Affari di gola settembre 2014

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Supplemento al n. 33 de “La Rassegna” del 18 settembre 2014 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. - via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60

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SOMMARIO

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SETTEMBRE 2014

Supp leme Post e Italianto al n. ne S.p.A33 de “La . Sped Rass egna izion ” e in Abbo del 18 sette name mbre nto Post 2014 ale D.L. Giuseppe 353/2 003 Ruggieri (conv dirett . in L. ore 27/02 responsab /2004 n. 46) ile Editr art. 1, ice: La comm Rass egna a 1, S.r.l. DCB Berg amo via Borg - ? 2,60 o Palaz zo 137,

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Oltr un me il po tutt ondo rcino da s o cop rire

PENNA ALL’ARRABBIATA Il meteo? Un carico da undici sul groppone di tante insegne

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IL PRODOTTO Funghi, spontanee bontà

12 L'INTERVISTA Agnelli (Ais):"Bergamo deve avere un luogo dove promuovere tutti i vini del territorio"

16 L'ITINERARIO

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Quelli che sul Bitto ci mettono la "faccia"

20 GASTRONOBIRRA Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - affaridigola@larassegna.it - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - info@ larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

Birra nei bar e ristoranti, la Quattroerre fa il punto

24 TENDENZE Surgelati, passione quotidiana

28 GUSTI Il ritorno dei formaggi spalmabili

32 LOCALE Calusco,una “Conchiglia” piena di sapori napoletani

e la storia continua... con la quarta generazione è Isabella Perego che prosegue l’attività di famiglia con la vendita di vini e distillati di qualità di selezionate aziende nazionali distribuite in esclusiva in Bergamo e provincia

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Il meteo? Un carico da undici sul groppone di tante insegne di Pier Carlo Capozzi

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ia zia zia mi ia mi dice dice sempre sempreche cheililmeteo meteol’hanno l’hannoin-inventato per per farci ventato farci chiacchierare chiacchierare tra tra noi. noi.Forse Forse non tutti i torti e, comunque comunquelalasisipensi, pensi,nei nei non ha tutti mesi mesi passati passati abbiamo abbiamo parlato parlatocosì cosìtanto, tanto,alalriguardo, riguardo,da scorticarci la lingua. da scorticarci la lingua. E come se non bastasse un’estate che nessuno ha ancora E come se pare non bastasse un’estate nessuno ha anincontrato, che le previsioni perche le settimane a venire cora incontrato, parecatastrofiche. che le previsioni per le settimane siano assolutamente Com’era volta, quando ci lamentavamo che non a venire bello, siano una assolutamente catastrofiche. c’erano le mezze stagioni. Com’erapiù bello, una volta, quando ci lamentavamo che Adesso non ci sono più nemmeno quelle intere. non c’erano più le mezze stagioni. E se le bizzarrie di Giove Pluvio hanno fatto contenti i venAdesso non ci sono più nemmeno ditori di ombrelli e mantelle, di certoquelle non siintere. può dire che il E se le bizzarrie di comparto dell’accoglienza turistica e dei pubblici esercizi in genere ne siahanno uscito Giove Pluvio trionfante. fatto contenti i venQuante volte, in queditori di ombrelli e sta sedicente estate, mantelle, di certo ci siamo sentiti ripenon dal si può dire chedi tere ristoratore turno: “Eh, èdell’acun vero il comparto peccato, una coglienza avere turistica terrazza così bella, e dei pubblici esercon un panorama cizi in genere ne sia davvero accattivante, euscito averlatrionfante. potuta apparecchiare Q u a n t e vquasi o l t e , mai, in con q u equesto s t a s etempo!” dicenCome se non bastaste estate, ci siamo sero, all’esercente di sentiti le ripetere turno, tasse dal che ristoratore nome di tur-e cambiano pure numero euro no: “Eh, è undivero da scucire, il costo peccato, avere una del lavoro e delle materie prime, una clientela che ha le terrazza così bella, tasche più verdi dell’Irlanda. con un panorama averla potuEvidentemente tuttodavvero ciò nonaccattivante, bastava e, pere sovrammercata apparecchiare quasi con questo tempo!” to, s’è dato latitante puremai, l’anticiclone delle Azzorre. Con le conseguenze del caso: all’esercente la vendemmiadista procedendo Come se non bastassero, turno, le tasasetentoni e già si nome parla di percentuali uve che cambiano e pure numerospaventose di euro da di scuandate perse e, quindi, di vino da proporre. Era già noto il cire, il costo del lavoro e delle materie prime, una clienrincaro delle nocciole, per la disperazione degli amanti di tela che hadilegelato taschee,più verdi dell’Irlanda. quel gusto in generale, dell’esercito mondiale Evidentemente tuttoLaciògrandine non bastava per sovramdi Nutelladipendenti. ha fattoe,strame di frutta ed ortaggi,s’è fichi e pomodori marciscono rigonfidelle di acqua. mercato, dato latitante pure l’anticiclone AzInsomma, zorre. Conunledisastro. conseguenze del caso: la vendemmia Ragionavo, con lo sguardo cupo a detta di chi m’incontrasta procedendo a tentoni e già si parla di percentuali va, su questa variabilità impazzita, davanti alla gelateria spaventose di uve Che, andate perse e, quindi, vino da di amici carissimi. ovviamente, appenadiusciva uno proporre.di Era noto il rincaro delle nocciole, Ma, per la sprazzo solegià andavano via di coni e coppette. con la stessa ovvietà, si rannuvolava disperazione deglicome amanti di quel gustorestavano di gelato con e, in le mani in mano a guardaremondiale il desertodi davanti alla loro vetrina generale, dell’esercito Nutelladipendenti. multisapore. La grandine ha fatto strame di frutta ed ortaggi, fichi

pomodori marciscono di questo acqua. Insomma, un E epensavo a quanto fosserigonfi ingiusto recente camdisastro.climatico da aggiungere agli impegni ed alle biamento grane degli altri comuni. Recente sì,diperché un Ragionavo, congiorni lo sguardo cupo a detta chi m’intempaccio infamevariabilità non si ricordava da davanti decenni.alla O, contrava,così su questa impazzita, meglio, non s’era visto mai. Ricordiamo le nostre stagioni gelateria di amici carissimi. Che, ovviamente, appena quando si era giovanotti, roba recente, non precisamenuno sprazzo di puniche: sole andavano viad’estate di coni faceva e copteusciva ai tempi delle guerre ebbene, pette. Ma, con la stessa ovvietà, come si rannuvolava caldo e d’inverno faceva freddo. Punto. E restavano così uno sicon attrezzava: preparava in giardinoil o in terle mani in mano a guardare deserto razza oppure camino, ma sempre con una davanti alla accendeva loro vetrina ilmultisapore. certa sicurezza. E pensavo a quanto fosse ingiusto questo recente Ora non più: con gli uomini-meteo ormai in ginocchio cambiamento climaticonessuno da aggiungere agli causa reiterate figuracce, s’azzarda piùimpegni a prened Perché, alle grane dere prenotazioni anche per la terrazza. se depoi arriva scrollo gli altrilogiorni comalefico, dove sì,li muni. Recente metti i commensali perché un temche hai pieno pure paccio così infaall’interno? menon non si ricordaPer parlare di alberghi e ristoranva da decenni. O, ti meglio, delle nostre valli non s’era oppure su in monvisto mai. Ricortagna: un pianto diamoEppure le nostre unico. uno cistagioni mette quando l’anima, spesso tutta la fasi eraè giovanotmiglia cherecente, si sbatti, roba te,non e precisamens’ingegna, e prepara, e s’indute aie tempi delle stria, s’aggiorna. guerre puniche: Poi cambia il tempo e ebbene, ti disdicono metà d’estadelle prenotazioni. te faceva caldo e Certo, non è che il meteo avverso penalizzi solo gli oped’inverno faceva ratori turistici e dell’ospitalità enogastronomica: anche un freddo. attrezzava: preparava in autista di Punto. pullmanE ècosì più uno a suosi agio sulle strade asciutte, giardino terrazza oppure accendeva camino, così come ounincarpentiere, un vigile urbano ilche gli si ma bagna il blocchetto delle multe, gli antennisti costretti a perisempre con una certa sicurezza. colosi equilibrismi scivolosi, il pony-pizza che non Ora non più: consuglitetti uomini-meteo ormai in ginocchio deve annacquare la Quattro Stagioni (quattro?), il causa reiterate figuracce, nessuno s’azzardaportiere più a di calcio che vede trasformarsi il pallone in saponetta. prendere prenotazioni anche per la terrazza. Però mi piacerebbe che chi di dovere ci pensasse su se poi arriva lo scrollo malefico, li metti unPerché, po’, a questo ulteriore carico da undici dove che arriva suli groppone di tante insegne: ovvio,all’interno? è una variabile alla commensali che hai pieno pure quale nessuno può far nullae(“Almeno - sempre sePer non parlare di alberghi ristoranti lì” delle nostre valcondo mia zia “non possiamo mettere mano”), però li oppure su in montagna: un pianto unico. sarebbe bello se si ricordassero di gente che, oltre a Eppure sacrificio, uno ci mette l’anima, è tutta la famiglia qualche oggi come spesso oggi deve avere anche che si sbatte, e s’ingegna, e prepara, e s’industria, e paura delle previsioni del tempo. E,s’aggiorna. senza scomodare l’abusato “Piove, governo ladro”, avessero per loro quel briciolo in più dimetà attenzione comPoi cambia il tempo e ti disdicono delle eprenoprensione che, per i nostri gusti, manca troppe volte. tazioni. piercapozzi@libero.it

PENNA ALL’ARRABBIATA

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IL PRODOTTO di Anna Facci

Spontanee bontà La stagione dei funghi ci ha portato a Valtorta per un’escursione guidata in compagnia dei micologi di Fungolandia. Il segreto per un bottino ricco? Ampliare la conoscenza delle specie: si aprirà un nuovo mondo al di là del porcino

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na stagione scattata in anticipo e con la promessa di buoni raccolti (per la serie “i lati positivi della non-estate 2014”) ha acceso gli animi dei cercatori di funghi, esperti o estemporanei, mossi, prima ancora che dai piaceri del palato, dal gusto più sottile ed intrigante della scoperta. Confessano infatti quasi tutti che la soddisfazione più grande - talvolta addirittura l’emozione – è nel momento in cui si individua il prezioso esemplare, intuito con un fortunato colpo d’occhio tra radici e foglie oppure lì, bello in vista in una sorta di mistica folgorazione, come destinato ad esser colto proprio e solo da quella mano. Di questo dietro le quinte che dà più sapore a ciò che arriva in tavola siamo andati alla ricerca partecipando ad una delle escursioni in compagnia dei micologi proposte da Fungolandia, manifestazione organizzata per il nono anno dall’associazione Altobrembo, che riunisce 11 comuni dell’Alta Valle Brembana. Attorno ai giubbetti rossi del Gruppo Ercole Cantù di Agrate Brianza, parte di quella grande famiglia che è l’Associazione Micologica Bresadola che riunisce 132 gruppi dall’Alto Adige alla Sicilia, si stringe una variegata comitiva, decisa a scandagliare con attenzione il bosco di Valtorta, cercando sì il porcino che darebbe un tocco in più alla cena ma ben felice anche di saperne di più sui funghi dall’aspetto curioso, umili o meno invitanti. Se ne scopriranno tante di caratteristiche

e curiosità, informazioni e dritte, con un’unica e ben precisa certezza di fondo: solo lo studio e la conoscenza possono dire se un fungo è commestibile o meno, se è innocuo o velenoso. D’un colpo si fa quindi piazza pulita di tutte le altre convinzioni, da quelle più palesemente popolane, come il fatto che l’annerimento di un cucchiaio d’argento o dell’aglio in cottura sia sinonimo di tossicità al pari del fatto che la “carne” cambi colore quando esposta all’aria, a quelle ammantate da un’aura di scientificità come quella che vorrebbe i funghi bianchi primaverili sempre sicuri (mentre c’è una pericolosa amanita pronta a dimostrare il contrario). «Non è vero neanche che i funghi cresciuti vicino al ferro o alle tane delle vipere diventino tossici – spiega Giuseppe Costanzo, determinatore e docente del Gruppo Ercole Cantù -. Vero è però che i funghi assorbono facilmente le sostanze dall’ambiente e quindi non conviene mangiare un esemplare cresciuto sul ciglio di una strada trafficata o in una zona inquinata, per quanto classificato come specie commestibile». L’Asl prescrive inoltre di cuocere sempre – a lungo - i funghi, modalità che consente di eliminare le tossine termolabili, e ne sconsiglia il consumo da parte di bambini e anziani per la difficoltà di digestione. «Il nutrimento apportato dai funghi – rileva Costanzo – è pochissimo, essendo composti per il 90% da acqua. In pratica sono solo aroma,


settembre 2014 dal punto di vista nutrizionale è un po’ come bere un bicchiere d’acqua profumata. La scarsa digeribilità è dovuta invece alla composizione della loro membrana cellulare, fatta di una sostanza simile alla cheratina, quella che nel corpo umano è presente nei capelli e nelle unghie». Un’ulteriore precauzione è perciò di consumare funghi sempre in quantità moderate, capita infatti che i malesseri dopo un pasto non siano dovuti alla tossicità del raccolto, ma a problemi digestivi. Nonostante i numerosi “contro”, restano ambitissimi, veri e propri tesori, tanto che nessun cercatore è disposto a rivelare il luogo dei ritrovamenti. «Andare per funghi – prosegue il micologo – significa soprattutto imparare a conoscere il bosco, che è anche la cosa più affascinante. Per alcune specie l’habitat è fondamentale, alcune ad esempio crescono solo sotto determinati alberi e saperlo può dare preziose indicazioni per trovarli e riconoscerli. Il porcino invece è ubiquitario, si può trovare in pecceta, pineta, lungo le ferrovie, diciamo che ha sviluppato più possibilità di sopravvivenza». La grande varietà e una sorta di “imprevedibilità congenita” rendono difficile inquadrare la vita dei funghi spontanei in regole

troppo strette, come dimostrano i non rari ritrovamenti di specie fuori stagione. «Di certo si può dire che umidità e caldo favoriscono la crescita, mentre il vento è un nemico perché li fa disidratare – ricorda l’esperto -. Assodato è anche il fatto che il clima incide sulla loro qualità gastronomica. Più saporiti e rinomati sono infatti i prodotti dell’Appennino, mentre nel Nord Europa hanno poco sapore, tanto è vero che se ne trovano tantissimi dappertutto e nessuno li raccoglie». Ma più che inerpicarsi su pendii impervi e sentieri poco battuti, il segreto per tornare a casa con un buon bottino è allargare la platea delle specie conosciute. Si aprirà così un nuovo mondo al di là di porcini, ovoli, finferli e mazze di tamburo. I cercatori che amano anche la buona tavola vanno matti per le “trombette dei morti” (Craterellus cornucopioides, parente del finferlo) così chiamati per il periodo in cui crescono (ma ne sono stati trovati anche ad inizio settembre nel corso di Fungolandia) e probabilmente anche per il colore scuro che conferisce loro un che di “funereo”. «L’aspetto e il nome li penalizzano, ma hanno un profumo e un sapore molto intensi – confermano i micologi

All’Asl il controllo gratuito. Un terzo del raccolto viene “bocciato” Che si tratti – fino ad ora – di una stagione generosa di funghi lo confermano anche gli accessi all’Ispettorato micologico dell’Asl di Bergamo, in crescita rispetto agli anni scorsi. L’Asl è l’unico ente preposto a certificare la commestibilità degli esemplari raccolti e nel periodo clou della crescita, da agosto a fine ottobre, mette a disposizione un servizio gratuito di controllo in città ed in alcune sedi in provincia (in giorni e orari stabiliti o previo appuntamento telefonico). Qui oltre ad identificare il fungo si valuta anche il buono stato dello stesso. Si restituiscono solo i funghi idonei al consumo. Vengono infatti trattenuti non solo gli esemplari tossici o non commestibili, ma anche quelli in avanzato stato di maturazione o intaccati da parassiti. Il numero di accessi viene registrato, così come le quantità sottoposte al controllo e quelle restituite all’utente. In media la percentuale di funghi “bocciati” negli anni scorsi è stata del 30-35%. Il servizio fornisce inoltre indicazioni sulle modalità di consumo (ad esempio se il gambo va scartato o meno o la cuticola rimossa) e di conservazione. Oltre che per avere la certezza di ciò che si mette in pentola (la prescrizione è di cuocerli sempre e a lungo) il servizio rappresenta quindi un’opportunità per migliorare la conoscenza delle diverse varietà. Per l’utilizzo dei funghi nella ristorazione la certificazione dell’Asl è obbligatoria.

Giuseppe Costanzo

-, sono ottimi sulle tagliatelle o essiccati». Uno dei funghi più bastonati è invece la Russula mustelina. «Da chiusa assomiglia ad un porcino – nota Costanzo -, ma quando ci si rende conto che non lo è viene buttata ed è un peccato perché è forse anche più buona del porcino stesso». Sorte simile hanno i boleti che cambiano colore quando si ossidano: pagano lo scotto della presunta tossicità e invece sarebbero buoni da mangiare, cotti o essiccati. Il Tylopilus felleus invece somiglia moltissimo al porcino e capita che se ne facciano anche belle incette, salvo scoprire poi che è amarissimo e magari rovinare l’intera spadellata. Un buon sapore hanno i lattari, così chiamati perché quando vengono spezzati emettono un latticello. II Lactarius deliciosus, o sanguinello, che cresce sotto i pini, in particolare, è il migliore per qualità gastronomica ed è apprezzato soprattutto in Spagna. E pure nel giardino di casa può capitare di trovare qualcosa da mettere in pentola, come il Coprinus comatus, detto anche “fungo dell’inchiostro” perché quando appassisce la carne si liquefa ed è possibile notare un liquido nero che sgocciola dal cappello. «I funghi commestibili sono moltissimi, al pari di quelli non commestibili, cioè quelli che non sono tossici ma che non ha alcun senso mangiare, perché sono membranosi, amari o pizzicano – afferma Giuseppe Costanzo -. Quelli buoni in cucina invece non sono moltissimi, ma è una questione di gusti. Una volta sicuri della specie, l’unica via è provarli per decidere se varrà la pena continuare a raccoglierli». Conoscere i funghi significa affinare i propri sensi in tutte le direzioni. La capacità di osservare, il tatto, l’attenzione al suono, l’olfatto. «I funghi van-

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IL PRODOTTO no annusati fino in fondo», sottolinea il micologo. Con un po’ di esercizio si imparano a riconoscere sfumature al di sotto del generico “odore di fungo” che tutti percepiscono. Ci sono specie che odorano di pera, di anice, ma anche di patata marcia, di carogna (espediente per attirare le mosche e disperdere le spore), di pollaio (la pericolosa Clitocybe phaeophtalma) ed individuare i sentori è uno strumento in più per inquadrarli. Un po’ più arduo, per la verità, è individuare il “cuoio di Russia” o il “balsamo del Perù”, paragoni ben poco chiarificatori con i quali libri definiscono certi odori specifici (!). Un altro suggerimento per riconoscere i funghi è raccoglierli interamente, con delicatezza, perché alcune caratteristiche peculiari si trovano nella parte sotto terra. Una volta che si è optato per portarli a casa, vanno puliti sul posto e trasportati in cestini aperti in modo che le spore possano rimanere nell’ambiente. Bisogna inoltre avere l’accortezza di non farli sbattere l’uno contro l’altro. Vanno conservati al fresco e consumati il prima possibile o essiccati, se la specie si presta. I micologi assicurano che il massimo è il “misto funghi” raccolto in giornata, cucinato nelle maniere più semplici, senza condimenti che li sovrastino e appesantiscano. D’obbligo anche qualche raccomandazione sull’attrezzatura per muoversi con sicurezza nel bosco: mai stivali, ma scarponcini, niente gambe scoperte, un bastone per sostenersi sulle pendenze più pronunciate e un fischietto per richiamare l’attenzione. Le raccomandazioni dei micologi non sono rivolte solo agli escursionistiraccoglitori. «Anche la ristorazione può avere un ruolo importante nella riscoperta dei funghi selvatici – afferma il presidente nazionale dell’Associazione micologica Bresadola Luigi Villa –, ma occorre migliorare la conoscenza. Un caso che ha fatto scalpore è stato quando lo scorso 22 maggio alla trasmissione tv “La Prova del Cuoco” è stata presentata come morchella una pericolosa Gyromitra esculenta. È il chiaro segnale che oltre a sapere come cucinare un prodotto gli chef sono chiamati a sapere cosa cucinano».

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“Trombette dei morti” e Russula mustelina, due funghi poco conosciuti, o fraintesi, capaci di stupire il palato

Andrea Paleni

I consigli del cuoco-raccoglitore

«Eccezionali le “trombette dei morti”» Caccia, pesca e da qualche anno, complice la manifestazione Fungolandia e i suoi appuntamenti divulgativi, pure la raccolta di funghi. Nella gastronomia Pasticci e Capricci aperta quattro anni fa con la moglie Michela a Piazza Brembana (in via Roma 36), Andrea Midali, trent’anni, riversa la sua voglia di vivere il contatto con la natura, convinto che il territorio dia un importante valore aggiunto ai piatti. «L’incontro con i micologi mi ha aperto un mondo – rivela -, ho scoperto sapori che non immaginavo nemmeno, un po’ come succede con il vino che a chi non è esperto sembra più o meno tutto uguale, ma conoscendolo svela tutte le sue sfumature».

«Non ho regole precise per decidere come cucinare e abbinare le diverse varietà di funghi – racconta -, il mio “metodo” consiste nell’annusare, valutare la carnosità, la fibra, la consistenza. Poi li assaggio cucinati nella maniera più semplice, solo con un filo di olio, e questo mi suggerisce l’idea per l’abbinamento ed i tempi e metodi di cottura». È così che finiscono in tavola funghi sconosciuti ai più come le “trombette dei morti”, poco invitanti nell’aspetto e nel nome, sul cui conto però Midali è pronto ad affermare che, «chi non le ha mai provate non può dire di aver mangiato funghi». Per via del loro sapore intenso, ha scelto di unirle, sal-


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LA MANIFESTAZIONE

Gastronomia fattore di attrazione, ma con la formula della “sagra diffusa” La gastronomia come uno dei fattori di attrazione per il territorio. Una chiave che l’associazione Altobrembo, composta da 11 comuni dell’Alta Val Brembana (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) e un’ottantina tra aziende e associazioni, sta sviluppando. Fungolandia è la manifestazione che ha

fatto da apripista in questa direzione, nata nove anni fa, prima ancora che si costituisse formalmente l’associazione. Sono seguite Erbe del Casaro, che valorizza il connubio tra erbe spontanee e formaggi tipici, e la debuttante Sagra della Trota, che oltre al pesce vuole fare riscoprire l’ambiente fluviale. «I funghi come risorsa? Con Fungolandia – spiega il presidente di Altobrembo Andrea

tate, al delicato impasto degli gnocchi alla romana e di condire il tutto con una fonduta di Taleggio. «Ma si prestano anche per crostini, nei ripieni e nei ravioli – rimarca – e secche sono eccezionali, ideali nei risotti o in polvere sulle carni». Rubiamo i suoi consigli anche per un fungo più conosciuto come la “mazza di tamburo”. «La morte sua è impanare il cappello – afferma -, magari con una panatura aromatizzata con qualche erba, e friggerlo: regala il piacere della coto-

Paleni – non vogliamo incrementare l’afflusso di chi raccoglie, anche per salvaguardare l’equilibrio dei boschi. Cerchiamo invece di promuovere la conoscenza e l’educazione per muoversi in sicurezza nell’ambiente montano. Ciò su cui puntiamo è l’enogastronomia, che si sta dimostrando un attrattore turistico interessante. Non proponiamo però un grande evento, la classica fiera dai grandi nume-

ri. Le nostre sono “sagre diffuse”, che si sviluppano nei locali che aderiscono al circuito, con menù e pacchetti per il soggiorno, e con le iniziative messe in campo nei singoli Comuni». Insomma, manifestazioni che quasi non si vedono. «Non saranno mai fenomeni di massa – rileva - ma forse proprio per questo offrono l’occasione di entrare meglio in contatto con il territorio, le persone ed i sapori».

letta mangiata da bambini. L’accortezza è quella di togliere il “bottone” dove si innesta il gambo, perché è piuttosto duro. Il gambo poi può essere seccato e grattugiato per dare più gusto ai piatti, mentre l’anello è ottimo crudo». La sua indicazione per il porcino, che resta in ogni caso la star del cestino, è invece di apprezzarlo crudo, «affettato su un’insalata di bresaola e scaglie di Grana o, più opportuno ancora, Formai de Mut stagionato». «Secco è però ancor meglio che fresco, a mio parere – prosegue -. Se si decide invece di conservarlo surgelato, anziché metterlo così com’è nel freezer, suggerisco di pulirlo e saltarlo per una quindicina di minuti, conserverà meglio il suo valore e potrà essere utilizzato per la preparazione preferita». Tra le regole generali, la sua scelta è di non lavare mai (tranne in rari casi) i funghi - «sono delle spugne e si inzupperebbero» -, ma di togliere la terra in eccesso con un pennellino o un panno umido. Midali ha lavorato in Trentino, Sardegna, Sicilia, a Roma ma poi ha scelto di restare in montagna. «Oggi mi sa che è più facile che vivere in città – rileva -, se non altro è una vita più semplice, con meno obblighi. E poi, se si ha voglia di darsi da fare, le potenzialità sono tante, l’allevamento, le coltivazioni, le erbe, i cosmetici, servirebbe forse fare un po’ più rete». A lui si deve l’idea della prima Festa del Brembo e Sagra della Trota nel comprensorio Altobrembo, che andrà in scena il 4 e 5 ottobre: «Trovare nel piatto prodotti pescati o, come funghi ed erbe spontanee, raccolti sul posto regala tutto un altro senso, un’altra emozione», assicura.

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NEWS

Dal 16 al 18 ottobre il concorso enologico riservato a Merlot e Cabernet e ai loro tagli. Le giurie riunite al Filandone di Martinengo

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"Emozioni dal Mondo" conto alla rovescia per la decima edizione edizione 2014 del Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” (16-18 ottobre prossimi) celebra un traguardo rilevante. Nato in terra bergamasca da un’idea dell’enologo Sergio Cantoni e realizzato dal 2004 grazie alla cooperazione tra Vignaioli Bergamaschi, Consorzio Tutela Valcalepio, Centro Studi Assaggiatori Brescia e Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, il concorso compie infatti 10 anni. E quello del decennale sarà uno dei temi cardine di quest’edizione. Nel corso della cena di gala, in programma per il venerdì 17, infatti, saranno insigniti con un premio speciale tutti coloro che hanno preso parte sin dalla prima edizione al concorso, che richiama ogni anno produttori, tecnici e giornalisti dai quattro angoli del globo. Ma vediamo più da vicino qualche anticipazione sul decimo concorso. Innanzitutto gli sponsor che rendono possibile questa kermesse in terra bergamasca sono la Camera di Commercio di Bergamo, la Banca Popolare di Bergamo, SIAD e Marengo Sugheri. Grazie al loro supporto il Consorzio Tutela Valcalepio e Vignaioli Bergamaschi possono ogni anno dare vita ad un importante appuntamento che permette di

presentare al mondo in chiave sempre nuova Bergamo e i suoi vini (Valcalepio Doc e Terre del Colleoni Doc), la storia e la tradizione del territorio orobico. Il tema scelto per il decennale coinvolge un’importante attività tradizionale del territorio: il tessile, la sua storia e il suo sviluppo e i suoi influssi culturali. Ma Emozioni dal Mondo è prima di tutto un concorso enologico, e venerdì 17 le commissioni di degustazione, composte per il 50% da tecnici del settore enologico e per il 50% da degustatori stranieri, si riuniranno per selezionare i vini che otterranno le medaglie OIV. Il concorso dedicato ai vini Merlot, Cabernet e ai loro tagli, infatti, è l’unico a livello internazionale riconosciuto dall’Organization International de la Vigne et du Vin, l’ente internazionale che soprintende ai Concorsi Enologici su scala mondiale. E l’internazionalità è certamente un pregio di questo Concorso che ha vantato negli anni il più alto rapporto tra giudici e campioni degustati e che punta, nel 2014, a vedere rappresentate 25 nazioni per quel che riguarda la provenienza dei campioni in gara e 30 nazioni per quanto concerne l’origine dei giurati. Come già anticipato, per il 2014 gli organizzatori hanno scelto di concentrare l’attenzione degli ospiti italiani e internazionali su due filoni principali: la tradizione tessile e la cucina del recupero. Due temi che ben si sposano al luogo scelto per ospitare le degustazioni delle giurie internazionali, il Filandone di Martinengo che ha ospitato le riprese del celeberrimo film “L’albero degli Zoccoli” di Ermanno Olmi. Come oramai tradizione, infatti, “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” parla al mondo di vino ma anche, e soprattutto, di territorio. “Vogliamo mostrare al mondo la grande ricchezza del territorio bergamasco - sottolinea Sergio Cantoni -. Ogni anno scegliamo un tema legato alla storia e alla tradizione bergamasca e conduciamo i nostri ospiti attraverso un percorso emozionante che unisce storia, territorio ed enologia”. Dopo il successo del 2013, inoltre, insieme alla Giuria Tecnica (che assegna le medaglie OIV) e alla Giuria Stampa (che conferisce i Premi della Stampa) alla degustazione prenderà parte la Giuria dei Consumatori. Sono stati infatti selezionati 21 giurati tra i consumatori che prenderanno parte alle degustazioni e che, con i propri voti, contribuiranno a premiare La Scelta del Consumatore.


L'EVENTO

settembre 2014

Val Seriana, nove ristoranti rilanciano i prodotti tipici

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Al via la seconda Rassegna Gastronomica promossa dall'Associazione Astra di Clusone. Fino al 28 novembre, i locali aderenti all'iniziativa proporranno, a turno, menù al prezzo fisso di 30 euro Associazione Seriana Turismo e Ristorazione Alberghiera di Clusone (Astra) apre le porte ai prodotti tipici. Lo fa con la seconda "Rassegna Gastronomica". Ogni venerdì - dal 19 settembre al 28 novembre prossimi - in 9 locali saranno proposti menù a prezzo fisso (30 euro), tutti a base di prodotti locali e di stagione, con la possibilità di pernottamento nelle strutture aderenti all’iniziativa, a Clusone, Rovetta, Fino del Monte, Bossico, Onore, Parre e Gromo. I principali obiettivi prefissati, oltre alla promozione del territorio, sono la diffusione, la conoscenza e la valorizzazione dei prodotti tipici offerti da questa area territoriale, così vicina ai grandi centri urbani e nello stesso tempo così spesso poco conosciuta. "I menù proposti dai ristoranti coinvolti in questa manifestazione - sostiene l'Associazione - vogliono dare risalto ai sapori locali offrendo una cucina semplice ma ricca di fantasia, accompagnata ovviamente da un'ottima selezione di vini. Quindi, gusto, semplicità, tradizione, cortesia e professionalità vi attendono sulle nostre tavole". L’appuntamento sarà "spalmato" su 9 venerdì, 9 come i ristoranti coinvolti che inviteranno i loro ospiti (a partire dalle 20) ad assaporare i migliori piatti della cucina bergamasca, facendo

conoscere anche ai palati più raffinati i menù tradizionali dell’Alta Valle Seriana a prezzi speciali appositamente concordati tra i gestori in occasione della manifestazione. Si comincia il 19 settembre all'Hotel Gromo e si prosegue il 26 all'Hotel Vecchio Mulino di Rovetta. A ottobre sarà il turno dell'Hotel Commercio di Clusone (il 3), dell'Hotel Miralago di Bossico (il 10), dell'Hotel Belvedere di Parre (il 17) e dell'Hotel La Bussola di Clusone (il 24). A novembre toccherà all'Hotel Betulla di Onore (il 14), all'Hotel Ambra di Clusone (il 21) e all'Hotel Libia di Fino del Monte (il 28). I 9 ristoranti partecipanti alla seconda edizione rappresentano ad ampio spettro la cucina dell’Alta Valle Seriana in tutti i suoi stili, dai ristoranti storici ai ristoranti di alta fascia. In

ognuno di essi sarà possibile trovare menù studiati per l’occasione, classici o tematici, quasi un compendio della cucina bergamasca con colori e sapori locali. Si potrà spaziare tra specialità note e meno conosciute, piatti della cucina tradizionale locale, con grande attenzione ai primi piatti, secondi di carne, formaggi, salumi e selvaggina. La Rassegna Gastronomica si intreccia e segue la manifestazione appena terminata "Clusone verso l'Expo" durante la quale Astra ha contribuito con i propri banchi itineranti a proporre piatti tipici offrendoli a visitatori. Un modo per ribadire che l'Expo 2015 sarà un'occasione da non perdere per far conoscere a un pubblico sempre maggiore la valle. Info: www.astraseriana.com

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L'INTERVISTA Giordana Talamona

«Bergamo deve avere un luogo dove promuovere tutti i vini del territorio» Parla la nuova delegata dell'Ais provinciale, Roberta Agnelli: "Uno spazio fisico sarebbe utile per far conoscere i nostri prodotti anche ai turisti e aprire i mercati esteri”. "Serve però una vera coesione tra le realtà produttive, le associazioni e le istituzioni. Sarebbe la svolta per una più efficace promozione"

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ota coi bicér" è il suo motto, una frase che dal luglio scorso ripete come un mantra al suo nuovo gruppo di lavoro. Roberta Agnelli, nuovo volto della delegazione bergamasca dell’Associazione Italiana Sommelier, ha accolto la notizia della sua nomina con entusiasmo e voglia di mettersi in gioco. Nella vita fa la docente, più che un lavoro una vera vocazione per l’insegnamento, che le dà la consapevolezza di quanto nella vita gli esami non finiscano mai. “Non è un punto d’arrivo, l’essere diventata delegata Ais, semmai un punto di partenza - dichiara -. Ci ho messo l’anima per imparare, tempo e fatica. In fondo la mia nomina è un buon esempio per tutti, perché significa che con lo studio e la passione, si possono varcare nuovi confini. Raccolgo il testimone da Nives Cesari, storica delegata di Bergamo, ringraziandola per tutto ciò che in questi anni mi ha insegnato, rivolgendo un pensiero anche a Italo Castelletti, che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi ha trasmesso la passione per questo settore”. È cresciuta in una famiglia dove il vino era di casa? “No, tutt’altro, i miei erano quasi astemi, quindi il vino l’ho scoperto tardi. Mia madre è tuttora un po’ perplessa su questa passione. Sono

convinta che sia orgogliosa, anche se non lo dice apertamente. Mentre il nonno, da quanto mi hanno raccontato, era una specie di sovversivo, uno che ne capiva anche di vino, oltre che di altro. Si vede che l’attrazione per il mondo del vino ha saltato una generazione, passando direttamente a me!”. Quindi quando nasce questa passione? “In età adulta, durante gli studi universitari. Per un periodo ho vissuto in Francia, nella regione della Loira, e proprio lì ho cominciato a girare per vigne e produttori. Poi, circa una decina d’anni fa, ho frequentato il primo corso Ais e dopo qualche anno sono diventata sommelier”. A chi dice “grazie”? “A Lucio Marinelli, dirigente scolastico di Calusco D’Adda. Ricordo che ero diventata da poco docente di ruolo e, parlando di questa passione con delle colleghe, era sembrato loro quantomeno “strano” che una donna, per di più insegnante, si interessasse di vino. Mentre Marinelli, fuori da qualunque pregiudizio, fu il primo a dirmi di andare avanti a coltivare questa passione. Anzi, grazie a lui quella che soli dieci anni fa poteva sembrare una “stranezza” - una donna che beve vino - è stata capita per quello che è: passione e cultura”. Ne parla coi suoi studenti?

“Le mie tre passioni sono l’insegnamento, i libri e il vino. Per certi versi sono interessi simili, perché possono crescere e svilupparsi attraverso il tempo e la dedizione"

Roberta Agnelli, nuova delegata dell'Ais di Bergamo (foto Lorenzo Iorino)


settembre 2014

“Certamente, anzi, da quando sono diventata sommelier, parte del mio metodo d’insegnamento è cambiato. Quando spiego ai miei bambini qualcosa sul nostro Paese, dalla storia alla geografia, parlo anche della terra e delle nostre tradizioni vinicole. Non entro ovviamente nello specifico dei vitigni, ma cerco di trasmettere loro l’amore per questa cultura secolare”. E sulla Lombardia vinicola, cosa dice? “Innanzitutto che la viticoltura è presente. I testi di geografia della primaria e della secondaria, infatti, descrivono la Lombardia come una regione a vocazione quasi esclusivamente industriale. Così i nostri bambini crescono con l’idea che nella nostra regione non ci siano più i contadini, quando al contrario i lombardi non hanno mai abbandonato questa antica vocazione. Nelle ultime riedizioni dei testi scolastici ho fortunatamente notato qualche piccolo cenno in più, ma credo che siano tematiche legate alla nostra tradizione, che meriterebbero maggiore attenzione”. Vitigni preferiti? “Non posso dirlo, non sarebbe giusto”. Piccola mania da sommelier? “Annusare gli odori della cantina, in particolare quelli provenienti dai legni delle botti. L’odore che sento mi dà l’idea di come lavori il produttore. È come un vestito. Nulla di scientifico, chiaramente, ma spesso gli odori che sento in cantina rispecchiano, nel bene o nel male, il vino di quel viticoltore”. Chiunque può cominciare ad apprezzare un vino, anche chi non ha un “buon naso”?

“Ma certo, soprattutto perché un buon vino non ha bisogno di nulla per esprimersi. Lo versi, lo fai respirare e dopo un po’ senza che tu faccia niente, comincia a parlare. La cosa difficile, semmai, è saper ascoltare, ma questo vale per tutte le cose davvero importanti della vita”. Venendo ad altro, lei fa parte delle “Signore della Valcalepio”, cosa ritiene che serva al nostro territorio per promuovere meglio i suoi prodotti? “Serve vera coesione tra tutte le realtà produttive, le associazioni e le Istituzioni. E’ chiaro che è un po’ come “inventare l’acqua calda”, ma se riuscissimo a farlo davvero, sarebbe la svolta per promuovere il vino, il territorio e, più in generale, la cultura bergamasca. Servirebbe, inoltre, un luogo fisico in cui i turisti possano conoscere, provare e acquistare tutti i vini del territorio. Sarebbe un buon modo per veicolare i nostri prodotti e farli conoscere anche agli stranieri”. Come ha accolto la notizia della sua nomina a delegata di Bergamo? “Con grandissimo entusiasmo. La mia candidatura è stata proposta dai colleghi sommelier con cui ho sempre fatto servizio. Il nostro è un gruppo di lavoro molto affiatato e sono certa che continueremo a fare belle cose assieme”. A chi dedica questo traguardo? “A nonna Angelina, che per motivi di salute doveva consumare dei succedanei, come l’orzo al posto del caffè, ma che appena poteva mi diceva: “Un goccio di vino e caffè, ma di quello buono!”. Ecco, lei che era una buongustaia sarebbe stata fiera di me”. Un’insegnante prestata alla

sommellerie, crede che la sua professione inciderà in qualche modo sulla delegazione? “Le mie tre passioni sono l’insegnamento, i libri e il vino. Per certi versi sono interessi simili, perché possono crescere e svilupparsi attraverso il tempo e la dedizione. Per questo vorrei che il mio periodo da delegata si ricordasse per aver diffuso la cultura del vino attraverso i corsi e le serate di degustazione”. Qualche anticipazione sulla prossima stagione? “A ottobre riparte il secondo livello e molto presto pubblicheremo il calendario delle serate. Vorrei organizzare un buon numero di incontri a prezzo contenuto, con percorsi sensoriali legati ai territori e ai vitigni, e qualche serata speciale con vini più ricercati”. Per finire, perché il suo motto è “sota coi bicér”? “Perché bisogna bere per conoscere il vino. Quello che consiglio è di provare, provare e provare ancora, senza eccedere ovviamente, ma con la curiosità di chi vuole sperimentare. Non sentitevi mai arrivati, siate curiosi e lasciate parlare il vino: sôta coi bicér!”.

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TRADIZIONI di Leonardo Bloch

Il brodo nero dei contadini

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entenziano ieraticamente le guide gastronomiche che l’unico depositario delle chiavi d’accesso all’Elisio del “cacio e pepe” sia l’inossidabile Antonello Colonna, o che il casato monferrino degli Alciati abbia esclusivo titolo a fregiare il proprio blasone di un agnolotto del plin. In realtà la quasi lapalissiana raccomandazione di avvalersi, per assaporare al meglio le specialità regionali, di un autorevole interprete del territorio è vecchia almeno di venticinque secoli. Narrano infatti Cicerone e Plutarco che il tiranno siracusano Dionigi, ammaliato dalla fama del leggendario brodo nero dei Lacedemoni, avesse convocato un cuoco addirittura da Sparta affinché la misteriosa minestra gli fosse quanto più acconciamente imbandita. Preceduta forse da troppo elevate aspettative, la torbida zuppa a base di vino scuro e sangue di porco suscitò tuttavia il risentito ribrezzo dell’autocrate, che non esitò a manifestare le proprie rimostranze al cuciniere tanto laboriosamente reperito. Tutt’altro che intimorito, questi lamentò a propria discolpa l’indisponibilità di due condimenti reperibili esclusivamente nella riottosa città-stato da cui proveniva. Più in dettaglio, lo scaltro credenziere precisò che le salse cui allu-

L’uso di allungare le minestre con una generosa aggiunta di vino rosso è ancor oggi tutt’altro che estinto. Una tradizione che ha radici molto lontane e che era in diffusa anche nella Bergamasca deva erano l’esercizio fisico dei giochi atletici e le ritempranti abluzioni nelle gelide acque dell’Eurota, a sottendere che, dinnanzi ad un sincero e robusto appetito, anche un così poco invitante intruglio finisse per risultare grato al palato. Quella dell’iracondo despota siculo non fu certo l’unica curiosità illustre ad essere suscitata dalla storica vivanda spartana. Dopo lunghi e laboriosi studi, all’alba del diciottesimo secolo l’insigne grecista francese Anna Dacier riuscì a recuperare la ricetta dell’arcaica sbobba, celebrandone la riscoperta con un banchetto che vide la partecipazione dei più eminenti cultori di lettere classiche dell’epoca. Pur ignorando se la portata d’onore avesse raccolto il gradimento degli eruditi commensali, dalla diabolica penna del camaleontico Olindo Guerrini siamo comunque ragguagliati che

“le conseguenze del dotto convivio furono velocemente purgative”. A dispetto dell’incontrastata celebrità letteraria, per lungo tempo l’epico brodetto Lacedemone stentò ad affermarsi come fonte d’ispirazione culinaria. Dagli antichi romani le minestre che non fossero a base di ce-

Teofilo Folengo


settembre 2014 reali erano infatti accolte con aperta diffidenza, mentre nel corso del Medio evo la cucina nobiliare, attenta ai colori prima ancora che ai sapori, aborriva le pietanze dalle tonalità cromatiche più cupe. All’origine di questa avversione v’erano i dettami della dottrina medica galenica, imperante in Europa dalla tarda età classica sino alla rivoluzione cinquecentesca di Paracelso. Secondo gli epigoni di Galeno, l’assunzione di alimenti dalle tinte scure finiva appunto per stimolare la secrezione di quello che era ritenuto il più depresdepres sivo e corrompente tra gli umoumo ri corporei, ovverosia la bile ricolnera - cui peraltro si ricol lega l’ancor attuale locuzione dell’ “essere di umore nero”. Per un’originale rivisitazione della ricetta spartana bisogna dunque neoclasattendere gli afflati neoclas sicisti del rinascimento, che gastronoanche nel dominio della gastrono momia promossero il riavvicinamento ai mo delli dell’antichità greca e latina, e l’avvento nel sedicesimo secolo del più colto tra i cucinieri d’ogni epoca, il ferrarese Cristoforo di Messisbugo. Questi nel suo Libro novo offrì diverse ricette di brodi neri - generalmente in abbinamento alla selvaggina - elaborati a partire da una base di vino speziato. Ma la sempre vigile fronda maccheronica non poteva certo esimersi dal fare il verso agli aulici manicaretti dello scalco estense: dagli strampalati esametri del coevo Teofilo Folengo esce infatti l’irriverente minestra di pappardelle in brodo che nella Zanitonella la villica Tommasina tingeva d’ebano mescendo direttamente dal fiasco alla scodella. E v’è ben da credere all’ineffabile Merlin Cocai - inesauribile miniera di informazioni sull’alimentazione tardomedievale e protomoderna - quando annota che la zotica, dopo averne sorbite la bellezza di cinque ciotole, “parlando stabat alegra”. L’uso campagnolo, riferito dal poeta mantovano, di allungare le minestre con una generosa aggiunta di vino rosso è ancor oggi tutt’altro che estinto, a partire proprio da quel bevr’in vin - noto anche come sorbir d’agnoli - che rappresenta forse la più inconfondibile icona gastronomica delle terre folenghiane. Ancor più arditamente, nella Langa astigiana gli agnolotti vengono talvolta serviti direttamente nella mordace e sanguigna barbera d’alta quota che si vinifica da quelle parti. Anche nel contado bergamasco, sino a qualche generazione fa, il minestrone d’ordinanza del desinare serale era di regola beneficiario di una tanto corroborante correzione. Ai nostri antenati non facevano certo difetto gli essenziali condimenti di cui lo stizzoso Dionigi era sprovvisto: le fatiche del lavoro nei campi, ancora più aspre di quelle dei giochi atletici, e le algide acque di rogge e sorgive, non meno gelide di quelle dell’Eurota. E c’è da giurare che - come accadeva alla Tommasina di cinque secoli fa - dopo qualche fondina del loro rustico brodo nero, pure ai nostri bisnonni riuscisse assai facile conversare amabilmente.

Premio Internazionale Meronis

Giordana Talamona ritira il premio "Meronis"

Riconoscimento alla nostra collaboratrice Giordana Talamona Lo scorso 29 luglio, al Circolo Antico Tiro a Volo di Roma, s'è tenuta la seconda edizione del Premio Internazionale Meronis, promosso e organizzato da Cantina Moronia per premiare illustri personaggi che, nella propria professione, si siano distinti nella valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano. Numerosi i premiati. Per la categoria Cucina e vino lo chef del noto ristorante Sushisen di Roma, Eiji Yamamoto. Per la sezione Televisione e vino, Eleonora Daniele, per anni volto storico di LineaVerde, e Francesca Barberini, volto storico di Gambero Rosso Channel. Per la sezione Cultura e Vino, la sommelier Adua Villa e Riccardo Cotarella, da sempre tra i più prestigiosi enologi al mondo e presidente di Assoenologi. Per la sezione Turismo e vino Carlo Esposito, restaurant manager dell’Hotel 5 stelle Tragara di Capri. Ancora per Turismo e vino, Elena Martusciello, presidentessa dell’associazione nazionale Donne del Vino. Per la sezione Giornalismo e vino, Francesca Romana Maroni, ad della Guida Maroni, la guida dei migliori vini italiani. Ancora per Giornalismo e vino, Giordana Talamona, giornalista apprezzata per il suo impegno nel far conoscere il vino attraverso il mondo dei media. Esperta di enogastronomia, Talamona collabora con diverse testate del settore, tra le quali ViniPlus, periodico dell'Ais Lombardia e Affari di Gola. Ancora nella sezione Giornalismo e vino, Gian Marco Chiocci, direttore de Il Tempo. Per la categoria Internazionalizzazione e vino, Simona Frignani, segretaria generale della Camera di Commercio Italia-Inghilterra, e Michele De Gasperis, presidente della CdC italomongola. Per la categoria Storia e vino, Gaetano Pascale, presidente di Slowfood. Per Imprenditoria e vino, Giacomo Campora, direttore generale Allianz, e infine il presidente del Circolo Antico Tiro a Volo Michele Anastasio Pugliese.

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L’ITINERARIO di Lara Abrati

Quelli che sul Bitto ci mettono la "faccia" Tra scenari mozzafiato e soste golose, al Passo San Marco si può conoscere da vicino la vita dell’alpeggio e incontrare giovani che non temono la fatica e i ritmi della natura. Qui nasce il Bitto Storico, che su ogni forma porta inciso il nome del produttore

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a buona volontà non deve mancare per raggiungere il Passo San Marco da città e dintorni. Dopo aver percorso tutta la valle Brembana sino a Mezzoldo, si deve affrontare l’ultimo tratto di salita e, dopo alcuni tornanti, ci si trova attorniati da pascoli e da una vista mozzafiato. Il viaggio vale assolutamente la pena perché non è solo la vista che se ne giova, ma anche l’olfatto e le papille gustative! Molte le tipologie di formaggio prodotte negli alpeggi dell’Alta Valle Brembana, ma nella zona del Passo San Marco è il Bitto Storico a fare da padrone. A fargli compagnia ecco la famosa “mascherpa”, una particolare ricotta prodotta a partire dal siero ricavato dalla lavorazione ed estrazione del formaggio dalla caldaia. L’alpeggio è in genere molto vasto; è formato dai prati dove vengono lasciati a pascolare gli animali e dalla casera, in cui viene lavorato il latte. L’atto di andare in alpeggio è detto “caricare l’alpeggio” e, nella zona del Passo San Marco, questo avviene verso la seconda metà del mese di giugno in relazione alla presenza di neve e alle condizioni del pascolo. Man mano che la stagione prosegue, gli alpeggiatori salgono di quota con gli animali e, qualora le condizioni di trasporto del latte siano difficoltose, anche la lavorazione del latte avviene a quote più elevate, in altre baite oppure nei calecc, piccole costruzioni formate da muretti a secco, senza il tetto, adibite alla trasformazione del latte in formaggio Bitto; la copertura è formata da un telo che, man mano, viene spostato con la caldaia da un calecc all’altro, in base alla posizione della mandria. «Un tempo – spiega Rocco Fognini, impegnato con il nipote Lino sull’alpe Parissolo – gli alpeggi si misuravano in paghe. Una paga equivaleva a una mucca oppure a due manze o a tre vitelli. Gli allevatori che d’estate salivano in alpeggio si dividevano così lo spazio, potendo quindi portare un numero massimo di capi in relazione alle paghe che erano state attribuite loro». Tempi dilatati, fatica, routine, sole che illumina le piccole casere e fredda pioggia battente nelle brutte giornate: queste alcune parole d’ordine della quotidianità degli alpeggiatori. La vita in alpeggio è caratterizzata dalla sana fatica che si legge negli sguardi di questi giovani, senza telefono e senza orologi, ma dotati di beni ben più grandi, la capacità di sorridere e la semplicità degli umili. Il Bitto Storico è una vera chicca casearia, caratterizzata dalla presenza di un’associazione che ne segna le linee guida per la produzione. L’associazione raggruppa circa 15 soci che ca-

ricano gli alpeggi tra la Val Gerola e il passo San Marco, in Alta Valle Brembana. È un formaggio a pasta semi-cotta prodotto a partire da latte vaccino crudo e intero, un formaggio grasso che viene stagionato minimo 70 giorni prima di essere messo in vendita. Uno degli obblighi consiste nell’aggiungere al latte vaccino almeno un 10% di latte di capra. Il Bitto Storico può raggiungere stagionature molto lunghe nel tempo; è cura e compito della sensibilità e dell’esperienza di ogni alpeggiatore selezionare le forme migliori da destinare alle lunghe stagionature. Questo formaggio viene prodotto da latte proveniente da bovini alimentati con sole erbe spontanee di alpeggio, infatti viene prodotto esclusivamente nel periodo estivo. La crosta deve essere costantemente pulita e curata, così come i rivoltamenti. La forma è cilindrica con uno scalzo leggermente concavo. La pasta è leggermente gialla, più carica di colore se la stagionatura viene prolungata. I carotenoidi presenti nelle erbe spontanee di montagna incidono molto sul colore del formaggio. Il latte viene lavorato appena dopo la mungitura, due volte al giorno. Dal siero viene prodotta la mascherpa, una particolare ricotta grassa che può essere consumata fresca oppure salata e stagionata, da grattuggia o da mangiare a scaglie. La sua produzione prevede un ulteriore riscaldamento del siero e l’acidificazione mediante l’utilizzo dell’agra, il siero acidificato delle lavorazioni precedenti. Si tratta di una ribellione da parte di questi produttori, che da secoli realizzano questo formaggio nelle valli del Bitto, alla “industrializzazione” e standardizzazione del processo che ha investito la Dop. Il formaggio prodotto in alpeggio, in condizioni quasi estreme, avrebbe diritto a una maggiore tutela, pena la


settembre 2014 sparizione di questa attività. Il Bitto Storico è anche presidio Slow Food e la sua promozione è curata da Paolo Ciapparelli, fondatore del “tempio del Bitto” a Gerola Alta, dove è possibile acquistare il formaggio oppure semplicemente assaggiarlo, accompagnato dagli ottimi vini valtellinesi. Le forme disposte a stagionare possiedono inciso il nome dell’alpeggio in cui sono state prodotte, un vero e proprio marchio che testimonia la disponibilità di questi produttori a “metterci la faccia”, a garanzia della qualità della loro produzione. La maggior parte dei produttori di Bitto Storico proviene comunque dalla Valtellina, in particolare da Morbegno e dintorni, dove vivono e lavorano il resto dell’anno. Rispetto a quello che si potrebbe pensare, sono molti i giovani che, seguendo le orme dei genitori e non, hanno deciso di continuare con l’attività dell’alpeggio. Perché non andare a trovarli non rinunciando a una bella passeggiata e a una sosta golosa nei rifugi del passo San Marco? Gli alpeggiatori si possono trovare a ridosso del passo, ma anche sui piani dell’Avaro e sul sentiero delle casere, con partenza da Mezzoldo. Di seguito tre possibilità, per i più allenati, ma anche per chi non vuole rinunciare alla comodità dell’auto o della moto.

Azienda Agricola F.lli Duca

In quota c’è l’intera famiglia

Carlo Duca

L’alpeggio Ancogno Soliva, dove opera Carlo Duca con tutta la sua famiglia, è facilmente raggiungibile dalla strada per il passo San Marco. Ci si arriva in auto e i suoi formaggi si possono acquistare anche in una piccola baita prima di arrivare alla casa Cantoniera. Non è necessario quindi munirsi di scarponi per conoscere Carlo Duca, classe 1981, alpeggiatore dalla nascita. «Quest’alpe – spiega Carlo – è caricata dalla mia famiglia da molti anni. Ci lavoriamo praticamente tutti, da mio papà Aldo a mia mamma. Ci sono anche mio fratello Luigi e mia sorella Rita». Oltre alla famiglia Duca, lavora in alpeggio anche la compagna di Carlo, Erica Mazzola, con la piccola Anita. Curiosa la storia di Erica, originaria di Mozzo, con una laurea in lingue, casualmente si trova a lavorare nel periodo estivo in un bar della zona di Cusio. «Un po’ per scherzo - spiega Erica - ho iniziato a passare qualche giorno

in alpeggio, con gli alpeggiatori locali e non me ne sono più andata». Dopo aver conosciuto Carlo, lei e le sue capre sono diventate parte integrante della famiglia Duca e dell’azienda di famiglia. L’azienda conta 40 bovini e 21 capre e ha sede a Talamona (So) in Valtellina. Stanno in alpeggio da metà giugno a metà settembre per la produzione del Bitto Storico; Carlo Duca è membro infatti dell’associazione che tutela il formaggio Bitto prodotto in alpeggio. Le lavorazioni del latte attuate nel corso della giornata sono due, a seguito di ogni mungitura. Dopo la produzione del formaggio, la mattina il siero viene riscaldato e acidificato per la tradizionale produzione della mascherpa; la sera invece, il siero viene centrifugato per la produzione del burro. L’azienda è ben visibile dalla strada grazie a un’insegna rustica in legno che segnala la vendita di formaggi e ricotta.

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L’ITINERARIO

Azienda Agricola Sonia Marioli

Il perito meccanico conquistato dai pascoli: «Non è un lavoro, è uno stile di vita» Per gli amanti delle escursioni in montagna, potrebbe essere un’ottima occasione per unire una scarpinata e una sosta golosa. Da Mezzoldo, in particolare dal rifugio Madonna delle Nevi, parte il sentiero delle casere, con segnavia CAI n. 111 che poi si dirama nel n. 101. Seguendo questo sentiero si percorre idealmente il tragitto di Alfio Sassella e dalla sua mandria. Prima di iniziare il cammino, ci si può fermare al vicino ristorante Genzianella dove si può trovare Sonia, moglie di Alfio e titolare dell’azienda stessa, che oltre a vendere formaggio e mascherpe di propria produzione, può fornire importanti indicazione sulla precisa posizione di Alfio. Anche lui è un alpeggiatore “nomade” che nel periodo estivo arriva a superare i 2.000 metri in cinque tappe. Nel mese di agosto raggiunge quelle più alte per poi ripercorrerle nello scendere verso Mezzoldo. Perito meccanico, Alfio non proviene da una famiglia di alpeggiatori. All’età di 20 anni ha caricato il suo primo alpeggio con Guido, il papà di Sonia. «Lui faceva il casaro,

sia in latteria a Talamona che in alpeggio. Aveva passato anche dei periodi a lavorare nella vicina Svizzera, sempre come casaro. Per circa 20 anni ha caricato l’alpe Pevena ad Albaredo», ricorda Alfio, che ora ha 44 anni ed è quindi il suo 24esimo alpeggio. Accompagnato dalla moglie Sonia e dagli aiutanti Mosè e Fortunato, prepara Bitto Storico e mascherpa con il latte prodotto dalle 35 vacche in lattazione e dalle 60 capre orobiche. Una parte del latte di capra viene aggiunta anche al siero per la produzione della mascherpa. Nel periodo invernale conduce una stalla a Talamona (So), lavorando in proprio il suo latte. «Per me il venire in alpeggio non è un lavoro, ma un vero e proprio stile di vita. L’alpeggio e gli alpeggiatori sono stati dimenticati per due o tre decenni, ora l’attenzione e la visibilità di questo tipo di attività sta crescendo» conclude, prima del saluto finale.

Azienda Agricola Fognini Roberto, Rocco e Lino

«La produzione estiva è tutto per noi» Per chi vuole fare una passeggiata in montagna, con scarponcini, ma senza faticare troppo, è consigliata una visita a Lino Fognini, che insieme allo zio Rocco e a Primo, fidato aiutante, carica l’alpe Parissolo. Questo alpeggio è un poco diverso da Ancogno Soliva, infatti è praticato un alpeggio “nomade”, che prevede non solo lo spostamento degli animali, ma anche degli alpeggiatori stessi, di baita in baita. Lino e la sua mandria arrivano fino a quasi 2.000 metri di altitudine e, nel corso della stagione, compiono più spostamenti. Le baite “alte” sono poco più che dei calecc, in cui si mangia, si dorme e si lavora anche il latte e dove è il fumo a fare da padrone. Non era infatti prevista la presenza dei camini perché sarebbero stati facilmente distrutti dalla neve invernale. «Tutti qui hanno cominciato a venire in alpeggio all’e-

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tà giusta», spiega Rocco Fognini. Già, ma quale è l’età giusta per iniziare l’alpeggio? «Sette anni!» replica molto spontaneamente. «Venire in alpeggio – dice Lino – per me significa dare un valore aggiunto alla produzione. Puntiamo molto alla produzione estiva del formaggio, tanto che nel periodo invernale il latte lo conferiamo alla latteria e non lo

trasformiamo direttamente. Il ritorno di reddito del periodo estivo è molto importante per garantirci il sostentamento e anche spronarci al ritorno in alpeggio. Diversamente gli alpeggi verrebbero abbandonati e la montagna con loro. Importantissima per produrre un formaggio di alta qualità è l’attenzione al benessere animale e alla pulizia, tutte cose da sistemare di anno in anno per migliorare sempre più». C’è lungimiranza quindi nelle parole di Lino Fognini, che vorrebbe caricare l’alpeggio ancora per molti anni, vista anche la sua giovane età, classe 1985, sposato con tre piccoli bimbi. Produce essenzialmente Bitto Storico e la mascherpa. Nel periodo invernale i suoi animali sono sistemati nella stalla a Morbegno (So), dove è possibile continuare ad acquistare il formaggio prodotto d’estate.


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Dove mangiare/ Rifugio Passo S. Marco 2000

Imperdibili i piatti con le erbe spontanee Non può mancare una sosta golosa vista la ricchezza gastronomica che questa zona, a cavallo della Valle Brembana e della Valtellina, offre. Prima dell’arrivo al valico del passo San Marco, si incontra il rifugio Passo San Marco 2000, nato nel 1995 dalla volontà e dall’impegno di Claudio Balicco. Attualmente è gestito con entusiasmo dalla moglie Antonella Salvini e dalle figlie Serena, classe 1989, e Silvia, classe 1982. Il rifugio dispone della zona bar, del ristorante e anche di alcune camere. «In cucina lavoriamo io e mia sorella Silvia - spiega Serena –, siamo entrambe diplomate all’Ipsar di San Pellegrino Terme con indirizzo cucina». Serena si dedica di più ai dolci, mentre Silvia al resto. Grande attenzione è riservata alla scelta di fornitori e materie prime, «quello che possiamo reperire in loco - racconta

ancora Serena – preferiamo acquistarlo dai produttori locali. Ad esempio salumi e carni li acquistiamo da un artigiano macellaio di Talamona (So), mentre erbe spontanee e frutti di bosco li raccogliamo noi». Tutte le paste sono fatte in casa così come le confetture di mirtilli e lamponi. Assolutamente da assaggiare i piatti a base di erbe spontanee come i cornagì o il parùc. Da non sottovalutare la lista dei dolci, con 15 possibilità di scelta tutti i giorni, tra semifreddi, crostate, strudel e torte. Un’attenzione particolare anche agli intolleranti al glutine. Il posto merita davvero una sosta, meglio in settimana, quando l’affluenza è minore. Il rifugio rimane aperto tutto l’anno. Nel periodo estivo tutti i giorni (dall’apertura alla chiusura del passo San Marco); in inverno tutti i fine settimana.

L’EVENTO

E a Morbegno i “rivali” lo celebrano con la mostra centenaria Antico non è solo il formaggio (pare sia nato tra le popolazioni celtiche e il nome deriverebbe da “bitu”, ossia “perenne”), ma anche la manifestazione che lo celebra. Raggiunge infatti la 107esima edizione la Mostra del Bitto di Morbegno, rassegna che partendo dal re dei formaggi valtellinesi accende i riflettori anche su tutti gli altri prodotti tipici della filiera agroalimentare locale, l’artigianato artistico, le tradizioni e il folclore. L’appuntamento è sabato 18 e domenica 19 ottobre nel centro storico della bella cittadina, per un percorso goloso che si snoderà a partire dalla storica piazza Sant’Antonio, dove verrà posizionato il “calecc”, la struttura mobile in cui anticamente i casari in alpeggio si dedicavano alla lavorazione del Bitto. Nel calecc si svolgeranno con continuità le lavorazioni tradizionali del formaggio, la degustazione della cagliata e la lavorazione della ricotta. Nata all’inizio del secolo scorso per premiare le forme migliori prodotte in estate sugli alpeggi, la Mostra del Bitto prendeva il via proprio in piazza Sant’Antonio, dove i casari e gli abitanti delle valli si incontravano in autunno per vendere e acquistare le pregiate forme, che venivano consumate durante l’inverno o fatte stagionare per anni. Come da tradizione anche in questa edizione saranno selezionati, da una giuria di esperti assaggiatori, il miglior Bitto Dop e il miglior Valtellina Casera Dop prodotti durante l’anno. Si potrà poi andare a spasso alla scoperta di tutte le altre eccellenze enogastronomiche valtellinesi, visitando gli angoli più suggestivi, le viuzze più antiche e i nobili palazzi in quella che è stata definita una vetrina interattiva e degustativa, un’immensa aula didattica a cielo aperto per scoprire le “mille forme del Bitto”, tra produzione in diretta del formaggio nelle grandi “caldere”, show cooking degli chef, street food, pranzi e cene “a Km 0” nelle tradizionali cantine del centro di Morbegno, la fattoria didattica e l’area “green”. Info: www.mostradelbitto.com

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Il 6 e il 7 ottobre la settima edizione della rassegna Birrogastronomica promossa dalla società di Torre de’ Roveri. Giampietro Rota: «Un prezioso momento di formazione per gli operatori professionali»

Birra nei bar e ristoranti, la Quattroerre fa il punto

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l via la settima edizione della Rassegna Birrogastronomica firmata dall’azienda Quattroerre di Torre de’ Roveri. “La birra nel fuori casa” sarà il tema centrale dell’appuntamento - in programma il 6 e il 7 ottobre prossimi - volutamente pensato per mettere in rilievo le differenti occasioni di consumo in cui la birra è presente, dal pub al bar per passare alla pizzeria fino ad arrivare alla ristorazione tradizionale e moderna. Importante novità di questa edizione sarà la sala di degustazione che si fa in tre per sottolineare la valenza commerciale del prodotto. Area birra: saranno presenti otto birrerie europee con un proprio corner e un banco di degustazione Quattroerre dedicato alle specialità nazionali e internazionali. Area bar: dedicata al bere miscelato con cocktail a base di birra proposti dal barman Sebastiano Garbellini e con l’opportunità di stare dietro il banco con lui per realizzare la propria ricetta e proporla al pubblico. La distilleria Roner pre-

senterà i propri prodotti e sarà da trait d’union tra il mondo della birra e quello degli spirits. Area ristorazione: concepita come un vero e proprio ristorante, con tanto di tavoli, vi si potrà degustare il piatto tipico italiano per eccellenza, da sempre parte di un matrimonio birrogastronomico molto felice: la pizza. Il forno a vista farà da sicuro richiamo per coloro che vorranno provare abbinamenti collaudati, ma pure inediti con le pizze di tendenza firmate dallo chef-pizzaiolo Tiziano Casillo, docente dell’Accademia del Gusto - Ascom Formazione, ente partner dell’evento. “Abbiamo nuovamente deciso di investire ingenti risorse umane ed economiche nel progetto legato a una formazione globale per titolari di ristoranti e bar - afferma Giampietro Rota, presidente della 4R -. Come sempre, noi non vogliamo solo vendere un prodotto, ma siamo convinti che sia fondamentale essere competenti e capaci di gestire al meglio l’attività di somministrazio-


cialità alla spina presso la propria postazione, mentre le birre in bottiglia potranno essere degustate nell’area comune predisposta e gestita direttamente dalla Quattroerre. Nel Centro di Formazione dell’azienda, adiacente allo spazio dedicato alla rassegna, si svolgeranno invece i classici incontri tra professionisti dove le tematiche affrontate serviranno per approfondire i temi cruciali della rassegna stessa. In entrambe le giornate, alle 11, Tiziano Casillo terrà un incontro informativo/formativo per raccontare le pizze di tendenza e presentare al meglio le opportunità di interessanti abbinamenti con le birre. Alle 15,30, invece, Sebastiano Garbellini terrà un approfondimento dedicato al servizio delle birre all’interno dei locali.

ne. La nostra rassegna rappresenta dal 2005 un momento fondamentale di confronto tra professionisti del settore, ottenendo da diversi anni il patrocinio della Camera di Commercio di Bergamo, della Provincia e dell’Ascom”. Nelle giornate di lunedì 6 e martedì 7 ottobre, dalle 10.30 alle 18.30, gli ospiti potranno svolgere degustazioni libere ed assistite. Le otto birrerie selezionate andranno ad offrire le loro spe-

Partner dell’evento 2014 - Partner della settima Rassegna Birrogastronomica è l’Accademia del Gusto, un centro di formazione dedicato all’enogastronomia. La scuola rappresenta il coronamento degli sforzi e della professionalità acquisita nel settore della formazione dall’Ascom - Confcommercio di Bergamo, che da tempo è attiva nella promozione della cultura gastronomica. I docenti sono selezionati per garantire la massima efficacia di apprendimento. Per informazioni, o per visitare i laboratori, contattare la sede dell’Accademia al numero 035.41.85.706.

PROGRAMMA lunedì 6 ottobre 2014 martedì 7 ottobre 2014 SALA DEGUSTAZIONE dalle 10,30 alle 18,30 • Degustazioni libere di birra di otto birrerie europee, sia alla spina che in bottiglia • Degustazioni libere delle varie interpretazioni di pizza in pala • Degustazioni guidate di drink aventi quale ingrediente la birra a cura di: - Sebastiano Garbellini - distillerie atesine Roner SALA FORUM alle ore 11,00 • Presentazione da parte di Tiziano Casillo (Accademia del Gusto - Ascom Formazione) delle “pizze in pala alla romana”, una tendenza di prodotto molto apprezzata dal pubblico e particolarmente interessante, in termini di redditività, per chi la produce. alle ore 15,30 • Approfondimento da parte di Sebastiano Garbellini sulle ragioni che fanno dell’apparente semplice gesto della mescita della birra la costante assoluta per il raggiungimento della qualità sotto tutti i punti di vista del servizio. Info: 035.580.701 oppure www.quattroerre.com

Assessorato Urbanistica, Agricoltura, Ambiente e Tutela risorse naturali

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APPUNTAMENTI FINO AL 16 DICEMBRE

TREVIOLO E OSIO SOPRA, CENE TEATRALI IN SETTE LOCALI Un cartellone teatrale dentro ai ristoranti. Lo propone Qui & Ora Residenza Teatrale, con l’obiettivo di portare la cultura in luoghi insoliti e mettere in dialogo l’arte ed il mondo del commercio ribaltando la visione che vuole la prima sempre bisognosa di sostegno per mostrare invece come possa diventare un’opportunità per le attività economiche. Dal 18 settembre al 16 dicembre sono in programma sette appuntamenti, due nell’ambito progetto Storie in Comune e cinque nella rassegna “Masticare Cultura”, realizzata all’interno della stessa cornice generale, ma in collaborazione anche con il Comune di Treviolo e la biblioteca coinvolgendo i locali del paese con l’obiettivo di creare azioni culturali con forte radicamento nel territorio. Si comincia al Ristorante Parsifal di Curnasco (18 settembre) con “Zia Severina è in piedi” della compagnia Babygang. Seguono le “Lezioni di giardinaggio planetario” di Casa degli Alfieri - Teatro e Natura, alla Trattoria Da Norberto di Albegno (8 ottobre); “Meglio tarde che mai” con Le Tarde alla Locanda del Buongustaio della Roncola (6 novembre); “A corpo libero” di Silvia Gribaudi al ristorante Dalla Padella alla Brace (4 dicembre) e “Kitchen songs” della compagnia Odemà all’Osteria Oca Bianca di Curnasco (16 dicembre). Il costo della cena teatrale è di 25 euro per tutte le serate. Stessa formula ma al di fuori del circuito di Treviolo si ritrova ad Osio Sopra, al bar pizzeria Joe Koala il 26 settembre (“Fuorigioco, l’anima del quartiere” di Comteatro, costo 15 euro) e il 22 ottobre al Ristorante Simagò (“Metafisica dell’amore” con Le Brugole, 30 euro).

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5 OTTOBRE

PASSEGGIAR GUSTANDO IMBANDISCE IL CENTRO DI TREVIGLIO

Dopo otto edizioni sul Sentierone di Bergamo, si trasferisce a Treviglio “Passeggiar Gustando”, la festa del commercio e della famiglia promossa dall’Ascom e dall’Aspan. L’appuntamento è domenica 5 ottobre lungo via Matteotti, dove oltre 50 tra dettaglianti alimentati e panificatori saranno al lavoro per preparare assaggi e degustazioni di prodotti e piatti della tradizione bergamasca. La giornata punta a valorizzare le attività del commercio tradizionale, il loro ruolo di servizio all’interno dei centri urbani, la professionalità e l’esperienza dei negozianti, questa volta partendo dal capoluogo della Bassa

per coinvolgere anche i paesi vicini. Basterà passare in rassegna gli stand tra le 10 e le 18 per comporre il proprio menù, tra i salumi, formaggi, primi e secondi piatti caldi dei gastronomi e salumieri, la carne alla griglia dei macellai, la frutta e la verdura dei fruttivendoli, il pane ed i prodotti da forno dei panificatori, la Turta de Treì, l’acqua e i vini del territorio (in collaborazione con il Consorzio Tutela Valcalepio e con la gestione della Pia Unione San Lucio). Per accedere alle degustazioni occorre acquistare appositi gettoni (il contributo minimo è di 5 euro per tre degustazioni con acqua e pane offerti) con cui “pagare” le diverse portate. Il ricavato andrà, come ogni anno, in beneficenza. Destinatario di questa edizione è il Comitato “Due Ambulanze per la Croce rossa”, promotore di una raccolta fondi per rimpiazzare due mezzi arrivati a fine carriera del Comitato di Treviglio e Geradadda. La festa sarà completata da animazione e giochi per tutta la famiglia.

27 E 28 SETTEMBRE / VILLA D'OGNA

WEEK END CON I SAPORI E LE TRADIZIONI LIGURI Un giro gastronomico tra le regioni d’Italia organizzato sotto casa. È il progetto dell’Associazione Csi C'Entro Parrocchiale Ogna di Villa d’Ogna che ogni anno, nell’ultimo fine settimana di settembre, organizza un tuffo nei sapori e nell’artigianato tipico di un diverso territorio. Dopo Friuli, Marche e Valle d’Aosta, sarà la Liguria la protagonista della “Festa della Natura”, in programma sabato 27 e domenica 28. Il clou è nel pranzo della domenica nella piazza di Ogna, con un menù dall’antipasto al dolce tutto a base di specialità liguri. Si spazierà dalle acciughe delle Cinque Terre al tortino di piovra alla genovese con olive taggiasche, da salumi come la Prosciutta castelnovese e il salame di Sant’Olcese alla focaccia. Per proseguire con trofie al pesto, pansotti con salsa di noci, cima ripiena e sformato ai porcini e concludere con una mousse di amaretti di Sassello con pasticceria ligure. A questa proposta, che comprende anche l’acqua proveniente dalle fonti Bauda di Calizzano, si può abbinare una selezione di vini del territorio. La manifestazione porta anche in piazza l’artigianato ligure, stand di prodotti tipici (olio, olive, paté, dolci, salumi e formaggi). L’ulteriore chicca di quest’anno, vista la regione ospite, è la “focacciata”, in programma alle 17 della domenica. Info: centroparrocchialeogna@virgilio.it


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DAL 21 AL 28 SETTEMBRE

VAL BREMBANA

LA PATATA DI MARTINENGO SI CELEBRA IN PIAZZA E NEI RISTORANTI

AL DEBUTTO LA FESTA DEL BREMBO E DELLA TROTA

È arrivata alla 12esima edizione la Sagra della patata di Martinengo, la manifestazione con la quale il Comune della Bassa promuove la riscoperta delle pregiate qualità gastronomiche del tubero, riconosciute anche da Veronelli e protette dalla De.Co. Da domenica 21 a domenica 28 settembre sarà possibile pranzare e cenare nei cinque locali del paese che partecipano alla rassegna con menù a prezzo fisso (dai 20 ai 35 euro a seconda dell’insegna), che vedono protagonista la patata locale (a pasta bianca) interpretata in molteplici varianti, dai più classici gnocchi, rosti, purè agli sformati fino ai muffin, in versione salata (con salsiccia e fonduta di Branzi) e persino da dessert (con crema di mascarpone). Le giornate di apertura e chiusura saranno animate da eventi speciali, come la biciclettata “Natura e Gusto” (domenica 21) o, domenica 28, l’esposizione e la vendita della patate in piazza, i Laboratori del Gusto con Slow Food, la sfilata storica, le visite al borgo e la degustazione dello “Gnocco fritto di patata di Martinengo con cuore di taleggio bergamsco” a cura dello chef Chicco Coria. È prevista anche una tappa a Bergamo, martedì 23 al ristorante Ol Giopì e la Margì con la serata “La patata di Martinengo De.Co. incontra la cucina della tradizione” che vedrà la presenza anche delle istituzioni. A Martinengo i ristoranti del circuito sono Martinenghì, Agriturismo Il Campo Rosso, Caffè Centrale, 3 Lanterne e Trattoria al Tiro. www.comune.martinengo.bg.it

Una nuova rassegna gastronomica entra nel paniere di Altobrembo, l’associazione che riunisce 11 comuni dell’Alta Valle Brembana e un’ottantina di aziende ed associazioni, già attiva con Fungolandia e Erbe del Casaro. È la “Festa del Brembo e Sagra della Trota”, in programma sabato 4 e domenica 5 ottobre. Come nelle altre manifestazioni, coinvolge i ristoratori nella creazione di menù a tema, questa volta con l’obiettivo di riaccendere i riflettori sull’attività della pesca, da sempre praticata in Valle. Sabato sera

a Piazza Brembana è in programma una grande cena a base di trota, mentre la domenica si terranno il raduno di pesca Il Trotone, dimostrazioni di cucina e assaggi. L’iniziativa punta anche a far conoscere le risorse idriche e l’ambiente fluviale con giochi e attività per i bambini, la visita alla centrale elettrica di Olmo al Brembo e il giro in elicottero fino alle sorgenti del Brembo. Mercatini di prodotti tipici e artigianato locale, mostre e concorsi fotografici e di cucina completano il menù. www.altobrembo.it

E ALLA SAGRA DELLE MELE SI ASSAGGIA IL NUOVO RACCOLTO Mangiare una Mela della Valle Brembana fa stare bene per una settimana!”. L’Associazione Frutticoltori e Agricoltori della Valle Brembana (Afavb) ha modificato così il noto detto sulla salubrità della mela ed è con questo che invita a raggiungere Piazza Brembana il 18 e 19 ottobre per la quinta “Sagra della mela e dei prodotti brembani”. A tenere banco sarà la vendita delle mele degli oltre 250 associati, che con il loro lavoro hanno consentito il recupero di aree montane altrimenti destinate al degrado. Un’attività che, grazie all’impegno negli anni, ha raggiunto livelli di qualità notevoli. Le mele raccolte in Val Brembana vantano infatti una quantità zuccherina fra i 15 e i 16 gradi Brix, un valore importante per frutti di montagna (superiore a quello di altre rinomate zone di produzione) che conferma presenze significative di minerali, vitamine ed altri microelementi. Alla sagra sarà possibile assaggiare le diverse varietà coltivate - Golden delicius, Gala, Red delicius, Renetta, Topaz – e scegliere quella che piace di più. La manifestazione fa spazio anche agli altri prodotti tipici (con stand di miele, confetture, formaggi, salumi, birre, biscotti) e propone menù a tema e concorsi gastronomici. ww.sagramela.it

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TENDENZE di Laura Bernardi Locatelli

Grazie a packaging innovativi, ricette gourmet, cotture leggere, prodotti a prova di intolleranza e pratiche monoporzioni, le specialità sottozero sono entrate a far parte dei consumi abituali delle famiglie. Dopo 25 anni di crescita, lo scorso anno la prima battuta d'arresto a causa della crisi

Surgelati, passione quotidiana

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a gelata dei consumi arresta la crescita dei surgelati dopo venticinque anni di boom ininterrotto, ma la passione per la provvista bella e pronta in freezer non è andata sottozero. Grazie a packaging innovativi, ricette gourmet, cotture leggere, prodotti a prova di intolleranza e monoporzioni da scaldare in men che non si dica in microonde, i surgelati stupiscono anche gli integralisti della cucina tradizionale. Se il carrello della spesa dei bergamaschi si alleggerisce dietro la spinta della recessione, le speciali-

e giù per l’Italia e attorno al mondo. La scelta “frozen” intercetta anche i consumatori attenti alla qualità del cibo, dall’assenza di conservanti, al confezionamento con prodotti a chilometro zero. Uno sguardo sui consumi - Il mercato del surgelato, nonostante tutto, ha sostanzialmente retto, anche se la crisi ha portato ad un calo dell’1,5% a volume e del 3,5% a valore nel 2013. “Questo calo sopraggiunge dopo oltre 25 anni di crescita ininterrotta del

cucinare, sia finiti che semilavorati, e rispondono a due basilari requisiti moderni: qualità e sicurezza”. A dimostrazione dell’importanza della surgelazione la presenza in ogni frigorifero del freezer e la diffusione del forno a microonde che se dal 4% della popolazione ha raggiunto negli ultimi anni punte di penetrazione del 35%. (Dati Ismea - Istat). Diversamente da tutti gli altri metodi di conservazione, la surgelazione non necessita di aggiunte di conservanti o altro: il prodotto è intatto così come viene “raccol-

tà congelate - in vendita anche sfuse - entrano ormai nella quotidianità di famiglie, coppie e single, a partire dalla pausa pranzo in ufficio. Le specialità regionali e della tradizione non tramontano, così come le ricette internazionali grazie alla proposta sempre più “glocal” delle aziende più attente: basta aprire lo sportello del freezer per lasciarsi trasportare col gusto su

settore - commenta Vittorio Gagliardi, presidente dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati - e dimostra che al di là delle avverse contingenze del mercato, i surgelati non rappresentano più una scelta emergenziale, ma si caratterizzano a tutti gli effetti quali interpreti quotidiani della giornata alimentare: offrono il grande vantaggio del servizio, essendo pronti da

to”, una caratteristica fondamentale per i consumatori più attenti. I surgelati offrono inoltre un “mondo” di prodotti, destagionalizzati e delocalizzati che consentono di gustare in casa un piatto internazionale. Da non sottovalutare, infine, l’ "effetto dispensa" che rende il freezer anche nell’appartamento più piccolo, l’equivalente moderno della cantina della nonna.


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I dati dell'Istituto Italiano Alimenti Surgelati

L’andamento nel 2013 Cresce il "door to door" VEGETALI Anche nel corso del 2013 il segmento dei vegetali è il primo in valore assoluto: rappresenta circa il 43% delle vendite a volume nel retail, pari a 224.600 tonnellate consumate da 22 milioni di famiglie. Frutta e verdure surgelate sono un vero e proprio scudo anti - crisi, apprezzate per i loro valori di servizio, qualità e naturalità, ma anche per la stabilità dei prezzi. A fronte di una sostanziale tenuta dei vegetali semplici e di una incoraggiante affermazione di quelli preparati (+ 4,4%) si è registrato anche quest’anno un deciso calo delle zuppe. PATATE Il segmento delle patate rappresenta un mercato importante (circa il 15% a volume sul totale surgelati, con una penetrazione della categoria nelle famiglie italiane di circa il 50%i) in grado di evidenziare un potenziale altamente innovativo, come la tendenza verso referenze “light”, che uniscono gusto e croccantezza alla praticità e leggerezza della cottura in forno. PRODOTTI ITTICI Anche se i parametri qualitativi dell’ittico surgelato sono apprezzati sempre più, l’intero segmento ha subito una significativa frenata, dovuta in primis alla crisi economica. Il risultato meno penalizzante è stato realizzato dal comparto del pesce panato e pastellato (- 1,1%), in particolare per le ricette da preparare sia fritte che in forno, con un trionfo dei classici bastoncini. PIZZE E SNACKS L’offerta di svariate tipologie di gusti, oltre alla classica margherita, che resta ancora la preferita, ha fatto registrare un lieve incremento (+8% nel periodo tra il 2009 e il 2013). Il peso del comparto sul totale raggiunge quasi il 14%, con una penetrazione assoluta intorno al 63%. Merito anche dell’artigianalità della lavorazione della pasta e dell’introduzione della cottura a legna per alcune referenze. PIATTI RICETTATI I piatti pronti hanno continuato a subire un ridimensionamento, data la maggiore attenzione al prezzo del consumatore. Il settore continua ad avere un elevato valore aggiunto e ampi margini di crescita in un Paese che conta 7 milioni di single (dato Censis). Dopo alcuni anni di flessione il consumatore sta tornando con maggiore frequenza verso referenze classiche della tradizione culinaria italiana. “DOOR TO DOOR” Il porta a porta ha raggiunto negli ultimi 15-20 anni un buon successo. Rapporto diretto con il cliente, spesa ‘on line’ e ricette della tradizione gastronomica nazionale presentate con il giusto equilibrio nutrizionale e calorico sono tutti plus in grado di garantire al comparto ampi margini di crescita. L’identikit del cliente porta a porta è di età superiore ai 45 anni, con un profilo socio - economico alto e si concentra soprattutto nel Nord - Centro Italia; i prodotti preferiti sono le verdure, il pesce, le pizze.

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TENDENZE

Picard

Tra le 750 referenze anche le monoporzioni per la pausa in ufficio Ha inaugurato da qualche mese, ad aprile, in Porta Nuova il negozio Picard, storico marchio francese, nato ai primi del Novecento in Francia come società produttrice e distributrice di ghiaccio per diventare poi leader del mercato sottozero. La comodità dei negozi di prossimità abbinata alla qualità dei surgelati, con 750 referenze dalla colazione ai dessert, sancisce il successo della formula distributiva che Picard ha inaugurato negli anni Settanta con l’apertura del primo negozio nel cuore di Parigi. Il punto vendita cittadino, aperto sette giorni su sette con orario continuato, è una meta per gli acquisti di famiglie e single, giovani

e non, oltre che di chi lavora in centro e sceglie piatti da infilare nel microonde in pausa pranzo. “E’ difficile tracciare un identikit del cliente-tipo, perché la proposta abbraccia ogni esigenza, dalle monoporzioni a quelle per famiglie” spiegano in negozio. Quanto ai prodotti, la tradizione ha la meglio: “A riscuotere un grande successo le specialità regionali italiane, dai pizzoccheri valtellinesi alla focaccia di Recco, oltre ai prodotti simbolo della gastronomia francese come la Quiche lorraine. In costante crescita i contorni pronti, in particolar modo quello mediterraneo con verdure miste, da spadellare in pochi minuti”. La “formula express” con oltre venti ricette in confezioni monoporzione da scaldare in quattro minuti in microonde conquista sempre più per la pausa pranzo in ufficio: “Si spazia dalle trofie al pesto al risotto allo zafferano, dall’amatriciana al riso alla parmigiana. Nei secondi ci si può sbizzarrire dalle fajitas di pollo al pavè di pollack d’Alaska gratinato alla bordolese, ai trancetti di salmone con purè di verdure”. Tra le novità a stelle e strisce, pronti da gustare in 3 minuti, il bagel americano con formaggio e rucola,

Sapore di mare

I punti vendita

Vendita a peso e forte attenzione alle ricette della tradizione

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I negozi a marchio “Sapore di mare” che fanno capo all’omonima catena di franchising con casa madre a Macerata propongono un vasto assortimento di prodotti ittici selezionati con cura da acquistare a peso, anche in quantitativi minimi. Una formula innovativa che ha subito conquistato Paolo Cressi - tra i titolari dei punti vendita “Sapore di mare” di Albano Sant’Alessandro e Dalmine, inaugurati rispettivamente nel 2008 e nel 2010 - che ha abbandonato il lavoro in ufficio commerciale estero per diventare imprenditore e inseguire la passione per l’alimentare e la cucina ereditati dalla famiglia di ristoratori. I surgelati sfusi e la proposta di ricet-

te gourmet conquistano consensi, ma fanno i conti con la crisi: “C’è una maggiore fiducia nei surgelati, ma purtroppo la crisi porta inevitabili tagli alle spese, anche alimentari- sostiene -. La sensazione è che il mercato dei surgelati sia in crescita e sia ormai pronto a conquistare un maggior numero di persone, anche se il carrello della spesa si alleggerisce. Lo scontrino medio è infatti passato dai 30-35 euro degli scorsi anni ai 20 euro”. I prodotti più venduti sono quelli pronti: dalla paella alla valenciana al misto scoglio, dall’insalata di mare al polpo all’isolana con olive e patate. Ma la tradizione continua ad avere la meglio e cresce il successo delle speciali-

Paolo Cressi


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tà regionali, soprattutto tra i primi piatti, oltre ai classici gnocchi al salmone, mare e monti e con crostacei e verdure: “Si spazia dalla Puglia con le orecchiette alle cime di rapa alla Sardegna con la classica fregola con arselle, passando per la Romagna con i garganelli con zucchine e gamberi alla Liguria con le trofie al pesto di mare - continua Paolo Cressi -. Da non perdere anche i cicatelli alla molisana e la classica calamarata napoletana; per chi ama la semplicità ci sono poi le lenticchie in umido con pesce da abbinare a pane croccante”. Non tramontano le conchiglie: dalle cicale di mare ai canestrelli, dalle lumachine alle vongole e alle cozze, fino ad ostriche e cappesante: “Nonostante la differenza di prezzo, penso alle vongole del pacifico a 3.78 euro contro quelle del Mediterraneo che vendiamo a 12 euro, il prodotto del mare nostrum ha la meglio. La tracciabilità è sempre più importante per il consumatore, attento oltre che alla qualità alla provenienza. Tra i secondi, la scelta tra filetti varia di

gole (dal cheesecake alla fondant al cioccolato) al mini strudel, dalle creme brulée a crumble e brownie, dalla selezione di macarons alle tentazioni al cioccolato”. Quanto mai varia la proposta di sorbetti e gelati, con prodotti selezionati, dai fichi secchi di Calabria alla vaniglia del Madagascar. E’ ancora più facile ricevere ospiti a casa grazie a un accurato studio di packaging e contenitori pronti per esser portati in tavola: “I bicchierini da aperitivo stupiscono gli ospiti, con tre composizioni gourmand , come il crumble di pan speziato, ananas e foie gras . Le nuove confezione boiling bag garantiscono una cottura ottimale sottovuoto che esalta il gusto ed elimina gli odori di pesci pregiati come tonno alalunga e pinne gialle. La cottura “bubble vapor” cuoce in modo uniforme al microonde in una bolla di vapore piatti di pesce senza eliminare la pellicola della confezione”.

continuo, dal pesce spada al palombo al tonno, che provengono per il 90 % dal Nord, a differenza dei gamberi con Argentina, Thailandia ed Ecuador a farla da padrone, anche se non mancano, ad un prezzo decisamente più elevato, quelli del Mediterraneo”. Quanto all’identikit di chi acquista specialità sottozero a peso, la clientela di riferimento va dal single alla famiglia: “La famiglia fa la scorta, ma single e coppie acquistano volentieri pesce sfuso, riempiendo il sacchetto con lo stretto

I punti vendita

i muffins salati, i cheeseburger, i nuggets, ma non mancano pizzette e torte brisée per chi vuol “restare” in Europa. Due banchi dedicati alle specialità etniche assicurano un viaggio d’evasione gastronomica attorno al mondo senza muoversi da casa, con oltre 40 ricette internazionali: “I piatti etnici incuriosiscono sempre più, in particolare la clientela più giovane. La scelta spazia dallle specialità greche come la spanakopitas alla zuppa thailandese con pollo e latte di cocco tom-kha-ga, dal chili con carne messicano alla samosa di verdure indiana. Sono sempre apprezzati gli involtini primavera cinese, come l’insalata edamame giapponese”. I secondi di carne e pesce soddisfano i palati più esigenti, dal branzino all’arancia alla coscia d’anatra con padellata di verdure, dalla pescatrice con asparagi e patate alla faraona in salsa di Sauternes con purè di sedano. “Riscuotono sempre successo i piatti tradizionali, dal merluzzo alla livornese al filetto di orata alla triestina, alle zuppe di pesce, unitamente alle ricette più elaborate di selvaggina e cacciagione”. Non mancano scelte a prova di intolleranza alimentare e diete vegetariane, dai gelati senza lattosio agli hamburger vegetali. La scelta della monoporzioni nei dolci rimuove i sensi di colpa e salva la prova della bilancia. Ce n’è per ogni voglia: “dalle fette di torta sin-

necessario. I prodotti già pronti offrono la possibilità anche a chi non ha alcuna intenzione di mettersi ai fornelli di servire il pesce. Proponiamo sempre ricette e consigli per portare ancora più gusto a tavola”. Non tramontano le specialità panate da sempre scelte dalle mamme per far apprezzare il pesce ai più piccoli: “I risultati sono ottimi anche al forno senza ricorrere alla frittura. Crescono anche i consumi di polpettine di pesce, un modo divertente per proporle ai bambini”.

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GUSTI

Tra vaccini e caprini, fino al Bufadelfia, anche a Bergamo i produttori stanno assecondando i gusti dei consumatori. Ecco una carrellata delle "chicche" in commercio

Il ritorno dei formaggi spalmabili

di Leo Bartoli

C'

era una volta il mondo di Dover, il formaggio nel bicchiere e prima ancora l’epopea dei formaggini, dalla Kraft alla Locatelli, che negli anni Sessanta regalavano gadget sontuosi, dalle mucche Caroline gonfiabili ai modellini di auto da costruire, fino all’approdo del Philadelphia e dei suoi “nipotini”, quei caprini cilindrici in vaschetta che hanno invaso gli scaffali della grande distribuzione, senza parlare della grande diffusione che ha avuto il mascarpone. Vittime da sempre degli sferzanti giudizi dei puristi del cacio, i formaggi spalmabili hanno conosciuto una lunga pausa di riflessione, fino all’odierno ritorno di

fiamma. Nei consumatori torna la voglia dei formaggi da utilizzare velocemente al cucchiaio, con tante variabili, spesso venduti anche in monodose per assecondare le esigenze dei single, comodi da consumare anche solo su una fetta di pane o un cracker, soprattutto pratici, per una sosta golosa magari davanti alla tv, senza dover preparar tavola, spesso divorati in maniera famelica, un po’ come fanno gli americani con il burro di arachidi, oppure legati a una ricca merenda per i bambini. Un “ritorno al futuro” che ha contagiato anche diverse aziende bergamasche, come Casa Arrigoni: l’azienda di Peghera, celebre

Marco e Tina Arrigoni di casa Arrigoni

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per i suoi Strachitunt e Taleggio Dop, ha presentato da qualche mese il suo Gorgonzola Dop al cucchiaio, che, secondo il patron Alvaro Ravasio, “è in grado di unire tradizione e innovazione. Ci siamo accorti che il pubblico dei consumatori è tornato alla ricerca di un prodotto del genere e abbiamo cercato di farlo molto omogeneo e morbido, grazie a una particolare tecnica produttiva, che rende lo zola particolarmente piacevole e dolce”. Da qui il nome di “Dolce Crema”: i risultati sono davvero lusinghieri, fin da subito è piaciuto, anche perché non avendo crosta, è molto comodo da utilizzare in ogni momento della giornata, per condire un primo piatto, ma anche per stuzzichini e bruschette da aperitivo, senza contare le merende dei bambini. E a proposito dei break di metà giornata, tra l’altro consigliati dai nutrizionisti che intendono così contrastare le troppe calorie concentrate nei pasti principali, concorda Valentina Canò titolare della Via Lattea di Brignano, che da sempre produce caprini freschi spalmabili: “È un modo nuovo, ma in fondo antico, di riproporre il formaggio per una sosta golosa, ma sicuramente più sana di alcune merendine industriali che troviamo in commercio. Ci fa piacere che attorno a questa moda rivisitata torni a crescere l’interesse verso il formaggio, soprattutto da parte delle nuove generazioni”. Su più larga scala, a Treviglio, vengono prodotti dalla Mauri gli spal-


settembre 2014 mabili “Caprì”, anch’essi adatti per preparare snack e antipasti, a base di latte vaccino pastorizzato, parzialmente scremato. Chi ha deciso proprio da quest’autunno di incrementare la produzione di questo filone è la Arrigoni di Pagazzano, che peraltro vanta una lunga tradizione in fatto di spalmabili. “Capriccio, il nostro caprino vaccino spiega il presidente Marco Arrigoni - è da sempre nel nostro assortimento, ma lo abbiamo finora considerato un completamento di gamma. Da qualche mese invece abbiamo deciso di puntare molto su questo formaggio, anche in considerazione del crescente interesse dei consumatori: il suo utilizzo ideale è legato alla preparazione di snack e antipasti, anche abbinato a

sco Maroni - particolarmente cremoso che si presta ad accompagnare piatti salati, ma anche dolci. Proprio questa sua propensione ad accompagnare il dolce piace a clienti e ristoratori, che spesso guarniscono il nostro formaggio con mirtilli o lo gustano semplicemente con una spruzzata di cacao o di cannella”. Ma non ci sono solo vaccini e caprini: il mondo degli spalmabili ha contagiato anche i prodotti a latte di bufala come il Bufadelfia, che richiama nel nome il celebre prodotto della Kraft per sottolinearne la cremosità: lo producono i fratelli Aldo e Luigi Casarotti dell’omonima azienda di Casirate con sempre crescente successo negli ultimi anni. Creato con poco grasso, fatto senza caglio usan-

verdure, grazie alla sua estrema versatilità in cucina e la sua caratteristica cremosità”. Altro discorso invece per la crema di gorgonzola “che per noi -aggiunge Arrigoni - rappresenta una novità assoluta. Il progetto è stato sviluppato inizialmente partendo da una specifica richiesta di un nostro importante cliente estero e da qualche settimana è partita la prima spedizione per l’Australia dove ora è in vendita. Credo potrà darci soddisfazioni soprattutto sul mercato estero: è gustoso da spalmare sul pane, per preparare snack e aperitivi ma è utilizzabile al meglio anche come condimento per primi piatti”. Anche in quel di Branzi sono sensibili al tema: da tempo la Ftb ha creato “Botticello”. “È un vaccino spalmabile a fermentazione naturale - spiega il titolare France-

do solo fermenti, l’azienda ne produce una decina di chili la settimana: viene venduto in vaschette da 120 o 180 grammi al naturale o con l’aggiunta di erba cipollina o aglio e peperoncino e in passato ha già vinto due volte un concorso nazionale nato ad hoc per i prodotti di Bufala il “CacioBù”, organizzato dall’Onaf nell’ambito della fiera Agrosud a Napoli. “È un formaggio che piace - spiega Luigi Casarotti - e che nel tempo abbiamo incrementato, proprio perché è diventato un qualcosa che qui nella Bassa consumano tutti e a tutte le ore: dai ragazzi per la merenda, alle mamme per un buon condimento. I premi che abbiamo vinto confermano che gli spalmabili, un po’ snobbati in passato, stanno tornando prepotentemente all’attenzione dei consumatori”.

Dal 22 al 28 settembre

Milano diventa "capitale" della birra Le grandi birre, italiane e internazionali, per una settimana saranno protagoniste a Milano nei migliori locali dove berle. Parliamo della Milano Beer Week, in programma dal 22 al 28 settembre prossimi, un festival “diffuso” che non avrà un’unica sede - come i festival tradizionali - ma sarà sparso in 18 locali" spiega Maurizio Maestrelli, ideatore e promotore l’iniziativa. "L’idea è nata sulla scia delle varie Beer Week che si tengono da anni in alcune città degli Stati Uniti come Filadelfia, New York e San Francisco. La Milano Beer Week è un modo per valorizzare e far conoscere i luoghi dove si può assaggiare il meglio della produzione italiana e internazionale. La settimana sarà una full immersion nel luppolo, nei malti e nelle spezie, grazie alla quale si potrà approfondire la conoscenza di questo mondo attraverso eventi mirati e la presenza di professionisti esperti e birrai che saranno presenti a Milano. E gli altri grandi protagonisti saranno proprio i gestori dei locali selezionati, ben 18 che promuoveranno grandi birre italiane e straniere offrendo così una vetrina alle centinaia di piccoli e medi produttori che creano birre straordinarie. Birre che sono prodotte con materie prime di qualità, con grande perizia tecnica e, soprattutto, con una bella dose di creatività. Ecco i 18 locali: lo storico birrificio milanese Lambrate, sia nella location di via Adelchi sia in quella di via Golgi, e ancora il Lambiczoon, Baladin Milano, Pazzeria, la Belle Alliance, la Brasserie Bruxelles, il Mulligan’s Pub, la Ratera, lo Scott Duff, lo Scott Joplin, il BQ de Nòtt e il BQ Losanna, l’HOP, l’Isola della Birra e i nuovissimi Sloan Square e Impronta Birraia. Dunque pub e ristoranti con cucina alla birra ma anche un hotel, l’Hilton Milano, che ha recentemente inaugurato delle serate con menù abbinati a birre artigianali italiane. Durante la settimana nei locali saranno organizzate serate di degustazione guidate da esperti italiani, incontri con birrai artigiani, menù con abbinamento birrario e tante altre occasioni per scoprire il variegato e affascinante mon-

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FACECOOK

alla scoperta dei social chef

di Laura Ceresoli

Anche Schwarzenegger, Beyoncé e Alicia Keys tra i clienti di Paolo Zambelli, che da Almenno San Salvatore ha presto imboccato via dell’estero. Dopo Parigi e le Bermuda, la sua nuova sfida è in Algeria

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Il cuoco giramondo che piace ai vip ei caldi pomeriggi d’estate, lontano dagli impegni scolastici, Paolo Zambelli amava trascorrere il suo tempo libero davanti ai fornelli. È stata sua nonna a tramandargli la passione per la cucina. Erano gli anni Ottanta e questa signora di mezza età era solita coinvolgere il nipote, così attento e curioso nei con-

fronti dei segreti della gastronomia nostrana, nella preparazione di deliziosi manicaretti. «Cuoceva le conserve con i prodotti dell’orto per la stagione invernale e io rimanevo impressionato da tutti quegli aromi – ricorda Paolo con un pizzico di nostalgia –. Di qui, la scelta di frequentare l’Istituto alberghiero e di

buttarmi nel mondo della ristorazione». È un esordio semplice e genuino, il suo, che si è poi trasformato in un lavoro di alto livello in alcune delle più rinomate cucine internazionali. Originario di Almenno San Salvatore, oggi Zambelli è infatti lo chef del ristorante “Favola” ad Oran, seconda città

L'INTERVISTA

«L'Algeria? Avevo voglia di conoscere la cultura Quali sono le tappe che, da Bergamo, l’hanno condotta fino in Algeria? «Ho sempre desiderato girare il mondo, fin da ragazzo. Dopo aver conseguito il diploma alberghiero, grazie a qualche conoscenza, sono partito per l’Inghilterra per imparare la lingua e mi sono reso conto che potevo viaggiare con il mio lavoro. Poi ho avuto un’opportunità a Parigi e, per chiunque faccia il mio mestiere, la Francia è sinonimo di gastronomia e alta cucina. Ho trascorso cinque anni nella capitale francese lavorando in ristoranti e alberghi di lusso al fianco di grandi chef come Michel Troisgros. Dopo una breve permanenza in Italia, a Milano e Portofino, ho deciso di partire per i Caraibi. Alle Bermuda ero il sous chef di uno dei più celebri ristoranti dell’arcipelago e, grazie a uno staff multietnico, sono entrato in contatto con ingredienti a me sconosciuti e ho allargato le mie visioni culinarie. E ora sono lo chef del Méridien di Oran». Tra l’altro lei ha cucinato per parecchi vip… «Quando lavoravo a Parigi avevamo come cliente abituale lo stilista Cerruti e vari giocatori di calcio. Al Méridien

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è venuto Arnold Schwarzenegger. Poi cucino abitualmente per parecchi personaggi celebri del mondo arabo perché qui organizziamo il Festival del cinema arabo. Ho preparato anche un catering privato per Beyoncé e Alicia Keys». Quali segreti utilizza per prendere i musulmani per la gola? «La mia cucina rispecchia molto i miei gusti personali, nel senso che utilizzo ingredienti e spezie che mi piacciono. Sono molto aperto e se da un lato amo la tradizione, dall’altro mi piace sperimentare. Oltre ai sapori, penso che anche l’aspetto visivo abbia la sua importanza. La scelta di affrontare una nuova sfida in Algeria si è rivelata vincente, avevo voglia di conoscere la cultura musulmana vera». Riesce a far apprezzare la cucina bergamasca agli stranieri? «Adoro la cucina bergamasca e quando torno a casa mi strafogo di piatti orobici. Purtroppo, però, non è sempre apprezzata all’estero. Forse dipende anche dai posti dove si va a lavorare. In località calde difficilmente la gente


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dell’Algeria, affacciata sulla costa; un locale elegante e raffinato che fa parte della catena di alberghi francese Le Méridien. Paolo ha 35 anni ma nella sua intensa carriera all’estero ha già avuto modo di sfornare prelibatezze per svariati vip, come Arnold Schwarzenegger, Beyoncé, Alicia Keys e lo stilista Cerruti. Alla Favola si possono gustare una trentina di piatti ispirati alla vera cucina italiana: dai fagottini con prosciutto e funghi gratinati con mozzarella affumicata alle melanzane alla parmigiana; dalle tagliatelle alla ligure con pesto di prezzemolo cremoso, gamberi e patate alle lasagne alla bolognese; dal risotto ai peperoni arrosto con calamari e salsicce grigliate alle linguine ai frutti di mare, zucchine fritte e pomodorino fresco.

Una perla nel cuore dell’Algeria dove il tocco orobico dello chef rende speciale ogni pietanza. E se un cliente gli chiede di assaggiare qualcosa di particolare, Zambelli non ha dubbi: prende acqua e farina e inizia subito a rimestare una fumante polenta. Per i più golosi, il pasto si conclude con una ricca carrellata di dolci: cannoncini di pasta sfoglia farciti con crema al cioccolato fondente, semifreddo alle mandorle e pistacchi con pesche caramellate, tortino al caffè e babà al limone sono soltanto alcuni dei peccati di gola che si possono ordinare alla Favola. Sebbene il sito di recensioni online Tripadvisor non sia ancora molto gettonato dai clienti del locale (il ristorante ha ottenuto solo 19 commenti, piazzandosi al 17esimo posto in clas-

sifica su 34 ristoranti recensiti a Oran) spiccano parecchie opinioni positive: «Troppo buono per essere vero, ma esiste un ristorante italiano con magnifica cucina, incredibile! Buon pesce e buona carne. W la “magnata” italiana!», scrive Alex79riv. Antonio di Roma, un italiano verace, commenta: «Una bella sorpresa questo ristorante: camerieri gentili ma anche una cucina deliziosa. C’è la pizza (molto buona)». Ma anche i clienti del posto sembrano soddisfatti: «Che ci andiate in famiglia, da soli o in coppia, questo ristorante è eccellente – scrive Aouicha B di Oran –. Ho trovato molto buoni i piatti italiani, tutta la squadra e lo chef sono cordiali e ogni volta ci fanno venire la voglia di tornare». L’intero menù e tutte le curiosità sul ristorante si possono consultare sul sito www.lemeridienoran.com nonché sulla pagina Facebook del Méridien di Oran.

musulmana» mangia polenta o brasato. I casoncelli forse si vendono di più. Comunque, quando un cliente mi chiede qualcosa di particolare, propongo la polenta, soprattutto in inverno». A quali chef si ispira? «Ho vissuto per quasi cinque anni alle Bermuda e ho subito la forte influenza dei programmi americani. Ho conosciuto chef statunitensi di grande livello. Ho visto cuochi provenienti da ogni parte del mondo rivisitare piatti tradizionali in chiave moderna, magari utilizzando ingredienti presenti sul mercato americano a noi sconosciuti. Tra gli chef internazionali che più stimo ci sono Marimoto, Mario Batali, Thomas Keller, mentre tra i cuochi nostrani apprezzo Marchesi e Mei». È vero che gli stranieri hanno una visione stereotipata della cucina italiana? «Ci sono molti algerini qui a Oran che non sono mai stati in Italia e pensano che la nostra tradizione gastronomica sia solo pasta e pizza. La mia missione è fargli scoprire che abbiamo una cucina molto ricca e di ottimo livello. Forse dovremmo sponsorizzare meglio i nostri prodotti in

questi Paesi in via di sviluppo con mercati che crescono». Cosa ne pensa delle recensioni di Tripadvisor? «Tripadvisor potrebbe essere un buon mezzo per la clientela per conoscere meglio un ristorante. Purtroppo ci sono persone che lo trasformano in uno strumento per disinformare. A me è capitato, per esempio, di ricevere commenti non veritieri: si citavano paste che nemmeno servivamo a tavola. A volte penso che ci sia gente pagata per diffamare o fare concorrenza. Se il cliente venisse invitato a postare la sua recensione in tempo reale, subito dopo aver pranzato nel locale, certi disguidi non accadrebbero». Che giudizio ha, invece, dei programmi di cucina in tv, oggi così di moda? «A me sinceramente non piacciono. Forse da cuoco e uomo del mestiere preferirei vedere più cucina e più ingredienti, invece in certe trasmissioni emergono più i sentimenti personali che il lato culinario. Mi fanno ridere anche gli chef che partecipano a questi programmi tutti uguali o ai vari reality che spopolano nelle nostre televisioni: anziché fare cultura, secondo me, disinformano».

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IL PREZZO FISSO C’è tanto mare nella proposta del locale di Calusco, sulla Rivierasca, guidato dal 2013 da un team partenopeo Doc. «Per noi quando entra un cliente è come se entrasse il sole»

la titolare Anastasia Mottola e il suo staff

di Fulvio Facci

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Una “Conchiglia” piena di sapori napoletani

isto dove è collocato, a Calusco d’Adda al numero 451 della via Rivierasca (l’importante e trafficata arteria che collega Capriate, e quindi il casello autostradale, a Calusco), per i precedenti proprietari dello storico locale sarà stato pressoché automatico chiamarlo ristorante Rivierasca. Ma la storia si ripete, perché anche la nuova proprietà ha scelto un nome altrettanto dichiarativo, sottolineando le proprie origini e la propria esperienza. Ora il ristorante pizzeria si chiama La Conchiglia a far capire che dentro c’è tanto mare, ma soprattutto tanta napoletanità. I ruoli chiave sono infatti ricoperti da persone di origini napoletane con lunga attività nel settore. «Sono stata a Bergamo per circa vent’anni e i miei figli sono nati qui. Poi ho avuto ancora una parentesi al sud e nel febbraio del 2013 abbiamo aperto La Conchiglia dopo aver ristrutturato il locale». Così racconta Anastasia Mottola, la titolare, che si occupa della direzione, affiancata da esperti collaboratori per quanto riguarda la cucina, la sala e la pizzeria. «Più che su una cucina mediterranea noi puntiamo su una cucina napoletana – tiene a precisare la patronne -. Io vorrei che il locale arrivasse al top per qualità e cortesia, mantenendo dei prezzi decisamente accessibili per tutti». La garanzia in cucina è rappresentata da Attilio Gravina (59 anni) e soprattutto dalla sua lunga carriera nei migliori ristoranti di via Caracciolo a Napoli. «Abbiamo tutti i classici della cucina napoletana ma vediamo di metterci anche del nostro – racconta -. Tra i primi piatti proponiamo ad esempio degli spaghetti con polpa di riccio e ostriche che incontrano un grande gradimento (eccezionali ci hanno segnalato amici fidati che li hanno assaggiati, ndr.). Gettonatissima anche la parmigiana con le alici e poi i classici come gli spaghetti alle vongole veraci o le linguine con la granseola. Tra i secondi abbiamo una grigliata di pesce

LA PROVA

Una pausa a tutto pesce Pur incerto, come è stato per buona parte di questa estate, il clima della giornata ci consente di pranzare all’aperto sotto delle tende da sole. Si sta bene, è moderatamente ventilato, e il menù per il pranzo di mezzogiorno è stimolante: con più di un sapore insolito e originale per questo tipo di appuntamento gastronomico. Si parte dagli spaghetti alla carbonara per passare ai fusilli alla siciliana (con melanzane e mozzarella) per concludere con le linguine alle canocchie per quanto riguarda i primi piatti. Tra i secondi si può scegliere tra il baccalà alla siciliana, la frittura italiana e la cotoletta di maiale alla milanese. Da lunedì a sabato dieci euro tutto compreso, ossia primo, secondo, contorno, mezzo litro di vino, acqua e caffè. Stiamo sul pesce visto che è uno dei punti di forza del locale, quindi puntiamo sulle linguine con le canocchie ed il baccalà alla siciliana. Puntuale e preciso il servizio, ottimi i piatti per un più che soddisfacente rapporto qualità/prezzo.


settembre 2014 che prepariamo per due persone seguendo la disponibilità del mercato e poi gamberoni, calamari, gamberi. Presto avremo un grande acquario in sala dal quale il cliente potrà scegliere». Cucina di “terra” poca? «Certo non è la nostra vocazione – precisa Ciro Zuccarini, 44 anni, anche lui napoletano, che da tre mesi è il maître del locale e dirige le operazioni di sala con molta attenzione e professionalità – ma abbiamo una discreta selezione anche per quanto riguarda questo settore. Non ci mancano certo una buona pasta con la provola o una carbonara. E poi salsicce, braciole, polpette, bistecche, costate, fiorentine, funghi, oltre ad un’ottima pizza come ci viene riconosciuto. Cerchiamo però soprattutto di avere un buon rapporto con il cliente. Per noi quando entra è come se entrasse il sole – dice un’immagine molto “partenopea” -. Cerchiamo di avere un buon dialogo, di trasmettere fiducia ed è una cosa che ci sta riuscendo. Abbiamo dei clienti che addirittu-

In città il concorso internazionale

Food Film Fest, due i successi bergamaschi

“Banane Rosse 1” di Laura Lecchi ha vinto nella sezione fotografica

ra al sabato vengono dalla Svizzera. Per il resto la frequentazione è abbastanza varia, c’è molta gente del posto ma anche dei meridionali che vengono a trovarci apposta per riassaporare i gusti e gli aromi delle loro terre». I prezzi vogliono essere accessibili. «Programmiamo anche feste a tema – spiegano –, con menù guidati, in genere comunque per un buon pranzo a base di pesce si possono spendere 30, 35 o 40 euro con antipasto, primo e secondo e sempre l’attenzione alla qualità sia della cucina sia del servizio alle quali teniamo molto». Per quanto riguarda l’ambiente, il locale è stato ristrutturato recentemente e risulta accogliente e semplice, funzionale per un centinaio di coperti.

RISTO PIZZA LA CONCHIGLIA via Rivierasca, 451 - Calusco d'Adda tel. 035 5293199 - 320 0331259 www.ristopizzapubconchiglia.it Chiuso il lunedì sera

Ci sono anche due bergamaschi tra i vincitori dei concorsi indetti nell’ambito di Food Film Fest, primo Festival di cinema e cibo di Bergamo, promosso dall’Associazione Montagna Italia con la Camera di Commercio dall’11 al 14 settembre scorsi, tra piazza della Libertà, l’auditorium e l’ex Borsa Merci. La sezione fotografica è stata vinta da Laura Lecchi con lo scatto “Banane Rosse 1”. Unico il tema: il food. Dieci le fotografie finaliste, selezionate tra opere giunte da tutta Italia e proposte ogni sera al pubblico ad aprire le proiezioni dei film in concorso. Nella sezione cinematografica, Diego Percassi ha ricevuto la menzione speciale della Camera di Commercio per “Gente di Mais”. In venti minuti il filmato racconta la storia di Clemente, impresario edile, che ora sui campi non costruisce più case ma coltiva granoturco. Insieme a lui la figlia che a scuola ha imparato cos’è il Mais Spinato di Gandino e l’incrocio con le vite di tanti altri personaggi. Vincitore della categoria “Short” il cortometraggio “Ca’ Lumaco” di Francesco Piras, sul mestiere di norcino e la vita nelle montagne della provincia di Modena; mentre per i “Doc” il premio è andato a “Le strade del cibo”, dossier del Tg2 di Lucia Buffo, Bruno Gambacorta, Andrea Martino e Laura Pintus sullo street food all’italiana. Una seconda menzione speciale è stata assegnata all’animazione. In “Weeding cake” di Viola Baier (Germania, 8’), due figure di marzapane prendono vita in cima ad una torta nuziale. Il concorso internazionale ha raccolto produzioni da 14 paesi, tra le quali la giuria a selezionato 27 finalisti, proiettati in quattro sessioni all’auditorium. Nei quattro giorni del Festival piazza della Libertà si è trasformata nella Piazza dei Sapori con il meglio della produzione alimentare del territorio in collaborazione con Coldiretti, mentre nella vicina ex Borsa Merci andavano in scena convegni, incontri e i Laboratori del Gusto delle tre condotte bergamasche Slow Food.

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Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U AT T R O E R R E


20 e 21 settembre

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Torna il Festival Franciacorta in Cantina

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l Festival Franciacorta in Cantina torna, per il quinto anno, sabato 20 e domenica 21 prossimi. I visitatori avranno la possibilità di percorrere la Strada del Franciacorta attraverso i numerosi eventi organizzati in un ricco programma di appuntamenti di cantina in cantina. Il Consorzio e la Strada del Franciacorta promettono un fine settimana alla portata di tutti, sia enoappassionati che turisti. Sono previsti pacchetti week end, tour in bus alla scoperta della Franciacorta e dei suoi vini, passeggiate guidate a piedi e in bicicletta fra le vigne accompagnati dagli agronomi, e percorsi guidati tra i borghi

antichi caratteristici del territorio. I tour e i percorsi prevedono tappe nelle cantine per degustare le diverse tipologie di Franciacorta, scoprirne i segreti della lavorazione, conoscerne i protagonisti. Gli appassionati di vino potranno partecipare a verticali e degustazioni a tema, i foodies potranno assaggiare piatti e prodotti tipici, streetfood e creazioni di chef locali, i più piccoli e i loro genitori potranno divertirsi con iniziative ludiche e picnic nella natura. In ogni cantina, un evento: questa la formula della manifestazione, il cui programma dettagliato è consultabile sul sito www.festivalfranciacorta.it.

La lettera

Assurdo non sostenere l'Italia enogastronomica

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entile Pier Carlo Capozzi, davvero gustosa la sua "Penna all'Arrabbiata" servita in tavola su Affari di Gola in un mese di luglio afflitto ancora da dati così poco confortanti per il turismo di casa nostra. "Quell'Italia enogastronomica che merita sicuramente di più" recita il titolo del suo pezzo che Lei conclude dicendo: "Pur non essendo una lobby granitica e potente come i tassisti, gli imprenditori dell'ospitalità cercheranno di farsi valere. Meriterebbero sicuramente di più". Certo è che è assurdo, in tutto questo, che gli addetti ai lavori, ovvero gli imprenditori dell'ospitalità, come li ha definiti Lei, siano costretti a lottare per cercare di far capire a coloro che dovrebbero, di quanto ciechi e sordi siano nel non metterli nelle condizioni ideali per poter esprimere tutto il loro potenziale. Che è enorme, almeno stando a quello che dicono di noi oltreconfine... Un caro saluto Giuseppe Zilli

Porta Osio, serata con gli champagne di Serge Mathieu Dopo la chiusura estiva, il ristorante enoteca Porta Osio, in via Moroni a Bergamo, riapre i battenti e propone, il 25 settembre, dalle 20, una "frizzante" serata con lo champagne di Serge Mathieu. I Mathieu hanno costruito, nel 1760, un vigneto che oggi conta circa una dozzina di ettari. Sette le generazioni di viticoltori che si sono succedute a capo della tenuta. Nel 1958, Serge Mathieu, con suo padre France, inizia a produrre le sue prime bottiglie e, dalle 5mila dei primi anni, passa rapidamente a una produzione che tocca le 100mila unità. Elevata la quota dell'export: l’85% delle bottiglie sono infatti destinate all’esportazione in ben 32 Paesi. Proprio Serge Mathieu ha ricevuto di recente la certificazione ambientale di 3° livello per i propri prodotti "naturali" dal Ministero dell'Agricoltura francese. I suoi vini sono stati premiati con la medaglia d'oro per la Cuvée Tradition e d'argento per la Cuvée Prestige al concorso di Epernay. Nel corso della serata, saranno proposti la burrata di bufala campana con gamberi rossi e pancetta croccante abbinata alla Cuvèe Brut Tradition; il risotto carnaroli selezione “Salera” invecchiato 48 mesi all'essenza di lime e tonno all'olio extra vergine d'oliva affiancato dal Brut Prestige; il branzino selvaggio al forno in crosta di pane aromatizzato alle erbe con tagliatelle di zucchine e crema di pomodoro concentrato, il tutto annaffiato dal Brut Millesimè; panna cotta alla vaniglia di Tahiti con macedonia di mango e papaya con biscotto alle mandorle. Prezzo a persona, 70 euro. Informazioni allo 035.219297.

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TEATRO DONIZETTI


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Il biologico cresce, +5 % gli operatori certificati

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alla prima analisi dei dati al 31 dicembre 2013, forniti al Ministero dagli Organismi di Controllo (OdC) operanti in Italia nel settore dell’agricoltura biologica, risulta che gli operatori certificati sono 52.383 di cui: 41.513 produttori esclusivi; 6.154 preparatori esclusivi (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio); 4.456 che effettuano sia attività di produzione che di preparazione; 260 operatori che effettuano attività di importazione. Rispetto ai dati riferiti al 2012 si rileva un aumento complessivo del numero di operatori del 5,4%. La distribuzione degli operatori sul territorio nazionale

vede, come per gli anni passati, la Sicilia seguita dalla Calabria tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche; mentre per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta alla Toscana seguita da Emilia Romagna e Puglia. La superficie coltivata secondo il metodo biologico risulta pari a 1.317.177 ettari, con un aumento complessivo, rispetto all’anno precedente, del 12,8%. I principali orientamenti produttivi sono i pascoli, il foraggio e i cereali. Segue, in ordine di estensione, la superficie investita ad olivicoltura.

"M1lle storie e sapori", vini biodinamici a confronto Strenui sostenitori del biodinamico, Denis Montanar, dell’omonima azienda agricola friulana di Villa Vicentina, e Aurelio del Bono, della franciacortina Casa Caterina, si sono "affrontati" e confrontati col pubblico nel corso di una degustazione organizzata al ristorante "M1lle Storie e Sapori" di Bergamo. Concepita come una vera e propria tavola rotonda, i partecipanti hanno potuto confrontarsi in modo diretto e informale coi due produttori, conoscere più da vicino il metodo biodinamico, che “utilizza le forze naturali per aumentare la fertilità dei terreni” e gustare i vini. “Abbiamo voluto che fossero i due produttori a raccontare la loro storia e filosofia, presentando personalmente i vini in degustazione - ha spiegato Paolo Stefanetti, chef, sommelier e patron del ristorante -. Da parte nostra c'è stato

il massimo sforzo per abbinare al meglio i piatti ai vini serviti”. Denis Montanar, quarta generazione di agricoltori, è entrato nel settore vinicolo nel 1989 quando ha preso in affitto i vigneti del nonno. Lo scorso anno ha deciso di utilizzare il suo nome come marchio dell’azienda (che produce circa 25/30mila bottiglie all'anno) a cui ha affiancato i tre toponimi delle terre che coltiva: Borc Dodon, Borc Sandrigo e Scodovacca. Aurelio Del Bono di Casa Caterina, col fratello Emilio, gestisce sette ettari di vigna nel comune di Monticelli Brusati e ha rinunciato volontariamente alla Docg. Una scelta coraggiosa che permette loro di sperimentare vie alternative, creando vini del tutto atipici (produce circa 25mila biottiglie all'anno). Durante la serata sono stati degustati il Friulano

Da sinistra Aurelio del Bono, Paolo Stefanetti e Denis Montanar

2013, l’Uis Blancis 2009 e l’Uis Neris 2003 di Denis Montanar e il Brut Cuvèe 60 2009, il Brut Sec Demy Out Style 2001 (100% Pinot Noir) e il Brut Antique 2002 (100% Pinot Meunier) di Casa Caterina. Vini decisamente anticonvenzionali, non c’è che dire, non solo per il metodo scelto, ma perché nascono, seppure da storie diverse, dalla medesima volontà di fare prodotti fuori dagli schemi e fortemente legati al territorio ed espressione vera del terreno.

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L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Filetto di trota salmonata agli agrumi

INGREDIENTI PER 1 PERSONA

PREPARAZIONE

1 filetto di trota salmonata 1-2 fette di arancia provenienti da coltura biologica 2 fettine di limone provenienti da coltura biologica 1 cucchiaino di succo di limone 1 pizzico di rosmarino tritato 1 pizzico di timo 2 foglioline di salvia

Tagliate 2 fette di arancia e 2 di limone, senza togliere la buccia. Sciacquate il filetto di trota e adagiatelo su un foglio di alluminio; unite quindi le fette di arancia e limone. Cospargete il tutto con le erbe e chiudete la carta di alluminio. Mettete il cartoccio in forno a 200° per circa venti minuti. Una volta pronto, aprite il cartoccio, riponete il filetto su un piatto e cospargetelo con il succo di cottura e, se volete, con un cucchiaino di limone. Servite con un contorno di insalata di rucola e pomodori di varietà “pachino”.

CURIOSITÀ La proposta di questo mese è un piatto povero di calorie e di grassi, ma molto gustoso e soprattutto semplice e veloce nella preparazione. I filetti di trota salmonata si trovano facilmente nei supermercati e nelle pescherie, già puliti e privi di spine e ad un prezzo abbordabile; oltre ad essere più digeribili del salmone, sono ricchi di omega 3 e hanno un basso contenuto di colesterolo. L’arancia rossa è un agrume ricco di sostanze nutritive e rappresenta un ottimo alleato per un’alimentazione sana ed equilibrata. Così anche il limone, ricco di acido citrico, sostanza essenziale per il ricambio energetico delle cellule. Per questa ricetta consigliamo agrumi provenienti da coltura biologica perché non trattati con conservanti e agenti di rivestimento; sono più sani e sicuramente molto più gustosi e ricchi di succo. Infine l’arancia non è solo e salutare, ma anche utile per le faccende di casa: le bucce rappresentano un prodotto naturale per profumare le stanze senza l’uso sostanze chimiche. È sufficiente staccare la buccia “a spirale” in modo da ottenere un unico pezzo a fisarmonica e stenderla

su un qualsiasi ripiano fino al suo essiccamento. Una volta seccata, va messa in forno per 5 minuti e fatte tostare; tagliata quindi a pezzettini e riposta in un piccolo recipiente, invaderà con il suo aroma i locali della vostra abitazione, regalando un’atmosfera romantica (e agreste) che non guasta mai. E se come me pensate che nel forno siano rimasti gli odori di quello che avete cucinato, potete cuocere le bucce d’arancia a 180° per un quarto d’ora; e qualsiasi odore residuo sparirà.

Betti e C. srl ha il piacere di invitarla alla 4a edizione di Il Tradizionale Evento dedicato al Mondo Beverage Riservato agli Operatori del Settore In degustazione oltre 220 prodotti tra Vini, Birra e Distillati. Palazzo Colleoni a Cortenuova (Bg), Via Molino n.2 Lunedi 13 Ottobre 2014 dalle ore 11.00 alle ore 20.00

Il presente invito dà diritto all’ingresso gratuito per due persone. L’ingresso è riservato agli Operatori del Settore. È gradita la conferma ai numeri aziendali o via mail: eventi@betti.net

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Qualità e convenienza per mense e ristoranti Consegne rapide e personalizzate. Prodotti freschi, surgelati e biologici, dall’antipasto al dessert SEDE DI CURNO (BERGAMO) Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG) Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627 infobergamo@alimentarimoretti.it

FILIALE DI CILIVERGHE DI MAZZANO (BRESCIA) Via Padana Superiore 86-88 - 25080 Ciliverghe di Mazzano (BS) Tel. 030/2620217 - 030/2620820 - Fax 030/2120215 infobrescia@alimentarimoretti.it

www.alimentarimoretti.it



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