Affari di gola - marzo 2010

Page 1

marzo 2010

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Supplemento al n. 10 de “La Rassegna” del 18 marzo 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

Ciak, si mangia Con “Fuori Menù” in 40 locali bergamaschi prezzi convenzionati per proposte ispirate al cinema italiano

PANINI

TRADIZIONI

ATTREZZI

PENNA ALL’ARRABBIATA

Bello sarebbe se Bergamo avesse la “Garibaldina”

Uova, mille modi per interpretare la Pasqua

Agnelli, quando la ceramica finisce in pentola

La Polenta e Osèi “divide” anche su Facebook


Aut. C.E.E. n. 03/350 0

GELATERIA

LA MIMOSA PRODUZIONE PROPRIA ARTIGIANALE GELATO E SEMIFREDDO FORNITURA COMPLETA: GELATERIE BAR RISTORANTI CATERING •••••••••••••••••

SERIATE (BG) Via Italia, 89 tel. 035.293103 e-mail: matrix113@aliceposta.it


MARZO 2010

SOMMARIO

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota

5

PENNA ALL’ARRABBIATA Povera Polenta e Osèi, anche su Facebook “divide”

6

LA RASSEGNA “Fuori Menù”, un film nel piatto

8

LA PROPOSTA Panini,“perché non lanciare la Garibaldina?”

14

LA POSTA I menù coi “piatti della nonna” e qualche punzecchiatura di troppo

16

IL PERSONAGGIO Vino, quella cantina da sogno

20

IL RISTORANTE Il “Casanova” che seduce i palati

22

L’AZIENDA Gaudes, volano le vendite. E il “Riserva” approda al Vinitaly

24

ATTREZZI Rame e ceramica, la nuova frontiera delle Pentole Agnelli

27

TRADIZIONI Pasqua all’uovo

32

IL PREZZO FISSO La cuCina “integrata” di Anna Zhou

34

IL PRODOTTO A Bergamo scatta l’olio-mania

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Pubblicità: S.P.M. srl viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI Brevi due, Buona Carne, Cartolombarda, Il Cipresso, Fuori Menù, Gelateria la Mimosa, Loipoll, Ol Formager, Pastificio Benedetti.

38

CULTURE La cucina persiana fa scuola. A Nembro


DAL 5 AL 28 MARZO 2010

fuorimenĂš LA CUCINA ITALIANA PROTAGONISTA NEL CINEMA E NEI RISTORANTI MENĂ™ ISPIRATI A CELEBRI FILM ITALIANI OFFERTI AD UN PREZZO PROMOZIONALE NEI RISTORANTI DI:

CON IL PATROCINIO DI

Bergamo

AGNELLO D’ORO • La parmigiana • 035-249883 ANTICO RISTORANTE DEL MORO • L’anatra all’arancia • 035-2289200 BERNABĂ’ • Bertoldo bertoldino e‌cacasenno • 035-237692 DA MIMMO • Travolti da un insolito destino‌ • 035-218535 GENNARO E PIA • L’oro di Napoli • 035-242513 GIOPĂŒ E MARGĂŒ • Moglie e buoi‌ • 035-242366 I SAPORI..DI TERRA E MARE • Poveri ma belli • 035-220152 IL GOURMET • Dove vai in vacanza? • 035-4373004 L’ANTICA PEROSA • Il gattopardo • 035-316655 LA SCALA RESTAURANT • L’illusione viaggia in tranvai • 035-4592555 OSTERIA VINERIA AI SANTI • L’albero degli zoccoli • 035-225049 ROOF GARDEN RESTAURANT • Miracolo a Milano • 035-366159 SARMASSA • Bianco rosso e verdone • 035-219257 UNA RESTAURANT • La dolce vita • 035-308111

Albino

IL BECCOFINO • Vento del sud • 035-773900

Almè

FROSIO • Un americano a Roma • 035-541633

Almenno S.Salvatore

CANTINA LEMINE • Mediterraneo • 035-642521

Ambivere

TRATTORIA VISCONTI • Amarcord • 035-908153

Bottanuco

VILLA CAVOUR • Il ragazzo di campagna • 035-907242

Castione della Presolana

MUSEO • Il mulino del Po • 0346-60505

Cavernago

IL SARACENO • Miseria e nobiltà • 035-840007

Cisano Bergamasco

FATUR • La bella mugnaia • 035-781287

Gorle

TRATTORIA LOCANDA DEL PUNTO Straziami, ma di baci saziami • 035-302444

Madone

LE CIEL RESTAURANT • O sole mio • 035-4942980

Mozzo

IL BURBERO • Carosello napoletano • 035-4155633 OPERA RESTAURANT • Il sorpasso • 035-4517002

Presezzo

SETTECENTO • Tre uomini e una gamba • 035-466089

Riva di Solto

ZU’ • Parenti serpenti • 035-986004

S. Pellegrino Terme

CA’ BIGIO • C’era una volta‌ • 0345-21058

S. Omobono Terme

POSTA • Pane, amore e fantasia • 035-851134

Sorisole - Petosino

AL RUSTICO VILLA PATRIZIA • Pane e tulipani • 035-571223

Torre Boldone

PAPILLON • Il piÚ bel giorno della mia vita • 035-340555

Trescore Balneario

DELLA TORRE • La bella vita • 035-941365 TRATTORIA LA CONCA VERDE • Novecento • 035-940290

Treviglio

TRATTORIA GRISU • Attila il flagello di Dio • 0363-47326 LA LEPRE • La grande abbuffata • 0363-48233

Verdello

VILLA GIAVAZZI • Tutte le donne della mia vita • 035-4191159

Villongo

CADEI • La voce della luna • 035-927565

Zandobbio

IN COLLABORAZIONE CON IL CONSORZIO DI TUTELA

LOCANDA DON MICHELE • Sapore di mare • 035-4258764

Zogno

se ordini Valcalepio ricevi in omaggio, all’uscita del locale, la bottiglia gemella (il rosso per chi ha ordinato il bianco e viceversa).

DA GIANNI • Primo amore (S. Pellegrino Terme 1978) • 0345-91093

CONSULTA LE PROPOSTE E I PREZZI SUL SITO WWW.FUORIMENU.PROMOZIONEDELTERRITORIO.IT

Iniziativa promozionale valida nei ristoranti aderenti per la sola durata della rassegna ENTI PROMOTORI

IN COLLABORAZIONE CON

MEDIA PARTNER

MAIN SPONSOR

SPONSOR

LATTERIA SOCIALE CASEARIA DI BRANZI

PARTNER


PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

Povera Polenta e Osèi, anche su Facebook “divide” Sul social network dilagano i gruppi dedicati al tradizionale alimento. Ce n’è per tutti i gusti

C

he Facebook abbia raggiunto un successo clamoroso non ci pare una notizia. Si pensi solo al boom che il social network tanto caro ai ragazzini (ma non solo) ha messo a segno in Italia nel 2008: rispetto all’anno precedente si è registrato un incremento del 961% e, nel terzo trimestre dell’anno, la nostra è stata la nazione con l’impennata di iscrizioni maggiore in senso assoluto. Nel settembre del 2009 gli utenti italiani sono arrivati a toccare la cifra di 18 milioni, numeri da sballo comunque li si voglia analizzare. Usato con criterio e un briciolo di saggezza Facebook è, secondo noi, utile e divertente: si possono ritrovare amici d’infanzia, si scambiano filmati e canzoni, si commentano notizie e avvenimenti, si dialoga e ci si prende un po’ in giro. Ovviamente c’è chi fa, del mezzo in questione, un pessimo uso, ma questo accade in ogni spaccato della società: dai Suv ai telefonini, dai videogiochi alle puntate del Lotto, dalle motociclette alla ricreazione a scuola. Personalmente ci piace molto la possibilità di “impaginare” la nostra bacheca, esprimendo così, nuovamente, la passione per la notizia e il commento. Uno dei fenomeni, all’interno della piattaforma sociale, che si è moltiplicato alla velocità dei pani e dei pesci è quello dei gruppi e delle pagine: esempio dei primi può essere “Per chi ama il formaggio Strachitunt della Valtaleggio” mentre esistono pagine dedicate alla Nutella, alla Paella e ai Casoncelli. L’avete già capito, siamo in pieno mondo goloso. Ed è proprio qui che troviamo le soddisfazioni maggiori. Prendiamo, per esempio (ma guarda un po’!), la Polenta, regina incontrastata della nostra tradizione a tavola: per lei ci sono un’ottantina di pagine, cioè altrettante possibilità di diventarne fan nelle sue variazioni sul tema. Nel momento in cui stiamo scrivendo, i fans maggiori li raggruppa “Polenta” con 50.620 iscritti, tra cui noi, mentre la “Polenta Uncia” può contare su 14.055 adepti e la “Polenta taragna Valtellinese” annovera

3.806 appassionati. Un po’ troppi, ahinoi, rispetto alla “Polenta taragna Bergamasca” (496!). Saltando il confine, ci imbattiamo in 2.476 fedelissimi della “Polenta Ticinese” mentre c’è da registrare una vera e propria diaspora per gli amanti della “Polenta e Osèi”, frammentati in quattro gruppi differenti per un totale di millesettecento presenze circa. Oltre alla “Polenta fritta” (401) ci sono ovviamente gli accompagnamenti più disparati: coi Funghi (397), il Gorgonzola (585), le Spuntature di maiale (103), i Codeghì (165), la Salsiccia (200), con l’Asino (141). l’A Ci C sono poi interventi geografici che evidenziano specialità da sposae re r con l’oro giallo della tavola: è il caso di Busto Arsizio, nel Varesotto, c con c due gruppi dedicati ai “Bruscitt” (bocconcini di manzo) per un totale ( di 838 golosi e di Borgomanero, nel novarese, con 170 che stravedono per p “Polenta e tapulone”, una macinata di carne d’asino. Non mancano omaggi in famiglia del tutto particolari: è il caso dell’unico fan (si spera il figlio) che ha dedicato una pagina alla “Polenta di Mamma Carla” mentre riscuote discreto consenso (233) la variazione “Le croste della Polenta”. Quello che invece non capiremo mai, come si diceva in fase di introduzione, è la presenza di un paio di gruppi denominati “Odio la Polenta” di cui, oltre a non avvertire per nulla la mancanza, non riusciamo a capire il significato: i miei nonni prima e i miei genitori poi mi hanno insegnato il rispetto per il cibo attraverso tanti gesti piccoli solo all’apparenza. Arrivare, anche solo via internet, a disprezzare un dono della natura preziosissimo in tempi di carestia per le nostre latitudini e dannatamente salvifico, anche oggi, in tanti posti sulla Terra, francamente ci procura grande angoscia. Molto meglio la pagina “Che mondo sarebbe senza Polenta”, dove in 260 la pensano come noi, e “La Polenta la fa la tàola contenta” in cui 52 goduriosi si scambiano inviti e ricette. Per la contentezza della tavola. E non solo.

Affari di Gola marzo 2010

5


LA RASSEGNA

Un film nel piatto Con “Fuori Menù” fino al 28 marzo in quaranta locali di città e provincia proposte che celebrano il cinema italiano a prezzi promozionali. Evento organizzato dall’Associazione Promozione del Territorio e legato al Bergamo Film Meeting

C’

è chi ha tradotto le scene del film “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” in piatti come “Zecchini d’oro nella biada” o “Il tranello di Alboino”; chi si è lasciato guidare dalle ambientazioni e così “Il Gattopardo” è diventato un omaggio ai sapori della Sicilia, “Miracolo a Milano” una rielaborazione di mondeghili, risotto giallo e Milanese, “L’albero degli zoccoli” un tour tra polenta, casoncelli e coniglio; chi ha giocato con “Un americano a Roma” facendo seguire alla Ceasar’s salad i Maccheroni all’amatriciana e pecorino romano; chi, ispirato da “Pane e Tulipani”, conclude il menù con la “Colazione dolce di Fernando” e chi – scegliendo toni molto più ruspanti - ha tratto spunto da “Attila il flagello di Dio” per l’Antipasto dello “sbabbaro” o le Pappardelle al ragù di “cinghialo”. Ha scatenato la fantasia dei ristoratori bergamaschi l’abbinamento tra cinema e cucina lanciato dalla rassegna “Fuori Menù”, evento realizzato dall’Associazione Promozione del Territorio, in collaborazione con l’Ascom e tutti gli altri enti suoi promotori (Camera di Commercio, Confindustria, Ente Fiera Promoberg e Bergamo Fiera Nuova) con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali e con il patrocinio

di Regione Lombardia, Provincia e Comune di Bergamo. Fino al 28 marzo in quaranta locali di città e provincia sarà possibile trovare le speciali proposte - a prezzi convenzionati - create per l’iniziativa, che si è sposata dando vita ad un’interessante sinergia all’atteso appuntamento culturale Bergamo Film Meeting, la mostra internazionale del cinema d’Essai giunta al traguardo della ventottesima edizione. Dai monti ai laghi alla Bassa si possono rivivere da protagonisti le emozioni di 40 film italiani, dalla commedia al cinema d’autore, tradotte in esperienze culinarie con menù inediti. Musa di “Fuori Menù” una bellissima Sofia Loren, impareggiabile icona del cinema italiano, ritratta in bianco e nero sul set del film del 1961 “Madame SansGene”, presente con locandine e vetrofanie in tutti i ristoranti che hanno aderito. «Fuori Menù è una rassegna “cinegastronomica” che intende far incontrare due settori fondamentali della cultura e della tradizione italiana, il cinema e la ristorazione - ha sottolineato Carlo Spinetti, presidente dell’Associazione Promozione del Territorio durante la presentazione -, unendo i piaceri del gusto, del cibo e della visione, intrecciando la sensibilità, l’immaginazio-

I locali e le pellicole che li hanno ispirati Dei 40 ristoranti aderenti a Fuori Menù 14 sono in città: Agnello d’Oro (La parmigiana), Antico Ristorante del Moro (L’anatra all’arancia), Bernabò (Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno), Da Mimmo (Travolti da un insolito destino…), Gennaro e Pia (L’oro di Napoli), Giopì e Margì (Mo-

6

Affari di Gola marzo 2010

glie e buoi…), I Sapori di terra e mare (Poveri ma belli), Il Gourmet (Dove vai in vacanza?), L’Antica Perosa (Il Gattopardo), La Scala Restaurant (L’illusione viaggia in tranvai), Osteria Vineria ai Santi (L’albero degli zoccoli), Roof Garden Restaurant (Miracolo a Milano), Sarmassa (Bianco ros-

so e Verdone), Una Restaurant (La dolce vita). Gli altri 26 si trovano in provincia: Il Beccofino di Albino (Vento del sud), Frosio ad Almè (Un americano a Roma), Cantina Lemine ad Almenno San Salvatore (Mediterraneo), Trattoria Visconti di Ambivere (Amarcord), Villa Cavour di Bottanuco (Il ra-


ne, il potere di seduzione ione e la creatività che contradtraddistinguono entrambe be le sfere espressive. Un n binomio di forza che ha fatto conoscere l’Italia nel mondo e che può rappresentare anche oggi una leva per lo sviluppo turistico del Paese». I ristoratori hanno apprezzato l’idea di accompagnare con la propria offerta un n evento culturale atteso so da tutti gli appassionati nati di cinema: «La manifestaifestazione è stata sposata subito da 40 ristoranti che hanno no elaborato con cura ed attenzione one nei loro menù, proposti ad un prezzo promozionale, il film italiano preferito - ha dichiarato Petronilla Frosio, presidente del Gruppo Ristoratori Ascom -. Il risultato è una carrellata di piatti da film con panoramiche sulla cucina di montagna, pianura, lago e mare e un primo piano sull’amore dei nostri ristoratori per la buona cucina». La rassegna offre soluzioni per tutti i palati e tutti le tasche, a pranzo come a cena, con menù che vanno dai 20 ai 50 euro, acqua e caffè inclusi. E alla fine del pasto c’è anche un piacevole effetto speciale: grazie alla collaborazione del Consozio di Tutela del vino bergamasco, chi beve Valcalepio riceve in omaggio una bottiglia gemella, il rosso per chi ha ordinato il bianco e viceversa.

gazzo di campagna), Museo di Castione della Presolana (Il mulino del Po), Il Saraceno di Cavernago (Miseria e nobiltà), Fatur di Cisano Bergamasco (La bella mugnaia), Trattoria Locanda del Punto a Gorle (Straziami ma di baci saziami), Le Ciel Restaurant di Madone (O sole mio), a Mozzo Il Burbero (Carosello napoletano) e Opera Restaurant (Il sorpasso), Settecento di Presezzo (Tre uo-

«Marzo ha acceso i riflettori su Bergamo capitale della Be ristorazione e delle ecristo cellenze enogastronoce miche – ha sottolineam to Luigi Trigona, direttore dell’Ascom-. Fuor i Menù, con tanto di patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, ha anticipato il Bocuse d’Or e la rassegna espositiva Cooking Expo e si è intrecciaE to con un evento culturale come il Bergamo tura Film Meeting. Manifestazioni di grande spessore che valorizzano l’offerta del territooperatori e i prodotti». rio, gli operato ovviamente gli spunti di Non mancano ovv riflessione sul rapporto tra due arti come il cinema e la ristorazione: «Il legame tra cinema e cibo è sempre più forte: ogni anno vengono proposti dal grande schermo film di successo che affrontano temi legati alla buona cucina – ha sottolineato Angelo Signorelli, direttore artistico del Bergamo Film Meeting -. Quest’anno il nostro festival ha proposto una retrospettiva su Jean Gabin, il divo del cinema francese è un personaggio ideale per contagiare gli spettatori con la sua passione per la buona tavola e per il buon bere». La manifestazione ha come main sponsor l’azienda Quattroerre, affiancata da Mozzarella di Seriate, Fonte Bracca, Ros Forniture Alberghiere, Consorzio Tutela del Valcalepio e Consorzio del Branzi.

mini e una gamba), Zù di Riva di Solto (Parenti serpenti), Cà Bigio di San Pellegrino (C’era una volta), Posta di Sant’Omobono (Pane, amore e fantasia), Al Rustico Villa Patrizia di Sorisole (Pane e tulipani), Papillon di Torre Boldone (Il più bel giorno della mia vita), a Trescore Balneario Della Torre (La bella vita) e Trattoria La Conca Verde (Novecento), a Treviglio Trattoria Grisu (Attila il flagel-

lo di Dio) e La Lepre (La grande abbuffata), Villa Giavazzi di Verdello (Tutte le donne della mia vita), Cadei di Villongo (La voce della luna), Locanda don Michele di Zandobbio (Sapore di mare), Da Gianni di Zogno (Primo amore – San Pellegrino Terme 1978). I menù, i prezzi e gli indirizzi si trovano sul sito: www. fuorimenu.promozionedelterritorio.it

Affari di Gola marzo 2010

7


LA PROPOSTA di Laura Bernardi Locatelli

Panini,“perché non lanciare la Garibaldina?” Scelto il pane bergamasco, l’Aspan sostiene l’idea di creare anche un sandwich tipico farcito con prodotti del territorio. Capello:“Si sposerebbe a meraviglia con salumi e formaggi”. Rodigari (Gastronomi):“Ma serve qqualità”. Nel frattempo siamo andati alla ricerca di locali dove gustare un buon panino. Ecco la nostra mappa

È

spesso e volentieri il protagonista di una pausa pranzo mordi e fuggi, di un break fuori orario, ma anche compagno di gite e scampagnate nel tempo libero. Ma per soddisfare il palato, non appesantire e placare la fame il panino deve essere realizzato ad arte, mettendo la qualità al primo posto, dal pane alla farcitura.“Gli abbinamenti sono praticamente infiniti, ma troppo spesso la qualità viene trascurata, si scelgono salumi di bassa qualità - sostiene Renato Rodigari, presidente del Gruppo Gastronomi dell’Ascom-. Non manca, per esempio, chi utilizza la spalla al posto del cotto, usata non solo per i toast, quando un prosciutto cotto al naturale si può trovare

a prezzi competitivi e non incide sui costi, visto che per un panino non si sborsano meno di 3 euro. I formaggi poi fanno la differenza, se scelti con cura, cosa che accade raramente. Stesso discorso per le verdure, spesso e volentieri congelate. Anche le salse meritano attenzione: poco ci vuole a crearle di propria iniziativa”. Non si brilla neppure per creatività, né per amore del territorio: “In Alto Adige si fa a gara a servire il pane nero con speck migliore: è un modo per promuovere i prodotti del territorio che dovrebbe essere preso ad esempio, cercando un abbinamento che omaggi la nostra tradizione, dal salame nostrano ai formaggi, al

Forneria Rota / Cambia la farcitura, non il prezzo La Forneria Rota è entrata quest’anno nel novero dei Bar d’Italia segnalati dalla Guida del Gambero Rosso. È il primo panificio ad aver portato a Bergamo il binomio vincente panetteria-bar, inaugurato da Princi a Milano.


lardo millesimato - continua Renato Rodigari -. Nulla vieta poi di proporre abbinamenti nuovi: penso ad un carpaccio di piovra per un risultato di grande gusto e leggerezza”. L’idea di creare un panino bergamasco è ancora più facile ora che abbiamo la Garibalda, per promuovere con convinzione la tipicità, senza lasciare all’industria del fast-food la promozione su larga scala di prodotti Doc, Dop e Igp. Perché alla fine il turista low-cost finisce col consumare pasti frugali e veloci, dal panino alla pizza. “La Garibalda - sottolineano il vicepresidente e il presidente Aspan Elio Finardi e Roberto Capello - è nata per essere imbottita e si sposa alla perfezione sia con i salumi che con i formaggi, oltre ad accompagnare con gusto qualsiasi zuppa se tagliata a crostoni”. Non resta quindi che ideare un panino bergamasco per tenere alta l’attenzione sulla nostra Garibalda: ben vengano le proposte. In attesa della “garibaldina” in omaggio alla Città dei Mille e al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, non resta che concentrarsi su come creare panini ad hoc, partendo proprio dalle caratteristiche del pane, un detta-

La proposta di panini, focacce, pizze e pane greco a pranzo è affiancata da primi e secondi piatti. La lista propone diverse tipologie di pane, da quello ai semi di papavero al sesamo, dalle olive al classico fino al multicereale, che si possono scegliere con l’affettato e la farcitura preferita. Classica, ma con gustose variazioni, la proposta: dal “Tirolo” con speck e brie all’ “Olivia” con pane alle olive, speck e salsa cock-

glio da non trascurare mai.“Quello più utilizzato per i panini è la classica ciabatta, dal cuore morbido per poter essere riscaldata - spiega Elio Finardi -. Ma per esaltare al meglio le caratteristiche di pane e companatico, nella sintesi perfetta del panino, si possono abbinare tipologie particolari a seconda della farcitura. Il pane arabo si presta ad accogliere affettati di sapore come lo speck, la rosetta è eccellente con mortadella o pancetta, ma anche col salame, i pani integrali si sposano coi formaggi”. Mai accontentarsi quindi di un panino qualsiasi, banalizzando la propria pausa pranzo. E se spesso e volentieri andate di fretta o, peggio, addentate un panino davanti al computer in ufficio, cercate di rendere il più possibile gratificante ciò che mangiate, evitando che il vostro pasto sia doppiamente deprimente. Ecco allora alcuni indirizzi da tenere a mente per gustare un buon panino in città e provincia, con alcune proposte interessanti dall’hamburger italiano al maxi-panino con salame nostrano, ai panini speciali con branzi o salame nostrano, ad altre proposte interessanti, tutte di qualità.

tail. Non mancano panini light, dal “Caprese” con mozzarella, pomodoro e basilico al “Vegetariano” con verdure grigliate e mozzarella. Semplice, ma accurata la realizzazione di panini come il “Parma”, con crudo e mozzarella, il “Boscaiolo”, con prosciutto di Praga, insalata e salsa ai funghi. Qui troverete anche il panino con crema di pollo e insalata “Poldo”. Il prezzo di tutti i panini, indipen-

dentemente dalla scelta della versione preferita, è di 3,80 euro. È disponibile anche una versione gigante di panini e focacce, proposta a 5 euro: crudo, mozzarella, pomodoro, insalata e salsa cocktail per placare la fame più grande.

via Spaventa 56/58 Bergamo tel. 035 230172 Affari di Gola marzo 2010

9


Mister Michetta / In lista quasi cinquanta proposte

Fabio Cavagna

Un indirizzo specializzato per i panini, sempre ammesso che il diminutivo valga nel caso di Mister Michetta, dove, come recitano lo slogan del locale e l’insegna all’ingresso, vige “il culto dell’abbondanza”. Qui si farciscono in tutte le salse megapanini che sfiorano il metro di lunghezza: due etti e mezzo il peso del pane ed altrettanto quello della farcitura. Sono 48 i megapanini in menù da Mister Michetta, accompagnati da nomi decisamente caratteriali: dal “borioso” al “bellicoso”, dallo “studioso” allo “sballoso”, dall’ “affettuoso” al “permaloso”. Il pane - garantiscono Fabio e Monica Cavagna, che da

12 anni gestiscono il locale - è rigorosamente a basso contenuto di sodio e realizzato artigianalmente, per non dire su misura, date le dimensioni. Selezioniamo gli ingredienti: dai formaggi ai salumi, non mancano prodotti che omaggiano la nostra tradizione”. Nel menù sfilano infatti con piacere tra gli ingredienti salame nostrano, branzi stagionato, taleggio e pancetta. Gli abbinamenti sono pronti a soddisfare tutti i gusti e ad accompagnare ogni umore o capriccio del momento: il “vituoso” non lascia spazio a rimorsi con verdure grigliate e scamorza; di contro il “voglioso”, con salame nostrano

Suite / È qui che si trova il “Panino Giusto” Anche a Bergamo è sbarcato il “Panino Giusto”, più che un indirizzo, un’istituzione milanese, nato nel 1979 in corso Garibaldi a Brera . Il locale degli “esperti del panino” è ormai dagli anni Novanta una catena in franchising, con indirizzi in Italia, da Porto Cervo a Malpensa e in tutto il mondo, da Tokyo a Istanbul a Barcellona. Da dicembre dello scorso anno ha trovato base anche a Bergamo, al “Suite” di viale Papa Giovanni. La proposta di panini celebra i migliori salumi italiani; prosciutto di Langhirano stagionato 20 mesi, bresaola della Valtellina, speck stagionato 6 mesi, salame e coppa piacentini, mortadella con pistacchi, pancet-

ta stagionata all’antica tra le assi, prosciutto cotto al naturale. Non manca il prosciutto cotto di Praga affumicato con legno di faggio, selezionato e prodotto esclusivamente per il Panino Giusto. Stessa attenzione alla qualità per i formaggi, dalla fontina ai caprini, alla mozzarella, al brie. Le salse vengono preparate artigianalmente e il pane è quello della catena “Il forno”. La proposta è suddivisa in base alla tipologia di salume preferito, proposto in diverse declinazioni. Non mancano panini con roast beef all’inglese e proposte ricercate, come il “Tartufo” con crudo di Langhirano, brie, pomodoro, rucola con qualche goccia di olio al tartufo bianco d’Alba ad amplificare il gusto. Non manca una sezione dedicata agli “indimenticabili”, dall’ “Old Turkey” (fesa di tacchino, pomodoro, rucola, salsa tonnata) al “Terranova” (mortadella, brie, senape) fino all’ “Estivo”, con tonno, maionese, pomodoro, insalata e patè di olive nere. I prezzi oscillano tra i 4 e i 6,50 euro. Affiancano la proposta, da mezzogiorno a mezzanotte, tavola calda e fredda, dai primi piatti alle specialità alla griglia, a toast, snack e dessert. Oltre che al Suite, è stato aperto sempre l’anno scorso, un “Panino Giusto” anche all’aeroporto di Orio al Serio.

viale Papa Giovanni XXIII, 66 Bergamo tel. 035 212459

10 Aff l marzo 2010 Affarii di G Gola


e caprino e soprattutto il “godurioso”, con wurstel, pomodoro, scamorza affumicata e senape tengono a bada ogni voglia, per non parlare dello “sballoso” con porchetta, funghi trifolati, fontina e maionese. Di fronte all’”imperioso”, impallidisce anche un panino maxi-size: hamburger, cipolla, insalata, ketchup e maionese adagiati all’interno di un me-

gapanino morbidoso, una versione rigorosamente italiana ed artigianale del panino a stelle e strisce. Mister Michetta offre menù a pranzo: 7, 30 euro con bibita o birra piccola e 8,30 euro con birra media o bibita. Il locale offre anche servizio d’asporto, ma non di consegna a domicilio (il panidovrete quindi comunque anno do dare a ritirarlo).

via Pignolo, 58 Bergamo tel. 035 248268

Elys Fast Food / La bontà dilaga anche su Facebook È l’anti Mac Donald’s e Burger King per antonomasia, anche se il fast food di Caravaggio detesta che il suo nome sia anche solo affiancato a quello dei colossi americani. Elys è da oltre vent’anni un punto di riferimento della Bassa con la sua interpretazione italiana e di altissima qualità di cheeseburger e dintorni. I fratelli Mariagrazia e Francesco Ameli hanno accettato la sfida del fast food, coniugando servizio rapido ed alti standard qualitativi: il successo e la fama del locale, che rappresenta un vero e proprio punto di riferimento per tutta la Bassa, sono sbarcati su Facebook, dove gli aficionados dell’Elys hanno creato due fan club, che contano complessivamente quasi 2.000 iscritti. L’Elys fast food è ormai un indirizzo cult per uno spuntino o una pausa golosa a tutte le ore del giorno, dalle undici del mattino a mezzanotte. L’hamburger di Elys è caratterizzato da un’elevata qualità della carne, rigorosamente selezionata ed italiana: viene cotto alla piastra e adagiato nel classico panino americano con insalata, pomodoro, ketchup, maionese; stesso discorso per l’hot dog: wurstel prodotto in Italia, con grande attenzione alla qualità.Tra i cavalli di battaglia del locale la pita: un pane tipo arabo, con un hamburger di 110 grammi, insalata verde e pomodori pachino. Non manca all’appello la salsiccia bergamasca doc: via di “pane e salamella” per i puristi e i tradizionalisti del nostro“pa’ e strinù”. Completano l’offerta pizza, petti di pollo fritti, polaster burger, pan-fish, crocchette di patate e fritture. Il tutto da accompagnare a patatine fritte croccantissime e cotte nell’olio giusto, cambiato di continuo, ottime come del resto tutte le altre fritture.

via Matteotti, 5 Caravaggio tel. 0363 54454

Minuscoli / Lo zampino del panificatore si sente Una forneria con annesso bar nel cuore di Clusone. Che ci sia lo zampino del panificatore e della sua esperienza nel menù balza in fretta all’occhio: gli abbinamenti sono accuratamente studiati a partire proprio dal pane, base che deve essere eccellente quanto la farcitura per la riuscita ottimale di un panino. Così il “panino spiga” si sposa a pomodoro, mozzarella ed insalata; il panino ai cereali (con farro, orzo e avena) accoglie un velo di salsa bernese, bresaola, rucola e scamorza. Il panino orzo (con farina d’avena) si sposa a taleggio, mozzarella, rucola e non disdegna un cucchiaio di maionese; il panino mais (con farina di mais) si abbina alla perfezione con maionese, crudo, mozzarella, pomodoro e insalata. Giuseppe Minuscoli L’attenzione del pani- e la moglie Silvia Ferri ficatore esperto è evidente nel panino “grano”, dalla fragranza e profumo impareggiabili: è infatti realizzato con lievitazione naturale, con pasta madre. Si abbina con semplicità e alla perfezione con cotto, fontina e pomodoro. Il prezzo non cambia in base alla tipologia scelta: è fissato democraticamente a 3.80 euro, indipendentemente dalla farcitura. Affiancano la proposta accurata di panini, pizze, focacce, insalatone e piatti freddi e caldi. La posizione strategica nel più importante centro dell’Alta Valle rende de comodo farne una tappa per acca accaparrarsi cap parrarsi panini per pranzi al sacco accco e gite nel verde.

rzo o 2010 11 Affari di Gola marzo


Presto verranno aperti nuovi punti vendita in località di villeggiatura, dal lago alla montagna: Minuscoli, già presente oltre che a Clusone a Ponte Nossa, ha in programma un fitto calendario di inaugurazioni: aprirà infatti a giugno a Rovetta e sul lungolago ad Endine Gaiano.

piazza del Paradiso, 5 Clusone tel. 0346 21368 LA PROVA di Massimiliano Serra

Al “Mc Italy”? Manca l’anima italiana Cucina molecolare, cucina etnica, cucina macrobiotica? No, senza alcun pregiudizio visita al re della vera globalizzazione alimentare: Mc Donald’s. Siamo infatti incuriositi dall’ardua sfida alla tradizione culinaria italiana portata dal gigante dei fast food con la novità dal panino nazionale Mc Italy, un panino autarchico, italiano al 100%, che assaggiamo nelle due versioni proposte (€ 4,20). La gamma Mc Italy si completa con l’offerta di una insalata con bresaola (€ 4,20) e di una mela valtellinese (€ 1). La gamma Mc Italy viene offerta con un accattivante packaging tricolore, valorizzato dal patrocinio del ministero delle Politiche agricole e recante lo stemma della nostra Repubblica. Il servizio è quello dei fast food: breve coda alla cassa dove veniamo sollecitamente serviti, cerchiamo con il nostro vassoio un tavolo libero e al termine del pranzo ciascun cliente ordinatamente “sbarazza” la propria postazione. La prima versione di panino, degustata nel locale in Galleria Vittorio Emanuele a Milano prevede insalata e carne 100% italiani, formaggio Asiago Dop, crema di carciofi italiani, il tutto dentro un panino all’olio extravergine d’oliva dei Monti Iblei Dop. L’idea è buona, il risultato dignitoso. La fettina di formaggio, languidamente adagiata sull’hamburger, non è adeguatamente valorizzata, soffre il suo spessore millimetrico e non riesce a conquistarsi una posizione nell’arco dei sapori che percepiamo. L’attrattiva dei carciofi? La salsa è nobile ma serve a sollecitare solamente il lontano ricordo dei carciofini che tanto amiamo. Proviamo la settimana successiva la seconda versione del Mc Italy: pane di farina saracena, pancetta affumicata della Val Venosta, cipolle italiane grigliate, insalata Batavia, carne bovina proveniente da allevamenti italiani. Per la cronaca, l’aggettivo che qualifica la fogliolina di insalata “batava” si può riferire a Batavia, una ridente città dello stato di New York con un Mc Donald’s al 125 della Wilson Street o alla regione abitata in epoca romana dalla tribù dei Batavi, corrispondente approssimativamente agli attuali Paesi Bassi. L’informazione è comunque superflua perché la fogliolina di insalata

schiacciata nel panino è assolutamente insignificante. La pancetta sparisce compatta trascinata dal primo morso, lasciando il panino tremendamente asciutto, salato, dove il gusto dominante è quello delle cipolle. Il pane, per quanto nobilitato dall’etichetta “dop” dell’olio utilizzato per la sua preparazione, non ha la fragranza di quello del nostro fornaio, l’hamburger è tenero, gustoso ma risulta in bocca asciutto e mette una incredibile sete. Più che la tradizione italiana, mi ricorda un panino tipico mangiato anni fa in aeroporto a Bratislava. Gli ingredienti erano diversi, il sapore identico. Ci aggiriamo tra i tavoli (tutti occupati) ma non riusciamo a individuare nemmeno un avventore con un Mc Italy sul vassoio: un inserviente si lascia sfuggire che le informazioni e gli insuccessi circolano rapidamente e che di panini Mc Italy alla pancetta se ne vendono davvero pochi. Mi precisa però che maggiore fortuna aveva ottenuto il panino con l’asiago. Ci spaventano poi i valori nutrizionali del Mc Italy: 715 calorie contro le 300 di un panino al prosciutto e, per rimanere in tema, contro le 505 di un Big Mac e le 430 di un Mc Chicken (il nostro favorito da Mc Donald’s!). Per concludere la nostra esperienza con i Mc Italy, osserviamo che mancano di anima, forse a causa della standardizzazione del prodotto che mai si concilia - anche nella preparazione di un semplice panino - con la cucina italiana. Con la nostra valutazione dei Mc Italy ci sembra di aver sparato sulla Croce rossa. Invece, a dimostrazione della nostra onestà intellettuale, riconosciamo quanto ben sia riuscita l’insalata che viene presentata: sottili foglie di bresaola Igp, insalata croccante, parmigiano reggiano Dop, e, soprattutto, la possibilità di condire il piatto in autonomia, come ciascuno preferisce. Quindi, non necessariamente con salse, ma anche solo olio e aceto, come da sempre si usa nel nostro Paese. Per non parlare della mela valtellinese, lavata e tagliata a spicchi: veramente fragrante e stupendamente saporita!


L’INDAGINE

Piaceri della tavola, il ristorante batte il pasto in casa Secondo l’indagine di Fipe e Rimini Fiera, l’alimentazione tra le mura domestiche è sempre più all’insegna della frugalità e praticità. È nei locali che si cercano convivialità e abbondanza

C

asa vs ristorante. Il confronto è scattato per volontà della Fipe e di Rimini Fiera che in occasione di Sapore Tasting Experience, salone dedicato a beverage e food per il canale Horeca, hanno presentato una ricerca sulle abitudini degli italiani a tavola. Dai risultati dell’indagine la crisi non sembra aver prodotto un aumento del consumo alimentare tra le mura domestiche come si è erroneamente creduto in questi ultimi mesi. Anzi, il declino del modello alimentare italiano è sempre più evidente in casa dove prevalgono il piatto unico e i prodotti di pronto consumo come insalate, formaggi, frutta, mentre al ristorante gli italiani confermano la sensibilità ai piaceri della tavola dall’antipasto al dessert - seppure nel contesto di un pasto meno strutturato che in passato - e si predilige pesce, verdura, salumi, dolci e vino. Di fatto si può dire che la casa è diventata sempre di più luogo di semplicità e frugalità, mentre il ristorante è vissuto come luogo di innovazione e riscoperta della cucina tradizionale, come occasione per mangiare le cose che in casa non si trovano o non si cucinano più, ma anche di convivialità ed abbondanza. Il pranzo continua ad essere il pasto principale della giornata. Lo afferma tre quarti del campione ed è particolarmente vero per le donne (77,5%) e per gli ultra 55enni. Una percentuale marcatamente sopra la media per la “cena” è stata invece registrata tra i 25-34enni (41% contro il 26,5% medio) e tra i residenti al Centro Italia (30,5%). GLI STILI ALIMENTARI IN CASA

Tra le mura domestiche per il pranzo si predilige una (44%) o due (46%) portate, che generalmente sono primo o piatto unico e primo e secondo, mentre a cena domina una sola portata (61,5%), che di solito è un secondo o un piatto unico. I primi piatti, la frutta e la “verdura/insalata” sono consumati “tutti i giorni o quasi” da circa i due terzi degli intervistati. I formaggi, come prodotto di pronto consumo, hanno un buon gradimento, mentre il pesce è consumato “tutti i giorni o quasi” da un numero modesto di intervistati (13,5%). La cucina casalinga si conferma, dunque, per essere piuttosto sbrigativa.

E AL RISTORANTE Per gli italiani il ristorante (l’indagine ha riguardato essenzialmente il consumo in “ristoranti” veri e propri e non in pizzerie, fast food, ecc) si caratterizza come luogo di convivialità, per le donne è anche l’occasione “per non dover cucinare”, mentre i maschi sottolineano che è un “luogo in cui mangiare bene”, forse a differenza di casa… Quasi i tre quarti del campione al ristorante cercano “i piatti che a casa non trovano/preparano”, con un interessante 80% tra le giovani generazioni per le quali probabilmente la memoria della cucina si è piuttosto indebolita. A pranzo prevalgono i pasti completi con almeno tre portate. Da notare l’impennata, rispetto al consumo domestico, dell’antipasto: se infatti nelle due portate a casa aveva avuto citazioni trascurabili, qui si attesta al 43%, mentre nelle tre portate balza addirittura al 69,5%. A cena, pur nel quadro di un bisogno di maggior leggerezza, la tendenza a consumare pasti completi risulta ancora prevalente. Anche in questo caso si evidenzia l’incremento del consumo di antipasti e dessert, sia rispetto a casa che rispetto al pranzo al ristorante, con un contenimento, invece, del primo piatto a vantaggio del secondo. Le maggiori differenze tra consumo domestico e consumo extra-domestico riguardano i consumi di pesce, ma anche, come detto, antipasti, salumi, dessert e perfino vino. Cala decisamente, rispetto a casa, il consumo di frutta. LA QUALITÀ CONTA PIÙ DEL PREZZO Gli italiani, pur tra forti cambiamenti, si confermano gourmet. Restano attenti alla “ricerca di ingredienti di qualità” (91,5%), ritengono il cibo un “piacere” (91%) e utile ad una buona salute (87,5%), anche se non va trascurato che per un intervistato su due il cibo è un soltanto un “dovere di sopravvivenza”. Ma come vivono il ristorante oggi rispetto a ieri? Nove intervistati su dieci hanno dichiarato di essere “più attenti all’ambiente e alla cura del servizio”; otto su dieci guardano alla “qualità piuttosto che al prezzo” e magari compensano ordinando meno piatti.

Affari di Gola marzo 2010 13


LA POSTA

I menù coi “piatti della nonna” e qualche punzecchiatura di troppo C

aro signor Pier Carlo Capozzi, sono Attilio Sartirani, titolare del ristorante pizzeria “La Bergamasca”di Osio Sotto. Leggo sempre con interesse, spesso con molto piacere, i suoi articoli sulla rivista “Affari di Gola”. A proposito della “Penna all’arrabbiata” di febbraio 2010, riguardante i “piatti della nonna”, accolgo prontamente la sua richiesta e le segnalo che noi facciamo foiade e casoncelli, lasagne, pasta e fagioli, casöla, bollito, bertagnì, pesì, rognoncino trifolato, lumache (in stagione), coniglio cotto nel forno a legna e la polenta, che non manca mai. Non ci sono sempre tutti: alcuni piatti sono solo invernali, come la casöla, oppure ruotano periodicamente per non stancare i clienti, ma c’è sempre qualche piatto della nonna nella scelta. Inoltre faccio il pane a lievitazione naturale nel forno a legna, come mi ha insegnato mio padre che lo faceva prima di me. Sul nostro sito può vedere il menù che viene aggiornato quasi ogni giorno. Grazie dell’attenzione. Attilio Sartirani Ristorante “La Bergamasca” Osio Sotto

S

pettabile Pier Carlo Capozzi, complimentandomi con lei per la sua rubrica “Penna all’arrabbiata”, che leggo sempre volentieri trovandola divertente, punzecchiante e leggevole al punto giusto, questa volta però non riesco a fare a meno di farle un appunto o quantomeno di esprimere un mio parere. È quasi 40 anni che gestiamo sia la cucina che la sala del nostro ristorante “Don Luis” e dal nostro locale sono usciti cuochi e camerieri che a loro volta hanno aperto fior di locali.Tutti i locali che nomina nel suo articolo non erano ancora nati quando noi servivamo “pasta e fagioli, zuppa d’orzo, il baccalà alla vicentina, il fegato alla veneta, il rognoncino trifolato e la cassoeula servita con polenta bianca abbrustolita.Anzi le dico che questi piatti noi li proponiamo ancora oggi nella nostra lista. Non occorre andare ai quattro lati opposti della città per poterli trovare. L’articolo con la menzione dei piatti della nonna e della zia era carino e scorrevole, ma tutta quella pubblicità sfacciata rivolta sempre ai soliti ristoranti la trasforma in uomo di parte. Nell’articolo scrive che le farebbero piacere segnalazioni nuove e io, assieme ad altri miei colleghi, le dico che basterebbe che stracciasse la lista che ha per le mani e che solo lei sa andare a trovarli e si mettesse a parlare magari di qual-

La Gare du Nord e l’ex chef Gent. Redazione vi contattiamo perché sulla vostra rivista “Affari di Gola” del mese di febbraio 2010 abbiamo trovato una notizia riguardante il nostro ristorante che non corrisponde al vero. A pagina 27, nell’articolo dedicato alla nuova apertura della “panetteria e ristorante”Trex si parla del signor Roberto Moretti come:“ex

14 Affari di Gola marzo 2010

Gare du Nord” e che ha “condotto” dal 2003 al 2007 il nostro ristorante. Il signor Roberto Moretti è stato “un cuoco” della Gare du Nord e non il proprietario e conduttore del ristorante. Cordiali saluti, Stefania Benedetti Officina del gusto srl Gare du Nord Restaurant

Diamo conto della precisazione, più di carattere linguistico che sostanziale. Dal momento che una quota della società faceva capo ad un componente della famiglia di Moretti non è sembrato errato fare riferimento ad un suo coinvolgimento, pur se non formalmente suggellato, nella conduzione del locale.


che umile chef che ancora ha voglia di fare e di farsi conoscere, ma che purtroppo ha poca dimestichezza con la parola o con le raccomandazioni. Non me ne voglia per questo sfogo, ma penso che, per la sua esperienza, saprà senz’altro perdonarmi. Ezio Battaglia Ristorante “Don Luis” Torre Boldone

Q

uello che ci premeva maggiormente, cioè suscitare un po’ di attenzione sui piatti tradizionali che si trovano con sempre maggiore difficoltà, l’abbiamo, anche se in parte, portato a casa. Caro signor Sartirani, grazie per la segnalazione, che volentieri pubblichiamo: era quanto, in buona sostanza, ci aspettavamo da quelle insegne che nessuno può avere la pretesa noi si conosca tutte. Il dono dell’ubiquità, ripetutamente richiesto alle altissime sfere, non ci è ancora stato regalato. Riguardo alla missiva del signor Battaglia, credo di poter dire che sarebbe stata perfetta se si fosse limitato, anch’egli, ad un esercizio di segnalazione del quale beneficerà comunque. Per dare esempio concreto a quanto stavo scrivendo nella puntata scorsa di “Penna all’arrabbiata” ho citato la bellezza di quattro (4) ristoranti. Battaglia scrive che “tutti non erano ancora nati quando loro servivano…”. Ho due brutte notizie in proposito: il “Posta” di Sant’Omobono è stato aperto dal bisnonno dei fratelli Frosio negli anni Venti mentre il “Giubì” porta, nell’insegna, l’anno di inizio dell’attività, il 1884. Ma non è questo, evidentemente, che genera amarezza Lo è sentirsi definire “uomo di parte” perché riserva “pubblicità sfacciata rivolta sempre ai soliti noti”. Ricordo che il terzo locale citato, su quattro, era la “Trattoria Camozzi”, aperta l’1 maggio 2009, lei sì giovanissima e, forse per questo, mai nominata prima di una soddisfacente visita a gennaio.“Soliti noti”? Il signor Battaglia, in una telefonata successiva alla lettera, ci ha poi spiegato le ragioni del suo malcontento: peccato che abbia sbagliato indirizzo. E, se crede, può anche testimoniare che eravamo disposti a parlare di una loro iniziativa che, se non sbaglio, si chiama “Baccaquà” e a pubblicarne una foto che, però, sto ancora aspettando. Forse è colpa del mio indirizzo di posta elettror nica. Con un titolare come me, sarà “di parte” anche lui.

Pier Carlo Capozzi

Affari di Gola marzo 2010 15


IL PERSONAGGIO di Giuseppe Ruggieri

Vino, quella cantina da sogno Si chiama Franco Levantini, è un imprenditore di Calolziocorte e in circa 40 anni ha collezionato qualcosa come 4mila bottiglie. Molte le etichette blasonate. “È la passione di una vita” afferma. E ai giovani consiglia: “Puntate sui nuovi vitigni e sui produttori che esaltano il territorio”

D

iciamolo subito: è una cantina da urlo. Come altro definire, del resto, un “tesoro” enoico formato da oltre 4mila bottiglie, centinaia di etichette blasonate e una sfilza di annate superbe? C’è di che schiattare d’invidia se appena appena si nutre una benché minima attrazione per il vino. L’invidiato speciale, ovvero il fortunato possessore di tutto questo ben di Dio, è un imprenditore 64enne di Calolziocorte. Si chiama Franco Levantini, un vero cultore della materia che in poco più di 40 anni ha collezionato così tanti vini da costituire un caso raro a livello amatoriale. Cosa abbia spinto questo esperto di trattamenti galvanici, già compagno di scuola del senatore Roberto Castelli e di Roberto Formigoni, a mettere insieme così tante bottiglie non è facile da spiegare. Certo, c’è l’indiscutibile piacere di poter apprezzare vini d’alto lignaggio, di respirare la storia dei grandi produttori, di fortificare la virtù della pazienza in attesa che il “nettare” maturi. Tutto vero, ma non basta. Troppi gli elementi in gioco. Si potrebbe dire allora che fosse già tutto scritto nel Dna, visto il nonno produttore di vini nell’Astigiano. Forse è così, ma Levantini preferisce tagliar corto e racchiudere tutto in una data, quella che ha segnato la svolta: il ‘68. Un anno rivoluzionario, in tutti sensi. È in quell’estate infatti che il nostro, ormai 22enne, già avvezzo alle arti culinarie (apprese della madre, provetta cuoca) e quindi con una predisposizione accentuata ai piaceri del palato, s’imbatte con il grossista del suo destino: un venditore di bevande, a Lecco, che aveva deciso di sfoltire e “svendere” una parte del parco vini. Levantini si ritrova faccia a faccia con alcuni grandi Bordeaux e Chablis, ne resta affascinato e decide di portarsi a casa una trentina di bottiglie. È lì che scatta la scintilla. Così tra i due grandi “amori” - il fiume e le nuvole (che insegue e immortala con la macchina fotografica) - s’insinua anche il Dio Bacco. Il vino diventa una passione via via crescente, complice anche l’aspetto emozionale, rafforzato da un’indimenticabile vacanza in Calabria. Ricorda Levantini

16 Affari di Gola marzo 2010

una cena in riva al mare, davanti alla scogliera di Fiuzzi, “un tramonto incredibile e un vino bianco capace di rendere ancor più magica l’atmosfera del momento”. Messa così si capisce come la sorgente che ha alimentato in questi anni la sua ricca collezione sia stata inesauribile. Levantini lo ammette: “Quel che ho vissuto e sto vivendo - dice - è una straordinaria avventura, un piacere infinito. Perché collezionare vini, gustare e confrontare le diverse annate è un po’ come conoscere la vita, capire la sua evoluzione”. È quindi sull’onda della passione mai doma che la cantina ha vissuto una crescita continua. Incessante l’approvvigionamento di etichette e la scoperta di nuovi produttori. Levantini fin dall’inizio stringe rapporti con grossisti per riuscire ad avere qualche ambita etichetta, frequenta le enoteche più fornite, in alcuni casi va direttamente alla fonte, ovvero il produttore, senza trascurare il prezioso contributo degli amici, che tra regali e segnalazioni si confermano spesso un canale di approvvigionamento più che interessante. Utile, soprattutto sui vini stranieri, si rivela anche l’esperienza nella Nazionale italiana di “Sci nautico velocità”, specialità oggi non più praticata, che gli ha permesso di fare frequenti puntate all’estero, nonché di vincere ben cinque Gran Premi d’Europa. Giramondo per sport, ma anche per piacere, Levantini riesce così nel tempo a mettere insieme l’invidiabile collezione di bottiglie. Che “riposano”


nella cantina termo-regolata dove l’invecchiamento è garantito da condizioni e cure sempre ottimali. Vi si respira soprattutto aria nostrana, visto che oltre il 70% dei vini è italiano, con predominanza di toscani e piemontesi e un’attenzione particolare all’Alto Adige e soprattutto alla Sicilia. Il resto è prevalentemente francese (60% Bordeaux, 30% Chablis e altro ancora) con spazi riservati anche a vini cileni, sudafricani, californiani e australiani. Non mancano naturalmente i grandi champagne come Cristal, Krug o Bollinger e una selezione di Porto Vintage, un’autentica passione. “Peccato per quella partita di Petrus che non ho acquistato e che oggi manca purtroppo all’appello”, si rammarica Levantini. La lunga cavalcata nel “mondo enoico” ha riservato al nostro tantissimi piaceri (“come dimenticare il 60esi-

Alcuni dei vini che invecchiano in cantina Ecco alcuni, ma davvero alcuni, dei vini che invecchiano nella cantina di Franco Levantini. Tra quelli italiani spiccano i toscani Solaia, Ornellaia, Brunello di Montalcino Biondi & Santi, Sassicaia, Capannelle 50+50, Montevertine Pergole Torte; i piemontesi Sori Tildin, Sorì San Lorenzo, Barolo Spess e Barolo Costa Russi (tutti di Gaja), i Barolo Cicale e Colonnello di Aldo Conterno e il Barolo V. Villero di Mascarello. Tra i veneti segnaliamo l’Amarone Mazzano di Masi e il Rosso dell’Abazzia Serafini & Vidotto, mentre tra i friulani spiccano Gravner Breg e Venica & Venica Ronco delle Mele e tra i siciliani Bianca di Valguarnera e Duca Enrico di Duca di Salaparuta. Tra i francesi in evidenza la Borgogna con Romanèe Contì, Grand Echezeau e La Tache della Romanèe Contì, Faiveley Echezeau e i Bordeaux Lafit Rothschild, Mouton Rothschild, Latour, Cheval Blanc, Haut Brione e Cateaux Margaux. Non mancano Sautern e Chateaux d’Yquem. Tra i californiani segnaliamo California Napa Valley e Barone Rothschild Opus One. Servizio fotografico: Phototecnica by Paolo Chiodini

mo compleanno bagnato da insuperabili bottiglie di Romanée Conti!”), ma anche qualche delusione.“Oggi - ammette Levantini - non ricomprerei più Sassicaia, che continua a deludermi, come pure non spenderei più follie per un Ornellaia, buono, per carità, ma dai prezzi esagerati rispetto al contenuto della bottiglia”. In discussione anche diversi vini californiani blasonati, senza poi contare le annate che non hanno retto alla prova invecchiamento. Tutte esperienze che oggi Levantini “regala” a chi vuol affrontare il collezionismo enoico.“Il mio consiglio - spiega - è quello di puntare sulle nuove nicchie, sui giovani produttori che scommettono sui vitigni autoctoni ed esaltano il territorio. Assolutamente da evitare le esasperazioni, i vini “costruiti” a tavolino dai wine maker, tutti uguali e costosi. Detto questo, è sempre bene ricordare che il collezionismo ha una sua componente di rischio. Se non si è capaci di scegliere il prodotto e l’annata giusti, la probabilità di ritrovarsi con un vino da buttare è alta. Bisogna allora informarsi, documentarsi, approfondire sempre le conoscenze”. Messo di fronte alla richiesta di elencare i vini preferiti, Levantini preferisce non stilare classifiche: “Non credo sia giusto. Ogni vino ha le sue caratteristiche, dà il meglio anche in rapporto all’umore di chi lo sta bevendo. Ecco perché quando decido cosa stappare lo faccio in base allo stato d’animo del momento. Se devo invece scegliere un vitigno, allora non ho dubbi: la preferenza va al nebbiolo”. A 64 anni, senza eredi, la domanda che inevitabilmente molti cominciano a porgli è: ma a chi finiranno le oltre 4mila bottiglie? “E’ quasi un tormentone - ci scherza su Levantini -. La lista dei pretendenti è lunga, tutti pronti a far propria qualche bottiglia su cui hanno messo gli occhi. Ma possono star tranquilli: aspetteranno a lungo”.


Gli Alpini berranno Valcalepio Creata un’etichetta per l’Adunata Intanto il Consorzio di Tutela va alla conquista del Web

L’

otto e il nove maggio prossimi, Bergamo ospiterà l’ottantatreesimo raduno nazionale degli Alpini. Gli organizzatori dell’Ana (Associazione Nazionale Alpini) prevedono un’affluenza di circa 500mila persone provenienti da tutta Italia per un evento che non si teneva nella Bergamasca da 25 anni. Il Consorzio Tutela Valcalepio con i suoi soci sarà lo sponsor ufficiale del vino ed ha creato un’etichetta dedicata all’evento. I nostri vini saranno serviti durante tutta la manifestazione e avranno quindi la possibilità di essere degustati e conosciuti da persone provenienti da tutta Italia. Il Consorzio sarà presente nello spazio istituzionale dove avrà luogo il corteo con un gazebo di rappresentanza per la promozione e la vendita dei suoi vini. Inoltre in collaborazione con l’Ascom sarà istituita la figu-

ra dell’Esercizio Amico degli Alpini: i locali selezionati esporranno un’etichetta con il logo della manifestazione e proporranno un menù a prezzo convenzionato con vini della Valcalepio o, in alternativa, panino più bicchiere di vino Valcalepio sempre a prezzo fisso. In contemporanea con la manifestazione avrà luogo un’edizione di Cantine Aperte per dare modo ai turisti, ai curiosi e ai partecipanti all’adunata di “toccare con mano” e vivere da vicino la realtà vinicola bergamasca. Il messaggio che il Consorzio vuole mandare forte e chiaro a tutta Italia è che Bergamo produce vino e questo vino si chiama Valcalepio. Nel frattempo il Consorzio ha deciso anche di estendere i suoi contatti e a questo scopo ha potenziato il suo profilo informatico. Al riguardo è in atto un processo di modifica e

potenziamento del sito www. ww. valcalepio.org allo scopo o di renderlo il più interattivo possibile per poter entrare efficacemente in contatto con on il pubblico. I consumatori potranno conoscere la realtàà del Consorzio, i produttori, le aziende, i vini, le fiere in cui il Consorzio sarà presente e gli eventi organizzati. Attivato poi un profilo su Facebook e uno su Twitter. Profili costantemente aggiornati con le novità, gli eventi organizzati, le nuove foto e i progetti per il futuro. Lo scopo è quello di raggiungere una fascia quanto più ampia possibile di mercato.

Vinitaly, queste le aziende bergamasche presenti Dall’8 al 12 aprile, Verona torna ad essere la capitale italiana dei vini. Va in scena infatti la 44esima edizione del Vinitaly, rassegna che punta a diventare sempre più un punto d’incontro essenziale per appassionati e addetti ai lavori.Agli strumenti sempre più mirati ed efficaci per mettere in contatto offerta e domanda internazionale, Vinitaly quest’anno ha aggiunto la spedizione negli Usa di 10.000 free badge a una selezionata mailing list di buyer, oltre a quelli inviati sui mercati tedesco, britannico, svizzero e austriaco. Si tratta solo di una delle molte azioni di marketing diretto adottate per incrementare ulteriormente la già importante presenza a Verona di operatori esteri qualificati, che nel 2009 aveva raggiunto quota 45.083 (+19% rispetto all’edizione 2008) su 151.216 visitatori totali. Vinitaly punta così a confermare il suo ruolo di global network commerciale per l’enologia mondiale. Del resto, la prossima edizione del più grande salone mondiale dedicato al vino

18 Affari di Gola marzo 2010

è molto attesa dai produttori, che in questo particolare momento dell’economia mondiale sentono forte il bisogno di concretizzare con la chiusura di contratti i propri investimenti promozionali. Fondamentale per fidelizzare le presenze estere anche il lavoro svolto dalla rete di delegati che Veronafiere ha in 60 Paesi e che permetterà di avere a Verona delegazioni qualificate da tutto il mondo. Già potenziato, inoltre, il matching online, che dà la possibilità agli espositori che inseriscono la propria scheda aziendale in un’area esclusivamente destinata ai buyer esteri di essere contattati prima della manifestazione da chi vuole programmare in anticipo i propri appuntamenti. La Bergamasca enologica sarà rappresentata da queste aziende: Il Cipresso (Scanzorosciate), La Rovere (Torre de’ Roveri), La Tordela (Torre de’ Roveri), Locatelli Caffi (Chiuduno), Locatelli Caffi (Trescore Balneario), Pecis Angelo (San Paolo D’Argon), Pecis Angelo (Carobbio degli Angeli), Sant’ Egidio (Palazzago), Tallarini


La Montina ospita la mostra delle capsule Una mostra-mercato internazionale di capsule in occasione del Ventennale della Tenuta La Montina, l’azienda di Monticelli Brusati, in Franciacorta, che festeggia quest’anno l’importante traguardo. L’evento sarà organizzato in collaborazione con il Club Collezionisti Capsule e si terrà il 28 marzo 2010 nella Galleria d’arte posta proprio all’ingresso della cantina. La mostra offrirà l’opportunità di ammirare interessanti collezioni di capsule (ovvero le piccole placche metalliche poste sopra il tappo delle bottiglie di spumante) provenienti da ogni parte del mondo, raccolte da appassionati italiani, francesi e spagnoli tra cui anche Daniel Aubertin, il più famoso collezionista francese. In totale gli espositori che parteciperanno alla mostra mercato saranno una quindicina. La manifestazione inizierà alle 9.30 ed è aperta al pubblico.Alle 14, dopo un rinfresco, comincerà la parte più interessante per i collezionisti, ovvero il libero scambio delle capsule. Nel corso della giornata sono in programma visite guidate alle cantine dove vengono prodotti i Franciacorta de La Montina.

(Gandosso), Cascina Del Bosco - Lorenzo Bonaldi (Petosino di Sorisole), La Collina (Grumello del Monte), Magri Eligio (Torre de’ Roveri), Cantina Sociale Bergamasca (San Paolo d’Argon), Quattroerre (Torre de’ Roveri), La Rocchetta (Villongo), Castello degli Angeli (Carobbio Degli Angeli).

Lo specialista dal 1920... Oltre 100

tipi di formaggi

e inoltre... Gastronomia e salumi di qualità

Solo formaggi con tanta passione ed esperienza

Bergamo - Piazzale Oberdan, 2 tel. 035.239237

www.olformager.it Affari di Gola marzo 2010 19


IL RISTORANTE di Lelia Parisi

Il “Casanova” che seduce i palati Ha appena due anni di vita il locale di Curno dell’ex ciclista Mazzoleni. Eppure la cucina, che naviga in acque marine ma sempre con la terra a portata di forchetta, è cresciuta tanto da aver attirato anche l’attenzione del critico Raspelli. Lo chef: “Mi piace improvvisare”

L’

ultima volata, poco dopo il ritiro dalla scena agonistica, l’ha portato qui, in questo defilato luminoso locale curnese, che curiosamente - ed ecco rispuntare la generosità del gregario - non porta il suo nome (“Ristorante Mazzoleni non suonava molto bene”), bensì quello “più convincente per un ristorante” del capitano della sua nuova squadra, il giovane chef Daniele Casanova, ancorché cugino di primo grado. Se Eddy Mazzoleni, gregario di qualità in team vincenti come quello di Ivan Gotti, Gilberto Simoni, Damiano Cunego e Mario Cipollini, e terzo al Giro d’Italia 2007, ha scelto il suo nuovo capitano con quello stesso fiuto che nel ciclismo non gli ha mai dato forfait, c’è da ben sperare. E in effetti, a due anni dal taglio del nastro, inizia a far parlare di sé questo ristorante di cucina di mare che si affaccia con la sua insegna bianca e rossa sulla via Bergamo lungo la strada per Ponte San Pietro all’altezza di Curno, pressoché invisibile se non lo si conosce (bisogna proprio buttarci l’occhio). Ma la visibilità poggia su ben altri crediti e se l’irrequieto Raspelli l’ha stanato e immortalato nella sua rubrica del gusto, un buon motivo c’è. Certamente ha a che fare con crudi e catalane da sballo, i crostacei extra large che ti planano sul tavolo in una sarabanda di forme e colori (gamberi rossi, mazzancolle, scampi giganti, ostriche dell’Atlantico, astici, carpacci marinati di spigola, tonno, spada, serviti con verdure a parte croccanti e coloratissime)

20 Affari di Gola marzo 2010

capaci di scatenare atavici istinti gastronomici. In questo locale, caratterizzato da una conduzione giovane e informale, più che al celebre “sgonnellatore” di donzelle (delle quali troviamo comunque qualche pregiato esemplare doverosamente appiccicato alle pareti, spigolato dal Calendario Pirelli) il nome “Casanova” sembra alludere all’impostazione nuova, fresca (“casa nova”) e familiare del ristorante. Un posto che fa il repulisti dei luoghi comuni, in cucina, nel servizio e nella proposta.“Per noi è fondamentale recuperare il significato della parola “ristorazione”, che è stato un po’ dimenticato - spiega Daniele Casanova -. E cioè quello di dare ristoro ai clienti, di farli stare bene, di metterli a loro agio. Così come è importante instaurare un rapporto di familiarità con i nostri ospiti. Qui da noi non c’è nulla di rigido, di codificato, di imposto. Nemmeno il menù su carta, a cui deroghiamo ogni volta che ce lo chiedono. Eventuali variazioni o anche piatti particolari, se proprio non c’è il pienone, qui non si negano a nessuno”. Una cucina pragmatica quella del Casanova, che non s’attarda in elucubrazioni mentali e tanto meno si perde nelle spirali dell’originalità a tutti i costi. Ma che va diretta ai fatti. Semplice ma non semplicistica. Lo si vede dal piglio sicuro e senza titubanze dello chef. “Non medito mai troppo i miei piatti. Mi piace improvvisare”. Certo, improvvisazione e creatività presuppongono una grande abilità tecnica. Perché,

come afferma Stefano Bartezzaghi, “la creatività è una funzione diretta delle capacità tecniche… e senza tecnica la creatività non incomincia neppure, non c’è”. Ma Daniele i sapori li ha tutti in testa, allineati uno accanto all’altro come i tasti di un pianoforte, su cui compone di volta in volta, a seconda dell’ispirazione, i suoi “pezzi”. Come il foiolo e scampi. “Avevo in mente i sapori di entrambi e mi sono detto: questi van sicuramente d’accordo”. Così è stato. I sapori baritonali della trippa, sapori di pancia è proprio il caso di dire, trasfigurati da un sughetto sublime, si sposano sorprendentemente con quelli alati dello scampetto, crostaceo nobile ed elegante. Chissà, forse anche i cibi hanno una loro memoria biologica e anche quelli che sembrano più distanti condividono un’arcaica matrice comune. E l’abilità sta forse nel cogliere le loro sotterranee affinità. Sono tanti i piatti che rivelano la freschezza compositiva di questo novello Paracelso dei sughi (la sua specialità). Per esempio, gli splendidi scampi giganti del Mediterraneo in guazzetto di acqua pazza in cui è doveroso far scarpetta con i crostoni di pane, e dove è davvero arduo decidere se impalmare prima il


IL GIUDIZIO AMBIENTE

7/10

Accogliente a dispetto dell’esterno non proprio allettante, il locale alterna al rigore geometrico da Bauhaus un tocco vintage nei mobili d’epoca affollati di bottiglie di ogni tipo, vino, grappa, olio, confezioni di pasta et similia. Circa 60 i coperti distribuiti in una sala a elle elegante, colorata e luminosa.

CUCINA

delizioso sughetto agrodolce (a base di brodo di crostacei, vino bianco e aceto) o gli scampi. Altra leccornia, gli spaghetti con i cappuccetti, polipetti neonati particolarmente saporiti, conditi solo con olio e aglio e il succo naturale che rilasciano in cottura. E ancora, i tagliolini al pesto con gamberi rossi sgusciati, il riso Carnaroli con scampi e gamberi. E poi, il baccalà scottato, ma anche il fritto di gamberi, alici e paranza e i vari filetti di pescato del giorno scottati alla piastra con verdure. È una cucina, quella di Daniele, che naviga in acque marine ma sempre con la terra a portata di forchetta, porto sicuro a cui attraccare per un maialino da latte (cucinato a fuoco lento per 7 ore), una costoletta alla milanese, un superbo coniglio al forno (solo la domenica), un foiolo, o anche solo un filetto di manzo scottato con salsa al pepe verde e patate. Anche i dolci (è già un cult il croccante di mandorle e nocciole intere offerto a fine pasto) confermano l’impostazione all’insegna della semplicità e freschezza. Da non perdere la crostata di lamponi e fragole e cioccolato fondente, un vero portento. Conto, anch’esso personalizzato e “friendly”. Sui 45/50 euro per un menù completo, vini esclusi.

22/30

Classica mediterranea, dagli ingranaggi ben oliati. Una cucina che è un sermo manifestus (quello che si mangia è sotto gli occhi), con materie prime di ottima qualità (acquisti giornalieri da Orobica Pesca e Gene Pesca), molto leggera perfino nei deliziosi sughetti insaporiti solo con aromi (al massimo un po’ d’olio extravergine ligure) e gli estratti dello stesso pesce o carne che sia. Rispettosa della materia prima, con cotture brevi di pesce e crostacei, al limite del crudo. Una cucina istintiva, perché “la tecnica è importante, ma non si deve mai percepire”. E che sorprende con alcuni piatti di terra capaci di risvegliare sapori ripiegati negli archivi della memoria.

CANTINA

14/20

Un centinaio le etichette, distribuite su tutto il territorio enologico della Penisola. Molti i produttori di qualità. Ampia la scelta nelle bollicine franciacortine e negli champagne. Buoni i ricarichi.

COMPETENZA

8/10

Si avverte lo spessore che accomuna i due cugini nel loro passato girovago. Di Eddy, che gestisce la parte organizzativa, i contatti con i fornitori e si prende cura dei clienti in sala, conosciamo già i trascorsi. Il 29enne Daniele ha al suo attivo esperienze formative in ristoranti italiani negli Stati Uniti, a Santa Monica e soprattutto a Las Vegas (Valentino’s Restaurant), dove forse ha un po’ appreso quel suo gusto per l’azzardo, e poi alla Brughiera di Villa d’Almè, dove ha “imparato a cucinare” nel senso alto del termine. Ad accomunare i due cugini anche il forte spirito di squadra. Una squadra di cui fanno parte, oltre ai due cuochi in fiore, Nicola Rota e Gabriele Carera, di 17 e 18 anni, il fratello di Daniele, Livio, filosofo e giornalista del Gruppo editoriale Il Giornale di Bergamo, operativo in sala. Viene il sospetto che sia proprio il filosofo ad ammannire preziosi consigli sulla linea del locale, dando il fondamento teorico ad alcune scelte, per così dire, di stile.

SERVIZIO

8/10

Buono, davvero informale, ma non da “amiconi” a tutti i costi, bensì misurato e mai invadente. Lodevole l’attenzione alle esigenze e al giudizio dell’avventore.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO

RISTORANTE CASANOVA via Bergamo, 16 - Curno tel. 035 615051 - chiuso il lunedì

8,5/10

Buono il rapporto qualità/prezzo in considerazione della ricchezza delle portate e delle materie prime utilizzate. La megacatalana di crostacei si aggira sui 30-35 euro e in ogni caso anche il prezzo complessivo è personalizzato in funzione del numero di piatti ordinati (difficilmente si superano i 50 euro anche con tre portate). p.s.

Affari di Gola marzo 2010 21


L’AZIENDA

Gaudes, volano le vendite. E il “Riserva” approda al Vinitaly A Verona il lancio ufficiale del prodotto di punta di Villa Domizia, che intanto incassa dal mercato una soddisfacente risposta alla nuova linea di vini rossi e bianchi. Luca Rota (4R):“Coerenti con la nostra filosofia in cantina”. E sulla promozione: “Indispensabile il sostegno di Associazioni e operatori presenti sul territorio”

A

settembre dello scorso anno, i fratelli atelli Rota - a capo della Quattroerre di Torree de’ Roveri - hanno presentato ufficialmente te la linea “Gaudes”. Tre tipologie di Valcalepio, bianco, nco, rosso e riserva, unite sotto il marchio ammiraglio aglio della 4R: Villa Domizia. L’intento principale era (e rimane) quello di realizzare una linea appositaa che riesca ad interpretare al meglio il desiderio erio di rivalutare e valorizzare i vini del proprio prio territorio.A distanza di poco più di sei mesi, si, è tempo per fare un primo bilancio di carattere tere commerciale. “I dati - sostengono alla 4R - sono più che positivi, sono andati ben oltre le nostre più ottimistiche previsioni: le vendite, in effetti, sono ono cresciute del triplo ed i locali che hanno cononfermato la presenza nella loro carta dei nostri stri vini sono più che raddoppiati”. Luca Rota - responsabile della produzione - spiega i motivi tivi alla base dell’exploit che ha caratterizzato ato l’arrivo sul mercato di Gaudes: “Da tempo o si sostiene che quando un vino è riconoscibile, bile, equilibrato e facile da bere si può definire piacevole. E per noi è proprio la piacevolezza zza la dote più apprezzata in un vino. Quelli più graditi, con un considerevole rapporto qualiualità/prezzo, diventano poi, non a caso, i vini ni di

22 Affari di Gola marzo 2010

maggior successo. Ecco perché abbiamo voluto su anteporre a tutto la piacevolezza, garantendo al contempo un u prezzo contenuto. Così è nato Gaumercato ci ha premiati. Possiamo dire oggi des, e il mer che la sfida nata quindici anni fa è per noi vinta”. Anche Slow Slo Food ha riconosciuto la continuità questa filosofia, inserendo il Valcalepio di que Bianco Villa Domizia nella pubblicazione Bianc “Guida “Guid al vino quotidiano 2010”. La quarantaquattresima edizione del Viniqu taly (dall’8 al 12 aprile), sarà invece il palco ( per la presentazione ufficiale di Gaudes riserva riser 2005. La tradizionale “piazza Valcalepio”, all’interno della più grande macalep nifestazione italiana dedicata al vino, farà nifes da cornice all’introduzione dell’ultimo c prodotto nato in casa Villa Domizia.“Essere prod al Vinitaly - prosegue Luca Rota - significa Vi credere in un certo tipo di comunicazione cred fatta di incontri ed eventi e ci sembra la tribuna tribu più appropriata per far debuttare ufficialmente il nostro vino di punta, il più c importante”. Gaudes riserva nasce dall’ imp unione unio di due vitigni internazionali come Merlot Merl e Cabernet coltivati sulle nostre colline, collin quale esemplare taglio bordolese originale origin e “ruffiano” ed è stato affinato per


oltre cinquanta mesi, prima in legno e poi in bottiglia. Ora arriva il lancio ufficiale. “Ma - spiega ancora Luca Rota - quando affermiamo di voler interpretare al meglio la rivalutazione dei vini del territorio, siamo fermamente convinti che sia necessario procedere anche in simbiosi con le altre Associazioni e i diversi operatori presenti sul territorio, entità che possono rappresentare il vero salto di qualità a livello promozionale dei prodotti e dei servizi che la nostra provincia può offrire. Ecco perché siamo al Vinitaly ed ecco perché partecipiamo e sosteniamo eventi straordinari come la rassegna cinegastronomica “Fuori Menù”, in corso proprio in questi giorni e organizzata dall’ Ascom, manifestazione che è riuscita a coinvolgere ben quaranta ristoranti. Le parole - puntualizza ancora Rota - sono belle, i fatti concreti le confermano”.A fianco poi della linea Gaudes, al Vinitaly verrà presentata anche la linea dei Cuvè Zerotre. Sono vini fermi concepiti per un consumo giovane e informa-

le, già collaudati da tempo e disponibili nella versione bianco e rosso. Entrambi sono prodotti grazie all’assemblaggio di tre vitigni (da qui il nome Zerotre). Il bianco è l’unione di Pinot Bianco, Chardonnay e Moscato Giallo. Il rosso è prodotto dall’unione di Merlot, Cabernet e Franconia.“La sfida lanciata da noi fratelli Rota nel 1995 - conclude Luca - porta oggi un nome latino, che rappresenta appieno la nostra filosofia. Difatti la traduzione di Gaudes è godere di qualcosa e i numeri presentati sembrano proprio confermare quanto sia stata oculata la svolta che abbiamo imposto alla nostra produzione”.

QUATTROERRE via Marconi 1 - Torre de’ Roveri tel. 035 580701 info@quattroerre.com www.quattroerre.com

Aff Af ffa farrii d Go ola a ma marzo arzzo 2010 23 Affari dii G Gola


ATTREZZI di Sara Vavassori

Rame e ceramica, la nuova frontiera delle Pentole Agnelli Presentato a Cooking Expo l’innovativo prodotto che promette di migliorare le performance degli chef. Baldassarre Agnelli:“Grazie alla ricerca del Saps, lanciamo sul mercato una pentola che garantisce durata, praticità e ottime prestazioni”

T

radizione e innovazione in cucina, un binomio vincente per la Baldassarre Agnelli che in occasione di Cooking Expo ha presentato la nuova linea di pentole in rame e ceramica. Un’idea innovativa dal momento che non esiste in commercio una pentola con la stessa accoppiata di materiali.Tutto è nato grazie ai numerosi esperimenti e studi condotti dalla Saps, il Centro di ricerca e formazione fondato dalla Baldassarre Agnelli. “Abbiamo sostituito la stagnatura della pentola in rame con una sottile pellicola in ceramica. Lo stagno con cui sono rivestite le pentole in rame ha infatti durata limitata, perciò abbiamo pensato di trovare qualcosa che garantisse l’igiene ma al tempo stesso che potesse essere più durevole dello stagno. La nuova pentola ha così le stesse caratteristiche della pentola in rame, mentre la ceramica conferisce antiaderenza, facile pulizia e durevolezza - spiega Baldassarre Agnelli, presidente dell’omonima azienda con sede a Lallio -. La pentola, che sarà in vendita da aprile con un prezzo simile a quello di un pentola in rame, è indicata per le cotture come risotti e selvaggina e per tutte le cotture che richiedono l’utilizzo di una pentola in rame”. Un ulteriore passo in avanti nello sforzo innovativo, che conferma l’impegno della Baldassarre Agnelli nella ricerca continua su materiali come alluminio e rame applicati ai diversi metodi di cottura degli alimenti. Già, ma fino a dove si potrà spingere la ricerca? “I cuochi che utilizzano la cucina molecolare han-

24 Affari di Gola marzo 2010

Baldassarre Agnelli

no aperto nuovi orizzonti e un nuovo utilizzo dei materiali, ma per ora vince ancora la tradizione”. Per presentare la nuova pentola Agnelli quale occasione migliore che il Cooking Expo: “Ci siamo proposti subito come sponsor, non solo per l’importante vetrina che ha rappresentato, ma soprattutto per far provare i nostri prodotti ai migliori cuochi italiani e far cucinare le loro ricette con le nostre pentole.“Cooking Expo è stata un’occasione importante per promuovere Bergamo e la ristorazione. Questa manifestazione deve diventare un appuntamento fisso - auspica Agnelli -. Inoltre aver portato a Bergamo la selezione italiana di un concorso prestigioso come il Bocuse d’Or potrebbe essere il primo passo affinché la nostra città diventi anche per le prossime edizioni una tappa di questa competizione. Come azienda storica della bergamasca, abbiamo festeggiato i 100 anni tre anni fa, ci teniamo all’immagine di Bergamo”. La Baldassarre Agnelli ha acquisito una solida posizione di primato nel settore delle pentole professionali tanto che oggi la “Pentola Agnelli” è sinonimo della migliore produzione all’insegna della qualità. Le tappe fondamentali nell’evoluzione della pentola? “Se parliamo della pentola in relazione anche alla nascita della nostra attività nel 1907, possiamo dire che ad inizio ‘900, con la scoperta dell’alluminio, è nata la prima pentola con questo metallo. Prima infatti le pentole erano in ferro, rame o cotto. L’alluminio si contraddistingue per essere un ottimo con-


duttore di calore, leggero e maneggevole. Fino agli Anni 50 è stato il dominatore, poi è arrivato l’acciaio inossidabile che ha conquistato per la sua lucentezza e per la possibilità di essere modellato dai designer. Non è riuscito però a sconfiggere l’alluminio, perché chi ama la cucina e sa cucinare sa che l’alluminio conduce meglio il calore. Poi è arrivato l’antiaderente, che è ancora alluminio rivestito ed è per questo più pratico. Oggi la teoria dei cuochi è quella che non si può avere in cucina un solo metallo, ogni cottura deve avere il suo materiale. L’acciaio è adatto per le bolliture, il rame e l’alluminio per le cotture lunghe e lente, l’antiaderente per arrostire e il ferro per i fritti”. Non solo. Adesso c’è persino l’oro. Per gli chef più esigenti, Baldassare Agnelli ha infatti realizzato anche una esclusiva Pentola d’Oro, un vero e proprio gioiello dell’artigianalità professionale con un’anima in rame pregiato e rivestita interamente in oro zecchino 24 carati.

Le pentole assumono un’importanza fondamentale in cucina: ne esistono molte e diverse e per non perdersi è importante conoscerne le caratteristiche di base, che ne determinano le funzionalità più importanti in relazione al tipo di alimento e alla modalità di cottura. Queste caratteristiche sono la forma e il materiale: “Nella nostra azienda abbiamo sempre mantenuto la tradizione - spiega Baldassarre Agnelli -. I prodotti che fabbrichiamo oggi hanno misure e forme antiche adeguate ai tempi moderni”. Il requisito fondamentale per uno strumento di cottura professionale non è il design “accattivante”, bensì la capacità di rispondere alle esigenze di chi cucina: ovvero comodità, praticità, maneggevolezza e, fattore decisivo, la capacità, come detto, di condurre il calore. Per la buona riuscita di ogni piatto, l’estro e l’abilità del cuoco devono quindi essere supportati dai giusti strumenti di cottura. Il consumatore, al contrario, spesso cerca di più l’estetica. “Il design va bene, ma per le liste nozze, dove la pentola deve essere oggetto da regalo. Negli altri ambiti, lo ribadisco, ciò che conta sono i materiali, e soprattutto le forme e le misure. Quello che noto spesso è che il consumatore avrebbe bisogno di più informazioni: una volta chi stava dietro al bancone sapeva consigliare anche le giovani casalinghe sul tipo di pentola da utilizzare per determinate ricette. Oggi con la grande distribuzione gli scaffali sono “muti”. Si spiega forse anche così la grande partecipazione ed attenzione per i corsi che facciamo in Saps, in particolare quando eseguiamo le prove comparative. Per far capire l’importanza dei materiali nella cucina, proviamo a cucinare lo stesso cibo con pentole diverse”. Insomma, la pentola è il simbolo della ristorazione e saper scegliere quella giusta può fare la differenza.

CERAMICA

RAME

Affari di Gola marzo 2010 25


“Premio alla Professionalità”, o riconoscimento alla moglie di Vittorio

“P

er essere stata per tanti anni, con il marito Vittorio, un punto di riferimento di alto livello della cucina italiana e per aver avuto un ruolo determinante nel far sì che i figli potessero continuare a dare lustro a Bergamo con professionalità e versatilità”. Con questa motivazione, il 1° marzo scorso, il Rotary Club Bergamo Ovest - Distretto 2040 ha conferito il Premio alla professionalità alla signora Gioconda Gritti (nella foto), per tutti Bruna, moglie del compianto Vittorio Cerea, fondatore nel ‘66 dell’omonimo ristorante oggi tristellato Michelin. Il riconoscimento del Rotary Club è stato consegnato alla signora Gioconda - affiancata da tre dei cinque figli Chicco, Francesco e Bobo

- dal presidente nte Alessandro Colli olli nel corso di una serata alla Cantalupa di Brusaporto. Colli ha evidenziato “il ruolo prezioso che da sempre sta svolgendo Gioconda, esempio di moglie, madre e imprenditrice silenziosa e operosa”. Sopratutto dopo la scomparsa del marito nel 2005, la signora Bruna ha “saputo tenere uniti i cinque figli e favorire così il consolidamento dell’azienda”. Il Premio alla Professionalità viene conferito ogni anno a personaggi bergamaschi di rilievo che si siano distinti in vari settori.

Mercato del caffè, segni di ripresa nel 2010 Nonostante la crisi che ha duramente colpito l’economia mondiale, il mercato del caffè italiano sembra tenere. Se, dai primi riscontri, il mercato del 2009 pare avere retto all’impatto della crisi, si spera ora in un 2010 in ripresa. L’anno si è infatti aperto con segnali positivi che fanno sperare, certamente in tempi non rapidissimi, in un rinvigorimento del mercato. “A livello mondiale la crisi è stata avvertita maggiormente che in Italia, il nostro mercato ha infatti tenuto e vediamo dei timidi segnali di ripresa - ha confermato Gianluigi Sora, presidente dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano -. Notiamo comunque un cambiamento nella struttura del mercato che nel lungo periodo potrebbe arrivare a una polarizzazione, con la presenza quindi di prodotti di alta qualità contrapposti a prodotti di basso livello”. I caffè di fascia media potrebbero quindi scomparire e questo ridisegnerebbe anche la mappa del mercato dei bar, accentuando lo scarto tra quelli che servono e serviranno caffè di qualità elevata e quelli che si orienteranno su prodotti di scarso valore. “Per fare in modo che il mercato tenda verso il polo alto, quello della qualità, dovremo rendere i consumatori sempre più capaci di scegliere in autonomia i prodotti migliori - ha aggiunto Sora -. Per questo, per il secondo anno, il 16 aprile tornerà Espresso Italiano Day. Durante la giornata in più di 3.600 bar sul territorio nazionale, pubblici esercizi che già servono miscele certificate, saranno distribuiti ai clienti anche dei vademecum tascabili per imparare a riconoscere i caffè di livello da quelli di scarsa qualità”.

26 Affari di Gola marzo 2010

Franciacorta, nel 2009 commercializzate quasi 10 milioni di bottiglie Sono state 9.430.993 le bottiglie di Franciacorta commercializzate, fra Italia ed estero, nel corso del 2009. Il dato, come previsto, si conferma in equilibrio con l’anno precedente registrando per il Franciacorta un andamento migliore rispetto a quello del mercato. “Un risultato decisamente positivo - ha commentato Maurizio Zanella, presidente del Consorzio Franciacorta -. Siamo riusciti a mantenere le nostre posizioni sul mercato grazie alla politica della qualità che perseguiamo da anni. Un risultato ancor più soddisfacente - ha continuato - se si tiene conto del fatto che la politica dei prezzi delle nostre aziende è stata coerente e stabile. I nostri produttori non si sono fatti spaventare dalla congiuntura economica sfavorevole, a differenza di quanto accaduto in molte altre importanti denominazioni, italiane e non, dove si sono manifestate politiche di prezzo palesemente schizofreniche”. Per il 2010 le principali linee guida dettate dal Consiglio di amministrazione riguarderanno un’ulteriore innovativa revisione del disciplinare di produzione del Franciacorta ed un significativo potenziamento delle attività di promozione.


TRADIZIONI di Anna Facci

Pasqua all’uovo Non solo di cioccolata. Il comunissimo uovo di gallina è simbolo della rinascita e omaggio beneaugurale da tempi ben più lontani. Ecco un piccolo viaggio tra le ricette e le usanze italiane tipiche del periodo pasquale che lo celebrano

Liguria

La ge genovese Torta Pasqualina (e come si poteottesennò) le accoglie nel suo ripieno vaa chiamare ch en no bietole e ricotta. Si formano delle fossette e vi di bi le uova che vengono poi cosparsee di si rrompono om po’ di formaggio grattugiato, pepe e sale. Co Con un np on cottura in forno si rassoderanno creando una la co un na bella be ella sorpresa al momento del taglio. La ricetta ettta già dal XV secolo e prevede un fondo è aattestata tte nd do una eu n copertura realizzati con fogli sottilissimi im mi pasta, fatta solo di farina, acqua, sale e un p po’ di pa o’ d’olio. d’o oli La tradizione vuole che le sfoglie siano an no 33, 33 3, ccome gli anni di Gesù, ma oggi ci si acconontenta ten nta di meno. La torta è ormai diffusa in tutta uttta Italia, ma in Liguria conserva rvva un tratto locale: al posto della ellla ricotta si utilizza la priscisccineusa, la cagliata fresca legeggermente acidula che è ananche componente essenziale ale della famosa focaccia al forfo ormaggio e che si trova solo olo nelle aree di produzione..

che assomma l’acquisto del prodotto fresco e quello di alimenti industriali e artigianali, come pasta, maionese e dolci, che contengono uova (più di un terzo del consumo complessivo). Prodotto umile ma ricco di nutrienti e di gusto, versatile e “magico” per le tante forme che assume, ha ispirato anche la grande cucina e uno chef come Carlo Cracco lo ha addirittura messo al centro della sua ricerca gastronomica. È con la Pasqua che si veste però del valore della tradizione, si combina con le erbe nuove, diventa focaccia “robusta” dopo le privazioni della Quaresima, tinto di rosso è ricordo della passione di Cristo. Dal Nord al Sud della nostra Penisola non mancano le ricette del periodo pasquale che hanno per rric icette tipiche tip protagoniste protagonisst le uova.

Veneto

A

Pasqua l’uovo l non è solo di cioccolata. Simbolo della vita, della generazione di d un essere vivente e, di conseguenza, della consegu rinascita nel signifi cato cristiano della significato cr risurrezione e in quello ancor precedente del ritorno alla vitalità della natura allo scoccare della primavera, nonché omaggio benaugurante sin dai tempi dei Persiani, è il comunissimo uovo di gallina. Piccolo, economico, sempre presente anche nel frigorifero più desolato, àncora di salvezza per un pasto all’ultimo minuto o ingrediente di ricette più elaborate, è una presenza praticamente scontata in cucina. Nel Nel 2009 gli g italiani hanno consumato in media 217 uova a testa, tesst circa uno ogni un giorno e mezzo, dato ato o

Meno M en elaborata l’usanza veneta, ma non meno gustosa. gu usto Si tratta di “Vovi (o ovi) e Sparasi”, uova uo ova e asparagi, altro connubio di stagione. Quelli Qu uel bianchi di Bassano, la cui delicatezza fa che possano essere consumati in tutta la lunsì ch ghezza, gh hez sono i preferiti. Le uova vengono bollite per 5-6 minuti in modo che il tuorlo resti morbipe er 5 do. Ogni commensale provvederà poi a pestardo o. O con la forchetta fino ad ottenere una crema le co piuttosto omogenea che potrà essere condita piu utt con co on olio d’oliva, sale, una macinata di pepe e una un na g goccia di aceto, nella quale intingere, o meglio gli io ““tociar”, i “sparasi”.

Affari di Gola marzo 2010 27


Puglia

L’ L’uovo L’uov può essere incastonato anche in un un dolce. do olc Accade nelle Scarcedde pugliesi, dolci ollci origine semplici fatti con farina, zucchero, in or ero, uova, uo ova latte, olio d’oliva e scorza di limone, arricchiti ric cch via via dalla fantasia con glasse, cononfettini fetttin colorati, granelli di zucchero e realizzati zati nelle ne elle più diverse forme: colombine, agnelli, elli, cestini, cavallucci, bambole. Su tutte viene ce esti ene fisssato messa (sempre con striscioline di pasta me esse a croce) almeno u un n uovo crudo. Sono u utitilizzate come omaggio gio pasquale e l’usanza nza impone che il numero ero delle uova sia in ra rapapporto all’importanza nza del destinatario della ella scarcella.

Venezia Giulia V

Campania

A Napoli Na e in Campania è il Casatiello a celebrare l’uovo. Ciambella ricca, preparata con farina, lievito, strutto, st trut pepe, salame, pecorino e ciccioli di maiale, il casatiello è il simbolo “salato” della Pasqua, degno contrappunto alla Pastiera che tiene la scena sul versante dei dolci. Nella forma vuole ricordare la co ont corona co oro di spine di Gesù e a differenza del Tortano, composto dagli stessi ingredienti ma con uova sode nell’impasto, il casatiello le porta ing gre ta incastonate na ate in superficie, trattenute da due striscioline di pasta a formare are - altro simbolismo - una croce. Le uova vengono inserite crude. La cottura sim mb ttura in forno for rn a contatto con la pasta dona loro un sapore particolare, e, che vale va ale la paziente operazione di liberare il guscio dall’impasto che aderisce. Il nome è messo in relazione con “caso”, che in napovi ad poletano let tan significa formaggio. Formaggio, soprattutto pecorino, che he protagonista anche di molte varianti di focacce e pizze che è pr he nell’Italia centrale per la colazione della mattina di Pasqua venne ell’ ngono go ono accompagnate alle uova sode benedette il venerdì santo,, a ssalumi alum e vino.

Risal Risalendo R l’Adriatico fino in cima, si incontrano o le Titole triestine, anche queste dolci che “porgono” l’uovo sodo. Sono realizzate con la “p por stessa ste ess pasta della Pinza, “brioche” ricca di burro con tre impasti successivi, tipica o realizzata re della de ella colazione pasquale accompagnata con prosciutto cotto caldo o con prosciutto di San prros Daniele, ma ottima anche in altre oco casioni da sola, con marmellata o cioccolata. Le titole sono realizzate intrecciando tre rotolini di pasta, inserendo all’inizio dell’intreccio un uovo sodo che la tradizione vuole colorato di rosso in cordo della Passione. r i -

In Berga Bergamasca la scampagnata sii fa f con n “öf “ö e capelìne” In Bergamasca a Pasqua l’uovo si tuffa nelle insalate. Abbinamento ssemplice ma non meno ricco di significato, perché celebra le prime erbe che la primavera porprim ta nei campi e negli orti, con la loro dose di freschezza e vigore. A seconda delle zone, vengono “scamüsìne”, chiamate “capelìne”, “cap “böc”,“redéc”, “redé cicorino o germocon le uova sode gli e insieme in

28 8 Aff Affarii di G Gola l marzo 2010

sono l’ingrediente tradizionale della scampagnata di Pasquetta. Il nome scientifico è Cichorium intybus, in italiano cicoria a grumolo. Sono “rosette” a foglia verde o rossa che cominciano a rispuntare da febbraio dopo i rigori invernali. Croccanti, dal sapore gradevolmente erbaceo, leggermente amarognolo, si mangiano crude ed hanno un gusto


A ottobre la giornata mondiale dell’uovo Proclamata dall’International Egg Commission per sottolineare la presenza dell’alimento su tutte le tavole. In Italia prodotti in un anno quasi 13 miliardi di pezzi Nel N el 20 2009 09 iin n Italia, Ital ali lia ia secondo seco se cond ndo do i dati dati forniti f dall’Unione Nazionale Avicoltura, sono stati consumati 12,75 miliardi di uova. Cifra in leggero calo rispetto ai 12,99 del 2008, così come la media del consumo per abitante che passa da 224 a 217 unità. Sostanzialmente stabile è invece la produzione, che si attesta sui 12,9 miliardi di pezzi, 0,65 dei quali destinati all’esportazione (in crescita rispetto al 2008 che ha registrato 418.800.000 di uova in guscio ed ovoprodotti trasformati in equivalenti uova in guscio venduti). La quota dei prodotti importati (anche in questo caso si parla di uova ed ovoprodotti) è invece pari a 0,5 miliardi (contro gli 0,45 del 2008). Il comparto è stato segnato negli anni 2005-2006 da una generale contrazione dei consumi legata ai timori dell’influenza aviaria, mentre l’acquisto di uova fresche ha subito un incremento con la crisi, che ha favorito la scelta di alimenti di prezzo più contenuto. In effetti, sempre secondo l’Una, l’uovo è la fonte di proteine nobili a costi più bassi (3,9 centesimi di euro per un grammo) vincendo la gara per la convenienza con tutti gli altri prodotti, dal latte ai formaggi, dalle carni, rosse o bianche che siano, al pesce. L’uovo è anche alimento universale, utilizzato in ogni angolo del globo. Si stima che ogni giorno vengano consumati al mondo circa due miliardi di pezzi. I più “golosi” sono i messicani che ne consumano 350 l’anno, seguiti da giapponesi (330) e cinesi (320). Per sottolineare la presenza in tutte le tradizioni

alimentari, insieme con la versatilità, la praticità e l’economicità, la Iec-International Egg Commission, l’organismo che rappresenta i produttori di uova a livello mondiale, ha proclamato il secondo venerdì di ottobre di ogni anno Giornata mondiale dell’uovo, occasione per celebrare questo piccolo alleato del gusto. Per quanto riguarda la commercializzazione, in Italia l’uovo racconta la sua storia attraverso il codice stampato sul guscio. L’etichettatura è in vigore dal primo gennaio 2004 e consente di risalire a molte informazioni sull’origine del prodotto. Come si legge? Il primo numero si riferisce al tipo di allevamento delle galline: 0 significa “biologico” (le galline razzolano all’aperto alcune ore al giorno seguendo una dieta biologica e depongono le uova in nidi o a terra); 1 “all’aperto” (le galline razzolano all’aperto alcune ore al giorno e depongono le uova in nidi o a terra), 2 “a terra” (le galline si muovono in un ambiente chiuso, di solito un capannone, e depongono le uova a terra), 3 “in gabbia” (le galline restano in gabbia e depongono le uova su nastri trasportatori collegati al confezionamento). La sigla successiva specifica il Paese di produzione (IT sta per Italia), seguono il codice Istat del Comune, la sigla della provincia e il codice identificativo dell’allevamento.

pieno o che le ren rende buone anche con parte da sole. so ole. Si raccolgono racco che aggiunge un dellaa radice c tocco o di sapore in più ed è fonte nutritivi. di preziosi prreziosi elementi ele Nel passato era er il territorio di Curno Curn no il più rinomato per la produzione, pro oduzione, oggi continuano ad essere coltivate sui colli di col Bergamo insieme con le altre insalate per le quali la insal zona è apprezzata. app Variante più tenera e delicaVa delle ta è quella q dell uova sode con l’insalata più rustico l’insa alata Pasqualina, Pasqu

e deciso l’abbinamento con le “cicorie” (taraxacum officinalis) che crescono spontanee nei campi (quelle, per intendersi, dei fiori gialli e dei soffioni). Erbe più amare, si mangiano crude tagliate sottili quando sono appena spuntate, nel periodo di Pasqua sono però già cresciute e si consumano bollite. Sia le “capeline” sia le cicorie selvatiche hanno anche effetti depurativi e disintossicanti, ideali per ripulire il fisico dalle scorie accumulate con l’inverno.

Affari di Gola marzo 2010 29


DAL 12 AL 16 APRILE

Ne Nelle gelaterie bergamasche “L “La merenda non si paga” Dal 12 al 16 aprile “La merenda non si paga”. È l’iniziativa ormai consolidata del Co.gel, il Comitato dei gelatieri dell’Ascom di Bergamo che fa un goloso regalo ai bambini delle scuole dell’infanzia e delle elementari. Le gelaterie che partecipano all’operazione distribuiranno infatti degli speciali buoni che nel periodo di svolgimento della manifestazione i piccoli potranno convertire in un gelato omaggio.

disposizione complessivamenA disposiz te 20mila tagliandi da “spendere” negli esercizi aderenti di tutta la provincia. L’appuntamento rientra nella campagna “Gelateria di Fiducia”, un progetto per la promozione dei prodotti artigianali di qualità. Quest’anno lo slogan è «Dolcemente genuino. Il gelato artigianale: una freschezza di piacere» a ricordare che quello tra salubrità e gusto non è un accostamento im-

possibile, ma trova un’ottima sintesi proprio in un cono o in una coppetta. «Un concetto – evidenzia il presidente del Co. gel Massimo Bosio – che non è del tutto acquisito dal consumatore, che resta legato ad abitudini consolidate senza prendere in considerazione, ad esempio per la merenda dei bambini, la possibilità di sostituire con un bel gelato, meno calorico e più nutriente, uno snack confezionato».

DAL 16 AL 18 APRILE

Formaggi, a Mantova esposizione in piazza e concorso “in rosa” Nel centro storico di Mantova, città insignita del riconoscimento di Patrimonio Unesco dell’Umanità, torna dal 16 al 18 aprile “Mille e 2 formaggi”, l’esposizione di prodotti caseari di origine giunta alla nona edizione. L’appuntamento, organizzato da MantovaExpo, si svolgerà in piazza Erbe, piazza Broletto e piazza Sordello, tre diverse aree che corrispondo ad altrettante identità tematiche tutte inerenti ai formaggi italiani. Dallo scorso anno, piazza Sordello ospita anche “Golosi in piazza”, proposte gastronomiche diverse dai formaggi ma abbinabili alle produzioni casearie (ingresso libero, dalle ore 10 alle ore 20). Torna anche il concorso “Formaggi in rosa”, che nell’edizione 2009 aveva rappresentato la grande novità fra le iniziative dedicate alla valorizzazione della produzione nazionale. Nel 2010 il concorso cresce, coinvolgendo Consorzi e Associazioni di categoria nella sua fase di sensibilizzazione alle donne del set-

tore. Ad esse, protagoniste spesso poco conosciute in ambito produttivo ma altrettanto spesso depositarie di un sapere prezioso ed esclusivo, è rivolta la gara, che mette in palio come premio speciale la partecipazione alla Fira de St Ermengoll a La Seu d’Urgell, vetrina internazionale celebre per l’eccellenza dei prodotti in esposizione e assaggio, che si tiene nella località catalana nel terzo fine settimana del mese di ottobre. Anche l’intrattenimento avrà come filo conduttore il formaggio. Con attori che interpreteranno il ciclo produttivo caseario a tempo di musica, i “Formaggiordomi” con tanto di cilindro frack e i Top del Formaggio, tre topi giganti alle prese per tutta la durata della manifestazione con una grossa forma di formaggio da spingere e grattugiare sia nelle piazze dell’evento sia per le strade della città. Per informazioni www.mantovaexpo.it

DAL 18 APRILE

Con TrenoBlu alla scoperta dei sapori del lago d’Iseo Riparte la stagione delle gite a bordo dei treni turistici per il lago d’Iseo. TrenoBlu è il servizio che tutte le domeniche dal 18 aprile porta da Bergamo a Paratico Sarnico lungo una linea rimasta

30 Affari di Gola marzo 2010

chiusa nella tratta finale per oltre trent’anni e riattivata nel 1994, che in alcune occasioni (il 25 aprile, il primo maggio e il 26 settembre) rimette addirittura in moto un treno d’epoca e una storica lo-

comotiva a vapore. L’iniziativa si accompagna a pacchetti culturali e gastronomici, come quello che offre la possibilità di gustare la tinca al forno a Clusane d’Iseo o di scoprire vini e spumanti di Fran-


Per saperne di più sull’olio d’oliva Destinati ai semplici curiosi o agli addetti ai lavori, ecco una serie di appuntamenti dedicati all’olio di oliva in programma tra marzo e aprile. Cominciamo dalle proposte più vicine. Il 24 marzo alle 20.30 alla biblioteca di Mozzo si tiene l’incontro “Sapere di Sapori: l’olio di oliva extravergine”, una panoramica su produzione, conservazione, acquisto, numeri, classificazione alla quale seguirà un assaggio guidato di otto campioni rappresentativi dei principali pregi dell’ olio e dei suoi principali difetti. La relazione e la degustazione sono a cura dell’assaggiatore professionista Marco Antonucci, l’ingresso è gratuito. Lo stesso programma sarà proposto il giorno successivo, 25 marzo, nella biblioteca di Entratico con la serata “Olio di oliva: istruzioni per l’uso” al via alle 20.30. Il 24 marzo si terrà anche il seminario tecnico “Le malattie dell’olivo ed i trattamenti per curarle e prevenirle” con il dottor Paolo Zani di Aipol (Associazione interprovinciale produttori olivicoli Lombardia), alle 20.30, nella sede di Villongo della Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi. Rassegna di respiro internazionale è invece Sol, il Salone dell’Olio d’Oliva Extravergine di Qualità, in programma alla Fiera di Verona dall’8 al 12 aprile in contemporanea con Vinitaly, Enolitech (vetrina delle nuove applicazioni e tecnologie della filiera eno-olivicola) e Agrifood Club (mostra dell’agroalimentare di qualità).

ciacorta e Val Calepio in una limitata serie di bottiglie con etichetta “Selezione TrenoBlu”.Da Milano partono invece i “treni dei sapori” con destinazione Rovato per “Lombardia Carne – Sagra del manzo all’olio” (21 marzo), Palazzolo sull’Oglio e Capriolo per la “Sagra del Brasato” (25 aprile), Iseo per il “Festival dei Laghi italiani” (30 maggio) e Clusane con “Il treno del vino novello in Franciacorta” (7 novembre). (Info FBS - Ferrovia del Basso Sebino tel. 030 7402851)

Affari di Gola marzo 2010 31


IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Anna Zhou

La cuCina “integrata” di Anna Zhou Nell’88, a soli 22 anni, ha aperto a Mozzo il ristorante Hong Kong. Da un anno il locale ha cambiato formula per stare al passo con i tempi. Una storia felice di integrazione nel lavoro e nella vita: il marito svolge un’attività commerciale e le figlie studiano alla Bocconi e al Sarpi

S

e anticipi le mode procedi, se non ti rinnovi arretri. Piccole e fondamentali regole che non hanno certo valore assoluto ma che possono ben funzionare in tanti settori compreso quello della ristorazione. Ora non sappiamo se i ristoranti della catena di franchising Wok, come la celebre pentola, o meglio il metodo di cottura cinese con lo stesso nome, funzioneranno. In Italia sono una quarantina, sette a Milano. Di certo però sono molto innovativi rispetto ai tradizionali ristoranti cinesi che, complici qualche allarme sulla sicurezza alimentare di troppo e i capricci della moda, hanno decisamente imboccato il viale del tramonto. L’impressione è che possano resistere quelli di maggior classe. Ma intanto il nuovo avanza e si può affermare che a un anno dall’apertura il ristorante Wok di Mozzo abbia

raggiunto un notevole successo attraverso tre chiavi fondamentali: prezzo, qualità e abbondanza. Sul prezzo c’è poco da dire: 10 euro in settimana per il pranzo di mezzogiorno, 16 euro alla sera e per il pranzo della domenica, sempre compresi acqua e caffè, mentre sono escluse le bevande. Sulla qualità il salto è evidente: la maggior parte dei piatti - verdure, carne e pesce - viene cucinata alla piastra a vista: il cliente sceglie ciò che vuol far cuocere ed il grado di cottura. L’abbondanza merita poi un capitolo a parte: non c’è limite. Il cliente sceglie tutte le portate che vuole senza doversi preoccupare di tipologie e quantità perché il prezzo non cambia. E se riso alla cantonese, spaghetti di soia, ravioli al vapore e tanti altri classici della cucina cinese, almeno quella proposta in Italia, non mancano, l’offerta si allunga fino a una cinquantina di opzioni che vanno dalla bistecca agli spiedini, dai calamari ai gamberi, alla salsiccia, al pollo, a una gran quantità di verdure da “saltare” alla piastra, al sushi. E poi ci sono la macedonia e il dolce. Ma l’elenco è comunque troppo lungo. È il paradiso dei mangioni? Diciamo


proprio di sì. In realtà il decollo più lento è stato quello del pranzo di mezzogiorno, appuntamento per la gente che lavora e va di fretta. Ma adesso sono in molti ad avere imparato la strada e i piatti che girano talvolta fanno veramente impressione in termini di volume. E poi c’è un cartello che ammonisce “non sprecate il cibo o ci sarà un supplemento di dieci euro”: ovvio che nessuno a questo punto può fare degli avanzi. Colta al volo tra i tavoli: «Certo che se non avevi tanta fame dovevi dirlo. Saremmo venuti un altro giorno», ha detto lui alla sua lei ad un tavolo da quattro posti insieme ad un’altra coppia, tanto per far capire come sono ormai molti coloro che scelgono il locale a colpo sicuro. Se l’affluenza è buona a mezzogiorno, la sera lo è ancora di più, soprattutto nel fine settimana, al punto che al sabato senza prenotazione è difficile entrare. E il Wok non è piccolo: 150 posti con altri 50 in giardino nella bella stagione. Per chi poi preferisce mangiare in casa c’è anche la possibilità dal take away. La storia di questa nuova versione del ristorante cinese, in realtà, parte da lontano, non solo in senso geografico. L’attuale Wok rinnova i successi del ristorante Hong Kong che pure ha avuto i suoi bei momenti di gloria: sicuramente uno dei migliori e più frequentati della provincia prima che sopraggiungesse il generale declino. Artefice del primo successo e dell’attuale rilancio è indubbiamente lei, Anna Zhou (in famiglia ora hanno tutti nomi propri italiani) che nell’88 ha aperto

l’Hong Kong. «Avevo 22 anni e tanta voglia di lavorare – racconta Anna – quando ho aperto il ristorante. Abbiamo avuto un buon successo ed una buona clientela per parecchio tempo, poi il lavoro ha cominciato un po’ a rallentare, noi ne abbiamo risentito probabilmente meno di altri, ma c’era la necessità di rinnovare a siamo contenti di quello che abbiamo fatto. Sì, il nuovo sistema funziona bene, i clienti sono soddisfatti. Inizialmente c’era qualche spreco di troppo ed abbiamo cercato di sensibilizzare la clientela con un messaggio: “mangiate veramente quanto volete ma non sprecate”». Nella nuova realtà Anna si muove con discrezione tra i tavoli con occhio attento, come del resto faceva in precedenza. Difficile immaginarla in un ruolo diverso, ma Anna Zhou e la sua famiglia sono un esempio lampante di integrazione ben riuscita. Il marito Suang Fu svolge un’attività commerciale che non ha nulla a che vedere con la ristorazione. Le due figlie invece hanno una caratteristica particolare: non parlano la lingua cinese. Lucia frequenta il secondo anno di Economia e Commercio alla Bocconi, Lisa invece la classe terza del Liceo Classico Sarpi: entrambe con ottimi risultati. «Le mie figlie sono nate qui – conclude Anna – e sono perfettamente inserite sia negli studi che nelle amicizie e sono molto soddisfatte della loro situazione, non hanno problemi. Noi genitori di tempo libero veramente ne abbiamo poco, ma ci siamo pure creati il nostro cerchio di amicizie qui a Mozzo. Sì, possiamo considerarci un bell’esempio di integrazione».

L’iinseegna ora è Wok, L’insegna ccon onn una u proposta a libero libbeero servizio e a volontà. voolontà. LLaa ma m aggior parte maggior ddei eii ppiatti iatti viene cucinata al lla ppiastra a vista alla

RISTORANTE WOK via Lecco 2 - Mozzo tel. 035 614415 sempre aperto Affari di Gola marzo 2010 33


IL PRODOTTO di Roberta Martinelli

A Bergamo scatta l’olio-mania La coltivazione si è diffusa anche in pianura, oltre che sul Sebino. Oggi sono 65mila le piante censite che garantiscono una media di 48mila litri di olio all’anno. Antonucci (Onaoo): “Tra una decina di anni la produzione dovrebbe raddoppiare. Ma a vincere è sempre la qualità”

U

n tempo era il vino, oggi è l’olio. Presenza irrinunciabile in cucina, al centro di corsi di degustazione e seminari, l’olio d’oliva extravergine raccoglie sempre più adepti. E il mercato cresce. Nel mondo vengono prodotti circa 2,5 milioni di tonnellate di olio ogni anno. L’Italia (secondo produttore dopo la Spagna che detiene circa la metà della produzione totale) ha raggiunto quota 450mila tonnellate grazie a un patrimonio olivicolo di 250 milioni di piante, 38 Dop-Igp e un consumo pro-capite di 1213 chili. Tradotto in moneta, il fatturato annuo del comparto si aggira intorno ai 2 miliardi di euro. Bergamo, nonostante una produzione limitatissima, si è ritagliata una posizione di rilievo grazie alle qualità di eccellenza del suo prodotto, tanto che alcuni oli bergamaschi cominciano a essere segnalati nelle guide e a vincere concor-

si dedicati. In provincia sono state censite circa 65.000 piante di olivo (500-600 autoctone, provenienti dal ceppo originale) distribuite su una superficie di 200 ettari, per una produzione totale di 48.000 litri di olio all’anno, pari al 10% dell’olio dell olio prodotto in Lombardia e allo 0,01% di quello realizzato in Italia: un mercato assolutamente di nicchia

con un volume d’affari teorico di 960mila euro fatto da una moltitudine di piccoli e piccolissimi olivicoltori e legato principalmente all’autoconsumo e al turismo. «Negli ultimi anni c’è grande interesse - dice Marco Antonucci, tecnico ed esperto in oli di oliva vergine ed extravergine e assaggiatore Pro-


I pregi dell’olio del Sebino L’ olio extravergine bergamasco si caratterizza all’assaggio per una piccantezza molto ridotta e un’assenza quasi totale delle note amare (per cui viene definito olio dolce), accompagnata da note di mandorla fresca. Ciò è dovuto alla presenza di acqua in abbondanza che mitiga le sensazioni di amaro e alla ridotta esposizione al sole che riduce la piccantezza. Un suo grande pregio è l’elevata percentuale di acido oleico (il cosiddetto “grasso buono”) e di acido linoleico e linolenico, meglio noti come omega 3 e omega 6. L’olio ha un buon profumo, leggero, quasi etereo che si differenzia a seconda della zona di produzione: nelle zone perimetrali a Bergamo, presenta sentori più legati al profumo delle olive, della mandorla fresca, del carciofo; verso Scanzorosciate si accentua la mandorla; negli oli prodotti intorno al lago si incontrano anche note a volte molto marcate di mela verde, di frutta bianca e di banana.

Marco Antonucci, esperto in oli di oliva vergine ed extravergine nonché assaggiatore Professionista dell’Onaoo

fessionista dell’O.N.A.O.O. (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Olio di Oliva) -. Non solo sull’Alto Lago d’Iseo che è vocato per tradizione. La coltivazione dell’olivo si è diffusa anche nella bassa pianura. Il disciplinare Dop comprende 28 comuni ma i paesi produttori oggi sono almeno il doppio». Una sorta di olio-mania che ha catturato vecchi e nuovi agricoltori un po’ dappertutto da Sotto il Monte e Urgnano fino a Trescore, Riva di Solto e Lovere. «Prima si faceva il vino, ora è la volta dell’olio - spiega Antonucci -. Sul lago il mercato sta funzionando e si pensa di farne un business». non è così, il guadagno è In realtà r marginale rispetto ai costi e al rima schio sostenuti: i produttori guasch dagnerebbero di più a fare altro. dag territorio bergamasco non conIl te sente coltivazioni superintensive sen quindi le spese sono molto alte (i qui soli costi di raccolta incidono quasi la metà dei costi totali); inoltre le rrese sono basse, quando si ha 12/13% è già un buon risultato. il 1 «Produrre un litro di olio nelle no«Pr stre zone costa in media 22-24 euro contro i 9-10 euro della meeur dia nazionale - calcola il tecnico O.N.A.O.O. -. Per avere un ricavo O.N O N bisognerebbe venderlo sui 30 eubiso

ro ma chi lo comprerebbe? A questo prezzo viene venduta la Dop che ha costi più elevati legati anche alla certificazione. Di norma viene venduto tra i 13 e i 15 euro al litro». Come è possibile? «Chi fa olio lo fa per passione, per soddisfazione personale - dice Antonucci -. La maggior parte degli olivicoltori locali sono amatoriali.Tutte le lavorazioni di campo, compresa la raccolta delle olive, vengono svolte in famiglia e quindi si risparmia questa spesa. In molti casi poi la produzione di olio è collegata ad altre attività, al turismo, alla coltivazione di mais o di altri presidi». Certo che la richiesta c’è ed è tanta e tutto l’olio prodotto viene venduto in brevissimo tempo. «Intorno al nostro olio c’è un po’ di magia - spiega Antonucci -. C’è l’idea che l’olio dei laghi abbia proprietà miracolose. Che allunghi la vita. Meglio così. Pensi che una farmacia lo tiene sul bancone tra i prodotti in vendita…». «Negli ultimi anni - stima Antonucci - sono stati piantati migliaia di ulivi. Tra una decina di anni la produzione dovrebbe raddoppiare e sarà tutta venduta. Si tratterà comunque sempre di un prodotto di nicchia. Non interessa fare grandi numeri ma un prodotto di qualità».

Affari di Gola marzo 2010 35


IL LOCALE di Leo Bartoli

All’Osteria dell’Angelo di Treviglio, Settimo Ravasi continua a conquistare palati grazie alla mano felice nei risotti. Abbiamo fatto una degustazione che ci ha convinti per qualità e varietà della proposta

Riso e formaggi, nozze perfette

I

n Bergamasca il re incontrastato dei risotti è lui, Pino Capozzi, il patriarca che già un quarto di secolo fa scriveva libri sul tema con Ave Ninchi (prefazione del sommo Gino Veronelli), proponendo ben 133 ricette a base di Carnaroli, Vialone nano e altre nobili varietà, capace di vincere tenzoni anche contro i grandi di Spagna, signori della paella. Per fortuna in provincia c’è chi segue le sue orme e tra i talenti emergenti c’è uno chef nella Bassa che comincia a farsi largo a suon di “passaparola”. Così se Pino resta il monarca, Settimo Ravasi, per tutti Sam, titolare dell’Osteria dell’Angelo a Treviglio, può ambire a candidarsi a principe ereditario. Anche se guide e critica sembrano ancora un po’ snobbarlo, il popolo dei ghiottoni bergamaschi lo ha già eletto tra i suoi beniamini e continua ad affollare le sue sale soprattutto per un motivo: provare l’ultima creazione in fatto di risotti targata Sam. Eppure l’Osteria a Treviglio è un’istituzione dal 1928:

un tempo sosta d’obbligo per i camionisti, con l’andare degli anni la sua cucina del territorio, passata per tre generazioni (ma scalpita già la quarta) ha allargato clientela e varietà, mantenendo un ambiente cordiale e familiare e specializzandosi in tagliate di carne chianina e costate (udite, udite) di bisonte, servite su un particolare tagliere di pietra. Ma da anni ormai si va da Sam soprattutto per i risotti, una passione che lui ha ereditato da mamma Francesca:“È lei che mi ha fatto venire voglia di provare: il suo risotto ai funghi era insuperabile. Io sono partito da lì e accanto ai classici ho cominciato a sperimentare, a provare nuovi abbinamenti, sempre tenendo presente i suoi insegnamenti e il segreto di famiglia, che nasce già in fase di preparazione del piatto. Naturalmente non lo rivelerò: vi basti sapere che non faccio tostare il riso nella cipolla. Poi non vado mai oltre i 17-18 minuti di cottura e mentre tutti sembrano innamorarsi dell’olio, io uso ancora un burro particolare, delle montagne trentine, formidabile per la mantecatura”. Il riso, invece, è rigorosamente Carnaroli (“è il massimo per tenere la cottura e per cremosità”) e ha un’anima bergamasca:“Ho scelto il Salera di Martinengo, che ha risaie in Lomellina: è tra i migliori Carna-

roli che ho provato - spiega Sam -. Invece per il riso nero “Venere” integrale, molto aromatico, mi rifornisco nel Novarese”. La degustazione parte da un risotto all’uva bianca e strachitunt: creativo, con gli acini ancora croccanti e la cremosità del vaccino che esalta i chicchi di Carnaroli, anche se manca il retrogusto pungente di un erborinatura un po’ debole per il re dei formaggi orobici. Ecco poi il riso nero integrale abbinato a zucchine e spumante classico brut: delicato, elegante, ma soprattutto equilibrato. Per questi primi due piatti, lo chef consiglia un abbinamento con le bollicine di un Franciacorta: aggiudicato. Si passa quindi al risotto al pecorino di Pienza e miele di castagno: lo assaggio perplesso, ma ben presto le mie riserve evaporano. La dolcezza del miele non è eccessiva, anzi fa da contrasto al saporito formaggio toscano sublimato dall’abbinamento con un cabernet siciliano molto profumato. Largo poi al vero portento della serata: risotto alle nocciole, pere e gorgonzola, la vera quadratura del cerchio, armonia e grandi suggestioni, specie se alimentati da un Dolcetto d’Alba d’annata. Ma le creazioni non finiscono più: c’è il risotto mantovano zucca e gorgonzola, quello venetopiemontese che sposa il radicchio trevigiano al Barbera d’Asti o quel-


lo alle mele e agli eccellenti caprini della Via Lattea di Brignano, premiate creazioni griffate Valentina Canò. Poi naturalmente, ecco i classici: oltre quelli ai funghi e alla milanese, non può mancare il risotto al tartufo, sia nero che bianco, a seconda delle tasche. Ora Ravasi è però tutto concentrato sulla sua ultima “creatura”: un risotto alla liquirizia che però deve ancora mettere a punto: “Lo sto abbinando ad altri ingredienti importanti, ma non ho ancora fatto la scelta definitiva”: c’è da giurare che sarà la novità “primavera-estate” della casa. Non troppo avvezzo a confronti e paragoni, Sam sembra quasi a disagio quando gli parliamo del grande Pino Capozzi:“Lui è un maestro dei risotti, un nome conosciuto anche a livello internazionale. Io parto da una concezione più minimalista, direi familiare del modo di cucinare, che mi ha trasmesso la solita mamma Francesca. Mi diceva e mi dice ancora: «Fai da mangiare come ne faresti per tuo figlio». E a proposito di famiglia, ai fornelli sta già scaldando i motori il nipote Matteo, 30 anni, grande voglia di sfondare. “Appena entrato in cucina - spiega Sam - si è subito innamorato dei risotti e sta apprendendo tutte le tecniche e i segreti di famiglia: ne sentirete parlare, come vedete l’Osteria dell’Angelo resterà in buone mani!”.

OSTERIA DELL’ANGELO via Bergamo 94 - Treviglio tel. 0363 49323 chiuso martedì sera risotti in lista: sempre almeno 7-8 al prezzo di 6 euro Affari di Gola marzo 2010 37


CULTURE di Rossana Pecchi

La cucina persiana fa scuola. A Nembro Françoise Hovanessian, nata a Teheran ma dal ‘71 in Italia, a, impartisce lezioni nel suo appartamento. “Quelli della nostra tradizione sono piatti delicati, con largo impiego di verdure e un sapiente trattamento delle carni”

L

a prima cosa che viene in mente, accostandoci alla cucina persiana, è la sua lontananza dallo stile “quattro salti in padella”: difficile improvvisare qualcosa all’ultimo minuto. Ma quelle pentole fatte andare a fuoco lento e che, in fondo, dopo un po’ di pratica, richiedono un’occhiata ogni tanto, alla fine attraggono, fanno compagnia. Certamente il delicato profumo di spezie e riso che giunge dai fornelli, esotico ma non troppo, rilassa ed invita alla conversazione le partecipanti al corso di cucina persiana tenuto dalla chef Françoise Hovanessian nel suo appartamento di Nembro, sede dell’Associazione culturale Persepoli, un nome che rievoca il potente impero persiano dei re Dario e Serse, molto più esteso dell’odierno Iran, nome relativamente recente coniato negli Anni 30 dallo scià. L’attuale corso, quattro incontri serali in tutto, si chiuderà all’inizio di aprile, ma altri ne sono previsti durante la primavera: uno dedicato alle salse, uno di cucina persiana di 2° livello e uno, già rivolto all’estate, sulle insalate. Françoise, nata a Teheran ma di origine franco-armena, in Italia dal ’71, è ormai una veterana di questi incontri “casalinghi”, nati nel 1999 dalla convinzione che la cultura culinaria persiana, nonché quella armena e mediorientale in genere, abbia tutta la dignità di altre più blasonate e che, parlando di spezie e condimenti, si finisca per rendere meno estranee culture considerate lontane. Gli incontri si rivolgono a piccoli gruppi, da quattro a sei partecipanti, che fanno la spola fra la cucina, dove ci si raduna per seguire le fasi più critiche e la chef si destreggia con pentole antiaderenti rese esotiche da coperchi avvolti in canovacci che assorbono l’umidità, e il soggiorno, per prendere nota delle particolarità degli ingredienti disposti in buon ordine sulla tavola. In ogni serata vengono illustrati e degustati un paio di piatti, accompagnati da italianissimo vino rosso. “Grazie alla mia storia personale sono entrata in contatto con la cucina

38 Affari di Gola marzo 2010

francese e ho amato quella italiana, che considero tuttora alla pari di quella persiana - spiega Françoise - poi però la nostalgia, la voglia di ricordare e ricreare i sapori dell’infanzia mi hanno portato a riscoprire i piatti della mia tradizione, che ho cercato di riproporre scovando con pazienza ingredienti il più possibile simili”. Già, perché uno dei problemi è nel reperire la materia prima. La comunità iraniana in Italia è sparuta, non ha alimentato un solido mercato, come è successo con altre, così in qualche caso bisogna sapersi adattare. Il vero riso iraniano, per esempio, non si trova e il pane sottile nemmeno, ma un buon basmati non di supermercato può rappresentare una valida alternativa, così come il pane arabo tipo piadina venduto in buste anche dalla grande distribuzione che, cotto sul fondo delle pentole, diventa una vera ghiottoneria da sgranocchiare insieme al riso. Lo yogurt denso, impiegato in lungo e in largo, si può preparare facendo scolare un buon yogurt di latte intero dentro un canovaccio legato e appeso sul lavello. Per la particolare essenza di rose la ricerca meticolosa dà in genere frutti, mentre per la melassa di melograno, pare ci sia poco da fare. L’essenza di rose, abbinata allo zafferano e ad una spolverata di pistacchio salato, è una delle componenti essenziali del gelato che Françoise è riuscita a far ricreare da una gelateria artigianale di Nembro e che viene prodotto in occasioni speciali, su ordinazione dell’associazione. “Spesso la prima domanda che mi viene posta - continua - è sul grado di piccantezza dei piatti. Ma subito io rassicuro: la cucina persiana è delicata, nessun sapore è troppo spinto, si mangia in modo equilibrato, con largo impiego di verdure e un sapiente trattamento della carne”. Anzi, per Françoise proprio su quest’ultimo aspetto la Persia culinaria batte l’Italia due a zero,“a parte - sottolinea - la tagliata toscana”. Così spiedini e spezzatini sono tra i protagonisti, anche se le vere re-


gine della cucina sono probabilmente le verdure, rese innovative dalle spezie più varie, fresche e secche, dall’aneto al coriandolo, dall’erba cipollina al curry, insieme all’onnipresente riso, per il quale esiste tutto un cerimoniale di preparazione che comincia quasi sempre la sera precedente e prevede precisi movimenti della mano per agevolare la perdita dell’amido senza danneggiare i chicchi. Non mancano accostamenti insoliti, come lo spezzatino di vitello con prugne e spinaci, le melanzane allo yogurt, l’anatra alle noci e melograno. Un posto importante hanno anche le frittate, rese particolari da ingredienti quali pistacchi e mandorle a scaglie, ma che non sono un’alternativa rapida, perché comportano lunghi tempi in forno e ricordano, per ricchezza di ingredienti, le nostre torte salate. Molte ricette, illustrate in tutti i dettagli, si possono trovare sul sito dell’associazione www. persepoli.it. In ogni incontro Françoise presenta un paio di piatti, di cui fornisce dettagliate schede. Ma trucchi e consigli vengono dati a voce e diligentemente annotati. Si va dal pane raffermo che, inserito all’occorrenza nella pentola dove avviene la seconda fase di cottura del riso (dopo una prima rapida bollitura) cattura l’odore di bruciato, al soffritto, che si può preparare e conservare almeno per una settimana, da aggiungere già cotto agli ingredienti, risolvendo il problema del “rischio annerimento della cipolla”. In questi anni sono transitati nella cucina di Françoise circa duecento allievi, alcuni si sono appassionati ed hanno cominciato a ruotare intorno all’associazione che può contare su una decina di collaboratori. Per molti l’interesse per la cucina si unisce alla disponibilità all’incontro con una cultura diversa. Sì, perché Françoise, in modo lieve, risponde con pertinenza alle domande che spesso si allontanano dallo stretto ambito culinario. Non a caso collabora da tempo con le scuole a progetti di intercultura, per esempio al liceo scientifico Amaldi di Alzano ha parlato del “sufismo”, la forma di ricerca mistica tipica della cultura islamica. Ma in fatto di religione Françoise ci tiene anche a ricordare che la Persia è la culla dell’antica religione di Zarathustra, la prima monoteista di cui si abbia traccia. L’associazione organizza anche serate speciali. Il prossimo appuntamento, alla vicina Cascina solidale Terra Buona di Nembro, con inizio alle 19, è legato ai festeggiamenti del capodanno persiano, che cade quest’anno il 20 marzo alle 18,31 nel momento esatto dell’equinozio di primavera.“Il filo conduttore - sottolinea Françoise – sarà proprio l’equinozio, occasione per presentare tradizioni e ricorrenze di vari paesi, grazie alla presenza di donne egiziane, giapponesi e libanesi”. Il menù, proposto al costo di 25 euro, prevede, dopo gli antipasti medio-orientali, riso tradizionale alle erbe aromatiche con pesce e gelato persiano. Per partecipare è necessario prenotarsi entro il 15 marzo (tel. 035 470643/ 333 2682347).

PASTIFICIO

Benedetti Barbara Via Europa, 41 angolo M. Grappa Alzano Lombardo (BG) Tel. 035.513885 cell. 349.1569480

Tra il dire e il fare ci siamo Noi! Noi non diciamo... Li facciamo semplicemente buoni

RAVIOLI

PASTA FRESCA GNOCCHI

con ingredienti altamente selezionati,

produciamo... qualità e freschezza • SERVIZIO A DOMICILIO PER: RISTORANTI - NEGOZI - CATERING GROSSISTI - MENSE • PRODUZIONE E CONSEGNE GIORNALIERE

labottega.benedetti@tiscali.it Affari di Gola marzo 2010 39


L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Trancio di salmone e porri Ingredienti per 1 persona 1 trancio di salmone 1 porro un po’ di panna da cucina olio di oliva extravergine a piacere un pizzico di curry dolce sale e pepe a piacere Preparazione Tagliate il porro a rondelle (tutta la parte bianca e circa 3 cm. della parte verde), lavatelo e fatelo ammorbidire a fuoco lento con un po’ di olio; coprite la casseruola con un coperchio. Prima della fine della cottura aggiungete un po’ di curry e il sale. Mettete i porri in una pirofila e disponetevi sopra il salmone, che è stato precedentemente ben lavato e asciugato; aggiungete sale e pepe a seconda del vostro gusto e ricoprite con la panna da cucina senza abbondare. Sigillate la pirofila con un foglio di alluminio e mettetela in forno a 180 gradi per circa 20 minuti. Il tempo dipende comunque dallo spessore del salmone.Accompagnate il tutto con delle fette di pane di segale

LA CURIOSITÀ Il salmone rappresenta una pietanza perfetta per le proprietà nutrizionali contenute nella sua carne: è ricco di “Omega 3”, che riducono il colesterolo cattivo (LDL) ed aumentano quello buono (HDL), è fonte di proteine e fosforo ed ha un contenuto discreto di calcio e ferro. Il salmone è reperibile fresco o surgelato in tutti i periodi dell’anno, già spellato e spinato. Se si può scegliere è preferibile acquistarlo fresco. Infine, per chi è attento alla linea, è utile sapere che ogni 100 g. di prodotto al naturale, apportano circa 180 Kcal. Per accompagnare il nostro piatto, il porro rappresenta un’ottima scelta: è ricco di acqua, poco calorico e contiene vitamine e minerali preziosi come il ferro, indispensabile per la formazione dei globuli rossi, il magnesio, importante per il sistema nervoso, lo zolfo, indicato per contrastare la fermentazione intestinale e lo odio per combattere l’acidità. Il sapore delicato e dolce, ma non privo di aroma, accontenta tutti i palati tanto che viene utilizzato sia nella cucina popolare per la preparazione di piatti semplici, sia per la creazione di ricette più raffinate. Al momento dell’acqui-

40 Affari di Gola marzo 2010

sto, bisogna scegliere i porri con i gambi sodi, diritti e sormontati da un ciuffo di foglie turgide e di colore verde scuro; non ci devono essere foglie ingiallite o avvizzite, poiché sono segno di scarsa freschezza. Ricordiamoci che se il porro non è fresco, il sapore risulterà molto acre. Del porro si utilizza solitamente la parte bianca, considerata la più pregiata , ma è nelle foglie verdi che sono contenuti i sali minerali e quindi vanno cucinate e consumate. Per conservare al meglio i porri è utile togliere la parte più dura delle foglie e, dopo averli puliti e asciugati, bisogna riporli in frigorifero, avvolti in un canovaccio inumidito o in sacchetti di carta. Non deve infine essere sottovalutato l’aspetto afrodisiaco del porro, i cui effetti erano riconosciuti fin dai tempi antichi. Marziale, un poeta dell’antica Roma, esaltando le numerose virtù del porro, era infatti solito affermare:“Se l’invidiosa età allenta il nodo nuziale, il tuo cibo sian porri e la tua festa lo scalogno”. Non resta che provare, trasformando, se possibile, l’angolo del single in una cena a due.


CORSI

Le proposte di primavera dell’Accademia del Gusto In primo piano centrifughe, formaggi e le basi della cucina professionale

L

a primavera dell’Accademia del Gusto di Osio Sotto si apre con corsi che spaziano dalle centrifughe all’utilizzo della frutta esotica, dal menù creativo alle basi della cucina professionale. Il 31 marzo (un solo incontro, dalle 15 alle 18) è in calendario il corso di cucina professionale “Le centrifughe: i p succhi di frutta succh verdura”: Fee ver derico Coria sacattedra per le in c mostrare come mostr elaborare le ricetelabora dall’aperitivo al te dall’a dessert, creare abbinamenti e padrobinamen neggiare la tecnica del centrifugare, ottenendo succhi essenziali pronti a diventare protagonisti di un menù completo, condimento o decorazione del prodotto finale. Con il laboratorio “I formaggi al ristorante: gli indispensabili”, in programma dal 7 al 21 aprile (tre incontri dalle 15 alle 18, al mercoledì), Giulio Simercole gnorelli guiderà i professionisti della ristorazione in un percorsso degustativo ed esplorativo alla scoperta dell’arte arte casearia, per imparare a conoscere ere e i formaggi, ricercare i prodotti m mi-igliori e proporli a carrello. Argogo omenti del corso saranno le tipoloolo ogie di formaggio, la preparazione ne e presentazione del carrello, le tecnicniiche di degustazione, la degustazione guidata, le tecniche di conservazione, taglio e presentazione e il servizio in tavola. Per trasformare in professione la passione per la cucina, parte il 12

Gli altri appuntamenti Queste le altre date da segnare in agenda: il 16 aprile si apre il corso “Pizze d’autore, tenuto da Tiziano Casillo, dedicato ai professionisti che intendono variare la propria offerta con condimenti alternativi, con tanto di visita degustativa in una realtà d’eccellenza come la “Pizzeria I Tigli” di Simone Padoan, a San Bonifacio in provincia di Verona. Il 7 aprile inizia il corso sulle “Tecniche di servizio di sala, professione maître”, tenuto da Antonio Magni presso l’Antico Ristorante del Moro a Bergamo. Il 14 aprile è in programma un corso su “La frutta esotica nei piatti d’alta cucina”, tenuto da Federico Coria: un laboratorio per elaborare piatti eccellenti, con contaminazioni e fusioni creative. Il 19 aprile prende il via “La cucina creativa: i sapori della cucina mediterranea”, tenuto da Roberto Pirelli: un seminario che mostra come realizzare un menù creativo, illustrando modalità di composizione, esecuzione e presentazione dei piatti, per stupire anche i palati più esigenti.

ACCADEMIA DEL GUSTO ASCOM FORMAZIONE i tt Don D Gandossi G d i1 piazzetta Osio Sotto tel. 035 4120180/183 formazione@ascombg.it www.ascomformazione.it

aprile il “Corso Corso base di cucina professionale”, nale”, tenuto dallo staff dell’Accademia del Gusto. usto. Il percorso formativo mativo permette di verificare l’ampiezza delle abilità necessarie arie per intraprendere ere una carriera era professionaale impegnativa. Si articola in 69 ore di lezioni in cucina (dalle 8.30 alle 11.30 dal 12 aprile al 20 maggio), al termine delle quali sarà possibile sperimentare le competenze apprese con uno stage della durata di due mesi presso ristoranti convenzionati con Ascom. I contenuti del corso spaziano dalla mise en place a materiali ed attrezzature all’igiene in cucina. Una full immersion per acquisire le competenze di base della cucina professionale. Gli aspiranti chef si cimenteranno nella preparazione di fondi e salse base e derivate, degli impasti di panificazione, della pasticceria base e dei dessert nella ristorazione. Si acquisiranno tutte le competenze su legumi e verdure per la creazione di creme e zuppe, su carne e pesce – dai tagli alle cotture e preparazioni -, sulla realizzazione di paste fresche e secche e sul riso (classificazioni e preparazioni). Non mancheranno lezioni per la creazione di menù a tema – dal banqueting al pranzo di lavoro, al buffet, al menù alla carta - e sui formaggi. Al termine del percorso la vera e propria prova del nove ai fornelli, con lo stage in cucina.

Affari di Gola marzo 2010 41


L’ANNIVERSARIO di Pino Capozzi

Vent’anni a tavola con il Club dei Buongustai Il compleanno dell’associazione festeggiato con una cena e la consegna dei collari agli iscritti da almeno tre anni

“I

Storica immagine del Club del Buongustaio cui si ispira il Club bergamasco

di partecipanti accomodati in aria di festa. Il primo piatto l Club dei Buongustai Bergamo” si ispira al “Club è un “Risotto con scarola dei colli e crema di taleggio” abdel Buongustaio” (collana della gastronomia eurobinato a un “Faber - rosso Cantalupa - dedicata a te...Vittopea) che approdò a Bergamo il 28 marzo del 1969 con il rio” vino da tavola da 14 gradi imbottigliato dall’Azienda suo presidente, il gastronomo Luigi Carnacina, nella sala Agricola Monzio Compagnoni di Adro. minore della Borsa Merci, alla presenza delle autorità citSegue un secondo di “Merluzzo nero d’Alaska con purea tadine per la consegna dell’artistica targa di appartenendi broccoli e carciofi fritti” accostato a un bianco “Verza al Club ai ristoratori scelti da Carnacina. naccia di San Gimignano Castello Mantauto 2008 Docg”. L’associazione Buongustai Bergamo nasce in Valle SeriaA concludere un abbondante e variegato buffet di dolci e na e come scopo primario si prefigge di promuovere e la gradevole visita in sala della signora Bruna Cerea con i diffondere la cultura enogastronomica della Bergamafigli Chicco e Francesco ai quali è stato dato un caloroso sca e non solo. La sede fu a Parre a partire dal 1984. Doabbraccio dagli amici più intimi. po qualche anno (sei per la precisione) per dare magAlla festa era presente anche l’assessore alle Attività progiore lustro al Club venne deciso di avvicinare la sede a duttive del Comune di Bergamo Enrica Foppa Pedretti, Bergamo, dando inizio alla inevitabile scissione tra Club che con il vertice del Club dei Buongustai, il presidendei Buongustai della Valle Seriana e Club dei Buongustai te Ernesto Tucci e il segretario Bruno Martinelli hanno Bergamo. provveduto alla consegna del collare con il distintivo del Alla prima convocazione di assemblea della nuova realClub ai soci con l’iscrizione almeno triennale. tà cittadina si è deciso di eleggere presidente l’avvocato L’occasione ha portato a rivolgere un caro pensiero al Ernesto Tucci, segretario l’enologo Bruno Martinelli. Con maestro Luigi Carnacina, gastronomo e autore di libri di tale svolta le iniziative si sono moltiplicate. In vent’anni cucina internazionale. Una vita esemplare tra cucina e disi sono organizzate nuove esperienze culturali di gastrovulgazione. Nato a Roma nel 1888, ha cominciato la sua nomia, serate a tema nonché trasferte in Italia e all’estero carriera a 12 anni come cameriere e sguattero in un’ostecon interessanti tappe alla scoperta di piatti tipici assoria e a soli 14 anni ha lasciato l’Italia iniziando la sua asceciati a buona enologia, ma anche a visite di mostre d’arsa nella gerarchia alberghiera: al Ciro’s di Montecarlo cote e musei. nosce Auguste Escoffier con cui lavora al Savoy Hotel di Con il 2010 i Buongustai Bergamo, per il loro ventennaLondra e che nel 1920 lo assume come direttore nel suo le, hanno deciso di festeggiare il compleanno alla CantaRestaurant de l’Ocean di Ostenda. Poi è mâitre d’hotel in lupa da Vittorio di Brusaporto, al cospetto della famiglia diversi alberghi di gran classe e, dal 1933, direttore geneCerea anch’essa in clima di festeggiamenti per la conrale di hotel e ristoranti sia quista della terza “stella” Miin Europa che in America. chelin. La sua carriera continua nel La serata gastronomica campo dell’editoria dove è stata affiancata dai “Micura la pubblicazione di ensmountain Boys” che non ciclopedie gastronomiche e hanno fatto mancare musiforbiti libri di cucina. Il Club ca e spettacolo. L’aperitivo è del Buongustaio, diffusosi in un fresco Franciacorta Bruttutta Italia, è stato la sua ultiVernaccia Monte Delma ma fatica e un’iniziativa che Passirano, generosamente anno dopo anno speriamo servito con “Flan di gorgonsi continui a festeggiare, per zola con spuma di zucca sinistra il segretario del Club Bruno Martinelli, Nicoletta Mazzucogli amanti della cucina di oge granello di amaretto”. La Da telli presidente di Archeocucina, l’assessore alle Attività produttive del bella sala vede il centinaio Comune di Bergamo Enrica Foppa Pedretti e il presidente Ernesto Tucci gi e di domani.

42 Affari di Gola marzo 2010



Q

uesto è vino.

Valcalepio Rosso D.o.c. | Valcalepio Rosso Riserva D.o.c. Valcalepio Bianco D.o.c. | Moscato di Scanzo D.o.c. Grappa Moscato di Scanzo Visita il nuovo shop on-line: www.ilcipresso.info L’azienda agricola

Il Cipresso

via Cerri 2, Tribulina di Scanzorosciate (Bg) Telefono e fax: +39.035.45.97.005 www.ilcipresso.info a.cuni@ilcipresso.info

Viinitaly 2010 da 7 al 12 Aprilee dal Si Siamo prresenti al PA A LAEXPO PO st stand B9-C9 nell B9 llaa piazza del Valcaa le lepio o


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.