che va sempre più di corsa:“Dobbiamo essere sempre più artigiani. Dobbiamo creare, attraverso lavorazioni e materie prime, dei prodotti che agevolano la vita in cucina, da quella sempre più espressa dei ristoratori alla vita frenetica di lavoratricimamme e casalinghe. Il petto di pollo marinato, lo spezzatino in salsa di pomodoro già pronto da cuocere con tanto di sacchetto di cottura, la testina e il c o t e ch i -
persone, altri due da 6 formano col principale una semi corona intorno alle griglie. La preparazione della carne è un rito e le viene riservato il posto d’onore. Tutto è affascinante. Dante e Angelo (il braccio sinistro di Dario) si alternano tra la cucina e le griglie, Marcello (lo spirito guida) vigila affinché i ragazzi si assicurino che tutti i commensali stiano bene e siano serviti con cura e attenzione. Questo trio non manca mai di passare a scambiare due chiacchiere con gli ospiti nonostante in sala si corra perché la carne va servita alla temperatura perfetta.Vi è mai capitato di andare a cena da amici che cucinano per voi e di portare il vino, non per cortesia, ma perché così preferite, sapendo che chi vi invita ne è felice perché sapervi soddisfatti è il suo desiderio più grande? Questo è quello che succede da lui. Non s’è perso inutilmente cercando di proporre vini diversi, lui si limita a fare bene quello che sa fare. Sincera ospitalità, prodotti eccellenti e l’accento toscano sono il mix d’ingredienti alla base del suo successo. Se però togliete l’arreda-
che porta il nome di famiglia, a Villa Fornaci, non si stanca mai di mettere a punto lavorazioni ad hoc per valorizzare al meglio, anche in cucina, tagli tutti da scoprire, a torto considerati minori. “Ho deciso di far frollare quasi un mese in più la coscia, in modo da conferirle la tenerezza del filetto: è così che è nato il bisteccone, grazie ad una frollatura che dura per 40/60 giorni - spiega Motta -. Ho rubato alla porchetta il suo spiedo per cucinare lentamente alla brace un quarto intero di bue: 100-150 chili di carne vengono cotti su legno di ulivo dalle 8 alle 12 ore. Si chiama superspiedo e nasce per proporre un modo diverso di gustare il quarto anteriore, che così riscuote un successo grandioso”. È così che nascono anche salumi incredibili:“Per riuscire ad ottenere più lombate ho creato dei grandi p g prosciutti di manzo, delle giganti bresaole realizzati realizzatti con il i bue. È un’invenzione che, spesso accade, nasce dalla disperaziocome spe esso ac utilizza ne: util lizza lo stesso principio usato per i prosciutti pro osciutti crudi di Parma per servire fettine gustosissime, ideali per i piatfett tine gu tii freddi o estivi”. Ricette che tutti o quasi conoscono, ma che nessumangia praticamente mai, vuoi no man per il tempo tiranno, vuoi perché nei locali loc nessuno le propone più, esaltate nel menù del sono invece in Ristorante Motta, vero e proprio Ristoran R tempio carne: “Abbiamo inseritem mpio della d to in i menù le frattaglie: se in negozio
mento moderno e la notorietà, quello che rimane è si la stanchezza chezza che questo lavoro porta con sé, ma soprattutto to la felicità che prova solo chi fa un mestiere che he ama profondamente. Inutilee dire che la cena è stata eccellente: e: ognuno, o, secondo il proprio o gusto, elegge tra la Costata alla Fiorentina, a, la Bistecca Panzanese e la Bistecca Fiorentina la sua preferita ta anche se va comunque reso omaggio io a tutto il menù. Chi volesse lesse può trovare tutte le indicazioni, i, anche per dormire, su www.dariocecchini.com. w.dariocecchini.com. Dario Cecchini
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FOCUS
no pronti da tuffare in acqua bollente, i Giotto (medaglioni di carne piemontese da cuocere così come sono, “nature”) rappresentano solo alcune delle proposte che è possibile trovare nel mio negozio. Anche il piccione lo propongo così: la carcassa pronta per un brodo eccellente o per un risotto dal sapore eccezionale e le coscette e il petto belle che pronte da far saltare in padella”. Educare al gusto e alla qualità rientra tra i compiti del macellaio, unitamente a quello di dispensare ricette o suggerire il recupero di piatti della tradizione: “Bisogna mettersi sempre più a disposizione del consumatore: ogni giorno mi impegno a trasmettere il valore di ogni etto di carne che vendo e a far capire tutto il lavoro che ci sta dietro, dall’allevamento all’alimentazione, fino alla macellazione”. Carni leggendarie vengono vendute in pacchetti monoporzione sottovuoto, anche da un etto o ancora meno per poter gustare al meglio la carne, alla faccia delle confezioni famiglia già pronte al supermercato: “È un’esigenza nata per far gustare al meglio un etto di carne, senza alterarne il gusto e le caratteristiche. Solo così è possibile gustare al meglio per diversi giorni anche la carne sanguinolenta, che resta la mia principale passione. Sono così sicuro di ciò che propongo, da sapere che non c’è nulla per gustare la carne al meglio di una battuta al coltello… La costanza del servizio e il rispetto del consumatore sono regole che tengo sempre a mente. Oggi più che mai nel nostro settore è importante essere più artigiani e meno commercianti, proporre la massima qualità al giusto prezzo, perché la qualità si paga, va sempre riconosciuta all’allevatore, ed è l’unica garanzia e l’unico ideale per costruire il successo di ogni impresa”.
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non vanno perché non tutti hanno voglia di cucinarle, riscuotono sempre un buon successo al ristorante. I piatti di quinto-quarto più richiesti sono il fegato e il rognone, mentre il cuore non gode della stessa popolarità, probabilmente è il nome a disincentivarne il consumo. Periodicamente, a rotazione, proponiamo anche nervetti, lingua salmistrata… La guancia ormai va molto di moda, anche per la sua pezzatura, dai 4 ai 6 etti, ma per il resto le frattaglie non si trovano spesso al ristorante. Ci sono tanti tagli che meritano d’essere utilizzati, lo stinco ad esempio è fantastico. Inoltre ci sono tagli quasi dimenticati come il diaframma, molto ricco tra l’altro di ferro e vero e proprio toccasana per l’anemia: “panera” e “costello” sono tagli da scoprire, da cucinare ai ferri o da utilizzare per un ragù succulento, come si usa in uno dei migliori ristoranti d’Italia, da“Aimo e Nadia”. Il segreto che sta alla base della qualità delle carni proposte è la famiglia: “Mio padre ha avuto la lungimiranza alla fine degli anni Sessanta di puntare sulla razza piemontese, con l’arrivo della bruna alpina, che in Lombardia ha finito per spopolare. La scelta di puntare su una razza antica e pregiata come la piemontese ci ha portato a costruire negli anni un rapporto privilegiato con gli allevatori. Scegliamo i vitelli più belli da piccoli, selezioniamo l’alimentazione. Il vero segreto è scegliere i vitelloni il più possibile fassoni, con i muscoli più in vista di un culturista”.
PREMIATA MACELLERIA MOTTA via Matteotti, 8 Inzago (Mi)
Assaggi e concorsi, anche il gusto è di scena alla Fiera Campionaria I
prodotti golosi e le attrezzature da cucina non mancano mai tra le tante merceologie presenti alla Fiera Campionaria di Bergamo. L’esposizione, che da 33 anni a questa parte, sotto la regia della Promoberg, raccoglie in un’unica vetrina le ultime novità delle aziende, torna al polo fieristico di via Lunga dal 21 al 24 ottobre e dal 28 ottobre al primo novembre. I settori legati al gusto troveranno posto nel padiglione C. Una sosta fragrante potrà essere quella allo stand dell’Aspan (n. 84-86-88-90), dove i fornai bergamaschi saranno impegnati a realizzare in diretta pane e altre golosità da forno che saranno proposte al pubblico in cambio di un’offerta a sostegno di due progetti missionari: “Un pane oltre le sbarre”, laboratorio di panificazione in una casa di accoglienza
per ex detenuti in Malawi, e il panificio della missione di Allipalli in India. La fiera sarà anche lo scenario di due concorsi gastronomici organizzati dall’Associazione cuochi bergamaschi. Sabato 29 ottobre saranno giudicati i piatti del concorso regionale dedicato agli allievi delle scuole alberghiere, intitolato ad Alfredo Sonzogni, che quest’anno ha per tema “I prodotti del tagliere Bergamo Città dei Mille... Sapori”. Il giorno successivo sarà la volta degli chef professionisti (più il vincitore del trofeo Sonzogni) che si sfideranno nel concorso a caldo in memoria di Fiorenzo Baroni. Ai fornelli a gruppi di tre, i partecipanti si dovranno cimentare anch’essi con i prodotti tradizionali riconosciuti dal marchio della Camera di Commercio, ma proposti a sorpresa in
un “paniere misterioso” sorteggiato all’inizio della gara. I concorrenti avranno un’ora a disposizione per creare la ricetta partendo dagli ingredienti dati e per realizzarla. L’ingresso alla fiera è gratuito.
I sapori dell’autunno celebrati in due rassegne
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a montagna e il lago possono essere meta di interessanti escursioni anche in autunno. E con i primi freddi sedersi a tavola diventa forse un momento ancor più confortante e ristoratore. Ad invogliare ad una visita tra i suggestivi scenari che la Bergamasca offre in questo periodo, o semplicemente ad una serata diversa, ci sono due rassegne gastronomiche. Nei comuni del distretto del commercio Alta Valle Seriana, che fa capo a Clusone, sono partite le “Promozioni di ottobre” che sino a fine mese propongono, in 15 ristoranti, menù a base di prodotti tipici e di stagione ad un prezzo fisso compreso tra i 20 e 25 euro, vini esclusi. Queste le insegne aderenti: Da Bono e La Cantoniera a Piario; Vecchio Mulino a Rovetta; Break Cafè a Cerete; Hotel Ristorante Ambra, Il Mascherone, La Brasca, La Bussola, La Taverna del Ghiottone e Trattoria dei Portici a Clusone; Ristorante Albergo Centrale a Fino del Monte; Agriturismo Fattoria della Felicità a Onore; Belvedere, Il Moro e Miravalle a Parre. (La locandina con i menù può essere scaricata dal sito www.commerciovalserianaclusone.it)
Nell’Alto Sebino è invece in programma fino al 18 dicembre la seconda edizione di “Autunno in Collina” che dà la possibilità di gustare menù a chilometro zero in sei locali. A prezzi dai 20 a 40 euro, vini compresi, si possono scegliere proposte che vanno dai classici della cucina nostrana di terra (salame, funghi, castagne e coniglio su tutti) alle portate a base di pesce di lago (antipasti, ragù, risotti fino alle specialità essiccate). Partecipano i ristoranti Bellavista, Al Guelfo Negher, Miranda, Poggio d’Oro e Trenta Passi di Riva di Solto e Panoramico di Fonteno, mentre la Caffetteria del Centro di Fonteno e il wine bar Tre Corone di Riva di Solto propongono nei fine settimana apertivi a base di prodotti tipici. Eventi speciali sono organizzati domenica 30 ottobre (uno spettacolo di cabaret storico-gastronomico sull’Unità d’Italia, a Fonteno), venerdì 4 novembre (“La focaccia è servita...” al ristorante Al Guelfo Negher) e sabato 19 novembre (“Formaggio a nozze con miele” al ristorante Poggio d’Oro). Il pieghevole è consultabile sul sito www.rivadisolto.org
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ACCADEMIA DEL GUSTO di Laura Bernardi Locatelli
Cogo, lo chef emergente che ama la cucina istintiva Trasferta a “el Coq”, alla scoperta di un cuoco sul quale la critica ha già acceso i riflettori.“Il futuro per me sta nella ricerca, ma senza uscire dai binari della tradizione”
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ei mesi fa, a soli 25 anni di età, Lorenzo Cogo ha inaugurato il ristorante “el Coq” a Marano Vicentino. La critica ha già acceso i riflettori su questo ragazzo, salutato come la nuova promessa della ristorazione italiana. Con un curriculum d’eccezione, Cogo ha quindi deciso di mettersi in proprio. In questi anni, ha collezionato importanti esperienze all’estero nelle migliori cucine del mondo: grazie allo chef Renato Rizzardi della stella “Locanda di Piero” di Montecchio, è volato a Melbourne da Shannon Bennet per poi approdare a Sidney da Mark Best e infine da Heston Blumenthal. Alla
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corte di Seiji Yamamoto ha appreso i segreti della cucina nipponica per poi tornare nella Vecchia Europa ad Axpe, nei Paesi Baschi, da Victor Arguinzoniz chef-patron di Etxtebarrì, per un’esperienza che ha segnato profondamente il suo cammino. Si è poi trasferito a Singapore, di nuovo a Tokyo e ancora a Etxtebarrì prima di volare in Danimarca al Noma, il miglior ristorante del mondo secondo la Guida San Pellegrino. In questi anni si è confrontato con diverse filosofie di cucina, dalla molecolare alla giapponese, dall’australiana alla danese, esaltate da grandi maestri. Quale incontro ha lasciato il segno? “Delle esperienze collezionate all’estero, tutte importanti, lavorare fianco a fianco con Victor Arguinzoniz mi ha dato tantissimo: è un uomo eccezionale, che considero
quasi come un padre. La sua non è una cucina nata per stupire, ma è una cucina in cui si riconosce la passione di chi l’ha ideata. Non una cucina che desta stupore, ma che fa bene all’anima. Era quello di cui avevo bisogno dopo l’esperienza della cucina molecolare. Dal Giappone ho imparato molto: l’incontro con Seiji Yamamoto mi ha insegnato l’importanza della materia prima e il rispetto che va tributato ad essa e alla tecnica con cui si lavora, oltre ad un modo di affrontare con rigore ed amore questo mestiere”. Quando nasce la sua passione per la cucina, inseguita poi con le valigie sempre in mano in giro per il mondo? “Rappresento la terza generazione di ristoratori ed ho iniziato presto a dare una mano in cucina. Ma il mio interesse e la passione per questo
CONVIVIUM DI STELLE
Il 16 novembre tappa a Marano Vicentino Il primo appuntamento del "Convivium di stelle" premia la giovane promessa della ristorazione italiana Lorenzo Cogo. Il pranzo degustativo a Marano Vicentino, a “El Coq”, è in programma mercoledì 16 novembre, con partenza dall’Accademia del Gusto con autobus privato alle 10.30. Il seminario, rivolto ai professionisti della ristorazione, andrà alla scoperta di un ristorante che critica ed esperti tengono già d’occhio a pochi mesi dalla sua inaugurazione. tel. 035 4185706; info@ascomformazione.it
lavoro sono cresciute nel tempo. In questi anni ho sempre seguito stimoli nuovi, cercando qualcosa che giustificasse le 16-18 ore al giorno passate dietro ai fornelli. A farmi partire e lasciare per anni un Paese di cui sono innamorato sono state una serie di circostanze fortuite, così come a farmi tornare è stato ancora in un certo senso il destino: il desiderio di fuggire per un po’ quando sono partito era per me un’esigenza in quel periodo”. È stato definito il rappresentante della cucina italiana del futuro. Che immagine ha della cucina che verrà? Qual è la sua filosofia in cucina? “Il futuro per me sta nella ricerca, ma senza uscire dai binari della tradizione. La mia è una cucina che
amo definire istintiva, che non fa capo a nessun movimento, che non vuole portarsi appresso etichette e definizioni. Credo che ogni piatto debba esaltare l’equilibrio dei sapori e sono convinto che solo attraverso una cucina riconoscibile, diretta e semplice si possa raggiungere tutti, dal bambino al gourmand. È fondamentale che ogni mio ospite capisca che cosa sta mangiando… Una cucina riconoscibile, quindi, senza dubbio pensata e tecnica, ma senza forzature. Impiego al massimo 4- 6 ingredienti per non accumulare e concentrare il piatto in uno spazio determinato, per favorirne la degustazione”. Qual è il suo rapporto con la tradizione? “La tradizione per me è un “totem”
da non toccare: non la dimentico mai e non si può prescindere da essa, ma non ho scelto di proporre piatti tradizionali nel mio ristorante. Ci pensano i miei genitori a renderle omaggio con una cucina tradizionale e legata al territorio nel loro ristorante. Io mi impegno a cercare ingredienti che si stanno dimenticando, come la portulaca, la pastinaca, per citarne alcuni, che appartengono alla nostra tradizione e meritano di essere riscoperti”. Dove nasce la voglia, ma anche il coraggio, di mettersi in proprio a 25 anni? “Il percorso di uno chef è molto lungo e la gavetta è fondamentale, ma bisogna porsi degli obiettivi. Senza dubbio per importi serve la precisione. Insegna a lavorare in team ed è importante per un percorso formativo. Ma per esprimersi veramente al meglio bisogna rischiare, mettersi in gioco in prima persona ed investire su se stessi. Lavorare da soli per me significa costruire qualcosa, anche se certo non è semplice. All’estero è più facile: ho moltissimi amici che dopo aver aperto un piccolo ristorante sono riusciti a farsi un nome ed ora guidano grandi ristoranti. Però io amo la mia terra e da qui ho deciso di partire”. In Italia insomma è tutto più difficile… “Sarebbe bello che i grandi chef prendessero sotto la loro ala un giovane, così come accade in altri ambiti: nelle sfilate di moda un giovane stilista mostra in passerella la propria collezione prima delle grandi maison, nei concerti sono le band emergenti ad intrattenere il pubblico prima dell’ingresso sul palco di pop star e artisti affermati… In Italia guardiamo poco ciò che accade fuori dal nostro Paese e non c’è un vero e proprio dibattito; se c’è tende ad arrovellarsi su se stesso e accade che spesso ci si addormenti sugli allori. La nostra immagine all’estero non è delle migliori: come ha detto senza mezzi termini Moreno Cedroni, siamo conosciuti per la tovaglia a quadretti, la pizza e la pasta, ma per il resto siamo snobbati”.
Affari di Gola ottobre 2011 13
SAPORI di Riccardo Lagorio
Perle di bontà Le uova di pesce regalano sensazioni uniche al palato, che siano di trota, di storione (caviale), di muggine o tonno (bottarga). Ecco una piccola guida e qualche locale dove togliersi lo sfizio
I
l piacere e la raffinatezza a tavola trovano nelle uova di pesce uno dei momenti più alti. Cosa vi è infatti di più prezioso e affascinante di una portata di caviale? Ne sapeva qualcosa la casa reale persiana dei Pahlavi, regnante prima dell’avvento della teocrazia islamica nel febbraio 1979. In un documento reso pubblico presso il Museo di Niavaran, a Teheran, datato 24 ottobre 1967, riportante i piatti preparati dal drappello di cuochi di corte per la cena, spicca come prima portata, accanto all’insalata alla Ordov (fatta di pomodori, funghi, olive e sedano), il caviale di Rudbar, provincia che dà sul Mar Caspio e tra i principali centri di diffusione del prelibato prodotto. Del resto l’Iran è, allora come ora, il maggiore produttore mondiale di caviale da storioni allo stato brado. Lo rende prezioso la rarità: bisogna infatti attendere la completa maturità sessuale degli esemplari femmina, che avviene intorno ai 15 anni di età, perché l’ovario presenti elementi d’interesse commerciale. E ciò avviene solo nel p periodo tra fine settembre e fine gennaio. In natura circa il 75% dei capi pescati non presenta le caratteristiche eristiche necessarie essarie
Il caviale
ad ottenere il caviale e la pesca di frodo, ben più ampia di quella ufficiale, è una delle ragioni alla base del declino vertiginoso del numero di storioni. Tra le varietà disponibili sul mercato, il caviale Beluga è quello più costoso (con quotazioni intorno ai 4.600 euro al kg) per il suo gusto straordinariamente dolce e burroso e per la dimensione e colore delle uova, grandi sino a 3 mm di diametro e dal colore grigio perla e grigio scuro. Il caviale Oscietra ha gusto complesso, vagamente di nocciola, dai riflessi di colore bruno scuro e la sua grana ha dimensioni medie. Di gusto intenso e aromatico è il Sevruga, dal colore tra il grigio chiaro ed il grigio antracite, che si caratterizza per uova di piccole dimensioni. Non le più piccole: spetta infatti al caviale Starlet, pressoché scomparso, questo primato. Uova chiare e tutte di uguale dimensione, un miracolo della natura dal gusto delicato e di frutta secca. Per rispondere alle necessità di tracciabilità ed igienicità del caviale, nonché per scongiurare l’estinzione dello storione, afflitto da dissennate catture e inquinamento delle acque, in Italia esiste il più grande centro al mondo di storione in cattività.
Le uova di trota
14 Affari di Gola ottobre 2011
IL CAVIALE ITALIANO Nella bassa bresciana, a Calvisano, zona ricca di acque sorgive, dagli anni Ottanta Agroittica alleva alcune delle varietà più pregiate di storione in vasche sotto costante osservazione sanitaria. Gli esemplari vengono monitorati sin dalla nascita con microchip che permettono di conoscere quali sono gli animali da cui poter trarre le uova, evitando in questo modo inutili sacrifici, e solo nel momento più adatto. La garanzia di un prodotto difficilmente eguagliabile ha permesso all’azienda di Calvisano di volare alto. Le migliori compagnie aeree offrono infatti ai loro clienti first class caviale italiano, di cui se ne producono ormai 24 tonnellate l’anno, addirittura un terzo della produzione dell’intera Russia, fornendo peraltro un’opportunità in più alla ristorazione tricolore. Molti importanti locali utilizzano infatti per i loro piatti più suggestivi il caviale di Calvisano. Come la mousse di stoccafisso e caviale del Ristorante Gambero, proprio a Calvisano, dove l’incessante rincorrersi di gusti e consistenze, diversi ed apparentemente inconciliabili, è sorprendente. O come il risotto allo Champagne con fiori di zucca e caviale dell’elegante ristorante Don Carlos nel centro di Milano, prezioso sotto il profilo cromatico ancora prima che gustativo.
Non per nulla nel bistellato ristorante Sadler di Milano uno dei piatti più caratteristici sono gli spaghetti trafilati in oro con dadini di tonno, scorzetta di limone e bottarga grattugiata. LE UOVA DI TROTA Ma anche dalla trota si ottengono ottime uova, che si presentano di colore arancione, media e grande dimensione. In uno dei pochi centri esistenti in Italia dove si ottiene il nobile alimento, a Zuclo in Trentino, le trote vengono spremute, lavate e conservate con sale dolce e zucchero di canna a temperatura controllata. La trota inizia a produrre uova dal secondo anno di vita sino al quinto e con il passare del tempo la dimensione del singolo uovo cresce. Straordinarie per gusto ma soprattutto per croccantezza, distinguendosi in questo da quelle di salmone che hanno una consistenza gelatinosa, sono ideali per la preparazione di crostini o il condimento di primi piatti. Irresistibile a tale riguardo la proposta di Enrico Gerli de I Castagni di Vigevano: girandola di pasta al pomodoro ripiena di crema di zucchine, barba dei frati, uova di trota e sugo di gamberi di fiume.
LA BOTTARGA Di uova di pesce lavorate in maniera del tutto singolare è invece la bottarga. La sacca ovarica di muggine o tonno dopo essere stata estratta, viene accuratamente pulita, salata, pressata e stagionata per un periodo variabile tra 4 e 6 mesi. Si presenta come se fosse un vero e proprio insaccato, dal colore nocciola dorato nel caso si tratti di uova di tonno, ambra se le uova provengono dalla muggine. Per la cattura si sfrutta la naturale migrazione del pesce dal mare alla laguna: ciò consente la cattura nel momento ottimale della maturazione delle sacche ovariche, che avviene in agosto. Che sia di muggine o di tonno la consistenza finale della bottarga deve essere tale da permettere di affettare il prodotto, che può trovarsi anche sbriciolato in polvere, pronto magari per condire, non senza un filo d’olio extravergine d’oliva, un piatto di spaghetti al dente. Patria della bottarga di muggine in Italia sono Cabras, in provincia d’Oristano, e Orbetello nel Grossetano; la bottarga di tonno è invece tutta isolana: Favignana in Sicilia e Carloforte in Sardegna. Anche la bottarga è considerata un prodotto pregiato, tanto che nell’antichità veniva utilizzata come preziosa merce di scambio, specie grazie alla sua lunga conservabilità dovuta alla salatura. La bottarga
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APPUNTAMENTI
Cibo e territorio, le proposte d’autunno di Slow Food Appuntamenti a tavola o manifestazioni di più ampio respiro. Sono nud’autunno promosse da Slow Food. La Condotta merose le iniziative d autunno p novembre alle 19.30 organizza un incontro/ceValli Orobiche lunedì 7 novembr na con i casari dei Presìdi orobici e con gli allevatori della razza Trattoria Dentella di Bracca, premiata a Chepiemontese alla Tratto ese come Locale de del Buon Formaggio. Sarà presente tra gli altri Angelo Santinelli, allevatore di vacca piemontese del Presìdio in terra bergamasca, tes che ch racconterà la sua esperienza soffermandosi in particolare sul benessere anima male e sull’alimentazione in riferimento al disciplinare di Slow Food. discip Tutti i Presìdi lombardi saranno invece ospiP all’interno di piccolo “Mercato della Terra” nel ti all’intern seconda edizione di Adda’s Wine, domecorso della se nica 20 novembre novembre: un viaggio tra le produzioni vinicole che si susseguono lungo il fiume ad opera di 15 vignaioli selezionati, con i finger food degli chef dell’Alleanza ad accompagnare le degustazioni. Dal 21 al 27 novembre toccherà alla “Settimana del castrato orobico” promossa da Slow Food Lombardia in collaborazione con le Condotte locali, mentre dal 29 prenderà il via in varie location della Bergamasca “(P)assaggi di cinema”, rassegna su cinema e alimentazione, valori territoriali, agricoltura e sviluppo con assaggi e approfondimenti. Tra gli appuntamenti di dicembre, organizzati dalla Condotta Valli Orobiche, da segnalare giovedì 8 la camminata gastronomica all’agriturismo Prati Parini di Sedrina nell’ambito di Terra Madre Day, per gustare, come vuole la manifestazione, un Cibo Quotidiano della Tradizione, ovvero la “polenta consa(da)”, con burro e panna di produzione familiare; e giovedì 15 una serata di solidarietà per finanziare il progetto “100 vigne per 1.000 orti in Africa”: al ristorante Sorsi & Bocconi di Albino saranno messi in vendita i Vini della Condotta ed una serie di altre grandi bottiglie di annate prestigiose. www.slowfoodvalliorobiche.it
FINO A DICEMBRE I SABATI "SPECIALI"
Da Salvi la sosta è più golosa La passeggiata del sabato pomeriggio in centro città può diventare più ghiotta approfittando della nuova proposta della Pasticceria Salvi. Lo storico locale di via Tasso ha predisposto da qui al 10 dicembre un calendario di appuntamenti a tema - dal titolo i “Sabato di Goloseria” - con una speciale offerta che invita a gustare di volta in volta prodotti diversi. Si comincia il 22 ottobre con il cremino “Fiat” Majani, per proseguire il 29 con la cioccolata calda con panna, il 5 novembre con le castagne, il 12 con le nocciole, il 19 con la giornata della Sacher e il 26 con l’arrivo del panettone. Il 3 dicembre sarà la volta delle meringhe con panna e il 10 di “Santa Lucia prima passa da noi” che offrirà un dolce pensiero ad ogni bimbo in attesa della notte dei doni. Tel. 035 243623
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5 E 6 NOVEMBRE
Whisky, duemila etichette in degustazione a Milano Il Milano Whisky Festival nasce dalla passione di due amici che, durante una vacanza in Scozia, «decidono di impegnarsi per far conoscere le emozioni uniche regalate da un sorso di single malt Scotch whisky». Ancora una volta – i prossimi 5 e 6 novembre all’hotel Marriott in via Washington – sarà possibile assaporare 500 anni di storia incontrando i prodotti delle distillerie delle Highlands e le persone che vi lavorano. Sono oltre 2.000 le etichette in degustazione, ma sarà anche possibile acquistare una bottiglia da “meditazione”, una mignon da collezione o altri prodotti scozzesi come salmone e marmellate, partecipare alle degustazioni guidate e provare accostamenti di whisky a formaggi o cioccolato. Quest’anno si potranno degustare anche single malt provenienti dalle più varie parti del mondo (Bretagna, Repubblica Ceca, Galles, Giappone, India e Tasmania), in una degustazione guidata in programma il sabato. L’ingresso costa 7 euro e comprende il bicchiere, un gettone per una degustazione e la Guida al Whisky by Milano Whisky Festival. www.whiskyfestival.it
DAL 4 AL 7 NOVEMBRE
Merano, per i vent’anni del Wine Festival al si stappano le vecchie annate Taglia il traguardo dei vent’anni il Merano Wine Festival e conferma la mission perr cui è nato, ovvero mettere in luce il meglio della produzione enologica italiana e mondiale.Anche che in questa edizione - in programma dal 4 al 7 novembre - sui banchi d’assaggio allestiti nelle sale ale della storica Kurhaus, le aziende vitivinicole potranno proporre unicamente i vini che hanno superato le rigide selezioni della Commissione di degustazione del Festival e il giudizio finale del el Presidente Helmuth Köcher. Le degustazione sono durate tre mesi ed hanno stabilito l’ammissione missione dei prodotti di sole 290 aziende italiane (altre 362 sono state escluse) provenienti da tutte utte le regioni.A queste si aggiungono 30 produttori selezionati in qualità di new entry, presenti enti nella giornata di lunedì 7. In totale si potranno degustare 700 vini italiani, ai quali si affiancano, vista ista la vocazione internazionale dell’evento, le bottiglie di 150 super-selezionati produttori stranieri dalle più note aree vitivinicole.Tra i momenti salienti, la premiazione delle sette aziende presenti ininterrottamente dal 1992 ad oggi e la possibilità di degustare i vini di vecchie annate, anche oltre i dieci anni, che i produttori proporranno ai banchi d’assaggio (un’occasione unica offerta solo lunedì 7). Oltre alla sezione “Wine”, ci sono quelle dei vini biodinamici, delle specialità gastronomiche artigianali, dei distillati, dei birrifici, dei “Wine Resorts”, senza dimenticare lo spazio dedicato agli show culinari. www.meranowinefestival.com
DAL 29 OTTOBRE AL PRIMO NOVEMBRE
Pizzighettone, mercato e cena nelle antiche mura Approda nelle suggestive Casematte delle mura l’edizione 2011 di “BuonGusto”, mostra mercato di prodotti enogastronomici organizzata dal 29 ottobre all’1 novembre da Pizzighettone Fiere dell’Adda col patrocinio del Comune di Pizzighettone e della Provincia di Cremona. Un circuito espositivo al coperto delle Casematte (antichi ambienti a volta di botte all’interno delle mura) farà scoprire artigiani, consorzi di tutela, produttori, aziende agricole e vitivinicole e commercianti specializzati provenienti da tutta Italia ed offrirà la possibilità di assaggiare ed acquistare le loro proposte. La rassegna, ad ingresso gratuito, si svolge in contemporanea con la 19esma edizione di “Fasulin de l’òc cun le cudeghe”, degustazione del piatto locale tipico della solennità dei defunti e di altre specialità della zona, organizzata dai volontari all’interno delle antiche mura che, riscaldate da grandi camini d’epoca, si trasformano per l’occasione in una grande osteria d’antan che richiama ogni anno migliaia di buongustai. Per la preparazione della ricetta si utilizzano gli ingredienti e le dosi tramandate: cotenne morbide di maiale, salamelle di pasta fresca, carni di manzo e di maiale, verdure di stagione, olio d'oliva e brodo di carne. Come dolce viene servita in esclusiva per la festa la “Torta dei Morti”, a base di farina bianca e gialla, mandorle tritate, burro, strutto, uova e zucchero. www.pizzighettone.it
DAL 18 AL 20 NOVEMBRE
A Cremona il torrone dà spettacolo Oltre 24 tonnellate di torrone venduto, più di 50 iniziative culturali e di intrattenimento, oltre 100.000 presenze: sono i numeri della passata edizione di “Torrone & Torroni”, la festa che Cremona dedica al suo dolce tradizionale. Il nuovo appuntamento sarà nel fine settimana dal 18 al 20 novembre e - accanto all’area commerciale che vede in piazza Stradivari espositori di torrone e dolci e nel Cortile Federico II quelli di prodotti tipici cremonesi - propone ancora moltissime iniziative per tutti e per tutti i gusti. Tema di quest’anno è il viaggio, sul quale si sviluppano giochi, momenti di intrattenimento, laboratori per i bambini, appuntamenti culturali ed enogastronomici, tra cui si segnala la possibilità di salire a bordo della storica motonave Stradivari, che in occasione della Festa rientrerà a Cremona lungo le acque del Po e proporrà golose degustazioni a base di torrone. Immancabile anche la consegna del premio “Torrone d’oro”, quest’anno assegnato calciatore Gianluca Vialli, cremonese doc. www.festadeltorronecremona.it
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IL RISTORANTE di Lelia Parisi
“Drago”, l’antico ristorante che non teme lo scorrere del tempo A Oltre il Colle, il locale guidato da Paolo e Renata Maurizio continua nel solco della tradizione, proponendo ricette del territorio che si tramandano da generazioni. E a fine pasto è pronta la cartolina da spedire
C’
è un pezzetto di storia di Oltre il Colle scritta nelle vicende dell’Osteria del Drago (come si chiamava un tempo). Una storia che sconfina nella leggenda e che affonda nelle acque gorgoglianti di una fonte - del Drago, appunto - che per qualche tempo, verso fine Ottocento, fece la fortuna di Oltre il Colle, salvo scoprire che le acque del Drago, come in certe fiabe, nascondevano un’insidia, essendo troppo mineralizzate e perciò meno salubri di quanto si credesse. Una storia che parla di un angolo di valle, dove «abbondano i latticini per il grande numero di mandrie che pascolano nei vicini monti» (testimonianza del 1874), e di una «osteria del Drago» di recente costruzione, che «tiene alloggi, buona cucina e servizio e vi ha un ufficio postale».Testimonianza che torna nelle parole dell’architetto Luigi Angelini, prestigioso ospite dell’osteria dal 1936 al 1938 durante la ristrutturazione della chiesa di San Bartolomeo, che alla insegna del Drago alato a 7 teste, ancor oggi simbolo del locale, dedica un’affascinata descrizione. Una storia, non solo sancita dall’assegnazione all’Antico Ristorante Drago dell’attestato di Locale Storico della Regione Lombardia nel 2005, ma che troviamo scritta nei piatti del Drago, frutto di un filo ininterrotto tra quattro generazioni. Che dal fondatore, Gerolamo Maurizio, passa per via paterna per arrivare a Paolo e Renata Maurizio, attuali gestori. Piatti che portano la firma del Drago nonostante il suono li accomuni ai soliti noti della tradizione bergamasca, brasato con polenta, casoncelli, tagliatelle al sugo di lepre o con porcini, polenta taragna, costine di maiale con le verze.
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Ma sono piatti che dicono con le stesse parole cose diverse. Il brasato, per esempio, ha accorciato la marinatura di qualche sillaba, il sugo di lepre ha rafforzato linguali e dentali della frollatura, i casoncelli han subito un’inquisizione di uvetta e di ogni fonte di tentazione zuccherina. «Tutte le nostre ricette sono state tramandate oralmente da una generazione all’altra, senza apportare modifiche – racconta Paolo -. Per il brasato, per esempio, utilizziamo il cappello del prete, ma non lo facciamo marinare nel vino come si fa in genere, perché prenderebbe troppo sapore. Il vino lo mettiamo alla fine, dopo aver rosolato la carne in padella con il lardo. Così il sapore resta più delicato e la carne più digeribile». Discorso opposto per il sugo di lepre. «Facciamo frollare per 3 o 4 giorni la lepre conservando cuore, polmoni e reni, che, tritati finemente dopo una cottura di tre ore, andranno ad arricchire le tagliatelle al sugo di lepre». Un gusto ardito, non per tutti i palati. «Sapori che molti nostri clienti apprezzano e cercano, perché ormai quasi scomparsi». Quasi penitenziali invece, i casoncelli, con ripieno di solo brasato, uova e formaggio, conditi con burro d’alpeggio e salvia «è la sola ricetta che ci è stata tramandata», precisa Paolo. Ma vuol dire che c’è tutto quello che serve, se ancora funziona dopo 140 anni. Tutt’altra combinazione di sapori, all’insegna dell’agrodolce, il risotto con pere e strachitunt, una delizia da non perdere, così come il morbido e sapido risotto ai porcini. E poi c’è tutto il corredo di prodotti dell’alta valle, mascherpe, salami, lardo, caprini, formaggelle profumate degli alpeggi del Bran-
IL GIUDIZIO AMBIENTE
7/10
Il locale, gestito dal 1870 dalla famiglia Maurizio, è stato completamente ricostruito per problemi strutturali nel 1996. Lo stesso Comune ha sovrinteso ai lavori di ristrutturazione per salvaguardare l’identità storica del locale. Tutti i pezzi antichi, porte, finestre, camino, sono stati smontati e rimontati nella posizione originale. Gli interni ricreano le atmosfere di fine secolo XIX, con le loro stampe antiche, arredi originali del ‘700 e ‘800, pareti disseminate di vecchi attrezzi da lavoro e da miniera, la suggestiva batteria di 95 pezzi in rame appesi nella Sala del camino. Tre le salette, per un totale di 70 coperti.
chino, senza i quali la tavola del Drago non sarebbe la stessa. «Ci riforniamo dai nostri cugini di Zorzone, titolari dell’azienda Tiraboschi, che hanno mucche e maiali, oppure localmente, per quasi tutto il nostro fabbisogno di materie prime - ammette Paolo -. Solo il prosciutto di cervo, servito con bacche di ginepro pestate nel mortaio, proviene dalla Valtellina. Anche la cacciagione, soprattutto lepre e capriolo, cucinato in bocconcini arrostiti con bacche di ginepro e cannella, ce la procurano i cacciatori dell’alta valle. E ogni tanto ci arriva pure il tartufo nero di Zorzone e Val Parina che affettiamo sul risotto». Tra i dessert, crostate di frutta fresca fatte in casa, ce n’è uno che Paolo cita con una certa commozione: «Un tempo, quando non c’era altro, si facevano bollire le castagne addolcendole con panna e un poco di liquore. È per questo che ancora oggi abbiamo a menù le castagne peste bollite servite con grand marnier e panna montata». Come chicca finale, in chiusura troverete sul tavolo una cartolina del Drago già affrancata da spedire a chi volete. Una tradizione lunga100 anni, che nell’era di internet fa un po’sorridere. Ma che eppur funziona. Un pasto completo alla carta si degusta a 30-35 euro, vini esclusi.
ANTICO RISTORANTE DRAGO via Roma, 520 Oltre il Colle tel. 0345 95006 chiuso il martedì
CUCINA
18/30
Tipica dell’alta Val Brembana, e quindi esclusivamente di terra, dai sapori pieni e decisi, anche grazie all’uso di materie prime locali (sono 30 le aziende agricole presenti a Oltre il Colle, un record per la valle). Una cucina ad andamento stagionale, come precisa Paolo Maurizio, che ha scelto di fare della tradizione il punto di forza della sua proposta, mantenendosi fedele alle vecchie ricette di famiglia anche se in qualche caso possono non incontrare il gusto moderno. Ai fornelli c’è Renata, sorella di Paolo, mentre la mamma, una fibra solida del 1925, interviene tuttora in cucina.
CANTINA
9/20
La lista dei vini spazia, con una quantità congrua di etichette, considerata l’impostazione a senso unico del menù, in tutte le regioni italiane, con particolare attenzione alla Lombardia (Valcalepio,Valtellina e Oltrepò) e Trentino. Presente anche una piccola selezione di bollicine e bianchi fermi. Come vino della casa, il Drago propone il Monzio Compagnoni, anche al bicchiere. Buoni i ricarichi.
COMPETENZA
7/10
Ricette e tecniche collaudate in un periodo così lungo sono certamente una garanzia per il cliente. A ciò si aggiunge la mano sicura di Renata e della mamma, depositaria di un patrimonio di ricette di prima mano. «Abbiamo clienti che ci seguono da 50 anni, quando al timone c’era ancora la terza generazione, e che tornano qui perché ritrovano immutati i sapori - racconta Paolo -. Nulla è cambiato, le stesse tecniche di cottura dei piatti, gli stessi tagli di carne, c’è ancora la vecchia stufa a legna in cucina, non abbiamo neanche la friggitrice».
SERVIZIO
8/10
In sala Paolo con la moglie Maria Luisa svolgono il servizio ai tavoli in modo efficiente e veloce, dando consigli e personalizzando gli antipasti, se richiesto.
RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO
9/10
Buon rapporto qualità/prezzo. Presenti anche due menù della Tradizione, comprensivi di vino (Monzio Compagnoni): a 25 euro il menù completo (lardo alle erbe, casoncelli, brasato e polenta, dessert); a 15 euro il menù a una portata (brasato e polenta, dessert). Buona l’idea di mettere in carta i singoli formaggi (tutti della valle), dando la possibilità di costruirsi il piatto come si desidera. p.s.
Affari di Gola ottobre 2011 19
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Corsi, le proposte dell’Accademia del Gusto Aperitivo e dintorni Il corso “Tapas e finger foodâ€? in programma il 2 novembre, dalle 14 alle 18, con lo chef Francesco Gotti, offre una serie di ricette sfiziose per portare innovazione in ogni locale, con stuzzicanti bocconcini particolarmente adatti sia per l’aperitivo che per gli happy hour. Degustazione, il mondo dei formaggi Il corso, tenuto da Giulio Signorelli nei mercoledĂŹ dal 2 al 16 novembre, è articolato in tre incontri, dalle 20 alle 22.30, e fa conoscere e apprezzare le caratteristiche organolettiche ed alimentari dei migliori formaggi italiani. Un “viaggio sul tagliereâ€? a tutto tondo. Bar & Wine Il corso “Le nuove tipologie del bere modernoâ€?- a cura di Sergio Moro e in programma il 9 e 10 novembre dalle 15 alle 17- è rivolto ai professionisti del settore pronti a cogliere la tendenza di nuovi cocktail, realizzati con tecniche che fondono la moderna miscelazione con strumenti e procedimenti tipici della cucina molecolare. Vorrei fare il pizzaiolo Il corso, articolato in 13 incontri in programma dal 3 novembre al 22 novembre, consente di avvicinarsi alla professione di pizzaiolo e di scoprire le tecniche del mestiere attraverso nozioni pratiche e teoriche relative a strumenti, tipologie di farina, metodi di impasto e cottura, ricette per i condimenti e consigli per la presentazione. Ăˆ condotto da Tiziano Casillo e fornisce tutti gli strumenti utili per trasformare una passione in professione. Dolci d’autore Il maestro pasticcere Maurizio Santin sale in cattedra - il 7 e l’8 novembre dalle 14.30 alle 18.30 - con il corso “Nuovi dessert al ristoranteâ€? ideato per gli chef che intendono rinnovare la propria proposta e presentare un dessert al piatto che sia frutto di un processo di costruzione fondato sulla conoscenza e sulla filosofia del proprio ristorante. Per concludere il pasto emozionando, senza interrompere il dialogo tra cliente e cucina che si stabilisce fin dal primo assaggio. Il sottovuoto come tecnica di cottura Il sottovuoto diventa sempre piĂš spesso la scelta ottimale per la cottura a bassa temperatura di pesce, carne e frutta. Non solo tecnica di conservazione, ma metodo di preparazione e aromatizzazione del prodotto. Il seminario, presentato dallo chef Fabrizio Ferrari – in calendario il 16, 23 e 30 novembre - è rivolto ai professionisti che intendono apprendere nuove tecniche e conoscere la personale interpretazione dello chef sulla preparazione e la presentazione di piatti che lo hanno reso celebre.
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20 Affari di Gola ottobre 2011
L’Accademia del Gusto è a Osio Sotto in piazzetta Don Gandossi 1. Tel. 035 4185706; info@ascomformazione.it; www.ascomformazione.it
Consumarlo al bar conviene I prezzi della materia prima sono saliti dell’11%, ma i locali hanno contenuto i rincari
L
a tazzina di caffè è meglio prenderla al bar. Una recente confronto tra i dati forniti dall’Istat sull’andamento dei prezzi delle materie prime (caffè +11,5% d in un anno; zucchero +9,4%) e quelli praticati dai pubblici esercizi evidenzia prat la maggiore competitività di questi ultimi. mag tazzina consumata al bar – ha evidenziaLa tazzin to la Fipe, la Federazione nazionale dei pubblici esercizi - continua a mantenere un profilo virtuoso nonostante i forti incrementi di prezzo subiti principalmente dalle miscele piÚ pregiate destinate al canale. Nell’ultimo anno la variazione del prezzo della tazzina si è assestata intorno al 2,5%, al di sotto del tasso di inflazione generale. Nessuno è in grado di dire se questo atteggiamento di prudenza da parte delle imprese proseguirà nei prossimi mesi - ha commentaro il presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani - ma è certo che la tazzina al bar resterà lontana dagli incrementi a due cifre registrati dal caffè consumato in casa. Ancora una volta il bar – ha concluso - si rivela in grado di assorbire gli aumenti delle materie prime a difesa del potere di acquisto dei consumatori.
Come imparare l’arte di prepararlo e degustarlo L’arte, i profumi, i sapori della caffetteria. L’Accademia del Gusto di Osio Sotto propone da lunedĂŹ 14 a giovedĂŹ 17 novembre un laboratorio per conoscere la storia del caffè e apprendere i segreti per la preparazione di espresso, cappuccino e bevande ad essi correlate. Si tratta di un percorso fortemente connotato in senso pratico, per favorire l’acquisizione delle tecniche e della manualitĂ . In venti ore (dalle 14 alle 19) si imparerĂ a preparare, sotto la guida di Boris Andreoletti, prodotti di caffetteria che i clienti non troveranno altrove. E se il caffè deve essere preparato con arte, con la stessa arte occorre accostarsi alla sua degustazione. Per inoltrarsi nell’analisi sensoriale dell’espresso italiano l’Accademia dell’Ascom organizza il corso “Il sommelier dell’espressoâ€?, una full immersion di una giornata (venerdĂŹ 17 novembre dalle 10 alle 17), suddivisa in una prima parte teorico-illustrativa e una seconda parte di degustazione di dieci differenti miscele. L’approfondimento, curato anche in questo caso da Boris Andreoletti, è pensato per sviluppare le competenze e la professionalitĂ di chi opera nel settore. Info: tel. 035 4185706; info@ascomformazione.it; www.ascomformazione.it
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Affari di Gola ottobre 2011 21
Tante varietà per gusti diversi
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el sistema di classificazione del regno vegetale, il caffè enne inserito nella famiglia delle rubiacee, che raggruppa ben 4.500 varietà tra cui 60 specie appartenenti al genere coffea. Delle circa 60 specie di piante di caffè esistenti, solo 25 sono le più commerciali per i frutti, ma di queste solo le prime quattro hanno un posto di rilievo nel commercio: la Coffea Arabica, la Coffea Robusta, la Coffea Liberica e la Coffea Excelsa. Coffea Arabica - Specie coltivata e selezionata da diversi secoli. Di questa la più rinomata è la varietà “Moka”, coltivata sopratutto in Arabia, i cui grani piuttosto piccoli, hanno un intenso profumo aromatico. Il loro colore caratteristico è il verde rame, mentre la forma è appiattita ed allungata. Altre varietà sono la “Tipica”, la “Bourbon” molto diffusa in Brasile e la “Maragogype” apprezzata per i grani più grossi. Le piante di Arabica prosperano in terreni dotati di minerali, specie quelli di origine vulcanica, situati oltre i 600 metri di altezza. Il clima ideale deve aggirarsi intorno alla temperatura media di 20°C. Coffea Robusta - I suoi grani tondeggianti sono più piccoli, ma più ricchi di caffeina rispetto alla specie precedente e, una volta torrefatti, risultano molto profumati. Scoperta nel Con-
go è ora molto coltivata, perché oltre all’abbondanza di produzione ed al minor costo d’impianto, mostra alte caratteristiche di resistenza alle malattie, vegetando anche in condizioni disagiate. Alcune varietà ricavate da incroci di “Canephora”, a cui la Robusta appartiene, sono molto diffuse in Indonesia, Uganda, India e nell’Africa occidentale. Inoltre è stata ricavata “l’Arabusta”, incrocio tra le due Coffee, Arabica e Robusta. Coffea Liberica - Proveniente dalle foreste della Liberia e dalla Costa d’Avorio, è una bella pianta longeva, robusta, rigogliosa nella vegetazione con frutti e semi grandi quasi il doppio di quelli della Arabica, ed inoltre più resistenti all’assalto dei parassiti. Per queste sue caratteristiche la Coffea Liberica è scelta come porta-innesto e per ottenere, tramite incrocio, nuove varietà presenti soprattutto in Costa d’Avorio e nel Madagascar. I suoi chicchi, sebbene di qualità inferiore, danno un caffè profumato e gradevole. Coffea Excelsa - Scoperta nel 1904, questa specie resiste bene all’attacco delle malattie ed alla siccità. Dà una resa molto elevata ed i grani, lasciati invecchiare, danno un caffé dal gusto profumato e gradevole, simile a quello della Coffea Arabica.
Evitiamo le amare sorprese a fine pasto Chi non ricorda la reclame in cui Nino Manfredi chiudeva lo spot con “Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?”. Difficile non essere d’accordo. In effetti, il caffè dovrebbe essere buono, come le lasagne o il coniglio, ma troppo spesso è un autentico tallone d’Achille per alberghi e ristoranti che vengono ricordati più per la ciofeca calda che si beve all’ultimo che, magari, per i deliziosi manicaretti serviti in precedenza. Un’autentica piaga, che rovina il pranzo o la cena e finisce per lasciare
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un cattivo ricordo dell’esperienza gastronomica. Questo aspetto ci è sempre stato ben presente. Ed è grave, sia per una birreria o per un ristorante che avanza qualche pretesa, non rimediare ad una simile pecca: bisognerebbe sempre ricordarsi l’attenzione che va posta laddove si conclude il pranzo. Lo stesso avviene purtroppo anche in molti alberghi. Insomma, permane una scarsa attenzione per quello che, al contrario, è un momento importante della giornata e, per una cerchia di raffinati, addirittura un rito. Certo, un buon caffè prevede una buona miscela (ma-
gari non precisamente economica), una sapiente regìa della macinatura con le conoscenze adeguate, comprese quelle climatiche, un buon “manico” e tanta passione. Ma la faccia contenta di chi si accosta alla tazzina, non ha prezzo davvero. E lo stesso si può dire del “caffè sospeso”, meravigliosa usanza di una Napoli d’altri tempi, dove chi aveva più possibilità pagava due caffè, lasciandone uno “sospeso” (cioè offerto) per un concittadino meno abbiente. Un gesto nobile. Speriamo che ritorni e non solo laggiù.
Macchine per il caffè, va all’estero il 75% della produzione
A
ndamento positivo per il mercato delle macchine per caffè che fa registrare un +16,4% di vendite Secondo i dati diffusi da Anima-Ucimac, il mercato delle macchine per caffè è cresciuto nel 2010 rispetto al 2009 (+16,4 per cento di macchine vendute, per un totale di quasi 112mila pezzi). E tre macchine su quattro vanno all’estero. Continua quindi la diffusione dell’espresso nel mondo, con i produttori italiani di macchine per caffè leader incontrastati nei cinque continenti. Proprio dall’elaborazione dei dati effettuata dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano si ricavano le linee di sviluppo dell’espresso nel mondo. Se da una parte c’è la conferma dell’Europa come principale sbocco del mercato (55% delle macchine vendute all’estero nel 2010), è anche vero che rispetto al 2009 questo mercato circa il 6% sia in
volume che in valore rispetto alle vendite mondiali. Le macchine per caffè si sono quindi spostate, in particolare verso l’Estremo Oriente (Cina, Giappone, Corea e paesi della regione) che nel 2010 hanno guadagnato circa il 5% tanto in volume che in valore nelle vendite rispetto al 2009. L’Estremo Oriente ha segnato un +86% in volume e un +81% in valore rispetto alle sue stesse vendite dell’anno precedente, mentre il resto dell’Asia ha segnato +73% in volume e +75% in valore. Bene anche il Nord America, con Stati Uniti e Canada con una fetta di acquisti macchine nel 2010 in volume dell’8% e in valore del 7,5%, in crescita rispetto al 2009 del 50% in volume e del 40% in valore. “L’espresso ormai da anni ha raggiunto una notorietà e un apprezzamento globali - ha commentato i dati Gianluigi Sora,
presidente dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano -. La stragrande maggioranza della nostre macchine per caffè è destinata all’estero e lo sarà sempre di più, basti considerare la crescita tumultuosa di Asia e Nord America”. “L’espresso italiano è in questo mercato globale un modo specifico di bere l’espresso - ha continuato Sora -. Da parte dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano la tutela è quindi duplice. Continuare a migliorare la qualità del prodotto sul mercato italiano e nel contempo divulgare all’estero una maggiore cultura del nostro espresso a supporto dei nostri torrefattori che stanno impegnando sempre maggiori risorse nell’esportazione”.
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TENDENZE di Leo Bartoli
La rivincita dell’asino Anche in Bergamasca si comincia a riscoprire il sottovalutato equino, che promette nuovi fronti di sviluppo sul versante agroalimentare. Oltre al latte, anche le carni iniziano infatti ad essere apprezzate. Senza contare il filone della cosmesi. L’esempio dell’allevamento emiliano “Montebaducco”
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na riscoperta per un animale sottovalutato, a volte dileggiato, emblema di indolenza, che ora si prende la sua rivincita. Per la nostra agricoltura boccheggiante l’asino può tornare ad essere una risorsa importante per la sua versatilità e i suoi molteplici utilizzi. Se l’uso del latte d’asina per la cosmesi si perde nella notte dei tempi (remember i bagni di Poppea?), ora si affaccia-
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Davide Borghi
no all’orizzonte altri fronti legati all’agroalimentare. Più digeribile di quello bovino, altamente nutriente, consigliato per la dieta dei neonati che presentano allergie o intolleranze alimentari, il latte d’asina viene ormai venduto da molti o addirittura utilizzato per yogurt o gelati, mentre questo animale resta un caposaldo anche per tenere puliti boschi e sentieri. Anche in Bergamasca questo ritorno comin-
cia a prendere piede: tra gli altri, ci sono insediamenti a Solto Collina (azienda agricola Asino d’oro con allevamento e trekking someggiato) ad Albino (con la Stalletta del veterinario Mario Pucci) e in diversi altri Comuni, mentre a Lenna, Ferdy per le sue attività ne ha comprati diversi nell’allevamento più grande d’Europa: Montebaducco a Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia. E proprio
in questo enorme insediamento reggiano (oltre 700 capi, di più di 15 razze, tra europee e non) siamo stati per capire meglio come l’asino può diventare importante nell’agricoltura moderna. “L’azienda - spiega Davide Borghi, titolare con la sua famiglia dell’allevamento - è nata nel 1990, i primi asini sono arrivati poco dopo, mentre dal 1996 abbiamo iniziato anche l’attività agrituristica. Il nostro nucleo familiare è formato da tre persone, che hanno avviato l’impresa, poi aiutati da altri parenti e dipendenti. Si può dire che la nostra è un’attività asinina a 360 gradi, perché riguarda ristorazione, pernottamento, contribuzione per la salvaguardia delle specie a rischio di estinzione, attività didattiche e partecipazioni a eventi dove l’asino la fa da padrone, ma è soprattutto caratterizzata dall’allevamento ai fini di produzione di latte di asina, poi trasformato in prodotti innovativi ma storici”. Così, dalla semplice vendita di latte, si è passati ad altre innovazioni come il gelato a base di latte d’asina o la mortadella d’asina,
più leggera ma altrettanto gustosa rispetto a quella suina, senza contare che esiste una vasta casistica per il salame d’asino e che in Piemonte vanno a ruba gli agnolotti con il ripieno di carne di questo animale. C’è poi, come detto, il filone legato alla cosmetica: il latte d’asina contiene infatti composti attivi che prevengono l’invecchiamento, antiossidanti e rigeneratori (acidi grassi insaturi, numerose vitamine - A, B2, C e E - e i tanto ricercati Omega 6). È pure utile nella prevenzione di alcune malattie della pelle grazie all'elevato contenuto di lisozima, enzima naturale dotato di proprietà battericida e di proprietà rinforzanti il sistema immunitario della pelle. Da sfatare anche la fama dell’asino come animale ottuso e poco gestibile. Con i nostri occhi abbiamo ad esempio osservato quanto questi animali siano invece sensibili e molto "razionali": al momento della mungitura, un gruppo di asine si è diligentemente messo in fila senza nessun intervento da parte degli allevatori, attendendo il proprio turno, senza accalcarsi e
dirigendosi una alla volta alla propria posizione. “Per noi non è una sorpresa - afferma Borghi -: sappiamo da sempre che l’asino è un animale intelligente, sicuramente più del cavallo. Questo allevamento è legato soprattutto alla passione verso questo animale, che ci auguriamo possa venire riscoperto anche in altre parti d’Italia”. Un bell’esempio di riconversione agricola, quindi, che potrebbe attecchire, senza arrivare alle dimensioni dell’allevamento reggiano, anche in Bergamasca, dove peraltro l’interesse verso questi animali pare nuovamente in risalita: lo dimostra l’attenzione con cui è stato accolto da grandi e piccini, alla recente Fiera di Sant’Alessandro, l’esemplare di asino albino dell’Asinara dagli occhi azzurri, diventato assoluto protagonista della kermesse. Inoltre continua a crescere l’Atab (Associazione tutela dell'asino della Bergamasca) che nel giro di poco tempo ha già raccolto 120 adesioni tra soci e sostenitori e che si candida a diventare l’avanguardia per i futuri insediamenti.
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L’EVENTO
a “Focus Vino” convincono le due novità di Villa Domizia
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o scorso 10 ottobre, al Centro Formazione Permanente della 4R di Torre de’ Roveri, s’è tenuto il primo Focus Vino dei fratelli Rota, titolari dell’azienda, che hanno voluto riproporre un nuovo appuntamento riservato solo agli operatori, con un tema tutto dedicato all’aperitivo all’italiana. L’obiettivo era quello di raccontare i vini attraverso gli usi e i costumi moderni e di creare un momento di confronto. Come negli altri Focus dell’azienda, infatti, lo scopo è far col- limare e sviluppare due tematiche importanti a livello commerciale: identificare il consumatore tipo e cogliere il momento ideale di consumo. È stato fatto il punto soprattutto su come accrescere e consolidare le classiche proposte legate all’aperitivo all’italiana. Nell’occasione sono stati presentati in anteprima i due nuovi vini prodotti sotto l’insegna del loro marchio ammiraglio Villa Domizia, un metodo classico e un rosato aromatico, che saranno disponibili a partire dalla metà di novembre. Nel 2009 quando decisero, tramite il progetto “Gaudes”, di interpretare in modo diverso la produzione dei vini del territorio, i fratelli Rota pensarono di completare la gamma iniziando la selezione di tre uve, Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco, per la spumantizzazione del loro primo champenoise bergamasco. Dopo diciotto mesi a contatto con i lieviti e almeno sei di affinamento in bottiglia, sono riusciti a dare un vino in grado di rappresentare il nostro territorio, il Brut Classico Villa Domizia. A fianco poi dei vini Valcalepio e della linea informale chiamata Cuvè, è stato concepito lo “Zerotre Rosè”, un rosato fragrante prodotto di bassa gradazione da uve Schiava Grossa e Lombarda e Moscato di Scanzo. Nel voler interpretare un nuovo modo di bere, forgiando un vino che avesse caratteristiche ben precise, è stato concepito un sostituito del Prosecco, con un’alternativa intrigante, diversa dalle solite proposte. Questo vino è stato accolto dai partecipanti con grande interesse. Consapevoli del momento difficile che il mercato vive, penalizzato tra l’altro da diverse situazioni di stallo prettamente economico, è emerso come usi e abitudini dei consumatori si stanno evolvendo. Lo scambio di vedute durante la giornata ha portato ad una conclusione legata all’esigenza di una proposta professionale variegata. Con questo prodotto, i fratelli Rota sono convinti di essersi inseriti in tale contesto, senza dimenticare quel giusto rapporto qualità-prezzo. Maurizio Rota, consigliere delegato della società, ha precisato che “l’esperienza acquisita ha dimostrato quanto sia importante ospitare gli operatori per apprendere e poi sviluppare le considerazioni che emergono. Una vera sinergia fra le parti commerciali, permette di capire le aspettative dei consumatori. Da tempo stavamo lavorando per raggiungere l’obiettivo di un vino del territorio che garantisse quel valore aggiunto oggi fondamentale”. Nel corso dell’evento, sono state poi presentate alcune proposte di miscelati a base di spumante e Zerotre Rosè. Di rilevanza le due ricette dedicate a questo vino:“Profondo Rosso” e “Pinky, l’aperitivo in rosa”.“Senza stravolgere le classiche abitudini, - continua Rota - vogliamo evidenziare e riscoprire modi diversi di vendere vino”.
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IL PRODOTTO di Giordana Talamona
Con l’autunno la cucina va fuori di... zucca Ve Versatile, grande protagonista nei piatti, s’è ritagliata un ruolo di tutto rispetto. Di lei non si butta via niente. E certi suoi utilizzi possono anche sorprendere. La parola agli esperti
I
l suo periodo è pro proprio questo, non c’è che dire. Le zucche infatti infa vengono generalmente raccolte agosto a metà settembre, per diventare le da fine ag grandi della tavola autunnale e invernale. di protagoniste pr Dopo la raccolta, un tempo, venivano lasciate sull'aia, per una quindicina giorni, in modo che finissero al sole la loro maturazione. Oggi le possiamo trovare direttamente al supermercato in numerose varietà, dalla
dolce Cucurbita maxima, considerata tra le migliori in cucina, alla Cucurbita moschata, dalla forma allungata e dalla polpa tenera. Su quale varietà cada la scelta è un fatto di gusto e di necessità perché, è proprio il caso di dirlo, di questo ortaggio non si butta via niente e certi suoi utilizzi possono essere, talvolta, sconosciuti e inaspettati. Scopriamone tutti i segreti attraverso i consigli dei nostri esperti.
LA CHEF DEL CAPUT MUNDI DI CASTELLUCCHIO (MN)
Chiara Rizzi: “Scelgo la Delica, ideale per fare il ripieno dei tortelli” Mantovani e ferraresi si contendono la paternità dei gustosi tortelli di zucca, conditi con abbondante burro fuso e salvia, o con del pesto di salamelle lasciato sciogliere lentamente a fuoco basso. Se poi si approda in quel luoghi proprio di giovedì, non si può proprio dir di no agli gnocchi di zucca che vengono preparati con poca farina, sale e pepe, per creare un composto denso che viene buttato a cucchiaiate generose direttamente nell'acqua bollente. “Pochi, semplici ingredienti - spiega Chiara Rizzi, chef e patron del ristorante Caput Mundi di Castellucchio (Mantova) - se la zucca è dolce, meno si aggiunge e meglio è”. E allora scopriamo con lei tutti i segreti per sce-
gliere, cucinare ed abbinare la zucca a tutto tondo. Quale varietà di zucca è più indicata in cucina? “Dipende da cosa si intende cucinare. Una varietà che uso spesso è la Delica, ideale per il ripieno dei tortelli, mentre quelle oblunghe sono perfette come base per i risotti o se si vogliono fare fritte, perché risultano meno dolci”. Cosa fa la differenza nella qualità di una zucca? “Il terreno, non c'è dubbio. Non sono tanto la varietà o le condizioni atmosferiche, quanto la conformazione del terreno in cui è coltivata la zucca. Il paragone è simile alle differenze che certi terreni possono dare ai
vini. Per la zucca, come per i meloni, il principio è lo stesso. Ci sono degli agricoltori della zona del mantovano che, anche a distanza di poche centinaia di metri gli uni dagli altri, producono zucche di qualità sostanzialmente diversa”. Come si conserva? “Se la si lascia intera, in un luogo asciutto, può durare anche qualche mese. Mentre una volta tagliata, possiamo sbollentarla e metterla sotto-
LA RICETTA Risotto con la zucca e petali di luganega brasata nel vino rosso Ingredienti per 4 persone: 400 gr di riso Vialone nano o Carnaroli; 1 scalogno; 400 gr di zucca già pulita e mondata; 250 gr di luganega; 250 gr burro; olio 2 cucchiai; 1 lt vino rosso corposo; 1 cucchiaio di burro lavorato (crema di burro e farina); brodo di carne; Parmigiano grattugiato, sale e pepe q.b. Procedimento: In un tegame rosolare lo scalogno tritato finemente con 100 gr di burro e l'olio.Aggiungere la zucca tagliata a dadini, rosolare, salate e pepare. Portare a cottura con il brodo. Questa base per il riso è pronta quando la zucca sarà diventata cremosa per la maggior parte. In un altro tegame mettere a sciogliere 50 gr di burro e rosolare lentamente la luganega lasciandola intera. Aggiungere il vino rosso fino a coprirla e lasciar cuocere lentamente fino a quando il vino si sarà ridotto. Procedere alla cottura del riso nella crema di zucca portandolo a cottura lentamente, aggiungendo brodo caldo all'occorrenza. Aggiustare di sale e pepe se occorre e mantecare il riso con il burro restate e una generosa manciata di Parmigiano. Nel frattempo la luganega verrà sgocciolata e tagliata a fettine, il sugo di cottura addensato con il burro lavorato e mantenuto il tutto ben caldo. Disporre il riso nel piatto di portata, guarnire con le fettine di luganega ed irrorare con la salsa, di un bel colore bruno che contrasterà piacevolmente con il giallo aranciato del riso. L'armonia dei colori è anche armonia di sapori.
vuoto, in modo che non perda l'aroma e il gusto”. Può essere surgelata? “Certamente, anzi se utilizziamo i sacchetti freezer, possiamo scottare appena la zucca, surgelarla e successivamente procedere alla sua cottura buttando le buste direttamente nell'acqua bollente”. Cavallo di battaglia della cucina mantovana e ferrarese sono i tortelli di zucca. Ha qualche segreto per preparare il ripieno? “Gli ingredienti sono pochissimi, anzi se la zucca è dolce, meno se ne aggiungono e meglio è. Nella nostra tradizione, il ripieno si prepara aggiungendo l'amaretto sbriciolato, un po' di mostarda mantovana, sale e pepe; mentre in Emilia usano generalmente un ripieno di zucca in purezza. Se poi la zucca non è particolarmente dolce si può risolvere facendo dei
LO CHEF DELL'OSTERIA DEL POMIROEU DI SEREGNO
Morelli: “Preferisco la cottura al forno. Esalta meglio i sapori” Anche Giancarlo Morelli, chef e patron della stellata Osteria del Pomiroeu, non ha dubbi sulla versatilità della zucca in cucina. E non potrebbe essere altrimenti scorrendo col dito il menù del suo ristorante, da cui emergono gli evocativi “Gnocchi di zucca con carpaccio di cervo marinato al timo e quartirolo” o la deliziosa “Terrina tiepida di zucca, uvetta, pinoli e crema leggera di quartirolo”. Di origini bergamasche, diplomato all'Istituto alberghiero di San Pellegrino, Morelli vanta una vasta esperienza internazionale come chef e consulente gastronomico, dividendosi oggi tra due locali, il “Pomiroeu” di Seregno e il ristorante “Golf Far and Sure” in provincia di Como. “Con la zucca si può fare un'intera cena, dall'antipasto al dolce. È l'ideale in autunno, come protagonista di un piatto - spiega Morelli - o come appoggio ad altre preparazioni du-
LA RICETTA Crema bruciata di zucca, mela renetta e arance, con scaloppa di foie gras e spray di Sherry Ximenez Ingredienti per 10 porzioni: 600 gr scaloppe foie gras d’anatra (10); 90 gr pasta fillo (2 fogli); 20 gr burro chiarificato; 500 gr zucca gialla; 250 gr panna fresca; 2 uova intere; sale e pepe qb; 15 gr amaretti. Per le cialde: 50 gr burro; 50 gr farina 00; 50 gr albumi d’uova; 50 gr fecola di patate; 10 gr semi di sesamo nero. Per la marmellata: 500 gr mela renetta; scorza d’arancia qb; 100 gr zucchero; 10 gr zucchero di canna grezzo; 300 gr pan brioche; 3 cl Sherry. Procedimento Cuocere la zucca in forno avvolta in carta stagnola. Quando è cotta, pulirla e frullarla al mixer. Preparare il composto per le cialde con gli ingredienti sopra elencati tranne il sesamo; con il composto formare dei triangoli, cospargere con semi di sesamo e cuocere in forno.Avvolgere le scaloppe di foie gras con la pasta fillo e spadellarle con un po’ di burro chiarificato. Preparare la crema con 100 gr di purea zucca, 2 uova intere, 250 gr di panna, sale, pepe e 15 gr di amaretti; riempire 10 stampini ed infornare a vapore per 23 minuti a 90°. Cuocere le mele tagliate a pezzi con lo zucchero, quando cotte e a giusta consistenza incorporare la scorza d’arancia e frullare. Bruciare la crema con zucchero di canna.Impiattare e servire con spray di Sherry.
“tortelli scappati”, dei maccheroni secchi conditi col ripieno dei tortelli, burch ro e salvia”. Come Com possiamo usare i semi? “Facendoli tostare in forno a 40°C fin“Fac ché non n si seccano, un pizzico di sale e il gioco gioc è fatto. Sono l'ideale come aperitivo”. E nell'abbinamento col vino? nell' “La tradizione vorrebbe il Lambrusco, ma in questi anni ho sperimentato abbinamenti interessanti, giocando con vini più importanti ed evoluti. Per esempio la tendenza dolce della zucca sta benissimo con un buon Chablis, oppure con del Nebbiolo e del Pinot Nero. Chiaramente occorre vedere com'è stata cucinata la zucca ed il grado di grassezza percepita in bocca. Per esempio, con dei tortelli di zucca conditi con del pesto di salamella, un metodo champenoise con sboccatura datata, potrebbe essere indicato. Oppure, con dei tortelli burro e salvia, si può potrebbe pensare ad un vino bianco che abbia fatto legno, con un aroma burroso e complesso”.
rante tutto l'anno”.Tra le sue varietà preferite c'è la Butternup, una zucca americana tardiva, dalla classica forma a campana, con la buccia di color verde chiaro, che con la maturazione tende a virare al giallo ocra, caratterizzata dal delicato gusto di nocciola. Morelli, che gestisce anche l'attività di catering e tiene da anni corsi di cucina per appassionati, utilizza i buoni, vecchi metodi tradizionali per verificare la maturazione della zucca, sentendone il suono cupo, una volta picchiettata con le nocche della mano.“Non è un metodo certo, ma vale almeno per l'80% delle zucche intere - spiega -. Poi capita anche a me, talvolta, di prendere un abbaglio, ma amo la cucina proprio per questo, perché c'è ancora un minimo margine di fallibilità che ci mette alla prova”. Il metodo di cottura che lo chef predilige è al forno, che esalta il gustoso sapore dell'ortaggio. “La mia zucca non deve mai toccare l'acqua in cottura - spiega -. Preferisco di gran lunga metterla nella carta da forno e poi stufarla in padella”. Se poi gli chiedete qualche utilizzo inusuale della zucca nella sua cucina, aspettatevi di sentirvi sciorinare un elenco interminabile di piatti dove l'ortaggio si trova presentato in mille modi diversi. Ma su tutti emerge dall'elenco come qualcosa di particolare la “Crema bruciata di zucca, mela renetta e arance, con scaloppa di foie gras e spray di Sherry Ximenez”, un inaspettato accostamento che conferma a quanti utilizzi si presti questo ortaggio.
PARLA VIRGINIA BICCHIEGA, DOCENTE DI SCIENZE IN TECNICHE DIETETICHE
“Un concentrato di acqua, fibre e nutrimenti essenziali” La zucca è tra gli ortaggi più versatili della cucina autunnale, non solo in grado di coprire un'intera cena, ma capace di trasformarsi in un valido alleato per la salute, grazie ai preziosi principi attivi contenuti nella polpa, nei semi e nella buccia. Con appena 17 calorie per 100 grammi di polpa, la zucca è un concentrato di acqua, fibre e nutrimenti essenziali capace di combattere i chili di troppo, prevenire l'insorgenza di alcune malattie e ritardare l'invecchiamento delle cellule grazie alle sue proprietà antiossidanti. Ne parliamo con Virginia Bicchiega, docente di Scienze in tecniche dietetiche all'Università di Torino, ricercatrice presso il laboratorio sperimentale dell'Istituto Auxologico Italiano e autrice del libro “La Dieta del Gusto”. È vero che della zucca non si butta via niente? “Possiamo ben dirlo perché di questo ortaggio è possibile utilizzare praticamente tutto, dalla polpa ai fiori, passando per i semi e la buccia. La zucca contiene, in poca quantità, un concentrato di nutrimenti essenziali per la vita essendo ricca di vitamine, fibre, amminoacidi e sali minerali come potassio, magnesio, ferro, selenio e zinco”. Quali sono le principali caratteristiche della polpa? “Contiene numerosi principi attivi come il betacarotene, una molecola che conferisce alla zucca il suo colore arancione. Questa sostanza combatte i radicali liberi, si dimostra un valido alleato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e protegge il sistema circolatorio”. E nella buccia? “In questa parte dell’ortaggio sono concentrate delle sostanze antivirali e antifungine capaci di prevenire le più comuni malattie micotiche, come la Candida, responsabile di fastidiose infezioni vaginali”. Com’è possibile utilizzare i semi? “Si possono consumare sia cotti al forno, anche se perdono parte delle loro proprietà, che essiccati, tecnica da preferirsi se si vogliono mantenere pressoché oché inalterate le loro caratteristiche. Nei semi, infatti, è presente resente un amminoacido, la cucurbitina, che difende l'apparato pparato urinario maschile e femminile, prevenendo l'insorgenza nsorgenza di disturbi”. Durante la cottura, dunque, si rischia a di perdere buona parte delle sostanze benefiche iche della zucca? “Purtroppo sì, con la cottura al forno si perdordono almeno il 30-40% dei nutrimenti come sali ali minerali e vitamine. Per questo è da preferirrsi la cottura al vapore, che permette di trat-tenerli in percentuale maggiore”.
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LA STORIA di Anna Facci Marino D’Antonio
Pechino scopre la cucina italiana grazie ad uno chef bergamasco Marino D’Antonio è alla guida del Sureño, uno dei ristoranti più di tendenza della capitale cinese. «Fino a qualche anno era difficile proporre il vero made in Italy, oggi i prodotti originali si trovano e la clientela ha le conoscenze per apprezzare i nostri piatti»
È
sfida dura confrontarsi con l’eccellente, ricca e radicata cucina cinese in casa sua. Ci sta riuscendo, con risultati addirittura al di sopra delle aspettative, uno chef bergamasco. Trentanove anni, papà abruzzese, mamma di Cisano, nato e cresciuto in terra orobica, Marino D’Antonio è in Cina dal 2006 e dal 2008 è alla guida di uno dei ristoranti più di tendenza di Pechino. Si chiama Sureño - che significa “del sud” in spagnolo – e si trova all’interno dell’hotel The Opposite House a Sanlitun, una moderna area dedicata allo shopping e al tempo libero, ricca di negozi internazionali, bar e ristoranti. Aperto nell’agosto del 2008, appena dopo le Olimpiadi, il locale ha ricevuto uno dietro l’altro, nei suoi primi tre anni di vita, tre riconoscimenti dalle guide specializzate (miglior nuovo ristorante nel 2009 da Time Out Beijing, miglior ristorante mediterraneo nel 2010 e miglior ristorante italiano nel 2011, entrambi da The Beijinger) che lo hanno catapultato al centro dell’interesse gastronomico della capitale. Rispetto alle grandi strutture delle catene internazionali più famose, The Opposite House è definito “boutique hotel”, ovvero un piccolo contenitore (99 camere), disegnato dall’architetto giapponese Kengo Kuma, pensato per regalare emozioni. «Propone un nuovo concetto di ospitalità – racconta D’Antonio – con un’atmosfera di livello ma che vuole essere dinamica, allegra e comunicativa. Il servizio, ad esempio, è molto
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curato, ma non ingessato, tanto che il personale non porta la cravatta ed è stato selezionato anche in base alla capacità di sorridere e di entrare in relazione con i clienti». Schietta è pure la proposta del ristorante, 88 coperti più 40 nel giardino, forno a legna a vista per le pizze ed i piatti alla brace. «È una cucina mediterranea – dice
“Costina bassa di manzo cotta sottovuoto con riduzione di Lambrusco e polenta”: non è certo un piatto facile da presentare ad un cliente cinese. Prima di inserire una nuova proposta nel menù, tutto il personale di sala del Sureño segue un training di 15 giorni per imparare a presentare al meglio le caratteristiche della preparazione
«Non credo che in Italia avrei avuto le stesse opportunità»
Distingue la sua carriera in un “prima” e un “dopo”. Il prima comincia con l’alberghiero di Nembro, prosegue con il lavoro a Londra per un anno e mezzo e l’apertura, dopo il servizio militare, di un locale tutto suo nel Bresciano. «Lì purtroppo – dice lo chef Marino D’Antonio - le cose non sono andate bene ed è così che ho deciso di aggiungere esperienze al mio bagaglio professionale». La svolta arriva con il training nella cucina dallo chef stellato Luciano Tona ed i corsi alla scuola internazionale Alma di Colorno, «tappe che mi hanno aperto nuovi orizzonti, in senso geografico e professionale». Passa quindi in Svizzera di nuovo al fianco di uno chef stellato, a Mosca per l’avvio di un locale di cucina italiana e sulle pluridecorate navi da crociera Silversea, aprendo anche lì il ristorante italiano. «Ero abituato a spostarmi – ricorda -, ma quando nel 2006 è arrivata l’offerta di trasferirmi in Cina qualche dubbio l’ho avuto. Mi ha convinto la forte motivazione di colui che sarebbe diventato il mio capo». Oggi D’Antonio non può di certo dirsi pentito di quella scelta: «Il ristorante da subito ha avuto grande successo. Sì – riusciamo a fargli ammettere -, a Pechino sono famoso. Ogni quindici giorni c’è un giornale che parla di me e delle iniziative che proponiamo. In Italia non credo proprio che avrei avuto le stesse opportunità». E le nuove sfide non mancano: «In questi giorni – aggiunge - sto ultimando un nuovo progetto che porterà la cucina italiana su tre rotte della Cathay Pacific». Nella capitale ha anche incontrato Fiona Xie la ragazza cinese che poche settimane fa è diventata sua moglie.
D’Antonio – con prevalenza di piatti e prodotti italiani. Dalla Spagna abbiano attinto soprattutto le tapas, dalla Grecia qualche ricetta come la moussaka ed un formaggio molto versatile come l’halloumi cipriota, mentre comune un po’ a tutta l’area del Mediterraneo è la tradizione del pesce e delle carni». Accanto ai piatti più conosciuti di ciascun Paese, a spiccare nella lista sono, in effetti, portate che vanno ben al di là dell’Italian sounding per condurre i commensali tra le pieghe della nostra cucina regionale. Ci sono la lingua in salsa verde, l’ossobuco, la cotoletta alla milanese e, viste le origini dello chef, non potevano nemmeno mancare gli abruzzesi timballo e spaghetti alla chitarra (memorabile la vista di mamma Rosanna che ha cucinato con lui per alcuni giorni!) e campioni della tavola bergamasca come casoncelli e polenta, compresa la taragna. «Il 90% della nostra clientela non è ospite dell’albergo ma viene esclusivamente per mangiare – spiega -. Si tratta di residenti stranieri benestanti, ma anche dei nuovi ricchi di Pechino attenti alle tendenze. Sono stati in Europa e in Italia, magari per la fashion week di Milano, e hanno già assaggiato la nostra cucina, anche quella dei più grandi nomi. Fino a qualche anno fa – confessa - non mi sarei preoccupato di far uscire un piatto di spaghetti un po’ troppo cotti, oggi invece la conoscenza è molto aumentata e la qualità dell’autentico made in Italy è riconosciuta, almeno da questa fascia di mercato». Per una proposta come quella del Sureño, che parte dalla solida base dei prodotti e dei piatti della tradizione per creare accostamenti anche fantasiosi, sono fondamentali gli approvvigionamenti. «Fino al 2007 si faceva fatica a rifornirsi di materie prime originali – ricorda Marino D’Antonio –, ora invece abbiamo praticamente tutto, dalla farina per la pizza all’olio extravergine di oliva, al riso Vialone Nano di Isola della Scala, passando da prosciutto, bresaola, formaggi come Bitto, Castelmagno, Taleggio, tomini delle Langhe e persino una burrata di Putignano, oltre a una buona selezione di vini». La vera cucina italiana in Cina è, quindi, un fenomeno davvero recente, tanto che lo chef bergamasco conta sulle dita di una mano i locali che a Pechino possono fregiarsi di tale titolo. «Oltre a noi – annota –, ci sono Sadler, La Tavola e una pizzeria di due napoletani che hanno portato la vera tradizione. E poi ci sono locali con tovaglia a quadretti e fiasco di vino, che magari ti servono una pizza con cipolle e ananas. Non è facile fare breccia in uno stile di vita molto tradizionalista come quello cinese, ma ora le possibilità ci sono. La cucina italiana ha grandi chance a patto che sia fatta come si deve. Per chi lavora all’estero è importante restare aggiornati e oggi la facilità nelle comunicazioni dà una grossa mano. Il Gruppo virtuale cuochi italiani, di cui faccio parte, ad esempio, è davvero un buon punto di riferimento per portare nel mondo con intelligenza tutta la nostra cultura enogastronomica».
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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci
FuoriOrario, il locale che non si ferma mai Dal bar alla ristorazione, dalla pizzeria all’intrattenimento: mento: so a Trezzo d’Adda funzioni e proposte cambiano nel corso della giornata. Alla sera piatti speciali a sorpresa
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orse anche gli stessi titolari amano un po’ prendersi in giro ro per la poliedricità della loro attività. Ecco quindi che nell’insegna na e nel materiale pubblicitario del FuoriOrario di Trezzo sull’Adda, dda, con un reciproco scambio di iniziali, la pizzeria diventa “rizzeria”” e, per converso, il ristorante “pistorante”, il bar “tar” e i tabacchi sono no “babacchi. Non ci vuole molto a capire che il locale è concepito come un conteenitore nel quale si possono trovare tutte le soluzioni. Il meccanismo, o, collaudatissimo, che fa variare più volte al giorno proposte ed atmomosfere funziona, la clientela non manca ed è fidelizzata. Difficile comununque appiccicare un’etichetta a questa attività. «Stiamo coronando un nostro sogno iniziato nel ’99 – racconta Greta Brambilla che con Loris oris Loris Tomba e Greta Brambilla
di Pier Carlo Capozzi
E Giò ha trovato “un gancio in mezzo al cielo” Questa visita del mio amico Fulvio a Trezzo, nel suo vagabondare alla scoperta dei locali coi menù a prezzo fisso, è stata per me un regalo. Perché ai fornelli, con la grinta e la voglia di sempre, c’è una mia conoscenza, una persona alla quale devo molto nell’arco di un felicissimo periodo professionale vissuto insieme. E non parliamo di giornalismo. Giovanna Spazzini, che chiamerò Giò per affetto e brevità, è stata il mio braccio destro al GuglielMotel per diciassette anni, dall’apertura al cambio di direzione, attraverso mille problemi da affrontare e al-
Giovanna Spazzini e Dave Cuni
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trettante soddisfazioni da prendere. Giò c’era sempre: spesso risolveva i problemi prima ancora che io ne venissi a conoscenza. Era la governante che qualsiasi direttore d’albergo avrebbe voluto avere con sé. Non posso dimenticare gli affollati Brunch di Capodanno o quando venne da noi, in due circostanze, Claudio Baglioni con tutto il suo entourage (esperienza faticosa ma entusiasmante) ed io chiamai le mie ragazze, Giò in testa, fuori dalla cucina perché ricevessero complimenti strameritati. Ricordi felici ai quali aggrapparsi nei momenti di malinconia. Perché può capitare che le strade si separino anche se nessuno di noi l’aveva voluto. Sapevo che Giò (a sinistra nella foto, insieme a Dava, un’altra delle mie ragazze) avrebbe impiegato un amen per trovare un altro posto e così è stato: bravi i gestori del FuoriOrario a capirne al volo le potenzialità. Entrambi, cuoca e direzione, han trovato un gancio in mezzo al cielo. O al ponte. Buon lavoro Giò, verrò a Trezzo a trovarti. Strada facendo.
LA PROVA
Il menù è componibile Al di là della diversificazione e del numero dei piatti inseriti nella lista, la tendenza dei locali che propongono il menù a prezzo fisso per la pausa pranzo ora è anche quella di offrire al cliente la possibilità di articolare meglio la spesa, con soluzioni diverse rispetto alla proposta standard all inclusive. Nella maggioranza dei casi abbiamo trovato prezzi diversi per che ordina solo il primo piatto o solo il secondo. Il FuoriOrario è andato oltre, proponendo la possibilità di comporsi il menù scegliendo i piatti del giorno, al costo di 5 euro per i primi, 6.50 per i secondi e 2.50 euro per i contorni. Poi ci sarà il costo delle bevande e del coperto. Vista così, la soluzione potrebbe anche non sembrare una gran trovata, dal momento che il menù completo costa 10 euro, ma se ci si mette dalla parte di chi deve fare i conti con l’esigenza di mangiare fuori ogni giorno, ci si rende conto che un euro risparmiato su un pranzo può fare una gran differenza, specialmente se si viaggia con i buoni pasto. L’altra soluzione proposta del locale è il piatto unico a 8 euro, che comprende primo, secondo e contorno in porzioni ridotte. Come sempre noi puntiamo sul menù completo, che al costo di 10 euro offre primo, secondo, contorno, acqua, vino e caffè. Gettonatissima tra i primi l’insalata di orzo e verdure, ma la proposta del giorno comprendeva anche risotto alla zucca, farfalle con pomodoro e ricotta romana e pasta al pesto o al pomodoro. Tra i secondi invece si poteva scegliere l’arrosto di tacchino e speck, il tonnato (giustamente così nominato perché non si trattava di carne di vitello), le zucchine ripiene e la salamella alla piastra. Una proposta che complessivamente non si può considerare né banale né scontata. Fuori lista e a prezzi particolari ma accessibili piatti di carne argentina quali la bistecca di roast beef, il filetto al rosmarino, la tagliata all’aceto balsamico e la paillard. Andiamo sul risotto alla zucca, delizioso, e sul tonnato accompagnato di spinaci lessi dei quali ci ha stupito riscoprire il sapore vero. La buona mano in cucina si sente, senz’altro. Decisamente buono il rapporto qualità prezzo.
Tomba è titolare del FuoriOrario –. Ci è costato tanta fatica, anzi pensiamo di essere stati un po’ incoscienti quando abbiamo iniziato questa avventura, ma ora stiamo raccogliendo i frutti del nostro lavoro. Non è stato semplice, oggi però possiamo dire di essere riusciti ad ottenere la quadratura». È impossibile in una sola visita rendersi conto di quanto sia articolata l’attività del locale che si chiama FuoriOrario non a caso, visto che apre al mattino presto e chiude tardi. «L’attività della ristorazione si concentra maggiormente nel pranzo di mezzogiorno – ci aiuta a capire Loris Tomba – mentre alla sera cambiamo un po’ pelle, c’è più pizzeria, si fa della musica, è più un ritrovo anche se la cucina è sempre aperta. Alla sera proponiamo qualche specialità, dei piatti unici, quasi delle sorprese che i clienti apprezzano». La paella alla valenciana, il risotto con l’osso buco, gli spaghetti di mare in crosta di pane, la grigliata mista con carne argentina, lo gnocco fritto con i salumi sono i piatti che caratterizzano di volta in volta le serate, mentre la carta è comunque sempre ben strutturata secondo i criteri classici dei ristoranti pizzeria. In cucina si avverte una buona mano che prepara piatti della tradizione, senza particolari elaborazioni ma con tanta genuinità e materie prime di ottimo livello. La mano è quella di Giovanna Spazzini che con la sua aiutante Dava Cuni sforna piatti che hanno sempre incontrato il gradimento della clientela sino a far raggiungere al locale un elevato giro di frequentatori affezionati. «Ci siamo senz’altro – racconta ancora Greta Brambilla che, come il socio Loris, prima di lanciarsi in questa impresa aveva alle spalle solo un’esperienza nella gestione di bar – e ci gratifica sopratutto il tipo di rapporto che abbiamo stabilito con la nostra clientela». Ma i proprietari del FuoriOrario saggiamente guardano anche avanti. «Beh, di attività all’interno del locale ne facciamo già abbastanza – ha concluso Loris Tomba – ma oltre a fare del catering soprattutto per aziende della zona vogliamo puntare anche sulle cerimonie. Magari non sui matrimoni, ma per altre ricorrenze vorremmo offrire un buffet freddo e caldo. Vedremo. Passi in avanti ne abbiano fatti e siamo soddisfatti, ma è presto per fermarsi».
FUORIORARIO - via Mazzini 44 Trezzo sull’Adda (Mi) tel. 02 90964712 - www.fuoriorario.org chiuso la domenica Affari di Gola ottobre 2011 33
Tre serate a tema al ristorante Manhattan Al ristorante Manhattan di Bergamo (via Malj Tabajani 4), guidato dal noto chef Stefano Cardaci, proseguono le serate a tema. Una serie di eventi per avvicinare gli appassionati di cucina a piatti e prodotti particolari, con frequentati “puntate” all’estero. Dopo la serata sulle specialità russe, il 13 ottobre scorso, il calendario messo a punto dal Manhattan prosegue giovedì 27 ottobre: protagonista sarà la celebre chianina, taglio di carne d’origine toscana davvero gustoso. La tappa successiva è fissata per venerdì 18 novembre quando in tavola finirà la Puglia, con i suoi sapori mediterranei. Infine, martedì 13 dicembre sarà di scena la sagra della Santa Lucia nella tradizione svedese. Quindi menù e specialità nordiche per vivere le atmosfere scandinave. Per tutte e tre le serate il costo a persona è di 40 euro. I vini sono inclusi nel prezzo. Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 035. 4220162.
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Per chi vuole un matrimonio alla McCartney, la tappa obbligata è Villa Calini
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n tutto il mondo è veggie mania. L’ultimo blasonato esempio è stato il matrimonio vegetarian-biologico dell’ex Beatles, sir Paul McCartney. Ma queste scelte di vita non stanno prendendo piede solo tra i vip. Sale sempre di più il numero di persone (il 6,5 per cento della popolazione italiana, secondo le ultime stime) che scelgono questo stile di alimentazione, con un occhio alla salute e all’ambiente. Per chi vuole immergersi nella filosofia “green” fuori e dentro il piatto (e magari imitare il veggie-wedding di McCartney) oggi le alternative non mancano. Per esempio Villa Calini a Coccaglio (in provincia vincia di Brescia), splendida residenza di caccia del ‘600, trasporta il viaggiatore gourmet in piena campagna. Dalla periferia metropolitana a uno scenario bucolico in pochi secondi: questa, infatti, la magia della Franciacorta. ciacorta. Basta attraversare il muro di cinta per scopre un giardino e una casa avvolti nel silenzio e nei colorii mutabili della natura.Anche nel menù. Alessandro Cappotto, cuoco romano, da anni trapiantato a Brescia e docente in scuole di cucina, na, ha infatti creato una serie di pietanze per golosi “green”. Non semplicemente un menù vegetariano e macrobiotico, crobiotico, ma una “riconsiderazione dell’essenziale”, come la definisce Cappotto, dove sono utilizzati prodotti odotti a chilometro zero dell’orto e ingredienti da zootecnia e agricoltura biologica rigorosamentee del luogo. Da provare le “sfogliatine di acqua e farina integrale con fave, fiori di zucca, pecorino salato ato e riduzione di crema di latte”, il “raviolo aperto con porcini”e, perfetto per i vegani, l’“insalatina di frutta del territorio e verdura croccante all’extravergine gardesano e caramello”. A Villa Calini tutto è fatto in casa (dai i grissini al pane fino alle declinazioni della pasticceria). Un imperativo di cucina che permette di realizzare eventi bio ed ecofriendly. Dai meeting alle cene romantiche con piatti alternativi che seguono i colori delle stagioni, fino ai matrimoni “in verde” con bomboniere biologiche per veri gourmet con delizie, miele e marmellate homemade firmate Villa Calini. E tutto da gustare in stretto contatto con la natura, in una dimora sospesa nel tempo adeguandosi ai ritmi lenti delle colture, così come gli uomini e i vini della Franciacorta insegnano. Alessandro Cappotto
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LA REPLICA
Ristorazione e prezzi, attenti ai “venditori di effimero”
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su un natante che già fatica a stare a galla. E gli pettabile Affari di Gola, storici ristoratori? Quelli che non hanno fatto né scrivo in merito all’articolo Penna all’arl'avvocato né l'astronauta e nemmeno il magutto? rabbiata del numero di settembre (Quanti E vabbè, il mondo è di tutti e nell'era della libera rincari dietro al bancone! Forse è l’ora del giusto impresa non c'è che da presentare una domanda ed compromesso), in cui Pier Carlo Capozzi cerca di aprire, tutto regolare ed accettabile. fare una disamina sul difficile momento della riQuel che è già meno accettabile, semmai, è sapere storazione in questi tempi di "fiacca". Tuttavia una che il tuo vicino storico o neo-arrivato che sia, fa risposta su come comportarsi per uscirne, o anche prezzi d'assalto per prestazioni di tutto rispetto, solo per "sopravvivere" in attesa del disgelo, proprio facendoti passare agli occhi del cliente (che spesso non mi sovviene. E alguarda il prezzo senza darlora cosa fare? Io butto gli un solo perché) un lestolì la mia provocazione. fante o un approfittatore! Se qualcuno volesse PENNA ALL’ARRAB BIATA Ma come è possibile? Sono aggiungersi, credo sia Quanti rincari secoli che sto dietro ad una gratis... Forse è l’ora del dietro al bancone! giusto comprom stufa, che navigo tra tavoli Mi atterrò ad un conesso e guéridon, ho i calli da cacetto singolo per l'attivatappo e non so nemmeno tudine a ragionare su più far quadrare i conti??!! una cosa per volta, Per fortuna il tempo è galanle aggiunte le potrantuomo e i perché arrivano, no sempre fare altri spesso addirittura in anticipo. lettori. So per certo di decine di inseP re n d i a m o c o m e gne in cui fanno gli "strafighi" esempio il dorato non pagando i fornitori, il mondo del pallone, personale e l'affitto. Ma dai! dopo decenni di Ma allora se dietro carte dai sprechi e "autentici prezzi "onestissimi" ci sono scarponi" comprasimili situazioni, chi è l'onesto? venduti a prezzi Io (e i tanti "allocchi" come me) da fenomeni solo o questi venditori dell'effimero? per fare buisiness, La mia è una riflessione che la bolla, ormai anche altri seri operatori alsatura, è esplosa, e berghieri fanno. E allora una allora fallimenti a ricetta, o meglio un sogno per iosa e tutto da rifare! Ecco che però ttraghettare il barcone dall'altra parte (tanto la mia è solo una da questo fumoso provocazione), potrebbe essere pianeta un'idea di riferimento ci arproprio questa: se sei insolvente da anni, nei riva. Cogliamola! Si chiama FAIR PLAY FINANZIAconfronti di chichessia, fatti da parte, non prima di RIO. Cercare di trasferirlo al nostro ambito? Sarebbe avere saldato i tuoi debiti! Potresti sempre tornare un sogno! alla carriera forense, solcare nuovamente le sideCome ho scritto prima, cercherò di stare stretto rali vie dello spazio o riappropiarti di "fratassa" sull'argomento. e cazzuola... E se sei uno storico ristoratore? Beh In tempi in cui la ristorazione soffre come mai priforse una di queste professioni ti si addice di più, ma d'ora, paradossalmente mai come ora gode di è pur sempre un'idea! Ripeto, questo è un sogno, così alta popolarità ed immagine. così tanto per non restare con in mano un pugno di E allora tutti a voler fare il ristoratore. Avvocati, castagne "genge"! astronauti e magutti, tutti allineati, dotati di pinUn ristoratore da sempre gue borsello e di giusto ottimismo, per imbarcarsi di Pier Carlo Capo
zzi
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e vacanze, per chi le ha potute fare, sono un ricordo lontano. stati del 53,7% O meglio, tanti riducendo così ricordi lontani: una sequenza il potere d’acq delle famiglie del di antipasti in uisto una visita alla 39,7%. riva al mare, cattedrale, una Tutti abbiamo corsa sulle strad un colpevole da sestate che attra e disversano ulivi e indicare, a part dall’euro, il mag vigneti, una scarp ire nata in montagn giord omo che di solito ia insieme al cane una volta, era , nei giall i di indiscutibilmente mezzanotte in , un brindisi di crociera, una visit da portare via manette. a guidata agli in vi, una nuotata scasolitaria in pisci Noi credi amo na, una spaghetta che un periodo ta con gli amic i del campeggio, di sperimentazio (con la doppia una sudata in ne valuta) più lung su e giù per le bici colline. o non avrebbe male, così com fatto e siamo straconvi Ognuno di noi ha le sue fotog nti error che sia stato un e fatale la man rafie impresse memoria e nel cata introduzi nella cuore, immagin moneta da 1 euro one della carta i che ci aiuterann a tirare avanti. . o Certo, anche la penna a sfera è In compenso sono aumentata del suonate una però i dati relat 208%, a distesa di cam ivi ai bar e ai nelle e sono ricom paristo inciate le ranti fanno penscuole. sare. sar L’autunno che E siamo al punt incombe è o, al ritorno anche questo. cioè dell’attivit ci I miei inià commerciale: zi di scuola, che fare, coi vent ch da bambino, i che tirano hanno tutti, non n certo a favo immancabilre? Ritoccare mente, l’immagin i prezzi all’ingiù? e dell’imSacrificare pegno che ritor un u po’ di qual na severo e ità e di servipuntuale unito zzio? Stare a vede alla raccolta re (di nascodi castagne geng sto) l’effetto che e sugli spalti fa? delle Mura. Ne Crediamo che raccoglievamo il cliente daa decine, sotto naroso non abbi gli ippocastani a problemi dalle foglie orm e continui a non ai dorate e facil La questione rigu averli. i a staccarsi dai Quindi, vacanze arda la famosa rami. che si fasci finite e scuole a intermedia, è vista erodere ricominciate vuol dire soprattutto notevolmente il ritorno al lavo sto e il cui porta potere d’acquiro anche per grandicelli, con foglio, evidentem noi tutto quello che ente, coinvolge che i pubblici comporta la riap anesercizi: vediamo tura di tante attiv ersempre più clien ità in un mom che scelgono i ento così particola ti locali (ristorant mente difficile. i, pizzerie, ma ralberghi) non anche già in funzione Anche ristorator della qualità o i, pizzaioli, pasti servizio ma, com del clienti (non tutti cceri, cuochi e prim a discriminante e , ripetiamo) torn prezzo. , in base al ano da un perio do di riposo e si ritro E questa, conv errete, per chi recentemente, semp vano il quesito che rimbalza tiene alto il livell , re più spesso:“C’è proprio locale, o del è una condizion Sembrerebbe, a crisi, che fare?”. prima vista, una e per nulla grati cante. Ma credi fiamo ci sia spaz domanda orm antica e un po’ ai io per un intel logora, ma ci sono compromesso. ligente di mezzo e sono state le vacanze uscite nuove cifre In una ricerca su cui riflettere. recentissima, pare Eh già, perché uno va in ferie cchi esercenti hanno dichiarato di e, nel bene e nel si trova a fare aver lavorato di male, confronti di qual più casso a pari , segno inconfut tà di inità, servizio e prez rispetto alla nost abile che la clien zi ra piazza abitu mento di difficoltà tela, in un moale e torna a casa con rimpianti o che non sappiamo con la voglia di ha voglia di prem se finirà mai, ritrovare quell’ecce lenza altrove perd iare chi ti garantisc luta. di prima a prez e il trattamento zi leggermente Poi ci si ferma cont un attimo e si enuti. Sappiamo che scopre che, negli la questione sta mi dieci anni, ultiil tramezzino al diventando anno ma i pareri che bar è aumenta sa, raccogliamo e 193%, il cono to del le esperienze diret gelato del 160% esortano a tener , la pizza Marg te ci del 93,5%. Un dece e viva la discussion herita nnio in cui gli aum mezzo una bella e. Credo ci sia di fetta del nostro enti medi sono futuro. piercapozzi@liber o.it
Affari di Gola
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La Rocchetta
Dietro La Rocchetta si cela una grande emozione.
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Mino Favini, responsabile del vivaio dell’Atalanta
A tavola con lo sportivo di Filippo Grossi
Mino Favini: “La magia è in un risotto allo champagne”
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n vero “mago” nella scoperta dei giovani talenti che nell’arco di circa vent’anni hanno calcato (e calcheranno) i campi di serie A e B. Lui è Mino Favini, mitico e intramontabile responsabile del vivaio dell’Atalanta colui che ha rivoluzionato il modo di gestire il settore giovanile, un uomo pieno di idee ma che a tavola ama la semplicità e soprattutto… la cucina dell’amata moglie! Il suo piatto preferito? “Il risotto alla milanese”. Le piace cucinare? “Non proprio… l’unica volta che mi sono avvicinato ai fornelli per preparare un risotto allo champagne, dopo 5 minuti mia moglie mi ha letteralmente cacciato dalla cucina… da allora non ci provo più!”. La specialità bergamasca che preferisce? “Gli scarpinòc… li porto sempre a casa così mia moglie me li cucina”. Il cibo che non le piace? “Non sono un amante particolare della carne”. La cucina regionale italiana che più apprezza? “Amo molto il pesce e l’ho mangiato molto bene in Puglia, nella zona del Gargano”. Il suo menù ideale “Un buon piatto di spaghetti all’amatriciana, un coniglio in salmì (come lo cucina mia moglie non lo cucina nessuno!) e, per finire, siccome sono ghiotto di dolci, un bel gelato alla frutta”. Vino o birra? “Vino”. Rosso o bianco? “Mi piacciono molto i prosecchi, quindi vado sui bianchi”. Carne o pesce? “Pesce, assolutamente”. Pasta o riso? “Adoro i risotti, anche se non disdegno mai un bel piatto di spaghetti”. La cucina straniera che più le piace? “Non ce n’è una in particolare, sono piuttosto nazionalista in fatto di cibo”. La sua pizza preferita “La più semplice e secondo me la più buona di tutte: la margherita!”. Che alimentazione seguono i suoi ragazzi del
vivaio atalantino? “D’accordo con il medico e il preparatore, i ragazzi fanno un pasto lineare ed equilibrato: un primo piatto e di secondo carne o pesce con verdura e, infine, un frutto”. E’ difficile combinare tradizioni culinarie diverse, per esempio per i ragazzi che vengono dall’estero e da altre culture? “No, di solito i ragazzi si adeguano alla nostra alimentazione che è decisamente apprezzata. L’unico problema sorge durante il periodo del ramadan per i ragazzi musulmani, ma anche lì medico e preparatore stabiliscono un piano alimentare personalizzato per il ragazzo”. Un piatto che le mette allegria “I bolliti. Mi ricordano quando da giovane giocavo nell’Atalanta e andavamo al ristorante a mangiarli: davvero buoni e mangiati insieme ai miei compagni di squadra tra una battuta e l’altra diventavano un simbolo di allegria e convivialità”. Qual è stato il pranzo o la cena più emozionante della sua carriera? “Amo molto quando a Natale ci si ritrova tutti insieme a festeggiare con una bella cena: è un bel momento che trascorro con le persone che lavorano con me ogni giorno, con i dirigenti, i calciatori e, ovviamente, i “miei” ragazzi”. Le piace la donna che cucina? “Molto. E poi mia moglie è davvero una brava cuoca: si può dire che la cucina è il suo regno”. Qual è il piatto che cucina sua moglie che preferisce? “Fa dei minestroni buonissimi, di cui io vado matto”. Come s’immagina una cenetta romantica? “Sono passati un po’ troppi anni per ricordarmela...Comunque, la cosa più importante è stare con la persona che si ama, magari in un ristorantino davanti al mare a mangiare pesce fresco o crostacei e a sorseggiare un buon prosecco e per finire un bel brindisi con lo champagne”. Un cibo che rappresenta il suo carattere e il suo stato d’animo attuale “Il risotto allo champagne: un piatto semplice, ma con un tocco di «magia»”. Se lo dice il mago dei giovani c’è da credergli!
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina
Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.
Zafferano, quel tocco in più alla pasta Fusilli allo zafferano Ingredienti per 1 persona 100 g di fusilli 1 scalogno piccolo olio d’oliva extra vergine q.b. 1 noce di burro 1 bustina di zafferano 1 cucchiaio di ricotta formaggio di grana grattugiato sale Preparazione Fate bollire l’acqua e cuocete i fusilli. Tagliate a pezzettini lo scalogno e soffriggetelo nel burro mischiato all’olio. Una volta che lo scalogno è ammorbidito, aggiungete un mestolo di acqua di cottura e la bustina di zafferano. Fate restringere un po’ il sugo e quindi aggiungete la ricotta e il sale, continuando a mescolare. Unite al tutto un cucchiaio di acqua di cottura, il formaggio grattugiato e continuate a girare fino ad ottenere una crema densa.Versate la crema sui fusilli e servite.
LA CURIOSITÀ Questo piatto, facile da realizzare, è uno dei miei preferiti, perché è molto “gratificante” dopo una lunga giornata di lavoro. Lo zafferano è un prodotto naturale, che piace sempre a tutti e che regala ai cibi un sapore inconfondibile. A causa della colorazione intensa, qualcuno crede sia “modificato” con lo scopo di rendere più scenografici i piatti, ma è un errore: lo zafferano nasce dal Crocus Sativus, una pianta dai bellissimi fiori il cui colore varia dal lilla chiaro al viola purpureo e all’interno della sua corolla si trovano tre stimmi di colore rosso, che contengono la crocina, una sostanza solubile che dà origine allo zafferano. Si tratta quindi di un alimento lontano anni luce dai prodotti trasformati o intrisi di coloranti. E non è solo gustoso, ma fa anche bene; infatti, pur regalando alle pietanze tanto sapore, ha il grande pregio di non aggiungere grassi e di fornire pochissime calorie, tanto è vero che l’apporto calorico di questa spezia è praticamente nullo: 1 bustina da 15 gr è pari a 0,4 kcal. E per questo sempre più spesso viene utilizzato nelle diete alimentari. Questa spezia
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è conosciuta anche come "elisir di lunga vita" per le innumerevoli caratteristiche benefiche: possiede proprietà antiossidanti, grazie alla presenza dei carotenoidi, che hanno la capacità di legarsi ai radicali liberi e neutralizzarli, proteggendo così le cellule e innalzando le difese immunitarie. Ma anche proprietà digestive poiché aumenta la secrezione della bile e dei succhi gastrici e facilita la digestione. La tradizione cinese, poi, riconosce nello zafferano proprietà disintossicanti ed è per questo che in terra d’oriente viene consumato in gran quantità al fine di riattivare la circolazione, eliminare le tossine e abbassare il tasso di colesterolo e trigliceridi. E non per ultimo è uno degli alimenti afrodisiaci per eccellenza: questa spezia infatti ha dimostrato di poter agire sulle ghiandole surrenali, stimolando la produzione di adrenalina e cortisolo. Lo zafferano era già famoso nella notte dei tempi: nella mitologia greca il dio Ermes lo utilizzava come afrodisiaco per risvegliare il desiderio e l’energia sessuale. Insomma un alimento dalle mille risorse.
Enoteca Marchesi - Seriate (BG)
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