Affari di Gola ottobre 2009

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ottobre 2009

Supplemento al n. 35 de “La Rassegna” del 15 settembre 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

LA COPERTINA

Polenta, «ecco perché dobbiamo rilanciarla» IL CONGRESSO L’Accademia del Gusto vola in Spagna

IL RISTORANTE

LA RIAPERTURA

L’INVESTIMENTO

Il Bobadilla convince anche a tavola

I Meratti tornano, ma con “L’Angolo del Gusto”

Ol formager diventa una piccola Peck


Food Service Equipment

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OTTOBRE 2009

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SOMMARIO

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Palazzo Borgo S.r.l. via Rassegna amo - € 2,60 ice: La Berg bile - Editr ma 1, DCB responsa 1, com direttore 04 n. 46) art. 2/20 Ruggieri Giuseppe (conv. in L. 27/0 2009 2003 settembre - D.L. 353/ 15 ” del Postale Rassegna onamento 35 de “La e in Abb nto al n. Spedizion Suppleme ne S.p.A. Poste Italia

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PENNA ALL’ARRABBIATA Dopo la cena stellare, la multa salata. Le amare “sorprese” ad Almè e Villa d’ Almè

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L’APPROFONDIMENTO “Riportiamo la polenta nei menù”

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IL PRODOTTO Le troppe differenze del Moscato di Scanzo

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IL CONGRESSO Alta cucina, l’Accademia del Gusto vola in Spagna

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L’INIZIATIVA Branzi, cinque chef per un formaggio

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L’AZIENDA Salami al tartufo e al Chianti, le nuove sfide della “Bortolotti”

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IL RISTORANTE Bobadilla, le note sono giuste anche a tavola

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LA RIAPERTURA I Meratti tornano, ma con “L’Angolo del Gusto”

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IL NEGOZIO Ol Formager diventa una piccola “Peck”

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LETTERE Io, chef, volontario in una sagra vi racconto quel che ho visto

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IL PERSONAGGIO Una casa nel bosco e sei milioni di ricette, i libri di cucina che nascono a Blello

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo Presidente: Ivan Rodeschini Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri In redazione: Anna Facci Opinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico Rota Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 224572 affaridigola@larassegna.it Pubblicità: S.P.M. srl viale Papa Giovanni XXIII, 120/122 24121 Bergamo tel. 035 358 888 fax 035 358 753 Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950 Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara Vavassori Impaginazione: Videocomp, Bg Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTI 4R, Ascom, Buona Carne, Il Cipresso, Pastificio Benedetti, Rami, Relux, Ros, Speal, Vini Valoti.


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LA COPERTINA

L’orto sul balcone piace anche ai bergamaschi

Supplemento al n. 35 de “La Rassegna” del 15 settembre 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

I ristoratori alla scoperta dei sapori stellati del “Sorriso” di Soriso

Pizzerie d’asporto, a Bergamo crescono come funghi

Supplemento al n. 31 de “La Rassegna” del 17 settenbre 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

ACCADEMIA DEL GUSTO

Supplemento al n. 27 de “La Rassegna” del 16 luglio 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

Supplemento al n. 23 de “La Rassegna” del 18 giugno 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - € 2,60

LA COPERTINA

FOCUS

IL PRODOTTO

L’INIZIATIVA

PENNA ALL’ARRABIATA

PENNA ALL’ARRABBIATA IL RISTORANTE

IL PRODOTTO

L’APPROFONDIMENTO

BOCUSE D’OR

VAL SERIANA

LA CANTINA

FORMAZIONE

Il picnic interpretato dai gastronomi

Strachitunt, con la Dop arriva l’esame di maturità

L’Ascom riporta le famiglie al ristorante

Il nome Veronelli tra declino e colpevoli indifferenze

Appello ai “potenti”: non dimenticate l’enogastronomia

Arriva il caprolo, il caprino fatto col barolo

Il franchising? Ecco chi ci prende gusto

Bergamo candidata per la selezione della squadra italiana

Bollino blu per i formaggi d’alpeggio

“4R” rinnova sia i vini che le etichette

Le nuove idee passano dall’Accademia del Gusto

Affari di Gola

“Anteprima”, il gusto molecolare della cucina

ABBONAMENTI

L’Accademia del Gusto vola in Spagna

IL RISTORANTE

LA RIAPERTURA

L’INVESTIMENTO

Il Bobadilla convince anche a tavola

I Me Meratti tornano, ma con “L’Angolo del Gusto”

Ol formager diventa una piccola Peck

Abbonamento annuale

Modalità di pagamento Assegno bancario intestato a: “La Rassegna S.r.l.” non trasferibile

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IL CONGRESSO

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Polenta, P l t «ecco perché dobbiamo rilanciarla»

per informazioni tel. 035 4120304

Compilare e inviare il tagliando alla redazione, allegando l’assegno o copia del bonifico:

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LA COPERTINA

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PENNA ALL’ARRABBIATA di Pier Carlo Capozzi

Dopo la cena stellare, la multa salata Le amare “sorprese” ad Almè e Villa d’Almè

L

a Polizia locale dell’unione dei comuni di Almè e Villa d’Almè è balzata agli onori della cronaca a ottobre appena iniziato, grazie ad una contravvenzione a dir poco singolare. Gerolamo Cortinovis, abitante ad Almè, si è visto redigere un verbale perché, in bicicletta, pedalava tenendo al guinzaglio Attila, il suo cane boxer. La multa, 23 euro, è stata commentata dal comandante dei vigili urbani Nicola Filippetti con un perentorio: “Contravvenzione insolita, ma contemplata dal Codice della strada”. La prima osservazione a tale commento potrebbe essere “e ci mancherebbe pure che non fosse contemplata”, ma noi andremo oltre, codici alla mano. È datata infatti 1 luglio 2009 (un macello gli inizi di mese, quest’anno!) la notizia de “Il Messaggero” che rivela la multa di 100 euro sanzionata ad una coppia di romani che possedeva un coniglio nano in casa. Un vecchio regolamento del 1946, infatti, sancisce che “è vietato far circolare all’interno dell’abitato animali di qualsiasi specie non attaccati ai veicoli e di lasciar vagare galline, oche, anitre ed altri animali da cortile. È vietato inoltre la tenuta, nelle abitazioni, di detti animali ancorché chiusi in apposite gabbie o conigliere”. Osservo, con qualche preoccupazione, che non si fa cenno ai pesci rossi e temo una prossima copertura di detto vuoto legislativo. Capisce, comandante Filippetti, anche quella sul coniglio nano è contemplata da un codice. Insolita anche lei? Sgombriamo il campo dagli equivoci: è vero che portare un cane al guinzaglio mentre si pedala può essere pericoloso per il padrone, per il cane e per il prossimo. È altrettanto vero che Cortinovis era già stato ammonito a non farlo più e che la sanzione, codice alla mano, poteva arrivare a 88 euro. Ma siamo davvero sicuri che fosse impossibile mettere in campo, oltre al blocchetto dei verbali, anche un briciolo di tollerante buon senso? Lo diciamo sempre ispirati dal comandante che, sollecitato, risponde:“Non è questione di voler fare i pignoli o i troppo solerti…”. Alt, fermiamoci un attimo: la Poli-

zia locale consorziata di Almè e Villa d’Almè non è né pignola né troppo solerte? Allora, evidentemente, non sono loro che distribuiscono multe a raffica nella fascia oraria serale nei paraggi dei ristoranti “Frosio” di Almè e “La Brughiera” di Villa d’Almè ad autovetture, chiaramente di clienti delle due insegne, che hanno la pesantissima colpa di parcheggiare dove lo farebbero tutti, senza arrecare intralcio o pericolo (leggi Piazza Lemine e qualche metro di via Brughiera), ma dove, per motivi del tutto incomprensibili, è invece vietata la sosta. Non N arriveremo mai a chiedere lo stesso trattamento che hanno i tifosi atalantini, intorno allo stadio, in occasione delle partite, dove la tolleranza dei vigili è perfino commovente. Ma, ripetiamo, il rispetto per l’autorità è sempre maggiore laddove si percepisce un’interpretazione l del d codice, qualunque esso sia, che comprenda il cittadino, non che lo stanghi p appena si gira. Ma, prima ancora di prendere la strada giuridica, c’è una domanda che sorge spontanea ed impellente: due ristoranti con stella a pochissima distanza uno dall’alt ll Michelin, Mi h tro, per i rispettivi paesi sono una preziosa opportunità o un profondo motivo di fastidio? Perché, se il benvenuto a gente che viene anche da lontano è il cartello che Frosio si è visto costretto ad affiggere sul suo bellissimo cancello (“Attenzione, parcheggi rischio multe”), allora proprio non ci siamo. Almè e Villa sono indubbiamente due cittadine graziose, con importanti testimonianze del passato, ma è nostra convinzione che siano conosciute fuori dalla Bergamasca proprio per quelle due insegne di prestigio che altre province ci invidiano. È un’opportunità che spiace doversi giocare per qualche verbale in più. Nessuno chiede alcuna immunità per chi (parcheggiatori disinvolti compresi) arreca pericolo agli altri, anzi: per loro la massima severità possibile. Ma se parcheggiamo vicino al cordolo o in piazza, senza che alcuno possa subire danni, suvvia, comandante, cercate di non infierire.

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L’APPROFONDIMENTO di Laura Bernardi Locatelli

«Riportiamo la polenta nei menù» È il piatto simbolo della nostra tradizione, ma è sempre meno protagonista tra le proposte dei locali bergamaschi. Eppure ha tutte le carte in regola per diventare un vanto. Intanto si riscoprono le antiche varietà di mais

B

ergamo è la patria della polenta: un documento storico, datato 1632, testimonierebbe come proprio in Bergamasca, a Gandino, sia stato per la prima volta in Lombardia (alcuni sostengono il primato addirittura in tutto il Nord

Italia) coltivato il mais, da sementi acquistate con ogni probabilità a Venezia, dove i mercanti gandinesi transitavano per i loro traffici. Secondo il documento, a portare per primo il granturco fu un “foresto” che avrebbe coltivato a Clusven, alle

pendici del monte Corno, il “melgotto”. Non a caso, quindi, è stato affibbiato ai bergamaschi il soprannome di “polentoni”. La polenta appartiene alla nostra tradizione da sempre: spesso odiata o amata per forza,

LA PRESIDENTE DEI RISTORATORI ASCOM

Petronilla Frosio: «Così versatile da suggerire gli abbinamenti più fantasiosi» «Tutti ci chiamano polentoni? È il momento di farcene un vanto, valorizzando in modo convinto il piatto che più di ogni altro rappresenta la nostra tradizione. Anche e soprattutto in chiave turistica». Petronilla Frosio – della storica famiglia di ristoratori di Sant’Omobono, al “Posta”, e di Almè, da “Frosio” - lo sostiene a gran voce, sin dalla sua nomina a presidente della categoria dell’Ascom: tra tutti i prodotti da valorizzare, la polenta occupa il primo posto. Eppure, la presidente del Gruppo Ristoratori, non manca di rimproverare ai suoi di snobbare questo piatto tradizionale, grande assente in molte carte, o di servirlo senza troppa cura. Nell’immaginario collettivo la polenta è il piatto povero per antonomasia. Un falso mito da scalzare? «Assolutamente sì. Credo che provare una buona polenta sia un vero e proprio lusso. Eppure è il piatto che più di ogni altro rispecchia la nostra tradizione. Ha cresciuto intere generazioni, quando era il viatico quotidiano sulle povere mense dei nostri nonni e bisnonni. Oggi da piatto povero, obbligo quotidiano per necessità, è diventato il piatto dei giorni di festa. A mostrare l’attaccamento dei bergamaschi a questa tradizione basta pensare al rituale che ogni domenica viene rinnovato nella nostre case, quando, dopo una

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paziente attesa al fuoco con vigoroso lavoro di polso a rimestare di continuo, arriva in tavola il piatto fumante. La polenta è un rito, è la nostra storia, è tradizione, è territorio...». Quali sono le ricette che la esaltano? «La polenta è talmente neutrale da essere trasversale ad ogni abbinamento. Può accompagnare volatili, selvaggina, coniglio, fegato e altre frattaglie, salumi, formaggi, latte, uova, funghi, tartufo e perfino il pesce... Non riesco a pensare ad un azzardo rdo nell’abbinamento: ci si può sbizzarrire con la fantasia. ntasia. È proprio per questo che sottolineo neo l’importanza di inserirla in ogni menù: siamo noi i polentoni, dobbiamo mo farne un “atout” in chiave turistica». ». La stessa farina di mais presenta nta un’ottima versatilità di utilizzo o dalla pasta fresca, al pane... «Mi piacerebbe che venisse adottatata per i più svariati usi. Ad esempio, mi fa piacere che i nostri fornai abbiano messo a punto una ricetta per il pane bergamasco che impieghi farina di mais in occasione del concorso


perché proposta un tempo ogni giorno da colazione a cena, quasi sempre senza accompagnamento o con un’aringa per tutta la famiglia - polenta e pica sö - o ammorbidita con il latte, fino alla nausea e con il rischio di contrarre la pellagra. Esemplare in tal senso il motivo che spinse negli Anni Venti una cordata di imprenditori illuminati ad inaugurare a Bergamo la prima stazione di maiscoltura, diventata Istituto di Cerealicoltura nel 1936. La struttura nacque infatti in seguito a quello che si rivelerà essere un grave errore di valutazione: si volevano individuare, attraverso un’analisi scientifica della qualità del mais nella nostra Provincia, le cause di una così elevata incidenza di pellagra, dovuta, come tutti sappiamo, al fatto che la polenta è stata la principale – se non l’unica - fonte di sostentamento di intere generazioni, con tutte le conseguenze di carenze alimentari, specialmente

vitaminiche, che ne derivavano. Il lavoro dell’Istituto di Cerealicoltura - oggi Cra-Mac Unità di ricerca per la maiscoltura - ha permesso di compiere importanti ricerche su tutte le varietà di mais della penisola. Dal 1954 la Sezione di Bergamo ha raccolto e catalogato 850 varietà di mais italiano - di cui circa 60 lombar-

dell’Aspan. Anche nelle paste fresche sono moltissimi gli abbinamenti possibili e tutti interessanti per esaltare i primi piatti: le lasagnette con farina di mais e ragù di capriolo è, ad esempio, un mio piatto che ha riscosso particolare successo. Sta alla creatività di ogni chef trovare nuovi accostamenti che esaltino un prodotto simbolo della nostra tradizione: la farina gialla». Come si realizza una polenta perfetta? «Non esistono delle vere e proprie regole. Ognuno ha la sua mano per fare la polenta: certo la cottura all’antica sul fuoco a legna o sulle stufe economiche in ghisa dà alla polenta tutto un altro sapore, ma è praticamente impensabile al giorno d’oggi, visto che la tecnologia è entrata da decenni nelle case, per non parlare delle cucine professionali. È importante scegliere, come per ogni altro piatto, una buona materia prima - la classica bramata e non l’istantanea - e seguire la cottura, poi, in base all’abbinamento, si sceglieranno le proporzioni tra acqua e farina: ad esempio, a del fegato al burro e salvia abbinerei una polenta molto morbida, diversamente a un piatto di coniglio accosterei una polenta più compatta...». Bergamo è pronta per affrontare un programma di valorizzazione della polenta? «Se Bergamo vuole puntare sul turismo non possiamo non veicolare un discorso sulla polenta, riappropriandoci della nostra tradizione alimentare. La farina di mais si presta alle più svariate preparazioni, dal pane alle paste fresche ai dolci. Il fatto è che la polenta non smette di riscuotere successo: quando nel mio ristorante servo lo “schisol” - polenta con i nostri formaggi nel cuore - i miei clienti lo apprezzano quasi più del caviale. È bene riscoprire e re-interpretare in chiave moderna antiche ricette casalinghe come questa e inserirle nei nostri menù per farne motivo di identità ed orgoglio della nostra provincia. Inoltre, fatto di non secondaria importanza, è bene ricordare, dato il crescente numero di intolleranti al glutine, che il mais è una delle cosiddette “farine alternative” ben tollerata da tutti».

de - selezionate attraverso il lavoro degli agricoltori: un’enorme banca del germoplasma nazionale, ritenuto non a caso il più ampio a livello mondiale sia per apporti originali, sia per differenziazione locale delle forme. Tra queste vi sono varietà autoctone bergamasche da valorizzare, abbandonate per decenni, da quando negli anni Venti hanno iniziato ad essere introdotti mais ibridi dagli Stati Uniti che hanno mano a mano sostituito - in particolar modo negli anni Cinquanta e Sessanta - le varietà più tradizionali, in virtù della loro maggiore produttività e resistenza a malattie: «Negli ultimi 70 anni, l’evoluzione degli ibridi di mais mediante il progressivo miglioramento genetico – spiega Paolo Valoti, tecnico del Cra-Mac, mostrando il grafico che analizza il dato storico - ha consentito un incremento medio annuo di un quintale per ettaro». Gli ultimi anni sono invece caratterizzati da un’inversione di tendenza, dalla riscoperta di tradizioni antiche e da alcuni progetti di valorizzazione di varietà dalle caratteristiche eccellenti per l’impiego alimentare, ma caratterizzate da una produttività decisamente minore. «Il rinnovato interesse verso la tipicità e la qualità delle produzioni alimentari ha stimolato l’attenzione per le varietà tradizionali del mais – prosegue -, utili alla valorizzazione del territorio. Dal 2002 la sezione di Bergamo dell’Istituto Sperimentale per la cerealicoltura ha avviato uno studio - nell’ambito della sperimentazione interregionale cereali (Sic) - per la valutazione di varietà tradizionali di mais». Sono due i progetti in corso per valorizzare le varietà di mais legate al territorio: a Gandino per la valorizzazione del “melgotto” o spinato di Gandino e nell’area del Parco dei Colli per riprendere la coltura di marano, nostrano dell’Isola, cinquantino e scagliolo. «L’abbinamento della tipicità e di metodi di produzione biologica può consentire di ottenere prodotti in grado di rappresentare un’importante fonte di reddito alternativa per alcune zone agricole – sostiene Valoti -. La coltivazione di varietà tradizionali di mais da polenta può sicuramente

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costituire una valida scelta per produzioni tipiche legate al territorio, considerando che il valore aggiunto è anche espressione della cultura e della geografia del territorio di origine». Un processo di valorizzazione necessario anche e soprattutto sul fronte della ristorazione: ne è convinta Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori dell’Ascom, pronta a difendere il piatto più rappresentativo per Bergamo a spada tratta: «Molto è da fare per veder inserita nei menù dei ristoranti la polenta, che resta l’orgoglio e la cifra distintiva bergamasca per antonomasia – rileva -. È impossibile ignorare o dimenticare la nostra tradizione e la nostra identità, se vogliamo puntare sul turismo». Oltre ai progetti di valorizzazione del mais autoctono in Val Seriana e nel Parco dei Colli, Bergamo ha anche altri assi nella manica: i mulini del Quattrocento e del Seicento continuano a funzionare con le correnti del torrente Moia a Cerete Basso, grazie alla passione della famiglia Giudici. Ora tocca ai ristoratori dare nuovo lustro ad un piatto considerato un tempo povero, ma che oggi non manca mai sulle nostre tavole nei giorni di festa, da vero protagonista.

IL MAIS RITROVATO

Per lo “Spinato di Gandino” la De.co e un biscotto Nel corso del 2008 tra il Cra–Mac Unità di ricerca per la maiscoltura e il Comune di Gandino è stato avviato un progetto di salvaguardia, selezione conservativa, caratterizzazione morfologica e d’uso e valorizzazione della varietà di mais autoctono denominata “spinato di Gandino”. Il seme proviene dalle coltivazioni ancora presenti nel territorio comunale, in particolare dalle aziende di Giovanni e Bernardo Savoldelli (figli rispettivamente di Andrea e di Giacomo, ultimi contadini a coltivare lo spinato gandinese) e la particolare varietà (isolata in località Cà Parecia in un’antica cascina al confine con Cazzano Sant’Andrea) viene proposta sulla base della tipicità per l’area agricola, anche attraverso un lavoro di selezione che ha reso disponibili a partire dalla campagna 2009 la semente per la produzione del seme di fondazione e per il mantenimento del nucleo di fondazione della speciale varietà di mais. Con il patrocinio e la promozione dell’Amministrazione Comunale e la commissione di tutela del territorio (De.co, nel rispetto di un’idea partita nel 1999 da Luigi Veronelli), il coordinamento della Pro Loco Gandino, l’adesione di aziende agricole, molini, ristoratori e altri utilizzatori interessati, è stata costituita l’Associazione mais “Spinato di Gandino” con l’obiettivo di far riprendere la coltivazione di questa va-

Cerete patria degli ultimi mulini ad acqua Fino agli anni Cinquanta in Bergamasca ogni paese aveva il suo mulino. Per vedere gli unici mulini ad acqua ancora funzionanti bisogna prendere la via della Val Seriana e salire fino a Cerete, piccolo paese della Val Borlezza. La famiglia Giudici, cognome della stirpe dei “moliner” del paese, non ha abbandonato l’antico mestiere: le macine in pietra continuano a funzionare Claudio Giudici

come duecento anni fa grazie al ruscello Moia. Il primo mulino che si incontra arrivando in paese è quello di Vincenzo Giudici che, assieme al nipote Roberto e con l’aiuto del figlio Claudio, continua il mestiere di famiglia da quattro generazioni, da quando Bonifacio alla fine dell’Ottocento trasformò in mulino l’antico stabile in pietra le cui fondamenta risalgono al Quattrocento.

Il mulino è rimasto sostanzialmente quello d’un tempo: le macine di granito francese continuano a fare il loro corso e ad essere scalfite con maestria ogni qual volta la manutenzione lo richiede; l’unica intrusione moderna è la ruota in metallo, che ha preso il posto cinque anni fa dell’antica in legno. Vincenzo Giudici ha iniziato da bambino, a soli dieci anni, il mestiere del padre, quando l’attività di molitura procedeva ininterrotta giorno e notte e si portavano con i carri mais e sacchi di farina. Per trent’anni ha servito da ambulante la Valle portando granaglie e farina di casa in casa. Oggi il mulino funziona solo qualche ora al giorno, quando è necessario, per un quantitativo di circa dieci quin-


Paolo Valoti in basso: Giovanni Savoldelli e Antonio Rottigni presidente commssione deco

rietà, attraverso una filiera integrata dalla produzione al consumo, dopo un’adeguata verifica scientifica della sua sostenibilità agronomica, ambientale e nel dovuto rispetto dei criteri generali della tipicità (produzione, trasformazione, mercato, garanzie al consumatore) e della certificazione per il marchio De.co. Filippo Servalli, assessore alla cultura del Comune di Gandino, spiega l’origine del percorso di valorizzazione: «Per due anni consecutivi i nostri Alpini hanno vinto a Varzi la “Disfida della polenta”, un concorso nazionale che coinvolgeva tutte le Pro Loco nazionali. Ci siamo allora promessi di scoprire l’origine di questo successo. Il Cra-Mac è riuscito ad isolare il seme più autoctono dello Spinato, ricavato da una pannocchia di vent’anni fa. Oltre alla farina, per orgoglio gandinese non

Antonio e Giulio Giudici

possiamo dimenticare l’acqua - che i nostri hanno portato anche a Varzi - che servì anche a tingere le camicie rosse di Garibaldi». Il primo esempio di ricaduta economica del progetto è rappresentato dalla creazione, in occasione della Festa di San Matteo dell’anno scorso, del “melgotto”, biscotto con tanto di disciplinare e ricetta segreta, patrimonio dei 4 fornai del paese. Sono molte le iniziative portate avanti nel corso della manifestazione: dalla sgranatura, effettuata in piazza come nella scena del capolavoro di Olmi “L’albero degli zoccoli”, alla molitura effettuata eccezionalmente quest’anno in piazza Vittorio Veneto: «Il 15 novembre – assicura Servalli - porteremo un “mulino” in piazza che verrà alimentato con un apposito generatore elettrico».

tali a settimana. La specializzazione in farina da polenta è l’orgoglio della casa: il mais arriva dalla Bassa, da Arcene, ma anche da Gandino - per il celebre spinato - e da piccoli produttori. A pochi passi, proseguendo il viale ciottolato da sempre noto come “strada dei mulini” si trova il “mulì de Pierì”, come recita l’insegna in legno, dell’altro ramo della famiglia Giudici. Il mulino venne fondato da Bortolo nel 1879, ma porta il nome - Pierì- di Pietro, l’ultimo membro della famiglia ad aver lavorato notte e dì, caricando e scaricando mais e restituendo massicci sacchi di farina. Oggi a portare avanti l’attività è la figlia Ornella che con il marito Antonio segue principalmente il negozio specializzato in farine all’ingresso del paese aperto sin dal 1972, mentre Giulio, nipote di Pie-

Il Parco dei Colli testa quattro varietà tradizionali Nel 2005 è stato attivato nell’area del Parco dei Colli un progetto dell’Unione Europea per la gestione delle risorse agricole in ambito urbano, occasione per avviare la collaborazione con la sezione di Bergamo del Cra–Mac Unità di ricerca per la maiscoltura. Sono trenta le varietà tradizionali sottoposte a prove in campo e degustazione con panel test. Tra queste sono state selezionate, in virtù della loro qualità organolettica, quattro varietà: il nostrano dell’Isola, lo scagliolo, il marano e il cinquantino. «Attualmente il progetto è un work in progress spiega Pasqualino Bergamelli, responsabile del servizio tutela ambientale e del verde del Parco dei Colli -. Si stanno individuando campi idonei e coltivatori pronti ad accettare la sfida di intraprendere un cammino d’eccellenza con una coltura a bassa resa, ma qualitativamente superiore». Per la promozione di questo particolare tipo di coltivazione “di nicchia” sono state individuate le aree più adatte: «I territori più idonei si trovano nella piana di Valbrembo e sui colli di Bergamo». «Il marano dell’Isola – spiega Paolo Valoti, tecnico del Cra-Mac - ha origine geografica tra i fiumi Adda e Brembo. Delle quattro qualità re-introdotte in fase sperimentale lo scagliolo e il cinquantino hanno riscosso particolare successo in occasione dell’esame sensoriale delle polente realizzate con particolari farine, svoltosi presso il Dipartimento di valorizzazione e protezione delle risorse agroforestali dell’Università di Torino». «L’augurio è che il progetto decolli a breve - continua Bergamelli -. È fondamentale riappropiarci della nostra coltura tradizionale per valorizzare culturalmente il nostro territorio».

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Ecco dove gustarla RISTORANTE LA TROTA Laxolo (Brembilla) Lo storico locale della famiglia Pesenti che ha da poco festeggiato i cent’anni d’attività (è stato inaugurato nel lontano 1908 ) è stato insignito di numerosi riconoscimenti per la polenta a partire dal 1976 quando Imelda Perico e Carlo Pesenti, chiamati a partecipare al Concorso Enogastronomico Valli Bergamasche, inventano quasi per scherzo la celebre “polenta contadina” (anche se la ricetta resta top secret, tra gli ingredienti figurano spinaci, salame, panna e formaggi della Valle) che si aggiudica il primo premio assoluto e che conquista altri titoli in altre manifestazioni di portata nazionale. Dagli anni Ottanta i figli e le nuore continuano la tradizione familiare. La polenta non manca mai, tanto da essere proposta per gli appassionati in un tris (un piattone fumante con polenta contadina, boscaiola e taragna). Non mancano altri piatti interessanti: dagli gnocchi di polenta con selvaggina, al tortino croccante di polenta con scampi e tartufo, dalla terrina di polenta con funghi porcini alle tagliatelle con farina di mais con fonduta di strachitunt. La polenta accompagna, come tradizione impone i grandi secondi, dalla selvaggina agli arrosti e brasati: da non perdere il guanciale di vitello con polenta di grano saraceno. tro, segue personalmente l’attività di molitura. Il mulino sorge in uno stabile rivestito a pietra, che risale al Seicento: negli ultimi anni sono state fatte alcune modifiche, nel pieno rispetto della tradizione. Periodicamente si svolge il rito della scalfittura delle antiche macine, che viene eseguita ancora rigorosamente

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ALBERGO CENTRALE -

Gandino

Nel 2006 la famiglia Caleca – Roberto, con la moglie e i figli - ha ritirato e ristrutturato lo storico locale – bar-ristorante-albergo - che si affaccia su piazza Vittorio Veneto, nel cuore di Gandino. La nuova gestione ha inteso puntare alla valorizzazione della farina ricavata dallo spinato di Gandino - data anche la coincidenza tra l’inaugurazione e l’avvio del percorso De.co del mais autoctono - proponendo nei “Giorni del Melgotto” un menù ad hoc.Vengono proposti diversi piatti a base di farina di mais: dalle sfogliatine di polenta con formaggio della Valle, come antipasto, agli gnocchi di polenta con salsiccia agli straccetti di mais con i “nostri” formaggi; la polenta abbina i secondi (dal brasato al coniglio, ma viene proposta anche alla griglia per accompagnare la tagliata) o funghi e formaggi. Nella carta dei dolci da non perdere il melgotto – biscotto realizzato secondo il disciplinare De.co - da tuffare nello zabaione al Valcalepio rosso e i biscotti del Centrale con mais ed uvetta. Per la festa dello Spinato di Gandino il ristorante propone un ricco menù a tema.

ALBERGO CORONA -

Branzi

È un indirizzo da tenere a mente per gli amanti della taragna – la ricetta fa parte del patrimonio di famiglia - e della polenta da abbinare ad ottimi formaggi, visto che siamo a Branzi, uno dei giacimenti caseari più invidiati oltre i confini provinciali. Il ristorante è gestito con passione dalla famiglia Midali, cognome che rappresenta una garanzia visto che è quello della famiglia storica di ristoratori della Valle. Le tre sorelle Emanuela, Arianna e Beatrice seguono con la mamma Elda la cucina che celebra la tradizione.Tra gli antipasti viene proposta una piccola polenta su nido di porcini, o in alternativa con branzi e salame d’accompagnamento. Non mancano primi piatti interessanti come i tortelli con pasta di mais e ragù di cervo e mirtilli come ripieno, conditi con burro e formaggio. La polenta regna sovrana tra i secondi, accompagnando bocconcini di capriolo in salmì, lombo di cervo con castagne, stinco al ginepro, brasato con i funghi ed altre specialità. a mano: un’arte che riporta indietro nel tempo. Negli ultimi anni il mulino ha avuto un vero e proprio slancio: nel 2002 - anno di certificazione biologica - è stata fatta la scelta di produrre farine rigorosamente “bio”. Alle classiche farine di mais (oltre alla bramata, è disponibile anche una versione per ricette dolci)

e frumento, è stata affiancata un’ampia gamma di cereali: orzo, avena, farro, kamut, segale, riso, grano saraceno e miglio. In negozio, oltre a bramata e polenta speciale per taragna e ai cinque cereali, è possibile acquistare anche paste alimentari, velette di kamut e biscotti di crusca, mais, segale, riso e kamut.


IL PRODOTTO di Enrico Rota

Le troppe differenze del Moscato di Scanzo

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olte viticolture fanno il paio con quella bergamasca per antichità di origine. Parecchie la superano per raccolto. Ben poche però possono vantare un gioiello raro come il Moscato di Scanzo, un vitigno che “caratterizza” tutta la produzione vinicola bergamasca, già a buon livello qualitativo con i vitigni internazionali Merlot e Cabernet o Pinot e Chardonnay. In commercio, lo possiamo trovare sia con l’etichetta “Moscato di Scanzo” (che ha ottenuto da poco la Docg) sia con l’etichetta “Valcalepio Moscato Passito”. Senza addentrarci tra le differenze sostanziali tra le due denominazioni - zone di provenienza delle uve o parametri come la resa di uva per ettaro o resa di vino per uva - importante è analizzare come viene prodotto e capire perché in degustazione troviamo differenze importanti tra un produttore e l’altro. Difatti, ci sembra scontato trovare nella stessa denominazione vini con un carattere simile ed abbastanza ricono-

scibile. Per i vini prodotti con il vitigno di Moscato di Scanzo questo spesso non avviene. Vediamo il perché. In primo luogo definiamo questo vino: è un rosso aromatico ottenuto da uve passite. Poi è vero che, partendo dal presupposto che ogni vino è l’espressione di una personalità, un prodotto può essere “diverso” dall’altro, con fattori che possono accentuare questa differenza, amplificando o attenuando la bontà intrinseca del prodotto stesso. Il presupposto più importante risiede nella difficoltà di produzione. Per tre motivi: abbiamo piccole produzioni, il vino è un rosso aromatico passito e viene prodotto da piccole aziende che in molti casi sono poco attrezzate. Senza considerare la difficoltà nell’affrontare l’appassimento. In Italia ci sono pochi vini rossi aromatici passiti. Questo perché ottenere una fragranza su questi vini è difficile, perché i passiti si ottengono soprattutto per ossidazione, processo che “brucia” l’aroma a scapito della fragranza.

Enrico Rota consigliere delegato e responsabile vendite Italia della QUATTROERRE di Torre de’ Roveri (Bg) Per ulteriori informazioni scrivere a enrico@quattroerre.com

Da tempo qualche produttore utilizza delle celle a ventilazione forzata (con emissione di aria secca a temperatura controllata) che permette un appassimento delle uve più omogeneo, così da produrre vini passiti avendo limitato il più possibile l’ossidazione. Bello è sapere che la paternità di queste celle a ventilazione forzata non è veneta, come molti credono, ma bergamasca. Aldo Quinzani, grande esperto e appassionato della nostra vitivinicoltura, ne parlò già nel suo libro “Vini delle bergamasca” del 1983 (editrice La Nuova Grafica). Questa tecnica ci permette sia di mantenere gli aromi caratteristici di questo vitigno ed altresì di avere un vino dal colore rosso rubino carico tendente al violaceo e poco astringente. Gli altri invece si presentano con un colore scarico, dalla tonalità tendente al cerasuolo con riflessi marroncini. Infine, producendo in questo modo abbiamo profumi complessi, più fini e delicati rispetto ad un vino passito tradizionale, facendo emergere delle note aromatiche che spaziano dalla salvia alla rosa fino ad arrivare, grazie all’invecchiamento, ad aromi speziati come cannella e pepe. Abbiamo svelato il “mistero” che riguarda i vini prodotti col Moscato di Scanzo. Cambiando metodo di produzione, cambiano costi e bontà: ecco perché troviamo in commercio vini con qualità e prezzi così diversi.

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Alta cucina, l’Accademia del Gusto vola in Spagna

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postata la sede da San Sebastian ad Alicante e anticipata la data alla seconda settimana di novembre, Rafael García Santos - ideatore e regista de “Lo Mejor de la Gastronomia” - è pronto a dare il via al grande congresso internazionale dedicato al gusto. Chi vuol cogliere le ultime tendenze, far propri i segreti dei grandi chef internazionali e confrontarsi con nuove tecniche e filosofie culinarie si tenga libero dal 7 all’11 novembre prossimi. Perché quella di Alicante - è quasi inutile ricordarlo - è una delle tappe obbligate per chi vuol capire dove va il mondo della cucina e misurarsi con i grandi nomi della gastronomia internazionale. L’Accademia del Gusto non mancherà all’appello.“Il congresso rappresenta un’ottima opportunità di aggiornamento per quanti si occupano di enogastronomia - sostiene Daniela Nezosi, responsabile dell’area formazione dell’Ascom e direttore didattico ed organizzativo dell’Accademia del Gusto -. È una vetrina che consente di cogliere le tendenze e di vedere all’opera in un’unica location i più grandi chef del momento. Il panorama internazionale è oggi più che mai un tema di riflessione per noi dell’Accademia, vista anche la recente candidatura alla gestione della selezione italiana del Bocuse d’Or”. Sulla scorta dell’esperienza vissuta due anni fa a San Sebastian, l’Acca-

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Missione ad Alicante al congresso “Lo Mejor de la Gastronomia” demia ha dunque deciso di offrire nuovamente ai propri docenti e associati l’opportunità di arricchire il proprio bagaglio formativo. Una seconda missione possibile grazie al supporto dell’Ente Bilaterale del Commercio e del Turismo, che rimborserà alle aziende (fino ad esaurimento fondi) la quota di iscrizione al convegno. “L’evento di Alicante - afferma Enrico Betti, presidente dell’Ente Bilaterale del Turismo - è un evento importantissimo per la gastronomia internazionale e l’Ente che presiedo ritiene utile, anche e soprattutto in momento di crisi come questo, facilitare e promuovere l’iniziativa sostenendo quelle aziende bergamasche che vogliono investire in innovazione e formazione nel settore gastronomico”. Quella che si terrà nella cittadina della Costa Blanca segna un punto di svolta nella storia del congresso, giunto all’undicesima edizione. Cala il sipario sul modello di macrotecno-spettacolo degli ultimi anni e si apre un nuovo schema congressuale che offre la possibilità di partecipare a 4 momenti diversi e ben distinti. Il primo è di tipo espositivo, si chiama La Città della Gastronomia

e vedrà la presenza di oltre 200 spazi aperti al pubblico. Spazi nei quali i visitatori potranno mangiare, bere, istruirsi, discutere, acquistare a prezzi popolari. Ogni stand, ogni spazio si trasformerà in una vetrina aperta all’ispirazione dei visitatori. Contemporaneamente sarà allestito uno spazio dedicato alle Attività: veri e propri momenti interattivi che prevedono assaggi e degustazioni guidate, dal formaggio allo champagne. Ai professionisti è invece dedicato il terzo spazio della manifestazione: i Laboratori di Alta cucina. Ogni 4 ore sarà possibile vedere all’opera e chiacchierare con grandi chef, tanto per citarne alcuni: Ferran Adrià, Pierre Hermé, René Redzepi, Jean-François Piège, Quique Dacosta, Jonnie Boer, Martín Berasategui, Joachim Wissler, Harald Wohlfahrt, Joan Roca, Yoshiaki Takazawa ed Alain Passard. Nell’auditorium principale - e siamo al quarto scenario - si svolgeranno le Conferenze. I grandi chef avranno a disposizione mezz’ora ciascuno per parlare della loro esperienza e illustrare i loro migliori piatti. Di livello la pattuglia dei relatori italiani: Alfredo Russo (Dolce Stil Novo); Carlo Cracco (Cracco), Mauro Uliassi (Uliassi); Paolo Lo Priore (Il Canto); Massimo Bottura (Osteria Francescana) e Ilario Vinciguerra (Antica Trattoria Monte Costone). Per maggiori informazioni www.lomejordelagastronomia.com


Alla Fiera Campionaria anche il cibo è protagonista

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etrina della produttività e appuntamento classico da 31 anni a questa parte con le novità del mercato, la Fiera Campionaria di Bergamo non dimentica il gusto. Anche quest’anno la rassegna organizzata dalla Promoberg, in programma al polo fieristico di via Lunga dal 24 ottobre al primo novembre, propone ai visitatori molte occasioni per conoscere prodotti e assaggiare specialità alimentari. Un punto di riferimento è lo stand degli alimentaristi dell’Ascom, dove sono in programma degustazioni per il pubblico e incontri di approfondimento per gli operatori. «In questa edizione – spiega il presidente dei Gastronomi Ascom, Renato Rodigari – presenteremo non solo i prodotti tipici della Bergamasca, ma anche altre produzioni delle aziende del territorio perché, visto il periodo di crisi, ci è sembrato giusto valorizzare la nostra economia ad ampio raggio». Non solo assaggi di casoncelli e salame, dunque, ma anche di prosciutto cotto, mortadella, ravioli che, se non sono prodotti della tradizione, sono comunque made in Bergamo. «Cibi di grande qualità – aggiunge Rodigari – da portare sulla tavola di tutti i giorni». Un momento particolare sarà dedicato al prosciutto crudo di Ardesio, entrato da poco nell’elenco dei “Prodotti agroalimentari tradizionali” riconosciuti dalla Regione Lombardia.All’interno dello stand Ascom si svolgeranno anche due concorsi gastronomici regionali organizzati dall’Associazione Cuochi Bergamaschi, rivolti uno ai professionisti (il 26 ottobre), l’altro agli allievi delle scuole alberghiere (il 27 ottobre). Il tema è “Prodotti del territorio, qualità e bontà”, a capo della giuria il grande chef Sergio Mei. A caratterizzare la Campionaria sarà anche il profumo del pane appena sfornato. Per mostrare al pubblico come avviene la lavorazione artigianale e far apprezzare il gusto della freschezza, l’Aspan, l’associazione dei panificatori bergamaschi, allestirà un proprio laboratorio e offrirà panini e altri sfiziosi prodotti da forno. Ascom e Aspan saranno impegnate anche nella solidarietà, abbinando alla distribuzione dei prodotti una raccolta fondi benefica. E per chi, oltre agli assaggi, vuole concedersi un pasto completo, il servizio ristorazione del complesso fieristico propone, novità di quest’anno, menù regionali tipici.

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L’INIZIATIVA di Donatella Tiraboschi

Branzi, cinque chef per un formaggio Dalla spuma a “quasi un dolce”: le ricette d’autore create in occasione della Fiera di San Matteo. Saranno raccolte anche in un volume

CHICCO CORIA

- RAVIOLI RIPIENI AL BURRO E MIELE - CIALDE DI “FORMAI DE MUT” AL TARTUFO

FABRIZIO FERRARI

- VARIAZIONE SUL BRANZI

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hissà come gli sarà venuta questa idea. Forse guardando il bancone di una gelateria di Bergamo, dove una delle specialità più rinomate è “lo stracchino della duchessa”. «L’idea per un gelato al gusto Branzi ce l’ho e la svilupperò di sicuro l’anno prossimo» rassicura. State tranquilli che, finché a capo dell’Associazione Fiera di San Matteo ci sarà lui, le idee non mancheranno. Il “bello” del Branzi è, appunto, lui, Francesco Maroni, trent’anni da compiere tra qualche anno, un entusiasmo che sposterebbe anche le montagne e l’estro, la fantasia che non stanno mai fermi. Sempre in movimento, alla ricerca dell’idea, della lampadina che, al momento giusto, e cioè a settembre, quando si celebra la millenaria Fiera di San Matteo, si deve accendere. Una passione ma anche un lavoro, quello dell’organizzatore che nei mesi che precedono l’evento deve pensare un po’ a tutto, ma soprattutto deve riuscire a cavare dal cilindro l’idea magica. Che, quest’anno, magica è stata per davvero. «Stavo pensando a qualcosa che esaltasse il Branzi - spiega Francesco - che lo nobilitasse al pari di quegli ingredienti che fanno la grande cucina e ho pensato a loro, gli chef bergamaschi. Ero sicuro che, dalla loro passione e dalle loro mani, sarebbe uscito qualcosa di nuovo e di inedito». Dal dire al fare, in mezzo, c’è sempre stato lui, Francesco che ha passato tutta l’estate ad “inseguire” (metaforicamente, ma non solo) cinque bei nomi della nostra ars culinaria territoriale: Chicco Coria, Enrico Cerea, Ezio Gritti, Fabrizio Ferrari e Paolo Frosio che, nell’elaborazione di una inedita ricetta hanno arricchito il palinsesto della kermesse “branzina” a metà tra il caseario, il culinario e lo zootecnico. Il risultato è stato sorprendente, perché in tutte le declinazioni pos-


ENRICO CEREA

sibili, il Branzi ha saputo adattarsi con grande facilità. Dai ravioli con burro e miele alle cialde con ricotta e verdura di Chicco Coria dell’Antico Ristorante del Moro di Bergamo ai cannoncini di verza e Branzi di Paolo Frosio, dell’omonimo locale di Almè, ricetta quest’ultima che comprende tra gli ingredienti il tartufo nero di Bracca (prodotto di rara bontà e squisitezza che si trova nei faggeti della Val Algua). Non è mancata la fantasia nemmeno a Ezio Gritti dell’Osteria di via Solata di Città Alta che ha puntato l’elaborazione di un “quasi un dolce” con fichi, salsa al caffè e vaniglia, mentre Fabrizio Ferrari del Roof Garden San Marco ha puntato su un piatto composit, con un insieme di elementi tutti a base di Branzi: una spuma, un budino e gli sciatt (tipica specialità valtellinese). Infine, onore al merito per l’ultimo elemento del quintetto Chicco Cerea di Vittorio che, per l’occasione si è fatto in tre, tante, appunto, sono state le sue elaborazioni sul tema, dall’accompagnamento del formaggio alla polenta di castagne, allo gnocco ripieno, alla tortina di patate. La fatica (anche solo per realizzare le belle fotografie scattate da Ilario Zonca) insomma c’è stata, ma ne è valsa la pena, dal momento che le ricette, con tanto di ingredienti e di preparazione (tutto sommato facile) verranno raccolte in un agilissimo volumetto di prossima pubblicazione, che tra l’altro racconterà i momenti più significativi dell’ultima edizione della fiera di San Matteo, conclusasi lo scorso 27 settembre. E per l’anno prossimo? Francesco è già in pista, per un’altra idea davvero simpatica ed inedita. «Vogliamo realizzare un gemellaggio con Recco, loro hanno la focaccia più buona del mondo, noi il formaggio». Il più buono del mondo.

- BR ANZI STAGIONATO 180 gg. CON POLENTA DI CASTAGNE, TUORLO D’UOVO E CROSTINI AL BURRO NOCCIOLA - GNOCCO RIPIENO CON FONDUTA DI BRANZI - TORTA FONDENTE DI PATATE E BRANZI STRAVECCHIO (15 MESI)

PAOLO FROSIO

- CANNONCINI DI VERZA E BRANZI

EZIO GRITTI

- QUASI UN DOLCE

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questa tazzina non è solo rossa

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La quarta edizione di Passeggiar Gustando è stata caratterizzata da numeri record

Un montagna di cibo che fa bene al cuore Oltre 6mila degustazioni sul Sentierone. Raccolti 10mila euro che saranno devoluti ai commercianti dell’Aquila

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ltre 6mila degustazioni; ben 220 chili di carne (tra salamelle, spiedini e hamburger); 250 chili di salumi (6 prosciutti crudi e 4 cotti, 20 salami, 10 lardi millesimati); 200 chili di formaggio, 350 di riso, altrettanti di funghi e 300 di orzotto; 4mila porzioni di frutta (bananito, uva, macedonia, anguria e melone); 150 chili di pane e 250 bottiglie di vino. Questi i numeri che danno l’idea della montagna di cibo e del-

lo sforzo profuso dagli alimentaristi Ascom (gastronomi, macellai e fruttivendoli) e dai panificatori Aspan in occasione di Passeggiar Gustando, la manifestazione a scopo benefico organizzata nei giorni scorsi sul Sentierone. Una giornata di festa e di buon gusto che ha portato alla raccolta record di oltre 10mila euro, devoluti ai commercianti dell’Aquila colpiti dal terremoto. Pa o l o M a l ve s t i t i , p r e s i d e n t e

dell’Ascom di Bergamo, ha ricordato che “l’appuntamento riesce a mettere in vetrina la professionalità delle nostre categorie, oltre a mantenere la finalità benefica”. La manifestazione è stata sostenuta dagli sponsor: Bergamo Mercati (ortofrutta), RistoTeam (attrezzature), Fonti Bracca,Villa Domizia e Kinnie (vini e bevande), Zanetti Formaggi, IBS-Ca’ del Botto (salumi), Salera (riso e farine) e Nespoli Funghi.

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LA CARNE di Fabrizio Calvo

Mario Bortolotti

Salami al tartufo e al Chianti, le nuove sfide della “Bortolotti”

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l salame al tartufo e quello al Chianti; il prosciutto cotto all’aceto balsamico e quello al miele. Sono alcune fra le più recenti specialità con cui la Salumi Bortolotti ha ampliato la già ricca gamma dell’offerta, che conta più di sessanta varietà. Se i salami costituiscono il 60% dell’intera produzione annua – da quello di Cascina, prodotto di punta e a marchio registrato, a quelli nostrano, tipico bergamasco e Milano; dai salamini mignon, alla Cacciatora Dop, allo Strolghino di culatello fino alla salsiccia tipo Napoli – il restante 40% se lo spartiscono, abbastanza equamente, altre quattro linee: gli insaccati freschi (salsiccia, salamelle, cotechini da bollire freschi e precotti, zamponi freschi e precotti), quelli stagionati (pancetta coppata,

la pancetta all’asse cucita a mano, la pancetta scotennata arrotolata, la coppa tipo Parma, il lonzino stagionato), i prodotti cotti (il prosciutto cotto Alta Qualità nazionale filiera PP, il prosciutto cotto Alta qualità “Zaffiro”, il prosciutto cotto Alta Qualità “Smeraldo” fino alle mortadelle, al Roast-beef e al salame cotto) e gli affettati in busta di produzione propria. E a proposito di questi ultimi, Stefano Bortolotti, figlio di Mario, fondatore nel 1977 della società che oggi presiede, commenta soddisfatto:“Stanno registrando una forte crescita nel volume di vendite”. Principale mercato di sbocco dell’azienda di Cene è quello nazionale, che assorbe, per lo più in Lombardia e più in generale nel Nord, oltre il 90% della produzione. “Il restante 9% - spiega Bortolotti jr. - lo vendiamo in

...E IL PESCE di Roberta Martinelli

La “Sarneghera” finisce in tavola Il Cocca Hotel di Sarnico lancia il menù con tutto il meglio del pesce di lago La carta del turismo sul Lago d’Iseo si gioca sempre di più in tavola. Dopo il biscotto “Fiori di lago” creato questa primavera da un gruppo di B&B di Castro e Lovere, a Sarnico arriva il menù “Sarneghera”, una proposta culinaria nuova che esalta uno dei prodotti made in Sebino per eccellenza: il pesce di lago. L’ha creato l’albergo-ristorante Cocca Hotel, una struttura ricettiva nata circa un anno fa a pochi chilometri dal centro di Sarnico. L’obiettivo è farne una sorta di biglietto da visita gastronomico del centro sebino. Il nome, così come la proposta dei

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piatti, è tipicamente lacustre: Sarneghera è infatti il vento terribile che proviene da Sarnico e che in pochi minuti trasforma le acque azzurre in un tumulto di flutti e di tempesta: una sorta di uragano di lago dal

quale nessuna barca può salvarsi. «La scelta di creare questo menù - spiega Battista Marini del Cocca Hotel - deriva soprattutto dalla constatazione che il pesce di lago è percepito, anche dalla ristorazione locale, come un alimento povero non degno delle grandi tavole né di cene di prim’ordine. Insom-


Francia, nella zona del Midi, e in Germania, nell’area di Dusseldorf. Buone risposte vengono anche dai mercati russo e svizzero”. Risultati che sono il frutto di un’estenuante ricerca per garantire, con certificazioni volontarie e investimenti in innovazioni tecnologiche, eccellenti livelli qualitativi. “A parte l’Iso 9000, quella di cui andiamo particolarmente fieri è l’Emas (relativa alla gestione del sistema ambientale ndr) perché il nostro è stato il primo salumifi-

ma, un po’ la brutta copia del ricercato e anche piuttosto caruccio pesce di mare. Per sfidare e rovesciare l’opinione comune abbiamo deciso di proporre un menù in cui è l’unico protagonista. La sfida - aggiunge Marini - è proporre ricette raffinate e moderne che non facciano rimpiangere a nessuno il pesce delle acque salate e siano alternative ai soliti piatti di sardine e tinca al forno proposti nei dintorni». Le premesse per il successo dell’iniziativa ci sono tutte: «Abbiamo investito molto in questo menù in termini di studio e di ricerca dei prodotti e degli abbinamenti migliori - asserisce l’imprenditore sarnichese -. Crediamo possa avere successo perché i visitatori del lago mostrano sempre di apprezzare questo tipo di pesce». L’iniziativa ha raccolto l’interesse e il sostegno dell’Amministrazione di Sarnico: «È giu-

cio italiano a potersene fregiare”. Il riconoscimento risale al 2003, anno in cui l’azienda si aggiudicò un bando regionale che garantiva una finanziamento del 30% - 1,8 milioni sui 6 preventivati – necessari per avviare il processo di filiera certificata Igp e Dop. Nel 2005 seguirono le certificazioni Ifs e la Brc (definiscono e accertano gli standard di sicurezza e igiene nelle lavorazioni alimentari ndr), due attestati cui la GdO europea ricorre per selezionare i propri fornitori, fino all’Iso 22500 per la rintracciabilità dei prodotti. Ma il 2003 fu anche l’anno in cui vennero avviati i lavori di ingrandimento dell’insediamento produttivo, ribattezzato la ‘Cittadella dei salumi’, la cui inaugurazione è prevista per la prossima primavera. Oltre 11mila i metri quadrati complessivi, distribuiti su quattro piani, dove sono state ricavate 120 celle frigorifere. Dei quasi 9 milioni investiti finora, un terzo circa è stato destinato alla ‘salle blanche’ (l’area filtrata e sotto pressione per evitare l’entrata di polveri nella fase di confezionamento ndr). Si deve a questo mix se oggi, oltre ad Auchan, Gros Market, Iper e Metro, Salumi Bortolotti è entrato nella cerchia dei fornitori di Esselunga. “A fine anno terminerà il periodo di test” conclude Stefano Bortolotti.“Se lo supereremo positivamente, potremo inserire il nostro ‘salame di cantina’, così abbiamo chiamato il prodotto realizzato per la catena di Bernardo Caprotti, in assortimento a livello nazionale”.

sto che del nostro territorio si conoscano le grandi risorse, anche culinarie - ha spiegato l’assessore al turismo Alberto Marini -. Per chi come noi deve gran parte della propria economia al turismo diventa fondamentale trovare occasioni di richiamo che vanno dai grandi eventi, come quelli organizzati nell’estate appena conclusa, ad appuntamenti culinari. E quello con il pesce di lago potrebbe essere, perché no, proprio uno di questi». Il menù è stato presentato in anteprima venerdì 9 ottobre scorso nel corso di un pranzo-conferenza alle autorità locali, ai sindaci dei paesi affacciati sul Sebino e ai giornalisti. Una carrellata di profumi e di sapori a base di Insalata di luccio e trota marinata con vinegrette al balsamico e lamponi, Risotto al pesce persico con pesto di crescione d’acqua e gamberi di lago, Garganelli alla carbona-

ra di lago, Sformatino di persico in foglie di bieta e polenta di miglio mantecata al basilico. E ancora, Turbante di salmerino farcito con porri, uva sultanina, nocciole e crema di peperone giallo e riso verde fritto, Millefoglie di lavarello e melanzane con croccante al cioccolato e Zuppa d’anguilla allo zenzero. Insomma, il meglio del pesce di lago che si possono gustare su prenotazione (almeno 4 persone) al prezzo di 45 euro escluso le bevande. A chi richiede lo speciale menù viene omaggiata la carta “Sarneghera” con la romantica leggenda antica legata a questo vento che racconta l’amore contrastato tra un pescatore di Sarnico e una principessa di Montisola: si narra che ogni anno i due innamorati si incontrino sul fondo del lago e che il loro dolore e la loro disperazione siano tali da dare origine alla Sarneghera.

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IL RISTORANTE di Lelia Parisi

Bobadilla, le note sono giuste anche a tavola Si balla, d’accordo, ma nel locale di Dalmine si può mangiare con menù d’autore. La cucina dello chef Francesco Gotti convince per proposte e qualità. Ora manca solo il nome da dare al ristorante. Il patron Benvenuto Maffioletti:“Ci stiamo pensando” Benevenuto Maffioletti con i figli Omar e Valter

L

ei è stata un faro della “dolce vita” bergamasca degli ultimi 30 anni e oltre. Lui è nato e cresciuto nel suo seno, ha trovato la sua strada e si è andato col tempo guadagnando consensi e visibilità. “Lei”, la discoteca, ha svolto un ruolo preponderante nel successo degli esordi,“lui”, il ristorante, è diventato via via un comprimario e ora addirittura elemento trainante del locale. Stiamo parlando del Bobadilla di Dalmine, la discoteca nata dall’intuito straordinario del patron Benvenuto Maffioletti che da oltre sei lustri non conosce crisi né battute d’arresto, e del ristorante che ospita al suo interno. Un primato invidiabile, frutto di una grande passione ma soprattutto di una famiglia unita (con Benvenuto alla guida del locale ci

sono la moglie Anna Marchesi e i figli Omar e Valter) e di validi collaboratori, tra questi lo storico direttore artistico Fabrizio Pirola. Cucina firmata da Francesco Gotti, sette cuochi e un pasticciere nel suo quartier generale, al ristorante manca solo un piccolo dettaglio per completare l’opera. Sì, perché continuare a chiamarlo “il ristorante del Bobadilla”, con quell’incongruo complemento di specificazione a evocare sudditanza, non rende giustizia a un locale che ormai brilla di luce propria. “Ci siamo affidati a un professionista del calibro di Gotti perché volevamo dare il meglio ai nostri ospiti e smentire il luogo comune che divertimento e cultura culinaria non possano andare d’accordo. E ora stiamo pensando di dare un nome

Lo chef Francesco Gotti (al centro) e la sua brigata

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al ristorante”, confessa il patron. Ottima idea, perché avere un nome è avere un’identità e il ristorante del Bobadilla sprizza personalità da tutti i piatti. Ed è giunto il momento che smetta gli stretti panni del ristorante “da” discoteca, per diventare, semmai, un ristorante “con” discoteca. Gotti lo dice senza mezzi termini: “La cucina che propongo qui al Boba è identica a quella che farei in un ristorante classico. Nessuna concessione a chi cerca il piatto “facile”, confondendo la nostra cucina con quella di altri locali notturni. Così educhiamo anche il pubblico più giovane alla buona tavola. Chi viene a cena da noi viene innanzitutto per la qualità della cucina. Senza contare, poi, che siamo l’unico locale notturno dotato di menù per celiaci,


IL GIUDIZIO certificato nel 2008 2 dall’Aic. Certo, poi si viene qui per trovare un ambiente diverso, più vivace e informale rivi spetto al classico ristorante, dove dopo una ristora certa ora bisogna smontare smonta le tende. Da noi, dopo la mezzanotte, chi lo desidera può anche lanciarsi in pista. Ma fino a quell’ora si cena e ci q si intrattiene al suono più di discreto del piano bar, godendosi buona musica, ita italiana e non solo”. E, così, chi non balla materialmente, balla memater delle crudità di mare taforicamente sulle note del del Boba (21 euro), una scenografica mattonella di vetro opacizzato (ideata da Gotti e commissionata a un artigiano) traboccante di ogni ben di Nettuno (tutto pesce fresco da Orobica Pesca o Gene Pesca): gamberi rossi di Sicilia, ostriche, tartufi di mare, scampi, con verdure tagliate sottili e arricciate a simulare un effetto “alga”. Oppure su quelle di terra, con una mega Fiorentina alla brace da 1 kg (40 euro, ma ci si mangia comodamente in due) con verdure e spuma al dragoncello, servita su una lastra di ardesia intarsiata in una mattonella di legno, per proseguire la cottura in tavola. La cucina di Gotti svaria su tutta la cucina mediterranea e sono tante le proposte del menù à la carte, più propense ad assecondare il terroir che a fare métissage, che catturano parimenti occhio e palato. Dalla pioggia di porcini crudi affettati in lunghezza con scaglie di Bagoss su elegante plateau nero, alla crema di melone e caffè con granchio reale e mozzarella di bufala, passando per la poetica terrina di fegato grasso con pere candite, per arrivare alla tenerissima lombatina di cervo speziata su purea di zucca o al trancio di morro in crosta di patate, dopo aver infilato magari un primo dal sapore deciso come il tortello di baccalà con vellutata al basilico e finendo con il piatto di formaggi nazionali, corredati di apposita “carta dei formaggi”, o con un dessert dal vasto repertorio dei dolci fatti in casa. Con 60 euro, vini esclusi, si cena dall’antipasto al dessert. “La nostra politica dei prezzi al ristorante vuole avvicinare la clientela, dimostrare che si può passare una bella serata in compagnia di buon cibo senza spendere una fortuna”, spiega Omar Maffioletti. E chi crede ancora che al Bobadilla si pasteggi solo a champagne, dovrà ricredersi. Basta dare un’occhiata ai diversi menù degustazione, tra i 40 e i 50 euro, tutti di alto livello, comprensivi dell’ingresso in discoteca e, con una piccola maggiorazione, anche del vino, che mostrano un rapporto qualità-prezzo davvero encomiabile. Un menù-tipo prevede aperitivo con piccola proposta salata, antipasto di salmone in varie mise, eccellenti gnocchi soffiati di ricotta con granseola e ricco ragout di capesante, filetto di ricciola al vapore con pomodori e sughetto di senape e, infine, tortino di mele e cocco con gelato alla cannella. E, sia chiaro, non in dosi omeopatiche, ma generose, pensate per rifocillare chi dovrà sgambettare fino a tarda notte.

AMBIENTE

9/10

Non ha certo bisogno di presentazioni l’ambiente del Bobadilla con le sue scenografie quasi hollywoodiane. Il ristorante, molto elegante, occupa due sale all’interno della struttura circondata da un curatissimo giardino. Quella principale ospita 90 coperti. A partire da mezzanotte, un sipario di vetro fonoassorbente sale a separarla dalla zona “discoteca”. Sul lato opposto, c’è la cosiddetta “sala vip” con 60 coperti, utilizzata come sala di ricevimento per matrimoni e altri eventi.

CUCINA

22/30

Mediterranea, creativa, con agganci alle diverse tradizioni regionali, quella di Gotti è una cucina di prodotto, legata al terroir. “In Italia - ci spiega - abbiamo la fortuna di possedere grandi giacimenti gastronomici e non abbiamo certo bisogno di inseguire ingredienti estranei alla nostra cultura. Io cerco di valorizzare i nostri prodotti e di farli conoscere al pubblico. Ma nemmeno il territorio deve diventare un dogma. E così talvolta utilizzo prodotti esotici, quando il loro contributo fa la differenza. Ma prima di usarlo voglio conoscere a fondo l’ingrediente, capirne tutte le potenzialità. Solo così si riesce a farlo dialogare con i nostri prodotti”. Altro tratto segnaletico della cucina di Gotti è l’attenzione quasi maniacale al design del piatto. “L’occhio ha un ruolo chiave nel primo approccio al cibo. Se un piatto è bello siamo già ben disposti”.

CANTINA

16/20

La cantina del Bobadilla si fregia dell’attestato di migliore cantina di ristorante di locale notturno, conseguito nel 2007. La carta dei vini conta circa 200 etichette. Assortimento di qualità e ricarichi adeguati per i vini fermi (si parte dai 16 euro). Ovviamente ricca l’offerta di champagne (una ventina le etichette) per un locale che ne fa tradizionalmente ampio uso, soprattutto nel “reparto” discoteca, etilometro permettendo.

SERVIZIO

8/10

Servizio impeccabile, cortese e veloce.

COMPETENZA

8/10

A 37 anni Gotti ha al suo attivo esperienze poliglotte, tra New York, Atene, Lussemburgo, Inghilterra fino ai prestigiosi fornelli del Principe di Savoia di Milano, la conduzione per sei anni del Gabri di Foppolo e un recente libro di design gastronomico che ne rivela il virtuosismo da prestidigitatore. Un libro che è una specie di commedia degli equivoci, dove nulla è ciò che sembra… finché non lo si assaggia. E in cui insegna, lui serissimo ai fornelli, a coltivare anche il cotè divertente della cucina. Ne troviamo un saggio nel menù degustazione “Pensavo fosse… invece è”, a 40 euro, che esordisce con una spassosa sfilata di (apparenti) dolciumi che ci riportano di colpo alle bancarelle delle fiere. Tenacia e perfezionismo danno la cifra dello stile di Gotti. Anche se il segreto del suo successo, confessa, è il lavoro di squadra e la capacità di stimolare i collaboratori. Una squadra di 8 cuochi che sostiene l’attività di catering del Bobadilla e riesce a portare in tavola fino a 1.500 coperti.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO

8,5/10

Adeguato nel menù à la carte. Decisamente buono nei vari menù degustazione. p.s.

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APPUNTAMENTI

Vino, Ungheria e Sud della Francia in degustazione a Milano Per chi vuole vuol bere oltre confine senza allontanarsi troppo da casa, Milano offre due iniziative interessanti. Il 20 ottobre, dalle 19 alle 22 all’Hotel Enterprise in corso Sempione 91, per la prima volta undici cantine ungheresi presenteranno i propri prodotti in degustazione. L’appuntamento, organizzato da Itdh (International Trade Department Hungary) in collaborazione con Onav Lombardia, avviene in prossimità della festa nazionale ungherese (il 23 ottobre) che ricorda la “Rivoluzione del 1956”, ma sarà anche una sorta di riappacificazione con l’Italia dopo la battaglia sul nome Tocai/Tokaj. Completamente diverso per uvaggio e caratteristiche sensoriali dal prodotto italiano, il Tokaj sa-

rà protagonista insieme ad altri gioielli dell’enologia ungherese come i potenti rossi della regione di Eger. Il biglietto d’ingresso costa 5 euro per i soci Onav, 10 euro per i non soci (info tel. 335-5358981, e-mail milano@ onav.it). Durante la settimana dal 26 ottobre all’1 novembre, invece, sarà possibile conoscere la regione vinicola più grande del mondo grazie al Festival Sud de France che propone degustazioni nelle enoteche, nei wine bar e nei ristoranti, eventi, concorsi a premi e seminari di approfondimento organizzati dalla Maison de la Région Languedoc-Roussillon. La regione, che vanta una produzione superiore a quella di Bordeaux, Australia, Sud Africa e

Cile messe assieme, presenta una grandissima ricchezza di tipologie adatte per ogni occasione e ogni palato, dai vini rossi corposi ai bianchi fini ed eleganti, dagli spumanti secchi ai rosati per finire con i passiti da meditazione. È anche la regione che ha visto nascere la prima bottiglia di spumante brut del mondo, prodotta nel 1531 dai Monaci dell’Abbazia Saint Hilaire vicino a Limoux.

DAL 22 AL 25 OTTOBRE

Carne bovina, tutta la filiera si incontra a Cremona Meatitaly si propone come l’evento che, per la prima volta in Italia, riunisce l’intera filiera della carne bovina. Per l’edizione di lancio, la manifestazione è stata inserita all’interno di un appuntamento consolidato come la 64esima Fiera Internazionale del Bovino da Latte, in programma dal 22 al 25 ottobre alla Fiera di Cremona, creando un unico palcoscenico per i due settori più importanti della zootecnia in Italia. Il nuovo salone nasce per dare stimoli e prospettive ad un comparto che negli ultimi anni sta vivendo un periodo difficile a causa dell’aumento del prezzo dei mangimi e

dell’andamento non particolarmente vivace del prezzo di vendita dei capi da macellare, facendo incontrare i rappresentanti di tutte le fasi della catena produttiva e distributiva, dall’allevamento alla trasformazione al packaging passando per l’import/export e il marketing. La sezione espositiva punta a riunire le migliori attrezzature e servizi presenti sul mercato, mentre un ricco programma di convegni e seminari farà il punto sulle politiche per il settore e sulle strategie competitive e offrirà occasioni di aggiornamento professionale. Info:www.cremonafiere.it

DAL 24 AL 26 OTTOBRE

Torino, Wine Show dà spazio alle bottiglie “accessibili” Incontri con i produttori, shopping di bottiglie, mini-corsi, presentazioni di libri e guide specializzate, convegni, degustazioni di vitigni autoctoni, ricette regionali e prodotti tipici. È Wine Show, il salone del vino organizzato al Lingotto Fiere di Torino dal 24 al 26 ottobre. Un evento aperto al pubblico e agli operatori professionali con

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DAL 24 AL 26 OTTOBRE

Al Whisky Festival in assaggio oltre 2.000 Single Malt scozzesi Milano Whisky Festival, giunto alla quarta edizione, è l’unico evento italiano dedicato interamente al Single Malt Scotch Whisky. Dal 24 al 26 ottobre all’Hotel Marriott (via Washington 66) i visitatori avranno la possibilità di assaggiare, con costi a partire da 2 euro, oltre 2.000 differenti tipi di whisky, grazie alla presenza di quasi tutte le distillerie scozzesi, oltre che di imbottigliatori indipendenti, collezionisti, club ed associazioni. In programma anche degustazioni guidate dove gli appassionati avranno la possibilità di approfondire con i “distillery manager” tutti gli aspetti del loro whisky preferito, mentre per i neofiti è stata organizzata la speciale iniziativa “Conosci il whisky”, con la presentazione di cinque differenti zone scozzesi e dei loro prodotti. Novità di questo anno sono l’imbottigliamento che la Springbank Distillery ha realizzato in esclusiva per il Festival (è stata selezionata ed imbottigliata a gradazione piena, 57.1%, una botte ex-fino sherry che sarà esposta nel corso della manifestazione) e la presentazione, per la prima volta in Italia, del Milford Whisky, unico single malt whisky neozelandese. La manifestazione dà anche la possibilità di acquistare mignon o bottiglie da collezione o di provare ricercati accostamenti tra formaggi, cioccolato e Single Malt. Il festival è aperto sabato dalle 14 alle 19.30 e domenica dalle 11 alle 19. La giornata di lunedì è riservata agli operatori (apertura 10-17). L’ingresso costa 7 euro e include il bicchiere da degustazione e il porta bicchiere. I n fo : w w w. whiskyfesti-

protagoniste le cantine italiane che, con l’obiettivo di riconquistare il mercato interno, presenteranno vini accessibili, immediati e soprattutto economici. Nel corso della manifestazione sarà presentata in anteprima la nuova Guida al Vino Quotidiano firmata Slow Food. In contemporanea si svolge Dolc’è. L’ingresso è gratuito per gli operatori professionali, previo accredito, per il pubblico il costo è di 10 euro (ridotto 8 euro). Info: www.wineshow.it

DAL 23 AL 27 OTTOBRE

Trentadue aziende e bergamasche al salone internazionale dell’ospitalità L’ospitalità professionale è di scena a Host, il salone internazionale che fa incontrare aziende di tutto il mondo (nella passata edizione gli espositori sono stati 1.865 provenienti di 134 Paesi) con gli operatori del settore Horeca. L’appuntamento, che ha cadenza biennale, torna dal 23 al 27 ottobre a Fieramilano-Rho articolato in ben sette aree tematiche: Ristorazione professionale, Mippp (Milano–Salone Pane Pizza Pasta), Bar, Gelateria & Pasticceria, Sic (Salone Internazionale del Caffè), Hotel Emotion (Salone dell’industria alberghiera) e Shop Project (Salone internazionale di progettazione e arredo per punti vendita, da quest’anno completamento integrato nella manifestazione). Oltre a presentare le novità, le tendenze e le opportunità di business per il comparto, la rassegna offre anche numerose occasioni di formazione e informazione attraverso eventi speciali, convegni, talk-show, seminari e presentazioni. Nell’area denominata “Il villaggio del caffè” sono in programma anche tre concorsi per i professionisti del food&drink: Fruit Cup 2009, che richiede la realizzazione di una scultura di frutta e verdura legata al tema del caffè, il primo Gran Premio della Caffetteria Italiana e il concorso per gelatieri Cono d’Oro che, giunto alla 34esima edizione, quest’anno vedrà i concorrenti cimentarsi, visto il filo conduttore di tutte le gare, nel gusto caffè. E per chi, dopo la visita in fiera, decide di uscire a cena c’è una speciale offerta. Presentando il biglietto di ingresso al salone o la tessera espositore in uno dei 136 ristoranti di Milano, dell’hinterland e di Varese che aderiscono all’iniziativa si ha diritto a uno sconto del 10%. Sul fronte degli espositori, nell’ampio catalogo di Host le aziende bergamasche presenti sono 32:Adler lavastoviglie professionali (Costa di Mezzate), Agnelli Pentole professional cookware (Lallio),Atal (Ciserano di Zingonia), Beckers Italy (Treviglio), Bianchi Industry (Zingonia di Verdellino), Biepi (Castel Rozzone), Bluestein (Almè), Brita Italia (Dalmine), Burlodge (Seriate), Carimali (Chignolo d’Isola), CB (Bottanuco), Cereda Anito (Zanica), Elframo (Bergamo), Euroceppi (Albino), Fasa Pentole professionali (Lallio), Finazzi Arredamenti (Comun Nuovo), Frigo Gelo (Azzano San Paolo), Gel-matic Italia (Orio al Serio), Gewiss (Cenate Sotto), Innova Macchine per gelato (Cerete), Macco (Chignolo d’Isola), Maver (Cologno al Serio), N&W Global vending (Valbrembo), Novapan (Castelli Calepio), Oscartielle (Treviolo), Pedrali (Mornico al Serio), Psa-Hjem (Azzano San Paolo), Rational Production (Albano Sant’Alessandro), Scatolificio MM (Madone), Technogel (Grassobbio), Valko (Bottanuco),Walter+More Italia (Bergamo).

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Il Mosnel, nuova cantina di affi namento Lo scorso 5 ottobre, l’azienda vitivinicola il Mosnel ha inaugurato la nuova cantina di affinamento del Franciacorta Docg. L’incontro è stato l’occasione per presentare ufficialmente il nuovo spazio, formato da due locali di 140 e 200 metri quadri che complessivamente potranno contenere oltre 400mila bottiglie di bollicine. Una struttura architettonica armonicamente inserita nella realtà rurale in cui sorge, circondata dai vigneti e in prossimità dell’elegante palazzo dove ha sede il Mosnel. “Negli ultimi anni la nostra produzione di bollicine è sensibilmente aumentata hanno spiegato Lucia e Giulio Barzanò - al punto che oggi rappresenta il 90% dell’intera produzione vinicola de il Mosnel”. Ma il Franciacorta Docg, si sa, per disciplinare deve restare molti mesi ad affinare “e le nostre antiche cantine - proseguono - stavano diventando troppo strette. Per questo, si è resa necessaria la realizzazione di questi nuovi locali, che accoglieranno e custodiranno i nostri vini fino al momento opportuno per la loro commercializzazione”. In futuro è prevista la realizzazione della zona di imbottigliamento e di altri locali per l’affinamento, con anche un piano sotterraneo.

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“Andar per vigne”, cantine aperte a ottobre e novembre G

rande successo per il primo appuntamento stagionale, lo scorso 20 settembre, della manifestazione “Andar per Vigne” promossa dal Consorzio Tutela Valcalepio in sinergia con Camera di Commercio e Agripromo. L’affluenza nelle 10 aziende aderenti all’iniziativa è stata notevole. I visitatori hanno avuto la possibilità di visitare le cantine delle diverse realtà dove era già in corso la fermentazione dei bianchi, assaggiare e acquistare direttamente i vini dai produttori abbinati a tipicità del territorio, ricevere spiegazioni sulle diverse lavorazioni e le caratteristiche dei prodotti. Questo rapporto diretto con il produttore

è sempre più sentito dai consumatori che vogliono rendersi conto di quanto il mercato enoico offre specialmente in quei prodotti di nicchia che sono diventati il fiore all’occhiello della provincia bergamasca. Il Consorzio Tutela Valcalepio promotore dell’iniziativa, come in altre manifestazioni ha operato in collaborazione con Agripromo. “Questa sinergia, iniziata nel 2008 - ha spiegato Sergio Cantoni, direttore del Consorzio Tutela Valcalepio - sta dando ottimi risultati perché le due realtà unite nello stesso intento riescono a promuovere l’enogastronomia tipica bergamasca a 360 gradi. I vini Valcalepio si

FRANCIACORTA / VILLA

Sparkling Menù”, vince l’Hostaria 1735 di Rezzato Bollicine d’autore e creatività in cucina. La ricerca del miglior abbinamento a tutto pasto tra le bollicine di Villa Franciacorta Cuvette Brut 2004 millesimato e l’alta ristorazione ha portato a premiare i “Ravioli di pasta fresca all’erba di San Pietro” nati dall’estro di Bruno Piovanelli de l’Hostaria 1735 di Rezzato (Brescia).Assegnato dal pubblico anche il Premio Villa Cuvette a “Le Jardin des Remparts” stella Michelin arrivato per l’occasione da Beaune (Borgogna). Questo l’esito della finale dello SparklingMenù vissuta all’azienda Villa di Monticelli Brusati. I quattro migliori ristoranti che si sono aggiudicati la partecipazione alla finale si sono cimentati nella preparazione dei piatti da abbinare a Villa Franciacorta Cuvette Brut 2004 millesimato. Il concorso, svoltosi tra maggio e luglio, anche quest’anno ha toccato prestigiosi locali in Veneto, Lazio, Emilia Romagna e Lombardia per l’Italia e Beaune (Borgogna) per la Francia. Alla finale hanno partecipato, oltre al vincitore: la Tavernetta di Domenico Quinto (Treviso) con il piatto “Carnaroli Acquarello invecchiato mantecato ai go’ e crostacei nostrani”; il Cuori di Marostica (Vicenza) con il “Parago rosa cotto in piastra di sale e treccia di verdure alla griglia” e Le Jardin des Remparts di Beaune (Francia) con il “Piccione arrosto con spezie, cavolo rapa e limone” I quattro sfidanti hanno presentato i piatti ad un pubblico di oltre 160


sposano in modo perfetto con i prodotti del territorio e questo abbinamento ha il pregio di promuovere e far conoscere l’operosità ed il valore dei piccoli e grandi imprenditori bergamaschi che continuano a difendere le tradizioni della cultura rurale bergamasca”. I prossimi appuntamenti sono per il 18 ottobre e il 15 novembre. I vini della Aziende verranno offerti ancora in abbinamento a prodotti del territorio che “saranno - ha confermato il presidente di Agripromo Carlo Mangoni diversi fra loro nelle due occasioni in modo di dare ai visitatori un panorama abbastanza completo delle tipicità della Terra Bergamasca”. Ecco le aziende che parteciperanno all’evento di domenica 18 ottobre: Il Cipresso (Scanzorosciate), Locatelli Caffi (Chiuduno); Azienda Agricola Tallarini (Gandosso); La Rocchetta (Villongo); Azienda Agricola La Rovere (Torre de’ Roveri); Castello Degli Angeli (Carobbio degli Angeli), La Tordela (Torre de’ Roveri), Le Mojole (Tagliuno di Castelli Calepio), Cantina Sociale Bergamasca (San Paolo d’Argon).

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surgelati Prodotti

freschi persone. Durante la serata, Alessandro Bianchi e Paolo Pizziol, rispettivamente titolare e direttore dell’azienda Villa, hanno presentato gli chef finalisti, che si sono confrontati con la giuria spiegando la filosofia alla base dei loro abbinamenti. “I nostri ringraziamenti vanno a questi chef che hanno permesso la realizzazione di questa coinvolgente manifestazione adattandosi con cucine ed ambienti a loro non familiari - ha sottolineato invece Roberta Bianchi -. Con i loro piatti hanno saputo donarci delle emozioni, hanno avuto il coraggio di sapersi mettere in gioco e questo fa loro certamente onore. L’appuntamento è fissato per la prossima edizione, sempre con l’obiettivo di essere ambasciatori della filosofia Villa SparklingMenù”.

Prodotti

catering inoltre... Commercio di verdure, prosciutteria, selvaggina, carni, torte...

Qualità a portata di tutti Affari di Gola ottobre 2009 25


di Sara Vavassori

I Meratti tornano, ma con “L’Angolo del Gusto” A due anni dalla chiusura, riapre il locale di Seriate. Alla guida le tre figlie Anna, Lucia e Chiara. Innovativa la proposta, che prevede anche il take away

“L’

Angolo del gusto”: nessun nome poteva essere più appropriato di questo per il ristorante delle sorelle Meratti, aperto a Seriate da fine settembre. A dire il vero non è proprio esatto chiamarlo ristorante, perché è qualcosa di più e di molto particolare. Il locale infatti effettua servizio ristorante (solo a pranzo), ha introdotto l’insolita formula del take away ed ha esposti diversi e selezionati prodotti che si possono ristoacquistare. La risto razione per Anna, Lucia e Chiara è una questio-

ne di famiglia: “I nostri genitori hanno gestito per diversi anni un bar e ristorante a Foppolo - ci spiega Anna, la maggiore delle sorelle - poi hanno aperto a Seriate il Bar dell’Angolo e il ristorante Meratti nella Galleria Italia”. Noto per i suoi piatti raffinati, il ristorante Meratti era apprezzato anche dalla clientela più esigente.“Poi i nostri genitori non se la sono più sentita di continuare e hanno chiuso, anche perché in quel momento né io né le mie sorelle eravamo in grado di prenderci carico del ristorante. Così abbiamo tenuto solo il Bar”. Due anni di chiusura ed ora lo stesso locale riapre rinnovato e con proposte decisamente diverse e innovative: “Abbiamo voluto mantenere la qualità dei prodotti e del servizio come allora, ma cercando di seguire le esigenze dei tempi e prestando particolare attenzione alla ricerca delle materie prime. Per l’arredamento e la scelta dello stile abbiamo condiviso e fatto tut-

to noi tre: abbiamo dato un tocco di colore alle pareti, messo tavoli e sedie bianche con una struttura in acciaio, che fa risaltare il bellissimo parquet scuro. Il tutto per creare un ambiente accogliente, moderno e sobrio al tempo stesso”. L’idea di aprire un locale che fosse adatto a business lunch (ci sono 50 posti a sedere) con in più la possibilità del take away è soprattutto di Lucia e del marito Francesco Gotti (chef del Bobadilla, ndr):“Eravamo in Trentino e ci ha colpito particolarmente un negozio/gastronomia che aveva prodotti in vendita, da asporto e un piccolo angolo nel locale dove la gente poteva fermarsi e consumare i cibi - racconta Lucia -. I nostri piatti da asporto - aggiunge - rappresentano la soluzione ideale soprattutto per le donne che lavorano e che non hanno mai tempo di cucinare, oppure sono costrette, proprio per mancanza di tempo, a preparare le solite cose”. Ma

Riapre l’ex Taverna di Scanzo A novembre l’inaugurazione. In cucina Claudio Serravalle e Paolo Girotto Il ritorno di una stella? Interrogativo d’obbligo per un ristorante che dopo aver ricevuto il prestigioso riconoscimento della Michelin (nel lontano ’89) ed averla mantenuta per un decennio nella sua versione originaria - parliamo della “Taverna di Scanzo” - era diventato un punto di riferimento per la buona gastronomia bergamasca. Poi le varie trasformazioni, le numerose gestioni, culminate con la “Taverna Scantii”. Ora questa nuova sfida, con l’inaugurazione negli stessi locali

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sono ottimi anche per chi vive da solo. Grande lavoro dietro le quinte, o meglio dietro ai fornelli, dello chef Vincenzo Mastrogiacomo, figlio d’arte e con un curriculum di tutto rispetto (ha lavorato all’Osteria della Brughiera a Villa d’Almé, da Lio Pellegrini a Bergamo e infine per 6 anni al Nosh di Treviglio). “Abbiamo deciso di cambiare il nostro menù circa ogni 3 mesi seguendo la stagionalità dei prodotti. Ogni giorno c’è comunque un menù speciale”. I piatti sono curati sia nella scelta dei prodotti che nelle fasi di preparazione e presentazione. È possibile scegliere tra antipasti, primi e secondi di carne e pesce, anche se per i pranzi di lavoro la scelta ottimale è il piatto unico (carne o pesce con le verdure). Oppure ci sono le insalate miste, dalla classica con solo verdure di stagione, alla fitness con l’aggiunta di ananas e arance, o quella ener-

getica con zucca, mais e piselli. La fantasia dello chef non manca anche nei dolci, rigorosamente fatti in casa, come le paste fresche. Punto di forza e peculiarità del locale sono i prodotti utilizzati per cucinare e che sono anche in vendita: “Sono selezionati e di alta qualità, sia locali che nazionali - spiega Chiara -. Abbiamo le marmellate del Castello di Montevetrano, sia di

L’ANGOLO DEL GUSTO - MERATTI via Paderno, 4 Seriate tel. 035 290290 aperto dal lunedì al sabato e la seconda domenica di ogni mese dalle 8.30 alle 15.30

a metà novembre della “Taverna le 12 lune”. Il ristorante è situato nel centro storico del paese, di fronte all’Hotel San Rocco, che in questi giorni festeggia il primo anniversario dall’apertura. La proprietà dei locali è della società Costruendo srl, della famiglia Cortinovis di Villa di Serio, che da sempre con la propria impresa riporta allo splendore di un tempo vecchi stabili. La gestione della Taverna sarà affidata alle mani di Claudio Serravalle e Paolo Girotto, già gestori di alcuni ristoranti nella nostra provincia. La “Taverna le 12 lune” avrà un’atmosfera intima e accogliente, come lo erano le tradizionali case di campagna con un tocco di eleganza e raffinatezza dato da particolari di

frutta sia di verdura che si accompagnano ai formaggi ma anche alla carne. Particolari aceti balsamici, olio e tartufo. Il culatello di Zibello Dop, foie gras francese, mentre dalla Spagna arrivano delle specialità di pesce in scatola e dall’Inghilterra un sale purissimo, anche nella variante aromatizzata, trattato senza prodotto chimici, che dà un sapore in più ai cibi: quello affumicato si sposa alla perfezione con la tagliata”. Quanto ai prezzi, quello medio per un pranzo è di 12 euro. Nell’offerta non manca il “momento aperitivo”: alle 11 e alle 17 si possono gustare aperitivi a buffet con finger food, pasta fredda, frittate, pizzette e altre specialità. I piatti presenti nel menù sono anche d’asporto, sia per porzioni singole, sia multiple dalle 11 alle 19. Nella foto: Anna, Lucia e Chiara Meratti con lo chef Vincenzo Mastrogiacomo

arredamento moderno abilmente inseriti nel contesto.“La caratteristica dell’offerta è l’assoluta naturalità dei menù: i prodotti saranno di stagione per offrire ogni giorno una cucina che dovrà avere il sapore delle cose buone e sane di una volta - anticipa Oscar Cortinovis, ideatore del progetto – e che andrà ad integrare i servizi che offriamo all’ Hotel San Rocco. Inoltre, un’altra caratteristica della “Taverna le 12 lune” è la volontà di mantenere un buon rapporto qualità prezzo - prosegue Cortinovis - per proporre il nostro ristorante come luogo ideale d’intrattenimento. Il contesto architettonico ce lo consente ed ora tocca a noi cercare di riportare il locale all’ antico splendore”.

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IL NEGOZIO di Leo Bartoli

Ol Formager diventa una piccola “Peck” La bottega di Giulio Signorelli triplica la superficie. Più spazio alle eccellenze gastronomiche, ma anche alle aree di degustazione, di informazione e di incontro coi produttori. “Corono un sogno coltivato da anni”

È

un sogno che ha accarezzato fin da ragazzo, quando verso la fine degli anni Cinquanta entrò per la prima volta come garzone nella bottega “Gastronomica” di via Zambonate. Un sogno lungo mezzo secolo quello di Giulio Signorelli, per tutti “Ol Formager”, che ha inseguito con tenacia e ostinazione e che oggi finalmente realizza “all’alba dei miei 66 anni - spiega lui -, con intatta una straordinaria voglia di fare”. Non gli basta essere l’ambasciatore pluripremiato del formaggio bergamasco nel mondo, stimato e corteggiato da Slow Food, affinatore sopraffino e straordinario divulgatore in mezza Italia dell’arte casearia.“Il formaggio è casa mia e non lo rinnegherò mai - spiega Giulio -, ma è solo una parte dell’universo delle eccellenze gastronomiche che possiamo vantare nel nostro Paese. Quando lavoravo in gastronomia, durante la mia gavetta, tra il 1958 e 1965, erano gli anni in cui i fratelli Stoppani creavano a Milano quell’università del gusto che poi sarebbe diventata Peck: per noi, innamorati di questo mestiere, quello era un mito inarrivabile, un modello”. “Ecco - racconta -, io vorrei ricreare per i bergamaschi un piccolo Peck, dove potranno trovare tutta l’eccellenza enogastronomica nazionale e alcune chicche provenienti da mezza Europa, Francia e Svizzera in

primis”. Ecco spiegato il fermento di queste settimane in piazza Oberdan, dove i clienti guardano incuriositi i “lavori in corso” che porteranno al sostanzioso ampliamento dello storico locale dei Signorelli (da tempo affiancano Giulio i figli Simone di 34 anni e Luigi di 32) aperto proprio 40 anni fa, che passerà dagli attuali 30 metri quadri ad 80, con inaugurazione già prevista agli inizi di novembre. Il nuovo negozio, che terrà aperto anche tutto il lunedì (sei giorni su sette in totale, a differenza di oggi) con alcuni appuntamenti anche per il dopo cena, è stato studiato “in lungo”, con ingresso quindi previsto su via San Tomaso. Troveranno spazio sugli oltre 8 metri di bancone naturalmente gli oltre 120 formaggi vanto della casa (dai bergamaschi agli internazionali, passando per l’infinita teoria delle tipologie regionali), ma anche grandi salumi, chicche del palato in arrivo un po’ da tutta Italia (con un occhio particolare all’aceto balsamico) e una gastronomia d’autore firmata da uno chef importante (sono in corso trattative, ma il nome, di sicuro richiamo, e ancora top secret). Al fondo della zona vendita, la vera novità: uno spazio degustazione-cheese bar che sarà il vero “regno” di Giulio per le sue lezioni di didattica casearia, per dibattiti e convegni sul mondo della gastronomia, per assaggi mirati a grandi Cru del panorama nazionale e internazionale. Ma il nuovo “Ol Formager” aprirà anche al multimediale, con una serie di video che racconteranno ai consumatori le varie fasi della lavorazione dei formaggi, dei salumi e di altri prodotti tipici, la loro origine e il ciclo della filiera, oltre a un corner dedicato ai libri gastronomici, che potranno essere liberamente sfogliati dalla clientela. A questo aspetto divulgativo Signorelli tiene molto: “Vorrei che la gente pensasse al mio locale come qualcosa di diverso rispetto al semplice negozio. Sarebbe bello che Bergamo potesse contare su questo spazio come luogo di divulgazione e aggregazione gastronomica, per la città: per me sarebbe una grande gratificazione”. Giulio è reduce da Cheese, la massima rassegna casearia d’Europa organizzata a Bra (Cuneo) da Slow Food, dove da Carlin Petrini in giù tutti ricordano, a fine anni Novanta, i suoi laboratori che aiutarono Luigi, Giulio, Simone Signorelli


a conoscere la gemma più pura del panorama bergamasco, quello Strachitunt che Signorelli, con Guglielmo Locatelli ed Alvaro Ravasio, riscoprì e riportò a una produzione su scala, prima tappa per rincorrere quella Dop che ormai sembra a portata di mano. Sempre entusiasta di quello che fa, Giulio ha idea di invitare nel locale grandi protagonisti del gusto: produttori, sommelier, affinatori, critici enogastronomici per presentare prodotti, raccontare storie di personaggi, discutere dei tanti problemi in cui si dibatte l’agroalimentare. “Tra le mie battaglie ci sarà sicuramente quella per il made in Italy in tutta la filiera - spiega Giulio - ma anche la voglia di proporre alla mia clientela una serie di piccoli produttori, artigiani del gusto, capaci di coltivare una qualità straordinaria”. Senza, infine, dimenticare l’educazione alimentare, riservata a grandi e piccini:“Le nostre abitudini alimentari stanno cambiando - conclude Signorelli -, ma non è detto che con il tempo siano migliorate. Mi piacerebbe spiegare ai bambini che i nostri giacimenti gastronomici sono unici e un buon pezzetto di formai de mut vale più di cento merendine industriali”.

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IL PREZZO FISSO di Fulvio Facci

Trattoria Taiocchi, «una sfida nel nome di mio marito» Scomparso il patron Angelo, con coraggio la moglie Maddalena Fagiani ha deciso di continuare l’attività dello storico locale di Curno, ora anche pizzeria. «Portate a compimento le sue idee»

«L

a scelta è stata difficile ma ho voluto continuare per seguire il progetto di mio marito, per portare avanti la tradizione della sua famiglia e sua e per le nostre figlie, Elisa, che pur studiando inizia a darmi una mano, e Margot». Così, coprendo con grande compostezza e dignità il dolore ancora ben presente, Maddalena Fagiani ripercorre il momento della decisione cruciale, quando all’inizio dello scorso anno suo marito Angelo Taiocchi se ne è andato, a soli 48 anni rapito da un male incurabile. La tradizione di famiglia di cui parla è quella della ristorazione, attività delicata ed impegnativa, soprattutto quando viene esercitata con passione genuina. «Il periodo più difficile – racconta ancora – è stato quando dovevo seguire mio marito ammalato e contemporaneamente mandare avanti l’attività. Sono stati momenti di grande dolore ed incertezza. Ora sono convinta di aver fatto la cosa giusta continuando in suo nome». Oltre ad una storia lunga quasi un secolo (ha iniziato il nonno Domenico detto Angelo, ha proseguito il figlio Riccardo per poi passare la mano al nipote Angelo e alla moglie Maddalena) la Trattoria Taiocchi, in via Buelli a Curno, ha così un presente ed anche un ottimo futuro, essendo rimasta in mani capaci. «Quando mi sono sposata sono venuta quasi subito a lavorare in trattoria – continua Maddalena -, in cucina in modo particolare. Non sono molto tagliata per stare in sala, mio marito in questo era invece eccezionale. Non ho frequentato delle scuola particolari ma sono molto curiosa, cerco sui giornali, su Internet e poi quando vado a fare la spesa penso come potrei cucinare in modo diverso dei piatti classici oppure se trovo qualcosa di nuovo comincio a riflettere su come presentarlo in modo originale». Gamberi lardellati, sarde con cipolle, ravioli di zucchette, straccetti di farina di castagne con cime di rapa, costolette d’agnello con tartufi sono alcune delle proposte nate dalla fantasia di Maddalena senza trascurare, soprattutto tra i secondi, la tradizione e quindi il coniglio al forno e la polenta taragna.Tutta la pasta è fatta in casa.

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Il locale, che non solo è entrato nella tradizione del paese ma che ha sempre esercitato un certo richiamo anche sulla clientela della città, è decisamente carino e accogliente sia nella stagione invernale, con una saletta con camino e pianoforte, sia in quella estiva con un gradevole esterno ed un ampio spazio per i giochi dei bimbi ricavato da quello che un tempo, proprio come caratteristica delle trattorie, era il gioco delle bocce. Oltre alle relazioni coi clienti Angelo curava molto anche la cantina, che quindi è stata tenuta aggiornata con oltre 150 etichette. Da maggio del 2008 la Trattoria Taiocchi è anche pizzeria. «Anche questa è stata un’idea di mio marito e l’abbiamo portata a compimento – spiega la titolare -. Ha voluto dare una possibilità anche alle famiglie locali». Come dire? Non si funziona per quasi un secolo se non si fanno delle proposte interessanti mantenendosi al passo con i tempi. Sotto questo profilo la Trattoria Taiocchi ha centrato l’obiettivo, trasformandosi da cascina presso la quale era sempre possibile trovare qualcosa da mangiare, quale era nel 1928, fino alla versione attuale di elegante ristorante-pizzeria dove non mancano punte di eccellenza sia in cucina sia nel servizio. E Maddalena ci mette del suo non solo con la competenza ma anche col grande cuore.

TRATTORIA TAIOCCHI via Buelli, 26 - Curno tel. 035 612530 chiusa il giovedì


LA PROVA

Per la pausa pranzo una sce scelta “controcorrente” Il loc locale ha rinunciato ai grandi nu numeri ma offre combinazioni a prezzi interessanti Per quanto riguarda il menù fisso di mezzogiorno la Trattoria Taiocchi è andata un po’ controcorrente, nel senso che fino al 2000 l’appuntamento per il pranzo era uno dei momenti trainanti dell’attività: si facevano 150 coperti. Poi la scelta di privilegiare la cura delle proposte piuttosto che la quantità, ma con combinazioni decisamente interessanti, ha aperto una nuova prospettiva che pure sta dando ottimi risultati, anche se con “numeri” decisamente diversi rispetto al passato. Per il menù fisso a pranzo ci sono quindi due combinazioni: una al prezzo di dieci euro, l’altra di quindici, entrambe comprendono acqua vino e caffè. Con dieci euro si può scegliere un piatto della lista, con quindici due piatti. Non ci sono vincoli per le combinazioni: paradossalmente si possono anche scegliere due primi o due secondi. Un particolare è che quando la “comanda” arriva in cucina se la scelta è per un solo piatto questo sarà particolarmente robusto: una porzione abbondante insomma. La proposta è ricca, c’è una carta che si può definire “classica” alla quale vengono aggiunti ogni giorno, variando, due primi e due secondi.Tra i primi piatti ricordiamo: pizzoccheri alla Valtellina, fettuccine al ragù di lepre, gnocchi di patate con pomodoro e mozzarella, risotto alla trevisana con vino rosso, penne speck e pomodorini, spaghetti olio, peperoncino aglio e broccoli.Tra i secondi invece: arrosto di vitello con patate al forno, coniglio al forno con polenta bergamasca, taragna con salsiccia rosolata, brasato di manzo con patate lesse, tagliata di puledro con rucola e grana, scaloppe di petti di pollo. Questa è la lista di base. Tra le varianti che vengono inserite di giorno in giorno ricordiamo, ma la lista è lunghissima, il risotto alla fonduta, gli spaghetti con gamberi piccanti, il vitello ripieno con ricotta speziata, il filetto di cernia gratinato al forno, e ci fermiamo qui. Nel periodo estivo vanno di moda le insalatone veramente fantasiose: di vitello, di tonno, di pesce e vengono proposte al prezzo di un piatto. Noi come sempre siamo stati “leggeri”. Menù da quindici euro, due piatti: risotto alla trevisana con vino rosso, taragna con salsiccia rosolata. Piatti e servizio valevano senz’altro il prezzo pagato, forse anche qualcosa in più.Veramente un buon pranzo.

PREMIO

MERCURIO D’ORO

di Agnelli Lucia Amabile & Salimusaj Rexhep Rexhe

COMMERCIO ATTREZZATURE USATE E NUOVE SETTORE RISTORAZIONE E SETTORE ALIMENTARE

Si realizzano arredamenti completi per macellerie, salumerie, pizzerie, kebab, bar, ristoranti e altro RELUX s.n.c. Sede Operativa: Via Castel Rozzone, 10 BRIGNANO G. D’ADDA (BG) Cell. 333.5653572 - 328.6478167 Tel./fax 0363.382957 e-mail: reluxd00@relux.191.it

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LETTERE

La polemica tra ristoranti e feste di paese

Io, chef, volontario in una sagra vi racconto quel che ho visto

S

pettabile Redazione Vi scrivo a proposito della polemica avviata nelle scorse settimane sulla questione ristoratori contro sagre di paese. Premettendo che sono cuoco di professione, ho seguito con interesse il dibattito sopraccitato dei mesi scorsi e la mia personale conclusione è stata che tutto sommato i ristoratori non avevano torto a lamentarsi, vista la selva di obblighi burocratici, fiscali, sanitari e previdenziali a cui sono sottoposti, diciamo pure giustamente, in quanto è la legge che lo impone! Ho però dovuto riconoscere che qualche responsabilità da parte loro c’era, visto che nel settore c’è sempre qualcuno che fa il furbo, facendo pagare il prezzo a tutta la categoria, peraltro carente di gioco di squadra. Detto questo, mi vien da segnalare quanto da me constatato in una delle numerose feste (ce ne sono tante, dall’oratorio a quelle di partito o del cotechino, è vero) a cui ho collaborato come volontario. È stata dura constatare la realtà. In una cucina che sfornava una media di 700 pasti a sera c’erano vistose carenze su più fronti: igiene, ordine, abbigliamento del personale poco idoneo, anche tra quelli alle cotture o alle preparazioni (cappellino o altro), scongelamenti di pesce ultra veloci in acqua rigorosamente

calda, conservazione degli alimenti in ambienti non idonei e incrociati e altro ancora. Il tutto senza essere a conoscenza dello stato di salute dei bravissimi volontari - che tra una chiamata e un’altra si fumavano le immancabili sigarette - e senza contare lo stato igienico e funzionale delle attrezzature: Haccp? Applicazione della L.626? Chi li ha visti? E che dire poi dell’aspetto fiscale? C’è qui in terra bergamasca un evento molto frequentato e pubblicizzato, che si tiene in località diverse, durante il quale si vendono birra, pizze e piatti di cucina e altro ancora. Ebbene, ho visto girare pochissimi scontrini. È possibile questo? C’è una legge che regolamenta gli eventi estivi e all’aperto in modo diverso? Che lo dicano in modo chiaro. Lo stesso discorso vale per tutti gli eventi, a maggior ragione organizzati da privati. In definitiva, sono dell’avviso che servirebbe una regolamentazione e sicuramente dei controlli adeguati. Se non altro per evitare che si crei una insostenibile discrepanza con chi ogni giorno dell’anno rischia capitali e risorse nella propria attività. Fino a 10 anni fa c’erano poche feste (quella dell’oratorio e quella del partiti), ora il fenomeno si è dilatato a dismisura. Va bene chiudere un occhio, ma tutte e due forse non è il caso. Grazie dell’ospitalità e dell’attenzione. Marco Chieppa

Per favore, portate il menù ai clienti

G

entile direttore ho avuto modo di leggere la lettera - pubblicata sul numero di settembre di Affari di Gola - del cliente che si lamenta della scarsa trasparenza di un ristoratore. Direi che ha sollevato un problema piuttosto diffuso. Giro frequentemente per lavoro e non di rado mi capita di pranzare in locali dove il menù è considerato un optional. Di solito si presenta il patron, o il cameriere di tur-

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no, e con un block notes in mano elenca i piatti del giorno, lasciandomi allo scuro di prezzi ed eventuali costi aggiuntivi (coperto, servizio...). Alla mia richiesta di consultare il menù le repliche variano: o mi viene risposto che non è aggiornato o che non esiste oppure che è tradizione della casa far sentire il cliente a proprio agio con un rapporto più diretto. A volte, quando la carta c’è, la mia richiesta sembra provocare

quasi fastidio. Ammetto di non capire certi comportamenti. La trasparenza dovrebbe essere un obbligo, specie se non si conosce il cliente, se questi può non aver idea dei prezzi praticati dal locale. Perché è antipatico mangiare e poi trovarsi un conto sorprendente. Non si rendono conto i ristoratori che così facendo non fanno che allontanare dal loro locale una buona fetta di clientela? e-mail, Zanica


Cottura sottovuoto e in vaso di scena all’Accademia del Gusto

D

ue corsi per appropriarsi delle più moderne tecniche di cottura. Mercoledì 28 ottobre, dalle 15 alle 18, è di scena all’Accademia del Gusto di Osio Sotto il corso base, rivolto ai professionisti, dal titolo “Il sottovuoto come tecnica di cottura”, con Fabrizio Ferrari in “cattedra”. Il corso consentirà di acquisire in tre incontri (il 28 ottobre e il 4 e 11 novembre, dalle 15 alle 18) le regole della conservazione, della cottura, dello stoccaggio e della rigenerazione degli alimenti. Particolare attenzione sarà dedicata anche alla presentazione, allo sviluppo delle ricette, oltre che alle opportunità di risparmio di tempo e manodopera che il sottovuoto garantisce.

Lunedì 23 novembre la scuola di cucina dell’Ascom propone un corso innovativo: per la prima volta fa il suo ingresso in Accademia “La cottura in vaso”. Il docente Fabio Tacchella svelerà i segreti per cambiare radicalmente prospettiva e guardare al vaso non più come semplice strumento di conservazione, ma come protagonista assoluto delle fasi di cottura. Una tecnica originale che consente di abbattere i tempi di cottura e di avere sempre a disposizione preparazioni già pronte. Inoltre, per un effetto scenografico, il vaso si presta ad essere un’originale modalità di mise en place per stupire i propri ospiti. Durante il corso (un unico incontro dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17) verranno inoltre illustrate ed eseguite alcune ricette d’assoluto impatto.

A tavola con le confraternite golose A Trescore il tradizionale convivio organizzato dall’ordine dei Cavalieri della Polenta con le associazioni di buongustai

I Cavalieri della Polenta

di Pino Capozzi

L’

ordine dei Cavalieri della Polenta come ogni anno ha organizzato il suo tradizionale convivio titolato “A tavola... con amicizia”, occasione che vede la partecipazione di una ventina di confraternite legate a specialità gastronomiche, vini e associazioni di molte province del nord. Citiamo l’Accademia della Cucina Italiana, i Gourmet, i Buongustai, i Sommeliers nonché la con-

Claudia Sartirani e Piero Ricci

fraternita della Trippa, del Buon pane, della Padellina d’Oro, dello Spiedo, della Bavaglia, del... Piloro facile ed altre ancora. L’appuntamento è a Trescore Balneario, a “Villa Canton” per il pranzo, preceduto da una visita all’oratorio di Villa Suardi per ammirare i preziosi affreschi di Lorenzo Lotto. Ma anche il resto della giornata si rivela ricco d’arte. Villa Canton è infatti una costruzione del XVIII secolo, realizzata sui resti di una casa del Cinquecento, immersa in un grande parco secolare. Apollo, Bacco, Diana e Minerva troneggiano sulle colonne dell’ingresso da cui si accede a un coloratissimo giardino all’italiana, mentre all’interno della villa le magnifiche sale e i saloni con affreschi barocchi e arredamenti di classe offrono un’accoglienza piacevolissima. Dopo l’assortito buffet di salumi, formaggi e aperitivi a volontà in funzione all’aperto tra il verde, la sala “Cavalieri” ci accoglie con 10 tavolate rotonde per un totale di 100 ospiti.A fare gli onori di casa il direttivo dei Cavalieri della Polenta con

il gran Maestro Piero Ricci. Il menù propone Casoncelli alla Bergamasca, Risotto al Prosecco di Valdobbiadene, Cosciotto di Maiale al vino rosso e mirtilli con Polenta Taragna, mousse allo yogurt e castagne con salsa vaniglia, seguita dal caffè. I vini di accompagnamento sono stati Valcalepio Bianco e Rosso dell’azienda agricola S.Vincenzo imbottigliati per Villa Canton. Come da rituale alla fine c’è stato lo scambio dei doni tra le confraternite e il caloroso saluto dei Cavalieri che quest’anno hanno avuto il piacere di ospitare Claudia Sartirani, gentile assessore alla cultura e spettacolo del Comune di Bergamo. D’obbligo l’arrivederci con i Cavalieri alla prossima polentata, per l’amore del mais e particolarmente per la cara amicizia che ci lega da anni.

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IL PERSONAGGIO di Anna Facci

Una casa nel bosco e sei milioni di ricette, i libri di cucina che nascono a Blello La scrittrice emiliana Laura Rangoni ha scelto di vivere nel piccolo paese della Val Brembilla. Ha all’attivo oltre 50 pubblicazioni sull’enogastronomia e cura anche tre siti e un blog. «Tra queste montagne per ritrovare il contatto con la terra»

L

a nonna la cullava con il piede mentre con le mani impastava 24 uova di tagliatelle. Il suo primo ricordo legato al cibo è pane intinto nel ragù, il suo gioco preferito era sgranare i fagioli e per merenda pane e lardo o pancetta arrostita sulla stufa e condita con aceto balsamico. Con un simile retroterra non stupisce che la cucina sia diventata la professione di Laura Rangoni, i sapori dell’Emilia nel dna («credo che nel mio sangue – dice ironicamente convinta – insieme ai globuli bianchi e rossi circolino anche pezzettini di mortadella») e il piccolo paese di Blello, novanta anime in Val Brembilla, da dieci anni a questa parte eletto a rifugio: una casa in mezzo al bosco dove ritrovare il contatto con la terra e ospitare in tutta tranquillità la crescente famiglia di gatti (sono arrivati a nove) e cani (tre). Giornalista e scrittrice, ha approfondito gli studi sulle tradizioni popolari e sulla storia dell’alimentazione e della gastronomia, materia quest’ultima che insegna anche all’Istituto alberghiero di Nembro. Ha all’attivo oltre 50 libri di cucina e un archivio che in 25 anni di ricerche e sperimentazioni è arrivato a circa sei milioni di ricette, tramandate dalle donne della sua famiglia, apprese dagli anziani con cui ama chiacchierare, piatti gustati nei numerosi viaggi enogastronomici all’estero, creazioni personali e consigli scambiati on line. Ha fondato e presiede il Cestaeg, Centro studi tradizioni alimentari e gastronomiche che va alla ricerca di piatti e prodotti e li testa in allegri banchetti, ha creato un network di siti dedicati alle ricette, al vino e ai piatti dietetici e sulla piattaforma dell’Espresso tiene il blog “Pane al pane” dove racconta e commenta le proprie esperienze a tavola. Tra le produzioni bergamasche Laura Rangoni segnala senza dubbio i formaggi - su tutti Strachìtunt, Taleggio e Branzi -, tra le ricette si è appassionata alle numerose

varianti della polenta che ha trovato in Valle, da quella fatta con il siero del latte alla schisöla,“palla” di polenta con al centro il formaggio, alle versioni arricchite con cotechino, salame o panna. «Polenta come protagonista, non come contorno – precisa -, infatti il vostro piatto è “polenta e coniglio”, non “coniglio con polenta”. Tra le cucine del territorio – prosegue – quella di montagna è, a mio avviso, la più interessante, perché dove si fa fatica a coltivare e gli alimenti sono pochi gli ingredienti sono usati all’inverosimile». A Blello la scrittrice-cuoca («non ricordo un giorno della mia vita in cui non abbia cucinato qualcosa», sottolinea) ha potuto dare concretezza alla sua passione per le erbe spontanee, per la raccolta dei frutti del bosco e dedicarsi all’orto. «Vincendo le chiusure dei bergamaschi di montagna» ha anche conquistato la fiducia dei suoi compaesani, guadagnandosi il suo bel soprannome come tutti gli altri - la “gatuléra”, per via dei gatti – e un posto nella Giunta comunale (è vicesindaco con delega alla Cultura). L’ampia biblioteca di cui dispone e Internet le permettono di organizzare la sua attività anche da lassù. L’ultima fatica editoriale è stata “Turisti per cacio”, un viaggio tra i migliori formaggi d’Europa accompagnati da ricette ad hoc, il libro del cuore è invece “La cucina bolognese”, 450 ricette tutte recuperate dalla tradizione di famiglia. Quello di maggior successo “Peccati di Gola”, piatti con prodotti di pregio dall’aragosta al tartufo, «perché chi compra un libro di cucina - spiega - vuole prima di tutto sognare», il più difficile da realizzare le mille ricette con protagonista l’uovo. La prossima opera si intitolerà “Cooking revolution” e indagherà sui prodotti che la globalizzazione ha portato in tavola e che stanno dando vita ad «una straordinaria rivoluzione culturale».

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L’ANGOLO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Ricette facili e veloci per chi vive da solo, ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo mo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

Carpaccio di vitello con zucchine e salsa maio Ingredienti per 1 persona 70 g di carpaccio di vitello 2-3 zucchine tagliate a julienne 1 cucchiaino di maionese di soia o di riso 20 grammi di sottoaceti misti di produzione biologica ½ cucchiaio di olio di oliva extravergine sale e pepe Preparazione Spennellate con olio di oliva extravergine il piatto su cui servite il carpaccio, spolveratelo di sale e pepe e adagiatevi le fette di carne. Tagliate i sottoaceti in piccoli parti e mescolateli con la maionese; la maionese di soia o di riso, reperibile ovunque, è priva di uova e dunque più leggera, ma sempre deliziosa. Tagliate le zucchine a julienne (tipo di lavorazione che consiste nel tagliare la verdura a filetti - detti anche “fiammiferi” - molto sottili) e condite il tutto con sale e un po’ di olio di oliva. Disponete l’insalata di zucchine sulla carne e condite il tutto con la salsa di sottaceti.Accompagnato con del pane integrale o al farro, tagliato a fette e leggermente abbrustolito, rappresenta un piatto unico dal sapore raffinato ma deciso.

LA CURIOSITÀ La carne di vitello rappresenta un’ottima scelta per un pasto nutriente e leggero; è magra e quindi molto digeribile e la si acquista a fettine in tutti i supermercati. Contiene elevate percentuali di proteine di alto valore biologico, è ricca di potassio, povera di sodio e apporta fosforo, ferro, zinco e magnesio. Anche le zucchine sono ortaggi dal modesto contenuto calorico (contengono oltre il 90% di acqua), altamente digeribili e, nota fondamentale, reperibili tutto l’anno. Contengono vitamina E, vitamina C e potassio. Consumate in grandi quantità, hanno un’ azione disintossicante e antinfiammatoria, tanto che sono riconosciute molto utili per astenie, infiammazioni urinarie ed insufficienze renali. Al momento dell’acquisto le zucchine devono presentarsi sode, con la buccia lucida e brillante, senza ammaccature. È bene scegliere gli esemplari più piccoli (non più lunghi di 22-25 centimetri), che generalmente hanno un sapore migliore e sono privi di semi. Quelle molto grandi (raccolte troppo tardi) possono essere troppo acquose e avere un

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sapore amarognolo. Quindi, anche se abbiamo fretta, una sosta più prolungata al bancone della verdura, ci permetterà di scegliere prodotti più sani e quindi più buoni. Una volta acquistate, le zucchine non si mantengono a lungo e, se sottoposte a luce e calore, tendono a perdere in pochi giorni la freschezza e le proprietà nutritive originali. Per queste ragioni si devono conservare in frigorifero, nel cassetto inferiore delle verdure, preventivamente pulite ed asciugate, al massimo per 4-5 giorni. Se poi qualcuno pensa di avere il pollice verde, produrre zucchine di qualità direttamente nel proprio giardino o sul balcone di casa non è così complicato. La pianta infatti si adatta a tutti i terreni (va bene il terriccio universale), necessita solo di un elevato apporto idrico e deve essere bagnata regolarmente. Una confezione di semi di zucchine non costa più di un paio d’euro e da questo piccolo investimento si potranno ricavare ortaggi assolutamente biologici, saporiti e soprattutto economici.


Dalla Sardegna la cartolina-ricetta di Momo

A

ll’Accademia del Gusto, con la nuova stagione dei corsi, torna in cattedra Mhamed Harzallah, in arte Momo. Socio Aibes, assistente food & beverage manager di prestigiosi hotel, oltre che docente presso scuole alberghiere e centri di formazione, Mhamed torna a Bergamo dal 23 al 25 febbraio prossimi con un corso sulle “Tecniche di intaglio di frutta e verdura (livello base)”. Diciotto ore in tutto per conoscere e utilizzare gli utensili, trovare soluzioni innovative per la ristorazione e imparare a organizzare, realizzare e conservare gli addobbi. Spiega Momo che “una scultura vegetale può trasformarsi in una piccola opera d’arte che rallegra la vista, oltre che il gusto. L’intaglio di frutta e verdura - aggiunge - è una raffinata tecnica a mano libera giunta dalla Cina e dalla Thailandia, preziosa per barman e ristoratori che

vogliono creare decorazioni in occasione di buffet, cocktail, ricevimenti e inaugurazioni. Anche chi non è del mestiere può cimentarsi con quest’arte”. Nell’attesa di incontrare i corsisti bergamaschi, Momo ci ha inviato una “cartolina” dalla Sardegna, dall’hotel Pullman Timi Ama Sardegna (Villasimius) dove ricopre il ruolo di food & beverage manager. È una ricetta preparata dallo chef Gianni Impera, del ristorante “I Ginepri”, che con gli “Spaghetti ai frutti di mare al cartoccio” saluta idealmente l’estate passata e dà un arrivederci alla prossima.

Spaghetti ai frutti di mare al cartoccio Ristorante I Ginepri c/o Pullman Timi Ama Sardegna - chef Gianni Impera Ingredienti per 4 persone: • 320 gr di spaghetti • 80 gr di calamari • 200 gr di gamberetti • 250 gr di cozze • 250 gr di vongole • 2 spicchi di aglio

• • • • • •

½ cipollina 20 gr di prezzemolo 16 pomodorini ciliege ½ bicchiere di vermentino olio, pepe e sale 4 fogli di carta alluminio per alimenti

Tempo di cottura comprese tutte le fasi di preparazione: 40 minuti Tempo di cottura con la mise en place pronta: 20 minuti Preparazione In un tegame fate soffriggere, a fuoco moderato, l’olio con la cipolla tritata e l’aglio intero, eliminate quest’ultimo e subito dopo aggiungete il calamaro ben lavato e tagliato a piccoli quadretti, fate rosolare.Versare il vino bianco e lasciare evaporare e aggiungete il pomodoro a cubetti e il sale, lasciate cuocere per 10 minuti a fuoco moderato. Nel frattempo, dopo aver lavato le vongole e le cozze a lungo in acqua corrente, versatele in una larga padella con qualche cucchiaiata di olio, un spicchio di aglio, il prezzemolo tritato e, a mano a mano che le valve si aprono, staccate alcuni molluschi dal guscio e teneteli a parte. Dopodiché aggiungetele al sugo con un po’ della loro acqua di cottura, aggiungete anche i gamberetti sgusciati e lasciate cuocere ancora per 10 minuti, a cottura ultimata aggiungete il prezzemolo. Cuocete gli spaghetti al dente mescolateli al sugo, divideteli a porzione dentro ai fogli di alluminio, profumateli con foglie di basilico spezzettato e chiudete il cartoccio bene (senza lasciare aperture). Di seguito, su una placca unta di olio appoggiate i cartocci di spaghetti nel forno già caldo a 200C° (qualche secondo) appena il cartoccio si gonfia, portatelo a tavola subito, aprite il cartoccio aiutandovi con forchetta e coltello facendo attenzione nell’aprirlo a non scottarvi. Buon appetito.

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Grandi servizi per le piccole imprese

Bergamo – via Borgo Palazzo, 137 tel. 035 4120111 fax 035 231082 e-mail info@ascombg.it




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